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L’Africa italiana I GIUDICI, LE LEGGI, LE PENE E LA QUESTIONE DELLA RAZZA Nicolò Papa

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L’Africa italianaI GIUDICI, LE LEGGI, LE PENE

E LA QUESTIONE DELLA RAZZA

Nicolò Papa

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via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2542–0

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I edizione: aprile 2009

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Indice

Prefazione .................................................................................... 11 Introduzione ................................................................................ 13

Capitolo I Le origini del colonialismo italiano

1.1 Assab .................................................................................. 19 1.2 Il primo atto ufficiale .......................................................... 25 1.3 La svolta ............................................................................. 29 1.4 Massaua e dintorni .............................................................. 38 1.5 Uccialli ............................................................................... 50

Capitolo II Eritrea

2.1 Stabilità: una legislazione per l’Eritrea .............................. 55 2.1 Diritto consuetudinario eritreo ........................................... 91

Capitolo III La Somalia entra nell’ottica italiana

3.1 Somalia ............................................................................... 99

Capitolo IV La Libia prima del fascismo

4.1 Verso la Libia ..................................................................... 115

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Capitolo V La grande guerra e l’ascesa di Mussolini

5.1 La prima guerra mondiale ................................................... 137 5.2 Mussolini ............................................................................. 140

Capitolo VI Il cambio di politica: la nuova Libia

6.1 In Libia ................................................................................ 143

Capitolo VII La nuova Eritrea

7.1 Eritrea fascista ..................................................................... 157

Capitolo VIII La nuova Somalia

8.1 Somalia fascista ................................................................... 173

Capitolo IX L’Impero

9.1 L’Etiopia ............................................................................ 188 9.2 Le sanzioni della Società delle Nazioni .............................. 195 9.3 La conquista e i gas ............................................................. 197 9.4 Le nuove leggi ..................................................................... 204 9.5 La legge organica per l’A.O.I ............................................. 206 9.6 Le pene ................................................................................ 229 9.7 La Corte d’Appello di Addis Abeba (la giurisprudenza) .... 236 9.8 Diritto consuetudinario etiope ............................................. 258

Indice 9

Capitolo X La razza italica

10.1 La svolta razziale ................................................................ 265

Capitolo XI Il punto

11.1 Dove si era arrivati? Dove si voleva arrivare? ................... 299

Capitolo XII La fine dell’avventura coloniale

12.1 In Libia ............................................................................... 321 12.2 In Africa orientale italiana .................................................. 323 Conclusioni .................................................................................. 331 Bibliografia e fonti ....................................................................... 337

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Capitolo I

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua

SOMMARIO: 1.1. Assab. – 1.2. Il primo atto ufficiale. – 1.3. La svolta. – 1.4. Mas-saua. – 1.5. Uccialli.

1.1 Assab L’artefice del primo tentativo1 di espansione coloniale italiana fu,

alla fine dell’ottocento, l’uomo che venne definito durante il ventennio fascista il “pioniere del colonialismo”, Giuseppe Sapeto2.

L’Italia era uno stato di recente costituzione (1861), alla ricerca di un possedimento nella regione del Mar Rosso, data l’importanza

1 In realtà i primi timidi tentativi si registrarono già nel 1859, anno in cui il mondo ecclesia-

stico richiese a Camillo Cavour, per mezzo del Monsignor Massaia e di padre Stella, la costitu-zione di una colonia sul Mar Rosso ed una colonia agricola nei Bogos. La morte del Ministro in-terruppe ogni ulteriore sviluppo della questione. Seguì poi nei primi anni del 1860 la proposta da parte del Conte Luigi Torelli di istituire una colonia penale nelle isole Nicobare. Manfredi Silvio nell’ambito degli Atti della primo congresso di studi coloniali, Le prime aspirazioni nazionali ad una colonia commerciale sulle rive del Mar Rosso, Firenze 1931, pp. 63 ss.

2 La figura di Sapeto venne notevolmente mitizzata dopo la conquista dell’Etiopia da par-te della propaganda fascista; nato nel 1811 a Carcare nel savonese, Giuseppe Sapeto fu mis-sionario, esploratore, scrittore, professore, e agente diplomatico segreto. Già al servizio di Francia ed Inghilterra, visse 20 anni in Etiopia dove divenne viceprefetto apostolico e dove al contempo acquisì un’ottima conoscenza dell’arabo. Giacchero Giulio e Bisogni Giuseppe I, Vita di Giuseppe Sapeto ignota storia degli esordi coloniali italiani rivelata da documenti i-nediti, Sansoni, Firenze 1942, pp. 8 ss.

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commerciale3 assunta da quest’area grazie all’apertura del canale di Suez (di proprietà francese ed egiziana)4, che avrebbe dovuto secondo le ottimistiche previsioni degli statisti italiani riportare l’Italia al cen-tro del commercio mondiale. Il Governo italiano cercava quindi un territorio, tra i pochi non dominati dalle altre potenze europee5, che

3 Il Ministro degli Esteri Mancini così si espresse in parlamento nel 1887 sulla rilevante questione dell’apertura di Suez: «L’importanza del Mar Rosso per l’Italia dopo il taglio dell’istmo di Suez, sia perché è alle porte del Mediterraneo, il cui equilibrio è nostro interesse mantenere, sia per essere la grande via di navigazione mondiale, in cui passano almeno tre quarti delle nostre comunicazioni marittime, non può essere messa in dubbio. (…) Le Camere di commercio italiane adunate in Congresso a Genova, mi pare nel 1869, con fervidi voti invi-tarono formalmente il governo a procurarci scali e punti d’approdo nel Mar Rosso, come si-tuazione privilegiata e la più opportuna per il vantaggio delle nostre relazioni commerciali marittime. Lo stesso voto fu rinnovato più tardi dalle nostre Camere di Commercio riconvoca-te in Napoli». Camera dei Deputati, Atti Parlamentari Legislatura XVI 1° sessione – discus-sioni – tornata del 30 giugno 1887. Sull’importanza dell’acquisto di un porto sul Mar Rosso si erano già pronunciate, con notevoli pressioni sul governo italiano, la camera di commercio di Genova e di Venezia. Sull’argomento è esaustivo il lavoro di Surdish Francesco, L’attività missionaria, politico–diplomatica e scientifica di Giuseppe Sapeto, Millesimo, Comunità Montana Alta Val Bormida 2005, pp. 68 ss.

4 Costruito tra il 25 aprile 1859 e il 1869 da una compagnia francese (Compagnie Univer-selle du Canal Maritime de Suez) diretta da Ferdinand de Lesseps. Il progetto fu realizzato da un ingegnere trentino, Luigi Negrelli, nato a Fiera di Primiero.

5 Colonialismo portoghese: (1505, occupazione del Mozambico – 1815 nascita del Regno indipendente del Brasile), interessò il Brasile, le coste africane con stabile presenza nel Golfo di Guinea, in Angola e nella costa orientale, l’India occidentale, Timor, Macao e le isole del-l’Oceano Atlantico. Primo colonialismo francese: (1608, inizio colonizzazione della Nuova Francia – 1815, Congresso di Vienna e cessione di gran parte delle colonie alle altre potenze europee), interessò il Quebec, la regione dei Grandi Laghi, le pianure del Mississippi e la Louisiana, in Nordamerica, Santo Domingo, la Guiana francese in Sudamerica, alcune isolette caraibiche e l’India occidentale (quest’ultima perduta insieme al Canada per mano degli In-glesi nel 1757 come risoluzione della Guerra dei Sette Anni). Colonialismo olandese: (1619, fondazione Batavia o Giakarta – 1949 indipendenza indonesiana), interessò l’attuale Indone-sia (ad eccezione di Timor) ed alcune isole delle Piccole Antille. Fu olandese inoltre un inse-diamento nell’isola di Manhattam chiamato Nieuw Amsterdam (Nuova Amsterdam), che sa-rebbe poi stato ceduto agli inglesi diventando la futura New York. Primo colonialismo inglese: (1607, fondazione del primo insediamento permanente in America a Jamestown in Virginia – 1783, Trattato di Parigi, riconosciuta l’indipendenza degli Stati Uniti d’America), interessò il Nordamerica orientale, la Nuova Scozia, la Terranova, la Terra di Rupert, le Bahamas, la Gia-maica, il Belize e gran parte delle isole delle Piccole Antille. Colonialismo russo: (1581, Ermak comincia la colonizzazione dei territori oltre i Monti Urali – 1915, prima guerra mon-diale e rivoluzione d’Ottobre), interessò la Siberia, l’Alaska, l’Asia centrale ed il Caucaso (si escludono le annessioni in Europa) Secondo colonialismo inglese: (1753, inizio infiltrazione inglese in India –), interessò il Sudafrica, il Canada, l’India, Ceylon, la Malesia, l’Australia, la Nuova Zelanda, la Guiana occidentale e le isole atlantiche. Secondo colonialismo francese: (1830, inizio della conquista dell’Algeria – 1859, annessione di Saigon), interessò l’Algeria, il

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avesse potuto fungere da base per una futura campagna coloniale ed ospitare un porto marittimo, strategico per il commercio con l’India.

La comparsa di nuovi soggetti statali, come la Germania (1870) e il Belgio (emancipato dall’Olanda), aveva favorito una nuova fase di e-spansione coloniale europea6, che verrà definita età dell’imperia-lismo7.4

Negli ambienti intorno alla corona circolava il desiderio di elevare la monarchia sabauda al rango delle altre e più illustri monarchie con-tinentali, e la lunga esperienza maturata in Africa dal savonese Sapeto8

Vietnam, la Guiana orientale, il Senegal, il Gabon, le isole di Tahiti e la Reunion. Terzo colo-nialismo inglese: (1870, nuova spinta colonizzatrice europea – 1956 inizio decolonizzazione possedimenti africani), interessò il Bechuanaland (Botswana), la Rhodesia (Zambia), l’Uganda, il Kenya, la Somalia settentrionale, l’Egitto, il Sudan, la Nigeria, la Costa d’Oro, la Sierra Leone, il Gambia, lo Yemen, il Kuwait, la Birmania, la Papua, il Brunei, e molti archi-pelaghi polinesiani; si mantennero i precedenti possedimenti e si stabilirono insediamenti commerciali con la forza in Cina (risale a questo secolo l’acquisizione di Hong Kong dopo la guerra dell’oppio). Terzo colonialismo francese: (1860, inizio espansione nell’Africa Occi-dentale dal Senegal – 1962, indipendenza dell’Algeria), interessò il Marocco, tutta l’Africa occidentale sahariana, la Mauritania, la Costa d’Avorio, il Congo, il Madagascar, il Laos, la Cambogia e la Nuova Caledonia. Come l’Inghilterra, anche la Francia impose la propria auto-rità commerciale ed economica in molti porti e fiumi cinesi. Colonialismo tedesco: (1870, fondazione dell’Impero Tedesco e inizio dell’espansione nell’Africa Centrale e Meridionale seguendo la politica economica ed imperialistica di Bismarck – 1918, sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e perdita delle colonie), interessò il Camerun, la Namibia, il Togo e la Tan-zania, contemporaneamente venivano stabilite delle teste di ponte in alcune isole dell’Oceano Pacifico, di cui le più estese erano le intere zone settentrionali della Papua Nuova Guinea e le Isole di Bismarck, e sulla costa nord della Cina.

6 Il Ministro degli Esteri Mancini si pronunciò sul fenomeno “colonialismo”, che contagiò i più grandi paesi europei: «Ma invece assistiamo in questo secolo a ben altro e qualificante spettacolo: non vi ha Governo europeo, specialmente fra quelli delle grandi potenze, che do-vunque nelle più lontane e deserte regioni del mondo sia un piccolo porto, un rifugio, uno sca-lo di fermata o raddobbo in un mare qualunque, specialmente poi sulle grandi vie della navi-gazione e del commercio mondiale, e presso gli stretti, non faccia ogni sforzo per procurarse-ne il possesso, e ricoverarvi all’ombra della propria bandiera le sue navi, i propri commercian-ti, e concittadini, accordando loro tutela e protezione. Nessuno ha dubitato della legittimità di questo fatto dei giorni nostri, che può dirsi caratteristico, e rappresenta quasi una tendenza in-vincibile dell’età presente. Essa è così potente, che domina non solo i grandi Stati, ma trascina nel movimento anche i piccoli». Camera dei deputati Atti Parlamentari Legislatura XVI 1° sessione – discussioni – tornata del 30 giugno 1887.

7 Nani Michele, Ai confini della nazione, Carocci, Roma 2006, p. 9.

8 Il governo italiano nel 1867 aveva già incaricato il capitano di fregata Bertelli di sondare il possibile territorio sulle coste del Mar Rosso. Sapeto da lungo tempo conoscitore di quei luoghi avanzò l’auspicio «di meritare più di tutti l’onore di essere colà delegato ad iniziare i commerci italiani e fondare una colonia in luogo di nostra proprietà, base e caparra dei mag-

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risultò utile a Vittorio Emanuele II che lo incaricò di reperire un luogo adatto allo scalo delle navi nazionali9.

La data della compravendita (15 Novembre 1869), appena due giorni prima dell’inaugurazione del canale di Suez, è indicativa del-l’indecisione politica che frenò l’Italia, già notevolmente in ritardo ri-spetto ai competitor europei, nel muovere i suoi primi passi in Africa.

Come già rilevato da Tullio Scovazzi10 la cessione per 60 talleri (poco meno di 30000 lire) dei 18km2 del piccolo territorio di Assab sulla costa occidentale del Mar Rosso11, venne conclusa attraverso uno strumento di diritto privato con il quale era ceduto ad un individuo privato (non ad uno Stato) un diritto di proprietà: il mandatario infatti (Sapeto) non spese il nome del mandante (lo Stato italiano)12.

Il nuovo governo italiano (guidato dal moderato Giovanni Lanza) temeva infatti le complicazioni che un acquisto territoriale ufficiale avrebbe comportato nei confronti delle altre nazioni interessate alla zona del Mar Rosso e decise quindi di operare per interposta persona.

giori che si faranno in futuro». Da Surdish Francesco, L’attività missionaria, politico–diplomatica e scientifica di Giuseppe Sapeto, Millesimo, Comunità Montana Alta Val Bormi-gda 2005.

9 Sapeto scelse Assab per i seguenti motivi: 1. «La sua vicinanza allo stretto di Bab el Mandeb ed il facile approdo indicato dall’isola di Sennabiar e dai monti tagliati a stella che additano da lontano capo Lumah». 2. La sua posizione rispetto a Moka e Odeida, empori dello Yemen, «coi quali si può comunicare con tutti e due i monsoni». 3. «L’attitudine sua a diven-tare, come già fu nell’alta antichità, l’emporio dell’Arabia e dell’Abissinia, potendovi far capo le carovane che ora vengono a Massaua, Ras Deibel, Raheita e Zeila». Sapeto Giuseppe, As-sab e i suoi critici, stabilimento Pellas, Genova 1889, pp. 13 ss.

10 Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli strumenti giuridici del primo colonialismo italiano, G. Giappichelli, Torino 1998, successivamente ripreso anche da Sur-dish Francesco, L’attività missionaria, politico–diplomatica e scientifica di Giuseppe Sapeto, Millesimo, Comunità Montana Alta Val Bormida 2005.

11 La relazione di Sapeto al nuovo capo di Governo Giovanni Lanza sulla natura del terri-torio che l’Italia si accingeva a comprare lo definiva come “arido anzichenò” con acqua pota-bile ma “alquanto amarognola”. Da Giacchero Giulio e Bisogni Giuseppe, Vita di Giuseppe Sapeto: ignota storia degli esordi coloniali italiani rivelata da documenti inediti, Firenze, 1942 Sansoni. Sulla natura del territorio, assai brulla, si espresse anche il Ministro degli Esteri Mancini nel 1884, nell’ambito di una proposta di realizzare una colonia agricola: «Il progetto per la colonizzazione della nostra colonia d’Assab, (…) dimostra nel suo autore un’assenza completa di cognizioni sulla natura del suolo che non si presta affatto ad imprese agricole». Ministero degli Affari Esteri Opinione politica di Stanislao Mancini 14 febbraio 1884 Archi-vio di Stato Presidenza Consiglio dei Ministri 1884 n. 57.

12 Tullio Scovazzi in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli strumenti giuridici del primo colonialismo italiano, G. Giappichelli, Torino 1998, pp. 4 ss.

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Il 2 febbraio del 1970 venne stesa una scrittura privata tra la società (prestanome) Rubattino13, incaricata dell’acquisto dei territori, e i Mi-nistri della Marina, Industria, Commercio ed Agricoltura.

Venti anni dopo in un suo libro di memorie14 Sapeto tornò sull’ar-gomento della compravendita pronunciandosi sulle bizzarre modalità di acquisto:

Le istruzioni, date a me dal ministro degli Esteri e all’ammiraglio Acton da quello della Marina, non facevano menzione della persona che avrebbe com-prato il luogo del Mar Rosso più idoneo ad una colonia. Io doveva a mio no-me contrattare, come feci fermamente cò Danakil, sebbene fossi convinto di non essere altro che il prestanome del governo, non mi parendo possibile che per rendere servigio ad un direttore di compagnia mercantile, fosse pure per-fetto gentiluomo, come è appunto il cav. Rubattino, si mandasse con me un ammiraglio. Eppure la cosa era proprio così. Io so che il governo anticipò le spese della perlustrazione nel Mar Rosso, ma ignoro per quale processo oc-culto io mi trasformassi in agente del signor Rubattino. A differenza del primo precontratto del 1869, quello definitivo, no-

nostante non contenesse alcuna indicazione sulla presenza italiana, prevedeva termini di tipo pubblicistico, quali l’indicazione “sovranità” e la facoltà concessa ai nuovi possessori di poter esporre bandiera na-zionale.

Tuttavia lo sviluppo coloniale delle terre africane subì una battuta d’arresto. I terreni acquistati rimasero abbandonati sia per opposizioni all’interno della maggioranza, preoccupata per le spese necessarie per coronare l’impresa africana, sia per le pretese dell’Egitto sul litorale occidentale del Mar Rosso.

In piena bagarre, in una situazione diplomatica delicatissima, il 31 marzo 1871 il parlamento italiano si pronunciò per la prima volta pubblicamente sull’acquisto del territorio in Africa:

13 Raffaele Rubattino nato a Genova 10 aprile 1810 era un armatore interessato, come

molti a Genova e Venezia, alle conseguenze economiche che sarebbero seguite all’apertura del canale di Suez. L’intenzione dell’imprenditore genovese era infatti quella di dar vita ad una linea di piroscafi Genova–Bombei. Rubattino fu anche un fervente patriota dell’unità d’I-talia, amico personale di Cavour, fornì prima a Carlo Pisacane e poi a Giuseppe Garibaldi le navi per le spedizioni nel Mezzogiorno d’Italia, fra cui la storica spedizione dei Mille.

14 Sapeto Giuseppe, Assab e i suoi critici, stabilimento Pellas, Genova 1889, p. 16.

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Se oggi il Governo nostro, pur avendo la proprietà del territorio di Assab, esi-tasse ad occuparlo efficacemente, io non esito a dire che il nostro commercio ne risentirebbe, e pur volendo aprirsi una via, sarebbe costretto a mettersi sot-to la protezione delle nazioni che, come l’Inghilterra e la Francia, hanno oc-cupate e rese sicure le loro stazioni sul Mar Rosso15. Il lavoro diplomatico del console italiano al Cairo, e futuro brillante

governatore della Somalia, Giacomo De Martino, fu determinante nel contrastare le rivendicazioni giuridiche dell’Egitto16, alle cui spalle agivano le grandi potenze coloniali, l’Inghilterra17 e l’Impero Ottomano.

Dopo la replica italiana, la questione politica della sovranità su Assab rimase sospesa fino alla sconfitta subita dagli egiziani per ma-no dell’imperatore d’Etiopia, Johannes. Si escluse un’occupazione in grande stile della zona di Assab data la possibile reazione inglese, e si optò invece per la costruzione nel territorio “italiano” di una fatto-ria commerciale da parte della società Rubattino, protetta dalla flotta italiana18.

15 L’intervento di Nino Bixio (amico di Raffaele Rubattino) in seguito ad un’interpellanza

in Senato provocò la reazione di Sapeto, perplesso per la fuga di notizie sui maggiori giornali italiani. In Surdish Francesco, L’attività missionaria, politico–diplomatica e scientifica di Giuseppe Sapeto, Millesimo, Comunità Montana Alta Val Bormigda 2005, p. 157.

16 Le contestazioni sollevate dall’Egitto si basavano principalmente sull’invalidità delle cessioni dei terreni fatte da nomadi; sulla mancanza di una posizione ufficiale dell’Italia; sul carattere privato della cessione. Come riportato da Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uc-cialli, Adua, Gli strumenti giuridici del primo colonialismo italiano, G. Giappichelli, Torino 1998.

17 Il primo ministro inglese, Lord Salisbury, aveva dichiarato: «Ove trattasi di un’impresa commerciale, noi la vedremo con simpatia; ma ci preme che essa nulla abbia di politico. Il Mar Rosso è la nostra via di comunicazione con le Indie, la nostra corda sensibile». Blue Book Assab 1880, come riportato da D’amelio Mariano nella enciclopedia giuridica italiana 3° vo-lume, Novara 1911.

18 Raffaele Rubattino lamentò la scarsezza della protezione ed iniziativa italiana in una lettera inviata al Ministro degli Esteri l’8 ottobre del 1871: «Ma impresa di questa natura (la costituzione della fattoria ad Assab, (N.d.A.) il buon volere e le forze dei privati non sempre bastano a superare gli ostacoli e le prevedibili contrarietà. È necessaria la protezione, il con-corso, l’appoggio del Governo. La baia di Assab ed il suo territorio sono indubbiamente pro-prietà italiana. Qualunque italiano andrà a stabilirvi commercio sarà nel suo pieno diritto. Ma con quale forza, con quali mezzi potrà un privato difendere la sua proprietà, il suo avere, la sua persona dagli indigeni che giungessero con intenzioni ostili?». Rubattino Raffaele lettera al Ministro degli Esteri 8 ottobre 1970 Ministero degli Esteri Archivio del Ministero Africa Italiana posizione 1|1.

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A seguito di un ulteriore acquisto nell’area di Assab avvenuto nel 1880 da parte del governo italiano, la segretezza, la posizione ambigua tenuta dall’Italia fin dal 1869, dovette cedere il posto ad una situazio-ne politica non più occultabile attraverso delle vaghe smentite diplo-matiche19.

1.2 Il primo atto ufficiale Dopo un furto di bestiame avvenuto ai danni della popolazione di

Assab, Sapeto decise (siamo nel febbraio 1880) di emanare un’ordi-nanza con l’esplicito compito di dar vita ad una primordiale forma di diritto nel piccolo territorio di Assab. Stabiliva l’ordinanza che lo sta-bilimento di Assab, occupato da regnicoli e posto sotto la tutela e pro-tezione di navi da guerra di S.M. il Re d’Italia, deve subordinatamente allo spirito ed alla lettera delle leggi nazionali considerarsi come un prolungamento eventuale della nave da guerra del Comandante supe-riore (art. 1).

In quanto prolungamento di territorio italiano le norme da applicare sarebbero dovute essere solamente quelle italiane, ogni reato quindi sarebbe stato giudicato secondo il codice penale militare marittimo (art. 2) dal Capo dello stabilimento Rubattino, assistito da uno o due coloni italiani e da un indigeno, scelto fra i più autorevoli (art. 3).

19 La lettera inviata dal futuro Governatore della Somalia De Martino al ministro degli E-

steri sui colloqui tenuti al Cairo lascia immaginare le difficoltà che dovette fronteggiare il bra-vo diplomatico italiano: «Scerif Pascià mi soggiunse che il Viceré ne era rimasto sorpreso e dolente, e che gli aveva ordinato di protestare presso di me, siccome faceva intanto verbal-mente, riservandosi di farlo per iscritto, contro una violazione così patente dell’integrità del territorio egiziano. (…) Dichiaratemi che il Viceré non avrebbe mai potuto cedere alcuna par-te di territorio dello Stato, né rinunciare ai suoi diritti di sovranità assoluta. Credeva invece possibile che si potesse indurlo, nell’interesse del commercio e della navigazione, a fare a qualche compagnia la concessione, o col prezzo d’affitto, o anche gratuita, di un punto del li-torale da convenirsi, per potervi creare un deposito di carboni e attrezzi; ciò però, a patto che i negoziati in tal proposito si intavolassero col governo egiziano (…) Credetti di non entrare in discussione con Scerif, né sulla questione di diritto, né su quella di fatto. Mi limitai solamente a dichiararli che, né le trattative coi capi indigeni, né la compra, erasi fatte a nome del regio governo; sapevo bensì essersi operate dalla società Ribattino, con l’unico scopo di avere un luogo di rifugio per le sue navi». De Martino Giacomo lettera al Ministro degli Esteri 20 apri-le 1970 Ministero degli esteri archivio del Ministero Africa Italiana posizione 1|1.

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Veniva poi data la prima spicciola definizione di indigeni (gente di colore) e sanzionato il rispetto dei loro usi, costumi e religioni (art. 5).

L’ordinanza di Sapeto fu tuttavia abrogata dopo appena due setti-mane per via della delicata situazione diplomatica del governo italiano, che con questa di fatto affermava la sua sovranità sul territorio africa-no. In seguito ad un’ulteriore estensione del territorio italiano, il Pre-sidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Benedetto Cairoli, decise di procedere con il primo atto ufficiale da parte del governo italiano. L’ordinanza ministeriale del 24 dicembre 1880 non venne tuttavia pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia.

Mentre nell’ordinanza di Sapeto si era voluto affermare la sovranità italiana come continuazione della sovranità delle navi di protezione, ora la sovranità è affermata alla luce di un auto–assoggettamento delle popolazioni indigene20! Recita l’ordinanza di Cairoli:

Ritenuto che le popolazioni indigene dei territori compresi nel possedimento di Assab hanno, per esplicite manifestazioni dei loro capi, dichiarato la loro piena sudditanza verso S.M. il Re, e il loro fermo proposito che siano identi-ficati, con quelli dell’Italia, i loro interessi politici economici e civili. Ritenu-to che il fatto dell’annessione e la conseguente occupazione impongano al Reggio Governo la necessità di provvedere fin d’ora, e fino a che non siasi statuito per legge, alla tutela dell’ordine pubblico e alle ragioni private in quel possedimento; Ritenuto che a questo intento riesce opportuna la nomina di un commissario civile, che raccogliendo la fiducia del regio Governo, ed ispi-randosi ai bisogni delle popolazioni locali, si renda interprete delle loro ne-cessità, e traendo norma dalle leggi e gli ordinamenti dello Stato, imprenda ad organizzare e dirigere tutti i servigi inerenti ad una buona amministrazione. Ha ordinato e ordina: 1. Allo scopo di promuovere e tutelare gli interessi d’ordine pubblico e

d’ordine privato che si vanno svolgendo nel possedimento di Assab, è nominato un commissari civile, dipendente provvisoriamente dal Mini-stero degli esteri.

2. Il commissario sceglie gli impiegati indispensabili a coadiuvarlo nei di-versi servizi. Salvo ad aumentarne il numero, quando ciò possa essere necessario, previa autorizzazione del Governo, gli impiegati saranno per ora: un segretario un contabile, un delegato di pubblica sicurezza ed uno o due interpreti.

20 Come affermato da Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli strumenti

giuridici del primo colonialismo italiano, G. Giappichelli, Torino 1998, p. 41.

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3. Sotto la direzione del delegato di pubblica sicurezza e l’alta sorveglian-za del commissario civile, il mantenimento dell’ordine potrà essere affi-dato ad un piccolo corpo di guardie indigene. Tale servizio sarà orga-nizzato dal commissario tenuto conto del numero, dell’indole e dai co-stumi dei residenti.

4. Il servizio sanitario viene per ora disimpegnato dal medico di bordo. 5. Il contabile farà le funzioni dell’ufficiale postale, salvo prendere idi al-

tre disposizioni, a norma delle circostanze. La tassa postale è percepita per mezzo di francobolli dello Stato.

6. Il commissario provvederà all’amministrazione della giustizia in base alle vigenti leggi dello Stato, tenuto conto però delle esigenze inerenti alle particolari circostanze, all’indole, alla religione e ai costumi dei residenti.

7. Il Commissario presenterà all’approvazione del Governo, entro sei mesi dall’approvazione del seguente Decreto, gli schemi di regolamenti spe-ciali, di cui potrà intanto fare applicazione provvisoria in via di esperi-mento.

8. Onde sovvenire alle spese di amministrazione, alle opere di interesse generale, ai viaggi di esplorazione e a quanto possa agevolare i rapporti d’amicizia con i vicini capi indigeni, verrà stanziata dal Governo una somma annuale in base ad un bilancio preventivo presentato dal com-missario. Un primo bilancio verrà presentato dal commissario entro due mesi dell’istallazione in ufficio.

9. Ogni trimestre il Commissario invierà al Ministero degli esteri un reso-conto consuntivo delle spese ordinarie e straordinarie correlato dei do-cumenti relativi.

10. Salvo il caso di assoluta e giustificata urgenza il commissario non po-trà dar corso a nessun progetto di lavori o costrizioni, che non sia nel bilancio, senza l’autorizzazione del Governo.

11. Nella Baja di Assab e stabilita una stazione navale della marina italiana. Il comandante della stazione, nei suoi rapporti ufficiali con il commissa-rio civile, che avrà rango uguale a quello di console, si atterrà ai vigenti regolamenti consolari e della regia marina.

12. Il comandante, nei limiti che il servizio lo consenta, concederà l’opera dei propri dipendenti per esplorazioni, lavori topografici ed idrografici ed altri che contribuiscano a dare incremento al possedimento.

13. Se nell’interesse dello Stato, occorresse al commissario visitare qualche punto nella costa, egli si rivolgerà al comandante della stazione navale, per effettuare con navi, della regia marina l’escursione. La richiesta del commissario sarà tosto accolta, ove non si oppongano ragioni di servi-zio, il cui apprezzamento è riservato al comandante. Se il comandante della stazione lascerà temporaneamente la rada, ne informerà il com-missario, ed entrambi prenderanno di concerto le misure acconcie per

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provvedere, durante l’assenza del comandante, alla sicurezza e al buon ordine. In assenza del commissario, tutte le sue attribuzioni, conferitagli dalla se-guente ordinanza, saranno avocate al comandante della stazione navale.

14. L’intero territorio del possedimento è, per accordo tra il Governo e la società Rubattino dichiarato inalienabile.

15. Per risiedere nel detto territorio, chiunque, senza distinzione alcuna fra italiani e stranieri, dovrà ottenere formale autorizzazione del commissa-rio. Il commissario provvede a che gli indigeni e gli indiani abbiano re-sidenza separata da quella degli Europei e dei Parsi. Il commissario provvede a che ognuno possa liberamente osservare i riti della propria religione e a che le costumanze di ogni nazionalità speciale siano vicen-devolmente rispettate.

16. Nella baja di Assab e nell’intero territorio è rigorosamente vietata qua-lunque operazione connessa colla tratta degli schiavi.

17. Allo scopo d’incoraggiare e promuovere il commercio, il possedimento di Assab è dichiarato per ora esente da ogni tassa o diritti di dogana, da diritti d’ancoraggio e faro. I residenti sono esenti da ogni imposta diretta e indiretta. Queste disposizioni potranno essere revocate o modificate tostochè fossero mutate le condizioni del possedimento.

L’ordinanza poneva finalmente lo stato italiano come amministra-

tore diretto del lembo di terra italiana, scavalcando, dopo anni di inat-tività, la società Rubattino. Tuttavia all’estensione della legislazione italiana sui territori di Assab, temperata dal rispetto della religione e dei costumi dei residenti, alla nomina del Commissario civile (termine certamente meno impegnativo di Governatore), e la sua necessaria au-torizzazione per la residenza, al divieto della tratta di schiavi e di se-gregazione razziale — tutti elementi apparentemente volti a dimostra-re la sovranità italiana sul territorio africano — non corrispose una di-chiarazione ufficiale di sovranità da parte dell’ancora ambiguo gover-no italiano21.

Il nuovo commissario civile, il Console fiorentino Giovanni Bran-chi, appena entrato in carica richiese a Cairoli i necessari provvedi-menti legislativi per poter «istituire in queste spiagge uno stato di cose quale si conviene ad una nazione civile»22.

21 Rosoni Isabella, La colonia Eritrea, La prima amministrazione coloniale italiana 1880–1912, EUM 2006 Macerata.

22 Riporto a riguardo la lettera di Bianchi a Cairoli del maggio 1881, con la quale si de-nuncia la situazione di impotenza di fronte ad uno stupro compiuto da un lavoratore arabo:

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 29

La posizione italiana era ancora improntata ad attuare una politica prudente, necessaria considerato i difficili rapporti internazionali con l’Inghilterra, l’Egitto e la Turchia23. Tanto che il Governo italiano non prese alcuna iniziativa economica e commerciale per la sua nuova co-lonia, investendo a tale scopo cifre irrisorie. Queste le parole del Mi-nistro del Tesoro Bernardino Grimaldi in un dispaccio inviato al Mini-stro della Marina:

Occorre al Governo di rialzare le sorti del nostro possedimento di Assab, me-diante opportuni provvedimenti (…). Pur troppo è vero che esigue somme sono state sinora spese per Assab, e che non se ne potevano aspettare grandi frutti, ma non si può negare d’altra parte che l’urgenza di provvedere sia tale che a non volerne tener conto sarebbe preferibile l’abbandono. Non vi ha dubbio che la prima cosa, e la più essenziale, è di vedere per quale via e con quali mezzi si possa procurare ad Assab quel movimento commerciale, che ora manca o che è insufficiente24.

1.3 La svolta L’incerta e poco decisa politica coloniale25 italiana cambiò marcia26

«Dopo qualche esitazione ho dovuto limitarmi a fargli somministrare qualche bastonata ed imbarcarlo con l’ordine di non tornare più ad Assab. Noi non abbiamo ancora terminata la prigione ed io non aveva per conseguenza mezzo alcuno di ritenerlo. Se lo avessi avuto, l’E. V. sa meglio di me che, mentre io non poteva giudicarlo, nessuna delle nostre Corti d’appello si sarebbe dichiarata competente a farlo sul semplice decreto reale che istituisce un’autorità i-taliana in Assab». In Pieroni Piero, L’Italia in Africa, Firenze 1974. Nella sua risposta Manci-ni face presente al R. Commissario Civile che per motivi di indole diplomatica e parlamentare non aveva ancora creduto opportuno portare la questione di Assab dinanzi al Parlamento, per le relative misure, finanziarie e legislative, pp. 23 ss.

23 Come affermato da Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli strumenti giuridici del primo colonialismo italiano, G. Giappichelli, Torino 1998.

24 Grimaldi Bernardino, Ministero degli Esteri, Archivio Ministero dell’Africa Italiana, posizione 1/5.

25 La risposta di Mancini alle garanzie richieste da due imprenditori interessati all’attività commerciale nella futura Eritrea la dice lunga sullo stato di sfruttamento della colonia alle porte dell’importante ordinamento giudiziario. Recita la lettera del Ministro in data 14 Marzo 1882: «Il Governo saprebbe garantire (in caso di apertura di un’attività d’impresa ad Assab, N.d.A.) la sicurezza dei Coloni in Assab, e ciò senza restrizione alcuna; che i rapporti con l’Abissinia furono sempre amichevoli e ci studieremo di renderli utili a benefizio dei commer-ci pacifici che si volessero applicare con quella regione; che però, prima d’intraprendere il tentativo di colonizzazione agricola, parrebbe prudente che qualche persona pratica si recasse sul luogo a sperimentare la possibilità della coltivazione, non sembrando sufficienti i dati, pu-

Capitolo I 30

con il Governo di Depretis e il suo nuovo Ministro degli Esteri, Pa-squale Stanislao Mancini27.

Fino al giungere della definita politica coloniale fascista, sarà una co-stante non vedere attuare in Africa delle scelte di progettazione a lungo termine, ma piuttosto determinate dalla convinzione di singole forze poli-tiche spinte dalla determinazione di singoli individui, come appunto Mancini.

Nei rapporti parlamentari il Ministro giustifica la svolta espansioni-stica africana con la necessità di tenere il passo delle altre grandi po-tenze europee; come lo sbocco necessario della crescente emigrazione italiana e un utile addestramento per le forze militari da tempo inattive.

È utile ricordare che siamo in pieno periodo di ondate migratorie verso le Americhe, e la classe borghese, appoggiata dalla stampa na-zionale, spingeva per la conquista di territori necessari ad indirizzare il flusso degli immigrati dell’Italia del sud.

Mancini non scorda nei suoi interventi parlamentari — leit motiv del colonialismo europeo — di sottolineare il dovere e la necessità dell’Italia di partecipare alla missione di soccorso dei popoli europei nei confronti dell’“inciviltà” dei popoli africani:

Voi dovete pertanto convenire che siamo in presenza di un bisogno vero degli Stati moderni. Sarebbe dunque, nonché inglorioso, molto difficile che l’Italia, grande potenza, potesse non partecipare a questa, dirò così, generale e bene-merita crociata della civiltà contro la barbarie28.

ramente induttivi, contenuti nella memoria». Atti Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1882, fascicolo 45, Depretis.

26 Mancini viene definito da Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli stru-menti giuridici del primo colonialismo italiano «colui che elaborò, sul piano astratto, la teoria italiana del colonialismo».

27 Pasquale Stanislao Mancini (Castel Baronia, 17 marzo 1817 – Roma, 26 dicembre 1888) è stato un giurista e politico italiano. Fu più volte Ministro dell’Istruzione Pubblica del Regno d’Italia, e Ministro degli Esteri parlamentare per 18 anni. È considerato il padre della scuola italiana del diritto internazionale privato, la cui ratio consiste — a suo modo di vedere — nel-la ricerca di principi in base ai quali si può decidere, agevolmente, quale legislazione debba applicarsi a ciascuna specie di rapporti di diritto. I tre fondamentali criteri, da lui indicati, per attuare la scelta della legislazione applicabile erano: il criterio della nazionalità, il criterio di libertà ed il criterio di sovranità. Fine giurista e anticlericale, durante gli anni della costruzio-ne dello stato italiano sostenne l’abolizione della pena di morte dal codice penale italiano.

28 Camera dei Deputati, Atti Parlamentari Legislatura XVI 1° sessione – discussioni – tor-nata del 30 giugno 1887.

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 31

Dopo una fitta serie di comunicazioni diplomatiche, si riuscì a tro-vare un accordo tra l’Italia e l’Inghilterra sulla questione Assab29. Que-sto permise il 10 marzo del 1882 l’acquisizione per 416 mila lire dei territori della Rubattino da parte dello Stato italiano30. Dopodiché il 12 Giugno del 1882, il Ministro degli Esteri presentò una relazione sulla situazione di Assab (Libro verde di Assab) con un disegno di legge: “pochi ma necessari articoli”; l’intervento del Parlamento non era più procrastinabile.

Queste le basilari parole del Ministro Mancini, il 12 giugno, ai par-lamentari:

Non sono che pochi articoli; ma è evidente essere urgentissimo che la Came-ra non si separi senza averli esaminati ed approvati. Chiedo quindi l’urgenza di questo disegno di legge, nella speranza che la discussione del medesimo non solleverà alcuna opposizione, trattandosi per ora unicamente di conferire al Governo facoltà e mezzi indispensabili per l’adempimento del suo dovere31. L’urgenza fu accordata. Dopo tredici anni di vuoto legislativo, ora

nessuna tensione internazionale ostacolava l’Italia nel prevedere un as-setto stabile ed efficiente nell’ormai ufficiale colonia italiana. La legge 5 luglio 1882 n. 857 fu emanata dal nuovo Governo di Depretis32:

Art. 1 È stabilita, sulla costa occidentale del Mar Rosso, una Colonia italiana

nel territorio di Assab, sottoposto alla sovranità dell’Italia. Il territorio anzidetto si compone (…).

Art. 2 È data facoltà al Governo di provvedere con decreti reali, o ministeriali, secondo l’importanza delle materie, all’ordinamento legislativo, ammi-

29 L’Italia si impegnò a non fare di Assab una base navale o una piazza per la vendita di

armi. Rosoni Isabella, La colonia Eritrea, La prima amministrazione coloniale italiana 1880–1912, EUM, Macerata 2006.

30 Nell’atto di vendita la società Rubattino affermò limpidamente la piena sovranità italia-na: «formalmente riconosce e conferma che, per le speciali modalità e pei precisi intenti d’acquisto, da questa operato, dei territori che stanno intorno della baia di Assab, la sovranità sopra quei territori stessi passò di pien diritto, e secondo la giurisprudenza internazionale, allo Stato italiano. (La società N.d.A.) è ora venuta nel proposito di fare effettiva cessione, come cede, aliena, trasferisce, mediante la presente convenzione al demanio italiano, la proprietà privata degli anzidetti territori ed in genere di tutte le regioni ad essa spettanti». D’Amelio Mariano nella Enciclopedia giuridica italiana, 3° volume, Novara 1911.

31 Camera dei Deputati, Atti Parlamentari Legislatura XVI, 1° sessione – discussioni – tornata del 12 giugno 1882.

32 Gazzetta Ufficiale del 10 luglio 1882 n. 160.

Capitolo I 32

nistrativo, giudiziario ed economico della colonia, con quelle norme che saranno convenienti alle condizioni locali, e con potestà di variarle nella stessa forma secondo i risultati dell’esperienza. La colonia sarà sotto la diretta dipendenza del Ministero degli affari e-steri, cui spetterà di emanare gli occorrenti provvedimenti, previo ac-cordo coi ministeri competenti nelle rispettive materie. Tra le facoltà accordate al governo con la presente legge si comprendo-no le seguenti: ― regolare le attribuzioni del commissario civile ivi istituito, non che

dei funzionari a cui potrà essere commessa, sotto la dipendenza ge-rarchica del commissario, la pubblica amministrazione in Assab, prescrivendo le norme cui dovranno uniformarsi;

― concedere nel territorio di Assab l’esenzione dal pagamento di qual-siasi genere di imposte, dirette o indirette per un trentennio;

― stabilire in Assab un porto franco, con piena esenzione da ogni tas-sa doganale d’importazione, di esportazione, di transito, come pure dei diritti marittimi;

― accordare a società od a privati italiani, indigeni o stranieri conces-sioni di terreni demaniali, o di qualsivoglia altra natura, nel posse-dimento di Assab e determinarne, con norme generali le condizioni;

― provvedere alle opere di pubblica utilità in corso di esecuzione, ed alle altre urgenti nel territorio medesimo;

― stipulare coi Sovrani e capi delle prossime regioni convenzioni di amicizia e di commercio e stabilire con essi patti di buon vicinato e per la sicurezza della colonia italiana. (…)

Art. 3 I codici e le leggi italiane avranno nel territorio di Assab la loro applica-zione agl’Italiani del Regno, quanto ai rapporti di cittadinanza, di fami-glia e di stato civile, alle successioni e generalmente in tutto quello a cui non sia derogato dalle speciali norme legislative ed amministrative e-manate per la colonia di Assab; come altresì per regolare le loro relazio-ni giuridiche e contrattazioni con gli indigeni o con individui di stranie-re nazionalità, non che quelle tra stranieri, ovvero tra indigeni e stranieri. Rispetto agl’individui della popolazione indigena, saranno rispettate le loro credenze e pratiche religiose. Saranno regolati con la legislazione consuetudinaria finora per essi vigente il loro statuto personale, i rap-porti di famiglia, i matrimoni, le successioni, e tutte le relazioni di dirit-to privato in quanto per quella legislazione non si opponga alla morale universale ed all’ordine pubblico, né ad essa sia derogato con espresse disposizioni. La giurisdizione sarà esercitata verso gl’indigeni in queste materie, e nei giudizi che avranno luogo tra essi senza partecipazione ed interesse di altre persone italiane e straniere, da un magistrato dottore nella legge mussulmana; questi però sarà nominato dal regio commissario, ed am-ministrerà la giustizia in nome del Re d’Italia.

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 33

Art. 4 È approvata la convenzione stipulata nel 10 marzo 1882 tra il Governo e la Società Rubattino e C. Per la cessione di tutti i diritti e delle proprietà della Società anzidetta al Governo, per regolare reciprocamente i rap-porti pecuniari dipendenti dall’acquisto e dalla cessione dello stabili-mento commerciale di Assab. (…)

Con altra legge speciale sarà provveduto alla costruzione di un porto in Assab e di altre opere ivi occorrenti.

Questa legge, definita come prima carta coloniale italiana, anche

se contenente delle disposizioni mai applicate, affermò finalmente (art. 1) in maniera esplicita, l’esistenza di una colonia italiana e influenzò tutta la successiva legislazione italiana in materia33, gettando le fon-damenta dell’ordinamento giuridico giudiziario e amministrativo del territorio italiano d’Africa.

Dopo aver delineato al primo articolo il territorio della colonia, al secondo il Governo si affrettò ad attribuirsi la potestà legislativa sui nuovi territori d’Africa. Questa disposizione, in vigore per tutta la vita della colonie italiane, fu aspramente criticata durante tutto il periodo liberale da un numero elevato di parlamentari. Questi richiedevano, per l’approvazione di trattati internazionali, di disposizioni ammini-strative e militari — interventi volti a decidere sulla vita di migliaia di italiani — l’approvazione dell’intero parlamento italiano34. Per tutta la

33 Mellana Vincenzo, Italia in Africa serie giuridico amministrativa, L’amministrazione della giustizia nei territori d’oltre mare, Ministero degli Affari esteri comitato per la docu-mentazione delle attività italiane in Africa, Roma 1974, p. 25.

34 La questione venne frequentemente sollevata in parlamento, ad esempio il 5 marzo 1890, l’Onorevole Ferrari: «La Camera, ritenendo che l’organizzazione coloniale debba esse-re autorizzata dal potere legislativo; che i trattati internazionali, i quali implicano una modifi-cazione dei territori dello Stato ed un onere finanziario non possono avere effetto senza l’approvazione del Parlamento» Camera dei deputati Atti Parlamentari Legislatura XVI 1° sessione – discussioni – tornata del 5 marzo 1890. In Senato fu molto duro l’intervento — non il primo sull’argomento — dell’Onorevole Pierantoni: «Feci storia degli abusi continuamente fatti dal potere esecutivo contro la ragione parlamentare, (…) mi basta ricordare la mia rela-zione del 17 giugno 1890, sulla dolorosa convenzione di Uccialli, che fu cagione di danno e di vergogna. L’Onorevole Crispi aveva stipulata una prima convenzione nel 2 maggio 1889, che non sottomise al voto del Parlamento, un’altra ne stipulò il 1° ottobre dello stesso anno. Io col consenso dei colleghi dell’Ufficio Centrare feci richiamare il Governo ai limiti della sua pote-stà. L’intervento di Pierantoni alla Camera del senato Atti Parlamentari Legislatura XXI 2° sessione – discussioni – tornata del 13 maggio 1903. Per chiudere la questione il prestigioso parere di Mariano D’Amelio che sembrerebbe non lasciare spazio a diverse interpretazioni, bocciando di fatto la linea delineata dall’Italia durante la sua avventura coloniale: «nulla vieta di considerare come territorio dello Stato anche una terra non contigua, Sicché il territorio a-

Capitolo I 34

vita delle colonie italiane gran parte delle disposizioni sulle “cose” d’Africa furono infatti regolate attraverso decreti, bypassando la legi-slazione parlamentare.

La prima vera legge coloniale italiana, preoccupandosi di definire la questione giuridica degli abitanti della colonia, fece sua la massima della Cassazione Francese del 1865, la legislazione segue la bandie-ra35, cosicché ad Assab vigevano i codici e le leggi italiane, salve spe-cifiche deroghe, come sottolineato dal principale artefice della legge Mancini:

Divengano ad un tratto leggi in vigore ad Assab tutte in massa le leggi d’ogni specie che sono in vigore presso di noi, comprese la legge elettorale, e tutte le leggi politiche, comunali e provinciali, finanziarie ed amministrative, perché sono applicabili ad ogni parte del territorio italiano, ovunque situato36. Vi era quindi, per i rapporti correnti tra italiani e tra italiani ed in-

digeni, una totale dipendenza dal Governo italiano, in conseguenza della mancanza del requisito della pubblicazione per la validità delle leggi italiane in colonia. La così detta politica di assimilazione, volta a creare in colonia una società analoga a quella della madrepatria37, era probabilmente dovuta dalla scarsa esperienza italiana nel campo colo-niale ed era applicata solo parzialmente. Per quanto riguardava i rap-porti tra le popolazioni autoctone, si scelsero altre modalità di azione: fricano conquistato per virtù delle armi nazionali o per effetto di trattati, sul quale sventola la bandiera italiana, si amministra la giustizia in nome del capo di Stato italiano, si riscuotono i tributi a vantaggio dello Stato medesimo, e nel quale si sono trapiantati tutti i nostri istituti, deve considerarsi come parte del territorio nazionale, e tolto dalla disponibilità del potere ese-cutivo». D’Amelio Mariano nella Enciclopedia giuridica italiana 3° volume, Novara 1911.

35 La sentenza della Corte di Cassazione francese del 17 novembre 1865 recitava: «La protezione delle leggi francesi accompagna le nostre armate nelle loro operazioni militari sui territori stranieri; la conquista e l’occupazione di una colonia, divenuta possessione francese, v’introducono virtualmente le leggi della madre patria, allora esistenti, destinate a proteggere i francesi nelle loro persone e nelle loro proprietà, senza bisogno di una locale promulgazione». Questa dottrina, come sottolineato successivamente da Cucinotta, non fu sempre seguita dalla giurisprudenza francese, ma costituì alla fine dell’800, un principio acquisito. D’Amelio Ma-riano nella Enciclopedia giuridica italiana 3° volume, Novara 1911.

36 Discorsi parlamentari di Pasquale Stanislao Mancini raccolti e pubblicati per delibera-zione della Camera dei Deputati vol. 8 pag. 143, Tipografia della Camera dei deputati, Roma 1893–1897.

37 Rosoni Isabella, La colonia Eritrea, La prima amministrazione coloniale italiana 1880–1912. EUM, Macerata 2006, pp. 47 ss.

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 35

vennero quindi rispettate le loro credenze e pratiche religiose, veniva regolato, con le norme consuetudinarie vigenti, il loro stato personale, i rapporti di famiglia, i matrimoni, le successioni e tutte le relazioni di diritto privato, in quanto però quelle norme non si opponessero alla morale universale ed all’ordine pubblico, né che ad esse fosse deroga-to da espresse disposizioni di legge14.

La giurisdizione veniva esercitata nei confronti degli indigeni (e-sclusivamente nei rapporti giuridici che non riguardassero italiani o stranieri) da un magistrato dottore nella legge mussulmana (Cadi), il quale però era nominato dal R. Commissario Civile, ed amministrava giustizia in nome del Re d’Italia.

Già dalla prima legge ufficiale italiana era quindi presente il princi-pio (seguito dal legislatore nel corso di tutta l’avventura italiana in A-frica) della duplicità della legislazione e giurisdizione. Erano quindi riconosciuti due soggetti di diritto, con un diverso stato giuridico. Questo provvedimento era figlio della nuova concezione coloniale di fine ottocento improntata sul parziale riconoscimento delle tradizioni locali e sulla collaborazione dell’elemento locale nell’organizzazione statale. Il nuovo modus operandi non era certo il frutto della pietas cristiana ma puntava piuttosto ad ottimizzare i guadagni provenienti dalla colonia attraverso il minimo dispendio finanziario. E questo sco-po era più facilmente raggiungibile attraverso la pace sociale tra occu-

14 Molto interessante la lettura storica della legge “Mancini” effettuata in Senato nel 1903

dall’Onorevole Pierantoni: «Quella legge riaffermò i cardini fondamentali del nostro diritto coloniale, che tuttora perdura. Ho sotto gli occhi il sapiente lavoro di P. S. Mancini, che fu largamente studiato, sulla legislazione straniera. (…) (Mancini N.d.A.) richiamò l’attenzione del Parlamento sopra due punti estremi. Taluni popoli colonizzatori vorrebbero ridurre solle-citamente le genti nuove, poco civili, diverse per lingue, per religioni, per costumi, per razza, per colore, alla osservanza del diritto nazionale. Tale pretensione è impossibile, assurda, pro-vocatrice di disordini. Dall’altro lato, vi sono popoli che vorrebbero lasciar persistere le colo-nie colle loro consuetudini, colle loro leggi, colle loro superstizioni, e non agire in nessun modo per introdurre civiltà, progresso di ordinamenti, volendo semplici colonie di sfruttamen-to. Tra questi due opposti sistemi il Mancini raccomandò un sistema medio. Quando si vuole avviare una emigrazione in paese, che non sia quello segnato dai confini delle Alpi e dei mari bisogna assolutamente studiare la conciliazione del diritto degli indigeni col diritto proprio di ciascun cittadino italiano. Arduo, difficile lavoro da compiersi con prudenza, con abnegazio-ne». Camera del Senato, Atti Parlamentari Legislatura XXI 2° sessione – discussioni – tornata del 13 maggio 1903.

Capitolo I 36

pati e occupatori38. Chiaramente il foro riservato alle popolazioni loca-li aveva un’importanza decisiva: innanzitutto per una mera questione numerica; il contingente italiano (o straniero assimilato) presente in Eritrea era piuttosto scarso (2014 persone su 330.000 nel censimento del 1889)39, e anche quando la colonizzazione ebbe la svolta dell’occu-pazione dell’Etiopia il pur numeroso “popolo civile” dell’Africa orien-tale italiano (circa 300.000 persone nel 1938) era un numero irrilevan-te a confronto della popolazione autoctona. Secondo poi, per la fon-damentale importanza della questione dell’ordine pubblico: da sempre i nostri politici ebbero ben in mente i disastrosi effetti del “mal giudi-care” in una Colonia, dove proprio la pochezza del controllo militare italiano rendeva la situazione molto delicata.

Credo sia utile in merito al sistema della doppia giurisdizione e le-gislazione riportare uno studio di Ernesto Cucinotta40 sull’evoluzione storico–giuridica dell’applicazione del diritto metropolitano in colonia:

La legislazione francese ne offre un chiaro esempio. Il principio che, in tema di estensione di leggi regolava le vecchie colonie francesi, e cioè quelle che la Francia possedeva prima del 1789, era che le leggi metropolitane si appli-cavano senz’altro ai nuovi territori all’atto della conquista (art. 34 Compagnia delle Indie Occidentali e Orientali ecc.). Ben presto, però, apparve come fos-se impossibile estendere senza modificazioni ed applicare senz’altro, a paesi senza alcuna organizzazione e spesso anche primitivi, una legislazione così complessa come quella della metropoli. E così da una parte l’autorità investi-ta del potere di legiferare cominciò con l’emanare ordinanze speciali per le colonie; dall’altra il Re vietò che le nuove leggi e che le ordinanze emanate in Francia avessero vigore nelle colonie prima ch’egli avesse dato ordine che vi fossero registrate. Infine, (…) i tribunali delle colonie ricevettero o si arroga-rono il potere di apportare alle leggi metropolitane e specialmente a quelle di procedura le modificazioni richieste dalle circostanze. Il principio, dunque, accolto dalla vecchia legislazione coloniale

francese e da essa passato anche in altre legislazioni, era che i tribunali

38 Come affermato nel libro politico–giuridico di Malvezzi Aldobrandino Del R. Istituto superiore di Scienze sociali “Cesare Alfieri”, Elementi di diritto coloniale, C.E.D.A.M., Pa-dova 1928, pp. 26 ss.

39 I dati del censimento sono riportati da Rosoni Isabella, La colonia Eritrea, La prima amministrazione coloniale italiana 1880–1912 EUM, Macerata 2006, p. 101 ss.

40 Cucinotta Ernesto Consigliere della Corte di cassazione, sulla Rivista di diritto colonia-le, anno 1940 n. 1 gennaio–marzo.

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 37

coloniali dovessero applicare le leggi metropolitane anteriori alla fon-dazione della colonia in quanto le circostanze e le condizioni locali lo permettevano. Bisognava, però che questo potere fosse espressamente conferito nel provvedimento organico di loro costituzione. In un primo tempo (in Italia N.d.A.) la giurisprudenza si è ispirata all’elemento es-senziale, fondamentale del principio dell’efficacia delle condizioni loca-li: l’ostacolo da esse posto all’applicazione delle leggi delle metropoli, l’inapplicabilità delle norme. (…) La nostra giurisprudenza coloniale ha lavorato egregiamente per questa via. Intese come limite di applicabilità, le condizioni locali possono essere oggettive, e cioè derivanti dall’am-biente fisico, dalle comunicazioni, dalla mancanza di organi ed uffici ecc. o soggettive, quali quelle riguardanti la razza, i costumi, la religio-ne. Nell’un caso e nell’altro esse hanno efficacia negativa, impediscono che la norma esistente nella legge già emanata per la metropoli ed este-sa alla colonia abbia vigore e possa essere applicata. Ad esempio, in al-cune nostre colonie, fino a che non vi sono stati istituiti gli uffici delle ipoteche, non è stato possibile né richiedere né adempiere le formalità della trascrizione per le vendite immobiliari (…); così anche nelle loca-lità molto lontane dell’interno, qualora non vi fossero sanitari od altre persone idonee, non è stato possibile procedere a perizia od ad altre in-dagini e tutto è stato rimesso al giudizio che ne ha dato poi il giudice, anche per la liquidazione dei danni. (…) Quanto poi all’efficacia delle condizioni soggettive sono state dichiarate inapplicabili altresì, o quan-tomeno non applicabili con rigore, le norme di rito delle quali gli indi-geni non possano comprendere il valore etico giuridico (…); od appli-cabile, ma con diminuzione della pena, la sanzione nel caso di delitto di violenza carnale commesso su donna indigena. Talvolta, invece, il prin-cipio dell’efficacia delle condizioni locali è stato proclamato ed inter-pretato non già come inapplicabilità ma come necessità di adattamento della legge metropolitana. È questo il caso ad esempio, il nostro legisla-tore «qualora concorrano speciali motivi inerenti alle condizioni locali» dà facoltà al giudice di scendere, in Libia41 o nell’A.O.I.42, nell’applica-zione della pena, al di sotto del minimo previsto dalla legge. O il potere concesso al giudice di determinare in maniera approssimativa l’età

41 R. Decreto 27 giugno 1935 n. 2167. 42 Art. 50 legge 1 giugno 1936 n. 1019.

Capitolo I 38

dell’imputato. Qui, infatti, non già si accorda semplicemente al giudice la facoltà di non applicare la norma in vista delle condizioni locali, ma si vuole, invece, ch’egli l’applichi e che, in pari tempo adatti il nostro codice penale alle popolazioni indigene e lo pieghi a speciali necessità, proceda, per quanto possibile, all’individuazione della norma giuridica oltre la sua lettera originaria, la sua decisione è del tutto discrezionale. (…) Non sembra, quindi, che la soluzione che il giudice di merito dà quanto all’inapplicabilità od alla modificazione della legge per effetto delle condizioni locali, possa essere sottoposta al controllo della Corte di Cassazione. Questo concetto è stato quasi sempre accolto dalla nostra Corte suprema. È chiaro che la Corte di Cassazione difficilmente sarebbe in grado di riformare la soluzione data dai giudici di merito che sono sui luoghi e che assai più di essa, hanno familiari tanto le necessità e le con-dizioni della vita locale che i costumi (…) e le tradizioni degli indigeni.

Finalmente era stato emanato un ordinamento, forma di legge indi-spensabile a garantire uno stato di cose civili in Africa. La situazione nel-la piccola Assab non era però completamente risolta: nonostante l’estensione delle leggi italiane i coloni continuavano a percepire il di-stacco della politica italiana nel curare gli interessi del piccolo lembo di terra sul Mar Rosso. Nel giugno del 1884 venne inoltrata al Presidente del Consiglio una petizione firmata dagli esponenti più importanti della comunità italiana di Assab; lo scopo era essenzialmente quello di solleva-re interesse sul loro stato di abbandono, invocando al Governo provve-dimenti che volgessero «a rassicurare gli animi, a garantire l’esercizio dei commerci, lo sviluppo delle industrie, a mettere la colonia in grado di di-venire lustro e decoro della madre patria»43.

1.4 Massaua e dintorni

Il mutamento del quadro politico internazionale aveva portato l’Inghilterra, inizialmente ostile all’espansione italiana nel Mar Rosso,

43 Mancini al Commissari Civile di Assab «Ella vorrà adoperarsi per far comprendere ai componenti la colonia l’interesse che hanno di stare uniti e ferventi nella vigilanza e nell’e-nergia delle autorità preposte al governo della colonia stessa, e sopratutto di astenersi da tutto ciò che possa menomarne od intralciarne l’azione». Presidenza del Consiglio dei Ministri Atti del 1884 fascicolo n. 152 Depretis Archivio centrale dello Stato.

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 39

a sostenere, complice la rivalità e l’aggressività nella zona della Fran-cia, l’occupazione di Massaua44 da parte degli italiani45.

L’Egitto, che aveva occupato l’isola nel 1886, doveva necessaria-mente lasciare la zona per l’apertura di un nuovo fronte in Sudan. Per gli inglesi, tutto era meglio dell’occupazione da parte dei principali ri-vali, i francesi. Gli italiani con un fitto carteggio diplomatico con l’Egitto e l’Inghilterra si assicurarono il non intervento delle truppe egiziane presenti a Massaua e il beneplacito inglese.

La particolarissima posizione di Massaua in una foto degli anni Trenta; l’isola sul Mar Rosso divenne uno dei maggiori porti della zona.

44 Distante circa mille miglia da Suez (distanza all’epoca percorribile in tre giorni) Mas-saua è un’isola 400 chilometri a nord di Assab. Antica colonia dei Persiani, venne conquistata dai turchi nel 1557; nel 1866 fu formalmente ceduta all’Egitto. Di Robilant Camera dei depu-tati Leg XVI 1° sessione 1886–7 Documenti Memoria sull’ordinamento politico–amministra-tivo e sulle condizioni economiche di Massaua Presentata dal Ministro degli Affari Esteri, ti-pografia della Camera dei deputati 1886.

45 «Ora a noi pareva che il consentire ad occupare e tutelare con la nostra protezione le coste del Mar Rosso, non solo Massaua, ma anche l’intera costa tra Massaua ed Assab verso il sud, e poi l’altra verso il nord, per guisa da sciogliere questa riserva, fosse pure, da un certo punto di vista, un assentimento all’invito britannico». Camera dei deputati Atti Parlamentari Legislatura XVI 1° sessione – discussioni – tornata del 30 giugno 1887.

Capitolo I 40

Così, il 17 gennaio 1885, partì da Napoli sul Gottardo una spedi-zione militare (quattro compagnie di bersaglieri, 806 uomini) con de-stinazione ufficialmente ignota, che consentiva il 25 febbraio al Co-mandante del corpo di spedizione di proclamare da Massaua l’ami-cizia del Governo italiano con quello inglese, turco ed egiziano, e la contestuale occupazione di uno dei maggiori porti del Mar Rosso46.

Per circa un anno47 la situazione politico–amministrativa di Mas-saua fu particolarissima: il doppio governo italo–egiziano, definito condominio48, impedì all’esecutivo italiano di intervenire con un’ini-ziativa normativa simile a quella attuata ad Assab.

In parlamento gli apprezzamenti sulla situazione giuridica di Mas-saua non erano lusinghieri. La relazione del Ministro degli Esteri Di Robilant sulla nuova colonia: «Non sarebbe facile definire l’insieme degli istituti giudiziari che, nel dicembre 1885, si attuarono in Mas-saua. In questa più che in ogni altra branca di pubblico servizio, si fa-ceva manifesto il passaggio dal vecchio ordine di cose al nuovo…»49.

Gli atti della politica italiana dovevano essere infatti moderati come le operazioni sul campo dei militari di Massaua, tuttavia l’intento ita-liano, come sottolinea Mancini, era chiaro: «È evidente o signori, che occupando Massaua, noi occupiamo, né potrebbe essere altrimenti, tutto il territorio che possa costituire il suo raggio d’azione»50.

Massaua costituiva sicuramente uno sbocco commerciale inte-ressante sul Mar Rosso, ma quello che più importava, sia al-l’opinione pubblica51 che ai vertici di governo italiano, era la sua

46 Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli strumenti giuridici del primo colonialismo italiano, G. Giappichelli, Torino 1998, pp. 51 ss.

47 La bandiera egiziana fu ammainata il 1° dicembre 1885. 48 Rosoni Isabella, La colonia Eritrea, La prima amministrazione coloniale italiana

1880–1912, EUM, Macerata 2006, pp. 120 ss. 49 Memoria sull’Ordinamento Politico–Amministrativo e sulle condizioni economiche di

Massaua, presentata alla Camera dei Deputati dal Ministro degli Affari Esteri Di Robilant nel-la tornata 1886 in Atti parlamentari legislatura XVI Roma 1886.

50 Scovazzi Tullio in Assab, Massaua, Uccialli, Adua, Gli strumenti giuridici del primo colonialismo italiano, pp. 94.

51 Indicativo l’articolo pubblicato sul Corriere Della Sera del 25 maggio 1885 a cura della società di esplorazione commerciale in Africa: «L’Italia non può restare imprigionata a Mas-saua; sarebbe affatto ridicolo far soffrire terribilmente i suoi soldati, spendendo dei milioni senza sperare di cavare qualche vantaggio da un isolotto arido, quando a poche leghe di di-stanza vi sono altipiani freschissimi e fertili, dove in meno di due anni fiorirebbero colonie agricole, le sole che dobbiamo cercare, le sole che possano compensarci ad usura dei nostri

Le origini del colonialismo italiano da Assab ad Adua 41

posizione strategica di comoda base militare vicina alle fertili terre abissine.

La popolazione autoctona dell’ormai vasta striscia di terra occupata o protetta dall’Italia (dal Nord di Massaua al sud di Assab) era tutt’altro che ostile alla presenza italiana: le frequenti razzie ad opera delle popolazioni dell’interno erano ora efficacemente contrastate dal presidio italiano, e spesso intere tribù accorrevano con il loro bestiame per porsi a protezione della bandiera italiana52.

Risolte le problematiche politiche, nell’agosto del 1886 entra di fat-to in vigore come legge a Massaua il mai sanzionato53 da nessun de-creto ministeriale o governatoriale, “Regolamento Celli”, un ordina-mento giudiziario che segna una eccezione particolarissima ai principi di diritto che l’Italia perseguì in tutta la sua avventura coloniale. Con la nuova visione giuridica voluta dal Consigliere della Cassazione Gennaro Celli vennero infatti meno i due principi basilari della doppia giurisdizione e legislazione: l’unica giurisdizione indigena riconosciu-ta era quella del Cadi. Recitava tuttavia la relazione dell’ordinamento: «Però, collocato quest’ufficio (il Cadì N.d.A.) sotto la direzione del presidente del tribunale, verrà informandosi ai principi della nostra le-gislazione finché, senza gravi perturbazioni, possa sparire affatto»54. A livello legislativo a norma dell’art. 76, le leggi dello Stato saranno os-servate in tutto ciò che non sia altrimenti statuito dai trattati, dalle consuetudini e dalle presenti disposizioni.

sacrifici. Uno stato simile di cose non può durare lungo tempo; o l’Italia si ritira da Massaua, o, se vi resta, deve decisamente spingersi all’interno e non aspettare che Dio la mandi buona, o che gli avvenimenti peggiorino la situazione». L’articolo risulterà profetico, due anni dopo la pubblicazione la disfatta di Dogali sconvolgerà l’opinione pubblica italiana.

52 Le parole dette da un capo tribù ad un nostro generale, che trovandosi a Massaua, ac-compagnò un distaccamento di soldati spediti per difendere Arafali da un’incursione di pre-doni «Volesse Allah che gli italiani venissero anche tra noi!». Di Robilant Camera dei Depu-tati LEG XVI 1° sessione 1886–7 documenti Memoria sull’ordinamento politico–ammini-strativo e sulle condizioni economiche di Massaua presentata dal Ministro degli Affari Esteri, tipografia della Camera dei deputati 1886.

53 Dall’articolo di Caffarel William, Il giudice secondo gli ordinamenti coloniali dell’Eri-trea, della Somalia e della Libia, Rassegna coloniale 31 gennaio 1921, Tripoli.

54 Di Robilant camera dei deputati Leg XVI 1° sessione 1886–7 documenti Memoria sull’ordinamento politico–amministrativo e sulle condizioni economiche di Massaua Presen-tata dal Ministro degli Affari Esteri, tipografia della Camera dei deputati 1886.