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Culliamoci dolcemente sulle piccole onde di questo laghetto in attesa delle notizie sui cambiamenti climatici CAMBIAMENTI CLIMATICI

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Culliamoci dolcemente sulle piccole onde di questo laghetto

in attesa delle notizie sui cambiamenti climatici

CAMBIAMENTI CLIMATICI

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Cambiamenti climatici in corso

Cambiamenti della

temperatura del pianeta con aumento progressivo

Scioglimento dei ghiacci in Artide ed Antartide

Precipitazioni abbondanti e/o siccità

Livello del mare in progressivo aumento

Circolazione atmosferica ed oceanica diversa

Eventi meteorologici estremi

in sensibile aumento

Fonte IPCC

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2010 2050

CRISI CLIMATICA IN CORSO

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1. CRISI CLIMATICA

· 2. CRISI ENERGETICA

· 3. DEFORESTAZIONE

· 4. CRISI IDRICA

· 5. CRISI DEMOGRAFICA

· 6. DESERTIFICAZIONE

· 7. PERDITA DELLA BIODIVERSITÀ

· 8. CRISI AGRICOLA: EROSIONE E RIDUZIONE PROGRESSIVE DELLA SUPERFICIE ARABILE

· 9. PROGRESSIVO E RAPIDO CALO DELLE RISERVE ITTICHE

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E così stiamo andando tutti a fondo, anche se

lentamente, seduti a godersi il sole su qualche

atollo del pacifico

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I colori delle piante e della frutta del Mediterraneo.

Non possiamo perderli entro il secolo attuale!

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Verlyn Flieger, Schegge di Luce

E’ possibile sperare ancora nel ritorno di un po’ luce?

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Un breve cennoalla paleoclimatologia

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Temperature degli ultimi duemila anni

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Temperature medie dell’ultimo millennio

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Temperatura media annuale dal 1860

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Gravi crisi in agricoltura in Europa

· crisi del 2800-2500 a.C. (siccità)

· crisi del 1200-900 a.C. (siccità)

· crisi del 800- 300 a.C. (periodo freddo-umido)

· crisi del 200 - 600 d.C. (siccità)

· crisi del 1500 - 1830 d.C. (periodo freddo- umido)

Le ultime tre diapositive da Mariani

CLIMA ED AGRICOLTURA IN EUROPA E NEL BACINO DEL MEDITERRANEO DALLA FINE DELL’ULTIMA GLACIAZIONE

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PERIODI CLIMATICI DAL 4000 A. C.Periodo caldo postglaciale 4000 - 1000 a.c.

Periodo freddo 1000 - 300 a.c.

Periodo mite 300 a.c. 400 d.c.

Periodo freddo 400 800 d.c.

Periodo caldo alto medioevo 800 - 1200 d.c.

Periodo freddo 1200 - 1350 d.c.

Periodo fresco 1350 - 1550 d.c.

Piccola era glaciale 1590 - 1850 d.c.

Periodo caldo 1850 - 1950 d.c.

Ritorno al freddo (?) 1950 - 1980 d.c

Temperatura in sensibile aumento 1980..

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INVERNI MOLTO FREDDI IN EUROPA OCCIDENTALE

296 359 411 462 554 695 764

822 860 913 1074 1077 1125

1150 1205 1225 1236 1306 1364

1408 1423 1435 1514 1565 1571 1595

1608 1621 1630 1658 1709 1740

1784 1789 1795 1830 1880 1889 1891

1917 1929 1947 1956 1963 1966 1985

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INVERNI MOLTO MITI IN EUROPA OCCIDENTALE

584 808 1172 1218 1249

1289 1365 1368 1427

1 1479 1507 1529 1617 1703 1708 1725

1796 1834 1846 1869

1877 1935 1943

1975 1988 1989 1992 1993 1994 1996 1997 2000 2006

GLOBAL WARMING

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Concentrazione di CO2 su tre Pianeti correlazioni termiche

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I fattori di raffreddamento

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Eventi climatici e meteorologici estremi siccità, alluvioni, El Nino, ecc.

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I cambiamenti in atto in Europa

L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha condotto nel 2006 una analisi di dettaglio sul continente europeo e ha rilevato

numerosi indicatori del cambiamento climatico in atto sul vecchio Continente.

Temperatura.

La temperatura media in Europa è aumentata più di quella media globale: l’aumento è stato pari a 0,95°C (in estate di 0,7°C, in inverno di 1,1°C). Con gli attuali ritmi, in Europa la

temperatura media annuale avrà nel 2100 un ulteriore aumento, rispetto a oggi, compreso fra 2 e 6,3°C.

Precipitazioni.

Le precipitazioni totali annue nel Nord Europa sono aumentate, nell’arco di un secolo, dal 10 al 40%, mentre nel Sud Europa sono diminuite dal 10 al 20%. Con questi ritmi le

precipitazioni totali annue nel 2100 aumenteranno di un ulteriore 10-20% nel Nord Europa e diminuiranno

di circa il 10% nel Sud Europa.

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Alluvioni e inondazioni.

Negli ultimi 25 anni in Europa si sono avute

238 alluvioni disastrose.

Tuttavia, grazie al miglioramento dei sistemi di protezione civile, pur essendo molto aumentati i danni economici,

sono viceversa diminuite le perdite umane.

In futuro è probabile che continueranno ad aumentare sia gli eventi alluvionali che quelli siccitosi, ma danni

economici e morti dipenderanno dai sistemi di adattamento che saranno nel frattempo predisposti.

Ghiacciai.

Dal 1850 i ghiacciai europei hanno perso in media il 30% della loro superficie e il 50% del loro volume. Con le

tendenze in atto, al 2100 alcuni ghiacciai europei potrebbero scomparire definitivamente.

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Livello del mare.

Il livello medio dei mari che circondano l’Europa è cresciuto negli ultimi 100 anni a un tasso compreso fra 0,8 mm/anno

(costa atlantica) e 3 mm/anno (costa norvegese).

Nel Mediterraneo il tasso di crescita è compreso fra 1,3 e 2 mm/anno, anche se vi è stato un rallentamento in questi

ultimi decenni.

Con gli attuali ritmi, al 2100 il tasso di crescita del livello del mare potrebbe salire fino a valori

compresi fra 2.6 e 9.9 mm/anno.

Stagioni vegetative.

Il periodo vegetativo delle piante si è allungato di circa 10 giorni tra il 1962 e il 1995, e tenderà ad aumentare se

saranno disponibili acqua e nutrienti nei suoli.

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Portata dei fiumi.

La portata dei fiumi che si gettano nel Mare Artico è aumentata fino al 50%; quella dei fiumi che si gettano nel Mar Baltico e nell’Atlantico è rimasta più o meno costante

o aumentata del 10%. Al contrario, la portata dei fiumi che si gettano nel

Mediterraneo è diminuita dal 10 al 50%. Gli attuali andamenti tenderanno probabilmente ad

accentuarsi in futuro.

Fiume Po - La grande secca in atto

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Le tendenze climatiche

in atto in Italia

Variazioni in aumento di temperatura in Italia

Variazioni in diminuzione di precipitazioni in Italia

Variazione in aumento del livello del mare

Risorse idriche sempre più scarse

Variazione qualità dei suoli e rischio desertificazione, specie in Calabria,

Sicilia e Sardegna

Fonte IPCC

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I cambiamenti in atto in Italia

Dalle analisi dei dati degli ultimi duecento anni, pervenuti da oltre cento stazioni meteorologiche e dai più antichi

osservatori d’Italia, il CNR (Brunetti M. et al., 2006) ha ricavato una fotografia aggiornata del cambiamento in atto in

Italia.

Temperature.

Le temperature medie annuali in Italia sono cresciute negli ultimi due secoli di 1,7°C (pari a oltre 0,8°C per secolo), ma il contributo più rilevante a questo aumento è avvenuto in questi ultimi 50 anni, per i quali l’aumento è stato di circa

1,4°C (pari a circa 2,8°C per secolo).

Il tasso di crescita delle temperature medie in Italia è molto superiore (circa doppio) a quello medio globale.

Sono aumentate di più le temperature minime (soprattutto al nord) che le massime, e di più le temperature invernali

(soprattutto al sud) che quelle estive.

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Tuttavia la situazione si capovolge se si analizzano soltanto i dati degli ultimi 50 anni.

Infatti sono aumentate di più le temperature massime di quelle minime e, conseguentemente, sono aumentate anche le escursioni termiche giornaliere, dovute, almeno in parte al

minor tasso di umidità relativa nell’aria

(aria più secca)

Sono anche aumentate, come durata e intensità, le ondate di calore estivo: il 2003, oltre a essere stato il più caldo mai

registrato in questi ultimi 200 anni, ha prodotto le più intense e prolungate ondate di calore.

Sono diminuite, soprattutto come frequenza, le ondate di freddo invernale.

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Precipitazioni.

Le precipitazioni totali sono diminuite in tutto il territorio nazionale di circa il 5% a secolo, con maggiori riduzioni (9%) in primavera; la riduzione è più accentuata nelle

regioni centro-meridionali rispetto a quelle settentrionali.

È diminuito anche il numero complessivo dei giorni di pioggia, soprattutto in questi ultimi 50 anni: la diminuzione è pari a circa 6 giorni per secolo nelle regioni settentrionali e

a circa 14 giorni nel centro-sud.

La tendenza generale, per tutte le regioni italiane, è all’aumento dell’intensità delle precipitazioni e alla

diminuzione della loro durata.

Sono in aumento anche i fenomeni siccitosi, la cui persistenza è maggiore in inverno nelle regioni settentrionali

e maggiore in estate al sud.

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Risorse idriche.

I dati della campagna di studio della Conferenza Nazionale delle Acque mostrano che le risorse idriche complessive, valutate attualmente in circa 50 miliardi di metri cubi per

anno, che già sono distribuite in modo disomogeneo fra nord (41%), centro (26%), sud (20%) e isole (6%), tendono a

diminuire a causa della riduzione delle precipitazioni e all’aumento della

evapotraspirazione e dei prelievi idrici.

La diminuzione delle risorse idriche aumenta la disomogeneitò tra nord e sud Italia:

le riduzioni più marcate avvengono al Sud e nelle isole.

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Livello del mare.

Benché a livello globale il livello medio del mare sia, a partire dal 1900, progressivamente aumentato di 15-20 cm

in un secolo, nel Mediterraneo, dopo una fase iniziale di innalzamento progressivo analogo a quello osservato a

livello globale, sono apparse anomalie nei tassi di crescita particolarmente evidenti negli ultimi 30 anni

(ma soprattutto negli ultimi 15),

durante i quali il livello marino è rimasto stazionario o ha mostrato addirittura sintomi di diminuzione.

Secondo le analisi in corso, questo deriva da due fattori: a) l’aumento di evaporazione (a causa del riscaldamento

globale) e la contemporanea diminuzione degli apporti dai fiumi (a causa della diminuzione delle precipitazioni e all’aumento dei prelievi idrici fluviali); b) l’aumento di

salinità, con formazione di acque dense che ostacolano gli apporti di riequilibrio idrico a Gibilterra

fra Atlantico e Mediterraneo.

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Rischio desertificazione.

La qualità dei suoli tende a degradarsi soprattutto al sud, anche se non solo per problemi climatici.

Le aree aride, semi-aride e sub umide secche, che si trasformano in aree degradate, interessano attualmente il

47% della Sicilia, il 31,2% della Sardegna, il 60% della Puglia e il 54% della Basilicata.

Concorrono al degrado anche i cambiamenti di uso del suolo o usi non adatti, oltre alla crescita

degli incendi boschivi.

Il degrado è accentuato anche da fattori di origine antropica come l’erosione, la salinizzazione, la perdita di

sostanza organica, l’impermeabilizzazione, e a volte anche i fenomeni di forte ruscellamento da eventi alluvionali.

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Variazioni agroforestrali.

l riscaldamento climatico e il cambiamento del regime idro-pluviometrico indurranno cambiamenti negli equilibri degli

ecosistemi, che porteranno gli ecosistemi terrestri di pianura a migrare a un tasso di circa 150 km verso nord per ogni

grado di aumento della temperatura, e gli ecosistemi montani di circa 150 metri verso l’alto per ogni grado in più.

Gli ostacoli naturali (orografici e geomorfologici)

che impediranno tale migrazione indurranno di conseguenza una perdita dell’ecosistema

o modifiche della sua biodiversità.

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Suolo e agricoltura.

Un riscaldamento climatico inferiore a circa 2°C non danneggia molto l’agricoltura, perché a temperature più alte e con maggiore CO2 atmosferica viene facilitata la

crescita di molte specie

purché sia disponibile acqua e nutrienti nei suoli.

I problemi si pongono per quelle regioni dove i cambiamenti climatici inducono processi di aridità e di degrado dei suoli, e per quelle regioni dove aumenta la frequenza o l’intensità di eventi meteorologici estremi come ad es. alluvioni e/o prolungati periodi di siccità.

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Boschi e foreste.

In pianura o a bassa quota boschi e foreste si adattano molto lentamente ai cambiamenti del clima.

L’adattamento però comporta una modifica nella composizione, sia delle specie viventi sia degli ecosistemi.

Nella fase transitoria di adattamento cambia anche la composizione chimica, fisica e biologica dei suoli:questa variazione può generare a sua volta ulteriori impatti sul

clima locale e sui microclimi.

Boschi e foreste di montagna o ad alta quota

si adattano invece molto difficilmente ai cambiamenti del clima, soprattutto se questi cambiamenti inducono

variazioni dei regimi idrogeologici montani, deglaciazione dei suoli, instabilità dei versanti e tutte quelle condizioni

che impediscono a boschi e foreste di migrare o espandersi verso quote più alte.

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Le Alpi.

In base ai dati raccolti dalle stazioni in quota poste sul versante italiano e su quello svizzero e austriaco, il tasso di

aumento della temperatura media sulla catena alpina in quest’ultimo secolo è compreso fra 1,5 e 2°C, e la maggior

parte di questo aumento è posteriore al 1980.

Questo tasso è più che doppio rispetto a quello medio globale. Sono stati osservati anche cambiamenti nelle

precipitazioni nevose nella frequenza delle valanghe e delle slavine, e secondo gli studi in corso presso il World Glacier

Monitoring Service di Zurigo perfino cambiamenti

nei regimi anemologici .

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Variazioni dell’ambiente marino.

All’innalzamento del livello del mare contribuiscono diverse cause, ma l’espansione termica degli oceani sarà la causa fondamentale di innalzamento del livello marino globale.

Secondo le valutazioni condotte dall’ENEA per Terza Comunicazione Nazionale alle Nazioni Unite, nel

Mediterraneo l’innalzamento del livello del mare dovrebbe essere contenuto tra i 18 e i 30 cm al 2090, senza

ovviamente considerare i fattori di subsidenza naturale che sono diversi per le diverse zone costiere italiane.

Risulterebbero quindi a rischio inondazione circa 4500 chilometri quadrati di aree costiere e pianure, così

distribuite: 25,4% nel nord dell’Italia (soprattutto alto Adriatico); 5,4% nell’Italia centrale (soprattutto medio

Adriatico e alcune zone del medio Tirreno); 62,6% nell’Italia meridionale (soprattutto Golfo di Manfredonia e zone del

Golfo di Taranto); 6,6% in Sardegna (soprattutto zone della parte occidentale e meridionale).

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Sono a possibile rischio di inondazione non solo l’area veneziana e tutta la costa dell’alto Adriatico compresa

grosso modo tra Monfalcone e Rimini, ma anche altre aree costiere come le zone alle foci dei fiumi (Magra, Arno, Ombrone, Tevere, Volturno, Sele), quelle a carattere lagunare (Orbetello, laghi costieri di Lesina e Varano, stagno di Cagliari), coste molto basse o già soggette a

erosione (costa di Piombino, tratti della costa Pontina e del Tavoliere delle Puglie).

L’entità del rischio non è, comunque, lo stesso per tutte le coste sopra menzionate, ma maggiore dove esistono già problemi di subsidenza o di erosione e di instabilità dei

litorali, problemi che riguardano soprattutto

l’alto Adriatico e l’alto Tirreno.

A tali rischi bisogna aggiungere altri rischi secondari, come le infiltrazioni di acqua salata nelle falde costiere, il cuneo salino negli estuari, la perdita zone umide e la perdita o

modifiche della biodiversità marino-costiera.

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Quando l’arte aiuta la scienza: la pittura di Canaletto e Bellotto e il livello del mare a Venezia

Il pittore veneziano Antonio Canal, detto il Canaletto, vissuto tra il 1697 e il 1768, e il suo discepolo Bernardo Belletto

(1722-1780) utilizzavano per la riproduzione degli edifici e degli scorci panoramici di Venezia una camera oscura.

L’immagine ricavata veniva proiettata su una tela dove il pittore disegnava i contorni degli oggetti ripresi e poi li dipingeva, ottenendo quindi una pittura fotografica.

Questo modo fotografico di dipingere del Canaletto è stato utilissimo per confrontare gli edifici ripresi allora con gli stessi

edifici come sono oggi, ma soprattutto per confrontare il livello del mare come era allora e come è oggi.

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Ricercatori del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) hanno raccolto le immagini di molti edifici storici dipinti dal Canaletto e Bellotto e sono andati a misurare l’altezza del fronte algale sulle facciate degli edifici bagnate dalle acque dei vari canali. Le opere prese in esame erano state dipinte

tra il 1727 e il 1758: è stato quindi abbastanza semplice misurare il dislivello del mare e calcolare

un valore medio di circa 70 cm. Tenuto conto degli errori di valutazione dei dati, i

ricercatori hanno concluso che l’innalzamento relativo del livello del mare a Venezia è stato pari a un valore compreso

fra 1,9 e 2,3 millimetri/anno, valore che – tenuto conto dei problemi di subsidenza di Venezia –

è perfettamente coerente con gli altri valori di innalzamento del livello del mare Mediterraneo.

D. Camuffo e G. Sturaro, “Sixty-cm submersion of Venice discovered thanks to Canaletto’s paintings”, Climatic Change,

58/2003, p. 333-343.

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Antonio Canal, più noto come Canaletto (1697-1768)

è stato come tutti sanno un grande artista.

Pochi conoscono invece la sua vocazione di scienziato ante litteram, svelata ora da uno studio condotto da Dario

Camuffo, dell’Istituto di Chimica e Tecnologie Inorganiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Padova che, attraverso un’accurata analisi, ha portato alla luce un segreto scientifico

lungamente custodito nei suoi quadri.

Canaletto infatti,

utilizzando una tecnica estremamente sofisticata per l’epoca, fissava nelle tele il livello dell’acqua a Venezia,

anticipando così una pratica che sarebbe diventata tradizionale solo a partire dal 1839 quando

Daguerre inventò la fotografia.

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Il pittore, costretto da impellenti necessità economiche a realizzare una grande quantità di quadri,

si specializzò nelle vedute di Venezia sfruttando una tecnica molto originale: avvalendosi di una camera oscura portatile

(custodita oggi presso il Museo Correr),

provvista di una lente e di uno specchio, cominciò a ricalcare le immagini proiettate su fogli di carta,

assolutamente fedeli all’originale, talmente fedeli da riportare addirittura la linea verde scura costituita dal bordo

superiore delle alghe sulle sponde dei canali e sui palazzi veneziani, il cosiddetto "commune marino" che corrisponde

al livello medio delle alte maree.

"Grazie all’intensa attività pittorica del Canaletto - spiega Dario Camuffo - abbiamo potuto ricostruire la situazione di

numerosi palazzi veneziani confrontandola con quella di oggi. Ne è uscito un quadro del livello dell’acqua alta della

città lagunare a partire dal 1700 che ci ha permesso di raccogliere dati molto importanti".

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I dipinti di Canaletto e Bellotto mostrano la

sommersione di Venezia negli ultimi tre secoli

Il fenomeno dell'acqua alta a Venezia è stato analizzato negli ultimi tre secoli studiando il livello

raggiunto dalle alghe sulle pareti degli edifici; che formano una cintura verde, il cui estremo superiore

(detto Comune Marino)

può essere utilizzato come indice

del livello medio della marea.

Nella prima metà del 18° secolo i quadri realizzati da Canaletto (1697-1768) e dai suoi allievi, tra cui

il noto Bernardo Bellotto (1722-1780), con l'utilizzo della camera oscura, riportano accuratamente tale

indicatore.

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Un'analisi sul livello delle alghe prima dei dati strumentali della marea permette di stabilire il trend a lungo termine del

livello relativo del mare e di distinguere tra i contributi naturali e antropogenici.

I dipinti di Canaletto e Bellotto permettono, quindi, di stimare l'abbassamento di Venezia indietro nel tempo. per almeno tre secoli. Lo spostamento osservato della cintura delle alghe è

69±11 cm, ed è principalmente determinato dall'innalzamento medio del mare e secondariamente da altri fattori di disturbo.

Le onde generate dalle barche a motore hanno un'altezza tipica di qualche decina di centimetri che è circa

due volte il valore di quello dovuto al traffico delle barche a remo del 18°secolo.

Questo fattore è equivalentead un innalzamento apparente di 5cm del Comune Marino

(CM) come stimato dalle osservazioni delle ondenel Canal Grande sotto altre condizioni.

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Dopo vari interventi effettuati in laguna

(tra cui il Canale dei Petroli)

la penetrazione dell'acqua in laguna è cambiata facilitando e amplificando le onde di marea.

Questo effetto dinamico contribuisce aumentando l'altezza media del CM di altri 3 cm.

Ne risulta che lo spostamento osservato delle alghe va corretto di 8 cm per ottenere l'omogeneità con i tempi del Canaletto.

Con tale correzione l'abbassamento di Venezia stimato dai dipinti risulta essere di 61±11 cm

(Camuffo and Sturaro, 2003).

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Camera oscura usata da Canal e Bellotto per i quadri

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a. Canaletto, Palazzo Grimani, Venezia b. Bellotto, il Canal Grande, Venezia

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Lo studio dell’acqua alta a Venezia

con il segno delle alghe

sui palazzi antichi ancora in vita

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Impatto sulla città

I risultati ottenuti da questi studi sono fondamentali per le

misure di salvaguardia da utilizzare a Venezia.

I palazzi di Venezia erano originariamente protetti contro

l'acqua alta da un basamento non permeabile in pietra d'Istria, ma questi sono andati affondando con la città per

l'effetto combinato dei fattori naturali e antropici.

Ora le acque alte raggiungono i mattoni e gli intonaci che sono rapidamente distrutti dai cicli di cristallizzazione-

dissoluzione del sale marino (NaCl).

L'effetto cumulativo dei cicli del NaCl assorbito nella muratura porta, a lungo termine, alla distruzione

prima delle malte, poi dei mattoni e della struttura stessa.

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Con queste considerazioni che ne sarà dell’Italia?

Le tendenze climatiche in atto possono portare in Italia a una serie di conseguenze, sintetizzabili in quattro aspetti

principali.

Aspetto idrologico.

L’andamento della temperatura, delle precipitazioni e degli eventi meteorologici estremi tenderà a far aumentare la differenza nella disponibilità di risorse idriche, con una

accentuazione dell’abbondanza d’acqua al nord e scarsità di acqua al sud.

Questo problema non è solo una questione di bilancio idrologico, ma ha profonde implicazioni su agricoltura,

produzione industriale, urbanizzazione, turismo, salute e – non ultimo – sul settore assicurativo.

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Aspetto ecosistemico e agroforestale. Le tendenze climatiche in atto creano condizioni più favorevoli all’ambiente tipico mediterraneo a latitudini più alte rispetto a

quelle attuali. Questo significa che verrà favorito lo spostamento verso nord di tutti i sistemi ecologici e ambientali naturali, con modifiche

anche del paesaggio e profonde implicazioni nei settori dell’agricoltura, del turismo e tempo libero,

nel settore residenziale.

Aspetto marino costiero.

L’innalzamento del livello del mare porterebbe problemi di inondazione in alcune decine di aree costiere depresse italiane, oltre che un incremento dell’erosione costiera, infiltrazioni di

acqua salata nelle falde costiere di acqua dolce e altre conseguenze sugli ambienti marino costieri.

Questo problema ha forti implicazioni su tutte le attività produttive condotte nelle zone costiere, ma anche sulle attività ricreative e turistiche e perfino sul patrimonio storico, artistico

e culturale, come nel caso di Venezia.

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Aspetti socio-economici.

Le ripercussioni secondarie sono connesse alle conseguenze dei cambiamenti climatici in atto, come la perdita della

biodiversità e i rischi di desertificazione,

soprattutto per il sud.

Ripercussioni non trascurabili si avrebbero anche in campo economico, a causa delle modifiche delle opportunità di

sviluppo per le varie regioni italiane; soprattutto per quanto riguarda le iniziative economiche, l’occupazione e la

distribuzione della ricchezza.

Tutto ciò potrebbe determinare anche problemi di equità fra le popolazioni delle diverse regioni italiane.

Vincenzo Ferrara - ENEA – Ministero Ambiente

9 gennaio 2007

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Gli scenari futuri per l'Europa ed il Mediterraneo

Le valutazioni degli scenari di cambiamento climatico e di conseguenze dei cambiamenti climatici in Europa ed in particolare nell’area mediterranea non sono allo stato

attuale delle conoscenze, abbastanza dettagliate da renderle sicuramente affidabili, essendo affette da errori che

dipendono sia dai modelli e dalle metodologie utilizzate sia dagli scenari di evoluzione dello sviluppo socio economico e

delle emissioni antropiche di gas di serra.

Tenendo conto delle incertezze, vengono di seguito riportate le tendenze future più probabili in relazione alla sensibilità

dei sistemi ambientali e socioeconomici europei ed alle capacità di adattamento di tali sistemi alle variazioni

climatiche.

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L'Europa ed in particolare l'area mediterranea sia a causa della complessità del sistemi ambientali, umani, sociali ed

infrastrutturali, sia a causa della peculiarità delle caratteristiche degli ecosistemi naturali e del patrimonio

storico, artistico e culturale, possiede già attualmente una vulnerabilità accentuata verso gli eventi estremi non solo

di tipo meteorologico (alluvioni, inondazioni, siccità, ecc),

ma anche di tipo naturale (terremoti, stabilità geologica ed idrogeologica, ecc).

I futuri cambiamenti climatici prevedibili modificheranno tale vulnerabilità e porteranno conseguenze che, rispetto alla situazione attuale, in alcuni casi si aggraveranno, in

altri si attenueranno. I problemi prioritari che dovranno affrontare i Paesi dell’Europa meridionale, ed in particolare i Paesi del

Mediterraneo, sono così sintetizzabili

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a) Gli eventi meteorologici ed idrologici estremi ed in particolare la differenza fra abbondanza e scarsità d'acqua fra nord e sud Europa e, per l’Italia, fra nord e sud Italia. Questo problema non è semplicemente una questione di

bilancio idrologico, ma ha profonde implicazioni sull'agricoltura, la produzione industriale, l'urbanizzazione, il

turismo, la salute e non ultimo il settore assicurativo.

b) Lo spostamento verso nord di tutti i sistemi ecologici ed ambientali naturali che potrebbe portare a profonde

modifiche, anche del paesaggio, in tutta Europa con effetti positivi nel nord Europa ed effetti negativi nel sud Europa ed in Italia soprattutto nei settori dell'agricoltura, del turismo e

tempo libero, nel settore residenziale.

c) Le ripercussioni secondarie connesse con le conseguenze dei cambiamenti climatici, quali la perdita della biodiversità e i rischi di desertificazione che interesserebbero soprattutto

il sud Europa e l’area mediterranea.

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Strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici

(agire sulle cause)

Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici

(agire sugli effetti)

Fonte IPCC

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•Opzioni di mitigazione

•Diminuire le emissioni

➝Uso razionale energia ed efficienza energetica

➝Sequestro carbonio

➝Fonti rinnovabili

➝Nuovi vettori energetici

➝Fonte nucleare

•Aumentare gli assorbimenti

➞Forestazione, riforestazione, afforestazione

➞Riduzione degrado suoli

➞Ottimizzazione gestione agroforestaleFonte IPCC

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Finalità dell’adattamento

Minimizzare le conseguenze negative prevedibili

ridurre la vulnerabilità ambientale e socio economica ai cambiamenti del clima

Prevenire i danni futuri prevedibili

pianificare la protezione ambientale e lo sviluppo socio economico in relazione al clima futuro e non al clima

passato

Combattere le emergenze future prevedibili

predisporre le azioni di risposta in relazione alla variazione dei rischi di catastrofi deivanti dai

cambiamenti del climaFonte IPCC

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La desertificazione nel mondo

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Il deserto risale

lo stivale

È allarme:

la desertificazione minaccia anche la Pianura del Po e l'Emilia Romagna.

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Tunisia, oasi di Kebili.

Colture agricole e avanzata del

deserto.

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Secondo la definizione internazionale

il fenomeno della desertificazione

consiste nel

"degrado dei terreni

coltivabili in aree aride, semi-aride e asciutte sub-umide in conseguenza

di numerosi fattori,

comprese variazioni climatiche

e attività umane".

Un cenno alla desertificazione in Italia Meridionale (Sicilia)

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Tenendo conto della previsioni climatiche della temperatura, ottenute dal modello dinamico del

Goddard Institute for SpaceStudy (GISS) della NASA, sono stati preparati

alcuni scenari climatici per la Sicilia intorno al 2010 ed intorno al 2030.

Tali scenari sono basati su due semplici indici semiempirici:

l’indice di De Martonne, che concerne le condizioni di aridità e

l’indice di Crowtherche riguarda un bilancio fra precipitazione ed

evaporazione ed è anch’esso, quindi, attinente alle condizioni di aridità.

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Indice di De Martonne

ID = -------------PT+10

P = precipitazione totale annua in mm.T = temperatura media annua in °C

ID < 5 : zone desertiche

5 < ID <10 : regioni limitrofe con vegetazione molto povera

ID > 30 : acqua abbondante; eventuale irrigazione stagionale

20 < ID < 30 : acqua di scorrimento; irrigazione opportuna

15 < ID < 20 : formazione erbacee ed alberi, è richiesta irrigazione

10 < ID < 15 : semiaridità; è richiesta irrigazione abbondante e continua

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Indice di DE MARTONNE1951-1990

ID < 5 5 < ID < 10

ID > 3020 < ID < 3015 < ID < 2010 < ID < 15

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Indice di DE MARTONNE2010

ID < 5 5 < ID < 10

ID > 3020 < ID < 3015 < ID < 2010 < ID < 15

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Indice di DE MARTONNE2030

ID < 5 5 < ID < 10

ID > 3020 < ID < 3015 < ID < 2010 < ID < 15

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Indice di CROWTHER

IC = P - 3,3 T P = precipitazione totale annua in cm.T = temperatura media annua in °C

IC < -30 : zone desertiche o limitrofe

-30 < IC < -15: semiaridità, è neccessaria irrigazione abbondante e continua

IC > 40 : molta acqua

15 < IC < 40 : apprezzabile acqua di scorrimentoirrigazione stagionale

0 < IC < 15 : modeste condizioni di umidità, irrigazione opportuna

-15 < IC < 0 : formazioni erbacee ed alberi, è richiesta irrigazione

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Indice di CROWTHERmedia 1951-1990

IC < -30

-30 < IC <-15

IC > 40

15 < IC < 40

0 < IC < 15

-15 < IC < 0

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Indice di CROWTHER2010

IC < -30-30 < IC <-15

IC > 4015 < IC < 400 < IC < 15-15 < IC < 0

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Indice di CROWTHER2030

IC < -30-30 < IC <-15

IC > 4015 < IC < 400 < IC < 15-15 < IC < 0

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1951-1990

2010

2030

Da un PPT di Franco Colombo

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Desertificazione

e

Siccità

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La siccitàLa siccità è il "decremento dell'acqua disponibile in un particolare

periodo e per una particolare zona" (Wilhite, 1993); secondo questa accezione la siccità si presenta come un fenomeno

sporadico che può colpire anche aree non aride.

La siccità è infatti una normale e ricorrente caratteristica del ciclo idrologico e può verificarsi sia in regioni secche che umide.

Differisce dall'aridità, la quale è invece ristretta ad aree

geografiche con poca precipitazione e risulta pertanto una

caratteristica climatica permanente.

La siccità ha origine dalla scarsità delle precipitazioni su un arco di

tempo esteso, di solito una stagione o più,e viene valutata in relazione al bilancio locale tra precipitazioni ed evapotraspirazione

(evaporazione + traspirazione).

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D

Di solito si distinguono le seguenti categorie di siccità:

• Meteorologica: è definita sulla base del grado di siccità (in confronto ad una quantità media) e della durata del periodo

siccitoso ed è considerata a livello locale, in quanto le condizioni atmosferiche che determinano deficienze di precipitazione sono

altamente variabili da regione a regione;

• Agricola: collega varie caratteristiche di siccità meteorologica o idrologica agli impatti sull'agricoltura, focalizzandosi sulla

scarsità delle precipitazioni, sulla differenza tra evapotraspirazione attuale e potenziale e sul deficit di acqua al

suolo e nel sottosuolo.

• Idrologica: è associata agli effetti dei periodi con deficit di precipitazione sul rifornimento idrico del suolo e del sottosuolo e ha frequenza e severità definite su scala di bacino fluviale o di

spartiacque.

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Idrologica in relazione all'uso del territorio: è definita oltre che in base al clima, che rappresenta il contributo primario alla siccità

idrologica, anche in funzione di altri fattori come il disboscamento, la degradazione del suolo,

la costruzione di dighe

che possono influire sulle caratteristiche di un bacino.

Socioeconomica: associa la domanda e l'offerta di qualche bene economico con elementi della siccità meteorologica,

idrologica ed agricola.

Differisce dai tipi sopraccennati di siccità perché la sua occorrenza dipende dai processi spazio-temporali della domanda

e dell'offerta.

Nella pratica la siccità socioeconomica si presenta quando la richiesta di un bene economico eccede l'offerta come

conseguenza di un deficit nel rifornimento idrico dovuto alle condizioni atmosferiche.

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PREVISIONE DEGLI EVENTI CLIMATICI

Gli eventi climatici estremi sono in continuo aumento e

dipendono da molti fattori

I più importanti sono l’aumento progressivo del biossido di carbonio (CO2)

che negli ultimi 100 anni è passato da 280 ppm

a 375 - 380 ppmTutto ciò aumenta la temperatura delle terra

in modo progressivo nel tempoma ancora più veloce negli ultimi 20 anni

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Aumento del biossido di carbonio (CO2) nell’atmosfera

dal 1700 al 2000

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A

Aumento previsto della temperatura con il doppio di CO2

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Conclusioni raggiunte dall'IPCC sulle ipotesi di cambiamenti delle frequenza e intensità degli eventi climatici estremi.

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METANO

l metano è un idrocarburo semplice (alcano) formato da un atomo di carbonio e 4 di idrogeno, la sua formula chimica è CH4, si trova

in natura sotto forma di gas.

La molecola ha forma tetraedrica; l'atomo di carbonio è al centro di un tetraedro regolare ai cui vertici si trovano gli atomi di idrogeno.

Il metano è il principale componente del gas naturale, ed è un eccellente carburante poiché produce il maggior quantitativo di calore per massa unitaria. Bruciando una molecola di metano in

presenza di ossigeno si forma una molecola di CO2 (anidride carbonica), due molecole di H2O (acqua) e si libera una quantità di

calore:

CH4 + 2O2 CO2 + 2H2O [+ 891 kJ/mol] →

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Autobus a metano a Verona

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Il metano in atmosfera

negli ultimi 1000 anni

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Dal chele povereMucche

potranno solo dire

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I fenomeni a scala globale – El Nino, La Nina

LA NINAEL NINO

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Impatto del fenomeno El Nino durante l’inverno boreale

NESSUN IMPATTO DIMOSTRATO

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Incremento degli episodi di El Nino

SOSTANZIALMENTE NEUTRALE

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L’altra campana - La voce degli scetticiMarcel Leroux e altri

“Come climatologo, sono membro della Societè meteorologique de France e dell’American Meteoroogical Society, come professore di climatologia il mio datore di lavoro è la Repubblica Francese la quale ha adottato la

religione ufficiale del “cambiamento climatico” a cui io non aderisco.

Per tale mia scelta non sono beneficiario di “fondi neri” ed il mio laboratorio di Climatologia, rischi e ambiente (LCRE) nonostante i legami con il CNRS, non ha mai ricevuto alcun fondo da tale Istituto di Stato, certo per ragioni di eresia.

Sono per natura incline alla visioni problematiche e mi ritengo un cartesiano che cerca di richiamarsi

costantemente al precetto primario di Cartesio secondo cui non si deve “mai assumere come vera alcuna cosa

che non sia tale con evidenza” (Discours de la methode, 1637).”

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Il Prof. Luigi Mariani commenta così l’introduzione di GLOBAL

WARMING, MYTH OR REALITY – THE ERRING WAYS OF

CLIMATOLOGY, il libro di Marcel Leroux: “Non posso fare a meno

di ammirare il coraggio, la “schiena diritta” di quest’uomo

con il quale sono stato in contatto epistolare nella lista di discussione Climate skeptics. Un uomo che - un po’ come i

profeti biblici - ha il coraggio di scrivere cose non gradite ai poteri forti di oggi (media, ecologisti di professione,

politici, burocrazie nazionali ed internazionali e, naturalmente,

una certa “comunità scientifica”).”

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Infatti chi oggi si dichiara scettico rispetto ad un tipico approccio alle tematiche del clima

che non poggia su basi scientifiche consolidate

potrà essere accusato di tutto

ma non di essere un opportunista:

“anche perché ben sappiamo – continua Mariani - che i veri opportunisti, quando il castello di menzogne si dissolverà

come neve al sole, saranno prontissimi a riallinearsi dicendo che loro l’avevano detto fin dal principio.

Certo, Leroux, insieme ai pochi che pensandola come lui hanno oggi il coraggio di affermarlo pubblicamente, potranno

sempre testimoniare che

“quelli là non l’avevano detto fin da principio”,

anche se ad ascoltarli, come sempre, saranno in pochi, e non certo le categorie che ha avuto il coraggio ed il merito di

fustigare.”

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Il libro di Leroux ripercorre la storia del concetto di global warming e delle tante contraddizioni dell’IPCC.

E’ esemplare la citazione fatta riguardo un surreale congresso tenutosi a Mosca nel 2004,

al termine del quale alcuni “scienziati” britannici chiesero ed ottennero che venissero esclusi dai proceedings gli interventi

più “scettici” quali quelli del fisico dell’atmosfera Linzen del MIT

o dell’entomologo Reiter dell’Istituto Pasteur di Parigi, quest’ultimo reo di sostenere che il cambiamento climatico

c’entra poco con l’espansione di malattie tropicali che hanno come vettori insetti.

A tal proposito è sufficiente leggere il resoconto di Roger Bates che appare in un articolo dal titolo emblematico “The british Lysenko, apparso su Economic affairs nel

novembre 2004

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CATASTROFISTI E ECO-OTTIMISTI

Attualmente la comunicazione ambientale si divide in due grandi filoni che possiamo denominare

‘catastrofista’ ed ‘eco-ottimista’.

Il primo individua nell’uomo l’ospite indesiderato del pianeta terra. Secondo tale teoria l’inquinamento di origine antropica e lo sviluppo demografico stanno provocando una rottura dell’equilibrio climatico e una scarsità delle risorse

energetiche e alimentari.

In questo filone si inserisce “Cronache da una catastrofe”

il cui sottotitolo recita: “Viaggio in un pianeta in pericolo: dal cambiamento climatico alla mutazione della specie”.

L’autrice, Elizabeth Kolbert, giornalista statunitense, partendo dall’assunto che

“i modelli del clima terrestre elaborati al computer suggeriscono che ci stiamo avvicinando

a una soglia critica”,

racconta i segnali di pericolo che la natura sta inviando raccolti viaggiando personalmente in giro per il mondo

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Annalisa Cicerchia nel suo “Leggeri sulla terra”, sottotitolato “L’impronta ecologica della vita quotidiana”, dimostra come il capitale naturale sia sottoposto ad un tasso di sfruttamento delle risorse e di generazione dei rifiuti ormai insostenibile.

Se l’impronta ecologica corrisponde a quanta natura ci serve per soddisfare le nostre necessità, il cittadino terrestre medio

ha una impronta di 2,8 ettari globali.

“Purtroppo – scrive la Cicerchia – di ettari globali ne sono disponibili solo 2 a persona e anche le altre specie hanno

bisogno di risorse”.

In questo scenario che fa del catastrofismo il gusto corrente un libro fuori dal coro è “Le bugie degli ambientalisti 2”.

A due anni dalla pubblicazione del primo capitolo dell’inchiesta, Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, si

pongono l’obiettivo di smontare tutti

“i falsi allarmismi dei movimenti ecologisti”

diffusi in questi ultimi decenni.

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I due autori,

basandosi sul dato scientifico,

mettono in dubbio la fondatezza delle teorie adottate da chi prefigura prossime catastrofi.

Riguardo l’attendibilità dei modelli matematici per la previsione del clima viene opposta la considerazione che:

“è difficile non essere scettici quando si nota

che i maggiori propugnatori della tesi

del riscaldamento globale

sono gli stessi che non molto tempo

fa agitavano lo spettro del raffreddamento globale”.

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Fra le altre verità poco conosciute che il libro intende svelare c’è quella riguardante il concetto di impronta

ecologica, alla cui origine vi sarebbe il pregiudizio ideologico verso lo sviluppo economico ed il terrore da parte di alcuni guru ambientalisti no global che altri paesi, come la Cina,

possano svilupparsi adottando il tanto vituperato modello occidentale.

Gli altri temi affrontati, l’eco-imperialismo, il nucleare possibile, il problema dei rifiuti,

la necessità di recuperare una antropologia cristiana, introducono ulteriori spunti di riflessione e discussione in

questa infinita disputa fra i propugnatori del fare e quelli del non fare.

http://www.almanacco.rm.cnr.it

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09 Gennaio 2007, ore 09.10 SORPRESA: scienziati russi prevedono un RAFFREDDAMENTO GLOBALE entro 20 anni!

Nuove rivelazioni di alcuni scienziati dell'Accademia Russa delle Scienze Astronomiche: ci attende un futuro GLACIALE!

Una suggestiva immagine delle coste olandesi della metà degli anni ottanta, quando il mare spesso gelava sottocosta. Foto di Luca Savorani

Entro 20 anni è atteso un forte raffreddamento del clima con possibili serie conseguenze sulla vita e sull'economia

mondiale.

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In seguito si prospetta un periodo di riscaldamento agli inizi del ventiduesimo secolo.

Questo è quanto dice un rapporto dell'Accademia Russa delle Scienze Astronomiche.

Una tesi non largamente supportata dal mondo scientifico mondiale ma che potrebbe portare a interessanti sviluppi

sull'economia dei prossimi anni.

Sulla base delle ricerche sulle emissioni solari, gli scienziati russi hanno sviluppato un modello matematico che

propone un raffreddamento globale del clima della Terra entro la metà di questo secolo.

In seguito con l'inizio de prossimo macrociclo di attività solare della durata di 200 anni potremo assistere ad un

nuovo riscaldamento globale del clima all'inizio del ventiduesimo secolo.

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Lo scienziato russo Khabibullo Adbusamatov sostiene che si potrebbe verificare un periodo di raffreddamento globale

simile a quello della Piccola Era Glaciale,

quando l'Europa e gran parte dell'Atlantico settentrionale videro un'eccezionale espansione dei ghiacci.

Questo raffreddamento, secondo il nuovo studio, potrebbe iniziare nel 2020 e raggiungere un apice nel 2055-2060.

Un tale cambiamento climatico potrebbe avere delle serie conseguenze sull'economia europea e mondiale,

specialmente dei paesi nordici dove le temperature e gli inverni sempre più rigidi potrebbero risultare fatali per

l'agricoltura, l'industria e il settore energetico.

Come vedete la comunità scientifica è tuttaltro che concorde sul riscaldamento globale senza fine

di cui si parla tanto in questi anni.

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“La storia passata delle convinzioni umane dovrebbe metterci in guardia.

Abbiamo ucciso migliaia di nostri simili perché credevamo che avessero firmato un patto col diavolo e fossero

diventati streghe…

Dal mio punto di vista c’è un’unica speranza perché l’umanità emerga da quello che Carl Sagan chiamava “il

mondo infestato dai demoni” del nostro passato.

Quella speranza è la scienza”.

La scienza usata bene può aiutarci acombattere veramente il

Global Warming.Ma c’è ancora troppo poca buona volontà

Vedi Conferenza Mondiale di Copenhagen 2009

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Con questo messaggio Michael Crichton chiude il suo ultimo romanzo “Stato di paura”.

Lo stato di paura è quella condizione di vita in cui certe associazioni ambientaliste vorrebbero farci vivere.

Teorie sempre più catastrofistiche date in pasto ai media da pseudo-scienziati predicono per esempio che il surriscaldamento globale, oltre a modificare la rotazione terrestre, porterà ad una diminuzione della durata delle giornate, oppure che lo scioglimento della Groenlandia causerà l’innalzamento del livello dei mari di circa sei metri, per non parlare della “bomba demografica” che nei prossimi anni provocherà una immane carestia.

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LA BOMBA DEMOGRAFICA

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Potremmo riempire della pagine di simili congetture.

A proposito della tesi sul riscaldamento globale occorre fare innanzitutto due precisazioni.

È vero che in una piccola parte dell’Antartide stiamo assistendo ad uno scioglimento del ghiaccio, ma è pur vero che la superficie di questo continente è grande una volta e mezza l’Europa e lo spessore del ghiaccio è in aumento,

raggiungendo in alcuni punti un’altezza di 10 km.

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Peraltro, lo stesso dato registrato sullo scioglimento è il frutto di misurazioni riguardanti ben seimila anni.

Al riguardo, Teodoro Georgiadis, fisico dell’atmosfera all’Istituto Ibimet

Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna è molto chiaro:

«Chiariamo che gli allarmi lanciati su isole prima ricoperte dai ghiacci che ora vedono il loro scioglimento non hanno ragione di essere utilizzati a dimostrazione degli effetti del

riscaldamento globale dovuto all’azione antropica.

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Nel corso dei secoli le temperature sono sempre variate e i ghiacci si sono sempre modificati:

basti pensare alla Groenlandia (Grün land, terra verde) così chiamata dai tempi di Erik il Rosso per i suoi verdi pascoli e

oggi, ripeto oggi, coperta dai ghiacci».

Le nuove teorie sui cambiamenti climatici sembrano inoltre sconfessare quei modelli che prevedono il clima come

un’entità statica, con dei trend di lungo periodo, dimostrando come invece il nostro continente si sia alternativamente raffreddato e riscaldato in modo

anche brusco e repentino.«I record storici – precisa Georgiadis – ci permettono però di evidenziare in modo molto preciso l’esistenza di un effetto di

“carico-scarico” della massa glaciale. Si riesce, infatti, a dimostrare molto chiaramente che i trend

di aumento e diminuzione delle temperature siripetono con frequenze cicliche.

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Questi fenomeni sono evidentissimi se si considerano gli ultimi 450mila anni di vita del nostro pianeta.

Il record di temperatura ottenuto dalle carote glaciali di Vostok mostra infatti un continuo susseguirsi di bruschi

aumenti e lente discese della temperatura».

Il cosiddetto fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai, andrebbe quindi considerato in una ottica allargata che

consideri anche l’eco-sistema in cui tali fenomeni assumono consistenza.

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«Infatti – prosegue Teodoro Georgiadis – per quanto riguarda i ghiacciai continentali, troppo spesso si fa

riferimento diretto al “riscaldamento globale” senza tenere conto che altri effetti possono avere enorme importanza

sul loro arretramento.

Ad esempio, come suggerito da Kaser e altri autori nel 2004, l’arretramento del Kilimangiaro non sarebbe dovuto

a un aumento di temperature ma a una rapida diminuzione del contenuto di umidità atmosferica

avvenuto attorno al 1880.

I regimi dei ghiacciai rispondono infatti con una estrema lentezza ai cambiamenti dell’ambiente circostante.

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IL KILIMANGIARO

In alto nel 1993

In basso nel 2002

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I ghiacciai alpini, che hanno subito profondi arretramenti, risentono direttamente dell’influenza delle isole di calore delle zone a loro prospicienti caratterizzate ormai da una

elevatissima urbanizzazione:

questo effetto però ha molto poco a che spartire con l’aumento della C02».

I catastrofisti, a supporto della loro teoria, riportano dati comprovanti un aumento negli ultimi trent’anni delle

temperature, mettendo in relazione questo fenomeno con una tendenza alla crescita dell’anidride carbonica.

Da questo assunto parte la teoria dei gas serra che ha dato vita al Protocollo di Kyoto, condizionando la produttività

industriale di alcuni fra i paesi

più industrializzati del mondo.

Ma quello dello scioglimento delle calotte polari è uno degli aspetti più controversi del riscaldamento globale.

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I dati sperimentali rappresenterebberoquindi l’unica possibilità di valutare correttamente l’operato dei modelli che fino ad oggi non hanno dimostrato di potere offrire degli scenari persuasivi per il futuro generando altresì

del panico immotivato.

Secondo molti ricercatori sarebbe evidente un progressivo riscaldamento dei poli e ancora più evidente sarebbe il sempre più marcato assottigliamento dello spessore del

ghiaccio al Polo nord: sarebbe variato, secondo le stime più citate, di un valore compreso

tra il 10 ed il 20% negli ultimi anni. Questo pilastro del cambiamento globale viene però oggi messo in forte discussione dalla revisione delle misure

condotte da satellite. Sembra, infatti, che queste misure soffrano di un sistematico

errore di sovrastima della diminuzione dei ghiacci non riuscendo a “penetrare”in modo efficacie il pack.

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Se questo fosse accertato, sarebbe un altro piccolo tassello diretto alla revisione delle stime dei cambiamenti globali che

prevedono per il 2100 una variazione della temperatura media superficiale fino a 8°C.

In particolare, nelle aree polari caratterizzate da una forte suscettibilità ambientale le misure sono importanti proprio

perché lì le eventuali variazioni dovrebbero essere particolarmente amplificate.

È quindi necessario garantire un continuo monitoraggio e continuità a questo tipo di ricerche che ci permettono di testare i modelli che vengono poi utilizzati alle nostre

latitudini.

L’Italia partecipa alle ricerche polari con il proprio programma Pnra (piano nazionale di ricerche antartiche) mediante gli Enti di ricerca più accreditati a livello internazionale Cnr, Enea ed

Università.

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COME CONCLUDERE

Mission impossible: salviamo il clima dagli ambientalisti

Attenzione al catastrofismo degli ecologisti radicali.

Perché non si tratta di scienza ma di propaganda.

La terra si scalda o si raffredda a seconda degli interessi di chi usa il clima per scopi politici ed economici.

Ma se non siamo mai stati meglio di così!

Inquiniamo meno di ventanni fa e la qualità della nostra vita è in media più alta in tutto il globo e la malattie

endemiche in diminuzione.

Ma i popoli meno fortunati?

Si aiutano solo accelerando quello sviluppo industriale che sa rispondere bene agli incidenti di percorso

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Consoliamoci con una buona risata!

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Title A Watercourse at Abcoude - Year 1878

Artist Paul Joseph Constantin Gabriel

Technique Oil on panel - Dimensions 41 x 50 cm