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  • Iris Huteggerper il Corriere della Sera

    #129Domenica

    11 maggio 2014

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    129)

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  • 2 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 11 MAGGIO 2014

    Sommario

    corriere.it/laletturaL'inserto continua online

    con il Club della Lettura:una community esclusiva

    per condividere idee e opinioni

    SSSIl centenario

    Prospettive Linutile strage fu un evento rivoluzionarioi cui effetti si protrassero pi a lungo delle date convenzionali

    Laltra guerradei trentanni

    Il primo conflitto mondiale segn la cadutadi quattro imperi, rinnov la tecnologia,moltiplic i fronti. E fin nel 45, non nel 18di SERGIO ROMANO

    Per molti anni, dopo la fine della Grandeguerra, il tema centrale dellimmensaletteratura storica apparsa sul conflittofu quello delle responsabilit. In unaprima fase quasi tutti gli storici furonopatriottici e giustificarono il proprioPaese, cercando altrove il capro espia-torio. Qualcuno dette la colpa allimpero asburgico,ossessionato dallincubo del proprio declino. Altridettero la colpa a Guglielmo II, imperatore di Ger-mania; altri al revanscismo francese; altri ancora al-lopacit e alle titubanze della diplomazia britanni-ca. In una seconda fase gli storici divennero revisio-nisti e non esitarono a sottolineare le responsabili-t del proprio Paese, come lo storico tedesco FritzFischer in un libro intitolato Assalto al potere mon-diale, pubblicato da Einaudi nel 1965, sulle ambi-zioni egemoniche del Secondo Reich. Pi recente-mente la tesi prevalente mi parsa essere quella diun diffuso sonno della ragione che, come nei Son-nambuli di Christopher Clark, pubblicato recente-mente da Laterza, avrebbe reso tutti i Paesi corre-sponsabili di uninutile strage.

    Per quasi un secolo, quindi, la storia della Gran-de guerra una storia della colpa. Molti studiosi,con maggiore o minore distacco, hanno continuatoa descrivere le diverse politiche nazionali prima delconflitto; e il libro di Luigi Albertini sulle Origini della guerra del 1914, nuovamente pubblicato dallaLibreria Editrice Goriziana nel 2010, resta una delleopere migliori. Ma al centro di ogni studio vi era ilproblema della responsabilit. La Schuldfrage, co-me fu chiamata in Germania, fu la guerra fredda fraopposte verit che venne combattuta in Europa nellungo intervallo fra due conflitti mondiali.

    Il tema della colpa era collegato alla durata delconflitto e alle sue disastrose conseguenze politi-che. Una guerra pi breve, nello stile di quelle cheerano state combattute dagli Stati europei dopo laguerra dei Trentanni (1618-1648), non avrebbe pro-vocato il crollo di quattro imperi austro-ungari-co, tedesco, russo e ottomano , una dozzina di ri-voluzioni e la catastrofe demografica che colp lagenerazione dei combattenti. Vi sarebbero statimutamenti territoriali e altre guerre, ma dopo pi omeno lunghi intervalli di pace. il problema delladurata quindi che occorre oggi approfondire. Per-ch la guerra del 1914 fu cos diversa da quelle chelavevano preceduta?

    La prima ragione concerne gli effetti dei conflitti

    sulla stabilit degli Stati. Nel 1859 e nel 1866 lAu-stria-Ungheria aveva perduto due guerre: la primacontro la Francia e il regno di Sardegna nel 1859, laseconda contro la Prussia e i suoi alleati tedeschinel 1866. Ma la sconfitta non aveva impedito a Fran-cesco Giuseppe di conservare il trono. La guerrafranco-prussiana del 1870, invece, aveva provocatolabdicazione di Napoleone III, la Comune e lavven-to della Terza Repubblica. Luigi Napoleone era unsovrano plebiscitario, creato dal colpo di Stato del 2dicembre 1851 e dal voto popolare del 21 dicembre.La corona gli era stata data dai francesi e dagli stes-si francesi poteva essergli tolta. Ma neppure legrandi dinastie potevano dormire sonni tranquilli.La Comune aveva rivelato lesistenza in Europa diuna sinistra rivoluzionaria, pronta ad approfittaredella sconfitta per tentare la conquista del potere.Nel 1914 tutti i sovrani europei sapevano quindi chei loro troni potevano essere perduti. Fra i motividella guerra vi era stata anche la speranza che ilconflitto avrebbe compattato le loro societ nazio-nali contro il pericolo anarchico e socialista. Mauna guerra perduta, o conclusa mediocrementecon un compromesso insoddisfacente, li avrebbe esposti al rischio di una rivoluzione.

    La seconda ragione della guerra lunga fu la plu-ralit dei conflitti. Non vi fu un solo conflitto tracoalizioni che avevano obiettivi comuni. Vi furo-no almeno cinque guerre: quella franco-tedescaper la supremazia nel continente europeo, quellaanglo-tedesca per il governo degli oceani, quellaaustro-russa per la supremazia nei Balcani, quellaitalo-austriaca per la supremazia nellAdriatico equella russo-turca per il controllo degli Stretti;per non parlare di quella che fu contemporanea-mente combattuta dal Giappone per la creazionedi un impero nipponico dellAsia orientale. Nelleguerre tradizionali le regole del gioco volevanoche si combattesse finch i danni subiti erano tol-lerabili e la speranza di un vantaggio compensavail timore di nuove perdite. Non appena la speran-za della vittoria impallidiva, lo Stato che avrebbecorso rischi maggiori usciva dal gioco e comincia-va a negoziare la pace. Avrebbe perso qualche pro-vincia, ma il suo sovrano avrebbe conservato iltrono. Durante la Grande guerra la manovra futentata dalla Romania e sarebbe stata forse tentatadallItalia dopo Caporetto, ma la posta, con il pas-sare del tempo, era diventata sempre pi alta e laprospettiva di una pace separata sempre pi diffi-cilmente praticabile. Anzich essere combattutasoltanto sui campi di battaglia da militari di me-stiere, la guerra era diventata totale.

    I fattori che contribuirono a renderla tale furo-no sociali ed economici. I mutamenti democraticidel secolo precedente avevano creato societ dimassa in cui tutti, grazie alla coscrizione obbliga-toria, potevano essere chiamati alle armi. I com-battenti furono circa 65 milioni, i morti 9, i feriti21. Gli effettivi dellesercito russo, in particolare,ammontarono complessivamente a 12 milioni diuomini. Il costo diretto del conflitto super i 180

    La svolta negli studiSintitola Assalto al potere

    mondiale il libro dello storicotedesco Fritz Fischer (1908-

    1999) che nel 1961 segnuna svolta nel dibattito sullaGrande guerra. Quel saggio,

    pubblicato in Italia daEinaudi nel 1965, sosteneva

    che la Germania imperialeperseguiva una politica

    aggressiva ed espansionistadi cui la Grande guerra fu lo

    sbocco pi conseguenteAlla ricerca del colpevole

    La discussione sulle originidella guerra si riaccesa in

    vista del centenario. Tra isostenitori della prevalente

    responsabilit tedesca c lostudioso inglese Max

    Hastings, di cui pubblichiamoun intervento a pagina 4. Ilsuo libro Catastrophe 1914

    (Knopf) sta per esserepubblicato in Italia da Neri

    Pozza. Invece un altro storicobritannico, Christopher Clark,nel saggio I sonnambuli. Come

    lEuropa arriv alla Grandeguerra (traduzione di DavidScaffei, pagine 716, e 35)

    sostiene che le colpe deldisastro vanno addebitate atutte le classi dirigenti delle

    maggiori potenze europee

    i

    Speciale 19142014 Quindici pagine sulla Grande guerra

    4 Perch bisognavafermare i tedeschidi MAX HASTINGS

    5 La colpa di Berlino,un problema inglesedi TOMMASO PIFFER

    6 La prova generale dellorrore genocidadi MARCELLO FLORES

    7 Iprite, il gas che soffoca le trinceedi LUIGI OFFEDDU

    9 Mussolini e Nenni,ribelli interventistidi CLAUDIO VENZA

    10 I colombi cartograficon lelmettodi CARLO VULPIO

    11 Gli artisti a tu per tu con i conflitti di VINCENZO TRIONE

    12 La memoria cerca casa e la trova onlinedi ANTONIO CARIOTI

    13 Il cacciatore di ricordidi ELISABETTA ROSASPINA

    14 Il soldato impar a scriveredi PAOLO DI STEFANO

    16 Quei leoni guidati da asinidi PAOLO RASTELLI

    Caratteri18 Tendenze

    Romanzi in formadi Facebookdi VANNI SANTONI

    20 Recensioni/J. H. AbbottIl talento per la scritturae per il criminedi FULVIO BUFI

    21 Recensioni/Philipp MeyerIl cattivo sangue della prateriadi MICHELA MURGIA

    22 Classifiche dei libriLa pagelladi ANTONIO DORRICO

    Sguardi24 Levento

    Benvenuti in Lagunaalla casa trasparente del tdi STEFANO BUCCIe MARCO DEL CORONA

    25 Mostre/ParigiAlla festa galantedel Settecento francesedi EMANUELE TREVI

    26 Mostre/TorinoTina Modotti, la donna che sapeva troppodi SEBASTIANO GRASSO

    Percorsi29 Scuola

    Una compagnia per i disabilidi FULVIO ERVAS

    30 ControcopertinaLa sound designer sordomutaI miei suoni senza vocedi SERENA DANNA

    SSSAllinizio le interpretazioni in chiave patriottica e nazionalista. Poi la tesi di un diffuso sonno della ragione senza innocenti. Per quasi un secolo la storia di quegli eventi fu una storia della colpa, alimentata dalleccezionale durata delle ostilit

  • DOMENICA 11 MAGGIO 2014 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 3

    miliardi di dollari, quello indiretto oltrepass i165 miliardi.

    La rivoluzione industriale moltiplic la potenzadegli eserciti combattenti. La fanteria e la cavalle-ria francese andarono al fronte nella tarda estatedel 1914 in giacca blu, calzoni rossi e senza elmet-to. Il primo Natale di guerra fu festeggiato con unatregua e scambi di doni da una trincea allaltra. Manei mesi successivi tutto cambi: le uniformi, i copricapi(i soldati ebbero in dotazione lelmetto) e, soprattutto, learmi.

    Le industrie di ogni nazione adattarono al cam-po di battaglia gli straordinari progressi compiutidalla tecnologia nel secolo precedente. Furono co-struiti cannoni sempre pi grossi e potenti. Fu ac-celerato lo sviluppo dellindustria automobilistica.Furono progettati aeroplani che potevano combat-tere nei cieli e scaricare le loro bombe sul territorionemico. La competizione tra la corazza e il cannonecre navi sempre pi corazzate e, naturalmente, i carri armati. I sottomarini rivoluzionarono la guer-ra marittima, i camion rivoluzionarono la logisticadella guerra e la telefonia cambi radicalmente il sistema delle comunicazioni. Lindustria chimica simise al lavoro per creare unarma nuova: i gas asfis-sianti. La celebrazione in comune di una festa reli-giosa divenne impossibile.

    Quanto pi cresceva il numero dei morti e dei fe-riti tanto pi si allontanava paradossalmente laprospettiva di una pace negoziata. Vi furono tenta-tivi di mettere fine al conflitto fra cui la lettera ai ca-pi dei popoli belligeranti inviata dal Pontefice ro-mano Benedetto XV il 1 agosto 1917, in cui la guerrafu definita una inutile strage. Ma linvito, nel quale vi erano generiche proposte per la soluzionedi alcuni conflitti, fu considerato una molesta inge-renza della Chiesa negli affari degli Stati e non ven-ne preso in alcuna considerazione. I 14 punti delpresidente americano Woodrow Wilson, annun-ciati al mondo l8 gennaio dellanno seguente, era-no molto pi articolati della lettera papale, ma pre-supponevano la vittoria degli Alleati e non poteva-no essere graditi agli Imperi centrali. Fu quello il momento in cui cominciarono ad apparire nel lin-guaggio politico militare espressioni che avrebbe-ro dominato il secolo: guerra a oltranza, resa senzacondizioni, vittoria totale.

    particolarmente paradossale, in questo climadi duello allultimo sangue, che la Germania abbiafirmato larmistizio di Compigne quando era pursempre vincitrice allEst, occupava ancora territoridelle potenze alleate sul fronte occidentale e nes-sun soldato straniero aveva attraversato la sua fron-tiera. Non perdette la guerra sul campo di battaglia,combattendo contro gli eserciti alleati. La perdettea Kiel, dove la sua flotta si era ammutinata, ad Am-burgo, Brema e Lubecca, dove la protesta avevacontagiato altri corpi militari, a Monaco, dove il redi Baviera fu costretto ad abdicare, e infine a Berli-no, dove il leader socialista Philipp Scheidemannannunci labdicazione di Guglielmo II e proclamla Repubblica tedesca. Perdette la guerra sul fronteinterno perch il Paese era affamato dal blocco continentale. Ma la teoria della colpa, elaborata daivincitori per meglio giustificare una guerra cheaveva richiesto enormi sacrifici, produsse una pacetroppo duramente punitiva.

    Il diktat della Galleria degli specchi nel palazzo diVersailles, dove si firm il trattato di pace, non ser-viva soltanto a stroncare le ambizioni egemonichedella Germania guglielmina. Serviva anche a impe-dire che i francesi, i britannici e gli italiani trattas-sero i loro governi nelle stesso modo in cui i tede-schi avevano trattato il loro imperatore. Ma unaguerra perduta senza una reale sconfitta militare ele insensate clausole economiche del trattato di pa-ce crearono nei tedeschi il sentimento di una ingiu-stizia che altri uomini politici, negli anni seguenti,avrebbero usato per riaprire la partita. La guerranon termin nel novembre del 1918. In quella data,che viene ancora immeritatamente commemorata,cal il sipario sul primo atto di una tragedia che sisarebbe conclusa soltanto nel maggio del 1945.

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    SSSLa Germania venne battuta sul fronte interno, senza una vera sconfitta militare. Le insensate clausole economiche del trattato di pace di Versailles provocarono nei tedeschi un sentimentodingiustizia usato per riaprire la partita anni dopo

    Berlino Sopra: prigionieri di guerra sul fronte occidentale (1917-1918), una delle immagini esposte dal 29 maggio al 30 novembre 2014 al Deutsches Historisches Museum di Berlino (www.dhm.de) per la mostra 1914-1918. La Prima guerra mondiale. A destra: foto ricordo, prima della partenza per il fronte, del soldato Georg Ehrenberg con la fidanzata Frieda Milewski, al Museum Europischer Kulturen di Berlino (www.smb.museum.de) per Lemozione della guerra (dal 27 giugno 2014 al 28 luglio 2015)

    Il direttore del Corriere

    Albertini in prima lineaalla ricerca delle cause

    Luigi Albertini (1871-1941), direttore del Corrieredella Sera, fu uno dei pi influenti fautori dellintervento contro lAustria-Ungheria. Noinon vogliamo la guerra a tutti i costi; ma a tutti i costi dobbiamo impedire che in Oriente e nellAdriatico si stabilisca unegemonia della quale saremo in breve tempo le prime vittime, scriveva il 31 agosto 1914 al capo del governo Antonio Salandra, evidenziando il pericolo che un Impero asburgico vittorioso avrebbe rappresentato per lItalia. Conseguito il suo scopo, Albertini sostenne poi con grande energia lo sforzo bellico. Pi tardi, estromesso dal Corriere nel 1925 per volont del fascismo, si dedic a un enorme lavoro di indagine sulle cause che avevano portato alla Grande guerra, esaminando documenti e ascoltando testimoni diretti, con lausilio del giornalista Luciano Magrini. Ne scatur unopera in tre volumi, Le origini della guerra del 1914, pubblicata postuma tra il 1942 e il 1943, poi tradotta in inglese e riproposta di recente dalla Libreria Editrice Goriziana. Una ricostruzione dettagliata e vivace, che prende le mosse dal Congresso di Berlino del 1878 e analizza con rigore ed equanimit, pur senza rinnegare linterventismo, gli sviluppi della crisi provocata dallattentato di Sarajevo. Come ha scritto Gian Enrico Rusconi, quello di Albertini un testo ancora insostituibile e anticipatore di tesi oggi presentate come innovative. (r. l.)

    Il governo di Vienna accusa la Serbia di complicit con lazione terroristica e, con il pieno appoggio della Germania, le invia un ultimatum, mentre la Russia prende le difese di Belgrado.

    Larciduca Francesco Ferdinando dAsburgo, erede al trono dellAustria-Ungheria, viene ucciso a Sarajevo, insieme alla moglie, da un attentatore bosniaco di etnia serba, Gavrilo Princip.

    Gli spari di Sarajevo

    { 28 061914

  • 4 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 11 MAGGIO 2014

    I britannici hanno sempre avuto unidea molto chiaradi quanto avvenuto nella Seconda guerra mondiale.Sulla Prima guerra mondiale le idee sono per moltopi nebulose, anzi del tutto confuse. Perfino tra lepersone colte, poche conoscono le cause della con-flagrazione che travolse lEuropa. La convinzione pi diffu-sa condivisa da alcuni romanzieri e perfino da alcunistorici che il conflitto fu soltanto un terribile errore, lacui colpa ricadeva su tutte le potenze europee, e la sua fol-lia fu aggravata dalla bestiale incompetenza dei capi mili-tari. Lo definirei il punto di vista dei poeti: in mezzo alfango e al sangue, sentivano che nessuna causa poteva va-lere il massacro; meglio porvi fine a qualsiasi prezzo, piut-tosto che continuare a inseguire una vittoria insensata.

    A mio parere lItalia avrebbe fatto molto meglio a restar-ne fuori, invece di unirsi alla lotta nel 1915. La Gran Breta-gna invece non avrebbe potuto restare neutrale, permet-tendo alla Germania di assicurarsi legemonia sul conti-nente. Qualche anno fa lo storico sensazionalista Niall Fer-guson scrisse con la massima seriet che una vittoriatedesca nella Prima guerra mondiale avrebbe soltanto cre-ato unentit simile allUnione Europea con mezzo secolodi anticipo, e i britannici avrebbero potuto restare spetta-

    tori. Per alcuni questa opi-nione suona alquantosciocca; storici pi seri,compresi alcuni tedeschi,considerano il Reich delKaiser Guglielmo II unau-tocrazia militarizzata, la cuivittoria sarebbe stata un di-sastro.

    La civilt occidentale haquasi altrettanti motivi diessere grata per la vittoriaalleata del 1918 quanti ne haper quella del 1945. Non en-trer nel dettaglio deglieventi dellestate del 1914,ma ne fornir un riassunto.Il 28 giugno larciduca Fran-cesco Ferdinando, erede altrono austro-ungarico, fuucciso da un giovane terro-rista serbo-bosniaco, citta-dino asburgico. Gli uominial governo dellAustria vi-dero nelloltraggio un pre-testo ideale per regolare iconti con la Serbia, un vici-no sempre turbolento: al-cuni ufficiali dellesercitoserbo avevano fornito le ar-

    mi per lattentato, bench io creda improbabile il coinvol-gimento del governo di Belgrado.

    Un aspetto del 1914 sembra incomprensibile alla nostragenerazione: la maggior parte delle nazioni europee consi-derava la guerra non uno spaventoso orrore da evitare aogni costo, ma uno strumento politico a cui era lecito ri-correre. Sono possibili molte interpretazioni sul modo incui si arriv al conflitto, ma lunica ad apparire insostenibi-le che fu dovuto al caso. Ogni governo ritenne di aver agi-to in modo razionale. Nei primi giorni di luglio lAustriadecise di invadere la Serbia. Questa nazione slava godevadella protezione dello zar, quindi Vienna invi a Berlino unambasciatore per assicurarsi lappoggio tedesco nel caso di uninterferenza russa; il 6 luglio il Kaiser Guglielmo II e ilsuo cancelliere diedero agli austriaci quello che gli storicidefiniscono lassegno in bianco: una vaga promessa disostegno diplomatico, e se necessario militare, per schiac-ciare la Serbia. Si tratt di unincredibile leggerezza. Alcunistorici moderni hanno proposto elaborate argomentazionia discolpa della Germania, ma sembra impossibile evitarequesta indiscutibile verit: il governo del Kaiser sottoscris-se la decisione austriaca di scatenare una guerra balcanica,

    Il centenario

    Perch bisognavafermare i tedeschiLa causa dellIntesa era giustaLondra non poteva accettareunEuropa dominata dal Kaiserdi MAX HASTINGS

    Bibliografia

    Classici, testimonianzee liti tra gli studiosi

    La produzione editoriale sulla Grande guerra si intensificata con lavvicinarsi del centenario, a partire dai testi sulle cause del conflitto. Se ne occupa Margaret MacMillan nel saggio 1914. Come la luce si spense sul mondo di ieri (traduzione di Francesco Peri, Rizzoli, pp. 778, 28), cos come Gian Enrico Rusconi nel volume 1914: attacco a Occidente (Il Mulino, pp. 320, 24). Fanno risalire le origini della guerra allimpresa italiana in Libia Franco Cardini e Sergio Valzania nel libro La scintilla (Mondadori, pp. 216, e 19), mentre Florian Illies racconta lEuropa alla vigilia della tragedia in 1913. Lestate del secolo (traduzione di Marina Pugliano e Valentina Tortelli, Marsilio, pp. 304, e 19). La tesi che la Gran Bretagna avrebbe dovuto rimanere fuori dalla guerra esposta da Niall Ferguson nel saggio Il grido dei morti (traduzione di Aldo Piccato, Mondadori, pp. 590, 26): su posizioni opposte si colloca Max Hastings con Catastrofe 1914, che uscir a giorni da Neri Pozza. Tra le opere di sintesi: Emilio Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo (Laterza,pp. 227, 18); Norman Stone, La Prima guerra mondiale (traduzione di Giancarlo Carlotti, Feltrinelli, pp. 201, 17); Giacomo Properzj, Breve storia della Grande guerra (Mursia, pp. 168, e 12). Il tema delle evasioni dai campi di prigionia trattato da Paolo Pozzato nel libro Il coraggio della fuga (Gaspari,pp. 240, 18), mentre in Caporetto, il prezzo della sconfitta (Gaspari, pp. 260, e 24) Elpidio Ellero narra gli abusi subiti per mano austro-tedesca dalla popolazione friulana e in particolare dalle donne. Allesperienza femminile del conflitto dedicato il volume a pi voci Donne nella Grande guerra (Il Mulino, pp. 264, 22). Tra le testimonianze dirette si collocano poi il Diario di guerra del leader riformista Leonida Bissolati, ora pubblicato da Mursia in edizione integrale a cura di Alessandro Tortato (pp. 220, 16), e il diario dellufficiale di stato maggiore Angelo Gatti, intitolato Caporetto (Il Mulino, pp. 384, 15). Della fase intercorsa fra lo scoppio del conflitto e lintervento italiano tratta un altro ufficiale molto vicino a Cadorna, Roberto Bencivenga, nel libro Il periodo della neutralit, uscito nel 1930 e ora riproposto dalleditore Gaspari (pp. 191, 16,80). Il centenario anche loccasione per ripubblicare classici della storiografia: lo fa la Bur con libri come Caporetto di Mario Silvestri (pp. 316, e 12), La Grande guerra degli italiani di Antonio Gibelli (pp. 392, e 12), Il prezzo della gloria di Alistair Horne (traduzione di Paolo Scognamiglio,pp. 376, e 12). Non da meno la Libreria Editrice Goriziana, che ripropone Isonzo. Il massacro dimenticato della Grande guerra di John R. Schindler (traduzione di Alessandra Di Poi, pp. 340, 32), La Grande guerra sul fronte dellIsonzo di Antonio Sema (pp. 644, 24), Isonzofront di Alice Schalek (traduzionedi Renato Ferrari, pp. 203, 18). A sua volta il Mulino ha ristampato Il mito della Grande guerra di Mario Isnenghi (pp. 450, 15), Terra di nessuno di Eric J. Leed (traduzione di Rinaldo Falcioni, pp. 308, 14), La Grande guerra e la memoria moderna di Paul Fussell (traduzione di Giuseppina Panzieri, pp. 484, 15), Il lutto e la memoria di Jay Winter (traduzione di Nicola Rain, pp. 341, 14). (Antonio Carioti)

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    e ci condizion ogni azione degli alleati dellIntesa.Secondo ogni indicatore economico, la Germania stava

    superando Gran Bretagna, Francia e Russia; se non fosseentrata in guerra nel 1914, sono convinto che nellarco diuna generazione avrebbe dominato lEuropa con mezzi pa-cifici. Il Kaiser e i suoi generali, per, misuravano la forzacontando soldati ed erano ossessionati dalla crescente po-tenza militare della Russia. Proprio questa prospettivaspinse Helmuth Johann von Moltke, capo di stato maggio-re dellesercito tedesco, ad affermare durante una riunionestrategica segreta del dicembre del 1912: Guerra; e prima meglio .

    Considerando quanto avvenne nel 1914, sono semprepi spinto ad accettare questa semplice verit: nessunostorico degno di questo nome pensa che britannici, fran-cesi o perfino russi desiderassero un conflitto europeo; itedeschi invece, se non una guerra di cos ampie dimen-sioni, di sicuro ne volevano una balcanica, causa per ditutto quanto accadde in seguito, che avrebbero potuto evi-tare a luglio imponendo agli austriaci di fermarsi. Per talemotivo, nonostante nessuna singola nazione meriti di por-tare tutta la responsabilit del disastro iniziato nel 1914, amio parere questa deve ricadere soprattutto sui tedeschi.

    Alcuni storici, pochi, sostengono che la Gran Bretagnaavrebbe potuto restare neutrale nel 1914 e raggiungere cosuna grande prosperit. Ma difficilmente la sete di dominiodella leadership tedesca sarebbe stata placata dalla vittoriache quasi di certo avrebbe ottenuto grazie alla neutralitbritannica. Il regime del Kaiser non entr in guerra con ungrandioso progetto per il dominio mondiale, ma i suoi ca-pi intravidero presto nuove possibilit di ricompense daesigere dagli Alleati in cambio di un armistizio.

    Il 9 settembre 1914, quando Berlino ritenne imminentela vittoria, il cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg stil un elenco di richieste. La Francia doveva ce-dere alla Germania tutti i suoi depositi di minerale di ferro,la regione di frontiera di Belfort, una striscia di costa daDunkerque a Boulogne dove insediare veterani tedeschi, ele pendici occidentali dei Vosgi; le sue fortezze strategicheandavano demolite e dovevano essere pagati enormi risar-

    LautoreMax Hastings, storico inglese,

    interverr il 24 al festivalStoria di Gorizia, intitolato

    Trincee e dedicato allaGrande guerra, dove ricever il

    premio Friuladria Il romanzodella storia, promosso da

    Storia e Pordenonelegge conil sostegno di Banca Popolare

    FriulAdria-Crdit Agricole

    i

    schiera al fianco di Vienna. Il 1 agosto Berlino dichiara guerra alla Russia, poi il3 agosto alla Francia. Quando i tedeschi invadono il Belgio neutrale, entra in guerra contro di loro la Gran Bretagna.

    Insoddisfatta per la risposta di Belgrado allultimatum, il 28 luglio lAustria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia. Lo zar Nicola II decreta allora la mobilitazione generale e la Germania si

    Scatta la reazione a catena

    { 28 071914

    LondraLondra celebra la Grande guerra con la mostra The Great War in Portraits aperta fino al 15 giugno alla National Portrait Gallery di Londra (www.npg.org.uk). Curata da Paul Moorhouse, lesposizione propone un insieme eterogeneo di foto, filmati, documenti darchivio, dipinti e sculture di artisti celebri come Nevinson, Orpen, Rogers, Sickert, Kirchner, Epstein. Sopra: il fotomontaggio I Valorosi e i Dannati realizzato con i ritratti di 40 uomini e donne (pi o meno celebri) che parteciparono alla Grande guerra: sicuramente uno degli angoli pi visitati della mostra. Nella fotografia sono riconoscibili tra gli altri: il poeta e romanziere Robert Graves (quinto da sinistra, prima fila dallalto); il pittore William Orpen (settimo da sinistra, prima fila dallalto); il Barone Manfred von Richtofen (quarto da sinistra, seconda fila dallalto); un anonimo soldato Maori (quinto da sinistra, seconda fila dallalto); la crocerossina Edith Cavell (seconda da sinistra, terza fila dallalto); Harold Gilles, uno dei padri della chirurgia plastica (terzo da sinistra, terza fila dallalto); il poeta e pittore Isaac Rosenberg (primo da sinistra, quarta fila dallalto); la ballerina e spia Mata Hari (quinta da sinistra, quarta fila dallalto)

    La genesi Per i britannici neutralit inattuabile, Roma doveva astenersi

  • DOMENICA 11 MAGGIO 2014 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 5

    L a Prima guerra mondiale fu unacatastrofe inutile? O fu una guer-ra giusta per fermare lespan-sionismo tedesco? A chi va attri-buita la responsabilit del con-flitto? Ai tedeschi, oppure a tutte le po-tenze europee, che contribuirono allo stesso modo a trasformare un conflittolocale in uninutile strage? E oggi, chericorrono i cento anni dallinizio del con-flitto, che cosa commemoriamo? La vit-toria delle forze democratiche oppure lasconfitta di tutti i contendenti?

    Domande che vengono da lontano, dalgiorno stesso in cui cessarono i combat-timenti. A fissare i primi paletti furono lepotenze vincitrici, che nel 1919 vollero in-scrivere nel trattato di Versailles la re-sponsabilit della Germania per lo scop-pio della guerra. Sappiamo come and afinire: i tedeschi, umiliati dal trattato, sigettarono nelle braccia di Hitler, chespazz via lordine di Versailles. Ma anchelinterpretazione storica sulla quale si ba-sava il trattato non resse alla prova deltempo. La constatazione che la pace diVersailles aveva spianato la strada al-lascesa del nazismo aveva lasciato il se-gno: in quella luce, la fine del primo con-flitto mondiale appariva pi come liniziodi unulteriore tragedia che come una vit-toria da celebrare.

    Nel 1951, la commissione franco-tede-sca chiamata a formulare raccomanda-zioni su come trattare la Grande guerra nei libri di testo stabil che a nessuna na-zione poteva essere attribuita la volontpredeterminata di causare un conflitto.Alla fine degli anni Cinquanta la comuni-t degli storici era orientata per una ri-partizione delle responsabilit sfumata,dove ogni attore aveva contribuito alla ca-tastrofe attraverso leggerezze ed errori dicalcolo. Fu allora che scoppi il caso FritzFischer, dal nome del docente tedesco che nel 1961 torn a sostenere che nel1914 la Germania aveva cercato il conflittoper imporre il suo dominio sul resto del-lEuropa. Secondo Fischer, le cui tesi so-no ora parzialmente riprese da Max Ha-stings, gran parte della responsabilit an-dava quindi attribuita alla Germania, chenel 1914 avrebbe perseguito obiettivi nondiversi da quelli del 1939.

    Ne segu un dibattito infuocato, che sitrascin per anni, con la maggioranza de-gli storici tedeschi che rigettavano le tesidi Fischer, e gran parte dei media che leappoggiavano. Oggi, nonostante gli sto-rici concordino sul peso della politica te-desca nello scoppio del conflitto, la re-sponsabilit tornata a redistribuirsiequamente tra le cancellerie delle poten-ze europee, che portarono il continente alla catastrofe senza rendersene conto.

    Questo dibattito ha sempre avuto pro-fonde implicazioni politiche, fin daquando nel 1919 le nazioni alleate aveva-no messo per iscritto la responsabilit diBerlino per imporle il peso delle ripara-zioni di guerra. In Germania, la disputa sulle tesi di Fischer and ben al di l dellacerchia degli storici, arrivando a coinvol-gere il governo federale. Mentre proprionel 1961 il processo ad Adolf Eichmann ri-

    portava lattenzione sul genocidio opera-to dai tedeschi, la tesi di Fischer rischiavadi minare il tentativo della GermaniaOvest di presentarsi come un partner af-fidabile per gli alleati occidentali: se ilReich del 1939 non era altro che una ver-sione aggiornata di quello del 1914, di-ventava difficile presentare la parentesinazista come unaberrazione, con la qua-le Bonn non aveva niente a che fare. Nel1964, nel pieno di un dibattito che non cennava a placarsi, il governo tedescotent di bloccare un tour di presentazionidi Fischer negli Stati Uniti. Non ci riusc,e cos lo storico gir lAmerica con addos-so la veste del martire della libert di pen-siero. In Inghilterra la polemica scaturitadal libro di Fischer fu meno accesa, an-che perch il sentire comune non avevamai smesso di attribuire alla Germania laresponsabilit della guerra.

    Oggi invece proprio in Gran Bretagnache emergono i nodi storico-politici piinteressanti. In gioco vi sono i rapporti del Paese con lUnione Europea, ma an-che una ridefinizione dellidentit nazio-nale inglese. Niall Ferguson, nel corso diun doppio documentario della Bbc delfebbraio scorso che lo contrapponevaproprio a Max Hastings, ha sostenutonon solo che con il suo intervento Londraprotrasse inutilmente il conflitto, mache, se la Germania avesse vinto, il risul-tato sarebbe stato qualcosa di simile al-lodierna Unione Europea a guida tede-sca. Ferguson aveva gi sostenuto questatesi nel 1998 in La verit taciuta (Corbac-cio, 2002), un saggio ora riproposto daMondadori con il titolo Il grido dei morti.

    Gli storici inglesi hanno reagito con uncerto sdegno, ma pi che aggiungerequalcosa sulla natura del conflitto questatesi la dice lunga sul rapporto ambivalen-te dello stesso Ferguson, e di parte dellasociet inglese, con le istituzioni comu-nitarie. Da tuttaltra sponda, stato il mi-nistro conservatore allIstruzione, Micha-el Gove, a infiammare il dibattito con unarticolo pubblicato in febbraio sul DailyMail, nel quale accusava gli storici disinistra di non valorizzare abbastanzaleroismo dei soldati inglesi che con il lo-ro sacrificio avevano fermato la barbarietedesca. Secondo Gove, che lestate scor-sa era stato costretto a ritirare davanti auna valanga di critiche un nuovo pro-gramma per le scuole tutto incentratosullidentit inglese, il conflitto fu unaguerra giusta contro il darwinismo so-ciale e lespansionismo tedesco.

    Lo storico di Oxford Richard Evans, di-rettamente chiamato in causa tra coloroche si dedicherebbero a denigrare valo-ri come il patriottismo, lonore e il corag-gio, ha ribattuto che il ministro unignorante, sottolineando che la Primaguerra mondiale era stata una tragediaper tutti e che quindi cera poco da fe-steggiare. La polemica sulle origini dellaGrande guerra ha cento anni, ma proprionon li dimostra.

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    La polemica sulle originiha implicazioni politiche

    La colpa di Berlinonella crisi del 1914oggi soprattuttoun problema inglese

    di TOMMASO PIFFER

    Passato e presente

    Emerge la diffidenza verso lUe

    cimenti in denaro. Il Lussemburgo sarebbe stato diretta-mente annesso, il Belgio e lOlanda trasformati in Stati vas-salli; le frontiere della Russia drasticamente ridimensiona-te, un vasto impero coloniale creato nellAfrica centrale, in-sieme con ununione economica tedesca estesa dallaScandinavia alla Turchia.

    Machiavelli osservava che le guerre iniziano quandovuoi, ma non finiscono quando ti piace. Fra il 1914 e il 1918,quale governo alleato responsabile avrebbe potuto conce-dere una pace come quella pretesa dalla Germania? an-cora difficile capire come, una volta iniziato il conflitto, glistatisti alleati avrebbero potuto tirarsene fuori prima chene fosse deciso lesito sul campo di battaglia. Si permessoche il punto di vista dei poeti distorcesse drasticamentela percezione moderna. Mentre la Prima guerra mondialefu una catastrofe indicibile per lEuropa, un errore consi-derarla futile, almeno da una prospettiva britannica.

    Nei primi anni Venti la storia della Grande guerra fu sop-piantata dal dibattito fra i suoi critici. Costoro furono mol-to influenzati dalleconomista John Maynard Keynes, unfervido simpatizzante dei tedeschi, il quale condann aspramente lingiustizia del trattato di Versailles del 1919,senza peraltro prendere in considerazione per un attimo lapace capestro che sarebbe stata imposta da una Germaniavittoriosa.

    Fra lavversione di molti europei occidentali nei con-fronti della Prima guerra mondiale e il loro trionfalismo ri-guardo la Seconda c un contrasto stridente, e decisamen-te esagerato. Nessuna persona sensata potrebbe suggerireche questanno dovrebbe diventare unoccasione per cele-brare il conflitto o la vittoria, ma mi piacerebbe sperare chei politici e i media si libereranno dagli stanchi e sterili cli-ch sulla inutilit di questa guerra e riconoscessero che laGermania del 1914 rappresentava una forza malvagia, il cuitrionfo doveva essere impedito. Tutte le morti in ogniguerra sono motivo di compianto, ma lunica alternativa credibile allenorme sacrificio compiuto dagli Alleati sa-rebbe stato il prevalere delle forze della tirannia.

    (traduzione di Patrizia Vicentini e Lorenza Lanza) RIPRODUZIONE RISERVATA

    invece successo loffensiva del generale Aleksej Brusilov contro gli austro-ungarici in Galizia. Inferiori alle armate tedesche, le forze russe reggono il confronto con quelle di Vienna.

    Le truppe dello zar invadono il territorio tedesco della Prussia orientale, ma vengono sconfitte il 30 agosto nella battaglia di Tannenberg e poi in quella dei Laghi Masuri (14 settembre). Ha

    La Germania respinge i russi rinunciare allidea di una guerra lampo da vincere rapidamente. Ma sono penetrate per centinaia di chilometri in territorio francese, dove rimarranno fino allultima fase del conflitto.

    Limpetuosa avanzata tedesca dal Belgio verso Parigi viene bloccata dai francesi sul fiume Marna, a breve distanza dalla capitale. Il 12 settembre le armate del Kaiser ripiegano e devono

    Il miracolo della Marna

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  • 6 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 11 MAGGIO 2014

    Il centenario

    Contro lumanit Il massacro di un milione di armeni solo il segnale pi vistoso dellavvio di una deriva che porter ad Auschwitz

    La prova generale dellorrore genocidaDeportazioni,stragi, stupri:le atrocitsui civilipreannunciano un cupo futuroE rimangonotutte impunitedi MARCELLO FLORES

    L a memoria pi vicina e pi fortedella Seconda guerra mondiale,in cui la met delle vittime sonostate civili, ha fatto spesso di-menticare che i crimini di guerrae contro lumanit hanno fatto la lorocomparsa nel primo conflitto mondiale. Le convenzioni dellAia del 1899 e 1907avevano stabilito quali fossero, nel corsodi una guerra, i comportamenti ritenutilesivi della dignit, dellonore, di un sen-timento di umanit che dovevano soprav-vivere anche in epoca bellica. Ma gi nelcorso del 1915 e del 1916 erano apparsi di-versi rapporti sulle atrocit commessedallesercito tedesco in Belgio e Francia,su quelle delle truppe austriache in Ser-bia, su quelle dellesercito turco ai dannidelle minoranze dellImpero ottomano.Ma sar soprattutto nel corso della confe-renza di pace di Parigi che, nel marzo1919, una commissione sulle responsa-bilit degli autori della guerra e sullappli-cazione delle punizioni presenter unampio e dettagliato rapporto che elenca-va 32 crimini di guerra e allegava 30 pagi-ne di esempi che enumeravano i luoghi ei tempi in cui essi erano stati commessi.

    Unanticipazione drammatica di quan-to sarebbe accaduto si era gi avuta du-rante le due guerre balcaniche che, nel1912-13, costituirono la premessa al con-flitto mondiale. Anche in questo caso, nel1914, era stato pubblicato un rapporto, vo-luto dalla Carnegie Foundation e stilatoda giuristi di sei Paesi, in cui erano elen-cati gli orrori commessi da tutte le particoinvolte (nella prima guerra la Lega bal-canica contro lImpero ottomano; nellaseconda il conflitto era scoppiato tra imembri della Lega, la Bulgaria contro isuoi ex alleati Serbia, Grecia e Montene-gro).

    Un ampio affresco in due tomi dellostorico inglese Mark Levene sugli orroridei genocidi novecenteschi, The Crisis ofGenocide, dedica la prima parte proprio aicrimini commessi tra il 1912 e il 1918, mo-strando come nellarea prevalente deimassacri (i Balcani, il Caucaso, lAnatolia)in realt le violenze continuarono fino al-meno al trattato di Losanna del 1922, pro-seguendo sulla linea di quelle commessenegli anni precedenti. Levene inquadralintero sviluppo mondiale moderno del-lOttocento e Novecento come un conte-sto che favorisce il genocidio e vede le cri-si delle semiperiferie dove pi gravi so-no le violenze come conseguenza delgenerale conflitto tra le grandi potenze inquelle zone che devono reggere limpattodel collasso degli imperi tradizionali.

    Cercando di superare il contrasto tracoloro che vedono lorizzonte della guerracome il contesto pi propizio per le peg-giori violenze o, al contrario, come il ri-sultato di dinamiche che localmente han-no gi il segno della barbarie, Levene cer-ca di comprendere la violenza intreccian-

    do le circostanze da cui nasce ilconflitto con la esperienza in cui essosi concretizza. Per i serbi, ad esempio, gliislamici macedoni potevano essere assi-milati, mentre i musulmani albanesi do-vevano essere deportati o sterminati, inquanto gruppo che sembrava costituireuna minaccia particolarmente pericolosa.

    proprio la percezione della minacciarappresentata da un gruppo avverso (na-zionale, etnico, religioso) a costituire in genere la molla delle atrocit, oltre alla spirale di vendetta e controvendetta. Senel corso della prima guerra balcanicamigliaia di musulmani ottomani vengonouccisi dalle truppe serbe e bulgare nelcorso della deportazione di oltre 200 miladi loro, nella seconda saranno i greci a di-struggere 160 villaggi e a giustificare nel-lestate del 1913 le loro atrocit, sostenen-do che i bulgari non erano uomini e checon i barbari occorre comportarsi da bar-bari. I massacri dei serbi nei confronti de-gli albanesi per ridurre il loro peso de-mografico in Kosovo toccano lapicenel settembre 1914, quando la repressionedi un tentativo di rivolta conduce allan-nientamento del distretto di Luma e allafuga dei 25 mila sopravvissuti.

    quindi senza soluzione di continuitche si succedono gli eccidi, le deportazio-ni, le violenze che accompagnano le pri-me terribili battaglie del conflitto mon-diale (Charleroi, Marna, Tannenberg, La-ghi Masuri, Langemarck, Cer). La novit,in questo caso, data dal luogo in cui av-vengono le atrocit e da chi le commette.Nellagosto-settembre del 1914, infatti, so-no i soldati tedeschi a creare il terrore trale popolazioni del Belgio e della Franciadel nord. Con la scusa del timore di spie edella presenza di francs-tireurs (civili ar-mati), come nella guerra franco-prussia-na di quarantanni prima, il generale vonBlow autorizza il 9 agosto la presa e ucci-sione di ostaggi e lincendio dei villaggidove i tedeschi hanno trovato resistenza.A Dinant quasi 700 persone (donne ebambini compresi) vengono allineate e uccise il 23 agosto, mentre due giorni do-po lincendio di Lovanio distrugger lapreziosa biblioteca medievale, uccidendocirca 250 persone.

    Certo, in termini numerici, le 6.500 vit-time civili del Belgio sono poca cosa di fronte a oltre un milione di morti che conter, di l a un anno, il genocidio degliarmeni da parte ottomana, o ai massacridegli assiri e alla deportazione dei greci; oalle altre deportazioni di cui sono vittime

    in Russia oltre 300 mila tedeschi del Volgainviati in Siberia, o 100 mila ebrei rimossidalle aree vicino al fronte e mandati in Po-lonia, mentre i cosacchi nel settembre1914 entrano nella capitale della Galizia,Leopoli, uccidendo coloro che sono rima-sti e distruggendo la citt.

    La deportazione larma privilegiata,perch permette di uccidere o di far mori-re indirettamente una gran quantit dinemici presunti, impossessandosi di be-ni e villaggi e lasciando spesso alla popo-lazione locale il compito di intervenirecontro le minoranze (ma queste mino-ranze, in Russia, sono oltre sette milionidi persone che saranno rimosse dalle lorocase nel corso della guerra e saranno vitti-me della violenza militare dellesercito za-rista e a volte anche di quello nemico).

    Lo stupro di massa nei confronti delledonne e spesso delle bambine deivillaggi occupati fu una costante che anti-cip e accompagn le distruzioni e le de-portazioni. Ci avvenne in particolare, econ decine di migliaia di casi, nel corso della deportazione degli armeni, del-lespulsione degli ebrei dalle regioni occi-dentali della Russia, dellinvasione dellaGalizia, delloccupazione austro-ungaricae bulgara della Serbia. Autorizzati e inco-raggiati dalle gerarchie militari, gli stupridi massa si rivelarono strumenti del ge-nocidio e della snazionalizzazione. Quellicommessi sul fronte orientale e balcanico di gran lunga la maggioranza passa-rono per quasi inosservati, mentre fu al-le centinaia compiuti da parte tedesca inBelgio e Francia che si diede particolareattenzione, anche se prevalentemente daparte di organizzazioni femminili.

    La commissione che nel marzo 1919consegna il suo rapporto sulle violazionidelle leggi di guerra e sui crimini con-tro lumanit e la civilt (come le grandipotenze avevano dichiarato nel maggio1915, avvertendo la Turchia che tutto il suogoverno sarebbe stato ritenuto colpevoledei massacri degli armeni da poco inizia-ti) indica come responsabilit principalidelle armate tedesche, austriache e otto-mane, i massacri e il terrorismo sistema-tico, la messa a morte degli ostaggi, la tor-tura di civili, la deliberata riduzione allafame, lo stupro, il sequestro di ragazze edonne per la prostituzione forzata, la de-portazione, le condizioni inumane del-linternamento, il lavoro forzato dei civilinel corso di operazioni militari.

    Di alcuni di questi delitti si erano resiresponsabili anche le potenze vincitrici. Ma il disaccordo politico (e soprattutto lopposizione americana alla definizionestessa di crimini contro lumanit e allin-staurazione di un tribunale internaziona-le) imped che perfino per le nazionisconfitte scattasse la risposta di una giu-stizia internazionale che pure sembrava avere individuato ci che era accaduto.

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    La via dello sterminioLo storico britannico Mark

    Levene, docente dellateneodi Southampton, ha appena

    pubblicato presso OxfordUniversity Press un ampio

    lavoro in due volumi, TheCrisis of Genocide, nel quale

    fa risalire alle guerrebalcaniche e al primo

    conflitto mondiale le originidella Shoah e del Gulag

    Una serie di saggiIl primo volume dellopera diLevene sintitola Devastation.

    The European Rimlands,1912-1938 (pp. 576, 85).Il secondo Annihilation. The

    European Rimlands, 1939-1953 (pp. 560, 85).

    Questo lavoro si aggiunge aun altro studio in due volumi

    di Levene, Genocide in theAge of the Nation State,

    pubblicato nel 2005dalleditore I. B. Tauris

    I Balcani in fiammeLa prima guerra balcanica

    esplose nellottobre 1912 eport alla sconfitta della

    Turchia da parte della Legabalcanica, composta da

    Serbia, Grecia, Bulgaria eMontenegro. Nel maggio

    1913 limpero ottomano fucostretto a cedere la

    Macedonia e gran partedella Tracia. La seconda

    guerra scoppi nellestate1913 tra la Bulgaria e le

    altre nazioni della Legabalcanica e segn una forte

    espansione della Serbia

    i

    1915

    1914

    1916

    1917

    1918

    Genocidio degli armeni e degli assiri in Turchia

    I tedeschi usano per la prima volta i gas asfissianti a Ypres (Belgio)

    Aprile 1915

    1.000.000

    300Gli ebrei uccisi

    a Leopoli,nella Galizia

    austriaca,dai cosacchi russi

    Sedicimilavengono cacciati

    dalle loro case

    Settembre 1914

    La nave ingleseBaralong affonda

    il sommergibiletedesco U-27:

    i superstitidel naufragio

    vengono uccisi

    Agosto 1915

    I bulgari reprimononel sangue

    una rivolta serbanel distretto di Toplica

    Ottomila ragazzinesono vendute

    agli haremdi Costantinopoli

    Aprile 1917

    2.000

    20.000

    Serbi massacratidai bulgaria Bogumili

    (Macedonia)

    Gli inglesiusano i gas

    asfissianticontro tedeschi

    a Loos, in Francia

    Settembre 1915

    Settembre 1918

    Armeni uccisia Bakudagli azeri

    9.000

    CORRIERE DELLA SERA

    Maggio 1915

    Un sommergibiletedesco affondail piroscafoLusitania

    1.198

    Dicembre 1914200

    Attacco navaletedescoalla popolazionecivile inglese

    Gennaio-febbraio 1915

    600

    300

    12

    i serbi uccisia Surdulicadai bulgari,

    alleati degli austro-tedeschi

    Attacchi aereitedeschi

    sulle citt inglesi

    Agosto 1914

    I civili belgiuccisidallesercitotedesco

    6.500

    I crimini della guerraxxnumero dei morti entit delleccidio

    Uninchiesta inutileAlla Conferenza di pace

    una commissione apposita raccolse un dossier sulle

    peggiori violenze che per non ebbe alcun seguito

    SSS

    tre battaglie nel 1915, nel 1917 e nel 1918. Il fronte si stabilizza dal confine svizzero al Mare del Nord e comincia la guerra di trincea, in cui lievi avanzate costano ai contendenti perdite enormi.

    Il tentativo della Germania di occupare i porti di Dunkerque e Calais, sulla Manica, sinfrange in novembre contro la resistenza alleata presso la cittadina belga di Ypres, che sar teatro di altre

    Fallisce la corsa al mare dei tedeschi

    { 22 111914

  • DOMENICA 11 MAGGIO 2014 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 7

    La storia della conquista del Belgio (come la Polonia nel 39) e della sua resistenza

    Diclorodietilsolfuro (iprite)Il gas letale soffoca le trincee

    Paralleli

    dal nostro corrispondente a Bruxelles LUIGI OFFEDDU

    U no chiffon de papier, unbrandello di carta. Allasera del 4 agosto 1914, an-dava considerata cos lapromessa di neutralitgarantita al Belgio dalle cinque po-tenze europee, fra cui la Germania.Lo disse chiaro e tondo il cancellieretedesco Theobald von Bethmann-Hollweg, nella lingua dei diplomati-ci, allambasciatore britannico aBerlino, sconvolto da quelle parole.Perch la promessa fatta a Bruxellesera un patto solenne che risaliva al1830, anno di nascita del Belgio in-dipendente. Era la parola donore diun continente intero. Ma fu strac-ciata lo stesso. Una manciata di oredopo, il piccolo Belgio fu invaso dal-la grande Germania, che da annicon il suo piano Schlieffen punta-va alle Fiandre e al mare per poi ac-cerchiare la Francia e subito dopoaffrontare la Russia zarista. Poi si mossero gli eserciti degli altri gi-ganti, da Parigi a San Pietroburgo ea Londra.

    Era linizio della Grande guerra,un secolo fa, lo scontro atteso fra ilmondo germanico, quello anglo-sassone, quello franco, quello slavo,quello italico-mediterraneo. E fra grandi strateghi, o eroi nascosti: co-me si vide quando, travolti dallim-peto degli invasori, i belgi risposeroa colpi di alta marea, aprendo lechiuse di Nieuwpoort sulla costa eallagando le campagne dellYser,che per i tedeschi si trasformaronoin paludi invalicabili: un episodioquasi sconosciuto, raccontato daIan F.W. Beckett nel suo libro La pri-ma guerra mondiale. Dodici puntidi svolta (Einaudi).

    La Grande guerra fu anche unoscontro di dominatori idealisti, se-condo (pochissimi) storici, o di co-lossi industriali in fase di sovrap-produzione, secondo altri. Ma lochiffon de papier stracciato dallemani del Belgio non sarebbe rima-sto il solo, nella storia dEuropa.Venticinque anni dopo, si rivelaronoun brandello di carta anche lepromesse fornite da un altro cancel-liere tedesco, Adolf Hitler, a un altroPaese fragile, la Polonia. Il 1 set-tembre 1939, una sbarra di confinein un bosco fu sollevata da un mani-polo di soldati tedeschi, che una fo-

    to cattur per sempre nel loro gesto:il sigillo della pace stuprata, dellEu-ropa dimentica di se stessa; e diqualcosaltro ancora, un Male maiprima concepito, la strage del popo-lo ebraico. La Polonia come il Bel-gio, micce di un incendio che divorpoi tutto: poche ore dopo il levarsidella sbarra, ricominci lApocalis-se.

    E in Belgio, come in Polonia, tuttoquesto non mai stato dimenticato.La sensazione del colpo alle spallenon mai sbiadita nella memorianazionale, seppure divisa nelle duecomunit di lingua e storia diversa, ifiamminghi e i valloni francofoni. Anzi, ha continuato ad acuire vec-

    chie ferite: perch se per lultima guerra mondiale storicamente ac-certata lesistenza di un forte colla-borazionismo vallone (Lon Degrel-le) o fiammingo (Staf De Clercq) alfianco dei nazisti, anche sulle origi-ni del primo conflitto sono semprecircolate voci su frange fiammingheche avrebbero agevolato linvasionetedesca, per la tradizionale avversio-ne ai valloni francofoni e alla loromadre, la Francia.

    Altre memorie sono sempre l, daun secolo: il diclorodietilsolfuro, ilgas usato per la prima volta pare dai tedeschi nel 1915 ha un nomeben pi noto, iprite, poich derivadalla citt belga di Ypres, le cui trin-cee furono trasformate in atroci luo-ghi di esperimenti chimici. Allini-zio di tutto, fra Belgio e Germania,lorgoglio del primo e la determina-

    zione bellica della seconda forma-rono in 48 ore una miscela deva-stante. E basata, ancora una volta, sudue chiffon de papier. Primo docu-mento: Ore 19 del 2 agosto 1914, Le-gazione imperiale tedesca a Bruxel-les. Estremamente riservato Lemisure prese dai nemici della Ger-mania (i francesi, ndr) lobbligano aviolare il territorio belga. Poi: seil Belgio non sar ostile, verr in-dennizzato. Se no, sar consideratoun nemico di Berlino.

    Cera anche qualcosa di non det-to: il piccolo Belgio aveva ricche co-lonie in Africa, come il forziere delCongo, e la Germania padronadel Tanganika o della Namibia ambiva a divenirne lerede. Lultima-tum di Berlino celava pure questo,fra le righe. Ma i belgi non potevanoaccettare. E cos, ecco la risposta del3 agosto: Se il Belgio accettasse, sa-crificherebbe lonore della nazionee nello stesso tempo tradirebbe isuoi doveri verso lEuropa.

    Bruxelles non poteva sostenere alungo lassalto di un esercito cospotente. In poche settimane, i tede-schi piallarono villaggi e battaglioninella loro corsa verso nord. Poi perci fu la parentesi eroico-geniale diNieuwpoort, sul Mare del Nord. Co-me raccontato nel libro di Beckett,un ingegnere e un vecchio battellie-re, cui sono dedicati due monu-menti sul posto, furono i probabiliideatori delloperazione. Il generalefrancese Ferdinand Foch e i capidellesercito belga si contesero poi ilmerito di aver autorizzato linonda-zione. E Gerald Dingens, il guardia-no della chiusa di Nieuwpoort, co-ordin tutto. Raccontarono pi tar-di i diari di guerra tedeschi: Lamattina del 30 (ottobre 1914, ndr) letruppe in avanzata si trovarono im-merse nellacqua fino alle caviglie,poi il livello era salito gradualmentee ora si trovava allaltezza delle gi-nocchia, e a malapena riuscivamo atrascinare i piedi fuori dal terrenoargilloso. Lauto-inondazioneferm, almeno in quella zona, letruppe del Reich. Il Davide belgaaveva trasformato in un bagno difango la marcia trionfale del GoliaKaiser.

    [email protected] RIPRODUZIONE RISERVATA

    ViennaSopra: Egon Schiele (1890-1918), Ritratto di un giovane volontario dei lancieri (1916), una delle opere in mostra al Leopold Museum fino al 15 settembre (www.leopoldmuseum.org) per Larte nonostante tutto! Austria 1914-1918 . In alto, nella pagina accanto, da sinistra: Albin Egger-Lienz (1868-1926), Danza di morte (1908) al Belvedere fino al 9 giugno (www.belvedere.at) per Danza macabra. Egger-Lienz e la guerra; Volontari e cani sanitari raccolgono fondi per i soldati in battaglia (1916) al Wien Museum dal 16 ottobre al 18 gennaio 2015 (www.wienmuseum.at) nellambito della mostra Vienna nella Prima guerra mondiale. Scene di vita quotidiana in citt nelle fotografie e nei disegni

    F R A N C I A

    GER

    MA

    NIA

    OLANDA

    Ypres

    Questa lunica parte del Belgio che i tedeschi non occupano, fermati dalla resistenza alleataa Ypres e dallinondazione artificiale dellarea del fiume Yser

    BELGIO

    E. L

    AMED

    ICA

    LiegiBruxelles

    AnversaOstenda

    Linvasione

    in guerra il 29 ottobre 1914 al fianco di Vienna e Berlino. Ma loperazione si arena di fronte allostinata resistenza ottomana. Gli Alleati si ritireranno da Gallipoli allinizio del 1916.

    Un corpo di spedizione a guida britannica sbarca il 25 aprile 1915 a Gallipoli, nello stretto dei Dardanelli, per cercare di occupare Costantinopoli e mettere fuori gioco la Turchia, entrata

    Lo scacco inglese a Gallipolimaggioranza dei deputati contraria, ma il governo di Antonio Salandra forza la mano al Parlamento, con lappoggio del re, anche grazie alle agitazioni degli interventisti, tra cui Benito Mussolini.

    Dopo aver concluso in segreto il patto di Londra (26 aprile 1915) con le potenze dellIntesa (Francia, Gran Bretagna e Russia), lItalia entra in guerra contro lAustria-Ungheria il 24 maggio. La

    Lintervento dellItalia

    { 24 051915{ 25 041915

  • 8 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 11 MAGGIO 2014

  • DOMENICA 11 MAGGIO 2014 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 9

    Il centenario

    Alle radici dellazionismoLinterventismo uno dei

    temi in discussione alladecima edizione del

    seminario Giellismo eazionismo, cantieri aperti,

    che si tiene ogni anno aTorino. In particolare il 16 e il

    17 maggio, presso la salaconferenze del Museo

    diffuso della Resistenza, sisvolger lincontro

    Dallinterventismo al PartitodAzione, aperto da una

    relazione di Mario IsnenghiIl testo di riferimento

    Il saggio La Settimana rossadello storico Luigi Lotti

    venne pubblicato nel 1965dalleditore Le Monnier

    iL a monarchia condan-nata. Cadr oggi o cadrdomani, ma cadr sicu-ramente e presto. Cosscrive il leader anarchicoErrico Malatesta indicando lobiettivo dellarivolta iniziata l8 giugno 1914 e passata allastoria come Settimana rossa. In effetti lanotizia della caduta dei Savoia circola tragli insorti e ne anima la lotta. Lenorme, epare irrefrenabile, movimento parte da unfatto di sangue: luccisione di tre manife-stanti, due repubblicani e un anarchico, colpiti dagli spari dei carabinieri ad Anco-na dopo il comizio antimilitarista del 7giugno. Lagitazione vuole ottenere lo scio-glimento delle compagnie di disciplina,reparti punitivi per soldati sovversivi, elinizio del processo ad Augusto Masetti,lanarchico che nel 1911 aveva sparato a unufficiale che incitava a partecipare allaguerra di Libia.

    La dimensione e la radicalit dellinsur-rezione sorprendono gli stessi rivoluzio-nari. Come ricorda Luigi Lotti nel suo stu-dio ormai classico, il sindacalista rivolu-zionario Alceste De Ambris confessa:Non credevamo ci fosse in Italia tantamateria infiammabile. Fra i protagonistisi fanno notare, oltre a Malatesta e a LuigiFabbri, il dirigente repubblicano PietroNenni e il socialista estremista BenitoMussolini. Non a caso gli ultimi tre sono romagnoli o marchigiani. Una regione am-pia, e dalle tradizioni ribelli, lepicentrodella sollevazione. Si va da Ancona, la cittpi importante, alle intere Marche e sicoinvolge in pieno la Romagna rossa. Laforza pubblica, polizia ed esercito, sembrarestare paralizzata di fronte alloccupazio-ne di municipi, allassalto di chiese, allin-vasione di edifici statali. In effetti molti re-parti restano senza ordini, in quanto il te-legrafo viene sabotato in pi punti e le co-municazioni ferroviarie sono quasi totalmente sospese. In queste condizioni

    esplode una rabbia popolare che porta perfino alla ripresa di vecchie simbologie epratiche. In diverse piazze di centri roma-gnoli, e non solo, si innalza lAlbero dellalibert, si assaltano i circoli dei notabili esi proclama la Repubblica a livello comu-nale.

    In grandi citt, da Roma a Milano, da To-rino a Firenze, dilaga lo sciopero generale.La Cgl, il sindacato socialista diretto daimoderati, deve seguire la mobilitazionespontanea e avallare le sospensioni del la-voro che si stanno moltiplicando. Sar poila stessa confederazione sindacale mag-gioritaria a spegnere lincendio insurrezio-nale, con laccordo della maggioranza ri-formista del Psi: il 10 giugno dichiara la fi-ne delle agitazioni e il ritorno in fabbrica onei campi. Malgrado parte dei rivoltosi in-tenda continuare la lotta, che prosegue indiversi centri fino al 13, la rottura dellunitfra le organizzazioni e le stesse indecisionidei protagonisti portano al termine dellamassiccia agitazione, la pi importantedallUnit dItalia. Larrabbiato Mussolini accusa di fellonia i dirigenti sindacali.

    Anche il movimento pi sovversivo,quello anarchico, deve fare i conti con lim-possibilit di realizzare una vera rivoluzio-ne che, come pi volte proclamato da Ma-latesta, dovrebbe far s che nessuno man-chi di pane, che nessun bambino manchidi latte, che gli ospedali siano forniti di tut-to loccorrente.

    Dal punto di vista dello Stato, la Settima-na Rossa mostra i limiti del controllo isti-tuzionale sulla popolazione. Ci risponde,

    secondo il capo del governo, Antonio Sa-landra, a una linea politica di massimaprudenza. Si tratterebbe di mantenere ladifesa militare dei punti nevralgici e diaspettare linevitabile riflusso del movi-mento.

    Il ripristino dellordine viene facilitatoda un avvenimento che cambia la storiamondiale. Nel giro di alcune settimane, inseguito allattentato di Sarajevo, scoppia laPrima guerra mondiale e tutto il continen-te investito da un terremoto. Niente sarpi come prima del 1914. La guerra provocain Italia un acerrimo scontro interno fra in-terventisti e neutralisti, spostando il pianodel confronto dallambito sociale a quellopolitico e militare. Levento traumatico haeffetti sui singoli esponenti delle agitazio-ni della Settimana rossa. A ci si aggiungalavvio di una nuova fase repressiva e diver-si esponenti di primo piano, tra cui Mala-testa e Fabbri, scelgono la via dellesilio.

    In poco tempo si ridimensiona il conte-nuto antimilitarista che era stato la micciadella tentata insurrezione del 7-13 giugno.In realt i repubblicani restano antisabau-di, ma tra loro emerge con prepotenza lacomponente patriottica. Inoltre si sviluppain modo quasi irresistibile un altro ele-mento: il bisogno dellazione e il rifiutodella passivit di fronte a un fatto cos enorme come la guerra mondiale. Il pa-triottismo dazione si impone progressi-vamente quale viatico dellimpegno dei re-

    Nel giugno del 1914 i due giovani romagnoli furono allavanguardia nei moti sovversivi della Settimana rossa. Ma subito dopo entrambi si schierarono per lingresso in guerra

    Mussolini e Nenni, ribelli interventisti

    Svolte

    di CLAUDIO VENZA

    pubblicani. Lo stesso Nenni dichiara pub-blicamente, dal carcere, di auspicare lin-tervento italiano e la partecipazionevolontaria dei militanti.

    Altri attivisti di primo piano nella Setti-mana rossa scelgono invece la continuitcon lantiautoritarismo. Cos ArmandoBorghi, nel convegno del sindacato rivolu-zionario Usi del settembre 1914, rompe conuna personalit di grande prestigio comeAlceste De Ambris, segretario della poten-te Camera del lavoro di Parma. Questi sischiera per lintervento ed quindi espul-so dal sindacato insieme a non pochi se-guaci.

    Da parte sua Benito Mussolini, direttoredellAvanti! e quindi ai vertici del Psi, havalorizzato la Settimana rossa come mo-mento di rottura del sistema vigente. Lasua ricerca ossessiva delle circostanze ec-cezionali che possano favorire lo scoppioinsurrezionale trova poi soddisfazionenella deflagrazione bellica. Polemizzandocon gli antibellicisti, vede nel conflitto in corso in Europa un rimescolamento di car-te talmente profondo da creare, anche al dil delle intenzioni di governi e alleanze,nuovi spazi per la guerra rivoluzionaria.Dopo alcuni mesi di conferme e riconfer-me della linea ufficiale socialista dellaneutralit assoluta, in un articolo del 18ottobre 1914 enuncia una neutralit attivae operante, formula personale e sintomodi un radicale cambiamento di prospetti-va.

    In ultima analisi, la Settimana rossa harappresentato per i suoi protagonisti unaduplice esperienza valutata in modo in ap-parenza coincidente: stata una lotta aper-ta e foriera di una trasformazione senza ri-torno della societ. Pro e contro la guerrasono le due posizioni opposte di chi riflet-te, da angolature politiche e ideali diver-genti, sul medesimo cruciale momentostorico. appena terminato, ma appare gilontano e sfumato.

    [email protected] RIPRODUZIONE RISERVATA

    Masse in rivoltaTre manifestanti furono

    uccisi ad Ancona e in tutta Italia si scaten una lunga ondata di scioperi, cortei, assalti agli edifici pubblici

    SSSDopo Sarajevo

    Il movimento sindacalista rivoluzionario si spacc tra

    chi voleva entrare nel conflitto e chi rimaneva su

    posizioni antimilitariste

    SSS

    LENSmile Betsellre (1846-1880), LOubli (1872, olio su tela): il simbolo della mostra I disastri della guerra. 1800-2014 in programma dal 28 maggio al 6 ottobre al Louvre di Lens, Francia (www.louvrelens.fr). Dodici sezioni, 450 opere e 200 artisti (da Gricault a Goya, da Picasso a Richter) per raccontare come la guerra, nonostante la sua atrocit, sia da sempre stata utilizzata come uno strumento di potere

    sul fronte russo le truppe asburgiche stentano, mentre sono le armate del Kaiser Guglielmo II a cogliere le vittorie pi importanti, come la conquista di Varsavia, il 5 agosto 1915.

    I tedeschi occupano Belgrado e nel girodi poche settimane viene stroncata la resistenza dei serbi, che nel 1914 avevano tenuto testa con successo agli attacchi dellAustria-Ungheria. Anche

    Esce di scena la Serbia

    { 09 101915

  • 10 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 11 MAGGIO 2014

    Il centenario

    Confini La geografia si impose come strumento per combattere. Palloni aerostatici, apparecchi a motore e piccioni mapparono il territorio con la precisione di un satellite: uno studio della Fondazione Benetton

    dal nostro inviato a TrevisoCARLO VULPIO

    A bituati ad associare i colombi allapace la prima colomba con ilramoscello dulivo fu quella cheannunci a No la fine del diluviouniversale e scoprire invecequanto questi pennuti siano stati utili e addi-rittura essenziali in guerra, per esempio nel-la Grande guerra, significa poter raccontarela storia di questo conflitto in un altro modo.Lo stesso discorso vale per laerostato, la mi-tologica mongolfiera del barone di Mn-chhausen, che nella Prima guerra mondialediventa il pallone frenato, cio vincolato alsuolo da lunghi cavi per poter meglio osser-vare e fotografare anche da 1.500 metri di al-titudine ci che accade sul suolo nemico e al-loccorrenza sbarrare il volo agli aerei rico-gnitori. I quali, anchessi, osservano e foto-grafano luoghi e obiettivi, pi che colpirli, e,assieme alle notizie portate dai colombi, airilievi eseguiti da bordo dei palloni frenati ealla spola incessante dei soldati in bicicletta(i ciclisti esploratori e portaordini, ma anchegli assaltatori), consentono di raccogliereogni notizia utile a individuare le postazionimilitari, il corso di fiumi e torrenti, i valichi, iponti, e a collocare tutta questa mole di in-formazioni su mappe e carte geografiche di-segnate con una precisione che sar superatasoltanto dai rilievi satellitari di l da venire.

    Ecco, le carte geografiche. Lesplosionedella Grande guerra oltre che ai grandi

    COLOMBI CARTOGRAFI CON LELMETTOgiochi delle grandi potenze, con relativigrandi scenari e grandi massacri (altro chelassassinio dellarciduca Francesco Ferdi-nando a Sarajevo per mano di Gavrilo Prin-cip come causa prima del conflitto) de-ve molto alle carte geografiche e allideologiadi cui traboccavano, poich quelle carte geo-grafiche riuscirono in una missione deli-cata, che alcuni decenni dopo avrebbe fattodire al grande geografo francese Yves Lacosteuna cosa molto semplice e molto netta, ecio che la geografia serve, principalmente,a fare la guerra.

    Yves Lacoste formul questo fulminanteenunciato nel 1976 rilanciando di fatto lageopolitica, allepoca guardata con sospettoperch considerata un prodotto di marcahitleriana ma a metterlo in pratica era sta-to gi nel 1916 lIstituto geografico De Agosti-ni di Novara, che pubblic lAtlante della no-stra guerra (curato da Achille Dardano, Giu-seppe Dalla Vedova e Luigi Filippo De Magi-stris) con lo scopo dichiarato di convincere ilpubblico che lentrata in guerra dellItalia (24maggio 1915) era fondata sulla giusta causadel ripristino dei confini naturali.

    Proprio questo per era (ed ) il punto.Quali sono i confini naturali, come si indivi-duano? Con le catene montuose tipo le Alpi oi Pirenei? Con la teoria del displuvio vale adire in base alla direzione che prendono icorsi dacqua , che per lItalia, per esem-pio, comporterebbe due spartiacque, larcoalpino e quello appenninico? Di modo chetutte le popolazioni al di qua delle Alpi sa-rebbero italiane e quelle al di l tedesche efrancesi?

    Un lavoro della Fondazione Benetton Stu-di e Ricerche che diventer mostra itine-rante e, in collaborazione con la Cineteca delFriuli, documentario per le scuole superiori dimostra che non esistono confini natu-rali netti, precisi, matematici. Gi difficile spiega Massimo Rossi, il geografo storicoche ha coordinato la ricerca individuare ilconfine naturale tra Europa e Asia, figuria-moci stabilire quelli tra le sottoregioni euro-pee. Forse questo concetto potrebbe valere soltanto per la Gran Bretagna, completa-mente circondata dal mare, ma gli altri sonotutti confini convenzionali, linee geometri-che, come ben evidente per gli Stati UnitidAmerica o lAfrica.

    Le cose si complicano ulteriormentequando a presunti confini naturali si aggiun-gono quelli etnografici, che tra laltro non coincidono mai geometricamente con i pri-mi, e a questi i confini linguistici e religiosi.Come accadde proprio per il Regno dItalia, ilpi giovane degli Stati europei dal punto divista della geografia politica, in cui il lavorosulle carte geografiche sembrava essere di-ventato quasi un febbrile tentativo di quadra-tura del cerchio, al punto da portare lirremo-vibile irredentista Ettore Tolomei prima a cambiar nome al Sud Tirolo, chiamandolosulle cartine Alto Adige, e poi, in periodo fa-scista, diventato senatore, a prodigarsi nellaitalianizzazione forzata dei cognomi stra-nieri e di circa settantamila toponimi tra Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige eDalmazia.

    Tra le immagini e i documenti inediti sco-vati da Rossi nel Kriegsarchiv di Vienna e nel-lArchivio storico dello Stato maggiore del-lesercito italiano, vi una cartina accompa-gnata da una corrispondenza tra Tolomei e

    Cesare Battisti (socialista e certo non menopatriota del primo), in cui questultimo cercadi moderare le rivendicazioni del suo inter-locutore sullAlto Adige, consigliandoglidi spostare la linea di confine pi a sud, co-sicch allItalia rimarrebbero tutto il Trenti-no e le aree di lingua italiana e allAustria laparte di lingua tedesca. Ma in clima di guerraragionamenti e distinzioni, pur se fondati,vennero travolti. E nemmeno le argomenta-zioni di un Gaetano Salvemini, che pure erainterventista, ma accettava lirredentismo solo come difesa della lingua e della nazio-nalit italiana e si scagliava contro tutti co-loro che sbraitano di confini naturali, ser-virono a rendere meno ingarbugliata la ma-tassa e a far capire, per esempio, che una co-sa erano lIstria e gli italiani dIstria, unaltra

    lAlto Adige e i suoi sudtirolesi. Niente dafare, le carte geografiche che certificavanolevidenza dei confini naturali erano riuscitea imporre una vera visione del mondo. Un ri-sultato enorme. Che tuttavia, sostiene Rossi,non servito a far capire che il contributodei geografi allo studio della Grande guerra una modalit non ancora sufficientementepercorsa.

    Non si tratta di un problema di poco conto,o squisitamente accademico. un problemapolitico, come hanno detto a Rossi quandoha richiesto agli uffici di Bolzano una cartatecnica regionale e gliene hanno inviata unamuta. Poich di quella carta esiste una ver-sione con i toponimi in tedesco e una in ita-liano, hanno voluto evitare incidenti diplo-matici. Segno che la guerra non finita.

    Il seminarioPer un atlante della Grande

    guerra il titolo del seminarioche si terr allUniversit

    Roma Tre, Dipartimento diStudi Umanistici, il 21 e 22maggio: tratter gli aspetti

    geografici e storici dellaguerra (confini, spionaggio,

    didattica, cartografia,meteorologia, pubblicistica,armi) con docenti e studiosi

    di Cnr, Societ geograficaitaliana, Fondazione BenettonStudi e Ricerche, Centro StudiMartini di Trento, FondazioneMuseo Storico del Trentino edelle Universit della Tuscia,

    di Parma, Trento, Bologna,Messina, Firenze, Napoli,

    Padova, Siena, Trieste e delletre di Roma (Sapienza, Tor

    Vergata e Roma Tre)

    i

    fronte ritorner sostanzialmente al punto di partenza. Lo stesso avviene in estate sul fiume Somme, dove uninfruttuosa offensiva britannica provoca un numero enorme di morti.

    I tedeschi lanciano una massiccia offensiva contro le fortificazioni francesidi Verdun. La lotta prosegue cruenta per molti mesi, fino a dicembre, con perdite enormi da entrambe le parti. Alla fine il

    Lotta metro per metro a Verdun

    { 21 021916

  • DOMENICA 11 MAGGIO 2014 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 11

    Il Mart di Rovereto prepara lesposizione dellautunno. Un itinerario complesso che associa Balla alle cartoline, Kentridge alle fotografie

    Prima lenfasi e leroismo, poi labissoGli artisti a tu per tu con i conflitti

    In mostra

    di VINCENZO TRIONE

    D al canto allapocalisse. Dallenfa-si alla catastrofe. Dallo slancioallabisso. In queste oscillazionipotrebbe essere racchiuso il dia-logo tra gli artisti e la guerra, alcentro della grande mostra che si terr neiprossimi mesi al Mart di Rovereto (dal 4 ot-tobre), La Grande guerra che verr non laprima. Grande guerra: 1914-2014, promos-sa con il patrocinio della Presidenza delConsiglio dei ministri - Commemorazionedel centenario della Prima guerra mondia-le: unesposizione che conferma il Mart co-me uno tra i pochi musei italiani oggi impe-gnati in progetti di ricerca ambiziosi e sem-pre stimolanti.

    Un itinerario complesso, ispirato da dueversi di Brecht (La guerra che verr/ non la prima), che raduner materiali etero-genei (quadri, disegni, incisioni, fotografie,manifesti, cartoline, corrispondenze, diari,film, musiche) e li suddivider in una seriedi piani-sequenza dedicati ad alcune figure:soldati, donne, bambini, medici, religiosi,intellettuali, artisti. Non si seguir un crite-rio cronologico, ma ci si affider a un giocodi corrispondenze non sempre evidenti tramomenti non contigui. Servendosi di uninatteso montaggio tra documenti emonumenti tra reperti e opere darte verr disegnato un racconto allinternodel quale si incontreranno testimonianze ed evocazioni. Narrazioni visive in diretta(Balla, Boccioni, Carr, Severini, Depero,Beckmann, Sironi), trasfigurazioni (Baj,Boetti, Kentridge) e apologhi visivi a distan-za (Mauri, Lucchi e Gianikian, Jarr, Paci, Sa-la, Farocki, Abdul).

    La filosofia sottesa a questo film involon-tario chiara: considerare la guerra non co-me un episodio lontano e definitivamentearchiviato, ma come un evento sempre vivo,che attende ancora un ininterrotto dispie-garsi di riscritture. Un evento che non ap-partiene a unepoca particolare, ma dice ilmodo in cui lOccidente guarda le cose: laloro natura, il loro disfarsi. Misurarsi con laguerra, perci, significa misurarsi con il te-ma della cultura contemporanea.

    In principio c lepica moderna. Enfasi,slancio, passione. Sentimenti che ritrovia-mo innanzitutto nelle pronunce poetichedei futuristi, per i quali la guerra una sortadi potente medium. strumento per radereal suolo edifici antichi e per favorire la rige-nerazione del nostro pianeta dalle sue fon-damenta: per spazzare via perbenismi, con-servatorismi, prudenze, convenzioni, ritua-li. mezzo liberatorio e purificatorio, quasiuna verifica sanguinosa delle loro audaciteorie. Ed sola igiene del mondo, per-ch rivela una totalit che comprende e tra-scende lindividuo: dona la vita come unitdentro cui strappi e lacerazioni si compon-gono, come i naufragi e le tempeste nellatotalit del mare (Magris). Ma la guerra soprattutto il luogo dove si compie il trion-fo dellimmaginazione. Lo spazio allinter-no del quale vita e arte entrano in collisio-ne, si confondono e si sovrappongono. Ilconflitto viene attraversato in prima perso-na (molti futuristi vanno al fronte) ed estetizzato, sublimato. Alimenta i ritmi in-terni della poesia visiva, che sovente simulale onomatopee belliche; e suggerisce i vor-tici quasi astratti di Balla, gli impasti di Boc-cioni, le danze di Severini e le feste di Depe-ro.

    In filigrana, la ripresa di alcune proble-matiche classiche. Nei poemi omerici, la guerra cosa bella, sede delleroismo,ambito dove si ha la traslucida manifesta-zione del talento delluomo, regno nel qua-le si altera lordine naturale dei fenomeni,impero dove atti e sacrifici vengono avvoltidentro la luce abbacinante della gloria: Laguerra come ha ricordato Antonio Scu-rati (Guerra, Donzelli) consentiva di ve-

    dere il valore lucente delleroe guerriero chesillustrava nel duello, e in ci risiedeva lasua bellezza.

    Poi questa tensione positiva si spezza. una rottura di cui si fa interprete Apollinai-re, il quale, dopo aver elogiato le meravigliedei campi di battaglia e lincanto degli sparidi fucile, si convince che la guerra altro:macchina infernale, dramma orrendo, di-struzione impietosa. Non solo tripudiodellintelligenza tattica, e non esclusiva-mente inesauribile fonte fantastica. Ma disordine, accidentalit, casualit. Non si famai dominare nella sua completezza. Siconsegna a noi come dissonanza, comepolvere. Determina disorientamento esmarrimento. Se ne possono catturare soloalcune schegge lancinanti: sfuggite a un in-sieme oramai deflagrato. Lartista agisce co-me un inviato speciale e come un archeolo-go: sceglie di svelare i conflitti del suo tem-

    po; e ne trae frantumi, chepoi ripone dentro arsenalidi memorie del presente.

    Si pensi allepicedio di-pinto da Picasso in Guerni-ca, ma anche alle immaginiallucinanti di un film comeApocalypse Now di FrancisFord Coppola. E, poi, si pen-si allumanit post-umana,deforme e disperata dipintada Fautrier, il quale, nellaserie delle Teste dostaggio,ritrae i vinti dei campi diconcentramento: profilitremolanti, talvolta sovra-stati da piccole macchie dicapelli; la carne malataper il freddo e la denutrizio-ne; illuminata da colori livi-di, sembra prossima allaconsunzione; ecco scabri

    teschi, detriti poveri e polverosi, grumi dicarne, manipolati con gesti violenti. E anco-ra (per menzionare alcuni artisti che saran-no al Mart): le ferite incise da Burri nei suoisacchi e nei suoi legni; lattraversamento dellolocausto proposto da Mauri; le reli-quie di Lida Abdul; le ricognizioni videoa-nimate sullapartheid di Kentridge; i ricordidolorosi filmati da Sala e da Paci; le fragiliarchiviazioni di rovine private di Lucchi e Gianikian. E lo struggente affresco fotogra-fico di Adi Nes, immigrato in Israele nel1950, autore di unimprevista Ultima cena,nella quale, invece degli apostoli, ci sono dodici soldati i cui gesti replicano quelli delcapolavoro leonardesco: un fermo-imma-gine che riesce a risultare agghiacciante.Sono voci, queste, di quellet dellestre-mismo di cui ha parlato Marco Belpoliti.Artisti che pensano le loro opere come au-tentiche scritture della catastrofe attuale.

    Dunque, il canto. Lapocalisse. Infine, lametafora. Perch affrontare la guerra, so-prattutto per i protagonisti dellarte degli inizi del XX secolo, significa ancora altro. Allude allessenza stessa dellavanguardia.Ove, con questa categoria, ci si riferisce a una pratica profondamente scandalosa. In-filarsi nelle pieghe della storia, rendendolevisibili, folgoranti, per lambire il nuovo,lignoto. Affidarsi alla strategia delloltran-za, per portarsi al di l di modalit lingui-stiche consolidate, e per sondare territori inesplorati. Essere in trincea, pronti a sfida-re i fronti nemici.

    Del resto, si sa: la stessa parola avanguar-dia presa in prestito proprio dal lessico militare. In un trattato settecentesco nelquale schedata tutta la cultura latina, leg-giamo (Totius Latinitatis Lexicon del sacer-dote friulano Forcellini): Nel linguaggiomilitare vengono chiamati antecursores co-loro che precedono lesercito, esplorano iluoghi, aprono le strade, individuano i sitiper gli accampamenti e per primi attaccanobattaglia con i nemici, se per caso si imbat-tono in loro.

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    Sopra: Gino Severini (1883- 1966), Cannoni in azione (1915, olio su tela). Sotto: Anonimo, Il battaglione volontari ciclisti e automobilisti (1915, foto in bianco e nero); Mario Sironi (1885-1961), Vittoria Alata (1935, tecnica mista su cartone)

    Lappuntamento di ChietiLa Vittoria non sempre alata:cos Sironi racconta lepopea bellica Sironi e la Grande guerra. Larte e la Prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix il titolo della mostra della Fondazione Carichieti, curata da Elena Pontiggia, in corso a Palazzo de Mayo di Chieti (fino al 25 maggio, dal marted al venerd, ingresso gratuito; info tel 0871 35 98 01; www.fondazionecarichieti.it; catalogo Allemandi). Lesposizione nasce sotto lAlto Patronato del presidente della Repubblica ed inserita nel programma ufficiale delle commemorazioni del centenario della Grande guerra. Una cinquantina le opere in mostra, da Balla a Carr, da Lger a Previati, da Prampolini a Dottori, da Campigli a Nomellini: tutti impegnati a raccontare la drammatica esperienza del conflitto. Il percorso espositivo prende lavvio da maestri europei come Lger, Dix, Grosz, ma il suo cuore resta la figura di Mario Sironi (1885-1961), presente con opere monumentali come Soldati (1936) o Vittoria Alata (1935), cartone realizzato per quellaffresco dellAula Magna dellUniversit La Sapienza di Roma poi pesantemente ridipinto dallo stesso Sironi nel 1935.

    Trentino e avanzano fino a conquistare Asiago, che per devono abbandonare in giugno dinanzi alla controffensiva italiana. Loperazione nota come Strafexpedition, spedizione punitiva.

    Dopo essere rimaste a lungo sulla difensiva, respingendo gli attacchi del generale Luigi Cadorna sul fronte dellIsonzo, le forze austro-ungariche effettuano uno sfondamento in

    La spedizione punitiva degli austriaci

    { 15 051916 giunger fino allundicesima battaglia dellIsonzo) saranno fermati dagli austro-ungarici, attestati su posizioni solide, malgrado il terribile dispendio di uomini e di mezzi da parte italiana.

    La sesta offensiva di Cadorna sul fronte dellIsonzo ottiene finalmente una vittoria di rilievo con lingresso a Gorizia il 9 agosto. Ma nei mesi successivi gli ulteriori tentativi di avanzata (si

    Il tricolore a Gorizia

    { 09 081916

    Un piccione viaggiatore nella fotografia di un manuale militare italiano per laddestramento. Sidistingue, legato alla zampa, il tubetto metallico dove veniva introdotto, arrotolato, il foglietto con i messaggi. Sotto una mappa (italiana) con i rilevamenti e le annotazioni austriache

    Non solo quella, inutile nasconderselo, con-dotta attraverso la pratica diseguale del dirit-to di accesso agli impieghi pubblici e dellusodel bilinguismo, ma anche quella combattutaa colpi di mappe e carte geografiche in ma-niera non molto diversa da ci che accaddedurante la Grande guerra, quando questocompito come abbiamo detto allinizio era affidato ai ciclisti, ai ricognitori, ai pallonifrenati e soprattutto ai colombi. I quali, smi-stando le notizie dalle trincee ai quartieri ge-nerali con un rischio scarso o nullo di esse-re intercettati e perdite contenute (180 colom-bi su 1.500 impiegati, appena il 12 per cento,dice un rapporto del 1918) , consentivano ageografi e cartografi di tradurre quei pizzinivolanti, i colombigrammi, in mappe e cartepreziose. E con una velocit impensabile, vi-sto che un colombo in media copriva un tra-gitto di 30 chilometri in 30 minuti e che, no-nostante la foschia e i gas lacrimogeni, il co-lombo numero di matricola 32 ha percorso 130 chilometri in unora e 50 minuti.

    Questa guerra vista da vicino stata rac-contata in pagine molto belle da autori comeHemingway, Remarque, Rigoni Stern, DosPassos e, dalla parte austriaca, da Fritz We-ber. Ma degli alati messaggeri che rendonoutili servizi al Paese, e delle norme da osser-vare per la loro alimentazione e igiene, finoalle minuziose regole per tubetti e taschetteche dovevano contenere i dispacci, ci parlanosolo le relazioni di servizio finora sepoltenegli archivi redatte da chi era al fronte,ignaro che la geografia serve principalmen-te a fare la guerra.

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  • 12 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 11 MAGGIO 2014

    Il centenario

    Domenica 18 il Corriere della Sera organizza per i lettori un evento collegato al portale transnazionale Europeana. Obiettivo: condividere online frammenti di storia familiare

    Memoria e cimeli cercano il futuro. In Rete

    Collection Day

    di ANTONIO CARIOTI

    E ra nato in Inghilterra nel 1901 ed morto in Australia nel maggio2011. Claude Stanley Choules eralultimo reduce vivente conosciutodella Prima guerra mondiale. Dagiovanissimo marinaio della Royal Navy,nel novembre 1918, aveva assistito alla resadella flotta da guerra tedesca. Nellottobre 2008 scomparso invece lultimo italianonoto che avesse combattuto in quel conflit-to, il lombardo Delfino Borroni, classe 1898.Ormai da tempo la memoria privata dellaGrande guerra non pu pi contare sulla vi-va voce di chi venne direttamente coinvolto.Non ci sono pi nonni che possano raccon-tare le trincee del Carso o i combattimentitra i ghiacci dellAdamello. E tuttavia il ri-cordo del conflitto, che sottopose milioni di italiani a una prova terribile, rimane vivoin moltissime famiglie, che conservano let-tere, fotografie, decorazioni, cimeli del pivario genere. Materiale molto interessante,che oggi le tecnologie digitali permettonodi raccogliere, diffondere e condividere conrelativa facilit.

    Lobiettivo di recuperare questo patrimo-nio di memorie dal basso, sparso in un grannumero di Paesi, ha indotto Europeana ilportale che raccoglie milioni di oggetti di-gitali provenienti da archivi, biblioteche emusei di tutta Europa a lanciare il sitoeuropeana1914-1918.eu, nel quale conflui-sce materiale proveniente dai discendentidi coloro che parteciparono alla guerra. Il

    tutto attraverso una forma di partecipazio-ne popolare: i Collection Day, organizzatiun po in tutta Europa, durante i quali le fa-miglie dei reduci portano a far digitalizzaregli oggetti di cui dispongono, che vengonoloro restituiti, e a raccontare la loro origine.

    Il Corriere della Sera ha deciso di pro-muovere una di queste iniziative nellambi-

    to del suo impegno per ricordare il centena-rio della Grande guerra. Lappuntamento, organizzato dalla Fondazione Corriere dellaSera, per domenica 18 maggio, quando laSala Montanelli di via Solferino sar apertaper otto ore, tra le 10 e le 18, a tutti coloroche vorranno portare oggetti privati relativial conflitto.

    Il Collection Day milanese del Corrieresinserisce nel progetto di Europeana e con-ta sulla partnership tecnica della Canon, ol-tre che sulla collaborazione del Centro distudi storico militari sulla Grande guerraPiero Pieri, con il suo Archivio della me-moria sulla Grande guerra (www.archivio-memoriagrandeguerra.it), e dellAssocia-zione WW1 - dentro la Grande guerra(www.grandeguerra100.it). Due soggetti,questi ultimi, che hanno organizzato unprecedente Collection Day a Pordenone eda tempo lavorano a costruire una rete dif-fusa di sinergie per elaborare e rendere di-sponibili dati, informazioni, memorie pub-bliche e private provenienti sia dalle istitu-zioni sia da collezionisti privati o dalle fa-miglie dei reduci.

    Va ricordato inoltre che altri CollectionDay si sono tenuti a Roma e in alcune locali-t del Nord Est, su iniziativa dellIstitutocentrale per il catalogo unico e della Fonda-zione Museo storico del Trentino: un primobilancio dellesperienza stato tratto nelconvegno internazionale tenuto a Roma il27 marzo presso la Biblioteca nazionalecentrale. Un altro Collection Day in pro-gramma il 22 giugno a Fortezza/Franzenfe-ste, in provincia di Bolzano. In Alto Adige, oSud Tirolo, ovviamente gli oggetti sarannoprevalentemente appartenuti a persone checombatterono nellesercito austro-ungari-co. Ma uno dei grandi pregi di Europeana proprio quello di accogliere nello stessocontesto memorie che finora sono state tra-smesse in ambito nazionale e a lungo anchein chiave nazionalista. La Grande guerra fuuna sorta di suicidio dellEuropa e coltivar-ne il ricordo in chiave inclusiva significa an-che trarne linsegnamento necessario perassicurare al nostro continente quel futuroallinsegna della fratellanza che oggi sem-bra purtroppo di nuovo a rischio.

    @A_Carioti RIPRODUZIONE RISERVATA

    Milano, 18 maggioPresso la Sala Montanelli del

    Corriere della Sera, dalleore 10 alle 18 di domenica 18

    maggio, si terr il CollectionDay. Chi possiede lettere,

    fotografie, cimeli di reducidella Grande guerra invitato

    a portarli. Di ciascun pezzosar creata una copia digitale

    da inserire online: poi sarrestituito al proprietario, cuiverr chiesto di raccontarne

    la storia. Prenotazioni:tel 02.87387707; email

    [email protected]

    i

    In edicola dal 15 maggioDa Sarajevo a Versailles20 documentari in dvd

    Sintitola La Grande guerra la serie dei dvd, prodotti da RaiStoria, che vannoin edicola con il Corriere della Sera (qui sopra, la sua prima pagina con la notizia di Caporetto) e la Gazzetta dello Sport a partire da gioved 15 maggio, per il centenario del conflitto scoppiato nellestate del 1914. Si tratta di venti documentari, presentati da Paolo Mieli, con la conduzione dello scrittore Carlo Lucarelli, che ripercorrono in modo dettagliato le vicende militari della Prima guerra mondiale, ma ne esplorano anche il contesto, le origini e le conseguenze in campo sociale e a livello cult