Laguna & Laguna Italic una rivisitazione digitale di caratteri rinascimentali

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Laguna & Laguna italic Una rivisitazione digitale di caratteri rinascimentali Università IUAV di Venezia Facoltà Design e Arti Corso di Laurea Specialistica in Comunicazione Visiva e Multimediale relatore relatore esterno Carlo Vinti Luciano Perondi Leandro Lisboa

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Tesi di type design allo IUAV di Venezia/2010. Il lavoro portato avanti con la tesi ha avuto inizio con un primo interesse personale per la storia della tipografia, che ha guadagnato corpo e motivazione durante la fase di ricerca, concludendosi con la progettazione sperimentale di due caratteri rinascimentali riadattati in versione contemporanea come sans serif. Il punto di partenza era già stato definito: eseguire un inedito e storico accostamento tra un tondo e un corsivo creati dall’incisore di lettere dell’editore Aldo Manuzio: il noto Francesco Griffo da Bologna. Il punto di arrivo del lavoro è consistito nella realizzazione di un font sans serif di testo adatto all’editoria contemporanea: il Laguna, basato sul tondo inciso da Griffo per il De Aetna del 1496 e il Laguna Italic, basato sul corsivo del De Bello Troiano del 1505.

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Laguna & Laguna italic Una rivisitazione digitale di caratteri rinascimentali

Università IUAV di VeneziaFacoltà Design e ArtiCorso di Laurea Specialistica in Comunicazione Visiva e Multimediale

relatorerelatore esterno

Carlo VintiLuciano Perondi

Leandro Lisboa

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Dedicata alla mia famiglia che ha sempre appoggiato le mie infinite curiosità

e ad Aliceche la semplice presenzami fa capireTutto

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Devo ringraziare tutti i miei amici italiani che mi fanno dimen-ticare il significato della parola saudade. In special modo quelli che ho importunato costantemente con richieste di traduzioni, critiche, ed opinioni: Andrea, Antonella, Alberto, Cicchio, Ivan, F, Marco e Massi. A Francesco e Nicco per lo specimen del Laguna.

Al professor Carlo Vinti per aver creduto nell’ambizione del pro-getto e per i preziosi consigli durante la stesura della tesi. A James Clough per l'entusiastico aiuto di ricerca. A Luciano Perondi per gli importanti riscontri e critiche.

A Carla e Andrea, ai nonni, agli zii Remo e Chiara e ai Bruni per farmi sentire parte integrante della loro famiglia.

Ad Alice per l’amore e l’aiuto fondamentale.

À toda minha família no Brasil que me enviam pensamentos posi-tivos e calorosos. Aos meus pais e à Lise pela confiança e incentivo constante. Esta conquista é de vocês também.

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Abstract 11

Introduzione 15

Capitolo1–Laculturadelrevival 19

1.1Ilcambiamentotecnologiconell'iniziodelsecoloXXelesueimplicazioninellaprogettazione 1.1.1 Le macchine di composizione automatizzata 1.1.2 Nuove macchine, nuovi designer, nuovi disegni 1.1.3 William Morris e il Golden type 1.1.4 Doves Type e la scelta per il corsivo 1.1.5 Le fonderie in espansione 1.1.6 Imprint, un disegno originale nella Monotype1.2 L'avventodeimodellistoricinelmercatotipografico 1.2.1 L'ondata Garamond 1.2.2 Baskerville 1.2.3 Polifilo & Blado 1.2.4 Fournier 1.2.5 Bembo, Fairbank e Bembo Italic 1.2.6 Il Centaur di Rogers1.3 lltypedesignercomeartista 1.3.1 Perpetua e Felicity 1.3.2 Gill Sans, il sans-serif umanista1.4 Irevivalsoggettivo 1.4.1 Eldoraldo1.5 L'antirevivalistavennedall’Olanda 1.5.1 Romulus, la grande famiglia1.6 IRevivalneldigitale 1.6.1 Flora 1.6.2 Legacy Sans 1.6.3 Quadraat/sans

Capitolo2–IlpercorsolavorativodiFrancescoGriffodaBologna

2.1 Ilgenioincisore2.2 AnalisiecriticadeicaratteridiFrancescoGriffo 2.1.1 Il tondo 4 di Aldo (De Aetna,1495) 2.1.2 Il tondo 6 di Aldo (le maiuscole del Polifilo)2.3 L'imprenditoreumanista 2.3.1 Il Corsivo aldino (Virgilio 1501)

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2.4 GriffoaFano:unnuovoinizioeunnuovocorsivo 2.4.1 Il primo corsivo di Fano (Fano1-Petrarca, 1503) 2.4.2 Il piccolo corsivo (o Stagnino, 1512) 2.4.3 Il 2º corsivo di Giunta (1513) 2.4.4 Il 2º corsivo di Fano (De Bello Troiano, 1515)Conclusione

Capitolo3–PremesseallaprogettazionedelcarattereIntroduzione3.1 Brevestoriadellemaiuscoleeminuscole 3.1.1 Maiuscole e minuscole 3.1.2 Il corsivo cancelleresco3.2 Ricercaepreparazioneperlaprogettazione 3.2.1 Le lettere tonde 3.2.2 Le lettere corsive 3.2.3 La ripresa digitale 3.2.4 Analisi delle lettere3.3 Ilbriefing3.4 Ilconcept 3.4.1 L’asta concova 3.4.2 La calligrafia e il contrasto del tratto 3.4.3 I terminali 3.4.4 L’asse obliquo 3.4.5 La costruzione del corsivo3.5 Presuppostideldesigning 3.5.1 Breve descrizione sull’anatomia delle lettere 3.5.2 Le proporzioni 3.5.3 Gli effetti ottici e le correzioni

Capitolo4–Designing 95

4.1 Lemaiuscole4.2 Leminuscole4.3 Ilcorsivo4.4 Inumeri4.5 AltriglifieOpenTypefeature4.6 Spaziatura 4.6.1 Maiuscole 4.6.2 Minuscole 4.6.3 Corsivo4.7 Target,mediumeapplicazioni

Conclusione 145

Bibliografia 147

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Il lavoro portato avanti con la presente tesi ha avuto inizio con un primo interesse personale per la storia della tipografia, che ha guadagnato corpo e motivazione durante la fase di ricerca, con-cludendosi con la progettazione sperimentale di due caratteri rina-scimentali riadattati in versione contemporanea come sans serif.

Il punto di partenza era già stato definito: eseguire un inedito e storico accostamento tra un tondo e un corsivo creati dall’incisore di lettere dell’editore Aldo Manuzio: il noto Francesco Griffo da Bologna. Il punto di arrivo del lavoro è consistito nella realizza-zione di un font sans serif di testo adatto all’editoria contempo-ranea: il Laguna, basato sul tondo inciso da Griffo per il De Aetna del 1496 e il Laguna Italic, basato sul corsivo del De Bello Troiano del 1505.

La prima parte del lavoro prende in esame l’origine della cul-tura revivalistica nella produzione tipografica, dalla fine del XIX secolo e xx secolo. Studiare il contesto storico, i cambiamenti tecnologici, i diversi approcci etici e ideologici dei designer è stato importante per acquisire piena consapevolezza delle diverse tipologie di appropriazione di modelli storici o anche degli atteg-giamenti di completo rifiuto del revival, che hanno spinto verso l’invenzione di forme originali di lettere tipografiche.

La tipografia del xx secolo si è sviluppata, da un lato sotto la forte influenza del modernismo e dei movimenti di avanguardia, dall’altro sotto l’impulso delle richieste di mercato legate agli usi pubblicitari della tipografia. Tuttavia, il presente studio si concen-tra strettamente sui caratteri destinati all’editoria e ai testi continui e riserva poi un’attenzione privilegiata ai caratteri sans serif di forma umanistica, che costituiscono un riferimento imprescindi-bile per il lavoro progettuale di questa tesi.

Il primo capitolo è tutto dedicato ad una breve analisi dei caratteri che hanno segnato la storia del revival tipografico: un

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percorso che inizia dal Golden Type e, passando per i caratteri del programma revivalistico della Monotype (e in minore misura della Linotype), arriva fino ad alcune rivisitazioni nella tipografia digitale.

Questo percorso storico è stato necessario per comprendere in dettaglio alcuni aspetti formali dei caratteri discussi e per indi-viduare le idee e i metodi progettuali che si trovavano dietro ad ogni interpretazione dei modelli presi come riferimento.

La seconda parte del lavoro si addentra in una ricerca storica relativa al periodo umanistico rinascimentale, con lo scopo di defi-nire più dettagliatamente le possibilità di scelta dei modelli storici, sia per il tondo, sia per il corsivo. Vi trova posto, principalmente, un’indagine sui caratteri tondi e corsivi realizzati da Francesco Griffo per molti stampatori italiani. Parallelamente, vengono analizzate le particolarità delle lettere, delle legature e delle pun-teggiature, in maniera tale da raggiungere una conoscenza delle lettere sufficiente a individuare quale modello riprendere per la progettazione.

Per preparare adeguatamente il momento della progettazione due fattori sono stati essenziali. Il primo è stato capire le regole fondamentali nel progetto di un carattere, che includono la per-cezione visiva, le proporzioni delle lettere, i tipi di contrasto, e la tipometria generale. Il secondo è stato quello di definire gli obiet-tivi del font e decidere come interpretare i modelli selezionati, attraverso un concetto conciso che potesse andare d’accordo con le regole del type design. Il rapporto tra la definizione del nuovo font e le premesse tipografiche è elaborato nel terzo capitolo.

Quarta e ultima parte del lavoro è quindi il “designing” del font, ovvero, la trasformazione del concept formulato durante la ricerca storica in disegni di outline con l’aiuto del programma di creazione di caratteri Fontlab. Si prende in considerazione inoltre l’importante elemento che è la spaziatura tra le lettere, gli hint e brevemente la caratteristica permessa dai font Open Type, che consente di definire variazioni di una stessa lettera a secondo del suo contesto nella parola.

La tesi si conclude ricollegando il percorso di ricerca e alla pro-gettazione del prodotto finale, osservando tutte le prospettive per una progettazione sperimentale che guarda a due periodi storici, rispettando le premesse convenzionali e offrendo un nuovo stru-mento di comunicazione: il Laguna e il Laguna italic.

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In english

This thesis project moved from a personal interest for the history of typography, which grew with increased enthusiasm during the research phase, and ended up with the experimental design of two Renaissance fonts that were adapted to a contemporary sans serif version.

The starting point was already defined: to realize an origi-nal and historical approach between a roman and an italic font designed by the punchcutter of the editor Aldo Manuzio: the well known Francesco Griffo da Bologna. The final aim of the proj-ect was the design of a suitable sans serif font for contemporary publishing: the Laguna, based on the roman engraved by Griffo tor the De Aetna in 1496 and the Laguna Italic, based on the Italic of the De Bello Troiano in 1505.

The first part of the thesis focuses on the cultural revivalism of typographic production from the end of the 19th century to the 20th one. Studying the historical context, the technologi-cal changes, the different ethical and ideological approaches of designers was important to acquire full knowledge of the differ-ent types of historical models appropriation or revivalist reluctant behaviors that pushed towards forging of original typographic forms.

The 20th century typography developed, on one hand under the strong influence of Modernism and avant-garde, on the other due to market requirements related to advertisement use of typography. Anyhow this research exclusively focuses on type-faces for publishing and continuous texts, with an emphasis on humanistic sans serifs that are an essential element for the thesis design work.

The first chapter is totally dedicated to a short analysis of fonts that have determined the history of typographic revivalism: a path that starts from Golden Type and, through the Monotype

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revivalistic program fonts (and in minor part from the Linotype ones), goes to some digital typography reinterpretation examples. Such historical timeline was necessary to comprehend details on formal aspects of fonts and to identify ideas and design methods that underlay interpretations of the chosen models.

The second part of the work delves into the historical research of the humanistic Renaissance period, aiming to define as much as possible the pick of historical models both for roman and italic. It mainly concerns an investigation of roman and italic fonts engraved by Francesco Griffo for most Italian editors. At the same time glyphs of minor importance, ligatures, and punctuations are analyzed to achieve an appropriate knowledge that could lead the most convenient choice for the font to be rearranged.

To suitably prepare the design two factors were essential. The first was understanding the fundamental rules of typographic design, which include visual perception, characters proportions, contrasts of the strokes and general typometrics rules. The second was defining the objectives of the font and deciding how to inter-pret the selected models, through a precise concept that could fit the type design rules. The relation between the new font design and the typographical assumptions is in the third part of the work.

Fourth and last part of the thesis is the font design itself, i.e. the elaboration of the concept coming from the historical research into an outline made by means of a font editing tool, Fontlab. Characters spacing is also taken into account, as well as hinting, and – briefly – the characteristic permitted by Open Type fonts, which allows variations of the same character according to its context in the word.

The thesis closes reconnecting the research with the final product design, by taking into account all perspectives that may concern an experimental design which looks at two different his-torical periods, respecting conventional assumptions and giving a new communication tool: the Laguna and the Laguna Italic.

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La tipografia è un campo allo stesso tempo molto vasto e specifico, che esige un ottimo livello di conoscenza generale per potersi addentrare nella comprensione di nozioni rimaste a lungo appan-naggio esclusivo degli specialisti.

Questa tesi, che ha uno sbocco progettuale preciso, si fonda sullo studio di due periodi della storia tipografica: il Rinascimento e il Modernismo, quest’ultimo inteso come fenomeno di lungo periodo che in qualche modo arriva fino ai giorni nostri. Il ten-tativo è stato di portare avanti una riflessione in cui il passato e il presente sono intrinsecamente collegati: la storia viene rein-terpretata alla luce di linguaggi visivi e tecnologie emergenti e considerata un fattore importante di influenza nella tipografia occidentale contemporanea.

Il mio primo contatto con la tipografia è avvenuto proprio a Venezia, la città più attiva e prolifica nelle prime decadi successive alla nascita della stampa. Venezia diventò subito il luogo propi-zio per un’industria della stampa ancora ai primordi. Grazie a fattori politici, all’assenza di guerra, alla prosperità economica e alla presenza di un’élite legata agli ambienti umanistici - avidi di quelle conoscenze che la nuova invenzione di Gutenberg rendeva facilmente accessibili - Venezia divenne il centro di sviluppo del nuovo linguaggio tipografico.

Ero curioso di conoscere questa storia e poco a poco mi sono imbattuto nei protagonisti della tipografia rinascimentale attivi a Venezia, in particolare: Aldo Manuzio e Francesco Griffo da Bolo-gna. Il primo, un perspicace editore e personaggio importante all'interno dei circoli umanistici. Il secondo, suo collaboratore e geniale incisore di caratteri, che ai nostri tempi sarebbe giusto definire type designer.

È nato così il mio interesse per la progettazione di caratteri e

Introduzione

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per il loro sviluppo nel corso della storia. Di qui è nato il deside-rio di progettare un font basandomi sulle creazioni di Francesco Griffo. Ciò che più mi ha spinto in questa direzione è stata la curiosità rispetto ad un dato specifico: in nessun momento della storia tipografica è stato lanciato sul mercato un carattere che accostasse un tondo di Griffo ad uno dei suoi corsivi.

Mi è sembrato strano che, malgrado Griffo sia stato l’inventore di un nuovo genere di lettera tipografica - il corsivo (o italic) - nes-suno dei suoi modelli originali sia stato considerato interessante da parte delle grandi e medie fonderie internazionali.

Il mio interesse per i corsivi di Griffo mi ha spinto verso l’idea iniziale: progettare un font che ponesse due dei suoi caratteri – un tondo e un corsivo - in stretto rapporto tra loro. In particolare, la scelta è ricaduta sul tondo del De Aetna e sul corsivo del De Bello Troiano.

Tuttavia l’idea di creare semplicemente “un carattere in più” basato su precisi riferimenti storici non mi convinceva. Credevo fosse più importante puntare su una vera e propria rivisitazione e da qui è nata la scelta di disegnare un sans serif. La sfida è stata quindi quella di ripensare i modelli storici selezionati privandoli delle grazie, che ne costituiscono parte integrante, ma paralle-lamente provare a lasciare intatti, evidenziandoli, i riferimenti originali. Ho riflettuto sulla possibilità di realizzare un sans serif che riprendesse comunque l’uso per il quale furono creati gli ori-ginali, ossia, la lettura di testo. Progettare il sans serif mi pareva una sfida poiché dovevo mantenermi nei limiti di una mutazione formale coerente, inserire idee personali ma, allo stesso tempo, rispettare le regole principali del design tipografico.

Allo scopo di mettere a punto il concept del progetto, la ricerca storico-teorica preliminare si è concentrata su due temi specifici:

1. L’idea di revival. Come i caratteri old-style sono rientrati nella cultura tipografica dopo due secoli di dominio dei transizionali e dei didone (Baskerville, Didot e Bodoni). In questa ricerca ho potuto verificare come tra la fine del xix secolo e l’inizio del xx gli sviluppi tecnologici, da una parte, e la ribellione anti-industriale delle Arts and Crafts, dall’altra, abbiano portato ad un ritorno al passato, ad un ritrovato gusto per la manualità nel processo di costruzione della forma delle lettere (prodotte però dalle machine). Il movimento di revival guidato da Stanley Morison ha influenzato una grande parte dei type designers del secolo scorso stimolando anche reazioni contrarie, che diedero vita a un altro modo di interpretare il rapporto con il passato: il suo netto rifiuto in favore della creazione di forme originali. Questa ricerca è stata importante per capire come l’”etica”, le idee che stanno dietro alla progettazione, influi-scano sull’estetica, ossia sulla forma stessa delle lettere dise-gnate. Ho ritenuto interessante approfondire questa tematica per arricchire concettualmente il mio percorso progettuale.

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2. La produzione di Francesco Griffo. Il contesto, le tecnologie, il processo e, principalmente i risultati progettuali dell’incisore bolognese. Addentrarsi nei dettagli del suo lavoro è stato fon-damentale per ottenere una percezione globale sulle sue opere cogliendo le qualità e le peculiarità di alcuni caratteri rispetto ad altri. Il tentativo è stato anche quello di comprendere il perché di determinate scelte e modifiche durante il percorso creativo. Tale analisi ha previsto un esame approfondito delle soluzioni formali e anche dei “vizi stilistici” di Griffo, in modo tale da poter stabilire poi delle relazioni con il processo di creazione del mio carattere.

Riprendere come base di riferimento formale un modello non vuol dire necessariamente copiarlo; piuttosto in molti casi il tenta-tivo è di reinterpretarlo. Il confine tra queste due operazioni può essere sottile ma anche molto netto. Si tratta di un argomento di discussione complesso. Da questo genere di riflessioni sono emerse continuamente nuove domande, durante tutta la fase di impostazione e progettazione. Ritengo che tali quesiti, insieme a tutto il lavoro di indagine teorica e al percorso progettuale, siano stati forse ancora più rilevanti del prodotto finale in sé. La rifles-sione sull’idea di redesign ha accompagnato costantemente tutta la tesi. In che misura mi sarei dovuto avvicinare (o restare vin-colato) alla forma di riferimento? Cosa avrei dovuto mantenere e cosa invece cambiare? Ed in quale direzione? E ancora, come interpretare oggi, in condizioni tecniche radicalmente mutate, un prodotto realizzato con tecnologie che non esistono più?

Domande del genere non sono rimaste ad un livello di rifles-sione preliminare ma sono incorporate a tutti gli effetti nella fase di progettazione della tesi, dove ho preso in considerazione gli aspetti essenziali del type design: la percezione visiva, le corre-zioni ottiche, le proporzioni e il disegno delle lettere mediante un programma di creazione di font. Mi sono infine concentrato su uno spettro più ristretto di glifi dell’alfabeto, vale a dire le lettere maiuscole, le minuscole, i numeri, la punteggiatura, gli accenti e i diacritici.

Da questa sperimentazione nasce quindi, Il Laguna, un font sans serif che respira l’aria della Venezia del passato con uno sguardo rivolto al presente.

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"The old fellows stole all of our best ideas".Frederic Goudy

Il capitolo ha come obiettivo la comprensione del fenomeno dei revival all’inizio del secolo scorso, identificando le differenti pro-spettive per il quale furono ricreate e interpretati caratteri di altro contesto storico e con diversa tecnologia. Allo stesso modo, è importante capire le posizioni contrarie al revival e le motivazioni di tali idee. Queste varie correnti generano un dibattito culturale utile alla mia fase di ideazione e progettazione di un carattere basato sui caratteri rinascimentali di Francesco Griffo.

Lo svolgimento dei vari ragionamenti e dei fatti storici si inter-secano con brevi analisi e studi di caratteri. Un attenzione speciale verso i caratteri lineari umanistici è data tenendo in conto il fine del progetto della tesi. Credo sia stata molto importante questa parte della ricerca poiché si può apprendere molto delle scelte estetiche e dalle regole tipografiche convenzionali. La forma data ad una lettera non è mai completamente dissociata dal contesto storico e tecnologico, e perciò il confronto di questi discorsi sono importanti in un progetto sperimentale nel quale il modello ori-ginale appartiene a cinque secoli fa.

Sarà data un attenzione speciale al programma revivalistico della Monotype inglese poiché la loro produzione venne coperta da importanti ricerche che serviranno anche come pubblicità in favore ai prodotti dell’azienda stessa. La sue vicende chiariscono come la loro era una direzione che puntava verso lo studio della storia e meno rigido della filologia impiegata da William Morris.

Nel caso del l’America, invece, vi era molto poco interesse e preoccupazione in riguardo alla forma dei modelli storici. Le Linotype e Monotype americane non si occupavanotanto dello studio storico-filologico e ciò ha aperto le possibilità alle interpre-tazioni personali di figure come Frederic Goudy e Willian Dwig-gins che venivano della scuola del lettering.

Capitolo1Laculturadelrevival

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capitolo 1

Dopo alcuni anni di revival inizia a verificarsi l’esigenza di sta-bilire nuove forme per il periodo e la tecnica vigente. Jan Van Krimpen apre questa discussione, introducendolo in uno studio specifico in materia.

Tanti altri type designer, importanti movimenti o caratteri tipografici sono stati lasciati appositamente fuori del contenuto di questo capitolo. Il percorso dovrebbe chiudersi di modo a non espandere oltre ciò che circonda la progettazione descritta nel terzo capitolo.

Dunque, la mia ricerca si approfondisce nell’interpretazione dei revival, la sua antitesi e la ripercussione di queste possibilità nell’ambito digitale. Durante tutto il percorso è stata data una giusta attenzione, come detto prima, ai caratteri sans serif uma-nistici per giustificare il mio obbiettivo finale di progettazione sperimentale descritta nel terzo capitolo.

1.1 IlCambiamentotecnologiconell’iniziodelsecoloxxelesueimplicazioninellaprogettazione

“The types used in the printing trade had, since the fifteenth century, been cast from matrices struck from punches which had been engraved directly by the hands of goldsmiths and other chasers and metalwor-kers. These were men who were responsible for the craftsmanship, in the creative sense of the word, and for the utility of the design; for its shapes, its measurements, its economical value, its desirability as reflection of genius”.1

Stanley Morison

L’invenzione di nuove macchine nel processo produttivo alla fine del novecento porta la stampa a radicali cambiamenti nella conce-zione e sviluppo dei caratteri negli anni seguenti e durante la prima metà del secolo scorso. Nel 1884, l’americano fonditore di caratteri chiamato Lynn Boyd Benton brevettò il suo pantografo per l’inci-sione di matrici. Grazie a questa invenzione un operatore qualsiasi poteva tracciare il contorno del disegno di una lettera controllando con sicurezza l’operazione del taglio di una matrice. Questa mac-china certamente portò la divisione del lavoro ormai secolare tra gli artisti-incisori con la stampa e condannò la base dalla quale partiva il design dei caratteri dall’inizio dell’invenzione tipografica nel 1440.

L’invenzione della macchina di Benton ha avuto una serie di conseguenze per il design di caratteri. Il primo riguardava la faci-lità produttiva che prima era affidata solo alle mani degli incisori e lavoratori di metalli. Certamente ci sono state precedenti ecce-zioni come il caso del Baskerville o il francese Romain du Roi dove studi pre-elaborati e disegni meticolosi anticipavano il lavoro degli incisori. Ma in generale, la scarsa abilità interpretativa degli incisori di punzoni limitava tali sforzi. Da allora è stato possibile per chiunque disegnare lettere (anche per i non addetti ai lavori), nell’ufficio di design di una fonderia.

1 Stanley Morison, A Tally of Types, Ed. Cambridge Press, 1953, p.11

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la cultura del revival

La seconda implicazione riguardava la necessità di non dover incidere a mano i punzoni per ogni lettera di tutti i corpi del carattere. Sarebbe, infatti, bastato fare piccoli aggiustamenti alla forma della lettera per garantire la leggibilità per i piccoli corpi. Da un unico disegno il pantografo riusciva ad apportare le modi-fiche necessarie e tagliare in dimensioni che prima erano fatte in modo e intuitivo dagli artigiani.

1.1.1 Le macchine di composizione automatizzata

Il pantografo per incidere le matrici è arrivato in un buon momento proficuo. La composizione dei caratteri che fino ad allora era sempre fatta a mano fu stata automatizzata con due altre importanti invenzioni.

La Linotype creata dall’immigrante tedesco Ottmar Mergen-thaler a Baltimore, composta da un caricatore di matrici liberati dall’azione di una tastiera per creare una linea. Le linee erano quindi realizzate da una compatta striscia di lettere.

Contemporaneamente, a Washington, Tolbert Lanston svilup-pava la sua Monotype che era divisa in due parti separate fisica-mente: tastiera e fonditore. Un operatore di tastiera perforava una bobina di carta con messaggi codificati. Il fonditore era attrezzato con una cassa di matrici che durante la lettura della bobina deter-minava la posizione delle lettere per essere composte. Se la Linot-ype componeva a linee la Monotype lo poteva fare singolarmente lettere per lettera, facilitando così eventuali correzioni. Tuttavia le Linotype erano più veloci ed economiche.

Senza l’invenzione di Benton non sarebbe stato possibile avere né la Linotype né la Monotype perché il pantografo ha risolto i bisogni delle macchine da composizione per la produzione in massa dei punzoni. I manager dell’azienda che producevano i due macchinari si accorsero che il successo a lungo termine del loro prodotto dipendeva anche della creazione del desidero di un’am-pia libreria di caratteri. Perciò entrambe le aziende iniziarono un ambizioso programma di sviluppo dei caratteri accompagnato da un notevole sforzo di marketing.

Così l’inizio del ventesimo secolo, si presentò come un periodo in cui i type designer hanno avuto grandi sfide e un nuovo mer-cato in attesa di novità. La scomparsa degli incisori dal processo produttivo facilitò l’ingresso di outsider che si avventurarono nella progettazione.

1.1.2 Nuove macchine, nuovi designer, nuovi disegni

Un esempio di questo fenomeno fu il Cheltenham, disegnato nel 1896 da un architetto, l’americano Bertam Goodhue, per uso privato alla Cheltenham Press di New York. Inciso dalla Ameri-can Type Founders per la composizione a mano, non venne ben ricevuto dai critici, ma si dimostrò comunque molto popolare,

Linotype, 1894e Monotype, 1898

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capitolo 1

tanto che la ATF e la Linotype con una partnership lo lanciarono nel mercato.

Il Cheltenham è certamente un carattere controverso. Il suo lancio sul mercato ebbe un grande successo andando incontro alla domanda di caratteri pubblicitari, ma fu usato molto anche per libri e quotidiani. La ATF riconobbe il suo successo commerciale e tra il 1904 e il 1911 sviluppò l’ estensione della famiglia in 18 pesi e stili. Tuttavia la sua popolarità non era universale, anzi, anche durante il suo periodo di maggior splendore è stato molto criti-cato; Ancora nel 1953, molto dopo il suo periodo aureo, il Chel-tenham è ricordato in una pubblicazione sulla tipografia come “an unattractive type that became strangely popular”.2

Goodhue credeva che i tratti ascendenti erano più importanti dei tratti discendenti per un fattore di riconoscibilità immediata, perciò allungò le ascendenti, strinse le discendenti e di conse-guenza l’occhio medio è basso.

Inizialmente i fabbricanti delle macchine compositrici si accon-tentavano di adattare caratteri già esistenti ai loro sistemi e ci sono volute un paio di decadi affinché cominciassero a commis-sionare nuovi design. Alla fine dell’ottocento si preoccuparono sopratutto di acquistare permessi per produrre i loro macchinari in altri paesi. La Linotype venne lanciata in Inghilterra nel 1895 seguita dalla Monotype nel 1897. I loro uffici fuori dall’America acquistarono autonomia e con programmi di sviluppo dei caratteri molto diversi da quelli commerciali tipicamente americani. Inoltre ogni azienda inserì dei consulenti interni per stimolare la ricerca di nuovi caratteri tra i componenti del team interno.

Come si vedrà, il team di ingegneri della Monotype sotto la guida tipografica di Stanley Morison portò l’azienda ad un impor-tante ruolo nel fiorire della stampa tra le due guerre, inaugurando una nuova fase nella storia della tipografia.Cheltenham, 1896

ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZabcdefghijklmnopqrstuvwxyz

1234567890

ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZabcdefghijklmnopqrstuvwxyz

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2 W.Turner Berry, A.F. Johnson, W.P. Jaspert, The Encyclopedia of the Faces, 2nd Edition, 1958, p.92

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la cultura del revival

1.1.3 William Morris e il Golden type

Torniamo un poco indietro, precisamente nel 1888 quando Wil-liam Morris partecipò alla conferenza dell’Arts and Crafts Society presentata da Emery Walker a Londra e lo spinse ad entrare in una nuova impresa. Insieme a Walker fondò la stamperia privata Kelmscott Press e i suoi ideali di riforma della stampa si diffusero subito in tutto il mondo.

Secondo Morris e Walker la gran parte dei libri erano opere d’arte, a partire dalla loro invenzione fino al 1500 circa. Ad essi interessava il ritorno al passato medievale o il recupero  della produzione di stampa come un lavoro puramente artigianale e artistico. I loro libri erano stampati in carta artigianale e pressata a mano da Morris stesso. Le produzioni erano edizioni limitate, di grande qualità e bellezza.

I libri della Kelmscott Press “... non erano semplici fughe all’indietro o ri-creazioni, erano fuori dal tempo. I caratteri incisi per la stamperia guar-davano ai modelli di un passato lontano, ma crearono qualcosa di nuovo. I libri Kelmscott avevvano la qualità di un sogno: un’immaginaria tipografia del passato, la cui ricchezza materiale era però interamente nel presente come dichiarazione attiva. I libri erano quindi un tutt’uno con l’utopismo di Morris: guardavano allo stesso tempo al passato e al futuro”.3

Golden Type, 1888

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capitolo 1

I caratteri moderni rappresentavano per Morris la degenera-zione portata dall’industrializzazione. Il culmine della falsa perfe-zione fu identificato nei caratteri Didot e Bodoni. Personalmente egli disegnò due caratteri per la sua stamperia: Il secondo era un gotico rotondo tagliato in due corpi chiamato Troy and Chaucer; Il primo, il Golden Type (1891), influenzò tutta una generazione di designer e portò successivamente al revival del secolo xx.

Il Golden type fu basato su un carattere di Jenson del 1476. Seguendo il tratto delle lettere venute dall’ingrandimento foto-grafico, Morris vi disegnò sopra rendendole più nere. Due sono le caratteristiche che emergono da tale operazione: la prima è che nell’insieme il carattere prese un aspetto lievemente gotico (nonostante la struttura non c’entri assolutamente) e la seconda che avendo ingrossato le grazie le portò ad assomigliare ai tratti egiziani.

“In such cases, when an original type no longer exists in metal but only in the form of printed pages, the draftsman must try to perceive the outline of the characters as if they had be cleanly inked and well printed on smooth paper, eliminating all the splodges produced in the originals by ink spread and impression on rough paper. He must then bear in mind that the first punchcutter deliberately engraved his letters on the fine size, knowing that they would be made bolder in the printing. Only then can he decide how far to restore the accidentals to prevent the type from looking too deodorised when printed with modern presses on smooth papers. All kinds of ethical considerations about the nature and purpose of workmanship arise, which were argued over in the decades of followed”.4

1.1.4 Doves Type e la scelta per il corsivo

Dopo la morte di Morris, Walker entrò in società con Thomas Cobden-Sanderson in un’impresa che durò sedici anni a partire del 1900. La stamperia privata che si chiamava Doves Press si caratte-rizzava per una visione più limpida, austera e senza illustrazioni. Dove i libri della Kelmscott sembravano medievali quelli della Doves appartenevano a una nuova era. Una versione più elegante del carattere di Morris fu realizzata da Walker e Cobden-Sander-son ed era evidente la differenza di qualità rispetto ai caratteri di altre stamperie del periodo sempre influenzati dallo spirito del Golden Type.

Walker offriva anche durante il periodo della Doves consulenza ad altre stamperie inglesi e nel 1913 gli fu richiesto di disegnare un carattere alla Cranach Press. Un romano molto simile a quello della Doves fu prodotto da Walker, Tiffin and Prince. Questi ultimi due (entrambi incisori) hanno partecipato all’incisione per i carat-teri della Doves e della Kelmscott Press. il team ha riscontrato però difficoltà nel trovare un corsivo da accostare al tondo che né il Gonden né il Doves avevano.

La difficoltà nel trovare un corsivo è un interessante episodio

3 Robin Kinross, Tipografia Moderna – Saggio di storia critica, Ed. Stampa Alternativa & Graffitio, 2005, p.52

4 Sebastian Carter, Twentieth Century Type Designers, Ed. Lund Humphries, 2002, p.22

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la cultura del revival

da rendere noto perché rappresenta un’ inedita difficoltà proget-tuale nel periodo iniziale dei revival del xx secolo e che in un certo modo influenzò le scelte future di altre fonderie.

Il modello di corsivo scelto dal gruppo per il Doves type era una pagina mal stampata dello scrivano Giovanni Tagliente del 1525.

Le prime prove non vennero bene e preoccupato dell’inter-pretazione dei tratti della prima cancelleresca corsiva dei tempo moderni convinse il calligrafo Edward Johnston a fare nuovi dise-gni. Tuttavia, a causa dell’arrivo della guerra il corsivo fu inciso solo nel 1931.

1.1.5 Le fonderie in espansione

Sebbene la atf (American Type Foundry), la Mergenthaler Linot-ype e la Lanston Monotype fossero dominanti nell’industria ameri-cana, in Europa il mercato era altamente competitivo tra le piccole e medie fonderie che si fornivano di una prolifica produzione di

Doves Type, 1900

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capitolo 1

revival e nuovi design. In Germania vi erano la Klingspor, la Bauer, la Stempel e la Berthold. In Francia la Deberny et Peignot, in Italia la Nebiolo. In alcuni casi, per sopravvivere sul mercato si ricorreva a fusioni e partnership tra concorrenti.

Morris Benton, il figlio di Linn Boyd Benton, inventore del pantografo per incidere i punzoni, incaricato del design della atf progettò interessanti versioni dei classici come il Cloister e il Garamond e partecipò attivamente alla espansione di innume-revoli famiglie e varianti. L’idea di ‘famiglia di carattere’ acquisì importanza con l’espansione del mercato pubblicitario e l’avvento dell’uso della microtipografia. Gli stili e i pesi come bold, semi-bold, extra-bold, corsivi, expanded e condensed erano creati senza perdere la coerenza caratteristica. L’unità di design cominciò ad essere esplorata nella tipografia per diversi usi e medium.

Il programma della atf era molto più modesto nell’innova-zione riguardo a quello avventuroso ed energico delle fonderie europee. A parte poche eccezioni come il Goudy Old Style, fonda-mentalmente gli americani si preoccupavano di adattare il design di caratteri ormai ben conosciuti e stabiliti nel mercato, invece di produrne nuovi design.

Peggiore ancora fu l’inerzia delle società produttrice di mac-chine compositrici. I primi caratteri della Monotype, infatti, furono semplici incisioni di old style e modern faces ormai familiari agli stampatori, compositori, editori e lettori. L’azienda solo con-siderava la possibilità di una nuova creazione sotto una richiesta particolare di nuovi caratteri al momento di vendita di un macchi-nario a un cliente. Ci sono comunque due caratteri che meritano un resoconto perchè incentivarono il movimento che stava per iniziare : l’Imprint e il Plantin.

1.1.6 Imprint, un disegno originale nella Monotype

L’Imprint è stata una rivista indipendente creata all’inizio del 1913 da un gruppo di tipografi ancora sotto l’influenza delle Arts and Crafts, che però accettava la macchina come mezzo per arrivare ad un fine giusto. Il contenuto di The Imprint era indirizzato al mercato della stampa con articoli che illustravano l’evoluzione dei macchinari, le procedure commerciali e l’universo della stampa. Interessante, però, è stato il suo carattere inciso dalla Monotype specificamente per la pubblicazione della rivista. Gli editori del periodico possedevano una Monotype e intendevano usarla con il carattere Caslon che però allora era disponibile solo per la com-posizione a mano. Per questo motivo richiesero alla Monotype un carattere con la base del Caslon ma meno monotono e più regolare. L’occhio medio e il peso sono più generosi del Caslon e adatti alla carta patinata.

Storicamente l’importanza dell’ Imprint fu che il suo design fu realizzato originariamente per la composizione meccanica per ottenere un carattere adatto ai testi continui. Inoltre fu il primo

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la cultura del revival

design non plagiato, copiato o rubato da altre fonderie.Il suo grande successo commerciale ha provato che i futuri

caratteri per la composizione manuale o meccanica sarebbero stati da allora disegnati e incisi da macchinari grazie al pantografo.

1.2 L’avventodeimodellistorici

È importante capire che da un certo momento in poi le principali società produttrici di macchine da composizione, sia in America sia in Inghilterra, così come alcune fonderie, cominciano a produrre caratteri basati su modelli storici, sostituendo così la precedente produzione di varianti generiche di old face o modern. La qualità tipografica doveva emergere dal passato. “La rivoluzione portata nel mestiere dai tipografi doveva essere storica (o storicista): i migliori caratteri antichi, composti a macchina, e usati in modo storicamente consapevole”.5

Una estesa proliferazione di caratteri avvenne grazie alle fonderie delle società Monotype e Linotype. La copia e il plagio diventa-rono una pratica comune e bastava che un carattere avesse un suc-cesso iniziale nelle vendite per veder lanciare nel mercato caratteri simili. Il mercato era competitivo e non ci si poteva permettere di non avere una versione propria di un determinato carattere per mantenere soddisfatti gli stampatori, gli editori ed i lettori.

Questa corrente revivalista fu rinforzata e chiaramente facili-tata dalla pubblicazione di Printing Types di Daniel Updike nel 1872. Questo libro si rivolgeva a tutti interessati alla storia del type design poiché i caratteri venivano classificati, commentati e pre-sentati visualmente.

1.2.1 L’ondata Garamond

Nel 1917 la ATF lanciò la sua versione di Garamond disegnata da Morris Benton basata però sul romano e corsivo di Jean Jennon. Negli anni successivi altre fonderie seguirono la tendenza e la famiglia Garamond divenne un revival internazionale.

Frederic Goudy, il prolifico tipografo e type designer dell’inizio del secolo xx persuase il presidente della Monotype americana a disegnare il suo Garamond che venne chiamato Monotype Gara-mont. Il design si avvicina all’originale molto più di quanto faces-sero i suoi caratteri abituali. Ma durate il processo, Garamont ebbe problemi con l’ufficio di design che tendeva a correggere e regolare le imperfezioni dei suoi disegni. Alla fine, il Monotype Garamont fu minimizzato dal lancio della versione della Mono-Mono-type Inglese.

Nel 1922, finalmente fu lanciato il Monotype Garamond in Inghilterra. Uno dei personaggi dietro a questa produzione era il giovane tipografo e storico della stampa Stanley Morrison. Poco dopo l’ingresso del Garamond nel mercato, Morrison acquisi lo status di ‘consulente tipografico’ della Lanston Monotype dell’In-ghilterra e divenne la principale figura del revival dei caratteri

5 Robin Kinross, Tipografia Moderna – Saggio di storia critica, Ed. Stampa Alternativa & Graffitio, 2005, p.49

Monotype Imprint, 1912

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capitolo 1

storici. Egli stesso nella sua rassegna del 1956 fece risaltare il suo ruolo nel periodo aureo della riforma tipografica, ovvero, dal 1923-1932, sottovalutando la produzione precedente della Monotype. A Tally of Types: “Il lavoro di incisione di caratteri della Lanston Monotype Corporation mostrò ben poca originalità fino al 1922, quando al direttore generale fu sottoposto un piano di produzione. Era inteso come programma di design tipografico, razionale, siste-matico e corrispondeva efficientemente alle prefigurabili esigenze della stampa”6.

Nel 1924 la fonderia tedesca Stempel lanciò la sua versione del Garamond richiamando entrambi i romani e i corsivi del tipo-grafo francese. Contrappone così la maggior parte dei revival che inconsapevolmente appartenevano ai modelli di Grajon e Jannon.

1.2.2 Baskerville

Seguendo la atf che nel 1917 lanciò un Baskerville, la Monotype inglese taglia sei anni dopo la sua propria versione del carattere creato dal tipografo inglese nel xviii secolo. Morrison decise per il ritorno a un modello originale del 1772. L’ufficio di design rese i disegni più rifiniti di quelli che fondamentalmente erano

Tre versioni di Garamond:Il Lanston Monotype Garamont, disegnato da Goudy, 1521.Il secondo è il Monotype Garamond, 1922 e il terzo lo Stempel Garamond, 1924

6 Sebastian Carter, Twentieth Century Type Designers, Ed. Lund Humphries, 2002, p.21

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la cultura del revival

gli originali. Il mercato lo accolse con entusiasmo e il carattere diventanne il terzo maggior successo di vendita dell’azienda.

1.2.3 Polifilo e Blado

Quasi contemporaneamente la Monotype lavorava a un altro facsi-mile e questa volta più preciso. La Medici Society di Londra inten-deva tradurre l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, uno dei più bei libri prodotti nel rinascimento veneziano ed editato da Aldo Manuzio con i caratteri di Francesco Griffo.

La loro intenzione era riprodurre fedelmente l’originale man-tenendo in perfetta armonia con la tipografia le illustrazioni silografiche. Per questo motivo essi richiesero alla Monotype la progettazione dell’esatta copia del carattere usato nel 1499. Le lettere furono disegnate sulla base del contorno, come nel foglio stampato originalmente. Alla fine il risultato fu di grande sod-disfazione paragonando la stampa dell’originale a quella della versione Monotype. Tuttavia, in un secondo momento, Morrison nel suo A Tally of Types lamentò una differenza di qualità della copia rispetto all’originale, criticando la decisione di copiare lo ink-spread dell’ inchiostro sul foglio e mettendo in risalto un certo livello di immaturità nella scelta di copiare invece di interpretare.

Sono sue le parole: “To redraw, and not merely reproduce an ancient original, available only in the form of a contemporary print, was a more difficult art than direct imitation; and this was what (Bruce) Rogers had accomplished with his Centaur. But the Corporation had not in 1923 [al momento della realizzazione del Polifilo] the experience gained later”.7

Al modello del corsivo scelto per accompagnare il romano fu assegnato un nome separato – Blado – un cancelleresco romano che venne ripreso dalle mani dello  scrivano Ludovico degli Arri-ghi. Si trattò della prima cancelleresca per la stampa immessa nel

Sopra, il Monotype Baskerville, 1923. Sotto, una pagina del Hypnerotomachia Poliphili, 1499

7 Stanley Morison, A Tally of Types, Ed. Cambridge Press, 1953, p.55

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mercato, poiché quella della Cranach Press Italic, creata nel 1913, fu utilizzata in una pubblicazione solamente nel 1931.

Questo fu dunque il primo revival visto dal pubblico tratto dal periodo delle cancelleresche corsive e come il Polifilo romano fu riprodotto direttamente dal foglio stampato ed è da notare che possiede lo stesso colore di pagina del tondo romano. Morison li usò, soddisfatto, nel suo primo libro pubblicato Four Centuries of Fine Printing nel 1924.

1.2.4 Fournier

Il successivo grande revival della Monotype fu il Fournier nel 1924 e questa volta Morison si prenderà la responsabilità per entrambi tondo e corsivo. Questo carattere nacque della sua ammirazione per il lavoro del francese Pierre-Simon Fournier. Il suo entusiasmo era condiviso dal suo amico e storico Updike con cui scambiava un grande volume di lettere. Durante la fase di prova, la Monotype aveva due versioni di peso diverso. Morison, che non era in quel momento presente pur essendo in America, non riuscirà a impe-dire che la scelta finale del carattere fosse quella di peso più sottile.

Questo avvenimento incrinò un poco il rapporto di Morison con la Monotype (per anni) e in seguito egli strinse indipenden-temente un rapporto con degli incisori a mano, una professione ormai quasi in via di estinzione.

1.2.5 Bembo, Fairbank e Bembo italic

Nel 1928, con il Bembo la Monotype ritorna ai caratteri di Aldo Manuzio come base di un altro romano.  Originalmente tagliato per il De Aetna di Pietro Bembo questo carattere è riconosciuto come un capolavoro del celebre incisore Francesco Griffo. Come si vedrà nel prossimo capitolo Giovanni Mardersteig crede che con questo carattere Griffo arrivò al culmine di qualità ed eleganza riu-scendo a staccarsi finalmente dai modelli precedenti influenzati da

Monotype Polifilo e Blado, 1923

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la cultura del revival

Nicola Jenson. Era proprio questo che attraeva Morison come in una definitiva reazione alla insistente preferenza di Willian Morris e Emery Walker per tipi più arcaici. Morison suggeriva probabil-mente che l’atteggiamento di coloro in quali non riconoscevano le qualità di questo romano aldino fosse giustificato dalla mancanza di materiale critico o da buoni facsimile.

“It was inspired not by writing but by engraving; not script but scupture. It rendered all preceding romans archaic. In the pages of De Aetna the type, then new, looks almost fresh as if it had come off a present-day typecaster”.8

La soddisfazione per l’incisione del Bembo fu generale, però sorse nuovamente il problema di accostarlo con un corsivo che non esi-steva originalmente nell’aldino. Inizialmente il corsivo fu commis-sionato al calligrafo inglese Alfred Fairbank. Il risultato del disegno piaceva a Morison ma affiancato al Bembo sembravano incom-patibili per essere il corsivo molto stretto, indipendente e quasi in un rapporto di repulsione con il Tondo cui doveva affiancarsi.

Così fu cercato un corsivo con ‘meno personalità’ e lo staff di designer della Monotype si basò su una pubblicazione di Antonio

8 Stanley Morison, A Tally of Types, Ed. Cambridge Press, 1953, p.49

Sopra, il Monotype Fournier, 1924 e sotto, il Monotype Bembo, il suo italic e il Fairbank italic

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capitolo 1

10 Joseph Blumenthal, Bruce Rogers: A Life in letters, Ed. Austin W. Taylor, p.31

Tagliente del 1524. Essenzialmente fu una revisione del Blado (il corsivo del Polifilo) e funzionò insieme al Bembo in una stessa riga.

1.2.6 Il Centaur di Rogers

Contemporaneamente alla produzione del Bembo era uscito l’adattamento del carattere Centaur del book e type designer Bruce Rogers per la composizione meccanica. Il carattere fu inciso privatamente per la composizione a mano nel 1914 e venne seguito al di fuori del programma cominciato da Morison come consu-lente nel 1922. Il modello di Jenson ripreso da Rogers differisce notevolmente dai revival precedenti, sia dal Golden Type di Wil-lian Morris sia dal Doves di Cobden-Sanderson. Nella versione di Rogers fu enfatizzata dalla manualità della base calligrafica dell’originale. Il disegno parte dall’originale verso un design indi-pendente. Mantiene la proporzione originale come il Golden e il Doves, ma si carica di un’eleganza aristocratica perfetta per le produzioni non-commerciali.

Rogers era un book designer, molto attento e interessato ai dettagli della stampa. Il Centaur nacque dalla insoddisfazione che Rogers ebbe con il suo primo carattere: il Montaigne (1902). Anche questo carattere era un tentativo di ‘perfezionare’ il Jenson. “In a way the punchcutter had done his work too well; Mr Rogers decided that there have been too much “improvement” over the original, and he resolved to return to Jenson at some later time for a more direct inspiration”9. E ciò è successo una decade dopo.

Il Centaur è stato commissionato per composizione manuale dal Metropolitan Museum of Art di New York nel 1914. Per cre-arlo Rogers ritornò al lavoro di Jenson De Evangelica Praepara-zione del 1470, ovvero un riferimento diverso da quello seguito da Walker e Cobden-Sanderson, che era del 1476.

Rogers fece ingrandimenti fotografici della stampa e poi vi disegnò sopra le minuscole a penna stilografica. I migliori disegni di ogni lettera furono selezionati  da una serie di pagine disegnate a mano e le imperfezioni corrette con gomma e inchiostro bianco. Lo stesso Rogers scrisse: “The result was a closer approximation to the original Jenson than the Montaigne type had been. It was not a fac simile, for I had purposely altered some of the details in a few letteres, and Wiebking (il pantografo) had made slight alterations, for practical reasons, in others they were always improvement over my designs”10. I primi usi del Cen-taur furono esclusivamente per la segnaletica nel Metropolitan Museum di New York e per le titolazioni nei progetti personali di libri di Rogers. Solo nel 1929 uscì la versione commerciale per la composizione meccanica. Morison che non partecipò al progetto, ha commentato così nel Tally: “The new Jensonian of Bruce Rogers differed notably from the previous recuttings. Roger’s version was freehand emphasis of the calligraphic basis of the original. The redrawing moved away from the original and there was produced, finally, a type that tended in some respects to be an independent design. It thus became opposite of what Morris

De Evangelica Praeparazione, 1470

9 Sebastian Carter, Twentieth Century Type Designers, Ed. Lund Humphries, 2002, p.35

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hated so much; an academically correct, pedantically accurate but dull and lifeless copy”.11

Il corsivo usato con il Centaur è una versione di Ludovico degli Arrighi creata nel 1524. Mentre Rogers preparava il Centaur per la Monotype chiese al type designer Frederic Warde di rivisitare il suo corsivo fatto in precedenza nel 1925. Dopo innumerevoli ed estenuanti revisioni, Rogers sentenziò che era “one of the finest and most legible cursive letters ever produced”.12

Infatti l’Arrighi è un giusto compagno del Centaur pur mante-nendo il tocco calligrafico e il richiamo all’ origine della scrittura umanistica.

La scelta dei corsivi romani anziché dei corsivi aldini, più vicini per periodo e contesto storico, rappresentò uno dei fattori più importanti del periodo aureo revivalistico tra il 1922 e il 1932. I pre-cedenti Bembo e Polifilo furono pionieri in questo senso e i corsivi aldini, nonostante la loro qualità quasi primitiva, non ricevettero il riconoscimento che si meritavano. Nel prossimo capitolo verrà fatta un’analisi di uno dei corsivi di Francesco Griffo scelto per la progettazione del carattere di questa tesi.

1.3 Iltypedesignercomeartista

Morison con le sue attività di ricerca parallele alla consulenza per Monotype iniziò una serie di contatti anche con incisori di punzoni e con altri type designer al di fuori dell’ambiente inglese. Nel 1926, con l’olandese Jan van Krimpen nasce una rapporto di discussione critica, sempre con molto rispetto e passione professionale.  Van Krimpen dimonstrò una certa preoccupazione per la direzione seguita da Morison e dalla Monotype nell’incidere caratteri del passato anziché offrire nuove strade per l’ambito tipografico. Mori-son accettò l’analisi di Van Krimpen, giustificando quella scelta con l’importanza di riprendere e preservare la qualità tipografica

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1234567890

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12 Joseph Blumenthal, Bruce Rogers: A Life in letters, Ed. Austin W. Taylor, p.23

11 Stanley Morison, A Tally of Types, Ed. Cambridge Press, 1953, p.42

Sopra, la copertina di Fra Luca Pacioli, 1933, design di Rogers che usa il suo Centaur. Sotto il Monotype Centaur, 1925 e l'Arrighi, 1925

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capitolo 1

del passato per educare il mercato ad una futura fase di apertura a nuove possibilità di design.

Così risponde Morison a van Krimpen in una lettera nel 1926:

“You are quite right to object to the copying of old types which is a current characteristic of English typography. It is found at present impossible to secure new design of any interest. On the other hand, it seems a pity that a number of fine classical types are out of reach of printers of today because they have been destroyed by careless printers of the past. I think, however, that in two or three years it will be possible that the printing community in England will have been educated to the point of prefering a new work of art rather than a reproduction, and it may then be possible to persuade type founders to employ the services of an artist”.13

A parte il programma del revival seguito dalla Monotype dal 1922, Morison aveva già in corso l’idea di creare un nuovo carattere che non si basasse su alcun modello storico. Secondo lui tale desiderio di creare un romano e un corsivo totalmente nuovi per l’editoria richiedeva un’artista appropriato.

Il quel contesto inglese la quantità di (artisti) calligrafi era abbondante ma la maggior parte di loro erano soggetti ad influenze di inspirazione medievale e anti-rinascimentale nella forma. Di conseguenza, le possibilità di ottenere da questi calli-grafi un un disegno contemporaneo destinato alla produzione editoriale più diffusa e agli usi più comuni erano scarse.

La ricerca di tale artista si concluse con la scelta dell’artista, inci-sore di pietra, legno, calligrafo e scultore Eric Gill. Morison così la giustificò: “The fine serif is not in origin calligraphic but epigraphic; not written but sculptured. It follows that a set of drawings of a finely serifed face by a contemporary practitioner of lettering could best be made by one who was either an engraver on metal or wood; or, preferably, a sculpure on stone or slate. On this analysis the problem became soluble, and Gill was the obvious man to solve it. He was asked to make drawings of the letters he had long been habitually carving”.14

1.3.1 Perpetua e Felicity

Eric Gill era stato allievo di Edward Johnston con cui aveva sta-bilito una lunga amicizia e da cui ricevette gli insegnamenti sulla calligrafia e lettering. Nel 1925, a Gill fu chiesto di disegnare quello che doveva essere un alfabeto completamente originale nel reper-torio della Monotype. Gill fu presentato all’incisore parigino Char-les Malin il quale ancora manteneva il metodo tradizionale per intagliare i punzoni (invece dell’ormai stabilito pantografo). L’in-tenzione di Morison era unire due forze artistiche per alimentare il mercato di libri con un nuovo modello di carattere.

Il risultato fu presentato del Perpetua e del Felicity (il tondo e il corsivo). Il rapporto tra i due artisti, che non si conoscevano

13 Sebastian Carter, Twentieth Century Type Designers, Ed. Lund Humphries, 2002, p.34

14 Stanley Morison, A Tally of Types, Ed. Cambridge Press, 1953, p.100

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la cultura del revival

prima, provocò una leggera discussione progettuale. Malin modi-ficò secondo il suo gusto determinati disegni di lettere e dopo le prime prove, alcuni cambiamenti furono necessari, come per le maiuscole, troppo piccole, o per dettagli lettere come la coda della y e la densità della r e delle g.

Dopo il lavoro di Malin, arrivò alla Monotype, all’inizio del 1927, la prima di una lunga serie di versioni-prova con che cominciò a preoccupare Gill. Egli ammetteva che le maiuscole disegnate da lui erano troppo piccole ma dissentiva sulle forme di alcune lettere e criticava la tendenza del drawing office della Monotype a disegnare le lettere con compasso e riga.

Il processo fu lungo e venne ritardato ancora dal problema che sorse dal rapporto tra Tondi e corsivi. Alla fine Gill fu persuaso da Morison a sostituire l’obliquo da un corsivo ibrido (con il tondo inclinato meccanicamente). Lo specimen fu una stampa privata della traduzione inglese di The Passion of Perpetua and Felicity da dove vengono i nomi per il carattere.

Secondo Morison nel suo Tally, non si mostra sicuro che il Per-petua abbia raggiunto l’obbiettivo di un carattere per testo adatto a qualsiasi tipologia di libro. Crede invece che sia più adeguato ad un tipo di libro che esige uno 'style' desiderato, come le stamperie semi-private con cui Gill era associato in quel periodo. Inoltre, suggerisce che il carattere nei corpi grossi assuma la nobiltà di quello che Gill era essenzialmente – uno scultore – e che in corpi piccoli un particolare sarebbe un carattere di testo per libri dove c’è una maggiore libertà poetica.

Perpetua e Felicity, 1929

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capitolo 1

1.3.2 Gill Sans, il sans-serif umanista

La Monotype accorgendosi della produzione di sans-serif in Ger-mania e del potenziale di questo genere di caratteri nel mercato, propone a Gill la progettazione del suo sans. A questo proposito Morison, nella sua risposta a Van Krimpen scriveva:

“The competence of the Corporation to make, either from prints or types, facsimiles of ‘classic’ faces of the past had been proved; so now was its competence to use a modern artist’s drawings of a sans-serif”.15

A Gill, che ormai si era inserito nel mondo della tipografia, fu chiesto di realizzare questo nuovo Sans Serif e il carattere che ne risultò è il noto Gill Sans. Questo carattere si basava esplicitamente sul precedente alfabeto per il London Transport del suo maestro e amico Edward Johnston, nel cui processo di elaborazione aveva avuto il ruolo di osservatore e assistente.

L’ esperienza con il Perpetua aveva stimolato Gill ad interes-sarsi di tipografia e da allora si trovò completamente immerso nel suo processo industriale. Nel riprendere l’alfabeto per il London Transport, Gill ha mantenuto e rinforzato le proporzioni classiche e le caratteristiche calligrafiche. Nononstante siano simili, il Gill Sans è più affusolato e distinto. I primi disegni del Sans differiscono sostanzialmente dal carattere inciso.

Eric Gill ha sostituito i diamanti sopra la i e j con i punti rotondi. Semplificò la l tagliando il suo gancio inferiore.

Ci sono sostanziali differenze nelle maiuscole come le contro-forme, le forme negative della S e il tratto umanista della coda della Q. Ha fatto un vertice a punta nella base della V e della W in contrasto alle base piatta delle lettere di Johnston. È da notare, come dettagli particolari, il punto mediano del vertice della M e la gamba curvata della R. Gill Sans ha un vero corsivo piuttosto che uno tondo obliquo.15 Stanley Morison, A Tally of Types,

Ed. Cambridge Press, 1953, p.99

Prove di Gill Sans prima di essere revisionate dal team Monotype. Notare i terminali obliqui nei tratti ascendenti e discendenti

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la cultura del revival

1.4 Ilrevivalsoggettivo

William Dwiggins, allievo di lettering di Frederic Goudy, fu uno dei type designer americani più noti nella prima metà del secolo xx, nonostante in quel periodo il suo lavoro non fù molto rico-nosciuto in Europa. La sua carriera di type design cominciò tardi, anche se aveva sempre lavorato con le lettere: era book designer, calligrafo, illustratore e pubblicitario free lancer. Con il suo lavoro lanciò un libro nel 1928, chiamato Layout in Advertising dove in un passaggio criticava i sans serif contemporanei. Un manager della Linotype, comprendendo il successo dei sans serif appena lanciati in Europa, lo invita a creare un nuovo sans ed è così che Dwiggins entrò definitivamente nel campo del type design. Nel corso dei 27 anni successivi partecipò come designer della Linotype americana dove rimarrà fino alla sua scomparsa.

Il suo primo carattere fù il Metro, un sans serif che si avvicinava più al Gill Sans che ai geometrici tedeschi. La sua critica verso i sans serif si fondava principalmente sulle minuscole e tutte le sue sperimentazioni si direzionarono verso queste lettere. Il primo disegno della famiglia era il Metroblack, un bold il cui disegno

A sinistra, il Monotype Gill Sans e italic, 1929

Comparazione tra il London Transport, 1916 e il Monotype Gill Sans, 1929

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capitolo 1

porta ad osservare come la Linotype aveva il principale obiettivo di lanciare questo carattere come display font per il mercato pub-blicitario piuttosto che per uso di testo. Tutto questo successe nel 1929, poco tempo dopo il lancio del Futura. Successivamente arrivarono gli altri pesi: Metrolight e Metromedium e, solamente in America, il Metrolite.

Nel complesso il font suggerisce la forma delle lettere umanisti-che, anziché quella delle moderne geometriche. I tratti ascendenti e discendenti (tranne la y) hanno una caratteristica innovativa nei loro terminali: un taglio angolare. Questo ricorso, ai giorni nostri, viene usato per il genero del gruppo dei font sans serif umanistici, come il Meta, il Quadraat Sans e, come vedremo nel terzo capi-tolo, sarà incluso nella progettazione del carattere di questa tesi. Questo particolare del terminale riprende il tocco calligrafico e lo rende una esplicita caratteristica identificativa.

La caratteristica umanistica viene ripresa solamente nei termi-nali. La proporzione non è veramente classica. La E, F non sono molto fini e la O è condensata. L’asse è razionalista e il tratto molto poco modulato. Come ultima caratteristica, gli ascendenti sono corti e le maiuscole grandi.

Metroblack e Metrolite, 1930

Versione alternativa di Metroblack

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la cultura del revival

La Linotype, preoccupata per l’importazione massiccia dei sans geometrici europei nel mercato americano, lanciò un set di varia-zioni di lettere con forme simili al Futura. Le lettere triangolari come la A, V, W, M, N guadagnarono dei vertici spigolosi. La J perse il suo tratto ascendente e la G acquisì una barra orizzontale alla fine della pancia, come nel Futura. La a e la g si mutarono e si ridussero ad un unico occhiello. e cambiamenti seguono nella e, v, e w.

1.4.1 Eldorado

Lavorando per la Linotype, Dwiggins disegnò circa undici caratteri (tanti sperimentali) ma solo cinque furono lanciati dall’azienda nel mercato durante la sua vita. Dopo il Metro due dei suoi migliori caratteri entrano nel mercato del libro con grande successo e competenza: l’Electra nel 1935 e il Caledonia nel 1938. Ma ciò che interessa questo percorso di ricerca sono i revival, o se non altro, le interpretazioni di caratteri ripresi da modelli precedenti.

Nel 1942, gli editori e stampatori di lingua spagnola richiesero alla Linotype un carattere che riflettesse la loro cultura tipogra-fica. In quel anno, le restrizioni di risorse a causa della Grande Guerra, fu determinata dal governo americano e affettò anche la stampa 16. Una soluzione poteva essere, nel complesso, stringere leggermente la forma delle lettere per risparmiare spazio e, di con-seguenza, carta. Dwiggins trovò, nel Printing Types dello storico Daniel Berkeley Updike, due modelli di origine spagnola e scelse quella con le lettere più condensate, ovvero un carattere usato da Antonio de Sacha nel 1774 che permetterebbe risparmio di carta.

Eldorado ha un effetto molto vivace e molto meno disciplinato degli altri graziati che creò. L’asse è per la prima volta leggermente obliquo nel suo lavoro, l’occhio medio è mediano. I terminali di testa sono meno dritti dei precedenti e si ammorbidiscono. La lettera e ha un tratto abbastanza modulato nel suo occhiello, nel punto di giunzione della pancia con la barra trasversale. La a presenta un occhiello basso e rigido. La Y maiuscola si mostra molto nella sua forma greca (come nella Y del Polifilo) con le aste diagonali molto curve e modulate, rendendola staccata dal resto dell’alfabeto. Questa incoerenza si è aggiunto alla X e la Z nelle maiuscole italic. Queste lettere guadagno anche una fina barra trasversale nella metà dell’altezza della lettera. La G con una prolungata coda e la Q manierista rivela la fantasia di Dwggins. L’eccesso di immaginazione giustifica il limite di popolarità del carattere per il suo uso nei testi di libri.

In generale, sembra che la prospettiva dei type designer americani si differenzia da quella degli europei nel dosaggio di personalità inserito nei loro caratteri. A parte Bruce Rogers, che seguiva più attento l’influenza del gruppo di Morris, l’America non subì la preoccupazione filologica del revival. La loro ricerca storica era

16 Walter Tracy, Letter of Credit – A view of type design, 1986, Ed. Gordon Fraser Gallery, p.185

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capitolo 1

17 Walter Tracy, Letter of Credit – A view of type design, 1986, Ed. Gordon Fraser Gallery, p.122

limitata e più superficiale di quella europea. L’ambito europeo, fu sempre più rispettoso, sia nel modo di interpretate il passato e i modelli precedenti sia nel creare modelli modernisti che rompe-vano con il convenzionalismo e la tradizione.

Sia il prolifico Frederic Goudy, sia Dwiggins (suo allievo nella gioventù) venivano dalla scuola del lettering e per questo la loro visione delle lettere era di un possibile potenziale interpretativo libero e personale. Goudy alcune volte ha anche assunto “By copy-ing carefully a few characters of the type that appeals to me drawn by another hand, I try to sucure in my own drawings some certain movement or rhythm his may present. I soon discar my model and proceed from there, as it were, under my own steam”.17

Tutto ciò intendeva dire che il suo metodo si basava e passava dall’osservazione alla copia e, successivamente, all’originalità attraverso il senso più essenziale della sua creazione soggettiva.

Ad ogni modo, in Europa, il tocco personalizzato non veniva troppo caricato di fantasia dell’autore come in America. Forse la preoccupazione filologica di Willian Morris fu meglio capita nel vecchio continente. In Italia si può osservare il rispetto alla forma filologica delle lettere attraverso gli studi e progetti di Giovanni Mardersteig, condivisi con l’attento Stanley Morrison e attraverso

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Eldorado, 1953:il tondo, l'italic e un suo sampler

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la cultura del revival

le ricerche di Beatrice Warde. In Germania, invece, si ebbe la netta rottura del passato con il modernismo attraverso le forme geome-triche e in Olanda, la superbia in rispetto al passato con il pensiero progressista di Van Krimpen.

1.5 L’anti-revivalistavennedall’Olanda

Malgrado la politica generale del programma dei revival della Monotype servisse per alimentare la domanda del mercato, Mori-son espanse la sua ricerca tipografica e si orientò leggermente verso l’idea di produrre nuovi design come nel caso del Perpetua e del Gill Sans.

Questo però non era sufficiente, e tra coloro che lo critica-vano, c’era sempre Jan van Krimpen. Nonostante abbia fornito tre design alla Monotype sotto raccomandazione di Morison nel 1956, Van Krimpen dimostrò chiaramente le sue posizioni sulla politica della società, con queste parole:

“I need hardly say here once more that I am no friend of copying or even adapting historical type faces (...) for no other reason than that they are neither flesh nor fish: they are not, nor can they be, the thing they pretend to be; they only have a mock of flavour of antiquity because of the many violations of the nature of the machine – the punch-cutting machine, that is, in this instance – and the many concessions made to the limitations of the Monotype composing machine; all of these violations and concessions being unavoidable in the process of making them fit for modern use. And, on the other hand, they are not actually products of out time because of the mock flavour of antiquity that has to be aimed at and retained or they could not be spoken of as copies or adaptations; nor could be named, as it id done, after their models”.18

Van Krimpen non approvava il programma dei caratteri revival da parte di Monotype perché credeva che ricreare caratteri del passato, allontanava dall’uso della tecnologia contemporanea e rendeva tutto l’operato anti etico. A parte il revival per il quale fece da consulente, il Monotype Van Dijck, tutti i suoi caratteri si caratterizzavano per il nuovo design. Dopo questo lavoro egli torna ad essere ancora più scettico di quanto lo fosse prima di essere coinvolto nel progetto.

Nel 1925 la Fonderia olandese Enschedé lancia il primo carattere di Van Krimpen, il Lutetia. Tre anni dopo Morison, in un arti-colo del Fleuron, rilasciò una critica favorevole al suo design e la Monotype lo convinse a incidere una versione rivista del carattere. Nel saggio Morison si congratulava con l’autore ed enfatizzava il fatto che fosse un nuovo carattere non derivato da nessuna scuola o precedente storico.

18 Sebastian Carter, Twentieth Century Type Designers, Ed. Lund Humphries, 2002, p.34

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capitolo 1

1.5.1 Romulus, la grande famiglia

Il 1931 e l'anno in cui Van Krimpen ha prodotto il suo carattere più famoso di tutti, il Romulus, pensato per far parte di una grande famiglia di caratteri con vari pesi, sans-serifs compresi. Inizialmente, sotto influenza del saggio di  Morison in The Fleu-ron “Towards an ideal italic” dove discute che l’italico ideale è un tondo inclinato per avere una funzione meramente secondaria e quindi che per il bene dell’armonia tra i due è importante che conservasse il minimo di somiglianza.

Van Krimpen anni dopo, crea un nuovo italico per il Romulus e questa volta sarebbe un corsivo cancelleresco ibrido che viene 24 chiamato Cancelleresca Bastarda.

Durante gli anni 30, Van Krimpen continuò ad aggiungere nuovi design alla famiglia Romulus, rendendola la prima book type a offrire una grande quantità di stili e pesi. Tra questi un Greco, il semi-bold e il bold, il corrispondente sans serif e una versione inline (il Romulus Open). Attualmente è usuale l’accop-piamento di una lunga famiglia composta per serif e sans serif (come lo Scala, il Quadraat e il Fedra) ma questo non lo era negli anni trenta quando Van Krimpen ne fu il pioniere.

Il sans serif di Romulus ha quattro pesi: light, roman, semi-bold e bold. Nei pesi bold e semi-bold si può percepire la controforma soffocata dai tratti spessi e si potrebbe armonizzare le lettere se l’occhio medio fosse più alto permettendo così più spazio bianco interno. È evidente che il carattere sia più vicino al sans di Gill

Romulus, il suo italic e la Cancelleresca Bastarda, 1931

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la cultura del revival

che al Futura di Renner. Ciò dimostra che egli non è stato sedotto dall’ondata dei nuovi caratteri geometrici e si è concentrato nel genere di apparenza umanistica. I tratti ascendenti sono alti e quelli discendenti lunghi. Forse questo succede perché riprende il suo corriponente graziato, ma senza questo elemento dell’ana-tomia rendendo i tratti sempre di aspetto lungo. L’occhio medio è basso e l’asse rimane dritto come nel Romulus serif. Le forme delle lettere seguono queste, a parte la W maiuscola che incontra le aste interne. In linea generale è un interessante sans serif, ma non ha niente di realmente innovativo come furono gli altri caratteri sans lanciati pochi anni prima.

Van Krimpen continuò il suo lavoro fino alla scomparsa nel 1958. Creò altri caratteri importanti tra i quali lo Haarlemmer e lo Spectrum. Le sue lettere sono senza dubbio diverse, lontane dai modelli di Griffo fino a quelli di Fournier ed era visibilmente diverso il suo lavoro rispetto a quello dei suoi contemporanei come Mardersteig, Dwiggins e ovviamente Goudy. Tracy scrisse che “only Gill’s Perpetua, perharps, prevents Van Krimpen’s type from being sui generis”19.

Malgrado la notevole conoscenza dei caratteri storici e l’esperienza come book designer, Van Krimpen non si restringeva alle regole di adeguamento per un fine. Egli si liberava nella sua percezione este-tica, non preoccupandosi spesso con determinati vincoli essenziali dettati dalla tipografia, come le proporzioni o l’accoppiamento dei

Romulus Sans, 1932 e Romulus Open, 1956

19 Walter Tracy, Letter of Credit – A view of type design, 1986, Ed. Gordon Fraser Gallery, p.119

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capitolo 1

corsivi al tondo. Walter Tracy, nel suo A Letter of Credit, conclude la sua analisi su Van Krimpen ragionando su come egli pensava come un artista non come un designer, e che non apprezzava la differenza cruciale tra arte e design, creata solo per una funzione pratica.

1.6 IRevivalneldigitale

In un mercato come quello della tipografia, estremamente legato alla storia ed eclettico per eccellenza nei giorni nostri, un periodo, un movimento o una tendenza possono essere ben valutati sola-mente dopo un approfondita conoscenza storica. Un progetto è originalmente nuovo solo quando non può essere inserito in qualsiasi periodo passato.

I tipografi del digitale usano e combinano caratteri di periodi diversi senza nessuno problema ed esitazione. Questo è tipico della post-modernità e avviene sia nel cinema, nelle arti che nella musica. Siamo arrivati ad un momento dove il ritorno al passato è una soluzione per creare, ma farlo inserendovi anche l’aria con-temporanea è una grande sfida. Un aspetto interessante del revival è che nella sua creazione si può dire molto del tempo passato e contemporaneamente del periodo presente.

La riscoperta della storia e dei principi della tipografia avvenuta nel xx secolo non fu associata a nessuna tecnologia in particolare. La demanda per i modelli storici continua. In cinque secoli, la tec-nologia, la composizione e la stampa mutò profondamente. Molti revival realizzati nel secolo scorso, in metallo o per la fotocompo-sizione, sono sopravvissuti nel formato digitale ma perdendo la loro quintessenza. Robert Bringhurst scrisse poeticamente che “la loro forma (delle lettere nel passato) veniva impressa nella carta, producendo un’immagine tattile oltre che visiva. Il colore e la lucentezza dell’inchiostro si uniscono alla superficie liscia della carta premuta, le cui candide fibre si indentano intorno alla forma delle lettere”20.

Ancora oggi i type designer si rivolgono al passato ma con presupposti relativi alla tipografia digitale. Il foglio e la penna esistono ancora per schizzare un font ma la tendenza delle nuove generazioni è di risolvere facilmente solo con la tavoletta grafica e con gli schermi di altezze risoluzione (se questo tra 10 anni non sarà ormai arcaico).

1.6.1 Flora

Nei primi anni ottanta si svilupparono i software per la tipogra-fia digitale, basati su outline, spline e punti di ancoraggio. Uno dei font originali uscito da questo nuovo sistema di produzione, in questo caso l’Ikarus system, è stato il Flora di Gerard Unger, assistente di Win Crouwel, l’autore del New Alphabet. Il Flora è stato creato nel 1983 per uso privato ma potrebbe essere bene abbinato al Praxis, dello stesso autore. Si tratta di un corsivo con curve naturali tipiche del corsivo umanistico, nonostante non ci

20 Robert Bringhurst, Gli Elementi dello Stile Tipografico, Edizioni Sylvestre Bonnard, p.145

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la cultura del revival

sia un modello di riferimento particolare e prestabilito.Nel complesso questo font non ha un grande contrasto, ma

è sufficientemente visibile l’evocazione della manualità. La sua angolazione ridotta, di 3 gradi, lo rende quasi un corsivo dritto. È incredibile come la forma del corsivo si mantiene chiara nono-stante abbia la struttura eretta.

Tutti i terminali sono leggermente smussati nelle punte ren-dendo le lettere più morbide e meno rigide. Certamente, per essere un corsivo, la larghezza delle lettere è più stretta ma in questo caso sono quasi condensed. L’occhio medio è troppo alto, al punto quasi di arrivare all’altezza delle maiuscole, e rende questo carattere un caso atipico. Non sono alti nemmeno i tratti ascen-denti. La P maiuscola non ha il legame tra l’ occhiello e l’asta verti-cale e la W è composta di due V con il vertice centrale, rendendola come la lettera più larga dell’alfabeto.

Tra le minuscole si nota la g con un unico occhiello. La a, g, d e la q hanno la stessa struttura con l’occhiello di stessa forma più il tratto verticale. La e ha una grande apertura e i tratti discendenti della g, j, p, q, e y sono molto corti.

Queste somiglianze nella forma rende il font molto unico e regolarmente articolato sulla pagina. La sua leggibilità gli per-mette di essere, inoltre, un bello display font e un carattere usato per lavori pubblicitari, oltre al suo originale uso legato ai testi.

1.6.2 Legacy Sans

Nel 1992, la ITc ha lanciato e prodotto il Legacy Sans, un carattere disegnato da Ronald Arnholm. Ugualmente a tanti font contem-poranei viene abbinato ad una versione con le grazie, il Legacy. Entrambi sono un revival basato sul modello di Nicola Jenson del 1469, lo stesso modello usato da Bruce Rogers per il Centaur.

Il Legacy Sans presenta un evidente adattamento alla strut-tura medioevale jensoniana. Le lettere larghe demarcano il flusso orizzontale della riga. La struttura della forma è dilatata dalla larghezza delle lettere. Questa caratteristica rende gli spazi bianchi molto evidenti creando un effetto etereo sulla pagina come lo è nelle pagine di Nicola Jenson.

Il suo tratto è abbastanza modulato, più noto ancora nelle maiuscole di lettere circolari. La proporzione classica è seguita

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P

Flora, 1989

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capitolo 1

ma non radicalmente. Le maiuscole E, F, L non sono strettissime, forse perché il sans serif adeguandosi al corrispondente con serif prova a mantenere la loro larghezza. La W ha il vertice centrale che collega le due V, facendo risultare questa lettera più grande della M, che a sua volta presenta i tratti verticali leggermente obliqui. La T è peculiare in quanto ha la barra trasversale leggermente più fina della barra orizzontale dell’ H.

Nelle lettere minuscole si nota facilmente la somiglianza con la caratteristica e di Jenson, con la sua barra obliqua e con grande apertura. Vista la larghezza delle lettere tutti gli occhielli sono grandi. La g forse è una lettera apparentemente staccata dal resto. Probabilmente l’intento di renderla fedele al modello originale e di evitare il congestionamento interno, Arnholm ha disegnato il suo tratto modellandolo rispetto alle altre lettere e acquistando così una grande carica calligrafica somigliando ad un graziato. Quasi possiamo dire lo stesso della a e della s, lettere piene nelle curve interne. Le triangolari v, x, y, e z seguono la tendenza delle loro maiuscole, ad avere i tratti notevolmente modulati tra quelli che vanno verso l’alto e verso il basso.

Il corsivo segue il modello di Garamond anziché quello dell’Ar-righi. La sua inclinazione è di 12,5 gradi. La a ha il suo tratto ver-ticale tagliato perpendicolarmente alla linea di base ma ciò che la rende curiosa è l’occhiello che finisce prima di arrivare all’altezza massima del tratto. La g ha la sua grazia con il collo che parte e arriva sempre nella parte centrale di entrambi gli occhielli, una caratteristica del modello ripreso da Garamond. La p ha un inte-ressate tratto terminale che trascende l’asta verticale.

Nel complesso il Legacy Sans è un bel progetto. Il tratto modu-lato non è eccessivo ma demarca la sua origine e, stranamente, i terminali non sono sfruttati come succede nei contemporanei sans serif umanisti, ovvero, con l’angolazione obliqua. La pagina comunque assorbe il dna di Jenson e con moderata vitalità senza diventare caricaturale.

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Sopra la e aperta di Jenson (1470) e sotto, il Legacy Sans, 1993

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la cultura del revival

1.6.3 Quadraat/sans

I primi anni di tipografia digitale hanno condotto i tipografi e i type designer verso l’uso di nuove soluzioni e nuove problemati-che tecniche. Con la smaterializzazione delle lettere, le informa-zioni digitali erano tradotte con il linguaggio del computer. La velocità di composizione aumentò in maniera esponenziale e i prezzi di produzione si abbassarono notevolmente. La digitaliz-zazione portò, inoltre, all’abbandono di precedenti norme tipo-grafiche. La crudezza dei caratteri per fotocomposizione, che per motivi economici ha ignorato regole fondamentali della qualità tipografica, sono diventati aspetti del passato da dimenticare. Ora il potenziale del digitale poteva essere attivato.

Tuttavia, vi sono anche delle questioni cruciali per il disegno del carattere. La qualità delle stampe di bassa risoluzione si è dimo-strata nemica delle curve e delle aste diagonali per molte lettere digitalizzate, facendo perdere la soavità della curva in favore di una immagine pixellata. Alcuni type designer, come quelli della Emigre, sfruttarono questi ‘difetti tecnici’ per creare un anti-tec-nica dove il pixel diventa parte dell’organismo delle lettere.

Altri si sono voltati verso la fonte, ossia il passato, per capire le tecniche primordiali del type designer. Tra questi Fred Smei-jers che dopo estensive ricerche nel Museo Platin in Antuerpia, descrive nel suo libro Counterpunch la pratica quotidiana degli incisori. Scoprì così come gli antichi incisori usavano un tipo di acciaio morbido per realizzare punzoni con un dettaglio migliore delle forme e che minuscoli tagli avevano un effetto nella imma-gine del carattere.

La personale ricerca ed esperienza svolta sull’incisione fu essen-ziale per la formulazione di idee sul type design contemporaneo. Egli raccontò in un intervista:

“Since the advents of the desktop computer, designers have become used to looking at their drawings in a large screen. This fosters the tendency to approach letterforms in a very rational way. One tends to view them with a mundane kind of logic: are they tidy enough? Cutting punches has taught me what it is like to work at actual size – which is extremely small. I realized that today’s freedom, the possibility of seeing characters on a large screen, takes away much of the nerve. Seen at a large size, unusual forms look very rugged, very imprudent. In the Platin-Moretus Museum I had the chance, day after day, to scrutinize unique historical material, letter shapes which still are a measuring stick for quality. I encountered many quirky details which do not strike the eye at small sizes but do give the letter a certain liveless”.21

Il suo racconto ci rivela come l’esperienza di incisore gli abbia permesso di riconoscere peculiarità microscopiche nella forma delle lettere che danno vivacità al carattere. E ragionava di come,

Il punzone, la matrice e il tipo

21 Jan Middendorp, Dutch Type Library, interviste vari, p.240

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capitolo 1

AMN

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nel contesto della tipografia digitale dove gli schermi ci danno dei render in grande dimensione durante il design, si perda il senso del piccolo particolare che può influire sottilmente sulla forma della lettera.

Il risultato di queste analisi sono presenti nella famiglia di carat-tere Quadraat (del 1993) e Quadraat Sans (del 1997), un font di testo per libri e riviste. Non è stato usato un preciso modello storico di riferimento, nonostante si percepisca la presenza del passato, della tradizione barocca-olandese con le sue peculiarità. Il Quadraat ha i suoi tratti modulati e aperture ampie. Nel corsivo la struttura è molto angolare e si stacca in parte dal tondo. Bringhurst lo defi-nisce: “It is not preatty, its beauty is deeper and stranger than that”22.

Il Quadraat Sans mantiene la struttura del suo corrispondente graziato. La modulazione dei tratti è molto presente e i terminali sono calligrafici con l’angolazione obliqua. È un font complesso con diverse caratteristiche particolari. L’occhio medio è alto e l’altezza delle maiuscole arriva quasi all’altezza dei corti tratti ascendenti. I tratti discendenti sono corti e nel complesso tutto questo favorisce la leggibilità anche nei piccoli corpi.

Sembra che ogni font della famiglia Quadraat/Sans e i loro corsivi sono indipendenti tra loro nella forma. Tuttavia, la strut-tura è uguale e ciò crea un legame tra loro. Le maiuscole del sans mantengono le proporzioni classiche. La A, la M e la N hanno il tratto diagonale che si sovrappone al tratto sinistro creando una punta sopra di sé. Il tocco calligrafico è molto presente. Tutti i tratti orizzontali della E, F, L, T e Z hanno il terminale obliquo. La P ha l’occhiello staccato dall’asta nella curva bassa. Le lettere di forma triangolare V, W, Y hanno evidentemente tratti con spessore diverso e i vertici inferiori (nel caso della V e W) sono obliqui.

Le lettere minuscole sono anche molto interessanti per la loro particolarità. Se la forma delle lettere è raffinata, risulta inoltre molto intelligente nella composizione generale e nel modo con cui viene ridotto il senso di unita complessiva. Tutto è stranamente

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22 Robert Bringhurst, The Elements of Typographic Style, Hartley & Marks, 2004, p.244

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la cultura del revival

originale. Non ha nessuna lettera che non abbia il terminali incli-nato. La a, è morbida ma finisce con un terminale obliquo e più spesso dal suo tratto. Anche la c e la f hanno un terminale che conclude di un tratto dritto e più spesso. La m stringe bene la sua controforma rispetto a quella della n. La g è molto modulata e l’occhiello superiore sembra quasi poligonale nell’area vicina all’orecchio.

Esiste un equilibrio tra le lettere, nonostante tutte sono for-temente caricate di proprie caratteristiche. Il tratto è talmente modulato che quasi ci fa pensare in un carattere con grazie. Sembra che Smeijers abbia approfittato della modulazione per creare una controforma ampia e distinguibile senza occludere l’interno delle lettere. Tutto ciò rende il font attrattivo visualmente e funzionalmente, adatto all’editoria, soprattutto contemporanea.

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Nella pagina anteriore,il Quadraat; e sotto,il Quadraat Sans

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“Quando si parla della tipografia aldina, si parla della tecnica di Francesco Griffo”.1

Questo capitolo illustrerà il percorso della vita lavorativa di Fran-cesco Griffo che fu accompagnato inizialmente da Aldo Manuzio e, successivamente, da tanti altri stampatori ed editori. La ricerca è stata eseguita in maniera tale da guadagnare familiarità con le caratteristiche e il design dei suoi caratteri.

Lo scopo progettuale di questa tesi, infatti, ha avuto bisogno di una prima fase di ricerca, in maniera più specifica ed approfondita, sul disegno dei caratteri realizzati da Francesco Griffo.

La scelta dei caratteri qui analizzati è stata fatta con il proposito di raggruppare quelli di maggior qualità realizzati dal bolognese, e che possedessero un potenziale formale tale da essere ripreso per la realizzazione di un font a noi contemporaneo. La scelta di questo gruppo di caratteri è stata fatta seguendo un criterio di studio. Durante la ricerca ho verificato, tramite le opinioni di stu-diosi e storici della tipografia, le qualità essenziali che mi potessero servire da riferimento: la maturità del lavoro, il momento di mag-gior creatività di Griffo, la chiarezza delle forme ed innovazione. I nomi dei caratteri originali presentati in questo capitolo vengono dalla denominazione creata dal tipografo e studioso Giovanni Mardersteig, che ha fatto una delle indagini più approfondite, sui caratteri di Griffo successivi alla sua esperienza lavorativa con Aldo Manuzio. Dovrei includere nello stesso grado di importanza la ricerca di Luigi Balsamo e Alberto Tinto nel Origini del Corsivo nella Tipografia Italiana del Cinquecento, per l’approfondimento in rispetto ai caratteri corsivi di Francesco Griffo.

Capitolo2IlpercorsolavorativodiFrancescoGriffodaBologna

1 Martin Lowry, Il mondo di Aldo Manuzio – Affari e cultura nella Venezia del Rinascimento, Il Vetro Editrice, p.122

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capitolo 2

2.1 Ilgenioincisore

Dalle fonti disponibili risulta che il Griffo abbia inciso tutti i carat-teri usati dal grande editore umanista Aldo Manuzio fino all’anno 1501. In quel periodo a Venezia si respirava un momento di euforia del mercato librario e l’arte tipografica ha trovato l’habitat ade-guato per un rapido sviluppo. Alla fine del quattrocento vi erano più di duecento tipografie ospitate in città. Ancora all’inizio del cinquecento, momento di particolare depressione per la città, la produzione libraria locale era tre volte e mezzo quella prodotta dalle tipografie di Milano, Firenze e Roma messe assieme.

È in questo clima di crescita del mercato libraio che Aldo Manuzio arriva a Venezia nel 1493 con l’intenzione di applicare il suo ideale umanista nella stampa dei libri. Manuzio, nato a Roma attorno al 1450, completa la propria formazione nella capitale e si sposta poi a Ferrara, dove intraprende lo studio del greco e della grammatica. Lì Manuzio entra in contatto con un vero e proprio circolo d’intellettuali che influenzeranno notevolmente la sua mentalità di umanista. L’attività di stampatore non viene ad interrompere il suo percorso educativo, ma ne costituisce la naturale continuazione in una dimensione nuova.

Le prime pubblicazioni uscite dai torchi aldini databili con sicurezza sono del 1493–95. Da questo periodo fino il 1501 Aldo Manuzio affrontò la difficoltà di stampare con l’aiuto di un genio chiamato Francesco Griffo da Bologna. Lui fu forse la figura indi-vidualmente più importante nell’impresa editoriale, anche se, sia il suo nome sia la sua identità sono incerti poiché cancellati dal tempo. In realtà ci si può appoggiare solo su tre elementi sicuri per studiare la relazione di Griffo con la stampa veneziana. Il primo elemento è contenuto in un omaggio di tre righe di Aldo al suo primo libro stampato in corsivo, L'Opera di Virgilio del 1501:

“Ecco, Aldo dà ora ai Lantini, come già diede agli autori Greci, lettere scolpite dalle dedalee mani di Francesco da Bologna”.2

Il secondo elemento riguarda la dedica del Canzoniere del Petrarca stampato da Gerolamo Soncino a Fano nel 1503, dove si elogia la notevole capacità di incisione di Francesco da Bologna e si sug-gerisce che Aldo Manuzio abbia sfruttato la creazione del corsivo di Griffo.

“…E per mia exhortazione non solo sonno venuti quivi li compositori tanto notabili et sufficienti, quando sia possibile adire: ma ancora un nobilissimo sculptore de littere latine, graece et hebraice, chiamato M • Francesco • da Bologna • l’ingegno del quale certamente credo che in tale exercitio non trove un altro e equale. Perché non solo le usitate stampe perfectamente sa fare : ma etiam ha excogitato una nuova forma di littera dicta cursiva, ovvero, cancellaresca, de la quale non Aldo Romano, ne altri che astutamente hanno tentato delle altrui penne adornarsene, Ma esso

2 Virgilio, Opera, Ed. Aldus Manutius, Venezia, 1501

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il percorso lavorativo di francesco griffo da bologna

• M • Francesco è stato primo inventore & designatore • il quale e tucte le forme di littere che che mai habbia stampato dicto Aldo ha tagliato, e la praesente forma con tanta grazia e venustate, quanta facilmente in essa se comprende. Et perchè tutti semo humili et devoti vasalli de tua Excellentia: et alla nostra vera servitu se apertene sempre invocare el felice auspicio de te nostro Illustrissimo et clementissimo Principe: et a quello offerrire le primitie de le nostre exigue lucubratione…In Fano Caesaris adi VII de Iulio M.D.III”.3

Il terzo elemento è costituito dalla prefazione di Griffo stesso, in qualità di editore, alla sua edizione del Canzoniere del Petrarca, che fu impresso a Bologna nel 1516 con un piccolissimo corsivo. Qui si percepisce un Griffo ancora maro nei confronti di Aldo Manuzio.

“…hauendo pria li greci & latini Carattheri ad Aldo Manutio. R. Fabri-cato, de li Egli non solo in grandissime richezze è peruenuto, ma nome immortale apresso la posterità se uendicato, ho excogitato di nouo cotal corsiva forma…”.4

È evidente la qualità del lavoro di Griffo sia come incisore sia come calligrafo, un esperto nel campo della stampa e non un semplice orafo o lavoratore del metallo come tanti altri che si avventu-ravano nell’impresa editoriale. Anche attenendoci solamente al suo operato dopo la partenza da Venezia (quando incide lettere con richiami evidentemente calligrafici), possiamo ipotizzare che sia stato in origine effettivamente un calligrafo. Oltre a questa notevole abilità, emerge la figura di un vero spirito creativo che, pur incidendo caratteri di tantissime forme, riesce a donare loro sempre una configurazione originale.

Alla fine del 1502 Aldo, forse rendendosi conto dell’importanza commerciale dell’invenzione, riesce a ottenere il monopolio gene-rale sul corsivo in tutta Venezia. In questa maniera egli cercò di proteggere il grosso investimento effettuato dalla sua impresa, ottenendo dal Doge un’esclusiva che vietava ogni imitazione dei suoi caratteri greci e corsivi. Di conseguenza tale esclusiva, di fatto, impediva anche a Griffo (sia pure involontariamente) di ven-dere ad altri stampatori i suoi disegni più originali e moderni: non c’è dunque da stupirsi che ne sia nata una lite.5

2.2 AnalisiecriticadeicaratteridiFrancescoGriffo

2.2.1 Il tondo 4 di Aldo (De Aetna, 1495)

Nel febbraio del 1496, usciva la stampa del De Aetna che Aldo stampò per il giovane patrizio Pietro Bembo, mettendoci eviden-temente una cura speciale. È una stampa in piccolo formato, 21.5 x 15.5 cm, di appena 60 pagine, nella quale l’autore racconta della avventurosa ascensione dell’Etna. Il libro rappresenta molto per la storia della tipografia ed è lo spartiacque tra il vecchio mondo

3 Francesco Petrarca, Il Canzoniere, Ed. Hieronimo Soncino, luglio 1503, dalla lettera dedicatotia dello stampatore a Cesare Borgia

4 Francesco Petrarca, Il Canzoniere, Ed. Francesco Griffo, Bologna, 1516

5 Martin Lowry, Il mondo di Aldo Manuzio – Affari e cultura nella Venezia del Rinascimento, Il Vetro Editrice, p.123

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del quattrocento e il richiamo di una nuova era.Nicola Jenson è stato superato. Francesco Griffo riesce a distac-

carsi dai vecchi modelli di caratteri del francese, raggiungendo la sua maturità con questo carattere da stampa di nobile littera huma-nistica. La sua eleganza e sobrietà è sempre presente nonostante la considerevole quantità di variazioni delle stesse lettere. Le dif-ferenze sono leggere e hanno sempre un riferimento calligrafico.

Si trovano variazioni delle a ed e minuscole ma anche maiu-scole. Griffo certamente voleva conservare nella stampa la vivacità della scrittura a mano e cerca di farlo alterando leggermente le forme delle lettere. Questa quantità di forme differenti è stata incisa con il deliberato proposito di imitare le normali variazioni presenti nel manoscritto. È interessante comprendere che, nono-stante la tecnica tipografica, la manualità della scrittura fu 'copiata' di proposito.

Giovanni Mardersteig credeva che la composizione con un carattere di questo genere fosse stata di grande difficoltà e sup-poneva che nei singoli scompartimenti delle lettere dell’alfabeto, nella cassa dei caratteri, le lettere uguali fossero state collocate mischiando insieme le loro differenti forme.6

Il Tondo 4. Pietro Bembo, De Aetna, prima pagina, Aldus, 1496

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il percorso lavorativo di francesco griffo da bologna

Con l’incentivo di Stanley Morison, Mardersteig realizzò nel delle profonde ricerche su questi caratteri e arrivò a lavorare con l’incisore Charles Malin per incidere le lettere qui mostrate. In questo caso, vi sono lettere con il tocco calligrafico usate spesso alla fine di una parola, di una riga o di una frase:

tra le variazione di lettere all’interno delle parole troviamo:

 Si possono osservare le differenze tra i tratti terminali della m e della n. Griffo introduce un’innovazione, rendendo orizzontale il trattino della e, che resta obliquo solo nelle è accentate.

Nelle maiuscole, oltre le lettere C D G L Q R S V, si aggiungono nuove forme per la E e la P.

Per rendersi conto di queste variazioni c’è bisogno di una minu-ziosa lettura riga per riga, poiché a prima vista si presentano in maniera molto simile.

2.1.2 Il tondo 6 di Aldo (le maiuscole del Polifilo)

Nel 1499, Aldo lancia nel mercato libraio quello che è conside-rato uno dei più bei libri del rinascimento: l’edizione della Hyp-nerotomachia Polyphili di Francesco Colonna che viene stampata in lingua volgare con incantevoli incisioni in legno. L’autore ha esercitato senza dubbio un influsso decisivo sulla composizione, sulla stampa e sulle illustrazioni. Le minuscole scelte per il libro sono le stesse del De Aetna di Bembo con l’introduzione di una nuova serie di maiuscole.

È possibile che l’autore del Polifilo abbia mostrato a Griffo iscrizioni romane del primo o del secondo secolo, oppure che gli abbia mostrato copie di lettere ricavate da tali iscrizioni. Griffo ha assolto ottimamente il compito di associare un alfabeto di maiu-scole epigrafiche alle minuscole usate nel libro De Aetna di Pietro Bembo. La proporzione usata segue il rapporto della I maiuscola di 1:9 stabilito tra la larghezza e l’altezza, un rapporto che più tardi anche Luca Pacioli ha adottato nell’alfabeto della sua Divina Proportione, stampato a Venezia nel 1509.

Purtroppo la stampa del Polifilo non fu bene eseguita dato che il testo risulta molto scuro impresso su carta troppo umida. Mar-dersteig suggerisce per una migliore analisi del carattere, un’altra scelta: il trattato De Imaginatione di Giovan Francesco Pico. Questo libro copia il piccolo formato del De Aetna ed anche il suo uso delle minuscole.

6 Giovanni Mardersteig, Aldo Manuzio e I Caratteri di Francesco Griffo da Bologna, vol.III di Studi di Bibliografia e di Storia, Verona 1964, p.126

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2.3 L’imprenditoreumanista

Con la pubblicazione dell’opera di Virgilio, a Venezia nel 1501, si apre una nuova pagina nella storia dell’editoria. Aldo Manuzio introduce un’innovazione riducendo il formato usuale all’ottavo. Con il nuovo formato adotta un  nuovo carattere: il corsivo.

Aldo certamente aveva trovato una nuova formula per diffon-dere un maggior numero di testi fra un pubblico più vasto di lettori. La riduzione di formato fece diventare il libro un oggeto più invitante, maneggevole e portatile. Oltre al suo contributo nel migliorare la correttezza dei testi, alle proposte alla grafia del volgare, nell’ottenere un minor costo, il carattere corsivo diventa un altro elemento nel calcolo economico editoriale. Non si sa di certo quale sia stato l’ideatore dell’incisione di una cancelleresca e per quale reale motivo fu fatta. Non sappiamo neanche se sia stato il formato ridotto a determinare l’adozione di un carattere più piccolo o il carattere corsivo a generare il formato. Si è speculato molto sulla convenienza economica poichè questo sistema riesce a contenere molto testo in poco spazio.

In ogni caso non si può giustificare l’adozione del formato solamente con la maggiore economicità del corsivo, che fu pre-cedentemente ideato per i testi greci, con la precisa intenzione di imitare le normali variazioni della scrittura corrente dell’epoca, ovvero più stilizzata e calligrafica. Inoltre, è da tenere conto che il primo carattere greco di corpo 19 (Galeonmyomachia, 1494) usato nel formato grande, fu successivamente ridotto a serie minori fino al corpo 13. Sembra logico ritenere che il carattere più piccolo sia stato studiato in rapporto al nuovo formato ridotto, ma ciò non significa che tra il formato e la scelta di un corsivo ci sia stato un legame condizionato da considerazioni economiche7.

Se questo fosse l’unico motivo, Aldo Manuzio avrebbe richiesto a Francesco Griffo il disegno e l’incisione di un carattere tondo, ridotto di alcuni punti rispetto alla serie già in uso allora. Sarebbe stata una soluzione molto semplice e soprattutto più economica. L’idea che ha sedotto Aldo invece, aveva radici nella sua cultura umanistica e non nella convenienza economica. Aldo, infatti, è agli antipodi di Filippo Giunta, l’editore fiorentino del periodo che basava la sua attività su una produzione di facile smercio e quindi redditizia. Giunta ignorava i complessi problemi di una ricerca di testi validi, che fossero filologicamente curati, e non era interessato alla diffusione di testi contemporanei. Aldo, invece è riconosciuto come il primo editore idealista, che non sfrutta la sua impresa come una attività meramente commerciale, bensì come una nobile opportunità di diffusione della conoscenza.

Il formato meno costoso, ma anche la carta fine e l’ottimo inchiostro più leggibile, adatto alle esigenze e alle abitudini degli studiosi del tempo, sono mezzi che consentirono di rendere più amabili e ricercati i suoi volumi. Attraverso la sua vena umanista, Manuzio, impegnato e convinto, vuole diffondere sempre più

7 Sulla questa questione di economicità vedere: Martin Lowry, Il mondo di Aldo Manuzio – Affari e cultura nella Venezia del Rinascimento, Il Vetro Editrice, p.188-189

Nella pagina precedente, le maiuscole del Tondo 6,F. Colonna, Poliphilus, f.a 6v, Aldus, 1499

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largamente i testi classici latini e greci aprendo una via più age-vole e ampia al libro. Lui che apparteneva al gruppo degli studiosi umanisti, essendo un grammatico e linguista, come editore cercò una maggiore apertura verso il pubblico.

Il corsivo è uno degli elementi principali che caratterizzano l’iniziativa editoriale di Aldo, insieme al tentativo di raggiungere un ampio pubblico, ancora non esperto e abituato ai testi classici. Se si osserva l’aspetto estetico, il corsivo attesta la vittoria della tipografia sulla scrittura manuale latina del periodo rinascimentale poiché vuole riprendere inizialmente le sue caratteristiche per adeguarsi al nuovo medium.

2.3.1 Il corsivo aldino (Virgilio, 1501)

Prima ancora dell’edizione di Virgilio (1501) alcune lettere corsive furono riprodotte nel frontespizio delle Epistole de Sancta Catharina da Siena nel settembre del 1500. In questa xilografia dove la santa tiene un libro aperto nella mano destra e un cuore fiammeggiante in quella sinistra appare per la prima volta l’invenzione del corsivo. Sono le parole iesu dolce, iesu amore inscritte nel libro e la parola iesus nel cuore. Questa ‘prova di stampa’ si differisce poco rispetto al carattere definitivo della pubblicazione del Virgilio. Se ne deduce che Aldo Manuzio, quando stampava le Epistole di Santa Caterina, avesse appena cominciato a incidere i punzoni del suo carattere italic e che le lettere non fossero ancora bene “aggiustate”8.

Il corsivo aldino si distinguerà come il nuovo carattere che imporrà lo standard più diffuso. Gran parte dei corsivi che segui-ranno nei primi decenni successivi avranno una forza di corpo di circa 10-11 punti, mentre nell’area di testo predominante attorno a 80 millimetri per 20 linee, con una piccola oscillazione in più o in meno. Questa innovazione tecnica aveva uno scopo soprattutto funzionale, non estetico, che chiarisce e esalta l’impegno innova-tore perseguito dall’editore Aldo Manuzio: ossia la divulgazione del “libro spicciolo, maneggevole, che per l’appunto si legge in una mano e accompagna l’uomo ovunque, il breviario insomma di una cultura laica e aperta a molti”9.

Gli studiosi non sono riusciti ad arrivare a una conclusione sul modello su cui si è basato il disegno del corsivo inciso da France-sco Griffo. Purtroppo non si è mai trovato nessun frammento di scrittura o lettera a mano del Griffo per poter appurare se egli ha trasportato nei caratteri da stampa la sua scrittura a mano oppure seguiva il modello di un altro maestro dell’arte dello scrivere. L’analisi di Martin Lowry sui grandi calligrafi dell’epoca è stata fatta con l’intento di verificare somiglianza con il modello di Griffo. Viveva allora a Venezia, Giovanniantonio Tagliente, cal-ligrafo e maestro di grande talento che serviva alla Serenissima. Egli nel suo Il Mondo Di Aldo Manuzio - Affari e cultura nella Venezia del rinascimento scrive:

8 R. Ridolfi, Del Carattere Italico del Secolo XV, in Scritti sopra Aldo Manuzio, Firenze, 1955, p.101-105

9 Luigi Balsamo, Alberto Tinto, Origini del Corsivo nella Tipografia Italiana del Cinquecento, Ed. Il Polifilo, 1977, p.37

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“Antonio de Tagliente (il calligrafo ufficiale del Senato veneziano)10 potrebbe essere il candidato più ovvio, ma non gli si conoscono rapporti con Aldo e sembra aver prediletto uno stile più ornato di quello dei primi caratteri corsivi a stampa. Più interessante il caso di uno scrivano pado-vano, identificato di recente, chiamato Bartolomeu di San Vito, che non solo usava una scrittura molto simile nella forma del corsivo aldino, ma che ebbe frequenti contatti, e ciò può essere provato, con molti dei più stretti collaboratori dello stampatore...”11

Nell’adattare la scrittura umanistica alla stampa, Manuzio e Griffo non fecero che offrire al pubblico e ai letterati la tendenza del gusto contemporaneo dell’epoca. Questa trasposizione della scrit-tura cancelleresca in tipografia si osserva  dalla quantità di legature incise con l’obiettivo di imitare i vecchi manoscritti. È da notare che ventidue anni dopo la nascita del corsivo aldino, Ludovico Vicentino inserì nella sua Operina da Insegnare di Scrivere Littera

11 Martin Lowry, Il mondo di Aldo Manuzio – Affari e cultura nella Venezia del Rinascimento, Il Vetro Editrice, p.186

10 Calligrafo ufficiale del Senato Veneziano nominato nel 1492 che “prediligeva una forma esuberante di corsivo”

La ‘prova di stampa’ all’interno del libro e del cuore fiammeggiante nel frontespizio di Epistole di Santa Caterina, Aldo Manzuzio, 1500

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Cancelleresca “le lettere che possono legarsi” e tutte queste già erano presenti nella prima incisione di Griffo. Le legature menzio-nate sono messe qui separate poiché oggi non sono più presenti abitualmente nell’editoria.

ca ce ci co cu ; fa fe fi fo fu ; ∫a ∫e ∫i ∫o ∫u ; ga ge gi go gu ;ta te ti to tu ; ma me mi ; na ne ni ecc. ; im um ; za ze zi ecc. Il successo dei corsivi aldini fu tale che furono velocemente imitati. A Firenze, da Filipo Giunta e dagli stampatori, a Leone, i quali copia-vano esplicitamente anche il marchio tipografico di Aldo, l’ancora con il delfino. A questo riguardo, Manuzio emise un avviso poste-riore ai lettori sottolineando la bassa qualità tipografica dei falsari ed in particolare sulle legature. Affermava:“che le (loro) consonanti non sono legate alle vocali: bensì separate. Mentre nei nostri volumi pressoché tutte sono legate l’una con l’altra, imitando la scrittura a mano”12.

Nei testi composti in corsivo, le maiuscole venivano collocate dritte come nei manoscritti. Le maiuscole saranno tratte dall’al-fabeto romano per due decenni, fino al momento in cui il grande calligrafico Ludovico degli Arrighi (dal quale, come abbiamo visto nel Capitolo 1, la Monotype sotto la consulenza di Morison trasse gli accostamenti corsivi per i romani di Jenson, Bembo e Polifilo) introdurrà la loro inclinazione.

Sopra, paragone tra il corsivo di Bartolomeo di San Vito e il corsivo aldino e sotto il marchio della stamperia di Aldo Manuzio

12 Aldo Manuzio, Aldi Moniyum in Lugduneses Typographos, Venezia, 1503

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Il corsivo aldino, come detto prima, riguarda solamente le minuscole e le maiuscole erano riprese dal romano come si faceva nella scrittura. Le minuscole avevano un’inclinazione di 6 - 7 gradi verso destra, copiando così il movimento naturale e organico della mano sulla carta. Le maiuscole dritte erano visibilmente piccole risultando più basse dei tratti ascendenti presenti nelle minuscole degli ascendenti. Esse somigliavano come dimensioni a ciò che oggi chiamiamo maiuscoletti.

 In generale nel corsivo di Aldo, le ascendenti e le discendenti appaiono mediamente molto lunghe. La a appare leggermente ridotta rispetto alle altre lettere poiché il suo occhiello è molto pic-colo e stretto. Ha un’evidente protuberanza al termine del tratto superiore, abbastanza caratteristico in tutti i corsivi di Griffo. La g possiede due occhielli notevolmente ovali essendo il superiore ver-ticale e l’inferiore orizzontale. Il collegamento tra i due occhielli va dalla destra verso sinistra molto discretamente. Nel complesso la lettera sembra leggermente pallida e sbilanciata. Come già accen-nato, la g preceduta da vocali è legata e forma un unico glifo. In questo caso si può osservare una lieve alterazione della sua forma. L’orecchio a bandiera è molto discreto ma comunque si allinea a destra dell’occhiello inferiore.

Il Corsivo Aldino stampato per Opera di Virgilio a Venezia da Aldo Manuzio, 1501

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2.4 GriffoaFano:unnuovoinizioeunnuovocorsivo

Certamente per Aldo Manuzio la separazione dal suo geniale inci-sore fu difficile. Egli non riuscì a trovare nessun altro ‘scultore di caratteri’ al suo livello, tanto che non realizzò mai più nuove lettere per i suoi libri.  La rottura di questo rapporto deve essere avvenuta verso il fine del 1502, quando Aldo Manuzio ottiene il monopolio generale dalla Repubblica di Venezia, per tutte le pub-blicazioni in greco e per tutta la stampa latina in corsivo. La coppia pone fine a un rapporto di dieci o dodici anni, di cui sette di attività editoriale lavorativa.

In quel periodo Giacomo Soncino, tipografo ebreo ed editore di notevole rilievo si stabilì a Fano cercando tranquillità per la sua impresa. Fu ben ricevuto dalla città ed ebbe protezione da Cesare Borgia, che ringrazia nella dedica del Petrarca, oltre a esprimere il suo parere contro il rivale Aldo Manuzio e favorevole al suo nuovo collaboratore Francesco Griffo. 2.4.1 Il primo corsivo di Fano (Fano 1 o Petrarca, 1503)

Provenienti ambedue da Venezia, Soncino e Francesco Griffo col-laborarono con soddisfazione reciproca per molti anni. Entrambi non ebbero un buon rapporto con Manuzio. Il primo, era arrivato ad una lite pur di impedire lo sfruttamento di una propria crea-zione, e il secondo nutriva per Manuzio una antipatia tipica tra gli editori dell’epoca ed inoltre biasimava la scorrettezza della sua grammatica stampata dal rivale in passato. Così, l’impresa di Fano si pone in diretta concorrenza con quella di Aldo a Venezia, con la pubblicazione del Petrarca e con l’introduzione di un corsivo. Anzi, un nuovo corsivo, impiegato per la prima volta per Le Opere Volgari di Petrarca nel 1503.

Questo nuovo corsivo appare di dimensioni maggiori (circa 12 punti), più aperto e senza la grandissima quantità di legature tra le vocali e le consonanti come nell’aldino. Se il corpo del carattere si ingrossa, lo stesso si può dire dello spazio, totalizzando 86 mm in una area di testo composta da 20 linee anziché 80 mm come quella di Aldo.

Nel suo disegno si possono notare varie differenze come l’in-troduzione di una v per le parole che hanno come iniziale la v e la u. Questa lettera appare stretta ed acuta, dritta e senza incur-vatura. All’interno della parola resta soltanto la u. Griffo forse si divertiva a creare variazioni per le lettere e appunto questo succede nel nuovo corsivo con la b, d, p, q, l. Sempre una con asta normale dritta e un altra con l’asta curvata all’estremità, simile alla curva della s lunga. Le terminazioni della p e q finiscono con trattini obliqui anziché orizzontali come nel corsivo aldino. Il punto interrogativo sembra più spostato a destra. La a mantiene il suo trattino singolo con l’occhiello poco abbondante come di solito nei corsivi aldini. Le legature st, ct appaiono più ampie e

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ariose raddoppiando la curva che si origina verso la sinistra. La Q maiuscola è più grossa dell’aldina e si mantiene scollegata dalla u. Sorge anche una nuova q minuscola con l’occhiello più timido e piccolo e con un’ampia coda che sottende due vocali, creando così una legature di tre lettere. Spariscono le legature con tre lettere sta, ste, sti, ecc, e in compenso appare una nuova sp.

Sono usati i due punti, il punto, la virgola, l’apostrofo e anche la leggera linetta trasversale tra due parole che ha la stessa funzione della virgola. Tra i segni di abbreviazione sono mantenuti la d e la p con l’asta tagliata da un trattino che significano ‘de’ e ‘per’, la q con punto e virgola per ‘que’ e la q sovrastata da due puntini per ‘qua’. Le maiuscole, di disegno classico, sono sempre meno alte dalle ascendenti. La M riprende le maiuscole romane del De Aetna, pur non avendo le grazie alle due sommità. Luigi Balsamo e Alberto Tinto descrivono con queste parole:

“Nel complesso il nuovo carattere risulta rinnovato sensibilmente, specie per le modifiche alle aste e a certi filetti di congiunzione delle legature, che presentano una maggiore stilizzazione calligrafica, estesa del resto al tratteggio dell’intero disegno. Il carattere appare più chiaro e sciolto nel ritmo, di più agevole leggibilità; è forse il migliore di quelli disegnati dal Griffo e la sua influenza sui modelli posteriori, definitivi, appare maggiore

Il Fano 1, il 1º corsivo inciso da Francesco Griffo per il Canzoniere di Francesco Petrarca e stampato a Fano da Soncino, 1503

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di quanto si sia ritenuto. Venne usato nelle edizioni del primo periodo a Fano, ma ben presto fu privato delle lettere astate (b, d, p, q, l) con estremità ricurva, che costituiscono un preciso elemento di stilizzazione di questo design”.13

2.4.2 Il piccolo corsivo (o Stagnino, 1512)

Non esistono, purtroppo, indizi storici verosimili che riportano le attività di Francesco Griffo fino al 1511 a Fossombrone, probabil-mente quando lavorava per Ottaviano Petrucci.  Un documento informa che Griffo ricevette un pagamento di Bernadino Giolitto de Ferrari, detto Stagnino che stampava a Venezia. Probabilmente si riferiva alla fornitura di caratteri a questo tipografo per l’edi-zione di Dante nel gennaio del 1512.14

Lo Stagnino impagina questo libro circondando il testo con commenti su uno, due o tre lati della pagina. Certamente questo fece nascere l’esigenza di rimpicciolire il carattere del commento, permettendo così una maggior quantità di testo in poco spazio. Sostanzialmente il disegno rimane simile al primo corsivo di Fano. In questa bella stampa, appaiono due caratteri del Griffo. Per il testo corrente si usò il primo corsivo di Fano, di circa 12 punti (20 linee in 86 millimetri).

C’è poi il carattere per il commento, che è il più piccolo inciso fino ad allora da Griffo della grandezza di circa 9 punti (20 linee occupano soltanto 67 millimetri). Una variante della z nasce a forma di un 3 con la coda sotto la riga e con un’angolazione acuta nella parte superiore.

Appaiono interessanti innovazioni e Griffo sembra realizzare piacevolmente nuove forme. Le aste incurvate della (b, d, p, q, l) rimangono accanto a quelle dritte, come nel carattere più grande, ma compare una nuova d che richiama la scrittura onciale. La sua forma è più timida e la sua piccola asta è completamente piegata a sinistra in regolare proseguimento dall’occhiello.

Viene introdotto un nuovo disegno per la v usata all’inizio della parola. Le sue due aste verticali si curvano verso destra ancora di più della versione di Fano. Le sommità si posizionano esplicitamente sulla sinistra. Nel complesso è molto aggraziata e calligrafica. La a appare più arcuata alla parte superiore dell’asta reggendo un occhiello spostato e più inclinato verso destra. Le maiuscole sono notevolmente grosse per raggiungere l‘altezza delle ascendenti.

2.4.3 Il 2º corsivo di Giunta (1513)

In Italia, Filippo Giunta fu il primo a ‘copiare’ un corsivo model-lato su quello di Aldo Manuzio. Nel 1513, lo sostituisce con una versione migliorata. Il nuovo carattere è slanciato con aste lunghe e di occhio abbastanza chiaro. I filetti delle legature si presentano senza la doppia curva come quello di Fano e più sottili dalle aste

13 Luigi Balsamo, Alberto Tinto, Origini del Corsivo nella Tipografia Italiana del Cinquecento, Ed. Il Polifilo, 1977, p.45

14 Luigi Balsamo, Alberto Tinto, Origini del Corsivo nella Tipografia Italiana del Cinquecento, Ed. Il Polifilo, 1977, p.46

Frontespizio di Opere del Divino di Dante Alighieri, stampato a Venezia da Stagnino, nel 1512

La z aggiunta al corsivo più grande usato nel testo corrente e la d onciale in “della dottrina”

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che legano. La misura di 20 linee è di 80 millimetri, circa 10 punti.La sicurezza e precisione della mano di Griffo presenta una fase

intermedia fra il primo e il secondo tipo usato a Fano da Soncino.15

Infatti si può notare un grandissima quantità di legature. ∫ta ∫te ∫ti ∫to ∫tu – ta te ti to tu – za ze zi – ∫p ∫t ∫c – in un im umca ce ci co cu – fa fe fi fo fu – ∫a ∫e ∫i ∫o ∫u – ga ge gi go gu ta te ti to tu – ma me mi mo mu – na ne ni no nu – au

La s corta non esiste affatto all’interno della parola. La s e f lunga hanno terminazioni inferiori a volte curve e a volte dritte, con la predominanza di queste ultime.

15 Questa è una supposizione di Luigi Balsamo e Alberto Tinto. Credono che la forma delle lettere in questione si assomigliano alle caratteristiche base di Francesco Griffo.

Il Piccolo Corsivo, presente nei testi di commenti di Opere del Divino di Dante Alighieri, stampato da Stagnino a Venezia, 1512. Per il testo corrente il corsivo usato è il Fano 1

Parola “fatta” con due legature

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2.4.4 Il 2º corsivo di Fano (De Bello Troiano 1515)

Quello che si sa sull’itinerario di Griffo è che dopo i primi anni a Fano andò nuovamente a Venezia, per poi rientrare nelle Marche e recarsi in Umbria. Lavorò nelle edizioni giuntine a Firenze per poi ritornare a Fano nel 1515 e 1516. In questo periodo creò un nuovo corsivo per Soncino che si differenzia notevolmente dal concetto di quello dell’inizio del decennio precedente, mostrando una impostazione stilistica più simile a quella giuntina.

“Evidente è la rinuncia allo sviluppo di quella stilizzazione calligrafica che aveva caratterizzato in modo positivo il primo corsivo ideato per il Son-cino, segnando una direzione nuova feconda, che altri svilupperanno qual-che decennio dopo. La pagina appare densa, con gli spazi bianchi ridotti e in rapporto più statico e meno articolato rispetto alla parte stampata”.15

In questo caso venti linee misurano 83 millimetri e il corpo è di 12 punti circa. L’occhio è più grande perciò le ascendenti e le discen-denti sono di dimensioni minori. Le maiuscole sono ancora più grandi e talmente alte da giungere a livello dei tratti ascendenti.

La pagina appare più densa con questi cambiamenti di pro-porzione tra bianco e nero. Come nel corsivo giuntino qui non

16 Luigi Balsamo, Alberto Tinto, Origini del Corsivo nella Tipografia Italiana del Cinquecento, Ed. Il Polifilo, 1977, p.50

Sopra, il 2º corsivo di Giunta usato ne Gli Asolani di Pietro Bembo, stampato da Filippo Giunta a Firenze, nel 1515.Nella pagina destra, il Fano 2. Le pagine doppie di De Bello Troiano, stampato da Soncino a Fano, sempre nel 1515.

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il percorso lavorativo di francesco griffo da bologna

esiste la v iniziale. La u ha ancora l’angolazione acuta, ma la m e n di meno. Le grazie terminali delle ascendenti come nella l, b, d, h, sono apparentemente aperte e acute verso sinistra. La e appare a volte con un filetto incurvato e ingrossato all’estremità, come era già nel romano del De Aetna, e in quelle accentate. Questa caratteristica, presente anche nel primo corsivo di Fano, si ripete nella stessa maniera appariscente, dove la e della et, che è molto più grande, sembra volersi mangiare la piccola t. La g è molto poco inclinata rispetto al resto, il suo orecchio è prominente e le due forme ovali sono legate da un trattino dritto.

Si nota il ritorno delle legature con la s corta in st e la c in ct. Il filetto che fa il legame è molto svolazzante e si allarga sensibil-mente sulla sinistra al punto tale da distanziare la s della lettera precedente.

Furono eliminate le legature di consonanti con vocali, a parte quella per la f che tuttavia appare staccata. Ancora presenti due tipi di s lunga e di f, sempre con la solita differenza dell’asta discen-dente che si curva a sinistra oppure che semplicemente scende dritta della linea di base.

Le maiuscole (sempre romane), come già detto, si sono ingros-sate divenendo molto più evidenti e meno simili al maiuscoletto. In generale le grazie sono grosse, alte e sembrano quasi egiziane,

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come nella N e nella D. La R ha due diverse grazie che si incurvano mentre fioriscono dall’asta verticale diventando quasi ornamen-tali. La sua gamba si allunga abbastanza fuori dalla sua origine, ovvero dall’occhiello.

Conclusione

La vita lavorativa di Francesco Griffo fu molto intensa. Il suo vero, reale percorso rimane ancora un mistero e i fatti accertati sono noti grazie ai pochi documenti rimasti del periodo e ai libri stam-pati conservati nelle biblioteche.

Della vita di Griffo è riportato anche un aneddoto violento, secondo il quale egli avrebbe assassinato il marito della figlia, durante una lite, con uno strumento di lavoro. Tale episodio sarebbe relativo agli ultimi anni della sua vita, quando si avven-turò a fare l’editore. Ma questi fatti non sono accertati e non se ne conoscono gli sviluppi precisi.17

Griffo ha contribuito enormemente all’evoluzione della tipo-grafia seguendo con i suoi disegni la fine della scrittura medievale e la definitiva affermazione di quella umanistica. Per più di due-cento anni il suo modello di carattere romano influenzò tutta la stampa in Europa e tipografi come Garamond, Estienne, Granjon, Caslon e altri. Il carattere usato nel De Aetna ancora è considerato un vero capolavoro, così come le maiuscole del Polifilo.

La scelta dei caratteri analizzati in questa parte della tesi è stata fatta con il proposito di individuare un gruppo di caratteri di qualità con un potenziale formale che potesse essere ripreso e adottato per la creazione di un font contemporaneo. Il criterio di scelta di questo gruppo di caratteri deriva da una ricerca nel corso della quale si sono incontrate le opinioni di alcuni studiosi e storici della tipografia.

17 Giovanni Mardersteig, Aldo Manuzio e I Caratteri di Francesco Griffo da Bologna, vol.III di Studi di Bibliografia e di Storia, Verona, 1964, p.126

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“La storia della tipografia fornisce ai designer modelli e spunti di ogni tipo per la creazione di nuovi caratteri. Che si tratti di una fedele digitalizzazione di un carattere moderno, di cui esistono innumerevoli stampe o di un revi-val di un unico esemplare del periodo degli albori della stampa, l’intervento progettuale del type designer è sempre presente. Dalla scelta del modello, al progetto delle forme e ai rapporti tra le lettere, il designer deve fare delle scelte e fornire comunque una sua interpretazione personale dell’originale”.1

La ricerca avviata nel secondo capitolo della presente tesi mi ha permesso di riconoscere le qualità dei caratteri di Francesco Griffo da Bologna durante il suo percorso lavorativo. Il suo notevole dono come incisore era già evidente e noto dagli storici, biblio-grafi, studiosi e type designer. Ma quello che mi ha colpito è che analizzando la sua vita lavorativa, dal primo romano usato da Aldo Manuzio nel 1494, agli ultimi corsivi sul finir della sua vita come stampatore a Bologna (1518 circa), ho potuto condividere con altri studiosi l’incostante progressione qualitativa del suo lavoro2. I suoi primi caratteri romani (o tondo) venivano da una stretta influenza dei disegni fatti da Nicola Jenson che, a quel tempo e prima di lui stesso lavorava a Venezia. Con la creazione del chiamato “Tondo 4 di Aldo”3, il carattere usato nel De Aetna, una nuova pagina si apre nella storia della tipografia. Questo carattere diventa modello per alcuni secoli, sino alla nascita dei caratteri moderni e più avanti nei revival del vigesimo secolo. Era come se il (carattere) De Aet-na’avesse maturato i primo decennio della tipografia e assumesse un proprio ruolo di rottura dal modello precedente.

Tra i corsivi, forse il più acclamato non è quello aldino del 1501 e si il corsivo fatto nel primo periodo di Francesco Griffo a Fano, nel 1503. La discussione sul gusto è esaustiva e divergente, ma più interessante ancora è capire lo svolgimento che Griffo ha dato alle forme delle sue lettere. È inevitabile comprendere come egli fosse un appassionato di ciò che faceva, perché la quantità di varianti è talmente grande che il piacere dell’ufficio si avvicinava al

Capitolo3Premesseallaprogettazionedelcarattere

1 Introduzione di Marta Bernstein, Il Disegno di Caratteri Contemporanei in Italia, ed. De Agostini, 2009, p.10

2 Sulla verifica di qualità dei lavori di Griffo vedere Luigi Balsamo, Alberto Tinto, Origini del corsivo nella tipografia italiana del Cinquecento, Ed. Il Polifilo, 1977, p.58

3 Nominazione di Giovanni Mardersteig

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capitolo 3

divertimento di sperimentare. Griffo era esattamente questo: uno sperimentatore, una persona che testava le sue capacità di incisore, di creativo e di progettista nei suoi disegni. Nei suoi corsivi, ho potuto trovare forme cristalline e belle, ma anche varianti che al meno ai nostri occhi sembrerebbero di strana fantasia.

In quel tempo le lettere tipografiche avevano un unico medium, il libro, ossia il mercato editoriale. Queste lettere servivano per essere lette in testi lunghi pagina dopo pagina. Fino ad allora, la conoscenza veniva trasmessa dalle mani dei copisti direttamente sui fogli dei manoscritti, un lavoro arduo ma degno e nobile. Griffo, come i primi incisori (o dobbiamo dire type designer?) dell’Europa meridionale si concentrano su due alfabeti: il maiu-scolo e il minuscolo, come li conosciamo oggi.

Insieme al corsivo credo sia importante fare una breve descri-zione storica di questi alfabeti, essendo i miei oggetti di studio, interpretazione e progettazione.

È da dire che l’inizio della tipografia ha un legame netto con le iscrizioni epigrafiche e la scrittura a mano. Perciò la tipografia nasce copiando elementi degli altri due linguaggi precedenti che vengono assorbiti nel processo produttivo semi-industriale. I primi intagliatori di caratteri copiavano i risultati formali dell’incisione epigrafica o della scrittura a mano sul foglio di carta, nella matrice di metallo. Questo stesso modello di interpretazione è seguito finora in un altro formato: il digitale.

3.1 Brevestoriadellemaiuscoleeminuscole

3.1.1 Maiuscole e minuscole

Le prime forme esistenti di lettere occidentali sono le maiuscole greche incise su pietra. Le lettere erano fatte principalmente da forme con linee dritte, e quando appariva la curva si presentava con una grande apertura. Lettere circolari come la S e la C che oggi possono essere aperte o relativamente chiuse, avevano l’aper-tura al massimo che si poteva ottenere . Queste antiche lettere greche erano costruite non con compasso e riga, ma a mano e senza le serif o gli altri segni della manualità.

Con il passare del tempo, i tratti di queste lettere tornavano più grossi, le aperture più ridotte e apparivano le grazie. Le nuove forme di lettere usate durante l’impero greco sono servite da modello per la scrittura formale nella Roma imperiale. Queste lettere usate nelle iscrizioni romane dall’angolazione precisa, otte-nuta con mazzuolo e scalpello sono servite come modelli per i calligrafi, incisori di caratteri e type designers, fino ai nostri tempi.

Tra il periodo delle iscrizioni romane e l’invenzione di Guten-berg, si sono sviluppate in Europa molte forme di lettere: le strette capitali rustiche, le ampie onciali e tante altre. Da questa ricca molteplicità di forme diverse si sviluppò una dicotomia basilare: le maiuscole e le minuscole. Ovvero lettere ampie e formali per le

M

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premesse alla progettazione del carattere

prime, più piccole e casuali le per seconde. Molte di queste antiche convenzioni degli scrivani medievali hanno sopravvissuto fino ad oggi, nella composizione tipografica come nella titolazione, nell’inizio di capitolo e nel maiuscoletto, che rappresenta l’inizio di una frase di apertura.

Quando si crearono i primi torchi tipografici, in Europa coesi-stevano varie scritture: gotica, bizantina, romanica e molte altre forme di lettere. Un alfabeto si evidenzia sugli altri, basato sulla minuscola carolingia che diventa la forma principale. Le lettere romane rinascimentali si svilupparono tra gli studiosi e gli scrivani nell’Italia meridionale, nel xiv e xv secolo.

Sviluppata dagli umanisti del circolo fiorentino del primo quat-trocento, la scrittura era divenuta fino al 1430, il marchio dello studioso più attento all’antichità classica, anziché al gotico (le lettere angolari e ornamentali del tardo medioevo). La moda si trasmise ai copisti della cancelleria papale e la trasformazione da scrittura a caratteri mobili si avrà con i tedeschi Sweynheyeym e Pannartz. Chiamati dal papato a Roma nel 1465 per proliferare i testi cattolici, pochi anni dopo che Gutenberg stampò la prima pagina con carattere gotici, la serie di minuscole modellate sulla scrittura carolingia dei pionieri umanisti divenne il modello di lettere usato nei torchi tipografici.

Ugualmente alle iscrizioni maiuscole romane, le lettere minu-scole rinascimentali hanno il tratto modulato, (lo spessore varia a

Lettere stampate da Sweynheyeym e Pannartz, 1465 circa

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capitolo 3

seconda della direzione) e un tratto umanistico. Le lettere riprodu-cono (o copiano) la scrittura a mano, nella quale il pennino piatto era tenuto con la mano destra mentre scorreva per tutta la riga. I tratti spessi vanno da destra verso sinistra e dall'alto verso il basso, simulando il movimento naturale delle mani. Le caratteristiche delle lettere rinascimentali sono:

• tratti modulati• asse umanistico consistente• contrasto modesto• aste verticali• occhio medio basso• grazie superiori alte e oblique• terminali calligrafici

3.1.2 Il corsivo cancelleresco

Parallelamente all’affermazione dei romani minuscoli, nell’Ita-lia rinascimentale emerge un altro tipo di scrittura. Lo stile cor-sivo ha origine da quello minuscolo romano (ecco il perché del nome italic), ma presenta delle lettere inclinate e dinamiche, con l’intenzione di scrivere in modo più veloce e sciolto. La moda si diffuse principalmente a Venezia. Il gusto per il corsivo si andava diffondendo anche tra gli scrivani di professione nelle cancellerie cittadine, che sembravano apprezzare le possibilità di esprimersi in modo libero e ornato. Quando Aldo Manuzio e Francesco Griffo adattarono queste lettere alla stampa non facevano che assicurare la tendenza del gusto contemporaneo e rendere più efficace il richiamo dei lettori umanisti. Le caratteristiche delle lettere corsive sono:

• aste verticali inclinate• occhielli ellittici• tratti modulati e sottili• asse umanistico• basso contrasto• basso occhio medio• terminali calligrafici• accopiamento con le maiuscole tonde

3.2 Ricercaepreparazioneperlaprogettazione

Dopo la ricerca e analisi dei caratteri di Griffo, i passi più impor-tanti sono due. Il primo è scegliere un tondo e un corsivo per avere un riferimento visivo. Il secondo è trovare dei libri stampati di qualità, sui quali fare delle scansioni digitali.

3.2.1 Le lettere tonde

Dopo una valutazione sulla quale si è sentito il parere di stu-diosi della tipografia come James Clough, ho deciso scegliere un

hop

hop

Il Tondo 4 di Pietro Bembo,De Aetna, prima pagina, Aldus, 1496

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premesse alla progettazione del carattere

esemplare del De Aetna di Pietro Bembo del 1496, che si trova alla Biblioteca Nazionale di Firenze. I motivi per cui questo libro è stato scelto è che porta uno dei caratteri più nobili di tutta la storia della tipografia e che la qualità di inchiostrazione e la manu-tenzione del libro è rimasta intatta per più di cinque secoli. Il De Aetna è un piccolo libro di centimetri di circa 60 pagine. La stampa delle lettere è ben definita e il peso delle minuscole fu ridotto per conferire alla pagina un aspetto chiaro e armonioso.

3.2.2 Le lettere corsive

Dalla bibliografia che ho utilizzato e dalle analisi fatte da studiosi come Giovanni Mardersteig, Luigi Balsamo e Alberto Tinto, ero portato a seguire le positive opinioni del carattere corsivo di Fran-cesco Griffo nel suo primo periodo a Fano. Il detto corsivo aldino che è il primo corsivo inventato da Griffo aveva positivi riscontri, ma in linea di massima caricava delle critiche negative sulle forme di alcune lettere singole e sulla ancora mancata maturità, che è venuto che si ha con il prossimo carattere fatto per Geronimo Soncino nelle Marche.

Un altro vantaggio di questo carattere riguardo al corsivo aldino è la sua dimensione. Come detto nel Capitolo 2 di questa tesi, il Corsivo Aldino in 20 linee si componeva in 80 millimetri e il corsivo di Fano invece sopportava in 20 linee, 86 millimetri. La differenza sembra poca, ma nel complesso questo aumento per-mette di mantenere la geometria del carattere più chiara,quando questa è ingrandita attraverso le scansioni digitali.

Non sempre le inchiostrazioni dei maestri e stampatori della tipografia furono fatte perfettamente. La qualità della carta non era ancora tanto buona e la fretta della competitiva produzione editoriale, portava ad errori di inchiostrazione. Il risultato sono stampe dove l’inchiostro veniva assorbito abbondantemente dalla carta, ingrandendo e deformando il disegno delle lettere. Questo si può notare nei libri di Manuzio, ma anche di Soncino, di Filippo Giunta e altri.

Due libri stampati da Geronimo Soncino sono stati scelti per ‘pinzare’ le lettere del corsivo. Il primo è il De Bello Troiano, opera di Silio Italico e Pindaro Tebano, un ottavo stampato a Fano nel 1505. Questo libro scritto in latino mi sembrava interessante per rientrare nella prima di fase di Griffo nelle Marche e anche per avere una buona inchiostrazione (non eccelente come il De Aetna, però).

Un secondo esemplare di Francesco Griffo è stato scelto per avere la possibilità di confrontare altri modelli di lettere con quelle che non mi sembravano interessanti nel primo libro. Vedremo più avanti per esempio, come non considero la g corsiva del Bello Troiano una interessante forma e perciò mi è sembrato importante avere altri riscontri. Il secondo libro di Griffo scelto da me si è un libro di Michele Marullo, il Michaelis Tarchaniotae Marulli Neniae;

Dettaglio di inchiostro abbondante in un antica stampa

Stampa di lettere corsive

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capitolo 3

Eiusdem epigrammata nunquam alias impressa, del 1515. Sono riuscito a trovare questa edizione nella Biblioteca civica Romolo Spezioli a Fermo nelle Marche, ed è in buon stato di inchiostrazione. Il corsivo usato nel libro appartiene al corsivo Fano 2.

3.2.3 La ripresa digitale

Il modo in cui sono state riprese le pagine dei libri è attraverso le foto digitali. Le scansioni risulterebbero la tecnica di ripresa migliore ma purtroppo trattandosi di libri rari e fragili, le biblio-teche non consentono che gli stessi vengano maneggiati libera-mente. Alcune delle biblioteche con cui sono entrato in contatto producono loro stesse le fotografie. La Biblioteca Nazionale di Firenze, segue fortunatamente le giuste procedure per un’otti-mizzazione del materiale. E’ necessario che il libro aperto, sia messo con cura sul piano sul quale viene fotografato con una fotocamera appoggiata su di un cavalletto. La fotocamera viene messa perpendicolarmente sul piano dove si trova il libro.

La lente della camera non deve essere un grandangolo, poiché questa lente distorce ciò che è presente nei bordi del campo. La perpendicolarità della camera rispetto al libro, come detto prima è essenziale per evitare ‘la prospettiva’ sulla pagina, distorcendo così le lettere.

L’ideale è usare la massima risoluzione possibile in dimensioni di pixels nelle foto. Se si tratta di riprendere il libro nel suo com-plesso, essendo un grande soggetto, conviene che la dimensione vada oltre a 4000 x 3000 (larghezza per altezza) sempre con una risoluzione per stampa, ossia 300 dpi (pixel per pollice). La riso-luzione di pixel per stampa è importante poiché ci permette di analizzare la lettera nel formato cartaceo, in modo da poter avere un confronto durante il processo di progettazione.

L’illuminazione nel momento degli scatti fotografici è impor-tante per aumentare la chiarezza delle forme delle lettere rispetto al colore della pagina. Successivamente sarà fondamentale ritoc-care 'digitalmente' le foto, quanto più spettro di luminance e brillantezza abbiamo, più controllo sull’editing dell’immagine avremo. Un primo aggiustamento di livello di contrasto deve essere fatto in tutte le pagine per schiarirle in modo uniforme, in modo da non avere grandi differenze tra loro.

3.2.4 Analisi delle lettere

È molto importante creare una dose di intimità con il libro, con le lettere e i segni stampati. Aldo Manuzio non era solo uno stampa-tore, ma un professionista che si è preoccupato di formulare delle regole ortografiche di un nuovo linguaggio, quello tipografico. Possiamo osservare il modo con cui lui dava enfasi alla titolazione, faceva il rientro dei paragrafi, metteva delle abbreviazioni, dava ruolo agli accenti e alla punteggiatura, alla sillabazione e ad altri

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premesse alla progettazione del carattere

aspetti della microtipografia. Alcuni di questi metodi oggi sono in disuso, ma tanti altri sono ancora utilizzati. Lo studio di tesi non approfondisce l’aspetto della microtipografia, che rimane comun-que fondamentale ad un lettore per entrare nella logica dello stam-patore e riconoscere le caratteristiche con le quali Francesco Griffo creò un sistema tipografico4. Osservando queste particolarità, poco a poco possiamo riconoscere delle differenze di varianti per le stesse lettere come è riuscito Giovanni Mardersteig nei suoi studi sui quali mi sono basato per il secondo capito della tesi.

Sia quando analizzavo i libri nelle biblioteche, sia quando osser-vavo le loro immagini digitalizzate sullo schermo del computer è stato di grande utilità uno strumento di lavoro: la lente di ingran-dimento, che permette di avvicinare il dettaglio e di osservare con occhio critico le lettere.

Ho seguito l’ordine alfabetico per analizzare le lettere una ad una. Nella prima selezione sono state selezionate al massimo

4 Per approfondimenti leggere Peter Burnhill, Type Spaces – in-house norms in the typography of Aldo Manutius, Hyphen Press, 2003

Selezione di lettere nel De Aetna,

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capitolo 3

cinque lettere, in seguito escluse due, individuando le migliori tre forme per ogni lettera. Quando identificavo più di una variazione nella stessa lettera, le denominavo ad esempio come ‘e1’ e ‘e2’ o ‘a1’ e a2’ e così via. È stato importante realizzare dei segni (digitali) che mi richiamassero l’attenzione durante tutta la analisi. Il cri-terio di selezione per la scelta di queste lettere è in quest’ordine:

• la chiarezza dell’inchiostrazione;• la sobrietà e distinzione della forma;• il potenziale di lavorazione;

Il primo criterio riguarda la qualità e quantità di inchiostro della stampa. Nel periodo rinascimentale sino alla fine dei carat-teri mobili, la pagina era composta disponendo le lettere sulla loro superficie, veniva poi messo l’inchiostro e successivamente un foglio di carta, pressato in modo da assorbirlo. Come si è detto nel secondo capitolo è probabile che Francesco Griffo tagliasse le lettere, tenendo in considerazione la ‘sbavatura’ che si può avere durante la fase di inchiostrazione. Le condizioni ancora non erano ideali e la qualità della carta, la qualità dell’inchiostro e la giusta procedura (fretta e cura) influenzavano il risultato finale. In uno stesso libro del periodo rinascimentale si possono notare pagine con buona o cattiva inchiostrazione. Fatto sta che anche in una stessa pagina, ogni punzone assorbiva l’inchiostro in modo parti-colare e il mio obbiettivo iniziale è stato di riconoscere quelle che non eccedevano nell’ assorbimento.

Il secondo criterio è collegato al primo, perché si rapporta con la qualità di stampa e si riferisce alla forma della lettera in sé. Nell’alfabeto corsivo per esempio, si avevano tante variazioni di una singola lettera che quelle dalla forma più strana, furono abbandonate da lui stesso in creazioni successive. Certamente questo dimostra come lui stesso avesse un’autocritica sul design delle sue lettere. Io ho cercato di rispettare la forma filologica delle lettere, senza distaccarmi dalla nostra visione contempo-ranea sulle forme. Quindi se io ho trovato una lettera g strana a causa dell’inchiostrazione o per la forma sbilanciata, essa è stata subito eliminata dal mio campo come possibile lettera da usare nel designing.

Il terzo criterio non è riferito solo alla lettera nel suo complesso, ma si volge a trovare particolarità che potrebbero essere interes-santi da riprendere. In alcuni casi ho mischiato più parti della forma di una lettera, trovandole interessanti da lavorare. Mi sono trovato in un caso dove una a aveva un notevole terminale, ma non mi interessava il resto della lettera. Questa particolarità l’ho aggiunta ad una seconda a che aveva l’occhiello con una forma interessante e ad una terza a dove l’asta verticale ho pensato

Differenza di qualità di stampa delle lettere in un’unica riga

Sopra, due possibili forme della d. Sotto, l’aggiustamento di contrasto di una lettera

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premesse alla progettazione del carattere

Lettere maiuscole e minuscole scelte per futuro riferimento di design

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capitolo 3

potesse essere un potenziale riferimento. Ovvio che incrociare parti di differenti lettere, richiede cura, per mantenere le giuste proporzioni e sistemare correttamente i tratti.

Il passo successivo è stato quello di aggiustare il contrasto delle immagini delle lettere scelte nell’Adobe Photoshop. I valori di bianco e nero sono stati lavorati in modo da eliminare lil sovraca-rico di inchiostro sulla carta. Questo intervento è molto interpre-tativo, in quanto richiede la percezione di cosa è la forma originale dei tratti e dove è la sbavatura eccessiva. Quando si arriva ad una forma che giudichiamo corretta e la confrontiamo nel suo peso con le altre lettere già elaborate digitalmente, siamo pronti per passare alla fase di design nel Fontlab, il programma che ho uti-lizzato per disegnare il font finale.

3.3 Ilbriefing

La fase con cui si stabilisce un briefing di un carattere è importante in quanto regola le linee guida da seguire e aiuta il type designer ad adeguarsi a specifici obiettivi. Per il designing del font ho elen-cato le caratteristiche su cui dovevo basarmi:

• Essere un carattere per testi• Avere la forma di un sans serif• Tenere in conto la forma filologica• Mantenere la caratteristica umanistica• Accostare due modelli di riferimento di Francesco Griffo, un

tondo al suo corsivo

La discussione sull’uso dei sans serif come testo non è attuale. I modernisti della New Tipography hanno difeso il suo impiego

Lettere corsive scelte

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premesse alla progettazione del carattere

negli anni 30 e questa discussione ha continuato per decadi. Stan-ley Morison, ad esempio, era scettico sulla possibilità di usare i sans serif come font per libri. Certamente nel suo periodo i sans serif non avevano l’ampio uso trovato nei nostri giorni, dove un font lineare è il defaut di un programma di spedizione di email elettronici o della maggior parte dei quotidiani online.

Ci sono studiosi portatore dell'idea che la lettura è dettata dal suo contesto storico o dall’abitudine dei lettori. Un caso noto è il gotico usato per Gutemberg nella bibbia di 42 linee, che oggi ci sembra una pagina con texture illeggibile, ma che a loro tempo (e nell’Europa del nord) era la forma di lettera vigente.

È importante risaltare due terminologie per addentrare nel discorso:

La legibility5 che rispetta la rapidità di riconoscimento di un carattere, e la readability che si riferisce alla comprensione e alla lunghezza di tempo impiegato dal lettore nel leggere, senza esi-tare o stancarsi.

Questi sono aspetti funzionali per il type design, così si è deter-minata la teoria che un sans serif sia adatto ai brevi testi anziché ad un romanzo. Morison ha scritto nel 1956 “This (Gill) sans was a sensational success and has established itself in the trade as essential to the composition of certain kinds of commercial books, i.e. time-tables, guide-books, catalogues, etc. In this sense it is a twentieth-century type”.6

Legibility e readability sembrano voler dire la stessa cosa: la faci-lità di lettura. In tipografia, legibility riguarda la qualità del disegno nell’essere decifrabile e riconoscibile. Per esempio la h minuscola nei caratteri di Griffo aveva una gamba che entrava dentro del suo occhiello, rendendola simile alla b. Quindi non aveva una buona legibility. Readability è un discorso diverso. In tipografia il termine ci descrive la qualità del conforto visuale nel leggere un testo senza interruzioni causate da un disegno inopportuno o da una cattiva composizione tipografica. La readability collega il carattere e il suo medium al comportamento del lettore.

Non vorrei proporre di sostituire i caratteri graziati ai caratteri lineari. Non è l’obiettivo dell’intervento progettuale in questione, ma è evidente che ogni volta si stanno aprendo presupposti (anche tecnici) per i quali credere nella capacità dei sans serif per la let-tura lunga. Uno di questi presupposti riguarda il peso complessivo del carattere, cioè che con la combinazione delle sue caratteri-stiche si possa arrivare ad un finto serif garantendo la readability.

Il progetto prevede l’uso delle forme dei modelli di Francesco Griffo come riferimento, rappresentando un’opportunità di spe-rimentare questa trasmutazione.

3.4 Ilconcept

“The sans serif letter form is restricted, or apparently so, in the scope it allows the type designer; but that is a challenge that serious designers like to face up to at least once in their lives”.7

6 Stanley Morison, A Tally of Types, Cambridge University Press, 1973, p.99

7 Walter Tracy, Letter of Credit – A view of type design, 1986, Ed. Gordon Fraser Gallery, p.98

5 Non ho trovato in italiano la giusta definizione per legibility e readability, perciò ho mantenuto le parole in lingua inglese. Il loro significato viene spiegato nel testo

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capitolo 3

Dopo lunghe riflessioni (esposte anche nell’introduzione della tesi) e dopo aver redatto un briefing per orientarmi, ho deciso che la mia interpretazione dovesse arrivare a compimento estraendo dai caratteri originali soltanto le caratteristiche che avrei trovato più interessanti e vicine al mio gusto. Ad esempio, l’inchiostra-zione eccessiva era secondo me un elemento che non bisognava né eliminare nè copiare, ma piuttosto sfruttare in altro modo.

Mi pareva anche interessante stare vicino alla struttura dello scheletro del carattere originale e darle un’altra ‘massa muscolare’. Mi sono posto delle domande per aiutarmi a capire la strada da prendere. “Se le grazie non esistessero più, potrei usare la loro assenza come elemento identificativo per i tratti terminali? L’asse era già abbastanza inclinato... e se io lo riducessi? Le maiuscole hanno una proporzione strana, dovrei cambiarla quindi?”. Questo genere di riflessioni sono state fondamentali per arrivare a idee più precise. Segue un elenco delle principali caratteristiche del concept definito sempre affiancato a grezzi schizzi che si sono dimostrati fondamentali per la fase successiva del disegno e la rappresenta-zione del mio processo di creazione.

3.4.1 L’asta concava

Mentre analizzavo i caratteri di Francesco Griffo alcune caratteri-stiche mi hanno colpito subito. Una di queste era l’ingrossamento terminale delle aste verticali come nella lettera i maiuscola o la L minuscola. I loro tratti (come tutto il resto delle aste verticali) sono leggermente concavi curvando all’interno del proprio tratto. Suppongo che questo probabilmente si deve alla ‘sbavatura’ della lettera che si accumula nella zona che collega l’asta alle grazie, ma potrebbe anche trattarsi di una forma irregolare intenzionale.

Durante la mia ricerca sui caratteri del revival, ho trovato un interessante passaggio che riguarda l’insoddisfazione di Eric Gill con il team della Monotype al momento che ridisegnava le forme del suo Perpetua (che tuttavia non è un revival). Nel 1926, in una lettera indirizzata a Stanley Morison, Gill si lamentò della ten-denza che la Monotype (sotto la consulenza di Morison) aveva nel modificare i suoi disegni con uso di riga e compasso. Così Gill disegnò due diagrammi dove spiegava che le aste verticali dovevano mantenersi con la curva verso l’interno e che le grazie dovevano nascere dalla loro asta organicamente (anziché artifi-cialmente). Nel disegno di Gill, c’è la versione della Monotype, con asta dritta con contorni matematicamente paralleli con la parentesi tonda fatta con la precisione geometrica del compasso, e a fianco la spiegazione sul modo in cui egli intendeva che fosse eseguito il disegno.8

Nel progetto del mio alfabeto ho deciso di adottare quest’asta verticale concava, che Gill aveva voluto come caratteristica impor-tante del suo Perpetua, con la differenza che in questo caso non ci saranno le grazie. In effetti, con quest’alterazione dei contorni

8 Sebastian Carter, Twentieth Century Type Designers, Ed. Lund Humphries, 2002, p.76

La I maiuscola e la l minuscola dove si nota asta leggermente concava al centro. In basso, il disegno di Eric Gill, spedito a Stanley Morison, dove paragona l’asta del design della sua lettera alla revisione del team della Monotype

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premesse alla progettazione del carattere

del tratto, che risulta nelle estremità più ampia del resto dell’asta, ho voluto fare una sorta di allusione ad un carattere graziato.

3.4.2 La calligrafia e il contrasto del tratto

L’asta concava porta alla lettera singola ma anche alla composi-zione della pagina un notevole richiamo allo stile rinascimentale. Ho voluto rinforzare gli aspetti calligrafici e questo è stato pos-sibile con la costruzione peculiare dei terminali e anche con il contrasto tenue dei tratti (che simulano il movimento dei tratti). Trovo opportuno introdurre brevemente la teoria del tratto di Gerrit Noordzij per approfondire le variazioni del contrasto e capire come la scrittura influenzò la tipografia e la costruzione del font da me progettato.

“The theory of the front was invented as a model of the relationship between type design and handwriting, as a framework for evaluating studies in type design”.9

Noordzij è un saggista, calligrafo e type designer e certamente una delle figure più influenti nell’ambito della tipografia olandese nelle ultime decadi. Il suo punto di partenza è la scrittura. Dall’ar-ticolazione manuale del tratto egli sviluppa un’altra prospettiva sulla tipografia. Credo sia utile spiegare brevemente la formazione del tratto per approfondire il discorso sul contrasto.

La teoria di Noordzij comincia con l’argomento che nella scrit-tura (come in tipografia) il tratto è formato da forme bianche che determinano la posizione delle forme nere. La forma nera è semplicemente il tratto.

Il contrasto è nient’altro che la differenza tra i tratti spessi e sottili. Ci sono tre tipologie di contrasto che Noordzij classifica nel suo libro The Stroke:1. Traslazione: quando il contrasto è il risultato dei cambiamenti

di direzioni del tratto giacché la dimensione e l’orientamento del contrappunto è constante. Questo disegno è facilmente creato dalla penna tronca e vedremo più avanti come il cam-biamento di penna permette il cambiamento di contrasto.

2. Rotazione: succede quando il contrasto del tratto è risultato non solo dei cambiamenti di direzione del tratto, ma anche dei cambiamenti di orientamento (la rotazione) del contrappunto. In questo caso, l’angolo del fronte soffre una rotazione e le linee del fronte si intersecano.

3. Espansione: in questo caso il contrasto è il risultato dei cam-biamenti della dimensione del contrappunto. L’orientamento del contrappunto è constante e in questo caso lo strumento è la penna a punta fina che a secondo della pressione imprime la sua dimensione.

9 Gerrit Noordzij, Letterletter: An inconsistent tcollection of tentative theories that do not claim any other authority than that of common sense, Hartley & Marks Publishers, p.55

Desegni dei tratti di contrasto di traslazione, rotazione e espansione estratti dal libro di Gerrit Noordzij, The Stroke – Theory of Writing, p. 22, 26 e 27

1

2

3

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capitolo 3

Noordzij inquadra storicamente il contrasto della scrittura. Esten-dendo alla tipografia si può arrivare, in linea massima a questo risultato:

• Traslazione: Medioevo e Rinascimento. Quindi qui si trova la calligrafia umanista, il romano Carolingio e il corsivo.

• Rotazione: Manierismo.

• Espansione: Romanticismo.

Si deve dire che un tipo di contrasto non appare mai isolato, tenendo conto che una persona non riesce mai a mantenere costante né la posizione della penna né la pressione della mano. Ciò che si può dire è che esiste sempre un tipo di contrasto dominante.

I caratteri di Francesco Griffo e le lettere dei suoi contempo-ranei copisti eran soliti al contrasto di traslazione. Nella mia pro-gettazione, la traslazione può essere trovata come uno dei tipi di contrasto e questo si può percepire principalmente dell’angola-zione dei terminali e nella curva degli archi. Certo che tipografia non è calligrafia, quindi l’analisi deve essere osservata in maniera non rigida.

Tuttavia un altro tipo di contrasto rientra nelle forme delle lettere del mio progetto e riguarda le aste concave: il contrasto di espansione. Si tratta di un elemento alieno al Rinascimento giacché questo tipo di contrasto non era possibile con la penna usata in quel periodo. Il mio interesse in tutto questo discorso è confermare che la mia interpretazione parte da una caratteristica probabilmente non voluta nei caratteri di Francesco Griffo che era l’inchiostrazione esagerata sulla carta.

Ho trovato particolarmente interessante la combinazione di questi due contrasti dissonanti, pur essendo ben consapevole che provengono da ragioni tecniche storicamente diverse. Nel design contemporaneo esiste questa possibilità di cogliere suggestioni diverse dal passato, senza l’obbligo di adeguarsi in modo rigido

Bodoni(espansione)

Poetica(rotazione)

Bembo e italic(traslazione)

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premesse alla progettazione del carattere

ad un unico stile, o periodo, o struttura. L’ “improbabile” quindi diventa una soluzione formale possibile, che non si preoccupa di aderire strettamente a delle convenzioni.

3.4.3 I terminali

Il terminale è una importate segno per capire il contesto storico o l’identità del carattere. I font sans serif umanisti riprendono la forma del terminale con un’allusione al movimento del pennino alla fine del movimento di scrittura di una lettera. Partendo da questa considerazione, si è pensato una forma che potesse essere compresa in tutto l’alfabeto nei terminali principali. Ho trovato interessante la forma della grazia superiore della b minuscola con il suo angolo obliquo, che ha un’angolazione di 23 gradi circa. Così, ho ridisegnato la sua forma per adattarla al mio carattere lineare. Questo disegno attenua l’angolazione e simula una punta dove il tratto è meno obliquo. Questo terminale deve essere ripetuto nei tratti ascendenti delle minuscole (b, d, h, k e l),e nei tratti verticali delle minuscole corte (i, j, m, n, p, r). Nel corsivo è previsto che questa angolazione aumenti leggermente.

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capitolo 3

Schizzi più raffinati con le proporzioni definite

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premesse alla progettazione del carattere

3.4.4 L’asse obliquo

L’asse obliquo nei caratteri rinascimentali simulava la scrittura a mano del tratto. Per la progettazione credo che sia interessante mantenere questa angolazione, ma meno accentuata, per dare il ritmo calligrafico al font. Perciò ho stabilito l’angolazione nord ovest /sud est di 75 gradi (alla linea di base), rispetto a quella di 60 gradi del De Aetna. Ho deciso di attenuare tale inclinazione per non accentuare eccessivamente il tratto, e non modularlo troppo nel suo disegno.

3.4.5 La costruzione del corsivo

Come detto prima, avevo la pretesa di fare l’inedito accoppia-mento tra un tondo e un corsivo di Griffo. Le problematiche progettuali di accostamento all’inizio del movimento di revival hanno richiamato la mia attenzione: nel caso del Doves Type e successivamente del Bembo. In questi casi i corsivi o nascevano in un tempo che si rivelava inevitabilmente alieno al Rinascimento e perciò non si inquadravano nel suo contesto giusto, oppure la loro forma era troppo indipendente dal tondo, rendendo il corsivo troppo diverso. Stanley Morison era molto abile diffondere i suoi dogmi. Il suo saggio Towards an ideal italic, nel “Fleuron”, e il suo rapporto personale con i type designer hanno avuto una grande influenza e hanno finito con il creare un consenso su l’italic ideale. Eric Gill con il Gill Sans, Van Krimpen con Romulus e William Dwiggins con l’Electra sono alcuni dei designer che accettarono in un primo momento la premessa di Morison che il giusto italic sia il tondo inclinato senza la forma corsiva.10

La mia intenzione iniziale è stata di riprendere un italic con la vera forma corsiva. Uno che avesse personalità propria autentica ma che si accostasse bene al suo tondo. Per mantenermi fedele a questa seconda premessa, ho avuto l’idea di disegnarlo partendo dall’inclinazione in digitale del tondo, anziché partire diretta-mente dal disegno di Griffo. Più avanti giustificherò meglio questa scelta e la procedura impiegata.

Facendo attenzione ad adottare il peso giusto, il corsivo deve adeguarsi al tondo in maniera tale da formare con esso una stessa linea senza nessun elemento di disaccordo. Le due serie dovreb-bero mescolarsi armonicamente rendendo esplicita la loro affinità. Nel De Bello Troiano (ma anche in altri corsivi di Griffo) l’inclina-zione è di 6,2 a 6,5 gradi circa. Io ho deciso di ridurla a 5, 5 gradi per i seguenti motivi:1. Per non distaccarmi troppo dalla forma dal tondo e conser-

vare così unità;2. prevedevo che questa inclinazione (bassa rispetto alla media

dei corsivi in generale) avrebbe potuto avere un grande potenziale nel creare una forma più indipendente e solida ma comunque dinamica e fluida.

10 Questi type designer successivamente hanno ridisegnato un italico corsivo o ibrido.

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capitolo 3

Torniamo a Gerrit Noordzij, per spiegare la struttura di costru-zione del corsivo. Oltre il contrasto, egli ha teorizzato anche sulla tipologia di costruzione delle lettere nella scrittura e tipografia. Secondo la sua teoria ci sono due possibilità per tutti i tratti della scrittura:1. Costruzione interrotta: quando il tratto segue un’unica dire-

zione (sempre verso il basso). La penna si alza dal foglio e il resto della lettera è continuata da uno o più tratti successivi. Il tondo romano si inquadra in questa categoria.

2. Costruzione di ritorno11: quando ci sono dei tratti nei quali la direzione della penna va verso il basso, inverte la sua direzione senza staccarsi del foglio e subito fa il ritorno verso l’alto fino a completare il resto della lettera.

Il corsivo rinascimentale, secondo Gerrit Noordzji, ha origine nella costruzione di ritorno ma la forma articolata (anche in tipografia) è frequentemente quella interrotta. La costruzione di ritorno è più dinamica, informale e rapida nella azione. La costru-zione interrotta ha il beneficio di avere più controllo sulla forma della lettera, poiché la penna si stacca dal foglio e ricomincia il tratto con più sicurezza e articolazione.

Nella scrittura occidentale il tondo è esplicitamente una costru-zione interrotta. Quanto al corsivo possiamo verificarne le due possibilità. La differenza si trova sottilmente nelle giunzione delle aste che collega quella verticale all’arco. Nella costruzione di ritorno il tratto che va di nuovo verso l’alto passa da spesso a sottile mentre nella costruzione interrotta va da sottile a spesso. Quest’ultima è la modalità usata da Griffo nei suoi corsivi.

L’esistenza di questo aspetto comune al tondo e al corsivo di Griffo ha reso praticabile l’ipotesi di partire dal disegno del tondo inclinato (in digitale) per creare il corsivo. Altrimenti, se il corsivo di Griffo avesse avuto una costruzione di ritorno, la procedura che si è adottata non avrebbe avuto senso a causa della difficoltà di ricreare un modello strutturale totalmente diverso.

3.5 Presuppostideldesigning

3.5.1 Breve descrizione sull’anatomia delle lettere

11 Nell’edizione italiana di Il Tratto di Noordzij è stata tradotta come costruzione inversa. Nell’edizione inglese il traduttore giustifica la sua versione con il significato della parola olandese kerend che vuole dire girare, voltare. Tradotta come returning construction, considero la versione inglese più adatta a far capire come il tratto segue un senso per dopo ritornare. Ho quindi mantenuto il significato olandese, come in realtà è anche nella traduzione letterale dall’inglese all’italiano, ossia, costruzione di ritorno.

Handgloveryocchio medio

linea di base

altezza maiuscole

grazie o serif

terminale

terminale di piedetratto ascendente

tratto discendentebarra trasversale apertura

occhiello econtaforma

overshoot

asse

asse

asta

asta di congiunzione

orecchio

altezza ascendententi

ink trap

altezza discendenti

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premesse alla progettazione del carattere

3.5.2 Le proporzioni

Dopo aver stabilito lo stile del font e disegnato alcuni schizzi pro-ponendo la struttura e specifiche particolarità, il passo succes-sivo è stato quello di determinare le proporzioni delle lettere. La proporzione tra l’occhio medio (o x-height) e l’altezza dei tratti discendenti è forse uno dei fattori più importanti nel definire la struttura e la qualità di un carattere.

I tratti ascendentiI tratti ascendenti (in b, d, h, k, l), quando sono molto bassi, pos-sono causare una perdita di individualità nella lettera. L’occhio medio alto favorisce la readability. Walter Tracy espone con queste parole le sue preferenze di gusto riguardo alle proporzioni della lettera:

“For my own taste, if x to h is a proportional of about six to ten a face will look refined and be pleasant to read. If the x-height is much less than that the face may be stylish but will be unsuitable for a long text. A larger x-height conduce to dullness”.12

In breve, un occhio medio alto aumenta la legibility ma interferisce con l’armonia della lettera rendendola notevolmente peculiare. L’occhio medio mediano garantisce l’equilibrio della lettera e la sua readability, ossia, è ideale per letture lunghe. L’occhio medio basso, invece, rivela una forma sproporzionata ma peculiare, e anch’esso non favorisce la readability. E’ indubbio che vi siano diverse possibilità nel regolare queste proporzioni, ma la scelta deve essere sottomessa allo scopo e all’uso finale del font.

Per definire la proporzione del mio font sans serif, in via pre-liminare, ho studiato la proporzione dei caratteri di Griffo e ho stabilito un concetto che andasse d’accordo con la mia propo-sta. Una importante fonte di ricerca in questa fase è stata il testo di Peter Burnhill, Type Spaces: in house norms in the typography of Aldus Manutius. Questo libro investiga minuziosamente il sistema di dimensioni pianificato da Francesco Griffo: la dimensione dei caratteri, i loro tratti ascendenti, la linea di base, la giustezza della riga e l’area di testo. Burnhill effettua calcoli su questi aspetti e teorizza così che le lettere venissero create sotto un rigoroso piano cartesiano pre-definito che teneva conto del layout della pagina.

Tra i caratteri analizzati da Burnhill che più mi interessavano c’erano il tondo maiuscolo e minuscolo del De Aetna di Bembo e il corsivo minuscolo (e il suo tondo maiuscolo) del Questiones Naturales di Seneca, un ottavo del 1522. Leggere lo studio di Bur-nhill mi ha reso consapevole dell’importanza data da Griffo alle proporzioni delle sue lettere e mi ha permesso di ragionare su questo importante aspetto della progettazione di un font.

Ho fatto dei calcoli per i caratteri di Francesco Griffo che ho selezionato per la mia progettazione. Poiché la digitalizzazione

Diagramma con le proporzione di De Aetna (il Tondo 4) e sotto del Corsivo Aldino. Immagini estratte dal Type Spaces di Peter Burnhill

12 Walter Tracy, Letters of Credit, Gordon Fraser Gallery, 1986, p.51

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capitolo 3

delle pagine dei libri ha fatto sì che si perdesse la misura esatta in millimetri della dimensione reale delle lettere, ho usato un’unità fissa come riferimento (così come in Fontlab, il programma di progettazione di font). Una volta posizionate le immagini delle lettere dei caratteri di riferimento in Photoshop, ho calcolato le proporzioni tra le lettere giungendo ai seguenti risultati:

• De Aetna (il tondo):

h= 63 unità13

x= 34 unitàd= 25 unitàM= 54 unitàquindi:h/x = proporzione tra l’occhio medio e l’ascendente = 54%x/d= proporzione tra il discendente e l’occhio medio = 73%M/x= proporzione tra l’occhio medio e l’altezza della maiuscola = 62%

13 Per unità si intende qualsiasi valore invariabile

A destra e sotto, la griglia realizzata da Burnhill sulla proporzione delle lettere del Corsivo Aldino e De Aetna

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premesse alla progettazione del carattere

• De Bello Troiano (il corsivo):h= 44 unitàx= 25 unitàd= 19 unitàquindi:h/x = proporzione tra l’occhio medio e l’ascendente = 58%x/d= proporzione tra il discendente e l’occhio medio = 76%

• Proporzione definita per il Laguna, il carattere progettato per la tesi:

h/x = proporzione tra l’occhio medio e l’ascendente = 62%x/d= proporzione tra il discendente e l’occhio medio = 54%M/x= proporzione tra l’occhio medio e l’altezza della maiuscola = 66%

Quando si crea un font sans serif sulla base di un font graziato, se si tolgono le grazie mantenendo il tratto ascendente come’era, si nota subito una sproporzione tra l’asta ascendente e l’occhio medio. In tal caso dobbiamo ridurre l’altezza dell’asta per rendere il rapporto tra il tratto ascendente e l’occhio medio più bilanciato. Comunque rimane la decisione di quanto lungo o corto rimanga il tratto ascendente rispetto all’occhio medio. Conoscevo a priori l’importanza di mantenere questa proporzione ad un minimo del 60% per garantire legibility. Dall’altra parte, il carattere tondo di Griffo ha un occhio medio relativamente basso (54% nel tondo e 58% nel corsivo) e farlo alto porterebbe a distanziarmi troppo dalla forma originale.

63

44

25

19

54

34

25

hM

x

d

h

x

d

baseline

baseline

Studio di proporzione fatto sui due caratteri scelti per la progettazione

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capitolo 3

Ad ogni modo ho deciso di stabilire la proporzione del 62% perché mi permetteva di estrarre la forma strutturale dei caratteri di Griffo senza perdere le sue caratteristiche e mantenendo ancora la lettera nella misura di una buona leggibilità.

I tratti discendentiSui tratti discendenti Tracy ha scritto: “The lenght of the descenders is only one aspect of the proportions of a type design and, in regard to reada-bility, not the most important. If the descenders are short the appearence of the letter g, j, p, q and y may be displeasing to the professional eye, but the reader’s comprehension of the text will not suffer much”.14

I tratti discendenti di Griffo presentavano un rapporto alto con l’occhio medio: 73% nel tondo e 76% nel corsivo. Nella progetta-zione ho ridotto la misura degli ascendenti, ma non troppo. La loro proporzione è di 54% dell'occhio medio. Nel complesso, la forma delle lettere con questi tratti ascendenti mi sembrava pia-cevole esteticamente anche funzionale, per non permettere di avanzare alla riga di sotto.

Il corsivo progettato in questa tesi adotta le stesse proporzioni stabilite per il tondo. Questo perché:1. Non c’è una grande differenza tra le proporzioni delle lettere

nel De Aetna e nel Bello Troiano.

Disegno con proporzione modificata realizzato su carta lucida con riferimento ai modelli storici

14 Walter Tracy, Letters of Credit, Gordon Fraser Gallery, 1986, p.50

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premesse alla progettazione del carattere

15 Giovanni Mardersteig, Aldo Manuzio e i Caratteri di Francesco Griffo da Bologna, Verona, p.136

2. La proporzione stabilita per i tratti ascendenti del mio font era ancora più simile a quella del Bello Troiano che il De Aetna e perciò non pone difficoltà nella costruzione del design.

MaiuscoleL’altezza delle maiuscole comparata con l’altezza dei tratti ascen-denti è un altro rapporto verticale che ha un effetto sul modo di apparire del font. È un’opinione consolidata che in un font di testo le maiuscole debbano essere minori degli ascendenti. La differenza nell’altezza varia da un font all’altro. Nei caratteri old-style (o romani antichi) la differenza è visibile ma, in linea di massima, le maiuscole sono molto più basse rispetto ai caratteri transizionali o Didone. Ho calcolato il rapporto delle maiuscole sempre rispetto all’occhio medio.

Nel De Aetna, come dimostrato nel calcolo precedente, la pro-porzione dell’occhio medio rispetto all’altezza delle maiuscole è del 62%. Nel carattere progettato per questa tesi, ho aumentato l’altezza delle maiuscole, avendo considerato che il modello ori-ginale è basso, quindi il rapporto stabilito è di 66%. Anche per il corsivo maiuscolo si è mantentuta l’altezza del tondo progettato.

Il rapporto tra la larghezza e l’altezza del trattoOltre alla proporzione tra l’altezza massima delle maiuscole e l’occhio medio è importante definire le proporzioni del tratto in altezza in larghezza. Giovanni Mardersteig ipotizza che per la costruzione delle maiuscole del Polifilo (analizzata nel capitolo due), probabilmente sono stati presentati a Francesco Griffo dei modelli di iscrizioni epigrafiche del secolo i o ii e che “risalta dalla sua osservazione del testo del Polifilo, nel quale si stabilisce il rapporto 1 : 9 per la larghezza di maiuscola I in paragone con l’altezza, un rapporto che anche (il matematico) Luca Pacioli ha adottato nell’alfabeto della sua Divina Proportione”15. Ho fatto dei calcoli sulle maiuscole del De Aetna e, escludendo la sbavatura delle lettere, sono arrivato al rapporto molto minore di 1 : 6,75. Non ho avuto l’opportunità di avere una pagina del Polifilo fra le mani, ma da una fotocopia ho misurato un rapporto di 1 : 8,25 (circa), che tuttavia non mi sentirei di con-siderare un valore preciso. Indipendente dalla mia procedura si arriva alla conclusione che comunque i tratti nel De Aetna sono grossolani rispetto all’acclamato maiuscolo del Polifilo.

Nel caso del mio font, ho optato per un rapporto più simile al Polifilo che alle maiuscole del De Aetna (che era di 1 : 8). In realtà, il rapporto da me definito evoca solo approssimativamente la proporzione delle lettere maiuscole del Polifilo.

3.5.3 Gli effetti ottici e le correzioni

Il campo visivo dell’essere umano è molto più esteso nella sua visione orizzontale in rispetto alla verticale. Nella lettura occiden-tale il flusso di scorrimento dell’occhio è da destra verso sinistra e

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capitolo 3

dall’alto verso il basso. Queste caratteristiche e abitudini portano i nostri occhi a vedere le forme in un modo diverso da quello che realmente sono.

Prima di progettare un carattere, gli effetti ottici e le rispettive correzioni devono essere ben apprese dal type designer per appli-carle ai tratti delle lettere. In questa parte della tesi verranno intro-dotti alcuni dei casi fondamentali16 in merito a tale argomento.

1- Se osserviamo due tratti, uno orizzontale con a fianco uno verticale, vedremo che il primo risulterà più spesso e il secondo più stretto(1a). Questo avviene perché la nostra vista assimila prima tutto ciò che viene percepito nella parte superiore mentre tende a snellire tutto ciò che si presenta in posizione verticale. Per correggere questo effetto ottico si deve assottigliare il tratto orizzontale tra il 5 e il 10% (1b). La stessa cosa vale per i tratti diagonali, nel cui caso deve essere ridotto lo spessore dell’asta ruotandolo verso la posizione orizzontale (1c).

2- Se disegniamo un quadrato con quattro tratti esattamente uguali, a causa dell’effetto ottico la nostra vista tenderà ad appiat-tirlo (2a). La correzione di questo effetto ottico prevede la ridu-zione di spessore delle aste orizzontali (2b). Sulla base di queste osservazioni è essenziale, per quanto riguarda i caratteri, rivedere tutte le aste orizzontali delle lettere maiuscole come: E, F, H, L, T e Z.

3- Se lo stesso quadrato corretto viene diviso orizzontalmente nella sua meta in due rettangoli uguali, vediamo la parte supe-riore bianca leggermente più alta perché il nostro occhio tende a spostare la mediana verso il basso (3a). La correzione di questo effetto ottico sposta semplicemente e leggermente la mediana verso l’alto (3b). Quindi le lettere inclusive di un tratto mediano (asta o curva) richiedono un attenzione nella loro parte centrale, tenendo leggermente spostato in alto il tratto.(caso della B, E, F, H).

4- La E maiuscola (4a) può essere da esempio per queste regole (come i seguenti glifi: F, B, H, K, S, X, 8, 3, 9, 6). Il primo adatta-mento prevede la diminuzione di spessore delle aste orizzontali (4b). Questa correzione deve essere eseguita per tutte le lettere formate con aste verticali e orizzontali. Il secondo adattamento sposta verso l’alto il tratto centrale(4c). Il terzo adattamento infine accorcia i tratti superiori e maggiormente le eventuali centrali (4d) altrimenti il tratto centrale ci sembrerebbe più lungo degli altri due e il tratto superiore più lungo dell’inferiore.

Nello stesso modo, tutti i tratti delle parti superiori, le linee verticali e i cerchi devono essere ristretti e in proporzione a questa correzione anche la parte inferiore come nel caso di C, K, G, X e Z.

Nel caso della Y, P e F occorre abbassare la parte centrale verso

3a 3b

2a 2b

1a 1b 1c

4a 4b 4c 4d

C K G X Z

Tutte gli esempi e figure vengono riprese dal manuale di Giangiorgio Fuga, Tipometria e composizione tipografica, Atti dei corsi di Tipografia e Disegno dei caratteri,Politecnico Milano

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premesse alla progettazione del carattere

il basso, oltre la mediana, al contrario di come abbiamo visto per la E e la H. Questo per riempire il grande vuoto presente nella parte inferiore della lettera.

5- Se abbiamo un cerchio geometricamente perfetto con lo spes-sore constante, l’asse verticale risulterà più spessa di quella oriz-zontale (5a) e perciò esige una correzione. Gli spessori in alto e in basso devono essere ridotti e lateralmente aumentati (5b). Questo caso si riferisce alla O.

6- Se posizioniamo linearmente tre figure geometriche come il triangolo, il quadrato e il cerchio, la nostra vista percepisce il quadrato dimensionalmente maggiore degli altri due (6a). Per correggere questo errore e poterli vedere otticamente della stessa dimensione, si deve aumentare di circa il 2% la dimensione del triangolo e del cerchio (6b). Questa correzione, il cui nome è over-shooting, si applica alle lettere di forma triangolare (V, A, M, W) e circolare (O, C, G, S) (6c).

7- La prossima correzione si chiama ink trap (o rastrematura) e riguarda la forma ottenuta con due aste che formano un vertice. Questa area, nel caso di una lettera, risulterà troppo pesante e sbilanciata perché presenta troppo nero rispetto al resto della forma. Per evitare ciò viene aumentato il bianco (la controforma), diminuendo progressivamente lo spessore delle aste nel vertice. Questa operazione deve essere applicata alle lettere A, K, N, R, X, Y, M e W. AK

5a 5b

V E O

6a

6b

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“A font is a design system, a serie of forms that must be balanced between the the competing concerns of unity and variety”.1

Il design delle lettere è stato inizialmente schizzato su carta per ampliare la mia esperienza sul rapporto tra il tratto nero e lo spazio bianco. Le particolarità formali delle lettere sono state spe-rimentate in diversi modi e il loro potenziale cambiava in accordo con il mio giudizio, gusto ed esigenza pre-stabilita alla partenza del progetto. In generale, la struttura del mio design mantiene quello dei modelli storici ma non in tutti i casi. La proporzione è stata modificata per adeguarsi ai presupposti di un font di testo sans serif che rispettasse una buona leggibilità. I terminali e lo spessore dei tratti si ripetono in accordo con la forma della let-tera. In Fontlab ho disegnato gli outline dividendoli tra gruppi di lettere con somiglianza nella forma, come sarà descritto dettaglia-tamente in questa sessione.

4.1 Lemaiuscole

Ad una superficiale analisi sembra più semplice e diretta la costru-zione di un font sans serif, rispetto alla progettazione di un font graziato. Tuttavia, un carattere con serif permette un margine di errore più elevato, dato che le grazie provocano una sorta di distrazione visiva. Senza questa distrazione, invece, il font sans serif rende ovvio qualsiasi piccolo errore, nella proporzione, nel colore e nel bilanciamento tra le lettere.

A parte la mancanza delle grazie, la più grande differenza tra i sans serif e i serif è ovviamente il contrasto. Lettere non graziate, compresi i sans serif umanisti, hanno una piccola variazione nel larghezza del tratto (i tratti orizzontali sono in media 75-90% dei tratti verticali).

Il basso contrasto dei sans serif crea sempre un problema di colore (la densità di grigio del carattere in una pagina) nel

Capitolo4Designing

1 Karen Cheng, Designing Type, Ed. Lawrence King, p.8

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capitolo 4

momento in cui le due aste si intersecano. L’incrocio dei due ele-menti tende a riempirsi di inchiostro nella stampa, soprattutto nei corpi piccoli. In questo caso è necessario utilizzare una tecnica denominata ink traps (rastrematura) che consiste nello snellire repentinamente i punti di contatto fra le due aste, ma approfon-diremo ulteriormente il discorso in seguito.

Le maiuscole sans serif (ugualmente a quelle graziate), ven-gono disegnate rispettando due possibilità di proporzione: la classica o la moderna. Ovviamente nel caso in cui esso abbia un disegno di epoca moderna, il sans serif rispetterà proporzioni moderne. Nel caso in cui il riferimento sia classico si seguiranno proporzioni utilizzate in quel periodo storico. Nel mio progetto di tesi svilupperò un carattere sans serif dalle proporzioni classiche perché ispirato ad un lavoro di epoca rinascimentale.

Malgrado i sans serif non posseggano grazie, non significa che abbiano un potenziale creativo minore di quelli graziati e che non abbiano una forte componente espressiva. Le sue terminali (la fine di ogni asta) possono essere disegnati in modo tale da creare una forte identità e le più piccole alterazioni hanno il potenziale di modificare o aggiungere molta personalità ad un font.

Poiché il nostro carattere è progettato basandosi su di un carat-tere rinascimentale (e graziato) le proporzione scelte saranno quelle classiche. I terminali avranno caratteristiche che ripren-dono la forma dei tratti del carattere originale.

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designing

Maiuscole H, O

Dopo la fase di concept del font è utile iniziare la progettazione con la lettera H e la O. Queste due sono lettere importanti, poiché danno supporto alla tipometria di tutto il carattere. Le aste verticali della H e le curve della O faranno da riferimento per tutte le altre lettere che abbiano tratti simili. Ad esempio, la D riprende l’asta verticale della H e la curva della O e così via. La prima complicazione, in questo caso, è l’attenzione alla proporzione che dovrà essere mantenuta in tutto l’alfabeto.

Ho iniziato il disegno della H aggiustando l’immagine scansionata dall’originale del De Aetna che viene inserita per intero tra la baseline (o linea di base) e i caps high (l’altezza massima definita per le maiuscole). Dopo aver disegnato entrambe le aste verticali, ho definito la distanza ideale tra loro e successivamente ho posizionato l’asta orizzontale, nell’altezza mediana superiore della lettera. Questa asta orizzontale non deve essere più spessa di quelle verticali. Ho tenuto quindi conto del contrasto che si genera tra elementi verticali ed orizzontali per non renderlo troppo forte, ma sufficiente per mantenere peculiarità distintive dei caratteri umanistici, quindi non monolineari.

BEFLPRS IJ UHT MW CDGOQ AVNYZK

E I H O AM

Proporzione classica

Linotype Syntax

H

H+O=D

H

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capitolo 4

I terminali delle aste verticali seguono il concetto precedentemente spiegato, nel quale vengono leggermente ampliati. Allo stesso tempo il centro delle aste si stringe leggermente. Questo effetto evoca la grazia, mantenendo ovviamente, la totale assenza di essa.

Il prossimo passo è definire la O. La O di un sans serif può avere diverse forme strutturali: circolare, ovale, quadrata o quadrata arrotondata. L’asse verticale della lettera può essere ortogonale alla linea di base o leggermente inclinato. Nel nostro caso, per seguire la forma basica di un carattere rinascimentale useremo la struttura circolare con l’asse obliquo. L’inclinazione dell’asse richiama la scrittura umanistica dove il tratto delle lettere viene inclinato verso sinistra, poiché il pennino veniva posizionato in tal modo durante la scrittura a mano.

Il tratto della O è formato da due contorni. Il primo esterno e il secondo interno, che crea la sua controforma, ovvero, lo spazio bianco interno. Ci sono tante sans serif che ci danno l’illusione di essere una costruzione di lettere monolineare. Tuttavia, anche nelle font più razionali (come il Futura) ci deve essere un sottile contrasto del tratto. Visto che l’occhio (abituato alla scrittura occidentale da sinistra verso destra) slitta nella direzione orizzontale, i tratti orizzontali sembrano più grossi di quelli verticali della stessa larghezza. Ugualmente i tratti diagonali sembrano più grossi di quelli verticali della stessa larghezza. Non è altro che un’illusione ottica. Perciò, le curve superiori ed inferiori della O vengono assottigliate finché non si trova il giusto spessore.

La larghezza massima del tratto della O deve essere uguale alla larghezza delle aste verticali della H. Ho inserito, quindi, questo valore definendo le due curve più spesse.

Il contorno esterno della O viene leggermente ampliato nella parte inferiore e superiore. Il contorno interno viene leggermente

HO

17.5 gradi

overshooting

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designing

inclinato verso sinistra. Così facendo, aumenta leggermente la modulazione, dando l’idea dell’asse di un romano antico (o veneziano), a cui appartiene il carattere di Griffo a cui mi sono ispirato.

E, F, I, T, L

La E riprende le misure della H e della O. L’asta verticale è uguale a quella della H. Le aste orizzontali superiore e inferiore hanno lo stesso spessore delle curve più fine della O (quella superiore e l’inferiore). È molto importante fare la giusta correzione ottica anche in questa lettera e successivamente si utilizzerà anche nella costruzione della F. La lunghezza e lo spessore dei tratti orizzontali devono variare in modo da correggere la sua geometria e proporzione dal punto di vista ottico. Perciò, l’asta inferiore è la più lunga delle tre, seguita dalla superiore e successivamente l’asta mediana che, tra l’altro, è leggermente più sottile e posizionata sopra la metà altezza della lettera. Interessante notare che queste correzioni venivano applicate anche nei primi caratteri della storia tipografica.

Il disegno della E di proporzione classica è corta nella sua lunghezza, circa metà della lunghezza della O. La E merita un’attenzione speciale perché i tratti terminali di essa influenzano molto l’aspetto globale del carattere. Poiché stiamo disegnando un carattere umanista ispirato alla calligrafia, il terminale dell’asta orizzontale inferiore della E riprende la forma della grazia del De Aetna. Si ritroverà questo cenno stilistico in tutto il resto del font, rendendo un’identità comune e chiara.

FUna volta costruita la E si può passare alla F. Per questa lettera ho usato la stessa lunghezza della prima. La F ha troppo spazio bianco sotto il braccio mediano quindi si deve spostare leggermente verso il basso rispetto a quello della E, per bilanciare meglio la lettera. Ho deciso di preservare il terminale del braccio superiore uguale al corrispondente della E.

OE

HOEE F I T L

EE F

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capitolo 4

E L

La I è nient’altro che una delle aste verticali della H. Pur essendo un singolo elemento e osservandola con cura possiamo notare la leggere inclinazione della sua asta nella parte centrale. Nel carattere originale di Griffo, ho notato che questa lettera era sottilmente più ingrossata nella grazia superiore, perciò in maniera minima ho fatto lo stesso a quella inferiore. Ovviamente questa caratteristica viene ripresa in tutte le lettere che possiedano l’asta verticale.

LLa L riprende l’asta verticale e l’asta orizzontale inferiore della E (meno allungato), incluso il suo terminale.

TLa T sono due aste, una verticale e un altra orizzontale. Ho preservato la proporzione della T originale ma senza considerare le sue grazie. Lo spessore del tratto orizzontale è leggermente maggiore di quello dell’asta orizzontale della H. Ho effettuato questo cambiamento per mantenere equilibrato il vuoto che c’è nella parte inferiore della lettera.

Maiuscole C, G, S

Per ottimizzare la consistenza di colore e forma, i sans serif C, G e S devono avere aperture simili. Aperture ampie sono generalmente più piacevoli perché la contro forma (lo spazio bianco) chiarisce le differenze strutturali tra forme simili (per esempio S, B e 8). Un altro elemento che connetta la C, G e S è la coerenza della forma dei terminali. I tagli di questi terminali devono essere collegati tra di loro sia per l’angolo usato sia per la forma scelta.

CLa C è stata tracciata sopra la scansione di quella griffiana. Il suo arco mantiene la curvatura della O, ma si modifica quando il tratto si avvicina ai bracci superiori ed inferiori. Il terminale superiore è tagliato ad angolo retto. Il braccio inferiore invece, segue una forma più a punta e ad angolo, così come è usato nel

H

HT T

I

CC

C G Sapertura

overshooting

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designing

H O D

De Aetna. Inoltre è un accorgimento utilizzato anche nel braccio inferiore del design della mia E. Questo braccio avanza leggermente oltre il braccio superiore.

GL’arco della G è uguale a quello della C. Il braccio superiore è un poco più alto del corrispondente della lettera C per aumentare l’apertura che la presenza dello spur (sperone, in italiano) riempie. Anche il braccio inferiore non si alza tanto come nella C per permettere la sistemazione dello sperone, come nell’originale. Lo spur in questa lettera è più grande di quello di Griffo per non confondersi con la C nei piccoli corpi.

SL’anatomia della S è sempre molto complessa, a causa della difficoltà nel trovare l’equilibrio delle sue curve. Le ho tracciate sulla forma della S griffiana. I terminali non sono totalmente allineati con gli archi della spline per mantenere l’equilibrio.

Maiuscole D, B, R, PLe maiuscole sans serif D, B, R e P subiscono la stessa costruzione dei serif. Tuttavia, nelle B e R il basso contrasto, tipico dei sans, rende la giunzione tra l’occhiello superiore e la pancia (o la coda, nel caso della R) eccessivamente nero. Per schiarire questa zona, il tratto di giunzione della pancia è stato leggermente affinato o rastremato.

DLa D di Griffo si estende troppo nella sua larghezza, perciò l’ho ridotta in questa dimensione per adattarsi meglio alle altre maiuscole del mio alfabeto. L’asta verticale viene ripresa dalla H. L’arco, simmetrico nella sua verticale esce dritto dall’asta curvandosi e inspessendosi al centro.

BLa B del De Aetna ha una forma squisita, al meno ai nostri occhi. Strutturalmente è simile a ciò a cui siamo abituati, ma le sue

D B R P

O C GG G

SS

D D

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capitolo 4

proporzioni, il posizionamento dei tratti e la loro modulazione la fa diventare eccentrica. La barra che collega l’occhiello superiore a quello inferiore è troppo alta e curva verso il basso nelle sue due estremità. Oltre tutto, l’arco superiore si collega all’inferiore più che alla propria barra.

Nel concept del carattere ho deciso di non sovraccaricare il font con troppe caratteristiche pittoresche o elementi eccessivamente distinguibili, perciò ho cercato di mantenere la mia B più vicina ad una contemporanea B sans serif ma mantenendo la sua proporzione classica. Dopo questo ho collegato entrambi gli archi all’asta di giunzione (invece di legare l’occhiello superiore direttamente nell’occhiello inferiore) per renderla più sobria.

RLe R del periodo veneziano sono molto interessanti nella forma. Se osserviamo il carattere Bembo Monotype la lettera R ha una coda molto evasiva e si estende troppo verso la parte destra della lettera. Ugualmente è la R del De Aetna. La coda si origina all’inizio della curvatura della pancia e il terminale scende leggermente sotto la linea di base. L’occhiello è grande, la sua asta di congiunzione è bassa risultando così leggermente sproporzionato.

Nel disegno fatto da me, l’asta di congiunzione è più bassa rispetto a quella della B. La coda nasce dalla curva dell’occhiello e termina oltre la pancia ma non eccessivamente come nel modello di riferimento. La forma della coda è leggermente curva verso l’interno della lettera e il suo terminale è a punta.

PQuando ho ideato la P intendevo mantenere l’asta di congiunzione della pancia scollegata dall’asta verticale. Il suo terminale riprende la forma dei terminali delle altre lettere del font. Il suo occhiello si estende verso destra più di quello della B e R ed è anche più basso per riempire lo spazio vuoto nella parte inferiore della lettera.

B

RB RR

B B

P P

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designing

V A W

Maiuscola Q

Questa lettera è composta dA una O e una coda. La coda di Griffo ha una presenza molto forte con la sua lunga coda che invadeva la lettera alla sua destra, di solito la u minuscola. In quel caso Griffo creava una legatura composta di due o anche tre lettere come Qua, Que.

Nel mio design ho ridotto la coda lasciandola finire poco dopo l’estensione dell’occhiello. Mi sembrava interessante, anche se ridotta, riprodurre la forma che scende fino ad un punto e che torna ad avvicinarsi alla linea di base salendo un poco. La giunzione della coda del De Aetna è dalla parte destra dell’occhiello. Nel mio caso ho preferito farla partire dal centro per così rendere la lettera più equilibrata con una coda abbondante.

Maiuscole V, A, W

Queste lettere formano la famiglia delle lettere diagonali. Nei caratteri graziati le aste sono disegnate con un evidente contrasto. Con l’intenzione di creare un font che mi portasse alla sua origine ho dovuto progettare queste lettere in modo che non avessero delle aste troppo contrastate, ma sufficiente per richiamare al loro riferimento a ciò che riguarda il peso complessivo. Le aste verticali delle maiuscole romane epigrafiche venivano incise da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso, con lo spessore maggiore di quelle di altre aste delle stesse lettere. Per questo motivo, ho mantenuto questa differenza di spessore anche V, A e W. Qui gli ink trap devono essere messi all’interno degli angoli per evitare un’inchiostrazione esagerata. I terminali di queste tre lettere devono rimanere uguali per mantenere l’identità del carattere.

VIl carattere griffiano ha la V abbastanza aperta, probabilmente perché i tratti terminali di testa erano fortemente presenti nella parte interna della lettera. Quindi, nel mio disegno le ho fatte meno aperte. I terminali di testa delle

B R P

QQovershooting

V V

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capitolo 4

aste diagonali sono più grossi per mantenere l’effetto visivo di modulazione che esiste in tutte le aste verticali.

Il vertice della V nel De Aetna è a punta scendendo sotto la linea di base. Nel mio design, il vertice non è a punta ma a taglio corto e quadrato e scende anch’esso sotto la linea di base creando un’ overshooting che può essere osservato anche in tutte le lettere rotonde (come la O, C, S e G).

WLa W è un glifo che non esisteva nel periodo rinascimentale. Comunque la sua struttura è composta di due V più strette. Il vertice centrale superiore nelle W sans serif può essere connesso, incrociato o tagliato. Quest’ultimo caso è stato scelto per il design di questo font.

ALa lettera V è anche la base della lettera A, che viene ruotata e allungata orizzontalmente, alla quale viene aggiunta una barra trasversale. È messa ad un’altezza tale per cui si mantengano gli spazi bianchi interni (sopra e sotto) in equilibrio. Per trovare questo bilanciamento ideale ho dovuto abbassarla più di quella di Griffo (che la metteva molto alta). Il vertice superiore della A è un poco più grande di quelle della V e W perche l’anatomia delle A nei caratteri romani antichi (o veneziano) seguiva questa prassi.

Maiuscole K, X e Y

Queste tre lettere sono collegate tra loro, in quanto hanno almeno due diagonali che si trovano in un vertice centrale. Per avere un’identità comune l’asta diagonale più spessa ritorna anche nelle altre due lettere e la stessa cosa vale anche per l’asta diagonale più fina. L’anatomia comune le porta a condividere un problema di design: l’eccesso di colore che congestiona la loro congiunzione all’interno della lettera. Anche qui si prevede l’uso di ink trap, in entrambi lati dei tratti. Non ho trovato

K X Y

V WV

A Across bar

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designing

nessuno di queste tre lettere nelle pagine del De Aetna, perciò ho fatto la loro struttura seguendo i modelli di caratteri che sono stati ricreati basandosi nei modelli veneziani, come Bembo, Dante e Garamond.

KNel mio design la gamba (l’asta diagonale inferiore) della lettera è più grossa del suo braccio, seguendo sempre il discorso del movimento calligrafico dove ,quando c’è un’asta che inizia da sinistra verso destra è leggermente più spessa (come succede nella V, W, A e come vedremo più avanti nella M e N). Il suo terminale è maggiore, come anche quello del braccio. Ho ipotizzato di fare la gamba con una forma curva, come la gamba della R, ma questo porterebbe a un design molto caricato e dispersivo, non indicato per caratteri di testo di medio e lunga durata.

XLa X sono due aste verticali che si incrociano. La prima asta è leggermente più spessa dell’altra. L’angolazione di queste aste deve essere meno aperta delle aste diagonali della K. L’incrocio di queste aste, come detto prima, ha bisogno di ink traps per evitare un sovraccarico d’inchiostro.

YLa Y è composta da due aste diagonali che se intersecano nella asta verticale. Il design della Y ha mantenuto lo stesso angolo di apertura di quello della X.

Maiuscole U, J

La U e la J sono apparentemente simili. La U, tuttavia, è collegata alla V. Nelle inscrizioni epigrafiche romane e anche nell’inizio della stampa la V veniva messa al posto della U. La J è collegata alla C, G e S, non strutturalmente, ma nei terminali.

UNon ho trovato un modello di riferimento per questa lettera. Il design della U inizia

K

X

Y

U J

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capitolo 4

dalla scelta dell’apertura dello spazio bianco interno. Due aste verticali vengono posizionate con differenza di spessori: una più grossa (a sinistra) in rispetto all'altra. Sono disegnate approssimativamente seguendo l’apertura della V. Successivamente si è fatto un raccordo delle due aste, mutandolo in un unico elemento.

JNei sans serif umanistici, una lunga forma della J è preferibile. Quindi, il suo tratto principale scende sotto la linea di base ma non tanto quanto le discendenti minuscole (p, q, j, g) e il suo terminale usa la stessa forma della S, C e G.

Maiuscola M

La M è una lettera molto complessa da progettare con le due aste verticali e due diagonali che concentrano una grande densità di nero nel loro giunzioni, tre in totale. La difficoltà aumenta quando le aste verticali sono leggermente inclinate come nel caso della M di Griffo. Questo perché il peso di ogni asta ha uno spessore diverso: diventa difficile, quindi, trovare un equilibrio giusto. Per questo motivo la M è, di solito, la lettera più larga dell’alfabeto. La sua contro forma (gli spazi bianchi) deve bilanciare la forza del nero, per non provocare un’asimmetria accentuata.

Il disegno è stato fatto seguendo il tratto dell’originale. Le aste però hanno seguito le misure delle altre aste del resto del mio alfabeto. Questa lettera ha una particolarità: la grazie sopra la prima giunzione a sinistra della lettera. Questa peculiarità è ripresa dal carattere di base, creando così un interessante tocco calligrafico.

Maiuscole N, Z

Dato che queste due lettere sono composte da aste dritte (o verticali come nella N o orizzontali come nella Z), le giunzioni devono seguire lo stesso stile della M. Sono anche loro due lettere aperte, la N verticalmente, e la Z orizzontalmente e perciò la loro asta diagonale deve essere impessita, rendendosi più scura.

M

SCG JVO OU U

H H UU

MMM

NN

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designing

NLa N segue la struttura della N di Griffo, ovvero, con due aste verticali dritte. Allo stesso modo le giunzioni sono sovrapposte come nella M. Il tocco calligrafico della grazie rimane. Dalla parte opposta della lettera, anche l’altra giunzione è sovrapposta, e subisce un taglio nella parte inferiore della asta verticale destra, per non caricare rendere il glifo troppo scuro.

ZLa Z segue coerentemente le giunzioni della M e N e il colore viene ridotto rastremando le aste orizzontali nel loro incrocio. Poi viene scurita l’asta diagonale per controbilanciare tutto lo spazio bianco interno. La sua lunghezza è simile a quella della N.

N

ZZN

ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ

Laguna regular 60/72

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capitolo 4

4.2 Leminuscole

In generale le minuscole sans serif sono poco più chiare delle lettere maiuscole, visto che presentano una costruzione più uniforme dei serif, la differenza di colore è più sottile e meno visibile.

Di solito l’occhio medio (x-height, in inglese) delle sans serif è più alto di quello serif. Un occhio medio alto riduce le congestioni nelle giunzioni delle aste, poiché dispone di più spazio bianco all’interno delle lettere. Questa è un’importante considerazione per i font con basso contrasto come i sans serif. Il De Aetna di Griffo (come di solito venivano fatti i carat-teri veneziani) non aveva un occhio medio tanto alto. Nel mio design ho cercato di non farlo molto basso, per evitare che nei testi di media/lunga durata non ci fosse una perdita di leggibilità. Ho ridotto considerevolmente le ascendenti al di là del taglio della grazia, pro-prio perché volevo aumentare la leggibilità nei piccoli corpi.

Minuscole o, l

oNelle minuscole sans serif il colore viene schiarito attraverso una sostanziale riduzione di entrambi gli spessori, chiaro e scuro (il tratto dove è più e meno spesso). Per creare la o minu-scola si inizia scalando la maiuscola. Questo produce una o proporzionalmente uguale, ma con densità di colore più chiara. Nel mio caso ho ristretto leggermente la lunghezza di questa lettera per non renderla geometricamente troppo razionale, come ad esempio, il Futura. Anche nella o minuscola, come in tutte le altre forme circolari dell’alfabeto minuscolo, è previ-sto l’overshooting.

lNei sans serif la l può rappresentare un pro-blema, perché la sua forma è identica alla i maiuscola. Per distinguere al meglio la l minu-scola, prima ho ridotto leggermente lo spessore, poi ho aggiunto alla base una coda che va verso

O oO o

l

overshooting

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designing

destra, così da avere un terminale calligrafico come nelle maiuscole. Lo stesso terminale si trova anche nella parte superiore dell’asta verti-cale della lettera.

Minuscole d, b, p, q

In queste lettere una delle più grandi preoc-cupazioni è la loro “contro forma”, ovvero gli spazi bianchi che si trovano all’interno delle let-tere. La d, b, p e q hanno la stessa forma ovale più un’asta verticale. La o minuscola e il suo asse obliquo servono come riferimento nella costruzione della loro forma. Tra di loro ci deve essere un forte collegamento se stiamo proget-tando un sans serif umanista. Per esempio se un terminale delle braccia della E sono particolari nella loro forma, la stessa forma deve essere presente nei terminali di testa o di piede delle aste verticali, in quasi tutto il resto dell’alfabeto minuscolo. Altro problema nella loro forma è l’alta densità di nero presente nelle giunzioni tra l’asta verticale e l’occhiello. La soluzione è l’uso di ink traps. La b e la q sono simili (baste-rebbe ruotare una delle due), ma non identiche; lo stesso succede con la d e la p.

Nella b ho mantenuto il disegno di Griffo facendo attenzione a non caricare la densità dell’asta di congiunzione inferiore, come si vede nel libro stampato da Aldo Manuzio. Le altre tre lettere disegnate da me hanno mante-nuto la stessa forma, correlata al concept defi-nito precedentemente.

Minuscole n, m, h, u, r

Queste lettere sia nei font serif che nei sans serif possono avere due tipi di struttura: quella simmetrica e quella asimmetrica. Alcuni studi suggeriscono che la versione asimmetrica aiuti la readability, perché enfatizza l’andamento oriz-zontale che l’occhio segue durante la lettura di un testo. Nel De Aetna queste lettere sono fatte proprio così e ne ho seguito la forma. Tutte queste lettere tendono ad avere una densità di nero eccessiva nella giunzione dall’asta verticale

o bdpq

p qb d

nmhur

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capitolo 4

con l’arco dell’occhiello. Per risolvere questo problema ho slittato il contorno interno del tratto nella parte superiore dell’asta verticale (dopo la giunzione con l’arco) verso sinistra. In questo modo si è creato uno spazio bianco in più, che evita l’inchiostrazione eccessiva. Alla fine delle aste verticali sono presenti i terminali calligrafici.

nLa n deve essere meno ampia della o minu-scola, ma l’angolazione del suo tratto nella pancia deve essere simile. In entrambe le lettere l’angolo della modulazione è di circa 30, 32º, evidenziando così la caratteristica umanista. Il terminale di piede delle due aste verticali della n (e delle loro compagne, h, m, u e r) mantiene forma e densità dell’asta verticale delle l.

hLa h è un n con l’asta verticale ascendente. Non ho ripreso, dal disegno di Griffo, la curva della gamba verso all’interno dell’occhiello per garantire meglio legibility.

mLa m è la lettera più ampia di tutto l’alfabeto minuscolo. Composta da due n di seguito, per non renderla troppo larga si stringe leg-germente la controforma delle due n che la compongono.

uDiverso è il caso della u, che richiede uno spazio bianco interno appena maggiore della m. La u sans serif è semplicemente una n ruotata (almeno in questo caso).

rNel De Aetna la lettera r sembra leggermente indipendente dalla n, m, h, e u, pur avendo un asta di congiunzione molto corta, che finisce subito nel suo terminale. Il disegno della r pro-gettata, segue invece la stessa forma dell’asta di congiunzione delle altre lettere descritte.

nh

nu

rr

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designing

Minuscole s, c, e

Queste tre lettere si somigliano nella parte inferiore e superiore della loro forma, com-posta generalmente da una curva. Nella parte mediana si sviluppano dei tratti propri che danno la forma alla lettera. La s con una spina, la c con il suo arco che lega le due braccia.

sLa s minuscola prende riferimento dalla sua corrispondente maiuscola. Quando si rimpic-ciolisce proporzionalmente, il tratto deve essere aggiustato in modo tale che le sue curve non congestionino lo spazio bianco interno. Nel mio design seguo il tratto della s minuscola di Griffo rispettando il modo in cui ha disegnato le sue terminali, ossia con taglio di 90º e una leggera modulazione nelle estremità. La spina centrale deve avere il suo peso anche se non in modo eccessivo, ma comunque più delle altre curve che riprendono il peso più chiaro e più scuro della o minuscola.

cLa c minuscola è stata disegnata sopra la c di Griffo, tenendo anche conto della forma della o con l’asse inclinato verso sinistra. Questa lettera è modulata come tutte le altre, che hanno almeno un elemento circolare (la o, s, e, b, d, p, q...). L’apertura è grande, tipica dei caratteri veneziani.

eLa e minuscola non ha una corrispondente maiuscola. La sua forma è simile alla c con un’asta dritta e orizzontale che collega l’arco al braccio formando uno stretto occhiello. Nel disegno di Griffo l’asta trasversale è troppo alta e il suo occhiello è molto piccolo, rendendo la lettera scura nei corpi piccoli. Nel mio design ho aumentato lo spazio bianco interno, abbas-sando l’asta trasversale e mantenendo il suo arco e la barra con uno spessore più leggero.

Maiuscole a, g

Queste due lettere in un font sans serif pos-sono avere due forme distinte: con uno o due

s c e

cc

e

S s

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capitolo 4

occhielli. Nel caso di un sans serif umanistico l’ideale sarebbe la forma organica, nella quale la a minuscola preserva l’occhiello basso e un gancio sopra di sé, collegati da un asta verticale. La g umanistica preserva due occhielli, uno sopra (con l’orecchio alla sua destra) e un altro discendente legato dal collo. Sono due lettere complicate da disegnare, poiché hanno una grande concentrazione di nero all’interno.

aDisegnare la a è stata un’esperienza di pro-gettazione complicata, nella quale in diversi momenti ho dovuto mettere in discussione la strada scelta. A cominciare dalla selezione tra le due varianti trovate nel De Aetna. Ambedue avevano la pancia troppo bassa (una caratte-ristica dei caratteri veneziani), una aveva la forma molto più rigida e spigolosa dell’altra sia nella pancia che nel terminale di testa tagliato a circa 35º. L’altra invece aveva una forma più rotonda e morbida, con il terminale a goccia. Inizialmente ho scelto la prima variante e dopo successivi disegni, mi sono accorto di andare troppo in direzione della lettera a minuscola di un altro font, che riprende lo stesso modello aldino da me usato. Questo font è lo Scala Sans di Martin Majoor. La lettera a minuscola ha grande importanza nell’ identità di un font e non intendevo avvicinarmi troppo ad uno già conosciuto. Ho cercato di trovare delle solu-zioni, ma nessuna mi soddisfaceva. Alla fine ho deciso di cambiare la variante della a e ripren-dere la sua forma più morbida (principalmente nella pancia e nell’arco superiore che si collega al terminale).

gCome la a, la g è un’altra lettera su cui ho dovuto soffermarmi con più attenzione. Ho disegnato il tratto facendo riferimento alla g minuscola scanzonata nel De Aetna. Questo non mi rendeva il disegno semplice, perché il peso di un font serif è completamente diverso da quello di un sans serif. L’occhiello superiore viene ripreso dalla O maiuscola (è più circolare e meno stretto della o minuscola) ed è pro-porzionalmente ridotto fino ad avere gli stessi valori degli spessori comuni di una o minuscola,

a1

Scala Sans

a2

a2 a aa

ng

ggOg

Il corpo del carattere (48pt) qui esibito è ridotto rispetto agli altri illustrati in questo capitolo, per evitare di ‘sgranare’ il corsivo di Griffo che originalmente è più piccolo per sé

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designing

anche se la dimensione è ancora più piccola di questa. Il collo (che unisce i due occhielli) parte dall’occhiello superiore e va verso sinistra e ver-ticalmente si allinea con entrambi gli occhielli della lettera. Il collo curva verso l’interno della lettera e crea il secondo occhiello, il cui tratto inferiore varia il peso in relazione all’asse uma-nistico e comunque non è mai monolineare. La coda (allineata alla sinistra di collo e occhiello) rientra nella lettera sotto il collo chiudendo lo spazio bianco interno.

Minuscole i, j, f, t

iNelle font sans serif il design della i richiede poco sforzo. È meramente un asta verticale con un punto. Proprio il punto in realtà è stato motivo di riflessioni più approfondite in questo caso. Nel carattere di Griffo i punti sono ovali e piccoli, presentano l’asse umanistico che imita la scrittura calligrafica, quindi obliquo e si posizionano alla destra dell’asse verticale della i. Io ho seguito queste indicazioni per disegnare la lettera, in maniera però meno rigida di Griffo. Ossia il punto non è ne eccessivamente alto, ne troppo a destra e non è oltre misura nelle sue dimensioni.

jLa j minuscola ancora non esisteva nel periodo di Griffo. Era sostituita dalla i. L’ho disegnata prendendo come riferimento la J maiuscola con la stessa proporzione, riducendola. Il suo punto è lo stesso della i.

f e tLa f e la t hanno un’asta verticale che curva formando il terminale delle rispettive lettere. Entrambe hanno una barra orizzontale trasver-sale all’asta verticale.

Questa barra si trova sotto l’occhio medio e il suo spessore è più sottile delle altre aste verti-cali. La curva dell’ascendente della f è modulata come lo è nel carattere di Griffo. Il design della t mantiene la punta dopo l’incrocio traver-sale dell’asta con la barra. Tuttavia una volta

i j f ti

g

x i j

t

c ff

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capitolo 4

stampata, questa punta a forma di triangolo viene alleggerita per non provocare un eccesso di nero. La sua forma è una particolarità della font, poiché pochi sans serif ne fanno uso. Il terminale calligrafico è presente nelle barre sia della f che della t.

Minuscole v, w, y

Strutturalmente la v e la w minuscole sono ver-sioni più piccole delle loro maiuscole. Diverso è il caso della y che ha una struttura con l’ascen-dente e la coda. Come nelle sue maiuscole alle tre lettere è stato applicato l’overshooting per garantire più bianco al loro interno.

vLa v a confronto della sua maiuscola, viene ampliata nella lunghezza per aumentare la contro forma.

wLa w è formata da due v leggermente più strette. Ho deciso di abbassare lievemente il vertice perché la lettera nel suo complesso, diventava troppo scura nell’incrocio interno. Poiché non mi sembrava sufficiente, ho rifinito ulterior-mente le aste diagonali che si sovrappongono.

yLa y è una v leggermente condensata; la coda ha un terminale uguale a quello della f e j.

Minuscole k, x, z

Tutte queste tre lettere derivano dalle loro maiuscole, sia nella struttura e angolazione delle loro aste, sia nei terminali. La differenza più sostanziale è nel braccio della k che arriva fino all’altezza dell’occhio medio.

wk x z

f j y

v w yV v v

k x z

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designing

abcdefghijklmnopqrstuvwxyz

Laguna regular 60/72

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capitolo 4

4.3 Ilcorsivo

Maiuscole: Italic

Italico è la giusta denominazione per le maiuscole corsive disegnate internamente a questo progetto. Le lettere subiscono un’inclinazione di 5,5 gradi come nel caso delle minuscole ma, a differenza di queste, non si staccano dalla forma propria del romano. Storicamente, le maiuscole corsive, sono state disegnate per la prima volta solamente 40 anni dopo la creazione delle minuscole corsive di Francesco Griffo, come spiegato precedentemente, e perciò non mi sono basato su altri riferimenti per creare una forma originale.

In pratica ciò che ho fatto è stato, in un primo momento, inclinare ‘meccanicamente’ tutte le lettere maiuscole originate dal tondo e da me disegnate in precedenza, partendo dalla coordinata (0,0) – il punto più a sinistra del glifo nella linea base. In un secondo momento ho minimamente aggiustato alcune forme per rendere il complesso del glifo più equilibrato.

ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ

H H5,5 gradi

controformapiù stretta

aste allereggite

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117

designing

Minuscole corsive

Il disegno delle minuscole corsive vede essenzialmente l’adattamento del tondo inclinato a 5,5 gradi verso destra, anziché i 6,5 gradi (circa) delle lettere corsive di Griffo. Ho stabilito questa minore inclinazione in modo di adeguare meglio la sua forma al tondo, in quanto si presenta con un asse dritto. Inoltre, mi interessava differenziare il minuscolo corsivo più con la sua forma invece che con la sua angolazione inclinata. La forma del carattere riprende il disegno delle lettere corsive di Griffo con alterazioni che giudicavo interessanti proporre. Il punto di partenza rimane il mio disegno del tondo, inclinato e modificato al fine di riprendere armonicamente la forma dei corsivi griffiani. Alcune lettere, però, hanno un design completamente rinnovato e tra questi troviamo: a, g, v, w, y, x, k e z. La o, b, d, p, q, n, m, h, u, r, t, i, j, k, l derivano dal disegno romano e sono state aggiustate fino ad arrivare al corsivo del modello di riferimento con una personale interpretazione estetica.

La partenza dal romano: perché ?Il capitolo del concept ha già introdotto il lavoro e le mie intenzioni nel creare un corsivo che avesse comune accordo con gli aspetti principali del suo tondo, con gli elementi che lo caratterizzano: le aste verticali stressate, i terminali con la forma calligrafica e il peso complessivo dei glifi. Per questo motivo ho pensato utile cominciare la progettazione del corsivo con il tondo inclinato.

Dopo aver posizionato tutte le lettere selezionate e scansionate del corsivo di Griffo, tra la linea di base e l’occhio medio, ho trattato il tondo inclinato modificando i suoi tratti fino ad ottenere la versione approssimata della versione di Griffo. Devo dire che la fase della progettazione non ha seguito un’unica strada ma è frutto di numerosi riferimenti, ipotesi, ragionamenti atti a capire il miglior modo di creare la forma di un font sopra una base di riferimento esistente, seguendo le regole fondamentali della creazione di un carattere di testo ma a volte allontanandomi dalla forma

n n

n

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capitolo 4

griffiana per motivi di tipometria (legibility, peso o correzione ottica). Il peso complessivo, l’asse umanistico, i terminali calligrafici, la proporzione classica, l’inclinazione e le correzioni ottiche sono stati controllati durante e dopo le fasi del designing del font.

oLa prima lettera disegnata è stata la o. Ho stretto la o tonda fino ad arrivare alla lunghezza dei contorni esterni del tratto di Griffo. Dopo ho bilanciato gli spessori chiari e scuri con il contorno interno del tratto. Mi sono interessato più alla parte interna della lettera che al suo contorno esterno, per aumentare la controforma del glifo senza allontanarmi dalla forma del modello griffiano. (Questo approccio progettuale si ripeterà per tutte le altre lettere). In fine, ho minimamente aggiustato la forma della o per renderla più equilibrata.

i, j, lQueste lettere sono state semplici da disegnare dal punto di vista strutturale. Loro avevano già l’inclinazione stabilita, venuta dal tondo, e ho semplicemente riposizionato i loro puntini per i e j. La j soffre una piccola modulazione nell’arco che collega l’asta verticale al terminale del tratto discendente, per assicurare la forma umanista ricercata in tutto il lavoro. La l è nient’altro che la l tonda con un inclinazione digitale e con la coda.

n, m, h, u, rLa prima lettera studiata è stata la n, che ha dettato tutti i presupposti per le lettere seguenti. Tra i presupposti ci sono: il peso complessivo, lo spessore dell’arco di congiunzione, gli ink trap e la forma basica. Dopo l’inclinazione meccanica ho stretto la lettera n fino ad arrivare alla stessa misura della n di Griffo. Ho modificato la sua forma per renderla più calligrafica, scendendo e affinando l’asta di congiunzione e creando nel terminale di piede dell’asta destra il gancio presente nell’originale. Ciò che si vede, in realtà, è un’asta che ha una lieve ondulazione verso la destra, simulando il movimento finale della scritta della lettera a mano.

i j l

o o

n m h u rn m h u rn m h u rn m h u r

i j l

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designing

mLa m è semplicemente due n con la controforma leggermente più stretta (come nel tondo).

hLa h è una n con l’ascendente. Ho escluso la possibilità di ricuperare la gamba della h corsiva di Griffo che si curva verso l’interno del proprio occhiello. Il motivo è stato spiegato prima nel discorso sulla legibility: la sua forma sarebbe confusa con la b corsiva.

uLa u è una n invertita. Tuttavia presenta una modifica rispetto alla forma di Griffo che è molto più angolare nel Fano 1 e perciò, nel mio disegno, è più morbida e strettamente collegata alla n. Il suo terminale di piede (nella n invertita è il terminale di testa) viene completato fino alla linea di base. Quest’alterazione ha portato ad affinare l’aste di congiunzione tra l’arco e l’asta verticale (solo nel contorno esterno) per evitare il sovraccarico di inchiostro.

rIn alcuni momenti durante la progettazione del carattere ho dovuto riflettere e analizzare la decisione di non seguire la forma del carattere di Griffo. La r corsiva è uno di questi casi. Anziché creare una r troppo corta e con l’arco che in realtà è già il suo proprio terminale, ho preferito seguire la consistenza delle forme simili (n, m, h, u) per dare corpo alla sua forma. Perciò, ho tagliato l’asta di congiunzione della n nella sua parte più alta e aggiunto il terminale calligrafico trovato nelle altre lettere del font.

b, d, p, qQueste quattro lettere sono state maggiormente rimodellate in rispetto al tondo, per realizzare la forma che giudicavo giusta. Ho cercato di rendere simili al massimo i pesi degli spessori tra di loro, con riferimento alla o corsiva nel suo peso tra chiaro e scuro, ma anche alla n, m, h, u, r. La b non ha lo sperone sotto l’asta verticale; la d ha un asta di congiunzione che esce verso la pancia, disegnata volutamente ma non in maniera tanto incisiva come nella d di Griffo. La p ha

h

n u

n r

b d p qb d p q

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120

capitolo 4

un atipico terminale calligrafico che finisce nel centro dell’asta verticale. Una caratteristica voluta per mantenere il tratto originale perché rinforza la caratteristica di una corsiva umanistica. E la q, diverso della q tonda, non ha lo sperone sopra l’asta verticale.

c, eEntrambe le lettere nascono della o corsiva e in un secondo momento sono modificate per rendere la forma più simile a quella di Griffo. L’importanza della partenza dalla o è certamente di mantenere la consistenza di peso per tutte le lettere simili di questo carattere. Dopo aver ridisegnato la forma ho mantenuto i terminali (la loro forma calligrafica) per darle consistenza.

aLa a dei corsivi di Griffo è una delle forme più eccentriche del suo alfabeto, poiché l’asta verticale sale molto sopra l’occhio medio. La sua pancia è molto obliqua, staccandosi poco dall’asta verticale, donando alla lettera una forma ridotta e poco leggibile, anche se molto peculiare. Non intendevo andare troppo oltre a questa forma e ho cercato di attenuare gli elementi strani (curve troppe spigolose e occhiello piccolo), bilanciando meglio il suo peso complessivo.

gLa g è un altro caso per cui ho dovuto creare un modello indipendente dell’originale, il quale presenta una forma molto particolare e poco favorevole alla lettura. In un primo momento l’intenzione era di usare la g del modello del primo corsivo di Fano (Fano 1), ma dopo alcuni riscontri ho cambiato alla g del Fano 2, che è molto più ampia, sobria e più familiare a noi. Questa g è composta da un occhiello superiore, con il peso della o, ma più stretto, e alla sua destra pende l’orecchio con il terminale calligrafico. Il collo scende a sinistra dal centro dell’asse dell’occhiello verso questa stessa direzione e curva verso la destra. Il tratto in questa zona ha un peso meno scuro per evitare alta densità di nero nella lettera. L’occhiello inferiore è concluso con la coda che si attacca

c e

o c ec e

g g

g1 (Fano1) g2 (Fano2)

a

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121

designing

sotto la curva del collo. La controforma di quest’ occhiello è più definita in rispetto a la g di Griffo.

fLa f corsiva è meno alta della f tonda, ma ha un discendente che si prolunga verso la sinistra e finisce con un terminale ad angolo dritto. La dimensione della lettera si riduce nell’altezza per non staccarsi troppo rispetto alle altre lettere, poiché ha già un ascendente e la discendente è aggiunta. Questa forma che comprende la discendente cerca di rinforzare il carattere umanistico dell’alfabeto. Il terminale di testa è invece in diagonale come nella f di Griffo. L’arco subisce la modulazione. La barra trasversale si mantiene come nella f tonda.

tLa t corsiva è più stretta della t tonda. Il suo terminale di piede è eseguito seguendo la maniera calligrafica. La barra trasversale è stata ridotta nella parte destra all’asta verticale per mantenersi proporzionale alla lettera.

v, w, y, xQueste tre prime lettere mantengono il corsivo con forma calligrafica e sono indipendenti delle v e w tondo. La v di Griffò è troppo stretta e spigolosa, quindi nel mio disegno ho reso la lettera più morbida e ampia nella lunghezza per aggiustare il bianco interno sufficientemente da facilitare la sua leggibilità. La prima asta verticale è più scura e presenta il terminale di testa calligrafico. L’altra asta della v non è dritta e propone un curva che arriva fino all’altezza dell’occhio medio. Se la v griffiana è dritta nelle due aste, io ho deciso di cambiare questa anatomia per aumentare la sua controforma e per renderla più dinamica nel flusso di lettura.

La w è sempre creata da due v sovrapposte, dove le aste dell’interiore della lettera vengono affinate per non concentrare troppo nero. La y è una v con l’ascendente e il terminale calligrafico.

t t

ff

v w y

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122

capitolo 4

kQuesta è derivata dal disegno del tondo, quindi, inclinate a 5,5 gradi. Si può dire che sono più italic che corsive, in quanto l’inclinazione è l’unica differenza per distinguerle dai tondi. La k ha una leggera curvatura della gamba che discende e questa è l’unica peculiarità calligrafica. Le altre sono solo inclinate e aggiustate nel peso complessivo delle aste.

zLa z è una lettera speciale nei corsivi griffiani. Ho identificato tre variazioni come visto nel secondo capitolo. Ne ho fatto due versioni: una prima più convenzionale che è l’inclinazione della tonda (e più stretta) e una seconda con una coda lunga che esce sotto la linea di base.

xLa x è una x tonda cinclinata con differente due aste con spessori diversi. L'asta più grossa ha un terminale calligrafico.

z �x

k k

k

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123

designing

4.4 Inumeriminuscoli(ooldstyle)

Se le lettere minuscole derivano dalla scrittura e le maiuscole dalle incisioni epigrafiche romane, i numeri che usiamo oggi hanno un origine più lontana: vengono dagli arabi nel periodo della loro conquista dell’India nel secolo xiii d.c. Questi numeri entrano nella cultura degli scrivani solo a partire dal xiii secolo. Prima di allora, venivano utilizzati i numeri romani, messi in maiuscolo o minuscolo a seconda della frase (se era scritta in maiuscolo o minuscolo). I tipografi hanno ripreso questa forma per creare armonia con il resto del testo. Quando i numeri arabi si sono aggiunti all’alfabeto romano venivano (e dopo il periodo dei revival ancora vengono) inseriti all’interno di un libro a seconda del contesto, differenziando così l’uso tra i numeri maiuscoli e minuscoli (o numeri old style). Nel frontespizio, nei titoli, nelle tabelle e per l’elenco sono usati i numeri maiuscoli. I numeri minuscoli, invece, vengono usati per le date e per quantificare qualcosa all’interno delle frasi.

Nel periodo di Aldo Manuzio e Francesco Griffo, l’utilizzo dei numeri arabi non era ancora consolidato. Ciò è avvenuto solo nella seconda metà del secolo xv. La stampa del periodo tardo rinascimentale seguiva lo stile usato dagli scrivani per i numeri discendenti: 3, 4, 5, 7 e 9; per i numeri ascendenti: 6 e 8 e per i numeri con l’altezza dell’occhio medio: 1, 2 e 0. Non ho trovato nessuna traccia dell’esistenza di numeri arabi incisi da Francesco Griffo. Questi infatti vengono introdotti da Garamond poche decadi più avanti. Quindi, ho deciso di basare il mio disegno sulle forme di altri caratteri rinascimentali o sans serif umanistici. Per questa progettazione ho trovato giusto scegliere la forma dei numeri minuscoli anziché i numeri maiuscoli, per un motivo storico (l’idea della sola forma maiuscola per i numeri si consolida solo nel xiii secolo).

0 e 1In generale i numeri old style sono disegnati leggermente con un’altezza maggiore dell’occhio medio per aumentare la loro

Ⅰ Ⅱ Ⅲ Ⅳ Ⅴ Ⅵ Ⅶ Ⅷ Ⅸ Ⅹ Ⅼ Ⅾ Ⅿ

0 1 2 3 4 5 6 7 8 90 1 2 3 4 5 6 7 8 9

ⅰ ⅱ ⅲ ⅳ ⅴ ⅵ ⅶ ⅷ ⅸ ⅹ ⅺ ⅻ ⅼ ⅽ ⅾ ⅿ Times Roman

Adobe Garamond:i numeri arabi (maiuscoli e minuscoli)

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124

capitolo 4

percezione visiva a confronto con le lettere minuscole. Lo 0 minuscolo per distinguersi della O maiuscola deve essere disegnato come un circolo monolineare. Risulta una forma aliena, ma effettivamente funziona per distaccarsi del suo glifo simile. Certamente la correzione ottica deve essere impiegata perché il tratto non sia mai puramente monolineare, donandogli una modulazione minima. Il numero uno deve differenziarsi della I maiuscola e della L minuscola, perciò solitamente viene creata la bandiera in alto con il terminale meno spesso del suo tratto.

2Questo numero è diviso in due componenti principali: un gancio superiore e una base orizzontale. Siccome il due ha una combinazione di forma dritta e circolare, l’apertura del gancio deve essere paragonata alla apertura della s, c e a. Per stabilire meglio la struttura, la base orizzontale deve essere più ampia del diametro massimo dell’arco.

4 Questo è forse il carattere numerico più complesso per la sua struttura. Possiede un’asta verticale, una orizzontale e un’altra diagonale che si collegano (potendo essere anche aperto. Nei numeri old-style il 4 è discendente e siccome la sua forma è triangolare la lettera sembra sminuita rispetto alle altre. Per correggere questo, basterebbe ingrandire leggermente tutta la forma, ampliare la sua controforma. Il terminale calligrafico della barra orizzontale e le giunzioni a punta tronca ricalcano la forma della Z. Ho mantenuto la modulazione del tratto verticale come accade nelle altre lettere.

7Anche il numero 7 old style è una forma discendente. La sfida è fare si che il tratto diagonale sostenga per bene la barra orizzontale. Di solito, la barra riprende la forma della barra del 4 o del 2 e il suo terminale della Z.

x 01

p 2

p 4

pz 7

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designing

3 e 5Entrambi i numeri sono discendenti con ampia apertura degli occhielli. La loro metà inferiore scende meno rispetto ai tratti discendenti delle altre minuscole come p e q. Ho disegnato il numero 3 con due archi anziché poligonale. Gli assi delle curve devono essere coerenti tra di loro e quindi seguono l’angolazione umanistica come nelle altre lettere circolari. I loro terminali riprendono quelli della S, C e G. L’asta di giunzione mediana degli occhielli del tre viene assottigliata per evitare troppa densità. La barra trasversale del 5 (come del 7) riprende la modulazione delle aste verticali ma più sottilmente.

6 e 9Questi numeri sono quasi identici nella struttura con forme inverse. In linea generale conviene che la parte inferiore dei numeri offra sostegno ed equilibrio al resto della forma, perciò è opportuno che il numero 6 abbia un occhiello leggermente più grande di quello del 9. Gli occhielli di entrambi devono essere meno grandi dell’occhiello di una o minuscola, per offrire un abbondante spazio bianco interno e il prolungamento dei tratti. Nei sans serif umanisti il 6 e il 9 hanno spesso una forma dinamica e meno simmetrica rispetto alle lettere razionaliste.

8Questo numero minuscolo nei caratteri umanistici ha una componente presente nella curva della S. Il numero 8 progettato non è completamente simmetrico. L’occhiello inferiore è più grande di quello superiore per garantire stabilità alla struttura. Osservato nei corpi grandi, la controforma degli occhielli non è allineata centralmente al glifo. La controforma inferiore è leggermente posizionata a sinistra e quella superiore alla destra dell’asse verticale del numero. Lo scopo di queste scelte è di creare una modulazione e inserire un richiamo calligrafico.

6 9

8 8

pb6 9

3 5

In outline blu il numero 6 notevolmente più grande del numero 6 in rosso

01234567890

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126

capitolo 4

4.5 AltriglifieOpenTypefeature

Come descritto nel Capitolo 2, Francesco Griffo creava molte legature recuperandole dalla scrittura manuale. La quantità e qualità delle sue legature variavano in accordo con il carattere. Per esempio, il Corsivo Aldino aveva un numero di legature maggiore del primo corsivo prodotto a Fano. La forma di queste legature variavano: alcune erano più simmetriche, altre invece tendevano molto verso sinistra o altre legavano tre lettere (sta, ste, ecc).

Le legature tradizionali trovate in quasi tutti i caratteri sono state inserite in questa progettazione. Queste sono: fi, ff, ffl, ffi e ffl.

In più sono state aggiunte legature più decorative, non molto presenti ai nostri giorni, ma molto usate nel Rinascimento e principalmente nei testi latini. Queste legature sono ct, st e sp. Per la progettazione ho scelto una forma della componente di tale legatura che si ripete sia nel tondo del De Aetna sia nel Fano 1. La sua forma è un arco più centrato (e simmetrico) tra le due lettere.

La punteggiatura prende come riferimento il modello griffiano con i punti obliqui e irragionevolmente grandi. Il punto interrogativo ha un tratto molto libero e manuale. La chiocciola, molto utile ai nostri giorni per le mail elettroniche, incorpora la a corsiva avvolta da un cerchio con tratto modulato. La & è ripresa da uno dei diversi esperimenti di Griffo con queste due lettere.

Le parentesi e gli accenti sono stati disegnati tenendo il modello del De Aetna e le corsive inclinate ‘digitalmente’ in 5,5 gradi verso la destra, come nel caso delle lettere maiuscole e minuscole corsive. Per le maiuscole è stato realizzato un set di accenti con un dimensionamento ridotto in maniera da evitare il contatto con la riga soprastante all'interno di un testo.

officio

factu

(utfolebat)

ú ? & ; ã

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designing

Griffo realizzava variazioni in alcune lettere come se imitasse le loro differenze presenti nella scrittura a mano. Per il Laguna italic è stata fatta una variazione di z corsiva seguendo una versione di questa lettera presente nel Fano 2. Questa variazione contestuale viene realizzata dal programma Fontlab nella feature Open Type. Con alcune string di programmazione si può definire un contesto dove la seconda variante di z corsiva viene inserita all’interno della parola. In questo caso ho definito che la z alternativa venisse inclusa prima di qualsiasi vocale: a, e, i, o, u e la stessa z corsiva. Per esempio, le parole come pizza, gorgonzola o Brazil, avranno tutte le loro z con la seconda variante. Le parole Rizla o blitzkrieg  invece mantengo la z comunemente conosciuta in quanto non anticipa una vocale o la z stessa.

Tutte queste legature e anche le legature contestuali possono essere impostate in un programma di impaginazione come InDesign se l’opzione Discretionary Legature, all’interno del panello di Character, viene spuntato dall’utente.

giovanezza

ff fi fl ffi ffl .,:;!?*_@-()””’/àáâäãçñ

ff fi fl ffi ffl .,:;!?*_@-()””’/àáâäãçñz

&

Set di legature e accenti

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capitolo 4

FONTLAB FONT TABLE Leandro Lisboa11/5/2010 22:50Font: Laguna

Page 1/2

space

33

exclam

56

quotedbl

72

numbersigndollar percent ampersand

152

quotesingle

135

parenleft

130

parenright

131

asterisk

145

plus comma

52

hyphen

73

period

51

slash

146zero

60

one

61

two

62

three

65

four

63

five

66

six

67

seven

64

eight

69

nine

68

colon

53

semicolon

54

less equal greater question

55at

143

A

29

B

23

C

28

D

22

E

17

F

18

G

34

H

16

I

19

J

40

K

37

L

21

M

31

N

32

O

25P

24

Q

26

R

27

S

35

T

20

U

45

V

30

W

49

X

38

Y

39

Z

36

bracketleft backslash bracketrightasciicircumunderscore

151grave

71

a

58

b

57

c

44

d

7

e

2

f

8

g

5

h

4

i

3

j

9

k

46

l

10

m

42

n

59

o

1p

11

q

12

r

13

s

41

t

14

u

43

v

15

w

50

x

6

y

48

z

47

braceleft bar braceright asciitilde DEL

Adieresis

112

Aring Ccedilla

132

Eacute

85

Ntilde

124

Odieresis

115

Udieresis

116

aacute

75

agrave

79

acircumflex

95

adieresis

117

atilde

125

aring ccedilla

129

eacute

74

egrave

80ecircumflex

96

edieresis

118

iacute

76

igrave

81

icircumflex

97

idieresis

119

ntilde

126

oacute

77

ograve

82

ocircumflex

98

odieresis

120

otilde

133

uacute

78

ugrave

83

ucircumflex

99

udieresis

121dagger degree cent sterling section bullet paragraph germandblsregistered copyright trademark acute

70

dieresis

111

notequal AE Oslash

infinity plusminus lessequal greaterequalyen mu partialdiff summation product pi integral ordfeminineordmasculineOmega ae oslash

questiondown

144

exclamdownlogicalnot radical florin approxequalDelta guillemotleftguillemotrightellipsis uni00A0 Agrave

89

Atilde

136

Otilde

137

OE oe

endash

154

emdash

153

quotedblleft

105

quotedblright

106

quoteleft

107

quoteright

108

divide lozenge ydieresis Ydieresis fraction Euro guilsinglleftguilsinglrightfi fl

daggerdbl periodcenteredquotesinglbasequotedblbaseperthousandAcircumflex

100

Ecircumflex

101

Aacute

84

Edieresis

113

Egrave

90

Iacute

86

Icircumflex

102

Idieresis

114

Igrave

91

Oacute

87

Ocircumflex

103apple Ograve

92

Uacute

88

Ucircumflex

104

Ugrave

93

dotlessi

134

circumflex

94

tilde

122

macron breve dotaccent ring cedilla

128

hungarumlautogonek caronFONTLAB FONT TABLE Leandro Lisboa

11/5/2010 22:55Font: LagunaPage 2/2

.notdef

0

acute.cap

109

grave.cap

110

tilde.case

123

curvaleg

127

f_f_i

138

f_f_l

139

c_t

140

s_t

141

s_p

142

flega

147

f_i

148

f_f

149

f_l

150

*** ***

*** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** ***

*** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** ***

*** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** ***

*** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** ***

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*** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** *** ***

Tabella di glifi del Laguna

Page 129: Laguna & Laguna Italic  una rivisitazione digitale di caratteri rinascimentali

129

designing

FONTLAB FONT TABLE Leandro Lisboa11/5/2010 22:48Font: Laguna-Italic

Page 1/1

space exclam quotedbl numbersigndollar percent ampersandquotesingleparenleft parenright asterisk plus comma hyphen period slash

zero one two three four five six seven eight nine colon semicolon less equal greater question

at A B C D E F G H I J K L M N O

P Q R S T U V W X Y Z bracketleft backslash bracketrightasciicircumunderscore

grave a b c d e f g h i j k l m n o

p q r s t u v w x y z braceleft bar braceright asciitilde DEL

Adieresis Aring Ccedilla Eacute Ntilde Odieresis Udieresis aacute agrave acircumflexadieresis atilde aring ccedilla eacute egrave

ecircumflexedieresis iacute igrave icircumflex idieresis ntilde oacute ograve ocircumflexodieresis otilde uacute ugrave ucircumflexudieresis

dagger degree cent sterling section bullet paragraph germandblsregistered copyright trademark acute dieresis notequal AE Oslash

infinity plusminus lessequal greaterequalyen mu partialdiff summation product pi integral ordfeminineordmasculineOmega ae oslash

questiondownexclamdownlogicalnot radical florin approxequalDelta guillemotleftguillemotrightellipsis uni00A0 Agrave Atilde Otilde OE oe

endash emdash quotedblleftquotedblrightquoteleft quoteright divide lozenge ydieresis Ydieresis fraction Euro guilsinglleftguilsinglrightfi fl

daggerdbl periodcenteredquotesinglbasequotedblbaseperthousandAcircumflexEcircumflexAacute Edieresis Egrave Iacute Icircumflex Idieresis Igrave Oacute Ocircumflex

apple Ograve Uacute UcircumflexUgrave dotlessi circumflex tilde macron breve dotaccent ring cedilla hungarumlautogonek caron

.notdef acute.case grave.case tilde.case circumflex.casec_t curvalega f_i f_f f_l f_f_i f_f_l s_t z.alt1 s_p

Tabella di glifi del Laguna italic

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130

capitolo 4

4.6 Spaziatura

“It is difficult to appreciate without seeing a demonstration how comple-tely a letter is altered by having more or less space about it. The success of failure of a type is very much a question of getting a good balance of white inside and outside the letters”.2

Con questa frase il type designer Harry Carter vuole sottolineare come in un carattere ben progettato gli spazi tra le lettere sono tanto importanti più che la forma della lettera. Nel design di una font il type designer deve essere attento e preoccupato in egual modo sia con la texture del font nell’insieme sia alle forme delle lettere prese individualmente.

Un carattere è considerato ben spaziato quando i gruppi di lettere (frasi, sentenze e paragrafi ) formano un regolare ed equi-librato colore sulla pagina cioè senza aree troppo scure o troppo chiare. Ogni glifo deve essere considerato individualmente come una composizione formale tra il nero e il bianco. Quando le lettere compongono un testo, gli elementi positivi e negativi otticamente si mescolano con lo spazio circostante creando il ritmo che aiuterà la readability.

La quantità di spazio tra le lettere varia da una font all’altra, ma la regola generale deriva e analizza la combinazione degli spazi bianchi interni. Le lettere maiuscole hanno maggior bisogno di spazio rispetto alle lettere minuscole in quanto la loro con-troforma è più grande. È importante capire come il corpo del carattere influenza la spaziatura di modo che alle lettere di pic-cole dimensioni vengono dato più spazio di quelle font di grande dimensione (come per titolazione o cartellone).

Il type designer Walter Tracy ritiene e scrive nel suo Letter of Credit, che la fase di lavorazione degli spazi inter lettere dell’alfa-beto deve esser fatta quando ancora il disegno delle lettere non è terminato perché l’aggiustamento della spaziatura può indicare correzioni nella larghezza e nella forma delle lettere stesse.

L’alfabeto romano maiuscolo e minuscolo è formato in mag-gior parte da tratti dritti, circolari o dalla combinazione di questi tra loro. Le lettere possono essere raggruppate così:

• Lettere con il tratto dritto: B D E F H I J K L M N P R U b d h i j k l m n p q r u

• Lettere con il tratto circolare: C D G O P Q b c d e o p q

• Lettere triangolari: A V W X Y v w x y

• Lettere irregolari: S T Z a f g s t z

2 Harry Carter, Signature n.6, Monotype Van Dijck and Christoffel Van Dyck, London, 1937

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designing

Tracy insegna un metodo secondo cui la forma di queste lettere si deve combinare con l’attento giudizio ottico del designer e cita le parole di un suo collega che afferma: “that (la spaziatura) is a job for the eye alone”5.

Il lavoro svolto in questa tesi cerca di stabilire un comune accordo tra il metodo descritto da Tracy e un ragionamento cri-tico visivo sullo spazio tra le lettere.

La spaziatura delle maiuscoleLe lettere H e O vengono utilizzate per definire la spaziatura e usate come riferimento per tutte le altre lettere dell’alfabeto, in quanto nella loro forma possiamo ritrovare sia il tratto dritto che circolare. In sostanza il metodo ha sei tappe.

1. Stabilire gli spazi laterali destro e sinistro della H (molto spesso identico). Ogni spazio laterale è circa la metà dello spazio interno tra le due aste. I font sans serif, di solito, hanno uno spazio più stretto rispetto al font con le grazie.

2. Fare la prova degli spazzi laterali della H scrivendo in sequenza la parola HHHH. Notare se le lettere sono armoniose tra il peso delle aste verticali, la larghezza dello spazio interno e gli spazi laterali. Non devono essere molto larghe o strette tra loro.

3. Stabilire la spaziatura della O, disponendone due insieme. La loro spaziatura laterale deve essere molto minore rispetto a quella della H e uguale in entrambi lati della O.

4. Fare la prova della O con la parola ‘HOH’. La O deve appa-rire bilanciata tra le due H e il colore deve essere uniforme, altrimenti si deve riaggiustare il valore dato agli spazi laterali della O.

5. Rifare il test, adesso con la parola ‘HHOOHH’. In questo caso, stiamo valutando la combinazione della H con la O, la O con la H e di entrambe le O assieme. Il colore della parola deve essere anche in questo caso armonico, e se non lo è correggere il valore di spaziatura della O, o anche della H.

6. Definire la spaziatura delle altre lettere maiuscole con la seguente regola:

• Lettere aperte, con diagonali con minimo spazio:4-A-4 4-V-4 4-W-4 4-X-4 4-Y-4 4-T-4 4-J-1

3 Walter Tracy, Letters of Credit, Gordon Fraser Gallery, 1986, p 72

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capitolo 4

• Lettere con tratto dritto1-D-5 1-P-5 1-R-4 1-L-4 1-K-4 1-B-31-E-3 1-F-3 1-U-2 1-I-1 2-N-2 2-M-1

• Lettere con tratto circolare5-Q-5 5-C-3 5-G-2

• Lettere con tratto centrale3-Z-3 *-S-*

Durante il lavoro è probabile che la vista del designer si abitua sempre più al rapporto spaziale tra una lettera e altra. Nel mio caso, ho confrontato la spaziatura del mio font con altri carat-teri lineari umanisti. Inoltre durante la procedura ho cercato di mettere sempre a confronto la lettera in esame, per bilanciare la sua spaziatura, con la H e la O, per esempio: ‘HVHOVO’.In questo modo ho realizzato una costante verifica con le lettere guide.

1- Uguale allo spazio laterale della H2- Leggermente minore dello spazio della H3- Metà dello spazio laterale della H4- Spazio minimo5- Uguale allo spazio laterale della O* deve essere aggiustato otticamente

Tabella metrica delle maiuscole del tondo

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designing

1- Uguale allo spazio laterale della n2- Leggermente minore dello spazio della n3- Metà dello spazio laterale della n4- Spazio minimo5- Uguale allo spazio laterale della o6- Leggermente minore dello spazio della o* deve essere aggiustato otticamente

La spaziatura delle minuscoleLo stesso metodo è usato per la spaziatura delle minuscole ma il valore standart viene definito dalle lettere n e o. Le tappe sono:

1. Definire gli spazi laterali della n. Misurare la dimensione del suo spazio interno e stabilire più o meno la sua metà per lo spazio laterale sinistro. Per quanto riguarda l’asta destra della n, possiede un arco che la rende più chiara e il valore dello spazio destro deve essere leggermente più fino tra il 5 e 10% rispetto alla sinistra.

2. Testare gli spazzi con la parola ‘nnnn’. Le lettere e il loro colore devono essere in armonia, né molto strette né molto distanti.

3. Definire lo spazio sinistro e destro della o, disponendone due insieme. I suoi spazi laterali sono minori rispetto a quelli della n.

4. Fare la prova con la parola ‘non’. La parola deve avere un colore uniforme altrimenti necessita di una modifica del valore della o.

5. Testare con le seguenti parole: ‘nnonn’, ‘nonon’ e ‘nnoonn’. Riaggiustare la n e la o se è necessario.

6. Seguire la seguente impostazione per il resto dell’alfabeto minuscolo, quando la n e la o avranno un equilibrio tra loro:

• Lettere con tratto diagonale e spazio minimo:4-v-4 4-w-4 4-x-4 4-y-4

• Lettere con tratto corto:1-r-4 1-m-2 1-j-1 2-u-2

• Lettere con tratto verticale alto:1-b-5 3-p-5 2-k-4 3-l-2 3-h-2 3-i-1

• Lettere con tratto circolare:5-c-6 5-e-6 5-q-1 5-d-1

• Lettere con forma irregolare:*-g-* *-a-* *-s-* *-z-* *-f-* *-t-*

Ogni lettera ha delle particolarità che possono influire sulla dimensione degli spazi laterali. Ad esempio, se il tratto discen-dente della j è lungo dopo la curvatura il suo spazio bianco sinistro

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capitolo 4

sarà minore se il discendente è dritto (come nel futura). L’occhio è il giudice del rapporto tra le lettere e quindi il metodo si confronta ogni volta con la forma delle proprie lettere e le loro differenti cir-costanze. In questo lavoro ho trovato molto interessante definire gli spazi sempre con la presenza delle lettere standart: H e O nel caso delle maiuscole e n e o nel caso delle minuscole.

La spaziatura del corsivoIl sistema funziona nello stesso modo per le lettere corsive. Tut-tavia, essendo queste lettere più strette delle tonde anche i loro spazi laterali lo saranno. Quindi anche nel caso del corsivo la misura dello spazio bianco interno della H (maiuscola) e della n (minuscola) viene diviso in due e il loro valore approssimato viene assegnato agli spazi laterali. Così si segue tutto la procedura del sistema allo stesso modo delle lettere tonde.

Tabella metrica delle minuscole del tondo

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Tabella metrica delle lettere maiuscole tonde e minuscole del corsivo

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capitolo 4

4.7 Target,mediumeapplicazioni

Il progetto di questo carattere non intende ricoprire un più che ampio ambito di utilizzi. Lo spiccato profumo rinascimentale delle sue forme, richiama un uso abbastanza definito e ristretto; e questo è, a mio avviso, uno dei punti di forza del mio lavoro. La struttura del font è abbastanza particolare nella sua forma perché si tratta di un sans serif con caratteristiche di un font graziato. Per questo motivo lo si percepisce come un carattere meno narcisista di un graziato, ma con richiami più nobili di un sans serif. Questi particolari rinforzano, quindi, la scelta del suo utilizzo in un deter-minato tipo di letteratura.

Se osserviamo la sua forma, inoltre, immediatamente assorbiamo un legame con atmosfere passate. Le lettere maiuscole riprendono la forma dalle incisioni epigrafiche romane. Le lettere minuscole e il corsivo sono maggiormente legati alla scrittura e tipografia rinascimentale. La sua costruzione senza grazie modernizza e attenua la postura aristocratica del contesto storico. Si esibisce così, una forma più fresca e pulita. Questo è sicuramente un ulte-riore punto di forza del lavoro.

Trovo appropriato l’utilizzo del tondo, per testi che evocano il passato, senza voler regredire nel tempo e senza la pretesa narci-sistica tipica dei caratteri old style. Il suo impiego potrebbe andare bene per le sinossi di musei di arte, saggi, cataloghi di mostra e esposizioni di arte, teatro e opere.

Si potrebbe ipotizzare il suo uso anche per specifiche immagini coordinate o semplicemente logomarche con forte connotazione storica, ma che vogliono far vedere il loro slancio al futuro, al contemporaneo: tante istituzioni governative, pubbliche in Italia e all’estero; i vari comuni di Roma, Firenze, Venezia ecc.; le banche private e assicurazioni di origini antiche, università, musei, o eventi di richiamo internazionale come la Biennale di Venezia e altri.

Nei corpi di grandi dimensione il font si esprime ancor meglio con gli evidenti terminali, i contrasti più forti , le curve armoni-camente modulate, con i tratti manuali. Tutto ciò contribuisce ad aumentare il fascino e la percezione attrattiva del font, che va oltre il “freddo” razionalismo delle lettere moderne e geometri-che. Perciò, l’uso come display font non sarebbe di un uso preten-zioso, anzi, si stacca ancora di più degli eccessivamente usati Gill Sans, Bembo, e Jenson. Meglio ancora è la sua ampiezza ibrida. È abbastanza graziato per un sans serif ma meno lineare per un font serif. Vedo questa ambiguità come la sua versatilità, incorporando le due forme di lettere senza escludere un genero di uso o l’altro.

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designing

Il corsivo, d’altra parte, ha una forte componente caratteriale che gli permette di mantenere una certa indipendenza rispetto al tondo. La sua progettazione ovviamente prevede l’accostamento col carattere di “base”, ma non solamente. Esalterei positivamente questa peculiarità, evidente in molti atri caratteri quali il Felicity e il Perpetua o l’Arrighi e il Jenson. L’utilizzo indipendente del corsivo sarebbe confacente per testi di poesie, citazioni, e rifles-sioni: testi evidentemente dove la personalità, la voce e la mano dell’autore si fanno sentire.

Se questa progettazione fosse avvenuta 20 anni fa, sicuramente questo font non avrebbe una delle sue principali caratteristi-che: le aste concave. Il carattere Optima di Herman Zapf che possiede caratteristiche simili, ha sofferto inizialmente di molte problematiche tecniche: con i parametri bitmap, i risultati delle stampante a bassa risoluzione del periodo tra gli ‘80 e i ’90 erano di pessima qualità. Le curvature armonicamente costruite non venivano stampate degnamente. Ormai questo ostacolo è stato ampiamente scavalcato e la stampa supporta molto bene la forma leggermente curva del contorno delle aste verticali.

Regione Veneto

ROMADante & La Divina ComediaSavonarola nacque a Ferrara nel 21 settembre 1452,

“Melanzane alla Veneziana, 4 Stagioni o Prosciutto & Funghi?”

Galleria degli UffiziAldo Manuzio e Francesco Griffo da Bologna lavorarono insieme vicino a

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capitolo 4

Specimen 1Design di Niccolò Mazzoni

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designing

Specimen 2Design di Francesco Furlan

Laguna & Laguna Italic

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capitolo 4

They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop and everybody goes “Awww!”

They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop and everybody goes “Awww!”

They danced down the streets like dingledodies, and I sham-bled after as I’ve been doing all my life after people who inte-rest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop

They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of eve-rything at the same time, the ones that never yawn or say a com-monplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop and everybody goes “Awww!”

They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like

They danced down the streets like dingledodies, and I sham-bled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding

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They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say

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They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved,

They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop and everybody goes “Awww!”

They danced down the streets like dingledodies, and I shambled after as I’ve been doing all my life after people who interest me, because the only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones that never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop and everybody goes “Awww!”

Laguna 7/8.4

Estratto On the Road di Jack Kerouac

Laguna 8/9.6

Laguna 9/10.8

Laguna 10/12

Laguna 11/13.2

Laguna 12/14

Laguna italic 7/8.4

Laguna italic 8/9.6

Laguna italic 9/10.8

Laguna italic 10/12

Laguna italic 11/13.2

Laguna italic 12/14

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designing

Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centromovesi l’acqua in un ritondo vaso,

secondo ch’è percosso fuori o dentro:

ne la mia mente fé sùbito casoquesto ch’io dico, sì come si tacque

la glorïosa vita di Tommaso,

per la similitudine che nacquedel suo parlare e di quel di Beatrice,a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:

“A costui fa mestieri, e nol vi dicené con la voce né pensando ancora,d’un altro vero andare a la radice".

Diteli se la luce onde s’infioravostra sustanza, rimarrà con voietternalmente sì com’ ell’ è ora;

e se rimane, dite come, poiche sarete visibili rifatti,

esser porà ch’al veder non vi nòi

Cantico di La Divina Comedia di Dante Alighieri

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capitolo 4

ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVXYZabcdefghijklmnopqrstuvxyz

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Laguna 30/36

Laguna 18/21

Laguna 12/14.4

Laguna 8/9.6

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designing

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Laguna italic 30/36

Laguna italic 18/21

Laguna italic 12/14.4

Laguna italic 8/9.6

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La progettazione del carattere Laguna e Laguna italic è ancora in sviluppo in quanto intendere includere nuovi pesi alla famiglia e altri glifi di minore importanza. Il set di un carattere tipografico può avere centinaia di glifi e il mio scopo originario non era di produrre, già in questa prima fase, tutta la biblioteca di segni possibili. Il lavoro è stato concepito per creare delle lettere che rispettassero il lavoro di Francesco Griffo, rivisitandolo e creando qualcosa di nuovo ed interessante dentro le condizioni di produ-zione della tipografia digitale.

Alla fine di questa tesi, il font comprende l’alfabeto maiuscolo e minuscolo, tondo e corsivo, i numeri minuscoli, gli accenti, i principali segni di punteggiatura, un set di legature tradizionali e altre meno comuni, ma di forma ricercata. A questi risultati si aggiungono la spaziatura delle lettere e una feature di Open Type nella quale alcune variazioni di lettere sono messe in accordo con un contesto stabilito attraverso la programmazione. Infine si è realizzato lo hint, migliorando l’immagine dei glifi nella superficie dello schermo dei computer. Manca ancora una tabella di kerning generale, cosa che può essere risolta in futuro senza compromette la qualità generale del lavoro fatto finora. Sarebbe necessario anche aggiungere dei glifi coadiuvanti, importanti in testi più complessi: i numeri maiuscoli, le frazioni e alcuni simboli. Ed infine più essenziale ancora sarebbe la progettazione di pesi diversi come il bold e semi bold.

Progettare un carattere che fa riferimento a due periodi storici distinti è stata una grande sfida per la natura specifica delle let-tere prese come modello e anche in relazione alla percezione che abbiamo oggi di un font contemporaneo. La ricerca storica che ha preceduto la progettazione mi ha permesso di guadagnare fami-liarità con i caratteri che ho scelto come riferimento, acquisendo 

Conclusione

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così la sicurezza necessaria per portare avanti alcune scelte per-sonali nella definizione della forma finale.

Il nuovo font è nato da una forte reinterpretazione degli ori-ginali, ma i suoi aspetti più sperimentali e azzardati appaiono certamente smussati nel contesto permissivo della tipografia post moderna e digitale. Nel mio progetto, ho puntato sulla coerenza degli elementi del concept per stabilire un ponte tra i modelli sto-rici ripresi e il risultato finale. Il font ha così un’aspetto nobile del Rinascimento, ma ha anche la chiarezza di un sans serif.

Questo lavoro si inquadra nella tipologia di tesi di progettazione sperimentale, ma gli aspetti 'sperimentali' sono stati sempre subordinati alla necessità di rispondere seriamente alle esigenze tipometriche. Walter Tracy ha trovato degli errori nel Times di Stanley Morison, in quasi tutti i caratteri di Van Krimpen, in alcuni di Dwiggins e ha riscontrato esagerazioni nelle lettere più immaginative di Frederic Goudy. Questo mi solleva un minimo dalle preoccupazioni relative alle imperfezioni che sicuramente esisteranno nel font da me creato.

L’elemento al centro di questa tesi, l’aspetto che più mi ha inte-ressato, è stato il processo di progettazione: gli aspetti progettuali intrinseci su cui si è fondata la ricerca. Per quanto riguarda il risul-tato, il nuovo font che ho progettato si propone come obiettivo di non essere semplicemente un carattere in più tra i molti già esistenti, ma un utile strumento di comunicazione nato già con la consapevolezza dei suoi possibili contesti d’uso.

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