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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 117 (48.441) Città del Vaticano domenica 24 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!\!?!&! Jorge Mario Bergoglio su Giovanni Paolo II Il lavoro e la dignità dell’uomo Una conferenza tenuta il 7 giugno 2003 «Dall’inizio del suo pontificato, il Papa operaio ci invita ad entrare là dove la vita sociale dell’uomo si gioca a forza di remi, a forza di lanciare le reti una volta ancora: nel mondo del lavoro e della soli- darietà». Così il cardinale arcive- scovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, parlava di Giovanni Paolo II in una conferenza tenuta nella capitale argentina il 7 giugno 2003. La sua riflessione prendeva avvio dal quel «Duc in altum!» ri- volto da Gesù a Pietro e fatto pro- prio da Papa Wojtyła, per ripro- porre i capisaldi del pensiero socia- le del Pontefice polacco, in partico- lare la sua concezione del lavoro alla luce della «spiritualità di co- munione». Di fronte a concezioni politico-economiche che riducono l’attività dell’uomo «a un mero im- piego, che ha come fine la produ- zione di beni che servono soltanto ad alcuni — sottolineava Bergoglio — lo sguardo spirituale considera il lavoro come espressione di tutte le dimensioni dell’uomo: dalla più fondamentale, che appartiene alla “realizzazione della persona” fino alla più alta, che lo considera “ser- vizio” di amore». Il lavoro, dun- que, «costruisce la dignità dell’'uo- mo, vincolando la sua dimensione personale e la sua dimensione so- ciale», ma ha anche una dignità elevatissima la cui ragione ultima si radica in Gesù Cristo». PAGINA 10 Compie venticinque anni l’enciclica «Ut unum sint» sull’impegno ecumenico Fonte inesauribile LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Dall’incendio del duomo di Vienna (1945) una lezione per il futuro E allora lo ricostruiremo di CHRISTOPH SCHÖNBORN L a domenica di Pasqua di quest’anno è stata piuttosto insolita sotto molti aspetti. Ho celebrato la messa con otto persone in una cattedra- le di Vienna, lo Stephansdom, deserta. Come in molte altre parti del mondo è stata una domenica di Pasqua senza la presenza dei fedeli. Natu- ralmente la messa è stata trasmessa dalla televisione nazionale e in tal modo diverse centinaia di migliaia di persone hanno potuto partecipare alla festa pasquale. La Pasqua di quest’anno però non è stata caratterizzata solo dal coronavirus, perché segnava anche i 75 anni dall’incendio dello Stephan- sdom. L’immenso tetto ligneo del duomo prese fuoco a causa di qualche scintilla portata dal vento e bruciò completamente. La volta in parte crollò e l’amata “Pummerin” (la grande campana) cadde dalla torre nella chiesa fran- tumandosi. E il grande organo bruciò completamente. Qualche testimone afferma che gli sembrava udire un pianto mentre le canne dell’organo si fon- Al via l’anno speciale «Laudato si’» «La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capa- cità di vivere insieme e di comu- nione...». Sabato 23 maggio con un tweet su @Pontifex, il Papa ha aderito all’«Anno speciale» dedi- cato all’enciclica «sulla cura della casa comune», che si apre dome- nica 24, nel quinto anniversario della firma del documento. Organizzato dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui), l’appuntamento giubilare è stato introdotto dalla «Settimana Laudato si’» celebrata dal 16 maggio. E la prima della fitta agenda di iniziative in pro- gramma è la giornata di «Pre- ghiera comune» per il pianeta e per l’umanità, di domenica 24. PAGINA 8 A partire dal Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali MARKO IVAN RUPNIK, LILIANA SEGRE VINCENZO CORRADO, CESARE RIVOLTELLA SAVERIO SIMONELLI E VANIA DE LUCA NELLE PAGINE 4 E 5 ALLINTERNO NOSTRE INFORMAZIONI Prenota la copia cartacea dell’edizione speciale per il centenario della nascita di Karol Wojtyła scrivendo a [email protected] CONTINUA A PAGINA 9 Il Brasile secondo Paese al mondo per numero di contagi L’Oms dichiara l’America Latina nuovo epicentro della pandemia GINEVRA, 23. L’America Latina è il nuovo epicentro globale della pan- demia di coronavirus. E il Brasile è il Paese che desta più preoccupazio- ne, con quasi il 60 per cento delle 37.000 vittime e il 50 per cento circa degli oltre 672.000 casi registrati nella regione. A dichiararlo è stato ieri Michael Ryan, direttore del Programma per le emergenze sani- tarie dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), durante una conferenza stampa a Ginevra. Se- condo il ministero della Salute bra- siliano, nelle ultime 24 ore, sono stati infatti 1.001 i nuovi decessi ri- conducibili al covid-19, portando il totale delle vittime a 21.048, e 20.803 i nuovi infetti. Quest’ultimo dato ha fatto salire il Brasile al se- condo posto nella graduatoria mon- diale relativa ai contagi, con oltre 330.000 casi. Il Paese ha sopravan- zato anche la Russia. Questa cifra, per gli analisti, potrebbe essere ad- dirittura fino a quindici volte supe- riore per la difficoltà, su tutto il ter- ritorio nazionale, di disporre di sta- tistiche accurate e di effettuare test. Mentre nei Paesi vicini come Ar- gentina, Uruguay e Paraguay si so- no ottenuti risultati positivi con le misure di lockdown, in Brasile si ri- schia una trasmissione del virus quasi fuori controllo favorita dalla mancanza di limitazioni alla mobili- tà interna per i brasiliani. L’Oms ha dichiarato ieri di non sostenere la decisione del governo brasiliano di approvare l’utilizzo del- la clorochina per il trattamento del covid-19. «L’evidenza clinica non supporta l’uso di questo medicinale e pertanto non è raccomandato al- meno fino a quando non saranno di- sponibili chiari studi scientifici», ha detto Ryan, aggiungendo che le ri- cerche sul farmaco dell’Oms non hanno raggiunto risultati che per- mettano anche solo di consigliarlo. Il ministro della Salute ad interim, Eduardo Pazuello, su input del pre- sidente Bolsonaro, ha pubblicato un protocollo per il trattamento dei po- sitivi, che consente l’uso dell’antima- larico anche nei casi lievi. CONTINUA A PAGINA 3 Il Santo Padre ha ricevuto que- sta mattina in udienza Sua Ec- cellenza la Signora María Fer- nanda Silva, Ambasciatore di Argentina, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: l’Eminentissimo Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; Sua Eccellenza Monsignor Claudio Maniago, Vescovo di Castellaneta (Italia). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Onorevole Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di La Paz (Bolivia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Edmundo Luis Flavio Abasto- flor Montero. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Taipei (Taiwan), presentata da Sua Eccellenza Monsignor John Hung Shan-chuan, S. V .D. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di La Paz (Bolivia) Sua Eccellenza Monsignor Percy Lorenzo Gal- ván Flores, trasferendolo dalla Prelatura territoriale di Coroco- ro. Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Tai- pei (Taiwan) e Amministratore Apostolico delle Isole Kinmen o Quemoy e Matzu Sua Eccel- lenza Monsignor Thomas An- Zu Chung, finora Vescovo di Kiayi. Le credenziali del nuovo ambasciatore di Argentina Nella mattina di sabato 23 maggio Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenza la signora María Fernanda Silva, nuovo Ambasciatore di Argentina, in occasione della presentazione delle Lettere con cui è stata accreditata presso la Santa Sede Dal 1° giugno riaprono i Musei vaticani La data è di quelle da evidenziato- re: a partire dal 1° giugno sarà pos- sibile tornare a visitare i Musei va- ticani, dopo quasi tre mesi di stop. L’annuncio è stato dato sabato 23 maggio attraverso un comunicato, in cui si rende noto che dal 6 giu- gno riapriranno anche le Ville pon- tificie di Castel Gandolfo. In totale sicurezza, il pubblico potrà accedere previo controllo del- la temperatura corporea e solo se munito di mascherina. Sarà inoltre obbligatoria la prenotazione dal si- to ufficiale www.museivaticani.va. PAGINA 6 di RICCARD O BURIGANA I l 25 maggio 1995, nella solennità dell’Ascensione del Signore, Giovanni Paolo II firmò la lette- ra enciclica Ut unum sint sull’impe- gno ecumenico con la quale il Pon- tefice si riprometteva di rilanciare l’ardente desiderio per l’unità in tutti i cristiani, i quali «se vogliono vera- mente ed efficacemente combattere la tendenza del mondo a rendere va- no il Mistero della Redenzione [...] debbono professare insieme la stessa verità sulla Croce», come si legge nell’introduzione del documento. Proprio in queste prime parole Gio- vanni Paolo II indicava le ragioni profonde che lo avevano spinto alla redazione dell’enciclica: l’impegno assunto dal concilio Vaticano II per la costruzione dell’unità visibile della Chiesa che per i credenti assumeva un valore del tutto nuovo nell’oriz- zonte della celebrazione del 2000 «che sarà per loro un Giubileo sa- cro, memoria dell’Incarnazione del Figlio di Dio, fattosi uomo per sal- vare l’uomo»; la radice del cammino ecumenico in Cristo che «chiama tutti i suoi discepoli all’unità»; l’ere- dità dei martiri cristiani, soprattutto di quelli del XX secolo, che «sono la prova più significativa che ogni ele- mento di divisione può essere trasce- so e superato nel dono totale di sé alla causa del Vangelo»; le nuove esigenze dell’azione missionaria da affrontare in una prospettiva ecume- nica per rendere sempre più efficace l’evangelizzazione del mondo; la centralità del ruolo del Vescovo di Roma «in quanto successore del- l’apostolo Pietro, la cui missione si rivolge particolarmente a ricordare l’esigenza della piena comunione dei discepoli di Cristo». Con l’enciclica «che nella sua in- dole essenzialmente pastorale vuol contribuire a sostenere lo sforzo di quanti lavorano per la causa dell’unità», il Papa ha voluto riaffer- mare la scelta «irreversibile», com- piuta con il concilio Vaticano II da parte della Chiesa cattolica, «a per- correre la via della ricerca ecumeni- ca, ponendosi così all’ascolto dello Spirito del Signore, che insegna co- me leggere attentamente i “segni dei tempi”». Questa scelta aveva già da- to molti frutti, come indicavano i racconto LA PAROLA DELLANNO

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 117 (48.441) Città del Vaticano domenica 24 maggio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!"!\!?

!&!

Jorge Mario Bergoglio su Giovanni Paolo II

Il lavoroe la dignità dell’uomo

Una conferenza tenuta il 7 giugno 2003

«D all’inizio del suo pontificato, ilPapa operaio ci invita ad entrare làdove la vita sociale dell’uomo sigioca a forza di remi, a forza dilanciare le reti una volta ancora:nel mondo del lavoro e della soli-darietà». Così il cardinale arcive-scovo di Buenos Aires, Jorge MarioBergoglio, parlava di GiovanniPaolo II in una conferenza tenutanella capitale argentina il 7 giugno2003. La sua riflessione prendevaavvio dal quel «Duc in altum!» ri-volto da Gesù a Pietro e fatto pro-prio da Papa Wojtyła, per ripro-porre i capisaldi del pensiero socia-le del Pontefice polacco, in partico-

lare la sua concezione del lavoroalla luce della «spiritualità di co-munione». Di fronte a concezionipolitico-economiche che riduconol’attività dell’uomo «a un mero im-piego, che ha come fine la produ-zione di beni che servono soltantoad alcuni — sottolineava Bergoglio— lo sguardo spirituale considera illavoro come espressione di tutte ledimensioni dell’uomo: dalla piùfondamentale, che appartiene alla“realizzazione della persona” finoalla più alta, che lo considera “ser-vizio” di amore». Il lavoro, dun-que, «costruisce la dignità dell’'uo-mo, vincolando la sua dimensionepersonale e la sua dimensione so-ciale», ma ha anche una dignitàelevatissima la cui ragione ultima siradica in Gesù Cristo».

PAGINA 10

Compie venticinque anni l’enciclica «Ut unum sint» sull’impegno ecumenico

Fonte inesauribile

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

D all’incendio del duomo di Vienna (1945) una lezione per il futuro

E allora lo ricostruiremodi CHRISTOPH SCHÖNBORN

La domenica di Pasqua di quest’anno è stata piuttosto insolita sottomolti aspetti. Ho celebrato la messa con otto persone in una cattedra-le di Vienna, lo Stephansdom, deserta. Come in molte altre parti del

mondo è stata una domenica di Pasqua senza la presenza dei fedeli. Natu-ralmente la messa è stata trasmessa dalla televisione nazionale e in tal mododiverse centinaia di migliaia di persone hanno potuto partecipare alla festapasquale. La Pasqua di quest’anno però non è stata caratterizzata solo dalcoronavirus, perché segnava anche i 75 anni dall’incendio dello Stephan-sdom. L’immenso tetto ligneo del duomo prese fuoco a causa di qualchescintilla portata dal vento e bruciò completamente. La volta in parte crollò el’amata “Pummerin” (la grande campana) cadde dalla torre nella chiesa fran-tumandosi. E il grande organo bruciò completamente. Qualche testimoneafferma che gli sembrava udire un pianto mentre le canne dell’organo si fon-

Al via l’annosp eciale

«Laudato si’»

«La cura per la natura è parte diuno stile di vita che implica capa-cità di vivere insieme e di comu-nione...». Sabato 23 maggio conun tweet su @Pontifex, il Papa haaderito all’«Anno speciale» dedi-cato all’enciclica «sulla cura dellacasa comune», che si apre dome-nica 24, nel quinto anniversariodella firma del documento.

Organizzato dal Dicastero peril servizio dello sviluppo umanointegrale (Dssui), l’appuntamentogiubilare è stato introdotto dalla«Settimana Laudato si’» celebratadal 16 maggio. E la prima dellafitta agenda di iniziative in pro-gramma è la giornata di «Pre-ghiera comune» per il pianeta eper l’umanità, di domenica 24.

PAGINA 8

A partire dal Messaggioper la Giornatamondiale dellecomunicazioni sociali

MA R KO IVA N RUPNIK, LILIANA SEGREVINCENZO CORRAD O, CESARE RI V O LT E L L A

SAV E R I O SIMONELLI E VANIA DE LUCANELLE PA G I N E 4 E 5

ALL’INTERNO

NOSTRE INFORMAZIONI

Prenota la copia cartaceadell’edizione speciale per il centenario

della nascita di Karol Wojtyłascrivendo a [email protected]

CO N T I N UA A PA G I N A 9

Il Brasile secondo Paese al mondo per numero di contagi

L’Oms dichiara l’America Latinanuovo epicentro della pandemia

GINEVRA, 23. L’America Latina è ilnuovo epicentro globale della pan-demia di coronavirus. E il Brasile èil Paese che desta più preoccupazio-ne, con quasi il 60 per cento delle37.000 vittime e il 50 per cento circadegli oltre 672.000 casi registrati

nella regione. A dichiararlo è statoieri Michael Ryan, direttore delProgramma per le emergenze sani-tarie dell’Oms (Organizzazionemondiale della sanità), durante unaconferenza stampa a Ginevra. Se-condo il ministero della Salute bra-

siliano, nelle ultime 24 ore, sonostati infatti 1.001 i nuovi decessi ri-conducibili al covid-19, portando iltotale delle vittime a 21.048, e20.803 i nuovi infetti. Quest’ultimodato ha fatto salire il Brasile al se-condo posto nella graduatoria mon-diale relativa ai contagi, con oltre330.000 casi. Il Paese ha sopravan-zato anche la Russia. Questa cifra,per gli analisti, potrebbe essere ad-dirittura fino a quindici volte supe-riore per la difficoltà, su tutto il ter-ritorio nazionale, di disporre di sta-tistiche accurate e di effettuare test.Mentre nei Paesi vicini come Ar-gentina, Uruguay e Paraguay si so-no ottenuti risultati positivi con lemisure di lockdown, in Brasile si ri-schia una trasmissione del virusquasi fuori controllo favorita dalla

mancanza di limitazioni alla mobili-tà interna per i brasiliani.

L’Oms ha dichiarato ieri di nonsostenere la decisione del governobrasiliano di approvare l’utilizzo del-la clorochina per il trattamento delcovid-19. «L’evidenza clinica nonsupporta l’uso di questo medicinalee pertanto non è raccomandato al-meno fino a quando non saranno di-sponibili chiari studi scientifici», hadetto Ryan, aggiungendo che le ri-cerche sul farmaco dell’Oms nonhanno raggiunto risultati che per-mettano anche solo di consigliarlo.Il ministro della Salute ad interim,Eduardo Pazuello, su input del pre-sidente Bolsonaro, ha pubblicato unprotocollo per il trattamento dei po-sitivi, che consente l’uso dell’antima-larico anche nei casi lievi.

CO N T I N UA A PA G I N A 3

Il Santo Padre ha ricevuto que-sta mattina in udienza Sua Ec-cellenza la Signora María Fer-nanda Silva, Ambasciatore diArgentina, per la presentazionedelle Lettere Credenziali.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza:

l’Eminentissimo CardinaleMarc Ouellet, Prefetto dellaCongregazione per i Vescovi;

Sua Eccellenza MonsignorClaudio Maniago, Vescovo diCastellaneta (Italia).

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienzal’Onorevole Nicola Zingaretti,Presidente della Regione Lazio.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledell’Arcidiocesi Metropolitanadi La Paz (Bolivia), presentatada Sua Eccellenza MonsignorEdmundo Luis Flavio Abasto-flor Montero.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledell’Arcidiocesi Metropolitanadi Taipei (Taiwan), presentatada Sua Eccellenza MonsignorJohn Hung Shan-chuan, S.V.D.

Provviste di ChieseIl Santo Padre ha nominato

Arcivescovo Metropolita di LaPaz (Bolivia) Sua EccellenzaMonsignor Percy Lorenzo Gal-ván Flores, trasferendolo dallaPrelatura territoriale di Coroco-ro .

Il Santo Padre ha nominatoArcivescovo Metropolita di Tai-pei (Taiwan) e AmministratoreApostolico delle Isole Kinmeno Quemoy e Matzu Sua Eccel-lenza Monsignor Thomas An-Zu Chung, finora Vescovo diKiayi.

Le credenziali del nuovo ambasciatoredi Argentina

Nella mattina di sabato 23 maggio Papa Francesco ha ricevuto in udienzaSua Eccellenza la signora María Fernanda Silva, nuovo Ambasciatore di Argentina,

in occasione della presentazione delle Lettere con cui è stata accreditata presso la Santa Sede

Dal 1° giugno riapronoi Musei vaticani

La data è di quelle da evidenziato-re: a partire dal 1° giugno sarà pos-sibile tornare a visitare i Musei va-ticani, dopo quasi tre mesi di stop.L’annuncio è stato dato sabato 23maggio attraverso un comunicato,in cui si rende noto che dal 6 giu-gno riapriranno anche le Ville pon-tificie di Castel Gandolfo.

In totale sicurezza, il pubblicopotrà accedere previo controllo del-la temperatura corporea e solo semunito di mascherina. Sarà inoltreobbligatoria la prenotazione dal si-to ufficiale www.museivaticani.va.

PAGINA 6

di RICCARD O BURIGANA

I l 25 maggio 1995, nella solennitàdell’Ascensione del Signore,Giovanni Paolo II firmò la lette-

ra enciclica Ut unum sint sull’imp e-gno ecumenico con la quale il Pon-tefice si riprometteva di rilanciarel’ardente desiderio per l’unità in tutti

i cristiani, i quali «se vogliono vera-mente ed efficacemente combatterela tendenza del mondo a rendere va-no il Mistero della Redenzione [...]debbono professare insieme la stessaverità sulla Croce», come si leggenell’introduzione del documento.Proprio in queste prime parole Gio-vanni Paolo II indicava le ragioniprofonde che lo avevano spinto allaredazione dell’enciclica: l’imp egnoassunto dal concilio Vaticano II p erla costruzione dell’unità visibile dellaChiesa che per i credenti assumevaun valore del tutto nuovo nell’oriz-zonte della celebrazione del 2000«che sarà per loro un Giubileo sa-cro, memoria dell’Incarnazione delFiglio di Dio, fattosi uomo per sal-vare l’uomo»; la radice del camminoecumenico in Cristo che «chiamatutti i suoi discepoli all’unità»; l’e re -dità dei martiri cristiani, soprattuttodi quelli del XX secolo, che «sono laprova più significativa che ogni ele-mento di divisione può essere trasce-so e superato nel dono totale di séalla causa del Vangelo»; le nuoveesigenze dell’azione missionaria daaffrontare in una prospettiva ecume-nica per rendere sempre più efficacel’evangelizzazione del mondo; lacentralità del ruolo del Vescovo diRoma «in quanto successore del-l’apostolo Pietro, la cui missione sirivolge particolarmente a ricordarel’esigenza della piena comunione deidiscepoli di Cristo».

Con l’enciclica «che nella sua in-dole essenzialmente pastorale vuolcontribuire a sostenere lo sforzo diquanti lavorano per la causadell’unità», il Papa ha voluto riaffer-mare la scelta «irreversibile», com-

piuta con il concilio Vaticano II daparte della Chiesa cattolica, «a per-correre la via della ricerca ecumeni-ca, ponendosi così all’ascolto delloSpirito del Signore, che insegna co-me leggere attentamente i “segni deitempi”». Questa scelta aveva già da-to molti frutti, come indicavano i

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 domenica 24 maggio 2020

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Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia chiedono prestiti vincolati alle riforme e nessun sussidio

Controprop ostaal Recovery fund

L’epidemia ostacola i servizi di vaccinazione

A rischio la salutedi 80 milioni di bambini

BRUXELLES, 23. I 4 Paesi del NordEuropa che si oppongono al Reco-very fund — Austria, Paesi Bassi, Da-nimarca e Svezia — hanno presentatooggi le loro controproposte.

In un documento ufficiale inviatoa Bruxelles, Vienna, Amsterdam, Co-penaghen e Stoccolma hanno propo-sto un fondo di emergenza «tempo-raneo, una tantum» e limitato a dueanni, per sostenere «la ripresa eco-nomica e la resilienza dei settori sa-nitari» dei Paesi europei in difficoltàa causa del covid-19, con un approc-cio basato su «prestiti a condizionifavorevoli, senza alcuna mutualizza-zione del debito» e in cambio di«un forte impegno per le riforme»nazionali da parte dei beneficiari.

Il documento premette che la crisidel covid-19 colpisce duramente tuttigli Stati membri, socialmente e fi-nanziariamente. «È quindi nell’inte-resse di tutti — si legge nel testo —riportare la crescita in tutti gli Statimembri il più presto possibile. Ciòrichiede solidarietà europea e unastrategia comune di ripresa».

Al contrario del piano di Merkel eMacron, che hanno proposto unfondo per la ripresa da 500 miliardi,i quattro non hanno indicato cifre,ma si sono limitati a dire che primaandrà fatta «una valutazione appro-fondita delle esigenze e dei settoripiù colpiti». Il nuovo fondo propo-sto dai cosiddetti “quattro frugali”poggerà sul bilancio dell’Ue 2021-2027, ma — come hanno evidenziato— dovrà avere natura temporanea econ una clausola per la sua disattiva-zione dopo al massimo due anni.

In sostanza, la proposta prevedeche la Commissione Ue riempiaquesto fondo raccogliendo denarosui mercati per poi girarlo ai Paesiin difficoltà sotto forma di prestiti«a condizioni favorevoli», «limitan-do al contempo il rischio per tuttigli Stati membri e fornendo incenti-vi». Una cosa è scritta in modo mol-to chiaro: «Non deve portare ad al-cuna mutualizzazione del debito».

I prestiti saranno inoltre legati achiare condizionalità. «Il sostegnoalla ripresa — hanno scritto — do-vrebbe garantire che tutti gli Statimembri siano meglio preparati alla

prossima crisi». Per questo, «un for-te impegno per le riforme per la po-litica di bilancio è essenziale perpromuovere la crescita potenziale».Ci sono poi altre condizionalità ri-volte ai Paesi dell’Est: i prestiti sa-ranno legati «al rispetto dello Statodi diritto e dei diritti fondamentali».

I 4 Paesi sottolineano che un au-mento dei contributi all’Ue, «a pre-scindere di come vengano finanziati,peseranno sui bilanci nazionali», giàmessi sotto pressione dalla necessitàdi combattere la recessione con mi-sure espansive. I fondi, quindi, de-vono essere diretti a finanziare le at-tività che contribuiscono alla ripresadalla crisi sanitaria. Pertanto, secon-do i quattro, è necessario «un bilan-cio dell’Ue modernizzato». E le co-perture delle spese antipandemiapossono essere trovate attraverso ri-sparmi nel bilancio comunitario, ri-vedendo le priorità in aree che han-no meno probabilità di contribuirealla ripresa. Le spese legate al virusvanno «anticipate» ed eventualmen-te «rafforzate» per aiutare la ripresa.

Mercoledì prossimo, durante col-legio dei commissari dell’Unione eu-ropea, dovrebbe arrivare la decisionedefinitiva su quale piano procedere,quello da 500 miliardi proposto daGermania e Francia o quello presen-tato oggi da Austria, Paesi Bassi,Danimarca e Svezia.Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz (Reuters)

GINEVRA, 23. L’epidemia di covid-19 sta ostacolando i servizi di vacci-nazione salvavita in tutto il mondo,mettendo 80 milioni di bambini aldi sotto di un anno di età — sia neiPaesi ricchi che in quelli poveri — arischio di malattie come la difterite,il morbillo e la poliomielite. È l’al -larme lanciato dall’O rganizzazionemondiale della sanità, dall’Unicef eda Gavi Alliance in vista del GlobalVaccine Summit del 4 giugno. Nelcorso del vertice sui vaccini i leader

mondiali parleranno delle misurenecessarie per garantire i program-mi di immunizzazione e mitigarel’impatto della pandemia su questiservizi. Secondo i dati raccolti, lafornitura di servizi di immunizza-zione di routine è sostanzialmenteostacolata in almeno 68 Paesi.

In Africasuperati i 100.000

casi accertatidi covid-19

VADDIS ABEBA, 23. In Africa il coro-navirus ha già fatto registrare oltre100.000 contagi e più di 3.000 mor-ti, concentrati soprattutto in Egitto,Algeria, Sud Africa, Marocco e Ni-geria. Lo ha reso noto l’O rganizza-zione mondiale della Sanità (Oms),rimarcando che «per ora è stato ri-sparmiato al continente un elevatonumero di morti». Un andamentoda attribuire, secondo l’Oms, al fat-to che il 60 per cento della popola-zione africana ha meno di 25 anni.L’allerta resta però alta, tenendoconto del numero crescente di conta-gi e della fragilità dei sistemi sanitariafricani.

Si teme in particolare per la situa-zione in Tanzania, dopo l’annunciodella fine dell’epidemia, non suppor-tata però da alcun dato. Il Paesenon fornisce aggiornamenti dalla fi-ne di aprile, quando i casi conferma-ti erano 509, 21, mentre 21 i decessi.

In Nigeria invece le autorità con-dannano l’automedicazione preoccu-pate per l’acquisto di grandi quanti-tà di idrossiclorochina, farmaco anti-malaria la cui efficacia contro il co-vid-19 non è stata scientificamenteprovata. Anzi gli scienziati ne segna-lano gli effetti collaterali.

In Tunisia si rilevano altri duenuovi casi nelle ultime 24 ore, cheportano così a 1.048 il totale deicontagi. I decessi rimangono invecestabili a 47. Visto l’andamento positi-vo, si prevede la fine del lockdown,anche parziale, per il 14 giugno.

Oltre 1.200 decessi legati al coronavirus nelle ultime 24 ore

Ancora tante le vittime ma gli Usa riaprono

Bandiere statunitensi a mezz’asta presso il Monumento a Washington al National Mall (Ansa)

Nessun nuovo contagioin Cina

WASHINGTON, 23. Negli Stati Unitisono stati 1.260 i decessi legati alcoronavirus nelle ultime 24 ore. Se-condo la Johns Hopkins Universitytale cifra ha portato quindi il nu-mero totale di vittime a 96.007.Con gli oltre 24.000 casi positiviregistrati dall’università di Baltimo-ra nell’ultimo bilancio giornaliero,il numero complessivo dei contagiha superato nel Paese il milione eseicentomila unità.

Gli Stati Uniti entrano oggi, sa-bato, nel lungo weekend del Me-morial Day, tradizionalmente dedi-cato ai veterani di guerra e ai solda-ti caduti e che normalmente segnal’inizio della stagione estiva nelpaese. Il presidente Donald Trump,per l’occasione, ha disposto che gliedifici federali e i monumenti na-zionali espongano per tre giornibandiere a mezz’asta per comme-morare le vittime del coronavirus.Inizialmente i leader democraticidel Congresso — la Speaker NancyPelosi e il leader della minoranza alSenato Charles Schumer — avevanochiesto a Trump di intraprenderequesta iniziativa, in segno di luttonazionale, al raggiungimento delle100 mila vittime.

Lo Stato di New York rimane ilgrande epicentro della pandemianegli Stati Uniti con 358.154 casiconfermati e 28.853 morti, una cifrasimile a quella della Spagna. Nellasola città di New York sono morteoltre 21.000 persone. Nonostantequesto anche la Grande Mela stastudiando e valutando una eventua-le prima fase di riapertura che do-vrebbe entrare in vigore la prima ola seconda settimana di giugno aseconda che la città rimanga al disotto di determinate “soglie” re l a t i -vamente ad alcuni indici legati alcoronavirus. Il sindaco Bill de Bla-sio ieri, nel suo aggiornamentoquotidiano, ha spiegato che la suacittà dovrebbe rimanere «tra 10 e 14giorni» — il tempo stimato di incu-bazione — al di sotto dei 200 nuoviricoveri giornalieri, aggiungendoche gli attuali 451 ricoveri in terapiaintensiva, sebbene siano diminuitidi cento unità in una settimana, so-no ancora troppi.

A livello nazionale nonostanteper il quinto giorno consecutivo ilnumero dei morti abbia superato ilmigliaio, tutti e cinquanta gli Stati,durante questa settimana, hannoavviato i loro piani relativi alla fase1 della riapertura delle attività pro-

duttive. L’ultimo a farlo è stato ilConnecticut.

L’impatto della pandemia di co-vid-19 sull’economia Usa è stato de-vastante. Nell’ultima settimana altri2,4 milioni di statunitensi hannofatto domanda per ricevere i sussidi

per la disoccupazione. La cifra è incalo rispetto alla media delle setti-mane precedenti, ma continua a te-nere un livello molto alto rispettoal periodo precovid-19. Dal 21 mar-zo sono quasi 40 milioni le richiestedi sostegno presentate da lavoratori

che hanno perso il proprio posto dil a v o ro .

Intanto ieri, proprio sul frontedella crisi economica per le conse-guenze del coronavirus, il colossomondiale dell’autonoleggio Hertzha presentato istanza di fallimentonegli Stati Uniti e in Canada.«L’impatto del covid-19 sulla do-manda di spostamento è stato im-provviso e drammatico, causandoun brusco calo delle entratedell’azienda e delle prenotazioni fu-ture», ha dichiarato la società in uncomunicato stampa. Questo, si leg-ge ancora nella nota della società,ha reso necessarie «azioni immedia-te» per eliminare «tutte le spesenon essenziali», in quanto «per-mangono incertezze sul ritorno delreddito e sulla completa riaperturadel mercato», e per permettere«una riorganizzazione finanziariache fornirà a Hertz un percorsoverso una struttura più solida cheposizionerà meglio la società per ilf u t u ro » .

Sul fronte scientifico nel frattem-po la rivista «Lancet» ha pubblica-to uno studio sulla somministrazio-ne dell’idrossiclorochina. Elaboratosu 96 mila pazienti positivi al nuo-vo coronavirus di sei continenti cu-rati con il farmaco antimalarico, as-sunto e proposto dallo stessoTrump per curare il covid-19, la ri-cerca ha mostrato un maggiore ri-schio di morte e di gravi aritmiecardiache, soprattutto se abbinatoad un antibiotico.

Il nuovoa m b a s c i a t o redi Argentina

Sua Eccellenza la signora MaríaFernanda Silva, nuovo ambascia-tore della Repubblica Argentinapresso la Santa Sede, è nata il 20dicembre 1965. Laureata in scienzepolitiche con specializzazione inrelazioni internazionali presso laPontificia università cattolica diBuenos Aires, è entrata nella car-riera diplomatica il 1° gennaio1993, e ha ricoperto, tra gli altri, iseguenti incarichi: funzionario delministero degli Affari esteri (Mae)presso la direzione dell’Americadel Sud, secondo segretarionell’ambasciata in Cile, delegatapresso la Commissione economicaper l’America latina (Cepal), pri-mo segretario al Mae presso la di-rezione dell’Europa occidentale,consigliere presso il Gabinetto delministro degli Esteri, consigliere esotto-direttore per gli Affari regio-nali, capo della sezione Politicaall’ambasciata in Venezuela(2007), segretario generale del-l’Unione delle nazioni sudameri-cane (Unasur), con sede a Quito,come rappresentante dell’A rg e n t i -na (2012), incaricata della direzio-ne Caraibi presso la sotto-segrete-ria di Politica latinoamericana (ot-tobre 2014), ministro straordinarioe plenipotenziario di prima classe,e incaricato d’Affari ad interimdell’ambasciata presso la SantaSede (2015), deputy presso i treOrganismi delle Nazioni Unitecon sede a Roma: Fao, Fondo In-ternazionale per lo Sviluppo Agri-colo - Fida, e Programma mondia-le alimentare - Pma (2016).

A Sua Eccellenza la signoraMaría Fernanda Silva, nuovo am-basciatore della Repubblica Ar-gentina presso la Santa Sede, nelmomento in cui si accinge a rico-prire il suo alto incarico, giunganole felicitazioni del nostro giornale.

PE C H I N O, 23. Per la prima volta dagennaio — da quando ha iniziato araccogliere i dati — la Cina ha an-nunciato di non avere registrato al-cuna nuova infezione da covid-19.

L’annuncio è arrivato il giornoseguente all’apertura del Congres-so del Popolo, in cui sono stati ce-lebrati i «grandi successi» nellalotta contro il coronavirus. Il bilan-cio ufficiale delle vittime del covid-19 in Cina è di 4.634, ben al di sot-to del numero dichiarato da Paesimolto più piccoli. Numerosi dubbisono stati espressi dagli esperti sa-

nitari in questi mesi sull’affidabilitàdei dati diffusi da Pechino.

In Giappone, invece, la Bancacentrale ha deciso di immettere li-quidità nel sistema per aiutare lebanche a fornire prestiti alle picco-le e medie imprese, nel mezzo dellericadute della nuova pandemia. LaBanca centrale introdurrà la nuovamisura per un valore fino a 30 tri-lioni di yen (279 trilioni di dollari)a giugno. Intanto, sulle Olimpiadidi Tokyo — che si sarebbero dovutesvolgere quest’estate, ma che sonostate rimandate al luglio del prossi-

mo anno — è intervenuto il presi-dente del Comitato olimpico inter-nazionale (Cio), Thomas Bach. «Osi faranno nel 2021 o mai più», hadichiarato il numero uno del Cio.In una intervista alla Bbc, Bach harivelato che non esiste un piano Be «non esisteva nemmeno quest’an -no, perché i Giochi sono un eventoche coinvolgono tante, troppe per-sone dal punto di vista organizzati-vo». Gli atleti non possono rima-nere nell’incertezza, ha aggiunto,per cui o si fanno l’estate prossimao saltano del tutto.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 24 maggio 2020 pagina 3

Dopo il disastro aereo di Karachi

Pakistan, non si fermanole ricerche dei superstiti

ISLAMABAD, 23. «Tutto quello chepotevo vedere attorno a me era fuo-co, solo fuoco»: questo un passag-gio della drammatica testimonianzariportata dalla Bbc di MuhammadZubair, uno dei soli due sopravvis-suti al disastro aereo di ieri a Kara-chi, Pakistan, che secondo un bilan-cio provvisorio ha causato almeno97 morti.

Un disastro, racconta il testimo-ne, di cui nessuno aveva il minimosentore, avvenuto improvvisamentein fase di atterraggio: «Nessuno haavuto l’impressione che l’aereo stes-se per schiantarsi. Lo stavano pilo-tando in modo fluido, tranquillo».Poi, l’improvviso, traumatico schian-to: Zubair racconta di aver persoconoscenza.

Poi, ripresa conoscenza, «attornoa me sentivo urla da tutte le direzio-ni, di bambini e adulti. E vedevosolo fiamme». Quindi, «mi sonoslacciato la cintura di sicurezza e hovisto un varco, della luce. Sono an-dato in quella direzione, da doveproveniva la luce. E sono saltato giùper circa tre metri. A quel punto erosalvo».

La dinamica dell’incidente è an-cora poco chiara. Il velivolo era «inavvicinamento sulla pista quando ilpilota ha indicato che aveva un pro-blema tecnico ed ha continuato agirare in quota» ha riferito il capodella compagnia Pakistan Interna-tional Airlines (Pia), Arshad Malik.La scatola nera è stata recuperata epotrà chiarire la dinamica di quantoaccaduto.

Il sito di monitoraggio aereo li-veatc.net ha pubblicato quella chesarebbe stata l’ultima conversazionetra pilota e torre: «Ho perso duemotori» avrebbe detto, prima dilanciare la ripetuta richiesta di soc-corso. E scomparire dai radar, primadi precipitare.

L’impatto al suolo è avvenuto inun quartiere a 3 chilometri dall’a e ro -porto, densamente popolato. «Unboato enorme, tanto fumo e fuoco,almeno quattro edifici crollati» unadelle testimonianze di chi è scampa-to al disastro.

«Stavo lasciando la moscheaquando ho visto l’aereo inclinarsi daun lato, era così basso che le paretitremavano» ha raccontato un ragaz-zo di 14 anni.

Soccorritori ed esercito, che han-no isolato l’area, si sono trovati difronte a montagne di detriti sottocui scavare. Oltre alle vittimedell’aereo si teme che ce siano a de-cine anche tra gli abitanti del quar-tiere che si trovavano in casa al mo-mento dello schianto, avvenuto alle14.45 locali. Decine di corpi, ed an-che diversi feriti, sono stati portatinegli obitori e negli ospedali, ma lericerche per determinare l’esatto nu-mero di vittime richiederanno moltotemp o.

Intanto, il portavoce della Pia,Abdullah Hafeez, ha affermato chea bordo dell’A320, decollato daLahore, si trovavano 91 passeggeri eotto membri dell’equipaggio. Lecause dello schianto sono ancora dachiarire. I media locali, tuttavia,hanno parlato di un possibile gua-sto tecnico.

L’Unsmil teme l’escalation mentre le forze del Gna occupano una base militare a sud diTrip oli

Pompeo: no a una soluzione militareal conflitto in Libia

Mattarella ricorda le vittimedella strage di Capaci

Ali Khamenei invoca la lotta per la liberazione della Palestina

Scontro verbale tra Iran e Israele

TEL AV I V, 23. Alle dichiarazioni della Guida Suprema iraniana Ali Kha-menei ha risposto ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu:«Chiunque minacci di distruggere Israele si metterà nello stesso perico-lo». Contro l’ipotesi di un’annessione unilaterale di alcune parti dellaCisgiordania da parte di Israele, in linea con il piano del presidente sta-tunitense Donald Trump, Khamenei ha detto che «la Jihad e la lotta perliberare la Palestina sono doveri islamici». Non è un caso che Khameneisia intervenuto ieri: era infatti la Giornata di Qods (Gerusalemme), cioèl’ultimo venerdì del mese di Ramadan, che per volere del fondatore del-la Repubblica islamica iraniana, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, è dedi-cato alle manifestazioni di sostegno ai palestinesi.

Critiche alla nuova legge cinesesulla sicurezza a Hong Kong

HONG KONG, 23. Ha suscitato forticritiche la nuova legge della Cinasulla sicurezza nazionale a HongKong, che sanzionerà secessione,eversione contro lo Stato, terrori-smo e interferenze straniere.

«L’Ue ritiene che il dibattito de-mocratico, la consultazione delleprincipali parti interessate e il ri-spetto dei diritti e delle libertà aHong Kong rappresenterebbero ilmodo migliore di procedere nel-l’adozione della legislazione nazio-nale in materia di sicurezza, comeprevisto dall’articolo 23 della leggedi base», ha detto l’Alto rappresen-tante dell’Unione per gli Affariesteri e la politica di sicurezza, Jo-sep Borrell. Anche Gran Bretagna,Australia e Canada hanno espresso«profonda preoccupazione» per ladecisione di Pechino.

La legge sarebbe un «colpo fata-le» per l’autonomia di Hong Kong,

ha affermato il segretario di Statoamericano, Mike Pompeo. «GliUsa chiedono di riconsiderarla»

La replica di Pechino non si èfatta attendere. In una nota, il por-tavoce del ministero degli Esteri,Zhao Lijian ha detto che Pechino«cerca cooperazione e dialogo» conl’Amministrazione di Washington,ma «reagirà se gli Stati Uniti tente-ranno di opprimere la Cina».

Nel presentare la legge, WangChen, vice presidente del Comitatopermanente del tredicesimo Con-gresso nazionale del popolo, il Par-lamento cinese, ha detto che «leviolenze a Hong Kong minano lostile di vita con Pechino, basato su“un Paese, due sistemi”, danneggia-no lo stato di diritto e minaccianola sovranità, la sicurezza e gli inte-ressi di sviluppo della Nazione».La legge non è stata ancora appro-vata dal Congresso nazionale.

D all’incendio del duomo di Vienna nel 1945 una lezione per il futuro

E allora lo ricostruiremo

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo

eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà essere la vita della gene-

razione che viene» (D. Bonhoeffer)

devano tra le fiamme. Anche i vien-nesi hanno pianto. Sono rimasti in-creduli davanti al duomo distruttodal fuoco. Allora, un uomo con in-dosso semplici abiti da lavoro si èfermato tra loro e ha cercato di con-solarli. Era l’arcivescovo di Vienna,il cardinale Theodor Innitzer, miopre-predecessore. E allo stesso tem-po ha detto con grande sobrietà: «Eallora lo ricostruiremo».

Gli austriaci hanno ricostruito ilduomo. È diventato più bello diprima. Anche più sicuro: invece diuna struttura portante in legno dilarice, ora ne ha una in acciaio.L’intero Paese ha contribuito.Quando nel 1952 la nuova Pumme-rin, viaggiando per due giorni, fuportata come in una parata trionfaledall’Alta Austria, allora occupatadall’esercito statunitense, attraversola Bassa Austria occupata dai sovie-tici, a una Vienna occupata addirit-tura da quattro nazioni, centinaia dimigliaia di persone si schieraronolungo il percorso: la campana incar-nava la speranza in un futuro mi-gliore, comune.

Così non ce lo eravamoimmaginati

Quest’anno, la domenica di Pa-squa, volevamo ricordare solenne-mente nel duomo la catastrofe e larinascita. Volevamo ricordare l’infi-nito numero di persone che, con illoro lavoro e le loro offerte, avevanosostenuto la ricostruzione, tra cuianche molti non cattolici. Ultima fe-rita non ancora sanata, nei mesiscorsi è stato rimesso in funzione ilgrande organo distrutto dall’incen-dio. Volevamo inaugurarlo proprioquel giorno. Il coronavirus ha cam-biato le cose.

Il Cardinale Innitzer con il suoconcretissimo «E allora lo ricostrui-remo» è diventato per me una gran-de consolazione e uno sprone. Nonsappiamo se e come il coronaviruscambierà la società, l’economia glo-balizzata e l’atteggiamento dellepersone. La profezia della Chiesa difatto non si basa sulla previsione delfuturo. Abbiamo però il compito ela possibilità di costruire un futuromigliore, di partecipare alla sua co-s t ru z i o n e .

Che cosa mi fa sperarein un buon futuro?

Dinanzi a noi si prospettanosenz’altro tempi difficili. La forte di-soccupazione, le difficoltà economi-che, la crisi ecologica: tutto ciò è,non solo in Austria ma anche inmolte altre parti del mondo, un mo-tivo per guardare al futuro conpreoccupazione. Ritengo però ancheche la crisi del coronavirus ci abbiamostrato diverse cose che dannomotivo di sperare. Se qui parlodell’esperienza austriaca, non è perinsegnare niente a nessuno. Forseuno sguardo alle esperienze con ilcoronavirus ci aiuta a vedere in unanuova luce alcune realtà che sonomotivo di speranza.

Potrebbe dunque forse sorprende-re che il mio primissimo motivo disperanza non è di tipo religioso. Operlomeno non lo è a un primosguardo. Sono pieno di speranza,perché il nostro Paese ha buone isti-tuzioni. Abbiamo un buon sistemasanitario. Abbiamo uno Stato socia-le e di diritto. Abbiamo un’econo-mia solida. E da 75 anni ciò è sor-retto da uno spirito di ricerca comu-ne di soluzioni. In Austria lo chia-miamo partenariato sociale: poggiasull’esperienza comune di politicicristiano sociali e socialdemocratici.Hanno subito la persecuzione deinazionalsocialisti e si sono promessia vicenda: non si dovrà mai più ar-rivare a questo. Hanno così impara-to a porre l’interesse comune al disopra degli interessi particolari.

Un risultato molto concreto diciò è la quasi assenza di scioperi inAustria: le controversie salariali o la-vorative si risolvono quasi semprecon accordi pacifici. Ed è a tale at-teggiamento orientato all’equilibriodegli interessi che in Austria dob-biamo anche la pacifica convivenzae collaborazione tra religione e Sta-to, poiché toglie da entrambe leparti il terreno fertile per l’e s t re m i -smo. Quando nel 1952 la nuovaPummerin arrivò nello Stephan-sdom, fu accolta dal presidente fe-derale socialdemocratico e anche dalcancelliere federale cristiano sociale.Tale spirito è vivo ancora oggi.

Perché le nostre istituzionifunzionano

Negli anni passati, queste basidella ricostruzione austriaca dopo laseconda guerra mondiale sono state

messe ripetutamente in discussione.Sono state definite un’esigenza diarmonia ormai superata e una fissa-zione inefficiente sul consenso. Poi-ché ormai stiamo bene da tantotempo, molti ritengono che non ab-biamo bisogno di una convivenzaequilibrata. La crisi attuale ha fattocomprendere a tutti quanto sonopreziose le istituzioni ben funzio-nanti. Ma le istituzioni non funzio-nano automaticamente. Ci siamo re-si conto che vengono sorrette dapersone che mettono il servizioall’altro al primo posto. Senza tuttequeste persone, spesso non apprez-zate, il nostro Stato sarebbe, con leparole di sant’Agostino, solo unabanda di ladri. Gli eroi della crisidel coronavirus non sono stati colo-ro che di solito attirano l’attenzionedei media. Nell’attuale situazione dicrisi le nostre istituzioni hanno fun-zionato perché esistono infermieri emedici generosi, persone che curanoe assistono i malati, come anche nu-merosi e spesso ignorati operatorinell’ambito dei servizi.

In mezzo ai molti lamenti secon-do cui il mondo, soprattutto in Eu-ropa, sta diventando sempre menocristiano, desidero proporre la se-guente osservazione come segno disperanza: la nostra comunità funzio-na perché tante persone non seguo-no l’egoismo, ma si mettono al ser-vizio degli altri. In molte persone diquesto continente, ritenuto così scri-stianizzato, l’atteggiamento di Gesùha messo radici.

Vivere secondol’atteggiamento di Gesù

anche senza saperlo.

Desidero illustrare quanto dettocon tre esempi. Primo: Lui, il Figliodi Dio, non si è ritenuto tanto supe-riore da non lavare i piedi ai suoidiscepoli, svolgendo quindi un ser-vizio da schiavo. Quante persone,oggi, svolgono proprio questo servi-zio per far stare bene gli altri? Chene siano consapevoli o no: in questomodo vivono lo stile di vita di Ge-sù.

Secondo: lo stile di vita di Gesù èla compassione. Le preoccupazioni,la sofferenza delle persone, nonhanno lasciato Gesù indifferente. Ladomenica di Pasqua mi commuovesempre che le prime parole del Ri-sorto siano parole di compassioneverso una donna che piange: “D on-na, perché piangi?” (Giovanni 20,13). Tutto il nostro modo di affron-tare il coronavirus si fonda su que-sta compassione. Perché facciamotutto ciò? Per proteggere le persone,per non metterle in pericolo, e perquesto ci sacrifichiamo. Questo èstile di vita di Gesù.

E, infine, terzo: lo stile di vita diGesù è la sua disponibilità a dare lavita per gli altri. Lui stesso ha dettoche non esiste amore più grande chedare la vita per i propri amici (cfr.Giovanni 15, 13). È questo atteggia-mento a dare alle nostre istituzioniquella forza che in tempi di crisi co-me quello attuale dà buoni risultati.

Questo stile di vita attinge la suaforza da Gesù Cristo, crocifisso e ri-sorto. Egli è il vincitore, egli trionfa;e tuttavia il suo spirito è uno spiritodi servizio, uno spirito di compas-sione e uno spirito di disponibilità adare la propria vita. Lo spirito diGesù ha spinto molte persone a ri-costruire lo Stephansdom, a costrui-re un futuro migliore, e noi di que-sto beneficiamo ancora adesso. Og-gi anche noi dobbiamo adoperarciper questo spirito: allora la nostrasperanza poggerà su solide basi.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

TRIPOLI, 23. «Non esiste una solu-zione militare al conflitto» libico.È quanto ha ribadito il segretariodi Stato Usa, Mike Pompeo, nelcorso di un colloquio telefonicoavuto con il capo del Consiglio dipresidenza del Governo di accordonazionale libico (Gna), Fayez al-Serraj. Lo riferisce una nota delGna.

Pompeo ha evidenziato la neces-sità di riprendere un processo poli-tico e dare seguito ai risultati dellaConferenza di Berlino emersi il 19gennaio scorso. Al centro del collo-quio gli ultimi sviluppi della crisiin Libia, in particolare dopo lacontroffensiva delle forze affiliateal governo di Tripoli contro l’auto-proclamato Esercito nazionale libi-co (Lna), che nei giorni scorsi hadovuto abbandonare diverse posta-zioni strategiche a sud della capita-le, tra cui la base aerea di al Wa-tiya. Pompeo ha sostenuto che gliStati Uniti lavorano per raggiunge-re la «stabilità» del Paese. Dal can-to suo, al-Serraj ha espresso «ap-prezzamento per la posizione sta-tunitense», ricordando che il Gnasta combattendo una «guerra im-posta», che ha causato centinaia dimigliaia di sfollati, vittime tra i ci-vili e danni a diverse infrastrutture.

Restano intanto aperti altri fron-ti, mentre le forze del governo diaccordo nazionale libico hanno

preso il controllo della base milita-re di Tikbali, a sud di Tripoli. Loriferisce su Twitter il giornale «TheLibya Observer». L’O perazioneVulcano di rabbia del governo diTripoli ha reso noto che l’aviazionedel Gna ha lanciato volantini suTarhuna, esortando i combattentidi deporre le armi. Agli abitantidella città invece è stato chiesto dirimanere in casa e di stare lontanidai luoghi in cui si trovano gli in-sorti. Tarhuna venne conquistatadalle forze del generale Haftar,all’inizio della campagna militare

su Tripoli nell’aprile dello scorsoanno ed è considerata strategicaper le forze del Gna.

Intanto, la missione di sostegnodelle Nazioni Unite in Libia (Un-smil) si dice preoccupata per l’esca-lation nel Paese e in particolare perl’offensiva militare in corso intornoa Tarhuna. L’Unsmil, in una nota,ricorda alle parti in conflitto i loroobblighi in conformità con il dirit-to internazionale umanitario, am-monendo dal compiere violazioni oazioni di vendetta contro i civili.

ROMA, 23. «La mafia si è semprenutrita di complicità e di paura,prosperando nell’ombra. Le figuredi Falcone e Borsellino, come ditanti altri servitori dello Stato ca-duti nella lotta al crimine organiz-zato, hanno fatto crescere nella so-cietà il senso del dovere e dell’im-pegno per contrastare la mafia eper far luce sulle sue tenebre, in-fondendo coraggio, suscitando ri-getto e indignazione, provocandovolontà di giustizia e di legalità».Queste le parole del presidente del-la Repubblica italiana, Sergio Mat-tarella, nel ricordare il 28° anniver-sario della strage di Capaci (23maggio 1992), nella quale trovaro-no la morte il magistrato GiovanniFalcone, la moglie Francesca Mor-villo, e gli uomini della scorta: VitoSchifani, Rocco Dicillo, AntonioMontinaro. Il magistrato PaoloBorsellino e gli uomini della sua

scorta morirono in un altro attenta-to a Palermo il 19 luglio 1992.

«I mafiosi, nel progettare l’assas-sinio dei due magistrati, non aveva-no previsto un aspetto decisivo:quel che avrebbe provocato nellasocietà. Nella loro mentalità crimi-nale, non avevano previsto che l’in-segnamento di Falcone e di Borsel-lino, il loro esempio, i valori da lo-ro manifestati, sarebbero sopravvis-suti, rafforzandosi, oltre la loromorte: diffondendosi, trasmettendoaspirazione di libertà dal crimine,radicandosi nella coscienza enell’affetto delle tante persone one-ste» ha spiegato Mattarella in unvideomessaggio a tutti i giovanicoinvolti nel progetto «La navedella legalità». «Cari ragazzi, il si-gnificato della vostra partecipazio-ne, in questa giornata, è il passag-gio a voi del loro testimone» nellalotta alla mafia e all’illegalità.

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pagina 4 domenica 24 maggio 2020 L’OSSERVATORE ROMANO domenica 24 maggio 2020 pagina 5

Antropologia ai tempi della rete

I rischidi una relazionalità virtuale

Per sconfiggere la spersonalizzazione e ritrovare una precisa identità

La storia di Dio con noi

A partire dal Messaggio per la Giornatamondiale delle comunicazioni sociali

I racconti sono per il luogo e per la comunitàche lo abita i sintomi di una traiettoriaCome pure sono lo spazio per ricordi condivisinonché l’occasioneper incontrarsi e riconoscersi

di Venezia di alcuni de-cenni fa ha fatto vedere inmodo palese quanto sianecessario aiutare l’uomo auscir fuori dalla propriachiusura, da un’esistenzaisolata nella propria indivi-dualità. Le opere esibitesembravano esprimere lamaturata consapevolezzache, se l’uomo non scoprel’altro, è arrivato all’epilo-

Un’esposizione alla Biennale Arte di Veneziadi alcuni decenni fa ha fatto vederequanto sia necessario aiutare l’uomoa uscir fuori da un’esistenza isolatanella propria individualità

Le «tessiture di parole» nel «Wilhelm Meister», il romanzo di formazione di Go ethe

Il viaggio dell’eroe (e di chi legge le sue imprese)

per dei ricordi condivisi, l’occasione per in-contrarsi e riconoscersi. È interessante, daquesto punto di vista, che grazie ai social in-teri quartieri, caduti nella spersonalizzazionee nell’anonimato delle relazioni, stiano ritro-vando un’identità e si stiano ricostruendo co-me reti di rapporti.

Una terza e ultima funzione ha a che farecon l’annuncio, la testimonianza, la presenzapastorale. Si tratta di una funzione topicache viene sollecitata dal Messaggio che ilSanto Padre ha dettato per la 54ª Giornatamondiale delle comunicazioni sociali. L’an-nuncio, già nella Bibbia, assume la forma delracconto: è un racconto la creazione, sonoracconti i libri storici, raccontano i Profeti,racconta Gesù attraverso le parabole. Certo,un motivo di questo va cercato nel profilodei destinatari della Parola: popoli che vivo-no in regime di oralità e che fissano nelloscritto quel che si tramandano solo poco pervolta.

Ma non solo. Il racconto dice di un mododialogico e diacronico di entrare in rapporto;quando ci raccontiamo delle storie ci pren-diamo del tempo, diamo durata alla nostrarelazione, collochiamo in un divenire storicoi fatti e le situazioni. Il modo attraverso cuiDio ha costruito e costruisce la Sua storiacon noi non poteva che essere narrativo: è ti-pico di un Dio che non si accontenta di crea-re tutto e poi di lasciare che tutto esista sen-za di Lui, ma che concepisce il Suo rapportocon l’uomo in termini dialogici e temporali.Il raccontarsi di Dio all’uomo è una relazio-ne che si costruisce nel tempo e che si orien-ta all’eternità.

Una scena dello spettacolo teatrale «Vocazione. Teatro del diventare grandi secondo Wilhelm Meister» diretto da Gabriele Vacis

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazioneperché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:storie che edifichino, non che distruggano;storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme»

(Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali 2020)

di MA R KO IVA N RUPNIK

Il Messaggio di Papa France-sco per la Giornata mondialedelle comunicazioni socialitocca quest’anno uno dei no-di fondamentali del divenire

dell’uomo. Dopo secoli di una cul-tura quasi tutta centrata sull’indivi-duo, siamo arrivati praticamente aun soggettivismo così aggravato chesembra di essere davvero vicini aldeclino di una civiltà.

Nell’arte, ad esempio, proprio inreazione al formalismo di certe epo-

che passate, si è registrata l’u rg e n z adi contestare, per affermare con for-za ciò che è più tipicamente umanoe che per secoli è stato sottovalutatoo addirittura non considerato. Allafine della modernità abbiamo assisti-to perciò all’esplosione di un’arteche voleva far vedere l’unicità diogni persona, richiamando l’atten-zione su quelle dimensioni dell’esi-stenza umana che una modernitàmolto razionalista, organizzata estrutturata scientificamente non ave-va considerato. Infatti, questa prote-sta, forte e a volte quasi violenta —

soprattutto attraverso le arti figurati-ve — ha anche annunciato la fine diuna certa epoca.

Da un lato si fa emergere ciò cheè veramente umano, particolarmentesotto l’aspetto vitale, cioè quantorende l’uomo vivo, ossia le relazionicon gli altri; dall’altro lato, è propriol’urgenza di far emergere la libertàumana che si esprime nelle relazionia dare sfogo a un certo soggettivi-smo che finisce per ferire la capacitàdi comunicare. Il linguaggio, infatti,in questo contesto risulta più legatoalla forma con cui uno si presentache alla verità della comunicazione— cioè la forza dell’amore che spingead aprirsi all’altro, realizzando cosìl’uomo a somiglianza della comunio-ne trinitaria.

Un’esposizione alla Biennale Arte

ca stessa, sulla visione dell’uomo edella sua esistenza.

Ciò che in qualche modo è statocompromesso è che, esattamente nelmomento in cui da un punto di vistaculturale si prendeva coscienza didover superare un individualismoesasperato — e quindi c’era la possi-bilità che si aprisse davanti a noiun’epoca nella quale l’uomo potevascoprire la sua dimensione relaziona-le —, proprio in quel momento la so-luzione a tale soggettivismo chiuso esoffocante è scivolata nella propostadi una relazionalità virtuale.

Non credo che siamo ancora ingrado di decifrare quale sia la porta-ta del cambiamento che questo mo-do di comunicare ha innestato — cheè divenuto un modo di essere e diesistere —, ma certamente è chiaro

umana nella gloria eterna della co-munione trinitaria, allora la virtualitàpone un interrogativo che va affron-tato.

Qual è la corporeità dell’uomonella virtualità contemporanea? Chiè l’uomo con il corpo virtuale nellarealtà contemporanea? Cristo si è in-carnato, ha assunto la natura umanae l’ha vissuta al modo di Dio, ripor-tando con la sua Pasqua l’umanitàalla gloria di Dio. Egli rimane dun-que in eterno con la corporeità uma-na, con la natura umana. Qual è al-lora il disegno della vita umana, sele realtà più esposte al cosmo, alleintemperie, alla mortalità e alla vul-nerabilità, vengono intese e presen-tate soprattutto virtualmente? Chitrasmette la vita?

Ma ancora più urgente è la do-

Sul tracciato indicato dal Papa nel Messaggio per la 54ªGiornata mondiale delle comunicazioni sociali Perché tupossa raccontare e fissare nella memoria (Esodo 10,2). La vitasi fa storia, il libro La vita si fa storia (Brescia, EdizioneScholé, 2020, pagine 190, euro 15) — a cura di VincenzoCorrado e Pier Cesare Rivoltella — raccoglie commenti eriflessioni di approfondimento che intendono essere un«riverbero» delle parole di Francesco, nel segno di unaprospettiva multidisciplinare diretta a coinvolgere teologie intellettuali, accademici e giornalisti, artistiinternazionali e illustri testimoni di impegno civile. Il

volume è stato realizzato in collaborazione con l’Ufficionazionale per le comunicazioni sociali della Conferenzaepiscopale italiana, e il Cremit (Centro di ricercasull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologiadell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) el’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana). Oltre chedall’introduzione, scritta dai due curatori, pubblichiamostralci dalle riflessioni del teologo gesuita Marko IvanRupnik, della senatrice a vita Liliana Segre, dellagiornalista vaticanista Vania De Luca e del docente dieconomia politica Saverio Simonelli.

manda: quale vita passa at-traverso queste reti, qualevita si trasmette, quale vitaci possiamo veramente do-nare l’uno all’altro? Siccomela vita è sempre racconto,qual è il racconto di questoclima culturale? Esiste? E,se no, ammette la sua man-canza di vita? Quando unoascolta il racconto, quandolo legge, quando lo contem-

go della propria esistenza.Ma poi tutto è cambiato, in una

fretta impressionante. Con l’avventoesplosivo di un mondo comunicati-vo, dove i mezzi di comunicazionesono sempre più a disposizionedell’umanità intera, ogni persona aun tratto si è trovata a disporre diuna rete di comunicazione planeta-ria. Questo è avvenuto in modo cosìveloce che probabilmente nessuno èriuscito a seguire cosa stesse real-mente accadendo all’uomo, catapul-tato in un sistema di comunicazionee di informazione mai prima cono-sciuto. È impossibile che una talenovità culturale, così rivoluzionaria,non incida sulla visione antropologi-

che c’è una relazione tra il cambia-mento in atto nell’uomo e il sistemadi comunicazioni che fa dell’uomo ilsuo marketing.

La relazionalità vissuta in rete inmodo più o meno virtuale implicacertamente profondi cambiamentinel modo di esistere dell’uomo e an-che nella coscienza che egli ha di sestesso.

Ora, l’identità dell’uomo è legataalla sua corporeità. E la corporeitàdell’uomo è così essenziale e prezio-sa che anche Dio — nella personadel Verbo — si è incarnato e si è fat-to uomo. Se Gesù Cristo non saràmai più senza il corpo e se la suapersona esiste con la corporeità

pla avviene una comunicazione difecondazione. Dove oggi il raccontofeconda, chi lo ascolta, chi lo acco-glie? E quale ne è l’arricchimento?Quale sete viene appagata con il rac-conto che passa oggi tra la gente?

Proprio su questo tema, penso chenoi cristiani siamo chiamati in causaed è probabilmente un punto sulquale forse non siamo preparati. Per-ché — come diceva il cardinale CarloMaria Martini e tanti altri con lui —il nostro ritardo culturale è moltograve. Dovevamo essere noi in primalinea quando l’umanità, stanca di uncerto individuocentrismo, chiedevaaiuto per uscire da sé e riscoprirel’a l t ro .

di VINCENZO CORRAD Oe PIER CESARE RI V O LT E L L A

Una brutta storia!”. “Quante storie…”.“Che storia!”. Poche parole nella lin-gua italiana ricoprono tanti significa-

ti. Una vicenda incresciosa, capricci da bam-bini viziati, un’incredibile avventura. E si po-trebbe continuare. Il tratto comune a tuttequeste espressioni, quanto all’uso del terminestoria, è che alludono a un racconto.

Le storie vengono raccontate, sono il risul-tato di un’attività narrativa. Il raccontare, lostorytelling (per utilizzare un termine più ag-giornato e oggi molto di moda), è qualcosadi strutturale rispetto alla comunicazione me-diata. Vale per i media tradizionali, come peri media digitali e sociali. Sono racconti i testidel feuilleton ottocentesco, i servizi dell’infor-mazione stampata e televisiva, gli sceneggiatitelevisivi (e oggi le serie che hanno decretatol’affermarsi del fenomeno Netflix).

Sono racconti quelli del cinema, da quan-do Georges Méliès lo “re i n v e n t a ” come mac-china narrativa, dopo che i fratelli Auguste eLouis Lumière lo avevano scoperto come di-spositivo scientifico: la differenza che passatra L’uscita dalle officine Lumière (La Sortie del’usine Lumière à Lyon, 1895) oppure L’arrivodi un treno alla stazione di La Ciotat (L’Ar r i -vée d’un train en gare de La Ciotat, 1896) e

Viaggio nella Luna (Le Voyage dans la Lune,1902) è, appunto, quella che separa il cinemacome macchina per vivisezionare il reale e ri-produrre il movimento, dal cinema comemacchina per dar corpo all’immaginario del-lo spettatore.

Sono, infine, racconti quelli del web e deisocial. Si è data un’organizzazione “storica”Facebook, consente di produrre storie Insta-gram, raccontano a diverso titolo i video diYouTube, da sempre hanno una vocazionenarrativa i blog.

Tutti questi racconti hanno svolto (e anco-ra svolgono) diverse funzioni. Una primafunzione è di sicuro personale. Raccontaregrazie alle parole o alle immagini significaoffrire al proprio destinatario un’opp ortunitàdi proiezione e di identificazione, e facendoquesto allo stesso tempo raccontarsi. È unadisposizione strutturale dell’animo umanoquella a mettersi in scena, a offrirsi allosguardo degli altri. Non è solo una questionedi narcisismo, di ricerca di popolarità; è so-prattutto la ratifica della strutturale trascen-denza dell’uomo, del suo non essere fatto perrimanere in se stesso, del suo naturale andareverso l’a l t ro .

Una seconda funzione è quella sociale.Raccontare serve a condividere storie, indivi-duando quel che accomuna più che quel chesepara. Un popolo ha sempre i suoi racconti,

una comunità le sue narrazioni. È ciò che de-finisce un luogo, avere una storia. È quel chegarantisce il riconoscimento e l’appartenenzain un’epoca in cui, invece, prevalgono piutto-sto i non-luoghi, spazi senza nome e senzaidentità che si ritrovano identici in ogni partedel mondo, come capita per le catene di fastfood, aeroporti e stazioni, negozi griffati. Iracconti sono per il luogo e la comunità chelo abita i sintomi di una traiettoria, lo spazio

La tragica esperienza nei campi di sterminio

Dire l’indicibile

Un collage di immagini dedicato al libro «1984» di George Orwell

di LILIANA SEGRE

Q ualsiasi forma di comunicazionecorretta ed efficace deve in ef-fetti cercare di saldare racconto

e memoria, cioè verità dei fatti e fun-zione sociale della narrazione, sua fissa-zione nella coscienza individuale e col-lettiva. Discorso certo di valore genera-le e anzi universale, e pure tanto piùimpellente per noi sopravvissuti allaShoah. Per noi è in verità difficile rac-contare “storie buone”, perché la nostranon solo è cattiva, ma riguarda addirit-tura il “male assoluto”, per sua naturaincomprensibile e indicibile.

Come “r a c c o n t a re ” dunque ciò che èindicibile? Come “f i s s a re ” nelle menti enei cuori qualcosa che appunto sfuggealla logica e al senso comune?

Un’acuta difficoltà che noi abbiamovissuto sulla nostra pelle durante e do-po l’esperienza nei campi di sterminio.Anche per molti decenni dopo è rima-sto difficile razionalizzare, raccontare,spiegare, rendere credibile. Eppure pro-prio i testimoni diretti, forse più di altrioperatori dell’informazione e della co-noscenza, hanno il compito e la re-sponsabilità di provare a dire l’indicibi-le. E possono farlo proprio in ragionedell’autorevolezza che viene lorodall’esperienza diretta, dall’essere provavivente di quanto pare impossibile adirsi e spiegarsi.

Certo resterà sempre uno scarto frala parola e la realtà, fra il dire e l’indi-cibile, uno scarto che forse neanchel’esperienza diretta potrà mai colmare,tanto più per il tempo in cui testimoninon ve ne saranno più. E se pure que-sto è un problema di tutte le epochestoriche, l’unicità della Shoah rendetanto più necessario che oggi funzioniun sistema integrato della memoria, fat-to di scuola, università, formazione,centri di ricerca, mezzi di comunicazio-ne, famiglie, società nel suo insieme.Come ha scritto Primo Levi nell’app en-dice a Se questo è un uomo: «Forse,quanto è avvenuto non si può com-prendere, anzi, non si deve comprende-re, perché comprendere è quasi giustifi-care». Intendeva dire che “c o m p re n d e -re ” significa alla lettera prendere sottoun unico sguardo, circoscrivere anche,addirittura limitare, sicché poi il pas-saggio alla semplificazione, alla relati-vizzazione, se non addirittura alla ne-gazione, può essere breve. Ma Levi pu-re aggiungeva: «Se comprendere è im-possibile, conoscere è necessario, per-ché ciò che è accaduto può ritornare, le

coscienze possono nuovamente esseresedotte ed oscurate». Dunque non mai“c o m p re n s i o n e ”, ma sempre “conoscen-za”, come pratica ed esperienza diffusa,partecipata, condivisa, civile. Del restoanche il documento di Papa Francescoafferma: «Fin dagli inizi il nostro rac-conto è minacciato: nella storia serpeg-gia il male»; quando questo si assolu-tizza, la minaccia al racconto sfioral’impossibilità dello stesso.

A questo si aggiunga che al maledelle cose si unisce troppo spesso il

male dei discorsi; come si dice ancoranel documento infatti «la falsificazionesi rivela sempre più sofisticata, raggiun-gendo livelli esponenziali (il deepfake)».Di qui di nuovo l’appello a ogni opera-tore della parola perché agisca secondoverità, chiarezza e responsabilità.

La “buona storia” è davvero buonase autentica, rigorosa, comprensibile. Secertamente è vero che «ri-cordare signi-fica infatti portare al cuore, “s c r i v e re ”sul cuore», questo deve essere semprelo sforzo di qualsiasi testimone e di

qualsiasi scrittore e comunicatore:esprimere un discorso di verità che por-ti detta verità direttamente nel cuore dichi ascolta. E non solo come informa-zione, ma come attivazione e stimola-zione della sua sensibilità di essereumano, perché è altrettanto indubbioche la «narrazione entra nella vita dichi ascolta e la trasforma». E trasfor-mare la vita delle persone non può chesignificare promuoverne l’umanità, laconoscenza, lo spirito e le opere.

Marko Ivan Rupnik«L’Annunciazione» (2020)

Giornalismo e fake news

Uno scoglio che increspa la corrente

di VANIA DE LUCA

«S ono uno che si ferma / che ram-menta certe cose da salvare / unoscoglio che increspa la corrente /

che va contenta solo dell’andare» (Alessan-dro Parronchi).

C’è qualcosa di poetico e contempora-neamente di molto concreto nel Messaggiodi Papa Francesco per la 54ª Giornata mon-diale delle comunicazioni sociali, sviluppatoattorno a due parole chiave: racconto e me-moria, a partire dal versetto del librodell’Esodo: «Perché tu possa raccontare efissare nella memoria» (10, 2). La vita si fastoria. La narrazione non è certo attivitàesclusiva dei giornalisti, ma il giornalismo èfatto di racconto, anche se si contraddistin-gue da altre forme di narrazione per la ma-teria di cui si occupa, che non è invenzione,ma ha a che fare con la realtà, guardata, in-terpretata e resa dall’occhio del giornalista,teso — così si spera — alla ricerca e alla tra-smissione della verità dei fatti.

Parola impegnativa, la verità, al tempodelle fake news in cui spesso capita di leg-gere o ascoltare e di sospettare: “sarà ve-ro ? ”.

Nei giorni della grande paura collettivaper la diffusione del coronavirus partitodalla Cina, tra i servizi più utili, sia televisi-vi che su web o carta stampata, non c’eranosolo quelli che trasmettevano notizie corret-te e verificate, ma anche quelli che serviva-no a smontare le tante fakes circolanti, contanto di grafiche a bollarle come “false”.

Questo significa — è facile e intuitivorendersene conto — che in alcune circostan-ze sembra non bastare più il giornalista che“c o s t ru i s c e ” informazione di qualità, maserve anche quello che “d i s t ru g g e ” e segna-la le notizie spazzatura.

L’Organizzazione mondiale della sanità(Oms) a proposito del coronavirus ha se-gnalato da subito il pericolo di un fenome-no detto infodemia, cioè un’abbondanza diinformazioni, non tutte accurate, che «ren-dono difficile per le persone trovare fontiaffidabili quando ne hanno bisogno».

Facebook, in tale occasione, ha reagito«per rintracciare e rispondere a falsi miti evoci» sul virus di Wuhan, impegnandosi asostenere le campagne di informazione cor-rette delle autorità sanitarie globali. Anto-nello Riccelli, direttore del sito Ucsi.it(Unione cattolica stampa italiana), ha inve-ce ricordato che per i giornalisti professio-nali, baluardo finale della verità, bastano lepoche regole di sempre: «Prudenza e verifi-ca accurata, in tutti i casi. Ma soprattuttoquando si affrontano temi che investono lasalute pubblica e che possono influenzare epersino condizionare i comportamenti».

Solo se si resta credibili, ha concluso, c’èuna speranza di “sopravvivenza” per chi fainformazione.

Nel suo messaggio all’Ucsi, in occasionedel sessantesimo anniversario dell’asso cia-zione, il presidente della Repubblica SergioMattarella ha citato, come una ricetta sem-plice, una massima di George Orwell: «Intempi di menzogne universali dire la veritàè un atto rivoluzionario», e ha richiamato,

in questo tempo in cui la disinformazione èdiffusa soprattutto via web, l’accresciuta re-sponsabilità che ricade sugli operatori pro-fessionali dell’informazione, chiamati a co-niugare responsabilità e verità, senza maidimenticare che l’informazione è elementofondante di una società libera e democrati-ca.

L’invito a un’informazione «incondizio-nata e non omissiva anche di aspetti che

possono contrastare con una personale vi-sione del mondo» diventa richiamo all’one-stà intellettuale e al senso di responsabilitànei confronti di una comunità, per consen-tire quel clima di fiducia tra giornalista elettore «che permetta al cittadino di acco-gliere come un arricchimento la mediazionedel professionista, in un tempo in cui lapretesa della disintermediazione in ogniambito della vita civile sembra prevalere».

di SAV E R I O SIMONELLI

«N on tessiamo solo abiti, ma ancheracconti: infatti, la capacità umanadi “t e s s e re ” conduce sia ai tessuti,

sia ai testi. Le storie di ogni tempo hanno un“telaio” comune». Il passaggio più importante,quello in qualche modo rivoluzionario, nel Mes-saggio del Papa per la Giornata mondiale dellecomunicazioni sociali non lo avreste potuto tro-vare in un testo didattico sul giornalismo néascoltare nell’aula di un’università dove si inse-gna comunicazione.

Francesco, con la sua abituale grazia spiazzan-te di far emergere concetti partendo dalla radicedelle cose, risale all’atto primordiale del rapportotra uomini attraverso la parola e quindi alla nar-razione, il racconto di un’esperienza, la condivi-sione di un vissuto. A un incrocio casuale ditempo e spazio, l’evento di un singolo o di ungruppo diventa parte di una comunità, lascito diuna cultura, oggetto d’interpretazione o di ispi-razione artistica. Un patrimonio da custodire equindi tramandare. Funziona così da Omero, maancora da prima, quando ignoti artisti preistoriciistoriarono una caverna con delle immagini dicaccia. Non si accontentavano di vivere le lorostorie, dovevano comunicarle. (...) Le storie diogni tempo «hanno un “telaio” comune: la strut-tura prevede degli “e ro i ”, anche quotidiani, cheper inseguire un sogno affrontano situazioni dif-

ficili, combattono il male sospinti da una forzache li rende coraggiosi, quella dell’amore. Im-mergendoci nelle storie, possiamo ritrovare moti-vazioni eroiche per affrontare le sfide della vita».Eccolo il nodo del Messaggio. Il tessuto che ri-veste il nostro Io, l’anima, la percezione delmondo, la nostra forma mentis è testo, è parola

che si organizza in una trama di norme, lessico esintassi fino a divenire racconto di un’esp erienza,narrazione di un fatto che “segna” la vita, perchéla materia di cui è fatto l’uomo non è inerte masignata come direbbe Tommaso. Chiarito questo,è enorme la responsabilità di chi un raccontonon soltanto lo formula, ma lo rende pubblico

perché sia condiviso. (...) Immergersi in una sto-ria significa sentirla come propria, sviluppareempatia con i suoi protagonisti, arrivare a sentirequelle stesse sensazioni che ci vengono evocate.Esserne il tramite è un compito delicatissimo.Nel libro Gli anni di apprendistato di WilhelmMe i s t e r, uno dei suoi capolavori meno poetici mapiù istruttivi per la vita quotidiana, Goethe oltreduecento anni prima dell’avvento della comuni-cazione in tempo reale, che ci porta in casa co-me fosse parte della nostra esperienza un calei-doscopio di mondi remotissimi e altrimenti sco-nosciuti, evidenziava la difficoltà di presentareall’essere umano «fatti, racconti e immagini chenon siano alla portata del suo vissuto», del peri-metro della propria vita. «È sempre una disgra-zia — scriveva sempre Goethe — quando l’uomoè indotto ad ambire a qualcosa con cui non saraccordarsi per una regolare e personale frequen-tazione». Quando il Papa allora parla della ne-cessità di immergersi in storie buone ci sta di-cendo che il comunicatore deve avvicinare il frui-tore a quella «regolare e personale frequentazio-ne» con quanto viene narrato. Ma questo accadesolo attraverso una limpidezza di sguardo, unachiarezza di esposizione, un rifiuto di scorciatoieemozionali e sensazionalismi (...) Perché narraree ascoltare storie non è una fuga dalla realtà, maletteralmente un accumulo di energia creativa,umana, generatrice di empatia da riversare poinel mondo del quotidiano.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 domenica 24 maggio 2020

I MUSEI VAT I C A N I E LE VILLE PONTIFICIE RIAPRONO AL PUBBLICO

Un patrimonio che torna a essere di tuttiLo straordinario complesso museale vaticano si potrà di nuovo visitare, rispettando le norme di igiene e di distanziamento, a partire dal primo giugno

Le Ville Pontificie di Castel Gandolfo riapriranno il 6 giugno

In occasione dell’annuncio dellariapertura al pubblico dei Musei Vaticanie delle Ville Pontificie, sono statirealizzati alcuni video disponibili sulcanale YouTube di Vatican Newsutilizzando il codice Qr qui accanto.Nel primo il direttore deiMusei, Barbara Jatta,sottolinea le importantinovità cheaccompagnerannol’evento della riapertura.

Tre video per prepararela riapertura

Una pagina de «L’Osservatore dellaDomenica» del 7 febbraio 1943nella quale il rotocalco settimanalede «L’Osservatore Romano»— di cui a fine estate sarà messo onlinel’intero archivio — racconta, attraversola forza delle immagini,la visita ai Musei Vaticani.«Gruppi e gruppetti di visitatori— scriveva nella corposa didascaliaNiccolo A. Tellure —guardano, ammirano e tacciono.Davanti alla “Tr a s f i g u r a z i o n e ”,al “San Girolamo”,al “Giudizio”, alla “D isputadel Sacramento”,alla “Scuola di Atene”,tra il “Pa r n a s o ” e la “Messa di Bolsena”,presso la maestosa bellezza delle sculturegreche e l’enigmatico sorrisodi quelle egiziane, sotto la graziadelle volte affrescate,con tanto splendore di lucie di colori — mentre ogni tantoappare inquadrata in un finestronela mole possente della cupoladi San Pietro — i commenti si fannosommessi e tacciono;si dimenticano per qualche ora lepreoccupazioni per goderedi una pura gioia».

di AMEDEO LOMONACO

Dopo quasi tre mesi di chiusura acausa dell’emergenza sanitaria, iMusei Vaticani riapriranno alpubblico. Dal primo giugno sipotrà di nuovo visitare in sicu-

rezza questo scrigno d’arte che coniugandotradizione e innovazione custodisce collezio-ni straordinarie come quelle egizie, etrusche,greche e romane, cristiane ed epigrafiche. Inquesto luogo irradiato da una bellezza cheriempie lo sguardo di stupore e meraviglia,sono ospitati anche capolavori della pitturadei diversi secoli e tesori dell’umanità comele Stanze di Raffaello e la Cappella Sistinacon gli affreschi di Michelangelo. L’itinera-rio espositivo dei Musei, fondati da PapaGiulio II nel XVI secolo, è arricchito anchedalle arti decorative, dalle collezioni etnolo-giche, dalle raccolte storiche e da operedell’arte moderna e contemporanea.

NovitàLa riapertura del primo giugno sarà ac-

compagnata da un «rinnovato spirito di con-divisione» dello straordinario «patrimoniouniversale di storia, di arte e di fede». Èquanto sottolinea Barbara Jatta, direttore deiMusei Vaticani, aggiungendo che la riaper-tura sarà anche scandita da importanti novi-tà, come il restauro del Salone Costantino,una delle quattro sale delle Stanze di Raf-

faello. Altre novità, aggiunge Barbara Jatta,riguardano la Pinacoteca Vaticana: la Salaottava dedicata a Raffaello, di cui quest’an-no ricorrono i 500 anni dalla morte, è com-pletamente rinnovata.

Modalità di accesso ai MuseiDal primo giugno, ricorda Andrea Arcan-

geli, vicedirettore della Direzione di sanitàed igiene, si potrà accedere ai Musei Vatica-ni rispettando le norme di igiene e di distan-ziamento. Tutti coloro che visiteranno i Mu-sei saranno sottoposti al controllo della tem-peratura corporea attraverso apparecchiaturetermometriche. L’ingresso sarà consentito so-lo se muniti di mascherina. Durante l’orariodi apertura al pubblico, sarà sempre attivoun presidio di personale medico-sanitariodelle Misericordie di Italia. Le modalità divisita saranno impostate secondo una pro-grammazione straordinaria che potrà essererivista alla luce dell’evoluzione della situa-zione di emergenza. Al fine di contingentareal meglio gli ingressi, per accedere ai MuseiVaticani sarà obbligatoria la prenotazione.Potrà essere effettuata direttamente dal sitoufficiale www.museivaticani.va. In questo pe-riodo non verrà applicato il costo dei dirittidi prevendita di 4 euro. Si aggiunge, al giàricco ventaglio di proposte di visita, un nuo-vo tour in open bus, ecologici e panoramici,alla scoperta dei Giardini Vaticani che preve-de l’accesso esclusivo e diretto al cuore verde

dello Stato della Citta del Vaticano, attraver-so un ingresso dedicato e senza necessità diattraversare i Musei.

Orari di apertura

Gli orari di apertura dei Musei subirannodelle variazioni: dal lunedì al giovedì le Col-lezioni Pontificie rimarranno aperte dalle ore10.00 alle ore 20.00, con ultimo ingresso alleore 18.00 (l’uscita dai settori museali iniziaalle ore 19.30). Il venerdì e il sabato dalleore 10.00 alle ore 22.00, con ultimo ingressoalle ore 20.00 (uscita dei settori museali alleore 21.30). In questi due giorni sarà possibileabbinare alla visita un aperitivo servitonell’affascinante scenario del Cortile dellaPigna (prenotazione obbligatoria, soggetta alimitata disponibilità di posti nel rispettodelle normative di sicurezza in tema di risto-razione). L’apertura gratuita dell’ultima do-menica del mese resta al momento sospesa.

Riapertura delle Ville Pontificie

Oltre ai Musei Vaticani, si potranno dinuovo visitare le Ville Pontificie di CastelGandolfo e i suoi meravigliosi giardini esclu-sivamente il sabato e la domenica dalle ore10.00 alle ore 18.00, con ultimo ingresso alleore 17.00. Il primo giorno di riapertura èprevisto sabato 6 giugno 2020.

1943: silenzio e gioiaquando parla la bellezza

Il vicedirettore della Direzione di sanitàed igiene della Città del Vaticano, AndreaArcangeli, spiega poi le precauzioni dicarattere sanitario che sono state preseper consentire le visite in piena sicurezza.Infine, sempre sullo stesso canaleYouTube di Vatican News, è disponibileun video realizzato dai Musei Vaticaniche racconta i giorni di chiusura impostidalla pandemia. Un percorso spettacolaretra arte e storia, attraverso sale e cortilideserti, dove però non si è mai interrotto

il lavoro di cura, conservazione e restaurodi un patrimonio unico al mondo.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 24 maggio 2020 pagina 7

Appello del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini

Aiuti alle famiglie povereper accedere alle scuole

GERUSALEMME, 23. Un sostegno ur-gente alle 12.456 famiglie bisognosedegli studenti che frequentano letrentotto scuole del patriarcato diGerusalemme dei Latini in Giorda-nia (25) e in Palestina (13), per aiu-tarle a pagare le rette mancanti: lapandemia di coronavirus ha portatoi suoi disastrosi effetti economicianche in Terra Santa e il patriarca-to, con un appello, si muove persalvare dalla chiusura le propriestrutture educative. In un lungo co-municato a firma dell’amministrato-re apostolico, arcivescovo Pierbatti-sta Pizzaballa, si sottolinea che acausa del covid-19 e «della carenzadi solide strutture sanitarie ed eco-nomiche sia in Palestina sia inGiordania, con la perdita in massadel lavoro e degli introiti che ne de-rivano, gran parte delle famiglie èalla ricerca di risorse disponibili persoddisfare i bisogni primari». In ta-li condizioni la solvibilità dei geni-tori degli alunni che ancora devonofar fronte alle rette scolastiche «di-viene pressoché impossibile». Il to-tale della cifra è enorme: al 20 mag-gio ammontava a 7.194.264 dollari.

Si auspica che nel frattempo al-cuni troveranno i mezzi per pagaree «siamo sicuri che si assumerannola responsabilità di versare le loroquote». Ma la maggior parte dellefamiglie non sarà in grado di farloe ciò «produrrà un deficit che met-terà in dubbio l’esistenza stessa diqueste scuole, alcune delle qualihanno una tradizione che risale apiù di centocinquanta anni fa». Di-versa è la situazione dei cinque isti-tuti in Israele: qui lo Stato ha offer-to un pacchetto di sostegno econo-mico per i disoccupati e per le atti-vità chiuse, garantendo che gli im-pegni finanziari presi con le scuolefossero assolti subito.

La Chiesa cattolica di Terra San-ta — scrive monsignor Pizzaballa —«è sempre stata orgogliosa della suasolida presenza istituzionale, capacedi offrire un contributo notevole so-prattutto negli ambiti dell’educazio-ne, della salute e dei servizi sociali.La scelta precisa delle scuole catto-liche di servire tutti i segmenti dellasocietà, senza tener conto della pro-venienza religiosa e dell’apparte-nenza nazionale, politica, etnica odi genere non può che produrrebuoni frutti sia in ambito ecumeni-co che interreligioso. Questo mera-viglioso mosaico è possibile grazieall’insieme di valori che provienedall’apporto di ogni studente, geni-tore e docente capace di insegnareil rispetto, la convivenza e la tolle-ranza, la pace e l’amore in una re-gione del mondo che è spesso feritadalla violenza e dalle guerre. Perciòil sostegno a questo tipo di presen-za e di contributo è cosa sacra pernoi di questa Chiesa Madre».

L’amministratore apostolico diGerusalemme dei Latini ric0rda chele scuole, con il lo ckdown, si sonoattrezzate per l’insegnamento a di-stanza e i docenti hanno rispostocontinuando da casa nel loro com-pito educativo seppur in condizionionerose: «Dal punto di vista etico emorale dovrebbero essere ricompen-sati per il lavoro svolto».

Aiutare le famiglie a far fronteall’impegno finanziario permette-rebbe di usare le limitate risorse an-cora a loro disposizione per provve-dere ai bisogni immediati. Ciò ser-virebbe «a mantenere solida, effica-ce e viva la nostra preziosa presen-za istituzionale nel campo dell’edu-cazione», conclude l’appello, par-lando di «contributo alla vita» e di«espressione della speranza che ilservire cristiano porta con sé».

Il Commissariato della Custodia in Italia ancora più vicino ai cristiani in Medio oriente durante la pandemia

Napoli provincia della Città santa

Domenica 24 maggio

Il Santo sepolcroriapre ai fedeli

La preparazione dei pasti per i poveri

Un piano di aiuti messo a disposizione da Acs

Solidarietà con il popolo siriano

di ROBERTO CETERA

Mentre ci si inerpica sulla ra-pida salita che porta su, aCapodimonte, torna in

mente l’osservazione azzeccata delloscrittore Erri De Luca, per il qualela luce unica di Napoli è uguagliatae superata solo dalla luce di Gerusa-lemme. In cima alla collina una por-ticina dischiude l’ingresso ad un mi-nuscolo convento dalla cui terrazzaincanta la vista del golfo di Napoli,e più in là, nitide Ischia e Procida adestra, e Capri a sinistra. Sulla portauna targa, «Commissariato di TerraSanta». Un’entità abbastanza scono-sciuta ai più, e che pure ha un ruoloimportante per tutta la Chiesa. Pra-ticamente, e semplificando, si trattadelle “ambasciate” che la Custodiadi Terra Santa ha sparse in giro permezzo mondo.

D ell’organismo si sa già abbastan-za. Che ha in carico la custodia deiluoghi della vita terrena di Gesù findal 1217, quando fu istituita, vivosan Francesco, come «provinciadell’Oltremare e della Siria» dell’or-dine francescano. Che estende la suagiurisdizione a Israele, Palestina, Si-ria, Giordania, Libano, Cipro, Rodied Egitto. Che esercita la sua tutelasu 54 santuari che coprono pratica-mente l’intero percorso della vita diGesù. Che gestisce una rete estesaed efficace di parrocchie, scuole,centri di assistenza, per i cristianidel Medio oriente. Ma di queste“antenne”’ periferiche pur così es-senziali, come vedremo, al funziona-mento dell’intera macchina, si cono-sce poco. Perciò ce lo facciamo spie-gare dai due frati che ci vengono adaprire alla porta del piccolo conven-to di Capodimonte. Hanno stampa-to in viso il sorriso proprio dellagioia francescana, e le prime paroleche ci scambiamo sono di nostalgiaper Gerusalemme. Padre SergioGualdi d’Aragona, 54 anni, commis-sario generale di Terra Santa in Ita-lia a Napoli, e padre Giuseppe Gaf-furini, vice guardiano del convento,hanno passato entrambi molti anni anella Città santa prima di esseremandati nel capoluogo campano.

Intanto perché proprio Napoli?«Beh, perché in qualche modo po-tremmo dire che la Custodia di Ter-ra Santa è nata proprio qui. Furonoinfatti i re di Napoli ad acquistarenel 1333 l’edificio nella cittadella diSion che la tradizione riconosce co-me il Cenacolo (prima sede e primotitolo del Custode) e a pagare i tri-buti di ingresso al Santo Sepolcro,perché i frati francescani potesserocelebrarvi le sacre liturgie. Fino allabolla di Clemente VI nel 1342 concui venne ufficialmente riconosciutoil mandato pontificio alla custodia

dei luoghi santi. Quindi prima aNapoli, e poi a Venezia — cheall’epoca era il terminale marittimodei traffici con il Vicino 0riente — sistabilirono comunità di frati france-scani il cui compito era di mantene-re innanzitutto un legame spiritualecon Gerusalemme, promuovere ipellegrinaggi verso la Terra Santa,raccogliere fondi e materiali per ifrati che vi risiedevano. Da Veneziapartivano casse di arredi sacri e balledi lana tinta per cucire i sai dei frati,abbiamo ritrovato le bolle di spedi-zione del tempo», racconta padreSergio che la storia la conosce beneessendo stato segretario generaledella Custodia a Gerusalemme. Daallora questi punti di appoggio,queste “ambasciate”, si sono estesein tutto il mondo, ovunque vi è unaprovincia francescana. Tre di questiCommissariati svolgono un ruolopreminente e di coordinamento: Na-poli, appunto, e poi Buenos Aires eWashington D.C.

«Istituzionalmente i nostri compi-ti sono rimasti gli stessi di otto seco-li fa: promuovere la relazione con laTerra Santa, raccogliere fondi, e or-ganizzare ed accompagnare i pelle-grini», continua padre Sergio. «Finoa qualche anno fa — gli fa eco padreGiuseppe — qui a Napoli c’eranoventicinque frati collettori. In tantipaesi della Campania e di tutto ilmeridione era molto popolare la fi-gura di quello che era chiamato “ilmonaco di Gerusalemme”, un frateche in sandali e bisaccia girava tuttii paesini almeno una volta l’anno eraccoglieva offerte per le messe disuffragio da celebrare nei santuari diIsraele. Le pie donne del posto, loattendevano, rifocillavano e accom-pagnavano di casa in casa».

Ora le cose sono cambiate, i fraticollettori sono ormai quasi scompar-si, ma la rete di solidarietà per i cri-stiani di Terra Santa resiste affidan-dosi non più alla bisaccia ma ai so-

cial network. «Queste raccolte, in-sieme alle donazioni e alle iniziativeeconomiche connesse ai pellegrinag-gi — riprende padre Sergio — rap-presentano circa un terzo delle en-trate della Custodia di Terra Santa,mentre i due terzi sono dati dallacolletta del venerdì santo». Il cuimeccanismo di funzionamento, mes-so a punto dall’esortazione apostoli-ca Nobis in animo di San Paolo VIdel 1974, vede coinvolti appunto icommissari di Terra Santa. Infatti lerisorse raccolte dalle varie comunitàparrocchiali nel giorno in cui si famemoria della morte di Gesù, ven-gono consegnate agli ordinari delluogo che provvedono a girarle aicommissari, che a loro volta le inol-trano alla struttura custodiale di Ge-rusalemme. «Sono risorse, è benesapere — precisa il religioso — chevanno tutte a sostegno non dell’isti-tuzione ma dei cristiani di TerraSanta. Qualche dato per intendersi:

la Custodia paga ogni mese media-mente 2.400 stipendi a lavoratoridelle strutture di accoglienza, a tec-nici, manutentori, operai ed impie-gati, garantendo quindi il sostenta-mento a 2.400 famiglie. Possiedecirca seicento appartamenti, recente-mente restaurati con molto sforzo,che sono ceduti in affitto con canoniquasi sempre simbolici a famigliecristiane. Sosteniamo venticinquenostre parrocchie che svolgonoun’intensa attività caritatevole. Ge-stiamo quindici scuole frequentateda oltre diecimila ragazzi, cristiani emusulmani. Promuoviamo tante ini-ziative culturali popolari come lascuola di musica Magnificat. Elar-giamo supporti economici e sanitarialle popolazioni dei territori occupa-ti. Insomma la colletta del venerdìsanto è in realtà tutta dedicata allacarità».

La conversazione continua nel re-fettorio dei frati, dove tutti sono im-pegnati a preparare i pasti per i po-veri della zona in questo tempo dipandemia. «Sì, perché la nostra ini-ziativa di carità non si ferma allaTerra Santa. In questi giorni siamoimpegnati ad alleviare le sofferenzedi questi nostri fratelli che hannoperso il lavoro o non ce la fanno adandare avanti: non possiamo usciree quindi prepariamo qui il cibo chepoi viene portato alla mensa dellaparrocchia a noi vicina». E il nonpoter uscire è un bel problema perpadre Sergio, che tra l’altro è incari-cato di preparare il prossimo capito-lo generale dell’Ordine dei frati mi-nori convocato, prima dell’epidemia,per il 2021 nelle Filippine. «Fuori diIsraele e Palestina abbiamo ancheattivamente collaborato con i nostrifrati a Rodi e a Cipro nell’aiuto deimigranti in fuga dalla Siria e dalKurdistan, rinchiusi negli hotspotdel Mediterraneo orientale». Il pro-blema è che tutta questa macchinaora rischia di incepparsi per via del-la pandemia.

«La colletta del venerdì santo, co-me è noto, non è stata svolta. PapaFrancesco l’ha saggiamente spostataal prossimo 13 settembre, il giornoprecedente alla festa dell’Esaltazionedella Santa Croce. Questo significaovviamente sei mesi di sofferenza fi-nanziaria proprio in un momento incui i bisogni dei poveri in Palestina,ma non solo, si sono fatti più pres-santi. Dobbiamo assolutamente riu-scire a pagare quei duemila e piùstipendi in Israele se non vogliamomettere in ulteriore difficoltà tantefamiglie cristiane». Padre Giuseppe,con minor pudore, non esita: «Ab-biamo bisogno di aiuto ora. Ricordiquanto scrive Paolo nella Prima let-tera ai Corinti? “Quanto poi allacolletta in favore dei fratelli di Ge-rusalemme, fate come ho ordinatoalle chiese della Galazia. Ogni pri-mo giorno della settimana ciascunometta da parte quello che gli è riu-scito di risparmiare. Quando poigiungerò manderò con una mia let-tera quelli che avrete scelto per por-tare il vostro dono a Gerusalemme.E se converrà che vada anch’io par-tiranno con me” (1 Corinti, 16, 1, 4).Paolo, in sostanza, è stato il primocommissario di Terra Santa. Racco-glieva tra le chiese per aiutare i fra-telli poveri di Gerusalemme». PadreGiuseppe, però, a differenza di SanPaolo sa come fare arrivare prima leofferte dall’altra parte del Mediterra-neo: e mi mette sotto al naso un bi-gliettino con un importante scritto:IT18X06230035430000567336389.

Non sono numeri dal significatoesoterico, ma il codice iban delCommissariato di Terra Santa diNapoli, dove far arrivare le offerte.Aiutiamoli ad aiutare.

GERUSALEMME, 23. Domenica 24maggio, esattamente dopo duemesi, riaprono «ufficialmente» leporte della basilica del Santo se-polcro a Gerusalemme. Lo ha re-so noto, sul suo profilo Face-book, il custode delle chiavi dellachiesa Adeeb Jawad JoudehAlhusseini, All’interno sarannoammesse, munite di mascherine,non più di cinquanta persone allavolta, come stabilito dal ministerodella Salute israeliano, nel rispet-to delle regole di distanziamentosociale. «Le Chiese locali hannoaccolto con soddisfazione la noti-zia — ha dichiarato Alhusseini —nella consapevolezza che ciascunasarà chiamata a fare la sua parteper applicare il protocollo di si-curezza così da mantenere la ba-silica aperta e proteggere pellegri-ni e fedeli».

La basilica, come è noto erastata chiusa dalla polizia israelia-na lo scorso 24 marzo come mi-sura precauzionale volta a fron-teggiare la pandemia di coronavi-rus. Ciò aveva comportato, even-to mai accaduto prima, lo svolgi-mento a porte chiuse delle cele-brazioni pasquali, senza il con-corso di fedeli ma con la trasmis-sione in streaming. In quell’o cca-

sione l’arcivescovo PierbattistaPizzaballa, amministratore apo-stolico di Gerusalemme dei Lati-ni, aveva invitato i fedeli, di fron-te al vuoto di riti, di volti, di pre-senze e di contatti, a non cedereal pessimismo e allo smarrimento;ma anzi a trarre dalla sofferenzala forza di invocare dal Signorel’aiuto e il conforto per rinfranca-re gli animi smarriti.

Prima del provvedimento go-vernativo i capi delle Chiese dellabasilica del Santo sepolcro — ilcustode di Terra Santa, FrancescoPatton, il patriarca armeno di Ge-rusalemme Nourhan Manougian,e quello greco-ortodosso TeofiloIII — avevano disposto alcune mi-sure precauzionali da osservarenel luogo di culto come non for-mare gruppi superiori alle diecipersone, tenere una distanza mi-nima di due metri gli uni daglialtri ed evitare ogni forma di de-vozione espressa con il contattofisico rivolta a pietre, abiti, icone.Alle comunità che vivono all’in-terno del Santo sepolcro era statopermesso inoltre di continuare lavita ordinaria del luogo sacro «inconformità con le istruzioni perla salute pubblica».

DA M A S C O, 23. «Ogni famiglia riceve-rà un sussidio una tantum pari a 25euro, che consentirà loro di acquista-re alimenti e articoli per l’igiene es-senziali per proteggersi dal coronavi-rus. Potrebbe sembrare non molto,ma è circa la metà del reddito mensi-le di una famiglia media siriana»: èquanto ha affermato Thomas Heine-Geldern, presidente esecutivo di Aiu-to alla Chiesa che soffre (Acs) inter-nazionale. Si tratta di un nuovo pia-no di aiuti di emergenza a favore di20.550 famiglie cristiane siriane di di-verse denominazioni, cattoliche, or-todosse e protestanti. La fondazionedi diritto pontificio intende così ri-spondere alla pandemia da covid-19che ha aggravato la già drammatica

crisi nel Paese entrato ormai nel de-cimo anno di guerra.

«Questo sostegno di emergenza —spiega Heine-Geldern — deve essereattuato senza ritardi, prima che lapandemia si diffonda in tutta la na-zione».

Il programma di aiuto, del valorecomplessivo di oltre mezzo milionedi euro, è suddiviso in sette progettiseparati, in modo che il sostegnopossa essere organizzato in base aidiversi centri abitati. I beneficiari delprogramma comprendono molte fa-miglie provenienti dalle città bom-bardate e distrutte durante la guerra,fra le quali 6.190 famiglie di Aleppoe 7.680 di Homs, ma comprendonoanche circa quattrocento famiglie

delle città di Al-Hassakeh e Al-Qa-mishli, nella Siria nord orientale.

«Stiamo tuttora sostenendo oltrecento altre iniziative — aggiungeHeine-Geldern — alcune di esse sonostate limitate a causa della pandemia,ma molte proseguono, per esempio ilnostro progetto “Goccia di latte”,che fornisce a centinaia di neonati ebambini essenziali razioni di latte».

«Oggi i cristiani siriani — com-menta Alessandro Monteduro, diret-tore di Acs Italia — oltre alle conse-guenze della guerra e delle sanzioni,soffrono l’essere diventati cittadini diseconda classe, abbandonati dal go-verno e discriminati dagli altri siria-ni. Molti hanno perso proprietà e la-voro». Per il direttore della sezioneitaliana di Acs, «il nuovo piano diaiuti rappresenta un ulteriore contri-buto al pluriennale sforzo messo incampo dalla fondazione per proteg-gere questa comunità cristiana, oraminacciata anche dalla pandemia».

Qualora il coronavirus si diffon-desse ulteriormente potrebbe provo-care una strage. Sono molte, infatti,nel Paese le persone che non hannoun’occupazione e gli stipendi pagatinon sono abbastanza sufficienti perpoter sostenere una famiglia di quat-tro unità. Inoltre, le sanzioni econo-miche stanno causando una grandesofferenza alla popolazione e anchela difficile situazione economica inLibano sta influenzando l’economiasiriana. Ma il sostegno di Acs alleChiese mediorientali prosegue conl’intento di arginare, quanto possibi-le, il rischio coronavirus.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 domenica 24 maggio 2020

In dialogo con l’umanità

Niente di questo mondoci risulta indifferente

I vescovi francesi lanciano una rivista online sull’ecologia integrale

Tutto è collegato

Al via l’Anno speciale

Un Giubileoper la Terra

Il 24 maggio 2015 l’enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune

di ROBERTO MANUEL CARLÉS*

Cinque anni fa, nella sua enciclicaLaudato si’, Papa Francesco ha avvia-to un dialogo con l’intera umanità

sulla sfida urgente di proteggere la nostracasa comune. Ha invitato tutti noi a dialo-gare sulle radici umane della profonda crisiambientale e sociale che, a livello planeta-rio, si accanisce soprattutto contro i poveri.Il suo messaggio è penetrato a fondo nelpensiero ecologico e ha ispirato diversi mo-vimenti e iniziative. Tuttavia gli sforzi perraggiungere soluzioni concrete sono statiostacolati da atteggiamenti che vanno dalla

pre un approccio sociale, che deve integrarela giustizia nelle discussioni sull’ambiente,per ascoltare tanto il grido della terra quan-to il grido dei poveri» (ibid., n. 49).

Nelle ultime settimane sono state fattemolte congetture su come sarà il mondodopo la pandemia. È difficile saperlo, madi una cosa siamo certi: non potremo anda-re avanti senza affrontare la profonda crisiambientale e sociale che sta subendo la no-stra casa comune, e noi esseri che l’abitia-mo. Non basta adottare misure basate sullatecnica, che permetteranno solo di far fron-te ai sintomi di questa crisi. Occorre ancheuna vera conversione ecologica, che esigeun’etica della cura, orientata verso i più

«La cura per la natura è partedi uno stile di vita che implicacapacità di vivere insieme e dicomunione. Gesù ci ha ricordatoche abbiamo Dio come nostroPadre comune e che questo cirende fratelli». Rilanciando sa-bato 23 maggio l’hashtag #Lau-datoSi5 con un tweet sull’ac-count @Pontifex, il Papa ha inpratica sancito la propria adesio-ne all’«Anno speciale» dedicatoall’enciclica «sulla cura della ca-sa comune», che si apre dome-nica 24, nel quinto anniversariodella firma del documento.

Organizzato dal Dicastero peril servizio dello sviluppo umanointegrale (Dssui), l’appuntamen-to giubilare si concluderà nellostesso giorno del 2021, con unacerimonia di premiazione di di-verse categorie di persone impe-gnate in progetti di azione indi-viduale e comunitaria finalizzatia promuovere buone pratiche inquesto ambito.

Introdotto dalla «SettimanaLaudato si’» celebrata dal 16 al24 maggio — durante la qualeFrancesco ha “twittato” ognigiorno un pensiero per la rifles-sione sul tema — l’Anno specialeè concepito come un momentodi grazia, un’esperienza di kai-ro s , un tempo di Giubileo per laTerra, per l’umanità e per tuttele creature di Dio. E la primadella fitta agenda di iniziativefissate per richiamare l’u rg e n z adella «conversione ecologica»sarà la giornata di «Preghieracomune» per il pianeta e perl’umanità (vedi immagine a lato)di domenica 24, festa della bea-ta Vergine Maria Ausiliatrice.

Del resto, spiega il Dssui inuna nota per la stampa, l’u rg e n -za della situazione richiede ri-sposte immediate, olistiche eunificate a tutti i livelli: locale,regionale, nazionale e interna-zionale, soprattutto attraversoun “movimento popolare” dal

basso, un’alleanza tra tutte lepersone di buona volontà che —come ricorda lo stesso PapaFrancesco al n. 14 dell’enciclica— collaborino «come strumentidi Dio per la cura della creazio-ne, ognuno con la propria cultu-ra ed esperienza, le proprie ca-pacità».

Anche perché questo quintoanniversario giunge nel pieno diun momento spartiacque, segna-to dalla pandemia da coronavi-rus che ha svelato quanto pro-fondamente l’umanità sia inter-connessa e interdipendente. Ec-co allora che il messaggio dellaLaudato si’ (Ls) può davverofornire — secondo il Dicasterocui è stata affidata anche la gui-da della Commissione vaticanacovid-19 — la bussola morale espirituale nel viaggio verso la ri-creazione di un mondo più at-tento, fraterno, pacifico e soste-nibile; un’opportunità unica pertrasformare l’attuale lamento etravaglio in un nuovo modo divivere insieme per gli uomini,uniti nell’amore, nella compas-sione e nella solidarietà, e inuna relazione più armoniosa conla natura.

Nel richiamare l’attenzionesullo stato sempre più precariodell’ambiente, il documento fir-mato da Papa Bergoglio nel2015 si è rivelato profetico. An-che perché in questo quinquen-nio molteplici «crepe del piane-ta che abitiamo» — per dirla conle parole della Ls (163) — sonoandate ampliandosi: dalle calot-te glaciali che si sciolgononell’Artico, ai furiosi incendi chedevastano l’Amazzonia, ma an-che l’Australia; da condizionimeteorologiche estreme a ognilatitudine, a livelli senza prece-denti di perdita delle biodiversi-tà. Tutti segnali di danni troppoevidenti per essere ignorati. Oc-corre al contrario una rispostaconcreta agli interrogativi solle-

vati da Papa Francesco su chetipo di mondo lasciare alle ge-nerazioni future (Ls, 160). È unimperativo morale soprattuttonei confronti delle popolazionipiù povere, prime vittime del-l’attuale degrado, al cui gridodisperato non è più possibile ri-manere indifferenti. E così comeconcepito dal Settore ecologia inseno al Dssui, l’Anno specialemira in proposito a proporre unpubblico impegno comune versola «sostenibilità totale», da rea-lizzare in un arco di tempo piùlungo — sette anni — coinvol-gendo famiglie, diocesi, scuole,

università, ospedali e strutturesanitarie, mondo degli affari erurale, ordini religiosi.

Il Dicastero auspica in parti-colare un maggiore utilizzo dienergia rinnovabile pulita e unariduzione dei combustibili fossi-li; maggior accesso all’acquapulita per chi non ne ha; difesadi tutte le forme di vita sullaTerra; attenzione ai gruppi vul-nerabili come le comunità indi-gene, i migranti, i bambini a ri-schio di schiavitù; produzionesostenibile; commercio equo esolidale; consumi e investimentietici. E a livello più individualesi raccomanda l’adozione di sti-li di vita semplici: sobrietànell’uso delle risorse e dell’e n e r-gia, evitare la plastica monouso,adottare una dieta più vegetalee ridurre i consumi di carne,maggiore utilizzo dei trasportipubblici rispetto a quelli inqui-nanti.

Da ultimo il dicastero fornisceindicazioni anche in campo edu-cativo e formativo, suggerendolinee guida per una spiritualitàecologica che parta dal recuperodi una visione religiosa dellacreazione di Dio, passando at-traverso l’incoraggiamento alcontatto con il mondo naturalein un atteggiamento di meravi-glia, lode, gioia e gratitudine, daesprimersi con celebrazioni litur-giche e sviluppando catechesi,preghiere e ritiri sul tema dellasalvaguardia ambientale.

negazione del problema all’indifferenza, allacomoda rassegnazione, alla fiducia cieca insoluzioni tecniche e, ovviamente, al rifiutodei potenti.

Questi ultimi quattro anni sono stati ipiù caldi della storia e le emissioni di car-bonio hanno raggiunto livelli senza prece-denti. Le conseguenze del cambiamento cli-matico sono diventate più evidenti nell’in-quinamento dell’aria, nelle ondate di calore,negli incendi forestali, nell’aumento del li-vello del mare e nell’insicurezza alimentare.

Ciononostante, la scienza ci indica che,se riduciamo subito le emissioni, siamo an-cora in tempo per frenare l’aumento dellatemperatura media annuale al di sotto deidue gradi rispetto ai livelli preindustriali.Perché ciò sia attuabile, è necessaria unatrasformazione dell’economia, che dovrà su-bordinare la ricerca del beneficio immediatoal bene comune e allo sviluppo umano, so-stenibile e integrale, con lo sguardo rivoltoalle generazioni future (cfr. Laudato si’, nn.159-162).

A tal fine, si devono privilegiare la transi-zione energetica — la progressiva sostituzio-ne di combustibili fossili con energie rinno-vabili — e la transizione industriale, che im-plica la trasformazione di diverse industrie,come quelle petrolifera, chimica, siderurgi-ca. I consensi necessari affinché tali cambia-menti siano possibili sono ancora una que-stione in sospeso.

Sebbene questa conversione debba essereattuata da tutte le nazioni, indipendente-mente dal loro livello di sviluppo — datoche si tratta di un imperativo etico — nonbisogna perdere di vista il fatto che nelcambiamento climatico ci sono responsabili-tà diversificate. L’industrializzazione di cuihanno beneficiato per due secoli molti Pae-si è avvenuta al prezzo di un’enorme emis-sione di gas. Questo “debito ecologico” tranord e sud (cfr. ibid. nn. 51-52) deve esserecompensato attraverso programmi di aiutoper lo sviluppo di forme meno inquinantidi energia nei Paesi meno industrializzati.

È perciò necessario comprendere che ledisuguaglianze e la concentrazione dellaricchezza sono problemi inscindibili dallacrisi ambientale. Come indica Papa France-sco, «l’ambiente umano e l’ambiente natu-rale si degradano insieme, e non potremoaffrontare adeguatamente il degrado am-bientale, se non prestiamo attenzione allecause che hanno attinenza con il degradoumano e sociale. Di fatto, il deterioramentodell’ambiente e quello della società colpi-scono in modo speciale i più deboli delpianeta» (ibid., n. 48). Spesso al discorso“v e rd e ” manca questa sensibilità. Tuttavia,«un vero approccio ecologico diventa sem-

vulnerabili; una cultura dell’incontro che ciconsenta di riconoscere la dignità intrinsecadei nostri simili; e una spiritualità che — an-che per quanti professano altre religioni osono non credenti — sia fortemente pervasada un’ecologia integrale, come quella di cuiha dato testimonianza san Francesco d’Assi-si, che chiamava tutte le creature “s o re l l e ”.

Se abbiamo imparato qualcosa dalla pan-demia è che nessuno si salva da solo (PapaFrancesco, momento straordinario di pre-ghiera in tempo di epidemia, 27 marzo2020). La sfida di prenderci cura della no-stra casa comune richiede questa capacità difraternità (cfr. esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia, n. 20), necessa-ria in ogni lotta sociale, e che in questi tem-pi abbiamo visto nei medici, negli infermie-ri e infermiere, nei trasportatori, nei nettur-bini, nelle forze dell’ordine, nei volontari,nei sacerdoti, nelle religiose, negli impiegatidi negozi e servizi essenziali, e in tanti altri.Solo così, mossi da questo spirito di comu-nione umana, potremo dimostrare che nien-te in questo mondo ci risulta indifferente.

*Avvocato, segretario dell’As s o c i a z i o n elatinoamericana di diritto penale ecriminologia

PARIGI, 23. «Un acceleratore per stimolarela conversione dei cattolici francesi versol’ecologia integrale, ancora troppo lenta og-gi, ispirandosi all’enciclica di Papa France-sco Laudato si’, pubblicata proprio cinqueanni fa»: così, da parte del suo responsabileeditoriale, Vincent Neymon viene definita laprima rivista online della Conferenza epi-scopale francese (Cef) dedicata all’ecologiaintegrale, intitolata «Tutto è collegato».«Poiché la questione dell’ecologia integraleè molto vasta, vogliamo con questo formatocoinvolgere ognuno di noi, qualunque sia lapropria area di competenza, la propria mis-sione, grazie a delle proposte concrete, allaportata di tutti», spiega al nostro giornaleNeymon, che è anche direttore della comu-nicazione della Cef.

Nel video di presentazione di questa nuo-va piattaforma digitale, don Thierry Ma-gnin, che ha lasciato recentemente l’incaricodi segretario generale della Cef, ricorda che«da oltre vent’anni sentiamo parlare della

transizione ecologica e dell’urgenza dellaconversione ecologica per tutto il nostromondo; le relazioni del Gruppo intergover-nativo sul cambiamento climatico, in parti-colare, sottolineano tutti i pericoli e le con-seguenze ambientali e sociali che si stannocreando a causa del riscaldamento globale edella perdita di biodiversità». È quindi «es-senziale continuare a prendere molto sul se-rio la transizione ecologica seguendo il mo-nito che il nostro Papa Francesco ha lancia-to cinque anni fa in un’enciclica che ha avu-to molte ripercussioni, non solo nel mondocattolico». Sulla scia di questo testo, prose-gue Magnin, da novembre 2019, i vescovi diFrancia hanno aderito ad un grande pro-gramma di riflessione sull’ecologia integraleattraverso una serie di incontri e un lavoroche consente a tutti i cattolici in Francia diimpegnarsi maggiormente a favore dellaconversione ecologica, ispirandosi in parti-colare al Vangelo della creazione. «Siamopiù che mai uniti, nella Chiesa e con tutte

le persone di buona volontà che cercano divivere la transizione ecologica, per attingereda questa enciclica le risorse per capire conmaggior chiarezza, agire e lasciarci converti-re», insiste il sacerdote.

Domande, dibattiti, iniziative, azioni so-stenibili, la rivista sarà costantemente arric-chita da ciò che viene vissuto ovunque nellaChiesa e nella società, attraverso quattro se-zioni, che riprendono le linee principali diLaudato si’: osservare, far radicare, capire eagire. Nel primo numero, la sezione «osser-vare» contiene un’analisi di monsignorJean-Pierre Vuillemin, vescovo ausiliare diMetz e membro del consiglio famiglia e so-cietà della Cef, che si occupa del polo eco-logico e sociale dal 2019, una riflessione delpadre salesiano Joshtrom Isaac Kureetha-dam, coordinatore della sezione ecologia ecreazione del Dicastero per il servizio dellosviluppo umano integrale, la testimonianzadi un volontario sulle azioni intraprese dallaSocietà San Vincenzo de’ Paoli durante la

crisi da covid-19 e infine quella di un parro-co di Parigi impegnato nell’aiuto ai più bi-sognosi. La seconda sezione contiene la pre-sentazione di un’icona copta intitolata «IlCristo e l’abate Mena», che simboleggia lospirito di fratellanza, e un commento di unfratello di Taizé sulla consapevolezza ecolo-gica nella Bibbia. Il capitolo «capire» offreuna riflessione di monsignor Bruno MarieDuffé, segretario del Dicastero per il servi-zio dello sviluppo umano integrale, sul con-cetto di «paradigma tecnocratico» contenu-to nella Laudato si’, nonché dei chiarimentisull’attuale crisi sanitaria dal padre gesuitaPierre de Charentenay. Infine, tra le propo-ste concrete suggerite dalla Cef, c’è la «Pre-ghiera comune per la terra e dell’umanità»del 24 maggio per il quinto anniversariodell’enciclica e la testimonianza di un refe-rente diocesano per l’ecologia integrale co-me «guardiano della casa comune». (c h a rl e sde pechpeyrou)

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 24 maggio 2020 pagina 9

Fonte inesauribileCompie venticinque anni l’enciclica di san Giovanni Paolo II «Ut unum sint» sull’impegno ecumenico

tanti passi fatti per il superamentodelle divisioni nella ricomprensionedelle identità delle singole tradizionicristiane in un’ottica di piena e visi-bile comunione, ma era necessariofare qualcosa in più nella direzionedi una conversione quotidiana ingrado di cogliere le ricchezze e levalenze del cammino ecumenico perla missione di annuncio e di testimo-nianza della Parola di Dio da partedi tutti i cristiani.

Fare il punto dello stato del cam-mino ecumenico a partire dall’imp e-gno ecumenico della Chiesa cattolica— soffermandosi su quanto era statofatto e detto dai cristiani per l’unitànegli ultimi decenni (che l’enciclicaricordava fosse solo «una tappa, an-che se promettente e positiva») —appariva necessario per indicare qua-li erano i passi da compiere per pro-cedere sulla strada che doveva con-durre «al ristabilimento della pienaunità visibile di tutti i battezzati». Sidoveva favorire la recezione di quan-to già fatto, approfondire la dimen-sione della spiritualità e della santitàecumenica, rilanciare l’azione missio-naria, sostenuta dalla preghiera.

Nell’agenda dei temi da affrontareper un ulteriore sviluppo della ricer-ca teologica e della testimonianzacristiana per l’unità visibile dellaChiesa un posto del tutto particolareera riservato alla «questione del pri-mato del Vescovo di Roma», anchealla luce dell’interesse che si era ma-nifestato nel movimento ecumeniconei tempi più recenti. La proposta diaffrontare questo tema nasceva an-che dal rilievo che la Chiesa cattoli-ca attribuiva alla questione del pri-mato petrino proprio per l’a p p ro f o n -dimento della comunione tra i cri-stiani, rilanciando così un dibattitoche aveva percorso tutto il XX secoloe assunto un valore ecclesiologicodel tutto nuovo con la celebrazionedel Vaticano II.

La questione del primato petrinoe delle forme del suo esercizio costi-tuisce indubbiamente un elementocentrale nell’enciclica che apre peròprospettive che vanno ben oltre que-sto tema. Infatti, se da una partel’enciclica costituisce un passaggiosignificativo nella recezione ecume-nica del concilio Vaticano II, intro-ducendo delle significative novità ri-spetto alla linea indicata da Paolo VI(soprattutto con una serie di gestiche ponevano al centro la ricerca diuna nuova fraternità), la Ut unumsint insiste, con chiarezza, sulla di-mensione quotidiana del cammino

ecumenico che non può essere circo-scritto «all’incontro e allo scambiodi punti di vista», ma deve inciderenell’esperienza di fede dei singolicredenti rinviando a quella dimen-sione che «orienta verso Gesù il re-dentore del mondo e Signore dellastoria». In questa duplice accezione— una innovativa recezione del Vati-cano II e la dimensione quotidianadell’ecumenismo — l’enciclica sicomprende appieno ripercorrendo leparole e i gesti per l’unità di Gio-vanni Paolo II che, proprio nell’annodella pubblicazione del documento,tra l’altro, proponeva un recupero euna valorizzazione del patrimoniospirituale, teologico, liturgicodell’Oriente cristiano, a partire dallatradizione delle Chiese pienamenteunite a Roma, con la pubblicazionedi due lettere apostoliche, la Orienta-le lumen (2 maggio 1995), per la ri-correnza centenaria della Orientaliumdignitas di Papa Leone XIII, e quella

per il quarto centenario dell’Unionedi Brest (12 novembre). Si va oltre ladimensione della Chiesa che deve re-spirare «a due polmoni», per deli-neare una Chiesa cattolica impegna-ta quotidianamente, in tutte le suearticolazioni, nella costruzionedell’unità, riaffermando la profondafedeltà all’insegnamento di GesùCristo, a partire da una conversionepersonale che aiuta a vivere l’unitànella diversità.

In tante occasioni, ben oltre gliincontri con i responsabili delleChiese e degli organismi ecumenici,che spesso si realizzarono durante inumerosi viaggi apostolici del suopontificato, Giovanni Paolo II si èspeso per affermare la priorità delladimensione quotidiana della testimo-nianza ecumenica nella Chiesa, comeavvenuto, solo per fare un esempio,con la pubblicazione, il 25 marzo1993, da parte del Pontificio consi-glio per la promozione dell’unità dei

cristiani, della seconda edizione delDirettorio per l’applicazione dei principie delle norme dell’ecumenismo. Il diret-torio, citato esplicitamente nella Utunum sint, era stato rivisto proprioper recepire quelli che possiamochiamare i segni dei tempi del cam-mino ecumenico, così come si eraconfigurato con il Vaticano II.

Per il suo contenuto e le sue pro-spettive, fin dalla pubblicazione, Utunum sint ha suscitato, non solodentro la Chiesa cattolica, un ampioe vivace dibattito che si è concentra-to soprattutto sulla questionedell’autorità in un’accezione ecclesio-logica che ha consentito significativipassi in avanti nella riflessione sulrapporto tra Chiesa universale eChiesa locale come mostrano i nu-merosi documenti ufficiali dove l’en-ciclica viene citata. Ci si è interroga-ti, e ci si continua a interrogare, benoltre i tanti dialoghi bilaterali chevedono coinvolta la Chiesa cattolicaa vario livello, sulle forme dell’eser-cizio del magistero petrino comeuna possibile strada per vivere la co-munione, tenendo sempre presenteche i cristiani sono pellegrini che de-vono affidare «il cuore al compagnodi strada senza sospetti, senza diffi-denze, e guardare anzitutto a quelloche cerchiamo: la pace nel voltodell’unico Dio» (Papa Francesco,Evangelii gaudium, 244).

A distanza di venticinque annil’enciclica sull’impegno ecumenicoUt unum sint costituisce sempre unafonte preziosa per la comprensionedella vocazione ecumenica dellaChiesa cattolica, favorendo al tempostesso una riflessione sul ruolo diGiovanni Paolo II nello sviluppo delcammino ecumenico. Dalla letturadei suoi testi, piuttosto che dalle in-terpretazioni che ne sono state date,anche in queste ultime settimane,che sembrano nascere dalla valuta-zione di un solo gesto e di una solaparola, si coglie quanto per Giovan-ni Paolo II fosse prioritario l’imp e-gno quotidiano per la costruzionedell’unità visibile della Chiesa. Im-pegno, costruzione, unità alimentatida una conversione del cuore daparte di tutti cristiani, riprendendocosì un tema recuperato dal Vatica-no II, dalla scoperta di un rapportoprivilegiato con il popolo ebraico,nella profonda distinzione tra cam-mino ecumenico e dialogo interreli-gioso, nella scoperta della propriaidentità quale premessa irrinunciabi-le e fondamentale per vivere l’unitànella diversità.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Un particolare della prima pagina del 31 maggio 1995

Nominaepiscopale Bolivia

Percy LorenzoGalván Flores

arcivescovo metropolitadi La Paz

Nato il 10 agosto 1965 a TomásFrías, diocesi di Potosí, durante lasua infanzia la famiglia si è trasfe-rita a San Lucas, nel territoriodell’arcidiocesi di Sucre. Dopo glistudi liceali, è entrato nel semina-rio di Sucre (1984), dove ha fre-quentato l’anno propedeutico. Hacontinuato la formazione filosoficae teologica nel seminario naziona-le “San José” di Cochabamba(1985-1991) ed è stato ordinato pre-sbitero nella cattedrale di Sucre il18 luglio 1991, conseguendo la li-cenza in teologia biblica presso laPontificia università Gregoriananel 2001. È stato vicario parroc-chiale in Villa Serrano (1991-1992)e in Padilla (1992-1993), parroco inPadilla, Alcalá ed El Villar (1993-1995). Ha ricoperto gli incarichi divicario episcopale della zona pa-storale di La Frontera (1996-1998),e dal 2001 al 2005 di rettore delseminario dell’arcidiocesi “SanCristóbal”. L’8 settembre 2005, èstato nominato vicario generale diSucre per tre anni, al termine deiquali è stato incaricato di prepara-re il sesto Sinodo arcidiocesano.Dal 2005 al 2013 è stato parroco diSan José, canonico della cattedraledi Sucre, responsabile del museoecclesiastico e membro dei consiglieconomico, presbiterale e pastoraledell’arcidiocesi. Eletto vescovoprelato di Corocoro il 2 febbraio2013, ha ricevuto l’ordinazione epi-scopale il successivo 1° maggio.

Lutti nell’episcopato

Campagna di solidarietà sostenuta dai presuli tedeschi

Per i cristianidell’Europa orientale

BE R L I N O, 23. Con il motto «Beaticoloro che fanno la pace — O rientee Occidente in responsabilità con-giunta» si svolgerà anche quest’an-no la campagna di solidarietà per icristiani dell’Europa orientale pro-mossa dai vescovi tedeschi in occa-sione della domenica di Pentecoste(31 maggio). Si tratta di una raccol-ta di donazioni per l’o rg a n i z z a z i o -ne umanitaria Renovabis, che è so-litamente accompagnata da nume-rosi eventi, che quest’anno, a causadella pandemia di coronavirus, so-no stati annullati. L’iniziativa bene-fica non si svolgerà nella sola do-menica di Pentecoste, ma nelle se-guenti due settimane nelle varieparrocchie aderenti. Nell’appello asostenere l’azione di quest’anno, ivescovi tedeschi riconoscono l’op e-ra di pace che Renovabis sta svol-gendo.

«Anche in Europa la pace non èuna cosa scontata. Molti Paesidell’Est — si legge nel sito dellaConferenza episcopale — sono an-cora internamente lacerati 30 annidopo la fine della tirannia comuni-sta, alcuni sono anche minacciatiall’esterno. Un passato violento econflitti attuali mettono in pericoloil futuro, ma c’è anche motivo disperare. La Chiesa in particolare —aggiungono i presuli — sta dando

importanti contributi alla compren-sione e allo sviluppo pacifico, per-tanto i fedeli sono chiamati a soste-nere la popolazione dell’E u ro p acentrale, sudorientale e orientaleattraverso l’interessamento, la pre-ghiera e le donazioni».

La campagna di solidarietà ricor-da quanto è importante sostenersil’un l’altro anche oltre i confinichiusi, e quanto sono importantisegni concreti di solidarietà sottoforma di donazioni per le personeparticolarmente bisognose dell’Eu-ropa dell’Est.

Di recente, Renovabis ha soste-nuto i partner del progetto nellacrisi di coronavirus con un’eccezio-nale donazione di circa mezzo mi-lione di euro: dallo scoppio dellapandemia, infatti, l’o rg a n i z z a z i o n eumanitaria ha registrato un numerosempre maggiore di richieste diaiuto da parte di molti dei Paesipartner dell’Europa orientale. Finoal 31 maggio i vescovi tedeschi sug-geriscono di pregare insieme allaChiesa in Ucraina; mentre la do-menica di Pentecoste le settimanedi solidarietà Renovabis si conclu-deranno con una celebrazione eu-caristica nella cattedrale di Fribur-go presieduta da monsignor Ste-phan Burger, arcivescovo di Frei-burg im Breisgau.

Comunicato della Conferenza episcopale

In Francia riapronole chiese per le celebrazioni

con i fedeli

PARIGI, 23. La Conferenza episcopale francese (Cef) «si èrallegrata» dell’entrata in vigore oggi del decreto che hanuovamente autorizzato la celebrazione delle messe con lapartecipazione di fedeli. Questo testo, sottolinea un comu-nicato dei vescovi, «restituisce alla libertà dell’esercizio diculto il suo giusto posto». Infatti, «le limitazioni di cuiquest’ultima è oggetto, come per ogni libertà fondamenta-le», devono essere «giustificate e proporzionate». La Cefrileva inoltre che secondo il decreto spetta a ciascun re-sponsabile (vescovo e sacerdote) determinare la data dellaripresa delle messe pubbliche, «una libertà che implica laloro responsabilità». L’episcopato nota al riguardo che «laraccomandazione del governo rimane quella di riprenderele assemblee liturgiche solo dal 2 giugno». Per i vescovi,comunque, «è soltanto a partire della settimana prossimache si potranno osservare gli eventuali primi effetti della fi-ne del confinamento in termini di contagio». In vista dellaripresa delle celebrazioni, e in particolare per la Pentecoste,la Cef ha informato i sacerdoti e i gruppi di animazionepastorale delle regole sanitarie contenute nel decreto. Do-vranno selezionare attentamente le chiese che saranno ingrado di ospitare assemblee nelle prossime settimane, di de-terminare il numero di persone che potranno essere presen-ti, di assicurare un’adeguata comunicazione con i fedeli conil supporto del personale e dei materiali necessari.

In particolare gli organizzatori devono garantire che siarispettata la regola della distanza fisica di almeno un metrotra due persone, il che implica una superficie individuale dicirca quattro metri quadrati a persona, che determinerà lasoglia di frequenza massima. Lo spazio tra le persone vaindicato sul pavimento. L’utilizzo di una maschera protetti-va è obbligatorio durante le riunioni di persone nei luoghidi culto, in conformità al decreto dell’11 maggio. Particolareattenzione è prestata al flusso dei fedeli in modo che non siincontrino. In caso di prevedibile importante affollamento,devono essere previste più cerimonie successive. La disinfe-zione delle mani vede avvenire all’ingresso e all’uscitadell’edificio. È obbligatoria anche prima di ogni cerimoniaper gli oggetti sacri che si usano durante le celebrazioni,così come l’uso di liquido igienizzante da parte dei cele-branti durante i riti.

La sera del 20 novembre 2019 è decedutomonsignor Andrea Jin Daoyuan, Vescovo“senza giurisdizione” della diocesi diChangzhi/Luan, nello Shanxi, in CinaContinentale. Il compianto presule eranato il 13 giugno 1929 nel villaggio diBeishe, distretto di Lucheng. Venne ordi-nato sacerdote a Pechino il 1° luglio 1956.Nel grave contesto degli anni ’50, il ve-scovo Andrea Jin venne arrestato e rima-se in carcere per circa tredici anni. Ricor-dato come pastore devoto e zelante versoil suo popolo, si è dedicato in particolarealla pastorale vocazionale, contribuendoa formare tanti sacerdoti e religiose. Inpari tempo, monsignor Andrea Jin Dao-yuan si è personalmente speso per la co-struzione di diversi edifici di culto nelladiocesi di Changzhi/Luan.

I funerali si sono tenuti il 26 novembrescorso, con la partecipazione della comu-nità cattolica locale.

Nel primo pomeriggio del 23 marzo2020 è morto, all’età di 101 anni, monsi-gnor Giuseppe Ma Zhongmu, vescovoemerito di Yinchuan/Ningxia, non rico-nosciuto dal Governo. Egli è stato il pri-mo, e finora anche l’unico, vescovo di et-nia mongola. Il suo nome nella madrelin-gua era Tegusbeleg. Dal 2005 si era riti-rato a vivere nella Mongolia interna, pre-cisamente nel villaggio di Chengchuan,dove era nato il 1° novembre 1919 e doveaveva svolto le funzioni di parroco.

A causa della lontananza dai centri ur-bani, monsignor Giuseppe Ma Zhongmuaveva iniziato la formazione elementaresolo nel 1931. Dal 1935 al 1947 ha studiatonel seminario minore di Sanshenggong,passando poi a quello di Hohhot e infinea quello di Datong. Venne ordinato sa-cerdote il 31 luglio 1947 da monsignorCarlo Van Melchebeke, CICM. Dopo al-cuni anni di studio all’Università Fu Ren,la cui sede era allora a Pechino, avevasvolto il ministero pastorale nelle parroc-chie di Zhongwei e di Genchou. Dal 1956

aveva anche insegnato per un biennio nelseminario di Hohhot. Nel 1958, dopoaver rifiutato di aderire all’Asso ciazionePatriottica, venne condannato ai lavoriforzati. Dieci anni dopo venne liberatoma costretto a lavorare come operaio nelsuo villaggio, in un impianto di gestionedell’acqua. Nell’aprile 1979 fu riabilitato epoté riprendere il ministero sacerdotale.L’8 novembre 1983 fu consacrato vescovoda monsignor Casimiro Wang Milu, perla cura pastorale dei fedeli di etnia mon-gola di Yinchuan/Ningxia.

Negli anni del suo ministero episcopa-le monsignor Giuseppe Ma Zhongmu èstato apprezzato ed amato dai fedeli dellacomunità mongola, per i quali scrisse uncatechismo ed altri testi di dottrina nellalingua loro propria. Nel 2004 la Congre-gazione per l’evangelizzazione dei popoligli inviò una croce pettorale in segno diriconoscimento e di comunione. Nel 2005egli si ritirò dal governo pastorale e, conl’aiuto di alcuni fedeli, si dedicò a tradur-re in lingua mongola il Nuovo Testamen-to e il Messale Romano.

La messa esequiale di monsignor Giu-seppe Ma Zhongmu è stata celebrata il27 marzo nel villaggio dove risiedeva, allapresenza di monsignor Paolo Meng Qin-glu, vescovo di Hohhot, e di due altri sa-cerdoti. Non è stata permessa la presenzadi altri sacerdoti e fedeli, anche in ragio-ne del rischio di contagio da coronavirus.

Nella prima mattina del 7 maggio 2020è morto, all’età di 99 anni, monsignorGiuseppe Zhu Baoyu, vescovo emerito diNanyang, in Henan. Il decesso è avvenu-to presso il convento delle Suore dellacongregazione diocesana dell’Immacolataconcezione, con le quali viveva e pregava,impartendo loro ogni sera la benedizio-ne.

Il compianto presule era nato il 2 lu-glio 1921 a Pushan, in Henan. Avendoperso il padre a 6 anni, fu affidato dallamadre all’orfanotrofio cattolico di Jin-

gang. Due anni dopo ricevette il battesi-mo insieme alla stessa madre. Frequentòla scuola elementare presso il collegio“Simeone Volonteri”, nello stesso com-plesso cattolico. Quindi entrò nel semi-nario minore del Sacro Cuore, continuan-do a frequentare le scuole superiori nellostesso collegio. Dal 1946 studiò filosofia eteologia presso il seminario regionaledell’arcidiocesi di Kaifeng. Venne ordina-to sacerdote nel 1957 da monsignor PietroFan Xueyan, vescovo di Baoding.

Dopo l’ordinazione svolse il ministerosacerdotale in diverse chiese della diocesidi Nanyang. Dal 1964 al 1967 venne con-dannato ai lavori forzati, a motivo dellafede. Successivamente gli fu concesso ditornare al suo paese natio, Pushan, doveesercitò il ministero in segreto. Nel 1981venne di nuovo condannato a dieci annidi lavori forzati come anti-rivoluzionario.Liberato nel 1988, poté riprendere il mi-nistero in diverse parrocchie.

Il 19 marzo 1995, festa di san Giusep-pe, venne ordinato vescovo coadiutore diNanyang da monsignor Jin Dechen, ve-scovo diocesano, avendo come co-consa-cranti i monsignori Zhang Huaixin e ShiJingxian. Subentrò a monsignor Dechencome Pastore della diocesi il 23 novembre2002.

A causa dell’età avanzata, nel 2010 pre-sentò le dimissioni alla Sede Apostolica.Per le sue condizioni di salute si ritiròdapprima in un ospizio per anziani aJinggang, quindi presso la cattedrale e,infine, presso le Suore dell’ImmacolataConcezione, ove è spirato. Nel febbraioscorso era stato ricoverato in ospedale inquanto affetto da covid-19, da cui era pe-rò guarito.

I suoi funerali si sono svolti a Jing-gang il 9 maggio 2020. La diocesi di Na-nyang conta oggi circa ventimila cattolici,una ventina di sacerdoti e centinaia dis u o re .

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 domenica 24 maggio 2020

Sul venerabile Beda

Imparare, insegnare, scrivere

Una conferenza sul pensiero sociale di Giovanni Paolo II tenuta da Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires nel 2003

Il lavoro e la dignità dell’uomoRiportiamo ampi stralci del testo —pubblicato in italiano nel volume curatoda Antonio Spadaro «Nei tuoi occhi èla mia parola» (Rizzoli, Milano,2016, pagine LI-955, euro 26), cheraccoglie omelie e discorsi tenuti daJorge Mario Bergoglio a Buenos Airestra il 1999 e il 2013 — della conferen-za tenuta dall’allora cardinale arcive-scovo della capitale argentina sul pen-siero sociale di Giovanni Paolo II.

di JORGE MARIO BERGO GLIO

«D uc in altum» - «Prendiil largo!», «senza titu-banze!», «in profondi-

tà!». L’esortazione di Gesù a Pietro,che Giovanni Paolo II fece sua e checi trasmette con rinnovato ardoreapostolico, ci invita ad addentrarcioggi nella sua ampia dottrina socia-le. Giovanni Paolo II è certamente ilPontefice che più ha scritto sulla“questione sociale”: tre encicliche,innumerevoli discorsi ed omelie e ilriferimento costante al sociale in tut-ti i suoi documenti ci sorprendono,non solo per la vastità ma anche perl’ampiezza di orizzonti, il coraggio ela profondità con i quali il Papa fasua tutta la dottrina sociale dellaChiesa e la ripropone in manierarinnovata e fervente. Andare “più inp ro f o n d i t à ” nel suo pensiero ha

qualcosa di simile a quelle traversateche il Signore faceva con i suoi di-scepoli, quando li istruiva nella riccae misteriosa realtà del lago di Gene-sareth, simbolo del mondo e dellastoria. Nella racchiusa forma dellaLaborem exercens e della Sollicitudo reisocialis palpita la dottrina socialedella Chiesa in forma universale econcreta, illuminata dal Vangelo. Esi sente nella brezza marina la pro-messa di una pesca abbondante.D all’inizio del suo pontificato, il Pa-pa operaio ci invita ad entrare là do-ve la vita sociale dell’uomo si giocaa forza di remi, a forza di lanciare lereti una volta ancora: nel mondo dellavoro e della solidarietà. [...]

Tenendo presenti i due elementidella dottrina sociale della Chiesasottolineati dal Papa — «la tuteladella dignità e dei diritti della perso-na nell’ambito di un giusto rapportotra lavoro e capitale e la promozionedella pace» (Tertio millennio adve-niente, 22) — in questa breve esposi-zione ci soffermeremo sulla questio-ne del lavoro. E lo faremo dalla pro-spettiva della “spiritualità del lavo-ro ”.

Spiego il perché di questa scelta.Nella Novo millennio ineunte

(Nmi), questa spiritualità nuova, so-lidale, di comunione, menzionatadal Papa, presenta una chiara sintesi

in ciò che egli definisce “una spiri-tualità del lavoro” [...] che intendeessere il paradigma della Chiesa delnuovo millennio. Le caratteristichedi questa spiritualità sono molto be-ne esposte: «Spiritualità della comu-nione significa innanzitutto sguardodel cuore portato sul mistero dellaTrinità che abita in noi, e la cui luceva colta anche sul volto dei fratelliche ci stanno accanto» (Nmi 43).

Successivamente il Papa precisatre ambiti nei quali dobbiamo prepa-rarci per la comunione alla luce del-la presenza di Dio nel volto di ogniuomo. Li caratterizziamo così: ren-derci capaci della nostra appartenen-za ad un solo corpo [...], essere ca-paci di avere una visione che valoriz-za la propria organicità [...], esserecapaci di dare spazio senza domina-re gli spazi [...].

Pensiamo che questa spiritualitàdi comunione, dalle molteplici rica-dute in ogni ambito concreto dellavita ecclesiale, ha un significato par-ticolare se lo applichiamo a questaspiritualità del lavoro che il Papa in-vita gli operai a coltivare. Notiamo,sia detto per inciso, che comunionee lavoro sono le due uniche realtàche nel documento connotano laspiritualità.

Vediamo perché.A questo punto vogliamo doman-

darci quale sia il concetto di Giovan-ni Paolo II del lavoro dell’uomo.

Tutti sappiamo che la Redemptorhominis, la sua prima Enciclica(1979), fu programmatica. Il Papapensava che occorresse partiredall’uomo, da questo uomo il cuisenso profondo e finale si trova soloin Gesù Cristo, Redentore dell’uo-mo. Due anni dopo, nel 1981, Gio-vanni Paolo II pubblicò L a b o re me x e rc e n s (Le). Un’altra Enciclica pro-grammatica che Giovanni Paolo IIdedicò «all’uomo nell’ampio conte-sto di questa realtà che è il lavoro».[...]

Sottolineiamo prima di tutto que-sta visione del Papa che ci parla diuna spiritualità che «comincia eprende il largo nel cammino dell’uo-mo». Di un uomo, è bene sottoli-nearlo, immerso nel mistero di GesùCristo Redentore, ma non di un uo-mo solamente in una dimensioneverticale, ma di un uomo contestua-lizzato nella realtà e nella storia dalpunto di vista del lavoro [...]

Il Papa ripete ciò dalla prospettivadell’essenza stessa dell’uomo, essen-za dalla quale deriva la missione di“dominare la terra” e che implica la“libera decisione di essere collabora-tori del Creatore”. È sottesa qui laprofezia di Romano Guardini quan-do nel suo libro Il Potere segnalavail motivo fondamentale del cambia-mento di paradigma che si operavain modo crescente nel nostro mondomoderno. Guardini affermava che ilrischio più rappresentativo e decisivo

della nostra civiltà attuale era che ilpotere si stava trasformando, in mo-do crescente, in qualcosa di anoni-mo. Da qui si sviluppano, come dauna radice, tutti i pericoli e le ingiu-stizie che subiamo attualmente. El’antidoto proposto da Guardini nonera altro se non farsi ognuno respon-sabile in modo solidale del potere.In questo preciso punto si colloca lavisione di Giovanni Paolo II sul la-voro umano come il luogo dovel’uomo decide liberamente sull’usodel potere come servizio e collabora-zione all’opera creatrice di Dio per ilbene dei suoi fratelli.

Il lavoro è un luogo dove tutti iprincipi della dottrina sociale dellaChiesa e della società acquisisconoconcretezza. Giovanni Paolo II hasempre riaffermato che il primo pun-to fermo della dottrina sociale, dadove derivano tutti gli altri, è che:«L’ordine sociale ha al centro l’uo-mo...». All’uomo che lavora, noi de-sideriamo aggiungere l’uomo che la-vora, in modo libero, creativo, parte-cipativo e solidale.

In questo uomo che lavora si cen-trano e si vincolano concretamentegli altri principi.

Con il lavoro si compie il princi-pio della “destinazione universaledei beni”.

Con il lavoro diventa reale “la le-gittimità della proprietà privata, co-me condizione indispensabile del-l’autonomia personale e familiare”.

Nella valorizzazione del lavoro —di tutti i tipi di lavoro — come lafonte dalla quale scaturiscono tutti ibeni che permettono la vita della so-cietà, si radica il concetto dei doverie dei diritti che devono regolare loStato e si chiarisce il ruolo propriodello Stato come promotore e tutoredel bene comune. [...]

In un’intervista di Adolfo Nicolás del 2016

Il ruolo profeticodei religiosi

Verso le frontiere e i dimenticati

Costruire comunità aperte e fra-terne; promuovere il protagoni-smo dei laici; in missione perevangelizzare il popolo; occuparsidel mondo della povertà e deldolore. Non perdono una bricioladi attualità le coordinate pastoraliper Buenos Aires indicate dall’ar-civescovo Jorge Mario Bergoglionell’intervista rilasciata a «L’O s-servatore Romano» (pubblicatanell’edizione del 14 novembre1998), in pratica all’inizio del suoservizio come successore del car-dinale Antonio Quarracino.

Pur mettendo in guardia dal«lento processo» di scristianizza-zione, «anche se con caratteristi-che particolari che la differenzia-no dai Paesi europei e dal nordAmerica», per l’arcivescovo Ber-goglio è sempre stato motivo diconcreta speranza la «grande reli-giosità dei fedeli», manifestata adesempio attraverso «i pellegrinag-gi» che testimoniano una «pro-fonda e radicata fede cristiana».

Una riflessione particolarmenteappassionata, poi, aveva voluto ri-servarla ai giovani. Indicandol’urgenza di rispondere «al biso-gno di conoscere e di comprende-

re più profondamente gli anelitiprofondi che si nascondono die-tro le espressioni di una culturagiovanile post-moderna». Si trattaperciò, partendo «dall’essenzastessa del Vangelo», di trovare«vie» per accompagnare i giovania «fare un’esperienza che trasfor-mi la loro vita a contatto con lapersona di Gesù».

«Dinanzi alla atomizzazione ealla polarizzazione del nostregrandi città, segnate dalla solitu-dine dall’abbandono, vi è la sfidadi come avvicinare i giovani auna scoperta della Chiesa qualespazio di comunione e di incon-tro dove scoprire la propria storiavissuta e la storia da fare». In-somma, basta con la pastorale di«attesa»; bisogna muoversi, inve-ce, alla «ricerca dei giovani, in uncammino deciso verso le frontiere,verso quanti sono lontani e ci at-tendono». E arrivare così «al cuo-re» soprattutto dei «dimenticati,ma che il buon Dio non dimenti-ca». Nell’intervista l’a rc i v e s c o v oaveva presentato anche le radicispirituali mariane del popolo cheaffida alla Madre di Dio davverotutte «le cose delle vita».

Unendo, in uno sguardo, spiritua-lità di comunione e spiritualità dellavoro possiamo affermare che:

Il fattore comune di ogni spiritua-lità di comunione, dal punto di vistadell’individuo, è questo sguardo delcuore. Uno sguardo cordiale è unosguardo che include. Di fronte alconcetto che riduce il lavoro a unmero impiego, che ha come fine laproduzione di beni che servono sol-tanto ad alcuni, lo sguardo spiritualeconsidera il lavoro come espressionedi tutte le dimensioni dell’uomo:dalla più fondamentale, che appar-tiene alla “realizzazione della perso-na” fino alla più alta, che lo conside-ra “servizio” di amore.

Da un punto di vista obiettivoquesto sguardo cordiale, che si rivol-ge simultaneamente “al mistero dellaTrinità e al mistero di ogni voltoumano”, ci fa valorizzare il caratterevincolante del lavoro, ci porta a ve-dere ogni uomo come “qualcuno chemi riguarda” ed eleva lo sforzo pro-prio di ognuno a “dono per tutti”.Intorno a questi valori si sviluppauna società umana senza escluderealcuna classe. Allo stesso tempo illavoro apre esso stesso questi “spazidi partecipazione” di cui parla il Pa-pa, e li trasforma in spazi di parteci-pazione reale, concreta, degna.

Il lavoro costruisce la dignitàdell’uomo, vincolando la sua dimen-sione personale e la sua dimensionesociale, ma non solo questo, esso hauna dignità elevatissima la cui ragio-ne ultima si radica in Gesù Cristo.[...]

Se diamo il giusto valore a quelche significa che il Signore ci ha re-dento con tutta la sua vita — azioni,parole e gesti, gioie e patimenti — isuoi lunghi anni di lavoro silenziosoe quotidiano nel piccolo mondo diNazareth devono avere nel nostroanimo il giusto peso conferitogli dal-la loro importanza. Se nel Vangelopalpitano in silenzio è proprio perquesto: perché il valore di una spiri-tualità del lavoro è di per sé silen-ziosa, umile, contenuta. «Dignitàelevatissima del lavoro», così il Papaqualifica il lavoro di Gesù, eseguitocon le sue proprie mani.

E questo perché il lavoro affondale radici della sua dignità nella stessaTrinità: “Mio Padre lavora e ancheio lavoro”, dice il Signore. È propriouna immagine di lavoro quella sotto-lineata dal Papa perché la custodia-mo nel cuore in modo da poter af-frontare i problemi che oscuranol’orizzonte del nostro tempo.

«Basta pensare all’urgenza di la-vorare per la pace, di porre premessesolide di giustizia e di solidarietànelle relazioni fra i popoli, di difen-dere la vita umana dal suo concepi-mento fino alla fine naturale. E chedire, inoltre, di tante contraddizionidi un mondo “globalizzato”, dove ipiù deboli, i più piccoli e i più po-veri sembra che abbiano ben pocoin cui sperare?».

In questo mondo, dice il Papa«deve brillare la speranza cristiana».E qual è, dunque, l’immagine uni-versale e concreta, che egli ci presen-ta come la più chiara ed efficace del-la speranza cristiana? È l’immaginedi Gesù, Maestro di comunione e diservizio. «È significativo — dice ilPapa — che il Vangelo di Giovanni,dove i Sinottici narrano l’istituzionedell’Eucaristia, propone, illustrandocosì il suo significato profondo, ilracconto della “lavanda dei piedi”,nel quale Gesù si fa maestro di co-munione e servizio (cfr. Gv 13, 1-20).Il Signore ha voluto rimanere connoi nell’Eucaristia, imprimendo inquesta presenza sacrificale e convi-viale (nel servizio umile della lavan-da dei piedi, lo facevano gli schiavi)la promessa di una umanità rinnova-ta dal suo amore (Ecclesia de Eucha-ristia)».

Nella celebrazione di questo “la-v o ro ” nel quale, ad imitazione delRedentore, la Chiesa “compie l’Eu-caristia”, si condensa tutta la tensio-ne escatologica del cristianesimo:l’impegno di trasformare il mondo etutta l’esistenza perché diventi Euca-ristia.

Papa Francesco ha definito i reli-giosi come peccatori e profeti. Suquesto e su molto altro padre An-tonio Spadaro, direttore de «La Ci-viltà Cattolica», sollecitava il pre-posito generale Adolfo Nicolás —scomparso lo scorso 20 maggio —in un’intervista pubblicata nel 2016sul quaderno numero 3989 (volumeIII) della rivista della Compagniadi Gesù. Un colloquio a tutto cam-po tra i due gesuiti, che inevitabil-mente coinvolgeva un altro confra-tello illustre, Jorge Mario Bergo-glio, primo Pontefice della storiaad appartenere alla Compagnia.

«Non siamo né migliori né peg-giori degli altri cristiani; perciò nonpossiamo giudicare gli altri» era lariflessione di Nicolás, il quale ag-giungeva: «Forse in passato, tuttele volte che abbiamo creduto di es-sere migliori, abbiamo scopertopeccati occulti, o occultati, che cihanno umiliati». Perché, spiegava,«una Chiesa che giudica gli altridimostra poca sapienza e usurpa laposizione di Dio, l’unico che vedei cuori». Quanto al ruolo profeticodei consacrati, il gesuita distingue-va tra «un servizio profetico, cheavviene all’interno della Chiesa eraggiunge coloro che hanno fede»,e «un altro servizio rivolto a coloroche non hanno fede». Per loro oc-corre «la testimonianza di una sa-pienza diversa, umanista, evangeli-ca, capace anch’essa di far rifletteree lasciare col tarlo nell’anima: saràvero? È più umano, più autenti-co?».

Anche sul fenomeno migratoriopadre Nicolás aveva uno sguardoattento e lucido. «C’è una situazio-ne di sofferenza e di esclusione —affermava — ma siamo umani, dun-que capaci di solidarietà e compas-sione, e di conseguenza sentiamonostra questa situazione, e cerchia-mo insieme una soluzione futurache aiuti davvero tutti». Il gesuitanon mancava di osservare che la«comunicazione tra le varie civiltàavviene proprio attraverso i rifugia-ti e i migranti». Essi, evidenziava.«ci hanno dato il mondo, senza ilquale saremmo chiusi dentro la no-stra cultura, convivendo con i no-stri pregiudizi e con i nostri limiti.Ogni Paese corre il rischio di rin-chiudersi in orizzonti molto limita-ti, molto piccoli, mentre grazie aloro il cuore può aprirsi, e anche ilPaese stesso può aprirsi a dinami-che nuove».

Ancora attualità nelle parole dipadre Spadaro che faceva riferi-mento all’enciclica Laudato si’ —proprio domani, 24 maggio, se necelebra il quinto anniversario — dicui il suo interlocutore segnalava lasottolineatura del legame «tra lanatura e i problemi dei poveri, chesono i primi a subire le conseguen-ze della nostra incuria». Non pote-va poi mancare il riferimentoall’elezione del primo Papa gesuitadella storia, avvenuta proprio du-

rante il generalato di padre Nico-lás. Sin dall’inizio, affermava, Ber-goglio «si è mostrato sempre moltorispettoso delle Costituzioni e mol-to legato al modo di agire dellaCompagnia di Gesù, che è davveroil suo». Padre Spadaro sollecitavaquindi un commento a quanto dis-se Papa Francesco nel 2013 inun’intervista a lui rilasciata: «Il ge-suita deve essere una persona dalpensiero incompleto, dal pensieroaperto». La risposta di padre Nico-lás metteva in luce il valore profon-do di quelle parole. «Non possia-mo — diceva — considerarci in pos-sesso dell’ultima parola su Dio e sututti i misteri in cui ci dibattiamo».Il gesuita, ribadiva, «deve avere treodori: di pecora, cioè del vissutodella sua gente, della sua comuni-tà; di biblioteca, cioè della sua ri-flessione profonda; e di futuro, cioèdi un’apertura radicale alla sorpre-sa di Dio».

di MASSIMO FRIGO

Per essere grandi agli occhi di Dio non serveuna vita grandiosa agli occhi degli uomini nésono le molte avventure in terra a garantirci unavvenire in Cielo. Ciò è quanto mai vero per Be-da che — come scriveva John Henry Newmanall’amico John Keble nell’aprile 1843 — «visse emorì laboriosamente e in pace, e quando noi di-ciamo che egli è stato un monaco che lesse escrisse abbiamo detto tutto».

Beda era nato attorno al 672/673 in quellaparte dell’Inghilterra settentrionale che corri-spondeva al regno di Northumbria e all’età disette anni fu affidato al santo abate BenedettoBiscop che nel 674 aveva fondato il monasterodi Wearmouth e qualche anno dopo, poco di-

stante, il monastero di Jarrow. Tra questi dueconventi, concepiti come focolari e baluardo del-la tradizione romana in terra anglosassone, Bedacrebbe e visse fino alla morte, sopraggiunta nel735. Così egli tratteggia la sua vita: «Semper autdiscere, aut docere, aut scribere dulce habui» (Hist.eccl. gentis angl. V,24).

Beda si riconosce anzitutto nel verbo d i s c e reperché per tutta la vita, facendo tesoro dellagrande biblioteca del suo monastero, egli nonsmise mai di studiare, di imparare, di mettersi inascolto della sapienza di Dio e di quella degliuomini. Dal verbo discere venne il suo essere di-scipulus: anzitutto discepolo degli abati Benedet-to e Ceolfrith che egli ricorda con affetto; quin-di discepolo degli antichi Padri che, letti e rilet-ti, lo radicarono nell’amore per la verità e nellafedeltà alla Chiesa; infine e soprattutto discepo-lo di Cristo, forse rivedendo se stesso nella voca-zione di quel pubblicano, di nome Matteo, cheGesù invitò a seguirlo dopo averlo guardato«miserando atque eligendo» (Hom. I, 21)... e mai ilnostro monaco inglese, vissuto quasi alla fine delmondo allora conosciuto, avrebbe immaginatoche queste sue tre parole sarebbero state sceltetredici secoli dopo come motto da un cardinaleargentino, chiamato «quasi» dalla «fine delmondo» ad essere vescovo di Roma e Papa dellaChiesa cattolica!

Accanto al verbo d i s c e re , Beda si descrive conil verbo docere perché egli trasmise quanto ap-prese, mosso dalla convinzione che la sapienza,al pari della felicità, è vera solo quando è condi-visa. La sua attività di insegnamento fu anzitut-to a servizio dei suoi confratelli, ma anche delpopolo cristiano per il quale Beda traspose ecommentò in dialetto northumbro le principalipreghiere e alcuni libri della Bibbia. Reputatodoctus già in vita, egli fu riconosciuto doctor do-po la morte: «doctor admirabilis» secondo il con-

cilio di Aquisgrana dell’836, dottore della Chiesaper volontà di Leone XIII nel 1899.

Non a torto, infine, Beda riferisce a sé il ver-bo scribere in considerazione del fatto che la suaattività di scriptor fu amplissima: egli trattò diteologia e di grammatica, compose inni e poesie,scrisse lettere e vite di santi... Uomo di scrittura,Beda fu uomo della Scrittura: la maggior partedelle sue opere, infatti, sono di natura esegeticae percorrono quasi per intero l’Antico e il Nuo-vo Testamento che Beda ha cura di leggere in-sieme, riconoscendo nelle molte parole che licompongono l’unica Parola di Dio: Gesù Cristo,Verbo incarnato. La sua ermeneutica cristologicasboccia sempre in quella ecclesiologica e fruttifi-ca nella liturgia alla quale Beda, da buon mona-co, si dimostra molto sensibile: le sue omelie,punteggiando l’anno liturgico, gettano continuiponti tra la fede e la vita.

Pur proiettato all’eternità, Beda ebbe a cuoreil tempo: provvide a elaborare un calcolo precisodella data di Pasqua, allora motivo di controver-sia tra la tradizione romana e quella celtica;s’impegnò a leggere la storia universale ab incar-natione Domini, invece che ab urbe condita, rico-noscendo in Cristo il fuoco (non solo) geometri-co delle vicende terrene; soprattutto compose trail 725 e il 731 la Storia ecclesiastica degli angli nel-la quale egli sbriga la matassa delle gesta delsuo popolo, tessendone la trama umana sull’or-dito della Provvidenza divina. Quest’op erastraordinaria, che fa di Beda “il padre della sto-riografia inglese”, si conclude con un’invo cazio-ne che ancora oggi non ha perso smalto e si of-fre a noi come vincastro nel cammino della sto-ria: «Ti prego, buon Gesù: come propizio mi haiconcesso di attingere le dolci parole della tua sa-pienza, così concedimi benigno di giungere ungiorno da te, fonte di ogni sapienza, e di staresempre al tuo cospetto».

Nei Paesi Bassi (maggio 1985)