Lapilli nr.19

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NUMERO 19 - MAGGIO 2009 DISTRIBUZIONE GRATUITA

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Lapilli compie 2 anni. Questo mese trattiamo il tema dell'influenza H1N1, il fenomeno delle scie chimiche e una breve escursione nel mondo dei pirati del nostro periodo. Per il locale si parla di Librino e della Porta della Bellezza. In più si discute sulle rappresentazioni classiche al Teatro Greco di siracusa e la chiusura del Cinema Excelsior. Non manca l'angolo della lettura, con due recensioni di libri e l'intervista a Gabriel Cacho Millet. Per la rubrica Storia in pillole si parla di Lone Eagle, il primo volo dagli Usa in Europa, in solitaria, di Charles Lindbergh.

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Responsabile Marketing e Comunicazione:

Sebastiano Di [email protected]

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PER INFO, SUGGERIMENTI, RICHIESTE DI

COLLABORAZIONE E CONTATTI SCRIVI ALLA REDAZIONE:[email protected]

Editore:Associazione Culturale “Lapilli”

Direttore Responsabile:Emilia Giuliana [email protected]

Caporedattore:Claudio [email protected]

Redazione:Sebastiano Di BellaFausto GrassoEmilia Giuliana PapaAlessandro PuglisiAngela PuglisiClaudio SciaccaPatrizia Seminara

CATANIAAss. Culturale Majazé

Ass. Culturale MammutScuola Popolare di Musica “Alan Lomax”

BiòMulti Kulti

NievskiPizzarté

Pub After NinePub Altamira

Scenario PubblicoCioccolateria Rosso Mela

Bar Cafè de ParisBar Cherie

Bar TabaccoBar CapriceBar Europa

Bar La TavernettaBar La Tazza d’Oro

Bar PriviteraBar Scardaci

Caffè SauvageFacoltà di Lettere

Facoltà di Scienze dell’EducazioneFacoltà di Scienze Politiche

Facoltà di GiurisprudenzaAccademia di Belle arti

Libreria BonaccorsoLibreria CavallottoLibreria Gramigna

Libreria La CulturaLibreria La Paglia

Libreria MondadoriLibreria MegastorieLibreria Tempolibro

TertuliaInternetteria

MusiclandCinema ABC

Cinema AristonCinema CapitolCinema Corsaro

Cinema ExcelsiorCinema King

Cinema OdeonCUS Cittadella

Hotel CostaCasa dello studente Oberdan

Cittadella UniversitariaFarmavet Etnea - Via Enna 3/f

Galleria amici dell’arte - Via Andrea Costa 34San Max Hotel - Via Etnea 329

AcicastelloBar Viscuso

Sant’Agata li BattiatiEdicola Marzà

San GregorioBar Viscuso

San Giovanni la PuntaCine Centrale

Libreria Mondadori - Le ZagareLibreria Mondadori - I Portali

Libreria Il BoscoEdicolè

Edicola La Pergamena TrappetoBar Trappeto

Vivaio Torrisi - Via della Regione

Gravina di CataniaBiblioteca comunale

MascaluciaCinema-Teatro “Moderno”

Bar Il MitoLibreria Mondadori - Le Ginestre

AcirealeBiblioteca Zelantea

GiarreLibreria Le Señorita (Corso Italia)

Bar Mirò (Corso Italia)

Hanno collaborato a questo numero:Irene GiuffridaAlessandro LattanzioAlberto Surrentino D’Afflitto

Vignette:Giuseppe Ruscica

Illustrazioni:Valeria Bafumi

Progetto Grafico e Impaginazione:Fausto [email protected]

Sede:Via Nino Bixio, 15\b - S.G. la Punta - CT

Registrato presso il tribunale di Catania

n° 17/07 del 15/05/2007

Tipografia:A&G - Via Agira 41/43 - Catania

LA REDAZIONE

«Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana.»

DOVE TROVARE

Giovanni Falcone18 Maggio 1939 - 23 Maggio 1992

Copertine di:Valeria Bafumi

Diteci la vostra: www.lapillionline.blogspot.com

ATTUALITÀIn Primo Piano - 4 Febbre suina e panico da polli - 6 Un mistero ancora da chiarire: le “scie chimiche” - 7 Il ritorno dei pirati All’ombra dell’Etna - 8 Librino e l’impegno dell’arte

EVENTITeatro - 10 La forza della vendetta e l’innocenza della colpaCinema - 11 Addio cinema Excelsior

L’ANGOLO DELLA LETTURA - 12 Il libro del mese - 14 Alla scoperta del poeta orfico.

STORIA IN PILLOLE - 16 Lone Eagle

- 18 CARTELLONE

Numero 19Maggio 2009

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Un mese denso di anniversari, ricorrenze e appuntamenti importanti quello di maggio. Innanzitutto, i riflettori dei media sono puntati, per una volta, sulla cultura e sul mercato librario, ingiustamente mortificato dalla concorrenza di internet. “Lapilli” si associa alle iniziative di promozione del libro, che fioccano a tutti i livelli, dedicando alla lettura e agli autori 4 pagine tra recensioni, un’intervista e un omaggio al fumetto più amato, Topolino, di cui ricorre il 60° anniversario della pubblicazione. Inoltre, allargando lo sguardo, vediamo aprire i battenti alla più prestigiosa Fiera Internazionale del Libro (“Salone” dalla prossima edizione), quella di Torino, in corso tra il 14 e il 18 maggio, appuntamento annuale imperdibile per gli appassionati e gli operatori culturali dell’attuale panorama editoriale. Incentrato quest’anno sul tema dell’Io e del rapporto con l’Altro dai punti di vista sociale, psicologico, scientifico e soprattutto “politico”, aficionados, organizzatori dell’evento nonché 53 nuovi editori propongono stand, laboratori, dibattiti con autori e convegni ricchi di spunti di riflessione interessanti, sulla base di un motivo conduttore quanto mai attuale.

Un Io malato e ipertrofico, quello dei giorni nostri, egoista ed edonista, incapace di confronto con l’Altro, che ha perso ogni senso civico e morale, ogni volontà di comunicare realmente per trovare punti di incontro e soluzioni operative al disagio crescente. Un Io che assiste impotente all’attuale crisi di valori, oltre che economica, nascondendosi ed esibendosi tutt’al più - in un vanesio gioco di specchi - dietro identità virtuali che a nulla giovano in concreto se non a contraffare la realtà e ad eluderne i problemi.

Uno di questi, che riempie le pagine dei giornali assieme all’ipotizzato divorzio di Berlusconi (e l’accostamento è tanto grottesco quanto tristemente reale), è il cosiddetto “pacchetto sicurezza” discusso e approvato in questi giorni, con particolare riferimento alla parte di ddl relativa agli immigrati. In poche parole – ed ecco tornare al leit motiv della Fiera – la risposta del Governo al problema del rapporto ormai alterato con il Diverso, icona del Male, rappresentato da quegli extracomunitari che ormai affollano le nostre strade, lavorano nelle nostre case, assistono i nostri anziani e i cui figli frequentano le nostre scuole. Con buona pace del Premier che sembra – in modo del tutto anacronistico – negare l’esistenza stessa di una società multietnica in Italia. Che ormai è un fatto, non un pericolo da scongiurare. Ebbene, in questi giorni è stato votato un decreto legge sul fenomeno immigrazione, rigido e inflessibile, che pare non lasciare -di fatto- alcuno spiraglio neppure per chi chiede

di Emilia Giuliana Papa

asilo politico, quasi fossero irrilevanti i sottili “distinguo” tra delinquenti e persone per bene in difficoltà, quasi che unico scopo fosse rifiutare in blocco i migranti in quanto diversi, in contrasto con ogni principio di solidarietà e con ogni diritto di accoglienza, peraltro sancito dalla Costituzione. Inutile ribadire che netta è stata la disapprovazione da parte non solo dell’opposizione, ma anche di esponenti di primo piano della CEI, del Vaticano e di autorevoli giornali cattolici nonché, naturalmente, degli organismi internazionali. Se poi spostiamo la nostra attenzione dal nostro Canale di Sicilia alla cosiddetta “Padania”, restiamo esterrefatti di fronte alle dichiarazioni di un Salvini leghista che, facendoci evocare ricordi lontani di eventi consegnati alla storia, propone di riservare alcuni vagoni della metropolitana di Milano soltanto ai cittadini meneghini. E fioccano altre rimostranze e proteste cui questa volta si associa persino il Presidente della Camera Gianfranco Fini. Si richiedono spiegazioni. Si risponde che si è soltanto trattato di una boutade, di una provocazione (di pessimo gusto, vien da aggiungere). In definitiva, speriamo di sbagliarci, riteniamo però che questo stato di cose sia la spia più che attendibile di una insofferenza sociale e di una tendenza verso traguardi xenofobi e razzisti da non sottovalutare. Ma cambiamo argomento. Non mi sottraggo alla tentazione di ricordare un altro anniversario che smentisce, per fortuna, il pessimismo poc’anzi espresso sull’attuale Io malato e privo di senso della comunità: il 23 maggio 1992 moriva Giovanni Falcone, stroncato nell’attentato di Capaci dopo una lunga carriera di magistrato, e una intera vita, dedicate al Bene Pubblico, all’antimafia e al perseguimento della Giustizia. Una sola considerazione ci soccorre in questi anni bui, e sono le sue stesse parole: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

L’impegno profuso, nel nostro piccolo, attraverso le pagine di “Lapilli”, con le sole forze di una redazione armata unicamente di ideali e di penne per scrivere - tutt’al più di un pc portatile -conferma che le idee, quando sono buone, non si dimenticano. E camminano. In attesa che qualcuno, più competente e con più mezzi, le possa realizzare in concreto. Intanto, siamo arrivati a 2 anni da quel maggio 2007 in cui, un po’ per gioco e un po’ per passione, abbiamo iniziato la nostra avventura giornalistica. E questo è l’ultimo anniversario del mese, di certo il meno importante, che ci teniamo comunque a segnalare. Per i nostri lettori, speriamo sempre più numerosi.

un mese di ricorrenze

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febbre suina e panico da polli

di Fausto Grasso

Ogni anno un ceppo influenzale sempre diverso si annida nell’organismo. Raffreddore, febbre e un generico malessere i sintomi più diffusi. Ma sempre più spesso i mezzi d’infor-mazione lo esaltano a pandemia. È davvero così? E per chi può essere dannoso questo virus?

Tutto ha inizio il 13 aprile 2009. Anzi, ha inizio nel lontano 1997, l’anno dell’avia-ria, il “virus dei polli”, quando il mondo dei media annuncia, a gran voce, che la popolazione terrestre potrebbe subire una pandemia. Qualche anno dopo è il turno dell’antrace, poi quello della SARS, una sorta di polmonite acuta proveniente dal-la Cina e derivata dallo zibetto, si diceva. Adesso si sente solo della “febbre dei maiali”, quello che in termini scientifici viene chiamato H1N1, un virus scono-sciuto e mai rilevato prima, sia negli ani-mali che nell’uomo, un mix contenente i tratti genetici di quattro virus: l’influenza suina e umana eurasiatica e l’influenza sui-na e aviaria del Nord-America. Margaret Chan, direttore dell’OMS (Orga-nizzazione Mondiale della Sanità), affer-ma che la situazione è grave in quanto il virus è ignoto. La realtà quotidiana ci mo-stra un panico generale: la gente gira con

le mascherine, ci sono super controlli negli aeroporti, per-sone in quarantena e tutti sono alla ricerca di un vaccino o un antibiotico. Sarebbe invece op-portuno informare la gente che, per impedire che un virus entri nelle vie respiratorie, non serve un mascherina come quelle che vediamo ogni sera nei notiziari, ma quella che viene chiamata “maschera antigas” o, meglio ancora, NBC (Nucleare-biolo-gico-chimico).Il Ministero della Salute Italiano ci rassi-cura: ha nei propri magazzini 40 milioni di dosi di antivirali utili a fronteggiare l’H1N1. In realtà, i magazzini Italiani di-spongono di 10 milioni di dosi di Relen-za della GlaxoSmithKline; di 60 milioni di dosi di Tamiflu della Roche; e di 30 milioni di dosi di Tamiflu sotto forma di

polvere, che potrebbero essere incapsula-te dall’Istituto Militare di Firenze. Tutti i paesi del mondo stanno facendo incetta di Tamiflu e si stima che l’OMS ne possieda circa 5 miliardi di dosi. Ma sarebbe bene fare una piccola precisazione: il Tamiflu è stato scoperto dalla Gilead Science, di-retta dall’ex segretario di Stato America-no Donald Rumsfeld: essa, nel 1996, ha venduto i diritti della molecola del Tamiflu

alla Roche in cambio del 10% sul totale del ricavato.

L’Italia dice di essere in linea con i piani eu-

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febbre suina e panico da polli

COSA SONO I VIRUSSi potrebbe dire, in maniera molto semplice, che un virus è un vettore d’informazioni. Esso, delle dimensioni 100 volte più piccole di una cellula, è costituito da una parte di DNA e rivestito da una parte lipidica o proteica. È proprio quest’ultima che permette al virus di attaccarsi alla cellula. In molti casi il virus è dotato di una struttura molecolare atta ad iniettare il genoma virale nella cellula ospite. Non disponendo di tutte le strutture biochimiche e biosintetiche necessarie per la replicazione, il virus assume un ruolo di parassita nella cellula ospite in cui penetra, utilizzando quest’ultima per la fun-zione riproduttiva. Una volta morta la cellula, l’organismo duplicherà le cellule, ormai infette, creando una vita per il virus.

CHARLES DARWIN: DUE SECOLI DI “EVOLUZIONE”

ropei. Ma quali sono i piani di cui si parla? Come mai i magazzini militari sono pieni di antivirali? Forse già si prevedeva l’ar-rivo della pandemia? Ed è davvero pan-demia?Fortunatamente c’è chi ha studiato il virus ed ha tratto delle interessanti conclusioni. La professoressa Wendy Barclay, dell’Im-perial College di Londra, sostiene che il virus si annida nel tratto respiratorio ini-ziale e non nei polmoni; quindi, come già avveniva per l’aviaria, esso non riesce a proliferare perchè la temperatura del naso umano è troppo bassa (intorno ai 32 gradi,

quando ne servirebbero almeno 40). Chi potrebbe essere colpito dall’influenza in modo veramente serio sono, invece, le popolazioni dei paesi più poveri, già de-bilitati per malnutrizione, tubercolosi, malaria o HIV. Lo affermano i membri di Medici Senza Frontiere (MSF), che pongo-no l’attenzione pubblica sul fatto che, se il virus dovesse impiantarsi in queste regioni sottosviluppate, si assisterebbe ad un vero e proprio sterminio. La soluzione potrebbe essere quella di avviare la produzione di farmaci generici antinfluenzali, da distri-buire in tali zone, oppure quella di essere

Nasce duecento anni fa il celebre na-turalista, biologo, zoologo inglese, che dà vita, grazie alle sue ricerche, ad un campo di studi totalmente nuovo: l’evoluzionismo. Darwin con-fronta fossili relativamente recenti con le corrispondenti forme di vita, constatando la graduale transizione dalle une alle altre, e coglie anche nell’ambiente un fattore determi-nante di adattamento di moltissime specie. Tappa determinante per i suoi studi sarà il noto viaggio a bor-do del brigantino Beagle che, per ordine dell’ammiragliato di Sua Mae-stà, dovrà effettuare delle rilevazioni geografiche e cronometriche. Gra-

zie al Bearle, tra il 1831 e il 1836, Darwin mette piede in terre remote: dalle coste della Patagonia alle isole Galapagos alla Terra del Fuoco. La-vora alacremente e con grande en-tusiasmo, alternando osservazione diretta a studio. Tiene un diario con fondamentali annotazioni ed appun-ti che diventeranno la base per le sue opere scientifiche. La più famosa di tutte, pubblicata e perfezionata in successive sei edizioni, tra il 1859 e il 1872, è L’origine delle specie. Essa provocò accesi dibattiti dal punto di vista sociale, religioso, filosofico, ol-tre che, naturalmente, scientifico.

più flessibili nel rilascio dei brevetti. La produzione dei farmaci generici è impor-tante, non solo per queste popolazioni, che attualmente ne sono sprovviste, ma anche per quelli che vengono definiti ‘paesi ric-chi’, in quanto abbasserebbe notevolmente i costi. Per tutti. I media continuano a bombardarci di no-tizie sui nuovi casi, in Italia e nel mondo, in cui si sono presentati i sintomi di que-sto virus “terrificante”, ma non si sono resi conto, o fanno finta di non accorgersene, che una nuova epidemia sta dilagando: l’isterismo da notizia eclatante.1111

di Sebastiano Di Bella

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un mistero ancora da chiarire: le ‘Scie Chimiche’

di Alessandro Lattanzio

Dal 1996 misteriose scie non associabili ai normali scarichi dei velivoli di linea fanno la loro comparsa in tutti i cieli del mondo. Proviamo a scoprire di che si trattaLe normali scie bianche che vediamo quotidianamente solcare i nostri cieli, e che sono rilasciate dagli aerei di linea, sono il risultato della condensazione degli scarichi delle turbine degli aerei: scarichi composti per lo più da acqua e ghiaccio. Tali scie, che assumono diverse forme a seconda dei venti, si dissolvono in 30-50 secondi.Ma non è di questo tipo di scie che vogliamo parlare. Ci riferiamo a scie di origine molto diversa. Ben più lunghe e persistenti di quelle prodotte dalla condensazione degli scarichi, si presentano sotto singolari forme (generalmente a “X” o a “#”) o come ‘reticolati’ che restano sospesi in aria per ore, espandendosi a dismisura e dissolvendosi assai lentamente. Sono note come ‘chemtrail’ o ‘scie chimiche’.I primi avvistamenti risalgono al 1996, negli Stati Uniti, mentre le prime foto che le ritraggono furono scattate a Las Vegas il 10 gennaio dello stesso anno. Da allora le segnalazioni si sono moltiplicate, e dagli Stati Uniti il fenomeno si è diffuso nei cieli di altri Paesi: Canada, Nuova Zelanda, Australia, Messico, Haiti, Porto Rico, Cambogia, Bahamas, Sud Africa, Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Olanda, Svezia, Scozia e Italia. Da notare che in Croazia queste scie sono state viste per la prima volta il giorno successivo alla richiesta di adesione alla Nato avanzata dal paese.Ma l’aspetto più singolare del fenomeno è che esse sono rilasciate da velivoli privi di insegna e codici identificativi e che solcano gli spazi aerei non assegnati al traffico civile.In Italia le prime testimonianze si hanno nel 1999, nelle province di Rovigo e Padova. Da allora il fenomeno viene osservato in ogni parte della penisola. Il picco è nel 2003, anno in cui si registrarono una grande siccità e un’estate particolarmente torrida. Nell’autunno 2006 si assiste per settimane a una massiccia presenza di scie e a voli di centinaia di aerei. Il 22 gennaio 2007 e il 7 e l’8 maggio dello stesso anno, in tutta Italia vengono segnalate scie chimiche anche in spazi aerei mai interessati dal traffico. Si tratta di ‘reticolati’ di scie e di sorvoli al ritmo di 5/6 aerei al minuto. Non vi sono state spiegazioni relative a questo traffico aereo in quei giorni. Di cosa si tratta realmente? La prima protesta ufficiale contro tale fenomeno si è avuta in Canada nel 1998, quando, a

seguito di una gran quantità di scie sulla città di Española, gli abitanti accusarono problemi di salute: letargia, forti dolori alle giunture, momentanea perdita di memoria, disturbi alle vie respiratorie, sintomi da depressione e influenzali. In quell’occasione i cittadini prelevarono campioni di acqua e neve e li fecero analizzare in laboratorio. Dall’esame risultò che i campioni prelevati contenevano una quantità di ‘particolato di alluminio’ venti volte superiore al limite legale. Gli abitanti della città presentarono una petizione al Parlamento canadese, chiedendo chiarimenti sulla natura delle scie ed esigendo la loro cessazione. Dopo 45 giorni, il governo canadese rispose di non esserne responsabile e che l’aeronautica non aveva concesso permessi di volo ad altri paesi. In seguito, ad Edmonton, sempre in Canada, dopo la comparsa di molte scie nei cieli, cominciarono a morire le piante, e rapidamente una vasta area della regione s’inaridì. Le analisi del terreno dimostrarono che la sua conduttività era sette volte superiore alla norma, per via dell’alta presenza di bario e alluminio.Le analisi chimiche del terreno, delle polveri e dell’acqua nelle zone interessate da tali fenomeni hanno in genere accertato la notevole presenza di sostanze quali sali di bario, ossido di alluminio, calcio, potassio, magnesio, torio, quarzo, titanio, bromuro, oltre che di alcuni tipi di batteri tipici degli strati più alti dell’atmosfera, pare abbiano avuto conseguenze rilevanti sulla salute umana. I più colpiti gli anziani, i bambini e i malati.

I sintomi più ricorrenti sono stati: tosse secca persistente, malessere respiratorio e intestinale, polmoniti, affaticamento, letargia, capogiri, disorientamento, forti emicranie, dolori muscolari e alle giunture, epistassi, diarrea, feci sanguinolente, depressione, ansietà, incontinenza e tic nervosi.Varie le ipotesi sull’origine delle scie. Il sospetto maggiore è che esse non siano altro che un particolare tipo di arma usata dai governi per il controllo delle condizioni meteo su determinate aree geografiche. Le scie chimiche in teoria non esistono, poiché nessun governo ne ha mai ammesso l’esistenza. Però esistono documenti ufficiali nei quali esse vengono menzionate. Infatti, nel 2001, il governo statunitense cita proprio le ‘chemtrails’ (‘scie chimiche’) nella Space Preservation Act 2001 (una proposta di legge sul controllo militare dello spazio circumterrestre), dove tali scie vengono definite un tipo di ‘arma esotica’ assieme ad altre tipologie di armi: armi al plasma, armi elettromagnetiche, armi soniche, ultrasoniche, psicotroniche, sistemi ULF (Ultra Low Frequency) ad alta quota, sistemi di armi laser, armi biologiche e ambientali. Nel documento in questione si chiede esplicitamente il bando delle armi nello spazio. La proposta di legge fu sottoposta all’esame di tre commissioni (una scientifica, una dell’esercito, una preposta alle relazioni internazionali) del Congresso degli USA. Essa non fu accettata, e l’anno dopo, nel 2002, il riferimento alle ‘armi esotiche’ era sparito. 1111

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un mistero ancora da chiarire: le ‘Scie Chimiche’

di Patrizia Seminara

Pareva un antico ricordo l’epoca della pirateria sui mari. E invece, dopo la spaventosa escalation di attacchi delle ultime settimane, quella della “Tortuga somala” è diventata un’emergenza a livello mondiale. Cui anche il Presidente Obama ha dichiarato guerra.

Provengono dalla Somalia i pirati del XXI secolo. Non si conosce con esattezza il loro numero (secondo le cifre ufficiali, tra i 1000 e i 3000 uomini), ma sono ben note le conseguenze dei loro attacchi. A tut-t’oggi sono una ventina le navi nelle mani dei pirati somali, e quasi 350 gli ostaggi, per il cui rilascio sono richieste ai governi nazionali cifre tutt’altro che irrisorie: 30 milioni di dollari solo per il Buccaneer, il rimorchiatore della Micoperi di Ravenna sequestrato lo scorso 11 aprile con 16 uo-mini d’equipaggio, 10 dei quali italiani, 5 romeni e un croato. Quotidiani, ormai, gli assalti alle imbar-cazioni. Per fortuna, molte sono riuscite a sventarli, anche perché, dopo la sorpresa iniziale, le compa-gnie hanno provveduto, prima ancora dei governi, ad appronta-re adeguati sistemi di sicurezza. Adesso sono prese di mira anche le navi da crociera: due i tenta-tivi di arrembaggio alla Melody, della MSC Crociere (con a bordo oltre 1500 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio), at-taccata a 180 miglia a nord delle Seychelles. Stessa sorte è toccata alla portacontainer italiana Jolly Smeraldo, presa addirittura a colpi di ba-zooka. Ma chi sono, e cosa vogliono, i nuovi predoni del mare? Anche se solo da po-chi mesi alla ribalta della cronaca, la loro presenza nel Golfo di Aden risale a qual-che anno fa. Solo nel giugno 2008, però, il governo somalo ha richiesto ufficialmen-te l’aiuto della Comunità Internazionale

nella lotta alla pirateria. La cui nascita in questa parte del mondo sembrerebbe le-gata alla situazione interna della Somalia, dove la povertà crescente e un’instabilità politica ormai ventennale hanno portato ad uno stato perenne di anarchia e di disordi-ne. È così che i pirati trovano facilmente nuove reclute tra la popolazione locale e connazionali pronti a proteggerli. Molti somali sostengono, in realtà, che solo per autodifesa i pescatori si sarebbero orga-nizzati in gruppi: per attaccare i pesche-recci stranieri che pescavano illegalmente o che, peggio ancora, scaricavano rifiuti tossici nelle acque somale. Ma c’è chi so-spetta che, dietro la pirateria somala, ci sia

una più vasta organizzazione criminale transnazionale e che il denaro dei riscatti finisca in molte città europee e in Canada. La tecnica d’arrembaggio dei nuovi pre-doni del mare è degna dei migliori anni della pirateria caraibica. Grazie anche a una serie di talpe disseminate nei porti arabi ed europei, ad alcune navi appoggio e a postazioni base terrestri, i pirati - ar-

mati e ben addestrati, di solito in non molte unità - si avvicinano con i propri battelli alla preda, sparando qualche raffica (anche di kalash-nicov) per costringere il capitano ad arrestare i motori. Poi si arrampi-cano con funi e scalette e si impadroniscono del-la nave in 10-15 minuti. Quindi puntano verso la

costa, dove si appoggiano ai diversi vil-laggi di riferimento nei quali i miliziani di terra tengono d’occhio gli ostaggi. Infine, iniziano le trattative, che spettano ai capi e che avvengono attraverso telefoni satel-litari o intermediari. I soldi dei riscatti (in genere in contanti) costituiscono un lauto bottino che verrà ripartito tra la ciurma, ma anche tra la gente della costa che, in tal modo, ha anch’essa la sua parte di ri-compensa in cambio degli aiuti prestati.Attraverso il golfo di Aden, lo stretto braccio di mare che collega l’Oceano In-diano al Mar Rosso, transita il 10% delle forniture energetiche mondiali e passa, attraverso il Mediterraneo, gran parte del

commercio marittimo tra Asia ed Europa. Una rotta cui è difficile rinunciare. L’alterna-tiva, poco allettante, sarebbe transitare per il capo di Buona Speranza e circumnavigare il continente africano.Ecco perchè la Comunità In-ternazionale è adesso all’erta: in seguito alla richiesta d’aiu-to del governo somalo, il Con-siglio di Sicurezza dell’ONU ha adottato, il 2 giugno e il 7 ottobre 2008, due successive

risoluzioni sulla pirateria somala, autoriz-zando le nazioni in accordo con il governo somalo ad entrare nelle acque territoriali e sul territorio somali per dare la caccia ai pirati. Attualmente vigila la zona una for-za di difesa internazionale costituita dalle navi della Task force 150, della NATO e dell’Unione Europea, oltre che da unità militari cinesi, giapponesi, indiane, sud coreane, malaysiane, russe. Ma, prima an-cora degli interventi nazionali, gli armato-ri stessi hanno preso misure anti-pirateria a protezione delle proprie navi e si sono mobilitati anche i “contractors” privati, vere e proprie compagnie di sicurezza di-sponibili a intervenire a difesa delle unità mercantili. A questo punto, sarebbe prudente non ab-bassare la guardia. C’è, infatti, chi paventa la possibilità che perfino Al Qaeda possa utilizzare la moderna pirateria marittima per i suoi scopi. Staremo a vedere. 1111

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di Alessandro Puglisi

A un anno di distanza, torniamo ad occuparci di Librino dove, da diversi anni, opera atti-vamente la Fondazione Fiumara d’Arte. Una nuova iniziativa, la Porta della Bellezza, che ancora una volta coinvolge i ragazzi del quartiere. A riprova che il miglioramento della società passa anche attraverso la creatività e le giovani risorse locali.

Quasi quarant’anni fa nasceva a Catania il quartiere di Librino. Per la progettazione, all’epoca ci si affidò a uno dei più importanti architetti e urbanisti, non solo di quegli anni, ma di tutto il Novecento, vale a dire Kenzo Tange. Scomparso nel 2005, era nato a Osaka nel 1913. Laureato in architettura a Tokyo nel 1935, influenzato da Le Corbusier da un lato e dall’architettura tradizionale giapponese dall’altro, la maggior parte dei suoi progetti risiede nel paese del Sol Levante.

Ma anche in Italia rimangono tracce sostanziali del suo genio: in particolare a Bologna, Napoli e Milano. Per il quartiere di Librino Kenzo Tange ideò una modernissima “città nella città”, che doveva essere dotata di grandi borghi, in grado di ospitare migliaia di persone, e di grosse arterie viarie, a collegare i vari nuclei abitativi. Ma non solo: erano previsti anche una quantità di edifici attrezzati a centri culturali, impianti sportivi, luoghi di ritrovo. Insomma, un progetto dalle mire ambiziose, che avrebbe dovuto qualificare in modo determinante una zona periferica della città etnea. La storia,

purtroppo, è testimone di come le cose siano andate diversamente.

Oggi Librino è una zona franca della criminalità, territorio abbandonato a se stesso e che con difficoltà riesce ad alzare la testa. Le voci della legalità e della “filosofia del fare” si levano da parte di associazioni di volontari, come il Centro Iqbal Masih (http://www.centroiqbalmasih.it/) e il Centro Talità Kum (http://www. talitakumcatania.it), con il loro impegno sociale atto a contrastare, attraverso l’unione, gli odiosi diktat dell’illegalità.Librino come terra da recuperare; da “riannettere” alla Catania che viene mostrata nei cartelloni e nei dépliant turistici. Una terra di cui non vergognarsi e alla quale guardare con fiducia nella possibilità di un riscatto, reale e duraturo.

E il recupero, il riscatto, possono (e devono) passare anche attraverso l’arte. L’inaugurazione, avvenuta lo scorso 15 maggio, della Porta della Bellezza, segna, in tal senso, una tappa

fondamentale. L’artefice del progetto Terzocchio – Meridiani di Luce, di cui la Porta fa parte, è Antonio Presti, con la sua Fondazione Fiumara d’Arte. Si tratta di un’opera monumentale, costituita da ben 9000 forme di terracotta ispirate al tema della “Grande Madre”, applicate su uno spazio di 500 metri di un muro di cemento che sostiene l’asse dei servizi e attraversa, tagliandolo, tutto il quartiere.

Un’opera in cui lavori di artisti nazionali vengono affiancati, in uno splendido e significativo connubio, alle realizzazioni ottenute grazie alla partecipazione di 9 scuole locali, tra elementari e medie, nella misura di oltre 10.000 allievi, i quali hanno modellato personalmente la terracotta, trasformandosi, così, in giovani “artisti” e “autori”, e mettendo concretamente la firma su un progetto artistico dal respiro decisamente ampio.

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L’opera andrà arricchendosi, di anno in anno, in un crescendo che condurrà progressivamente al completamento, fino alla copertura intera dei 3 Km di lunghezza del muro, che costituirà così la più grande opera in terracotta mai realizzata al mondo. Alla luce di quanto detto, sembra quasi inopportuno parlare di “recupero”. Iniziative come queste rappresentano istanze di una necessità di condivisione, di una forte tensione al dialogo serrato (e sappiamo quanto ce ne sia bisogno) tra arte, cultura e territorio. Segnali della volontà di costruire una nuova topografia della bellezza. È così che un semplice muro diventa strumento di comunicazione, oltre che di riscoperta delle potenzialità, non solo urbanistiche, ma anche umane, del quartiere.

Tanto più se pensiamo che la Porta della Bellezza è un dono esclusivo della Fondazione, e di Antonio Presti, a Librino e alla città tutta. La scelta di non chiedere alcun contributo pubblico

è estremamente significativa e rafforza il valore e l’importanza dell’opera. A maggior ragione nel contesto di un quartiere come questo, per il quale gli enti pubblici dovrebbero prodigarsi, più che per altre (e più “in mostra”) zone della città. Peccato lo facciano solo in prossimità delle tornate elettorali.

A monte dell’importante progetto, si diceva, la Fondazione Fiumara d’Arte. Nata nel 1982, nel corso degli anni ha rappresentato un vero e proprio punto di riferimento nel campo della promozione artistica. Giusto per fornire qualche cenno sommario delle attività portate avanti, ricorderemo la Casa d’Arte Stesicorea, del 2000, il progetto “Poeti a Librino”, del 2002, “500 spot per Librino”, l’anno seguente, e via via nel tempo fino ad arrivare a quest’ultima sfida. Un impegno a lungo termine per far esplodere la straordinaria forza dell’arte, lì dove più c’è bisogno di menti lucide, di mani che hanno voglia di lavorare e di progetti da far crescere alla luce del sole. 1111

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Sopra Antonio Presti;A sinistra: particolari delle opere;Sotto: la Porta della Bellezza, all’ingresso di Librino

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LA FORZA DELLA VENDETTA E L’INNOCENZA DELLA COLPA

di Patrizia Seminara

Il motivo del barbaro e dello straniero quest’anno in scena al teatro greco di Siracusa per il XLV Ciclo delle rappresentazioni classiche. Ma tanti gli spunti di riflessione offerti dalla Medea e dall’Edipo a Colono, in cartellone assieme allo spettacolo itinerante Le Supplici

Si rinnova, puntuale, a Siracusa, il consue-to appuntamento con le rappresentazioni classiche. Il XLV Ciclo – assieme alle atti-vità collaterali – ha avuto inizio il 9 mag-gio e proseguirà fino al 21 giugno. In sce-na, quest’anno, sempre sotto il patrocinio dell’INDA, la Medea di Euripide e l’Edipo a Colono di Sofocle. Due opere importan-ti della drammaturgia classica. La prima – tra le più rappresentate a Siracusa (dove va in scena per la sesta volta), rievocando il mito della ‘mater terribilis’, la barbara che si vendica dell’abbandono del marito greco uccidendo i figli da lui avuti –– ha attraversato secoli di letteratura teatrale; la seconda, ultima fatica del quasi novanten-ne tragediografo ateniese, segna la tappa finale del destino dell’eroe tragico per ec-cellenza, Edipo, il quale, in volontario esi-lio ad Atene, dopo le tristi vicende che lo avevano visto protagonista dell’Edipo Re, vi trova, grazie all’ospitalità del re Teseo, degna sepoltura e futuro culto da eroe.

Addio cinema Excelsior

di Alberto Surrentino d’AfflittoIl 31 marzo 2009 era un martedì, giorno che a Catania continua ad essere consacrato al cinema, nonostante da qualche tempo si siano moltiplicate le offerte di riduzione del biglietto anche in altri giorni della settimana.Quel giorno, al cinema Excelsior si proiettava il bellissimo film Gran Torino, di Clint Eastwood. Gli spettatori accorsi alla proiezione delle 22:30 non sapevano che sarebbero stati gli ultimi clienti della storica sala catanese. In realtà, nell’ambiente dell’esercizio cinematografico la notizia era già nota da tempo: il contratto di locazione della sala veniva a scadere proprio il 31 marzo, e il

gestore non aveva fatto mistero di non voler proseguire l’attività. Così, senza clamore, è scomparso un altro pezzo di storia di questa città, con il dispiacere di chi assiste alla chiusura dell’ennesima sala, ma anche con la consapevolezza dell’inevitabilità e dell’impotenza.Ma torniamo un po’ indietro nel tempo. L’Excelsior viene realizzato nel 1935 come teatro. Quattro anni dopo, ristrutturato, è adibito unicamente a sala cinematografica. Si afferma subito come importante punto di riferimento del pubblico catanese, tanto che sarà uno degli ultimi a sospendere l’attività in tempo di guerra – esattamente l’8 luglio 1943, appena due giorni prima

dello sbarco alleato – e uno dei primi a riprenderla, a metà settembre dello stesso anno. Fino al 1960 il locale era dotato di attigua arena dove continuare le proiezioni in estate, poi dissidi tra i diversi proprietari delle due strutture portarono alla definitiva chiusura del locale estivo. L’Excelsior ha attraversato indenne la grande crisi dell’esercizio cinematografico manifestatasi a partire dalla seconda metà degli anni ‘70, concentrando, però, la propria proposta su una cinematografia di genere che ne aveva diminuito il prestigio. Quindi, il rilancio negli anni ‘90, con un ammodernamento dei locali ed una programmazione più attenta al cinema di

Le multisale conquistano il mercato e le monosale chiudono. Un fenomeno in crescita, inarrestabile, che lascia poche speranze ai nostalgici delle tradizionali piccole sale cinema-tografiche, da sempre meta di un pubblico fedele e appassionato

Il tema del barbaro e dello straniero vuole essere, nelle dichiarate intenzioni degli organizzatori, il leit motiv del festi-val siracusano 2009 (e in linea con tale tematica è anche la messa in scena dello spettacolo itinerante Supplici, di Eschilo, rappresentato in occasione del XV Festi-val Internazionale del Teatro Classico dei Giovani): un “percorso di riflessione – si legge nella presentazione dell’INDA alla stagione – un ‘viaggio’ che parte proprio da Siracusa e dalla Sicilia, terra di fron-tiera del Mediterraneo, da sempre luogo di incontro, di contraddizione, di…ri-defini-zione delle Identità”. Ancora una volta, dunque, un richiamo a scottanti temi di attualità, e, sempre, l’inevitabile constata-zione della universalità – pur nel rispetto delle diversità storiche – dei messaggi che ci vengono dal passato. Euripide misogino? I Greci “razzisti” e ostili allo straniero? O piuttosto Medea fi-gura emblematica della riscossa del debole

che, se calpestato nella sua dignità di esse-re umano, sa rendersi capace, per reazio-ne ma anche per giustizia, delle più atroci vendette contro il suo oppressore? Al di là della duplice lettura critica della tragedia – in genere oscillante tra queste due diverse interpretazioni – non pochi gli altri spunti di riflessione offerti dalla Medea: tra que-sti, quello della donna barbara che, giunta per amore in terra straniera, vive la dop-pia desolante condizione di donna tradita e di straniera in una terra ostile; o quello dell’anima selvaggia e libera, della natura ‘bestiale’ e irrazionale che è in ognuno di noi; o ancora, dell’eterna lotta tra passione

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TEATRO

CINEMA

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LA FORZA DELLA VENDETTA E L’INNOCENZA DELLA COLPA

Addio cinema Excelsior

(pathos) e razionalità (logos), evidente nei magnifici monologhi in cui la protagonista dichiara, con lucidità, di essere consapevo-le dell’empietà dell’atto che sta per com-piere, ma di sapere anche che il furore del proprio animo è molto più forte in lei di ogni altro volere. Perché – è sempre Me-dea che lo dichiara – la donna è di solito un essere debole e pauroso, ma, se offesa nei suoi diritti di sposa, non c’è altro cuore più del suo assetato di sangue. Se, dunque, è vero che, in una simile vicenda, la Gre-cia ‘civile’ prende le distanze dalla barbara maga, non c’è dubbio che – lo afferma la traduttrice Maria Grazia Ciani - “Euripide ha sfiorato i segreti più oscuri del cuore femminile…ha intuito una verità a lungo rimossa e oggi riconsiderata con orrore e spavento. Ogni donna è una straniera che viene da lontano. Ogni madre può essere Medea”.Nell’Edipo a Colono si conclude la vicen-

da umana dell’eroe che, dopo aver senza colpa ucciso il proprio padre e sposato la propria madre, ormai vicino alla morte, su-pera il clima di orrore del suo destino in una serenità eroica. Perché, come la divini-tà schiaccia l’uomo sotto il peso di crudeli sventure, allo stesso modo può, se vuole, risollevarlo dall’abisso in cui l’ha sprofon-dato. Ciò che resta all’uomo è solo l’amara rifles-sione sull’inspiegabilità del destino e sulla ineluttabilità dell’infelicità umana. Ma an-che un’unica, possibile risposta da opporre al fato: la fiducia ultima nell’imperscruta-bilità del volere divino. Un punto d’arrivo

qualità. Con il nuovo millennio le cose cambiano. Per tutti. Il 4 marzo del 2000 viene inaugurata la prima multisala già concepita per essere tale, il Planet, mentre chi può realizza la seconda sala (Ariston, Capitol, Alfieri, King). Unico particolare da non

sottovalutare: gli schermi aumentano, il pubblico no. Tra il 2006 e il 2007 aprono il Warner Village e il Cinestar, per un totale di altri 21 schermi. Gli spettatori, però, non solo non aumentano, ma addirittura diminuiscono. Anche i dati del primo quadrimestre del 2009

segnano un -3,32 % di biglietti venduti rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e un -10% in relazione al 2007. Le conseguenze sono inevitabili: se lo scorso 19 giugno aveva già chiuso il Tiffany, a distanza di nove mesi è toccato all’Excelsior, e probabilmente altre sale ne seguiranno le sorti nel prossimo futuro.Il fenomeno è

nazionale: il pubblico tende sempre di più a frequentare le multisale, tanto che queste rappresentano ormai il 67% degli schermi italiani. Emblematico è il caso di Siracusa, dove ai primi di marzo ha chiuso l’ultima monosala della città, il Mignon. Resiste solo l’Aurora, che però si trova a Belvedere. I nostalgici delle sale “storiche” della città dovranno rassegnarsi: i costi di gestione sono alti e gli utili diminuiscono sempre di più. Ma è curioso notare come questa “crisi” abbia connotati diametralmente opposti a quella degli anni ‘70. Allora le sale chiudevano o si trasformavano in locali a luci rosse, oggi assistiamo ad una sostanziale migrazione di spettatori che favoriscono i nuovi complessi a discapito delle sale cittadine. E il numero degli schermi aumenterà ancora: a breve verrà inaugurata una nuova multisala a San Gregorio, nella zona dello svincolo autostradale, e si parla anche di un nuovo plesso nella zona della Plaja. Stavolta chi ne uscirà sconfitto? 1111

MedeaTraduzione: Maria Grazia Ciani (Università di Padova)Regia: Krzystof ZanussiInterprete principale: Elisabetta PozziScenografia: Massimiliano e Doriana FuksasCostumi: Beatrice BordoneMusiche: Daniele D’Angelo

Edipo a ColonoTraduzione: Giovanni Cerri (Università La Sapienza di Roma)Regia: Daniele SalvoInterprete principale: Giorgio Albertazzi Scenografia: Massimiliano e Doriana FuksasCostumi: Nicola LuccariniMusiche: Marco Padda

di un processo che il personaggio compie a partire dall’Edipo Re, e che, a detta del tra-duttore Giovanni Cerri, interessa lo stesso Sofocle quando, giunto ormai alla fine dei suoi giorni, è investito da un processo di “ripensamento e di conversione” che fa di Edipo una ‘controfigura’ di Sofocle stes-so. Nel contempo la tragedia rappresenta “un inno all’accoglienza dello straniero anche quando lo straniero è macchiato da infamia nel paese da cui è fuggito…pur es-sendo innocente…” e, nella figura del suo re che accoglie Edipo esule, “Atene…as-surge a simbolo dell’accoglienza e della religiosità vera”. Un messaggio che dove-va suonare da monito già a quell’epoca, al pubblico di un’Atene ormai al tramonto, e che, tanto più, dovrebbe esserlo per noi, in giorni in cui il dibattito sul tema dell’acco-glienza dello straniero assume i contorni di una drammatica emergenza.1111

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a cura di Emilia Giuliana Papa eAlessandro Puglisi

Nella Sicilia che troppo spesso non vede, non sente e non parla, qualcuno ad un certo punto alza la testa. Basterebbe questa frase, questo concetto, per riassumere il contenuto del volume di Letizia Maniaci, figlia ventiquattrenne di quel Pino Maniaci che, attraverso l’emittente Telejato, ha dimostrato come si possa combattere, giornalmente, non solo la mafia in sé, ma anche quella “mentalità mafiosa” insita in tanta gente onesta. Si può fare, “semplicemente”, dicendo la verità, sempre. Anti-mafia a conduzione familiare, come ci racconta Letizia; con lo spirito di un’unione data, oltre che dal vincolo di sangue, più e, forse, soprattutto da una solida comunione d’intenti.Il libro, edito da Rizzoli all’interno della collana Rizzoli Narrativa, e alla cui stesura ha collaborato Serena Piazza, si sviluppa agilmente, con uno stile diretto e per nulla letterario, mettendo a fuoco la quotidianità dei Maniaci, le loro corse da un punto all’altro della Sicilia, a realizzare i servizi da montare in fretta per giungere in tempo al telegiornale dell’ora di pranzo. Accanto alla routine, i grandi fatti, gli arresti eccellenti, le minacce ricevute. Eventi, questi ultimi, che mettono paura. Anche ai Maniaci, sì, perché, citando direttamente: «Uno che manda in onda un telegiornale antimafia in una zona come la nostra ha paura? Certo che ce l’ha. Solo un pazzo incosciente non ne avrebbe. E un po’ pazzi e incoscienti lo siamo, ma la paura c’è. Abbiamo soltanto imparato a conviverci».

NARRATIVA ITALIANALETIZIA MANIACI

Mai chiudere gli occhi. Una giovanissima telegiornalista in prima linea contro la mafia

Rizzoli, 2009 pp.112 € 10,50di Alessandro Puglisi

NARRATIVA STRANIERAYOANI SANCHEZCuba Libre. Vivere e scrivere a L’AvanaRizzoli, 2009 pp. 237 € 17,00

Sono gli anni trenta quando, in Ame-rica, Walt Disney riceve un Oscar per la creazione del personaggio di Topo-lino. La notizia fa il giro del mondo ed è in questo periodo che il topo più famoso del globo viene “adottato” dalle matite di alcuni disegnatori ita-liani. Dal 31 dicembre 1932 troviamo le prime avventure con didascalie in rima ne “Il Topolino Giornale”, un set-timanale di grande formato che verrà pubblicato fino al 1943, sospeso du-rante la guerra e poi ripreso nel ’45. In seguito, le avventure di Topolino – e della banda di amici al suo segui-

to – finiscono col trovare fissa dimora tra le pagine del fumetto “Topolino”, la cui prima uscita risale al 7 Aprile 1949. Edito dalla Mondadori, in ver-sione tascabile, contava 100 pagine e costava 60 delle vecchie lire. Nel corso dei successivi sessant’anni non subirà particolari ed importanti mo-difiche.Nel 1955 le storie italiane, solo due fino al 1953, diventano otto. Dal 1960 il fumetto, che fino ad allora era stato quindicinale, dopo essere già stato mensile qualche anno pri-ma, esce con cadenza settimanale.

L’anno successivo passa interamente a colori. All’uscita del 500mo numero viene pubblicata la lettera nella quale Walt Disney si complimenta con l’al-lora direttore Mario Gentilini. Gli anni ’70 possono essere considerati gli anni della “crisi dello staff”: alcuni disegnatori abbandonano la compa-gnia e gli sceneggiatori scarseggiano, cosicché molti disegnatori diventano anche gli sceneggiatori delle sto-rie. Tra questi ricordiamo Romano Scarpa, importante per essere stato considerato uno dei migliori carto-nisti italiani della Disney. Creatore

“Topolino” il Re dei fumetti. Un successo lungo 60 anni!di Angela Puglisi

NARRATIVA STRANIERAYU HUAArricchirsi è glorioso.Brothers parte secondaFeltrinelli, 2009 pp. 448 € 19,00

NARRATIVA STRANIERADAVID TRUEBASaper PerdereFeltrinelli, 2009 pp. 480 € 19,50

IL LIBRO DEL MESE

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SAGGISTICANICOLA GARDINII Baroni. Come e perché sono fuggito dall’università italiana Feltrinelli, 2009 pp.203 € 13,00

L’università nel nostro Paese è ormai in crisi. Questo è un dato di fatto. Una gestione istituzionale scelle-rata e la progressiva corrosione di un sistema che dovrebbe mettere sempre al primo posto l’importanza della formazione, ha condotto ad uno scenario drammatico, che ogni studente vive sulla propria pelle, giorno per giorno. È quindi da accogliere con piacere, sebbene venato da un retrogusto amaro, il volume di Nicola Gardini, oggi professore di Letteratura italiana e comparata all’Università di Oxford. La sua storia, raccontata con piglio molto personale, è quella di un laureato a Milano in Lettere Classiche che,

dopo aver ottenuto un Ph.D. in Letteratura comparata negli Stati Uniti, torna in Italia, solo per intraprendere un’odissea, durata oltre dieci anni, all’interno del mondo accademico nostrano. Tra denuncia, confessione e riaffermazione della propria passione per la cultura, l’autore ci accompagna in un viaggio fra raccomandazioni, gelosie, disprezzo della meritocrazia e concorsi dagli esiti scontati. In definitiva, mantenendosi in bilico tra narrazione e documentazione, Gardini ci lascia intuire prima la frustrazione del giovane studioso a confronto con un universo che ha dimenticato il valore della conoscenza, poi l’amarezza dell’insegnante affermato che guarda ormai, come succede sempre più spesso, all’Italia da un paese straniero.A.P.

di personaggi come Trudy, Bruto, Atomino Bip Bip, Codino, Sgrizzo Pa-pero, Filo Sganga, Paperetta Yè Yè. Entrano inoltre in redazione Abramo e Giampaolo Barosso, sceneggiatori destinati a fare anch’essi la storia del giornale. Dal 1988 in poi il fumetto viene pubblicato dalla “The Walt Di-sney Company” e, a partire dal 1993, le storie inserite saranno tutte italia-ne. Luca Boschi, uno dei cartoonisti che hanno lavorato per il fumetto, dichiara: “Topolino formato libret-to è una vera e propria rivoluzione destinata ad influenzare per decenni

i costumi degli italiani”. E di decenni ne sono passati dav-vero tanti, tra gadget, allegati di ogni tipo e vesti grafiche

sempre nuove. Nelle pagine di questo fumetto si sono intrecciate le storie dei più svariati personaggi. Il mitico Topolino ha seguito i cambiamenti delle varie epoche che ha vissuto e raccontato. Il suo segreto sta pro-prio nella sua capacità di rinnovar-si, pur restando autentico e fedele al suo intento educativo. Sempre attuale, rimane al passo coi tempi, soddisfacendo quei grandi e picco-li lettori che sono cresciuti con lui e che continuano a farlo, immersi tra le righe e le vignette di un fumetto che, da poco sessantenne, si dimostra an-cora giovanile e longevo.

I DIRETTORI

Mario Gentilini dal 1949 al 1980Gaudenzio Capelli dal 1980 al 1994Paolo Cavaglione dal 1994 al 1999

Gianni Bono dal 1999 al 2000Claretta Muci dal 2000 al 2007

Valentina De Poli dal 2007…

CURIOSITÀ

N. 241 sulla copertina è raffigurato Paperino con tre braccia

N. 1401 in uno degli episodi Zio Paperone fa costruire un ponte

sullo Stretto di Messina N. 1415

errore a pag 44, ci sono quattro Qui Quo Qua. N. 2185

contiene un Guinnes dei Primati: viene pubblicata la storia più piccola del mondo, contenuta in una

sola pagina, leggibile attraverso la lente di ingrandimento che si trovava in

allegato.

NARRATIVA ITALIANAASCANIO CELESTINILotta di classeEinaudi, 2009 pp. 150 € 18,50

ATTUALITÀMILENA GABANELLIEcofollie. Per uno sviluppo (in)sostenibile. Rizzoli, 2009 pp. 117 € 21,00

NARRATIVA ITALIANAMARCO PRESTAIl paradosso terrestreAliberti editore, 2009 pp. 155 € 13,90

STORIAPHILLIP GOSSEStoria della pirateriaOdoya, 2008 pp. 349 € 20,00

SAGGISTICAANNAMARIA BERNARDINI DE PACEDiritti diversi. La legge negata ai gayBompiani, 2009 pp. 223 € 17,50

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ALLA SCOPERTA DEL POETA ORFICO

di Irene Giuffrida

È da pochi mesi uscito il libro Non si avrà ragione di me. Poeti del Novecento per Dino Campana, omaggio al tormentato artista dei Canti Orfici. L’autore, Gabriel Cacho Millet, esponente di punta della letteratura sudamericana e appassionato studioso dell’opera di Dino Campana, ci racconta, in questa intervista, la sua ultima fatica letteraria e i suoi più immediati progetti per il futuro…

INTERVISTA A GABRIEL CACHO MILLETScrittore e giornalista argentino, studioso di letteratura

contemporanea

Salve, Lei è tra i più grandi ricercatori e studiosi dell’opera di Dino Campana.Non esageriamo. Non voglio montarmi la testa. Dica che sono un buono studioso. Nient’altro.

Com’è avvenuto questo incontro magico? Quale situazione, o quale testo, ha acceso il suo entusiasmo?È stata una lunga storia iniziata circa 40 anni fa, quando intrapresi la traduzione di una raccolta di poesie di Campana ispirate al paesaggio sudamericano. Non sentivo una piena soddisfazione in relazione al mio lavoro, nonostante il mio editore lo trovasse ben fatto; il passaggio da una lingua a un’altra sottraeva qualcosa al godimento della fruizione letteraria. Si perdeva cioè, con la traduzione, un elemento ineffabile, intraducibile, presente nell’opera in lingua originale: la musicalità insita in quei versi. Quando però l’editore, in seguito, mi chiese di non continuare nel lavoro di traduzione, perché quelle poesie erano già state tradotte da qualcun altro, provai un forte senso di rabbia e di delusione dentro di me. E decisi di andare fino in fondo con il Poeta e con la sua avventura. Leggendo e studiando, vidi delinearsi sempre più nettamente in me l’idea di un Dino Campana personaggio di teatro, specie dopo aver letto le interviste del dott. Pariani al Poeta nel Manicomio di Castel Pulci. Dopo quelle letture, ho sentito il bisogno di scavare nella sua vita, e per anni ho percorso

un po’ tutta l’Italia dietro le sue tracce, parlando con gente che l’aveva c o n o s c i u t o , ricercando in

archivi privati e pubblici. Da quell’andare dietro il poeta orfico nacquero la prima raccolta di lettere campaniane, edite col titolo Le mie lettere sono fatte per essere bruciate e il monologo Quasi un uomo, che è stato portato da Mario Maranzana nei teatri di tutta Italia, e anche a Parigi nell’ambito di un convegno sul Poeta.

Quali sono gli elementi che la vulgata interpretazione della poetica campaniana ha lasciato in ombra, che erano cioè poco noti al grande pubblico, e che lei invece, con la sua opera e con i suoi studi, si è incaricato di mettere in luce?In realtà ci sono tutt’ora zone d’ombra, e non credo che oggi come oggi si possa fare un discorso completo sull’opera di Campana. Un tale discorso si potrà fare soltanto quando saranno riordinate e pubblicate, rigorosamente e sistematicamente, tutte le carte, “la cui sorte - ha detto Neuro Bonifazi - è stata ed è infelice come quella dell’autore”.

Come ritiene sia oggi vissuto il poeta Campana, soprattutto dalle nuove generazioni?Definirei Campana un poeta contemporaneo, un poeta giovane, perché il suo canto sembra non invecchiare. Assistendo di recente a Roma ad uno spettacolo teatrale su Campana, mi sono accorto di essere, tra il pubblico, l’unico ad avere i capelli bianchi. I giovani sono forse i lettori che maggiormente riescono a cogliere e a percepire ciò che di vivo, di profondo, di alto ed attuale c’è nella poesia di Campana, lasciandosi trascinare attraverso un’operazione di immedesimazione nel mondo musicale e colorato di questo grande poeta.

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Ci parli del suo ultimo lavoro Non si avrà ragione di me. Poeti del Novecento per Dino Campana.Si tratta di un omaggio a quattro mani dedicato a Dino Campana: una raccolta di poesie del ‘900 ispirate alla vita e all’opera di Campana, scritta avendo come collante una serie di fotografie dell’artista ed editore Claudio Corrivetti, che ritraggono Marradi, paese natale dello scrittore. Alcuni tra i poeti presenti nel testo ebbero un rapporto personale con Campana, quali Novaro e Meriano, per altri la sua opera fu fonte di ispirazione. Il testo comprende pagine in prosa e versi di 25 autori legati, per differenti ragioni, a Campana. Tra questi: Vincenzo Cardarelli, Sibilla Aleramo, Giorgio Caproni, Vico Faggi, Sergio Zavoli. All’interno dell’opera ho inserito anche una mia poesia scritta tanti anni fa, che fornisce, dalla mia prospettiva, un ritratto di Campana. Ciò che io penso di questo grande poeta è forse, nella maniera più efficace, riassunto in questi miei versi, in particolare nell’ultimo, che recita: “…un fiume che fuggendo canta”. Tengo a dire che questa poesia è stata pubblicata per la prima volta a conclusione del prologo di Dino Campana fuorilegge, un libro in cui ho raccolto tutte le carte riguardanti il rapporto di Campana con la giustizia e i suoi transiti attraverso manicomi, ospedali, commissariati, carceri e questure. Questo libro, come altri tre (Pirandello in Argentina, contenente lettere allora inedite dello scrittore, L’incauta vetta, una raccolta di versi di Primo Conti, e il carteggio di quest’ultimo figlio del Futurismo con Filippo Tommaso Marinetti, Nei proiettori del Futurismo), sono stati editi dalla Novecento, una piccola casa editrice di Palermo, che a suo tempo ebbe il coraggio di pubblicare le mie fatiche di ostinato ricercatore. Come vede, ho un debito non da poco con la sua Isola.

Campana e la follia: in che misura trova sia appartenuta all’uomo e in che misura all’artista? Non è facile rispondere a questa domanda. Di certo all’esame del quadro familiare risulta una forte componente genetica: la stessa patologia, definita a quel tempo “nervosa”, aveva afflitto il nonno, lo zio – con il quale Dino Campana aveva per un certo periodo vissuto – e il padre, curato per qualche tempo dai medici bolognesi. Tuttavia, quel disturbo che lo fece soffrire tanto e sentire “diviso” da se stesso sarebbe stato forse oggi curato più da un punto di vista psicologico che psichiatrico. Non ritengo, però, che la malattia di Campana abbia influenzato la sua poetica. Accostandoci ai suoi versi, ad una prima lettura incomprensibili e oscuri, si avverte la presenza di un delirio di suoni e di immagini che però scopriamo, subito dopo, essere un tentativo di afferrare l’ineffabile, che non è dunque frutto della malattia mentale ma proprio di una scelta poetica.

A parte Dino Campana, quali altri autori l’hanno appassionata nella sua ricerca letteraria rappresentando riferimenti importanti per la sua crescita professionale?Un autore che mi è particolarmente caro, col quale instaurai a suo tempo un brevissimo e unico rapporto di collaborazione, è Jorge Luis Borges. Mi sono occupato a lungo anche di Primo Conti, ultimo rappresentante del Futurismo, con il quale ho scritto la sua biografia e per il quale ho curato un suo carteggio inedito con Marinetti, di cui ho parlato prima. Altro autore che, tra gli altri, voglio ricordare è Emanuel Carnevali, caso letterario dei primi decenni del Novecento; ho infatti curato tre anni fa una raccolta di suoi scritti dal titolo Racconti di un uomo che ha fretta e, nel 1980, Voglio disturbare l’America, il carteggio con Benedetto Croce, Giovanni Papini e Carlo Linati. La cura dei quattro libri su Carnevali (due dei quali contengono i Saggi e il Diario bazzanese) è frutto di studio e di due viaggi negli Stati Uniti alla ricerca delle sue tracce.

Quali sono i suoi progetti futuri?Concludere innanzitutto la pubblicazione di tutte le lettere di Campana, soprattutto quelle inedite trovate negli ultimi tempi. Diciamo che sto attualmente lavorando al solo carteggio. Un altro dei miei progetti è quello di tornare in teatro, esattamente da dove ho iniziato. Il mio più recente lavoro teatrale si intitola Le lunghe braccia dell’autunno e riguarda l’ultima storia d’amore di Sibilla Aleramo che, nel 1936, già sessantenne, si innamorò di Franco Matacotta, un giovane poeta ventenne. Spero ancora di pubblicare il mio carteggio con la scrittrice María Teresa León, moglie del poeta spagnolo Rafael Alberti, che furono miei amici durante il loro esilio romano.

Che posto occupa oggi uno scrittore nella nostra società e che responsabilità ha nei confronti del suo tempo e delle nuove generazioni? Personalmente guardo con diffidenza a quegli autori impegnati che credono di poter salvare il mondo. La letteratura non salva nessuno. Tuttavia può ancora aiutarci nella ricerca di noi stessi e, nutrendoci, può consentire ad ognuno di noi di arrivare all’essenza delle cose. In altre parole, può farci credere ancora nell’uomo. 1111

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a sinistra: Dino Campana da giovane

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lone eagle

di Sebastiano Di BellaIl più pesante dell’aria, l’aeroplano, esce dal primo conflitto mondiale da vincitore. Ha dimostrato la propria validità con-cettuale dal punto di vista tecnico, diventa sempre più veloce ed affidabile; costruttori, tecnici e progettisti sono consci del-le sue enormi potenzialità anche in campo civile. Nella prima metà degli anni venti del ‘900, negli U.S.A, biplani monomotore effettuano regolare servizio postale interno. Li pilotano audaci reduci dei combattimenti aerei della Grande Guerra, veri pio-nieri e temerari del volo, che mal si adattano alla vita da civili e che proprio non riescono a stare con “i piedi per terra”. Spinti da una grande passione per il volo, oltre che dalla necessità di guadagnarsi da vivere, eccoli esibirsi in spettacolari acrobazie nelle fiere di paese, facendo provare il loro stesso brivido, per una manciata di minuti, a coltivatori e fattori del luogo. Questi piloti, dotati di grande esperienza e coraggio, si spostano di stato in stato – a volte volando tra nebbia e tormente – alla ricerca di ingaggi nei famosi “circhi volanti” o di semplici voli come corrieri postali. Dormono letteralmente sotto i loro aerei ed effettuano le riparazioni personalmente. Non mancano diffi-coltà e incidenti: a causa di guasti atterrano spesso in campi col-tivati, mentre con i loro voli a bassa quota spaventano mucche e galline, che non danno più latte e uova, rendendo insonni le notti degli allevatori. È tra questi funamboli del volo che troviamo Charles August Lindbergh.

Charles, figlio di immigranti svedesi, nasce a Detroit nel 1902 e cresce a Little Falls, nel Minnesota. Il padre è uno stimato av-vocato che diventerà membro del Congresso degli Stati Uniti, la madre insegna chimica. Contrariamente ai desideri dei genitori, C. vuole diventare pilota. E ci riesce.

1927: l’aviazione civile muove i suoi primi timidi passi, ma sono ancora pochi gli industriali che credono nell’aereo come mezzo di trasporto passeggeri sulle grandi distanze, ancor meno per i voli non stop transoceanici. L. è convinto che è il momento di tentare, e che esiste la capacità tecnica per costruire, a dispet-to dei dubbi di costruttori e finanziatori, un monoplano mono-motore affidabile. Altro motivo per tentare: dal 1919 il magnate Raymond Orteig ha messo in palio un premio di 25.000 dollari da assegnare al primo volo non stop. I dubbi dei costruttori ver-tono sulla presunta mancanza di affidabilità dell’unico motore. L., però, sa di aver trovato l’unità motrice giusta. Non si arren-de e continua a cercare finanziatori e costruttori. Finalmente, a St Louis, trova banchieri e uomini d’affari disposti a finanziare il suo sogno: un volo in solitario senza scalo da New York a Parigi. Ma, per riuscirci, deve avere un aereo con specifiche particolari: non un biplano, bensì un monoplano (avrebbe così eliminato ogni effetto di interferenza tra le due ali, consentendo di trasportare un peso maggiore a velocità più elevata, e, di con-seguenza, di imbarcare più carburante per ottenere una maggiore autonomia).Marzo: San Diego (California)- L. si rivolge agli stabilimenti

della “Ryan costruzioni aeronautiche”, parla con i progettisti, discute, spiega. È fatta. Costruiranno il velivolo, ma bisogna far presto. Altri prima di lui potrebbero provarci e riuscire…Il progettista Donald Hall designa l’aereo Ryan NYP (New York – Parigi), lavorando in perfetta sintonia con L.: la soluzio-ne ideale rispetto all’impresa è un monoplano ad ala alta. Hall partirà dal progetto base del Ryan m-1 per il trasporto passegge-ri, che già in quegli anni vola ed è molto apprezzato. Comincia la costruzione vera e propria, realizzata interamente a mano: la struttura è in legno e metallo, il rivestimento è invece in tela e alluminio, il carrello è fisso. Nel muso del velivolo viene in-stallato un serbatoio a capacità maggiorata, ma questa modifica impedisce il montaggio di un parabrezza, e allora si risolve con un periscopio orizzontale a specchi che consente di avere la vi-sione anteriore. Si lavora alacremente e con turni massacranti. Finalmente, a due mesi dalla stipula del contratto, il “pupo” è pronto e viene battezzato “Spirit of St. Louis“, in omaggio ai finanziamenti arrivati da quella città.

26 Aprile: L. è ai comandi per il primo volo di collaudo. L’aereo risponde perfettamente e fino ai primi di maggio L. continua con i collaudi volando nelle vicinanze della fabbrica. 10 Maggio: decolla per St .Louis, il giorno seguente vola fino a Roosevelt Field, base di partenza per il gran salto. Qui prova decolli a pieno carico, preoccupato di ridurre la corsa a causa di alcuni alberi e pali del telefono a fine pista. Il tempo è pessimo, piove da ore. L. attende l’OK dall’ufficio meteorologico e de-cide di andare a dare un’occhiata al suo aereo. Mette una mano sulla fiancata sotto l’ala destra: quasi una carezza… Sente che anche “lui” vuole andare, che è stato fatto per quel volo, che lo proteggerà e lo porterà fino a Parigi. Dopo tutto, sono entrambi parte di un unico sogno…20 Maggio: L. ha dormito poco, tanti pensieri di natura tecnica lo hanno tenuto sveglio: riuscirà a decollare con tutto quel peso a bordo? E poi, sarà completamente solo, per limitare il peso del velivolo ha rinunciato anche alla radio, volerà unicamente con la bussola e, in caso di guasto, si orienterà con le stelle. Il volo dovrebbe durare 40 ore. Speriamo che il motore regga, o gli toc-cherà farsela a nuoto!L’ufficio meteo dà l’ok. Si va. “Lone Eagle” – così ormai stam-pa e gente comune lo chiamano – decolla alle h.07:52 (ora di New York). L’avventura ha inizio. La rotta prevede il sorvolo della Nuova Scozia, poi dell’Oceano Atlantico fino alle coste dell’Irlanda; quindi, dopo una virata a sud-est e il sorvolo della Manica, l’ultimo segmento fino a Parigi, dove L. dovrà cercare il campo di Le Bourget.

L. vola sull’Atlantico settentrionale ormai da diverse ore, il motore gira bene e anche il consumo di carburante è regolare, anzi deve aprire il rubinetto dell’altro serbatoio… Ecco fatto. I comandi rispondono bene e anche la struttura dell’aereo è ok. Stringe la barra e ancora non gli sembra vero: è solo e vola verso

1927: una sfida dal sapore antico, il binomio uomo – macchina contro il cielo e l’Atlanti-co. Coraggioso e tenace, Charles Lindbergh compie il grande balzo in un volo non-stop in solitario dagli U.S.A. al cuore dell’Europa. Ha inizio la grande avventura dell’aviazione civile…

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l’Europa! Ripensa a quando, abbandonati gli studi di inge-gneria per dedicarsi al volo, aveva venduto la sua moto e, con un prestito chiesto al pa-dre, aveva messo insieme gli ultimi 500 dollari che gli erano serviti per acquistare un bipla-no Curtiss Jenny usato, con il quale aveva completato da au-todidatta il corso di pilotaggio. Poi, nel 1924, si era arruolato nell’Air Service dell’US Army come riservista, e qui aveva raggiunto il grado di capitano, completando il suo addestramen-to. Spesso la Dea bendata lo aveva aiutato: come quella volta, quando, dopo essere scampato per miracolo ad una collisione in volo ed essersi gettato con il paracadute, giunto al suolo senza neanche un graffio, gli avevano comunicato che quello era stato il primo corso che utilizzava il paracadute! Certo, era stato co-raggioso e tenace: aveva volato come pilota postale e, nel 1925, riusciva a coprire distanze di 460 km. E dire che, quando aveva cominciato a concepire la sua impresa, aveva appena 2000 ore di volo! Tiene la barra da decine di ore e la fatica esige il suo tributo: le palpebre cominciano a pesare come incudini; L. cerca di tenere aperti gli occhi, ma la lotta è impari. Si addormenta. Passano dei lunghissimi minuti… Rilassando braccia e gambe non go-verna più l’aereo e, in una virata non controllata, perde quota e direzione. Ad un tratto, quasi avvertendo la minaccia, apre gli occhi: la superficie dell’oceano è maledettamente vicina! Tira a sé la barra ed evita l’impatto per miracolo! Gli antenati stavano per accoglierlo…

Si lava il viso con l’acqua di una boraccia e riflette sull’inevi-tabile errore di rotta. Guarda la bussola, che indica il nord. Già, ma per quanto ha volato verso nord? Ora deve volare verso sud-est, solo verso sud-est, e, se la bussola si guasta, si orienterà con le stelle. Il cielo è limpido. Il motore sta girando da ore e non ha perso neanche un colpo, è il momento di cominciare a pregare di poter arrivare fino in fondo. La sua vita è legata ad un insieme di organi meccanici roventi, frutto dell’ingegno dell’uomo. Ma forse è chiedere troppo? No…No, non deve pensare a queste cose, deve pensare solo al volo e restare concentrato. 21 Maggio: L. apre il rubinetto del terzo serbatoio, un prov-videnziale vento di coda gli consente di ridurre manetta, ossia di decelerare, per far riposare un po’ il motore. Il sole è basso alle sue spalle. Come mai non avvista ancora le coste dell’Irlan-da!?... Quanto sarà finito fuori rotta dopo il sonno improvviso? Un momento… guarda dal finestrino di destra, sì, sì, quelli sono gabbiani! I gabbiani non si allontanano mai troppo dalla costa, lo sanno tutti! Già, ma quale costa? Sotto di lui ancora solo mare. Ad un tratto, dopo il contatto con i gabbiani, ecco la terra! Non è un miraggio frutto della stanchezza! L. scende di quota per osservare meglio e prende la sua carta geografica, ricono-

sce il profilo della costa: è lei, è l’Irlanda, è l’Irlanda! Vola basso sulla verde terra, un pastore gli urla contro, perché, al suo passaggio, il rumore del motore spaventa le pecore, che si sparpaglia-no. Ride, è un circostanza che conosce molto bene. Ridà gas, ha carburante a sufficienza, deve superare il canale della Manica e trova-re la foce della Senna prima che sia completamente buio. Da lì a Parigi dovrebbe esse-re facile. H.20,30: supera la Gran Bretagna meridionale, è sulla Manica, breve virata a est, ecco la Francia, final-mente, e la foce della Sen-na. Si abbassa per seguirla meglio fino a Parigi. Vola su molti villaggi lungo il gran-de fiume, è troppo basso, riprende quota, o qualche

collina, complice il buio, potrebbe mettere fine al suo volo…H22.00: dritta davanti al muso ecco Parigi!Non può sbagliarsi, la torre Eiffel alta ed illuminata sino in cima, lo accoglie e lo guida.Deve trovare il campo di Le Bourget; con una torcia elettrica guarda una carta di Parigi, dunque… calma, compie un’ampia virata, eccolo! Sotto di lui una folla incredibile e festante e ri-flettori che illuminano il suo aereo: si allinea sulla pista, riduce il gas, tira piano la barra a sé…..sente la terra sotto di lui, breve corsa di atterraggio, frena e ferma l’aeroplano. Ce l’ha fatta.

Alle ore 22,22 del 21 Maggio 1927 lo Spirit of St. Louis atterra sul campo di volo di Parigi-Le Bourget. Aveva volato per 33 ore, 30 minuti e 29,8 secondi, su una distanza di 5.870 km, senza radio e in solitario, completamente a vista e senza sca-lo. Per quell’incredibile volo il governo francese gli concede la Legion d’Onore. Dopo il suo ritorno in patria, il presidente Coolidge gli assegna la Distinguished Flyuing Cross e lo pro-muove colonnello della riserva della nascente aviazione milita-re U.S.A.. La rivista “Time” lo elee “Uomo dell’Anno”. 1111

Ora, è in un grande angar, lontano dal clamore e dalla folla che lo acclama, e si rivolge al suo Spirit: “Ancora non ci credo, non riesco a

esprimerti quello che provo… Qui sei al sicuro, non sopporto che quei tizi là fuori ti facciano del male. Che ne sanno loro, vero? Solo io e te sappiamo… la paura di finire nell’oceano ci ha perseguitato, e forse un po’ della mia tenacia è finita nel tuo motore. Tu hai un’anima, amico mio, non credere a chi ti dice il contrario. Però, devi ammettere che ti ho fatto mettere insieme proprio bene, che ne dici?...Non rispondi? Ma perché un aeroplano dovrebbe rispondermi?! Certo, non rispondi perché sei stanco… Hai ragione, dobbiamo riposare. Grazie, amico, questo è stato il nostro grande volo, nostro e di nessun altro.”

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cartellone Maggio - giugno

TEATRO

CINEMADANZA

MUSICAMOSTRAMUSICA

MOSTRA

MUSICAMUSICAMUSICACINEMA

MUSICA

MUSICAMUSICAMUSICAMUSICAMUSICA

MUSICAMUSICA

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Martedì 19 MaggioTEATRO STABILEWe like Shakespearedi William Shakespeareregia di Pietro CarriglioTeatro Vergah.17.15 - 20.45 da € 18,00in replica sino al 31 Maggio

Martedì 19 MaggioHot Flowing Pixels FestivalCentro Zōh.16.30 - 20.30 - 22.30ingresso gratuito

Giovedì 21 MaggioTeatro Massimo BelliniSummer of loveBalletto di Karole ArmitageTeatro Massimo Bellinih.20.00 in replica fino al 27 Maggio

Venerdì 22 MaggioRQM dj set (USA)Mercati Generalih.23.00 € 12,00

Venerdì 22 MaggioBambinaRteInaugurazione 8° edizioneMonastero dei Benedettinidalle h.10.00

Venerdì 22 MaggioARCHINUÉAss. Alan Lomaxh.21.30 € 5,00

Sabato 23 MaggioBambinaRteMostra “Professione:sognatore”Figuriamoci - 4 illustratori a CataniaMondi sospesi - Installazioni di Giusi Geremia e Ezio ScandurraMonastero dei Benedettinidalle h.10.00Fino al 31 Maggio

Sabato 23 MaggioGIORGIAPalacataniah.21.00 da € 23,00 a 51,80

Sabato 23 MaggioDJ SPINNA (Wonderwax record.)Mercati Generalih.23.00 € 12,00

Lunedì 25 MaggioOrchestra d’archi Ettore PaladinoTeatro Sangiorgih.21.00 € 12,00

Mercoledì 27 MaggioFUORICIRCUITOInterfilmInternational Short Film FestivalCentro Zōh.21.00ingresso gratuito

Giovedì 28 MaggioCHIARA CIVELLOSheraton Hotelh.22.30 € 12,00

Venerdì 29 MaggioMORGAN dj setMercati Generalih.23.00 € 11,50

Sabato 30 MaggioAFRO BOUGNA BANDAss. Alan Lomaxh.22.30 ingresso gratuito

Sabato 30 MaggioOLTRE LE NUVOLETributo a Luigi TencoCentro Zōh.21.00 € 16,50

Sabato 30 MaggioGiuseppe CucèCentro Zōh.21.00

Lunedì 1 GiugnoMad Triomusiche di Ciaikovski, Mussini, Kruger, PeterTeatro Sangiorgih.21.00 € 12,00

Lunedì 8 GiugnoJOAN AS A POLICE WOMANMercati Generalih.22.00 € 10,00

Lunedì 8 GiugnoQuartetto Concentus e Angelo PalmeriTeatro Sangiorgih.21.00 € 12,00

MEDEAMaggio: inizio h.18.45 Giorni: 9 - 13 - 15 - 17 - 19 - 21 - 23 - 27 - 29 - 31Giugno: inizio h.19.15 Giorni: 2 - 4 - 6 - 10 - 12 - 14 - 16 - 18 - 20

EDIPO A COLONOMaggio: inizio h.18.45 Giorni: 12 - 14 - 16 - 20 - 24 - 22 - 24 - 26 - 28 - 30Giugno: inizio h.19.15 Giorni: 1 - 5 - 7 - 9 - 11 - 13 - 17 - 19 - 21

XLV Ciclo delle rappresentazioni classicheTeatro greco di Siracusa

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Il profumoche storia!

Dietro ogni fragranza, prima di ogni profumo, c’è il paziente e certosino lavoro di maestri profumieri. Oltre alla produzione di profumi naturali, che avevano il loro centro in Francia e che sono ancora oggi i più pregiati, nella seconda metà del secolo XIX andò affermandosi sempre di più, specialmente in Germania, l’industria dei profumi sintetici. I migliori profumi attualmente prodotti non sono, però, né completamente sintetici né completamente naturali: il prodotto migliore dell’arte profumiera è una miscela appropriata dei due tipi allo scopo di migliorare il profumo naturale. Un prodotto puramente sintetico sarebbe grossolano e poco soddisfacente per la mancanza di quelle piccole quantità di impurità che affinano e completano la fragranza dei prodotti naturali. L’industria dei profumi è solo in parte fondata su basi scientifiche, divenendo essa un’arte non appena procede alla miscela delle materie prime. I profumi traggono il loro nome dal fatto che, nella forma originaria, essi erano usati come polveri per fumigazioni nei templi egiziani. Le prime polveri erano miscele di aromi finemente macinati, tenuti insieme da mirra e storace. In seguito alla scoperta che, se certe sostanze aromatiche o fiori vengono immersi in grasso o olio, questi trattengono parte del principio odoroso, furono prodotti gli unguenti di fama biblica. Ad Avicenna, medico arabo, spetta la scoperta della distillazione in corrente di vapore degli oli volatili: durante le sue scoperte di pozioni medicamentose, egli trovò che, se si fanno bollire con acqua in un alambicco dei fiori, parte della loro essenza passa nel distillato.

I costituenti di un profumo sono tre: il diluente o solvente, il fissatore e l’elemento odorifico o essenza. Il diluente costituisce la maggior parte di ogni profumo finito: le sostanze usate in profumeria hanno infatti odori così potenti da dovere essere considerevolmente diluite nella composizione del profumo. Le sostanze odorose sono in generale poco solubili in acqua, ma facilmente solubili in liquidi grassi e in qualche altro solvente organico. Ciò è facilmente comprensibile se si pensa che, per poter stimolare il processo olfattivo, la sostanza odorosa deve potere sciogliersi nei tessuti grassi che si trovano nel setto olfattivo nella parte superiore del naso, a cui arriva grazie alla sua volatilità. La sostanza usata come diluente nei tempi più antichi era l’olio d’oliva, adatto a questo scopo in quanto è un buon solvente di parecchi potenti odoranti, specialmente degli oli essenziali dei fiori, e ha di per sé solo un blando odore. Esso è stato però sostituito, come diluente per profumeria, dall’alcool etilico, che possiede, rispetto all’olio d’oliva, i seguenti vantaggi: è incolore, è completamente volatile e non lascia alcun residuo, per cui è adatto per applicazioni su stoffe; ha odore piacevole e stimolante ma non tanto forte da interferire con quello del profumo. In una normale soluzione alcoolica del principio odoroso le sostanze più volatili evaporerebbero per prime, e l’odore del profumo consisterebbe in una serie successiva di impressioni anziché in quella globale desiderata: per ovviare a questo inconveniente si aggiunge un fissatore del profumo. Un tempo, fin dalle origini della profumeria, si ritrova un notevole impiego, come fissatori, di certi prodotti animali con funzioni sessuali, specialmente muschio e zibetto. Il daino muschiato maschio, abitante innocuo notturno dell’Himalaia, porta un sacco, nella parte anteriore dell’addome, che si riempie di una sostanza potentemente odorosa che ha la funzione di guidare la femmina verso il maschio. Il daino veniva ucciso, il sacco prelevato e seccato, e il contenuto venduto come muschio in poltiglia. Il muschio è un forte fissativo per i profumi vegetali, cioè li rende più persistenti. Lo zibetto è ottenuto dall’animale omonimo, che vive in Abissinia e in India, come secrezione glandolare sia del maschio che della femmina. Poiché la sostanza poteva essere asportata dall’animale senza danno per lo stesso, questo era tenuto in cattività e stimolato alla produzione di questa sostanza. Lo studio della struttura chimica dei costituenti odoriferi essenziali del muschio e dello zibetto

aprì ben presto la via a sviluppi notevolissimi nella chimica dei materiali da profumeria.Le sostanze odorose usate in profumeria sono gli oli essenziali o essenze, ottenuti generalmente dal regno vegetale, oppure le essenze artificiali, preparate per via sintetica. L’industria dei profumi sintetici, che per la bontà dei prodotti può competere con quella dei profumi naturali, si fonda sull’imitazione dell’odore delle essenze naturali per mezzo di miscele di sostanze odorose ottenute sinteticamente, impiegando materie prime facilmente accessibili.

PENHALIGON’S LONDON Dal XIX secolo PENAHALIGON’S è il fornitore ufficiale delle famiglie reali in tutto il mondo. Nel 1860 William Henry Penhaligon’S partì dalla città natale di Pensance, in Cornovaglia, per andare a Londra ed aprire un negozio da barbiere in Jermyn Street, centro esclusivo di Londra. Per Mister Penhaligon’s era cominciata un’avventura che sarebbe sfociata in un fiorente giro d’affari con la vendita di profumi, eau de toilette e pomate per la sua ricca clientela. Penhaligon’s rimane ancora oggi una vendita di lusso unica in un mercato di nicchia.

FLORIS LONDONGiunta a celebrare il suo 270° anniversario, la Floris è oggi diretta dall’ottava generazione di discendenti del suo fondatore. Juan Famenisa Floris, salpato da Minorca, ebbe l’originale idea di aprire, nel 1730, un negozio di parrucchiere da uomo nell’elegante quartiere St. James di Londra, in Jermyn Street al n.89, negozio che, recentemente ristrutturato assieme a quello di New York, conserva ancora al suo interno i mobili originali in mogano spagnolo acquistati alla Grande Esposizione in Hyde Park del 1851. Floris si è guadagnato ben 17 Royal Warrant: un R. W. viene attribuito ad un fornitore ufficiale di un membro della casa reale, e questo significa essere considerati ai vertici della qualità e del servizio nella propria categoria.

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