LANZA · medico foggiano Vincenzo Lanza che tentò di sollevare nella sua piccola città il basso...

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Grande festa Lanza alla corte del LANZA Π OLIS Numero 2 | Anno 3 | giugno 2018

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Grande festa

Lanzaalla corte del

LANZAΠOLIS Numero 2 | Anno 3 | giugno 2018

Quando la redazione di un giornale si riu-nisce per programmare un nuovo numero, ogni redattore propone argomenti che rendano interessante il contenuto della testata a cui collabora e chi la dirige valuta quali siano veramente meritevoli di essere inseriti, in quale ordine, a quali temi dare maggiore risalto e, soprattutto, quale di questi finirà in copertina. La copertina e l’apertura del nuovo numero di Lanza Polis non hanno richiesto grandi cogitazioni, perché un evento memorabile come la celebrazione di 150 anni di storia e forma-zione, cultura e impegno come quelli che hanno sempre contraddistinto il percorso della nostra scuola ha messo d’accordo tutti coloro che hanno frequentato il Corso di Giornalismo e Comunicazione che si è svolto ogni mercoledì. La copertina, intesa come vetrina dei contenuti e richiamo per i lettori, andava assolutamente dedicata a Vincenzo Lanza: è grazie a lui se questa storia è stata così luminosa, perché si è svolta cercando di imitarne l’esempio intellettuale e cercando di meritare sempre l’onore di portare il suo nome nella nostra “insegna”. Il suo volto, già trasformato in icona per tutta la comunicazione degli eventi pensati per celebrare l’anniversario, ci guarda fiera-mente da questa nuova pubblicazione. E, siccome chiunque abbia frequentato queste aule lo avverte come una figura familiare, ci siamo concessi la libertà di giocare con la sua immagine nella quarta di copertina aggiungendo qualche elemento contemporaneo, chiamandolo per nome, e accostando l’hashtag #unodinoi: davvero ci piace avvertire Vincenzo Lanza come uno di noi, e vivere il suo nome con un collante che ha messo e metterà in relazione tra loro generazioni che si riconoscono in una visione, in un certo modo di intendere la conoscenza e lo studio.

Nel cuore del giornale, gli Incontri Extra-vaganti che hanno portato i protagonisti della cultura a confrontarsi con gli studenti e le studentesse del Lanza. Per chiudere, alcuni temi che i più giovani sentono par-ticolarmente vicini alla loro sensibilità. Il confronto con le generazioni che li hanno preceduti, quella dei loro genitori in pri-mis, per un confronto sui linguaggi e sulle passioni che hanno segnato i decenni precedenti e quello che stimo vivendo. Riflessioni sui selfie, atto tra i più ripetuti in tutto il mondo, e sulle Instagram Sto-ries, che hanno preso il posto del diario o dello status di Facebook (che sembra sempre meno usato, come social, dagli under 18) e sono diventate una forma di narrazione del sé, dei propri stati d’animo, delle esperienze, del quotidiano. Un ricordo della grande marcia con cui le scuole di tutta Italia hanno invocato il valore della legalità proprio da Foggia, in una giornata piovosissima che non ha scoraggiato gli animi né compromesso l’esito della mani-festazione. E, per chiudere, i sentimenti: il modo in cui può essere inteso l’amore nell’età in cui questa forza che “move il sole e l’altre stelle” fa la sua comparsa e modifica lo sguardo sulla realtà, riscrive le regole e le priorità, definisce i caratteri e le personalità.Fare un giornale (perché i giornali si fanno, si costruiscono, si realizzano, come le cose, le scarpe, gli oggetti della creatività) significa collaborare a un progetto comune, arricchire con le proprie idee un prodotto collettivo, dimenticare la parola “io” e riconoscersi in un “noi”. È questo spirito ad animare Lanza Polis e vincere anche quest’anno un importante riconoscimento nazionale, che premia i migliori esempi di giornalismo scolastico, ci conferma che abbiamo scelto il modo giusto per affrontare questo impegno.

colophon

Numero 2 | Anno 3 | giugno 2018

LANZAΠOLIS

Fonte: manganofoggia.it

Prof. Giuseppe TreccaDirigente ScolasticoLiceo Classico “V. Lanza”, Foggia

Prof.ssa Mariolina CiceraleResponsabile del progetto

Tony Di CorciaCoordinatore del corsodi giornalismo e comunicazione

Frequentanti/Redattori:

Asya BrunoMario CifaldiMichele CilettiMarilisa ColiaFrancesca Delli CarriGiorgia FaccilongoFederica GuzzettiGiorgia IevaVeronica PagliaraGiorgia PontonioGabriele RanaAngela RegaRoberta SabatinoAlice SammartinoFrancesca TalientiClizia VarrasoGloria Vinci

Quando la propria scuola compie centocinquant’anni, si è invasi da un forte orgoglio quasi patriottico. Nonostante ciò, c’è chi crede che si tratti di una realtà troppo avanti con l’età: ma è proprio ripercorrendo la storia che si può capire il perché del presente. Nel nostro liceo, infatti, si è scritta la storia: quella di numerosi studenti che, a partire da quel lontano 1868, hanno scelto di frequentare questo istituto. Nato come un circolo didattico riservato all’élite locale, fu un progetto voluto dal medico foggiano Vincenzo Lanza che tentò di sollevare nella sua piccola città il basso livello di istruzione che coinvolgeva, su più larga scala, tutto il Sud della nostra penisola dopo la fondazione del Regno d’Italia. Nei primi anni del XIX secolo la situazione non era cambiata, e il nord e il sud erano ancora separati da un grande divario: il primo, fortemente industria-lizzato, sembrava non avere il tempo di aspettare che i suoi

di Angela Rega

connazionali si staccassero dalla realtà agricola che li circondava. Allora i ricchi borghesi del sud finanziarono nuovi progetti che potessero essere utili alla collettività. Poi, il buio più totale: le Guerre Mondiali.Foggia venne bersagliata più volte fino a quel tragico 1943, quando venne bombardata dagli americani. Inutile dire che, in questi casi, le vere conoscenze sono quelle che si apprendono aiutando gli altri, stando a contatto con la sofferenza: la nostra scuola divenne, infatti, un improvvisato ospedale da campo. Con il passare del tempo, però, si assistette a una forte ripresa culturale ed economica e, insieme all’Italia, anche il nostro liceo iniziò il suo volo consolidandosi come l’importante realtà che è oggi. Possiamo definire questi 150 anni non come un traguardo, bensì come un nuovo punto di inizio: quello che porterà al futuro.

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Lanza

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150 anni

di Federica Guzzetti

di Roberta Sabatino

“Vincenzo chi?” Era questo il titolo del mo-nologo scritto da Gioacchino Rosarosa in onore dei 150 anni del Liceo Classico Lanza. La rappresentazione si è tenuta la mattina del 9 maggio ai piedi della statua di Vincenzo Lanza nella Villa Comunale di Foggia e, grazie all’interpretazione del regista e attore Michele D’Errico, gli studenti hanno conosciuto la vita e la grandezza di questo medico, scienziato e politico foggiano in modo originale e coinvolgente. Nacque a Foggia nel 1784

e si trasferì a Napoli per intraprendere gli studi giuridici che abbandonò subito per dedicarsi alla medicina, con una dedizione che lo portò a diventare professore proprio della cattedra di medicina pratica dell’a-teneo napoletano. La sua fama crebbe al punto che fu chiamato al congresso inter-nazionale di scienziati del 1845. Deputato del parlamento del Regno delle due Sicilie, vicepresidente della camera dei deputati, si impegnò in politica come liberale: per questo motivo Ferdinando II di Borbone

Intellettuali

nel segno dela confronto

Lanza

lo condannò a morte dopo le insurrezioni antiborboniche.Fu costretto a fuggire a Genova per non essere arrestato, e qui continuò a esercitare in qualità di medico. Gli fu finalmente concessa la grazia, anche per intercessione dei regnanti di Russia e Inghilterra, e poté tornare a Napoli, all’età di 70 anni, dalla sua famiglia.Morì nel 1860, ma il suo nome resta vivo nella memoria di tutti anche grazie all’in-titolazione in sua memoria della nostra scuola.

VINCENZOchi?

«Ho detto ti amo al duale, un numero della lingua greca che significa noi due, solo noi» dice la scrittrice e grecista Andrea Marcolongo nel suo libro “La lingua geniale”. E citando queste parole ci ricolleghiamo al convegno che si è tenuto il 7 maggio per festeggiare i 150 anni del Lanza, che ha visto protagonisti non solo gli studenti e tutti i collaboratori della scuola, ma anche alcuni imprenditori del territorio e autorità politiche.Il convegno è stato diviso in due sessioni: la prima ha avuto inizio alle 9.30 e ha visto come protagonisti il professor Save-rio Russo, che grazie a ricerche effettuate negli archivi storici e testimonianze ha condotto un breve ritorno al passato per ripercorrere la storia del Liceo. Poi è stata la volta della scrit-trice Pulsatilla, ex allieva di questa scuola. Infine, la già citata Andrea Marcolongo ha dato il via a un ampio dibattito con gli

studenti e non solo: grazie alla sua tenacia e al suo amore per le lingue classiche, ha attirato l’attenzione di tutti i presenti presentando il suo nuovo libro “La misura eroica” nel quale espone il passaggio da “ragazzini” ad “adulti” che trovano la “misura eroica” nel viaggio e nell’amore.Nella seconda sessione, iniziata alle 15.30 della stessa giornata, hanno partecipato il professor Giovanni Cipriani della Facoltà di Lettere dell’Ateneo foggiano e Michele Napolitano, che hanno esposto il loro pensiero sull’arte classica e su come il Liceo Classico riesca a donare una visione amplissima, che parte dalla letteratura e non trascura alcun linguaggio, cinema compreso.Il convegno si è concluso alle 18.00 con i ringraziamenti della professoressa Mariolina Cicerale, direttore artistico di queste celebrazioni, a tutti i presenti.

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I festeggiamenti per i 150 anni sono pro-seguiti al Teatro Umberto Giordano, sede dello spettacolo Lanzinfesta Special Edition condotto dal professionale Tony di Corcia e affiancato dalle emozionate ex alunne Francesca Danieli e Simona Landella. La serata, scandita dalle inter-pretazioni di alcune celebri canzoni da parte del Coro Lanza-Perugini, ha visto succedersi sul palco grandi e talentuosi ex alunni del Lanza, tra cui la pianista Daniela Giordano e la ballerina Roberta Leo che ci ha fatto scatenare volteggian-do sulle note dei Queen. Suggestiva e commovente la visione di un videoclip il cui protagonista era lo showman Renzo Arbore che, rivivendo la sua gioventù tra i banchi del nostro liceo, ha raccomandato ai giovani di seguire la propria strada e di manifestare nel migliore dei modi le proprie capacità. Sul palco anche il

violoncellista Francesco Mastromatteo e la violinista Giovanna Sevi, i pianisti Roberto Di Napoli e Valerio Sannoner e l’interprete Gaetano Marsico che ha intonato un’emozionante versione di De-stinazione paradiso. A rappresentare le capacità registiche Carlo Fenizi, autore di film e cortometraggi, mentre Manlio Marella con un videoclip ha ringraziato il Liceo perché quegli insegnamenti gli sono stati utili per entrare nella redazione di famosi programmi Mediaset. Esilarante l’esibizione dell’attore Enrico Messina che ci ha fornito un’interpretazione del personaggio di Orlando; toccante, invece, la lettura di Luca Cicolella sull’esperienza degli uomini in guerra tratta dal libro “E la morte venne dal cielo” scritto da suo nonno. Alla serata hanno partecipato an-che un volto familiare come quello dello scrittore Luca Bianchini, già protagonista

Grande festa per i 150 anni del Lanza è l’annuncio che campeggia ormai da tempo su tutti i muri della città, ma il programma? Una sorpresa, si è a conoscenza solo del luogo e dell’orario di inizio della festa.Ma si sa, il liceo Lanza non finisce mai di stupire e così il 9 maggio alle 20.30 a Piazza Italia ha inizio Lanza Celebration,

di Francesca Delli Carri

di Marilisa Colia

numerose volte di iniziative culturali come gli Incontri Extravaganti, e la bellissima at-trice Sara D’Amario, che ha ripercorso le sue esperienze più importanti tra cinema, televisione e teatro.Per concludere l’evento la Professoressa Mariolina Cicerale e il Dirigente Sco-lastico Giuseppe Trecca, responsabili di queste iniziative, hanno ringraziato e salutato tutti coloro che hanno preso parte a questa serata, in particolare Michele D’Errico per l’impegno nell’organizzazione e nella regia. Una serata ricca di emozioni che ha sicuramente alimentato il senso di appartenenza e il sentimento di orgoglio degli alunni del Liceo, dimostrando quanti ragazzi si siano formati tra le mura di que-sta scuola nell’ambito artistico, letterario, cinematografico e non solo, diventando veri e propri professionisti stimati a livello nazionale e internazionale.

let's party

grande festa per chiudere il cerchio di iniziative pensate per celebrare un tra-guardo non indifferente per la città di Foggia e l’intera cittadinanza, oltre che per gli alunni ed ex alunni che deside-rano festeggiare nel luogo che ha visto crescere intere generazioni di studenti, pur lasciando immutato il suo prestigio nel corso degli anni.Suggestiva è l’immagine che fa da sfondo

ai festeggiamenti: installazioni luminose che ricoprono il Palazzo degli Studi di una nuova immagine.Ad animare la serata, inoltre, ha con-tribuito l’energia del gruppo musicale Dance Scratch che, sulle note dei migliori successi musicali degli ultimi decenni, ha ripercorso la storia di una scuola dal cuore antico, ma pur sempre al passo con i tempi e in continua evoluzione.

E PER FINIRE

SI ALZAIL SIPARIOSUI TALENTI

del liceo

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6 | 2.2018LANZAΠOLIS 72.2018 |

«Perché dobbiamo studiare il latino e il greco?».Almeno una volta nella vita tutti ci siamo fatti questa domanda, e la risposta è tutt’altro che scontata: non è semplice trovare uno scopo allo studio di lingue estinte che non parleremo mai.Tuttavia, c’è chi si batte proprio per trasmettere il valore di queste materie come la scrittrice Andrea Marcolongo, ospite della nostra scuola per presentare la sua ultima opera “La misura eroica” durante il primo giorno di celebrazioni per i centocin-quant’anni del Liceo, concludendo gli Incontri Extravaganti di quest’anno. Andrea è giovane e appassionata, con uno stile fresco capace di arrivare a tutti, e la sua passione è la cultura classica: in particolare il greco, di cui ha difeso lo studio a scuola nel suo libro d’esordio, il bestseller “La lingua geniale”.È proprio nella Grecia antica che si svolge la storia di Giasone e dei leggendari Argonauti, dei quali l’autrice ha rielaborato l’avventuroso viaggio verso la Colchide, alla ricerca del leggen-dario vello d’oro, con un romanzo di formazione ricco di valori spesso dimenticati e dal messaggio importante, soprattutto

per i giovani: per diventare ‘eroi’ l’importante non è il successo, ma il coraggio di tentare anche quando c’è il rischio di fallire; il risultato, dopo essersi impegnati davvero, non potrà sminuire la grandezza dell’impresa.Ecco allora che i nostri antenati non sono mai stati così attuali, con la storia epica di Giasone e Medea che diventa quella di ogni adolescente alle prese con l’avvicinarsi dell’età adulta, ricca di preziosi insegnamenti che ci offrono una prospettiva nuova sui temi del viaggio e dell’amore.I libri di Andrea Marcolongo sono la risposta a chi non condivide lo studio del latino e del greco: non noiose lingue morte, ma chiavi che possono aprirci le porte di una cultura e di un modo di pensare tutt’altro che superati, oltre ad allenare la nostra mente attraverso il confronto con una realtà così diversa dalla nostra. Per dirla con le parole di Andrea: «Eroe, per i Greci, era chi sapeva ascoltarsi, scegliere se stesso nel mondo e accettare la prova richiesta a ogni essere umano: quella di non tradirsi mai». Cerchiamo anche noi, allora, di essere un po’ eroi ogni giorno.

di Michele Ciletti

La solitudine dei padri e una generazione senza identità.In un mondo in cui ogni autorità geni-toriale è messa in discussione e dove tra i giovani si preferisce inseguire altri modelli più accattivanti, a discapito di quelli di coloro che sono i nostri genitori, una figura si erge tra tutti: il vicedirettore del Corriere della Sera, Antonio Polito.

Nel suo libro “Riprendiamoci i nostri figli”, presentato nell’Aula Magna del no-stro istituto per l’Incontro Extravagante del 23 febbraio, l’autore e giornalista è entrato nella battaglia culturale più difficile e importante della nostra epoca, quella della formazione. Polito è inten-to a smascherare ogni falso esempio educativo che si pone in contrasto e in competizione con la figura del geni-tore o che, semplicemente, non aiuti quest’ultimo nel formare i figli.Inizia così un’accusa che tocca diversi ambiti educativi e sociali, come quello della Chiesa, dei social o della famiglia stessa. Una denuncia che non risparmia

nessuno e che critica anche il rappor-to tra scuola e genitori, che sembra vedere questi ultimi troppo invasivi e trapelanti di una sfiducia nei confronti dell’istruzione pubblica, andando così a sbilanciare l’equilibrio educativo tra le due istituzioni.«A padri e madri bisognerebbe dire: non credete più a chi vi colpevolizza, ripren-detevi i vostri figli, ribellatevi a chi sta alienando la vostra potestà, credete di nuovo possibile la vostra missione.»La soluzione per Antonio Polito, quindi, è il ritorno al dovere principale di un padre e di una madre: trasmettere i veri valori. E, soprattutto, l’amore per la vita.

di Gabriele Rana

il paladinodel dialogo tra

Polito[ ]generazioni

ANTONIO POLITO / PH. STUDIO IMMAGINE

LATINO E GRECOLE LINGUE CHE CI RENDONO

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Il Liceo Lanza ha avuto l’onore di poter ospitare un personaggio che dal mondo scientifico ha deciso di spendersi a so-stegno della cultura classica: si tratta di Lucio Russo, fisico e storico della scien-za. Ha presentato il suo nuovo libro nel cui titolo è contenuta la domanda che, forse,

Parlare di poesia oggi, in un mondo in cui l’unica cosa che conta sono i like su Instagram, è una sfida davvero difficile.Ad affrontarla è il poeta Davide Rondoni, nell’Aula Magna della nostra scuola, con il suo libro “L’allodola e il fuoco”: composto da cinquanta poesie, espone le differenze tra l’amore provato dai più importanti poeti e quello provato dai ragazzi di oggi. Questa raccolta è dedicata ai ragazzi e a coloro che credono di non poter leggere poesie, come se la poesia fosse qualcosa di estraneo alla maggioranza delle persone.Dante parlava dell’amore come movimento spirituale, che vede

ogni alunno di un Liceo Classico si sente rivolgere: “Perché la cultura classica? Risposta di un non-classicista”.A quella domanda ha risposto restituen-doci delle conclusioni che potrebbero risultare scontate, ma la cui analisi è in realtà provocatoria. Il campo scientifico deriva da quello classico, e in questo rap-porto di interdipendenza si ha la risposta al fatidico giudizio sull’inutilità dello studio delle lingue morte: senza i classici greci e latini perdiamo le fondamenta della cultura umanistica, come anche di quella scientifica perché, ci ricorda Russo, la grande sapienza del campo considerato da molti erroneamente antitetico alla cultura classica è racchiusa nell’etimo-logia delle parole. L’istruzione classica dovrebbe tornare ad assumere, per dirla con le sue parole, «quel ruolo unificante svolto in passato e per il quale non è mai stato trovato un sostituto».

Parlared'amore

di Giorgia Ieva

IPSEDIXIT

Lucio Russoper riscoprire la poesia

la donna come creatura angelica, mentre i ragazzi oggi tendono a sminuire il concetto di romanticismo per paura di apparire deboli, vulnerabili.Una delle tante riflessioni nate durante il dibattito vuole che i ragazzi non si appassionano al vero significato della poesia, poiché si limitano a studiarla a scuola senza cogliere il vero significato che si cela in ogni componimento, anche dietro le composizioni apparentemente più banali.Per concludere l’incontro, Rondoni ha recitato alcune tra le poesie più celebri tratte dal suo libro “La natura del bastardo”.

di Clizia Varraso

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Il 12 Dicembre 2017 il nostro istituto ha ospitato una conferenza molto inte-ressante sul mondo del web, con i suoi lati positivi e quelli più oscuri.Protagonista dell’incontro, il noto gior-nalista Matteo Grandi, blogger, autore televisivo e scrittore del suo secondo libro “Far Web”.Questo libro parla, appunto, dei social.Per noi ragazzi è normale avere un profilo social, siamo una generazione interattiva, ma spesso siamo ignari dei pericoli che si nascondono nel web. Grandi ha fatto un’attenta analisi di questi pericoli “na-

«Chi lo conosce il segreto dei sogni?».Ha scelto queste parole, dal sapore freu-diano, Francesco Carofiglio, scrittore, regista e architetto barese, a conclusio-ne del convegno per la presentazione del libro “Il maestro”, nellambito degli Incontri Extravaganti lo scorso 26 otto-bre. Il tema centrale del romanzo è lo scorrere del tempo, che per nessuno è condiscendente.È il caso del protagonista Corrado Laz-zari che, una volta finito il suo periodo da celeberrimo attore, trascorre intere giornate nel suo appartamento a Roma, rimembrando la fama passata, fino a quando non conosce la giovane Ales-

scosti” parlando delle fake news, vere e proprie bufale che creano vittime ogni giorno: i protagonisti della notizia falsa, ma anche tutte le persone che la ritengo-no vera, la condividono, e contribuiscono alla sua diffusione.Il nascondersi dietro un computer e scri-vere qualsiasi cosa senza preoccuparsi del peso che le parole hanno sembra essere, oggi, l’atteggiamento più comune.Far Web sembrerebbe un titolo molto strano da dare a un libro che parla di social, invece già questo elemento ha suscitato riflessioni in tutti noi: chiunque

abbia visto un film western ha pensato, come prima cosa, alle risse al saloon e ai duelli nel centro della città, come avveniva appunto nel Far West.L’immagine di copertina? Una bomba, su cui è incisa una tastiera digitale. Messa bene in evidenza, la sicura della bomba ci fa capire che tutto – anche e soprattutto il web – va usato con intelligenza e rispetto. Grazie a questo incontro e alle parole di Matteo Grandi, i ragazzi hanno appreso che i mezzi che abbiamo a nostra dispo-sizione sono proprio come delle bombe: sta a noi decidere di non farle esplodere.

di Gloria Vinci

di Mario Cifaldi

Web

Carofiglio

sandra, che si rivolge a lui per ottenere lezioni di teatro: darà un nuovo senso alla vita dell’uomo. Dunque, Carofiglio ci lascia con l’inter-rogativo Chi lo conosce il segreto dei sogni?: questa domanda ci costringe a confrontarci con noi stessi, con i nostri ideali, con i nostri progetti, con le nostre opinioni, con la nostra visione del mon-do e della società odierna, ma anche a guardare fiduciosi all'incognito futuro di ognuno di noi. In effetti, le parole dello scrittore suo-nano come una provocazione a sottrarci al conformismo e all’omologazione, per trovare una strada autentica e originale.

la terra di nessuno senza sceriffi

l ’autoreche indagasul segretodei sogni

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Definire un selfie solamente un autoscat-to sarebbe riduttivo. Si tratta, infatti, di una nuova forma di comunicazione: un modo, anche questo totalmente nuovo, per raccontare sé stessi agli altri. Sono senza dubbio l’emblema del narcisismo, una rinnovata vanità manifestata a colpi di pose e sorrisi rivolti all’obiettivo del proprio smartphone. I social hanno contribuito in maniera decisiva a rendere popolari i selfie e ad avvicinarli al mondo dei teen che, ultimamente, li utilizza sempre di più per presentarsi agli altri su internet. Creando così nuove dinamiche in cui perfino un like può avere la sua importanza. Si tratta di un linguaggio innovativo e talvolta complesso da utilizzare e da comprendere per chi non è figlio di questa generazione, rappre-senta il modo più efficace per lanciare un messaggio, dire che cosa pensiamo e che cosa proviamo a tante persone contempo-raneamente. Forse quello di farsi un selfie

è diventato un gesto talmente naturale da aver perso la sua potenza comunicativa, trasformandosi in un automatismo forza-to, in una necessità innaturale. Si sente costantemente il bisogno di condividere ciò che si sta facendo, cercando persino di mostrare i propri sentimenti, convincendo sé stessi e gli altri che queste emozioni così forzatamente social siano spontanee andando, in questo modo, incontro a un paradosso che è alla base di internet e delle sue piattaforme: sono molto lon-tane dalla realtà, sono un’illusione che vogliamo credere essere reale ma che è effimera, ci esalta per un breve istante in cui ci sentiamo al centro dell’attenzione per, poi, farci destare e metterci di fronte all’amara verità : tutto è finito e quello che rimane non è altro che una sensazione di insoddisfazione che ci fa sentire persi, di nuovo al punto di partenza ovvero il morboso bisogno di comunicare agli altri

di Francesca Talienti

Selfieciò che si sta facendo.La smania di cercare consensi attraverso i like ci porta a percepire in maniera del tutto distorta il ruolo che hanno i social, che dovrebbe essere quello di condividere con gli amici le proprie foto e pensieri per puro divertimento.Questo discorso non vuole screditare i selfie o i social in generale, ma ridimen-sionare l’importanza che diamo ad essi, e l’impatto che essi hanno sulla nostra percezione degli altri, spesso infatti sia-mo condizionati da ciò che vediamo e di conseguenza ci facciamo un’idea sba-gliata, partiamo con dei preconcetti che alterano la realtà delle cose, ci leghiamo a degli stereotipi o a delle convinzioni e difficilmente riusciamo a cambiare idea.I selfie sono quindi una risorsa espressiva e, al tempo stesso, possono mostrare in modo distorto quello che siamo realmente. Sta a noi trovare il modo giusto per usarli.

GENERATIONChe cosa sono le IG stories? Potremmo considerarle come un modo nuovo e alternativo per condividere con delle persone, a volte anche sconosciute, la quotidianità di ciascuno di noi, utilizzando delle foto, dei video o dei boomerang… La parte innovativa delle IG stories è proprio rappresentata dalla loro durata: infatti, restando visibili per sole 24 ore, permet-tono agli utenti di condividere momenti della propria vita in modo immediato e senza doversi preoccupare troppo della stupidità o banalità di ciò che pubblicano. Ma è veramente tutto qui? Sono davvero semplicemente delle foto?Penso che ognuno di noi abbia la propria opinione a riguardo, ma oggi io vorrei farvi conoscere la mia.

di Giorgia Pontonio

Al giorno d’oggi le IG stories hanno preso il posto del dialogo, nel senso che noi tendiamo a usare sempre meno le parole per comunicare con gli altri, preferendo dei semplici scatti per farlo. È molto più importante però di ciò che può sembrare.Noi, infatti, attraverso quei momenti im-mortalati non stiamo solo raccontando la nostra giornata, ma stiamo anche cer-cando di esprimere le nostre emozioni o un periodo che stiamo attraversando, cerchiamo di lanciare dei messaggi e di far capire determinate cose a determi-nate persone.Dietro una semplice fotografia possono nascondersi delle dimostrazioni d’affetto, delle scuse o dichiarazioni d’amore che

non siamo capaci di esprimere verbal-mente; anche attraverso la scelta della frase che decidiamo di scrivere, il tipo di carattere con cui la scriviamo o la canzo-ne che si ascolta in sottofondo durante un video, stiamo comunicando qualcosa.Le IG stories sono il nostro modo, quello che troviamo più semplice o più conve-niente, per descriverci, per narrare quella parte di noi che è sconosciuta al mondo, per metterci in mostra e per farci capire da coloro che ci seguono e forse non ci conoscono.Attraverso queste foto e questi video viene fuori un aspetto sempre nuovo di noi stessi che, per paura o per ver-gogna, tendiamo a tenere lontano da occhi indiscreti. Io penso che le Instagram stories pos-sano essere considerate un buco nella serratura della porta della nostra vita, che di tanto in tanto lasciamo scoperto per concedere a chi ci segue di dare un’occhiata all’interno di quella che è la nostra quotidianità.

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Ma davvero si stava meglio prima o è la retorica frase di circostanza del so-lito nostalgico? Proviamo ad analizzare la cosa partendo dai mitici anni 80 per giungere fino ai giorni nostri e mettendo a confronto linguaggi, mode, abitudini.Gli anni 80 sono stati quelli dell’apice e dello splendore del made in Italy: sono gli anni in cui si è verificata la stabilizzazione di diversi fattori economici e sociali che, nei decenni precedenti, avevano carat-terizzato la ricostruzione post bellica del nostro paese. Anni in cui le famiglie

di Giorgia Faccilongo e Veronica Pagliara

avevano più solide certezze circa il futuro da offrire ai propri figli. La prima spallata alla solidità del benessere italiano arri-va nei primi anni 90 con Tangentopoli, che ha letteralmente destabilizzato il quadro politico ed economico, dando inesorabilmente inizio alla lenta erosione dei benefici conquistati con decenni di duro lavoro.Erosione che si concretizza definitiva-mente negli anni 2000, fenomeno che vede la nostra generazione tristemente priva di ogni certezza sul proprio futuro.

Generazioni aconfronto

Da un simile quadro sociale è facile com-prendere i cambiamenti della moda, del cinema e della musica che partono dal modello di riferimento del “bello e im-possibile” degli anni 80, passano per il “simpatico sornione un po’ romantico e malinconico” dei 90, per arrivare al tro-nista bello e ignorante dei 2000.Si è arrivati anche grazie a questi passaggi estetici e culturali a ciò cui assistiamo attualmente, il successo planetario di mode e personaggi fondato sull’immagine e decretato da milioni di fans reclutati attraverso un profilo social.E dalle invenzioni stilistiche degli anni 80 e 90, pensate da geni eccelsi come Ver-sace e Armani, si è arrivati alla dittatura di brand che scimmiottano e rivisitano quelle intuizioni.Per quanto riguarda il cinema, un pas-saggio epocale è stato quello dall’analo-gico al digitale: scenari che prima erano complessi, complicati, opera di artigiani esperti nell’allestimento di un set, sono oggi possibili grazie alla tecnologia.Quella compresa tra il 2000 e il 2018 è stata, appunto un’epoca digitale. E digitale è stata la rivoluzione che ha caratterizzato questi anni. E la tecnologia ha cambia-to i nostri modi e le nostre abitudini, comprese azioni semplicissime come mangiare una pizza, comprare una t-shirt o ascoltare musica. Prima queste azioni richiedevano uno spostamento fisico per essere compiute; oggi, con un semplice click, la pizza o la t-shirt arrivano diret-tamente nelle nostre case.Ascoltare il proprio brano preferito, prima, poteva significare arrivare nel bar più vicino, inserire una moneta nel juke-box e scegliere il disco preferito per poterlo ascoltare oppure, stando a casa, pren-dere un vinile, poggiarlo sul piatto del giradischi, poggiare la puntina tra i solchi e finalmente godersi l’ascolto. Oggi basta andare su Youtube o Spotify, digitare il titolo della canzone che cerchiamo e ascoltare.Questa rivoluzione non è esente da rischi. Il più strisciante e insidioso è quello di essere portati a dimenticare la vita reale, quella si svolge oltre lo schermo di un computer o di uno smartphone, ma anche quello di diventare incapaci di instaurare un rapporto sociale autentico, che non venga incrinato da un like mancato o da

una mancata risposta a una IG story.Il web ha rivoluzionato la nostra vita in meglio, perché ha permesso al mondo di avere nuove opportunità di progresso, ma anche in peggio perché con esso sono nate una serie di problematiche che stanno divorando la nostra generazione. Per scrivere questo articolo abbiamo raccolto delle testimonianze, per scoprire appunto quanto alcune abitudini fossero diverse nei decenni precedenti. Abbiamo raccolto pareri, ricordi, opinioni anche poco incoraggianti come quella di una signora che ci ha detto di vedere questa generazione, allo stesso tempo, come una massa di automi incapaci di esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni senza aver paura del giudizio altrui, ma anche una generazione di geni capaci di comprendere e gestire tematiche e situazioni che, prima dell’emancipazione giovanile, sarebbe stato impensabile af-frontare con tanta facilità e disinvoltura. Ci piace concludere questo excursus ge-nerazionale con le parole con cui questa signora ci ha salutate prima di andar via: «La mia e la vostra generazione possono sembrare molto diverse, ma ricordate che le cose e le situazioni, i sentimenti e i linguaggi, si trasformano continuamente, passano e ritornano, sembrano cambiare ma, alla fine, restano sempre gli stessi».

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di Asya Bruno

quel tragico evento, una donna si è avvici-nata a Don Ciotti in lacrime rivendicando il nome di suo figlio Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, perché il suo nome non veniva mai pronunciato e la sua memoria veniva liquidata con l’espressione “i ragazzi della scorta”. Lo scorso 21 Marzo è stato, al contempo, il primo giorno di primavera e un grido di identità. La scelta di Foggia non è stata casuale: la Capitanata è una provincia sotto attacco. Le mafie foggiane sono invasive, sporche di sangue, evidenti e radicate, impongono il silenzio. Ma i suoi abitanti hanno bisogno che il nascosto sia loro svelato, che le notizie che fanno fatica a leggere o si rifiutano di leggere sono

Pioveva, e nemmeno una nuvola lasciava filtrare un raggio di sole. Il 21 marzo 2018, anche se il cielo foggiano sembrava rispecchiare il nostro futuro, la gente si è aggrappata al proprio desiderio di libertà e dignità ed è scesa in strada affinché l’omertà non uccida la speranza e la verità. Don Ciotti, fondatore di Libera, diceva dal palco: «Dire la verità non è un atto di eroismo, ma di responsabilità». Libera ha scelto Foggia per ospitare la Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie: una giornata che, come racconta Don Ciotti, nasce dal dolore di una madre che ha perso il figlio durante la strage di Capaci: nel corso del primo anniversario di

vere, mentre le persone che non accettano e combattono la corruzione e gli abusi di potere, solo quelle che la mafia non uccide, hanno bisogno di sostegno e di appoggio. Don Ciotti, prima della manifestazione, ha incontrato gli studenti, veri promotori del movimento, nelle scuole e ha tenuto un incontro aperto a tutta la città aperto in Biblioteca Provinciale.Don Ciotti vuole e chiede che le strade sporche di sangue e squassate dalle bombe profumino di verità. Sappiamo bene di non poter sconfiggere la mafia con un corteo, ma sappiamo di poter rendere immortali le idee degli uomini uccisi rendendo, così, immortali anche loro. Sappiamo di dare spazio ai cittadini onesti che si impegnano per il benessere della propria terra. Sappia-mo di cercare giustizia per le famiglie delle vittime, poiché solo il 70% di queste conosce la verità. Soprattutto, vogliamo combattere l’intimidazione e metterci in gioco, parteci-pare. «È il segno di una memoria che non è celebrazione, ma impegno per il cambia-mento» ha sostenuto Don Ciotti. Perché a Foggia manca la volontà di denunciare, ma non la speranza dei giovani che desiderano il sole il primo giorno di primavera.

FOTO DI MONICA CARBOSIERO

di Gabriele Rana

Cos’è l’amore? Da quando mi è stata affidata la stesura di questo articolo, è stata la domanda che ha tormentato le mie notti. Non riuscivo a trovare una risposta concreta, eppure a tutti sembra così semplice. Poeti, scrittori, filosofi e cantanti da anni parlano di questo dannato, ma allo stesso tempo benedetto, sentimento, eppure nulla sembrava trovare una soluzione al mio quesito. Come poter spiegare correttamente quella sensazione di vuoto e di pienezza che ti si instaura nel corpo, il battito del cuore così frenetico e la voglia di sacrificarsi per la persona amata? Ho capito di non poter trovare da solo soluzione. Mi sono af-fidato così alla scienza armandomi del cellulare e di internet, ma neanche questo mi ha dato le risposte adatte. Non poteva ridursi tutto a qualche ormone sprigionato nel nostro organi-smo, tipo la dopamina, e a una riduzione della serotonina: non era stato quello a permettere ai miei nonni di innamorarsi e di rimanere legati per tutta la vita. Per la scienza, lo spazio non esiste per l’amore. I giorni passavano e io non avevo ancora nessuna idea valida su come affrontare l’argomento, se non qualche frase simile a quelle reperibili su Tumblr. In un impeto di quasi disperazione, ho sfoderato di nuovo quell’arma che è il mio cellulare, e usufruendo del mio profilo Instagram privato, ho chiesto ai miei seguaci tramite una storia che cosa fosse per loro l’amore. In molti mi hanno risposto liberamente, altri sono stati costretti da me e, in un mucchio di belle parole, solo alcune si ripetevano in ogni singola risposta: l’amore è una cosa che non si può spiegare. Ero di nuovo al punto di partenza. Leggendo

quelle risposte ho compreso che era vero: all’amore non esiste spiegazione, non sarà la rivelazione del secolo, ma è così. Non potremo mai capire cosa ci spinge a provare amore per una persona e a stare male per la stessa o perché, nonostante una friend-zone, rimaniamo vicini a quest’ultima per poterla rendere felice; non riusciremo a comprendere come mai una madre è disposta a sacrificarsi per il proprio figlio e cosa ci spinge a fare lo stesso per le persone a cui teniamo di più. Che sia Eros o Agàpe, l’amore è amore, non c’è modo di sapere né quando arriverà né verso chi proveremo questo sentimento e, soprattutto, per quanto tempo. L’importante non è per quanto provi qualcosa ma cosa provi, e come ha affermato il cantante Ernia in un suo testo: «Ne ho amata una per anni e altre solo per un attimo, ma dimmi in fondo: che differenza ci sta nel battito?»

La verità,vi prego,sull' amore

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LANZAΠOLIS Numero 1 | Anno 2 | maggio 2017

Vincenzo#unodinoi

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