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© Michelangelo Vasta 2012 1 L’impresa in Italia: i temi Interpretazioni Struttura Potere di mercato, proprietà e controllo delle imprese La grande impresa La piccola e media impresa L’innovazione tecnologica Lavoro e relazioni industriali Il finanziamento delle imprese La politica industriale

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1

L’impresa in Italia: i temi

Interpretazioni

Struttura

Potere di mercato, proprietà e controllo delle imprese

La grande impresa

La piccola e media impresa

L’innovazione tecnologica

Lavoro e relazioni industriali

Il finanziamento delle imprese

La politica industriale

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Approcci storiografici 1/2

Macro-economico (prevalente fino agli anni Settanta)

struttura

percorsi e tipologie di industrializzazione

Performance

Micro-economico (prevalente dopo gli anni Settanta)

varietà delle formule organizzative

strategie dei singoli «attori»

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Approcci storiografici 2/2

Macroeconomico prevale l’attenzione sulla grande impresa (il «motore» della

crescita)

prevale una visione critica sulle tare del capitalismo italiano

prevalgono i temi dell’arretratezza, del dualismo, del capitalismo monopolistico

Microeconomico prevale l’attenzione sulla PMI e sull’interazione degli «attori»

economici che ne fanno parte

visione positiva sulla originalità del modello italiano

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Concentrazione e monopolio

Definizione: presenza di pochi soggetti che detengono, anche attraverso gruppi d’imprese, ampie quote di mercato di un singolo comparto produttivo

Valutazioni contrastanti a causa dei diversi: periodi oggetto di studio

fonti (censimenti, imprese) e misure impiegate (attivo, capitale, addetti, ecc.)

indici utilizzati

orientamento teorico

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Capitale finanziario e capitalismo monopolistico

Grande impresa = capitalisti [Grifone, Sereni]

Ilva, Ansaldo, Breda, Fiat

Rendita agraria e speculazione (le tare d’origine)

La grande impresa controlla l’offerta, tiene alti i profitti e «restringe» il mercato

Due visioni

Maggiori efficienza della grande impresa anche se espressione del «capitalismo finanziario» [Mori]

In questo senso la grande impresa può essere il viatico verso il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dei salari (conflitto K-L)

Ostacolo alla modernizzazione del Paese [Scalfari]

Scarsa tutela per gli azionisti di minoranza

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Ristrettezza del mercato

Oligopolio come frutto necessario [Romeo]

Mancanze di politiche di sostegno alla domanda e conseguente ritardo nella diffusione delle economie di scala [Ciocca, Filosa e Rey]

Spazio per pochi soggetti e crescita dimensionale attraverso reti e collusione

«Ristrettezza» e debolezza della grande impresa italiana Minore dimensione comparativamente ad altri paesi

Scarse performance anche per la limitata capacità innovativa

Difficoltà nel completamento della matrice intersettoriale

Scarsi investimenti in R&S (assenza di rendimenti crescenti)

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Due «protagonisti»: la Banca e lo Stato

La Banca Banche «universali» (Comit, Credit) come

soggetti della «finanziarizzazione» dell’economia italiana

Fattore sostitutivo [Gerschenkron] e cruciale del decollo dell’età giolittiana. Soltanto negli anni Venti?

Crisi ricorrenti e finanziamenti verso le imprese consolidate [Fohlin]

Il credito speciale e la doppia intermediazione (obbligazioni garantite dallo Stato detenute dalle banche)

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Due «protagonisti»: la Banca e lo Stato

Lo Stato

«capitalismo statale», «capitalismo politico», «stato non letargico»

Tratto comune a tutto il Novecento attraverso forme diverse:

fino agli anni Venti: commesse pubbliche (ferrovie, acciaio, armi) e tariffe protettive (acciaio, grano)

dagli anni Trenta agli anni Novanta: autarchia, consorzi obbligatori per la crescita dimensionale, intervento diretto come imprenditore (l’impresa pubblica); i «campioni nazionali»

I «confini» dell’impresa pubblica italiana

I settori strategici

La parabola dell’impresa pubblica italiana

Gli anni Trenta e la Golden age

Gli anni Settanta e il declino irreversibile

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I giudizi sull’intervento pubblico 1/2

Politica doganale

essenziale per l’industrializzazione [Sapelli, Zamagni]

male indirizzata (siderurgia versus meccanica) [Gerschenkron]

meno forte di quanto ritenuto [Federico]

effetti sul PIL aggregato quasi nulli, ma maggiore crescita del tessile e minore del siderurgico

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I giudizi sull’intervento pubblico 2/2

Le imprese non si affrancano mai dalla dipendenza e i salvataggi si moltiplicano: comportamenti collusivi [Federico e Giannetti]

Effetto dinamico anche in presenza di una inefficiente allocazione delle risorse [Petri]

Risultati ottimi negli anni Cinquanta e Sessanta modernizzazione dei servizi, siderurgia, petrolio

Risultati meno positivi dagli anni Settanta sostegno dell’occupazione, riequilibrio territoriale a

scapito dell’efficienza

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Il mutamento di prospettiva: l’approccio micro (anni Settanta)

Cause:

crisi petrolifere

difficoltà della grande impresa

decentramento produttivo

nuovo «regime tecnologico»

Mutamento della teoria economica

Effetti: attenzione ai micro comportamenti, studio dei dettagli, del singolo caso

Il ruolo della PMI nella crescita economica [Bagnasco, Becattini]

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La PMI come «attore» centrale della crescita economica? 1/2

Problema dimensionale dell’industria italiana [de Cecco]

Capacità adattativa, flessibilità, la forma distrettuale, il made in Italy [Becattini]

Valori condivisi, controllo sociale [Becattini]

Le «sorprese» degli anni Settanta o una presenza di lungo periodo legata alle tradizioni artigianali? [Bellandi; Cafagna]

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La PMI come «attore» centrale della crescita economica? 2/2

La tradizione manchesteriana senza bisogno di promozioni dall’alto [Cafagna]

La mobilità sociale e il «dualismo» [Sapelli]

I gruppi di imprese e la questione dimensionale

Il «quarto capitalismo» e la gerarchizzazione all’interno delle PMI [Colli; Turani]

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Due «protagonisti»: la Banca e lo Stato

«protagonisti» trascurati dalla letteratura più recente che li considera poco rilevanti per la lettura delle PMI

La Banca

Le reti delle banche locali (piccolo versus piccolo) [Conti]

Il sistema finanziario come fattore scatenante del nanismo delle imprese italiane (il pluri-affidamento) [de Cecco]

Lo Stato

Politiche inesistenti che non favoriscono le PMI [Becattini]

Interventi nel mercato del lavoro e politiche fiscali o assenza di interventi («economia sommersa») favoriscono le PMI [de Cecco, Zamagni]

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La capacità innovativa: interpretazioni 1/2

In generale l’Italia si caratterizza come scarsamente orientata all’innovazione come mostrato da molti indicatori [Vasta]

Il mix tecnologico italiano come risposta razionale alla dotazione fattoriale [Federico]

La capacità innovativa viene sottostimata ma, nella realtà, non è così scarsa [Colli] Settori con bassa propensione alla

brevettazione La conoscenza «tacita»

Dualismo innovativo [Malerba]

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La capacità innovativa: interpretazioni 2/2

Le dinamiche innovative non possono essere giudicate astraendole dai «regimi tecnologici» «attivi» a livello internazionale

Le conoscenze tacite non sono esclusiva della piccola dimensione e dei settori tradizionali

La realtà degli indicatori (vedi cap. 6)

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Il declino industriale e la crisi finanziaria 1/2

Esistenza di diverse visioni sulla capacità competitiva dell’industria italiana: i «pessimisti», gli «ottimisti», gli «intermedi»

Scomparsa o forte ridimensionamento di alcuni settori chiave (informatica, aeronautica, chimica, automobile) [Gallino]

Regresso verso una struttura da prima rivoluzione industriale [Sori]

Una «colonia industriale»? [Gallino]

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Il declino industriale 2/2

Capacità creativa capace di ritagliarsi nuove nicchie produttive [Quadrio Curzio e Fortis]

Un problema di crescita [Ciocca]

Crescita accumulazione del capitale

Crescita capitale umano

Aumento grado di apertura

Maggiore efficienza sistema finanziario

La metamorfosi [Berta]

Il declino europeo [Alesina e Giavazzi]

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Il pil pro capite I/pil pro capite Usa

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1950 1954 1958 1962 1966 1970 1974 1978 1982 1986 1990 1994 1998

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La struttura dell’economia italiana nel lungo periodo

Percorso tipico di un paese latecomer Predominio dell’agricoltura (1881-1951)

Predominio dell’industria (1961-1971)

Predominio dei servizi (1981-)

Differenze persistenti con i pattern dei principali paesi sviluppati

Esistenza di due fasi

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La struttura dell’occupazione nell’economia italiana (1861-2011)

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1861 1871 1881 1891 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011

Agricoltura Industria di cui manifatturiera Servizi

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Struttura occupazionale per macro-settori e Paesi (1870-2009)

Agricoltura Industria Servizi Agricoltura Industria Servizi Agricoltura Industria Servizi

Francia Italia Giappone

1870 49.8 28.0 22.2 1871 68.1 15.8 16.2 1891 75.8 11.4 12.8

1900 41.4 29.4 29.2 1901 63.0 19.9 17.1 1900 71.1 14.1 14.8

1910 41.0 33.1 25.9 1911 59.1 23.6 17.4 1910 64.2 18.0 17.9

1920 41.5 29.3 29.1 1921 59.1 22.5 18.4 1920 55.4 22.6 22.0

1930 35.6 33.3 31.1 1931 53.8 25.4 20.8 1930 49.5 20.9 29.6

1936 n.d. n.d. n.d. 1936 52.0 25.5 22.5 1940 45.0 27.1 27.9

1954 27.0 36.3 36.7 1951 44.3 31.0 24.7 1950 48.3 27.0 24.7

1968 15.7 40.4 43.9 1973 17.7 38.4 43.9 1973 16.0 42.9 41.1

1990 6.4 28.8 64.9 1991 7.1 31.6 61.3 1990 9.2 38.9 51.9

2008 3.2 20.1 76.7 2011 3.9 26.9 69.3 2009 5.0 25.3 69.7

Germania Regno Unito Stati Uniti

1871 49.5 29.1 21.4 1871 22.2 42.4 35.4 1870 50.0 24.8 25.2

1900 n.d. n.d. n.d. 1900 9.6 54.4 36.0 1900 38.0 30.5 31.4

1913 34.5 37.9 27.6 1911 11.8 44.1 44.1 1910 32.0 31.8 36.2

1925 31.5 40.1 28.4 1924 8.6 46.5 44.9 1920 26.2 33.2 40.6

1930 30.5 37.4 32.1 1930 7.6 43.7 48.7 1930 20.9 30.2 48.9

1935 29.9 38.2 31.9 1937 6.2 44.5 49.3 1940 17.9 31.6 50.5

1950 24.3 42.1 33.6 1950 5.1 46.5 48.4 1950 11.0 32.9 56.1

1973 7.2 47.3 45.5 1973 2.9 41.8 55.3 1973 3.7 28.9 67.4

1990 3.4 39.7 56.9 1990 2.0 28.5 69.5 1990 2.5 21.8 75.7

2008 2.1 24.8 73.0 2008 1.5 17.6 80.8 2009 1.4 15.1 83.4

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Peso occupazionale dell’industria manifatturiera

sul totale per paesi (1900-2009)

Anni Francia Germania Giappone Italia Regno Unito Stati Uniti

1900 25.2 11.6 15.7 40.3 22.1

1910 28.9 29.4 14.4 18.6 40.7 22.8

1920 24.9 32.3 17.1 17.1 37.0 26.4

1930 27.3 30.8 16.5 19.2 35.0 23.1

1940 n.d. 33.2 22.1 19.4 n.d. 24.7

1950 27.2 33.7 16.6 22.3 39.1 27.4

1960 28.2 37.5 20.7 26.8 37.7 29.1

1970 28.8 38.7 26.4 32.2 31.1 27.1

1980 25.3 35.8 24.4 30.7 28.5 21.2

1990 22.0 28.4 24.3 23.4 20.3 18.3

2001 14.8 24.3 21.9 20.7 17.2 12.1

2009 12.3 18.5 16.3 18.1 9.8 8.9

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L’industria manifatturiera: localizzazione

La leadership della Lombardia nel lungo periodo

Spostamento del baricentro dal «triangolo industriale» al NEC

Ascesa di Veneto ed Emilia-Romagna

Andamento disomogeneo nel Sud

Crescita nelle aree contigue al NEC (Abruzzo, Molise)

Contrazione delle aree più popolate (Campania, Sicilia)

Stabilità (Puglia, Sardegna)

Il peso del lavoro sommerso

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Distribuzione regionale degli addetti dell’industria manifatturiera (1911-2001)

1911 1927 1937 1951 1961 1971 1981 1991 1996 2001

Piemonte e VA 14,4 15,8 15,0 16,3 15,7 15,1 12,9 11,5 11,1 10,7

Liguria 5,5 5,0 5,0 4,5 3,6 2,9 2,4 2,0 1,7 1,6

Lombardia 27,6 31,1 29,7 32,1 32,2 30,1 26,9 25,9 26,2 24,9

Nord Ovest 47,4 51,9 49,7 52,9 51,5 48,1 42,3 39,4 39,0 37,2

Trentino A.A. 0,0 1,1 1,1 1,3 1,2 1,2 1,3 1,4 1,5 1,5

Veneto 7,4 7,0 7,4 7,6 8,2 9,4 10,5 12,3 13,4 13,6

Friuli Venezia G. 3,3 3,3 3,0 2,6 2,4 2,5 2,4 2,5 2,6 2,8

Emilia-Romagna 6,4 5,7 6,8 6,0 7,9 8,7 10,2 10,0 10,6 11,0

Marche 2,3 2,0 2,0 1,8 2,0 2,5 3,4 3,6 4,0 4,2

Toscana 7,7 7,7 7,5 6,9 7,9 8,2 8,3 7,8 7,8 7,6

Umbria 1,4 1,2 1,6 1,3 1,1 1,3 1,6 1,5 1,4 1,6

Lazio 3,3 3,4 3,9 3,8 4,0 4,5 4,8 4,9 4,5 4,1

Nord Est Centro 31,7 31,3 33,1 31,3 34,7 38,3 42,5 43,9 45,7 46,4

Campania 7,1 5,4 5,7 5,0 4,7 4,5 5,1 4,7 4,4 4,6

Abruzzo e Molise 1,8 1,4 1,4 1,5 1,2 1,3 1,9 2,4 2,5 2,8

Puglia 3,8 2,7 3,4 3,0 2,5 3,0 3,5 4,1 3,7 4,0

Basilicata 0,6 0,4 0,4 0,5 0,3 0,4 0,4 0,5 0,5 0,7

Calabria 2,0 1,5 1,5 1,5 1,1 0,8 0,8 0,9 0,7 0,8

Sicilia 4,7 4,4 3,7 3,5 3,0 2,7 2,8 2,8 2,4 2,4

Sardegna 1,0 0,9 1,1 0,9 0,8 0,9 0,8 1,3 1,1 1,1

Sud 20,9 16,8 17,2 15,8 13,7 13,5 15,3 16,7 15,3 16,4

Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

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L’industria manifatturiera: specializzazione

Distinzione fra settori leggeri e pesanti: Leggeri: minore intensità di capitale e

orientamento al mercato finale

Pesanti: maggiore intensità di capitale e prodotti usati come input per altri settori orientamento al mercato

Ritardo nello sviluppo dei settori «nuovi» Soltanto nel 1961 avviene il «sorpasso» dei

pesanti

Nell’ultimo trentennio vi è una sostanziale stabilità Persistenza dei settori del «sistema moda»

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Distribuzione settoriale degli addetti dell’industria manifatturiera (1911-2001)

Divisione 1911 1927 1937 1951 1961 1971 1981 1991 1996 2001

Alimentare 13,7 12,5 14,7 10,3 8,9 7,1 7,8 8,8 8,9 9,1

Tabacco 0,9 1,0 1,5 1,5 0,6 0,4 0,4 0,3 0,2 0,2

Tessile 22,5 25,0 18,5 18,8 13,7 10,1 8,9 7,7 7,1 6,3

Abbigliamento 8,1 6,4 7,6 6,4 6,5 7,4 6,8 8,0 7,1 6,1

Cuoio e pelle 6,2 4,3 5,2 6,2 4,9 4,5 5,6 4,7 4,7 4,2

Legno 7,8 6,9 6,5 4,9 5,3 3,7 4,1 3,6 3,5 3,7

Carta 1,3 1,2 1,4 1,5 1,6 1,4 1,7 1,7 1,8 1,7

Editoria 2,2 2,2 1,9 2,1 2,5 2,7 3,2 3,7 3,6 3,5

Prodotti energetici - 0,3 0,5 0,5 0,4 0,5 0,6 0,6 0,5 0,5

Chimica 3,3 2,9 3,4 5,1 5,9 5,4 5,0 4,6 4,3 4,2

Gomma e plastica - 0,3 0,7 1,0 1,4 2,4 2,1 3,4 4,1 4,4

Vetro, cemento e laterizi 9,8 6,4 6,1 5,6 6,8 6,3 5,7 5,3 5,2 5,2

Siderurgica 3,1 3,9 3,0 4,8 5,3 5,0 4,7 3,3 2,8 2,8

Metallurgica 5,9 5,8 3,4 6,3 6,2 7,1 9,6 11,8 12,8 14,3

Apparecchi meccanici 3,4 5,2 8,8 8,6 11,8 13,8 10,9 10,3 11,4 12,2

Macchine per ufficio 0,1 0,1 0,1 0,3 0,5 0,7 0,5 0,5 0,4 0,4

Apparecchi elettrici 0,2 0,4 1,1 1,6 2,6 3,8 4,4 4,0 4,2 4,3

Apparecchi radio e tv 0,1 0,5 1,5 1,0 1,7 2,5 2,3 2,7 2,1 2,2

Apparecchi di precisione 0,6 1,7 1,5 1,7 1,5 1,1 1,7 2,3 2,7 2,6

Automobilistica 0,3 0,9 2,0 2,1 2,5 4,6 4,7 4,1 3,8 3,5

Altri mezzi di trasporto 5,4 5,3 5,9 4,0 3,1 2,0 2,4 2,6 2,1 2,1

Mobili e altre 4,9 6,5 4,5 5,8 6,4 7,4 6,9 5,9 6,4 6,2

Recupero e riciclaggio materiali - 0,3 0,1 0,1 0,1 - - 0,1 0,2 0,3

Leggere 66,4 64,8 60,4 55,9 48,6 43,4 43,8 42,8 41,7 39,2

Pesanti 33,6 35,2 39,6 44,1 51,4 56,6 56,2 57,2 58,3 60,8

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28

Distribuzione degli addetti per industrie «leggere» e «pesanti»

-

20,0

40,0

60,0

80,0

1911 1927 1937 1951 1961 1971 1981 1991 1996 2001

Pesanti

Leggere

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Distribuzione degli addetti dell’industria manifatturiera per settore e paese

Paesi 1971 1981 1991 2001 2009 1971 1981 1991 2001 2009

Leggere Pesanti

Francia 34.7 32.9 31.5 30.7 29.5 65.2 67.1 68.6 69.5 70.5

Germania 28.2 25.3 21.9 21.4 20.7 71.7 74.9 78.2 78.6 79.3

Giappone 40.3 37.5 34.4 32.2 24.7 59.5 62.4 65.5 67.9 75.3

Italia 42.4 39.7 40.4 37.4 34.2 57.7 60.3 59.5 62.5 65.8

Regno Unito 29.3 27.9 28.4 27.2 26.8 70.5 72.2 71.5 72.8 73.2

Stati uniti 32.7 28.2 27.9 26.2 27.8 67.4 71.8 72.1 73.7 72.2

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L’industria manifatturiera: dimensione

Aumento molto lento della dimensione media: Da 5,9 (1911) addetti per unità locale a 8,3 (2001) Picco raggiunto con 9,1 (1981) Contrazione che coinvolge anche i settori pesanti

Andamento per classi dimensionali Sino al 1971 lieve crescita della classe superiore ( >

500) Dal 1971 forte contrazione della classe superiore ( >

500) Dal 1981 cresce la classe inferiore (< 10) Nel 2001 si nota un lieve aumento delle classi

intermedie

Forti differenze con i principali paesi sviluppati

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31

Numero medio di addetti per unità locale (1911-2001)

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

1911 1927 1937 1951 1961 1971 1981 1991 1996 2001

Nu

mero

med

io d

i ad

dett

i

Leggere Pesanti Manifatturiere

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Numero medio di addetti per unità locale (con oltre 10 addetti)

Divisione Leggere Pesanti Manifatturiere

1911 71,8 67,3 70,0

1927 71,1 70,0 70,7

1937 70,3 84,4 76,6

1951 67,9 90,2 77,7

1961 52,7 74,6 63,2

1971 44,6 71,3 57,4

1981 34,0 59,5 46,0

1991 29,4 45,7 37,8

1996 29,1 42,8 36,5

2001 29,7 41,0 36,2

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Percentuale degli addetti per classi dimensionali nell’industria manifatturiera italiana (1911-2001)

Classi

dimensionali 1911 1927 1937 1951 1961 1971 1981 1991 1996 2001

<10 40,0 35,7 35,2 31,9 28,0 23,5 23,4 26,2 26,5 25,9

10-50 14,4 12,3 14,1 19,0 21,2 26,0 31,7 32,9 33,4

51-100 7,5 8,1 8,0 10,1 10,3 10,0 10,0 10,3 11,3

101-500 22,0 20,8 20,5 21,5 22,3 21,0 19,2 18,8 19,9

>500

60,0

20,4 23,5 25,6 21,4 22,7 19,5 12,9 11,5 9,6

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

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34

Numero medio di addetti per unità locale (con oltre 10 addetti)

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

1911 1927 1937 1951 1961 1971 1981 1991 1996 2001

Num

ero

medio

di addett

i

Leggere Pesanti Manifatturiere

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35

Peso addetti nell’industria manifatturiera per classi dimensionali (1961-1990)

Paesi Anni 1-9 10-49 50-99 100-499 >500 Totale

1961 28,0 19,0 10,1 21,5 21,4 100,0

1981 23,5 26,0 10,0 21,0 19,5 100,0

1991 26,2 31,7 10,0 19,2 12,9 100,0

1962 6,4 13,8 8,3 22,9 48,6 100,0

1977 8,7 11,3 7,2 22,3 50,5 100,0

1990 14,5 16,4 8,9 22,0 38,3 100,0

1967 3,9 6,2 7,5 25,2 57,2 100,0

1977 3,9 6,9 7,7 23,5 58,0 100,0

1990 4,7 6,8 7,8 24,1 56,6 100,0

1968 8,0 31,6 49,5 100,0

1977 3,8 9,4 7,1 25,6 54,3 100,0

1990 5,8 14,0 9,3 30,0 40,9 100,0

1967 16,4 25,5 11,3 22,1 24,8 100,0

1975 19,1 25,5 11,1 21,2 23,1 100,0

1990 17,6 27,1 12,2 23,1 20,0 100,0

1967 2,5 11,4 9,4 31,1 45,5 100,0

1977 2,9 12,4 10,1 33,6 41,0 100,0

1987 3,7 14,7 11,1 34,5 36,0 100,0

Giappone

Stati Uniti

11,0

Italia

Francia

Germania

Regno Unito

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La struttura delle imprese industriali italiane: le due fasi del Novecento

1880-1970: sviluppo tecnologie della Seconda rivoluzione industriale, centralità impresa fordista, allargamento matrice settoriale, convergenza rispetto ai paesi leader Crescita occupazione industriale

Ruolo propulsivo Nord Ovest «triangolo» industriale

Lieve incremento dimensione media e crescita classe superiore

1970-: stabilità specializzazione settoriale, espansione sistemi di PMI, divergenza rispetto ai paesi leader Contrazione occupazione industriale

Espansione nuove aree di industrializzazione (il NEC)

Diminuzione dimensione media ed ascesa classi minori

2001: Una inversione di tendenza?

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Il potere di mercato delle imprese

Lo stato di arretratezza impone che per «agganciare» il treno della crescita economica, adottando le tecnologie e le forme organizzative della SRI, vi sia la presenza di un nucleo ristretto di grandi imrpese [Amatori]

L’influenza del capitale finanziario a là Hilferding spiega la tendenza oligopolistica del capitalismo italiano [Grifone, Bigazzi, Barca]

Limitazione del mercato e della capacità innovativa [Sereni, Sylos Labini]

Alternativa di successo, almeno negli anni Trenta e Sessanta, anche con il contributo dell’intervento pubblico [de Cecco, Petri]

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38

La concentrazione industriale

La concentrazione industriale si misura in funzione delle quote di mercato detenute dalle imprese: la struttura influisce sull’efficienza (statica e dinamica) delle imprese e dei settori

Il caso italiano ha indotto valutazioni contrastanti, in relazione: ai periodi oggetto di studio

alle fonti (censimenti, imprese) e misure impiegate (attivo, capitale, addetti, ecc.)

agli indici utilizzati (Gini, HHI, C4, gruppi)

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39

Il grado della concentrazione

La concentrazione industriale è stata valutata in modo diverso:

a causa delle imperfezioni dei mercati poche grandi imprese avrebbero condizionato la dinamica settoriale [Costituente; Battara]

altri evidenziano la dimensione ridotta delle imprese italiane in rapporto alla media europea [Boni e Gros-Pietro; Giannetti, Federico e Toninelli; Phlips]

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Una nuova ricostruzione della struttura industriale

Una nuova ricostruzione della concentrazione dell’industria manifatturiera per il periodo 1908-1971 basata su:

una fonte omogenea (Notizie Statistiche),

un criterio standard (la classificazione dei settori ATECO-ISTAT 1991)

l’unico indicatore disponibile per l’intero periodo: l’attivo (a lire costanti 1970)

Il C4

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Indice di concentrazione (C4) per sottosezioni (1913-1971)

Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971

Alimentare, bevande e tabacco 0.27 0.20 0.17 0.31 0.32 0.24 0.20

Tessile e abbigliamento 0.15 0.14 0.14 0.15 0.20 0.16 0.13

Concia, pelle e cuoio 0.70 0.43 0.43 0.34 0.41 0.37 0.38

Legno e prodotti in legno 0.76 0.49 0.56 0.54 0.43 0.30 0.28

Carta, stampa, editoria 0.32 0.28 0.28 0.36 0.40 0.26 0.19

Industria petrolifera 1.00 0.98 0.82 0.71 0.47 0.44 0.37

Chimica 0.35 0.36 0.47 0.48 0.58 0.50 0.52

Gomma e materie plastiche 1.00 - 0.98 0.97 0.92 0.91 0.62

Minerali non metalliferi 0.28 0.34 0.23 0.33 0.40 0.34 0.24

Metallurgia 0.51 0.49 0.44 0.46 0.45 0.46 0.47

Meccanica 0.72 0.88 0.32 0.64 0.28 0.16 0.20

Macchine elettriche e ottiche 0.67 0.53 0.42 0.35 0.26 0.25 0.27

Mezzi di trasporto 0.33 0.43 0.43 0.53 0.71 0.72 0.70

Altre industrie 0.73 0.54 0.39 0.61 0.73 0.66 0.33

Settore manifatturiero 0.11 0.17 0.14 0.14 0.19 0.20 0.21

Monopolistici: C4 > 0,59

Semi-competitivi: 0,40 ≤ C4 ≤ 0,59

Competitivi:< 0,40

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Una riconsiderazione della concentrazione industriale

L’evidenza empirica relativa alla concentrazione industriale (misurata sulle prime 4) mette in luce:

l’indice C4 (la quota delle prime 4/totale) è mediamente al di sotto della soglia di competitività

1913-1921 e 1936-1952 aumenta la concentrazione (soprattutto in alcuni settori)

in generale, un alto numero di settori poco competitivi (monopolistici o semicompetitivi)

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La distribuzione delle imprese

La distribuzione delle imprese appare «schiacciata», con poche grandi imprese e molte di minori dimensioni

Le difficoltà di consolidamento: la quota delle prime 100 e 200 diminuisce, le prime 10 sono più stabili

La concentrazione aumenta negli anni 1927-1952, poi diminuisce più rapidamente della concentrazione settoriale

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Quota di attivo sul totale delle prime 200 -100-50-10 imprese

1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971

Prime 200 imprese 75.9 71.9 64.9 72.1 75.1 70.8 62.7

Prime 100 imprese 58.7 58.5 51.9 60.1 64.4 60.8 53.3

Prime 50 imprese 43.2 46.3 39.8 48.2 53.3 50.4 44.5

Prime 10 imprese 18.0 25.6 20.3 24.5 30.5 29.9 27.4

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Le determinanti della distribuzione: un modello adattativo

Fino al 1950:

significative le economie di scala e le barriere connesse all’intensità di capitale,

meno la dimensione del mercato

Dopo il 1950:

l’apertura delle frontiere commerciali accresce la concorrenza

favorisce strategie basate su dimensioni non efficienti che però si adattano alle variazioni cicliche del mercato

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La concentrazione negli anni Ottanta

La concentrazione si conferma modesta (comunque inferiore rispetto alle medie dei paesi avanzati)

La grande impresa regredisce per effetto delle ristrutturazioni aziendali e dei fenomeni di decentramento legati alle nuove tecnologie

La perdita di peso della grande impresa ha comportato la perdita delle competenze cruciali per la competitività dell’industria italiana

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Concentrazione (C4) nell’industria manifatturiera italiana (1980 e 1986)

Settore 1980 1986

Alimentari 29.5 33.1

Tessili 12.6 11.9

Abbigliamento 18.8 19.4

Pelli e calzature 5.9 5.9

Legno e mobili 8.1 7.9

Siderurgia 40.5 41.1

Prodotti in metallo 20.8 20.3

Meccanica in senso stretto 35.3 35.2

Elettromeccanica 59.1 59.5

Mezzi di trasporto 60.2 62.9

Minerali non metalliferi 31.1 35.1

Chimica 45.3 45.6

Gomma e plastica 52.4 49.7

Carta, stampa, editoria 18.3 17.2

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La concentrazione «consolidata»

Una diversa misura della concentrazione industriale: Tenendo conto della struttura di gruppo il

livello di concentrazione aumenta

I gruppi modificano la struttura competitiva di alcuni settori soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta

Un dualismo: i settori scale e capital intensive (prevalentemente monopolistici) versus i settori tradizionali (semicompetitivi)

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Indice di concentrazione (C4) «consolidata» per settore (1913-1971)

Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971

Alimentare, bevande e tabacco 0.49 0.39 0.39 0.44 0.42 0.38 0.30

Tessile e abbigliamento 0.22 0.23 0.33 0.28 0.26 0.44 0.27

Concia, pelle e cuoio 0.66 0.50 0.54 0.47 0.47 0.55 0.49

Legno e prodotti in legno 0.81 0.49 0.53 0.57 0.47 0.48 0.35

Carta, stampa, editoria 0.31 0.34 0.31 0.39 0.40 0.63 0.25

Industria petrolifera 1.00 0.98 0.62 0.84 0.65 0.91 0.62

Chimica 0.41 0.61 0.53 0.66 0.71 0.88 0.64

Gomma e materie plastiche 1.00 - 0.97 0.97 0.92 0.96 0.63

Minerali non metalliferi 0.30 0.44 0.45 0.61 0.54 0.76 0.34

Metallurgia 0.68 0.71 0.66 0.64 0.62 0.79 0.49

Meccanica 0.81 0.88 0.37 0.65 0.28 0.28 0.30

Macchine elettriche e ottiche 0.60 0.81 0.42 0.35 0.47 0.67 0.36

Mezzi di trasporto 0.37 0.55 0.60 0.72 0.73 0.85 0.80

Altre industrie 0.76 0.53 0.39 0.61 0.72 0.71 0.33

Settore manifatturiero 0.19 0.24 0.20 0.20 0.23 0.35 0.23

Monopolistici: C4 > 0,59

Semi-competitivi: 0,40 ≤ C4 ≤ 0,59

Competitivi:< 0,40

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Un capitalismo collusivo: i gruppi

Come conciliare la ridotta concentrazione con il carattere collusivo del capitalismo italiano?

Come in altri paesi ritardatari (Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud), l’industria italiana si è avvalsa di pratiche e strutture collusive: coalizioni, alleanze, gruppi

La crescita dimensionale è stata perseguita mediante strutture di gruppo la struttura di gruppo assicura, in assenza di

un’offerta di capitali elastica alla domanda, il controllo delle imprese con un ridotto impegno finanziario

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Che cos’è un gruppo?

I gruppi gerarchici, piramidali, sono strutture organizzative in cui imprese giuridicamente distinte sono connesse da legami societari (catene di società) che consentono a un vertice (holding) di esercitare forme di controllo o coordinamento delle attività

I gruppi associativi sono costituiti da insiemi di imprese connesse da partecipazioni azionarie incrociate: il controllo o il coordinamento sono affidati a meccanismi formali (patti parasociali) o informali (fiduciari, patti di alleanza)

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I gruppi di imprese

I gruppi: un residuo della crescita o una strategia originale?

Due visioni:

una strategia dei paesi arretrati per ovviare alle imperfezioni dei mercati (in assenza di strumenti che assicurano il controllo con poca o senza proprietà)

una strategia originale di ricerca di forme di efficienza organizzativa

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I gruppi e i comportamenti delle imprese

L’organizzazione delle grandi imprese in gruppi e i legami inter-gruppo influenzano comportamenti e strutture limitando la contendibilità dei diritti di controllo e la concorrenza sul mercato dei prodotti

I legami inter- e infra- settoriali (partecipazioni incrociate, patti parasociali) possono dare luogo a :

i) comportamenti collusivi che riducono l’efficienza dinamica delle imprese

ii) ma anche a comportamenti cooperativi che accrescono gli investimenti

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Contendibilità e competitività delle imprese

La proprietà e il controllo delle imprese: con i gruppi si possono affermare forme di controllo

non trasparenti che sottraggono la gestione delle imprese alla valutazione di azionisti di minoranza e investitori esterni

Il mercato delle imprese è sostituito dalla regolazione fiduciaria e/o gerarchica dei diritti di controllo, con possibili effetti negativi: la ridotta contendibilità delle imprese può produrre

una cattiva allocazione dei diritti di controllo

i legami collusivi si possono associare a una scarsa concorrenza nei mercati dei beni e servizi

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I legami di gruppo: due fasi

Sino al 1936: i legami tra le imprese industriali sono diretti e assistiti da un limitato numero di grandi banche (le banche «miste» o «universali»);

Dal 1952 al 1972: entrano nuovi soggetti, il comparto finanziario assume rilievo attraverso un nucleo misto di assicurazioni, banche e holding

Il fenomeno è stabile nel tempo, con due discontinuità istituzionali: la nazionalizzazione dell’industria elettrica (1962)

le privatizzazioni post 1992

La «cesura» degli anni Settanta provoca un ridisegno della struttura del capitalismo italiano Si incrementano i confini dell’impresa pubblica

Il sistema diviene meno coeso (vedi fig. 3.1)

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Densità delle prime 250 imprese italiane (1913-2010)

4,77

8,61

5,44 5,68

4,08

2,05

1,35

0,79 0

2

4

6

8

10

1913 1927 1936 1960 1972 1983 2001 2010

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Le tipologie dei gruppi

Colli e Vasta propongono una tassonomia dei gruppi

I gruppi «privati» (Fiat, Pirelli, Falck) attivi nel «triangolo industriale»

I gruppi «pubblici» attivi a partire dagli anni Trenta (Iri) e poi anche nel secondo dopoguerra (Eni)

I gruppi «mono-settoriali» (gli elettrici sino al 1962)

I gruppi «misti» (esempio, la Montecatini) all’interno dei quali coesistono capitali pubblici e privati

I gruppi «diversificati» che si muovono in molti settori industriali e riescono a implementare strategie finanziarie

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Proprietà e controllo (modelli di capitalismo)

LME (liberal market economies): US, UK

CME (coordinated market economies): Germania, Giappone, Corea del Sud, paesi scandinavi

La variante «latina» (Francia, Spagna e Italia) con la presenza della politica e dell’impresa pubblica

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La grande impresa

La grande impresa è considerata la forma organizzativa trainante dello sviluppo economico [Chandler]

Il «triplice investimento» (impianti, management, marketing) è la base dell’accumulazione di capacità organizzative e risorse

Lo spillover delle innovazioni alimenta la crescita

Un gruppo di grandi imprese manterrebbe i vantaggi competitivi nel lungo periodo (economie di scala, R&S)

Le «diversità istituzionali» L’impresa pubblica

Il ruolo dello Stato nella promozione delle nuove tecnologie

The rise of the rest

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Continuità o turbolenza?

Analisi empiriche comparate evidenziano una turbolenza all’interno del gruppo delle imprese di vertice (prime 200)

Nel gruppo di vertice è ricorrente il cambiamento dei soggetti (contro le attese à la Chandler)

Come si spiega? effetto determinante del cambiamento

tecnologico che genera nuove opportunità di fronte a identiche sollecitazioni ambientali le

imprese reagiscono in modo differenziato sulla base dell’esperienza

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Il peso della grande impresa (attivo delle prime 200/Pil)

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20,6

17,0

25,2

34,0

42,6

54,7

62,3

46,2 49,1 44,7

11,6 10,8 12,7

17,4

25,7

34,3

38,5

27,5

24,1

16,3

8,2 6,4 8,1 6,6 6,9 10,7

14,3 14,2 16,4

21,8

-

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001

%

top 200tot top 200man top 200ser

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Distribuzione delle prime 200 imprese per settore (top 200tot) (1913-2001)

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Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001

Numero

Agricoltura, caccia e pesca 3 4 4 3 2 0 0 0 0 0

Estrazione di minerali 5 4 6 4 6 9 6 2 2 1

Industria 142 143 142 160 162 157 153 150 154 152

di cui manifatturiera 99 100 84 98 119 118 147 138 131 110

di cui utilities 39 41 55 58 43 39 3 4 7 31

di cui costruzioni 4 2 3 4 0 0 3 8 16 11

Servizi 50 49 48 33 30 34 41 48 44 47

Totale 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200

% attivo

Agricoltura, caccia e pesca 1,2 1,0 1,3 1,2 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0

Estrazione di minerali 2,5 2,7 1,7 1,1 1,5 3,7 4,0 3,6 5,0 3,2

Industria 66,5 69,4 73,7 86,2 86,2 82,1 78,3 71,8 67,8 54,9

di cui manifatturiera 43,4 51,7 38,2 42,4 53,7 56,0 57,8 54,2 43,3 29,8

di cui utilities 21,2 17,2 34,9 42,2 32,4 26,1 20,0 16,3 21,8 23,2

di cui costruzioni 2,0 0,4 0,6 1,6 0,0 0,0 0,5 1,4 2,7 1,9

Servizi 29,8 26,9 23,3 11,6 12,0 14,2 17,8 24,5 27,3 41,8

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

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Composizione settoriale delle prime 200 imprese manifatturiere per anni benchmark(1913-2001)

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Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001 Totale

Alimentare, bevande e tabacco 28 35 31 29 22 19 16 16 21 25 242

Tessile e abbigliamento 64 52 56 41 32 22 10 6 7 4 294

Concia, pelle e cuoio 2 3 1 1 1 - - - - 3 11

Legno e prodotti in legno 1 1 1 1 1 - - - - - 5

Carta, stampa, editoria 6 5 6 6 7 9 13 9 12 12 85

Industria petrolifera 1 2 5 11 24 24 28 24 18 10 147

Chimica 22 22 30 36 28 33 29 28 36 34 298

Gomma e materie plastiche - - 2 3 3 4 3 4 4 2 25

Minerali non metalliferi 10 5 9 11 7 13 13 13 15 17 113

Metallurgia 21 27 23 23 32 31 30 21 19 11 238

Meccanica 10 3 2 5 6 6 18 24 19 21 114

Macchine elettriche e ottiche 6 9 5 10 19 22 26 30 36 38 201

Mezzi di trasporto 25 33 28 22 17 16 13 23 13 22 212

Altre industrie 4 3 1 1 1 1 1 2 - 1 15

Totale 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 2,000

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Distribuzione percentuale dell’attivo delle prime 200 imprese manifatturiere per anni benchmark (1913-2001)

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Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001

Alimentare, bevande e tabacco 13.4 10.0 9.8 10.1 6.6 4.8 4.1 3.6 7.2 9.9

Tessile e abbigliamento 27.0 18.7 18.3 10.6 9.2 5.0 2.0 1.3 2.1 2.0

Concia, pelle e cuoio 0.6 0.6 0.2 0.2 0.1 - - - - 0.8

Legno e prodotti in legno 0.2 0.2 0.3 0.2 0.1 - - - - -

Carta, stampa, editoria 1.7 1.1 1.6 1.9 1.9 1.8 2.4 2.2 3.0 6.0

Industria petrolifera 0.2 0.4 1.7 8.3 10.5 10.4 14.3 18.6 10.1 7.5

Chimica 9.7 8.5 27.0 20.9 19.5 22.1 24.2 10.8 12.9 11.7

Gomma e materie plastiche - - 2.3 3.5 3.4 7.4 2.5 2.3 1.4 0.8

Minerali non metalliferi 3.2 1.8 2.6 3.1 2.3 4.0 3.4 2.7 4.4 5.3

Metallurgia 19.6 21.2 14.6 15.7 22.2 20.2 17.8 16.3 9.3 6.3

Meccanica 7.6 8.6 0.6 3.5 1.4 1.1 4.6 8.8 7.5 9.1

Macchine elettriche e ottiche 3.8 5.3 2.3 3.4 5.2 6.1 9.0 14.8 23.1 18.6

Mezzi di trasporto 11.3 22.3 18.4 18.2 17.2 16.7 15.6 18.2 18.8 21.6

Altre industrie 1.5 1.2 0.4 0.6 0.4 0.3 0.2 0.3 - 0.2

Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0

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Struttura settoriale e rivoluzioni industriali 1/2

Nel lungo periodo si osserva una progressiva omogeneità nella specializzazione settoriale delle grandi imprese italiane rispetto agli altri paesi industrializzati

Nella prima fase (1913-1917) sono dominanti le imprese dei settori della prima rivoluzione industriale (tessile, abbigliamento, ecc.) (per numero e per quota):

in una comparazione internazionale pesa la diversa specializzazione tecnologica e produttiva delle imprese italiane

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Struttura settoriale e rivoluzioni industriali 2/2

Dopo la seconda guerra mondiale emergono i settori della Seconda rivoluzione industriale; si evidenzia un’omogeneità maggiore nel pattern di specializzazione rispetto ai paesi leader

Nella golden age si amplia la matrice produttiva delle grandi imprese italiane (elettrodomestici)

Nell’ultimo trentennio le grandi imprese italiane mostrano discrete capacità di adattamento ai mutamenti della tecnologia (informatica)

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Distribuzione settoriale delle prime 200 imprese manifatturiere per paese (1913-1917)

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Settore Stati Uniti

(1917) Regno Unito

(1917) Germania

(1913) Italia

(1913)

Alimentare, bevande e tabacco 17.5 32.0 13.5 14.0

Tessile e abbigliamento 4.5 13.0 8.0 32.0

Concia, pelle e cuoio 2.0 0.5 1.0 1.0

Legno e prodotti in legno 1.5 - 0.5 0.5 Carta, stampa, editoria 3.5 4.0 2.0 3.0

Industria petrolifera 11.0 1.5 2.5 0.5

Chimica 10.5 7.0 15.0 11.0 Gomma e materie plastiche 2.5 1.5 2.0 - Minerali non metalliferi 2.5 1.0 3.5 4.5

Metallurgia 21.0 20.5 27.0 10.5 Meccanica 8.5 3.5 12.5 5.0 Macchine elettriche e ottiche 2.5 3.0 4.5 3.0

Mezzi di trasporto 12.0 11.5 8.0 13.0

Altre industrie 0.5 1.0 - 2.0

Totale 100.0 100.0 100.0 100.0

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Distribuzione settoriale delle prime 200 imprese manifatturiere per paese (1948-1953)

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Settore Stati Uniti

(1948) Regno Unito

(1948) Germania

(1953) Italia

(1952) Alimentare, bevande e tabacco 16.0 29.5 11.0 11.0

Tessile e abbigliamento 4.0 9.5 13.5 16.0

Concia, pelle e cuoio 1.0 - 1.0 0.5 Legno e prodotti in legno 1.0 0.5 - 0.5

Carta, stampa, editoria 4.0 6.5 1.5 3.5 Industria petrolifera 11.0 1.5 3.0 11.5

Chimica 12.0 9.0 12.5 14.0

Gomma e materie plastiche 2.5 1.0 2.5 1.5

Minerali non metalliferi 3.0 4.0 3.0 3.5 Metallurgia 14.5 16.0 22.5 16.5

Meccanica 11.5 5.0 14.0 3.0 Macchine elettriche e ottiche 3.5 5.5 5.0 9.5

Mezzi di trasporto 14.5 10.5 9.0 8.5

Altre industrie 1.5 1.5 1.5 0.5 Totale 100.0 100.0 100.0 100.0

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Distribuzione settoriale delle prime 200 imprese manifatturiere per paese (2001)

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69

Settore Stati Uniti Italia Alimentare, bevande e tabacco 12.0 12.5

Tessile e abbigliamento 3.0 2.0 Concia, pelle e cuoio - 1.5

Legno e prodotti in legno - - Carta, stampa, editoria 9.5 6.0

Industria petrolifera 5.5 5.0 Chimica 20.0 16.5

Gomma e materie plastiche - 1.5 Minerali non metalliferi 2.0 8.5

Metallurgia 3.5 6.0

Meccanica 6.0 10.5

Macchine elettriche e ottiche 21.0 18.5 Mezzi di trasporto 13.5 11.0

Altre industrie 4.0 0.5 Totale 100.0 100.0

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Distribuzione per Paese delle prime 200 imprese industriali nel mondo

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1962 1971 1981 1991 2001 Regno Unito 20 16 16 13 9 Olanda 3 3 6 3 4 Francia 9 13 13.25 14 15 Germania 20 17 19 20 14 Italia 5 4.5 4.25 5 3 Svezia 2 2 2 5 4 Svizzera 2 4 3 5 4 Altri paesi europei 2 2 6 9 9 EUROPA 63 61.5 69.5 74 62 Giappone 8 16 26 45 38 Cina 2

India 1 1 1

Corea del Sud 3 6 4

Altri paesi asiatici 2 1 3

ASIA 8 16 32 53 48 Stati Uniti 124 119.5 88.75 64 80 Canada 4 1 3.75 3 6 Altri paesi americani 1 1 4 3 3 AMERICA 129 121.5 96.5 70 89 Australia 1 1 2 1

Africa 1 1 Totale 200 200 200 200 200

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Fatti stilizzati sulle dinamiche delle grandi imprese dei servizi in Italia

Alla vigilia della Grande guerra vi è un predominio imprese dei trasporti

Nel periodo tra le due guerre non vi sono cambiamenti strutturali rilevanti

La golden age presenta invece numerosi cambiamenti

Sviluppo imprese commerciali

Incremento peso imprese legate al settore automobilistico

Autostrade

Commercio auto, parti di auto e carburante

Nelle ultime tre decadi del Novecento, con l’affermazione dell’ICT, si è assistito a un incremento del ruolo delle società dei servizi

Incremento peso imprese delle telecomunicazioni

Incremento peso imprese HW e SW

Incremento peso imprese R&S

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Composizione settoriale delle prime 200 imprese dei servizi per anni benchmark (1913-2001)

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Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001 Totale

Commercio, riparazione di auto e motoveicoli - - 1 2 1 1 8 12 16 17 58

Commercio all’ingrosso e intermediari del commercio 29 58 50 36 38 28 34 43 49 17 382

Commercio al dettaglio e riparazione di beni personali 3 5 4 3 3 4 11 13 20 17 83

Alberghi e ristoranti 11 2 13 13 7 5 6 13 5 13 88

Trasporti terrestri 81 46 47 49 35 27 11 9 5 6 316

Trasporti marittimi e per vie d’acqua 22 38 30 12 47 72 42 17 15 11 306

Trasporti aerei - - 2 1 2 1 3 2 3 6 20

Attività di supporto dei trasporti e agenzie di viaggio 12 12 7 10 14 14 32 24 27 31 183

Poste e telecomunicazioni 1 1 10 9 8 7 6 5 4 16 67

Attività immobiliari 30 30 29 54 27 22 21 17 2 - 232

Noleggio di macchinari e attrezzature senza operatore 1 1 - - 1 1 2 - 1 4 11

Informatica e attività connesse - - - - - - - 3 13 29 45

Ricerca e sviluppo - - - - - 1 - 1 4 5 11

Altre attività professionali - 1 1 4 4 7 15 36 31 18 117

Istruzione - - - - - - 1 - - - 1

Sanità e altri servizi sociali - - - - - - 1 - - - 1

Smaltimento rifiuti solidi, acque di scarico e simili - - - - - - - 1 - 2 3

Attività di organizzazioni associative - - - 1 - - - - - 1 2

Attività ricreative, culturali e sportive 5 4 5 4 11 6 5 3 5 7 55

Altre attività dei servizi 5 2 1 2 2 4 2 1 - - 19

Totale 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 2,000

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Distribuzione percentuale dell’attivo delle prime 200 imprese dei servizi per anni benchmark (1913-2001)

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Settore 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001

Commercio, riparazione di auto e motoveicoli - - 0.2 1.2 1.7 1.7 2.5 4.8 2.6 1.9

Commercio all’ingrosso e intermediari del commercio 8.0 22.0 21.2 8.9 5.5 5.3 4.7 5.8 7.7 2.1

Commercio al dettaglio e riparazione di beni personali 0.5 2.9 1.6 1.6 1.4 2.0 4.3 3.8 5.0 5.3

Alberghi e ristoranti 2.4 0.5 2.9 3.6 2.1 1.7 1.1 1.4 0.9 1.1

Trasporti terrestri 54.1 18.7 17.9 25.0 9.6 6.7 2.5 1.9 2.5 23.8

Trasporti marittimi e per vie d’acqua 15.6 41.3 31.2 4.6 30.8 28.1 13.6 6.1 3.2 1.6

Trasporti aerei - - 0.3 0.5 1.1 3.5 5.6 3.5 3.3 2.0

Attività di supporto dei trasporti e agenzie di viaggio 2.1 2.3 1.3 3.9 3.5 9.5 27.2 13.2 13.5 7.1

Poste e telecomunicazioni 0.1 0.2 10.2 27.5 30.9 29.5 25.9 32.3 45.1 43.6

Attività immobiliari 14.7 9.8 11.0 19.2 8.4 6.1 5.4 3.7 0.6 -

Noleggio di macchinari e attrezzature senza operatore 0.5 0.1 - - 0.1 0.1 0.2 - 0.2 0.5

Informatica e attività connesse - - - - - - - 0.3 1.2 3.0

Ricerca e sviluppo - - - - - 0.1 - 0.1 0.3 0.3

Altre attività professionali - 0.2 0.2 1.9 0.6 1.2 3.5 20.8 9.8 4.5

Istruzione - - - - - - 0.1 - - -

Sanità e altri servizi sociali - - - - - - 0.1 - - -

Smaltimento rifiuti solidi, acque di scarico e simili - - - - - - - 0.1 - 0.2

Attività di organizzazioni associative - - - 0.2 - - - - - 0.1

Attività ricreative, culturali e sportive 0.9 1.7 1.9 1.6 4.2 4.0 2.9 2.0 4.0 2.9

Altre attività dei servizi 1.1 0.3 0.2 0.4 0.3 0.6 0.2 0.2 - -

Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0

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La stabilità delle grandi imprese

Contro l’ipotesi di Chandler: la popolazione delle prime 200 imprese industriali italiane è turbolenta: muta consistentemente durante il Novecento

Le entrate «ritardate» o le uscite «precoci» riflettono il cambiamento strutturale dell’industria italiana: la turbolenza è riconducibile al cambiamento

tecnologico

Se ne ricava una scarsa e lenta capacità di crescita dimensionale delle imprese

Nel settore dei servizi la turbolenza è ancora maggiore

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Frequenza delle prime 200 imprese italiane (1913-2001)

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Le imprese industriali «permanenti»

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1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001

10 presenze

Ansaldobreda 20 5 8 15 74 164 111 184 77 30

Birra Peroni industriale 188 173 192 147 83 120 107 163 104 167

Cirio Del Monte Italia 198 144 118 56 130 119 146 170 118 115

Eridania 16 35 53 5 10 18 14 35 22 88

Fiat auto 18 3 3 3 1 1 2 3 1 1

Ilva 4 1 4 2 4 4 3 1 3 4

Italcementi - Fabbriche riunite cemento 85 46 19 17 16 16 20 39 18 15

Marzotto - Manifattura Lane G. Marzotto & f. 130 37 52 106 14 25 61 115 42 68

9 presenze

Abb Sace 59 48 42 59 82 92 92 112 186

Acciaierie ferriere lombarde Falck 41 23 27 10 13 12 17 25 40

Ansaldo 2 2 5 7 11 5 51 11 8

Dalmine 30 32 44 17 21 16 18 45 63

Europa metalli Lmi 17 12 21 24 62 50 67 74 60

La Magona d'Italia 48 54 66 49 80 136 90 139 139

Montefibre 78 7 27 24 28 18 46 38 137

Piaggio & C. 123 130 36 58 51 64 50 97 53

Skf industrie 138 123 61 25 22 25 49 78 118

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Le imprese dei servizi «permanenti»

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Nome imprese 1913 1921 1927 1936 1952 1960 1971 1981 1991 2001

10 presenze

Ferrovie Nord Milano esercizio 8 32 25 5 12 28 53 59 34 119

Navigazione Montanari 38 46 49 39 30 44 132 27 174 74

9 presenze

La Rinascente 11 20 12 21 16 11 13 8 10

Risanamento Napoli 6 28 35 24 17 29 71 125 65

Sita 62 138 107 36 25 62 136 74 102

8 presenze

Ciga gestioni 18 58 31 20 19 22 37 127

Gondrand 78 76 108 79 32 45 52 64

Lloyd triestino di navigazione 12 10 4 8 13 18 25 43

Nazionale ferro metalli carboni 116 60 74 100 93 81 75 134

Saima innocente mangili adriatica 64 54 96 52 43 69 124 97

Sirti 37 13 22 24 40 23 9 38 Strade ferrate secondarie meridionali 25 111 124 26 16 34 50 25

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Perché così tanta turbolenza?

Per le imprese industriali si osserva la capacità di adattarsi, seppure lentamente, alla sequenza dei «regimi tecnologici» con due peculiarità le difficoltà legate allo sviluppo delle tecnologie della SRI con la

conseguente persistenza delle imprese specializzate nei settori della PRI

una riduzione del ritardo nella diffusione per le imprese legate al nuovo «regime tecnologico» delle ICT

Per le imprese dei servizi le dinamiche sono legate:

essenzialmente a tre settori (commercio all’ingrosso, trasporto via acqua e settore immobiliare)

la persistenza di un sistema della distribuzione altamente frammentato

il diverso grado di apertura internazionale che caratterizza le diverse fasi di sviluppo dell’economia italiana

la peculiarità delle società immobiliari, caratterizzate da un ciclo di vita collegato allo sviluppo dell’edilizia

cambiamenti istituzionali con i processi di nazionalizzazione e privatizzazione

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Lo Stato e la grande impresa

Lo Stato esercita un ruolo rilevante nelle dinamiche della grande impresa: mediante interventi indiretti in una prima fase

(Terni, Ansaldo)

e interventi diretti di gestione di imprese dagli anni Venti e Trenta (Agip, Iri, Eni, Efim) fino alle Partecipazioni statali

Dagli anni Trenta una quota significativa delle prime 10 imprese italiane è controllata dallo Stato

Anche dopo le privatizzazioni tra le prime 10 imprese è rilevante la presenza di imprese pubbliche

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Percentuale di imprese pubbliche sulle prime 200 imprese manifatturiere italiane (1936-2001)

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Prime 10 società italiane per attivo (1913-1952)

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81

Ranking 1913 1921 1927 1936 1952

1 Società italiana per le strade ferrate del mediterraneo

Ilva Edison Edison Edison

2 Ilva Italiana Gio. Ansaldo & c. Snia viscosa Montecatini Fiat

3 Italiana Gio. Ansaldo & c. Fiat Montecatini Sme Montecatini

4 Navigazione generale italiana Navigazione generale italiana Fiat Generale elettrica cisalpina Sip

5 Compagnia reale delle ferrovie sarde

Snia Viscosa Sip Sade Sme

6 Società anglo romana per l'illuminazione di Roma

Montecatini Terni Sip Terni

7 Società italiana per le strade ferrate secondarie della Sardegna

Società italiana per le strade ferrate del mediterraneo

Navigazione generale italiana

Ilva* Sade

8 Istituto romano di beni stabili Società italo americana pel petrolio

Ilva Fiat Ilva

9 Terni Breda Sme Terni Stipel

10 Alti forni fonderie e acciaierie di Piombino

Pirelli Società italo americana pel petrolio

Cantieri Riuniti dell’adriatico

Cantieri Riuniti dell’adriatico

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Prime 10 società italiane per attivo (1960-2001)

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82

Ranking 1960 1971 1981 1991 2001

1 Fiat Enel Enel Enel Rfi – Rete Ferroviaria Italiana

2 Montecatini Montedison Sip Sip Telecom Italia

3 Pirelli Fiat Italsider Fiat auto Poste italiane

4 Edison Sip Agip Snam Enel

5 Edisonvolta Italsider Eni Eni Eni

6 Sip Eni Fiat auto Autostrade Enel distribuzione

7 Italsider Autostrade Snam Agip Snam

8 Stipel Agip Fiat veicoli industriali

Ibm semea Tim - Telecom Italia Mobile

9 Sade Anic Agip petroli Ilva Enel produzione

10 Sme Snam Autostrade Fincantieri Snam rete gas

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83

La piccola e media impresa 1/2

La persistenza della piccola impresa nel sistema industriale italiano è connessa alla dotazione di fattori (lavoro/risorse): i settori leggeri

Come si spiega la permanenza della piccola impresa?

Due modelli: le piccole imprese sono proprie delle fasi iniziali

dei nuovi regimi tecnologici (quindi temporanee);

le piccole imprese dipendono da nicchie di mercato o tecnologiche che ne garantiscono la continuità

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La piccola e media impresa 2/2

Le spiegazioni alternative:

Le capacità sociali dei sistemi locali di produzione di combinare in modo flessibile la produzione [Sabel e Zeitlin]

Il ciclo della domanda: nella fase espansiva la piccola impresa cresce per soddisfare la domanda; la concentrazione industriale segue nella fasi di stagnazione

Le opportunità tecnologiche: le grandi sviluppano le tecnologie; le piccole la varietà dei beni intermedi

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PMI: continuità o discontinuità?

Le interpretazioni della persistenza della PMI italiana

La «piccola» dimensione media delle imprese italiane mostra continuità nel tempo e può essere spiegata in termini di vantaggio comparato

La dinamica della distribuzione per classi dimensionali evidenzia fasi di ascesa e declino della piccola dimensione in relazione ai vari regimi tecnologici: fordismo versus flessibilità organizzativa/varietà di prodotti

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Sistemi di imprese e distretti industriali 1/2

Imprese e territorio: il NEC (Nord Est-Centro):

i sistemi locali (Bagnasco) o i distretti industriali (Becattini) intendono la piccola impresa come istituzione integrata con il territorio, la struttura sociale e le specifiche culture civiche

la «specializzazione flessibile» dei settori del made in Italy appare compresa, a seconda della prospettiva, tra continuità secolare e «tempi brevi»

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Sistemi di imprese e distretti industriali 2/2

La piccola impresa passa da forma inefficiente e residuale nella golden age a forma diffusa negli anni Settanta per due effetti:

il decentramento della grande impresa per aumentare la flessibilità vis-à-vis una domanda più «volatile»

la ristrutturazione della grande impresa produce effetti di spillover (da operai a imprenditori)

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La distribuzione dei distretti industriali in Italia

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Vantaggi e limiti dei sistemi locali

I vantaggi competitivi dei sistemi locali un’alta flessibilità della produzione in presenza

delle variazioni della domanda i ridotti costi delle transazioni informali,

vantaggi derivanti dalla imprenditorialità diffusa

l’elevata coesione sociale assicurata dalle istituzioni e dalle comunità locali (enti, partiti, sindacati)

Il limite: il dinamismo tecnologico dipende dalle forme di conoscenza tecnologica tacita, complessa e sistemica e non è legato agli avanzamenti della frontiera tecnologica

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Le imprese cooperative

Le imprese cooperative derivano da principi solidaristici che si affermano a partire dalla metà dell’Ottocento:

la partecipazione dei lavoratori alla gestione e alla proprietà

Le cooperative hanno un forte radicamento territoriale

presenti soprattutto nei settori dei consumi e dei servizi, meno nella produzione

Le cooperative prevalgono nella grande distribuzione e nei servizi alla persona

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Le imprese artigiane

Uno status volto a tutelare i «mestieri» tradizionali

Dimensione molto piccola non superiore a 15 addetti che consente di godere di agevolazioni pubbliche

Sono presenti in molti settori anche perché sovente celano la presenza di vere e proprie imprese industriali

Intervento di politica economica a sostegno delle micro dimensione

Welfare verso una tipologia di addetti altrimenti non coperta da rischi

Sostegno al reddito delle imprese marginali con

Agevolazioni fiscali

Un disincentivo all’innovazione e alla concorrenza?

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Il «quarto capitalismo»

Il «quarto capitalismo» della media impresa deriva dalla ricomposizione e gerarchizzazione delle imprese minori e dei sistemi locali/distretti [Turani; Colli]

Il «quarto capitalismo» delle medie imprese si basa sulla formazione di gruppi strategici in genere a controllo famigliare

La specializzazione settoriale ricalca quella dei distretti

La Mittelstand italiana ha una forte proiezione internazionale: le «multinazionali tascabili»

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L’innovazione tecnologica

La centralità del cambiamento tecnologico Approcci teorici

Economia neoclassica e growth accounting (Solow) Schumpeter e i cicli I contributi in prospettiva storica (Gerschenkron, Landes,

Rosenberg) Evolutionary economics (Nelson & §Winter)

Misure Input

Le spese in Ricerca e Sviluppo (R&S) Output

I brevetti La produzione scientifica Gli indici sintetici (Technology Achievement Index)

La critica degli indicatori

Caratteristiche istituzionali L’Italia in prospettiva comparativa

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Il National innovation system

Il network di istituzioni nel settore pubblico e privato le cui attività e interazioni promuovono, importano e diffondono le nuove tecnologie (Freeman)

Focus: politiche, R&S di impresa, capitale umano

Tutte le parti e gli aspetti della struttura economica e istituzionale che influenza i processi di apprendimento (Lundvall 1992)

Focus: processi di apprendimento, routines

Il set di istituzioni la cui interazione determina la performance innovativa delle imprese (Nelson 1993)

Focus: sistema della R&S

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La spesa in R&S in alcuni paesi (1955-2010)

Countries 1955-60

estimate 1964 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010

China 0.7 0.6 0.9 1.3 1.7

South Korea 2.3 2.3 2.8 3.7

France 0.8 1.8 1.8 1.7 1.7 2.2 2.3 2.3 2.2 2.1 2.3

Germany 0.6 1.4 2.0 2.1 2.4 2.6 2.6 2.2 2.5 2.5 2.8

Japan 1.5 1.8 1.8 2.0 2.5 2.8 2.7 3.0 3.3 3.4

Italy 0.2 0.6 0.8 0.8 0.7 1.1 1.3 1.0 1.0 1.1 1.3

Netherlands 1.8 1.9 1.9 1.8 2.0 2.1 2.0 1.9 1.9 1.8

United Kingdom 1.6 2.3 2.2 2.0 2.4 2.2 2.1 1.9 1.8 1.7 1.8

Spain 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.8 0.8 0.9 1.1 1.4

United States 3.0 3.3 2.6 2.2 2.3 2.8 2.6 2.5 2.7 2.6 2.9

Sweden 1.2 1.2 1.7 2.2 2.7 2.7 3.3 3.6 3.6 3.4

OECD 1.1 1.3 1.3 1.3 1.5 1.6 1.6 1.7 1.8 2.0

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Peso percentuale delle spese in R&S sul Pil per alcuni paesi e anni benchmark (1955-2010)

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Numero di ricercatori (ula-tp) per 1.000 abitanti per alcuni paesi e anni benchmark (1963-64, 1981, 2010)

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Quota brevetti registrati negli Stati Uniti (1883-2010)

China France Germany Japan Italy Netherlands

South

Korea Spain Sweden Switzerland

United

Kingdom Others Total

1883 - 17.8 23.3 0.2 0.3 - - 0.2 1.2 2.2 43.2 11.7 100.0

1890 - 10.3 26.1 0.1 0.3 0.3 - 0.4 1.8 3.2 43.9 13.5 100.0

1900 0.1 10.9 34.3 - 1.0 0.8 - 0.2 1.5 2.5 34.1 14.4 100.0

1913 0.0 9.3 39.2 0.5 1.5 0.5 - 0.1 2.4 3.6 26.8 16.0 100.0

1927 0.1 11.4 33.1 0.8 2.5 1.7 - 0.7 3.3 4.5 25.8 16.1 100.0

1938 0.1 9.9 40.8 1.6 1.5 3.6 0.0 0.2 3.3 4.0 24.2 10.8 100.0

1950 0.1 17.5 0.6 0.1 1.0 9.1 - 0.5 7.5 11.0 40.5 12.2 100.0

1960 - 11.8 30.9 3.3 3.6 5.3 0.0 0.1 5.0 7.7 26.4 5.9 100.0

1970 0.0 10.6 27.3 16.1 3.5 3.3 0.0 0.3 3.9 6.8 18.1 9.9 100.0

1980 - 8.9 24.7 30.5 3.4 2.8 0.0 0.3 3.5 5.4 10.3 10.1 100.0

1990 0.1 7.0 18.5 47.5 3.1 2.3 0.5 0.3 1.9 3.1 6.8 8.9 100.0

2000 0.2 5.5 14.8 45.4 2.5 1.8 4.8 0.4 2.3 1.9 5.3 15.1 100.0

2010 2.5 4.2 11.6 41.9 1.7 1.5 10.9 0.4 1.3 1.5 4.0 18.6 100.0

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Brevetti rilasciati negli Stati Uniti a residenti stranieri per milione di abitanti (1883-2010)

Cina Corea del Sud Francia Germania Giappone Italia Olanda Regno Unito Spagna Svezia Svizzera

1883 4.5 5.3 0.1 0.1 12.3 0.1 2.6 7.7

1890 4.4 9.5 0.0 0.2 1.3 20.3 0.4 6.7 19.0

1900 0.0 8.4 19.7 1.0 5.1 25.8 0.3 9.0 23.9

1913 0.0 8.2 22.0 0.4 1.5 3.2 21.5 0.2 15.5 33.9

1927 0.0 12.0 22.2 0.6 2.7 9.9 24.5 1.2 23.7 48.5

1938 0.0 0.1 12.7 32.2 1.2 1.9 22.5 27.6 0.4 28.7 51.3

1950 0.0 16.1 0.4 0.0 0.8 35.3 31.7 0.6 41.9 91.4

1960 0.0 17.9 30.2 2.5 5.0 32.6 35.6 0.3 47.1 102.0

1970 0.0 0.1 33.3 57.1 25.2 10.6 41.7 53.1 1.7 78.1 177.4

1980 0.2 37.9 73.8 61.0 14.3 46.3 42.7 1.7 98.9 198.3

1990 0.0 5.2 49.3 95.9 158.0 22.2 64.2 48.6 3.3 89.7 187.8

2000 0.1 70.8 62.5 124.5 246.9 29.7 78.0 61.5 6.7 177.8 181.9

2010 2.0 240.6 69.1 150.2 352.6 30.9 96.6 70.4 10.2 158.3 211.5

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Quota dei brevetti italiani registrati negli Stati Uniti sul totale dei brevetti rilasciati a residenti stranieri (1883-2010)

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Brevetti rilasciati negli Stati Uniti a residenti stranieri per paese (per milione di abitanti) e anni benchmark (1883, 1950, 2010)

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102

Pattern di specializzazione dell’Italia per categorie tecnologiche (1963-2006

L’indice di Revealed Technological Advantage (RTA) = (Pij/jPij)/(iPij/ijPij)

Codice Categoria 1963-1975 1976-1985 1986-1995 1996-2006 1963-2006

1 Chimica 1.398 1.240 1.203 1.307 1.309

2 Computer e telecomunicazioni 0.734 0.993 0.473 0.460 0.513

3 Farmaci 0.967 1.714 1.298 0.994 1.149

4 Elettronica 0.647 0.592 0.656 0.846 0.718

5 Meccanica 0.997 0.983 1.220 1.469 1.201

6 Altri 0.938 0.878 1.077 1.254 1.068

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103

Ranking delle sub-categorie in cui l'Italia è più (meno) specializzata (RTA) (1963-2006)

Rank 1963-1975 1976-1985 1986-1995 1996-2006 1963-2006

top specialized sub-categories

1 Apparel & Textile

(2.750)

Apparel & Textile

(3.477) Apparel & Textile (4.140)

Apparel & Textile

(3.673)

Apparel & Textile

(3.501)

2 Resins (2.217) Drugs (2.595) Organic Compounds

(2.360) Receptacles (2.880)

Organic Compounds

(2.208)

3 Organic Compounds

(1.977)

Organic Compounds

(2.244) Drugs (2.011)

Organic Compounds

(2.222) Receptacles (1.698)

4 Biotechnology (1.568) Computer Periphericals

(1.268) Receptacles (1.705)

Mat. Proc & Handling

(1.895) Resins (1.663)

top de-specialized sub-categories

1 Semiconductor Devices

(0.319)

Amusement Devices

(0.037)

Amusement Devices

(0.110)

Electronic business

methods and software

(0.094)

Electronic business

methods and software

(0.122)

2 Electrical Lighting

(0.361)

Surgery & Med Inst.

(0.285)

Electronic business methods

and software (0.127)

Amusement Devices

(0.096)

Amusement Devices

(0.190)

3 Earth Working & Wells

(0.392)

Semiconductor Devices

(0.379)

Information Storage

(0.325)

Computer Periphericals

(0.214)

Computer Periphericals

(0.317)

4 Surgery & Med Inst.

(0.453)

Nuclear & X-rays

(0.391) Nuclear & X-rays (0.348) Communications (0.337)

Surgery & Med Inst.

(0.445)

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The output dimension of the Italian NIS: scientific knowledge 1/2

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104

Share of Italian publications in AS (1860-2011)

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The output dimension of the Italian NIS: scientific knowledge 2/2

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105

Share of Italian publications (AS vs N&S) on selected countries (1950-2011)

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A mismatch between science and technology?

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106

Technological activity versus research activity, Italy (1883-2011)

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Ranking delle prime 10 imprese innovatrici italiane (1969-2004)

Ranking Numero brevetti Società

1 2133 SGS-THOMSON MICROELECTRONICS S.R.L.

2 626 G.D. S.P.A.

3 608 OLIVETTI, ING. C., + C. S.P.A.

4 460 MONTECATINI EDISON S.P.A.

5 432 SNAM PROGETTI S.P.A.

6 431 MONTEDISON S.P.A.

7 392 AUSIMONT S.P.A.

8 383 FIAT SOCIETA PER AZIONI

9 340 FARMITALIA CARLO ERBA, S.P.A.

10 330 CSELT - CENTRO STUDI E LABORATORI TELECOMUNICAZIONI S.P.A.

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108

Cosa è e come si calcola il TAI

Indice messo a punto dalle Nazioni Unite per collocare i paesi rispetto alle dinamiche delle tecnologie

Comprende 4 dimensioni che hanno lo stesso peso nel calcolo dell’indice:

1. capacità di creare tecnologia (Brevetti prodotti e royalties ricavate)

2. Diffusione di innovazioni recenti (numero di Internet host e % export tecnologie medio-alte)

3. Diffusione di innovazioni consolidate (numero telefoni - mobili e fissi- e consumi elettrici)

4. Presenza di skill elevate (numero medio anni di scuola e % iscritti materie scientifiche all’università)

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109

Ranking del Tai e del Pil per paese

PIL 1998

(1990 International Geary-Khamis $)

Finlandia 0,744 Stati Uniti 27.331

Stati Uniti 0,733 Norvegia 23.660

Svezia 0,703 Singapore 22.643

Giappone 0,698 Canada 20.559

Corea 0,666 Giappone 20.410

Olanda 0,63 Australia 20.390

Regno Unito 0,606 Olanda 20.224

Canada 0,589 Hong Kong 20.193

Australia 0,587 Francia 19.558

Singapore 0,585 Belgio 19.442

Germania 0,583 Austria 18.905

Norvegia 0,579 Regno Unito 18.714

Irlanda 0,566 Svezia 18.685

Belgio 0,553 Finlandia 18.324

Nuova Zelaanda 0,548 Irlanda 18.183

Austria 0,544 Germania 17.799

Francia 0,535 Italia 17.759

Israele 0,514 Israele 15.148

Spagna 0,481 Nuova Zelaanda 14.779

Italia 0,471 Spagna 14.227

Repubblica Ceca 0,465 Portogallo 12.929

Ungheria 0,464 Corea 12.152

Slovenia 0,458 Slovenia 11.980

Hong Kong 0,455 Grecia 11.268

Slovacchia 0,447 Repubblica Ceca 8.643

Grecia 0,437 Slovacchia 7.754

Portogallo 0,419 Malesia 7.100

Bulgaria 0,411 Polonia 6.688

Polonia 0,407 Ungheria 6.474

Malesia 0,396 Bulgaria 4.586

Media 0,542 Media 15.884

Paesi TAI 2001 Paesi

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110

Capacità innovativa e livelli di ricchezza: paesi per Tai e Pil (1998-2001)

-

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8

Italia Finlandia Svezi

Giappone

Corea del Sud

Olanda

Regno Unito

Canada Australia

Singapore

Germania

Norvegia

Irlanda

Stati Uniti

Belgio

Nuova Zelanda

Austria

Francia

Israele

Spagna

Ungheri

Slovenia

Hong Kong

Slovacchia

Grecia

Portogallo

Bulgaria

Polonia Malesia

IV I

II III

Repubblica Ceca

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111

L’Italia e l’innovazione tecnologica

Scarso dinamismo con prevalenza dei punti di debolezza rispetto ai punti di forza Andamento positivo negli anni Venti e negli

anni Sessanta

Prevalenza fasi di divergenza rispetto ai paesi leader

Scarsità di risorse

Relazione fra struttura industriale e capacità innovativa

Relazione fra crescita economica e capacità innovativa

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112

Lavoro e relazioni industriali

Il rapporto tra impresa e lavoro riguarda:

l’occupazione

il salario

l’organizzazione (comprese le relazioni industriali)

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113

Il lavoro: alcune definizioni

Mercato del lavoro

Un sistema di strumenti istituzionali e di infrastrutture che consentono ad acquirenti (imprese) e venditori (lavoratori) di entrare in contatto al fine di realizzare scambi

Domanda di lavoro

La quantità di lavoro che le imprese sono disposte ad acquistare per vari livelli di salario

Offerta di lavoro

La quantità di lavoro che i lavoratori sono disposti a vendere per vari livelli di salario

Salario di equilibrio

Salario al quale quantità di lavoro domandata dalle imprese è uguale alla quantità offerta dai lavoratori

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114

Domanda e offerta di lavoro

20 40 60 80 100 120

1,0

2,0

3,0

140

2,5

1,5

3,5

0,5

Domanda Offerta

Lavoro [ore, numero lavoratori]

Eccesso di offerta

Eccesso di domanda

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115

Lavoro, salari e sviluppo economico

Tutte le interpretazioni sulla crescita economica dell’Italia nel lungo periodo concordano sul ruolo prioritario svolto dal fattore produttivo lavoro (non specializzato) fino agli anni Cinquanta:

I bassi salari permettono l’accumulazione delle risorse necessarie alla nascita (età giolittiana) e allo sviluppo (golden age) dell’industria

L’abbondante offerta di lavoro (che determina bassi salari) permette di sfruttare i vantaggi comparati e beneficiare di economie di scala nei settori esportatori

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116

Il ruolo dei salari nella crescita italiana 1/2

Salari come componente della domanda aggregata (DA)

La domanda aggregata è la spesa totale in beni e servizi da parte di consumatori, imprese investitrici, pubblica amministrazione e settore internazionale

La domanda aggregata è composta da: Domanda di beni di consumo (C)

Domanda di beni di investimento (I)

Spesa pubblica (S)

Esportazioni al netto delle importazioni (NE)

DA = C + I + S + EN

La crescita dei salari ha un effetto diretto sui consumi ed un effetto indiretto sulla produttività aggregata attraverso la specializzazione della produzione e la diffusione dell’economie di scala, provocate dagli investimenti stimolati dalla domanda

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117

Il ruolo dei salari nella crescita italiana 2/2

Salari come componente della crescita fondata sui vantaggi comparati

La teoria dei vantaggi comparati sostiene che il commercio di due beni tra due paesi avvantaggia entrambi fino a quando tra i due paesi esistono delle differenze nei costi di produzione

Ciascun paese si specializza nella produzione e nell’esportazione del bene la cui produzione richiede un uso intensivo del fattore relativamente abbondante e a basso costo

Importa invece il bene la cui produzione richiede un uso intensivo del fattore relativamente scarso e costoso

I bassi salari determinano la specializzazione dell’Italia nella produzione di beni ad elevata intensità di lavoro (esempio: industria della seta nella seconda metà dell’Ottocento o il tessile e il calzaturiero a partire dalla seconda metà degli anni Settanta)

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Andamento dei salari italiani rispetto a quelli della Gran Bretagna (1870-2010)

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118

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119

I «mercati» del lavoro

Specificità storiche e locali del mercato del lavoro Dualismo grande e piccola impresa Dualismo geografico Nord-Sud Dualismo di genere

Grandi imprese - giovani uomini

Imprese tessili - giovani donne

Sistema di reclutamento locale Ad eccezione delle migrazioni da Sud verso

Nord degli anni Sessanta Ruolo chiave delle relazioni familiari

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120

Tecnologia, capitale umano, salari

La dotazione di fattori dell’Italia è caratterizzata da:

Forza lavoro non qualificata (proveniente dall’agricoltura e con bassi livelli di istruzione)

Scarsa dotazione di capitale

La dotazione di fattori si combina con i cambiamenti tecnologici delle 3 rivoluzioni industriali e dei 5 «regimi tecnologici»

La presenza di forza lavoro non qualificata si presta meglio:

alle caratteristiche della Prima rivoluzione industriale

alle caratteristiche del 4° «regime tecnologico» del petrolio, dell’automobile e della produzione di massa

La crescita italiana è più rapida proprio in queste fasi

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Le relazioni industriali: definizioni

Comprendono i negoziati tra datori di lavoro (associazioni imprenditoriali) e lavoratori (sindacati) e il quadro normativo e istituzionale in cui si dispiegano

Nel lungo periodo si evidenziano due modelli: Negoziazione anglosassone è incentrata su salari e

condizioni lavorative e la rappresentanza è organizzata per mestieri e settori, prevale il livello decentrato

Negoziazione continentale è incentrata su temi più generali della politica economica e la rappresentanza è organizzata a livello generale, prevale il livello centralizzato

Non esiste una relazione univoca fra le caratteristiche delle relazioni industriali e la performance economica di un paese

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122

Le relazioni industriali: caratteristiche e fasi

Le relazioni industriali in Italia sono contraddistinte da due caratteri strutturali:

il costante prevalere dell’offerta sulla domanda

l’elevata politicizzazione della rappresentanza sindacale e dei lavoratori

Le relazioni industriali sono riconducibili a cinque fasi:

la prima industrializzazione (1900-1915)

prima guerra mondiale e fascismo (1915-1943)

la diffusione del fordismo (1943-1969)

il conflitto e la regolamentazione (1969-1980)

la deregolamentazione e la flessibilità (1980-)

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123

La prima industrializzazione (1900-1915)

Costituzione delle Camere del lavoro (Milano 1891) intermediazione tra domanda e offerta di lavoro

tutela dei lavoratori su base locale

sostegno alle istanze della II Internazionale

Nascita federazioni dei mestieri (Fiom 1901)

Nascita primo sindacato unitario (Cgdl 1906)

Commistione tra lotta economica e politica originata da debolezza della classe imprenditoriale o da

eccesso di offerta?

Costituzione di uffici pubblici misti (collaborazione delle due controparti con intervento dell’amministrazione locale)

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124

Prima guerra mondiale, fascismo (1915-1943)

La pianificazione dello sforzo bellico determinò il corporativismo pluralista; la mobilitazione «operaia»; la reazione padronale: Accordo FIOM (1919), orario giornata di 8 ore

Consigli di fabbrica e occupazioni nei primi anni Venti

Il fascismo Patto Palazzo Vidoni (1925) con istituzione sindacato

unico

Legge Rocco (1926), abolizione del diritto di sciopero

Fascistizzazione del sindacato: carta del lavoro (1927)

Concessioni degli anni Trenta (ferie pagate, indennità di licenziamento, assegni familiari)

Forte regime di regole o prevalenza meccanismi informali?

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Golden age e fordismo (1943-1969)

La ricostituzione dei sindacati democratici e la loro scissione (Cgil, Cisl e Uil)

La legge 264/49 regolò le relazioni: impose il collocamento statale e vietò la mediazione privata

Prevalenza di meccanismi informali, scarso rispetto delle regole, bassi livelli salariali

Nei periodo 1958-1962 l’Intersind (associazione sindacale delle imprese pubbliche) tentò di costruire un clima di relazioni industriali meno conflittuale ma fallì

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Conflitti di lavoro (1949-2009)

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126

0

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

19

49

19

51

19

53

19

55

19

57

19

59

19

61

19

63

19

65

19

67

19

69

19

71

19

73

19

75

19

77

19

79

19

81

19

83

19

85

19

87

19

89

19

91

19

93

19

95

19

97

19

99

20

01

20

03

20

05

20

07

20

09

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Tasso di disoccupazione in Italia (1959-2010)

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128

Conflitto e regolamentazione (1969-1980)

Spostamento del baricentro a favore dei sindacati

Statuto dei lavoratori (1970) che amplia i diritti dei lavoratori in modo consistente ed apre ad altre misure di tutela

Due interpretazioni delle «occasioni mancate» Sindacato come principale responsabile: più

abile a nel conflitto che nel cercare l’accordo [Berta]

I datori di lavoro come principali responsabili perché alla ricerca del ripristino del pieno controllo sulla produzione

La marcia dei quarantamila alla Fiat

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Deregolamentazione e flessibilità (1980-)

Indebolimento del movimento sindacale (referendum sulla scala mobile, spostamento della contrattazione a livello aziendale, diffusione del lavoro «nero») anche a causa dell’introduzione delle tecnologie flessibili che danno luogo all’ascesa delle PMI

Riconoscimento della mediazione privata (lavoro interinale) e, più in generale, deregolamentazione del mercato del lavoro Pacchetto Treu (1997) Legge Biagi (2003)

Visioni diverse sul mercato del lavoro italiano di inizio secolo Riduzione delle rigidità e maggiore flessibilità (moltiplicazione

forme contrattuali, individualizzazione contratto di lavoro) Aumento della precarietà e della «malaoccupazione» Liberalizzazione con la partecipazione del sindacato

(concertazione)

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Il finanziamento delle imprese

Le istituzioni finanziarie comprendono

le regole nello scambio di beni e servizi di pagamento e di credito

gli operatori che determinano i modi dello scambio.

I sistemi finanziari svolgono cinque funzioni:

Facilitano le transazioni di pagamento

Raccolgono e indirizzano il risparmio

Elaborano sistemi di riduzione del rischio

Stabiliscono le condizioni del rapporto creditori-debitori

Acquisiscono/pubblicizzano informazioni sulle imprese finanziate

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131

Banca, borsa e mercati finanziari

I sistemi finanziari si distinguono sulla base della prevalenza del tipo di beni finanziari scambiati e della centralità degli operatori nella definizione delle regole

Comunemente si distingue tra:

Sistemi orientati alla banca (o al mercato indiretto) Bank oriented

Sistemi orientati alla borsa (o al mercato diretto) Market oriented

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132

Definizioni

Il prodotto finanziario più scambiato è l’informazione stima della capacità di un operatore di pagare ad una

scadenza

costi della realizzazione e del rendimento di un progetto

Il free riding Il sistema finanziario può determinare rendite

nel caso vi siano operatori che sfruttano informazioni raccolte da altri senza sostenerne i costi

Le istituzioni finanziarie saranno più efficienti tanto più saranno capaci di ridurre i costi di free riding e favorire la diffusione dell’innovazione tecnologica

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133

Sistemi basati sulle banche (Bank oriented)

Vantaggi possibili:

basso livello di free rider

miglior controllo del debito delle imprese

miglior controllo dei manager

Svantaggi possibili:

Arbitrarietà nei comportamenti (possibili privilegi concessi a certe imprese) e collusione

Scarso interesse verso progetti innovativi

Limitando il rischio agiscono troppo prudentemente in situazione di incertezza

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134

Sistemi basati sulla borsa (Market oriented)

Vantaggi possibili: controllo pubblico sulla raccolta di risparmio da parte

delle imprese

incentivo alla concorrenza

selezione dei manager migliori

Svantaggi possibili: maggiore instabilità nel mercato dei prodotti finanziari

incentivi verso guadagni di tipo speculativo

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Sistemi bank oriented e market oriented: (1850-1978)

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135

Anni Francia Germania Giappone Italia Regno Unito

Stati Uniti

1850

4.9

3.0 n.d.

10.4

14.7

17.2

1875

7.6

6.0

2.0

3.2

16.8

23.6

1913

10.4

9.0

12.1

2.6

21.2

27.5

1929

6.1

13.2

12.5

9.4

22.1

34.6

1939 n.d.

8.5

20.2

7.2

24.1

20.3

1950

14.4

11.5

11.1

8.4

19.2

14.9

1965

33.0

24.0

11.2

15.8

17.3

28.2

1973

18.9

11.3

7.4

6.6

12.9

20.1

1978

11.8

9.8

8.4

2.4

11.4

14.6

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Rapporto tra volume degli scambi di borsa e credito al settore privato (1988-2010)

© Michelangelo Vasta 2012

136

Francia Germania Giappone Italia Regno Unito Stati Uniti

1988 0.07 0.27 0.35 0.04 0.68 0.23

1989 0.11 0.49 0.36 0.05 0.32 0.24

1990 0.09 0.29 0.20 0.04 0.23 0.20

1991 0.09 0.20 0.11 0.02 0.26 0.23

1992 0.09 0.20 0.06 0.02 0.31 0.21

1993 0.13 0.13 0.08 0.06 0.39 0.31

1994 0.23 0.18 0.08 0.11 0.38 0.31

1995 0.23 0.18 0.08 0.08 0.37 0.40

1996 0.17 0.24 0.09 0.09 0.39 0.51

1997 0.28 0.18 0.11 0.19 0.50 0.66

1998 0.24 0.08 0.43 0.67 0.76

1999 0.52 0.26 0.14 0.48 0.75 0.96

2000 0.79 0.39 0.19 0.74 0.95 1.62

2001 0.76 0.52 0.15 0.51 0.93 1.38

2002 0.62 0.43 0.13 0.46 0.84 1.21

2003 0.58 0.33 0.17 0.43 0.82 0.65

2004 0.65 0.37 0.24 0.45 1.10 0.74

2005 0.66 0.46 0.34 0.58 1.13 0.76

2006 0.96 0.65 0.46 0.65 1.01 1.06

2007 1.08 0.81 0.50 0.85 1.96 1.25

2008 0.92 0.68 0.40 0.22 1.15 2.03

2009 0.40 0.29 0.25 0.15 0.68 1.44

2010 0.43 0.32 0.24 0.17 0.60 0.90

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L'indebitamento delle imprese italiane (1900-2010)

© Michelangelo Vasta 2012

137

0

1

2

3

4

5

6

1900

1902

1904

1906

1908

1910

1912

1914

1916

1918

1920

1922

1924

1926

1928

1930

1932

1934

1936

1938

1940

1942

1944

1946

1948

1950

1952

1954

1956

1958

1960

1962

1964

1966

1968

1970

1972

1974

1976

1978

1980

1982

1984

1986

1988

1990

1992

1994

1996

1998

2000

2002

2004

2006

2008

2010

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Top 200 manufacturing firms:

Debito e capitale (equity), 1952-1991

[Conte e Piluso; Lavista e Piluso]

© Michelangelo Vasta 2012

138

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Top 200: mezzi terzi/mezzi propri

Un’analisi settoriale [Conte e Piluso]

© Michelangelo Vasta 2012

139

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© Michelangelo Vasta 2012

140

Grandi banche e grandi imprese 1/2

Il ruolo delle banche «miste» o «universali» (soggetti che esercitavano ogni forma di raccolta e di prestito)

Giudizio controverso sul ruolo di motore dello sviluppo e sull’indirizzo delle risorse verso i settori «nuovi»

La crisi borsistica del 1907

La crisi del 1931-1933, la legge bancaria del 1936 e la fine delle banche miste private

Anni Trenta: un sistema di intermediazione per le imprese pubbliche

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© Michelangelo Vasta 2012

141

Grandi banche e grandi imprese 2/2

Anni Cinquanta: prevalenza dell’autofinanziamento (ruolo delle holding delle imprese private e di quelle pubbliche), sviluppo banche minori

Anni Cinquanta e Sessanta: deterioramento della capacità di raccogliere informazioni e frazionamento del credito [Gigliobianco-Piluso-Toniolo; Piluso]

Anni Settanta: si rafforza il ruolo delle banche

Anni Ottanta: istituzione delle prime autorità di regolazione (1982: Isvap e 1984: Consob)

Anni Novanta: liberalizzazione dei mercati, privatizzazione delle banche, concentrazione, istituzione dell’AGCM (1995)

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© Michelangelo Vasta 2012

142

Le banche dei sistemi locali di impresa

Lunga tradizione della presenza di banche di piccola dimensione legate a contesti locali (Casse di risparmio), specialmente nel Centro e nel Nord

Ruolo rilevante a partire dal secondo dopoguerra

A partire dagli anni Settanta: si rafforzano i legami fra piccole banche (Casse di risparmio, banche popolari e crediti cooperativi) e piccole imprese: vincolo alla crescita o struttura ottimale per

sostenere i sistemi del made in Italy?

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© Michelangelo Vasta 2012

143

Il finanziamento pubblico 1/2

Il finanziamento pubblico fu attuato tramite canali diversi:

Garanzie ad azioni e obbligazioni emesse dalle imprese (esempio: costituzione delle imprese ferroviarie, elettriche, di pubblica utilità) specialmente alla fine dell’Ottocento, negli anni Venti e negli anni Sessanta

Il ruolo degli Enti Beneduce

Partecipazione azionaria e conferimenti (esempio i salvataggi e i progetti di sviluppo industriale degli anni Trenta e Cinquanta)

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© Michelangelo Vasta 2012

144

Il finanziamento pubblico 2/2

La maggiore incidenza del finanziamento pubblico si ha nel secondo dopoguerra in forma di erogazioni di credito speciale e conferimenti

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© Michelangelo Vasta 2012

145

Il sistema finanziario italiano

Prevalenza delle banche

Ruolo modesto della borsa [Nardozzi e Piluso]

Sistema finanziario con relazioni fra

Grandi banche e grandi imprese

Piccole banche e piccole imprese

Il ruolo dello Stato come:

Finanziatore delle imprese pubbliche

Erogatore di credito agevolato per le imprese private

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Numero di società quotate in sei economie avanzate ( 1913-2006)

© Michelangelo Vasta 2012

146

1913 1929 1938 1950 1960 1970 1980 1990 1998 2006

Francia

760

670

774

921

930

1,046

586

873

914

1,210

Germania

1,250

900 -

628

550

459

649

741

760

Giappone

151

695

899

583

599

1,280

1,402

1,752

1,890

2,416

Italia

168

178

124

131

143

137

134

229

223

264

Regno Unito

4,100

3,418

2,659

2,111

1,957

3,256

Stati Uniti

846

851

1,057

1,143

1,351

1,570

1,774

3,114

2,764

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La capitalizzazione del mercato azionario sul Pil in sei economie avanzate (1913-2006)

© Michelangelo Vasta 2012

147

1913 1929 1938 1950 1960 1970 1980 1990 1999 2006

Francia

0.36

0.33

0.29

0.08

0.31

0.17

0.09

0.27

1.10

1.01

Germania

0.44

0.35

0.18

0.15

0.35

0.16

0.09

0.20

0.67

0.56

Giappone

0.49

1.20

1.81

0.05

0.36

0.23

0.33

1.64

0.95

1.08

Italia

0.17

0.23

0.26

0.07

0.42

0.14

0.09

0.14

0.66

0.53

Regno Unito

1.09

1.38

1.14

0.17

1.06

1.63

0.38

0.81

2.25

1.49

Stati Uniti

0.39

0.75

0.56

0.33

0.61

0.66

0.46

0.54

1.52

1.16

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Numero di società quotate alla Borsa di Milano (1897-2009)

© Michelangelo Vasta 2012

148

0

50

100

150

200

250

300

1899

1902

1905

1908

1911

1914

1917

1920

1923

1926

1929

1932

1935

1938

1941

1944

1947

1950

1953

1956

1959

1962

1965

1968

1971

1974

1977

1980

1983

1986

1989

1992

1995

1998

2001

2004

2007

2010

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149

La politica industriale: definizioni

Ogni forma di intervento promosso da una autorità pubblica con la finalità di modificare la condizione dell’attività produttiva, distributiva o di consumo di beni o servizi industriali

L’intervento statale solitamente si rivolge in favore dell’intero sistema, aree geografiche, settori industriali o di singole imprese

Le politiche industriali possono essere di competenza del governo centrale, delle autorità locali, delle autorità sopranazionali, di agenzie specializzate

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150

La politica industriale: forme

Creazione struttura legale e istituzionale diritti di proprietà, legislazione sui brevetti

Modificare la tecnologia Incentivi per favorire la creazione (R&S) e la diffusione

dell’innovazione

Modificare i mercati dei prodotti Assicurare la concorrenza, tutelare imprese «giovani»,

protezione tariffaria, regolazione prezzi beni energetici

Modificare i mercati dei fattori Capitale: incentivi al risparmio, riduzioni fiscali per

investimenti, costruzione infrastrutture. Lavoro: età di accesso, orari, salari

Modificare l’importanza relativa di industrie e imprese Sostenere imprese e settori in crisi, sviluppare imprese e

settori strategici

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151

La politica industriale italiana:

caratteristiche delle diverse fasi

anni comunemente

definita

tipo di intervento pubblico

1861-1880 Liberale lavori pubblici

1881-1914 Protezionistica dazi doganali

1922-1940 Fascista controllo della produzione

1950-1973 della Golden age sostegno alla domanda

1973-1991 dei campioni

nazionali

finanziamento alla

produzione

1992- delle privatizzazioni promozione della

concorrenza

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152

La politica industriale nel periodo liberale (1861-1880)

L’intervento caratterizzante fu la costruzione delle rete ferroviaria L’estensione triplicò passando da 2.000 a 6.000 km

I costi benefici sugli usi alternativi delle risorse non risultano maggiori

Non si determinarono ricadute significative per i settori siderurgico e meccanico

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153

La politica industriale nel periodo protezionistico (1881-1914)

L’intervento caratterizzante fu l’imposizione di tariffe doganali – specie quella 1887 – relativa a grano, ghisa e prodotti siderurgici.

La storiografia ha dato grande rilevanza a queste scelte: secondo alcuni [Zamagni, Mori, Sapelli] il protezionismo

ebbe effetti positivi favorendo lo sviluppo delle «nuove» industrie

Altri [Gerschenkron] hanno criticato la scelta dei settori protetti (meccanica versus siderurgia)

C’è infine chi sostiene che per l’industria i dazi non furono m,olto elevati e quindi nella sostanza non mutarono la situazione

La politica industriale mirò alla formazione del «blocco industriale e militare» ma si tratta di un insieme piuttosto piccolo, circa il 14% del Pil, l’8% del fatturato dei settori meccanici e metallurgici

Spillover per l’intero sistema? Il caso dell’Ansaldo

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154

La politica industriale nel periodo fascista

(1922-1940): continuità e originalità

L’intervento fu rivolto a controllare la capacità produttiva definendo misure di controllo sui costi del lavoro e del capitale

La storiografia ne sottolinea la continuità con le precedenti dei governi liberali

Essa ebbe però, specialmente negli anni Trenta, caratteri di originalità: Controllo delle tariffe

Autarchia (autosufficienza)

Interventi territoriali (bonifiche, aree speciali)

Regolamentazione mercato dei beni («cartelli») e del lavoro (scioglimento sindacati, abolizione diritto di sciopero)

Intervento pubblico: l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI)

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155

La politica industriale nel periodo fascista (1922-1940): esiti

L’impatto di breve periodo fu rilevante: i bassi salari consentirono accumulazione e

stabilizzazione monetaria

le tariffe di protezione consentirono la crescita del settore meccanico e chimico

L’organizzazione in «cartelli» fece crescere i prezzi e sostenne le vendite

L’impatto di lungo periodo fu negativo: i bassi salari non consentirono un effettivo aumento del

mercato interno

La distribuzione fra profitti e salari si orientò fortemente verso i primi

le imprese furono incentivate ad adottare tecniche a maggiore intensità di lavoro, riducendo la spinta alla ricerca e all’innovazione

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156

La politica industriale nel periodo della Golden age (1950-1973) 1/2

L’aspetto più rilevante fu il sostegno all’impresa pubblica che contribuì alla modernizzazione del paese (rete telefonica e manifatture)

Il governo adottò politiche commerciali diverse da quelle fasciste ma in continuità con il sostegno ai settori siderurgico, meccanico e chimico (rafforzate con l’adesione alla CECA)

Tra i progetti più rilevanti vi furono: il piano Sinigaglia (Finsider) per la produzione di acciaio

(Cornigliano) con l’impiego di tecnologie americane

la costituzione della rete di fornitura di gas da parte dell’Agip che, dal 1953, passò sotto il controllo dell’ENI

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157

La politica industriale nel periodo della Golden age (1950-1973) 2/2

La politica industriale fu impostata in modo correlato con quella finanziaria e fiscale

Schema Vanoni (1955)

Governi di centro sinistra – nazionalizzazione dell’industria elettrica (1962) e costituzione dell’ENEL

La programmazione

Coordinamento tra le politiche industriali, quelle di sostegno dell’occupazione e allo sviluppo del Mezzogiorno

Dal 1951 al 1981 l’occupazione nel sud passò dal 13% al 20,5% del totale nazionale

Il Pil procapite del Sud crebbe in linea con quello nazionale

Nel 1973 le imprese pubbliche e i due più grandi gruppi privati (Fiat, Montedison) realizzavano il 60% della produzione industriale

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158

La politica industriale e i «campioni nazionali» (1973-1991) 1/2

Nel corso degli anni Settanta l’incremento dei costi energetici imposero alle industrie una forte riconversione

I governi la sostennero con due linee di intervento:

una politica industriale a sostegno dei «campioni nazionali»

imprese e/o gruppi industriali, operanti in settori ritenuti strategici (siderurgia, energia, petrolchimica), in grado di competere sui mercati internazionali

una politica fiscale (con una forte tolleranza verso l’evasione) favorevole

alla piccola impresa

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La politica industriale e i «campioni nazionali» (1973-1991) 2/2

Fallimento dei «campioni nazionali» industria chimica (ANIC, Montedison, SIR, Liquichimica) a

causa di un mercato troppo piccolo per sostenere una capacità produttiva in contniua crescita

industria automobilistica (Alfa Romeo e FIAT)

Sostegno alla R&S con esiti limitati

Crescita della PMI nei settori tradizionali

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La politica industriale e le privatizzazioni (1992-)

Scaturisce più da un effetto congiunto di condizioni monetarie e finanziarie a livello internazionale che da scelte consapevoli di politica economica

Nel 1992 di fronte all’indebitamento delle maggiori imprese pubbliche (IRI, ENEL, ENI) il governo avvia un piano di privatizzazione con il duplice obiettivo di: aumentare la capacità imprenditoriale delle aziende ridurre il debito pubblico così da poter ottenere la

riduzione della spesa corrente per interessi

Le privatizzazioni hanno influito sul declino della capacità industriale dell’Italia nei principali settori industriali (chimico, meccanico, elettronico)?

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Le principali privatizzazioni in Italia (1993-2004)

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Anno Società privatizzata

Quota

venduta

(%)

Valore della

transazione (in

milioni di US$)

1999 ACEA SpA 49.0 844

1999 Banca Monte dei Paschi di Siena 24.3 2,097

1999 Mediocredito Centrale 100.0 2,172

1999 Autostrade SpA 57.0 3,797

1999 Enel 32.4 17,402

2000 Aeroporti di Roma 51.2 1,446

2000 AEROPORTI DI ROMA S.P.A. 51.2 1,446

2000 Autostrade SpA 30.0 2,000

2000 FINMECCANICA S.P.A. 50.6 5,253

2001 SNAM Rete Gas SpA 40.0 1,715

2001 ENI 5.0 2,183

2001 Elettrogen SpA (ENEL) 100.0 3,198

2002 Telecom Italia SpA 3.5 1,381

2002 Eurogen SpA (Enel) 100.0 3,562

2003 Cassa Depositi e Prestiti 30.0 1,302

2003 Enel 6.6 2,520

2003 Ente Tabacchi Italiani Spa 100.0 2,608

2004 SNAM Rete Gas SpA 9.5 793

2004 STMicroelectronics 10.3 1,442

2004 New Real SpA (ENEL) 100.0 1,711

2004 Terna 50.0 2,054

2004 Enel 19.6 9,521

Anno Società privatizzata

Quota

venduta

(%)

Valore della

transazione (in

milioni di US$)

1993 Credito Italiano SpA 54.8 990

1994 Acciai Speciali Terni 100.0 716

1994 STET 0.01 732

1994 IMI 27.5 1,573

1994 Banca Commerciale Italiana SpA 51.3 1,630

1994 INA 47.3 2,690

1995 IMI 14.0 820

1995 INA 18.4 1,037

1995 ENI 15.0 3,957

1996 INA 31.1 2,740

1996 ENI 15.8 3,698

1997 Banca di Roma 36.5 900

1997 Seat SpA 61.3 974

1997 ENI 17.6 7,237

1997 Telecom Italia SpA 44.7 10,917

1998 AEM Milano 49.0 744

1998 Banca Nazionale del Lavoro 68.3 4,208

1998 ENI 17.8 6,643

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L’intervento pubblico nel lungo periodo

Le forti differenze nelle forme della politica industriale nelle diverse fasi causano: Assenza di uno Stato «sviluppista»

Mancanza di un disegno di lungo periodo

Nel breve periodo spesso si risponde a situazioni contingenti

La grande impresa pubblica nasce come salvataggio del sistema banca-industria piuttosto che attraverso un progetto consapevole

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Fine del corso

GRAZIE PER l’ATTENZIONE

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