L’ambiente - mariannamerler.com · La sensibilità ecologica e la tutela ... sostanze inquinanti...

26
Collegamenti con la storia La crisi energetica del 1973 Le politiche di “austerità” dei governi europei negli anni Settanta Il protocollo di Kyoto sul riscaldamento globale L’ambiente Da decenni ormai una nuova scienza, l’ecologia, denuncia i gravi pericoli connessi al sistematico degrado cui è sottoposta l’ecosfera a opera dell’uomo. La sensibilità ecologica e la tutela dell’ambiente in tutti i suoi aspetti – tutela del suolo e del sistema idrogeologico, attenzione alle energie rinnovabili – sono oggi componenti fondamentali della convivenza civile, a cui devono necessariamente prestare attenzione le istituzioni (a livello locale e internazionale) e il sistema produttivo, ma anche i privati cittadini, che sono chiamati a contribuire alla difesa dell’equilibrio ambientale mettendo in atto comportamenti quotidiani virtuosi: raccolta differenziata dei rifiuti, diminuzione degli sprechi nel consumo di acqua e di energia elettrica, utilizzo di apparecchiature a risparmio energetico, riduzione della dispersione di sostanze inquinanti nell’aria e nel suolo e così via. ECOLOGIA Gestione dei rifiuti Tutela del suolo Risparmio energetico Associazioni ambientaliste Bene culturale OGM Sviluppo sostenibile Tutela dell’ambiente e del paesaggio 19

Transcript of L’ambiente - mariannamerler.com · La sensibilità ecologica e la tutela ... sostanze inquinanti...

Collegamenti con la storiaLacrisienergeticadel1973Lepolitichedi“austerità”deigovernieuropeineglianniSettantaIlprotocollodiKyotosulriscaldamentoglobale

L’ambiente

Dadecenniormaiunanuovascienza,l’ecologia,denunciaigravipericoliconnessialsistematicodegradocuièsottopostal’ecosferaaoperadell’uomo.Lasensibilitàecologicaelatutela dell’ambienteintuttiisuoiaspetti–tutela del suoloedelsistemaidrogeologico,attenzionealleenergie rinnovabili –sonooggicomponentifondamentalidellaconvivenzacivile,acuidevononecessariamenteprestareattenzioneleistituzioni(alivellolocaleeinternazionale)eilsistemaproduttivo,maancheiprivaticittadini,chesonochiamatiacontribuirealladifesadell’equilibrioambientalemettendoinattocomportamentiquotidianivirtuosi:raccoltadifferenziatadeirifiuti,diminuzionedeglisprechinelconsumodiacquaedienergiaelettrica,utilizzodiapparecchiaturearisparmioenergetico,riduzionedelladispersionedisostanzeinquinantinell’ariaenelsuoloecosìvia.

ECOLOGIA Gestione dei rifiuti Tutela del suolo Risparmio energetico

Associazioni ambientaliste

Bene culturale

OGM

Sviluppo sostenibile

Tutela dell’ambiente e del paesaggio

19

344

E cologia

Unadisciplinaperl’equilibriodell’ambiente

Dal greco oìkos (“dimora”) e lógos (“ discorso”), il termine “ecologia” indica la scienza che studia le relazioni degli organismi tra loro e con l’ambiente naturale in cui vivono. Per la sua portata generale, l’ecologia ha un ambito ben più vasto delle altre scienze naturali come la fisica, la biologia, la zoologia, la bo-tanica ecc., di cui pure utilizza le conoscenze e gli apparati teorici. Come disci-plina autonoma nasce nel Novecento, anche se il termine era già stato coniato nel 1866 da Ernst Haeckel. Le basi teoriche della nuova scienza vengono fatte risalire a un’opera di Charles Elton del 1933, L’ecologia degli animali. Da allora, l’ecolo-gia ha assunto sempre maggiore importanza in relazione alle crescenti capacità dell’uomo di manipolare la natura mediante la tecnica e di provocare alterazioni, spesso irreversibili, dell’equilibrio naturale.

Due sono i concetti chiave dell’ecologia: quello di “ambiente” e quello di “relazione”.

● Per ambiente si intende l’insieme delle condizioni fisiche, chimiche e bio-logiche in cui si può svolgere la vita degli organismi. Il complesso dei vari am-bienti costituisce la biosfera, composta da elementi non viventi (come l’energia, l’aria, l’acqua e i minerali), da organismi produttori (i vegetali), organismi con-sumatori (gli animali), e organismi decompositori, quali funghi e batteri. L’am-biente è un sistema aperto, che riceve, elabora e trasmette energia; è capace di au-toregolarsi e di raggiungere livelli di equilibrio relativamente stabili.● Per relazione si intende il rapporto interattivo esistente tra gli organismi. Le relazioni possono essere analizzate a livello di “popolazioni”, di “comunità” e di “ecosistema”. In campo ecologico la popolazione designa qualsiasi gruppo di individui appartenenti alla stessa specie che viva in una determinata zona.

La comunità biotica è rappresentata dall’insieme delle popolazioni che vivo-no in uno stesso luogo, disponendosi secondo strutture ordinate. Il luogo speci-fico in cui vive una determinata specie è detto habitat.L’ecosistema è costituito dall’integrazione indissolubile tra comunità biotica e ambiente e rappresenta l’unità ecologica fondamentale. Si può considerare eco-sistema un bosco, un lago e anche un muro, poiché ciascuno di questi ambienti rappresenta una struttura unitaria, sede di una fitta rete di rapporti interdipendenti.All’interno dell’ecosistema vi è una continua circolazione di flussi di energia e di materia che si precisa in determinate relazioni tra i vari elementi. La più signifi-cativa di esse è la catena alimentare, che ha come fine quello di assicurare a ogni membro della catena il nutrimento necessario.

Per elaborare i propri strumenti teorici e operativi, l’ecologia attinge da tutte le discipline scientifiche: essa infatti deve necessariamente avere una portata interdi-sciplinare e scavalcare anche il tradizionale confine che separa la scienza dalle di-

Etimologia e definizione

Le relazioni all’interno dell’ambiente: l’ecosistema

Sfera di intervento dell’ecologia

345

Ecologia19

L’ambiente

scipline cosiddette umanistiche, come l’economia, l’antropologia e la sociologia. L’ecologia si muove sostanzialmente in due direzioni: una diagnostica, che indi-vidua ed esamina gli ecosistemi per definirne i parametri di normalità e di pato-logia, per stabilire le conseguenze delle alterazioni degli equilibri esistenti; l’altra terapeutica, che indica i possibili modi di intervento per riportare il sistema al suo livello di equilibrio.

Punto centrale di qualsiasi approccio ecologico è, dunque, l’equilibrio biologico, che rappresenta la condizione di vivibilità della specie umana e del piane-ta nella sua globalità. «Gli studi geologici, metereologici, ecologici, oceanografi-ci e biologici in genere hanno ormai messo in evidenza con chiarezza che la vita di ogni singolo organismo è parte di un processo su grande scala che coinvolge il metabolismo di tutto il pianeta. L’attività biologica è una proprietà planetaria, una continua interazione di atmosfere, oceani, piante, animali, microrganismi, moleco-le, elettroni, energia e materia, tutti parte di un unico globale. Il ruolo di ciascuno di questi componenti è essenziale per il mantenimento della vita» (E. Tiezzi, Tempi storici, tempi biologici). Poiché l’ambiente e gli organismi viventi sono legati tra loro in quanto parti inseparabili di un unico processo planetario globale, ne conse-gue che la loro vita è regolata da una rete estremamente complessa di rapporti. Complessità significa interdipendenza: un intervento a qualsiasi livello della rete delle relazioni si ripercuote sulla globalità del sistema. «Le capacità tecno-logiche dell’uomo – osserva Tiezzi – hanno oggi creato un sistema artificiale la cui potenzialità, per quanto riguarda le modifiche che può arrecare alla natura, è enorme. In genere queste modifiche si traducono in distruzioni di alcune specie biologiche o del patrimonio genetico, quindi in distruzione della complessità biologica, in riduzione della diversificazione e dell’adattamento ai mutamenti, in esplosioni di popolazioni determinate, per lo più semplici o semplificate, in vul-nerabilità» (E. Tiezzi, cit.).

Attualmente, l’umanità deve fare i conti con diversi punti di rottura dell’equi-librio biologico:a) l’esauribilità delle risorse; dato il continuo aumento della popolazione e dello sfruttamento intensivo delle risorse, il cibo, l’acqua e l’energia potrebbero in un futuro molto vicino non essere più sufficienti ad alimentare l’umanità;

L’equilibrio biologico

Punti di rottura dell’equilibrio ecologico

ManifestodelWWF(World

WildlifeFund)dellaserieBefore

it’s too late (“Primachesiatroppotardi”),campagnaperlaprevenzione

eladifesadell’ambiente.

346

b) i grandi squilibri ecologici: ap-partengono a questa categoria le va-riazioni climatiche indotte dall’at-tività umana (per esempio, con la deforestazione e la cementificazione dei suoli), e i fenomeni di inquina-mento globale, come l’“effetto ser-ra” o la desertificazione, che possono rendere invivibile il pianeta.c) la dispersione di sostanze in-quinanti nel suolo, nell’atmosfera

e nelle acque: la presenza di agenti inquinanti nei mari, nei fiumi, nell’aria e nei terreni rende tossici gli alimenti e causa gravi malattie; d) l’uso dell’energia nucleare a fini civili e militari: oggi l’uomo dispone del-la capacità di cancellare la propria specie e l’intero pianeta.

Un concetto molto importante per l’ecologia è quello di “entropia” – legato alla terza legge della termodinamica –, considerato il principio più utile per capire il funzionamento della natura. L’entropia indica il processo di degradazione dell’energia e la sua dispersione nell’ambiente. Come una palla lanciata sul pavi-mento rimbalza sempre più debolmente, così l’energia utilizzata si degrada, cioè non è più disponibile per compiere lavoro. L’entropia indica anche il processo che all’interno di un sistema porta dall’ordine al disordine; in quanto misura del grado di disordine di un sistema, essa indica la direzione degli eventi, l’evolu-zione più probabile che il sistema subirà.L’aumento dell’entropia, e cioè della dispersione energetica, significa, per il nostro pianeta, una disponibilità sempre minore di energia, fino alla morte termica,

ovviamente a lunghissimo termine. Si può dunque dedurre che, in ter-mini ecologici, entropia significa spreco delle risorse e inquina-mento, crisi energetica e distruzio-ne dell’ambiente.Tenendo presente il concetto di en-tropia, Ilya Prigogine, premio Nobel nel 1977, ha introdotto la definizio-ne di “sistemi dissipativi” in riferi-mento a quei sistemi aperti che per organizzarsi tendono a un alto livello di complessità, e che quindi richie-dono un crescente flusso di energia a scapito dell’ambiente, cioè a favore della sua entropia.

Il concetto di entropia

Inquinamentoatmosfericocausatodaigasindustriali.

ClaudeMonet,Un giorno di primavera,primidelNovecento.

347

Ecologia19

L’ambiente

Laricercadiunosviluppoecosostenibile

Il problema centrale dell’ecologia consiste nella definizione del rapporto dell’uo-mo con la natura, come già sosteneva Thomas Huxley in un’opera del 1863: «Per l’umanità, il problema per eccellenza, il problema sopra il quale tutti gli altri pog-giano, e che ci interessa più profondamente di ogni altro, è lo stabilire quale po-sto l’uomo occupi nella natura e quale rapporto egli abbia con il mondo che lo circonda» (Th. Huxley, Il posto dell’uomo nella natura).Occorre innanzitutto precisare che l’idea di “natura” non è innata, ma è cultura-le e quindi storica, soggetta a modificarsi e a evolvere nel tempo. Per alcuni stu-diosi, per esempio, l’atteggiamento nei confronti della natura proprio della no-stra civiltà sarebbe imputabile alle religioni monoteiste, e in particolare alla tra-dizione giudaico-cristiana, in virtù della quale l’uomo, ponendosi al centro del creato, considera gli elementi naturali come oggetti destinati al suo illimitato uso e consumo. Il «cristianesimo ha devitalizzato il mondo, l’ha “mortificato” e reso così disponibile – in quanto non più sacro – all’indagine scientifica e alla mani-polazione tecnologica» (D. Antiseri, Da giardinieri esperti). Diversamente accadeva, e accade, nelle religioni politeiste e “atmosferiche”, le quali divinizzano la natura, considerandola sacra e intangibile.La desacralizzazione della natura ha permesso lo sviluppo della scienza, ma ha anche provocato effetti di alterazione che negli ultimi decenni hanno assun-to una portata drammatica e che pongono inquietanti interrogativi, obbligando a ripensare il rapporto stesso dell’uomo con il suo ambiente. Ci si sta rendendo sempre più conto che esistono conseguenze inintenzionali delle azioni umane e che la responsabilità dell’uomo nei confronti della natura sta diventando un pericoloso fardello, di fronte alla consapevolezza della complessità del “sistema mondo”: è ormai evidente, infatti, che le azioni esercitate dagli individui o dai gruppi umani sull’ambiente sono legate da un rapporto di stretta interdipenden-za, i cui effetti non sono sempre prevedibili.

Parallelamente, appare sempre più chiaro come un mutamento dell’idea del rap-porto uomo-natura implichi inevitabilmente profonde modificazioni nei mo-delli di sviluppo, vale a dire nelle regole che definiscono i sistemi economici, so-ciali, giuridici e politici. L’attuale modello di sviluppo, mirato allo sfruttamento e alla dispersione delle risorse, si basa su una irresponsabile sottovalutazione dell’importanza dell’equilibrio naturale e ipotizza un potere illimitato di rigene-razione della natura. Le conoscenze scientifiche, ma anche i ripetuti disastri am-bientali, invece, dimostrano che gli interventi manipolatori sono spesso irreversi-bili e che le risorse si possono esaurire; da qui un insieme di teorie economiche che da anni insistono sul concetto di sviluppo sostenibile Questa consapevolezza costituisce la base di quella che viene definita “sensibili-tà ecologica”: «In persone molto diverse tra loro, che provengono da esperienze socio-politiche e da storie culturali diverse, esistono oggi i germi di una nuova

Il rapporto uomo-natura e il concetto di natura

Crescita economica e sviluppo sostenibile

Sviluppo sostenibile Con l’espressione sviluppo sostenibile ci si riferisce a un tipo di sviluppo capa-ce di sfruttare le risorse naturali, conservando il più possibile intatte, anche sul lungo periodo, le condi-zioni ambientali esistenti. Si tratta insomma di una maniera di rendere compatibile il progresso indu-striale e produttivo con il nostro habitat, in modo

da non distruggere le risorse naturali (erroneamen-te supposte come illimitate) e da non pregiudica-re l’esistenza delle generazioni future. Dal punto di vista pratico, lo sviluppo sostenibile raccomanda il ricorso a risorse facilmente rigenerabili, alternative rispetto a quelle fortemente inquinanti, e compa-tibili con la salvaguardia dell’ambiente.

IL TESTO INTEGRALE DELLA VOCE È IN

348

cultura ecologista, capace di mettere in discussione i capisaldi stessi del modo attuale di vivere e di produrre. Una nuova generazione, nuovi comportamenti individuali e collettivi, nuovi bisogni e movimenti con nuove forme di espres-sione stanno emergendo da una “nebulosa verde” che si aggira per l’Europa e nel mondo. […] Si cercano nuovi valori e si analizzano le connessioni tra lotte am-bientali e rapporti di produzione; ci si domanda quali cambiamenti di coordinate culturali sono necessari per la costruzione di una società basata sulla qualità della vita oltre che sulla giustizia sociale [...]» (E. Tiezzi, cit.). Sono in molti a considerare questa cultura come una forma di utopia votata al fallimento, in quanto portavoce di tendenze di nostalgia e conservazione (il mito della natura sacra e inviolata), incompatibili con la spinta allo sviluppo propria di tutte le società, ormai permeate a livello planetario dal modello produttivistico occidentale. «Le forze politiche tradizionali – osserva Tiezzi – sono troppo condizionate dai meccanismi economici e dagli schemi legati alla “crescita”, per ricercare con co-raggio valori diversi e nuovi e per capire che la realtà non è fatta solo di produ-zione e consumi, di salario e di profitti, ma che sono altrettanto importanti gli equilibri naturali e la rinnovabilità delle risorse, il sistema degli organismi viventi e la sua riproduzione continuativa» (E. Tiezzi, cit.).Secondo molti studiosi di problemi ambientali, la scelta ecologica non si pre-senta più come una semplice alternativa, bensì come un percorso obbligato, se si vuole tentare di evitare la distruzione del pianeta.

Lealterazionidell’ecosistema

Tra le emergenze più significative con cui il pianeta si trova a fare i conti segnalia-mo quelle che allo stato attuale hanno un impatto più minaccioso sull’equilibrio del nostro ecosistema. Iniziamo con quelle che compromettono l’atmosfera, cioè l’insieme dei gas che circondano il pianeta, il cui equilibrio è fondamentale per l’esistenza degli esseri viventi in quanto determina la qualità dell’aria che respi-riamo e l’andamento climatico.

Si dice “effetto serra” il fenomeno determinato da alcuni gas presenti nell’atmo-sfera terrestre, che permettono alle radiazioni solari di raggiungere il pianeta e al tempo stesso trattengono le radiazioni riflesse dalla Terra. Si tratta, quindi, di un fenomeno positivo, senza il quale la temperatura terrestre sarebbe troppo bassa per la sopravvivenza dell’uomo. Negli ultimi decenni, però, i “gas serra” (così chiamati perché agiscono come una lastra di vetro in una serra) sono aumentati in modo eccessivo, perché incrementati dai gas prodotti dalle attività umane, fino a formare una specie di “cappa” che trattiene il calore del Sole nell’atmosfera, provocando un innalzamento della temperatura terrestre e una modificazione dell’equili-brio termico del pianeta. In particolare, le regioni interne diventano più deserti-che, mentre quelle marine finiscono con l’essere soggette a intense precipitazioni. Con l’intensificarsi del fenomeno, l’elevata temperatura provoca squilibri cli-matici che danno luogo a fenomeni preoccupanti, come alternanza di periodi di siccità con periodi di piogge intense, lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, e il conseguente innalzamento dei mari, che mette a rischio le aree co-stiere. In particolare, in alcune regioni mediterranee, come l’Italia, si verifica uno sconvolgimento del ciclo delle piogge, che assumono sempre più carattere monsonico, divenendo cioè molto più brevi ma anche molto più concentrate e violente, tanto da rendere difficile ai terreni il loro assorbimento e da determina-re l’aumento delle alluvioni.

L’effetto serra

349

Ecologia19

L’ambiente

Un contributo fondamentale alla formazione dell’effetto serra è dato dall’ani-dride carbonica (CO

2), un gas generato quando vengono bruciati rifiuti solidi,

combustibili fossili (benzina, gas naturale e carbone) e legno, e prodotto in gran parte dagli scarichi industriali e da quelli delle auto. Ma a contribuire all’aumen-to dell’effetto serra è anche l’azoto di potassio, emesso dall’apparato digestivo e respiratorio del bestiame (in particolare dei bovini, stimati attualmente in oltre 2 miliardi di capi), che rappresenta il 18% della dei gas serra e contribuisce in modo significativo al riscaldamento globale del pianeta.

L’atmosfera terrestre è protetta da uno strato di gas, l’ozono, che impedisce a una serie di radiazioni provenienti dal cosmo di giungere sul pianeta e, soprattutto, filtra i raggi ultravioletti del sole, dannosi per la salute dell’uomo. Con l’espres-sione “buco nell’ozono” si fa riferimento all’assottigliamento di questo strato gassoso. Tale fenomeno potrebbe avere serie conseguenze negative: secondo gli esperti, una mancanza di schermatura dei raggi solari può provocare danni sia al-la vista sia alla pelle dell’uomo. Il buco nell’ozono è determinato soprattutto dai clorofluorocarburi, sostanze gassose utilizzate per far funzionare le bombolette spray, i frigoriferi, i condizionatori e altri strumenti.

Le “piogge acide” sono un fenomeno in parte legato all’effetto serra: le sostanze che impediscono la dispersione del calore terrestre sono anche quelle che, a con-tatto con il vapore acqueo dell’atmosfera, si trasformano in acidi corrosivi. Questi, uniti alla pioggia, possono provocare danni ambientali di diversa natura. Possono subire conseguenze negati-ve, infatti, sia le foreste che assorbono gli acidi (secondo gli studi specializzati, oltre la metà dei boschi italiani sa-rebbe interessato da questo fenomeno), sia i monumen-ti e i beni architettonici che vengono corrosi dall’azione degli agenti inquinanti, sia la salute dell’uomo.

Il buco nell’ozono

Le piogge acide

Manifestochedenunciailfenomenodell’assottigliamentodellostratodiozono:iraggidelSolesembranoarrivare

direttamentesullaterra,senzafiltri.

Il riscaldamento globale

Daquandoèstatamisurataconcriteriomogenei,cioèdacirca150anni,sièrilevatochelatemperaturasièinnal-zatadi0,5°C.Siprevedeinoltrecheaumentidi1°Cnel2020edi2°Cnel2050.Èilfenomenodelriscaldamentoglobale(global warming),chesiritienecausatodafattorinaturalimasoprattuttodalleattivitàdell’uomo,checonl’usodicombustibilifossiliimmettenell’atmosferagrandiquantitàdiCO2,aumentandol’azionedell’effettoserraecausandolacosiddettaanomaliatermica.Nelloschemasi

vedel’andamentodellatemperaturaglobale(traparente-silacrescitarispettoall’annoprecedente).

1961-1970: +0.01 °C (+0.02 °C)

1971-1980: +0.04 °C (+0.03 °C)

1981-1990: +0.21 °C (+0.17 °C)

1991-2000: +0.35 °C (+0.14 °C)

2001-2008:+0.43 °C (+0.08 °C)

350

Soprattutto nei centri urbani l’atmosfera è contaminata dalle cosiddette “polve-ri sottili”, chiamate anche “particolato”, particelle di materia allo stato solido o liquido che si trovano sospese nell’aria e che sono composte da un mix di so-stanze tossiche (idrocarburi, piombo, nichel, carbonio, solfati ecc.). Quanto più sono piccole, tanto più diventano pericolose per la salute, perché una volta inalate penetrano nei bronchi, negli alveoli polmonari e nel sangue, provocando gravi danni all’organismo. Vengono prodotte dalla combustione degli idrocarburi (petrolio, gasolio ecc.), e quindi dalle automobili, dal riscaldamento domestico e dalle industrie.

Anche il suolo e le acque, beni fondamentali per l’esistenza degli esseri viventi, sono minacciati dalle attività dell’uomo, che ne compromette l’integrità in vari modi [p.362].

Diversiapprocciperdifenderel’ambiente

L’ecologia non è una disciplina univoca, ma presenta diverse impostazioni meto-dologiche connesse a diversi presupposti culturali. Se sulla necessità di affrontare i problemi tenendo presente la dimensione ecologica molti concordano, esistono infatti diverse visioni su come affrontare l’“emergenza ambiente”.

Tra le varie posizioni che si confrontano (e a vol-te si contrappongono), due hanno ottenuto una risonanza mondiale: quella di Barry Commoner, professore alla Queens University di New York, già direttore di un importante gruppo di ricer-ca presso la Washington University di St. Louis, e quella del gruppo di biologi della California University, guidati dai coniugi Ehrlich. Questi ultimi sostengono che l’attuale livello di distru-zione delle risorse e di inquinamento è da attri-buire all’enorme quantità di beni prodotti e al consumo che esso implica. Tale impostazione è applicabile esclusivamente ai Paesi sviluppati e presuppone una posizione di “autocoscienza” di ciascun individuo: ognuno di noi è chiamato a ridurre i propri sprechi e le proprie attività inquinanti.La posizione di Commoner, invece, concentra

l’attenzione sul quadro economico e politico in cui si deve collocare la questio-ne ecologica: data l’ampiezza assunta attualmente dai danni ambientali, non basta ridurre i consumi ma si deve necessariamente operare a livello delle strategie politiche, produttive e demografiche: «Il sistema economico e produttivo – sostiene Commoner – è stato sviluppato senza tener conto della sua compatibi-lità con il sistema ecologico». Si devono pertanto modificare i principi basilari su cui poggia l’ideologia produttivista di tipo capitalistico, introducendo un nuovo sistema di rapporti economici e sociali e nuovi principi etici a livello globale, per-ché globali sono gli effetti del disequilibrio ambientale.

Per migliorare le condizioni dell’umanità è necessario liberare il mondo occi-dentale – la cui ideologia produttivistica si è imposta a livello globale – dalla sua sudditanza alla sfera economica e finanziaria, e percorrere altre strade, basate su modelli di sviluppo che non provochino il degrado dell’ambiente e su pra-tiche individuali virtuose.

Le polveri sottili

Il dissesto idrogeologico

Il dibattito in campo ecologico

Economia sostenibile e green economy

MariannaMerler,Attacco al mondo,2011.

351

Ecologia19

L’ambiente

Così, da una parte si chiede alle istituzioni e alle imprese produttive di atti-vare quella che con un’espressione anglosassone viene chiamata la “green eco-nomy”, l’“economia verde”, detta anche “environment frendly”, “amica dell’am-biente”, promovendo una serie di iniziative: ● leggi e indirizzi politici che favoriscano il risparmio energetico, la difesa dei suoli e delle acque, la drastica riduzione dell’inquinamento e lo sviluppo di energie rinnovabili (eolica, solare, geotermica ecc.);● uso di mezzi di trasporto pubblico a emissioni non inquinanti e riduzione della circolazione di veicoli privati a emissioni inquinanti; ● stretto controllo sullo smaltimento dei rifiuti nocivi, tossici e radioattivi effettuato (spesso illegalmente) dalle imprese;● incentivi per l’adozione di sistemi per l’efficienza e il risparmio energetico nell’edilizia; ● campagne di educazione alla tutela dell’ambiente naturale e paesaggistico;● produzione di beni e servizi che provochino un impatto minimo o nullo sull’ambiente (agricoltura biologica, materiali non inquinanti ecc.).

Dall’altra parte, anche ognuno di noi è chiamato ad avere comportamenti quotidiani “amici dell’ambiente”: ● contrazione dei consumi, per esempio con la riduzio-ni degli sprechi e il riciclo degli oggetti;● attenzione all’efficienza e al risparmio energetico, per esempio con l’utilizzo di apparecchiature – come le lampa-dine – a basso consumo o di fonti di energia rinnovabile; ● uso di materiali non inquinanti e biodegradabili, cioè facilmente decomponibili; acquisto di alimenti di stagione, possibilmente biologici e prodotti vicino alla zona in cui si abita (cosiddetti a “chilometro Zero”), in modo da evitare l’impiego di grandi quantità di energia nei trasporti;● smaltimento corretto dei rifiuti, per esempio con la raccolta differenziata e con la dispersione nell’am-biente (acqua, suolo) solo di sostanze biodegradabili e non inquinanti.

Come sostiene l’economista inglese Tim Jackson, «la società si trova di fronte a un dilemma pro-fondo. Resistere alla crescita potrebbe portarci al tracollo economico e sociale, ma crederle significa mettere a rischio gli ecosistemi da cui dipendia-mo per la sopravvivenza» (T. Jackson, Prosperità sen-za crescita). Constatando il carattere catastrofico del modello economico dominante, destinato al collas-so e all’“autodistruzione”, Jackson ritiene necessario (e urgente) trovare il modo per conciliare l’aspira-zione alla prosperità con la limitatezza delle risor-se disponibili. E questo è un compito che spetta alla politica e all’economia, ma che richiede anche nuovi modelli culturali e sociali, e l’adozione di comporta-menti soggettivi consapevoli e responsabili.

Locandinechepubblicizzanoiniziativedieducazioneallaconoscenzaeallacuradell’ambienterivolteallescuole.

352

Molto interessanti da questo punto di vista le iniziative di alcuni piccoli comuni, in cui amministratori intelligenti e cittadini partecipi sperimen-tano modalità nuove di ri-sparmio energetico, riduzio-ne o annullamento dei rifiu-ti, salvaguardia del territorio e riutilizzo del patrimonio edi-lizio esistente (vedi a propo-sito il sito www.comunivir-tuosi.org).

Diverse posizioni si riscon-trano anche per quel che ri-guarda il rapporto tra tecno-logia e ambiente. Secondo al-cuni, le maggiori responsabi-li delle aggressioni ambientali sono le nuove tecnologie, che danno la possibilità di inter-venire sul delicatissimo equilibrio della natura con conoscenze incomplete circa gli effetti provocati. Si parla, a questo proposito, di “rischio tecnologico”, parti-colarmente minaccioso in quanto per la prima volta l’uomo dispone di tecniche ca-paci di mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa della specie umana e del pianeta intero (basti pensare alle tecnologie nucleari e al loro potere devastante, come han-no dimostrato i disastri avvenuti nelle centrali nucleari). È indubbio che il rapido cambiamento tecnologico progredisca con una velocità molto più elevata di quella dell’evoluzione biologica e anche della nostra capacità di adeguamento culturale. Nello scarto tra questi due tempi si colloca il rischio rappresentato dalla tecnologia moderna, che affida il futuro della specie umana alla presunzione di poter risolvere tutti i complessi problemi del mondo. Questa presunzione rappresenta l’altra faccia dell’intervento ecologista, che confida nelle capacità riparatrici e restauratrici della scienza e della tecnologia. Quella che vie-ne definita “speranza tecnologica” continua a riporre fiducia nel potere tauma-turgico delle nuove tecnologie per risolvere il problema dell’esaurimento delle risorse e dei disequilibri ambientali. Questa speranza si basa, infatti, più o meno palesemente sul desiderio di perpetuare l’attuale modello produttivo basato sullo spreco e sull’aggressione nei confronti della natura. Lo straordinario progresso della scienza e della tecnologia potrebbe però essere indirizzato per risolvere gli squilibri ambientali, e non solo per crearli: questo è il compito che spetta alla politica e alle istituzioni, che dovrebbero incentivare la ricerca scientifica finalizzata alla soluzione degli squilibri ecologici e allo sviluppo di tecnologie ecocompatibili, capaci di avere un minor impatto am-bientale negativo sull’ambiente.

Tecnologia: speranza o rischio?

Conlaproduzioneindustrialeècominciatoildegradodell’ambientenaturale:quiunacentraleelettricafrancese

inundipintodeiprimidelNovecento.

353

Ecologia19

L’ambiente

Lalegislazioneitalianadisalvaguardiadell’ambiente

In Italia la tutela giuridica dell’ambiente è un settore legislativo affrontato solo recentemente. La prima legge che presuppone un criterio di protezione ambien-tale è la n. 319 del 10/5/1976, concernente la tutela delle acque. Conosciuta co-me “legge Merli”, ha introdotto norme relative agli scarichi di tutte le acque e alle fognature, definendo i livelli di competenza territoriale sulla materia. Molte di tali norme sono state riviste e aggiornate nel corso degli anni con altre dispo-sizioni normative, tese a rendere più pesanti le sanzioni e a innalzare i limiti delle sostanze inquinanti scaricabili dalle industrie, specialmente quelle chimiche.Esiste anche una legge del 1966 relativa all’inquinamento atmosferico (nota con il nome di “legge antismog”), che ha disciplinato gli impianti di riscaldamento domestico, le emissioni degli autoveicoli e degli impianti industriali. Per quanto riguarda questi ultimi, in pratica, questa legge si è rivelata del tutto inefficace, poi-ché non prevede sanzioni deterrenti e disperde la competenza dell’accertamento della violazione fra una pluralità di enti.

Un’altra importante legge, introdotta nel 1977, ha definito la fauna selvatica – intesa fino allora come res nullius (“cosa di nessuno”) – “patrimonio indisponi-bile dello Stato”, sottoponendola quindi a tutela. In particolare, con questa legge viene vietata la caccia di alcuni animali come le aquile, i gufi reali, le gru, i feni-cotteri, gli orsi e altre specie in via di estinzione.

Con una legge del 1982, poi, si è affrontato il problema della difesa del mare, individuando alcune riserve marine, stabilendo pesanti sanzioni per le discari-che abusive, fissando una rigida classificazione dei rifiuti tossici e le norme da osservare per il loro smaltimento. Nello stesso periodo è stato stabilito il limite di fosforo che è possibile utilizzare nella produzione di detersivi, imponendone nel contempo la loro “biodegradabilità”, cioè la loro trasformabilità, una volta utilizzati, in materiale non inquinante.Con la legge 431 del 1985 (legge Galasso) si sono poste sotto tutela le più in-teressanti bellezze naturali, in una visione del territorio come un insieme di va-lori non solo estetici, ma anche culturali e umani. La legge sottopone a vincoli “provvisori” non solo i beni naturali ritenuti “belli”, ma anche altri beni ambien-tali (laghi, fiumi, ghiacciai), in attesa che le Regioni elaborino i “piani paesistici”.Ricordiamo che, in merito all’ambiente, esiste un articolo del Codice penale che punisce la distruzione delle bellezze naturali, in relazione all’art. 9 della Co-

stituzione, secondo il quale la Repubblica «tutela il pae-saggio e il patrimonio stori-co e artistico della nazione», considerandoli un bene col-lettivo. È chiaro, comunque, che il concetto di “bellezza” naturale e di paesaggio ri-sulta drammaticamente re-strittivo rispetto alla tutela dell’ambiente nella sua glo-balità.

Anni Settanta: leggi contro l’inquinamento idrico e lo “smog”

Tutela della fauna in via di estinzione

Anni Ottanta: la difesa del mare, del paesaggio, dei beni culturali

Untrattodellacostamessinese,inprossimitàdelloStretto,deturpatodauntralicciodell’altatensione.

354

Per coordinare e rendere più incisive le iniziative di protezione ambientale, è sta-to istituito, nel 1986, il Ministero per l’Ambiente, che è diventato il referente politico e amministrativo di tutte le azioni di salvaguardia del territorio. Con la legge istitutiva del Ministero, inoltre, sono stati fissati tre principi fondamentali: il primo stabilisce che il danno arrecato all’ambiente colpisce tutta la collettività, per cui lo Stato e gli altri enti pubblici hanno l’obbligo di imporre il risarcimen-to da parte dell’inquinatore; il secondo è che spetta a ogni cittadino e alle asso-ciazioni ambientaliste il diritto di denunciare gli atti che danneggino l’am-biente; il terzo è che ogni opera pubblica, sia essa la costruzione di una strada o di un edificio, può essere permessa solo dopo aver valutato la sua compatibilità con l’ambiente (il cosiddetto “impatto ambientale”), che deve essere verificata attraverso precisi accertamenti tecnici.

Un altro importante decreto è stato emanato nel 1996: con esso si è imposta, a partire dal 1° luglio 1997, la riduzione all’1,4 % del tasso di benzene, una so-stanza inquinante contenuta nei carburanti. In Italia si occupano dell’ambiente i seguenti enti:a) Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare;b) l’ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la Ricerca Ambientale, creato nel 2008 a seguito della fusione dell’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Am-biente e per i servizi Tecnici) con altri istituti (l’INFS sulla fauna selvatica e l’ICRAM sul mare);c) il SINA (Sistema Informativo Nazionale Ambientale), che gestisce la Rete (SINAnet), di cui fanno parte:d) i PFR (Punti Focali Regionali), riferimento territoriale della Rete;e) i 21 ARPA (Agenzie Regionali e Provinciali, chiamate “APPA” nelle sole province autonome di Trento e Bolzano), nate con legge n. 61 del 1994, aventi funzioni di controllo e di supporto tecnico, scientifico, giuridico e analitico a favore delle amministrazioni pubbliche.Un ruolo importante svolgono le associazioni ambientaliste [  ], per esempio Legambiente, WWF, Ambiente e lavoro, tutte quante impegnate, quan-do non lo fanno le istituzioni pubbliche, a procurarsi e a divulgare informazioni sull’ambiente del nostro Paese e sui suoi numerosi problemi.

Nasce il Ministero per l’Ambiente (1986)

Anni Novanta: aumentano gli enti che si occupano dell’ambiente

UnmanifestodellacampagnadiLegambiente

“Puliamoilmondo”.Ilmotto

èStop hiding problems (“Non

nascondereiproblemi”).

355

Ecologia19

L’ambiente

Lo Stato ha cercato di far fronte anche all’inquinamento acustico con una legge del 1º marzo 1991, che ha fissato i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno. Ma, al fine di ottenere l’effettivo ri-spetto di questi limiti, è stata necessaria la legge 447 del 26 ottobre 1995, la qua-le prevede il coinvolgimento diretto delle Regioni e dei Comuni in un’opera di prevenzione e di rilevamento delle emissioni sonore da attuarsi con regolarità at-traverso apposite centraline. Fino a poco tempo fa, in Europa, tutti gli Stati utiliz-zavano metodi propri per misurare l’inquinamento acustico, con il risultato che i dati raccolti non potevano essere confrontati tra loro. Ecco perché a Bruxelles la Commissione europea ha emanato due direttive: la COM 2000/468, per armo-nizzare i metodi di misurazione dell’inquinamento acustico e per invitare gli Stati a procedere a una “mappatura acustica” del proprio territorio in base alle precise “tecniche di determinazione” stabilite; la 2002/49/CE, per definire un approccio comune nella lotta all’inquinamento acustico e prevenire o ridurre, secondo le ri-spettive priorità, gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore ambientale. L’Italia si è adeguata a questa direttiva con il decreto legge n. 194 del 19 agosto 2005.Occorre ricordare che nel Codice penale esiste una norma che punisce chiun-que disturbi il riposo delle persone con schiamazzi e rumori molesti. Nella pra-tica, però, questa norma viene completamente disattesa. Anche nel Codice della strada del 1993 sono contenute alcune misure ambientaliste: la necessità di ef-fettuare puntuali controlli sui dispositivi di scarico delle auto e la possibilità dei sindaci di limitare la circolazione dei veicoli quando i livelli di inquinamento su-perino determinate soglie di sicurezza.

Lalegislazioneeuropeadisalvaguardiadell’ambiente

La difesa dell’ambiente non può essere un problema di un solo Paese. In questo campo, infatti, l’intervento coordinato di più Stati risulta quasi necessario: per esempio, i gas serra, emessi nelle regioni a più alto tasso di traffico e di inquina-mento industriale, possono essere trasportati in altre regioni dalle correnti d’aria, per cui le iniziative adottate in un solo Paese finiscono per risultare insuf-ficienti, se non addirittura inutili. Lo stesso si può dire per l’inquinamento dei mari, la cui fauna ittica è disponibile a tutti.

Per questo l’Unione Europea ha deciso di adottare una serie di misure con cui af-frontare il problema dell’inquinamento urbano, come l’istituzione di speciali siste-mi di trasporto pubblico o la limitazione del traffico nei centri storici, misure che, ove applicate, hanno già fatto registrare risultati apprezzabili. Sempre a questo sco-po, l’UE ha deliberato che gli automobilisti effettuino costanti controlli per verifi-care i livelli di inquinamento degli scarichi del proprio automezzo, auspicando il ri-corso a sofisticati dispositivi in grado di ridurre le emissioni di ossido di azoto.Molto importante è anche la direttiva quadro sulla Qualità dell’Aria dell’UE, la 96/62, recepita in Italia con decreto legislativo n. 351 del 4 agosto 1999, che individua, attraverso una serie di direttive figlie, i livelli di riferimento per le concentrazioni di polveri, piombo, benzene, ozono e di tutte le altre sostanze maggiormente inquinanti, impone la caratterizzazione preliminare della qualità dell’aria negli agglomerati urbani o in altre zone particolari del territorio e stabi-lisce tempi certi per riportare a valori accettabili eventuali eccedenze.Per il futuro sono anche previste sanzioni per quegli Stati che non saranno in grado di garantire il rispetto di tali norme; eventuali deroghe saranno concesse soltanto di fronte a cause “naturali” (eruzioni vulcaniche, processi di desertifica-zione ecc.) che hanno portato al superamento dei livelli di riferimento.

Normative per ridurre l’inquinamento acustico (1991)

I problemi del pianeta riguardano tutti i Paesi

Le direttive dell’Unione Europea in materia di ambiente

356

I L D O C U M E N T O

Le politiche locali possono avere importanti conseguen-ze sulla difesa dell’ambiente e sulla salute dei cittadini. Uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito che ogni anno almeno 8000 persone muoiono prematuramente per gli effetti a lungo termine delle polveri sottili e 500 per l’espo sizione ad alti livelli di

ozono. Ma il cosiddetto “smog” non è l’unica minaccia all’ambiente e a chi lo abita. Da un po’ di anni Legam-biente (un’organizzazione ambientalista nata nel 1980) compila una classifica delle 104 città italiane capoluogo di provincia, in base al loro rispetto dell’ecosistema. Pre-sentiamo i dati del 2010 pubblicati nell’ottobre 2011.

Una classifica dell’ecosistema nelle città italiane

Indiciambientaliutilizzatiperlaclassifica:– Qualitàdell’aria– Consumiidricidomestici– Dispersionedellareteidrica– Capacitàdidepurazione– Rifiuti:produzionedirifiutiurbani– Rifiuti:raccoltadifferenziata– Trasportopubblico:passeggeri

– Trasportopubblico:offerta– Mobilitàsostenibile– Tassodimotorizzazioneauto– Tassodimotorizzazionemotocicli– Isolepedonali– ZoneTrafficoLimitato– Pisteciclabili– Ciclabilità– Verdeurbanofruibile

– Areeverditotali– Consumielettricidomestici– Energierinnovabili

eteleriscaldamento– Politicheenergetiche– Certificazioniambientali:ISO14001– Pianificazioneepartecipazione

ambientale– Ecomanagement

Città grandi 10 Pisa 56,40% 37 Pescara 39,03% 19 Cosenza 49,33%

1 Venezia 62,47% 11 Livorno 54,60% 38 Monza 36,81% 20 Potenza 47,86%

2 Bologna 60,69% 12 Piacenza 53,89% 39 Foggia 32,82% 21 Rieti 46,85%

3 Genova 52,34% 13 Terni 53,78% 40 Catanzaro 31,65% 22 Pavia 45,72%

4 Verona 51,52% 14 Modena 52,99% 41 ReggioCalabria 30,44% 23 Chieti 45,58%

5 Padova 50,01% 15 Lucca 52,71% 42 Latina 29,62% 24 Matera 45,55%

6 Trieste 49,69% 16 Pesaro 52,55% 43 Siracusa 29,47% 25 Biella 45,47%

7 Firenze 49,03% 17 Prato 52,42% 26 Benevento 44,47%

8 Torino 48,87% 18 Rimini 52,41% Città piccole 27 Asti 44,46%

9 Milano 48,67% 19 Ancona 2,05% 1 Belluno 70,02% 28 Massa 44,10%

10 Roma 45,65% 20 Salerno 51,20% 2 Verbania 69,83% 29 Teramo 43,98%

11 Bari 45,60% 21 Alessandria 49,73% 3 Aosta 62,06% 30 Ragusa 43,24%

12 Napoli 33,65% 22 Brescia 49,71% 4 Pordenone 61,93% 31 Viterbo 42,86%

13 Palermo 22,04% 23 Cagliari 49,01% 5 Mantova 61,30% 32 Agrigento 42,42%

14 Messina 17,74% 24 Bergamo 48,51% 6 Cuneo 55,61% 33 Lecco 42,19%

15 Catania 16,36% 25 Sassari 46,95% 7 Gorizia 55,38% 34 Caserta 39,60%

26 Taranto 46,60 8 Siena 55,09% 35 L’Aquila 39,08%

Città medie 27 Como 46,28% 9 Lodi 53,99% 36 Vercelli 36,98%

1 Bolzano 65,84% 28 Arezzo 45,85% 10 Savona 53,89% 37 Rovigo 36,72%

2 Trento 65,05% 29 Vicenza 44,71% 11 Cremona 53,23% 38 Isernia 35,72%

3 LaSpezia 61,53% 30 Treviso 44,35% 12 Sondrio 52,57% 39 Imperia 30,65%

4 ReggioEmilia 60,23% 31 Varese 44,14% 13 Campobasso 50,45% 40 Enna 25,53%

5 Perugia 60,15% 32 Lecce 43,93% 14 Macerata 50,41% 41 Frosinone 25,46%

6 Ferrara 58,69% 33 Novara 42,94% 15 Avellino 50,22% 42 Trapani 23,53%

7 Ravenna 58,58% 34 Pistoia 41,54% 16 Nuoro 50,12% 43 Crotone 23,4%

8 Udine 57,60% 35 Brindisi 41,53% 17 Oristano 49,60% 44 ViboValentia 20,68%

9 Forlì 56,73% 36 Grosseto 40,87% 18 AscoliPiceno 49,52% 45 Caltanissetta 19,58%

357

Ecologia19

L’ambiente

Per completare il quadro delle iniziative comunitarie in campo ambientale, oc-corre ricordare che dal 1994 è operante, a livello europeo, l’Agenzia per l’am-biente, con sede a Copenaghen. Essa ha il compito di raccogliere dagli Stati membri dell’Unione tutte le informazioni, le statistiche e i dati sull’ambiente, in modo da permettere alle istituzioni comunitarie di adottare opportuni provve-dimenti di prevenzione e protezione dell’habitat naturale, di coordinare politiche di ampio respiro e di informare la popolazione europea.

IlprotocollodiKyoto

Nel 1992 per la prima volta sono state decise una serie di misure vincolanti per tutelare l’ambiente a livello internazionale. Tale decisione venne formalizza-ta con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, approvata a New York il 9 maggio 1992, che trovava un proprio strumento at-tuativo nel protocollo di Kyoto (siglato l’11 dicembre 1997), il quale stabilisce obiettivi precisi di riduzione del gas serra per i Paesi industrializzati e per quel-

li con economie di transizione. Gli Stati Uniti, per ragioni di opportunità econo-mica, non hanno aderito al Protocol-lo, pur essendo responsabili del 36% delle emissioni mondiali.Il primo obiettivo del protocollo era ridur-re del 5% nel periodo 2008-2012 le prin-cipali emissioni dei gas capaci di alterare l’effetto serra naturale del pianeta. La ridu-zione complessiva del 5% è stata ripartita in maniera diversa, in relazione ai livelli di inquinamento registrati agli inizi degli an-ni Novanta: per i Paesi dell’UE la riduzio-ne doveva essere dell’8%, per gli Stati Uniti del 7%, per il Giappone del 6%. Nessuna

riduzione era prevista per la Russia, la Nuova Zelanda e l’Ucraina. Potevano in-vece aumentare le emissioni fino all’1% la Norvegia, fino all’8% l’Australia, fino al 10% l’Islanda. Nessun limite era previsto per i Paesi in via di sviluppo. Per rendere effettiva la riduzione dei gas, ogni Paese doveva elaborare precise po-litiche finalizzate a migliorare l’efficienza energetica in settori rilevanti dell’eco-nomia, utilizzare maggiormente forme di energia rinnovabile, adottare le misure necessarie per ridurre le emissioni di gas nel settore dei trasporti, contenere le emissioni di metano utilizzandolo nel settore della gestione dei rifiuti, nei tra-sporti e nella distribuzione di energia, proteggere il patrimonio forestale (tra i principali assorbitori di gas serra, e in particolare dell’anidride carbonica, ci sono proprio le piante e gli alberi). Si deve comunque precisare che nei Paesi in via di sviluppo, per i quali il pro-tocollo non stabiliva obiettivi di riduzione, le emissioni di gas serra stanno cre-scendo a ritmi veloci. Questo vuol dire che se non si prevedono azioni concrete anche per questi Paesi, le emissioni mondiali di tali gas tenderanno a crescere in modo incontrollato.

È proprio questo punto che ha spinto molti Paesi, Italia in testa, alla sottoscri-zione del cosiddetto “Kyoto 2”, che dovrebbe fissare nuovi parametri per il pe-riodo successivo al 2012. Sono molti infatti gli Stati che si dichiarano dispo-sti ad attuare concretamente le direttive del trattato solo se si impegnano a far-

Accordo internazionale per la riduzione dei gas serra

Le resistenze al rispetto del protocollo

ManifestodelprotocollodiKyoto(1997).

358

lo anche i Paesi che finora non lo hanno firmato o non erano tenuti a contene-re le emissioni, Paesi che nel loro complesso sono responsabili del 40% del to-tale delle emissioni mondiali. In particolare si vorrebbe che i Paesi a “economia emergente” (come la Cina, protagonista di una poderosa crescita industriale e diventata area a maggiore emissione di Co

2, o come il Brasile e l’India), e quelli

sviluppati che non hanno aderito al protocollo, come gli Stati Uniti e Israele, si impegnassero ad adottare anch’essi misure di contenimento dell’inquinamento da anidride carbonica. Questo perché ridurre le emissioni è un costo che grava sulle industrie e sugli Stati, che si dimostrano poco propensi a sostenerlo se non lo fanno anche tutti gli altri. La Cina, comunque, in occasione della 17° con-ferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, che si è svolta alla fine del 2011 a Durban, in Sudafrica, si è impegnata a rispettare i parametri stabiliti dal protocollo di Kyoto.

A livello comunitario l’adesione al protocollo si è indirizzata soprattutto su due fronti: quello dell’uso delle fonti energetiche di origine fossile e della riduzione delle emissioni di CO

2, e quello della crescita dell’efficienza delle industrie ener-

getiche, in particolare rendendo più competitivi i mercati dell’elettricità e del gas. Per quanto riguarda il primo punto, il Consiglio dei Ministri dell’ambiente dell’UE del 17 giugno 1998 ha stabilito gli obiettivi di riduzione delle emissio-ni degli Stati membri per raggiungere la quota dell’8% (rispetto al 1990) fissata dal protocollo . Questo avrebbe dovuto poi tradursi a livello di ciascun Paese in un insieme di politiche e in un piano di azioni per la realizzazione di tali obiet-tivi, ma come si è visto sono ancora molti gli ostacoli su questo cammino, anche se si deve sottolineare che per quanto riguarda l’Italia il totale delle emissioni è in calo. Il Consiglio europeo, infatti, aveva stabilito che il nostro Paese entro il 2008-2012 doveva ridurre le proprie emissioni nella misura del 6,5%. Tale obiettivo è stato raggiunto, grazie all’aumento dell’energia da fonti rinnovabili, alla diminuzione dei consumi di petrolio (dovuta anche alla crisi economica), a un incremento molto contenuto dei consumi di combustibili solidi e a un mag-giore ricorso al gas.

L’adesione dell’Unione europea

TramontoaShanghai,inun’atmosfera

dominatadallosmog.

359

Gestionedeirifiuti

19 L’am

biente

Gestione dei rifiuti

Unproblemadinonfacilesoluzione Uno dei problemi più complessi causati dallo svi-luppo socio-economico nel corso degli ulti-mi decenni è certamente quello della gestione dei rifiuti. Ogni anno, solo negli Stati membri dell’Unione Europea vengono prodotti cir-ca due miliardi di tonnellate di rifiuti, anche molto pericolosi: una cifra, questa, destinata a un continuo aumento. Lo smaltimento dei rifiuti è un problema di non facile soluzione: il loro stoccaggio può es-sere nocivo per i suoli e la loro distruzione per incenerimento può causare emissioni inqui-nanti. La cosa migliore sarebbe ridurre drasti-camente la produzione di rifiuti non biode-gradabili – per esempio eliminando tutti quei prodotti inutili o non facili da riciclare, come certi imballaggi (packaging) degli alimenti –, oppure riciclarli, procedendo cioè al loro riu-tilizzo, quando possibile, o alla trasformazione di varie componenti dei rifiuti in materiali ri-utilizzabili nel processo produttivo.

Varitipidirifiuti Si possono individuare alcu-ne grandi categorie di rifiuti, innanzitutto di-stinguendo tra rifiuti urbani e rifiuti specia-li. I rifiuti urbani sono quelli domestici e quelli provenienti dalle strade, dai parchi e dai giar-dini, mentre i rifiuti speciali sono tutti gli altri, provenienti dalle attività industriali, artigianali e commerciali, da macchinari fuori uso ecc.Si possono poi distinguere i rifiuti pericolosi da quelli non pericolosi, a seconda della pre-senza o meno di una o più sostanze ritenute nocive e per questo elencate in un apposito catalogo. I rifiuti pericolosi richiedono par-ticolari trattamenti per essere eliminati: quel-li contenenti specifiche sostanze chimiche si possono, ad esempio, distruggere negli incene-ritori a temperature elevatissime.Un’ultima distinzione è infine quella tra rifiu-ti organici e inorganici: i primi sono quelli derivanti da esseri viventi, animali e vegetali, per esempio i rifiuti di cucina, le foglie secche,

lo sterco delle mucche. Essi possono essere de-composti nel terreno: un’attività di cui si oc-cupano i decompositori, cioè piccoli animali, batteri e funghi che vivono nel terreno e si nutrono delle sostanze organiche disgregan-dole in molecole più semplici (i rifiuti orga-nici sono detti per questo “biodegradabili”).Normalmente i rifiuti organici sono trattati in impianti specializzati, attraverso un processo di triturazione, aerazione e maturazione, per pro-durre un materiale detto compost, che può es-sere utilizzato in agricoltura.

Imetodidi smaltimentoe le “4R” I rifiuti vengono gestiti in modi diversi a seconda delle loro caratteristiche. Possono essere smaltiti nel-le discariche, bruciati negli inceneritori (det-ti anche “termovalorizzatori”, perché pro-ducono energia dalla combustione dei rifiuti), trattati nei compostaggi o in altri impianti spe-cializzati oppure riciclati per un nuovo o diffe-rente uso.Lo smaltimento di rifiuti oggi avviene tramite le discariche controllate, il riciclaggio, il com-postaggio e il recupero energetico. Questi processi non sono alternativi ma debbono esse-re complementari se si vuole attuare una corret-ta politica dello smaltimento delle tonnellate di rifiuti prodotte dalle grandi metropoli.Per risolvere il problema sempre crescente della gestione dei rifiuti si deve intervenire su ogni fase della produzione del rifiuto stesso: soprat-tutto, laddove è possibile, all’origine della for-

Depositodirifiutiplastici.

360

mazione del bene che diverrà rifiuto; è neces-sario massimizzare il riutilizzo o il riciclaggio, e infine sfruttare il contenuto energetico me-diante la produzione di compost, biogas o la ter-mocombustione di ciò che non è stato possibile valorizzare. Quindi riduzione, riutilizzo del materiale, riciclaggio della materia costituen-te il materiale raccolto e recupero sono i nuo-vi quattro imperativi che si impongono per af-frontare correttamente il problema dello smal-timento dei rifiuti solidi urbani. Questa meto-dologia di impostazione viene sinteticamente denominata come “la filosofia delle 4 R”.

Ilriciclaggioelediscariche Il riciclaggio, ov-vero il processo di trasformazione dei rifiuti in materiali riutilizzabili, è una pratica abbastan-za recente, nata nei Paesi industrializzati intor-no agli anni Cinquanta per rispondere a esi-genze di tipo economico ed ecologico: in pri-mo luogo, infatti, è un sistema intelligente di smaltimento dei rifiuti oltre che un modo per ridurre i consumi energetici e i costi delle in-dustrie; in secondo luogo, appare come una via da perseguire per risparmiare le risorse natu-rali del pianeta. Dal punto di vista ecologico, esso costituisce l’alternativa più vantaggio-sa ai sistemi convenzionali di smaltimento dei rifiuti (accumulo nelle discariche e incene-rimento in appositi impianti), che oltre a non essere più sufficienti per smaltire il sempre cre-scente carico di rifiuti prodotti, hanno un im-patto ambientale non trascurabile. Il riciclaggio infatti riduce drasticamente la quantità dei ri-fiuti, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, ma consente anche di risparmiare energia.

Le discariche rappresentano invece il sistema di smaltimento più economico, tra quelli in grado di offrire risultati soddisfacenti. La lo-ro economicità dipende dalla disponibilità di aree idonee e relativamente vicine ai luoghi di produzione dei rifiuti, la cui raccolta e il cui trasporto incidono, in genere, per il 75% sui costi complessivi.Circa i cinque sesti dell’immondizia raccolta in Italia finisce ancora nelle discariche a cie-lo aperto, ormai completamente piene. Peraltro, molto spesso nella loro gestione si sono riscon-trate infiltrazioni di organizzazioni crimi-nali. Solo la decima parte dei rifiuti, invece, rag-giunge i pochi inceneritori funzionanti (molti sono stati chiusi perché non rispettavano l’am-biente emettendo fumi velenosi), mentre nella raccolta differenziata organizzata confluisce ap-pena un ventesimo del totale dei rifiuti d’Italia.

Laraccoltadifferenziata La raccolta differen-ziata è una tecnica di disinquinamento e smal-timento dei rifiuti che consiste nel recupero di materiale (carta, vetro, lattine ecc.) usato per essere riutilizzato dopo una nuova elabo-razione: essa consente così di ridurre la quan-tità di rifiuti e di economizzare sulle materie prime. Secondo la definizione vigente del Te-sto Unico Ambientale D.Lgs. n. 152/2006 art. 183 comma 1 lett. p), è «la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico».La raccolta differenziata dei rifiuti può essere attuata in diversi modi: può essere effettuata direttamente dai cittadini, che selezionano ed eliminano i diversi tipi di rifiuti in contenitori separati o, in alternativa, all’interno di apposi-ti impianti di smistamento, dopo la raccolta di rifiuti misti.Nella maggior parte dei Paesi industrializzati si sta cercando di promuovere il riciclaggio at-traverso varie leggi. In Germania, ad esempio, un decreto ha imposto ai rivenditori l’obbligo di ritirare gli imballaggi dei prodotti venduti. Per quanto riguarda l’Italia, diverse leggi ob-bligano le Regioni a favorire la raccolta dif-ferenziata dei rifiuti e impongono ai Comuni di istituire un servizio per la raccolta differen-ziata e lo smaltimento di batterie e pile, me-dicinali, prodotti tossici e infiammabili, carta, vetro, alluminio e plastica.

Tecnicicheprelevanocampioniditerrenodiunadiscaricanoncontrollatadirifiutitossici,perprocederealleoperazionidipulituraebonificadell’areainquinata.

361

Gestionedeirifiuti

19 L’am

biente

L’incenerimento Incenerire i rifiuti significa sprecare risorse materiali per degradarle nella forma più bassa di energia, cioè calore, e quin-di il processo può presentarsi conveniente per chi opera nel settore, ma molto sconvenien-te per la società (una bottiglia di vetro riusata venti volte è un risparmio di risorse e di ener-gia molto più grande del guadagno prodotto dalla bottiglia di plastica incenerita). Inoltre va analizzato l’aspetto economico dell’incene-rimento: è davvero conveniente eliminare i rifiuti bruciandoli? E a quale prezzo un “ince-neritore”, tanto combattuto dagli ambienta-listi e dai comitati cittadini, si trasforma in un “termovalorizzatore”, capace di “recupero energetico”? Ma soprattutto chi paga questo prezzo? Parlare di impianti di incenerimento dei rifiu-ti provoca ancora oggi preoccupazione; non sono lontani i tempi in cui le aree circostanti gli impianti divenivano micidiali per la salute delle persone che le abitavano.La pericolosità degli inquinanti prodotti dagli inceneritori è comunque confermata da nu-merosi studi medici. Gli inquinanti prodotti da un moderno impianto non vengono infatti eliminati dagli strumenti di depurazione, ma semplicemente trasferiti dall’aria al suolo con le scorie e le ceneri. A tutto questo va aggiun-ta la produzione di anidride carbonica, deter-minante per l’incremento dell’effetto serra. I fautori dell’incenerimento sostengono che questa è una metodologia conveniente per ri-solvere il problema dello smaltimento dei ri-fiuti, in quanto permette di produrre energia elettrica da materiali che così riacquistano un qualche valore. Rispetto al semplice incene-rimento e al conferimento in discarica del ri-fiuto, tale affermazione è corretta, ma può di-ventare falsa se si considera il percorso che una merce compie dall’origine alla sua distruzione come rifiuto, tralasciando il fatto che brucian-do rifiuti come carta e plastica si incenerisco-no tonnellate di materie prime costose e non rinnovabili.

Ilcompostaggio Il compostaggio domestico è un processo per ricavare del buon terriccio da-gli scarti organici della cucina di casa (scarti di frutta, alimenti vari, pose di caffè, tè ecc.) e del giardino (foglie, fiori, ramaglie e quant’altro c’è di rifiuto vegetale). Basta seguire solo poche norme per ricavare del terriccio molto fertile da utilizzare convenientemente per le proprie piante, aiutando l’ambiente a smaltire rifiuti che altrimenti andrebbero persi.

La gestione dei rifiuti in Italia Ogni anno l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) pubblica un rap-porto che fotografa la situazione della gestione dei rifiuti nel nostro Paese. Diamo di seguito conto dei dati riportati dall’Annuario 2010 dei dati ambientali, che si riferisce al ciclo dei rifiu-ti del 2008.In Italia la situazione è “estremamente diversifi-cata”, tenuto conto della nuova Direttiva 2008 della Comunità europea sulla prevenzione e sul recupero dei rifiuti urbani, e del decreto legisla-tivo n. 205 del 3 dicembre 2010, con le disposi-zioni di attuazione della direttiva europea. Quanto alla produzione dei rifiuti, per la pri-ma volta nel 2008 si segnala un arresto rispet-to all’anno precedente. Tale riduzione dipende certo da politiche di prevenzione, ma anche dall’andamento del PIL e della spesa delle fa-

L’inceneritoredelquartiereSpittelaudiVienna,dall’architetturabizzarraedecoratodimaiolichecolorate.Questa

struttura,lecuiemissionisonosempresottocontrollo,sorgeapochipassidalcentrodellacittà,neipressidell’ospedalee

dell’universitàdieconomia,edèusataancheperlafornituradienergiatermicainsostituzionedellecaldaie.Oltreaquesto

Viennadisponedialtridueinceneritori,sempreincittà.

362

miglie, che sono calati a causa della crisi eco-nomica.Circa la raccolta differenziata, il dato confor-tante è che essa sta crescendo, con alcune dif-ferenze da regione a regione. Il Nord supe-ra l’obiettivo fissato dalla normativa, mentre sia il Centro che il Sud sono ancora al di sot-to, con una situazione “a macchia di leopardo” che vede alcuni Comuni raggiungere livelli di eccellenza, come per esempio Salerno. Incide maggiormente nella raccolta differen-ziata (34% del totale) la frazione organica (scar-ti di cucina e verde), seguita dalla carta e dal ve-tro. I rifiuti biodegradabili (organico, carta, le-gno e tessili) rappresentano circa il 71% della raccolta differenziata.Parallelamente alla gestione differenziata si con-solida un sistema industriale per il riciclo dei materiali raccolti separatamente (carta, vetro, plastica, alluminio ecc.), che riguarda il 18,8% del totale dei rifiuti urbani.Importante il calo dello smaltimento in disca-rica, che comunque rimane alto. Buoni i risul-tati sono ottenuti nel riciclaggio dei rifiuti di imballaggio. Con il Decreto ministeriale del 17 dicembre 2009 è stato istituito il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei ri-fiuti), tenuto a monitorare e acquisire i dati sulla movimentazione dei rifiuti speciali e la gestione dei rifiuti urbani, la cui conduzione è stata affidata al Comando Carabinieri.

Tutela del suolo

Unbenepreziosomavulnerabile Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità: è lo strato che ricopre le parti emerse della superfi-cie terrestre e che supporta gli ecosistemi ter-restri, permettendo la vita dei vegetali, degli animali, e quindi anche dell’uomo. Il suolo co-stituisce il serbatoio di elementi nutritivi e di acqua necessario alla produzione agrico-la e all’allevamento del bestiame, e quindi alla catena alimentare che garantisce l’esistenza degli esseri viventi. È inoltre fonte di fibre tes-sili e di energie, ed è il custode della memoria

storica e dell’evoluzione culturale delle comu-nità umane (testimonianze paleontologiche e archeologiche).Il suo complesso equilibrio dipende da con-tinui fenomeni di interazione tra aria, acqua, substrato geologico, organismi viventi e at-tività umane. Sono proprio queste ultime a rappresentare una grave minaccia alla sua integrità, in quanto spesso producono alte-razioni irreversibili. Il sovrasfruttamento e la gestione non sostenibile delle risorse del suo-lo interagiscono infatti con le condizioni cli-matiche e accentuano la vulnerabilità dell’am-biente.Esponiamo alcune delle principali minacce prodotte dalla crescente antropizzazione del suolo, cioè dal continuo intervento dell’uomo (anthropos in greco) per modificare l’ambiente e adattarlo alle proprie esigenze:

L’impermeabilizzazioneelacompattazionedei suoli La conversione di terreni coltiva-bili e delle aree golenali in terreni edificabili e antropizzati provoca la copertura dei suo-li con materiali impermeabili che impedi-scono la penetrazione delle acque e riducono gli elementi nutritivi necessari alle funzio-ni vitali. La situazione viene aggravata anche dalla meccanizzazione della produzione agricola, fatta con mezzi grandi e pesanti che comprimono il terreno e ne riducono la po-rosità, e dall’aumento della siccità determi-nata dagli squilibri climatici, che rende il suo-lo più compatto e sempre meno assorbente. Di conseguenza l’acqua non è più in grado di penetrare in profondità e aumenta il ru-scellamento, cioè lo scorrimento veloce delle acque in superficie. Questi fenomeni sono i principali responsabili delle alluvioni e del-le esondazioni (fuoriuscita delle acque dai loro alvei naturali), aggravate dal fatto che le precipitazioni piovose assumono sempre più un carattere monsonico (aumento della por-tata d’acqua per mm di terreno) a causa degli squilibri climatici.

Losfruttamento intensivodeisuolie la ri-duzionedellafertilità La compattazione dei suoli agricoli impedisce il radicamento delle piante, le cui radici si sviluppano non in pro-fondità ma in orizzontale, producendo un an-damento anomalo del loro ciclo vitale. A ciò si

363

Tuteladelsuolo19

L’ambiente

aggiunge l’uso intensivo di fertilizzanti, pe-sticidi e diserbanti chimici, che impoveri-scono e inquinano le sostanze organiche del suolo. A degradare i terreni sono pure gli scarichi di rifiuti tossici e le attività industria-li e civili, che provocano il rilascio nei suo-li di sostanze altamente nocive, come metal-li pesanti (come piombo, mercurio, arsenico), composti organici (come benzene e diossina) e materiali acidificanti, che tra l’altro, inqui-nando il terreno, inquinano anche gli alimenti da esso prodotti.Ne consegue che la fertilità dei suoli, cioè la loro capacità di fornire nutrienti essenziali per la crescita dei vegetali, sta diminuendo in mol-te aree del pianeta, per cui già si parla di scar-sità di terre fertili.

La riduzione della vegetazione In diverse parti del mondo si pratica la deforestazione, o disboscamento, cioè l’eliminazione intensiva delle piante nelle aree boschive per ottenere terreni da destinare all’agricoltura e all’urba-nizzazione. Il metodo più usato è quello di ta-gliare gli alberi e bruciare il sottobosco, in mo-do che la cenere fertilizzi il terreno. Dato che le piante, attraverso la fotosintesi dalla clorofil-la, contribuiscono a mantenere stabili i livelli di anidride carbonica nell’aria, la loro eccessi-va rimozione elimina il “polmone verde” del-la Terra e diventa una delle cause dell’effetto

serra e del riscaldamento globale del piane-ta. Ma non solo. La deforestazione, eliminando le piante e le loro radici che stabilizzano i ter-reni, favorisce erosioni, frane e smottamenti. Provoca inoltre l’inquinamento delle acque e del suolo e la desertificazione, e mette a rischio la sopravvivenza di molte specie ani-mali e vegetali (perdita di biodiversità) e an-che delle popolazioni locali, a cui sottrae ri-sorse vitali. Ricordiamo infatti che i maggiori responsabili dei disboscamenti su vasta scala, come quelli praticati per esempio in Amazzo-nia o in Indonesia, sono le compagnie multi-nazionali, che puntano allo sfruttamento delle risorse naturali a livello globale. Occorre co-munque segnalare che grazie agli interventi di organismi internazionali questo fenomeno è diminuito nel decennio 2000-2010, passando da 8,3 milioni di ettari di terreni disboscati a 5,2, milioni.

Ladesertificazione Rappresenta la fase estre-ma del degrado del suolo, tanto che nel 1994 è stata siglata una convenzione internazionale (UNCCD, Convenzione contro la desertificazio-ne) per cercare di combatterla. Tale Conven-zione la definisce come «il degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide sec-che, attribuibile a varie cause, fra le quali va-riazioni climatiche ed attività umane (spesso correlati tra loro). A determinarla sono prin-

SpargimentodipesticidiinunacoltivazionedimelenegliStatiUniti.L’usodiquestesostanze,detteanchefitofarmaci(medicineperlepiante)perchébloccanol’azionenocivadeivariorganisminocivi,èfinalizzatoadaumentarelerese.

364

cipalmente la siccità, gli incendi, la defore-stazione, l’urbanizzazione, l’inquinamento, le pratiche agricole non ecosostenibili, l’erosio-ne provocata dalle piogge intense e lo sfrut-tamento eccessivo dei bacini acquiferi su-perficiali e sotterranei. Le conseguenze della desertificazione sono molto gravi e spesso ir-reversibili: la perdita di biodiversità, l’impove-rimento dei suoli e la perdita di fertilità, la sa-linizzazione (cioè l’accumulo nel suolo di sali solubili che compromettono la sua qualità fisi-ca e biologica), l’aumento dei fenomeni erosi-vi e degli smottamenti, la contaminazione dei terreni e le manifestazioni climatiche estreme. Si può vedere come alcune cause coincidano con le conseguenze, proprio perché l’ecosiste-ma ha un suo equilibrio ed è molto pericoloso intaccarlo con effetti a catena di cui è difficile prevedere l’esito.

L’accaparramentodelleterrefertili A minac-ciare l’integrità dei suoli è anche un altro fe-nomeno, che recentemente ha assunto dimen-sioni inquietanti. Si tratta dall’accaparramento

di terreni (in inglese land grabbing) da parte di organizzazioni internazionali, investitori e Go-verni di Stati che scarseggiano di suoli fertili (come l’Arabia Saudita, per esempio, ma anche la Cina) in aree del mondo in cui invece ab-bondano (come l’Africa e l’America del Sud), per aumentare la propria produzione agricola o agroindustriale. Questa vera e propria “corsa alla terra” viene attuata ai danni soprattutto di Paesi poveri e di popolazioni che hanno l’agri-coltura come loro principale risorsa. Come sottolinea un rapporto del Land Matrix Partner-ship, una coalizione di organizzazioni univer-sitarie, scientifiche e non governative, «mentre la corsa all’acquisto dei terreni nei Paesi in via di sviluppo si intensifica, sono i più poveri a farne le spese». Il più delle volte, infatti, gli ac-cordi per l’acquisto delle terre danneggiano gli interessi di coloro che le coltivano e premiano le élite locali e i grandi investitori nazionali e internazionali, che decidono la compravendita dei suoli senza consultare le popolazioni locali, che invece sono tradizionalmente più attente alla difesa della terra e dell’acqua perché mol-to spesso la loro economia dipende solo da es-se. Al contrario, i nuovi acquirenti utilizzano i terreni per produzioni intensive e industrializ-zate – come quelle di biocarburanti [p.366], di canna da zucchero per la fabbricazione del rum o di fibre per tessuti – che in genere so-no altamente inquinanti e degradano il suolo e le acque. Il land grabbing ha conseguenze devastanti a li-vello alimentare e sociale: priva i contadini del loro sostentamento, negando loro la si-curezza e la sovranità alimentare, e ha un im-patto negativo sull’ambiente, in quanto i terreni vengono disboscati, impoveriti e con-taminati, con il conseguente squilibrio cli-matico. È stato calcolato che questa nuova forma di colonialismo in dieci anni ha sottratto a vario titolo (acquisto o affitto) circa 227 milioni di ettari al Sud del mondo, una superficie pari a circa un quinto dell’intera Europa.

Immaginidelladeforestazioneselvaggiadell’Amazzonia,perpetratasullanaturaalloscopodiricavaregrandispaziperattivitàproduttiveinsettoriinespansione,chegarantisconoimmediatiealtiprofitti,comeadesempioquellodeibiocarburanti.

365

Risparmioenergetico

19 L’am

biente

Risparmio energetico

Energieesauribilienocive Si è ormai affer-mata la consapevolezza che le fonti energe-tiche utilizzate nel nostro modello di svilup-po (come per esempio quelle fossili: petro-lio, carbone e gas naturale) sono limitate (e possono quindi esaurirsi) e dannose per l’am-biente, in quanto la loro combustione è causa di emissioni che alterano l’equilibrio ecologi-co. Stesso discorso vale per l’energia nucle-are, che si basa sull’utilizzo di uranio e pluto-nio, metalli esauribili e radioattivi, il cui trat-tamento pone gravi problemi legati al rischio di fuoriuscita di radiazioni dagli impianti e al-lo stoccaggio delle scorie radioattive, proble-mi per i quali non sono state trovate soluzioni accettabili in termini di rischio per la popola-zione a breve e a lungo periodo. I tanti disastri avvenuti nelle centrali nucleari (ne sono stati resi noti circa 15, ma si ritiene che siano di più) hanno provocato molti morti e un nume-ro incalcolabile di malati da esposizione alle radiazioni.

Energieecosostenibili Per questo negli ulti-mi decenni si è incentivata la ricerca di fon-ti energetiche alternative a basso impatto am-bientale, cioè rinnovabili, inesauribili ed ecosostenibili, perché il loro utilizzo non de-teriora le risorse naturali. Si sono così mes-se a punto tecnologie che sfruttano fonti di energia disponibili in modo illimitato: il sole, il vento, il calore della terra e il moto delle onde marine, che si vanno ad aggiunge-re all’acqua, già da lungo tempo sfruttata nelle centrali idroelettriche. Vediamo quali sono le cosiddette FER (Fonti Energetiche Rinno-vabili) su cui si sta puntando negli ultimi de-cenni per uscire dalla dipendenza dai carbu-ranti fossili.

Energiasolare L’energia del sole può essere trasformata in calore e in energia elettrica uti-lizzando tre tipi di tecnologie: a) pannelli solari: apparecchi che sfruttano il calore solare per scaldare un liquido speciale, che a sua volta riscalda l’acqua contenuta in un serbatoio; b) pannelli fotovoltaici: apparecchi dotati di semiconduttori che quando sono sollecitati dalla luce solare producono energia elettrica;c) specchi solari a concentrazione (o ter-modinamici): specchi parabolici o piani che concentrano i raggi solari su un serbatoio o su un tubo riempito con un termovettore (so-stanza che accumula e trasporta calore) che attraverso una caldaia genera vapore, il quale fa muovere turbine che producono energia elettrica. L’utilizzo di queste tecnologie è in crescita an-che in Italia e ormai è frequente vedere sui tet-ti delle case pannelli che forniscono acqua cal-da e riscaldamento, o nelle campagne centrali solari per la produzione di energia elettrica. Grazie alla legge il 19 settembre 2005, che re-cepisce la direttiva europea 2001/77/CE, chi installa apparecchi solari può vendere ai forni-tori di elettricità l’energia in eccesso rispetto a quella che utilizza, pagando la differenza fra quanto consuma e quanto eroga all’ente elet-trico. Nel 2011 questa tecnologia ha fornito circa il 2 % del potenziale energetico italiano.

Energia eolica È una delle prime forme di energia scoperte dall’uomo assieme a quella dell’acqua, e si basa sullo sfruttamento del ven-

MuliniaventoaCampodeCriptana,localitàdellaMancha,inSpagna.Finoallascopertadellaforzamotricedelvapore,

imuliniaventoeranousatinellaproduzionedelpane:ilmovimentodellepale,prodottodalvento,azionava

uncongegnocollegatoallamacinachetrituravailgranotrasformandoloinfarina.L’esistenzadeimulininellaMancha

delSeicentohaunacelebreattestazioneletteraria,ilDon Chisciotte,romanzodiMigueldeCervantes.

366

to per produrre forza motrice: basti pensare ai mulini a vento o alle barche a vela. Attualmen-te l’energia cinetica (cioè che produce mo-vimento) del vento viene convertita in ener-gia elettrica o meccanica grazie a generatori eolici, che possono essere ad asse orizzontale (con rotatore che si orienta parallelamente alla

direzione di provenienza del vento), chiamati comunemente “pale eoliche”, o ad asse ver-ticale (indipendenti dalla direzione del vento). I primi assomigliano a mulini a vento: sono enormi torri sormontate da grandi pale (in genere 3), il cui movimento è inviato attraver-so un rotatore al generatore di corrente elet-trica. Esistono anche impianti più piccoli, che servono ad alimentare una casa o una picco-la attività economica. I secondi sono impianti formati da una struttura fissa che fa resisten-za al vento, le cui raffiche fanno muovere una turbina che produce elettricità. In Italia sono stati installati molti impianti eo-lici – soprattutto in Abruzzo, Sardegna e Si-cilia, nelle zone in cui vi è forte ventosità –, che forniscono il 2,6 del fabbisogno elettrico nazionale.

Energia geotermica È l’energia che deriva dallo sfruttamento del calore presente negli strati più profondi della crosta terrestre, che aumenta più si penetra in profondità. Vi sono però zone ad anomalia termica, nelle quali il calore è concentrato in giacimenti geotermi-ci abbastanza superficiali, come i bacini idro-termali (nei quali l’acqua piovana o delle fal-de acquifere viene riscaldata da rocce ad alta temperatura), le aree vicine ai vulcani o quelle interessate da fenomeni di eruzione di vapori caldi, come i soffioni boraciferi, che possono arrivare anche a 130-160 gradi. In Italia esiste un impianto geotermico a Larderello, in pro-vincia di Siena, che sfrutta proprio l’energia di queste emissioni di vapore acqueo.

Biomasse Sono materiali organici di origine vegetale (come il legno) o animale, che pos-sono essere utilizzati come combustibili o tra-sformati in combustibili liquidi o gassosi. Pos-sono essere residui forestali, scarti dell’industria di trasformazione del legno (pellet e cippato) o liquami di origine animale, provenienti dal-le aziende zootecniche, con cui si produce il biogas. Rientrano nella categoria delle biomasse an-che i cosiddetti “biocarburanti”, cioè carbu-ranti ottenuti da alcuni vegetali, come la soia, il

UnacentraleeolicainCalifornia.Molticontestanogliimpiantieoliciperché–dicono–provocanorumore,dissestoidrogeologico–percostruirlibisognascavareprofondamentenelterreno–emettonoarischiolavitadeglianimali,soprattuttodegliuccellimigratori.Infine,essendounsettorenuovo,inespansione,attiranoinvestimentimaanchecorruzione.

CentralesolareperlaproduzionedienergiaelettricainCalifornia.

367

Risparmioenergetico

19 L’am

biente

grano, il mais, la bietola e la canna da zucchero, dai quali si ricavano combustibili come il bio-etanolo, il biodisel o il biometanolo. La produzione dei biocarburanti è però pro-blematica, in quanto comporta la destinazio-ne (a livello mondiale) di vaste aree agrico-le alla coltivazione dei vegetali impiegati per ottenerli. Dato che la superficie coltivabile è una risorsa scarsa, ciò rischia di privare di so-stentamento una parte enorme della popola-zione mondiale, di far aumentare i prezzi dei terreni e di impoverire i piccoli agricoltori a favore delle grandi aziende multinazionali che fanno incetta di suoli. Se quindi i biocarbu-ranti da una parte producono energia rinno-vabile ed ecocompatibile, dall’altra non sono socialmente sostenibili, perché aumentano gli squilibri nella distribuzione mondiale della ricchezza. Anche in Italia molti terreni agricoli sono de-stinati alla produzione di biomasse, che copro-no circa il 2,5% del nostro fabbisogno ener-getico.

Energiadelleondemarine La tecnologia per lo sfruttamento dell’energia del mare è ancora poco sviluppata (alla data del 2011 esisteva solo un impianto in Francia), ma si prevede un suo futuro potenziamento. È possibile convertire in elettricità almeno cinque tipi di energia pre-senti nel mare: delle onde, delle correnti, delle maree, delle correnti di marea e del gradien-te termico tra superficie e fondali. A tutt’oggi però gli impianti sperimentati hanno un basso rendimento e presentano problemi di non fa-cile soluzione. L’Unione Europea ha recente-mente identificato circa 100 siti che si possono prestare a essere utilizzati per la produzione di energia elettrica dal moto ondoso: in Italia è stato individuato lo stretto di Messina. Negli ultimi anni le fonti di energia rinnova-bili, che non producono gas serra e scorie in-quinanti da smaltire, hanno avuto un grande impulso a livello mondiale e si prevede che nei prossimi anni avranno un notevole incremen-to, anche perché la loro attivazione può garan-tire significativi vantaggi economici: permet-tono l’aumento dell’occupazione, riducono la dipendenza da carburanti importati (come il petrolio), stimolano la ricerca e l’innovazione tecnologica.

Ilrisparmioenergetico Oltre ad agire sul fron-te delle energie ecosostenibili, è importante an-che prestare attenzione al risparmio quotidiano di energia e all’efficienza degli impianti utiliz-zati, compiti, questi, che spettano ai singoli cit-tadini, ma anche alle istituzioni, che sono chia-mate a incentivare l’adozione di strategie di ri-sparmio energetico attraverso contributi o de-trazioni fiscali. Per ridurre gli sprechi di energia occorre in-nanzitutto modificare le abitudini quotidiane e adottare comportamenti consapevoli, come usare il ventilatore al posto del condiziona-tore (che consuma molta elettricità), coprir-si di più invece di aumentare la temperatura del riscaldamento, spegnere le luci che non servono e quelle di standby degli apparecchi elettronici, acquistare elettrodomestici ad alta efficienza energetica, usare lampadine e bas-so consumo… Anche a livello del trasporto è possibile fare scelte “ecosostenibili”, moven-dosi a piedi o con i mezzi pubblici quando è possibile fare a meno dell’auto, scegliendo mezzi che consumino meno carburante per chilometro e spegnendo il motore quando si è fermi. Gli esempi sono tanti e implicano un cambiamento di sensibilità e un atteggiamen-to di responsabilità nei confronti del no-stro ambiente (oltre che di attenzione a un abbassamento dei costi).Ma vi sono anche pratiche più impegnative, come quelle che servono a isolare gli edifici in modo da ridurre la dispersione di calore e ren-dere di conseguenza necessaria meno energia per riscaldarle. A questo livello si può agire su-gli infissi (porte, finestre) e sull’isolamento del-le pareti e dei tetti ecc.

“CHIUDERELAPORTA.Controlosprecodienergia”,logodiun’iniziativaambientalistaingleseperindurreifrequentatorideinegoziachiuderelaportapernondisperderecalore.

368

VERSO L’ESAME

Preparazione alla prima prova

• Tipologia B (saggio breve o articolo di giornale)

Ambito:socio-economico.

Argomento:La crescita economica.

Consegnep.22.

Documento 1

“Un tasso di crescita economica come quello della se-conda metà del Secolo breve (il XX secolo), se mante-nuto indefinitamente (ammesso che ciò sia possibile), de-ve produrre conseguenze irreversibili e catastrofiche per l’ambiente naturale del pianeta, compresa la razza umana che ne fa parte. Non distruggerà il pianeta e non lo ren-derà inabitabile in assoluto, ma certamente altererà il tipo di vita nella biosfera e potrebbe renderla inabitabile per la specie umana nelle sue dimensioni numeriche attuali. Inoltre, la moderna tecnologia ha accresciuto così verti-ginosamente la capacità della nostra specie di trasforma-re l’ambiente che, anche se la degradazione ambientale non dovesse accelerare, il tempo disponibile per risolve-re il problema non deve essere calcolato in secoli, ma in decenni (E. J. Hobsbawm, Il secolo breve, Rizzoli, Milano, 1997, p. 657).

Documento 2

“Per cogliere meglio come potrebbe essere una socie-tà della decrescita, è opportuno definire anzitutto cos’è la società della crescita. […] Si può definire la società della crescita una società dominata da un’economia del-la crescita e che da questa tende a farsi assorbire. La cre-scita per la crescita diventa in questo senso l’obiettivo principale della società, se non l’unico. Secondo la de-finizione di Joseph Schumacher, «crescita significa pro-durre di più, senza tenere conto della natura delle diver-se produzioni». Si può affermare che la “globalizzazione”, che segna il passaggio da un’economia mondiale con un mercato a un’economia e a una società di mercato senza frontie-re, rappresenta il trionfo assoluto della religione della crescita. Tuttavia, questo tipo di società non è più soste-nibile poiché supera la capacità che il pianeta è in gra-do di reggere e deve confrontarsi con i limiti e la fini-tezza della biosfera, qualsiasi argomento o artificio per porvi rimedio risulta insufficiente o fallimentare (Serge Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Mila-no 2007, p. 25).

• Tipologia D (tema di ordine generale) Tracce1. Inostricomportamentiindividualipossonoavereun’in-fluenza sull’ambiente? Rifletti su questa domanda, analiz-zandoiltuostiledivita,ituoiconsumieiltuomododismal-tireirifiuti,evalutaliallalucedellanecessitàdisalvaguardarel’equilibrioecologico.2. L’enormesviluppodell’urbanizzazionehaalteratoilpa-trimonioambientaleeculturale,provocandogravisquilibridelsistemaidrogeologicoedanneggiando,spessoinmodoirreversibile,lafisionomiaculturaledelterritorio.Qualisono,atuoavviso,glistrumentichepossonomettereunargineaquestoprocessodidegrado?

Preparazione alla terza prova

• Trattazione sintetica di argomenti 1. Elencain15righeiprincipalipuntidirotturadell’equili-brioecologico.2. Riassumiinnonpiùdi10righeilsignificatodeltermine“entropia”inrelazioneall’equilibrioecologico.3. Spiegain20righeilconcettodi“sviluppoecosostenibile”.4. Elencaleprincipalialterazionidell’ecosistemainuntestodi20righe.5. Spiegalateoriadelladecrescitainuntestodinonpiùdi10righe.6. In20righespiegaicomportamentiquotidianicheciascu-noètenutoadadottareperrispettarel’equilibrioecologico.

• Quesiti a risposta singola (massimo 7 righe) 1. Elencaleiniziativecheleistituzionieilmondodelleim-presedevonoattivareindifesadell’ambiente.2. Spiegalediverseposizionirelativealrapportotecnologiaeambiente.3. Spiegachecos’èilprotocollodiKyotoeindicalemisuredaessopreviste.4. Indicaqualisonoiprincipalisistemidismaltimentodeirifiuti.5. Checosasiintendeper“dissestoidrogeologico”?6. Checosasonoleenergierinnovabili?7. Indica le principali energie rinnovabili, mettendone inevidenzaivantaggieglisvantaggi.8. Checosasiintendeper“beneculturale”?[Bene cultu-rale ]9. Checosasignifica“antropizzazione”equalisonolesueconseguenzesull’ambiente?10. Spiegachecos’èunpianoregolatore.