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L’EVOLUZIONE TETTONICA DEL CONTINENTE ANTARTICO Nicola Mauro Pagliuca Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma

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L’EVOLUZIONE TETTONICA DEL CONTINENTE ANTARTICO

Nicola Mauro Pagliuca

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma

Prefazione

Questo lavoro è stato effettuato nell’ambito del Progetto Nazionale di Ricerche in Antartide(PNRA) che, iniziate nel 1988, sono state finalizzate principalmente allo studio del Mare di Ross e sub-ordinatamente dei bacini che si trovano nell’area ad occidente della Penisola Antartica e a Suddell'Arco di Scozia. Lo scopo fondamentale di questo studio è quello di fornire un contributo all’ela-borazione di un resoconto coerente e comprensivo della geologia e della geofisica dell’Antartide edelle condizioni che hanno determinato la formazione e lo sviluppo della calotta glaciale.

Ci sono, come è logico che sia, volumi di simposi ed un gran numero di pubblicazioni nelle ri-viste scientifiche, ma non risultano di facile accesso e/o di facile uso per gli studiosi dell’Antartide nongeologi. L’Antartide, però, è troppo grande perché la sua geologia possa essere trattata in modo au-torevole in un singolo lavoro, ed è impossibile rendere giustizia a tutti gli studi che sono stati effettua-ti. Quindi si è puntato a mettere in luce, almeno parzialmente, i molti interrogativi a cui si sta cercan-do di dare una risposta: la storia del rift Laurentia-Gondwana e le correlazioni intercontinentali delPaleozoico inferiore; il magmatismo ed il break-up continentale; l’evoluzione geodinamica dei riftscontinentali; l’evoluzione della glaciazione Cenozoica. Inoltre, durante l’ultima decade, alcune delleipotesi evolutive relative al continente Antartico, in passato largamente accettate, sono state rivisitateo abbandonate a favore di altre. Così, in questo studio sono state ripercorse anche le tappe principaliche hanno portato all’attuale visione evolutiva del continente Antartico, evidenziando le relative dia-tribe tuttora in corso, cercando di riassumere assai brevemente la geologia regionale, soprattutto perquelle aree che potrebbero consentire l’identificazione di modelli evolutivi in settori chiave del conti-nente, come ad esempio i margini antartici: il margine Pacifico a Nordest della Penisola Antartica edil suo margine coniugato del Cile meridionale (area del Passaggio di Drake), il margine PacificoSudoccidentale della Penisola Antartica (Mare di Bellingshausen), il bacino di Weddell, il bacino diPrydz Bay ed il Kerguelen Plateau, il margine della Terra di Wilkes.

Molte altre questioni, tuttora aperte e di indubbio interesse scientifico, sono state toccate sol-tanto marginalmente o appena accennate, ma vengono comunque richiamate in modo da offrire unprimo strumento di indagine per coloro che volessero approfondirne specifici aspetti.

Infatti, l’Antartide è un elemento chiave per ricostruire i movimenti delle placche tettoniche in-torno al globo e per comprendere i processi di tettonica globale che hanno portato alla frammenta-zione di Rodinia e Gondwana, i due supercontinenti che risalgono rispettivamente al Proterozoico e alPaleozoico inferiore. Questo perché per la posizione centrale che occupava, l’Antartide gioca un ruolocruciale in ogni modello che tenda a ricostruire la situazione sia prima del break-up di Gondwana chedi Rodinia. Inoltre, il continente Antartico potrebbe offrire un notevole contributo anche per definire l'e-voluzione dei margini che attualmente circondano l'Oceano Pacifico, consentendo di individuare le fasi didislocamento dei bacini Pacifici relativamente alle circostanti placche continentali.

Da qui il crescente interesse della comunità scientifica internazionale verso una terra che, essen-do in gran parte coperta da ghiacci, fornisce indicazioni circa la litosfera e il ruolo svolto nell’evolu-zione di Rodinia e Gondwana, principalmente attraverso studi geofisici e geomagnetici. Studi che sisono intensificati grazie all’azione di navi geofisiche e velivoli opportunamente attrezzati, i quali rac-colgono una rilevante quantità di dati che vengono continuamente integrati con quelli ottenuti dalleperforazioni nell’ambito del Programma Ocean Drilling Program/Deep Sea Drilling Project (ODP-DSDP). La presenza del ghiaccio ha spesso reso difficile anche l'esecuzione di rilievi sismici multica-nale, mentre vanno intensificandosi studi di tomografia sismica che si stanno rilevando molto utili pertestare l’ipotesi della presenza di un plume sotto l’Antartide occidentale, ritenuto responsabile dell’at-tività vulcanica Cenozoica ma che potrebbe essere stato attivo sin dal Cretacico. Fenomeno che, seconfermato, potrebbe modulare anche il comportamento delle correnti di ghiaccio che caratterizzanola calotta dell’Antartide occidentale, con notevoli ripercussioni sull’andamento globale del clima.

Nicola Mauro Pagliuca

Indice

1. L’Antartide: un insieme di “terranes” 11.1. L’Antartide Orientale 21.2 L’Antartide Occidentale 4

1.2.1. La Penisola Antartica e l’Isola di Thurston 51.2.2. Il blocco Haag Nunataks 51.2.3. Il blocco Ellsworth-Whitmore 51.2.4. La Terra di Marie Byrd 5

1.3. La situazione attuale 61.4. La ricerca geologica e geofisica 8

2. Dal Rodinia al Gondwana 82.1. L’ipotesi SWEAT 102.2. L’ipotesi AUSWUS 112.3. L’ipotesi del Paleopangea 122.4. Il ciclo orogenetico Pan-Africano 122.5. Il margine passivo 152.6. L’orogenesi di Beardmore 162.7. Il Pannotia 16

3. Il Paleozoico 173.1. La piattaforma carbonatica del Cambriano 183.2. L’orogenesi di Ross 193.3. L’evento di Shackleton 203.4. Kukri peneplain, Ferrar Group e Beacon Supergroup 213.5. Il bacino di Beacon: intracratonico o d’avampaese? 223.6. I “terranes” della Terra Victoria 25

3.6.1. Il Robertson Bay Terrane 263.6.2. Il Bowers Terrane 263.6.3. Il Wilson Terrane 273.6.4. Il Granite Harbour Intrusives 28 3.6.5. L’orogenesi Borchgrevinck 29

3.7. L’ipotesi dell’impatto meteoritico 29

4. Il Mesozoico 304.1. L’orogenesi Gondwaniana 314.2. Il break-up di Gondwana 354.3. Il Mare di Weddell 384.4. L’evoluzione del Mare di Weddell 414.5. L’evoluzione della Penisola Antartica 424.6. L’apertura del Sud Atlantico e il rifting Antartide/Australia-India 444.7. Il rifting Antartide-Nuova Zelanda 464.8. Il rifting Australia-Antartide e l’apertura del Mare di Tasmania 49

5. Il Cenozoico 525.1. L’apertura del Mare di Scotia 545.2. Il West Antarctic Rift System 565.3. La Catena Transantartica 575.4. La sismicità dell’Antartide 605.5. Il Ross Embayment 625.6. L'estensione nel Mare di Ross 645.7. Il magmatismo Cenozoico 66

5.7.1. Le cause del magmatismo nel WARS 675.7.2. L’ipotesi del plume 675.7.3. Le isole vulcaniche sub-Antartiche 685.7.4. I vulcani delle aree continentali 70

5.7.4.1. I vulcani del margine Pacifico 705.7.4.2. Il bacino di Bransfield 71

6. La calotta Antartica 72

7. Sommario e conclusioni 76

Ringraziamenti 78

Bibliografia 78

1. L’Antartide: un insieme di “terranes”

La configurazione e l’attuale ubicazionedell’Antartide (Fig. 1), isolata in posizione pola-re e coperta di ghiacci, sono la conseguenza diuna lunga e complessa evoluzione geologica,tuttora in atto, almeno in parte ancora da com-prendere e ricostruire.

Infatti, le attuali conoscenze sull'evolu-zione dell’Antartide sono basate essenzialmentesu informazioni provenienti dai continenti circo-stanti, dai bacini oceanici e dai margini conti-nentali della stessa Antartide. Questo a causadella copertura glaciale che occupa ~98% delcontinente Antartico: lo spessore medio dellacoltre glaciale è maggiore di 2 km, con grandiaree che, per bilanciare isostaticamente il pesodei ghiacci, si trovano anche oltre 1.000 m sottoil livello del mare.

Così, osservazioni e studi geologici diret-ti, sono stati possibili quasi esclusivamentepresso i pochi affioramenti di rocce, vale a direnelle aree parzialmente deglaciate, lungo le ca-

tene montuose o picchi isolati (nunataks), e leacque dei Mari di Ross e di Weddell.

Però, un’appropriata conoscenza delle ca-ratteristiche geologiche dell’Antartide e dellasua storia sono essenziali per la conoscenza delnostro pianeta. Basti pensare alle variazioni divolume ed estensione della calotta glaciale che,contenendo la maggior parte del ghiaccio attual-mente presente sulla Terra, hanno un ruolo fon-damentale circa molti processi globali, comequelli legati alla circolazione atmosferica e aquella oceanica nonché al livello medio delleacque degli oceani.

Ci si è così affidati ad indagini geologichee geofisiche che hanno portato a definire che, alpari di altre aree continentali, la regione è sud-divisa in microplacche e “terranes”, elementiche testimoniano un accrescimento progressivodella crosta, avvenuto mediante l’amalgamazio-ne di province geologiche relative a domini pa-leogeografici diversi e caratterizzate da diffe-renti evoluzioni tettoniche, metamorfiche emagmatiche. Oggi, l’Antartide sembra essere

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 1. Mappa dell’Antartide che mostra alcuni dei principali lineamenti e toponimi discussi nel testo. da Tingey [1996] modificato.

parte di una sola placca tettonica. Ma ci sonochiare evidenze paleomagnetiche che, nel passa-to, c'è stata una grande rotazione relativa tra di-verse parti del continente: l’Antartide è stata in-teressata da una tettonica a placche multiple, so-prattutto nel corso del Cenozoico e delMesozoico [Luyendyk et al., 1996].

Classicamente il continente Antartico èdistinto in due subcontinenti, Antartide orienta-le e occidentale (Fig. 1), in quanto si trovano ri-spettivamente a Est e Ovest del meridiano diGreenwich (0° longitudine). Il Mare di Ross sitrova a cavallo delle due parti, intorno a 180° dilongitudine e ricade sia sulla parte geograficaoccidentale che su quella orientale, mentre i duesubcontinenti sono separati dalla CatenaTransantartica (Transantarctic Mountains in Fig.1). Si tratta di una catena montuosa che si esten-de con eccezionale continuità per ~4.000 km,dal Mare di Ross a quello di Weddell, attraver-sando l’intero continente, con rilievi che supera-no anche i 4.500 m: il Vinson Massif (4.897 m),la cima più alta del continente, si trova nelleMontagne di Ellsworth (Fig. 1).

L’Antartide orientale è ritenuto un grandeblocco stabile rimasto relativamente intatto percentinaia di milioni di anni. L’Antartide occi-dentale, al contrario, probabilmente è una fusio-ne di tanti piccoli pezzi che sono stati assembla-ti nell’ultimo centinaio di milioni di anni e sisono spostati sia l’uno rispetto all’altro che neiconfronti della provincia orientale [Grunow,1993]. I dati paleomagnetici suggeriscono che iblocchi dell’Antartide occidentale si siano fissa-ti l’uno all’altro sin dal Cretacico medio[Luyendyk et al., 1996].

La distribuzione delle età delle formazio-ni rocciose e delle maggiori unità strutturaliconsentono di riconoscere nell’area orientale un

cratone, mentre le Montagne Transantartiche(TAM) e l’area occidentale sono caratterizzateda tre principali orogeni (Ross, Ellsworth eAndean in Fig. 2) di età decrescente procedendodal cratone all’Oceano Pacifico: Cambriano-Ordoviciano (Ross), Permo-Trias (Ellsworth) eCretacico-Cenozoico (Andean). Si tratta di cin-ture orogeniche sub-parallele al marginePacifico, accanto al quale trova spazio anche l'e-vento orogenico del Paleozoico medio registra-to nella Terra Vittoria (Borchgrevink), più gio-vane dell’orogenesi di Ross. L’orogene diEllsworth comprende anche le deformazioni dietà analoghe riscontrate nella Penisola Antarticae nell’area delle Montagne di Pensacola: sono leprime deformazioni, risalenti al Mesozoico infe-riore, che interessano il settore Antartico delmargine Pacifico di Gondwana, descritte anchecome orogenesi Gondwaniana [Elliot, 1975].

1.1. L’Antartide orientale Conosciuta anche come East Antarctica e

Greater Antarctica, l’Antartide orientale includele TAM. È considerata parte del vecchio conti-nente di Gondwana, viste le molte similitudinigeologiche con le aree continentali cui era unita:Africa, Sudamerica, Madagascar, India, SriLanka, Australia e Nuova Zelanda.

Si tratta di un cratone stabile, in granparte coperto dai ghiacci, molto depresso al cen-tro, costituito essenzialmente da rocce magmati-che e metamorfiche che tra Heimefrontfjella e leBunger Hills (Fig. 2) coprono un intervallo ditempo che va dall’Archeano (>2.500 Ma)all’Eocene (<60 Ma).

La gran parte delle rocce Proterozoiche(da 2.500 Ma all’inizio del Cambriano) della re-gione sono state sottoposte a storie tettonotermi-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 2. Mappa dell’Antartide incui vengono riportate le principaliunità orogeniche del continente ele località dei più rilevanti affiora-menti di rocce Archeane. Questeultime sono costituite per lo più daassociazioni metamorfiche di variogrado, che vanno da successioniindeformate fino a complessi poli-metamorfici, con rocce apparte-nenti alle facies delle granuliti, esubordinate rocce ignee e sedimen-tarie. La provincia vulcanicaCenozoica è rappresentata dallearee ombreggiate.da Campbell e Claridge [1987]modificato.

che estremamente complesse, e rocce sicura-mente attribuibili all’Archeano sono note invarie località dell’Antartide orientale. Tuttavia,le registrazioni geologiche pre-Cambriche inAntartide possono essere descritte soltanto inmaniera frammentaria, in quanto gli affioramen-ti sono sparsi e rappresentano una piccola per-centuale dell’area continentale.

Le rocce più antiche affiorano principal-mente lungo le zone costiere (Fig. 2) e datazio-ni geocronologiche, basate principalmente sulmetodo di datazione U-Pb, dimostrerebbero l’e-sistenza di almeno sette nuclei Archeani all’in-terno del cratone Antartico [Black et al., 1992].Tra questi il più grande è il Napier Complex, cheè stato sottoposto ad una lunga serie di eventi, acominciare dalla formazione iniziale della cro-sta avvenuta ~3.930 Ma (Tab.1) documentata aMonte Sones [Black et al., 1986].

L’evento successivo più antico (3.270Ma) del continente Antartico, è stato registratonel gruppo di isole e promontori di Rauer(Rauer Islands in Fig. 2) [Black et al., 1992].

Dopo uno hiatus di ~900 Ma, nel NapierComplex si presenta il primo di tre antichi even-ti tettonici, individuato da graniti sintettonici lacui messa in posto è riconducibile a ~3.000 Ma.Ulteriori attività ignee, sottoforma di leuconori-ti e graniti, vengono fatte risalire a ~2.500 Ma.

Rocce Archeane, che consistono princi-palmente di granuliti con precursori risalenti a~3.000 Ma, sono state scoperte anche nelle vici-nanze del Bunger Hills, nell’area ad Ovest delghiacciaio di Denman (Denman Glacier in Fig.2). Anche nella zona meridionale delleMontagne del Principe Carlo (Southern PrinceCharles Mountains in Fig. 2) è stato segnalatoun evento che risale ~3.000 Ma, e riguarda lamessa in posto dei precursori di ortogneiss felsi-ci [Krynauw, 1996].

Un evento tettonotermico che risalirebbea ~2.800÷3.000 Ma, è stato attribuito al com-

plesso di Vestfold Hills, una struttura che sitrova al margine Nordorientale della baia diPridz Bay (Fig. 2), e caratterizzata principal-mente da metamorfiti di alto grado che rientra-no nella facies delle granuliti.

Si fa invece risalire a 2.640 Ma l’attivitàignea di Obruchev Hills, non ancora registrata inaltre parti del continente, mentre gli ultimi even-ti dell’Archeano (2.500 Ma) sembrerebbero lar-gamente diffusi nel Napier Complex, nelleVestfold Hills e probabilmente anche nella zonameridionale delle Montagne del Principe Carlo.

Nel complesso Proterozoico del RaynerComplex (Fig. 2), che è esposto nelle aree meri-dionali e occidentali delle Terre di Enderby e diKemp (Enderby Land e Kemp Land in Fig. 1) laformazione iniziale della crosta sarebbe stata in-dividuata da un evento registrato ~2.000 Ma[Tingey, 1991]. Inoltre, nelle Vestfold Hills,sono stati registrati anche due periodi intrusiviindividuati da dicchi tholeiitici (~1.800 Ma) elamprofirici (1.400÷1.300 Ma) [Black et al.,1992; Krynauw, 1996].

In altre zone del cratone Antartico (adesempio i nunataks presenti lungo le coste delMare di Weddell, il Wohlthat Massif ed il piccodi 3.000 m del Sør Rondane) gran parte delle de-terminazioni radiometriche registrano eventimetamorfici, tettonici e plutonici, particolar-mente significativi che risalgono a 1.200÷1.000Ma (Grenvilliani) e 550÷450 Ma (Pan-Africani)[Krynauw, 1996; Tingey, 1991].

Le correlazioni tra i vari affioramenti delbasamento sono state effettuate in base ai linea-menti e ai caratteri geologici, alle osservazionistrutturali, geochimiche e relative all’età. Così,il cratone è stato suddiviso da alcuni autori[King et al., 1996 e ref. ivi citate] in tre provin-ce: (1) la provincia Grunehogna, che consiste digneiss granitici Archeani e rocce sedimentarieMesoproterozoiche (1.600÷1.000 Ma) di età si-mile al cratone Kalahari, nell’Africa meridiona-

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Napier Rauer IslandsVestfold HillsWest Denman Obruchev H. SPCM WDML Complex Glacier

3.930 Ma 3.270 Ma

3.000 Ma 3.000 Ma3.000 Ma 3.000 Ma

2.900 Ma 2.900 Ma

2.800 Ma 2.800 Ma2.800 Ma

Tabella 1. Età radiometrica dei maggiori eventi litogenetici Archeani dell’Antartide orientale. Le abbre-viazioni sono: SPCM, southern Prince Charles Mountains; WDML, western Dronning Maud Land.da Black et al., [1992] modificato.

le, al quale sarebbe stata una volta legata; (2) laprovincia Maud o Maudheim (Sverdruptfjella,Kirwanveggen e Heimefrontfjella), formata dametamorfiti d’alto grado con età isotopica com-presa tra 1.200 Ma e 850 Ma, legate cioè all’o-rogenesi Grenvilliana, il cui nome deriva dallacintura orogenetica del Canada orientale, carat-terizzata da una storia di accrezione e collisionecontinentale lungo un margine convergenteMesoproterozoico [Rivers, 1997], ed è larga-mente usato per cinture orogenetiche di questaetà trovate su tutti i continenti; (3) lo ShackletonRange, composto di rocce magmatiche e meta-morfiche Proterozoiche.

Sopra il basamento si trova una sequenzasub-orizzontale di sedimenti (arenarie, siltiti,successioni carbonifere, tilliti) del Paleozoicosuperiore. Tanto le rocce del basamento quantoquelle sedimentarie sovrastanti, nel Giurassico,furono interessate da intrusioni di rocce basichesottoforma di sills che, eruttate anche in superfi-cie, originarono basalti e tufi. Rocce più giovanidi quelle magmatiche del Giurassico,nell’Antartide orientale sono costituite dai depo-siti terrestri formati durante il periodo glacialeCenozoico [Campbell e Claridge, 1987].

1.2 L’Antartide occidentale Conosciuta anche come West Antarctica e

Lesser Antarctica, l’Antartide occidentale è ungrande arcipelago coperto da ghiacci, dove la

gran parte degli affioramenti consistono di roccemagmatiche Fanerozoiche legate alla subduzio-ne [Luyendyk et al., 1996].

L’arcipelago comprende due o tre isolemaggiori, la Terra di Marie Byrd (Marie ByrdLand, MBL in Fig. 3), la Penisola Antartica(Antarctic Peninsula, AP in Fig. 1, 3) e la Terradi Ellsworth (Ellsworth Land in Fig. 1) cheforse è in continuità con la Penisola Antartica[Fitzgerald, 1999]. Queste isole rappresentanoalcuni dei microblocchi continentali in cui èpossibile suddividere l’Antartide occidentale,un’ipotesi che, formulata sulla base dei dati to-pografici e geologici, è supportata dai dati ma-gnetici [Garrett, 1991].

Inoltre la presenza delle microplaccheaiuta a spiegare sia l'andamento delle anomaliestrutturali e geologiche che la ricostruzione delsupercontinente di Gondwana [Fitzgerald,1999], superando il problema della sovrapposi-zione del Plateau delle isole Falkland con laPenisola Antartica nella ricostruzione paleogeo-grafica del Mesozoico [Luyendyk et al., 1996].

Sul numero e sulla posizione originale diquesti microblocchi, però, il dibattito è apertosoprattutto a causa delle difficoltà a definirne ilimiti geologici per via della copertura glaciale.Se ne contano almeno cinque e alcuni autori [DiVenere et al., 1995; Bradshaw et al., 1997] sug-geriscono la suddivisione della MBL in dueblocchi, orientale e occidentale, almeno per ilMesozoico superiore. È stata anche avanzata l’i-

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Figura 3. Mappa topografica semplificatadell’Antartide occidentale che mostra i limiti deiprincipali blocchi crostali, dei bacini subglacialied i più importanti lineamenti Mesozoici del Maredi Weddell legati al break-up di Gondwana. Le ab-breviazioni sono: AP, Antarctic Peninsula; TI,Thurston Island; MBL, Marie Byrd Land; EWM,Ellsworth-Whitmore Mountains; HN, HaagNunataks; WSE, Weddell Sea Embayment; RSE,Ross Sea Embayment; BI, Berkner Island; BSB,Byrd Subglacial Basin; BST, Bentley SubglacialTrench; CT, Crary Trough; EAE, Explora-Andenes Escarpment. Trovandosi ben al di sottodei 2.000 m, BSB e BST, sono le più grandi de-pressioni presenti in Antartide, mentre EAE è for-mata da alti strutturali coperti da sedimenti che de-lineano una struttura lunga varie centinaia di kmche si estende verso AP e che potrebbe rappresen-tare il limite continente-oceano. Il Mare di Ross ela sua piattaforma galleggiante di ghiaccio costi-tuiscono il Ross Sea Embayment (RSE) mentre ilMare di Weddell e la sua piattaforma galleggiantedi ghiaccio Ronne-Filchner formano il WeddellSea Embayment (WSE). da Storey [1991].

potesi che la MBL, l’isola di Thurston (ThurstonIsland, TI in Fig. 3) e la Penisola Antartica, nelMesozoico fossero unite in una grande placca,Weddellia, che costituiva parte del marginePacifico del Gondwana [Grunow et al., 1991;Storey, 1996]. McAdoo e Laxon, [1997] ritengo-no invece che sia il Ross Sea Embayment (RSEin Fig. 3) ad essere un blocco crostale distinto.

La storia geologica dell’Antartide occi-dentale è quindi da collocare in gran parte nelFanerozoico con le rocce più antiche (ignee emetamorfiche) che formano il basamento di se-quenze sedimentarie e vulcaniche, di probabileetà Paleozoica e Mesozoica, deformate a più ri-prese mediante fasi successive. Il settore è inol-tre caratterizzato da una provincia vulcanicaCenozoica, tuttora attiva e assai importante pergli effetti che potrebbe provocare su quella partedella calotta polare che, dalla Penisola Antarticae attraverso la MBL, si estende fino alla fasciacostiera del Mare di Ross e delle isole diBalleny [Campbell e Claridge, 1987].

1.2.1. La Penisola Antartica e l’Isola diThurston

La Penisola Antartica, che sul latoPacifico è un margine passivo, è ritenuta unacintura orogenica di tipo Andino attiva tra ilMesozoico e gran parte del Cenozoico. Si trattadi un arco magmatico che si formò lungo il mar-gine attivo di Gondwana, per la subduzione difondo oceanico Pacifico e proto-Pacifico. AdOvest, l’isola di Alexander (Alexander Island inFig. 1) è una provincia Mesozoica di pre-arcoche contiene un largo complesso d’accrezione.Spesse sequenze di retro-arco si trovano sullaparte orientale delle Terre di Graham, Palmer edEllsworth (Graham Land, Palmer Land edEllsworth Land in Fig. 1). La subduzione cessòdurante il Cenozoico, ad eccezione di un picco-lo segmento tuttora attivo a ridosso delle isoleShetland meridionali (South Shetland Islands inFig. 1) [King et al., 1996].

L’area che circonda l’isola di Thurstonrappresenta la continuazione verso Ovest del-l’arco magmatico che interessava la PenisolaAntartica [Johnson e Smith, 1992].

1.2.2. Il blocco Haag NunataksDefinito geofisicamente come una regio-

ne di grandi anomalie magnetiche, HaagNunataks (HN in Fig. 3) è un piccolo bloccocrostale situato tra la base della PenisolaAntartica e le Montagne di Ellsworth. È forma-to da un basamento pre-Cambriano, con isolatiaffioramenti di gneiss datati 1.176÷1.003 Ma

(col metodo Rb-Sr su roccia totale). Le anoma-lie magnetiche si esauriscono al margine orien-tale, contro il blocco di Ellsworth-Whitmore[Storey et al., 1988]. Ciò nonostante, è stato sug-gerito che il blocco crostale potrebbe estendersiin un’area di 120.000 km2, intorno ai nunataks eun basamento cristallino simile a quello di HNpotrebbe trovarsi in aree sottostanti le EWM e lapiattaforma di Ronne-Filchner [Maslanyj eStorey, 1990; Johnson e Smith, 1992]. Questocomporta che il blocco EWM nel pre-Cambriano dovrebbe essersi trovato nei pressidella Terra di Coats o della Terra della ReginaMaud, oppure nel Natal Embayment, a ridossodel Sudafrica [Curtis e Storey, 1996].

1.2.3. Il blocco Ellsworth-Whitmore Il blocco crostale delle Montagne

Ellsworth-Whitmore (EWM in Fig. 3) è ungrande terrane, lungo approssimativamente 875km e largo 500 km ad andamento NNW-SSE,che include anche colline e rilievi emergenti dalghiaccio (nunataks) sparsi a Nord delleMontagne di Thiel (Thiel Mountains, in Fig. 1).È costituito da ~13 km di una successione sedi-mentaria continua che risale al Cambrianomedio-Permiano e che rappresenta, proprio perla sua completezza, un fatto insolito perl’Antartide. Priva di una significativa discordan-za [Curtis e Storey, 1996], la successione è statadebolmente metamorfosata dall’orogenesi diRoss, piegata nel corso del Permo-Triassico dal-l’evento Gondwaniano ed intrusa da graniti delGiurassico medio, legati al break-up diGondwana [Curtis et al., 1999].

L’andamento strutturale e stratigrafico,anomalo rispetto alle TAM, e i dati paleoma-gnetici fanno supporre che queste montagnesiano la parte ora dislocata della cintura oroge-nica dell’Africa meridionale (Gondwanian CapeFold Belt). Tracce di questa cintura orogenicasono presenti anche in Sudamerica e inAntartide, nella Terra di Coats e lungo leMontagne di Pensacola [Stump, 1995].

1.2.4. La Terra di Marie ByrdLa Terra di Marie Byrd (MBL), che si

estende dal Mare di Ross alla PenisolaAntartica, è parte del West Antarctic RiftSystem (WARS), una struttura costituita da unaserie di bacini subglaciali riempiti di sedimentidepositati tra il Cretacico ed il Cenozoico[Weaver et al., 1994]. Si ritiene che la MBL rap-presenti l’unico blocco dell’Antartide occiden-tale che rappresenta un frammento continentaleil quale, a seguito del break-up di Gondwana, si

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separò dal fondo oceanico in espansione[Mukasa e Dalziel, 2000].

Le rocce della MBL registrano una lungastoria magmatica legata alla subduzione lungo ilmargine Pacifico di Gondwana, che nell’areaoccidentale del blocco crostale individuano uncambio di regime tettonico: nel corso delCretacico si passa da un margine compressivoad uno estensivo [Fitzgerald, 1999].

Relativamente al basamento, la più vec-chia unità geologica della MBL è la formazionedi Swanson, costituita da rocce metasedimenta-rie del pre-Cambriano superiore-Paleozoico in-feriore, che ha subito due eventi metamorfici:nell’Ordoviciano superiore (~430 Ma) a causadi un metamorfismo regionale, e nel Cretacico acausa di un metamorfismo termico durante lamessa in posto di graniti anorogenici [Lisker eOlesch, 1997]. Tuttavia, in base a dati geocro-nologici viene ipotizzata la presenza di unacomponente pre-Cambriana nell’area sottostan-te questa regione [Luyendyk et al., 1996;Mukasa e Dalziel, 2000].

1.3. La situazione attualeIl limite della regione Antartica viene

convenzionalmente posto intorno al 52° paralle-lo ed è compreso entro una fascia di alcune de-cine di km d’ampiezza, dove vengono a contat-to le acque fredde circum-antartiche con quellepiù calde sub-antartiche. È questa la zona dellaconvergenza Antartica, un limite puramenteoceanografico. Tant’è che le porzioni meridio-nali degli Oceani Atlantico, Pacifico e Indianoche si trovano a Sud della convergenzaAntartica vengono indicate come Oceano

Meridionale (Southern Ocean) o OceanoAntartico. Questo è una parte integrante del si-stema ambientale Antartico perché la freddacorrente circum-polare mantiene in isolamentotermico il continente [Kennett e Hodell, 1995].

L’Antartide è il continente più isolatodella Terra e, confinato completamente oltre il60° parallelo di latitudine Sud, occupa una posi-zione quasi centrata rispetto al Polo Sud. Laplacca Antartica copre il 75% della regione, aSud del parallelo 45° S. La parte restante inclu-de anche le placche: Pacifica, Australiana,Sudamericana, Africana e del Mare di Scotia.

Fatta eccezione per la regione del Mare diScotia, la placca Antartica è circondata da dor-sali medio-oceaniche in espansione: dorsaleSud-Atlantica, dorsale Sudamerica-Antartide,dorsale Indiana Sudoccidentale, dorsalePacifico-Antartide, Rialzo del Cile, centro d’e-spansione di retro-arco delle isole SouthSandwich (Fig. 4).

Gli attuali limiti di placca comprendonoanche margini trasformi, come ad esempio lazona di frattura Shackleton, la South ScotiaRidge e la North Scotia Ridge che bordano ilMare di Scotia; sono presenti inoltre la fossa delCile, la fossa delle South Sandwich e la fossa diHjort a Sud della Nuova Zelanda; bacini di mareprofondo che includono la piana abissale diWeddell, il bacino Africano-Antartico, la pianaabissale di Amundsen, la piana abissale diBellingshausen, il bacino di Enderby, il bacinoAustralia-Antartide e il Mare di Scotia; piatta-forme sottomarine di varia origine come ilFalkland Plateau, il Conrad Rise, il KerguelenPlateau, il South Tasmania Rise, il ChathamRise e il Campbell Plateau [Fitzgerald, 1999].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 4. La situazione attualenell’Oceano Meridionale e le relazionitra la placca Antartica (in grigio) e leplacche che la circondano. Da notareche sono presenti tutti i tipi di limite diplacca, margini continentali, bacinimarini profondi e isole oceaniche. Leabbreviazioni sono le seguenti: AI,Alexander Islands; CP, CampbellPlateau; CR, Chatham Rise; HT,Hjort Trench; LHR, Lord Howe Rise;MR, Macquarie Ridge; SFZ,Shackleton Fracture Zone; SST, SouthSandwich Trench; SSR, SouthSandwich Ridge; STR, South TasmanRise; TI, Thurston Island; VL,Victoria Land; MD, Maud-Rise. da LeMasurier e Landis [1996] modi-ficato.

Le piattaforme continentali che circonda-no il margine del cratone dell’Antartide orienta-le sono margini passivi, come evidenziato dalleanomalie di gravità dell’Oceano Meridionale, ilcui andamento delinea la scarpata continentale,caratteristica tipica dei margini passivi [McAdooe Laxon, 1997]. Cosa che non è talvolta eviden-te nel Ross Embayment (Fig. 5) dove interferi-sce con il segnale di gravità dei bacini sedimen-

tari del Mare di Ross, che fanno parte delWARS, e con i grandi depocentri glaciali vicinial ciglio della scarpata continentale [Brancoliniet al., 1995a, b].

L’andamento lineare delle anomalie digravità ad alta-ampiezza appare però ben svi-luppato nel Sud Pacifico (tra 135°E e 160°W)dove le anomalie sono associate ai sistemi tra-sformi dell’oceano. Queste zone di frattura, ad

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 5. (A) Mappa di gravità e (B) carta tettonica dell’Oceano Meridionale a ridosso dell’Antartide oc-cidentale in cui sono individuati i blocchi: AP, Antarctic Peninsula; TI, Thurston Island; MBL, Marie ByrdLand; EWM, Ellsworth-Whitmore Mountains; RE, Ross Embayment, CP, Campbell Plateua. Le princi-pali linee di frattura (FZ), tracciate in blu (linee tratteggiate) sono: Pahemo (PFZ); Endeavor (EFZ);Eltanin, Udintsev, FZ 8.5, Heirtzler e Pitman FZs. I limiti di placca attivi (rosso) includono le fosse o zonedi subduzione: Hjort (HT), South Sandwich (SS), South Shetland (SSH) e Cile (CT). Sono riportate anchele dorsali medio-oceaniche attive (rosso), come quelle Pacifico-Antartide e Sudamerica-Antartide. Le dor-sali estinte o fallite (viola) che includono quelle presenti nel Mare di Scotia, un ‘failed rift’ (FR) nel Maredi Weddell Sudorientale e l’ipotizzato Iselin Rift (IR). Altre lineazioni degne di nota o identificate di re-cente (verde) includono, nel Mare di Weddell: l’Anomalia di Orion (O), Explora Escarpment (EE) el’Anomalia T (T); nel Pacifico meridionale: la Central Extension Trough (CTE), la Bellingshausen Trough(BT) e la lineazione DeGelarche-Peter I (DPL). Il margine continentale Antartico (linee nere tratteggiate)segue approssimativamente i 2.000 m di profonditàda McAdoo e Laxon [1997] modificato.

andamento all’incirca NE-SW, avrebbero avutoun ruolo importante relativamente alla cinemati-ca che nel Neogene interessa la Terra Vittoria ei margini della Terra di Marie Byrd [Van derWateren e Cloeting, 1999 e ref. ivi citate].

Pure evidenti sono le dorsali estinte nelleregioni del Mare di Scotia e nell’area del pas-saggio di Drake, cui potrebbero essere associateanche le fosse, individuate grazie alle anomaliegravitative, nei Mari di Ross e di Amundsen.

Le zone di frattura, come quelle di Pitmane di Udintsev, rappresentano invece tracce di fa-glie trasformi inattive che indicano la direzionedel movimento delle placche. Le anomalie digravità mettono anche in evidenza che gli assidelle dorsali oceaniche in rapida espansione (altasso > 6 cm/anno), come il segmento setten-trionale della dorsale Antartide-Pacifico, in ge-nere appaiono come massimi gravitativi stretti(< 60 km) e sottili [McAdoo e Laxon, 1997].

Inoltre, siccome il margine continentaleAntartico riflette il break-up di Gondwana, essodiventa via via più giovane procedendo in sensoantiorario dalla zona del Mare di Weddell. Arcoe placca delle Sandwich sembrano invece muo-versi velocemente verso Est rispetto aSudamerica e Antartide, così, a differenza deglialtri bacini dell’Atlantico meridionale delimitatida rift, tale struttura introduce un sistema di sub-duzione [Dalziel, 2000].

1.4. La ricerca geologica e geofisicaPer conoscere la storia del continente

Antartico ci si deve affidare quasi esclusiva-mente a metodi geofisici, alcuni sviluppati ap-positamente, come ad esempio un aereo geofisi-co modificato per risolvere i problemi geologicie glaciologici nell'ambito di indagini condottenell'area del bacino di Byrd, al centrodell'Antartide occidentale [Blankenship, 2000].

Queste indagini geofisiche sono statecondotte in gran parte negli ultimi vent’anni edincludono misure della topografia sub-glacialemediante radar, misure di anomalie gravimetri-che e magnetiche, nonché metodi magnetotellu-rici e sismici. Oggi la ricerca geofisica e geolo-gica in Antartide è volta soprattutto a chiarire:

- i rapporti dell’Antartide con i continenticircostanti ed i bacini oceanici per definire lageografia e la tettonica pre-Pangea ed esamina-re i rapporti fra la tettonica ed i cambiamentiambientali e biologici durante Neoproterozoico(da 1.000 Ma all’inizio del Cambriano) ePaleozoico. Il punto di partenza è il fatto che ilLaurentia potrebbe essere stato adiacente ai nu-clei cratonici di alcuni attuali continenti dell’e-misfero meridionale, tra cui l’Antartide. Ciò ha

condotto alle ricostruzioni di supercontinentiesistiti nel Neoproterozoico prima (Rodinia) edopo (Pannotia) l'apertura del bacinodell’Oceano Pacifico [Dalziel, 2000];

- la tettonica delle regioni che formanol’Antartide occidentale e il cratone orientale, edin particolare del West Antarctic Rift System,per definire i limiti tra le due province geologi-che e caratterizzare il vulcanismo Cenozoicoche potrebbe avere importanti ripercussionisulla calotta glaciale;

- la ricostruzione dell’evoluzione deimargini continentali periantartici volta alla defi-nizione di modelli evolutivi per l’area occiden-tale e quella orientale del continente Antartico,che tengano conto anche delle conoscenze rela-tive ai margini continentali dell’Oceano Artico;

- il margine Atlantico della PenisolaAntartica è la chiave di volta per lo studio evo-lutivo dell’Oceano Meridionale, visti i punti dicontatto triplo della placca Antartica con quelleSudamericana ed Africana. Così come allo stes-so scopo sono importanti i punti di contatto tri-plo della placca Antartica con le placche Indianaed Australiana;

- l’evoluzione delle intersezioni tra leplacche Sudamerica-Drake-Scotia-Antartidepotrebbe fornire le informazioni su come i limi-ti delle placche si riorganizzano, dopo l’estin-zione di un centro d’espansione ed in conse-guenza della riduzione del numero di placche.Allo stesso tempo, dallo studio del bacino diBransfield si potrebbe arrivare a comprendere losviluppo iniziale della catena Andina e delbreak-up di Gondwana [Austin, 2000].

2. Dal Rodinia al Gondwana

L’Antartide richiama l’interesse scientifi-co internazionale per il ruolo che ricopre nell’e-voluzione tettonica e geologica del Gondwana(Fig. 6b), il supercontinente che segnò l’iniziodel Fanerozoico, composto in gran parte dagliattuali continenti dell’emisfero meridionale.

Come evidenza della continuità fisica diquesti continenti, ci sono le cosiddette sequenzegondwaniane, che trovano corrispondenza inanaloghe successioni stratigrafiche in regionidell’emisfero meridionale (Sudamerica, Africa,India, Sri Lanka, Antartide, Australia e NuovaZelanda) e testimonianze paleontologiche, qualela comparsa nel Triassico (~250 Ma) del famo-so rettile erbivoro Lystrosaurus che non avevasviluppato particolari adattamenti al nuoto sulunghe distanze ed è stato ritrovato in tutti i con-tinenti gondwaniani, incluso l’Antartide[Oliviero et al., 1991; Collinson, 1997].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Con molta probabilità però, la formazionedel Gondwana è legata all’aggregazione diframmenti dispersi di un supercontinente esisti-to in precedenza. Sono stati proposti vari nomiper questo supercontinente, tra cui Ur-Gondwana [Hartnady, 1991], Katania [Young,1995], Paleopangea [Piper, 2000] e Rodinia[McMenamin e McMenamin, 1990], il quale de-riva dal russo rodit che significa generare, ed èil nome più comunemente usato. Rodinia racco-glieva tutte le terre emerse e sarebbe il precur-sore di tutti i continenti che si formarono suc-

cessivamente. Il corrispondente oceano globaleche circonda il Rodinia è chiamato Mirovoi. Ilciclo di vita del supercontinete va dalla suaamalgamazione, avvenuta ~1.300–1.100 Ma acuasa di una serie di collisioni avvenute duranteil ciclo orogenetico Grenvilliano (Fig. 6a), allasua scomparsa che è registrata nel rift delNeoproterozoico superiore e nelle successioni dimargine passivo, che fanno seguito alla suaframmentazione [Dalziel, 1991, 1992; Powell etal., 1993; Dalziel et al., 1994; Torsvik et al.,1996; Meert e Van der Voo, 1997].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 6. (a) La tradizionale ricostruzione di Rodinia ~1.000 Ma in cui si presume che il Gondwanaorientale s’è formato attraverso l'accrescimento di parti dell'Australia, dell'India e dell'Africa orientale,lungo un singola cintura orogenica Meso-Neoproterozoica, estesa lateralmente, che borda la costadell’Antartide orientale. (b) Gondwana (~500 Ma) con l’indicazione dei continenti che ne formavanola parte orientale e quella occidentale. Nell’area ingrandita (c) è evidenziata la posizione delleMontagne del Principe Carlo (PCM), una delle regioni chiave per capire l’evoluzione del continenteAntartico. Queste montagne, nell’area settentrionale sono composte da una serie di catene e di massic-ci isolati, localizzati lungo il margine occidentale della piattaforma galleggiante di ghiaccio Amery, eformano parte di una cintura orogenica ad andamento E-W, caratterizzata da facies di granuliti felsichee gneiss mafici, intervallate da subordinate unità metasedimentarie e calco-silicatiche che separano lebaie di Prydz Bay e di Lützow-Holm Bay. Le abbreviazioni sono: NC, Napier Complex; Vh, VestfoldHills; sPCMs, southern Prince Charles Mountains; RC, Rayner Complex; nPCMs, northern PrinceCharles Mountains; LHB, Lützow-Holm Bay; PB, Prydz Bay.da Boger et al., [2000].

La sua configurazione è però motivo diintenso dibattito e i vari modelli che sono statifinora proposti si evolvono parallelamente allacrescente disponibilità dei dati.

È stata anche stilata una mappa geodina-mica dell’aggregazione del Gondwana alla scala1:10 milioni che, presentata per la prima volta alXXX Congresso Geologico Internazionale, rap-presenta un tentativo di sintesi delle varie ipote-si evolutive, proposte cui hanno contribuito 67coautori di 11 differenti paesi: partendo dalbreak-up di Rodinia e passando attraverso la ri-organizzazione del movimento delle placche li-tosferiche prodotto dagli eventi orogenici Pan-Africani–Brasiliani, si arriva al Gondwana[Unrug, 1997 e ref. ivi citate].

Le maggiori difficoltà sorgono a causadella carenza di dati geocronologici e di poli pa-leomagnetici affidabili per differenti elementidel Rodinia [Powell et al., 1993], cosa che rendedifficile elaborare modelli che seguano le moda-lità della tettonica globale [Grunow et al.,1996]. Ne derivano grosse incertezze nell’indi-viduazione del numero di placche presenti e neldefinire la distribuzione dei cratoni periferici at-torno al Laurentia (Nordamerica e Groenlandia)che avrebbe avuto una posizione centrale nelRodinia durante il Neoproterozoico [Karlstromet al., 1999].

Anche attorno all’Antartide orientale po-trebbero essersi legati altri blocchi cratonici nelcorso dell’episodio Grenvilliano [Stump, 1999].Infatti, il margine del cratone dell’Antartideorientale include l'area settentrionale delleMontagne del Principe Carlo (PCM in Fig. 6, 7)che, tradizionalmente considerate come parte diun'estesa cintura orogenica Neoproterozoica(1.400–900 Ma), sono state correlate con cintu-re metamorfiche di età simile in India, partidell'Africa orientale, dello Sri Lanka edell’Australia (Fig. 6a): si ritiene che queste cin-ture rappresentino un sistema di accrezione cheha portato alla formazione del Gondwana orien-tale durante la crescita ed il consolidamento diRodinia [Moores, 1991].

2.1. L’ipotesi SWEATUn nuovo scenario per la paleogeografia

globale del Paleozoico ha cominciato ad emer-gere con la pubblicazione del lavoro di Moores[1991], seguito da quelli di Dalziel [1991] eHoffman [1991] circa la cosiddetta ipotesi"SWEAT" (Southwest U.S.-East Antarctic con-nection), che rappresenta un esempio di applica-zione dei principi della tettonica delle placche alpre-Cambriano.

L’Antartide fornisce infatti elementi per

testare l’ipotesi SWEAT, dove si propone che ilGondwana orientale rimase unito al Laurentialungo le TAM e il margine dell’Australia orien-tale, tra ~1.900Ma e il tardo pre-Cambriano,quando il blocco costituito dall’Antartide orien-tale e dall’Australia era in congiunzione al mar-gine Pacifico del Nordamerica occidentale.

Allo stesso tempo il Laurentia potrebbeessere stato in contatto col nucleo cratonico dialcuni attuali continenti dell’emisfero meridio-nale. Infatti, secondo Dalziel [1997], che descri-ve in dettaglio la storia e lo sviluppo del super-continente di Rodinia, il Laurentia avrebbe inte-ragito tettonicamente con il margine Pacificodel Sudamerica, mentre verso la fine del pre-Cambriano la separazione dell’Antartide orien-tale dal Laurentia portava all'apertura del bacinodell’Oceano Pacifico. L’evento sarebbe stato bi-lanciato, su un globo dal raggio costante, dallachiusura dei bacini oceanici Brasiliani e Pan-Africani durante l’aggregazione di Gondwana[Dalziel, 1992] con la parte orientale che sareb-be rimasta intatta, senza subire pressoché alcunadeformazione fino al break-up Mesozoico diGondwana [Yoshida et al., 1992].

Sfortunatamente l’evoluzione del margi-ne Antartico, tra il Proterozoico superiore ed ilPaleozoico inferiore, è poco definita per rappre-sentare una prova inconfutabile dell’ipotesiSWEAT. Una grave limitazione è legata all'in-sufficienza di dati geogronologici precisi dellerocce metamorfiche e plutoniche, e all'insuffi-cienza di dati strutturali associati alla scala ra-diometrica [Goodge et al., 1993]. Inoltre, secon-do Borg e De Paolo [1994] l’attuale configura-zione del basamento dei terranes nelle TAM nonsembrerebbe compatibile con la ricostruzioneSWEAT, che in origine si basò sull’individua-zione dei punti d’età Grenvilliana tra ilLaurentia e la Terra della Regina Maud, tra loroadiacenti prima del rifting di Rodinia: questocollegamento probabilmente non è più valido inquanto di recente è emerso che ~1.000 Ma laTerra della Regina Maud non era partedell’Antartide orientale [Gose et al., 1997].

Però, plausibili aggiustamenti degli ele-menti tettonici durante il Proterozoico superioreed il Paleozoico inferiore, potrebbero rendereaccettabile la ricostruzione del modello SWEAT[Borg e DePaolo 1994], il quale continua ad es-sere alquanto dibattuto perché nelle TAM cisono altre località che possono essere collegatepotenzialmente al Laurentia. Quindi, la confer-ma o meno di qualsiasi descrizione dell'evolu-zione continentale Proterozoica, passa attraver-so la comprensione dell'evoluzione del marginecontinentale Antartico esposto nelle TAM[Goodge, 1995].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

2.2. L’ipotesi AUSWUSIl modello AUSWUS (Australia-

Southwest U.S.) proposto da Karlstrom et al.,[1999] rappresenta una prospettiva alternativadella relazione tra l’Australia, l’Antartide e ilLaurentia in Rodinia. Questa ipotesi si differen-zia fondamentalmente dal modello SWEAT perla diversa configurazione del margine occiden-tale del supercontinente (Fig. 7), con l’Australiache per gran parte del Proterozoico viene a tro-varsi in una posizione adiacente agli Stati UnitiSudoccidentali, piuttosto che col Canada setten-trionale, mentre l’Antartide è spostata verso Sudrispetto al Laurentia [Powell et al., 1993].

Prima della collisione continente-conti-nente avvenuta ~1.000 Ma, nell’ipotesi AU-SWUS il margine meridionale di Laurentia fuper molto tempo (1.800÷1.000 Ma) un margineconvergente, anche se in maniera episodica, chesi estendeva dalla Groenlandia alla Californiameridionale producendo un insieme di cintureorogeniche ad andamento NE. Questi 800 Ma distoria orogenica sono stati utilizzati Karlstrom

et al., [1999] come impronte per identificare icratoni che furono adiacenti durante ilProterozoico, stabilendo che i numerosi eventiorogenici e tettonici legati al margine conver-gente di Laurentia diventano più giovani versoSud. E mentre l’Australia contiene la prosecu-zione delle cinture orogeniche a Sudovest, la re-gione Baltica ne contiene la continuazione aNordest. Quindi, questa ricostruzione sarebbesupportata dalle somiglianze geologiche conrocce Paleoproterozoiche che presentano com-posizione simile, e dalle storie tettoniche analo-ghe tra l'Australia e gli USA Sudoccidentali tra1.800 Ma e 800 Ma, con una maggiore affinitàper i poli paleomagnetici di Australia eLaurentia tra 1.450 e 1.000 Ma. I dati paleoma-gnetici, utilizzati per testare la validità della ri-costruzione relativa al Paleoproterozoico(2.500–1.600 Ma), però, non convalidano ine-quivocabilmente il modello SWEAT o quelloAUSWUS, soprattutto a causa della scarsezza didati che non consentono di individuare magne-tizzazioni primarie [Karlstrom et al., 1999].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 7. Ricostruzione di Rodinia tra 1.700 e 800 Ma, secondo l’ipotesi AUSWUS, basata sull’evolu-zione tettonica dei cratoni che svolgono un ruolo chiave all’interno del supercontinente, confrontatacon l’ipotesi SWEAT [Moores, 1991]. L’età crostale delle province è dedotta dai dati geocronologiciSm/Nd. I depositi massivi di solfuri presso Broken Hill (BH) sono simili ai depositi di Jerome (J)nell’Arizona centrale e Mount Isa (MI) in Nevada. da Karlstrom et al., [1999].

2.3. L’ipotesi del PaleopangeaI problemi legati alla ricostruzione di

Rodinia hanno spinto Piper [2000] a mettere indiscussione i capisaldi del modello "SWEAT" eproporre una configurazione Neoproterozoicaalternativa a quella di Rodinia. L’ipotesi, deriva-ta soprattutto da analisi dei dati paleomagnetici,è quella del Paleopangea (Fig. 8), un supercon-tinente simile al successivo Pangea. Questa so-luzione, già proposta precedentemente [Piper,1982] a quella di Rodinia, è stata ripresentata re-centemente in quanto la ricostruzione di Rodiniapone parecchie e serie difficoltà, dovute inprimo luogo all'assenza di correlazione paleo-magnetiche successive ai ~730 Ma.

Infatti, Piper [2000] sostiene che non-ostante il break-up di Rodinia sia stato stimatoproprio ~750-700 Ma, gli elementi chiave che loindividuano (rifting, magmatismo alcalino, sub-sidenza dei margini, indicazioni isotopiche e di-versità della fauna), sono concentrati nei succes-sivi 150 Ma, in prossimità del limiteNeoproterozoico-Cambriano. C’è inoltre unadifficoltà geometrica, poiché l’amalgamazionedi Gondwana si realizzerebbe soltanto tramiteeccezionali movimenti continentali, con relativaconsunzione di crosta oceanica, in gran partenon confermati da prove oggettive. Nel suo mo-dello, invece, Piper [2000] propone movimenti

relativamente piccoli e principalmente trascor-renti fra i blocchi continentali, chiamando incausa la loro dispersione soltanto in prossimitàdel limite Neoproterozoico-Cambriano.

Inoltre, nel Paleopangea, Australia eNordamerica occidentale non sono prossimali, ela distribuzione di fasce orogeniche risalenti a1.100 Ma viene spiegata mediante lineamenticoassiali ereditati da un precursore che risalireb-be al Paleo-Mesoproterozoico.

2.4. Il ciclo orogenetico Pan-AfricanoIl riconoscimento di una tettonica

Paleozoica diffusa nell'Antartide orientale, haportato vari autori [Zhao et al., 1992; Shiraishiet al., 1994; Hensen e Zhou, 1997; Fitzsimons,1997] a mettere in dubbio la validità dei model-li tradizionali in cui si ipotizza che il Gondwanaorientale, amalgamato tra 1400÷900 Ma duran-te l’assemblaggio di Rodinia, sarebbe poi rima-sto un blocco coerente tanto nel corso del break-up di Rodinia che nel corso della formazione diGondwana [Fitzsimons, 2000].

È stato infatti suggerito che il Gondwanaorientale possa rappresentare un collage diframmenti continentali accresciuti in manierapolifasica in gran parte tra 770 e 550 Ma[Torsvik et al., 1996] riflettendo così l’amalga-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 8. Ricostruzionedel Paleopangea, con i mo-vimenti dei precursoriPaleo-Proterozoici, ottenu-ta mediante i dati paleoma-gnetici. Secondo questomodello il Gondwana sa-rebbe stato prodotto da mo-vimenti relativamente pic-coli, realizzati in gran parteda transpressioni sinistre,ed in accordo con i linea-menti tipici dell’orogenesiPan-Africana. La dispersione continentalesarebbe avvenuta al limiteNeoproterozoico-Cambri-ano mentre le analogie traPaleopangea e (Neo)Pangea implicano che i su-percontinenti non sono ag-glomerati caotici di crostacontinentale, ma sono lanaturale conseguenza diepisodici moti convettiviche interessano il mantelloglobalmente. da Piper [2000].

mazione finale di Gondwana.Ad esempio, Boger et al., [2000] sosten-

gono che l’evento orogenico (990÷900 Ma) ri-conosciuto nella provincia formata da una partedell'Antartide orientale (Montagne del PrincipeCarlo, costa di Mawson e Rayner Complex) edell’India (Ghats Complex), è significativamen-te più giovane degli eventi individuati ad Oveste ad Est di questa regione (Fig. 9). Vengonoanche messe in evidenza le somiglianze delleprovince Maud, Natal e Namaqua col cratoneKaapaval-Zimbabwe dell’Africa meridionale eun cratone non esposto che si troverebbe sotto lacalotta polare Antartica [Jacobs et al., 1999]. Eda altre correlazioni emerge anche la somiglian-za tra la provincia Antartica di Wilkes(Windmill Islands e Bunger Hills in Fig. 9) equella Australiana di Albany-Fraser [Clark etal., 2000].

Appare così improbabile che queste cin-ture siano correlabili in un’unica e continualinea di sutura, come proposto tradizionalmente,ma forse rappresentano frammenti separati dicinture orogeniche Meso-Neoproterozoiche.Tant’è che Fitzsimons [2000] ipotizza che loscudo dell’Antartide orientale sia stato prodottodall’unione di tre separati orogeni collisionalid’età Grenvilliana, come messo in evidenzaanche dalle correlazioni riportate in figura 9,prodotti dalla chiusura di altrettanti bacini ocea-nici, durante successive fasi tettoniche: l’amal-gamazione sarebbe avvenuta attraverso vari

stadi in un periodo di ~450 Ma. Gli eventi compresi tra 1.000 e 720 Ma,

successivi all’aggregazione e precedenti albreak-up di Rodinia, comprendono diffuse zonedi taglio, magmatismo post-tettonico, estensio-ni, rifting e la formazione di cinture orogenicheintracontinentali. Fenomeni che hanno causatoil risettaggio dei sistemi isotopici, e nei nucleiArcheani dell’Antartide orientale sono stati re-gistrati principalmente sottoforma di dicchi[Krynauw, 1996].

Nell’accezione classica, si ritiene che adessi sia legata anche la separazione delLaurentia dal blocco formato dall’Australia edall’Antartide orientale, che più tardi diventeràil Gondwana orientale. Si tratta del primo stadiodi break-up, una fase che iniziata con la fram-mentazione di Rodinia, taglia il supercontinentea metà creando ~725÷750 Ma, quello che sareb-be divenuto l’Oceano Pacifico [Powell et al.,1993; Dalziel et al., 1994]. Infatti, come ilLaurentia iniziò ad allontanarsi, i frammenticratonici dell’Amazzonia, dell’Africa occiden-tale e del Rio de La Plata, si staccarono dalGondwana orientale e collisero creando la cin-tura orogenica Pan-Africana del Gondwana oc-cidentale. Questa sequenza di eventi tettonici(Fig. 10) che porta all’assemblaggio delGondwana, va sotto il nome di “ciclo orogeneti-co Pan-Africano”, ed è presente oltre che invarie parti dell’Africa e del Madagascar (oroge-nesi Saldaniana) anche in Sudamerica (orogene-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 9. Ricostruzione dell’Antartide orientale e delle parti adia-centi di Gondwana con i blocchi cra-tonici Archeani-Paleo-Proterozoici,che in molte ricostruzioni vengono traloro correlati, e le differenti età dellecinture orogeniche Meso/Neo-prote-rozoiche che secondo Fitzsimons[2000] sarebbero riconducibili a tre di-verse province Grenvilliane; (1)Maud-Natal-Namaqua/Kaapaval-Zimbabwe; (2) PCM-Mawson Coast-Rayner Complex/Ghats Complex; (3)Windmill Islands-Bunger Hills/Albany-Fraser Complex. Nelle areedella Prydz Bay (PB) e della Lützow-Holm Bay (LHB) sono state recente-mente riconosciute due cinture oroge-niche Paleozoiche. Le altre abbrevia-zioni sono: G, Gawler craton; K,Kalahari craton; nPCMs, northernPrince Charles Mountains; sPCMs,southern Prince Charles Mountains;V, Vestfold Hills.da Boger et al., [2000].

si Brasiliana), Antartide (orogenesi di Ross), ein misura minore in India e in Australia (oroge-nesi Delameriana) [Meert e Van der Voo, 1997].Il termine Pan-Africano, però, non viene usatoper indicare soltanto gli eventi collisionali cheportano alla sutura del Gondwana occidentale,ma è legato anche agli eventi estensivi che do-minarono il Neoproterozoico, nonché le fasi le-gate al break-up di Gondwana [Unrug, 1997].

Quindi, la formazione di Gondwana se-condo Meert e Van der Voo [1997] potrebbe es-sere ricondotta ad almeno tre distinti episodi tet-tonici (Fig. 10):

1. L’orogenesi dell’Africa orientale (EastAfrica Orogeny in Fig. 10) che fu il primo im-portante evento avvenuto tra 800 e 650 Ma, eportò alla formazione della cintura orogeneticadel Mozambico (Mozambique Belt in Fig. 10),uno degli elementi chiave nella tettonica delGondwana, e alla conseguente chiusuradell’Oceano del Mozambico a causa della colli-sione di India, Madagascar e Sri Lanka conl’Africa orientale; allo stesso tempo sarebbe in-tervenuto il break-up di Rodinia, datato appros-simativamente 750-700 Ma, che inizia con la se-

parazione tra Laurentia occidentale e Gondwanaorientale.

2. L’orogenesi Brasiliana (BrasilianoOrogeny in Fig. 10) che tra i 660 e i 530 Ma re-gistra la collisione tra i nuclei cratonicidell’Africa e del Sudamerica;

3.L’orogenesi Kuunga (Kuunga Orogenyin Fig. 10) che risale ~550 Ma e potrebbe esse-re il risultato della collisione tra il bloccoAustralia-Antartide col resto di Gondwana.

A tal riguardo sono di particolare interes-se le numerose datazioni riconducibili a ~550Ma e relative a formazioni di granuliti prove-nienti dall’India e dal Madagascar meridionali,dallo Sri Lanka, dal Mozambico e da partidell’Antartide orientale: potrebbero riflettereuna collisione continente-continente in quellaregione di Gondwana [Meert e Van der Voo,1997 e ref. ivi citate].

Il concetto di una semplice collisione trale due province di Gondwana, come viene soli-tamente trattato l’assemblaggio di Gondwana,appare però riduttiva e, nei modelli più recenti,la formazione del Gondwana occidentale vieneattribuita alla collisione di vari nuclei cratonici

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 10. Schema che mostra gli eventi che portarono alla formazione di Gondwana (a): nel corsodella chiusura dell’Oceano del Mozambico, poco prima di 680 Ma, tra l’Africa orientale ed elementidel Gondwana orientale, culminata nella collisione continente-continente avvenuta ~650 Ma. Questacollisione si sovrappone parzialmente con gli eventi del rifting nel Laurentia occidentale; (b) ipoteticasequenza di eventi avvenuti durante le orogenesi Brasiliana e Kuunga (600-530 Ma). La collisione delblocco Australia-Antartide col resto di Gondwana sarebbe avvenuta ~550 Ma e con molta probabilitàil Gondwana fu completamente assemblato intorno ai 530 Ma; (c) cladogramma degli eventi tettoniciche conducono alla formazione di Gondwana.da Meert e Van der Voo [1997].

durante una sequenza di eventi orogenici avve-nuti tra 680 e 480 Ma [Torsvik et al., 1996].

Diverse sono le ipotesi anche relativa-mente alla linea di sutura che segna questo pas-saggio: potrebbe interessare alcune areedell’Antartide orientale, quali Heimefrontfjellae la baia di Lützow Holm Bay (Fig. 11).

La prima rappresenta la parte più occi-dentale del basamento, il quale affiora nellaTerra della Regina Maud ed è formato da rocceche risalgono in gran parte a ~1.100 Ma, com-prese in una fascia orogenica situata a Sudestdel cratone Archeano Zimbabwe-Kaapaval-Grunehogna. La parte occidentale, nel contestodi Gondwana, può essere correlata con rocce dietà analoga esposte nella microplacca Falkland,nel complesso Cape Meredith e nella provinciametamorfica Sudafricana Namaqua-Natal[Jacobs et al., 1999]. L’area della baia diLützow Holm Bay, invece, è caratterizzata dametamorfiti che raggiungono la facies delle gra-nuliti anche nel Cambriano, e nella ricostruzio-ne di Gondwana è stata correlata con parti delloSri Lanka [Krynauw, 1996].

2.5. Il margine passivo Durante il Neoproterozoico, si formarono

migliaia di chilometri di nuovi margini conti-nentali, a seguito del break-up del superconti-

nente di Rodinia [Moores, 1991; Dalziel, 1991].La gran parte di questi margini restò in uno statopassivo durante il Paleozoico inferiore, e portòall’accumulo di spesse sequenze sedimentarie acausa della subsidenza termica e dell’assotti-gliamento litosferico che si presentò durante lafase di rift.

Nell’Antartide orientale, il rifting legatoall’orogenesi di Ross inizia ~750 Ma e porta alladeposizione di sequenze tipiche di margine pas-sivo, presente nel Proterozoico superiore lungoil margine Pacifico di Gondwana. Questo restaindividuato dalle successioni sedimentarie car-bonatiche di mare poco profondo e dalle torbi-diti di acque profonde, che iniziano a depositar-si durante il rifting dello scudo Antartico, proba-bilmente in una serie di depocentri indipendentiche, presenti lungo il margine passivo, in alcunicasi superano anche i 10 km di spessore, comenelle Patuxent Formation (vedi Fig. 15), una se-quenza torbiditica nelle Montagne di Pensacolacoperta in discordanza da calcari Cambriani[Stump, 1995].

All’evento, provocato dalla separazionetra Gondwana e Laurentia (Fig. 12) sarebberoassociate anche magmatiti, come ad esempioquelle che, sotto forma di basalti a cuscini e gab-bri datati ~760 Ma, sono presenti nella GoldieFormation, una formazione spessa ~7.000 m ecomposta di quarziti, grovacche, argilliti ed are-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 11. Ricostruzione diGondwana che evidenzia le principalicinture orogeniche Pan-Africane e lazona di sutura che, attraverso ilMozambico, segna la zona di collisio-ne tra Gondwana orientale e occidenta-le. Questa potrebbe interessarel’Antartide orientale (1) attraversoHeimefrontfjella [Shackleton, 1996]oppure (2) nell’area Lützow Holm Bay[Grunow et al. 1996]. Le abbreviazionisono: CDML, central Dronning MaudLand; EM, Ellsworth Mountains;FCB, Filchner crustal block; FM,Falkland microplate; G, GrunehognaArchean Craton; E, EllsworthMountains; H, Haag Nunatak; K,Kirwanveggen; LH, Lützow HolmBay; MB, Mwembeshi Shear Zone;Na-Na, Namaqua-Natal Belt; PB,Prydz Bay; R, Richtersveld Craton; M,Madagascar; Moz, Mozambique Belt;S, Saldania Belt; SL, Sri Lanka; Søm,Sør Rondane; SR, Shackleton Range;WDML, western Dronning MaudLand; Z, Zambesi Belt.da Jacobs et al., [1999] modificato.

narie che affiora presso il ghiacciaio diBeardmore, nelle TAM centrali. Lo stesso scudofaceva probabilmente da fonte per la spessa se-quenza di rocce sedimentarie che sarebberostate in seguito deformate e metamorfosate, eche sono presenti pressocchè per l’intera lun-ghezza delle TAM [Laird, 1991a; Stump, 1995].

2.6. L’orogenesi di BeardmoreLa subsidenza, che caratterizzò a lungo i

bacini dei margini continentali, terminò tra 660Ma e 580 Ma, a causa degli eventi compressivilegati all’ipotetica orogenesi di Beardmore(Proterozoico superiore-Cambriano inferiore).

Questo evento resterebbe individuato dauna discordanza, diffusa attraverso le TAM, chesepara gli strati fortemente piegati delProterozoico superiore da quelli sovrastantimeno deformati e fossiliferi del Cambriano in-feriore e medio. Deformazioni e metamorfismoriconducibile a questa fase sarebbero diffusenell’area del ghiacciaio di Beardmore(Beardmore Group), nelle Montagne diPensacola (Patuxent Formation), ed anche tra ilghiacciaio di Byrd e la Terra Vittoria settentrio-nale [Elliot, 1975; Laird, 1991a]. Magmatismoassociato a questo evento è stato documentatonella Terra Vittoria e nelle TAM centrali[Goodge et al., 1993].

Secondo alcuni autori [Goodge, 1997;Rowell et al., 1992], però, le deformazioni attri-buite all’evento di Beardmore sarebbero avve-

nute nel Cambriano inferiore, e piuttosto che adun’orogenesi del Neoproterozoico, potrebberorappresentare fasi deformative riconducibili al-l’evento di Ross, ritenuta la più antica delle oro-genesi Fanerozoiche [Storey et al., 1996a].

2.7. Il PannotiaTra il break-up di Rodinia e la formazio-

ne di Gondwana potrebbe esserci stato un ri-stretto periodo di tempo, vicino al limite delCambriano inferiore (~570 Ma), in cui si formòun supercontinente chiamato Pannotia. Eventoche potrebbe essersi verificato soltanto se ilGondwana era già aggregato prima di 550 Ma, ese il Laurentia era ancora riunito all’Amazzonia[Powell e Young, 1995]. Quindi, se il supercon-tinente Pannotia è esistito, esso comprendeva ledue entità formate dal Gondwana e dalLaurentia, la cui separazione, nel Cambriano in-feriore, portò alla formazione dell’OceanoIapetus. Allo stesso tempo il Laurentia si sepa-rava dagli scudi Baltico, dell’Amazzonia, e delRio de La Plata (Fig. 12, 13) [Powell et al.,1993]. Questa fase viene riferita al “ciclo oroge-netico Pannotios” che include tutti gli eventi tet-tonici di Gondwana dal Neoproterozoico alPaleozoico inferiore [Dalziel, 1997; Grunow etal., 1996; Stump, 1999].

Nell’accezione classica, però, l’assem-blaggio del Gondwana, si sarebbe completato~530 Ma, nel Paleozoico inferiore [Meert e Vander Voo, 1997; Unrug, 1997].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 12. Ricostruzione del supercontinenteche nel Neoproterozoico superiore (570 Ma)includeva Laurentia e Gondwana, seguen-do il rifting del Laurentia occidentale dalblocco Antartide orientale/Australia,l’apertura del bacino dell’OceanoPacifico, e l’amalgamazione diGondwana. Da notare che alcunidei bacini Pan- Africani-Brasiliani,potrebbereo non essere stati com-pletamente chiusi alla fine del pre-Cambriano. Le aree ombreggiaterappresentano le cinture orogeni-che Grenvilliane. Le abbreviazionisono: A, Arequipa Massif; AM,Amazonian craton; B, Baltica; E,Ellsworth-Whitemore Mountains;K, Kalahari craton; M, Marie ByrdLand; R, Rockall Bank e northernBritish Isles; RP, Rio de la Plata craton;S, Siberia; SF, Sao Francisco craton; SP:South Pole; WA, West African craton.da Dalziel et al., [1994].

3. Il Paleozoico

Nel Paleozoico inferiore si verificò il pro-gressivo spostamento di tutto il Gondwana, an-cora riunito in un unico supercontinente, versolatitudini polari. Una ricostruzione della possi-bile distribuzione delle masse continentali nelCambriano, che colloca l’Antartide in prossimi-tà dell’equatore, è mostrata in figura 13, dove nesono messi in evidenza anche i margini. Infatti,i margini dell’Antartide, tra il Neoproterozoicoed il Paleozoico vennero interessati da processitettonici che produssero differenti tipi di cintureorogeniche [Tessensohn et al., 1999] come ilmargine paleo-Pacifico di Gondwana che rap-presenta la più estesa cintura orogenica dellastoria della Terra. Questa è caratterizzata, lungole TAM, da uno stile tettonico variabile sia spa-zialmente che temporalmente, con regioni cheregistrano deformazioni compressive associate asubduzioni, coeve con sedimentazione di piatta-forme carbonatica e tettonica estensiva o di mar-gine passivo [Stump, 1995].

A questa fase sono associati gli eventiorogenici di Beardmore, di Ross ed i possibilieventi di Borchgrevink e di Shackleton che po-trebbero rappresentare gli effetti del margine at-tivo lungo le TAM. Restano da stabilire, però, leprecise relazioni temporali con le relative inter-pretazioni tettoniche [Curtis e Storey, 1996]anche perché rocce del Paleozoico inferiore emedio, in Antartide, sono piuttosto ristrette e

concentrate soprattutto lungo le TAM, la Terradi Marie Byrd e le Montagne di Ellsworth.Tant’è che queste regioni sono state anche rag-gruppate in due principali province tettonico-se-dimentarie: le province delle TAM e del Mare diRoss. La Terra di Marie Byrd e quasi tutta laTerra Vittoria settentrionale, formavano parte diuna singola provincia, probabilmente alloctona,che includeva anche il Campbell Plateau, laparte occidentale della Nuova Zelanda meridio-nale e forse anche parte dell'Australia meridio-nale e della Tasmania.

Le rocce affioranti lungo le TAM e leMontagne di Ellsworth, dallo Shackleton Rangeal ghiacciaio di Byrd, erano invece parte diun’altra provincia caratterizzata da eventi tetto-nici simili, così come simili erano gli ambientidi sedimentazione [Laird, 1991b].

Però, la posizione delle Montagne diEllsworth nel Cambriano è controversa, con variautori [Curtis e Storey, 1996; Grunow et al.,1996; Dalziel, 1997] che la posizionano tral'Africa meridionale e l’Antartide orientale(Terra di Coats) lontano dalle cinture orogeni-che del Paleozoico inferiore. Questo perché ri-tengono che l’evoluzione delle Montagne diEllsworth differisce significativamente da quel-la delle TAM, in quanto le prime non presenta-no deformazioni riconducibili all’orogenesi diRoss e contengono ~13 km di sedimenti presso-ché concordanti, dal Cambriano medio alPermiano inferiore, mentre presenterebbero de-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 13. Ricostruzione del Gondwana 520 Ma,dove con l’asterisco viene indicata la distribuzio-

ne delle Archeociatidi, fossili Cambriani concaratteri affini a spugne e coralli.

La distribuzione delle Trilobiti, artropodimarini Paleozoici estinti nel Permiano,

è basata sulla loro diffusione ed evo-luzione che, con oltre 2.000 specie,consente di creare delle suddivisio-ni di età. Così aree con trilobitisono indicate da linee orizzontali(olenellid), verticali (redlichiid) edincrociate (bigotnid) mentre con lelettere (V), (C) e (T) sono riporta-te, rispettivamente, le posizionidelle province delle trilobiti di

Viking, Columbia e Tollchuticook.Le abbreviazioni sono AV:

Avalonia; B: Baltica; E: Ellsworth-Whitmore Mountains; ES: European

Shelf; M: Marie Byrd Land; NC: NorthChina; OT: Occidentalia Terrane; SB:

South Britain; SC: South China; SP: SouthPole.

da Dalziel et al. [1994]

formazioni Mesozoiche legate all’orogenesiGondwaniana.

Secondo Duebendorfer e Rees [1998], in-vece, la formazione dell’Heritage Range nelleMontagne di Ellsworth, presenta eventi defor-mativi riconducibili al Cambriano e perciò, aquell’epoca il blocco crostale EWM potrebbeessersi trovato lungo il margine paleo-Pacificodel Gondwana, insieme ad altri due terranes concui presenta forti analogie geologiche: il QueenMaud Terrane, nelle TAM centrali, e il BowersTerrane, nella Terra Vittoria settentrionale.Similitudini che portano ad ipotizzare la presen-za di un terrane più grande, formato dai tre bloc-chi (Fig. 14) all’esterno della Terra di Coats, chesi estendeva lungo il margine verso le Montagnedi Pensacola. Infatti, lungo il margine paleo-Pacifico di Gondwana, tutti i terranes esternisono caratterizzati da grandi volumi di monoto-ne sequenze di arenarie e mudstones. Ed unaquestione chiave, per capire l’evoluzione diquesto margine, è legata proprio all’individua-zione delle fonti di queste sequenze uniformi emassive [Ireland et al., 1998]

3.1. La piattaforma carbonatica delCambriano

Nel Cambriano inferiore, lungo il margi-ne dell'Antartide orientale che corrisponde alleattuali TAM, si formò un mare epicontinentalelargamente esteso anche all’Antartide occiden-tale, almeno tra il ghiacciaio di Byrd el’Argentina Range (Fig. 15). In quest’area eradiffusa una sedimentazione di piattaforma con-tinentale che si sviluppava per ~1.200 km, aimargini del cratone dell’Antartide orientale,verso il Mare di Weddell [Rowell et al., 1992].Tra i ghiacciai di Beardmore e di Byrd, la suc-cessione è costituita dai calcari di Shackleton,una sequenza carbonatica spessa ~9.000 m cheinclude anche una bioerma di archeociatidi, par-ticolarmente abbondanti nella parte inferioredella sequenza. Questo suggerisce che la lineadi costa era molto bassa e che solo pochi sedi-menti vennero trasportati nella parte interna delbacino ora osservato. Inoltre, la linea di costa,sulla parte adiacente al cratone, si sarebbe allon-tanata dal cratone stesso, cosicché dalCambriano superiore si depositò una spessa se-quenza di clasti marini, probabilmente prove-nienti dalle terre ora rialzate [Elliot, 1975].

Le Montagne di Pensacola, invece, solotra il Cambriano medio e superiore diventanoun’area d’accumulo per sedimenti carbonatici dimare poco profondo [Stump, 1995].

All’esterno di queste successioni carbo-natiche di piattaforma, si estendeva una zona di

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 14. Ricostruzione di Gondwana nelCambrico superiore con l’individuazione dei terra-nes alloctoni: BT, Bowers Terrane; EWM,Ellsworth-Whitmore Mountains Terrane; FP,Falkland Plateau; QM, Queen Maud Terrane. da Duebendorfer e Rees [1998].

Figura 15. Mappa dell’Antartide che mostra la dis-tribuzione (aree in nero) di rocce sedimentarie evulcanoclastiche nel Cambriano lungo le TAM e leMontagne di Ellsworth. La piattaforma carbonaticadel Cambrico inferiore è confinata alla cintura delmargine cratonico. Tra il Mare di Weddell e ilghiacciaio di Byrd, gli affioramenti Cambriani pos-sono essere raggruppati in base alle loro differentiregistrazioni stratigrafiche, separando le sequenzevulcaniche da quelle che non lo sono, in due cintu-re sub-parallele alle TAM, rispettivamente il QueenMaud Terrane e il Marginal cratonic belt.da Rowell et al., [1992].

sedimentazione calcarea associata a rocce vul-caniche del Cambriano inferiore e medio(“Queen Maud Terrane” in Fig. 15) che, nelleMontagne della Regina Maud e nelle Montagnedi Horlick, sono rappresentate dal Liv Group,un’associazione bimodale di vulcaniti a preva-lente composizione felsica [Rowell et al., 1997]Successioni simili, con rocce vulcaniche e intru-sive bimodali, del Cambriano medio e superio-re, sono presenti pure nelle Montagne diEllsworth (Heritage Range). La presenza di que-sto tipo di vulcaniti in tali successioni implica,almeno per una parte dell’orogene, la presenzadi un regime estensionale attivo nel Paleozoicoinferiore [Stump, 1995] all’interno o dietro unarco vulcanico attivo [Wareham et al., 2001],benché deformazioni compressive e trascorrentifurono attive allo stesso tempo in altre parti del-l’orogene [Curtis e Storey, 1996].

È quindi probabile che il mare epiconti-nentale si sia formato lungo un margine di tipopassivo, e che nel Paleozoico inferiore sia avve-nuta una collisione con crosta continentale o unarco di isole [Elliot, 1975]. Tant’è che allo stes-so vulcanismo acido, che caratterizza l’areacompresa tra le Montagne di Thiel ed il ghiac-ciaio di Beardmore, Woolfe e Barrett [1995] as-sociano un arco magmatico che potrebbe esseremigrato verso il cratone durante il Cambrianomedio, e ritengono che il calcare Shackleton siariconducibile ad un bacino di pre-arco.

3.2. L’orogenesi di RossLungo le TAM , tra il Cambriano superio-

re e l’Ordoviciano inferiore, cessò la sedimenta-

zione e si ebbe un’intensa compressione prodot-ta dall’orogenesi di Ross. I suoi prodotti affiora-no con caratteristiche variabili lungo le TAM,rendendo così difficile correlare specifici eventi[Stump, 1999] e proseguono da un lato inSudafrica e in Sudamerica (Sierra Pampeana) edall’altro in Australia orientale (orogenesiDelameriana) [Bradshaw, 1991].

L’Antartide orientale, che occupava unaposizione centrale del Gondwana, era limitatasul lato Pacifico da un arco magmatico ben svi-luppato (Fig. 14, 16), attualmente rappresentatoda corpi granitici calc-alcalini, esposto lungouna fascia lunga ~3.000 m nelle TAM[Tessensohn et al., 1999]. All’evento di Ross èinfatti associata la messa in posto di corpi grani-tici che, iniziata ~550 Ma in località sparse at-traverso la Terra Vittoria settentrionale, conti-nuò durante il Cambriano in vari posti lungo leTAM. Questo avrebbe prodotto il sollevamentodelle TAM a cui sarebbe seguito, tral’Ordoviciano e il Devoniano inferiore, un pe-riodo di erosione valutato in ~0,2 mm/anno cheportò quasi al completo smantellamento dellacatena [Woolfe e Barrett, 1995], con l’orogeneeroso nel suo nucleo cristallino fino a 10-20 kmdi profondità [Stump, 1995].

L’evento sarebbe testimoniato dalla depo-sizione di conglomerati continentali e arenarienell’area delle Montagne di Ellsworth [Laird,1991b], dove la sedimentazione marina conti-nuò ininterrottamente benché, nel Cambrianosuperiore, le facies deposizionali passarono dacarbonatiche ad esclusivamente quarzose, forsein risposta al sollevamento dell’area d’originedei sedimenti.

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 16. Ricostruzionedel Gondwana intorno ai500 Ma che mette in eviden-za le relazioni tra i principa-li elementi tettonici risalential Cambriano-Ordoviciano. Nell’ipotesi qui riportata,l’arco magmatico dell’oro-genesi di Ross si sviluppòlungo il margine esterno diGondwana nella forma sub-duzione-accrezione.Una transpressione sinistraed obliqua, a seguito di unacollisione, prende inveceposto nello ShackletonRange, in Antartide, e rap-presenta l’evento finale chesegna la chiusura dell’Oce-ano del Mozambico. da Tessensohn et al., [1999].

Nella Terra Vittoria e nella Terra di MarieByrd, invece, non c’è nessuna evidenza di unasedimentazione continua tra il Cambriano el’Ordoviciano e, contrariamente alle TAM e alleMontagne di Ellsworth, queste aree vennero dif-fusamente interessate, tra il Devoniano superio-re e il Carbonifero inferiore, da intrusioni grani-toidi e da vulcanismo acido [Laird, 1991b].Questo significa che compressione e magmati-smo legati all’orogenesi di Ross potrebbero es-sere associati alla subduzione pre-Ordoviciana,di un proto Oceano Pacifico, diretta verso Ovestlungo il margine orientale del cratone Antartico[Elliot, 1975] che sarebbe terminata accrescen-do il margine cratonico mediante la messa inposto di un terrane [Woolfe e Barrett 1995].

A causa dell’assenza di complessi d’ac-crezione, però, l’ipotesi della subduzione è lega-ta alle deformazioni compressive ed ai graniti ditipo S ed I (entrambi prodotti per anatessi, ma iprimi generati per cristallizzazione di fusi grani-tici derivati dalla rifusione di rocce sedimentarieprodotte dal weathering, i secondi legati a roccevulcaniche) del Granite Harbour IntrusiveComplex, interpretati come un batolite messosiin posto nel Cambriano superiore, a seguitodella subduzione [Storey et al., 1996a]. Ipotesisupportata anche dalla presenza di detriti vulca-nici nelle Montagne di Ellsworth (formazioneCrashite Quarzite) e dall’attività plutonica nellaTerra di Marie Byrd. E proprio in base alla dis-tribuzione del vulcanismo, nel Devoniano ilmargine paleo-Pacifico si sarebbe trovato neiterreni attualmente occupati dalla Terra Vittoriasettentrionale e dalla Terra di Marie Byrd[Bradshaw, 1991].

3.3. L’evento di ShackletonA differenza della situazione registrata

nelle TAM durante la messa in posto dell’oroge-ne di Ross, dove l’associazione accrezione-sub-duzione è tipica di una tettonica attiva lungo ilmargine esterno del Gondwana, in altre aree delcratone ci sarebbero tracce di orogeni collisio-nali che segnano le principali suture tra diffe-renti frammenti del Gondwana [Tessensohn eThomson 1999]. Un esempio di questi orogenicollisionali è presente nello Shackleton Range,situato a 80-81° S e 19-31° W, vicino al margi-ne esterno della piattaforma galleggiante diFilchner, nel Weddell Sea Embayment (Fig. 16).

La geologia dell’area, piuttosto comples-sa, in uno schema semplificato può essere sud-divisa in quattro unità (Fig. 17): l’unità (I), unbasamento metamorfico di alto grado, infracro-stale, rimobilizzato durante l’ultimo evento Pan-Africano coevo all’evento orogenico di Rossnelle TAM; l’unità (II), un complesso ofiolitico,relitto di una crosta oceanica più antica di 500Ma; l’unità (III), un’associazione di metamorfi-ti sopracrostali (quarziti, marmi e metapeliti)che presenta caratteristiche sedimentarie com-plessive simili a quelle di un margine passivo,con eventi deformativi riconducibili all’età diRoss; l’unità (IV), che individua il basamentocostituito da rocce metamorfiche e magmaticherisalenti almeno al Proterozoico medio, e inter-pretate come un avampaese passivo indeforma-to, appartenente al vecchio scudo Antartico, esul quale l’unità (III) sovrascorse verso Sud nelCambriano superiore.

Così, l’ambiente geotettonico dell’età diRoss nello Shackleton Range, orientato ad an-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 17. Sezione schematica attraverso lo Shackleton Range centrale che ne mostra le strutture e lemaggiori unità tettoniche. Il basamento Proterozoico dell’unità (I) è ritenuto parte del cratone Kalahari.L’unità (II) contiene relitti ofiolitici di crosta oceanica (tracce dell’Oceano del Mozambico?). L’unità (III)comprende rocce metasedimentarie, prodotte da deformazioni riconducibili all’orogenesi di Ross, e conte-nenti fossili Cambrici. L’unità (IV) forma l’avampaese del cratone dell’Antartide orientale. La formazionedell’orogene collisionale nello Shackleton Range potrebbe essere associata all’amalgamazione delGondwana orientale e occidentale a seguito della chiusura dell’Oceano del Mozambico.da Tessensohn et al., [1999].

golo retto rispetto le TAM, sembra essere il ri-sultato di un evento collisionale prodotto dal-l’interazione di due cratoni (Gondwana orienta-le e occidentale?): all’esterno il cratone Kalaharirimobilizzato nel corso dell’evento di Ross e al-l’interno il cratone dell’Antartide orientale cheagisce come un avampaese passivo [Tessensohnet al., 1999]. A supporto di questa ipotesi, ven-gono inoltre richiamati gli andamenti NNE dellafascia orogenica nella Terra della Regina Maud(Kirwan, Heimefrontfjella, Vestfjella in Fig.18b), e situati a ridosso dello Shackleton Range:si presume che siano collegati alla cintura oro-genica del Mozambico, ritenuta a sua volta le-gata alla collisione tra Gondwana orientale edoccidentale [Shackleton, 1996].

3.4. Kukri peneplain, Beacon Supergroup eFerrar Group

All'orogenesi segue un periodo di inatti-vità tettonica che permette, probabilmente nel

Siluriano, lo sviluppo di una superficie d'erosio-ne regionale pressoché orizzontale (Kukri pene-plain in Fig. 18a), che rappresenta il limite fisi-co e temporale della stessa orogenesi.

Infatti, esposto diffusamente lungo~3.000 km delle TAM, il penepiano di Kukri se-para il basamento cristallino dell’Antartideorientale da formazioni pressoché sub-orizzon-tali, praticamente indisturbate: il BeaconSupergroup (sedimentario) e il Ferrar Group(magmatico) che rappresentano in Antartide lecaratteristiche sequenze gondwaniane (Fig. 18).L’importanza di tale successione risiede nelfatto che individua l’intervallo tra l’orogenesi diRoss, di età Ordoviciana, e l’inizio del magma-tismo (Ferrar Group) di età Giurassica, che si ri-tiene abbia preceduto il break-up del Gondwana[Dalziel et al., 1987].

I depositi del Beacon Supergroup sonoformati da successioni sedimentarie in granparte d’origine continentale, per lo più sub-oriz-zontali e spesse ~2,5÷3,5 km, nelle TAM in dis-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 18. (a) Sezione attraverso leTAM che mostra le relazionigeologiche tra il basamentocristallino e metamorfico (innero), i sedimenti del BeaconSupergroup (in grigio) e gliespandimenti basaltici delFerrar Supergroup (grigiochiaro).Il penepiano di Kukri è unasuperficie erosiva tra il basa-mento e i sedimenti delBeacon Supergroup. Da nota-re l’assenza di deformazionicompressive nei sedimenti.da ten Brink et al., [1997].

(b) Mappa dell’Antartide chemostra le principali aree diaffioramento delle formazio-ni del Beacon Supergroup edei suoi equivalenti.da Barrett [1991].

(a)

(b)

cordanza sull’Ordoviciano e sulle rocce più an-tiche. La successione si sviluppò a partire dalDevoniano fino al Triassico (Fig. 18a) e, inizia-ta a depositarsi dalla Terra Vittoria meridionaleall’Ohio Range, è divisa in due gruppi: il TaylorGroup, una sequenza di arenarie quarzose di etàDevonica, e il Victoria Group, una sequenza ete-rogenea che si accumulò dal Carbonifero supe-riore al Giurassico inferiore che include arena-rie, scisti, conglomerati, carbone e letti glaciali[Barrett, 1991]. Con molta probabilità, i sedi-menti del Taylor Group vennero depositati in unambiente di acqua dolce, e furono originati dal-l’erosione di una massa continentale di rocce si-mili a quelle che costituiscono il basamentodell’Antartide orientale, sotto condizioni aride osemiaride [Campbell e Claridge, 1987].

Dopo la deposizione di siltiti, contenentifossili di pesci d’acqua dolce dell’Ordovicianomedio, dovrebbe esserci stata un’interruzionedella fase erosiva, seguita o causata da un perio-do glaciale tra il Carbonifero superiore ed ilPermiano inferiore. I sedimenti glaciali affiora-no in varie località lungo le TAM, le Montagnedi Pensacola e di Ellsworth, ed includono alter-nanze di tilliti, arenarie, scisti e calcari: stannoad indicare fasi di avanzata e ritiro della calottaglaciale continentale [Collinson, 1997].

E depositi glaciali del Permiano indicano,nella Terra Vittoria settentrionale, l’inizio dellasedimentazione del Beacon Supergroup[Barrett, 1991], una fase che interessa anche ilSudafrica, le Montagne di Ellsworth, le TAM el’Australia orientale. La fine della glaciazione(~275 Ma) è segnata da un’improvvisa interru-zione dei depositi glaciali e dalla presenza discisti scuri che vanno dalle TAM alle Montagnedi Ellsworth e che si estendono anche nelSudafrica e nel Sudamerica [Collinson, 1997].

La sequenza di Beacon è chiusa dalle vul-caniti (Kirkpatrick Basalt) del Ferrar Group, unasuccessione formata anche da ipoabissaliti tho-leiitiche (Ferrar Dolerite) che attraversano ilBeacon Supergroup [Woolfe e Barrett, 1995].Dicchi, sills e vulcaniti del Ferrar Group sonoesposti per l'intera lunghezza delle TAM, e si sa-rebbero messi in posto lungo il margine antarti-co occidentale, che era probabilmente una zonadi rift tettono-vulcanica [Wilson, 1995].

Strati simili, per litologia ed età, a quellidel Beacon Supergroup delle TAM, sono statitrovati in varie parti dell’Antartide orientale,principalmente nelle Montagne del PrincipeCarlo e nella Terra della Regina Maud (Fig. 18)[Barrett, 1991] dove però l’evoluzione tettonicafu significativamente diversa da quella delleTAM. Infatti, nella Terra della Regina Maud lerocce del Paleozoico inferiore sono assenti, e la

principale evidenza di una tettonica riconducibi-le a quel periodo è racchiusa in un evento isoto-pico datato ~470 Ma, coevo ad un magmatismoappena pronunciato, ed alla riattivazione di vec-chi lineamenti strutturali: si tratterebbe di even-ti Pan-Africani che sono stati associati ad unispessimento crostale, avvenuto mediante l’ag-giunta di materiale leggero (underplating, cheprovoca anche il sollevamento isostatico), diffu-so su grande scala, piuttosto che a processi disubduzione [Curtis e Storey, 1996].

Un’altra sequenza comparabile al BeaconSupergroup, più spessa e assai piegata, è statatrovata nelle Montagne di Ellsworth [Barrett,1991], ma sarebbe stata deformata da un eventoorogenico Permo-Triassico che avrebbe interes-sato anche le Montagne di Pensacola e ilSudafrica [Curtis e Storey, 1996].

Infine, col terzo sondaggio effettuato nel-l’ambito del Cape Roberts Project (CPR-3),anche nel Mare di Ross, è stato raggiunto il li-vello delle arenarie del Beacon Supergroup[Cape Roberts Project Team, 2000].

3.5. Il bacino di Beacon: intracratonico od’avampaese?

Altra questione insoluta è l’ambiente disedimentazione visto che, mentre è largamenteaccettato che il bacino di Beacon era limitato adOvest dal cratone dell’Antartide orientale[Dalziel e Elliot, 1982; Collinson, 1991], la dis-cussione è aperta circa l'ambiente tettonico e lanatura della crosta (con relativo spessore), du-rante la deposizione del Beacon Supergroup.Probabilmente, la sedimentazione iniziò in unaserie di bacini poco profondi, localizzati vicinoall’attuale margine del cratone Antartico (Fig.19), che vennero prodotti dalla subsidenza ter-mica causata dall’orogenesi di Ross. Il solo raf-freddamento, però, non può aver prodotto baci-ni estensivi attivi dal Devoniano al Triassico[Laird, 1991b; Woolfe e Barrett, 1995].

Per spiegare il fenomeno vanno quindi ri-cercate altre soluzioni, tenendo presente che lasuperficie d’erosione relativa al penepiano diKukri, segna un significativo ma poco conosciu-to cambio di regime sul margine cratonico: sipassa da un ambiente post-orogenetico domina-to da sollevamento ed erosione, all’accumulo disedimenti nel bacino che, al tempo di Beacon(~400÷200 Ma), probabilmente si estendeva perl’intera lunghezza delle TAM, ed è perciò defi-nito anche bacino Transantartico. Potrebbe esse-re stato tanto un bacino marginale o di retro-arco, quanto un bacino cratonico, oppure un ba-cino di margine passivo [Isbell, 1999].

La differenza non è di poco conto, in

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

quanto il tipo di bacino è legato all’evoluzionetettonica dell’area in esame e aiuta a definire ilsubstrato di tali regioni. Infatti, a differenza deibacini intraplacca, considerati di origine esten-siva, che comportano assottigliamento crostale edepressione della superficie, i bacini di marginepassivo sono originati come una struttura al li-mite di placca, e nel tempo evolvono in unastruttura intraplacca. I bacini marginali si trova-no, invece, a tergo di archi magmatici insulari,

in posizione analoga ai bacini d’avampaese, chesono però originati a tergo di un arco magmati-co continentale. I bacini d’avampaese sonoquindi strutture cratoniche marginali e potrebbe-ro essere prodotti da una risposta della litosferadi tipo flessurale, ai carichi indotti dai sovra-scorrimenti al margine del continente: la depres-sione flessurale si estende lontano, all’internodel cratone piuttosto che al margine dell’areacaricata, formando un bacino che può superare

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 19. Ricostruzione del Gondwana (a)dal Devonico (c) al Triassico attraverso il(b) Permico superiore. Sono mostrati i baci-ni sedimentari nei quali si depositarono glistrati del Beacon Supergroup, l’arco magma-tico e la zona di subduzione attiva lungo ilmargine Pacifico di Gondwana. Le freccepiene indicano le direzioni delle paleocorren-ti tra il Permico ed il Triassico, mentre lefrecce tratteggiate indicano la direzione dellepaleocorrenti nel Paleozoico inferiore.Sono riportati anche il polo geomagnetico(DA) nel Devonico ed il suo possibile poloalternativo (DB). L’assenza di deformazioni (strati sub-oriz-zontali del Beacon Supergroup e superficied’erosione di Kukri indeformata) e il bassotasso d’accumulo (12,5 m/Ma) suggerisconoche il Beacon Supergroup si depositò su unaspessa crosta continentale.da Barrett [1991] modificato.

(b)(a)

(c)

anche 6 km di spessore, davanti all’area sovra-scorsa [Hancock, 1994].

Così, alcuni autori [Barrett, 1991; Woolfe eBarrett, 1995] suggeriscono che la sedimentazio-ne è avvenuta in un’ambiente intracratonico inlenta subsidenza, col bacino delimitato dalla cro-sta cratonica dell’Antartide orientale (spessa cro-sta continentale). C’è poi chi propone [Bradshawe Webers, 1988] che i sedimenti si siano deposi-tati all’interno di un bacino marginale o di retro-arco, mentre altri sono favorevoli ad un ambien-te di margine continentale, col bacino delimita-to da un avampaese e associato ad un comples-so di crosta oceanica in subduzione lungo ilmargine paleo-Pacifico del Gondwana, con unarco magmatico per alcuni attivo sin dalDevoniano [Dalziel e Elliot, 1982] per altri apartire dal Permiano [Collinson et al., 1987;Collinson, 1991].

Secondo Collinson [1997] tra il Permianosuperiore ed il Triassico, il bacino d’avampaeseoccupava l’area dove si trovano attualmente leTAM. Questo bacino ospitava una larga pianaalluvionale con un sistema fluviale che drenavagran parte dell’Antartide orientale e una fasciamontuosa orogenica dell’Antartide occidentale,trasportando nell’Oceano di Pantalassa i detritiche venivano depositati in quello che è l’attualeMare di Ross, a ridosso della Terra Vittoria.

Composto da almeno quattro baciniparalleli e vicini all’attuale margine del cratoneAntartico: Montagne di Ellsworth, TAM centra-li, Terra Vittoria settentrionale e meridionale(Fig. 20), il bacino d’avampaese nel Triassicosarebbe stato bordato da un lato dal cratonedell’Antartide orientale e, dall'altro lato, dall'o-rogene che si estendeva dal settore del Mare diRoss alla Tasmania [Collinson et al., 1987], ana-

logamente al bacino del Paranà in Sudamerica,che si trova tra la catena Andina e il cratone.

Ipotesi che non trova favorevoli Woolfe eBarrett [1995] i quali sostengono che il modellodel bacino d’avampaese funziona per il Permo-Triassico, ma non per il Devoniano, dove nonc’è nessuna indicazione circa la presenza di atti-vità magmatica riconducibile alla presenza di unarco magmatico, a sua volta associato alla sub-duzione cui è legato il bacino d’avampaese.Così, nella loro rassegna dei vari modelli tetto-nici proposti per giustificare la deposizione delBeacon Supergroup, Woolfe e Barrett [1995] so-stengono che lo scenario più favorevole siaquello riconducibile ad un’accrezione avvenutanel corso dell’orogenesi di Ross (Fig 21 A, B),mentre nel pre-Ordoviciano, ci sarebbe stata unasubduzione verso Ovest che nell’Ordovicianoavrebbe portato alla collisione del settore diRoss contro il cratone Antartico. Questo è l’e-vento compressivo più giovane registrato nellaTerra Vittoria meridionale e quello più facil-mente riconducibile all’accrezione che, secondoWoolfe e Barrett [1995] risolverebbe vari pro-blemi tra i quali l'assenza di deformazioni com-pressive per ~200 Ma (Devoniano inferiore-Triassico superiore) e la longevità dello stessobacino, un basso tasso di subsidenza, lo svilup-po di una grande calotta glaciale e l'attuale con-figurazione dell'area del Mare di Ross, un’areacontinentale in estensione.

Dopo l'orogenesi, la sutura tra i due bloc-chi rimane essenzialmente inattiva (Fig. 21 C,D). Quindi, nel Siluriano (Fig. 21 C) c’è la sta-bilizzazione del cratone e la formazione del pe-nepiano di Kukri mentre nel Devoniano (Fig. 21D) si sviluppa il bacino di Beacon, un bacino in-tracratonico poco profondo, all’interno del

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 20. La posizione e l’estensione dei bacini stra-tigrafici (a) Permo-Triassici e un’ipotetica sezione (b)attraverso il bacino d’avampaese delle TAM. Le abbre-viazioni sono: EM, Ellsworth Mountains; CTM,Central Transantarctic Mountains; SVL, SouthernVictoria Land; NVL, Northern Victoria Land. da Collinson [1991].

(a) (b)

quale la sedimentazione termina durante o im-mediatamente prima l’inizio del magmatismotholeiitico associato alla messa in posto delFerrar Dolerite e del Kirkpatrick Basalt (~190Ma). Inizia così la messa in posto del FerrarGroup (Fig. 21 E).

Nel blocco montuoso di Ellsworth-Whitmore, la messa in posto di graniti e gabbridi età simile (~190 Ma) viene attribuita ad unarifusione parziale di crosta continentale associa-ta ad un evento termico (Fig. 21 F) esteso anchead altre province magmatiche del Gondwana.

L'evento, che comporta tra l'altro la depo-sizione del Ferrar Group nella Terra Vittoria me-ridionale, potrebbe aver provocato l’inizialefratturazione del Gondwana con un meccanismoche coinvolge il mantello attraverso un’anomalae notevole risalita di calore che va sotto il nomedi pennacchio (mantle plume) e la cui espressio-ne superficiale sono i punti caldi (hotspots: pic-cole regioni di vulcanismo intraplacca non asso-

ciato a deformazioni intraplacca, o vulcanismoparticolarmente vigoroso lungo i limiti di plac-ca). Questo potrebbe aver innescato il vulcani-smo acido e poi, nel Giurassico inferiore, avreb-be provocato un sollevamento termico a cui sa-rebbe seguita una fase erosiva.

Nel Giurassico superiore (Fig. 21 G) lagrande diffusione del magmatismo tholeiiticopotrebbe essere stata associata ad un processo dirift continentale [Schmidt e Rowley, 1986]. Allostesso tempo, faglie normali consentirono alladolerite di invadere le sequenze sedimentarie,formando dicchi e sills distensivi.

Tra il Cretacico superiore e l’inizio delCenozoico (90-65 Ma) si sarebbe formato ilRoss Sea Embayment [Woolfe e Barrett, 1995].

3.6. I “terranes” della Terra VittoriaLa Terra Vittoria è suddivisa in due zone

distinte, settentrionale e meridionale. Si tratta di

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 21. L’evoluzione tettonica del settore del Mare di Ross, dal Cambrico (A) fino all’attuale (I). Lepiccole frecce verticali si riferiscono all’attuale posizione delle TAM. Le abbreviazioni sono: EAC, EastAntarctic Craton; RSC, Ross Sea Crust; CT, Central Trough; VLB, Victoria Land Basin.da Woolfe e Barrett [1995].

un’area molto importante, da un punto di vistageologico, dove sono stati individuati fenomenidi accrescimento progressivo della crosta, avve-nuti mediante l’amalgamazione di terrane traloro in contatto tettonico [Salvini et al., 1997 eref. ivi citate].

Gran parte delle recenti ipotesi evolutivecirca l’area della Terra Vittoria derivano dall’in-terpretazione delle anomalie magnetiche[Ferraccioli e Bozzo, 1999; Finn et al., 1999;Chiappini et al., in press]. Infatti, le indagini ae-romagnetiche sono forse il metodo più efficaceper individuare le strutture geologiche nelle re-mote ed inospitali regioni dell’Antartide. Così,in questi ultimi anni sono stati avviati vari pro-getti multinazionali che si sta cercando di accor-pare nell’ADMAP (Anomaly Project DigitalMagnetic), un progetto di cooperazione multi-nazionale mirato all'integrazione di tutti i rilievimagnetici effettuati in Antartide, nell'area a Suddel 60° parallelo Sud.

Lo scopo dell’ADMAP è quello di giun-gere a realizzare una mappa complessiva delleanomalie magnetiche dell’Antartide, compren-siva anche dei dati da satellite, relativamente aquelle aree prive di copertura aeromagnetica[Chiappini et al., 1998]. Lo stesso obiettivo percui è stato creato l’INTRAMAP (INtegratedTransantarctic Mountains e Ross Sea AreaMagnetic Anomaly Project), un componente ascala continentale del più ampio ADMAP, che siavvale principalmente della cooperazione traItalia, Usa e Germania, allo scopo di unire i datimagnetici acquisiti in tutto il settore Antartico aSud di 60° S tra 135°-255° E. L’area esaminatadall’INTRAMAP comprende, tra l’altro, leMontagne Transantartiche, il Mare di Ross, laTerra di Marie Byrd e la costa Pacifica, copren-do approssimativamente ~300.000 km2 (Fig.22). Inoltre, di recente è iniziata anche la com-pilazione dei nuovi dati relativi al Bacino diWilkes [Chiappini et al., 1999].

Nell’area interessata dall’INTRAMAP, siè giunti ad analizzare le anomalie magneticherelative ai dati raccolti mediante indagini aero-magnetiche dal 1971 fino al 1997. Dalla combi-nazione dei dati geofisici e di quelli geologico-strutturali è emerso che la Terra Vittoria è costi-tuita da tre terranes principali (Fig. 22): ilWilson Terrane, il Bowers Terrane ed ilRobertson Bay Terrane [Bradshaw, 1989].

Di diversa derivazione crostale, i terranessono separati da faglie di età Cambriano-Ordoviciano: la Leap Year Fault e la LantermanFault. I sovrascorrimenti che limitano i terranessono interpretati come strutture “flat e ramp” alarga scala che si svilupparono durante l’accre-zione crostale nel corso delle orogenesi di Ross

e di Borchgrevinck. Nel Wilson Terrane, lestrutture Exiles e Wilson sono superfici di acca-vallamento che hanno un senso di movimentorelativo del settore sovrascorso, rispettivamente,verso Ovest e verso Est. Nel settore meridionalele inclinazioni delle faglie sono di minore entità[Flöttmann e Kleinschmidt, 1991].

Secondo alcuni autori [Tessensohn, 1997;Ferraccioli e Bozzo, 1999] non è appropriatoparlare di terrane per l’area di Wilson in quantonon è esposto alcun limite tra l’interno dell'ipo-tetico Wilson Terrane ed il cratonedell’Antartide orientale. In questo caso, il siste-ma di sovrascorrimenti di Exiles, nella Terra diOates, descrive il limite tra l’orogenesi di Rosse il cratone dell’Antartide orientale [Ferracciolie Bozzo, 1999].

3.6.1. Il Robertson Bay Terrane Dei tre terranes, il Robertson Bay Terrane

è il più esteso e il più Nordorientale. E’ costitui-to da una sequenza molto potente di sedimentimarini di piattaforma continentale (grovacchetorbiditiche e argilliti), conosciute comeRobertson Bay Group (Cambriano-Ordovicianoinferiore). Questo gruppo venne deformato, de-bolmente metamorfosato e quindi intruso daicorpi plutonici Devoniani dell’AdmiraltyIntrusives [Talarico et al., 1992]. Si tratta di unciclo intrusivo che, pur interessando tutti e tre iterranes, si è notevolmente sviluppato solo nelRobertson Bay, con numerosi plutoni post-tetto-nici di tonaliti, granodioriti e monzograniti.

Dati geochimici sono stati utilizzati perdimostrare che sotto il Robertson Bay Terrane sitrova crosta continentale [Borg et al., 1987].

3.6.2. Il Bowers Terrane Il Bowers Terrane è costituito da una fa-

scia ben esposta piuttosto sottile, delimitata dafaglie, che raggiunge al massimo 50-60 km dilarghezza e 400 km di lunghezza. È formato darocce vulcaniche e sedimentarie, principalmentedi età Cambriana.

Le vulcaniti sarebbero state eruttate tra ilCambriano superiore e l’Ordoviciano inferiore[Flöttmann et al., 1993; Finn et al., 1999] esono simili a quelle che formano gli attuali archiinsulari ed associati, con una minore estensione,a margini passivi o bacini marginali. Le roccesedimentarie si sono depositate in piattaforme oin profondi bacini e contengono una grandecomponente vulcanoclastica ed orizzonti con-glomeratici con clasti granitici e metamorfici[Weaver et al., 1984]. Il Bowers Terrane fu pie-gato nel corso di un singolo evento, che produs-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

se una serie di pieghe strette il cui asse ha un an-damento parallelo all'allungamento del terrane.Il metamorfismo che l'accompagna ricade nel-l'ambito degli scisti verdi di basso grado.

In corrispondenza del contatto tra Bowerse Wilson Terrane si trova la sottile fascia delle“High medium pressure Metamorphics” costi-tuita da rocce basiche e ultrabasiche associate asporadiche rocce sedimentarie. Si tratta di unelemento tettonico di dimensioni ridotte, e conuno sviluppo discontinuo, che contiene tracce diun evento metamorfico di pressione alta-inter-media: potrebbe essere connesso con l’evoluzio-

ne di frammenti di litosfera oceanica lungo unazona di subduzione [Stump, 1995].

3.6.3. Il Wilson Terrane Il Wilson Terrane é l’unità lito-tettonica

più prossima al margine del cratone Antartico.Esposto su un'area che si estende per oltre 190km tra il Bowers Terrane ed il plateau polare, ilWilson Terrane é costituito principalmente darocce metamorfiche. Queste, sottoposte a piùfasi deformative, presentano trasformazioni digrado molto variabile da area ad area, da molto

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 22. Schema tettonico semplificato sovrapposto alla mappa delle anomalie magnetiche dell’areaINTRAMAP (INtegrated Transantarctic Mountains and Ross Sea Area Magnetic Anomaly Project). Ilineamenti magnetici sono riportati in bianco mentre i principali lineamenti tettonici (nero) sono stati otte-nuti da indagini aeromagnetiche e sismiche. Gli assetti della regione sono dovuti principalmente a fagliedel Cambriano-Ordoviciano. I sovrascorrimenti sono stati riconosciuti in base a dati geologici, mentre lefaglie associate al rift, nel Mare di Ross, sono state dedotte da dati sismici. I blocchi crostali lungo le TAMsono: SCB, Southern Cross Block; DFR, Deep Freeze Range; TNB, Terra Nova Bay region; PAB, PrinceAlbert Mountains. L’interpretazione delle anomalie magnetiche: MO, Mount Overlord; MM, MountMelbourne; ER, Mount Erebus; EN, Evans Névé; RIS, Ross Ice Shelf (McMurdo Volcanic Group); SCB,Southern Cross Block anomalies; P3, Polar Anomaly (Cenozoic Meander Intrusive Complex); JR, JurassicRift (Provincia Magmatica di Ferrar) anche all’interno del Rennick Graben; R, Rennick GlacierAnomalies; EX, Exiles Thrust Anomalies; GAC, Gitara Anomalies Complex; SR, Salamander Range(anomalie del basamento pre-rift). Le abbreviazionei relative ai bacini di rift del Mare di Ross sono: TR,Terror rift (parte del Victoria Land Basin); CH, Central High; SCT, Southern Central Trough; mCT, midCentral Trough. Le altre abbreviazioni sono: BT, Bowers Terrane; NVL, Northern Victoria Land; SVL,Southern Victoria Land; GH, Granite Harbour; DGL, David Glacier Lineament. Nel riquadro in alto sonoriportate la regione Intramap (corona grigia) e il bacino subglaciale di Wilkes (WB) dietro le TAM, e rias-sunti i principali eventi dell’evoluzione tettonica delle TAM: (a) subduzione sotto il cratone dell’Antartide~500 Ma durante l’orogenesi di Ross; (b) un probabile rifting lungo le TAM, cui sarebbero legate le tho-leiiti Giurassiche; (c) una fase di rift lungo il West Antarctic Rift System che si protrae da 120 Ma.da Chiappini et al., in press.

blande (metasedimenti) a così intense (scisti egneiss da medio ad alto grado) da comportareuna parziale fusione delle rocce preesistenti conformazioni di migmatiti. Sono presenti anche legranuliti che, ritenute le porzioni più intensa-mente metamorfosate della crosta continentaleprofonda, potrebbero rappresentare frammentidel cratone Antartico coinvolti nell’orogenesi diRoss. La loro presenza ha inoltre consentito ladistinzione nel basamento metamorfico delWilson Terrane di due principali complessi[Talarico et al., 1992]:

a) un complesso pre-Cambriano (SnowPoint Gneiss Complex), formato da migmatiti egranuliti, tra cui le enderbiti, rocce comparabilia quelle affioranti nel basamento Archeozoicodell’Enderby Land, nel cratone Antartico;

b) una sequenza di rocce metamorficheoriginate ~550 Ma da torbiditi (PriestleyFormation) che si deposero sul complesso mig-matitico-granulitico, sul quale sono discordanti,poi interessate da metamorfismo variabile dadebole a molto intenso.

Mentre il Wilson Terrane sembra essersisviluppato lungo il margine proto-Pacifico delcratone dell’Antartide orientale, Robertson Baye Bowers sono considerati terranes alloctoni, le-gati al margine attivo prima della messa in postodell’Admiralty Intrusives [Kleinschmidt eTessensohn, 1987] o successivamente alla suamessa in posto [Borg e Stump, 1987].

3.6.4. Il Granite Harbour Intrusives Tra il Cambriano e l’Ordoviciano, en-

trambi i complessi costituenti il basamento delWilson Terrane vennero estesamente intrusi dauna serie di corpi granitoidi, associati a subdu-zione, che hanno dato origine al GraniteHarbour Intrusives, un vasto complesso plutoni-co, in gran parte post-tettonico e ritenuto legatoad un arco magmatico calc-alcalino [Ghezzo etal., 1989] associato ad una subduzione versoSW della placca paleo-Pacifica sotto il cratonedell’Antartide orientale [Kleinschmidt et al.,1992]. L’intrusione di queste rocce plutoniche,avvenuto intorno ai 510 Ma, rappresenta il cul-mine dell’evento di Ross [Stump, 1995] che nel-l'orogene comporta l'aggregazione di tutte le sueunità autoctone.

Nell’ultimo stadio dell’orogenesi di Ross,dopo le intrusioni di plutoniti del GraniteHarbour intrusives, vennero messi in posto dic-chi lamprofirici a composizione calc-alcalina:diffusi nella Terra Vittoria meridionale, hannoun orientamento prevalente NE-SW e da unostudio geochimico condotto da Wu e Berg[1992], testimonierebbero un processo di subdu-

zione legato all’orogenesi di Ross.Tra il Devoniano e il Carbonifero sono at-

tivi diversi vulcani sparsi lungo i tre terranes, lacui amalgamazione nella regione termina con lamessa in posto dei granitoidi della AdmiraltyIntrusives (Devoniano-Carbonifero). Si tratta dirocce che presentano somiglianze con granitoididel Ford Ranges nella Terra di Marie Byrd occi-dentale ed il fenomeno trova significative corri-spondenze (Fig. 23) in analoghe unità struttura-li del Campbell Plateau e della Nuova Zelanda(Western Province nella South Island) [Gibson eIreland, 1996; Bradshaw et al., 1997; Mukasa eDalziel, 2000]. Fenomeno individuato anche daBorg e De Paolo [1991] i quali ritengono chequeste rocce intrusive si sarebbero messe inposto in terranes lontani dall’Antartide orientalee solo successivamente, tra il Devoniano supe-riore e il Permiano, avrebbero contribuito ad ac-crescere il margine Pacifico del Gondwana.

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 23. Ricostruzione del margine diGondwana che mostra la distribuzione delle cin-ture orogeniche Paleozoiche, ed evidenzia comele cinture Delameriana e Lachlan dall’AustraliaSudoccidentale continuino in Antartide (Ross) eattraverso la Tasmania giungono in NuovaZelanda (Tuhua e Rangitata) dove le regioniFiordland, Nelson e Westland, potrebbero rappre-sentare una delle più profonde e complete sezionicrostali attraverso il primo margine di Gondwana. da Gibson e Ireland [1996].

Di recente Finn et al., [1999] hanno ipo-tizzato che le rocce vulcaniche calc-alcaline delCambriano, esposte in entrambe le aree, rappre-sentano ciò che resta di quello che una volta eraun sistema arco-fossa.

3.6.5. L’orogenesi di BorchgrevinkLa presenza di rocce ignee e metamorfi-

che nella Terra Vittoria settentrionale, che forni-scono età radiometriche più giovani di quelledell’orogenesi di Ross, ha portato all’individua-zione di un evento risalente al Paleozoico mediochiamato orogenesi Borchgrevink (350 Ma). Glistrati, probabilmente deformati nel corso di que-sto evento, sono quelli relativi ai gruppi delRobertson Bay Terrane e Bowers Terrane.Tuttavia strati depositati durante il Paleozoicomedio, ma senza una chiara relazione con l’oro-genesi di Borchgrevink, affiorano nelle TAM enelle Montagne di Ellsworth e di Pensacola. Sitratta di successioni depositate in un ambientemarino che si estendeva dal Mare di Weddellalla Terra Vittoria, bordando il cratone Antarticoche, almeno durante i primi stadi, avrebbe inte-ressato l’area del Mare di Ross [Elliot, 1975].

3.7. L’ipotesi dell’impatto meteoritico La collisione del Gondwana, con lo scudo

Laurenziano nel Carbonifero e con la Siberia nelPermiano inferiore, porta alla formazione delPangea, un supercontinente che ingloba tutte leterre emerse. Tra il Permiano ed il Triassico,però, il Pangea andò alla deriva verso Nordmentre l’Antartide restava a ridosso del PoloSud. E proprio al passaggio Permo-Trias (~250Ma) viene ascritta la più grande estinzione dimassa di organismi viventi che, avvenuta im-provvisamente, potrebbe essere ricondotta a

cause extraterrestri [Becker et al., 2001]. Tant’èche Retallack et al., [1998, e ref. ivi citate] attri-buiscono l’estinzione ad un prolungato impattometeoritico le cui tracce sarebbero presentianche in Antartide (Fig. 24), negli strati apparte-nenti al Victoria Group, due metri al di sottodella formazione Weller Coal Measures nellaTerra Vittoria meridionale a Monte Crean, e allabase della Fremouw Formation, vicino al ghiac-ciaio di Beardmore a Graphite Peak. Il limite sa-rebbe presente anche in Australia meridionale,dove viene collocato a Wybung Head e aCoalcliff.

Tutto ruota attorno all’interpretazione dialcune rocce sedimentarie Paleozoiche che, rite-nute tilliti e diamictiti, sono attribuite al periodoglaciale Carbonifero-Permiano. Secondo il mo-dello proposto da Retallack et al., [1998], inve-ce, queste rocce sarebbero state originate da im-patti meteoritici avvenuti proprio al limitePermo-Trias. Questo perché le concentrazionidell’iridio e del quarzo da impatto lungo tale li-mite, seppure assai basse, sono confrontabili aquelle del limite Cretacico-Cenozoico (65 Ma)individuato nei pressi di Bug Creek, una locali-tà del Montana dove l'iridio e il quarzo da im-patto sono rari o assenti del tutto, nonostante l'i-potesi dell’impatto meteoritico come causa prin-cipale dell’estinzione di massa al limiteCretacico-Cenozoico trovi parecchi sostenitori.Posizione ed entità dell'impatto al limite Permo-Trias, però, restano incerti ed i criteri utilizzatiper individuare tale limite in Antartide sono ri-tenuti per lo più ambigui [Isbell et al., 1999].

Secondo Retallack [Isbell et al., 1999],invece, il problema è racchiuso nei 95 m deglistrati superiori delle Weller Coal Measures eFeather Conclomerate, a Monte Crean, dovenon sono stati ancora individuati fossili in gradodi assegnare un’età certa alle formazioni.

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 24. Ricostruzione paleogeografi-ca del Pangea a 250 Ma in cui vengonoindicate le località del limite Permiano-Triassico in Australia (Wybung Head) eAntartide (Graphite Peak e MonteCreen), individuate in base alla presenzadel quarzo da impatto e dalla concentra-zione di iridio, simili a quelle presenti nellivello di riferimento, uno stratotipo mari-no caratterizzato da una diminuzione del(Delta)13C in materiale organico e carbo-natico individuato in Cina, nei pressi diMeishan. Sono riportate anche le zonedove potrebbe trovarsi l'ipotetico cratereda impatto in Brasile (Araguainha) o inAustralia occidentale (Bedout). da Retallack et al., [1998].

4. Il Mesozoico

All’inizio del Mesozoico l’Antartide, chesi trovava al centro del Gondwana, era circon-data da masse continentali. Queste, nel corsodell’era, si dispersero a formare gli attuali conti-nenti dell'emisfero meridionale attraverso treepisodi principali (Fig. 25, 26). La frammenta-zione del supercontinente, però, venne precedu-ta da un altro evento localizzato che, con defor-mazioni compressive che portano alla formazio-ne della fascia orogenica Gondwaniana (GFB infig. 25a), caratterizza le fasi iniziali delMesozoico e va sotto il nome di orogenesiGondwaniana [Storey, 1995; Stump, 1995].

Il primo evento (Fig. 25b) è quello che

provocò il break-up (~180 Ma) con la spaccatu-ra del Gondwana in occidentale (Africa, Arabiae Sudamerica) ed orientale (Australia, Antartide,Nuova Zelanda, India e Sri Lanka). È in questafase che dovrebbe essere iniziata l’espansionedel fondo oceanico, a cominciare dai bacinidella Somalia, del Mozambico e probabilmenteanche del Mare di Weddell, dove le più vecchieanomalie sembrerebbero le M29 (~162 Ma).

A questo episodio sono legati l’aperturadell’Atlantico centrale, la chiusura della Tetideed un cambio radicale nel regime tettonico: ilmargine di Gondwana, sul lato tetideo, nelTriassico passa da un margine di subduzione adun margine trasforme o un margine passivo conapertura della Neotetide [Lawver et al., 1991].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 25. Ricostruzione del continente di Gondwana da 200 Ma (a) fino 100 Ma (d). Sono riportatele principali zone di subduzione e la posizione dei mantle plumes (stella) di cui è stata riconosciuta lapassata attività, assumendo che le posizioni dei plumes sono fisse l’una rispetto all’altra nel corso deltempo. In (b) ~180 Ma, viene evidenziato il braccio di mare originato tra Gondwana orientale ed occi-dentale durante lo stadio iniziale di rifting. In (c) ~130 Ma gli hotspots Saint Helen (SH) e Tristan daCunha (T) producono notevoli volumi di magma basaltico: l’area cerchiata indica l’estensione di~2000 km, raggio d’azione della testa di un plume, secondo l’ipotesi di White e McKenzie [1989]. Da notare come gli hotspots che attualmente si trovano nell’Oceano Indiano (C, Crozet; Co, Conrad;K, Kerguelen; M, Marion), tra 200 e 160 Ma erano localizzati nello spesso cratone dell’Antartideorientale. Le altre abbreviazioni sono le seguenti: Ba, Balleny; B, Bouvet; R, Réunion; GFS, GastreFault System; GFB, Gondwanian fold belt; MB, Mozambique basin; NZ, New Zeland continentalblock; SB, Somali basin; SP, South Pole; WS, proto-Weddell Sea. da Storey [1995].

Allo stesso tempo, lungo il margine SudPacifico di Gondwana, tra il Permiano ed ilCretacico inferiore, era attiva una zona di sub-duzione che interessava l’Antartide occidentale,dall’isola di Thurston all’estremità dellaPenisola Antartica [Storey, 1996].

Il secondo stadio (Fig. 25c) è relativo alCretacico inferiore (~130 Ma) quando il sistemaa due placche (Gondwana orientale e occidenta-le) venne rimpiazzato da un sistema a tre plac-che [Storey, 1995] o quattro placche(Sudamerica, Africa-Arabia, India-Madagascare Australia-Antartide) [Lawver et al., 1992; Li ePowell, 2001] col Sudamerica che si separadalla placca Africa-India che a sua volta si sepa-ra dall'Antartide

Infine, il break-up di quello che una voltaera un supercontinente, si completa (Fig. 25d)nel Cretacico superiore (~90-100 Ma), quandoAustralia e Nuova Zelanda si separano dal nu-cleo Antartico, mentre altri piccoli blocchi con-tinentali, come Madagascar e Seychelles, si se-parano dall'India che inizia la sua migrazioneverso Nord, allontanandosi dall’Africa edall’Antartide che inizia a migrare verso Sudfino a raggiungere la sua configurazione finale ela posizione polare.

4.1. L’orogenesi GondwanianaIl Triassico è caratterizzato da una fase

deformativa che interessa alcune aree di tutti icontinenti del Gondwana, dove gli strati sedi-mentari giacciono in discordanza sul basamentometamorfico del Proterozoico superiore-Paleozoico inferiore. Tant’è che per effettuarecorrelazioni tra l’Africa e il Sudamerica vengo-no utilizzate le connessioni geologiche tra Sierrade la Ventana, in Argentina, e le Montagne delCapo (CM in Fig. 27) in Africa meridionale.

I rilievi di entrambe queste aree sonocomposti da strati piegati delle sequenze gond-waniane che risalgono al Paleozoico superiore-Mesozoico inferiore. Si tratta di successioni checomprendono anche depositi glaciali Permo-Carboniferi e strati Permiani contenenti flora aGlassopteris, analoghi a quelli delle isoleFalkland, delle Montagne di Pensacola e delleMontagne di Ellsworth. Anche le principaliscarpate delle TAM e dell’Australia orientalesono ricoperte da queste successioni, ma in que-ste regioni gli strati sono essenzialmente oriz-zontali [Dalziel e Grunow, 1992].

La causa delle deformazioni Mesozoichelegate all’evento Gondwaniano sono da sempremotivo d’intenso dibattito ed interessano anche

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 26. I principali eventi legati al break-up diGondwana, secondo Lawver et al., [1999] sono ri-conducibili all’interazione di una serie di hotspots oplumes, intorno o tra le regioni cratoniche diGondwana. Il primo importante evento attribuito al-l’attività di un plume, che produce i basalti delKaroo, è la spaccatura in Gondwana orientale e oc-cidentale avvenuta ~182 Ma, a cui sembrerebbero ri-conducibili anche l’estensione e l’aumento di spes-sore della crosta dei margini continentalidell’Argentina meridionale, del Weddell SeaEmbayment e del plateau Falkland/Malvinas.

Il plume di Tristan, che produce gli espandi-menti Paranà-Etendeka, viene invece associato allaseparazione del Sudamerica dall’Africa, mentre ilKerguelen hotspot/plume avrebbe provocato la se-parazione dell’India dall’Antartide orientale, gene-rando l’espansione del fondo oceanico ~128 Ma. Aquesto plume, e alla spaccatura tra l’India el’Australia, e forse anche a quella con l’Antartideorientale, potrebbero essere legati pure i basalti diBunbury, messi in posto nell’Australia occidentale~130 Ma.

All’attività del Marion hotspot/plume, che ri-sale a ~88 Ma, sarebbe invece legata la separazionedell’India dal Madagascar e l’inizio dell’espansionedel fondo oceanico nel bacino delle Mascaren, men-tre l’hotspot Deccan Trap/Reunion determina la se-parazione dell’India dal Mascaren Plateau.da Storey [1995].

i blocchi continentali dell’Antartide occidentale,con importanti implicazioni per l’evoluzionenelle regioni dell’Atlantico meridionale, delMare di Weddell e del Mare di Ross. Sono es-senzialmente due gli aspetti enigmatici legati aquesta fase orogenetica: (1) nella ricostruzionedel Pangea, le deformazioni si presentano 1.500Km all’interno del margine Pacifico; (2) pieghee sovrascorrimenti possono essere tracciati peroltre 3.000 km dall’Argentina occidentale alleMontagne di Pensacola, ma non si estendono ul-teriormente lungo le TAM e verso l’Australia.

Osservazioni che hanno portato ad ipotiz-zare che l’orogenesi Gondwaniana possa essersioriginata: (a) dalla collisione di un terrane colmargine Pacifico (b) oppure da stress prodottosopra una zona in subduzione, col lembo sub-dotto ad inclinazione pressoché orizzontale[Dalziel et al., 2000, e ref. ivi citate]; (c) dallacollisione arco-continente durante la chiusura,avvenuta tra il Paleozoico superiore e ilMesozoico inferiore, di un bacino marginale im-postato su crosta continentale assottigliata[Dalziel e Grunow, 1992]. Quest’ultima ipotesi,riportata in figura 27, presenta forti analogie allafase compressiva che, nel Cretacico superiore,caratterizza l’orogenesi Andina. Le aree di pre-arco e di arco sarebbero rappresentate dalle isoleFalkland, dalla Patagonia e dalla PenisolaAntartica. Il modello spiegherebbe anche la pre-senza di pieghe nelle Montagne di Pensacola,nei blocchi delle Montagne di Ellsworth-Whitmore e dell’isola di Thurston, nonché inSierra de la Ventana e in Sudafrica.

Arco e pre-arco avrebbero interessatocontemporaneamente anche il resto del margine

Pacifico, vale a dire la Nuova Zelanda, ma glieffetti della compressione non vennero trasmes-si all’adiacente margine cratonico. A tal riguar-do viene ipotizzata anche la presenza di una fa-glia trasforme fossa-fossa, che collegava i duesegmenti in subduzione segnando il limite delbacino collassato [Dalziel e Grunow, 1992].

Di recente [Dalziel et al., 2000] è stato in-vece ipotizzato che gli eventi tettonici e mag-matici che tra il Paleozoico superiore e ilMesozoico inferiore interessarono le regionidell’Oceano Meridionale e del Mare di Weddell,sono associati solo casualmente. E le fasi defor-mative dell’orogenesi Gondwaniana sarebberoda attribuire alla presenza di un mantle plume(Fig. 28), che rappresenta una risalita di mate-riale caldo dall’interno della Terra.

Sono stati proposti vari modelli per giu-stificare i mantle plumes, ritenuti responsabilisia della maggior parte del vulcanismo intra-placca che di fusioni parziali nelle zone più su-perficiali della litosfera. Le lave così prodottesono associate ad estensione continentale, evengono definite basalti di copertura o espandi-mento (continental flood basalt) di plateau (pla-teau basalts) o trappi (traps), e danno luogo allecosiddette grandi province ignee (large igneousprovince, LIP in Fig. 29 e 30) che sono associa-te anche a vulcani attivi [Arndt, 2000].

Infatti, i plumes presenterebbero un’enor-me terminazione circolare a forma di fungo, deldiametro di ~500÷2.000 km da cui si originanoi LIP. Tuttavia, nei modelli più recenti [Brunet eYuen, 2000] è stato suggerito che il plume nonattraversa il limite tra mantello superiore e infe-riore, ma si sparge in maniera lineare, come un

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 27. Ricostruzione delGondwana ~230 Ma in base ai

poli di rotazione riportati in fi-gura (cerchi) da cui si evi-denzia come l’area interes-sata da deformazioni: Sierrade la Ventana (SV), CapeMountain (CM) ePensacola Mountain (PM),mantenga un andamento re-golare e sub-parallelo almargine del cratone pre-Cambrico di Gondwana. Le altre abbreviazioni sono:(AP), Antarctic Peninsula;

(EWM), Ellsworth-Whit-more Mountains; (FI), Falkland

Islands; (HA), Haag Nunataks;(MBL), Marie Byrd Land; (NZ),

New Zealand.da Dalziel e Grunow [1992]

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 28. Schema che illustra l’ipotesi di un plume in grado di modificare la cintura orogeneticaGondwaniana e che guida la frammentazione di Gondwana. A: margine Pacifico di Gondwana con unplume che si sviluppa sotto la crosta oceanica, oppure che si scontra col lembo subdotto sotto la crostacontinentale interessata dall’orogenesi Gondwaniana. B: Interazione di un plume con la parte più bassadella placca, che produce l’appiattimento del lembo sottoscorso e conseguente deformazione. C:Sollevamento della placca continentale sovrastante dopo che il plume ha attraversato la parte più bassadella placca subdotta. D: Quando il plume frattura la placca continentale, genera una grande provinciaignea (large igneous province, LIP) e nel caso del break-up di Gondwana, entrambe le province mag-matiche, Karoo e Ferrar, furono generate nella litosfera continentale fortemente assottigliata. E: Dopol’iniziale break-up ~182 Ma, inizia l’espansione del fondo oceanico tra Gondwana orientale e occi-dentale mentre i sedimenti riempiono i bacini di rift.Dalziel et al., [2000] modificato.

foglio, provocando l’innesco di piccoli plumes(plumelets in Fig. 29). Questo tipo di vulcani-smo differisce in stile, posizione e caratteri geo-chimici dal vulcanismo presente lungo i limiti diplacche divergenti (centri d’espansione delledorsali medio-oceaniche) e lungo i limiti diplacche convergenti (archi vulcanici associati aplacche in subduzione).

Nei modelli più largamente accettati[White e McKenzie, 1989; Campbell e Griffiths,1990] viene proposto che vulcani attivi, come ipunti caldi (hotspots) di Tristan da Cunha,Islanda ed Hawai (Fig. 30), siano generati dallarisalita di colonne (plume tail in Fig. 29), deldiametro di ~100÷250 km, relativamente fissenel mantello. Così gli hotspots sono stati usaticome strutture di riferimento per determinare ilmovimento delle placche, in quanto lascianocome traccia del passaggio della litosfera mobi-le che scorre sopra di loro, un allineamentod’apparati vulcanici costituiti da rocce semprepiù antiche man mano che ci si allontana dalpunto caldo [Morgan, 1971].

Si ritiene, inoltre, che i plumes si origini-no lungo superfici di discontinuità del mantello,le quali indicano variazioni nella composizionechimica e/o mineralogica, che potrebbero esserelocalizzate sopra la discontinuità sismica indivi-duata ai 660 km di profondità [Campbell eGriffiths, 1990] oppure al limite nucleo-mantel-lo [White e McKenzie, 1989]. In entrambi i casi,

i plumes risalirebbero in superficie da grandiprofondità per spinta idrostatica, data la loro mi-nore densità, in quanto surriscaldati [Hofmann,1997], mentre verrebbero prodotti principal-mente basalti tholeiitici (relativamente ricchi insilice e poveri in alcali e originati nel mantellosuperiore) a volte accompagnati da lave picriti-che (ricche in olivina e vicine alla composizioneprimaria del magma proveniente da grandi pro-fondità) e localmente da rocce alcaline. Per plu-mes di maggiore dimensione Larson [1991] haconiato il termine superpennacchi (superplu-mes) uno dei quali, nel Cretacico inferiore(~120 Ma), si sarebbe instaurato nell'OceanoPacifico in un’area ampia 6.000x10.000 km,mentre McNutt [1998] parla di Superswells: at-tualmente ne sarebbero presenti due, uno inte-ressa l’Africa e l’altro la Polinesia Francese.

Ed il collegamento di un caldo mantleplume, vicino o sotto la zona di subduzione, po-trebbe aver innescato l’orogenesi Gondwanianaprovocando l’appiattimento di un segmento dilitosfera oceanica subdotta sotto il Gondwana(Fig. 28). Il fenomeno sarebbe stato facilitato,dal fatto che la placca in subduzione era giova-ne e calda [Dalziel et al., 2000] mentre la con-vergenza lungo il margine Pacifico, porta ad unasubduzione cui sembra associato un periodoprivo di magmatismo. Inoltre, l’orogenesi venneaccompagnata da sollevamento ed erosione,piuttosto diffusi prima di ~182 Ma, l’età cui

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Figura 29. Alcuni modelli di mantle plumes. Nel modello (A), un plume che risale dal limite fra il man-tello inferiore e quello superiore, si espande alla sua terminazione dopo aver raggiunto la litosfera. Nelmodello (B), un plume sviluppa una terminazione più grande e più fredda, e risale da una sorgente al li-mite nucleo-mantello. Una variante di questo modello è offerta dall’ipotesi (C), dove un plume si arre-sta al limite fra il mantello inferiore e superiore, provocando più piccoli “plumelets”.da Arndt [2000].

viene fatta risalire la formazione della grandeprovincia ignea del Karoo-Ferrar (Fig. 30, 31).Si tratterebbe di province ignee che precedonola formazione dei bacini oceanici nella fram-mentazione del Pangea, ed in gran parte asso-ciati a segmenti di dorsali medio-oceaniche: po-trebbero essere stati generati da due plumes cheoriginariamente si trovavano sotto la litosferanell’Oceano Pacifico.

Infatti, di recente [Lawver et al., 1999] èstata formulata l’ipotesi per cui anche svariatieventi critici legati al break-up di Gondwanasiano riconducibili a una serie di mantle plumes:al plume Karoo-Ferrar legato alla fratturazionedi Gondwana ~182 Ma; al plume di Paranà-Etendeka che ~132 Ma innesca l’allontanamen-to del Sudamerica dall’Africa; al plume diMarion che ~88 Ma determina la separazionedel Madagascar dall’India; all’hotspot dell’isoladi Reunion che ~64 Ma provoca l’allontamentodel plateau di Mascarene dall’India. Ipotesi raf-forzata dal fatto che si tratta di eventi dove, tran-ne per il Karoo-Ferrar, (Fig. 30) ai plumes sonoassociate tracce evidenti di catene vulcanichesottomarine [Dalziel et al., 2000].

4.2. Il break-up di Gondwana L’inizio del break-up di Gondwana viene

associato alla formazione di una grande provin-cia magmatica intraplacca che nel Giurassicomedio si estendeva linearmente per ~5.000 km,parallelamente al margine paleo-Pacifico diGondwana (Fig. 31). Questa regione andavadall'Africa meridionale (Karoo) all’Australia(Tasman) e alla Nuova Zelanda [Mortimer et al.,1995] attraverso l’Antartide, dove è possibiledistinguere due province geochimiche: Terradella Regina Maud (DML, Dronning MaudLand in Fig. 32) e Ferrar. Quest’ultima includeanche le intrusioni di Dufek (Dufek Intrusion inFig. 32) che, in base a rilevazioni geofisiche,sono state descritte come una delle più grandiintrusioni gabbriche stratificate del mondo(~50.000 km2). Si tratta di una struttura espostanelle Montagne di Pensacola settentrionali, chearriverebbe ad interessare anche l’isola diBerkner, formata da due sezioni stratigrafichenon sovrapposte distanti ~40 km l’una dall’altra,nel Dufek Massif e nel Forrestal Range.

Benché non siano esposti contatti tra ledue sezioni è stata avanzata l’ipotesi che, in base

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 30. L’attuale distribuzione di: hotspots attivi (stelle); tracce di hotspots (linee a ridosso delle stelle,di C2, S e E-H) e grandi province ignee (LIPS, aree grigio scure). Sono mostrate anche le aree interessatedalle deformazioni dell’evento Gondwaniano (segmenti neri) e le zone di vulcanismo attivo della cordi-gliera Andina (aree grigio chiare in Sudamerica). Hotspots: AF, Afar; B, Bouvet Island; FN, Fernando daNoronha; H, Hawaii; I, Iceland; R: Reunion Island; T, Tristan da Cunha Island; V, Vema seamount; Y,Yellowstone. LIPS: C1, C2 e C3, CAMP (Central Atlantic Magmatic Province); CS, Columbia SnakeRiver; D, Deccan; EK, Etendeka; F, Ferrar; EH, Emperor Hawaii seamount chain; K, Karroo; KW,Keeweenawan; LC, Laccadive Ridge; PA, Paranà; RG, Rio Grande Rise; ST, Siberian traps; WR, WalvisRidge. Nuclei del basamento sollevati: AR, Ancestral Rockies; L, Laramide uplifts (riattivando AR a Sud);PN, Pampean Ranges. Segmenti della cintura orogenica Gondwaniana: CF, Cape fold belt; E, EllsworthMountains; FI, Falkland Islands; P, Pensacola Mountains; SV, Sierra de la Ventana.da Dalziel et al., [2000].

a caratteri petrografici e geochimici, le succes-sioni formino parte di una unica unità spessa ~9km, intrusa nelle rocce sedimentariePaleozoiche, in precedenza deformate dall’e-vento Gondwaniano [Behrendt et al., 1980].

Il meccanismo che ha innescato la messain posto di queste rocce è però fortemente dibat-tuto e di recente Ferris et al., [2000] hanno pro-posto un ridimensionamento delle intrusioni diDufek a 6.600 km2 , ipotizzando che i gabbri diDufek e Forrestal rappresentino due fasi intrusi-ve separate. La loro messa in posto sarebbe av-venuta tra due fasi estensionali legate all’inizia-le break-up di Gondwana: la prima fase avrebbecomportato il sollevamento del basamento del-l’isola di Berkner, mentre la seconda sarebbestata caratterizzata da una componente trascor-rente. Ed incerti e controversi restano anche ilruolo svolto dai mantle plumes nell’ambito delbreak-up di Gondwana e della messa in postodelle rocce legate all’episodio Karoo-Ferrar[Heimann et al., 1994; Storey, 1995; Brewer etal., 1996; Leitchenkov et al., 1996; Ferris et al.,1998; Fitzgerald, 1999; Dalziel et al., 2000;].

Infatti, quella del Karoo-Ferrar è una pro-vincia magmatica che, nel suo complesso nonsembrerebbe compatibile con la presenza di unmantle plume con una terminazione a forma cir-colare, e del resto l’iniziale posizione del mant-le plume Karoo-Ferrar non è connessa diretta-mente ad un hotspot attuale mediante una dorsa-le asismica di vulcani estinti [Dalziel et al.,2000]. L’azione di un mantle plume sembrereb-be però plausibile limitatamente alla provinciadel Karoo-DML [White e McKenzie, 1989], siaper il grande volume di rocce vulcaniche erutta-

te in un breve lasso di tempo che per il solleva-mento subìto dall’Africa meridionale. La pre-senza di un plume in questa regione è indicatoanche dalla successiva generazione tanto delMadagascar Ridge, caratterizzato da 25 km dirocce ignee formatesi sopra un hotspot, chedalla vicina e simile dorsale ignea MozambiqueRidge [White e McKenzie, 1989].

Però, se è vero che i volumi di rocce sti-mati per le province magmatiche di ChoinAike/Antartide occidentale (235.000 km3) eFerrar (500.000 km3) sono piuttosto inferioriagli espandimenti basaltici del Karoo(1.500.000 km3), c’è da dire che restano comun-que paragonabili agli espandimenti delColumbia River (175.000 km3) [Pankhurst etal., 1998a; Féraud et al., 1999]. Così alcuni[Lawver et al., 1992., 1999; Dalziel et al., 2000]ritengono che sotto la provincia, nel Giurassicosi trovasse il Bouvet hotspot, mentre altri so-stengono che potrebbe esserci stato il Crozethotspot [Curray e Munasinghe, 1991] oppure ilMarion hotspot [Duncan e Richards, 1991].

Se da un lato le caratteristiche geochimi-che sembrano confermare l’origine da mantleplume per le tholeiiti Giurassiche della DML,dall’altro emerge che la provincia di Ferrar, in-sieme alle intrusioni di Dufek, sia stata inveceoriginata da estensione litosferica senza alcunacomponente di plume. Quindi, secondo Breweret al., [1996] il rifting nel Mare di Weddell sa-rebbe stato prodotto da un plume locale, separa-to nel tempo e nello spazio dal Karoo plume,che avrebbe però generato le forze guida del rif-ting. Per giustificare la natura lineare del mag-matismo della provincia di Ferrar è stata anche

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Figura 31. Ricostruzione diGondwana nel Giurassicomedio (~180 M) poco primadel break-up, con l’indicazionedel plume di Bouvet come pro-posto da White e McKenzie[1989], delle varie provincemagmatiche e gli strati sismi-camente riflettenti inclinativerso mare (Explora-Wedge)interpretati come una sequenzavulcanica Giurassica. Le ab-breviazioni sono: AP,Antarctic Peninsula; EWM,E l l s w o r t h - W h i t m o r eMountains; FI, FalklandIslands; MBL, Marie ByrdLand; SG, South Georgia; TI,Thurston Island; TAM,Transantarctic Mountains.da Storey [1995].

ipotizzata l’azione di un hot-line [Cox, 1978],che potrebbe essere vista come una serie di pro-vince magmatiche tra loro collegate che si inter-secano con l'unica provincia associata con cer-tezza ad un plume, quella del Karoo [Storey,1996]. Inoltre, la messa in posto di queste roccebasiche, in Sudamerica, è contemporanea all’at-tività di una delle più grandi province a vulcani-smo acido del mondo: la provincia Choin Aikeo Tobifera che, in una ipotetica ricostruzione delGondwana, prosegue nella provincia basalticaKaroo-Ferrar-Tasman [Storey e Alabaster, 1991]e comprende numerose formazioni in Cile eArgentina, rocce vulcaniche affioranti nellaPenisola Antartica, rocce granitiche nelleMontagne di Ellsworth-Whitmore e nella SouthGeorgia (Fig. 31) [Pankhurst et al., 1998a].

Ed in base a recenti datazioni radiometri-che [Féraud et al., 1999] nella provincia ChonAike, rioliti ed andesiti si sarebbero messe inposto contemporaneamente a rocce più mafiche,supportando un carattere bimodale del vulcani-smo Giurassico della Patagonia, per giustificareil quale sono stati richiamati vari meccanismi[Elliot et al., 1999; Molzahn et al., 1996; Storey,1995] tra cui anche l’azione di un singolo su-perplume a cui vengono associate le provincemagmatiche Karoo, Ferrar e Chon Aike [Storeye Kyle, 1997]. Evento ritenuto possibile ancheda Pankhurst et al., [1998a], almeno per le rioli-ti di Chon Aike, le quali vengono associate adun’estensione litosferica che potrebbe aver inte-ragito con un plume alla base della litosfera.

Tuttavia, dato che la messa in posto del-l’intera provincia avvenne in un lasso di tempopiuttosto ampio, tra il Giurassico medio ed il

Cretacico inferiore (~188÷140 Ma), Pankhurstet al., [1998a] ritengono improbabile che la pro-vincia Chon Aike sia riconducibile ad un sem-plice modello da mantle plume, ed attribuisconoun ruolo più significativo alla subduzione lungoil margine Pacifico. Vale a dire che questo vul-canismo si presenta in un’area compresa tra duemargini: quello orientale, caratterizzato da even-ti di magmatismo intraplacca che ricadono in unintervallo di tempo che va dall’iniziale break-updi Gondwana (~180 Ma) alle prime tracce del-l’espansione del fondo oceanico nel bacino delMozambico (~155 Ma); quello occidentale,dove nello stesso intervallo di tempo stava agen-do una zona di subduzione, la cui geometria eposizione sono incerti. Quindi, la Patagonia rap-presenta una zona di transizione tra un riftingcontinentale, associato ad abbondante vulcani-smo che produce espandimenti basaltici conti-nentali, e una zona di subduzione. Quando, infi-ne, avvenne il break-up di Gondwana, si instau-rò un dominio oceanico su entrambi i lati[Féraud et al., 1999].

I dati geocronologici disponibili per levarie province magmatiche, però, non consento-no di risolvere in maniera univoca le relazionispaziali e temporali del magmatismo associatoagli iniziali rifting e break-up di Gondwana.Questo anche perché il fenomeno avviene gra-dualmente (240÷160 Ma), così come l’estensio-ne e l’assottigliamento crostali che, iniziati aNord si sarebbero poi propagato verso Sud: lastoria dell’espansione dei fondi oceanici che ac-compagna il break-up di Gondwana è registratanei mari che bagnano l’Antartide, ed in partico-lare nel Mare di Weddell [Lawver et al., 1992].

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Figura 32. La distribuzione delle roccetholeiitiche del Mesozoico in Antartide.Queste rocce si estendono per oltre 4.500km dalla Terra della Regina Maud(Dronning Maud Land; DML) alla TerraVittoria attraverso le MontagneTransantartiche, e sono state divise (lineatratteggiata) in due province geochimiche:Ferrar e DML. Se fosse provato che levulcaniti di Explora-Wedge, ipotizzate inbase ad indagini sismiche, fossero contem-poranee alle rocce della provincia DML,l’estensione di quest’ultima andrebbe am-pliata. da Molzahn et al., [1996], modificato.

4.3. Il Mare di Weddell Quando iniziò l’espansione oceanica nei

bacini della Somalia e del Mozambico, che se-gnano l’inizio della dispersione di Gondwana, laprovincia Choin Aike fu disarticolata dalla for-mazione di un bacino marginale che, attualmen-te, è rappresentato dalle rocce ofiolitiche cono-sciute come Rocas Verdes nel Sudamerica meri-dionale, e dal complesso Larsen Harbour nell’i-sola South Georgia [Storey e Alabaster, 1991].

Il Mare di Weddell, nella sua propagginemeridionale, si sarebbe aperto sottoforma di ba-cino connesso al bacino di retro-arco che siespandeva nel Rocas Verdes Basin, ed era pro-babilmente collegato ai bacini della Somalia edel Mozambico attraverso un braccio di mare tral’Africa ed il Madagascar (Fig. 28b). Quindi,definire i limiti di questo bacino è molto impor-tante in quanto consentirebbe di risalire alle di-mensioni del bacino del Mare di Weddell (Fig.33 e 34), la cui evoluzione gioca un ruolo im-portantissimo nell’espansione del fondo oceani-co tra Gondwana orientale e occidentale[LaBreque e Barker, 1981; Lawver et al., 1992].

Si tratta di un’area che ricade nel Weddell

Sea Embayment (WSE), il nome informale cheè stato dato ad una piattaforma continentale, ca-ratterizzata da profondità comprese tra i 300 edi 1500 m, con dimensioni di ~1.000x700 km.

Il WSE è definito come la regione delMare di Weddell, a Sud dei 70° S, comprensivadelle piattaforme galleggianti di ghiaccio diRonne e di Filchner, delimitata a Sudest daiblocchi crostali di Haag Nunataks e delleMontagne di Ellsworth-Whitmore-Pensacola, aEst dal cratone dell’Antartide orientale e aOvest dalla Penisola Antartica [Hunter et al.,1996; King, 2000]. Un’area dove individuarel’esatta natura del basamento è importante perdefinire i movimenti dei blocchi crostali nel SudAtlantico perché se il WSE fosse di origine con-tinentale, un ulteriore microplacca abbastanzagrande dovrebbe essere inclusa nella ricostru-zione di Gondwana: potrebbe essere la micro-placca di Filchner [Dalziel e Elliot, 1982] oppu-re l’intera WSE meridionale [Livermore eHunter, 1996]. Tant’è che dati magnetici, sismi-ci e di gravità suggeriscono la presenza di strut-ture tipo horst e graben, sotto una coltre di sedi-menti che raggiungono ~12÷15 km di spessore

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 33. Mappa semplificata che rias-sume i principali lineamenti Mesozoicidel Mare di Weddell legati al break-up diGondwana. Le piattaforme sono riportatein grigio chiaro fino alle isobate di 2.000m. Le linee sottili individuano una strut-tura “herring-bone” e rappresentano ano-malie gravimetriche prodotte dal movi-mento tra Sudamerica e Antartide.L’anomalia T dovrebbe segnare il limiteesterno del margine oceanico della placcaAntartica, prima della separazione diSudamerica ed Africa.da Livermore e Hunter [1996].

Figura 34. Le anomalie magnetiche delfondo oceanico nel Mare di Weddell e nelSE dell’oceano Indiano. Il profondo baci-no oceanico, occupato dal Mare diWeddell, separa il cratone dell’Antartideorientale dalla Penisola Antartica. Capirel’evoluzione tettonica del bacino dovrebbeconsentire di risolvere gran parte dei pro-blemi relativi alla ricostruzione diGondwana, che riguardano soprattutto laposizione della Penisola Antartica e delblocco formato dalle Montagne diEllsworth-Whitmore, e dei loro sposta-menti rispetto il Sudamerica.da Elliot [1991].

su crosta continentale assottigliata [King, 2000;Livermore e Hunter, 1996; Rogenhagen e Jokat,2000]. Caratteristico del WSE è poi l’andamen-to “a spina di pesce” (herring-bone) delle ano-malie rilevate mediante le mappe di gravità inaria libera, ottenute dai dati Geosat ad alta riso-luzione (Fig. 33, 35), ed interpretate come cortioffset di zone di frattura (flow lines in Fig. 35),ad andamento NW-SE e NE-SW, che starebberoe indicare la direzione d’apertura del Mare diWeddell meridionale, basandosi sulla rotazionedei principali continenti che formavano ilGondwana [Livermore e Hunter, 1996]. Questoschema “herring-bone” termina con un alto gra-vitativo stretto e lineare, ad andamento E-W, cheLivermore e Hunter [1996] hanno definitoAnomalia T (Fig. 33), e che potrebbe indicareuna trascorrenza destra che segna il movimentoavvenuto ~150 Ma (?) dell’Antartide rispettoall’Africa e al Sudamerica [Reeves, 2000].

Alcuni autori [Livermore e Woollett,1993] hanno suggerito che le anomalie magneti-che, associate all’Anomalia T, potrebbero rap-presentare l’anomalia M11 (135 Ma), cioè l’etàd’apertura del Sud Atlantico, mentre altri[Livermore e Hunter, 1996] sono propensi perun’età più giovane (M4-M0,124-118 Ma). Inbase a quest’ultima ipotesi, la presenza di vicine

e spaziate fosse e dorsali gravitative a Norddell’Anomalia T, potrebbe essere spiegata conun’improvvisa riduzione del tasso d’espansionedella dorsale prodotta dalla separazione delSudamerica dall’Antartide che, nella sua faseiniziale, non è ben definita per via dell’assenzadi anomalie magnetiche più vecchie che M29(162 Ma). Tuttavia, anche i nuovi dati sismici,sembrerebbero confermare che l’inizio delbreak-up avvenne nell’area del Mare di Weddelloccidentale [Rogenhagen e Jokat, 2000].

Quindi, l’esatta ricostruzione di questimovimenti passa attraverso una questione al-quanto controversa: la definizione del limite diplacca tra il continente Antartico e il Mare diWeddell, riferito alla transizione tra la crostacontinentale preesistente e la nuova crosta ocea-nica formata al margine passivo [King, 2000].Limite che, in base ad una rielaborazione deidati disponibili insieme a nuove indagini, è statodi recente [Ferris et al., 2000] ipotizzato chepresenta un andamento grossolanamente paral-lelo all’attuale linea di costa dell’Antartideorientale, essendo marcato da pronunciate ano-malie positive gravitative (GCOB in Fig. 35) emagnetiche (MCOB in Fig. 36).

A causa dell’assenza di sondaggi e perfo-razioni, vengono fatte molte speculazioni circa

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 35. Sezione che mostra dati di anomalie gravimetriche da satellite nel WSE. Le abbreviazioni sono:B.C.L., Black Coast low; C.T., Central trough; F.H., Filchner high; F.L., flow lines (possibili linee di flus-so caratteristiche di un gruppo di dorsali ad andamento N-S); GCOB, gravity continent ocean boundary;H.H., Halley high; H.L., Halley low; O.G.A., Orion gravity anomaly; T.T., Thiel Trough. da Ferris et al., [2000].

le strutture che definiscono questo limite che inun primo momento [Hinz e Kristoffersen, 1987]si pensava fosse segnato da due scarpate ad an-damento lineare, Explora e AndenesEscarpments (Fig. 33). La prima, Explora, rite-nuta di origine vulcanica, si sarebbe formata du-rante l’iniziale break-up di Gondwana, mentreAndenes (riportata come Andenes Anomaly inFig. 36) è rappresentata da alti strutturali coper-ti da sedimenti che formano una struttura linea-re per varie centinaia di km verso la PenisolaAntartica. Inoltre, in apparente continuità tra ledue scarpate, è stata rilevata un’anomalia ma-gnetica di ampiezza elevata (Orion Anomaly inFig. 33, e O.G.A. in Fig. 35 e 36) anch’essa adandamento lineare, che è stata associata ad unvulcanismo diffuso durante le prime fasi dibreak-up [Livermore e Hunter, 1996]. È statocosì ipotizzato [Kristoffersen e Hinz, 1991] chequesta combinazione di lineamenti batimetrici,magnetici e del basamento, segnasse un anda-mento continuo E-W del limite continente-ocea-no (Fig. 33). Nell’area compresa tra le due scar-pate e proposta come limite di placca, però, in-vece di una struttura E-W si trova il PolasternBank (71°15’S e 25°W), una struttura che sieleva per 400 m dal fondo marino e ~2.500 m

sopra il basamento circostante: è stata interpre-tata come una catena composta da 3 seamountsad andamento N-S prodotta da un hotspot, a suavolta legato probabilmente ad un movimento N-S [Jokat et al., 1996].

Altro lineamento significativo per defini-re il limite continente-oceano, è Explora Wedge(Fig. 33, 36). Si tratta di una struttura allungata,individuata su basi sismiche, costituita da un in-sieme di strati riflettenti, di origine vulcanica,inclinati vero mare ad andamento perpendicola-re alla linea di costa, sulla parte verso terra diExplora Escarpment [Johnson et al., 1992].

Explora Wedge è stata anche l’oggetto dialcuni sondaggi nell’ambito dell’Ocean DrillingProgram (ODP 691 e 692) con i quali, però, nonsi è riusciti a raggiungere una profondità suffi-ciente per definirne il substrato e l’età di messain posto, che viene comunque attribuita alGiurassico medio [Storey e Alabaster, 1991].

Tuttavia, le unità sottostanti il basamento(Fig. 37) mostrerebbero caratteristiche simili aquelle che sono state osservate all’Outer VöringPlateau, un margine continentale vulcanico chesi trova a ridosso di Norvegia e Groenlandia[Kristoffersen e Hinz, 1991 e ref. ivi citate]. Sequesto fosse vero, Explora Wedge verrebbe a

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 36. Sezione che mostra le anomalie magnetiche totali nel WSE. Le abbreviazioni sono: A.A.,Andenes anomaly; B.C.L., Black Coast low; B.C.A., Black Coast anomalies; B.I.A., Berkner Islandanomaly; C.A., Central anomalies; F.A., Filchner anomalies; L1, Lozenge 1; L2, Lozenge 2; MCOB,magnetic continent ocean boundary; O.G.A., Orion gravity anomaly; P.M.A., Pacific Margin Anomaly,T.A., Thiel anomalies. da Ferris et al., [2000] modificato.

trovarsi nei pressi del limite continente-oceano.Inoltre, sulla base delle caratteristiche magneti-che, Explora Wedge venne interpretata in esten-sione verso Sudovest, nel WSE presso l’isola diBerkner, e verso terra al Dufek Massif (Fig. 34).Questa ipotesi è in accordo con la presenza di unprofondo graben lineare (failed rift in Fig. 33)individuato sulla base di dati sismici, che si svi-luppa parallelamente all’adiacente segmentodelle TAM ad andamento NE-SW, delimitatodall’Antartide orientale e dall’Explora-AndenesEscarpment [King et al., 1996].

Tale struttura viene individuata anche subasi magnetiche e gravimetriche [Ferris et al.,2000], ma viene suddivisa in due parti, distin-guendo il ramo sottostante la piattaforma diFilchner: le anomalie magnetiche Thiel (T.A. inFig. 36) individuano un graben tra l’isola diBerkner e la Terra di Coats che, in base ai dati digravità (T.T. in Fig. 35), si estende ulteriormen-te a SW dove viene interrotto dalle anomalie diFilchner (F.H. in Fig. 35; F.A. in Fig. 36).Queste, insieme alle anomalie del CentralTrough (C.T. in Fig. 35; C.A. in Fig. 36) sono ri-tenute associate a strutture di rift che, insieme aquelle di Thiel, rappresenterebbero ciò che restadi una giunzione tripla Rift-Rift-Rift, la qualenel Giurassico medio-inferiore provocò la frat-turazione di Gondwana.

4.4. L’evoluzione del Mare di Weddell Quindi, in base a recenti interpretazioni

[Ferris et al., 1998; 2000], nell’area attualmen-te occupata dal Mare di Weddell era attivo uncomplesso sistema di rifts NW-SE ed E-W.Questa attività di rift, attraverso l’espansionedel fondo oceanico, avrebbe portato alla forma-zione del Mare di Weddell e alla migrazioneverso Nord del Falkland Plateau. Eventi indivi-duati dalle linee di flusso (Fig. 33, 36) e dalPolastern Bank, la catena di seamounts indicedella presenza di crosta oceanica, che quindi sitroverebbe a 100 km dalla costa (Fig. 35).

In questo modello, il passaggio da crostacontinentale ad oceanica è graduale e legato allaproduzione di un grande volume di materialemagmatico, individuato dalle anomalie magne-tiche Lozenge 1 e Lozenge 2 (Fig. 36, 37) chevengono interpretate come quattro distinti corpiintrusivi separati e tabulari, prodotti nel primostadio di rifting in un ambiente continentale.Anche l’Orion Anomaly viene ricondotta allapresenza di corpi plutonici che hanno ispessitola crosta inferiore. Ciò è in accordo con un’inar-camento iniziale della crosta sopra un plume cheavrebbe provocato la formazione di un’estensio-ne triassiale tra la Terra di Coats, la PenisolaAntartica ed il Falkland Plateau.

La sequenza di eventi estensionali pre-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 37. Modello interpretativo dei dati magnetici e di gravità attraverso il margine del WSE.da Ferris et al., [2000].

sentati da Ferris et al., [2000] suggeriscono chesostanziali rotazioni o traslazioni di microplac-che non avvennero durante o immediatamentedopo questa fase, perché lo stretching non sispinse sufficientemente lontano da produrre cro-sta oceanica e permettere il passaggio di una mi-croplacca continentale come quella delleMontagne di Ellsworth-Whitmore, che diventaparticolarmente problematico da collocare inquanto la sua posizione originaria, precedente albreak-up, risulta oggi occupata dalla crosta con-tinentale della piattaforma di Filchner[Hübscher et al., 1996]. Perciò, la rotazione delblocco formato dalle Montagne di Ellsworth-Whitmore deve essere avvenuto prima dell’e-stensione del WSE [Ferris et al., 2000].

Questa rappresenta un’ipotesi alternativaad uno dei modelli più largamente accettati[Grunow, 1993] che presuppone invece la pre-senza, in piccoli frammenti, di crosta oceanicanel Mare di Weddell meridionale: sarebbe ciòche rimane di un bacino largo oltre 1.000 km,che si formò ~175÷155 Ma, prima che avvenis-se il break-up di Gondwana, tra il blocco delleMontagne di Ellsworth-Whitmore connessoall’Antartide orientale, e la base della PenisolaAntartica (Fig. 38), che veniva ruotata in sensoorario rispetto al cratone Antartico.

4.5 L’evoluzione della Penisola Antartica Gli effetti dell’espansione del fondo ocea-

nico, insieme ai movimenti delle microplacchedell’Antartide occidentale nella regione delMare di Weddell, potrebbero essere individuatidall’evoluzione geodinamica della PenisolaAntartica. Questa attualmente si presenta comeun margine passivo, ma durante il Mesozoico ela maggior parte del Cenozoico fu un margineattivo, caratterizzato da subduzione della placcaoceanica di Phoenix sotto la placca Antartica[Barker e Lawver, 1988]. Fenomeno che è rias-sumibile in quattro eventi principali (Fig. 39):(a) estensione tra il Triassico superiore e ilGiurassico inferiore, correlata con il rifting ini-ziale nella regione del Mare di Weddell; (b)transpressione destra tra il Giurassico superioree il Cretacico inferiore; (c) estensione nelCretacico inferiore; (d) compressione nelCretacico superiore [Storey et al., 1996b].

Sull’evoluzione della Penisola Antarticapotrebbe aver avuto un ruolo cruciale il fattoche, tra ~160 e ~130 Ma, la fratturazione delGondwana viene caratterizzata da un cambio nelregime di stress: il supercontinente passa, ap-prossimativamente, da una separazione E-W aduna N-S [Lawver et al., 1991].

L’evento sarebbe stato registrato nel baci-no di Latady (Latady Basin in Fig. 39a) che con-tiene spesse sequenze di retro-arco: si formòlungo il margine SE della Penisola Antartica,dietro un attivo sistema di arco continentale,dopo un periodo di magmatismo bimodale tipi-co di ambienti continentali estensivi [Weaver e

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 38. (a) L’evoluzione del Mare di Weddelled i limiti dei blocchi crostali dell’Antartide occi-dentale. La freccia indica il grande (oltre 1.000 km)movimento trascorrente del blocco EWM. Da nota-re che AP è nella sua attuale posizione. (b) Sezioni che mostrano l’apertura del Mare diWeddell, e la creazione del relativo bacino, tra iblocchi AP e Africa, e tra AP, l’Antartide orientalee EWM, come proposto da Grunow [1993]. La tra-scorrente destra tra AP e EWM, e la trascorrente si-nistra tra EWM ed Antartide orientale causarono ilmovimento verso Sud di EWM. da Jokat et al., [1997].

Storey, 1992]. Il bacino successivamente venneriempito da rocce sedimentarie (LatadyFormation) derivate dall’arco magmatico e con-tenenti localmente abbondanti fossili marini delGiurassico medio e superiore, mentre una fasesedimentaria caratterizzava anche il margine NEdella Terra di Graham (Nordenskjöld Formationin Fig. 39a). I dati dell’arco magmatico, insiemead evidenti fenomeni di subsidenza e probabileestensione nei bacini Nordenskjöld e Latady,portano ad ipotizzare che, dal Triassico superio-re al Giurassico superiore, fu attiva una prolun-gata fase estensiva, con una probabile prevalen-za dell’orientazione E-W individuata nelleMontagne di Welch.

Le rocce sedimentarie del bacino diLatady, però, registrano anche “l’evento defor-mativo della Terra di Palmer” (Fig. 39b) che, av-venuto tra il Giurassico superiore e il Cretacicoinferiore, resta caratterizzato da pieghe e sovra-scorrimenti vergenti ad Est. Il significato di que-sto evento è particolarmente dibattuto [Storey etal., 1996b] e viene associato da Grunow [1993]alla rotazione in senso antiorario dei blocchidella Penisola Antartica e dell’isola di Thurston,che sarebbe avvenuta tra i 155 e 130 Ma, insie-

me allo spostamento verso Sud dell’Antartideorientale e del blocco delle Montagne diEllsworth-Whitmore.

Spostamenti che potrebbero aver provo-cato la subduzione di ~500 km di fondo oceani-co del Mare di Weddell, sotto il margine orien-tale della Penisola Antartica e quello meridiona-le dell’isola di Thurston (Fig. 38). Appare diffi-cile, però, giustificare questa subdzione versoOvest nel Mare di Weddell contemporaneamen-te a quella che avveniva verso Est nel Pacifico,sotto la Penisola Antartica occidentale, a menoche l’apparente interruzione del magmatismo[Pankhurst, 1982], legato all’evento deformati-vo registrato dalla Terra di Palmer, corrispondaad un’interruzione della subduzione lungo ilmargine Pacifico. In questo caso, il cambio nelregime di stress implica la traslazione di unblocco molto grande, che incorporava lo stessoWeddell Sea Embayment.

Invece, la fase compressiva del Cretacicomedio (Fig. 39d) potrebbe essere legata ad unaumento globale del tasso d’espansione delfondo oceanico e ad un evento di superplume,correlato ad un cambio dell’espansione nelMare di Weddell da NE-SW a NW-SE.

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 39. Schemariassuntivo dei princi-pali eventi tettoniciche nel Mesozoicohanno interessato laPenisola Antartica.Questa è caratterizza-ta da un arco magma-tico, attivo tra ilMesozoico e granparte del Cenozoico,che si formò lungo ilmargine attivo diGondwana, come in-dicato dalle spesse se-quenze sedimentariedi retro-arco contenu-te nel bacino diLatady (Giurassicomedio e superiore) edin quello di Larsen(Cretacico-Ceno-zoico). Le frecce in-dicano la direzionedella deformazioneprincipale con l’indi-viduazione della dire-zione principale dellepaleo-deformazioni. da Storey et al.,[1996b].

La fase estensiva del Cretacico inferiore(Fig. 39c) resta individuata dalla messa in postodi plutoniti nella Terra di Palmer, nell’area aNW (141÷80 Ma) e in quella a NE (128÷83),giustificando la subduzione Pacifica direttaverso Est, l’espansione oceanica nel Mare diWeddell e un’estensione crostale nel WSE. Ilpicco dell’estensione e del magmatismo nelCretacico inferiore si sovrappone all’aperturadel Sud Atlantico (M11, 135 Ma) ed è stato cor-relato con la formazione dell’Anomalia T nelMare di Weddell [Storey et al., 1996b].

4.6. L’apertura del Sud Atlantico e il rif-ting Antartide/Australia-India

Il Mare di Weddell nel Cretacico inferio-re (~130 Ma) andava chiudendosi nella zonameridionale (Fig. 40), creando un collegamentovia terra tra Antartide occidentale ed orientale,mentre nel Sud Atlantico si espandeva il fondooceanico [Lawver et al., 1992] a causa del mo-vimento verso Est del Sudamerica, relativamen-te al blocco della Penisola Antartica.

A questi movimenti, che spostano versoNord prima l’India ed il Sudafrica (Cretacico in-feriore) e poi l'Australia (Cretacico superiore), èlegato lo sviluppo di alcuni bacini che racchiu-dono la storia dell’Antartide [Elliot, 1994]. Tra

questi, la baia di Prydz Bay (Fig. 41, 42), una ri-entranza del margine Antartico tra 66° E e 79°E, situata all'estremità settentrionale del grabenoccupato dai ghiacciai di Lambert e di Amery[Shipboard Scientific Party, 2000b, ODP Leg188] rappresenta un’area chiave per capire ilbreak-up tra le placche Antartica e Indiana, inquanto si trova in un rift che è stato interpretatocome uno dei rami di un punto triplo sviluppatiin corrispondenza della separazione dell’Indiadall’Antartide [Mishra et al., 1999].

L’Oceano Indiano inizia a formarsi ad Estdurante il break-up di Gondwana, ~160 Ma(anomalia M25) lungo il margine occidentaledell’Australia [Storey, 1995] mentre più a Sud,~132 Ma inizia l’espansione del fondo oceanicotra la grande India e l’Australia, ancora legataall’Antartide (Fig. 40), che provoca lungo i mar-gini continentali, un diffuso vulcanismo.

Ad esempio, a ridosso dell’Australia cisono piccoli (~105 km2) plateau basaltici sotto-marini (Naturaliste e Wallaby in Fig. 41 e 42)che si formarono dopo il break-up continentale,mentre più a largo c’è la grande provincia ignea(~2,3X106 km2) costituita dal Broken Ridge edal Kerguelen Plateau che furono un’unica enti-tà fino a ~40 Ma, quando iniziarono a separarsilungo la nascente dorsale dell’Oceano Indianomeridionale [Tikku e Cande, 2000].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 40. Ricostruzione paleogeografica delGondwana meridionale 130 Ma. Durante

questo periodo il breakup di Gondwanapassa, approssimativamente, da una

separazione E-W ad una N-S ed èprobabile che ebbero inizio lo

stretching e l’espansione difondo oceanico tra l’India el’Antratide orientale, nonchénel Sud Antlantico, traSudamerica e Africa. Il Maredi Weddell dovrebbe esserestato un bacino oceanico con-nesso al bacino della Somaliamediante un braccio di maretra l’Africa ed il Madagascar.Le aree in tonalità media digrigio sono continentali,mentre quelle più scure sonomargini continentali o crostacontinentale assottigliata ed

ora a -2000 m. Le aree grigio-chiare sono i plateau oceanici o

crosta oceanica sopra i -4000 m. Leabbreviazioni sono: (MB),

Mozambique Basin; (RVB) RocasVerdes Basin; (SB), Somali basin.

da Lawver et al., [1992].

Così oggi il Broken Ridge (Fig. 42) è unplateau oceanico stretto (100÷200 km) e allun-gato (~1.000 km), che si trova a 2 km di profon-dità e ~1.800 km a Nord del Plateau Kerguelen.Quest’ultimo è un alto topografico piuttostoampio, largo 200-600 km, che si estende per~2.300 km tra 46° S e 64° S, ed è suddiviso indistinti domini: meridionale, centrale e setten-trionale; Elan Bank; Labuan Basin.

I campioni più vecchi di questa provincia,i basalti tholeiitici dragati e carotati nella partemeridionale del Plateau, risalgono a ~110÷115Ma [Frey et al., 1996; 2000]. Questi, pur aven-do caratteristiche di crosta continentale com-prendono un plateau oceanico che si formò ri-

empiendo lo spazio creato dalla separazionedell’India dall’Antartide [Storey, 1995] che, ri-costruita sulla base degli incastri geometrici diIndia, Madagascar, Sri Lanka, Antartide e Africa[Lawver et al., 1985; Lawver e Scotese, 1987],fornisce l’allineamento della baia di Prydz Baycon le piane del Bengala, dell’India e delBangladesh (Fig. 41).

I risultati del Leg 119 dell’ODP [Barronet al., 1989] suggeriscono che il graben diLambert è precedente al rifting dell’Indiadall’Antartide orientale [Lawver et al., 1999] equindi l’India dovrebbe aver iniziato ad allonta-narsi dall’Antartide almeno nel Cretacico infe-riore (118÷128 Ma).

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 41. La provinciamagmatica del Gondwanaorientale ~120 Ma, che risultacaratterizzata da un’attivitàalcalina (lamprofiri-carbona-titi) ed eruzioni che produco-no imponenti espandimentibasaltici, come quelli tholeii-tici di Rajmahal, in India, si-mili per età e composizione aibasalti australiani di Bunbury,entrambi parte di un margineestensivo che comprendeanche i plateuas sottomariniWallaby e Naturalist. Nel ri-quadro in alto è mostrato ilGondwana in relazione alplume Kerguelen-Heard.da Kent [1991] modificato

Figura 42. Gli attuali principali lineamentidell’Oceano Indiano, fatta eccezione per gliassi di dorsali attive. I punti numerati sonorelativi alle perforazioni effettuate nell'am-bito dell’Ocean Drilling Program/Deep SeaDrilling Project (ODP-DSDP). Un’area chiave per capire l’evoluzione diquesta regione è rappresentata dalla baia diPrydz Bay, che ha una struttura di rift in cuila profondità della Moho è a soli 22-23 km,in contrasto con i 30-34 km di profondità incorrispondenza dei fianchi del rift. Il basa-mento é quasi completamente formato darocce ignee e metamorfiche del pre-Cambriano. La successione sedimentariasovrastante presenta spessori rilevanti e noncompletamente noti. La presenza nel graben di Lambert di picco-li corpi ignei (plutoni e lave) altamente al-calini, suggerisce un regime estensionaleprobabilmente ancora attivo. da Frey et al., [1996] modificato.

Del resto, il rifting tra il bloccoAntartide/Australia dall’India fu accompagnatoda magmatismo distensivo (Fig. 41) nell’IndiaNordorientale (Damodar valley, Rajmahal hills,Shillong Plateau), nell’Australia Sudoccidentale(Bunbury Through e Naturaliste Plateau), nelleMontagne del Principe Carlo (Beaver Lake gra-ben) dell’Antartide orientale e nel KerguelenPlateau [Kent, 1991].

Vulcanismo che viene solitamente attri-buito al plume Kerguelen-Heard, il quale avreb-be prodotto gran parte del Kerguelen Plateauprima di ~110 Ma e poi, a causa della rapida mi-grazione verso Nord dell’India, avrebbe origina-to (tra 82 e 38 Ma) anche la struttura lineare for-mata dalle tracce di hotspots che si estendonoper 5.000 km nella dorsale 90° Est dell’OcenaoIndiano (Ninetyeast Ridge in Fig. 42).

Successivamente, ~40 Ma, ad intercettareil plume è la dorsale dell’Oceano IndianoSudorientale: come questa migra verso NE rela-tivamente al plume, il magmatismo resta confi-nato alla placca Antartica e tra ~38 Ma e l’attua-le, sul Plateau settentrionale, si forma l’arcipela-go delle Kerguelen [Frey et al., 1996; 2000].

La ricostruzione delle placche effettuatada Müller et al., [1993] e relativa agli ultimi 130Ma, però, evidenzia che quando venivano erut-tati i Rajmahal Traps (India) ed i Bunbury ba-salts (Australia), il plume Kerguelen si sarebbetrovato ad oltre 1.000 km di distanza. Quindi, sequesta ricostruzione è corretta, questi basalticontinentali possono essere associati ad unplume soltanto se la sua terminazione raggiungela scala di ~1.000 km od oltre, come propostonel modello di White e McKenzie [1989], argo-mento alquanto dibattuto (vedi par. 4.1).

Terminata l’espansione oceanica nel baci-no della Somalia, con l’anomalia M0 (119 Ma)il Madagascar raggiunge la sua attuale posizio-ne rispetto l’Africa e ~120 Ma, anche l’India ela parte meridionale del Kerguelen Plateau sisganciano dall’Antartide, originando un lungobraccio di mare a ridosso di quello che attual-mente è il margine dell’Antartide orientale.

L’Africa occidentale e il Nordest delSudamerica erano ancora unite, così come ilFalkland Plateau era ancora legato all’apice delSudafrica impedendo in questo modo la circola-zione di acque profonde nel Sud Atlantico, checontinuava ad aprirsi, mentre il Rocas VerdesBasin subiva la chiusura. Allo stesso tempo, unabarriera formata da Sri Lanka, Gunners Ridge eMadagascar Ridge impedisce la circolazionemarina tra il Mare di Weddell ed il bacino delMozambico, cosicché il Sud Atlantico resta unbacino oceanico privo di connessioni con leacque profonde degli altri oceani: un passaggio

di acque profonde tra la Penisola Antartica e ilSudamerica era probabilmente ostacolato dalblocco delle isole South Orkney.

La successiva espansione del fondo ocea-nico tanto tra il Sudamerica e l’Africa che tral’Africa e l’Antartide, venne prodotta dalla lentaderiva dell’Antartide che si allontanavadall'America meridionale attraverso un punto dirotazione localizzato vicino all’estremità meri-dionale del Sudamerica [Lawver et al., 1992].

4.7. Il rifting Antartide-Nuova ZelandaLa ricostruzione della storia dell’espan-

sione del fondo oceanico nell’Oceano IndianoSudorientale, nel Pacifico Sudoccidentale e nelMare di Tasmania è assai complessa a causadelle notevoli deformazioni subite dai marginicontinentali presenti in queste regioni, che ren-dono difficili le ricostruzioni paleogeografichebasate essenzialmente sull’incastro di questimargini [Sutherland, 1999].

Bradshaw [1989] ritiene che l’area chiaveper effettuare queste ricostruzioni è la NuovaZelanda, una regione dove l’attività del marginetettonico convergente attivo sin dal Permiano, siconcluse nel Cretacico inferiore con la collisio-ne della dorsale in espansione tra le placchePhoenix (PHO) e Pacifica (PAC).

La successiva fase estensiva, caratteristi-ca del Cretacico, comporta la separazionedell’Antartide occidentale dalla Grande NuovaZelanda, un microcontinente formato da NuovaZelanda (North e South Islands), CampbellPlateau e Chatham Rise e la formazione delfondo oceanico nell’area più meridionale delPacifico Sudoccidentale [McAdoo e Laxon,1997; Mukasa e Dalziel, 2000]. La ricostruzionedi questi eventi è riassunta in figura 43.

Nel Cretacico inferiore (117 Ma), unaparte considerevole della dorsale PAC-PHO sitrova a ridosso della regione di pre-arco dellaNuova Zelanda e quando il centro d’espansionedella dorsale PAC-PHO inizia ad essere subdot-to lungo l’Australia (Fig. 43a) cessa il magmati-smo [Lawver et al., 1992; Lawver e Gahagan,1994]. Successivamente (~105 Ma) il marginedella placca Pacifica si sposta nei pressi dellaNuova Zelanda e del Chatham Rise, e quando ilcentro d’espansione raggiunge la fossa, cessa lasubduzione ed il regime tettonico, lungo il mar-gine della Nuova Zelanda, cambia da compres-sivo ad estensivo [Bradshaw, 1989].

Questo fenomeno viene registrato anchenella Terra di Marie Byrd (MBL) che ~105÷100Ma subisce una rapida transizione da arco vul-canico a zona di rift, associato a magmatismoanorogenico: le datazioni radiometriche indica-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

no l'inizio di un sollevamento regionale comin-ciato ~100 Ma, subito dopo la messa in postodei graniti (Fig. 43b).

In particolare, il magmatismo calc-alcali-no associato alla subduzione terminò ~110 Malungo le coste della MBL occidentale, però con-tinuò fino a 96 Ma nell’area orientale dellaMBL, presso la baia di Pine Island Bay. Questosuggerisce che la dorsale PAC-PHO inizia a pro-pagarsi da Ovest verso Est [Mukasa e Dalziel,2000]. Inoltre, la MBL potrebbe essere stata di-visa in due terranes, orientale e occidentale, chesi sarebbero uniti tra 117 Ma e 100 Ma, lungouna faglia trascorrente [Di Venere et al., 1995].

La Nuova Zelanda, che viene invece tra-sferita dal Gondwana alla placca Pacifica, ~100Ma inizia a separarsi dal Campbell Plateau, por-tando così all’apertura del Great South Basin[Lawver et al., 1992].

Si tratta di fenomeni che registrano l'arri-vo del break-up tra l’Antartide occidentale ed ilmicrocontinente definito Grande NuovaZelanda, che porta anche (1) ad una prima faseestensionale nel Ross Sea Embayment [Weaveret al., 1994], (2) alla formazione dei quattroprincipali depocentri attualmente presenti nelMare di Ross e (3) all’iniziale sollevamentodelle TAM [Salvini et al., 1997].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 43. Ricostruzione delSW Pacifico tra il Cretacico in-feriore (117 Ma), medio (100Ma) e superiore (85 Ma). In(A) sono riportate le provincedi Amundsen (MA) e di Ross(MR) proposte da Pankhurst etal., [1998b] dove MR è ritenu-ta la continuazione del marginedi Gondwana ad Ovest di: SEAustralia (AUS), NuovaZelanda occidentale (NZW) eTerra Vittoria settentrionale,mentre MA è affine allaMedian Tectonic Zone dellaNuova Zelanda orientale(NZE), all’isola di Thurston(TI) e alla Penisola Antartica(AP). Queste due province in-corporano le due sezioni paleo-magnetiche “Est” e “Ovest”della Terra di Marie Byrd(MBL) come proposto da DiVenere et al., [1995]. La rico-struzione in (B) delinea l’ac-corpamento della MBL allacrosta continentale dell’Antartide. La linea a doppiefrecce in (C) è l’incipiente cen-tro d’espansione Pacifico–Antartide tra il microcontinentedella Grande Nuova Zelanda eil blocco crostale della MBL.Le altre abrreviazioni sono:CHP, Challenger Plateau; CP,Campbell Plateau (E, east, W,west); CR, Chatham Rise;EWM, Ellsworth-WhitmoreMountains; LF, Lafonian mi-croplate; LHR, Lord HoweRise; SAM, South America;SG, South Georgia. da Mukasa e Dalziel [2000].

La subduzione della dorsale orientalePAC-PHO, insieme al vulcanismo di arco, con-tinua invece lungo il Sudamerica, la PenisolaAntartica e l’isola di Thurston [Bradshaw,1989]. Il movimento convergente, in questa re-gione, termina quando ciò che resta della placcadi Phoenix viene inglobato dalla placca Pacifica[Luyendyk, 1995]. Intanto, il moto divergente trala placca Pacifica e quella Antartica (ANT)porta alla nascita della dorsale PAC-ANT (Fig.43c) che si propaga dalla giunzione triplaPacifico-Antartide-Farallon lungo il margine diGondwana, analogamente alla fase che nelcorso del Cenozoico coinvolge le placchePacifico-Nordamerica-Farallon [Lawver eGahagan 1994; Luyendyk, 1995].

Allorché un’ulteriore sezione della dorsa-le PAC-PHO cessò l’espansione, o venne sub-dotta lungo il margine orientale di Australia-Lord Howe Rise, l’estensione crostale si spostòulteriormente verso l’interno, nel Mare di Ross,tra l’Antartide orientale e quella occidentale:nella zona antistante il Ross Embayment, stret-ching e rifting iniziano nel Bounty Trough (traChatham Rise e Campbell Plateau) e nel GreatSouth Basin (tra il Sud della Nuova Zelanda e ilCampbell Plateau), successivamente alla subdu-zione della dorsale Pacifica a Nord della NuovaZelanda. Questo anche perché, con molta proba-

bilità nel Cretacico superiore (~80 Ma) erano traloro collegate le aree gravimetricamente equiva-lenti a crosta oceanica: Bounty Trough e GreatSouth Basin (Fig. 44) [Lawver et al., 1992].

L’evento potrebbe essere ricondotto tantoa deformazioni intraplacca quanto ad un movi-mento tra placche, come ad esempio l’espansio-ne di fondo oceanico, facendo così agirel’Antartide occidentale come due placche sepa-rate. In questo caso, il limite più orientale tra ledue placche dovrebbe essere la placca diBellingshausen, la cui presenza è stata di recen-te ipotizzata da McAdoo e Laxon [1997].

Questa estensione all’interno della Terradi Marie Byrd, post-data la sua separazione dalCampbell Plateau a ~83 Ma e potrebbe esserestata localizzata lungo un asse N-S coincidentecon un lineazione gravitativa chiamata depres-sione di Bellingshausen (si veda anche Fig. 5)che, probabilmente, agì come un centro d'espan-sione il quale cessò la sua attività ~61 Ma. Allostesso tempo, l’Iselin Rift, considerato un seg-mento abbandonato della dorsale PAC-ANT,potrebbe aver agito come centro d'espansionenell’area del Ross Embayment (Fig. 45)[McAdoo e Laxon, 1997]. Ipotesi supportata dalfatto che la struttura tettonica delle placchePacifica, Antartica e Australiana richiede un ul-teriore limite di placca tra l’Antartide orientale e

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 44. Ricostruzione paleogeografica delGondwana meridionale nel Cretacico su-

periore, a 80 Ma. Sono messi in evi-denza il rifting tra il Campbell

Plateau e la Terra di Marie Byrd,con l’estensione del centro d’e-

spansione Pacifico-Antartide,la dorsale ed il rifting tra ilMare di Tasmania ed ilLord Howe Rise. La cir-colazione d’acque profon-de, tra la Tasmania el’Australia, era però bloc-cata, mentre c’era deposi-zione marina a Suddell’Australia, e l’OceanoIndiano era completamen-te aperto all’OceanoPacifico Le abbreviazionisono: BT, Bounty Trough;

CP, Campbell Plateau; CR,Conrad Rise; Chatham Rise;

EB, Emerald Basin; GSB,Great South Basin; LHR, Lord

Howe Rise; NNZ, North NewZealand; RS, Ross Sea Embayment;

SNZ, Sud Nuova Zelanda.da Lawver et al., [1992].

occidentale, che potrebbe essere stato attivo sinda 61,2 Ma (crono 27). Secondo Marks e Stock[1997] l’Iselin Rift era presente tra l’Antartideoccidentale e orientale prima del crono 24 (55,3Ma), e terminò la sua attività quando la dorsaledell’Oceano Indiano Sudorientale (SEIR) rag-giunse la dorsale della Tasmania.

In questo contesto assume notevole im-portanza l’Iselin Bank, un blocco continentaleche attualmente fa parte dell’Antartide occiden-tale ma che all’epoca dell’espansione nel Maredi Tasmania era parte dell’Antartide orientale,potrebbe colmare il gap tra l’area Sudocciden-tale del Challenger Plateau e la parte più orien-tale del limite Antartico continente-oceano[Gaina et al., 1998 e ref. ivi citate].

4.8. Il rifting Australia-Antartide e l’a-pertura del Mare di Tasmania

A differenza delle prime fasi della storiadi Gondwana, la separazione tra l’Antartide el’Australia non porta a vulcanismo distensivo.L’origine di questo evento potrebbe essere lega-to ad un cambio del regime tettonico nelGondwana da compressivo (dovuto alla spintadelle dorsali: ridge push), a distensivo (dovutoalla trazione della zolla in subduzione: slabpull), diventando il fattore dominante nella se-parazione dell’India dall’Antartide [Storey,1995]. Questo grazie al rapido allontanamentodell’India verso Nord (~99 Ma) ed allo sviluppoverso Est della dorsale Indiana Sudorientale(SEIR), che in Antartide sarebbe stato registratonella Terra di Wilkes, un’area chiave per capirel'evoluzione del margine continentale e della re-gione dell’Oceano Indiano durante gli ultimi100 Ma [Anderson, 1991]. Nella Terra diWilkes, infatti, è presente un importante bacinosub-glaciale che, con la sua continuazione inaltri bacini subglaciali (Pensacola e Aurora) po-trebbe rappresentare la controparte di depressio-ni Cretaciche presenti nel SE Australia (adesempio, Gippsland Basin, Bass Basin e Otway

Basin in Fig. 46) [Elliot, 1994]. Anche se lo stretching e la rapida subsi-

denza, che precedono il rift del margine meri-dionale dell’Australia iniziano (~125 Ma) conuna lenta separazione dell’Australiadall’Antartide orientale, la formazione delfondo oceanico tra i due continenti non iniziafino a ~96 Ma [Lawver et al., 1992]. Così come~95 Ma inizia il rifting tra l’Australia e il LordHowe Rise/ Campbell Plateau.

Però è nel Cretacico superiore (~75 Ma)che, insieme alla Nuova Zelanda, il Lord HoweRise ed il Campbell Plateau cominciano ad al-lontanarsi dall’Australia e dall’Antartide, muo-vendosi in direzione E-NE rispetto all’Australia.Inizia così a formarsi lentamente crosta oceani-ca (~10 m/Ma) ed il rift si propaga verso Nord(Fig. 46) [Shipboard Scientific Party, 2000a,ODP Leg 189].

Tutto questo porta all’apertura del Maredi Tasmania, un bacino oceanico marginale, li-mitato ad Ovest dal continente Australiano, adEst dal blocco Lord How Rise/ChallengerPlateau e Nuova Zelanda, a Sud da una discor-danza che lo separa dalla più giovane crostaoceanica prodotta dal SEIR e dal MacquarieRidge, che rappresenta un centro d’espansioneestinto. La parte settentrionale di questo bacinocontiene un segmento allungato di crosta conti-nentale (Dampier Ridge), separato da due picco-li bacini (Lord Howe e Middleton) dal LordHow Rise. In quest’area Gaina et al., [1998]hanno individuato 13 blocchi continentali che,tra 90 Ma e 64 Ma, agirono come microplacche:sarebbe stata la loro azione a produrre l’apertu-ra del Mare di Tasmania dove l’espansione delfondo oceanico iniziò prima a Sud, come risul-tato del rifting tra il Challenger Plateau e laparte mediana del Lord Howe Rise che si sepa-rarono dall’Australia, e quindi si propagò versoNord, interessando anche gli altri microblocchi.Tra questi, ai fini della ricostruzione dell’evolu-zione del continente Antartico, riveste notevoleimportanza il South Tasman Rise (STR).

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 45. I limiti di placca neiMari di Ross e Amundsen ~60 Ma,ipotizzati poco prima che terminas-se l’attività al limite della placca diBellingshausen (BT). Le altre ab-breviazioni sono: (IR), Iselin Rift;(IB), Iselin Bank; (SEIR),Southeast Indian Ridge. Sono mo-strate anche due ipotesi (?) circal’individuazione delle aree di de-formazione tra le placche dell’Antartide orientale e occidentale.da McAdoo e Laxon [1997].

Di recente [Rollet et al., 1996; Royer eRollet, 1997], dal riesame delle anomalie ma-gnetiche del fondo oceanico e dei dati di gravitàda satellite, è stata avanzata l’ipotesi che il STRsia formato da due domini distinti (Fig. 47), se-parati da una faglia trasforme N-S: un terraneoccidentale che almeno durante l’apertura delSEIR era legato all’Antartide, quando formavaparte della piattaforma continentale nella TerraVittoria settentrionale, ed un terrane orientaleinizialmente unito alla Tasmania e alla placcaAustraliana [Gaina et al., 1998].

Dopo l’anomalia magnetica C34 (~83,5Ma) l’Australia iniziò il suo spostamento versoNW, ed i due blocchi del STR, che iniziarono amuoversi lentamente verso Sud relativamenteall’Australia [Müller et al., 2000] subironoun’estensione valutabile in 150 km che portòalla formazione, tra la Tasmania e il STR, delSouth Tasman Saddlle, una struttura che allafine del Cretacico, insieme al Bass Straits e al-l’area compresa tra l’Australia e il STR, forma-vano un ponte continentale tra l’AustraliaSudoreintale e l’Antartide alla quale era proba-bilmente legato anche il STR.

Quest’area continentale separava il baci-no, presente tra i due continenti, dall’OceanoPacifico, bloccandone l’allargamento sia duran-te la fase estensiva lenta (10 m/Ma) che durante

quella veloce (30 m/Ma), iniziata 43 Ma[Shipboard Scientific Party, 2000a, ODP Leg189] e che porta al trasferimento del STR occi-dentale e orientale dal margine continentale an-tartico a quello australiano. Fenomeno che se-condo Tikku e Cande [2000] sarebbe avvenutorispettivamente, 53 Ma e 43 Ma, mentre Royer eRollet [1997] ipotizzano età di 66 Ma e 53 Ma.I due terranes si sarebbero uniti nel STR a ~40Ma [Müller et al., 2000].

Questi eventi, che portano all’apertura delPacifico Sudoccidentale e del Mare di Tasmaniadeterminando il rifting dell’area più orientaledel Gondwana, insieme al vulcanismo che so-prattutto all’inizio del Cenozoico caratterizza laregione Tasmaniana, potrebbero essere legati al-l’inizio dell’attività del plume che ora si trove-rebbe sotto le isole di Balleny.

Nell’area sono infatti presenti diverse ca-tene di seamounts riconducibili al Cretacico su-periore-Cenozoico, una delle quali si estendedalle isole di Balleny all’East Tasman Plateau,un’area circolare profonda ~3.000 m, circonda-ta da crosta oceanica che sovrasta un basamentodi rocce continentali [Exon et al., 1997] e chesupporta il guyot Soela Seamount, prodotto dalvulcanismo di hotspot del Paleogene [Duncan eMcDougall, 1989].

Questo lineamento, formato da una cate-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 46. Una ricostruzione delPacifico Sudoccidentale legata alcrono 33 (74 Ma) dove sono ripor-tati la Grande Nuova Zelanda, imargini dell’Australia SE e dell’Antartide NW. Le aree che attual-mente si trovano a profondità su-periori ai 2000 m sono riportate ingrigio chiaro. La chiusura del circuito di placcheAus t r a l i a -An ta r t i de -NuovaZelanda implica un rifting obliquonel Ross Embayment sin dal crono33y (~73Ma), con minore entitàverso Sud. Questo è in buon ac-cordo con la geologia nota, lastruttura crostale della regione ecol fatto che ci sono somiglianzenella storia geologica [Bradshawet al. 1997] tra le rocce dellaWestern Province e quelle delLachlan Fold Belt in Australia, delMathinna Terrane in Tasmania, delRobertson Bay Terranenell’Antartide Orientale e con laFormazione di Swanson nellaTerra di Marie Byrd. da Sutherland [1999].

na di seamounts, potrebbe rappresentare la trac-cia del passaggio della dorsale in espansioneAustralia-Antartide sopra il plume di Balleny[Lanyon et al., 1993], con l’Australia che simuoveva lungo una faglia trascorrente NW-SErispetto all’Antartide. Ipotesi che sembrerebbeessere supportata dalla ricostruzione delle plac-che, basata sulle inversioni delle anomalie ma-gnetiche legate all’espansione delle dorsalioceaniche, e dalla ricostruzione del movimentodel STR (Fig. 48).

Del resto, è alquanto diffusa l’idea chel’attività di rift nel SW Pacifico possa essere ri-condotta all’attività di plume [Lanyon et al.,1993; Weaver et al. 1994; Hart et al., 1997],quello della Terra di Marie Byrd (MBL) e/o diBalleny, che avrebbe indebolito la litosfera econtrollato così parzialmente la posizione delrifting. L’ipotesi trae origine dalle caratteristi-che geochimiche e dalle datazioni radiometri-che di rocce mafiche, affini agli espandimenti dibasalti continentali, presenti in Nuova Zelanda,nel Chatham Rise e nella MBL.

Questo modello potrebbe spiegare la dis-tribuzione estremamente vasta (>5.000 km) eprolungata nel tempo (~100 Ma), dal Cretacicoinferiore al Cenozoico, del vulcanismo alcalinodiffuso lungo i margini continentali che borda-no le terre del SW Pacifico, mentre l’apparenteassenza di una catena di seamounts tra l’isola diChatham e la MBL sarebbe legata al fatto che laplacca Antartica rimase fissa sopra questoplume per parecchio tempo.

Un plume Cretacico, però, dovrebbe giu-stificare, nella Terra di Marie Byrd, il contrastotra il sollevamento termico avvenuto lungo ilmargine col notevole volume di granitoidi ano-rogenici, nonché lo smantellamento del tetto delcomplesso metamorfico. Allo stesso tempo ilsuo margine coniugato, quello della NuovaZelanda, era in subsidenza e caratterizzato daun bacino sedimentario del Cretacico superiorecon oltre 4,6 km di sedimenti, e continuava adestendersi allontanandosi dalla zona d'influenzadel plume [Lawver e Gahagan, 1994].

Inoltre, siccome tra il magmatismo di rifte la formazione di crosta oceanica, tra la GrandeNuova Zelanda e l’Antartide occidentale, cisono solo 17 Ma (poco più della metà di 30 Manecessari all’apertura dell’Oceano Atlanticocentrale) [Mukasa e Dalziel, 2000], piuttostoche all’ipotesi del plume, questa rapidità nellaseparazione può essere ascritta ad altri modelli,come lo ‘slab-window’ che comporta la realesubduzione della placca PAC-PHO [Lawver eGahagan, 1994], oppure al modello che invocala cattura della microplacca e il salto della dor-sale [Luyendyk, 1995].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 47. I movimenti dei blocchi nell’area Tasma-niana, che viene considerata fissa, tra il Cretacico e ilCenozoico inferiore. La crosta continentale forma ilmargine della Tasmania, del South Tasman Rise edell’East Tasman Plateau, ed è limitata su tutti i lati dapiane abissali oceaniche. da [Shipboard Scientific Party, 2000a, ODP Leg 189].

Figura 48. Ricostruzione della traiettoria del SouthTasman Rise (STR) rispetto all’Antartide che è rimas-ta stabile rispetto al Polo Sud sin dal Cretacico, e per-ciò vengono mostrate anche le paleolatitudini del STR.La vicinanza tra le tracce dell’hotspot (linea trat-teggiata) e le tracce con l’Antartide fissa (linea intera)aggiunge valore a questa interpretazione (età delle in-versioni magnetiche sono tratte da Cande e Kent,[1995]; tra parentesi sono riportati i croni magnetici).da [Shipboard Scientific Party, 2000a, ODP Leg 189].

5. Il Cenozoico

Dal Cretacico superiore (~70 Ma)all’Eocene superiore (~40 Ma) la PenisolaAntartica si muove verso Est, rispetto alSudamerica. L’apertura del Mare di Scotia non èancora iniziata e numerosi piccoli frammenticontinentali, nella regione dello stretto di Drake,bloccano la circolazione circum-polare d’acquaprofonda. La Tasmania e il South Tasman Riseformano ancora una barriera per la circolazionedelle acque alle alte latitudini, benché questa

probabilmente avvenga tra il Campbell Plateaue la Terra di Marie Byrd, e nel Mare di Tasmania[Lawver et al., 1992].

Iniziata nel Mesozoico, la separazionedell’Antartide dall’Australia rimane quiescente(~0,8 cm/anno) fino al crono C20 (44 Ma),quando a seguito di una riorganizzazione delleplacche nell'Oceano Indiano [Fitzgerald 1999],la Tasmania e l’Australia iniziano ad allontanar-si rapidamente, l’una dall’area occidentale delMare di Ross e l’altra dall'Antartide occidentale(Fig. 49), a un tasso d’espansione che fino al

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 49. Ricostruzione paleogeografica tra 60 e 30 Ma. Gli eventi più significativi che si sviluppano inAntartide nel Cenozoico sono riconducibili a fenomeni probabilmente collegati tra loro e ascrivibili (a) al-l’instaurarsi di una circolazione oceanica circumpolare, con Antartide e Sudamerica completamente sepa-rate ~29 Ma, con la formazione di fondo oceanico nello stretto di Drake; (b) al sollevamento e denuda-zione delle TAM; (c) allo stabilirsi di un clima polare desertico.da [Lawver et al., 1992].

crono C18 (40.1 Ma) è stato valutato in ~3,0cm/anno [Müller et al., 2000].

Secondo Salvini et al., [1997] le faglietrasformi presenti nell’Oceano Meridionale, du-rante il rifting tra l’Australia e l’Antartide, po-trebbero aver riattivato le strutture legate allezone di sutura Paleozoiche ad andamento NW-SE, nella Terra Vittoria. Tale riattivazione, ini-ziata ~50 Ma, avrebbe prodotto una tettonicatranstensiva con una componente dominante ditrascorrenza destra. Ed in concomitanza con lariorganizzazione geodinamica del Pacifico me-ridionale (~30 Ma), nella regione del Mare diRoss avviene un cambiamento fondamentalenell'estensione tettonica: da ENE-WSW diventaWNW-ESE, con le strutture tettoniche del Maredi Ross che potrebbero rappresentare la conti-nuazione di quelle presenti nella Terra Vittoriasettentrionale, che a loro volta sarebbero legateall'attività delle zone di frattura dell’OceanoMeridionale (Fig.50) [Salvini et al., 1997].Evento che, nell’Antartide occidentale, contras-segna l'inizio di un vulcanismo diffuso attraver-

so la Terra di Marie Byrd [Cande et al., 1998;2000]. Inoltre, durante il Cenozoico la regioneTasmaniana venne interessata da tre critici even-ti tettonici: (1) un movimento trascorrente che,iniziato nel Paleocene e terminato 55 Ma, perl’espansione del fondo oceanico nel SouthTasman Rise (STR) porta alla definitiva separa-zione del terrane dalla Terra Vittoria settentrio-nale/Terra di Wilkes orientale. Quindi, soltantotra il Paleocene e l’Eocene inferiore il STR oc-cidentale si staccò dall’Antartide [Gaina et al.,1998; Royer e Rollet, 1997] unendosi al terraneorientale a ~40 Ma (2) dopo un movimento tra-scorrente di 70 km [Müller et al., 2000] che, ini-ziato nell’Eocene lungo il limite occidentale trail STR e l’Antartide, terminò nell’Eocene supe-riore, intorno ai 34 Ma; (3) la subsidenza delSTR ed il collasso del margine continentale in-torno alla Tasmania, nell’Oligocene superiore.Evento che si presenta anche nel Victoria LandBasin ad Est dell’area sollevata nelle TAM[Cape Roberts Scientific Team, 2000], lungo lacosta di Otway in Australia e al Nordovest della

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 50. Gli attuali limiti di placca Australia-Antartide, con le età delle anomalie magnetichedell’Oceano Meridionale e le principali zone trasformi, tra la Tasmania e la Terra Vittoria settentriona-le. Le anomalie magnetiche sono correlate alle principali faglie trascorrenti regionali ad andamentoNW-SE presenti nella regione del Mare di Ross. Le abbreviazioni sono: P, Plio-Pleistocene; M,Miocene; O, Oligocene; E, Eocene; Pc, Paleocene; LK, Late Cretaceous; EK, Early Cretaceous.da Salvini et al., [1997].

Tasmania [Shipboard Scientific Party, 2000a,ODP Leg 189].

La separazione del STR dall’Antartidepotrebbe aver portato anche alla presenza di altrielementi strutturali, legati probabilmente ad unamigrazione verso Ovest del mantello sottostantela dorsale Pacifica [Klein et al., 1988].Migrazione che sarebbe comunque avvenuta ra-pidamente, almeno durante gli ultimi 4 Ma.Infatti, le lave eruttate lungo le dorsalidell’Oceano Indiano sono isotopicamente di-stinte da quelle dell’Oceano Pacifico, riflettendouna differenza fondamentale nella composizio-ne del mantello sottostante [Müller, 2000].

E lungo la dorsale dell’Oceano IndianoSudorientale (SEIR), le province isotopiche delmantello nei due oceani sono separate da un li-mite ad angolo acuto che è stato localizzatolungo l'asse d’espansione del SEIR all'interno diuna struttura definita Discordanza Australia-Antartide (AAD in Fig. 51). Questa rappresentauna regione unica al mondo con una delle piùprofonde (4–5 km) aree del sistema globale didorsali medio-oceaniche. La sua anomala pro-fondità riflette la presenza di un mantello insoli-tamente freddo e quindi di crosta sottile[Shipboard Scientific Party, 2000c, ODP Leg187]. La crosta oceanica che si formò ~30 Malungo l’AAD era caratterizzata da una topogra-fia caotica del fondo oceanico, che è stato suc-cessivamente spostato e sostituito da fondo ma-rino normale, prodotto da una fonte magmaticaal limite isotopico Indiano–Pacifico [Christie etal., 1998].

Sempre nell’Oligocene (~30 Ma), la

Nuova Zelanda meridionale registra la fine del-l'estensione fra i bacini di Emerald e del STR, acavallo del limite di placca Pacifico-Australia, etestimonia l’inizio dell’attuale regime di movi-mento trasforme obliquo lungo la MacquarieRidge [Cande et al., 2000] mentre cresce la ve-locità con cui si separano Antartide e Australia.A seguito della definitiva separazione dell’areaTasmaniana da quella del Mare di Ross occi-dentale, e dell’apertura dello stretto di Drake(32÷22 Ma), l’Antartide diviene definitivamen-te un continente isolato. In particolare, il colle-gamento di Gondwana col Sudamerica fu rotto,probabilmente a ~29 Ma, con la formazione difondo oceanico nel Passaggio di Drake (anoma-lia C10). La circolazione di acqua superficialepotrebbe essere iniziata prima, anche se quelladi acque profonde non fosse ancora possibile~23 Ma, quando la crosta continentale delSudamerica si staccò dalla Penisola Antarticalungo la Frattura di Shackleton [Barker eBurrell, 1977].

Eventi che portano all’instaurarsi dellacircolazione circum-antartica e alla formazionedella “Antarctic Bottom Water”, ritenute tra lecause principali che hanno portato all’isolamen-to termico dell’Antartide [Barker e Burrell,1977, 1982; Lawver et al., 1992].

5.1. L’apertura del Mare di ScotiaIl margine Pacifico Nordorientale della

Penisola Antartica ed il suo margine coniugatodel Cile meridionale, separati dallo stretto diDrake (Fig. 52), sono molto importanti sia per la

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 51. Mappa dell’Oceano Indiano SE che mostrai lineamenti magnetici, la dis-cordanza Australia-Antartide(AAD), i siti delle perforazionieffettuate nell'ambito delProgramma DSDP (cerchi neri)e la posizione dei campionidragati da Lanyon et al., [1995](circoli ad occhio di bue). La sottile linea scura a V, ad Estdell'AAD, è la traccia dedottadel limite isotopico tra il man-tello degli Oceani Indiano ePacifico, per un tasso di migra-zione pari a ~40 mm/anno. Lalinea a V grigia più larga, indi-ca la traccia approssimativadell'anomalia di profondità re-gionale.

da Shipboard Scientific Party [2000c, ODP Leg 187].

complessità geodinamica della zona, che peraver determinato l’isolamento climatico respon-sabile della glaciazione Antartica. Tant’è che lastoria tettonica della formazione della placca diScotia è estremamente difficile da giustificaresolamente nel quadro di una semplice rispostapassiva al graduale allontanamento tra le plac-che Sudamericana ed Antartica che, attiva sindal Paleogene, ha prodotto uno scenario di plac-che e blocchi continentali, limitati da faglie tra-scorrenti, fosse e dorsali in espansione.

L'area è strutturalmente molto complessa(Fig. 52), in quanto coesistono in una zona limi-tata, margini di tipo attivo (South Shetland eCile Meridionale) e trascorrente (Scotia Ridge)zone di frattura oceanica (Shackleton, Hero),dorsali oceaniche (Phoenix-Antarctic Ridge) ebacini di retro-arco (Bransfield). E secondo al-cuni [Coren et al., 1997] la sua evoluzione an-drebbe collegata all'esistenza di un flusso aste-nosferico localizzato nel mantello terrestre. Laseparazione e la dispersione dei frammenti cro-stali continentali dell’area del Mare di Scotia

inizia ~29 Ma, ed è registrata dalle anomaliemagnetiche [Barker et al., 1991].

Simile alla placca Caraibica che collegaSud e Nordamerica, la placca di Scotia com-prende le dorsali sottomarine ed i blocchi conti-nentali che collegavano la Penisola Antarticaalla Cordigliera Andina ed è separata, medianteuna dorsale N-S, dalla placca Sandwich che so-vrascorre la placca Sudamericana [Lawver etal., 1995]. Il blocco delle South Shetland, tra ilBransfield Strait e la fossa South Shetland, rap-presenta la parte di litosfera della PenisolaAntartica che sovrascorre l’estinta placcaPhoenix. Dalla ricostruzione paleogeografica[Barker et al., 1991] emerge che, sin da ~50 Ma,almeno un migliaio di km del centro d’espan-sione Antartide-Phoenix (ANT-PHO) vennerosubdotti sotto il Bransfield Strait. Solo un picco-lo frammento del centro d’espansione ANT-PHO (tra le zone di frattura Hero e Shackleton)non venne subdotto, ed è ciò che resta dellaplacca Phoenix divenuta parte della placcaAntartica (Fig. 52). Il South Scotia Ridge, inve-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 52. (A) Mappa dell’attuale situazione tettonica nell’area del Mare di Scotia, che comprende duedistinte placche oceaniche: la Placca delle Sandwich e la Placca di Scotia. Le abbreviazioni sono: BS,Bransfield Strait; NSR, North Scotia Ridge; PAR, Phoenix–Antarctic Ridge; SSB, South Shetland Block;SSR, South Scotia Ridge; SST, South Shetland Trench; STC, South Chile Trench; WSR, West ScotiaRidge. La mappa interna (B) mostra i limiti delle placche presenti nell’area. La legenda comprende: 1, zonedi subduzione attiva; 2, zone inattive di subduzione; 3, zone di faglia transpressive; 4, zone di faglia; 5,centri d’espansione attivi; 6, centri d’espansione inattivi; 7, zone estensive attive; 8, zone di faglia trans-tensive attive; 9, crosta continentale; 10, crosta oceanica; 11, limite crosta continentale–crosta oceanica. da Galindo-Zaldìvar et al., [2000] modificato.

ce, separa il Mare di Scotia dal bacino diPowell, una struttura estensionale che si formòin un regime di retro-arco durante le prime fasidi apertura del Mare di Scotia [Coren et al.,1997]. Verso Est il South Scotia Ridge è caratte-rizzato da grabens e horsts, ed è composto diframmenti di crosta continentale limitati da fa-glie trascorrenti transpressive e transtensive[Maldonado et al., 1998].

5.2. Il West Antarctic Rift SystemIl West Antarctic Rift System (WARS) si

estende per 3.000 km dal Mare di Ross al Mare

di Weddell, con una larghezza che varia dai 750km ai 1.000 km (Fig. 53). Per via della sua no-tevole estensione, il WARS viene paragonato adue delle province estensive più studiate delmondo: il Basin e Range, negli USA occidenta-li [Behrendt et al., 1992] e il sistema di riftdell’Africa orientale, aree dove però i rifts sonointracratonici [Stump, 1995; Tessensohn eWörner, 1991] mentre il WARS si sviluppa al li-mite tra il basamento cratonico dell’Antartideorientale e le rocce Fanerozoiche dei terranesdell’Antartide occidentale.

Le TAM ne rappresentano l’impressio-nante fianco rialzato, principalmente Cenozoico

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 53. Mappa dell’Antartide in cui sono riportati, con approssimazione, i lineamenti discussi neltesto. L’area con tratteggio trasversale rappresenta la posizione della struttura Cenozoica del WestAntarctic rift system (WARS) mentre la linea marcata è la spalla del rift. Le TAM formano il fianco delrift continuo e con alte elevazioni lungo il settore del Ross Embayment. Rift che potrebbe continuarelungo il margine dell’Antartide orientale (linee tratteggiate corte) o curvare nell’Antartide occidentale(linee tratteggiate lunghe). L’area in grigio indica le zone al di sotto del livello marino mentre le lineetratteggiate chiuse rappresentano i principali blocchi crostali dell’Antartide occidentale. Le abbrevia-zioni sono: EM, Ellsworth–Whitmore Mountains block; MBL, Marie Byrd Land block; AP, AntarcticPeninsula block, WB, Wilkes Subglacial Basin; NVL, northern Victoria Land; SVL, southern VictoriaLand; CTAM, central Transantarctic Mountains.da Wilson [1999] modificato.

[Tessensohn e Wörner, 1991], sovrapposto ad unsistema di rift Mesozoico di cui ci sono pocheevidenze strutturali (ad esempio bacini o faglie)che secondo Schmidt e Rowley [1986] sarebberoperò nascoste dal ghiaccio.

L’andamento del rift Mesozoico è segna-to dal magmatismo tholeiitico diffuso lungo leTAM, prodotto nelle fasi iniziali della frammen-tazione di Gondwana, e segue la superficielungo la quale, nel Cretacico superiore, si staccòil blocco Nuova Zelanda-Campbell Plateau al-lontanandosi dalla Terra di Marie Byrd.

Il limite occidentale del WARS è definitoda una spettacolare spalla di rift d’età Cenozoicache interessa le TAM, dalla Terra Vittoria set-tentrionale, attraverso le Montagne della ReginaMaud, fino alle Montagne di Horlick-Whitemore-Ellsworth (Fig. 53). In corrispon-denza delle Montagne di Horlick, la spalla delrift Cenozoico diverge dall'andamento segnatodalle tholeiiti Giurassiche di Ferrar che sonoesposte in continuità (compresa l'intrusione diDufek) lungo i rilievi più bassi (1-2 km) delleTAM, a ridosso del Mare di Weddell. Così, leTAM rappresentano la più alta spalla di rift delglobo, con altezze medie dell’ordine dei 3.000m e con rilievi che raggiungono quote di ~4-5km nei picchi più alti, elevandosi fino ai 7 km(~5 sopra il livello del mare) di Monte Vinson,nelle Montagne di Ellsworth. La improvvisa ri-duzione delle elevazioni a Nord delle Montagnedi Ellsworth, divide questi rilievi dalla PenisolaAntartica [Behrendt et al., 1993].

Il fianco orientale del WARS, quello chesi estende tra le Montagne di Ellsworth e i Maridi Amundsen e di Bellingshausen, è segnato daquote topografiche più basse, con le massimeelevazioni (~2,5÷3 km) che vengono raggiuntelungo le coste della Terra di Marie Byrd.Piuttosto che da una scarpata lineare, questofianco del WARS è segnato da una topografia adhorsts e grabens e da un innalzamento del basa-mento pre-Cenozoico che ora si trova a 2.500 mdi altezza [Behrendt e Cooper, 1991].

Questa differenza tra i due lati del WARS,conferisce al rift Cenozoico un aspetto topogra-fico asimmetrico, legato anche alla distribuzio-ne dei prodotti vulcanici: i più grandi volumi dirocce basaltiche e felsiche sono concentratinelle province della Terra di Marie Byrd (lungola costa del Mare di Amundsen) e del RossEmbayment occidentale, che sono anche le re-gioni interessate dall’attività più prolungata.

Questa asimmetria viene attribuita alladifferenza tra la rigidità della litosfera sottostan-te l’Antartide orientale e occidentale, con laprima più spessa della seconda [Behrendt et al.,1993]. Inoltre, la litosfera dell’Antartide orien-

tale risulta caratterizzata da un basso gradientegeotermico e da una rigidità tipica dei vecchicratoni (Australia occidentale e Africa meridio-nale), ritenuta di almeno due ordini di grandez-za più elevata rispetto alla rigidità tipica dei riftdi margini continentali [ten Brink et al., 1997].

Nel Mare di Ross, invece, la litosfera èpiù sottile e presenta un alto gradiente geotermi-co, legato all’assottigliamento Mesozoico eCenozoico [Cooper et al., 1991]. Tant’è che laprofondità della Moho alla transizioneTAM/Mare di Ross, stimata su profili a rifrazio-ne nell’area di Monte Melbourne, è di ~20 kmvicino alla costa e ~40 km all’interno[O’Connell e Stepp, 1993].

Studi geochimici [Kalamarides et al.,1987; Kalamarides e Berg, 1991] indicano inve-ce che la crosta inferiore del Mare di Ross (piùbasso contenuto silice) è abbastanza differenteda quella sottostante le TAM, suggerendo la pre-senza di una discontinuità e forse di una sutura,che risale probabilmente al Paleozoico inferioreo al pre-Cambriano, nella parte inferiore dellacrosta fra TAM e Ross Embayment. Elementiche portano Woolfe e Barrett [1995] ad ipotizza-re che la sottile crosta presente sotto il Mare diRoss non è una parte estesa del cratoneAntartico, ma rappresenta un terrane separato.

5.3. La Catena Transantartica La Catena Transantartica (TAM) è una

delle maggiori catene montuose estensionalipresenti sulla Terra. Lo sviluppo delle TAM inun ambiente estensionale, piuttosto che in un re-gime compressivo, venne riconosciuto anchedagli studiosi d’inizio secolo [David e Priestley,1914; Gould, 1935] che le descrissero come ungrande horst. Infatti, le caratteristiche strutturalidelle TAM, contrariamente alle altre giovani ca-tene montuose (Cordigliera Andina, sistemiAlpino-Himalayano e Nordamericano) formate-si lungo margini convergenti, sono legate gene-ticamente ad un margine passivo divergentesenza pieghe e sovrascorrimenti.

Si tratta di rilievi che presentano un’am-pia scarpata la quale assume una leggera incli-nazione lontano dal rift, in aree prive di defor-mazioni compressive e dal profilo topograficoasimmetrico, come quelli che caratterizzano ilSE dell’Australia, la parte occidentale dell'Indiae le colline del Mar Rosso, nei pressi del golfodi Suez, le Montagne Wasatch dello Utah negliUSA [Stern e ten Brink, 1989, e ref. ivi citate].

Il limite tra la spalla del rift e la zona delbacino sarebbe individuato da una faglia norma-le, con una probabile componente trascorrente,caratterizzata da una scarpata assai ripida espo-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

sta in continuità lungo le TAM, dalla TerraVittoria settentrionale alle Montagne di Horlicke di Ellsworth [Behrendt et al., 1993].

Per spiegare la struttura ed il sollevamen-to delle TAM sono state proposte diverse ipote-si, tutte legate al meccanismo estensionale. Unimportante indicatore del sollevamento delleTAM è il penepiano di Kukri, una superficieerosiva che separa il basamento cristallino e me-tamorfosato dal sovrastante Beacon Supergroup(si veda il paragrafo 3.4). Il penepiano di Kukri,vicino al fronte della catena (tra le TAM e ilWARS), al termine della deposizione delBeacon Supergroup dovrebbe essersi trovato a2,7÷3,5 km di profondità mentre attualmente sitrova a quote comprese tra 500 e 4.000 m s.l.m.:la sua presenza a queste quote ne indica il solle-vamento [ten Brink et al., 1997].

Come evidenza del sollevamento dellacatena viene richiamato anche il Sirius Group,una sequenza glaciale e glaciomarina che affio-ra in maniera sparsa ad alte quote nelle TAM,che fornisce importanti informazioni circa lastoria glaciale e tettonica Neogenica delle TAM.A questa successione sono stati attribuiti finora45 depositi, la maggior parte dei quali sono staticlassificati come tilliti basali, e subordinati de-positi non glaciali. L'età e l’origine del SiriusGroup è però controversa, con implicazioni perla datazione ed il numero delle espansioni dellastessa calotta Antartica. Attualmente, la contro-versia circa il Sirius Group, è basata principal-mente sui dati provenienti dalle Dry Valleys edalla regione del Beardmore Group [Stroeven e

Kleman, 1999; Van der Wateren et al., 1999]. Smith e Drewry [1984] attribuirono il sol-

levamento delle TAM agli effetti ritardati diun’astenosfera anormalmente calda (hotspot?)che si formò sotto l’Antartide occidentale du-rante il Cretacico superiore, per poi spostarsiverso l’Antartide orientale. In questo modello,l’aumento del flusso di calore dovrebbe essereprodotto dal cambio di fase nel mantello e con-durre al sollevamento delle TAM.

Stern e ten Brink [1989], Stern et al.,[1992], come anche ten Brink e Stern [1992],hanno proposto un modello che considera il sol-levamento quale risultato di: 1) sollevamentotermico dovuto all'avanzata del mantello a bassadensità dell’Antartide occidentale per 50 kmsotto la placca dell’Antartide orientale durantegli ultimi 70 Ma; 2) ritorno isostatico regionalea seguito dell’erosione di catene montuose; 3)sollevamento isostatico del muro di una faglianormale principale attraverso la litosfera, ed ab-bassamento del tetto. Inoltre, suggeriscono chela sottoplaccatura (underplating) della crosta po-trebbe spiegare parte del sollevamento dei mar-gini, anche se il collegamento tra il vulcanismoed il sollevamento permanente non è chiaro edassumono che la litosfera dell’Antartide orienta-le e occidentale si comporta come due muri can-tilever, liberi di muoversi l’uno rispetto all’altroe delimitati da una faglia ad alto angolo che im-merge ad E, verso il Mare di Ross.

Come conseguenza del sollevamentodelle TAM, ten Brink e Stern [1992] ipotizzanola formazione di un bacino flessurale alle spalle

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Tabella 2. Quantità di denudazione (comprensiva tanto del weathering di materiali dalla superficieterrestre che la loro rimozione a seguito di processi erosivi) sollevamento tettonico (spostamento dellasuperficie terrestre rispetto ad una struttura di rferimento fissa, come ad esempio la superficie terre-stre) in differenti settori delle TAM, dedotti col metodo delle tracce di fissione. I dati sono stati trattidai lavori di Fitzgerald e Gleadow [1988], per i primi tre riferimenti della Terra Vittoria settentrionale;da Balestrieri et al., [1994] per l’altro dato della Terra Vittoria settentrionale; da Fitzgerald [1992] peril ghiacciaio Wilson Piedimont ed il Granite Harbour; da Gleadow e Fitzgerald [1987], per i dati dellaWright Valley e delle Dry Valleys; da Stump e Fitzgerald [1992] per i dati del ghiacciaio di Scott.da Busetti et al., [1999] modificato.

della catena, il bacino di Wilkes, una depressio-ne lunga oltre 1200 km e larga tra i 400 km incorrispondenza della costa di George V ed i 100km ad 81° S, associata ad anomalie magnetichee di gravità negative. È definita principalmentecon metodi geofisici, in quanto è coperta daoltre 3 km di ghiaccio e si trova oltre 500 m aldi sotto del livello del mare [ten Brink et al.,1993, 1997; Fitzgerald e Stump, 1997].

Tuttavia, non si è riusciti ancora a stabili-re se il bacino di Wilkes è un bacino flessurale,come ritenuto da ten Brink e Stern [1992], opiuttosto un bacino di rift, come ipotizzato daDrewry [1976] e Steed [1983], e forse simile aquello oggi ben riconosciuto nel Mare di Ross:questo è uno degli aspetti che la ricerca antarti-ca dovrà cercare di chiarire. Infatti, il bacino diWilkes potrebbe anche rappresentare la coale-scenza di più depressioni tettoniche che bordanoad Ovest la parte centro-settentrionale dellaMontagne Transantartiche visto che, insieme albacino di Pensacola, contiene evidenze d’incur-sioni marine, come indicato dalla flora e dallafauna individuate nei depositi Neogenici delSirius Group, e perciò potrebbe essere stato riat-tivato durante il Cenozoico a seguito del solle-vamento delle TAM [Elliot, 1994].

Di recente Fitzgerald e Baldwin [1997]hanno proposto un modello in cui il solleva-mento Cretacico delle TAM nell’area del RossEmbayment, è riconducibile ad assottigliamentocrostale che comporta la risalita del tetto dell’a-stenosfera il quale innesca l’estensione in super-ficie (Fig. 54). Lo spessore crostale interessatoda questo tipo di strutture sarebbe delimitato inprofondità da una superficie asimmetrica di dis-giunzione (detachment fault), base di una faglialistrica a livello litosferico che nel modello ri-chiamato da Fitzgerald e Baldwin [1997] è for-mata da una parte superiore priva di estensionee talvolta sollevata, ed una parte inferiore carat-terizzata da blocchi fagliati ed inclinati. Ciascunbacino del Ross Embayment sarebbe interessato

da detachment fault, che potrebbe arrivare ad in-teressare anche la Terra di Marie Byrd, la NuovaZelanda ed il Campbell Plateau.

Cande et al., [2000] collegano invece ilsollevamento delle TAM ad un episodio estensi-vo registrato tra la Terra Vittoria settentrionale el’Iselin Bank.

Quindi, relativamente all’aspetto tettoni-co, la sua collocazione geografica e le sue di-mensioni suggeriscono due ipotesi principali:(1) tettonica estensionale indotta dalla dinamicadella litosfera del sistema Mare di Ross-CatenaTransantartica; (2) tettonica nell’insieme trans-tensiva, indotta dalla dinamica di espansionedell’Oceano Meridionale, in analogia a quantorecentemente ipotizzato da Salvini et al. [1997]per la Terra Vittoria ed il Mare di Ross occiden-tale. Non è però da escludere l’azione combina-ta di entrambe le fenomenologie, o una loro suc-cessione nel tempo [Salvini e Storti, 2001].

Anche l’età ed il tasso di sollevamentodelle TAM sono argomenti dibattuti, ed è stataavanzata l’ipotesi che esse rappresentino una ca-tena, con un andamento da lineare a curvilineo,di blocchi inclinati e asimmetrici che, a diffe-renza di altre spalle di rift, però, non cambianoil loro assetto per l’intera lunghezza della catenacon un’inclinazione uniforme di ~1°÷ 2° versola parte opposta all’asse del rift [Van derWateren e Cloething, 1999 e ref. ivi citate].

Inoltre, si suppone che i diversi blocchicrostali in cui sarebbero divise le TAM, sonostati sollevati in modo differenziale nello spazioe nel tempo, probabilmente a causa della pre-senza di strutture trasversali ad alto angololungo le stesse TAM [Wilson, 1999], oppure perle diverse proprietà meccaniche della litosferalungo il rift [Salvini et al., 1997]. La segmenta-zione delle TAM in vari blocchi crostali caratte-rizza, per esempio, l'interno della Terra Vittoriameridionale e la regione del ghiacciaio di Scott[Fitzgerald, 1992; Stump e Fitzgerald, 1992 ].

Dalle tracce di fissione rilevate nell’apati-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 54. Profilo schematico della struttura crostale del Ross Embayment dopo le fasi principali del-l’estensione continentale nel Cretacico ma prima degli eventi Cenozoici relativi all’estensione dellaTerra Vittoria Settentrionale (VLB) e al sollevammento della Catena Transantartica (TAM). Le altreabbreviazioni sono: CH, Coulman High; CT, Central Trough; SCH, Southern Central High; EB,Eastern Basin; MBL, Marie Byrd Land.da Fitzgerald e Baldwin [1997].

te, emerge che nel Cretacico inferiore (115 Ma)le TAM subirono una rapida denudazione, suc-cessiva al sollevamento, nelle zone dei ghiacciaidi Scott e di Beardmore (TAM centrali)[Fitzgerald, 1994], e verso la fine del Cretacico(~85 Ma) nell’area del ghiacciaio di Scott e alleMontagne Admiralty, nella Terra Vittoria setten-trionale e meridionale [Fitzgerald e Gleadow,1988]. Queste prime due fasi di denudazione sa-rebbero associate, rispettivamente, al rifting ini-ziale tra l’Australia e l’Antartide e all’estensio-ne iniziale nel Ross Embayment [Behrendt etal., 1991]. L’apice del fenomeno venne peròraggiunto negli ultimi 55 Ma (Tab. 2), con unsollevamento delle TAM di almeno 4 km negliultimi 30 Ma [Fitzgerald, 1994].

Fitzgerald et al., [1986] hanno valutato,per la Terra Vittoria meridionale, un tasso mediodi sollevamento di 100 m/Ma per gli ultimi 60Ma, con punte di 200 m/Ma per circa 10-15 Ma[Fitzgerald, 1992].

Secondo ten Brink et al., [1997] le TAMsarebbero state sollevate in gran parte ~30 Ma,dopo la fine della principale fase di rifting delRoss Embayment, e quindi l’evento viene asso-ciato al contemporaneo movimento transtensivotra Antartide orientale e occidentale avvenutodurante la riorganizzazione della placcanell’Oceano Meridionale (~30 Ma).

Sugden et al., [1995] in base ai dati geo-morfologici della Terra Vittoria settentrionale,suggeriscono, invece, che l’attuale paesaggiodelle TAM riflette sollevamento ed erosione av-venuti nel pre-Neogene, mentre Behrendt eCooper [1991] sostengono che le TAM subironoil massimo sollevamento negli ultimi 5 Ma, sindal Pliocene inferiore, con un tasso di ~1km/Ma, che avrebbe portato all’attuale configu-razione delle TAM nell’area che va dalla TerraVittoria alle Montagne di Ellsworth.

5.4. La sismicità dell’Antartide In Antartide va distinta la sismicità della

placca da quella del continente. Infatti, l’energiatotale rilasciata dalla placca Antartica tra il 1925e il 1980, è paragonabile a quella delle placcheAfricana e di Nazca, interessate da una tettonicasimile, dove è distribuita lungo i margini dellaplacca [Okal, 1981]. Basti pensare che il 25marzo 1998, la placca Antartica venne interessa-ta da un evento sismico distante 300 km dal piùvicino limite di placca che, con una magnitudo(Mw) di 8.1, rappresenta il più grande terremotointraplacca oceanico mai registrato. Si tratta diun evento insolito, non considerato intraplaccanel senso classico, che cade in un’area dove lasismicità regionale è dominata da eventi trascor-

renti vicino alle faglie trasformi della dorsaleIndiana Sudorientale, anche se tra le cause ven-gono richiamati pure gli effetti di deglaciazionedella calotta Antartica [Kreemer e Holt, 2000].

Il continente, invece, che è tre volte piùpiccolo della placca, è relativamente asismico,benché siano presenti alcune grandi strutture dirift (Lambert, Filchner e Ross), che suggerisco-no un locale regime tettonico estensionale[Roult et al., 1994]. La bassa sismicità delWARS, però, mal si concilia con l’attività neo-tettonica e vulcanica recenti [Behrendt et al.,1993]. Questa viene messa in relazione anchealla bassa rigidità della crosta in estensione nelRoss Embayment e all’alto flusso di calore nel-l’area (includendo le TAM), fattori che avrebbe-ro favorito il diffondersi di rapidi creep lungo lefaglie, con movimenti che producono pochi ter-remoti. E dal confronto con le altre aree glacialidel globo è emersa l’ipotesi che la bassa sismi-cità dell’Antartide, come per la Groenlandia, siada ricondurre alla spessa coltre glaciale da cuitali regioni sono ricoperte, che è ritenuta ingrado di attenuare il risentimento dei sismi. Ecome la Fennoscandia, il WARS potrebbe tro-varsi nella fase successiva alla deglaciazioneche, dopo un periodo iniziale di alta sismicità, èseguita da un periodo di bassa sismicità comequello che attualmente contraddistingue questeregioni [Behrendt et al., 1993, e ref. ivi citate].

Va detto, però, che i dati disponibili sonoancora pochi, perché poche sono le stazioni si-smiche sul continente. Ciò nonostante sono statiregistrati dei terremoti intraplacca sulle areecontinentali, ad un livello basso ma crescente,così si sta cercando di utilizzare queste informa-zioni per comprendere la neotettonicadell'Antartide ed è stata stilata una mappa diquesti sismi nell’intervallo 1990-1999 (Fig. 55).Fenomeni che potrebbero essere presenti ancheal di sotto della coltre glaciale, tra i rilievi e i ba-cini dell’Antartide orientale. A questo va ag-giunto che la placca Antartica è soggetta anchea fattori di stress indotto dal carico e dallo scari-co del ghiaccio in seguito ad oscillazioni clima-tiche. Tant’è che gli eventi (100-112) in figura55 rappresentano microsismicità nei pressi dellastazione Syowa (SYS), interpretati in termini disollevamento della costa a seguito di deglacia-zione. La sismicità intraplacca dell’Antartide èperò caratterizzata dalla totale assenza di terre-moti al di sopra di mb=5.0 [Reading, in press].Quelli con una magnitudo superiore, riportati infigura 55, si presentano al limite con la placcaAtlantica meridionale (SA) o in associazionecon l’attività vulcanica all’isola di Deception(DI) che, insieme agli eventi sismici associatialla subduzione nello Bransfield Strait (BS), ca-

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Figura 55. Mappa dei terremoti Antartici intraplacca avvenuti nell’intervallo 1990-1999, conosciuti ededotti, sullo sfondo della sismicità che definisce il limite della placca Antartica. I risultati mostranoun basso ma significativo livello di sismicità attraverso le TAM, dalla Terra di Giorgio V alla Terra diAdelia, e che alcune deformazioni stanno avvenendo nella Penisola Antartica, nel Mare di Weddell, nelMare di Ross e lungo la costa dell’Antartide orientale. Nessuna registrazione, su scala globale, è stataottenuta circa la Terra di Marie Byrd. Da notare, invece, che gli eventi (113) e (114) riportati nel ri-quadro (a), sono in evidente continuità con l’attività sismica sul margine occidentale della Penisola. Le registrazioni locali attraverso il continente suggeriscono la necessità di raggiungere una maggioredistribuzione di stazioni, prima di proporre ipotesi in merito alle aree di apparente asismicità che inte-ressano gran parte dell’Antartide. Le abbreviazioni sono: BS, Bransfiled Strait; CASY, Casey; DI,Deception Island; DRV, D’Urville; MAW, Mawson; ME, Mt. Erebus; MCM, Mc Murdo; PMSA,Palmer; SA, placca Atlantica meridionale; SBA, Scott Base; SPA, South Pole ad Amundson-Scott;SYS, Syowa Station; TVN, Terra Nova; VNA1, Neumayer; VNDA, Vanda.da Reading [in press].

ratterizzano la sismica e la tettonica dellaPenisola Antartica [Lee et al., 2000]. Lo stessodiscorso vale per i terremoti vicini alla giunzio-ne tripla Sandwich-Scotia- Atlantico, che risen-tono degli eventi al limite di placca. Così, acausa della sismicità relativamente alta, è proba-bile che gli eventi riportati in figura 55b sianocausati direttamente da interazioni al limite diplacca, anche se gli eventi distribuiti linearmen-te (18-23; 17-25) corrispondono a lineazioni in-dividuate dalla topografia del fondo oceanico.

L’evento (75) fornisce una buona eviden-za di una deformazione sismica attiva nel Maredi Weddell, mentre una distinta banda di sismi-cità, chiaramente associata con la zona limite traAntartide orientale e occidentale, sta emergendodalle TAM ed include sia eventi giovani (4), chequelli registrati da reti globali (69, 73, 71, 76 e80). Non associati alle TAM sono invece i nu-merosi terremoti intraplacca del quadrante90°/180° E, che interessano le Terre di Oates edi Adelia e si verificano sotto un’area notevol-mente estesa e coperta dal ghiaccio.

Gli eventi (68) e (70) sono ben localizza-ti, e rappresentano le deformazioni sismiche nelMare di Ross riconducibili tanto al vulcanismoattivo quanto alle deformazioni intraplacca che

si presentano nell’Antartide occidentale. Terremoti tettonici sono stati registrati

anche vicino a Monte Erebus (ME), Mc MurdoSound (MCS), le basi Scott (SBA) e di Vanda(VNDA) [Reading, in press, e ref. ivi citate].

5.5. Il Ross Embayment Bordato ad Ovest dalle TAM, il Mare di

Ross è ricoperto per metà dai ghiacci che for-mano la sua piattaforma galleggiante (Ross IceShelf) che, continuamente alimentata dai ghiac-ciai, attualmente ha le dimensioni della Francia.Mare di Ross e Ross Ice Shelf costituiscono ilRoss Embayment (Fig. 56, 57) che si sovrappo-ne al limite tra i due subcontinenti Antartici.

Vero e proprio mare interno del Pacificomeridionale, il Mare di Ross occupa una super-ficie di 750.000 km2 con una profondità mediadi ~500 m, sul lato Pacifico del margineAntartico. Di forma grossolanamente triangola-re, si insinua col vertice più acuto all’interno delcontinente Antartico per oltre 900 km. Netti e dinatura strutturale (faglie) sono tanto i confiniverso le TAM quanto quelli della Terra di MarieByrd, caratterizzati da una spalla di rift menopronunciata, con contorni più frastagliati

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 56. Schema geologico dell’area compresa tra il Mare di Ross e la Terra Vittoria, con i princi-pali bacini sedimentari separati da alti strutturali e la posizione dei tre profili riportati in figura 57. I de-pocentri contengono sedimenti che vanno dal Cretacico superiore (?) al Quaternario. da Busetti et al., [1999].

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Figura 57. L’interpretazione geologica dei tre profili la cui ubicazione è riportata in figura 56. I de-pocentri contengono i primi sedimenti del rift accumulatisi durante il Cretacico superiore e ilPaleogene, sui quali giacciono in discordanza sedimenti glaciomarini neogenici e quaternari.da Busetti et al., [1999].

[Cooper et al., 1995]. Al limite settentrionale del Mare di Ross,

il margine del settore orientale è un marginepassivo tipico, mentre quello del settore occi-dentale presenta un passaggio piuttosto sfumatoall’antistante bacino oceanico. La scarpata è co-struita da accumuli sedimentari progradanti[Hinz e Block, 1984].

L’analisi sismostratigrafica delle sequen-ze deposizionali (Ross Sea Seismic Sequences,da RSS-1 a RSS-8) [Hinz e Block, 1984;Brancolini et al., 1995a, b;] e la loro taraturastratigrafica, mediante dati di perforazioniDSDP leg 28 [Hayes e Frakes, 1975], MSSTS-1 [Barrett, 1986] e CIROS-1 [Barrett, 1989]hanno permesso di ricostruire a scala regionalela distribuzione dei vari ambienti deposizionalinel passato [Brancolini et al., 1995b]. Ambientiche sono stati meglio definiti grazie alle recentiperforazioni provenienti dai CRP-1, CRP-2/2Ae CRP-3 [Cape Roberts Science Team, 1998;1999; 2000].

È stato così evidenziato che il Mare diRoss è occupato in gran parte da una piattafor-ma continentale con caratteri tipici di piattafor-ma circum-polare, e la morfologia attuale risul-ta fortemente condizionata dai processi glaciali.Le indagini geofisiche consentono di suddivide-re la zona in aree a caratteri ben distinti con 4depocentri principali (Northern Basin, VictoriaLand Basin, Central Trough ed Eastern Basin inFig. 56, 57, 58), parte dei quali potrebbe esten-dersi sotto l’adiacente sistema di rift coperto dalghiaccio [Cooper et al., 1991; Trey et al., 1999].I bacini sono separati da due alti del basamento,il Coulman High ed il Central High, e si ditri-buiscono in questo modo:

1. il settore orientale è occupato dall’Eastern Basin, una depressione rettangolare col-mata da quasi 6 km di sedimenti. Ad Ovest è li-mitato dal Central High, un alto strutturale al-lungato in senso N-S, con copertura sedimenta-ria ridotta o assente [Salvini et al., 1997];

2. il Central Trough (anche CentralBasin), largo circa 100 km ed allungato per piùdi 500 km in senso N-S, presenta due depocen-tri principali e contiene 7÷8 km di rocce sedi-mentarie, al di sotto delle quali potrebbe trovar-si una sottile sezione vulcanica. Il CentralTrough probabilmente continua sotto il Ross IceShelf [Behrendt, 1999];

3. il Victoria Land Basin, è il bacino piùprofondo nel Mare di Ross e probabilmente con-tiene 14 km di rocce sedimentarie Mesozoiche eCenozoiche [Cooper et al., 1997] di cui oltre 8km risalirebbero all’Oligocene [Cape RobertsScience Team, 2000] e fanno parte di una se-quenza in cui si identifica la discordanza

dell’Oligocene superiore presente anchenell’Eastern Basin. La sequenza più antica po-trebbe essere correlata con le formazioni delBeacon Supergroup affioranti nelle TAM;

4. il Northen Basin rappresenta il marginepassivo del Mare di Ross occidentale, ed è sepa-rato dal Victoria Land Basin dal Coulman High,che si trova nei pressi dell’anomalia magneticaPolar 3 (oltre 1000 nT di ampiezza e lunga cen-tinaia di km) localizzata tra la provincia diMonte Melbourne e l’isola di Coulman.

Facilmente rilevabile in tutto il Mare diRoss è una superficie di discordanza (RS-U6)[Hinz e Block, 1984; Brancolini et al., 1995b]importante per definire l’età degli stadi di riftinge l’estensione crostale: gran parte degli eventideformativi sarebbero avvenuti prima di questadiscordanza che si trova al tetto dei sedimentiche riempiono i depocentri dell’Eastern Basin edel Central Trough, ed è inloap sugli alti struttu-rali che la delimitano [Busetti, 1994; Behrendt,1999]. Il tetto della discordanza è stato datato a26 Ma dai sedimenti presenti sopra la (RS-U6)individuati nel sondaggio 270 del Deep SeaDrilling Project (DSDP 270) (Fig. 56, 57)[Hayes e Frakes, 1975], l’unico sito dove s’è ri-saliti alla natura e all’età del basamento, poconote in tutto il Mare di Ross, inteso come insie-me di formazioni rocciose preesistenti all’aper-tura dei bacini: individuato su un alto struttura-le, è costituito da rocce metamorfiche (gneiss)del Paleozoico inferiore simili a quelle riscon-trate lungo le TAM [Ford e Barrett, 1975].

La regione è caratterizzata anche dallapresenza, in superficie, di centri vulcaniciCenozoici, mentre studi geofisici hanno dimo-strato l’esistenza di grandi strutture vulcanichein mare nascoste dal ghiaccio [Hayes e Frakes,1975]. Basti pensare che, l’anomalia magneticaPolar 3, è stata interpretata come un esteso de-posito magmatico formato da vulcaniti e intru-sioni subvulcaniche mafiche e ultramafiche[Behrendt et al., 1993].

5.6. L'estensione nel Mare di RossAttualmente il Mare di Ross è caratteriz-

zato da una crosta continentale assottigliata dai17 ai 21 km di spessore [Behrendt et al., 1993],per effetto di processi di distensione della lito-sfera che hanno agito su una crosta originaria-mente a spessore normale o elevato per la pre-senza di catene montuose più antiche.

I dati paleomagnetici indicano che ci sonostati almeno 300 km di spostamento e forse unarotazione di 40°÷90° tra l’Antartide orientale edoccidentale a partire da 100 Ma [Di Venere etal., 1994; Luyendyk et al., 1996].

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

L’evidenza che ci sia stata un’estensioneCenozoica (Fig. 58, 59) tra l’Antartide orientaleed occidentale è alquanto controversa, ed anchese il risultato è la spalla di rift delle TAM costi-tuita dall’attivo WARS [Cande et al., 2000], da-tazione e valutazione quantitativa dell'estensio-ne restano argomenti assai dibattuti.

Fitzgerald et al. [1986] ipotizzano un’e-stensione crostale nel Ross Embayment di ~200km (~25%-30%), che si sarebbe impostata suuna litosfera di tipo cratonico, ammettendo unospessore della crosta terrestre di 35-40 km primadel rifting (simile a quello dell’Antartide orien-tale), rispetto uno spessore medio attuale dellacrosta terrestre di 25-30 km.

Secondo Busetti et al., [1999], invece, ilrifting avvenuto tra il Cretacico superiore ed ilCenozoico nel Mare di Ross, ha interessato unalitosfera cratonica fredda, con uno spessore pre-rift di ~230 km. I valori medi del fattore esten-sionale (ß: rapporto tra lo spessore della crostaprima e dopo l’estensione) compresi tra 2,3 e2,8, sarebbero equivalente ad un’estensione, nelMare di Ross, compresa tra 115% e 140%.

Lawver e Scotese [1987], nella loro rico-struzione di Gondwana, ipotizzano che la crostafra l'Antartide orientale e la Terra di Marie Byrdha subito ~50% di estensione mentre Lawver e

Gahagan [1994], sulla base della ricostruzionedelle placche, sono propensi per un’estensioneCenozoica inferiore ai 50 km.

Ad ogni modo, finora non si è riusciti a ri-salire ad un valore dell’estensione che sia ingrado di giustificare il vulcanismo Cenozoico, eBehrendt [1999] sostiene che l’assottigliamentodella crosta sottostante il WARS, potrebbe esse-re tanto il risultato di una grande estensione (conß ~2) quanto il prodotto di un mantle plume, op-pure una combinazione di entrambi.

Secondo Cande et al., [2000] la miglioreevidenza che tra l’Antartide occidentale e orien-tale ci sia stata una significativa estensioneCenozoica, deriva dal fatto che, qualora questavenga trascurata, restano ampi spazi vuoti nelleriscostruzioni paleogeografiche del PacificoSudoccidentale (Fig. 59). Così ritengono chequesta estensione è definita da un intervallo dianomalie magnetiche del fondo oceanico, che siformarono tra l’Eocene e l’Oligocene, ed indivi-duano un centro d’espansione ora estinto, aNord del Ross Embayment occidentale, nelladepressione di Adare (Adare Trough in Fig. 58,59). La presenza delle anomalie suggerisce agliautori che la depressione di Adare era un lembodi una giunzione tripla dorsale-dorsale-dorsale,tra le placche dell’Australia e dell’Antartide oc-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 58. Mappa tettonica relativa aibacini della regione del Mare di Ross,sovrapposta alle anomalie in aria liberaderivate da satellite le quali rilevano lapresenza di una struttura di graben, la de-pressione di Adare (Adare Trough), chesarebbe stata allineata con i bacini sedi-mentari del Mare di Ross occidentale. Sitratterebbe di strutture legate all’esten-sione Cenozoica nel Ross EmbaymentLa linea nera segna la batimetria dei1.000 m; i punti neri individuano le dis-continuità tettoniche; i simboli bianchipieni rappresentano le isocrone magneti-che della placca Antartica: il quadrato,anomalia 6o; il cerchio, 8o; il triangolo,10o; la stella, 13o; l'esagono, 20o; ilrombo, 24o. Le abbreviazioni sono:VLB, Victoria Land Basin; NB,Northern Basin; CT, Central Trough. Leabbreviazioni (o), old; (y), young; valgo-no anche per la Fig. 59. Sono riportate anche le tracce dei profili(A, B, C, D) che vengono discussi dagliautori a sostegno della loro ipotesi.da Cande et al., [2000].

cidentale e orientale che si attivò poco prima di43 Ma (crono 20), si diffuse in maniera unifor-me fino a 28 Ma (crono 10) e terminò 26 Ma(crono 8) registrando direttamente l’espansionetra l’Antartide occidentale e orientale.

Nell’Oligocene, il limite di placca attivoattraverso tutta la regione, dovrebbe aver provo-cato 75 km di estensione, grossolanamente in di-rezione E-W a cui si aggiunsero altri 105 kmnell’Eocene, per un totale Oligocene-Eocene di180 km [Cande et al., 2000].

5.7. Il magmatismo CenozoicoLe rocce ignee Cenozoiche in Antartide si

ritrovano su un'area estesa per oltre 5.000 km,dallo stretto di Drake alla Terra Vittoria setten-trionale.

Nella Penisola Antartica e nell’arco diScotia le rocce hanno età da Miocene superioreall’Attuale, e sono geneticamente associate allasubduzione di crosta oceanica.

Il resto dell'attività magmatica ha affinitàalcalina sodica ed è legata alla attività delWARS. I prodotti ignei si ritrovano principal-mente lungo le Montagne Transantartiche sullacosta occidentale del Mare di Ross, nella Terra

di Marie Byrd e nella Terra di Ellsworth[LeMasurier e Thomson, 1990; Panter et al.,2000], costituendo così una delle più vaste re-gioni vulcaniche alcaline del mondo[LeMasurier, 1990a, b] (Fig. 60).

I prodotti più antichi hanno età di 48 Mae sono rappresentati da plutoni alcalini a com-posizione spesso bimodale gabbro-sienite e dadicchi a composizione prevalentemente basica[Tonarini et al., 1997; Rocchi et al., in press/a,b]. Le più antiche manifestazioni della attivitàvulcanica risalgono a 25 Ma nella Terra di MarieByrd, mentre nella parte occidentale del rift ri-salgono a 21 Ma e si ritrovano in perforazionipresso la costa del Mare di Ross [Cape RobertsScience Team, 1999]. In entrambe le aree l'atti-vità vulcanica è ancora attiva. Le composizioniprevalenti sono di tipo basaltico, ma rocce alca-line felsiche (fonoliti, trachiti, rioliti e rocce in-termedie) sono comuni negli edifici vulcanicimaggiori, come ad esempio a Monte Erebus.

La distribuzione ed entità complessivadei prodotti ignei è però difficile da ricostruire acausa delle condizioni ambientali estreme:LeMasurier e Thomson [1990] descrivono oltre100 vulcani antartici e sub-antartici, di cui peròsoltanto 8 sarebbero indiscutibilmente tuttora at-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 59. Due ricostruzioni del Pacifico Sudoccidentale in base al crono 20. In (a) l’assenza di movi-mento tra l’Antartide occidentale e orientale provoca un gap di 150 km tra il Campbell Plateau ed il LordHowe Rise e nell'anomalia 20o. In (b) viene inclusa una rotazione dell'anomalia 20o, a seguito del movi-mento tra l’Antartide occidentale e orientale che, eliminado il gap, indica nella depressione di Adare (AdareTrough) un limite di placca critico il quale completa il circuito globale. L’Antartide orientale è fissa men-tre le linee più marcate, che individuano il gap, indicano il limite di placca attivo.da Cande et al., [2000].

tivi, mentre altri 32 potrebbero essere stati attivinell’Olocene (~0,01 Ma). Considerando peròl'esteso vulcanismo tra McMurdo Sound e CapeAdare, si ritiene che altri centri vulcanici sianopresenti sotto la copertura glaciale, tra la pro-vincia vulcanica di Monte Erebus e i due centriisolati a Sheridan Bluff e Mount Early (Fig. 61),vicino al polo Sud. Indagini geofisiche hannoportato ad ipotizzare la presenza, sotto la calot-ta dell’Antartide occidentale, di oltre 106 km3 dirocce vulcaniche e plutoni subvulcaniciCenozoici [Behrendt et al., 1994; 1996], nonchédi ~100 vulcani sottomarini, forse dell’Olocene,sopra la piattaforma continentale del Mare diRoss occidentale [Behrendt et al., 1991].

La presenza di un’elevato volume dirocce magmatiche sotto la calotta pone la que-stione del perché in superficie, le stesse roccesiano piuttosto limitate: potrebbero essere staterimosse dall’attività erosiva dei ghiacciai[Behrendt et al., 1995]. Inoltre ialoclastiti asso-ciate ad eruzioni subglaciali sono talmente diffusenel WARS da renderle, insieme alle rocce alcali-ne, uno dei caratteri distintivi del vulcanismoCenozoico Antartico [LeMasurier, 1990a, b].

5.7.1. Le cause del magmatismo nel WARSAssai dibattuta è anche la causa di questo

magmatismo Cenozoico del WARS, con relativoassottigliamento della crosta dalle isole diBalleny al Victoria Land Basin settentrionale eal Minna Bluff, che si trova 150 km a Sud diCape Roberts (Fig. 61).

Potrebbe essere una manifestazione di unrift lineare, simile in larghezza e lunghezza, al-l’attuale sistema di rift dell’Africa orientale, equindi causato proprio dall’assottigliamentocrostale che avrebbe prodotto il fuso magmaticoper decompressione.

Del resto, l’attività tettonica Cenozoicasul continente è stata caratterizzata principal-mente da movimenti verticali ed estensionali,associati a rift intracontinentali e legati all’im-mobilità della placca Antartica [Lawver et al.,1991]. Quest’ultimo carattere sarebbe riflessoprincipalmente dall'assenza di tracce lineari dihotspots tra i vulcani, tanto sul continente quan-to nell'oceano, nonostante sulla porzione ocea-nica della placca siano numerose le dorsali asi-smiche e i plateau sormontati da isole vulcani-che, mentre sul continente ci sono esempi di ca-

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Figura 60. Distribuzione delle aree vulcaniche Cenozoiche sulla placca Antartica, suddivise in pro-vince sulla base delle strutture tettoniche presenti. Un’ulteriore complicazione della tettonica regiona-le nel Mare di Ross, qui non riportata, è la presenza di un’anomalia termica, dall’Oligocene all’attua-le, situata sotto la Terra di Marie Byrd. da LeMasurier e Thomson [1990] modificato.

tene vulcaniche lineari nella Terra di MarieByrd. Così, i principali elementi geologici asso-ciati al vulcanismo Antartico sono essenzial-mente riconducibili [LeMasurier e Thomson,1990] alla presenza di una placca stazionaria.

5.7.2. L’ipotesi del plumeTra le ipotesi finora avanzate per giustifi-

care il vulcanismo Cenozoico, figura quella le-gata alla presenza, sotto la placca, di un mantleplume (Fig. 61) in un’area estesamente ricoper-ta dal ghiaccio che sarebbe arrivata ad inte-ressare l’intero WARS [LeMasurier et al.,1992; Behrendt et al.,1992; Hole eLeMasurier, 1990, 1994]. Cos vari autori[Kyle, 1990; Rocholl et al., 1995; LeMasurier eLandis, 1996] riconducono la questione nontanto al fatto se un plume sia presente omeno nell area occupata dal WARS, masulle sue dimensioni e sull eventuale pre-senza di tanti piccoli plumes invece di ununico grande plume.

Le diverse tipologie di ipotesi relativealla attività di plume nel WARS sono le se-guenti: (i) un plume piccolo che coprirebbeun’area di 500x660 km (in scala simile a quel-lo di Yellowstone) attivo nella sola Terra diMarie Byrd (Fig. 61) sin da 30 Ma, oppure (ii)un plume sotto il Monte Erebus, attivo nell’areadel Mare di Ross occidentale occupata dalTerror Rift, dove il rifting è tuttora attivo[Tessensohn e Wörner, 1991], alle cui estremitàsi trovano i vulcani attivi del Monte Erebus edel Monte Melbourne [Kyle, 1996], oppure (iii)entrambi i plume precedenti [Storey et al.,1999] in quanto dicchi mafici di età Cretacicaesposti nella MBL, sarebbero legati a un plumeche attualmente si troverebbe sotto il MonteErebus ma che nel Cretacico era ubicato sotto laMBL, mentre un secondo plume si sarebbe in-vece stabilizzato a ~30 Ma sotto la MBL; (iv)d'altra parte, la uniforme composizione isotopi-ca delle sorgenti dei magmi nel WARS e nelleregioni circostanti suggerisce l'ipotesi che ilplume possa essere giunto al di sotto dellaPlacca Antartica prima della separazione dallaNuova Zelanda, possibilmente nel Cretacicosuperiore, o in precedenza [Hart et al., 1997].

Tuttavia, evidenze di modesta subsidenzaanziché di un sollevamento termicamente soste-nuto [LeMasurier e Landis, 1996] portano aescludere l'ipotesi di un plume Cretacico.D'altra parte, importanti discontinuità litosferi-che individuate nella Terra Vittoria [Salvini etal., 1997], hanno messo in evidenza l’esistenzadi un’importante tettonica intraplacca transten-sionale che potrebbe essere sufficiente a spie-

gare l’origine e la messa in posto dei magmisenza l’intervento di un plume [Rocchi et al., inpress/b].

Sono stati però ipotizzati anche plumesoceanici che delimitano il margine settentriona-le del WARS, e sarebbero rappresentati dalleisole di Balleny, di Peter I e di Scott [Duncan eRichards, 1991; Lanyon et al., 1993; Hart et al.,1995, 1997].

Tant’è che Wörner [1999] ipotizza la pre-senza di un serbatoio, che avrebbe alimentato alungo un plume, all’altezza del mantello nell’a-rea sottostante il Mare di Tasmania, le isole diBalleny e il rift che interessa il Mare di Ross.

5.7.3. Le isole vulcaniche sub-AntarticheTutte le isole oceaniche nel Sud Pacifico

e nell'Oceano Indiano (Fig. 60) sono vulcani al-calini intraplacca. I vulcani delle isoleAntipodes, Auckland e Campbell sono sulCampbell Plateau, che si trova su crosta conti-nentale e prima del Cenozoico faceva partedell’Antartide occidentale.

Le isole di Balleny e di Scott si trovanosu crosta oceanica e sono composte di vulcani-ti alcaline del Cenozoico superiore, eruttate sucrosta oceanica relativamente giovane nel RossEmbayment: si formarono a seguito di un’atti-vità vulcanica intraplacca avvenuta tra ~10 Mae l’attuale [Johnson et al., 1992].

L’isola di Peter I si trova a cavallo di unlimite crostale e tettonico, nei pressi del margi-ne continentale dell'Antartide occidentale[McAdoo e Laxon, 1997].

Tra le isole oceaniche, quelle che presen-tano vulcani associati ad eventi di subduzione,sono soltanto le isole South Shetland e le SouthSandwich, mentre l’isola di Macquarie deve lasua esistenza a una complessa interazione tra laplacca Pacifica e quella Indo-Australiana.Mentre quest’ultima si sta muovendo versoNord, la placca Pacifica si sta muovendo versoNordovest e sembra che venga subdotta sotto laplacca Indo-Australiana proprio all’altezza del-l’isola di Macquarie, col risultato che un pezzodi fondo oceanico è stato portato verso l’altocreando l’isola che è la sola al mondo compostainteramente di crosta oceanica con rocce (ofio-liti) originate dal mantello.

Inoltre, l’isola si trova lungo ilMacquarie Ridge, un alto batimetrico lungo mi-gliaia di km che, nella 'Macquarie Fault Zone',segna il limite trasforme tra le placcheAustraliana e Pacifica, a Sud della NuovaZelanda. La zona del limite di placca attiva èpiuttosto stretta (inferiore ai 5 km di larghezza),e le indagini geofisiche marine non hanno evi-

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Figura 61. Distribuzione dei vulcani Cenozoici in Antartide rispetto la Catena Transantartica (TAM)e il West Antarctic Rift System (WARS, linea netta). Le aree ellissoidali tratteggiate individuano lezone d’influenza di due ipotetici plumes: quello più grande è tratto da Behrendt et al., [1992], mentre quel-lo che interessa l’area ristretta alla sola Terra di Marie Byrd (MBL) è stato ipotizzato da LeMasurier eLandis [1996]. Infatti, é assai diffusa l’idea che sotto l’Antartide occidentale sia presente un plume, re-sponsabile dell’attività vulcanica Cenozoica, che potrebbe essere attivo sin dal Cretacico, quandoavrebbe prodotto la separazione della MBL dal blocco Nuova Zelanda/Campbell Plateau. L’ubicazionedei vulcani è stata tratta da Behrendt [1999], LeMasurier e Landis [1996] e Wörner [1999]. I vulcaniCenozoici esposti dal Ross Embayment occidentale alla Terra di Palmer si distribuiscono lungo i fianchidel WARS. In particolare, i vulcani presenti da Cape Adare al Monte Early giacciono sul fianco che rica-de nell’Antartide orientale, i vulcani della Terra di Marie Byrd giacciono sul fianco Pacifico, quello piùbasso, mentre i vulcani della Terra di Ellsworth, della Terra di Palmer e dell’isola di Alexander sembranodisporsi su entrambi i fianchi del WARS e sulla sua prosecuzione. Le altre abbreviazioni sono: RSB, RossSea Basin; BSB, Byrd Subglacial Basin.da Wörner [1999] modificato.

denziato nessun lineamento attivo compressivosul fondale oceanico [Coffin, 2000].

Le isole che si trovano sopra o vicino ledorsali medio-oceaniche (Bouvetøya, PrinceEdward, Amsterdam e Saint Paul) sono invececomposte di rocce sature o sovrasature, mentrele tipiche associazioni attribuite al magmatismodi dorsale medio-oceanica sono state trovateben lontano dalla cresta della dorsale (Scott,McDonald e Possession), però le trachiti sonopresenti sia vicino che lontano alle dorsali[LeMasurier, 1990a].

I vulcani tardo Cenozoici delle isoleKerguelen e dell'isola Heard, potrebbero rap-presentare l'ultimo stadio di un mantle plumeche iniziò l’attività ~118 Ma [Frey et al., 2000].Per questi vulcani, però, è stata anche avanzatal'ipotesi di una connessione petrogenetica conla dorsale asismica Kerguelen-Gaussberg.

Ipotesi che nasce dal fatto che nell'isolaHeard, la quale si trova a Nord di Gaussberg econsiste di un vulcano principale (Big Ben,2.750 m) tuttora attivo ma a bassa intensità, èstata rinvenuta l'unica associazione di roccevulcaniche riconducibile alla serie potassicanell'ambito dei bacini oceanici dell'Antartide,mentre a Gaussberg affiorano le uniche rocceleucititiche (altamente potassiche) del conti-nente, generate dai vulcani del Cenozoico supe-riore [LeMasurier, 1990a].

5.7.4. I vulcani delle aree continentaliLa distribuzione dei vulcani sul continen-

te è legata al WARS e al margine Pacifico dellaplacca Antartica. In quest’ultima regione si tro-vano i vulcani della Terra di Graham e delleisole South Shetland che si formarono duranteun cambio del regime tettonico, passando da unvulcanismo associato a subduzione ad un’attivi-tà di retro-arco e di bacini marginali.

Magmi basaltici alcalini furono eruttati,nel corso del Cenozoico, da numerosi centrisparsi lungo la Terra di Graham. Tale attivitàsembra riconducibile ad un fenomeno intraplac-ca legato ad estensione regionale.

Nella Terra di Graham, così come nelleisole South Shetland e South Sandwich, sonostate trovate anche vulcaniti sub-alcaline pro-dotte da un arco magmatico associato a proces-si di subduzione.

I vulcani delle South Sandwich, apparen-temente rappresentano lo sviluppo di un nuovoarco, mentre i centri eruttivi nella Terra diGraham e nelle South Shetland segnano l'estin-zione di un arco magmatico che interessò l'inte-ro margine Pacifico dell'Antartide negli ultimi200 Ma [LeMasurier, 1990a].

5.7.4.1. I vulcani del margine PacificoSul fianco del WARS si trovano i vulcani

dell'area di McMurdo, del Ross Embayment oc-cidentale, delle Terre di Marie Byrd, di Palmer edi Ellsworth e dell’isola di Alexander. Il caratte-re altamente alcalino e bimodale delle rocce delWARS, eruttate dall'Oligocene inferiore all'at-tuale, attribuiscono al vulcanismo di questa re-gione un carattere di rift.

La distribuzione temporale delle roccevulcaniche lungo il WARS suggerisce che il si-stema di rift si propagò, gradualmente, verso ilMare di Bellingshausen e la Penisola Antartica,mentre rimaneva attivo nel Mare di Ross.

I principali vulcani di queste provincesono tipici vulcani a scudo (benché i MontiErebus e Melbourne siano stratovulcani), conedifici alti 1-3 km ed un diametro basale di 10-50 km. I Monti Melbourne Erebus e Rittmansono i vulcani attivi più meridionali del mondoe ricadono nel complesso vulcanico diMcMurdo che nelle TAM rappresenta, da unpunto di vista stratigrafico, la prima registrazio-ne geologica in ambiente terrestre, dopo lamessa in posto, nel Giurassico, del FerrarSupergroup [Behrendt et al., 1993].

La Terra di Marie Byrd ospita 18 grandivulcani centrali, principalmente trachitici, edoltre 30 piccoli centri vulcanici satelliti. Almenodue dei maggiori vulcani sono probabilmente at-tivi e tre potrebbero esserlo, ma non sono stateosservate direttamente delle eruzioni[LeMasurier, 1990b; Panter et al., 2000]. Questivulcani formano una provincia che si estende at-traverso ~900 km lungo la costa Pacificadell’Antartide (Fig. 61) e copre un'area di1.000x500 km all'interno del WARS, centratasopra un grande domo strutturale caratterizzatoda una superficie d’erosione che si sviluppa surocce Cretaciche o più antiche, sopra cui pog-giano le vulcaniti Cenozoiche [LeMasurier eThomson, 1990; LeMasurier e Landis, 1996].

Infatti, la regione venne interessata da al-meno due episodi di sollevamento, prima ~100-94 Ma e successivamente ~80-70 Ma, che neprovocarono la denudazione [Richard et al.,1994]. La susseguente quiescenza tettonica per-mise nel Cretacico superiore (75 Ma) la forma-zione di una superficie d’erosione regionale, cheviene correlata con una superficie simile inNuova Zelanda e sul Campbell Plateau. Il fattoche nella Terra di Marie Byrd questa superficiesi trova sul Monte Petras a 2.700 m, mentrelungo la costa rimane a 400 m, fa supporre chela causa del sollevamento sia legata ad un mant-le plume del Cenozoico superiore (< 30 Ma) cheporta all’eruzione di rocce alcaline. Attività re-gistrata in vulcani come il Monte Berlin o il

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Monte Tahake [Mukasa e Dalziel, 2000].La maggior parte dei grandi vulcani com-

positi di questa regione si trovano in catene li-neari che diventano progressivamente più gio-vani verso il perimetro della provincia. Cosa cheaccade, ad esempio, nell'Executive CommitteeRange (Fig. 61), una catena di cinque vulcaniprincipali che si estendono per ~100 km, regi-strando una migrazione verso Sud dell’attivitàin un periodo di ~13 Ma. Simile è anche il mo-dello di migrazione delle montagne di Crary,una piccola catena di vulcani che si trova ~200km ad Est dell'Executive Committee Range[LeMasurier e Landis, 1996].

Il modello adottato per spiegare questotipo di vulcanismo, è dato dall’emissione se-quenziale di magma da camere magmatichepoco profonde, lungo un vecchio sistema di frat-tura riattivato durante l’estensione Cenozoica[LeMasurier e Rex, 1989].

Ben diversa è la distribuzione dei centrivulcanici nell’area del Mare di Bellingshausen,la terminazione orientale del WARS. Attivi dalMesozoico superiore al recente, i centri vulcani-ci dalla Terra di Ellsworth e la parte più meri-dionale della Penisola Antartica, sono piccoli,sparsi e di natura basaltica [LeMasurier, 1990a].Un’attività eruttiva recente e non riconducibilead un arco vulcanico, è presente nell’area delbacino di Bransfield.

5.7.4.2. Il bacino di Bransfield Il bacino di Bransfield (Fig. 62), è un ba-

cino allungato ad andamento NE-SW, che sitrova tra le isole South Shetland e il marginePacifico della Penisola Antartica.

È diviso in tre sub-bacini, orientale, cen-trale e occidentale, separati rispettivamente dal-l’isola di Deception (63° S, Deception Island in

Fig. 61), un edificio vulcanico di ~1 Ma d’etàcon eruzioni registrate nel 1967, 1969 e 1970, edall’isola di Bridgeman (62° S, BridgemanIsland in Fig. 61)), caratterizzata da un elevataattività di fumarola tra il 1821 ed il 1880[Lawver et al., 1996].

Inoltre, i recenti basalti eruttati nel bacinodi Bransfield hanno composizione simile a quel-la dei basalti che si formano nei bacini di retro-arco. Così, il bacino di Bransfield, è ritenuto ungiovane (< 4 Ma?) bacino marginale sottomari-no, che si formò dal rifting di un arco vulcanicocontinentale. La sua formazione sarebbe iniziatadurante lo stadio finale della subduzione lungola fossa South Shetland, che si concluse ~4 Mafa, quando il centro d’espansione della placcaPhoenix diventò inattivo, lasciando un piccololembo della placca originaria (former Phoenixin Fig. 62) che venne incorporata nella placcaAntartica [González-Casado et al., 2000].

Il processo di subduzione, però, sembre-rebbe essere ancora attivo [Lawver et al., 1996]mentre i nuovi dati sismici multicanale (MCS)rivelerebbero che l’area sta subendo l’estensio-ne in un largo bacino. Infatti, anche se l’espan-sione del fondo oceanico attraverso lo stretto diDrake è cessata ~4 Ma, la lenta subduzione dellaplacca di Drake sembrerebbe continuare lungola fossa South Shetland, contribuendo così all’e-stensione della parte centrale del bacino, che po-trebbe rappresentare uno dei primi stadi dell’a-pertura di un bacino oceanico. Ipotesi che sem-brerebbe suffragata anche dal flusso di calore,dai vulcani attivi, dai dati relativi alle faglie del-l’isola di Deception e dalla sismica a riflessione[Austin, 2000; Gonzalez-Casado et al., 2000].

Nessuna attività vulcanica è invece at-tualmente presente lungo l’arco delle isoleSouth Shetland mentre la rifrazione sismica in-dica una crosta spessa, simile al rift Africano

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 62. (A): Movi-mento trascorrente sinistrotra la placca Antartica equella di Scotia che generail Bacino di Bransfield. Lefrecce piene indicano la di-rezione di compressione, equelle in grigio la direzio-ne di estensione, dedottadai meccanismi focali deiterremoti. (B): Modellosimple shear. (C): Modellodi stress proposto per ilblocco South Shetland. da González-Casado et al.,[2000]

orientale o ai margini vulcanici passivi dei con-tinenti. Viceversa, l’analisi degli isotopi e deglielementi delle terre rare di vulcaniti recenti nonmostrano apparentemente contaminazione con-tinentale. Il come ed il perché questa estensionestia avvenendo ora, rimane però un mistero edappare piuttosto difficile proporre un modello ingrado di spiegarne l’evoluzione tettonica[Lawver et al., 1995; 1996].

E comunque, l’apertura del bacino diBransfield non sarebbe stata prodotta dall’esten-sione di un tipico bacino di retro-arco, che in-cluda processi attivi di subduzione e di estensio-ne. Non esiste nessun arco attivo, non c’è unlembo di placca subdotto che sta scivolando nelmantello aprendo una “slab-window” come in-vece è avvenuto nel caso della PenisolaAntartica a Sud, e lungo il margine delSudamerica a Nord (Patagonia meridionale)[Lawver et al., 1996, e ref. ivi citate]. Fattori chesecondo González-Casado et al., [2000], insie-me all'orientazione degli stress dedotti dai mec-canismi focali dei terremoti e all'analisi delle fa-glie, sarebbero in accordo con un movimento ditrascorrenza sinistra tra le placche Antartica e diScotia (Fig. 62) come proposto in precedenza daLawver et al., [1996].

Tuttavia González-Casado et al., [2000]sostengono che il limite di placca rappresentatodalla zona di Frattura Shackleton dovrebbeavere un carattere convergente e non trascorren-te come invece hanno proposto Lawver et al.,[1996] (Fig. 62A), mentre il modello cinematicoidoneo a spiegare il dislocamento tettonico agrande scala in questa regione, sarebbe un mo-dello ‘simple shear’ (Fig. 62B). Quindi, l'esten-sione presente nel bacino di Bransfield e nelblocco South Shetland, potrebbe essere ricon-dotta alla conseguenza del movimento sinistrotra le placche Antartica e di Scotia, che sta spin-gendo il segmento ‘former Phoenix’ versoNordovest (Fig. 62C).

6. La calotta Antartica

Oltre i 3/4 dell'acqua dolce della Terrasono racchiusi nelle grandi calotte glaciali dellaGroenlandia e dell’Antartide [VanDecar, 1998].Perciò, la stabilità di queste calotte rappresentauno degli elementi più importante da definire, alivello globale. In particolare, la calotta glacialeAntartica è formata attualmente da 30X106 km3

di ghiaccio che non si comporta come una sin-gola massa, ma come due distinte calotte glacia-li (Fig. 63, 64) l’una orientale (East AntarcticIce Sheet, EIAS) e l’altra occidentale (WestAntarctic Ice Sheet, WAIS), che poggiano su un

substrato roccioso, sia esso rappresentato daaree continentali oppure da fondali marini.

La calotta glaciale dell’Antartide occi-dentale contiene ~3,8 milioni di km3 di ghiaccio.Se questo volume fosse interamente rilasciatoall'oceano, potrebbe causare un aumento del li-vello marino di circa 6 m, mentre il tempo per-ché si ripristini il ghiaccio all’attuale percentua-le di accumulo sarebbe di oltre 10 Ma. Inoltre,se il WAIS fosse rimosso istantaneamente,l'Antartide occidentale diverrebbe un arcipelagoed in un periodo di 5.000÷10.000 anni, il sub-strato subirebbe un sollevamento isostatico acausa della rimozione dei carichi indotti dalghiaccio, ma rimarrebbe in gran parte al di sottodel livello marino [Oppenheimer, 1998].

L’Antartide orientale è invece caratteriz-zata da una calotta glaciale che contiene ~26 mi-lioni di km3 di ghiaccio [Kennett e Hodell, 1995]e ~20% dell’EIAS drena attraverso il ghiacciaiodi Lambert, nella baia di Prydz Bay.Quest’ultima occupa una posizione chiave perlo studio della glaciazione Antartica delCenozoico e nel suo bacino di drenaggio sonoinclusi anche gli altipiani subglaciali diGamburtsev, che potrebbero essere stati il luogoiniziale in cui si sviluppò l’EIAS sul continente.I sedimenti trasportati dal ghiacciaio di Lambertsono conservati nella baia, sul pendio e sul rial-zo continentali [O'Brien e Leitchenkov, 1997].Molte informazioni circa la storia glaciale, tra ilCenozoico ed il Quaternario, sono racchiuseanche nella Terra di Wilkes, mentre un settoreconsistente dell’EIAS è drenato pure dai ghiac-ciai di Ronne e Filchner, rispettivamente nelMare di Weddell e nel Ross Embayment[Hambrey e Barrett, 1993]. L’EIAS ha uno spes-sore medio di 3 km e contiene abbastanza ghiac-cio da elevare il livello del mare di ~60 m, se sisciogliesse completamente [Van der Wateren eCloething, 1999].

L’attuale estensione della calottaAntartica copre gran parte delle tracce della sto-ria glaciale antica, che nell’Antartide orientalecominciò almeno 36 Ma, come evidenziato daipiù vecchi sedimenti glaciali, provenienti da foripraticati nell’ambito dell’Ocean DrillingProgram nella baia di Prydz Bay, che risalgonoad un’età compresa tra l’Eocene superiore el’Oligocene inferiore [Barron et al., 1991].

È intorno ai 15 Ma fa, che la criosferadell’Antartide orientale sarebbe evoluta in unapiattaforma glaciale paragonabile a quella attua-le [Shipboard Scientific Party, 2000a, ODP Leg189]. Infatti, le registrazioni stratigrafiche dellapiattaforma continentale intorno all’Antartideindicano che il WAIS cominciò a formarsi~15–20 Ma, e l'analisi di sedimenti marini pro-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

fondi suggerisce che il WAIS era già in posto al-meno ~9 Ma. Se però il WAIS sia stato presentecontinuamente da quel tempo, è una questionecontroversa [Oppenheimer, 1998].

Di sicuro il WAIS desta maggiori preoc-cupazioni dell’EIAS in quanto quest’ultima,poggiando su un substrato roccioso in gran partesopra il livello del mare, è una calotta continen-tale mentre il WAIS poggia prevalentemente sulfondale marino, è essenzialmente una calottanon contenuta da rilievi montuosi, ed è quindiritenuta particolarmente vulnerabile a seguito dipiccole variazioni di temperatura delle acque su-

perficiali dell’Oceano Meridionale e del livellomarino [Mercer, 1978].

Tant’è che la comunità scientifica interna-zionale ha effettuato vari tentativi per prevederedi quanto il livello del mare potrebbe risalire infuturo a causa di eventuali variazioni nell'equili-brio di queste masse di ghiaccio, cercando di in-dividuare fenomeni simili avvenuti in passatocome nel Pliocene (~5÷3 Ma), quando le calottedi ghiaccio polari erano ristrette all’Antartide,ed il clima era significativamente più caldo diquello attuale.

Il comportamento della calotta Antartica

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

Figura 63. La calotta glaciale dell’Antartide in relazione al West Antarctica Rift System (in rosso), la cuiubicazione è tratta da Van der Wateren e Cloething [1999]. La calotta orientale (East Antarctic Ice Sheet,EIAS) e quella occidentale (West Antarctic Ice Sheet, WAIS) sono localizzate, rispettivamente, ad Est e adOvest delle Montagne Transantartiche. Il WAIS si trova in prevalenza su una base di tipo marina, ancora-to ad una serie di isole, si estende fino a oltre 1000 m di profondità ricoprendo bracci di mare e terre emer-se. Per la maggior parte viene drenato nei Mari di Ross e di Weddell, dove ci sono piattaforme galleggian-ti di ghiaccio estese (Ross Ice Shelf e Filchner–Ronne Ice Shelf, rispettivamente) e nel Mare di Amundsen,dove però non ci sono piattaforme di questo tipo. Come è definito qui, il WAIS include le piattaforme diRoss e Filchner ma non la Penisola Antartica. Assai importante, invece, come area di drenaggio per l’EIASè la baia di Pridz Bay, come anche il Mare di Weddell. Nel riquadro in basso a destra sono riportate alcune delle più grandi correnti di ghiaccio (ice stream), chedrenano il WAIS seguendo i profondi bacini subglaciali, lungo i principali lineamenti strutturali del RossEmbayment. La stella rossa indica la Byrd Station, riportata ai fini dell’orientamento. Nel riquadro in altoa destra, è riportata la sezione di una corrente di ghiaccio e della calotta glaciale che poggia su base mari-na, indicando anche la possibile estensione di till deformabile. Lo spessore degli strati di till, nella realtà dipochi metri, è stato esagerato per renderlo più chiaro.da Oppenheimer [1998] modificato.

in risposta al riscaldamento del Pliocene, ha por-tato all’affermarsi di due modelli contrastanti:uno ipotizza che le condizioni glaciali, comequelle attuali, persistono dal Miocene medio, daalmeno 15 Ma (ipotesi di stabilità) [Kennett,1977]; l'altro suggerisce che la calotta glacialeregistra un comportamento dinamico attraversogran parte del Cenozoico, con l'arrivo delle con-dizioni attuali a ~3 Ma (ipotesi di deglaciazione)[Stroeven e Kleman, 1999, e ref. ivi citate].

L'ipotesi di deglaciazione implica che lecalotte glaciali Antartiche sono instabili e su-scettibili di cedimenti per l’instaurarsi di condi-zioni climatiche calde, come quelle raggiuntenel Pliocene. In particolare, questo modello ipo-tizza che durante il Pliocene avvenne una ridu-zioni di ~2/3 dell’attuale calotta glacialedell’Antartide orientale, la perdita completadella calotta glaciale dell’Antartide occidentaletestimoniata dai depositi sedimentari del SiriusGroup, trovati a ~2000÷2500 m di altezza nellaCatena Transantartica. Infatti, si presume che lediatomee abbiano vissuto in bacini marini all'in-terno del cratone Antartico e, insieme con i se-dimenti dei bacini associati (Wilkes ePensacola), furono portate sulle TAM dallo svi-luppo delle calotte glaciali dopo ~2.5 Ma, l'etàdelle più giovani diatomee nelle rocce sedimen-tarie del Sirius Group [Webb e Harwood, 1991].

È stato anche ipotizzato che nelQuaternario superiore la calotta ha collassatovarie volte per poi tornare a formarsi [Hambreye Barrett, 1993; Hambrey 1999].

L’ipotesi di ripetute avanzate e ritiri dellacalotta glaciale, è supportata da studi eco-acusti-ci del fondo oceanico [Hughes, 1973]. Ad esem-pio, 16 sequenze che rappresentano i principalicicli glaciali-interglaciali possono essere trac-ciati nei depositi Pliocenici del pendio continen-tale della baia di Prydz Bay [O'Brien eLeitchenkov, 1997]. E studi sui sedimenti marinidepositati sulla piattaforma continentale, indica-no che il WAIS era notevolmente più grandedelle sue attuali dimensioni durante l'ultimomassimo glaciale, tra 13.000 e 24.000 anni fa,quando il ghiaccio sulla superficie terrestre siestese almeno per svariate centinaia di chilome-tri oltre il suo attuale limite nel Mare di Ross[Oppenheimer, 1998].

Secondo Kennett e Hodell [1995], però, isedimenti marini conterrebbero una serie inop-pugnabile di evidenze a favore dell’ipotesi distabilità, indicando che l’Antartide e l'OceanoMeridionale rimasero freddi e relativamente sta-bili durante il riscaldamento globale delPliocene inferiore. A supportare tale ipotesi cisarebbero anche i dati dell’ossigeno isotopico,secondo i quali la temperatura media delle

acque superficiali nell'Oceano Meridionale nonavrebbe potuto subire aumenti oltre i ~3°C du-rante la fase più calda del Pliocene. Un piccoloaumento di temperatura nelle acque dell’OceanoMeridionale, potrebbe aver provocato una limi-tata fusione delle calotte glaciali ed essere cosìassociato a trasgressione marina, ma il massimoaumento del livello marino fu probabilmente in-feriore ai 25 m rispetto all’attuale livello[Kennett e Hodell, 1995].

Nonostante tutto, però, non si è riuscitiancora a stabilire se il volume della calottaAntartica attualmente sta crescendo, diminuen-do o si mantiene costante. Si tratta di una que-stione da risolvere al più presto, affinché sigiunga a predire il comportamento delle calotteglaciali in risposta ai cambiamenti climatici glo-bali [Van der Wateren e Cloething, 1999].

Grande interesse intorno al problema èstato indotto dalla recente fratturazione di alcu-ne piattaforme galleggianti di ghiaccio nellaPenisola Antartica [Vaughan e Doake, 1996;Doake et al., 1998], ed il riconoscimento chegrandi cambiamenti sono avvenuti in brevetempo, nell’arco di poche decine di anni, grazieal flusso di ghiaccio dal WAIS all'oceano con-centrato in veloci movimenti di correnti dighiaccio (ice streams). Di fatto le correnti dighiaccio si muovono già ad una velocità ~100volte superiore a quella con cui si muove l'inte-ra calotta [Bindschadler e Vornberger, 1998].

È l’evoluzione di questo sistema di dre-naggio che, quasi certamente, rappresenta ilprincipale fattore di controllo del comportamen-to della calotta nell’Antartide occidentale [Bellet al., 1998], per la quale è stata anche avanzatal’ipotesi che possa collassare, totalmente o par-zialmente, in un periodo compreso tra i prossimi100 e 1.000 anni [Kellogg e Kellogg, 1987].

Nell’area di Ross sono state individuatealmeno cinque correnti di ghiaccio che drenanoil bacino, ed ognuna misura 30–80 km di lar-ghezza e 300–500 km di lunghezza: sono statestudiate usando radar ed osservazioni fotografi-che da satelliti. Le proprietà subglaciali sonostate studiate usando sondaggi e metodi sismici.In almeno quattro delle correnti, il ghiaccio sistarebbe muovendo ad una velocità media di~0.5 km/anno. Correnti di ghiaccio drenanoanche la piattaforma di Filchner–Ronne nelMare di Weddell (Fig. 64) dove è stata misuratauna velocità di ~0.4 km/anno. Nel Mare diAmundsen drenano le correnti dei ghiacciai diThwaites e Pine Island Bay, con quest’ultimoche presenta una piccola piattaforma galleggian-te di ghiaccio e velocità di ~1,3-1,9 km/anno[Oppenheimer, 1998, e ref. ivi citate].

Studi sismici, indagini con sondaggi e se-

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Figura 64. La storia della glaciazione Antartica proposta da Van der Wateren e Cloething [1999] in unasequenza che potrebbe essere vista come un modello evolutivo della calotta polare che, secondo Hambreye Barrett [1993] e come evidenziato dai dati sismici in mare e dai sondaggi in foro sul continente, potreb-be essersi verificata più volte nel corso del Cenozoico subendo molte variazioni tra massimo e minimo gla-ciale sin dall’Oligocene inferiore, fino allo stabilirsi delle attuali condizioni glaciali. In un Antartide nonglaciale, i bacini interni (Wilkes e Pensacola) potrebbero essere stati invasi dal mare con deposizione di se-dimenti marini e glaciomarini. Durante lo sviluppo della calotta glaciale, questi sedimenti vennero tra-sportati alle loro attuali elevazioni nelle TAM. La calotta glaciale Antartica era molto estesa durante l’ulti-mo massimo glaciale (~20.000 anni fa) e nell’Antartide occidentale la calotta (WAIS) avrebbe perso 2/3della sua massa: un volume di ghiaccio sufficente a far risalire di 11 metri il livello del mare. Le più gran-di perdite sono avvenute dove si sono formate le attuali piattaforme di ghiaccio galleggiante di Ross e diRonne/Filchner. All’interno, invece, lo spessore del ghiaccio non dovrebbe essere cambiato molto. Cambicontenuti sarebbero anche quelli relativi alla calotta dell’Antartide orientale (EIAS). (a) Locali ghiacciai al-pini e piccole calotte glaciali che risalgono le montagne. (b) Le varie calotte glaciali si uniscono. (c)Ulteriore crescita dell’EIAS separata a valle delle fosse attraverso le TAM dagli scarichi principali deighiacciai. (d) Piena crescita dell’EIAS che si unisce al WAIS. (e) Situazione attuale con EIAS e WAIS se-parati dalla spalla di rift delle TAM.da Van der Wateren e Cloething [1999] modificato.

dimenti del fondo oceanico, proverebbero chealmeno due delle correnti di ghiaccio presentinell’area del Mare di Ross si muovono su unostrato limite non consolidato, saturo di acqua espesso vari metri che lubrifica il loro moto (Fig.63) [Bell et al., 1998]. Quindi, la dinamica cheregola il movimento di un ghiacciaio e/o di unacalotta glaciale, dipende dalle condizioni esi-stenti alla base del ghiacciaio, che sono sicura-mente legate alle caratteristiche geologiche sub-glaciali [Anandakrishnan et al., 1998; Bell etal., 1998; Blankenship et al., 1993].

Inoltre il WAIS insiste su una regionecomplessa, dal punto di vista tettonico e geolo-gico, caratterizzata da crosta sottile, alto flussodi calore, vulcanismo attivo e bacini sedimenta-ri. Tant’è che secondo Behrendt [1999] le cor-renti di ghiaccio sarebbero direttamente legateall’attività vulcanica. L’implicazione principaledi un vulcanismo attivo sotto la calotta, è chel’elevato flusso geotermico fornito alla sua basepotrebbe aumentarne la mobilità verso il mare,per la fusione degli strati inferiori, e scatenare ilcollasso delle aree d’accumulo del ghiaccio nel-l’entroterra [Blankenship et al., 1993].

Da qui la necessità di effettuare continuericerche, soprattutto geofisiche, su tutta l'areainteressata da vulcanismo Cenozoico, vista l'al-ta probabilità che un significativo numero divulcani possano trovarsi sul fondo del Mare diRoss e sotto la cappa glaciale, specialmentelungo l’asse del WARS (Fig. 63, 64).

Del resto la tettonica ha avuto un ruolochiave nell’evoluzione della calotta glacialeAntartica visto che: movimenti tettonici vertica-li hanno prodotto lineamenti topografici chehanno accentuato il movimento del ghiaccio (adesempio, le Montagne Transantartiche), hannocreato antiche vie marine nelle regioni internedell’Antartide che ne condizionarono il clima(ad esempio, il bacino sub-glaciale di Wilkes),hanno generato percorsi preferenziali attraversole montagne dove il ghiaccio può drenare versomare (ad esempio, le fosse di Beardmore e diDrygalski), ed hanno controllato potenzialmen-te le correnti oceaniche circum-antartiche attra-verso finestre batimetriche (ad esempio la piat-taforma dell’arco di Scotia) [Webb, 1998].

Attualmente, la cappa glaciale del WAISfluisce attraverso il bacino sub-glaciale di Byrdnella piattaforma di Ross, e il suo regime è pro-babilmente parzialmente controllato dalla tetto-nica del WARS e dal sollevamento di una suacomponente, la spalla del rift nelle TAM[Behrendt et al., 1993]. Inoltre, evidenze di uncambiamento importante nella direzione di dre-naggio delle correnti di ghiaccio, nella Terra diMarie Byrd, sono state ascritte all’inclinazione

di blocchi fagliati [Luyendyk et al., 1994]. Si capisce, quindi, come sia importante

riuscire a valutare l’impatto delle principaliplacche tettoniche e le relazioni esistenti traeventi orogenici e le variazioni climatiche a li-vello globale. Questo anche perché recenti sco-perte hanno portato ad individuare il Miocenemedio (14,5÷17 Ma) come il periodo più caldodegli ultimi 35 Ma. Fenomeno che non sarebbeattribuibile soltanto ad un riscaldamento prodot-to per “effetto serra” dalla crescita eccessiva diCO2, ma anche a quella di altri gas, a cambia-menti nel trasporto di calore delle acque oceani-che nonché a variazioni nella distribuzione dellemasse continentali ed oceaniche [Van derWateren e Cloething, 1999, e ref. ivi citate].

7. Sommario e conclusioni

Oggi l’Antartide sembra essere parte diuna sola placca tettonica. Ci sono chiare eviden-ze geologiche e paleomagnetiche, però, chemettono in luce come in passato ci sia stata unagrande rotazione tra diverse parti del continente,così come rispetto ad altri continenti. Di fatto,l’Antartide si trova al centro di un circuito glo-bale delle placche [Gordon, 2000] con rocce frale più vecchie del mondo che hanno registratoeventi riconducibili a ~4.000 Ma.

Quindi, il continente Antartico potrebberivelarsi molto utile per testare una questioneimportantissima, in quanto nonostante la teoriadella tettonica delle placche sia ampiamente ac-cettata da almeno 30 anni, le ragioni del perchéi supercontinenti si disintegrano e si disperdonoper formare placche continentali più piccole ri-mane a tuttoggi enigmatico [Storey, 1995].Infatti, l’Antartide sembra una delle aree più in-dicate in grado di fornire delle risposte in meri-to. Ad esempio, il margine Antartico è attivo econtinuo con quello dell'Australia orientale[Flöttmann et al., 1993], e nessun luogo inAustralia fornisce elementi per definire l'attivitàvulcanica del Cambriano medio ed inferiore,così come avviene invece per le Montagne dellaRegina Maud, lungo le TAM centrali, nonostan-te l’estesa coltre di ghiaccio e di neve.

E datare gli eventi orogenici avvenuti trail Neoproterozoico ed il Paleozoico inferiorelungo i margini attivi, nonché capirne la natura,è fondamentale per arricchire le nostre cono-scenze circa i cambiamenti globali del livellodel mare nel Cambriano ed i principali episodidi diversificazione ed estinzione biologica[Kirschvink et al., 1997].

Sedimenti identici trovati in Antartide,Australia, India, Africa Meridionale e

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Sudamerica implicano che tutti i continenti me-ridionali formarono il supercontinenteGondwana, centrato nell’Antartide orientale,sottoposto a una storia geologica simile duranteil Paleozoico [Tingey, 1991]. Ed ancora prima,almeno fino a 750 Ma, questi continenti eranoriuniti insieme ai continenti dell’emisfero set-tentrionale a formare un unico supercontinente,quello di Rodinia, con l’Antartide che anche quipotrebbe aver avuto un ruolo chiave essendo le-gata all’America settentrionale, come stabilitodall’ipotesi SWEAT (Southwest U.S.-EastAntarctic connection), che rappresenta un esem-pio di applicazione dei principi della tettonicadelle placche al pre-Cambriano [Moores, 1991;Dalziel 1991; Hoffman, 1991].

Per quanto riguarda queste fasiProterozoiche-Cambriane, l’attenzione deglistudiosi è particolarmente rivolta alle fasi tetto-nometamorfiche d’età Grenvilliana (1.200-1.000 Ma) e Pan-Africana (550-500 Ma) cheportarono all’assemblaggio dello scudoAntartico, e alle loro implicazioni circa la rico-struzione continentale del Gondwana e del pre-Gondwana.

Recenti ricerche petrologiche, geochimi-che e geocronologiche [Karlstrom et al., 1999;Ricci, 1997] tendono però ad escludere un colle-gamento tra L’Antartide orientale ed ilNordamerica nel corso degli eventi tettonicid’età Grenvilliana, come invece stabilito dall’i-potesi SWEAT. A tal riguardo assumono moltaimportanza aree dell’Antartide orientale, qualila baia di Prydz Bay e quella di Lützov-HolmBay che, insieme allo Shackleton Range, sonoritenute aree chiave per testare l’ipotesi di un su-percontinente con importanti punti di contattointorno all’Antartide. È stata anche avanzata l’i-potesi di un supercontinente Proterozoico diver-so dal Rodinia e assai simile a quello che poi,nel Carbonifero, diverrà il Pangea e perciò indi-cato come Paleopangea [Piper, 2000].

Più difficile è testare l’ipotesi chel’Antartide abbia ricoperto un ruolo importantenella grossa crisi biologica al limite Permo-Triassico che alcuni [Retallack et al., 1998 e ref.ivi citate] riconducono ad un grosso impatto me-teoritico le cui tracce sarebbero presenti inAntartide e Australia. Si tratta di un ipotesi benlungi dall’essere dimostrata, ma la frammenta-zione del Gondwana che inizia a svilupparsi~220 Ma è stata utilizzata per testare un altroimportante aspetto, circa la frammentazione deisupercontinenti: il ruolo svolto dai mantle plu-mes nel break-up di Gondwana [Storey, 1995].Infatti, intorno ai 190 Ma, inizia un’intensa atti-vità vulcanica che viene ricondotta alla presen-za di un mantle plume, testimoniata da estese

coltri di lave che coprono parte dell’Africa me-ridionale, del Sudamerica dell’Australia dellaTasmania e dell’Antartide.

Inoltre, all’inarcamento della crosta, pro-dotto dal mantle plume, potrebbero essere lega-ti la formazione e la migrazione di piccoli bloc-chi continentali come il Falkland Plateau, leMontagne di Ellsworth e Haag Nunatak, cheavrebbero raggiunto la loro posizione attualesulle placche del Sudamerica e dell'Antartidespostandosi dalla loro originale posizione nelGondwana, vicino l’Africa meridionale, doveera presente la testa di un mantle plume.

La questione è legata all’incertezza circail numero delle microplacche che in parte com-pongono il mosaico dell’Antartide occidentale,nonché ai loro movimenti, invocati in ogni rico-struzione per evitare sovrapposizioni dei blocchistessi, come ad esempio tra la Penisola Antarticaed il Falkland Plateau.

Nel settore Sud Pacifico, dove ilGondwana si smembrò formando le placcheAustraliana e Antartica, il processo di frammen-tazione segue una modalità ancora più comples-sa e di più difficile inserimento in un modelloglobale. Durante la separazione e successivo al-lontanamento (iniziato ~135 Ma) tra l’Africa dauna parte, e l’Australia con l’Antartide dall’al-tra, una zona di frattura si produce anche traquesti ultimi. Però, mentre l’allontanamento conl’Africa prosegue velocemente al ritmo di alcu-ni cm/anno, la separazione tra l’Australia a Norde l’Antartide a Sud, avviene ad una velocità ri-dotta di alcuni mm/anno per decine di Ma.

In corrispondenza del limite orientale diquesta frattura inizia un processo di surriscalda-mento anomalo della crosta, con conseguenteassottigliamento della litosfera che porterà al-l’allontanamento del blocco CampbellPlateau/Nuova Zelanda (~80 Ma) ed alla forma-zione del bacino del Mare di Ross, al limite trail Cretacico ed il Cenozoico.

Tra 70 Ma e 50 Ma, la tettonica delleplacche del Pacifico meridionale viene investitada un cambiamento brusco, che si ripercuote sututta la placca Pacifica e porta al rapido allonta-namento dall’Australia dell’Antartide, chemigra rapidamente verso Sud ad una velocità~20 volte superiore a quella con cui si allonta-nava in precedenza. Fenomeno che, secondo al-cuni [Salvini et al., 1997] potrebbe essere statoagevolato dalla riattivazione di linee di fratturaPaleozoiche, connesse all’orogenesi di Ross.Nella zona di collisione tra le nuove microplac-che e la placca Pacifica si formano la NuovaZelanda ed il Macquarie Ridge, una dorsale sot-tomarina lunga migliaia di km responsabiledella formazione di crosta oceanica in quella re-

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Nicola Mauro Pagliuca: L’evoluzione tettonica del continente Antartico

gione del Pacifico. Estinta come centro d’espan-sione, attualmente è un alto batimetrico chesegna il limite tra la placca Pacifica e quellaAntartica.

Intorno ai 55 Ma, inizia pure la fase piùimportante di sollevamento delle TAM, eventoche potrebbe essere legato anche al moto relati-vo tra l’Antartide orientale ed occidentale.Infatti, Cande et al., [2000] hanno presentanodei dati che rivelano la presenza di una placcatettonica estinta tra le due parti dell’Antartide,orientale e occidentale, che si sarebbero sposta-te di 180 km tra 43 e 26 Ma, con un tasso d’e-spansione di 12 mm/anno.

Le conseguenze di questo evento sono os-servabili nella brusca modifica dello sviluppodella dorsale vulcanica delle isole Hawaii, adoltre 10.000 km di distanza. L’andamento a go-mito della catena di seamounts Hawaian-Emperor, nel Nord Pacifico, è stato interpretatoda molti autori come la registrazione di un cam-bio di 60° avvenuto ~43 Ma nella direzione delmovimento della placca Pacifica relativamenteall’hotspot delle Hawaii e ad altri plumes delPacifico. Nella ricostruzione usata da Cande etal., [2000], però, non viene avanzato alcun cam-bio nel moto degli hotspots del Pacifico relati-vamente a quelli degli altri bacini oceanici,aprendo nuove prospettive per il circuito globa-le di placche [Gordon, 2000].

Diventa così interessante valutare anchela connessione di questo moto con la presenza diun mantle plume sotto la crosta dell’Antartideoccidentale, cui viene ricondotta l’attività vulca-nica Cenozoica e che interessa soprattutto ilmargine Pacifico del continente. Potrebbe trat-tarsi tanto della terminazione di un vecchioplume attivo sin dal Cretacico [Weaver et al.,1994], che di un plume instauratosi nelCenozoico e tuttora attivo [LeMasurier eLandis, 1996]: su queste ipotesi andranno indi-rizzati ulteriori studi, ad esempio di tomografiasismica, per valutare taglia e dimensioni delplume che potrebbe avere connessione con ivulcani Cenozoici, attivi o meno, e con quelliprobabilmente presenti sotto la coltre glaciale[Behrendt, 1999] composta essenzialmente didue calotte, orientale (EIAS) e occidentale(WAIS). Queste sono state coeve almeno sin dalMiocene, benché l'area sia stata deglaciata piùvolte durante questo periodo [Behrendt et al.,1995], e la loro risposta ai cambi di clima è for-temente modulata dalla geologia sottostante.Inoltre, tanto il sistema di rift Cenozoico che in-teressa le TAM quanto il fianco sollevato dellaMBL, sono legati all’evoluzione della glaciazio-ne continentale, elemento condizionante l’attua-le regime climatico globale [Armienti e Baroni,

1999]. Da qui la necessità di fare chiarezza suquesto tema assai delicato, in quanto l’evoluzio-ne tettonica del sistema Australia-Antartide, cheha notevoli ripercussioni nell’evoluzione clima-tica della regione, e quindi sul clima globale, siinserisce nel dibattito sulla stabilità della calottaglaciale Antartica: calotta e sistema climaticoresistettero a variazioni di clima come quelloPliocenico, con cambiamenti relativamente pic-coli (ipotesi di stabilità) oppure gran parte delghiaccio della calotta scomparve (ipotesi di de-glaciazione)?

Il dibattito è in corso ma, anche in questocaso, importanti indicazioni possono veniredalla ricerca geologica, intesa a risolvere la que-stione legata all’età e alla deposizione delle suc-cessioni sedimentarie che formano il SiriusGroup.

Ringraziamenti Desidero ringraziare il Prof. Enzo Boschi

(Presidente INGV) per l’incoraggiamento apubblicare questo volume, ed il supporto nelprogetto. Ringrazio Leonardo Sagnotti per la re-visione ufficiale del lavoro, Martina Busetti(Ogs Trieste), Massimo Chiappini e AndreaMorelli (INGV), Francesco Salvini (Dst Romatre) e Sergio Rocchi (Dst Pisa), per i preziosicommenti che hanno consentito di migliorare ilmanoscritto originale.

Fondi per questo studio sono stati fornitidal Programma Nazionale di Ricerche inAntartide (PNRA), Ministero per l'Università ela Ricerca Scientifica e Tecnologica.

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