L’Italia che aiuta · 2019-03-13 · La bandiera a mezz’asta alla sede Onu / Ansa A pag. 3....

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o voglio che il mio lettore, chiunque egli sia, pensi a me solo e non alle nozze della figlia o al processo o alla casa, al podere, al tesoro; e, almeno finché legge, io voglio che stia con me. ...Se è preoccupato dei suoi affari, differisca la lettura... io non voglio che studi nel momento stesso in cui si occupa d’altro; non voglio che apprenda senza fatica ciò che non senza fatica ho scritto». Francesco Petrarca è un poeta importantissimo: la sua lirica diverrà modello per secoli di quella a venire, in Occidente. In una lettera indirizzata a un amico, si sofferma sul tema della lettura: la poesia dal punto di vista del lettore, non del suo autore. Petrarca sottolinea l’assolutezza e l’importanza dei versi scritti, e il dovere, da parte di chi apre il libro, di affrontarli con assoluta concentrazione. Se hai altro per la testa, rinvia la lettura a domani. O fanne anche a meno. Per entrare nei miei versi devi avere la mente e l’animo sgombri da ogni altro pensiero o affanno. Un giusto, elevato richiamo alla dedizione rispettosa che esige ogni opera d’arte. Quanto mai necessario oggi, tempo di distrazione e superficialità. Affronta il libro, il film, la tela, con lo spirito preparato e svuotato. Non sprecare l’occasione di un viaggio, forse un tesoro. © RIPRODUZIONE RISERVATA I « Roberto Mussapi Lʼarcipelago delle voci Prepàrati al viaggio Editoriale Per i piccoli, oltre i clan, nella città UN BRUCIANTE SEME DI FUTURO ERALDO AFFINATI e è vero che i bambini rappresentano il futuro del mondo, l’acqua che irrora la pianta umana, il senso stesso della nostra vita, allora i vandalismi e le intimidazioni di questi giorni nel quartiere Brancaccio a Palermo, dove l’asilo nido sognato da don Pino Puglisi nascerà sui terreni confiscati alla mafia, sono veleno sulle radici di ognuno perché impediscono la crescita di tutti. Se un gruppo, di qualsiasi tipo, provoca ostacolo e separazione, genera tracotanza e soperchieria, dobbiamo fare in modo di scioglierlo. Sotto gli emblemi s’annida la vanagloria. Nella protervia del capo bastone si nasconde il desolante opportunismo della maggioranza. Inutile sottolineare la dimensione simbolica che avrebbe l’inaugurazione dell’asilo per lungo tempo voluto dal prete ucciso la sera del suo cinquantaseiesimo compleanno, ventisei anni fa, nei luoghi dov’era nato. Stiamo parlando di uno dei più grandi educatori italiani, beatificato il 25 maggio 2013: cristiano dei tempi nuovi, non teorico ma concreto, pronto a bruciare dentro la propria passione profetica, consapevole della forza trainante dell’azione missionaria, uomo del qui e ora, non chissà dove e quando, proveniente dal basso come gli adolescenti smarriti ai quali si rivolgeva, questo martire della fede novecentesca sembra quasi combattere ancora attraverso le tante persone che oggi si ispirano a lui. È vero: dal sacrificio di uno, può scaturire l’impegno di molti. Ma i furti, le manomissioni e i roghi avvenuti nelle ultime ore, sotto gli occhi complici di troppa gente, all’interno degli spazi recintati dove sorgerà il nuovo ostello palermitano, ci spingono a non farci soverchie illusioni. Don Puglisi concentrava i suoi sforzi soprattutto per salvare i bambini prima che venissero intercettati dai gruppi malavitosi del quartiere, alla ricerca inesausta di una soluzione radicale alla corruzione dilagante, eppure sapeva che la lotta contro la stupidità e l’arroganza non finirà mai. Tuttavia non si fermava. Dobbiamo ripartire dal suo esempio eroico. Basta evitare che soltanto uno dei più piccoli compia il passo falso destinato a perderlo, per creare un punto di resistenza intorno al quale altri potranno edificare pietre angolari capaci di sostenere pesi che noi non possiamo sopportare. È questa, mi sembra, la coralità sociale e politica che, non da oggi, i sindaci più coraggiosi del nostro Sud intendono realizzare. Mafia, camorra, delinquenza e criminalità si contrastano soprattutto con l’educazione e, dunque, a scuola, nel punto di maggiore potenza propulsiva della specie cui apparteniamo, poi certo anche nelle aule di tribunale, ma se vogliamo ottenere tutto e subito, rischiamo di non comprendere che ogni vittoria non sarà mai completa, le scorie resteranno sempre, nelle nostre tasche, mischiate alle pietre preziose. Ecco perché i ragazzini di circa dieci anni che nei giorni scorsi hanno fatto irruzione nel terreno dove nascerà la struttura di accoglienza dell’asilo di Brancaccio minacciando i responsabili del centro "Padre Nostro" con le tipiche frasi del gergo mafioso ("Ca’ tu un ci costruisci"), sebbene non abbiano mai conosciuto quel prete di cui forse hanno soltanto sentito parlare, sembrano richiamarlo in vita facendoci riflettere, ancora una volta, sul valore della frase di Giovanni (15,13) scolpita nella sua tomba nel cimitero di Sant’Orsola: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». L’amicizia senza ricambio, che non fa conto della risposta positiva da parte di chi la riceve, sembra superare i limiti della medesima esistenza, trasferendo su di noi, venuti dopo, l’esigenza insopprimibile di don Puglisi: raccogliere da terra i fiori calpestati, sì, ma pure l’erba sporca, il sasso infangato. E andare avanti lo stesso, più forti di prima, anche quando sembra di dover ricominciare sempre da capo. Soltanto così l’asilo di Palermo, come nucleo etico nella periferia sconsolata, potrà diventare un bene di tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA S Quotidiano di ispirazione cattolica www.avvenire.it Quotidiano di ispirazione cattolica www.avvenire.it ANNO LII n° 60 1,50 Martedì 12 marzo 2019 San Luigi Orione sacerdote Opportunità di acquisto in edicola: Avvenire + Luoghi dell’Infinito 4,20 RINVIATE LE ELEZIONI LʼATTESA DI LONDRA E DELLA UE Brexit, oggi il voto decisivo «May senza una vera intesa» Guzzetti a pagina 13 Algeri, vince la piazza Bouteflika si ritira Zoja a pagina 15 PALERMO Ripetuti atti intimidatori messi in atto da bambini «manovrati» dai clan. L’arcivescovo Lorefice: i piccoli non sono di "Cosa nostra" Vandalizzato l’asilo di don Puglisi Fa paura alla mafia ALESSANDRA TURRISI Chissà in quanti a Brancaccio, dietro le persiane chiuse, si sono goduti lo spettacolo della calata delle istituzioni sul terreno spoglio che accoglierà il primo asilo nido del quartiere, per poi vederlo violato e bruciato da baby-teppisti. Primopiano a pagina 5 Ora si litiga sulla Cina Tav, partono gli «avvisi» GOVERNO E PROGETTO VIA DELLA SETA Anche la «Via della seta» fra Roma e Pechino spacca la mag- gioranza. Il premier Conte – con il sostegno di M5s – vuo- le firmare nei prossimi giorni, Usa e Ue preoccupate. La Le- ga teme per l’eventuale ingresso di Huawei nella rete «5g» e per il possibile assalto di Pechino ad aziende di «interes- se nazionale». Oggi Conte al Copasir. Sulla Tav, ieri, c’è sta- to il via libera della società Telt agli «avvisi» per i lavori nel tunnel. Per i leghisti «si procede», per M5s è un «rinvio». Parigi apre al dialogo sull’opera. Ue: altri passi avanti o fi- nanziamenti a rischio. Reddito di cittadinanza, intesa con le Regioni: i «navigator» si dimezzano da 6mila a 3mila. Del Re, Pini, Saccò, Spagnolo, Re e Zaghi alle pagine 8, 9 e 10 GIULIO ALBANESE Nel lutto, non possiamo fare a meno di ricordare i nostri 8 connazionali scomparsi, tra cui Paolo Dieci, figura storica del- la cooperazione italiana allo sviluppo. Si tratta di quella so- cietà civile, valore aggiunto del nostro Paese, di cui – chissà perché – si prende coscienza solo in occasione di sequestri o di vicende tragiche e luttuose come questa. È il caso di sgom- brare il campo da ogni genere di malinteso o pregiudizio nei loro confronti, non foss’altro perché queste anime, a diffe- renza di certi benpensanti, hanno aiutato e aiutano dav- vero gli africani "a casa loro". La bandiera a mezz’asta alla sede Onu / Ansa A pag. 3. Primopiano pagine 6 e 7 La sciagura aerea in Etiopia ha fatto 157 vittime. Trovate le scatole nere. Cordoglio del Papa L’Italia che aiuta Il dolore per la morte di nostri cooperanti e giovani impegnati con l’Onu Indagini e polemiche sul Boeing 737 Max. Alcuni Paesi ne bloccano l’uso IL FATTO I nostri temi DOPO IL SINODO/6 La reciprocità uomo-donna è nel presente Agorà ANNIVERSARIO Il Senato celebra Carlo Donat-Cattin Picariello a pagina 24 IDEE L’«amicizia» tra Paolo VI e gli artisti Beltrami a pagina 25 SPETTACOLI Belloni e La Zero, musica oltre le sbarre Lombardini e Pedrinelli a pagina 26 POPOTUS Ottomila libri il regalo del prof Otto pagine tabloid A. SMERILLI E S. MASSIRONI «Madri sinodali»: nel lin- guaggio ecclesiastico l’e- spressione non ha ancora diritto di cittadinanza. Ma... A pagina 3 VACCINI A SCUOLA Il bambino che può morire per le fake news LUCIA BELLASPIGA La storia di Mattia, due an- ni, senza difese immunita- rie. Da oggi espulsioni nel- le scuole dell’infanzia per i bambini non vaccinati. A pag. 3. Ferrario a pag. 11

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o voglio che il mio lettore,chiunque egli sia, pensi ame solo e non alle nozze

della figlia o al processo o allacasa, al podere, al tesoro; e,almeno finché legge, io voglio chestia con me. ...Se è preoccupatodei suoi affari, differisca lalettura... io non voglio che studinel momento stesso in cui sioccupa d’altro; non voglio cheapprenda senza fatica ciò che nonsenza fatica ho scritto». FrancescoPetrarca è un poetaimportantissimo: la sua liricadiverrà modello per secoli diquella a venire, in Occidente. Inuna lettera indirizzata a un amico,si sofferma sul tema della lettura:

la poesia dal punto di vista dellettore, non del suo autore.Petrarca sottolinea l’assolutezza el’importanza dei versi scritti, e ildovere, da parte di chi apre il libro,di affrontarli con assolutaconcentrazione. Se hai altro per latesta, rinvia la lettura a domani. Ofanne anche a meno. Per entrarenei miei versi devi avere la mentee l’animo sgombri da ogni altropensiero o affanno. Un giusto,elevato richiamo alla dedizionerispettosa che esige ogni operad’arte. Quanto mai necessariooggi, tempo di distrazione esuperficialità. Affronta il libro, ilfilm, la tela, con lo spiritopreparato e svuotato. Nonsprecare l’occasione di un viaggio,forse un tesoro.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Roberto Mussapi

Lʼarcipelago delle voci

Prepàrati al viaggio

■ Editoriale

Per i piccoli, oltre i clan, nella città

UN BRUCIANTESEME DI FUTURO

ERALDO AFFINATI

e è vero che i bambini rappresentanoil futuro del mondo, l’acqua cheirrora la pianta umana, il senso stesso

della nostra vita, allora i vandalismi e leintimidazioni di questi giorni nel quartiereBrancaccio a Palermo, dove l’asilo nidosognato da don Pino Puglisi nascerà suiterreni confiscati alla mafia, sono velenosulle radici di ognuno perché impedisconola crescita di tutti. Se un gruppo, diqualsiasi tipo, provoca ostacolo eseparazione, genera tracotanza esoperchieria, dobbiamo fare in modo discioglierlo. Sotto gli emblemi s’annida lavanagloria. Nella protervia del capobastone si nasconde il desolanteopportunismo della maggioranza. Inutilesottolineare la dimensione simbolica cheavrebbe l’inaugurazione dell’asilo perlungo tempo voluto dal prete ucciso la seradel suo cinquantaseiesimo compleanno,ventisei anni fa, nei luoghi dov’era nato.Stiamo parlando di uno dei più grandieducatori italiani, beatificato il 25 maggio2013: cristiano dei tempi nuovi, non teoricoma concreto, pronto a bruciare dentro lapropria passione profetica, consapevoledella forza trainante dell’azionemissionaria, uomo del qui e ora, non chissàdove e quando, proveniente dal bassocome gli adolescenti smarriti ai quali sirivolgeva, questo martire della fedenovecentesca sembra quasi combattereancora attraverso le tante persone che oggisi ispirano a lui. È vero: dal sacrificio di uno,può scaturire l’impegno di molti. Ma i furti,le manomissioni e i roghi avvenuti nelleultime ore, sotto gli occhi complici ditroppa gente, all’interno degli spazirecintati dove sorgerà il nuovo ostellopalermitano, ci spingono a non farcisoverchie illusioni. Don Puglisiconcentrava i suoi sforzi soprattutto persalvare i bambini prima che venisserointercettati dai gruppi malavitosi delquartiere, alla ricerca inesausta di unasoluzione radicale alla corruzionedilagante, eppure sapeva che la lotta controla stupidità e l’arroganza non finirà mai.Tuttavia non si fermava. Dobbiamoripartire dal suo esempio eroico. Bastaevitare che soltanto uno dei più piccolicompia il passo falso destinato a perderlo,per creare un punto di resistenza intorno alquale altri potranno edificare pietreangolari capaci di sostenere pesi che noinon possiamo sopportare.È questa, mi sembra, la coralità sociale epolitica che, non da oggi, i sindaci piùcoraggiosi del nostro Sud intendonorealizzare. Mafia, camorra, delinquenza ecriminalità si contrastano soprattutto conl’educazione e, dunque, a scuola, nel puntodi maggiore potenza propulsiva dellaspecie cui apparteniamo, poi certo anchenelle aule di tribunale, ma se vogliamoottenere tutto e subito, rischiamo di noncomprendere che ogni vittoria non saràmai completa, le scorie resteranno sempre,nelle nostre tasche, mischiate alle pietrepreziose. Ecco perché i ragazzini di circadieci anni che nei giorni scorsi hanno fattoirruzione nel terreno dove nascerà lastruttura di accoglienza dell’asilo diBrancaccio minacciando i responsabili delcentro "Padre Nostro" con le tipiche frasidel gergo mafioso ("Ca’ tu un cicostruisci"), sebbene non abbiano maiconosciuto quel prete di cui forse hannosoltanto sentito parlare, sembranorichiamarlo in vita facendoci riflettere,ancora una volta, sul valore della frase diGiovanni (15,13) scolpita nella sua tombanel cimitero di Sant’Orsola: «Nessuno haun amore più grande di questo: dare la vitaper i propri amici». L’amicizia senzaricambio, che non fa conto della rispostapositiva da parte di chi la riceve, sembrasuperare i limiti della medesima esistenza,trasferendo su di noi, venuti dopo,l’esigenza insopprimibile di don Puglisi:raccogliere da terra i fiori calpestati, sì, mapure l’erba sporca, il sasso infangato. Eandare avanti lo stesso, più forti di prima,anche quando sembra di doverricominciare sempre da capo. Soltanto cosìl’asilo di Palermo, come nucleo etico nellaperiferia sconsolata, potrà diventare unbene di tutti.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Quot id iano d i isp i raz ione catto l ica www.avvenire . i tQuot id iano d i isp i raz ione catto l ica www.avvenire . i t

ANNO LII n° 601,50 €

Martedì 12 marzo2019

San Luigi Orionesacerdote

Opportunità di acquistoin edicola:Avvenire+ Luoghi dell’Infinito4,20 €

RINVIATELE ELEZIONI

LʼATTESA DI LONDRA E DELLA UEBrexit, oggi il voto decisivo «May senza una vera intesa»Guzzetti a pagina 13

Algeri, vince la piazzaBouteflika si ritiraZoja a pagina 15

PALERMO Ripetuti atti intimidatori messi in atto da bambini «manovrati» dai clan. L’arcivescovo Lorefice: i piccoli non sono di "Cosa nostra"

Vandalizzatol’asilo

di don PuglisiFa pauraalla mafia

ALESSANDRA TURRISIChissà in quanti a Brancaccio, dietro lepersiane chiuse, si sono goduti lospettacolo della calata delle istituzioni sulterreno spoglio che accoglierà il primoasilo nido del quartiere, per poi vederloviolato e bruciato da baby-teppisti.

Primopiano a pagina 5

Ora si litiga sulla CinaTav, partono gli «avvisi»

GOVERNO E PROGETTO VIA DELLA SETA

Anche la «Via della seta» fra Roma e Pechino spacca la mag-gioranza. Il premier Conte – con il sostegno di M5s – vuo-le firmare nei prossimi giorni, Usa e Ue preoccupate. La Le-ga teme per l’eventuale ingresso di Huawei nella rete «5g»e per il possibile assalto di Pechino ad aziende di «interes-se nazionale». Oggi Conte al Copasir. Sulla Tav, ieri, c’è sta-to il via libera della società Telt agli «avvisi» per i lavori neltunnel. Per i leghisti «si procede», per M5s è un «rinvio».Parigi apre al dialogo sull’opera. Ue: altri passi avanti o fi-nanziamenti a rischio. Reddito di cittadinanza, intesa conle Regioni: i «navigator» si dimezzano da 6mila a 3mila.

Del Re, Pini, Saccò, Spagnolo, Re e Zaghialle pagine 8, 9 e 10

GIULIO ALBANESE

Nel lutto, non possiamo fare ameno di ricordare i nostri 8connazionali scomparsi, tra cuiPaolo Dieci, figura storica del-la cooperazione italiana allosviluppo. Si tratta di quella so-cietà civile, valore aggiunto delnostro Paese, di cui – chissàperché – si prende coscienzasolo in occasione di sequestri odi vicende tragiche e luttuosecome questa. È il caso di sgom-brare il campo da ogni generedi malinteso o pregiudizio neiloro confronti, non foss’altroperché queste anime, a diffe-renza di certi benpensanti,hanno aiutato e aiutano dav-vero gli africani "a casa loro".

La bandiera a mezz’asta alla sede Onu / Ansa A pag. 3. Primopiano pagine 6 e 7

La sciagura aerea in Etiopia ha fatto 157 vittime. Trovate le scatole nere. Cordoglio del Papa

L’Italia che aiutaIl dolore per la morte di nostri cooperanti e giovani impegnati con l’OnuIndagini e polemiche sul Boeing 737 Max. Alcuni Paesi ne bloccano l’uso

IL FATTO ■ I nostri temi

DOPO IL SINODO/6

La reciprocitàuomo-donnaè nel presente

■ Agorà

ANNIVERSARIO

Il Senato celebraCarlo Donat-Cattin

Picariello a pagina 24

IDEE

L’«amicizia»tra Paolo VI e gli artisti

Beltrami a pagina 25

SPETTACOLI

Belloni e La Zero,musica oltre le sbarre

Lombardini e Pedrinelli a pagina 26

POPOTUSOttomila libriil regalo del profOtto pagine tabloid

A. SMERILLI E S. MASSIRONI

«Madri sinodali»: nel lin-guaggio ecclesiastico l’e-spressione non ha ancoradiritto di cittadinanza. Ma...

A pagina 3

VACCINI A SCUOLA

Il bambinoche può morireper le fake newsLUCIA BELLASPIGA

La storia di Mattia, due an-ni, senza difese immunita-rie. Da oggi espulsioni nel-le scuole dell’infanzia per ibambini non vaccinati.

A pag. 3. Ferrario a pag. 11

TECNAVIA [CROPPDFINORIG] crop = -45 -30 -45 -30

LUCIA BELLASPIGA

aro direttore,il mio nome è Mattiae sono nato due anni

e mezzo fa. A detta di tutti sono bello,vivace e intelligente, soprattutto sonoallegro e rido molto. Ma c’è un ma: iosono un bambino "no vax", di quelli ve-ri però, non ideologici, perché sono ve-nuto al mondo senza sistema immu-nitario. Di conseguenza, non posse-dendo una memoria immunitaria, nonpotrò mai ricevere alcun vaccino. Sonol’essere più inerme su questa terra, in-somma, anche se da fuori nessuno lodirebbe, e la mia sopravvivenza dipen-de strettamente dagli altri bambini cheincontro all’asilo, sulla spiaggia o men-tre viaggio seduto sul carrello del su-permercato: se loro si ammalano qua-si di sicuro guariscono, io sono morto.A questo punto, direttore, si chiederàcome ho fatto ad arrivare alla bella etàdi due anni e mezzo, così faccio un pas-so indietro, chiedendo una mano allasua giornalista. La mia malattia è brut-ta, anche nel nome (Bruton), perché èsubdola, si palesa tardi, intorno a unanno di vita, quando in famiglia tuttihanno già assaporato la gioia di avereun figlio sano. Nacqui perfetto e lo ri-masi, all’apparenza, fino agli 11 mesi,quando le difese assorbite durante lagravidanza da mia mamma e poi dalsuo ottimo latte non bastarono più aproteggermi e improvvisamente tutti imali del mondo sembrarono darsi con-

vegno sui miei 73 centimetri e dieci chi-li di vitalità. La mattina ero in spiaggiaa fare bagni e castelli di sabbia, la seraero intubato a bordo di un’ambulanzache sfrecciava verso il Gaslini di Geno-va con una sola certezza: "Suo figlio èappeso a un filo". Quel filo era la spe-ranza, ma lo sguardo dei medici la di-ceva lunga su quanto fosse sottile. Eroscosso da convulsioni, scottavo a 41,non respiravo, il mio corpo si copriva dibolle scure manco avessi la peste e le i-potesi erano le più disparate, leucemia,meningite, linfoma, tubercolosi, scar-lattina... o tutte queste cose insieme. Infamiglia fu il panico, io entrai in comae non mi accorsi più di nulla. Rimasi ri-coverato mesi, sempre in attesa di unadiagnosi, perché in effetti se non pos-siedi un sistema immunitario ti vieneproprio di tutto, e tutto è letale. I medi-ci del Gaslini fecero ciò che umana-mente era possibile e anche di più(tant’è che io sono ancora al mondo enemmeno loro ci avrebbero scom-messo un euro), ma la mia vita era co-me una coperta corta, la tiravano da u-na parte e si strappava dall’altra, pun-tavano su una patologia e già ne insor-geva un’altra. Ricordo che mentre gra-datamente uscivo dal coma farmaco-logico, indotto affinché le lesioni allameninge del mio piccolo cervello re-gredissero senza lasciare danni, le bol-le scure divennero sempre più grandi:erano la tana del "batterio mangiacar-ne", un microrganismo che intendevadivorare i miei 73 centimetri di vita...

Non voglio spaventare nessuno e dicosubito che al Gaslini batterono ancheil "mangiacarne", dunque nessuna am-putazione alle gambette, e alla fine tor-nai a casa bello, intelligente e allegrocome all’inizio di questa storia, anchese per tutta la vita dovrò sottopormi o-gni dieci giorni a due ore di infusione:un ago nella pancia pian piano mi ino-cula la dose di immunoglobuline che lanatura si è dimenticata di darmi. Or-mai non piango più e so disinfettarmida solo il punto in cui la mamma en-trerà con l’ago, in fondo non è una tra-gedia (grazie a Dio esistono uomini chestudiano malattie come la mia, anchese siamo pochi).La vera tragedia è che se all’asilo sie-derà accanto a me un compagno novax (di quelli ideologici però, i cui ge-nitori non li vaccinano per ignoranza,per moda, perché su Facebook lo dicetizio) avrò sempre un cappio attorno alcollo. Se lui avrà la pertosse, morirò io.Sa qual era alla fine la malattia per cuistavo andando all’altro mondo a 11 me-si? Una banale varicella, banale per glialtri ma non per me. Caro compagno diclasse, io dipendo da te, da quello chegli esperti chiamano effetto gregge: noiimmunodepressi (i tanti bambini conil cancro o l’epilessia o un trapianto oaltri ancora) non ci ammaleremo se voivi vaccinerete, altrimenti soccombere-mo. Ho sentito il ministro dell’Internochiedere di ammettervi in classe anchese i vostri genitori non vi hanno vacci-nato, per evitarvi il "trauma" di restarea casa, ma io non posso morire di fakenews perché tua madre crede a bufalescientificamente smentite, non vogliomorire per la leggerezza di politici a cac-cia di consensi. È vero, non tutti i bam-bini possono essere vaccinati, per al-cuni sarebbe letale: quelli siamo noi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

C

Le nuove generazioni oltre gli stereotipi sui ruoli, per una testimonianza autentica

La reciprocità uomo-donnanella Chiesa che serve i giovani

UN’AGENDA DOPO IL SINODO/6

adri sinodali»: nel linguaggioecclesiastico l’espressionenon ha ancora diritto di cit-

tadinanza. Sdoganandola, tuttavia, i giova-ni presenti al Sinodo hanno risvegliato sul-la reciprocità maschile-femminile un’As-semblea di vescovi che si sarebbe proba-bilmente interrogata con meno coraggio.Durante una serata di festa e di ringrazia-menti, rivolgendosi così alle "uditrici", i gio-vani han dato nome alla maternità ricono-sciuta e apprezzata nelle quattro settima-ne di discernimento. Il loro saluto ha fattosorridere tutti, dissolvendo nell’ironia unatensione rimasta a lungo nell’aria: dalle ma-nifestazioni a inizio Sinodo che chiedeva-no per le uditrici il diritto al voto, ad alcuniinterventi accalorati durante le sessioni, si-no alle votazioni del documento finale, conun 15% di non placet negli articoli "donnenella Chiesa" e "reciprocità tra uomini edonne". Temi caldi e non risolti: la sempli-cità e la franchezza dei giovani nel rappor-tarsi anche ai vescovi han portato in primopiano la resistenza di certi tabù. Più di ognialtra generazione han notato, in fase pre-paratoria, la scarsa considerazione della vo-ce femminile nelle Chiese di origine e inmaniera più clamorosa, giunti in Vaticano,una ritrosia a rapporti di vera reciprocità.

ppure, in un mondo in cui le disparitàtra uomini e donne sono ancora pe-

santi, dove manca il rispetto e il grado di li-bertà delle une è spesso inferiore a quellodegli altri, la comunità nata dal Vangelo po-trebbe esser testimonianza di un ordine di-verso nei rapporti, nei vissuti, nelle proce-dure. La questione non è superficialmentedi "pari opportunità", perché non nascedalla rivendicazione di spazi, ma da unaricchezza smarrita, quella di una Chiesa-comunità che attrae anche perché labora-torio di un’umanità dinamica e accoglien-te. Investe la natura gerarchica e co-munionale della Chiesa: quello del-l’Ordine, riservato agli uomini, è ilsolo sacramento a garantire un’as-sistenza dello Spirito santo in fase diascolto, di confronto e di decisioni?O non è piuttosto il Battesimo acompaginare un Corpo con diversemembra, la cui possibilità di movi-mento sorge solo dalla loro coope-razione e armonia? Quale posto perun "Sinodo" di soli vescovi, quindi,nell’avanzare di tutto il Corpo? Al-cune diocesi e l’Oriente cristianohanno un’esperienza di sinodalitàpiù articolata e polifonica. È imma-ginabile - sembrano chiedere i gio-vani - attorno al successore di Pietro?

a Chiesa ha un volto feriale chenon pochi di loro conoscono e cui de-

vono la propria fede. Federica, universita-ria milanese, ripensa la storia di comunitàin cui è cresciuta: ancora alle soglie dellasua adolescenza le proposte educative era-

L

E

no distinte per genere. Il venir meno dellapresenza di religiose cancellò repentina-mente l’esistenza di un oratorio femmini-le, con la transizione di tutti in un unicospazio, senza troppa riflessione pedagogi-ca su opportunità e limiti del cambiamen-to. Oggi Federica studia Educazione pro-fessionale e racconta di come soprattutto instrutture religiose la questione le si sia fat-ta più chiara. «Al fianco di Lucia ho vissutoil tirocinio in una comunità minori salesia-na di soli adolescenti maschi. Neoassunta,lei era la prima educatrice su dieci educa-tori. Più che in specifiche attività, il cam-biamento era di stile: Lucia era figura nuo-va e molto presente, con un modo di co-municare, anche non verbale, più delicatoe capace di suscitare un corrispondere at-tento da parte di ragazzi abituati a esserpiuttosto grezzi e diretti. Verso noi due si ri-volgevano tuttavia anche sguardi e provo-cazioni tipici di maschi inquieti rispetto al-

la sessualità. Anche nell’equipe educativala differenza femminile era fortemente av-vertita, sia perché funzionava come unarottura dell’abituale solidarietà tra maschi,sia perché il suo contributo apriva effetti-vamente ad un diverso tipo di attenzione edi rapporto coi ragazzi, che si intendeva va-lorizzare». Una Chiesa sul campo sa oggimolto bene che gruppi di adulti mono-ge-nere faticherebbero a corrispondere in mo-do ricco alla propria missione. Special-mente addentrandosi nelle periferie urba-ne ed esistenziali, la collaborazione tra uo-mini e donne rivela tutta la sua fecondità.Si pensi al ruolo delle suore in tante situa-zioni estreme o nei territori di missione.Marco, responsabile di un Centro di ascol-to Caritas, ricorda ad esempio come l’at-tenzione di una giovane volontaria, l’au-tunno scorso, abbia captato l’esigenza ta-ciuta di due ragazze mussulmane: il temadel velo islamico indossato a scuola stava

diventando drammatico e chiedeva una rie-laborazione rinvenibile solo nella confi-denza femminile fuori dalla famiglia.

e in Genesi l’immagine di Dio è "maschioe femmina", solo insieme maschio e fem-

mina saranno suo riflesso e non esclusiva-mente nel matrimonio. Il Sinodo ci invita ariflettere su quanto la loro reciprocità possaessere feconda in ogni ambito: «La relazio-ne tra uomo e donna è compresa nei termi-ni di una vocazione a vivere insieme nella re-ciprocità e nel dialogo, nella comunione enella fecondità in tutti gli ambiti dell’espe-rienza umana: vita di coppia, lavoro, educa-zione e altri ancora. Alla loro alleanza Dio haaffidato la terra» (13). L’ultima affermazioneè da brivido: la terra non è affidata alla curadegli uomini, intesi come esseri umani, maall’alleanza uomo-donna. Come cambie-rebbero le nostre relazioni, le distribuzioni dicompiti e ruoli, anche all’interno della Chie-sa, se prendessimo sul serio questa afferma-zione? E perché raramente riusciamo a far-lo? Nel governo delle Chiese locali e di quel-la universale si stenta a riconoscere un inve-stimento sulla presenza femminile che diaforma a quell’alleanza originaria che rinviaal mistero divino stesso. Così rimane offu-scata la particolarità del Regno di Dio rispettoa tutte le consuetudini umane, che vedonoancora deturpata da stereotipi e sopraffa-zione l’alleanza originaria.

ei vangeli il gruppo di Gesù è senzaprecedenti specialmente per la co-N

S

munione di donne e uomini, destinataridella stessa Parola e di un’unica salvezza. Igiovani che osservano oggi la Chiesa istitu-zionale stentano a ritrovare la medesimapolifonia di vocazioni e di esperienze. «Te-stimoniare Gesù completamente vuol direanche tener conto di tutte queste donne.Purtroppo non lo facciamo abbastanza. Enon lo facciamo in quest’aula»: così Alainde Raemy, vescovo ausiliare di Losanna, Gi-nevra e Friburgo, durante i lavori sinodali,con riferimento alle figure femminili delvangelo. Ancor più audace il cardinaleReinhard Marx, a nome dei vescovi tede-schi: «Non basta ripetere i testi magisteria-li pertinenti. Dobbiamo affrontare le ri-chieste dei giovani, spesso scomode e im-pazienti, di uguaglianza delle donne anchenella Chiesa. Non possiamo più tenercisemplicemente fuori dai discorsidel presente e dobbiamo impara-re di nuovo una cultura del con-fronto, per inserirci argomentan-do e offrendo orientamenti nei di-battiti sociali su questioni impor-tanti dell’umanità come la ses-sualità, il ruolo delle donne e de-gli uomini e il modo in cui si mo-dellano i rapporti umani. E, per a-more di credibilità, dobbiamocoinvolgere ancora di più le don-ne nei compiti di leadership a tut-ti i livelli della Chiesa, dalla parrocchia alladiocesi alla conferenza episcopale e ancheal Vaticano stesso. Dobbiamo volerlo dav-vero e anche metterlo in pratica! L’impres-sione che quando si tratta di potere la Chie-sa in fondo sia una Chiesa degli uomini vasuperata nella Chiesa universale, e anchequi in Vaticano. Altrimenti le giovani don-ne da noi non troveranno una vera possi-bilità di realizzazione. È davvero ora!».

a pastorale giovanile in molti luoghi d’I-talia è un vero e proprio incubatore di re-

ciprocità. Stanno prendendo forma coordi-namenti territoriali in cui consacrate e con-sacrati, laiche e laici, sacerdoti, giovani e fa-miglie condividono la missione. Ne vengo-no luoghi di discernimento in cui donne euomini, liberi dall’ossessione del potere -"occupare spazi" -, si interrogano su come"avviare processi" generativi di trasmissio-ne della fede. Si profila così, a servizio deigiovani, una Chiesa che, nell’arco di pochidecenni, sembra stia passando dalla nettaseparazione dei generi a una valorizzazioneconsapevole della loro reciprocità. Il Sinododei vescovi non ha potuto non cogliere inquesto dato una domanda. E una profezia.

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L

Se in Genesil’immagine di

Dio è "maschio efemmina", solo

insieme maschioe femmina

saranno suoriflesso e non

esclusivamentenel matrimonio

La reciprocitàpuò essere

feconda in ogniambito

Troppo spessoancora oggi

rimaneoffuscata la

particolarità delRegno di Dio

rispetto a tuttele consuetudini

umane

Un bambino senza difese immunitarie si rivolge ai «no vax»

TUA MADRE CREDE ALLE BUFALEE IO A DUE ANNI POSSO MORIRE

GIULIO ALBANESE

er chi vola nell’Africa subsahariana, l’hubaeroportuale di Addis Abeba, è come ilcapolinea del "64" alla Stazione Termini.

Missionari, volontari, cooperanti lo usano frequente-mente, proprio come chi scrive. Sapere che domenicamattina è precipitato un Boeing dell’Ethiopian Airlinesha suscitato profondo dolore, commozione e cordoglio.Eppure, proprio perché i fatti e gli accadimenti della vi-ta esigono sempre e comunque una seria riflessione,un sapere più alto, un’intelligenza morale che pongaun freno alla rassegnazione, vi sono alcune considera-zioni sulle quali soffermarsi. Anzitutto, il fatto che ab-biano perso la vita 149 passeggeri e 8 membri d’equi-paggio, tutte persone che avevano ancora tanta vogliadi vivere. Tra le vittime, come è ormai ben noto, figu-rano numerosi operatori umanitari (alcuni con le fa-miglie al seguito) di varie nazionalità, pronti a viaggia-re e vivere lontano dalle proprie case per contribuire arendere il mondo un posto migliore. Nel lutto, non possiamo fare a meno di ricordare i no-stri 8 connazionali scomparsi, tra cui Paolo Dieci, fi-gura storica della cooperazione italiana allo sviluppo;Pilar Buzzetti, che prestava servizio al World Food Pro-gramme (Wfp); Virginia Chimenti, anch’essa del Wfp;e tre componenti di una Onlus bergamasca, AfricaTremila. Si tratta di quella società civile, valore ag-giunto del nostro Paese, di cui – chissà perché – siprende coscienza solo in occasione di sequestri o divicende tragiche e luttuose come questa. È il caso disgombrare il campo da ogni genere di malinteso opregiudizio nei loro confronti, non foss’altro perchéqueste anime, a differenza di certi benpensanti, han-no aiutato e aiutano davvero gli africani "a casa loro".Stiamo parlando del valore aggiunto di un’Italia chesi è fatta onore, in questi anni, nelle periferie geogra-fiche ed esistenziali del nostro tempo, affermando la

logica della solidarietà, in netta contrapposizione conla "globalizzazione dell’indifferenza" tante volte, giu-stamente, stigmatizzata da papa Francesco. Per que-sti nostri connazionali caduti nell’adempimento delloro dovere, come anche per le altre vittime della scia-gura di Addis Abeba, è importante celebrare la me-moria, nella consapevolezza che la vita umana rima-ne un grande mistero, soprattutto quando è messa adura prova dal dolore. Sorge comunque il serio dubbio che la loro morte, inriferimento alle responsabilità del disastro aereo, nonpossa essere intesa come una sorta di fatalità, manife-stazione, per così dire, di un destino ineluttabile. Stan-do alle prime notizie, quanto è avvenuto domenica alBoeing 737-Max ricorda molto le dinamiche di un al-tro incidente occorso cinque mesi fa in Indonesia adun altro 737-Max. In quel caso, le indagini avrebberoappurato che il sistema computerizzato di bordo, de-stinato ad evitare lo stallo, per ben 26 volte in dieci mi-nuti aveva automaticamente diretto l’aeromobile ver-so il basso, costringendo il comandante ad interveni-re manualmente. Poi l’impatto fatale in mare. Dome-nica, è si è ripetuta probabilmente la stessa cosa, su-bito dopo il decollo da Addis Abeba. Tutto sarebbe dipeso da un software introdotto solonell’ultima versione del 737 per alleggerire il lavoro del-l’equipaggio, correggendo il profilo di volo in base aidati dei sensori. La Boeing si è difesa in un comunica-to affermando che l’aereo in questione "è sicuro comequalsiasi altro apparecchio". La Società statunitenseha poi sottolineato come il manuale di volo offrissetutte le indicazioni per risolvere rapidamente le possi-bili anomalie nell’apparato anti-stallo. Una vicendacertamente controversa, ora oggetto d’investigazioneda parte della Federal Aviation Usa, l’autorità che ha cer-tificato il velivolo e tutte le procedure per la sua ge-stione. Sta di fatto che la stragrande maggioranza deipiloti che volano sul 737-Max – e questo è il dato scon-certante – avrebbe lasciato intendere di non essere sta-ta istruita sulla gestione del sistema e su come com-portarsi in caso di anomalie. Qualcuno penserà cheviaggiare a quelle latitudini è sempre rischioso. Do-mandiamoci, piuttosto, come mai, la cooperazione in-ternazionale ha bisogno delle sue vittime per essereraccontata.

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P

I cooperanti morti in Etiopia, l’Italia di cui vantarsi

IL VOLTO MIGLIORECOLTO NEL DRAMMA

Sul campo e nella pastorale giovanilela polifonia di vocazioni ed esperienzemostra il valore dell’alleanza originaria«Madri sinodali» termine profetico

3IDEE E COMMENTIMartedì 12 marzo 2019@ www.avvenire.itIl campione dell’Inter Sandro Mazzola racconta a Tv2000suo padre Valentino, capitano del Grande Torino / Video

ALESSANDRA SMERILLI SERGIO MASSIRONI

TECNAVIA [CROPPDFINORIG] crop = -45 -30 -45 -30

La tragediain Etiopia

I passeggeriprovenivano da35 nazioni: 157

i morti. Bloccati aterra i velivoli in

sei Paesi, peròrimane «idoneo

al volo»L’aereo operava

da 4 mesi: sospetti sul software

Disastro analogoad ottobre

I DUBBI

Schianto ad Addis Abeba:il «737 Max» ora spaventaRitrovate le scatole nerePAOLO M. ALFIERI

mbientalisti, cooperan-ti, climatologi impegna-ti contro il surriscalda-

mento del pianeta: tra le 157 vit-time del volo ET 302 della Ethio-pian Airlines precipitato dome-nica sei minuti dopo il decolloda Addis Abeba c’era una pic-cola «internazionale del bene»,un microcosmo impegnatonelle battaglie più nobili o nel-le regioni più sfortunate dellaTerra. I passeggeri provenivanoda 35 Paesi diversi: 8 gli italiani.Ieri, all’indomani della tragedia,il Boeing 737 Max 8 è finito sot-to accusa. Un primo verdettopotrà venire dalle due scatolenere, che sono state recupera-te anche se almeno una risultaparzialmente danneggiata.Intanto, però, E-tiopia, Cina, In-donesia, IsoleCayman e Mon-golia (oltre allacompagnia su-dafricana Co-mair) hanno de-ciso di lasciareprecauzional-mente a terratutti i BoeingMax, ma si trattadi provvedimen-ti temporanei.Da parte sua lastatunitense Fe-deral Admini-stration Aviationha affermato chei velivoli in que-stione restano i-donei al volo, maha sottolineatoche agirà in unsecondo mo-mento se sarà i-dentificato unproblema di si-curezza. Per ora, nessuno stopsui cieli dell’Unione Europea,dove sono operativi 55 Boeing737 Max 8, utilizzati da 12 ope-ratori di 10 Stati membri. Se-condo il portavoce della Com-missione Europea Enrico Bri-vio, i funzionari dell’Easa, l’a-genzia di sicurezza aerea del-l’Unione sono in contatto con leautorità che stanno indagandosullo schianto.L’incidente è avvenuto alle 8,44locali di domenica mattina:l’aereo era decollato alle 8,38dall’aeroporto di Bole diretto aNairobi, in Kenya (molti deipasseggeri avrebbero dovutopartecipare a una conferenza

AOnu sul clima), ed è precipita-to 62 chilometri a sud-ovest dal-la capitale etiopica. Non c’è an-cora nessuna indicazione sullecause, ma il pilota avrebbe chie-sto il permesso di tornare in-dietro. Dopo il decollo il velivo-lo aveva «una velocità verticaleinstabile», ha riferito il sito Fli-ghtradar24. Secondo il ceo del-l’Ethiopian Airlines, TewoldeGebremariam, il velivolo eranuovissimo ed era operativo daappena quattro mesi. L’ultimocontrollo di manutenzione diroutine sul velivolo era stato ef-fettuato il 4 febbraio. Il capita-no, Yared Getachew, aveva allespalle più di 8mila ore di volo,secondo un tweet della com-pagnia aerea etiope.Quello di domenica è stato il se-condo incidente a coinvolgere

un Boeing 737MAX 8 nel girodi appenaquattro mesi,dopo quelloavvenuto adun aereo dellaLion Air decol-lato dalla capi-tale indonesia-na Giacarta nelmese di otto-bre scorso. Se-condo Giusep-pe MicheleBorgna, ex pi-lota di Boeing777, le similitu-dini tra i duedisastri sonoalmeno quat-tro. Entrambigli incidenti so-no avvenutipoco dopo ildecollo, in con-dizioni meteomolto favore-voli, hanno a-

vuto come protagonisti due ve-livoli nuovissimi e in entrambii casi i piloti hanno chiesto dirientrare per un problema tec-nico. Alla luce di tutte queste so-miglianze, secondo Borgna,sembra che il velivolo, come nelcaso del Boeing della Lion Air,possa aver avuto problemi aicomandi di volo e non ai mo-tori. Sospetti al momento rica-dono su un difetto nel softwa-re del 737 Max che gestisce i da-ti relativi al sistema di protezio-ne del cosiddetto «inviluppo divolo», che sarebbe la relazionefra l’angolo di attacco dell’ala, lavelocità del velivolo e il flussodi aria che lo circonda. In Italia

la procura di Roma ha apertoun’inchiesta: il fascicolo, coor-dinato dal procuratore Giusep-pe Pignatone, è iscritto al mo-mento senza indagati e senza i-potesi di reato.Il Consiglio di Sicurezza dell’O-nu ha intanto osservato ieri unminuto di silenzio per le vitti-me del disastro, in cui hannoperso la vita anche 22 collabo-ratori di agenzie delle NazioniUnite. «È un giorno triste per lanostra organizzazione», ha sot-tolineato il segretario generaledell’Onu Antonio Guterres. La-voravano per il Programma ali-mentare mondiale delle Nazio-ni Unite anche le italiane Virgi-nia Chimenti e Maria Pilar Buz-zetti. A bordo c’era anche Ro-semary Mumbi, zambiana conpassaporto italiano che lavora-

va alla sede della Fao a Roma;l’assessore ai Beni culturali del-la Regione Sicilia Sebastiano Tu-sa, archeologo di fama interna-zionale, che era diretto a Ma-lindi per una conferenza dell’U-nesco; il presidente della ongCisp e rete LinK 2007 Paolo Die-ci e tre volontari dell’Ong Afri-ca Tremila, Carlo Spini, sua mo-glie Gabriella Vigiani e il teso-riere Matteo Ravasio. «Il Paeseguarda con riconoscenza al lo-ro impegno professionale e divita», ha sottolineato il presi-dente della Repubblica SergioMattarella. «È una tragedia del-la solidarietà, dell’Italia bellache si dedica al prossimo, che a-veva l’Africa nel cuore», è statoil commento del ministro degliEsteri Enzo Moavero Milanesi.

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SOTTO ACCUSA LA SOCIETÀ USA

La Boeing nella bufera:verifiche sulla sicurezzaLa Cina sospende i jetELENA MOLINARINew York

oeing nella buferadopo lo schianto diun secondo 737

Max della compagnia inpochi mesi. Mentre ieri sicercavano di appurare lecause dell’ultima tragedia,e alcuni Paesi interrompe-vano o sospendevano l’im-piego del modello di aereoprecipitato, la società diSeattle rinviava la cerimo-nia di presentazione del suoaereo 777X, che era in pro-gramma domani. E il suo ti-tolo affondava a Wall Street,perdendo fino al 12% in a-pertura per poi recuperare.Intanto l’AmministrazioneTrump, che si è di recentefatta promotrice della ven-dita di 110 velivoli Boeingal governo vietnamita,manteneva il silenzio. Sono state l’Etiopia e la Ci-na i primi Paesi a decideredi lasciare a terra i Boeing737 Max della loro aeroli-nea di bandiera, ma Indo-nesia e Sudafrica hanno se-guito a ruota. La compa-gnia aerea sudafricana Co-mair ha spiegato di averpreso la decisione «sebbe-ne nessuna autorità di re-golamentazione né il pro-duttore l’abbiano richie-sto». Il ministero dei Tra-sporti di Giacarta invece haspiegato di volersi «assicu-rare che tutti gli aerei in do-tazione delle compagnie in

Indonesia siano idonei alvolo», aggiungendo che nelPaese vi sono 11 aerei diquel tipo. Un dodicesimo e-ra precipitato dopo il de-collo da Giacarta nel mesedi ottobre. Anche l’Agenziaeuropea per la sicurezza ae-rea (Easa) ha detto di starmonitorando l’inchiestasugli schianti e di essere incontatto sia con la FederalAviation Administration(Faa) statunitense sia con iproduttori. Per ora la Faa,che nel 2017 ha certificatocome idonea al volo l’ulti-ma versione del jet incri-minato, non ha cambiatole sue raccomandazionisull’apparecchio, nono-stante molte associazionidi operatori dell’aviazionee di consumatori Usa ab-biano avanzato dubbi sul-la sua sicurezza.Nell’Unione Europea sonooperativi 55 Boeing 737Max, utilizzati da 12 opera-tori di 10 Stati membri. Tredi questi sono operativi in I-talia per Air Italy, che ne hatre nella propria flotta, i pri-mi dei 20 che ha ordinato.La compagnia (ex Meridia-na) ha assicurato di essere«in piena conformità con ledisposizioni delle autoritàaeronautiche». E l’ente na-zionale per l’aviazione civi-le per ora ha fatto sapere so-lamente di volersi muove-re in coordinamento conl’analoga agenzia europea.

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B

ALESSANDRA TURRISI

na vita a viaggiare nel passatosi è infranta lo stesso giorno incui quel passato gli diede una

delle più grandi soddisfazioni profes-sionali. Sebastiano Tusa, 66 anni, famo-so archeologo e da meno di un anno as-sessore ai Beni culturali della RegioneSicilia, avrebbe sorriso di questa coinci-denza: il 10 marzo è la data della cele-bre battaglia delle Egadi, che nel 241 a.C.concluse la prima guerra punica e che,grazie al ritrovamento di alcuni rostri in

Ufondo al mare, proprio lui riuscì a loca-lizzare con precisione.Tecnico prestato alla politica, nella giun-ta Musumeci, Tusa era un uomo profon-damente innamorato della bellezza del-la sua terra, che cercava in tutti i modidi promuovere in patria e all’estero, colpiglio del grande divulgatore. Una pas-sione di famiglia quella per l’archeolo-gia, ereditata dal padre Vincenzo Tusa,soprintendente ai Beni culturali di Pa-lermo, e trasmessa ai figli Vincenzo e An-drea. Era sposato con la direttrice delMuseo d’arte contemporanea di Palaz-zo Riso a Palermo, Valeria Patrizia Li Vi-gni, e nel 2004 aveva fondato la Soprin-tendenza del Mare guidando scavi a Mo-zia, a Pantelleria, immergendosi ovun-que, anche poco dopo aver superato concoraggio e determinazione un tumore.Tusa era diretto in Kenya, per parteci-pare alla conferenza Unesco. «Mio pa-dre era il motore di tutto e di tutti, l’uo-mo più forte che abbia conosciuto» hadetto in lacrime suo figlio Andrea.

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GIACOMO GAMBASSI

n una società segnata dagliegoismi, ringraziamo il cie-lo per averci fatto incontra-

re due persone che sono stati esempidi generosità cristiana e di dedizioneal prossimo». Monsignor GiancarloRapaccini, parroco del Duomo di San-sepolcro, ricorda Carlo Spini e la mo-glie Gabriella Vigiani, i coniugi “mis-sionari” in Africa morti nel disastro ae-reo in Etiopia. Medico lui, infermieralei, erano originari del Fiorentino matrasferiti da anni nella città in provin-cia di Arezzo dove sono nati i quattrofigli. «Figli che sono provati dal dolo-re ma sereni – spiega il vescovo – per-ché, dicono, i genitori sono morti fa-cendo ciò che amavano: aiutare l’al-tro sofferente». Gli Spini erano impe-gnati nella parrocchia di San Paolo.«Due anime elette, di una cordialitàstraordinaria, animate da grande sen-so del servizio», afferma l’ex parrocodon Zeno Gori. Adesso lui è cappella-

I«no dell’ospedale di Sansepolcro in cuii due coniugi hanno lavorato e dove ilsacerdote ha organizzato una Messa inloro suffragio giovedì alle 15.30. «Daquando erano in pensione – sottoli-nea don Zeno – si dedicavano alla lo-ro seconda famiglia: l’Africa. Anche laparrocchia aveva sostenuto le loro i-niziative». Perché tramite l’associa-zione bergamasca “Africa tremila” sidedicavano all’assistenza sanitaria deipiù poveri. La diocesi di Arezzo-Cor-tona-Sansepolcro proporrà per loroun momento di preghiera.Storia simile quella del commerciali-sta Matteo Ravasio, 52 anni, berga-masco che lascia la moglie ManuelaFilì e la figlia Camilla, 4 anni appena:era tesoriere di Africa Tremila, con pro-getti anche in Asia e America Latina.Con i coniugi Spini Ravasio avrebbedovuto raggiungere Juba, nel Sud Su-dan, per visionare il centro sanitario“Sant’Ursula”.

(ha collaborato Luca Bonzoni)© RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Ravasio

Carlo Spini e Gabriella Vigiani

Papa Francesco«offre le sue

preghiere per idefunti dei diversi

Paesi eraccomanda le loro

anime allamisericordia di DioOnnipotente. Papa

Francesco inviasentite

condoglianze e allefamiglie e a tutti

coloro chepiangono questatragica perdita»

Francesco

6 PRIMO PIANO Martedì 12 marzo 2019

Al summitsull’ambiente i delegati in lacrime

Tra le vittime delloschianto ci sonoanche molti operatoridell’Onu chedovevano recarsiall’Assemblea perl’ambiente delleNazioni Unite diNairobi che si èaperta ieri. Nelcomplesso cheospita il forum, labandiera dell’Onu è amezz’aria e ilconsuetodispiegamento dicolorate bandierenazionali è statorimosso. «Sto davantia voi nel primo giornodell’Assembleasull’ambiente Onu,che cominciaufficialmente dopoquesta tragedia», hadetto, aprendol’evento, MaimunahSharif, direttriceesecutiva di UN-Habitat. «Nondimenticheremoquesta tragedia, nédimenticheremo chi èmorto. Pensiamo chei nostri colleghivolevano viaggiare elavorare lontano dalleloro case e dallepersone loro care perrendere il mondo unposto migliore in cuivivere». Il presidentedell’Assembleaambientale Onu, SiimKiisler, ha chiesto aidelegati nella sala,molti dei quali vestitidi nero e in lacrime,di osservare unminuto di silenzio.

Il più grande successo: oltre 5milagli ordini

350sono i 737 Maxconsegnati nel mondoÈ il più grandesuccesso della Boeing:5.011 ordini in tre anni

20i 737 Max destinatiall’Italia entro il 2020Uno è già arrivato a Air Italy. Alitalia non ne ha ordinati

FONTE: FlightRadar24

Altitudine

Velocità

Velocità verticale

L’aereo è precipitatodomenica in un campodopo 6 minuti dal decollouccidendo i 157 passeggeri a bordo

Il percorso del Boeingprima che l’aereosparisse dai radar

E T I O P I AETIOPIA

10 km

aeroporto

Bishoftu

ADDISABEBA

ERITREA

500 km

YEMEN

SUDSUDAN

SUDAN

TANZANIA

Boeing 737-800MAX

Il disastro dell’Ethiopian Airlines

500 m

Metri al minuto

0

–500

8:38 am 8:38.30 8:39 8:39.30 8:40 8:40.30 8:41

2.621 m

709 km/h

2.446 m

Altitudine dello scalo di Addis Abeba: 2.324 m

Ora locale

2.355 m

41 km/hDecollo

Salita improvvisa

Gli indicatori di bordo

Salita improvvisa

Improvvisa discesa

Sparisce dai radar3 minuti dopo

Precipitosa caduta

Salita lenta

Volo ET 302per Nairobi,Kenya

SEBASTIANO TUSAL’archeologo innamorato del mare e della SiciliaIl figlio: «Mio padre era il motore di tutto e di tutti»

CARLO SPINI, GABRIELLA VIGIANI, MATTEO RAVASIO

Mente e braccia dell’onlus che curava i bimbi

L’archeologo Sebastiano Tusa

■ I VOLTI ITALIANI: LA PASSIONE COMUNE PER L’AFRICA

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La tragediain Etiopia

Il cordoglio diFocsiv, Cuamm,

Vis e Cispper la perdita dei

cooperantiitaliani: «Sono

il voltodell’esercito che

ogni giornoopera a fianco

degli ultimi dellaTerra». Eccocome e dove

IL DOLORE

PAOLO LAMBRUSCHI

ono sconvolte le Ong cat-toliche italiane. Perché latragedia ha colpito anche

i “caschi blu di Dio” – bella de-finizione di padre Giulio Alba-nese riferita a Paolo Dieci – eperché quella rotta con l’Ethio-pian airlines viene percorsa so-vente da cooperanti, volontarie dirigenti delle organizzazioniche da quasi 70 anni vanno evengono dall’Africa orientale. La loro è storia di solidarietàconcreta e sempre poco rac-contata. Eppure hanno portatoe portano frutti straordinari nel-la fascia più povera del globo,terre di esodi biblici da fame econflitti, in servizi primari qua-li salute, agricoltura e istruzio-ne. Lo slogan ormai abusato“aiutiamoli a casa loro” questaparte di società civile lo ha mes-so in pratica nella sua accezio-ne migliore, con la competen-za acquisita sul terreno e usan-do il dizionario dello sviluppo,metodologia inclusiva che mi-ra a salvare vite umane e a bat-tere fame, sete e malattie crean-

S

do reti e rendendo protagoni-ste dei progetti le popolazionilocali. Perché ciascuno abbia ildiritto e la libertà di scegliere direstare a casa. Gli effettivi di questa interna-zionale del bene non sono in-quadrabili perché accanto aglioperatori ci sono diversi volon-tari meno attivi in Africa e mol-to di più in parrocchia. Lo con-ferma Gianfranco Cattai, presi-dente della Focsiv, la federazio-ne delle Ong cattoliche italiane.«Con i nostri 86 soci tra opera-tori in servizio civile interna-zionale e volontari sono impe-gnate circa 2.000 persone al-l’anno. In quel lembo di Africa

tra Kenya, Etiopia, Somalia, E-tiopia, Sud Sudan ci sono di-versi progetti riguardanti sanitàe bisogni primari che hanno in-ciso sulla società civile localepromuovendo un associazioni-smo vivace, impegnato controle ingiustizie. Anche grazie aquesti oggi la cultura della coo-perazione va nella direzione del“lavorare con”, rifiutando ap-procci paternalistici e assisten-zialistici, aggregando energie evalorizzando capacità, cono-scenze, tradizioni». Cattai dedi-ca un particolare pensiero, tra levittime, ai volontari di AfricaTremila, alle due funzionariedel World Food Program e «al-

l’amico Paolo Dieci con il qua-le abbiamo condiviso percorsied esperienze di solidarietà ecooperazione internazionale.Non possiamo non ricordare ilmodo mite e pacato con il qua-le ha portato avanti il proprioimpegno e curato le relazionicon tutti noi».Tra le organizzazioni pionierec’è Cuamm – Medici con l’Afri-ca di Padova, impegnata nell’a-rea subsahariana dal 1950 con175 operatori e 1.600 collabo-ratori locali. Un esempio di co-sa significhi aiutare lo sviluppo.«La nostra strategia – spiega ilpresidente don Dante Carraroesprimendo dolore per la tra-

gedia – sta nella scelta di chia-marci “medici con l’Africa”. Vuoldire non avere atteggiamenti disuperiorità o assistenzialisti. Il“con” indica collaborazione,corresponsabilità, capacità dianalisi dei problemi ricercandoinsieme soluzioni condivise daipartner locali. Perciò facciamosolo accordi scritti indicando o-biettivi, scadenze e verifiche.Siamo impegnati in 24 ospeda-li non di nostra proprietà e intanti distretti sanitari affian-cando i dirigenti nella gestionee i medici nelle cure con unaformazione reciproca. Infinecuriamo la formazione specifi-ca del personale locale per in-

vestire nel futuro». Cosa signi-fichi don Dante lo riassume conuna storia del Sud Sudan, dovenon ci sono ginecologi e c’è u-na ostetrica ogni 20 mila mam-me. «Abbiamo formato 20 o-stetriche, Ho incontrato Amina,una di loro, in un ospedale. Miha ringraziato perché prima delcorso pensava di migrare in Eu-ropa, dopo ha scelto di fare lasua parte per il suo Paese. Ed e-ra orgogliosa di questo». I salesiani del Vis, Volontariatointernazionale per lo sviluppo,parte della rete di Ong Cini, o-perano in Etiopia da 20 anni neisettori dell’educazione, dellaformazione professionale, del-l’inserimento lavorativo e nelsettore acqua e salute. «La nostra azione in Etiopia ri-guarda vari settori, in ognunodi essi è fondamentale il lavoroin rete. Oltre al radicamento lo-cale, per noi è fondamentale ilpartenariato con altre Ong in-ternazionali e locali. Con lamorte di Paolo Dieci perdiamoun amico e un collega che èsempre stato una guida con lasua esperienza e la sua profon-da conoscenza del Paese», af-ferma Nico Lotta, presidentedel Vis. Oltre ai progetti di for-mazione professionale per i ra-gazzi di strada di Addis Abebacome il Bosco Children, visita-to dal premier Giuseppe Contelo scorso ottobre, Vis si dedicaalla formazione nella coopera-zione internazionale parteci-pando attivamente a master te-matici con Cisp e Coopi, con cuiha avviato il Cooperation andDevelopment Network che haassociato diversi atenei del Sud. Paolo Dieci era docente di que-sti master. Era uno scout e nel1983, insieme ad altri 27 amicidiede vita al Cisp, Comitato in-ternazionale per lo sviluppo deipopoli, che presiedeva e che faparte del network Link 2007. Loricorda così la vicepresidenteMaura Viezzoli: «Cominciam-mo con progetti in Etiopia. Pao-lo li avviò, ci visse parecchi an-ni e continuava ad andarci. Te-neva molto alla concretezza in-contrando i bisogni delle per-sone e mettendole in condizio-ne di scegliere il proprio futuro.Oggi operiamo in 25 Paesi con700 collaboratori locali. Per luiil volontario italiano doveva es-sere un seme che facilita aggre-gazione e partenariato per crea-re sviluppo. Era una persona u-mile, competente, affidabile perla sua capacità di lettura dei ter-ritori e di pensare politiche». Unprotagonista di quell’Italia si-lenziosa, amata e credibile per-ché non esporta armi e sfrutta-mento. Ma segni di pace.

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L’Italia che esporta la pace Sotto choc le Ong impegnate in Africa: «Ferita la rotta del bene che opera da 70 anni»Così il nostro Paese aiuta “a casa loro” le popolazioni della fascia più povera del globo

LE ALTRE STORIE Le vite spezzate di Paolo, Maria Pilar, Virginia e RosemaryQuelli che credevano nell’abbraccio tra popoli e culture

LA LETTERAQuando Paolo Dieci scriveva ad “Avvenire” sulla cooperazione«Serve ancora? Adesso vi spiego perché la risposta è “sì”»

«Caro direttore – scriveva Paolo Dieci, il fon-datore del Comitato internazionale per losviluppo del popoli, in una lettera ad Avve-nire pubblicata nel gennaio 2018 – com-piere 35 anni per il Cisp è un traguardo im-portante. Arriviamo a questo appuntamen-to con un bagaglio di 1.500 progetti in piùdi 30 Paesi in ogni regione del mondo, a-vendo raggiunto direttamente 100 milioni dipersone, avendo assicurato accesso al-l’acqua pulita, i diritti all’educazione, allecure sanitarie, al credito, avendo ispiratopolitiche pubbliche inclusive e sostenibili.Abbiamo scelto di far coincidere il nostroanniversario con una riflessione, oggi, sul

significato del nostro lavoro, cercando di ri-spondere alla domanda: serve ancora lacooperazione internazionale e se sì, a co-sa? Esiste ormai un vero e proprio genereletterario sviluppatosi attorno allo scettici-smo sull’impatto della cooperazione e sia-mo convinti che spetti a noi dare rispostechiare e concrete». Ieri il sito del nostro quo-tidiano ha ripubblicato integralmente quel-l’intervento, intitolato appunto «Serve an-cora la cooperazione internazionale. E sesì, perché?» (https://www.avvenire.it/at-tualita/pagine/ecco-cosa-scriveva-paolo-dieci-vittima-addis-abeba-ad-avvenire). Larisposta di Paolo Dieci era «sì».

FULVIO FULVI

n solido filo rosso legava la suavita: l’Africa. Una passione to-tale quella di Paolo Dieci per

il “continente nero”, un amore che sitrasformava in impegno quotidiano asostegno dei soggetti «meno protetti evulnerabili», secondo un’espressioneche usava spesso con amici e allievi.Proveniente dal mondo cattolico, Die-ci è una delle 157 vittime (tra cui 8 ita-liani) della tragedia aerea di Addis A-beba. Nel 1983 fondò insieme ad altrila ong Cisp (Comitato internazionaleper lo sviluppo dei popoli, oggi presentein 26 Paesi) mettendo a frutto un’espe-rienza pluriennale maturata nelle mis-sioni di assistenza tecnica in varie par-ti del mondo. Era anche presidente del-la LinK2007, associazione che rag-gruppa 14 organizzazioni italiane delsettore. Romano, 56 anni, una laurea infilosofia (con Tullio De Mauro), sposa-to, con tre figli ai quali ha saputo tra-smettere i valori della solidarietà e del-

Ul’inclusione (una è nata in Etiopia), Pao-lo Dieci Insegnava Project Cycle Ma-nagement e Valutazione al master uni-versitario in Cooperazione internazio-nale di Pavia e negli atenei di Betlem-me e Nairobi, era membro del Consi-glio Nazionale per la Cooperazione al-lo Sviluppo, parlava correntemente l’a-marico, la lingua ufficiale (e antica) del-l’Etiopia. Aveva lavorato anche allariforma della legge del settore e, negliultimi tempi, nel centro di Castelnuo-

vo di Porto, vicino Roma, per l’inseri-mento dei richiedenti asilo. Era un co-struttore infaticabile di umanità, «per-sona gentile che sapeva ascoltare», ri-corda chi lo ha conosciuto. Domenicaquel fil-rouge che legava come perle lesue giornate si è spezzato all’improvvi-so nello schianto del Boing 737. Ma Die-ci ha lasciato, non solo in Italia e in A-frica, un profondo solco ideale sul qua-le può continuare a scorrere ora l’im-petuoso fiume della solidarietà tra i po-

poli, dell’accoglienza dei profughi e del-l’incontro di culture.Con lui, a bordo di quel maledetto ae-romobile dell’Ethiopian Airlines esplo-so in volo, viaggiavano anche le roma-ne Maria Pilar Buzzetti, 30 anni, lau-reata alla Luiss, e Virginia Chimenti,26enne bocconiana, capo scout (la co-munità “Roma 70” si è ritrovata per u-na veglia di preghiera in sua memorianella parrocchia di San Saturnino: «Ab-biamo perso una guida»): entrambe e-rano impiegate con ruoli e responsa-bilità diverse nel World Food Program-me dell’Onu, andavano a Nairobi perpartecipare alla conferenza sul clima.E nell’aereo c’era anche RosemaryMumbi, 48 anni, una zambiana conpassaporto italiano che lavorava allasede della Fao di Roma. Giovani checredevano nella cooperazione inter-nazionale, che volevano aiutare i po-veri del mondo. Vite spazzate via daquel tremendo botto nel cielo di Etio-pia, ancora avvolto nel mistero.

© RIPRODUZIONE RISERVATAVirginia Chimenti, 26 anni Maria Pilar Buzzetti, 30 anni

L’omaggiodi Guterrese dell’Onua 22 vittime

Con un minuto disilenzio e le bandierea mezz’asta, ilPalazzo di Vetro hareso omaggio alle“sue” vittime del voloEthiopian. Unatragedia anche perl’Onu: sull’aereoc’erano almeno 22funzionari di agenziedelle Nazioni Unite,tra i quali le giovaniitaliane del WfpVirginia Chimenti eMaria Pilar Buzzetti.L’ET 322 erasoprannominato «theUn shuttle» per l’altadensità di personaleOnu che regolarmentelo utilizzava. Sia AddisAbeba che Nairobihanno uffici Onu. «Èun giorno triste per lanostra organizzazionee per molti nelmondo», ha detto ilsegretario generaleAntonio Guterres.Cordoglio anche daicapi di altre agenziedell’Onu listate a lutto:oltre al Wfp, la piùcolpita, l’Oim, Acnur,la Fao. Sono rimasteuccise anche seipersone dell’ufficioOnu a Nairobi.

7PRIMO PIANOMartedì 12 marzo 2019

A sinistra i resti del Boeing 737 dell’EthiopianAirlines schiantatosi a 62 chilometri da Addis AbebaSotto, i parenti di alcuni passeggeri mentreattendevano notizie dei loro cari in aeroporto / Ap

SergioMATTARELLAPresidente della Repubblica

«Il Paese deve esserericonoscente agli 8morti italiani per il loroimpegno professionale e di vita, speso neicampi dell’archeologia,della cultura e dellacooperazione al serviziodello sviluppo umano»

GiuseppeCONTEPresidentedel Consiglio

«Oggi è un giorno didolore. Nell’aereo dellaEthiopian Airlines vierano anche nostriconnazionali. Cistringiamo tutti aifamiliari delle vittimerivolgendo loro i nostricommossi pensieri»

Paolo Dieci, 56 anni, fondatore di Cisp

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