Cambiamenti climatici

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Università degli Studi di Palermo Indirizzo1: Scienze naturali ~ Classe 60/A Anno Accademico 2008-2009 Cambiamenti climatici Cambiamenti climatici Specializzando: Supervisore: Gianluca Barreca Prof.ssa Stella Bertuglia

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Page 1: Cambiamenti climatici

Università degliStudi di Palermo

Indirizzo1: Scienze naturali ~ Classe 60/A

Anno Accademico 2008-2009

Cambiamenti climaticiCambiamenti climatici

Specializzando: Supervisore: Gianluca Barreca Prof.ssa Stella Bertuglia

Page 2: Cambiamenti climatici

Target

Si tratta di una quinta classe del Liceo Scientifico Galileo Galilei costituita da un totale di 20 alunni.

La scuola è ubicata in una zona residenziale, il livello socio economico è medio alto. Presenta una

bassa dispersione scolastica (circa il 10%) ed un livello socio-culturale medio/alto. Tali aspetti

fanno sì che l’Istituto sia classificato come una scuola non a rischio. Dopo aver accertato il

possesso dei prerequisiti da parte degli allievi ed aver, eventualmente, colmato le carenze

possedute da qualcuno di essi, lo svolgimento dell'unità didattica avverrà utilizzando tecniche

didattiche differenziate, allo scopo di facilitare la comprensione da parte di tutti gli allievi, di avviarli

al metodo scientifico e di facilitare la socializzazione e la collaborazione tra di essi.

Inquadramento U.D.

Nello studio della geografia astronomica, al quinto anno del liceo scientifico, risulta di primaria

importanza fornire agli studenti una visione sistemica e un’impostazione multidisciplinare, purché

tale approccio non faccia perdere la specifica visione delle problematiche reali che oggi stiamo

vivendo. L’impossibilità di riprodurre i fenomeni naturali in laboratorio, a meno di ricorrere a

complesse simulazioni al computer, rende lo studio dei cambiamenti climatici particolarmente

difficile e soggetto a interpretazioni, ed è in mezzo a questa grande quantità di opinioni, giudizi e

informazioni spesso contrastanti che i docenti devono muoversi per indirizzare gli studenti nella

scelta dei materiali informativi e dei dati oggettivi di cui tener conto. In Geografia Astronomica i

cambiamenti climatici dovrebbero essere trattati contestualmente allo studio dell’atmosfera e dei

moti della terra. Dato che si tratta di un argomento di sintesi di vari settori disciplinari appare

opportuna la sua trattazione verso la fine dell’anno scolastico.

Prerequisiti

Prima di affrontare lo studio di quanto contenuto in questo capitolo, è indispensabile aver acquisito

una buona conoscenza dei seguenti argomenti:

Prerequisiti minimi

1. conoscere il concetto di sistema

Prerequisiti specifici

2. conoscere la struttura e la composizione dell'atmosfera terrestre ed i molteplici fenomeni che in

essa hanno luogo, strettamente interdipendenti. Bisogna aver compreso la complessità dei

processi atmosferici e degli eventi meteorologici. L'alunno deve aver acquisito la consapevolezza

che tali processi ed eventi coinvolgono quotidianamente la popolazione del globo e fanno

dell'atmosfera una componente fondamentale del sistema Terra. Il nostro pianeta è l'unico corpo

del sistema solare ad avere sviluppato un'atmosfera con caratteristiche idonee alla comparsa ed

allo sviluppo della vita così come noi la conosciamo. Mediante il ciclo dell'acqua questo involucro

aeriforme, che la Terra tiene a se con la sua forza di attrazione gravitazionale, assicura continui

scambi di materia ed energia con l'idrosfera, con la litosfera e con la biosfera, a conferma

dell'unitarietà del sistema Terra;

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3. conoscere la dipendenza delle condizioni climatiche dai numerosi fattori geografici, strettamente

interdipendenti,le strette relazioni tra i climi e gli esseri viventi;

4. sapere che l'idrosfera presenta una molteplicità di aspetti,che coinvolgono la stessa massa

dell'acqua, i suoi rapporti con l'atmosfera e con la biosfera,i suoi legami con i bacini che li ospitano.

L'alunno dovrebbe aver chiaro che: l'idrosfera marina è una componente essenziale del sistema

Terra; i movimenti delle acque marine, che esprimono visibilmente i rapporti tra atmosfera ed

idrosfera;

5. conoscere le relazioni fondamentali tra la Terra ed il Sole che dipendono dalla forma, dalle

dimensione e dai movimenti del nostro pianeta. E' importante possedere la consapevolezza delle

cause dell'alternarsi del dì e della notte e delle cause del ritmo delle stagioni, oltre che la

suddivisione della superficie terrestre in zone di differente riscaldamento;

6. conoscere i fenomeni vulcanici come principali protagonisti della dinamica della Terra.

Conoscere il processo generale di liberazione dell'energia e dei materiali all'interno della Terra.

L'alunno dovrebbe conoscere l'argomento nei suoi molteplici aspetti, i materiali di partenza

(magmi) e quelli di arrivo (gas, vapori e nuove rocce). Bisogna inoltre aver compreso che il

trasferimento di ingenti quantità di materiali dall'interno all'esterno del nostro pianeta ha contribuito

alla formazione e dall'accrescimento della crosta ed ha portato alla formazione dell'atmosfera e

dell'idrosfera, senza le quali non sarebbe stato possibile il successivo sviluppo della biosfera;

7. conoscere la teoria della tettonica delle placche. Bisogna aver acquisito che la Terra è

scomponibile in una decina di placche maggiori ed altrettante minori in continuo, lento, movimento

reciproco. L'alunno deve aver compreso che la Terra non è un pianeta statico, ma mobile e che dà

continui segni della sua attività interna attraverso la formazione e la deformazione delle rocce, le

eruzioni vulcaniche ed i terremoti;

8. conoscere la storia della Terra. Il tempo, più ancora dello spazio, è il fattore cruciale dei processi

geologici. L'alunno deve aver compreso che per ricostruire la storia del nostro pianeta è

necessario far riferimento al principio dell'attualismo,senza dimenticare che il passato può aiutare

a capire il presente. Bisogna avere la consapevolezza che non è solo la litosfera ad aver subito

pesanti cambiamenti: atmosfera ed idrosfera sono mutate sensibilmente da 4,5 miliardi di anni a

questa parte, mentre la biosfera addirittura non è esistita per gran parte del tempo e quella

presente oggi è profondamente mutata nel tempo geologico;

9. conoscere alcuni concetti di chimica. L'alunno deve conoscere la struttura della molecola

dell'acqua e della molecola di anidride carbonica. Bisogna conoscere i legami chimici e le forze di

legame. Risulta importante avere appreso le leggi dei gas.

L’analisi e l’eventuale recupero dei prerequisiti saranno realizzati, durante la prima fase del

percorso didattico, attraverso: lezione partecipata, semplici domande dal posto. E' da evidenziare

che i prerequisiti sono già stati trattati nel programma di geografia astronomica e di chimica e gli

alunni sono già stati valutati nell'ambito di precedenti U.D.

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Verifica dei prerequisiti

1) cosa si intende per sistema?

a) Un insieme di entità connesse tra di loro tramite reciproche relazioni visibili o definite dal suo

osservatore;

b) la quantità di materia presente all'interno della Terra

c) una relazione matematica

d) un lavoro scientifico che mira alla scoperta di una nuova teoria

2) vero o falso?

a) Al limite superiore della troposfera le temperature sono più elevate in corrispondenza dei poli

che in corrispondenza dell'equatore

b) Il calore specifico delle terre emerse è maggiore di quello delle acque marine

c) L'umidità relativa è più elevata al circolo polare artico che alle latitudini del bacino Mediterraneo

d) La pressione atmosferica diminuisce all'aumentare della quota

3) Completa il seguente brano

Le regioni temperate sottoposte all'influsso dei venti ..................................... ricevono piogge

in ....................., ma con frequenti concentrazioni............................ Quelle continentali più interne

hanno invece prevalenti precipitazioni .............................

4) Le acque marine ricoprono circa

a) il 50% di tutta l'acqua disponibile sulla Terra

b) il 3% di tutta l'acqua disponibile sulla Terra

c) il 71% di tutta l'acqua disponibile sulla Terra

d) il 97% di tutta l'acqua disponibile sulla Terra

5) Completa il seguente brano

A causa della diversa ........................ di rotazione dei vari punti della superficie terrestre, un corpo

che si muove sulla Terra viene deviato dalla sua direzione iniziale verso....................... se si trova

nell'emisfero boreale e verso................. se si trova nell'emisfero australe.

6) Scegli il complemento corretto

Una massa rocciosa fusa si muove verso l'alto attraverso i solidi circostanti perchè:

a) ha densità minore

b) è ricca di gas

c) è dotata di elevata velocità

d) ha temperatura minore

e) è un residuo refrattario

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7) Completa la frase con il termine esatto

Se due o più fosse tettoniche si fiancheggiano, i settori che li separano, rimasti relativamente

sollevati, prendono il nome di..........................

8) Il continente Gondwana

a) si rintraccia ancora oggi negli scudi di vari continenti

b) ha avuto una deriva versoi sud

c) si è originato dalla frammentazione della Pangea

d) occupava aree prossime al polo nord

si è formato durante il Permiano

9) Descrivi la molecola dell'acqua e le sue proprietà

______________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________

GRIGLIA TOTALE PER LA VALUTAZIONE DEI PREREQUISITI

Si danno punteggi diversi nelle diverse domande, i prerequisiti minimi avranno un peso maggiore

nella valutazione.

Domanda Risposta Punteggio Risp. non data Risp. errata Tot. risp. esatta

Prerequisiti m

inimi

1 1 0 ↔ 2 0 -0,5 2P

rerequisiti specifici

2

1 0 ↔ 0,25 0 -0,1

12 0 ↔ 0,25 0 -0,1

3 0 ↔ 0,25 0 -0,1

4 0 ↔ 0,25 0 -0,1

3 1 0 ↔ 0,25 0 1

2 0 ↔ 0,25 0

3 0 ↔ 0,25 0

4 0 ↔ 0,25 0

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4 1 0 ↔ 1 0 -0,5 1

5

1 0 ↔ 0,33 0

12 0 ↔ 0,33 0

3 0 ↔ 0,33 0

6 1 0 ↔ 1 0 -0,5 1

7 1 0 ↔ 1 0 1

8 1 0 ↔ 0,1 0 -0,5 1

9 1

Per la domanda aperta sarà seguito il seguente criterio di valutazione:

capacità di sintesi (0,2)

comprensione del testo (0,2)

utilizzo del linguaggio specifico (0,2)

livello di padronanza delle tematiche (0,4)

1

P. min. Prerequisiti specifici

Alunno1 Tot. 2 3 4 5 6 7 8 9

Tot. TOT.

A

B

C

Saranno previste attività di riequilibrio (≤ 5) o di consolidamento (5,1 – 10)

La presente tabella di valutazione, sarà accompagnata da un grafico esplicativo che mostrerà la

condizione didattica iniziale del gruppo classe.

Obiettivi

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Obiettivi generali

1. Sapere selezionare e rielaborare informazioni

2. acquisire la capacità di valutare criticamente le informazioni sui cambiamenti climatici

fornite dai mezzi di comunicazione;

3. Sviluppare la capacità di comunicare correttamente ed efficacemente utilizzando un

linguaggio scientifico appropriato

Obiettivi specifici

3. Conoscere il concetto di clima;

4. Conoscere l'equilibrio termico dell'atmosfera;

5. Conoscere le principali cause naturali dei cambiamenti climatici;

6. Conoscere le principali cause antropiche dei cambiamenti climatici;

7. Avere la consapevolezza che le modificazioni degli equilibri dell'atmosfera, dell'idrosfera,

della litosfera, della criosfera e della biosfera possono produrre conseguenze negative per

tutto il pianeta;

8. differenziare i fattori naturali che causano i cambiamenti climatici da quelli antropici;

9. conoscere alcuni metodi di indagine per la ricostruzione dei climi del passato.

Tempi

L'U.D. Avrà una durata di 12 ore così ripartite.

Concetto di clima con riferimenti ai metodi di indagine dei climi del passato ed all'equilibri termico dell'atmosfera

2 h

Fenomeni naturali e clima: Moto delle placche tettoniche: le glaciazioni sembrano aver sempre inizio allorché

i continenti risultino posizionati in maniera tale da impedire o ridurre il flusso di acque calde dall’equatore ai poli;

Variazione parametri orbitali della Terra: la variazione della quantità di radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre (insolazione), dovuta alla variazione di tali parametri, sembra spiegare correttamente il succedersi di periodi glaciali e interglaciali durante l’ultima glaciazione (teorie astronomiche);

Vulcanismo: in occasione di grandi eruzioni si assiste all’immissione nell’atmosfera di grandi quantità sia di CO2 (aumento dell’effetto serra), sia di polveri (aumento dell’albedo terrestre).

Fenomeni climatici. L'esempio del Niňo/Southern Oscillation

4 h

Influenza dell'uomo sul clima. Variazione della composizione chimica dell'atmosfera Effetto serra Ruolo degli aerosol nell’evoluzione del clima Ruolo dell'agricoltura nei cambiamenti climatici La distruzione delle foreste Destabilizzazione del clima globale

6 h

Contenuti

Lezione 1: Concetto di clima (2 ore)

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Sebbene molti possano dare una risposta alla domanda su cosa s’intenda con il termine clima,

avere una seria definizione scientifica non è semplice. Nella climatologia un periodo di trenta anni

di osservazioni è chiamato “reference period” (attualmente gli anni compresi tra il 1961 ed il 1990)

e considerando questo, l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (WMO) ha suggerito una

definizione: “Il clima è la sintesi del tempo, durante un periodo lungo abbastanza, per determinare

le proprie caratteristiche statistiche”.

I climi del passato possono essere ricostruiti tramite l’analisi dei depositi contemporanei ed una

prima indicazione può essere presa dai tipi di sedimenti. Depositi glaciali testimoniano ad esempio

periodi freddi mentre, laghi salati, che si originano dall’evaporazione dell’acqua di mare, ci

indirizzano a climi caldi e asciutti. La Terra si è formata circa 4,5 miliardi d’anni fa, tuttavia i

sedimenti più antichi che si sono conservati hanno un’età di solo 3.9 miliardi di anni ed

appartengono all’era più antica della storia della terra, il Precambriano. Ulteriori dettagli sul clima

del passato, ovviamente relativi al periodo successivo all’inizio della vita, sono rilevabili dai fossili

di piante e di animali. Si pensa che un’atmosfera con sufficiente ossigeno per permettere la

respirazione si sia formata solo negli ultimi 700-800 milioni di anni, la concentrazione di ossigeno

presente si è sviluppata molto tardi, nel Devoniano, un periodo del Paleozoico. I resti di piante ed

animali, che si sono conservati nei sedimenti, permettono la ricostruzione di una fondamentale

struttura climatica.

Dagli anni settanta è disponibile uno strumento per la ricostruzione dei climi del passato molto

raffinato: l’analisi isotopica dell’ossigeno. L’ossigeno ha tre isotopi, quelli usati in paleoclimatologia

sono 16O e 18O, poiché il rapporto tra questi due isotopi dell’ossigeno dipende dalla temperatura, è

possibile la ricostruzione della storia climatica. I sedimenti profondi sono composti in considerevole

parte dai gusci calcarei dei piccoli organismi marini, che hanno incorporato ossigeno, di

conseguenza la composizione isotopica riflette esattamente quella dell’acqua del mare nel periodo

di deposizione. L’utilizzo dell’analisi degli isotopi dell’ossigeno può comunque ricostruire la storia di

periodi recenti, questo perché gli oceani sono relativamente giovani, il Nord Atlantico ad esempio si

è formato nel Mesozoico. La composizione isotopica del ghiaccio dell’Antartide e della Groenlandia

permette una ricostruzione molto dettagliata degli ultimi 400.000 anni.

Dal punto di vista fisico, chimico e biologico, il sistema clima è estremamente complesso ed

include molte componenti distinte che interagiscono su scale di spazio e di tempo anche molto

diverse fra loro. Tradizionalmente, il sistema climatico è suddiviso in cinque sottosistemi

termodinamicamente aperti: Atmosfera, Oceano, Litosfera (terra solida), Biosfera, Criosfera

(ghiacci). La radiazione solare rappresenta il "motore" di tale sistema; è il principale meccanismo

forzante esterno che rende possibile l'esistenza stessa di una dinamica, in quanto fornisce

praticamente tutta l'energia al sistema stesso. La radiazione solare che raggiunge lo strato

superiore dell'atmosfera viene in parte trasferita e in parte trasformata in altre forme di energia, le

quali a loro volta sono in parte dissipate attraverso la circolazione generale dell'atmosfera e degli

oceani ed in parte utilizzate nei processi chimici e biologici.

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Le scale temporali caratteristiche dei singoli sottosistemi, vale a dire i tempi di risposta medi a

sollecitazioni esterne, variano ampiamente sia all'interno di un singolo sottosistema, sia fra l'uno e

l'altro. Per esempio, le scale temporali caratteristiche dell'atmosfera possono variare fra settimane

e mesi; per gli oceani nel loro strato superficiale fra settimane e anni; per lo strato profondo degli

oceani fra decenni e millenni; per il ghiaccio marino fra settimane e decenni; per le acque interne e

la vegetazione fra mesi e secoli; per i ghiacciai la scala temporale è dell'ordine dei secoli; per le

piattaforme glaciali millenni e più; e per i fenomeni di tettonica e di erosione della litosfera

arriviamo ai milioni di anni.

La complessità del sistema climatico e l'esistenza di tali e tante differenti scale temporali ci

conducono a costruire una gerarchia fra i sistemi interni, basata sui rispettivi tempi di risposta. Nel

senso che, se siamo interessati per esempio a fenomeni che si svolgono su tempi scala dell'ordine

delle settimane, possiamo considerare l'atmosfera come l'unico componente del sistema climatico

e considerare gli oceani, le masse di ghiaccio, la biosfera e la litosfera come forzanti esterne o

come condizioni al contorno. Per studiare la variabilità climatica su tempi scala dell'ordine di mesi

fino ad alcuni secoli, dovremmo includere la dinamica dell’atmosfera, dell’oceano e della biosfera,

e così via fino alle scale temporali più lunghe. In sintesi, l'intero sistema climatico va considerato

come qualcosa che evolve continuamente, dove ci sono parti del sistema che guidano tale

evoluzione ed altre che seguono con un certo ritardo temporale, e dove le interazioni altamente

non lineari che vi sono fra tutte le varie componenti possono ricoprire tutte le scale spaziali e

temporali. Ciò significa che le varie componenti non sempre sono in equilibrio l’una con l’altra o al

loro interno.

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L’equilibrio termico dell’atmosfera dipende dal bilancio tra l’energia incidente al suolo, quella persa

dalla terra per irraggiamento, convezione, evaporazione, turbolenza e quella restituita alla Terra

dall’effetto serra. Il sole ed il sistema Terra-atmosfera possono essere considerati, grosso modo,

come corpi neri. La quantità di radiazione solare incidente perpendicolarmente a 1m2 ai limiti

dell’atmosfera (“costante solare”) ha un valore medio annuo Io =1353 W m-2. Il 9,2% di Io cade

nell’ultravioletto, il 42,4% nel visibile e il 48.4% nell’infrarosso. I raggi ultravioletti sono quasi

interamente catturati dall’ossigeno, azoto e soprattutto dall’ozono dell’alta atmosfera; i raggi

infrarossi sono invece fortemente assorbiti dal vapore acqueo e dalla CO2 nello strato tra il

suolo e 10 Km, nel campo del visibile invece l’assorbimento è trascurabile.

Nell’attraversare l’atmosfera la radiazione solare viene anche parzialmente diffusa in tutte le

direzioni, soprattutto da parte dell’aria. L’energia solare che raggiunge il suolo è pertanto composta

da una componente diretta I e una diffusa H. La quantità I+H viene denominata “ radiazione solare

globale”. Oltre all’assorbimento e alla diffusione, nel percorso attraverso l’atmosfera la radiazione

solare viene anche parzialmente riflessa verso lo spazio dalle nubi e dal suolo. Si definisce

“albedo” R il rapporto tra l’energia riflessa e quella totale incidente al suolo. Oltre alla radiazione

solare si deve tener conto della radiazione emessa dalla Terra che cade completamente

nell’infrarosso con una massima emissione intorno ai 10m; di questa soltanto una piccola parte

viene persa nello spazio interplanetario, mentre la maggior parte viene catturata dal vapore

acqueo, dalla CO2 e, in minor misura, da O3 stratosferico, NOx e clorofluorocarburi. In definitiva

soltanto il 47% della radiazione solare riesce a raggiungere il suolo, soltanto una piccola frazione di

questa penetra per conduzione nel suolo fino a 20-50 cm di profondità nelle ore diurne. Un’altra

piccola parte del calore incidente al suolo viene spesa per riscaldare per conduzione, sempre di

giorno, i primi 50-100 cm di atmosfera. La più rilevante perdita del calore termico immagazzinato

dal suolo avviene attraverso l’irraggiamento nell’infrarosso. La parte rimanente viene ceduta

all’atmosfera, in parte attraverso i moti convettivi e in parte per far evaporare l’acqua dal terreno o

Page 11: Cambiamenti climatici

dalle distese liquide. Un ruolo importantissimo delle vicende del clima lo ha sicuramente la

pressione atmosferica che misura il peso esercitato su una superficie unitaria dalla colonna d’aria

sovrastante. Il suo ruolo è molto importante sia perché i dislivelli barici tra aree limitrofe

determinano lo spostamento delle masse d’aria e sia perché i mutamenti climatici a grande scala

sono legati essenzialmente alle variazioni di pressione nel tempo.

Lezione 2: Fenomeni naturali e clima (4 ore)

Nel corso dei tempi le variazioni del clima si sono succedute come fluttuazioni, più o meno regolari,

identificabili in determinate scale temporali: da cicli di milioni di anni (pre-quaternari ) a cicli di più

secoli o decenni.

Per evitare equivoci è importante definire la differenza tra:

Variabilità: oscillazione di uno o più parametri (temperatura, umidità, precipitazione, ecc..)

rispetto ad un valore medio calcolato sulla base di almeno 30 anni di osservazioni

Variazione: con questo termine si definisce un mutamento o la tendenza ad uno

spostamento dei livelli medi che si verifica per una certa durata di tempo.

Cambiamenti dovuti alla tettonica delle placche (cicli di milioni di anni)

È risaputo che, prima di tutto il livello del mare si abbassa quando i continenti sono aggregati fra di

loro, mentre si alza quando si separano. Il livello del mare era mediamente più basso sia al tempo

della formazione della Pangea, durante il Permiano che durante il Neoproterozoico al tempo del

supercontinente Gondwana, risalendo rapidamente ai massimi durante l'Ordoviciano ed il

Cretaceo quando i continenti erano separati. A causa di ciò, si genera anche un effetto climatico

che il ciclo dei supercontinenti amplifica ulteriormente:

Supercontinente: clima continentale dominante; maggior probabilità di glaciazioni; livello

marino ancora più basso;

Deriva continentale: clima marittimo dominante; glaciazioni meno probabili; livello del mare

non si abbassa a causa di tale meccanismo.

La deriva dei continenti è un processo estremamente lento, per cui la posizione dei continenti fissa

il comportamento del clima per milioni di anni. Ci sono due aspetti da tenere in considerazione. Da

un lato, le latitudini a cui si concentra la massa continentale: se le masse continentali sono situate

alle basse latitudini si avranno pochi ghiacciai continentali e, in generale, temperature medie meno

estreme. Analogamente, se i continenti sono molto frammentati si avranno zone inferiori di clima

continentale.

Mutazioni millenarie. Le variazioni climatiche con periodi millenari sono da attribuire alla

variazione dei parametri dell’orbita terrestre quali:

Variazione dell’inclinazione dell’asse;

Precessione degli equinozi;

Eccentricità dell’orbita.

L’inclinazione dell’asse terrestre oscilla tra i 22.1° e i 24.5° con un periodicità di 41.000 anni,

Page 12: Cambiamenti climatici

facendo così variare la posizione dei tropici e poli. Dalle ricerche emerge che:

con valori minimi d’inclinazione si hanno scarse variazioni stagionali,

per valori alti d’inclinazione la quantità di radiazione che colpisce le alte latitudini nella

stagione estiva è maggiore mentre diminuisce nella stagione invernale; in questo modo si

accentua l’escursione termica annua (tendenza continentale).

Attualmente l’inclinazione terrestre è pari a 23.4°.

A causa dell’attrazione della luna sul rigonfiamento equatoriale e dell’inclinazione dell’asse

terrestre rispetto a quello dell’ellittica, si produce il moto di precessione che corrisponde ad un

lento movimento dell’asse secondo la generatrice di un cono. Dai calcoli risulta che la rotazione

completa dell’asse equinoziale avviene in un periodo di circa 21,5 mila anni. Se l’orbita terrestre

fosse circolare (ricordiamo che è ellittica) la precessione non determinerebbe nessun

cambiamento, invece data la traiettoria della rotazione della terra intorno al sole, la variazione di

questo parametro provoca i seguenti cambiamenti climatici:

Attualmente l’emisfero boreale è privilegiato perché l’inverno si presenta al perielio

(distanza minore tra terra-sole), quindi inverno più mite ed estate più fresca; al contrario

avviene nell’emisfero australe (estate più calda e inverno più freddo)

Fra 12 mila anni il nostro emisfero avrà la coincidenza dell’estate con il perielio e dato che

la velocità della terra è maggiore proprio in corrispondenza di questo punto a causa delle

forze gravitazionali, l’estate sarà breve e gli inverni saranno più lunghi e rigidi.

L’attrazione esercitata dai pianeti appartenenti al sistema solare fa sì che l’orbita della terra nei

millenni si discosti dalla forma circolare, assumendo diversi valori di eccentricità (rapporto tra la

“distanza sole centro ellisse” e la “lunghezza del semiasse maggiore dell’ellisse stesso”).

Attualmente il valore è pari a 0.0017, ma può variare da 0.06 a 0.0018 in un periodo complessivo

di circa 400.000 anni, con valori massimi che si ripetono però ad intervalli di 100.000 anni circa,

influenzando molto il clima della terra.

1) Maggiore è l’eccentricità maggiore è la differenza tra la distanza massima e quella minima

della terra dal sole nel corso dell’anno;

2) Nei periodi in cui l’eccentricità è più forte viene intensificato l’effetto determinato dalla

precessione.

Riassumendo, i mutamenti millenari del clima, sono dovuti alla combinazione dei tre cicli prima

descritti e più precisamente dalla quantità della radiazione solare che arriva sulla terra alle diverse

latitudini. A questo proposito dagli studi di Milankovitch (1941) sono emersi dei grafici

corrispondenti alla variazione della radiazione solare negli ultimi 300.000 anni rispetto al valore

attuale, ricavati unendo le influenze dei tre fattori astronomici. E’ possibile notare come i periodi di

minimo di radiazione ricadano all’interno delle Ere glaciali del Riss e Wurm nei quali sono presenti

però anche dei picchi massimi.

A questo proposito i ricercatori propendono ad una maggiore complessità di fattori, che influenzano

le variazioni climatiche e lo sviluppo-ritiro dei ghiacciai, alcuni dei quali sono:

Page 13: Cambiamenti climatici

1) la variazione della concentrazione dell’anidride carbonica e di altri gas a effetto serra

2) la variazione dell’albedo

Sembra che la teoria di Milankovitch possa coincidere con le leggi generali che regolano l’innesco

di un’era glaciale mentre per la sua evoluzione, mantenimento o estinzione debba essere

affiancata ad altri fattori. I tre movimenti sopra descritti fanno si che sulla Terra si alternino delle

condizioni climatiche con contrasti stagionali ora più ora meno marcati. Queste oscillazioni hanno

effetti più sensibili nelle regioni poste alle latitudini più elevate; in queste zone, ad un contrasto

stagionale poco pronunciato corrisponde una maggiore possibilità di espansione dei ghiacciai

perché, avendosi in questo caso delle estati più fresche, le nevi cadute nella stagione più fresca

non riescono a sciogliersi completamente, ma si vanno accumulando di anno in anno e lentamente

si trasformano in ghiaccio. Perciò questi movimenti sono da considerare come una delle cause

principali del succedersi delle Ere glaciali e interglaciali che si sono avute nel nostro pianeta e di

cui abbiamo testimonianze sicure nelle pagine più recenti della lunga storia della Terra, ossia

nell’Era Quaternaria.

Le cause di variazione climatiche con periodi molto brevi sono difficilmente identificabili ed inoltre

si presentano sotto due forme: periodiche e aperiodiche.

Un esempio di variazione periodiche è l’influenza sul clima dovuto alla comparsa/scomparsa delle

macchie solari, (anche se deve essere ancora del tutto dimostrata); mentre un esempio di

variazione aperiodica è quella dovuta ad eruzioni vulcaniche le quali non hanno un andamento

prevedibile. La precessione, l’obliquità e l’eccentricità sono dei cambiamenti lenti e non uniformi

Page 14: Cambiamenti climatici

dovuti all’influenza gravitazionale sulla Terra esercitate da altre masse del sistema planetario. La

cosiddetta precessione climatica, il prodotto dell’eccentricità con il coseno dell’angolo di

precessione, è una quantità relativa per l’effetto climatico al cambiamento di precessione. Il

cambiamento della precessione e dell’obliquità influenzerà la distribuzione stagionale e latitudinale

dell’insolazione, ma non cambierà l’energia totale del Sole ricevuta dalla Terra in un anno.

Ciononostante, la temperatura media globale della superficie terrestre può essere influenzata

considerevolmente dal cambiamento dell’albedo,della radiazione di onda lunga, dalla circolazione

atmosferica ecc., dovuti al cambiamento temporale e spaziale dell’insolazione.

Impatto vulcanico sul clima globale. Se si considera che il fondo degli oceani al di sotto della

copertura sedimentaria è interamente formato da basalti di origine vulcanica emessi

prevalentemente in corrispondenza delle dorsali in espansione, ci si rende conto che siamo di

fronte al più importante fenomeno geologico che interessa la crosta terrestre.

L’attività vulcanica si manifesta in corrispondenza delle dorsali e delle isole oceaniche, dei sistemi

di grandi fratture continentali e sopra i lembi di litosfera discendenti nel mantello nelle zone di

subduzione. Oltre a numero indefinito di vulcani sottomarini, esistono al mondo circa 600 vulcani

attivi in tempi storici; di questi più della metà (62%) formano un anello attorno al Pacifico (Ande,

Sierra Madre, Catena delle Cascate, Alaska, Kamcatka, Giappone, Indonesia, ecc.) e sono ai

margini continentali di tipo pacifico e agli archi insulari oceanici dove vi è subduzione attiva. Vi

sono inoltre vulcani sparsi in Italia, Africa, Antartide e lungo le dorsali oceaniche quali quelli

dell’Islanda; un certo numero di centri vulcanici è ubicato in corrispondenza dei punti caldi che si

trovano per lo più negli oceani, ma a volte anche nei continenti.

Il magma è un fuso prevalentemente silicatico (fase liquida) contenente quantità variabili di cristalli

(fase solida) e di sostanze volatili (fase vapore). Queste ultime sono disciolte nel magma in

condizioni di alta pressione ma si separano (fase vapore) con basse pressioni quando il magma

risale verso la superficie. Quando il magma risale, inizia un frazionamento dei volatili a seconda

della loro affinità per la fase liquida e gassosa ed in funzione della loro solubilità. Una quantità

enorme di materiale e di gas è stata liberata nel passato dai flussi basaltici, ciò è stato rilevato dai

basalti del Deccan in India (datati circo 65 milioni di anni) e dai basalti del Columbia River (datati

16 milioni di anni fa). Un vulcano può emettere gas anche senza eruttare gli altri componenti del

magma: l’Etna, ad esempio, emette in continuazione vapori e gas. I gas vulcanici sono costituiti

mediamente per più del 90% di H2O; gli altri gas principali sono CO2 , CO, H2, SO2, H2S e HCl. Il

monossido di carbonio e l’idrogeno sono abbondanti alle alte temperature, mentre l’anidride

carbonica e l’idrogeno solforato alle basse. I costituenti principali delle emissioni vulcaniche, acqua

e anidride carbonica, producono scarsi effetti sull’atmosfera quando immessi episodicamente dalle

eruzioni vulcaniche, perché già presenti nell’atmosfera terrestre in grandi quantità. L’anidride

solforosa è talvolta presente in quantità rilevante e si trasforma in acido solforico; l’acido cloridrico

è presente in quasi tutti i vulcani. Il componente volatile più abbondante, l’ H2O, viene emesso in

quantità che varia da circa lo 0,1% in peso nei magmi oceanici a circa il 5% in vulcani continentali.

Page 15: Cambiamenti climatici

La maggior parte degli effetti sul clima sono causati dalla gigantesca immissione di SO2

nell’atmosfera, che trasformandosi in acido solforico nell’atmosfera contribuisce a rendere acide le

piogge. La stessa trasformazione avviene nel materiale vulcanico iniettato nella stratosfera in

occasione delle maggiori esplosioni vulcaniche: assorbendo le radiazioni solari può causare un

temporaneo raffreddamento del clima terrestre negli anni immediatamente seguenti. Infine l’acido

cloridrico introdotto nell’atmosfera può contribuire ad intaccare lo strato di ozono assottigliandolo,

come è avvenuto durante l’eruzione del vulcano filippino Pinatubo nel 1991. L’SO2 immessa nella

stratosfera viene gradualmente ossidata nell’arco di diverse settimane in solfato, che condensa a

formare un “velo” di aerosols. Molti componenti volatili si ossidano e si idratano nell’atmosfera,

formando gas acidi e aerosols. I gas acidi possono modificare la durata della vita delle nubi nella

troposfera e le loro proprietà ottiche. I gas dello zolfo possono penetrare la tropopausa attraverso

la diffusione (CSO) e una maggior quantità per convenzione dopo una eruzione di tipo Pliniano

(SO2 e H2S). Questa modificazione della chimica della stratosfera contribuisce alla formazione di

uno strato di aerosol stratosferico. Gli aerosols hanno la stessa dimensione (o sono più minuti)

della porzione visibile della radiazione solare incidente (media 0.5 mm). L’aerosol modifica il clima

globale attraverso la diffusione e l’assorbimento della luce. Le particelle di aerosol forniscono siti

per reazioni catalitiche che ripartiscono le specie dell’azoto e attivano il cloro e il bromo

contribuendo alla riduzione dello strato di ozono. Circa 72 eruzioni vulcaniche tra il 1853 e il 1991

hanno sviluppato colonne con un’altezza di circa 10 Km. L’impatto dei composti volatili nella

stratosfera è ben documentato dalle eruzioni Pliniane. Nel Nord America, Europa e Asia l’impatto

dei composti volatili, rilasciati durante l’eruzione dell’El Chichon (Messico 1982), portò ad una

diminuzione dello strato di ozono per 3-4 stagioni dopo l’eruzione. L’eruzione del Pinatubo (1991)

fu seguita da una diminuzione dello strato di ozono del 15% per 7 stagioni. L’aerosol stratosferico

causa un notevole impatto sul clima globale perché assorbe la radiazione infrarossa solare e

terrestre. La temperatura della bassa stratosfera aumentò di 1-2oC dopo le eruzioni del Pinatubo e

del El Chichon, subito dopo però, quando l’atmosfera non fu influenzata dall’emissione vulcanica,

si osservò una diminuzione della temperatura nella bassa troposfera.

L’aerosol vulcanico influenza il clima attraverso vari meccanismi:

la riduzione della radiazione visibile causa un raffreddamento della superficie;

l’assorbimento della radiazione infrarossa causa invece un innalzamento della temperature

invernali continentali.

Durante gli anni dopo l’eruzione del Pinatubo si ebbe una diminuzione globale delle temperature

estive, tuttavia un aumento di temperatura invernale fu registrato nell’emisfero Nord alle medie

latitudini a causa di una intensificazione della corrente dell’Ovest che a sua volta dipende dai

venti della bassa stratosfera. Simili condizioni si ebbero dopo le eruzioni del Aroung (Indonesia),

El Chichon e tutte le altre eruzioni dal 1883. Durante un’eruzione vulcanica esplosiva la frazione

più fine della cenere vulcanica (diametro 5 e 0,5 μm) forma sospensioni meccanicamente stabili

nell’atmosfera. Quando la taglia scende sotto 0,1 μm la velocità di sedimentazione diviene

Page 16: Cambiamenti climatici

trascurabile e queste particelle possono essere trasportate a grande distanza dal punto di

emissione. Gli aerosol che prendono origine dall’anidride solforosa sono formate da microgocce

di acido solforico. Circa metà dei gas contenenti zolfo scompare in breve nell’atmosfera, in parte

trascinata al suolo dalle piogge e in parte per razioni chimiche dirette con le piante, il suolo e

l’acqua marina. La quantità restante si ossida reagendo con composti presenti nella troposfera e

forma così le particelle che compongono l’aerosol. In effetti quasi tutti i gas contenenti zolfo

reagiscono chimicamente in presenza di agenti ossidanti, il più importante dei quali è il radicale

ossidrile. Le reazioni che portano alla formazione di un aerosol di acido solforico possono essere

suddivise in processi che avvengono a cielo sereno e processi che hanno luogo nelle nubi . Nel

primo tipo il biossido di zolfo reagisce in presenza di vapore acqueo e, attraverso una complessa

serie di stadi, produce acido solforico il quale forma particelle di dimensioni pari a una frazione di

micrometro. Il processo avviene per condensazione su particelle già esistenti o per interazione

con vapore acqueo o con altre molecole di acido solforico. E’ questa la cosiddetta conversione

gas – particelle. L’acido solforico reagisce poi con piccole quantità di ammoniaca, per dare varie

forme idrate di solfato di ammonio. Il processo di produzione di acido solforico all’interno delle

nubi, invece, inizia con la dissoluzione del biossido di zolfo nelle goccioline che costituiscono le

nubi; qui esso può venir ossidato dal perossido di idrogeno che si forma in piccola concentrazione

per combinazione di ossidrili. La reazione di ossidazione forma quindi acido solforico e i suoi Sali

di ammonio in soluzione. Il solfato acido è presente in forma fortemente idrata, nella quale diverse

molecole d’acqua sono legate al solfato. L’evaporazione rimuove parte dell’umidità e, dato che i

solfati si legano fortemente all’acqua, ne risulta una soluzione fortemente concentrata. Il risultato

finale è un aerosol costituito da goccioline di diametro inferiore a un micrometro, chimicamente

indistinguibili da quelle dell’aerosol prodotto nella conversione gas – particelle. La forte affinità

chimica che l’acido e i suoi sali hanno per l’acqua è importante nel determinare la capacità

dell’aerosol di diffondere la luce. Quando le minuscole goccioline acide si miscelano con aria

umida ,tendono ad assorbire umidità e, quindi, a crescere di volume. Una volta formatesi per

reazione chimica, le particelle ricche di zolfo presenti nella troposfera possono produrre un

raffreddamento del clima con due meccanismi: il primo, che avviene con il cielo sereno, consiste

nella riflessione diretta di parte della radiazione solare entrante, e il secondo, più indiretto,

nell’aumento della riflettività delle nubi. Nel primo meccanismo le particelle dell’aerosol diffondono

la luce solare nello spazio, al di fuori dell’atmosfera, e quindi una minore quantità di radiazione

solare può raggiungere il suolo.

Un altro aspetto è, inoltre, quello legato ad eruzioni vulcaniche esplosive, con immissione di gas

anche nei livelli più alti dell’atmosfera e quindi relativa formazione di acido solforico nella

stratosfera. In tal modo si viene a costituire una nube che avvolge la terra su una larga fascia di

latitudine per un paio di anni con intensità decrescente. L’effetto predominante di questa nube è

quello di riflettere la radiazione solare, che, in assenza di altri meccanismi, provocherebbe un

raffreddamento della parte bassa dell’atmosfera e, quindi, della superficie. Inoltre essa è

Page 17: Cambiamenti climatici

responsabile della formazione di un substrato su cui agiscono i composti capaci di distruggere

l’ozono stratosferico.

L’anno 1816 è leggendario negli annali della meteorologia. E’ stato chiamato “l’anno senza estate”.

Da maggio a settembre, una serie senza precedenti di ondate di freddo colpiva il nordest degli

Stati Uniti e le province canadesi adiacenti, causando una tardiva primavera, un’estate fredda e un

precoce inverno. Vi fu neve in giugno, gelate in luglio e agosto. Si verificarono danni notevoli

all’agricoltura e si verificò una carestia diffusa. La cronaca di questo straordinario periodo è ben

documentata nei diari e nelle memorie di coloro che lo hanno vissuto. La maggior parte delle

osservazioni meteo del periodo furono realizzate a Williamstown nell’angolo nordoccidentale del

Massachusetts. Nelle statistiche delle temperature si riporta una prima ondata di freddo tra Aprile e

Maggio, poi un periodo relativamente caldo fino al 5 giugno, a cui seguì una disastrosa ondata

fredda in conseguenza di avvezione di una massa d’aria artica. In seguito, per tutta l’estate, si

ebbero continue alternanze di periodi freddi seguiti da temporanei e brevi periodi miti. L’ultima

terribile ondata di freddo di quella anomala estate si ebbe il 27 Settembre. Seguì un rigidissimo

inverno con gelate diffuse e abbondanti nevicate che colpì prevalentemente i tre stati nordici del

Vermont, New Hampshire e Maine. L’anomalia climatica che colpì severamente il nordest degli

Stati Uniti interessò buona parte dell’emisfero settentrionale. Si ebbero carestie anche in Francia e

Germania. Ma il motivo di questo anomalo abbassamento delle temperature fu accertato solo un

secolo più tardi da William Humphreys . In seguito agli studi effettuati, egli sostenne che la

variazione climatica era stata causata in gran parte da polvere vulcanica diffusa nell’atmosfera

terrestre. Tale polvere proteggeva parzialmente la terra dai raggi del sole, consentendo però la

fuga del calore dai bassi strati troposferici e causando così un diffuso abbassamento delle

temperature. Infatti tra il 1812 e 1817 vi furono tre importanti eruzioni. Il vulcano Soufriere sull’isola

di St. Vincent nel 1812; ; Mayon nelle Filippine nel 1814; e Tarmbora sull’isola di Sumbawa in

Indonesia nel 1815. La peggiore fu quella del Tambora che immise nell’atmosfera enormi

quantitativi di cenere vulcanica dal 7 al 12 Aprile 1815. E’ stato stimato che la titanica eruzione del

Tambora produsse da 69 a 190 Km3 di polvere e cenere che, introdotte nella circolazione generale

dell’atmosfera, generarono un velo intorno al globo terrestre.

L’ anidride carbonica prodotta dalle emissioni vulcaniche potrebbe aver avuto importanti effetti sul

clima della Terra. La maggior parte del carbonio terrestre è contenuta nelle rocce sedimentarie. Il

carbonio atmosferico è parte del complesso ciclo geochimico che controlla il trasferimento del

carbonio dalle rocce sedimentarie che si trovano sulla superficie terrestre, alla biosfera, oceani e

quindi atmosfera. Il carbonio presente nell’atmosfera si trova principalmente sotto forma di anidride

carbonica (CO2) che gioca un ruolo fondamentale nel ciclo geochimico. L’ anidride carbonica (CO2)

viene assunta dalle piante e da esse fissata nel suolo, dove reagisce con acqua per dare acido

carbonico H2CO3. Questo altera chimicamente i minerali carbonatici producendo ioni bicarbonato,

ioni calcio e silice in soluzione. Tali prodotti vengono trasportati dai fiumi fino agli oceani, dove gli

organismi incorporano gli ioni calcio e bicarbonato, combinandoli nuovamente in carbonato di

Page 18: Cambiamenti climatici

calcio e liberando CO2, che alla fine ritorna nell’atmosfera. L’alterazione dei carbonati non

comporta una diminuzione netta di CO2 atmosferica. Anche gli ioni calcio e bicarbonato risultanti

dall’alterazione dei silicati, però, reagiscono formando carbonato di calcio; in queste reazioni solo

metà della CO2 ritorna all’involucro gassoso che ricopre la terra, cosicché si ha come risultato una

diminuzione di questo gas nell’atmosfera. Se questo processo operasse incontrastato per un

periodo di circa 10.000 anni, l’alterazione dei silicati condurrebbe alla totale scomparsa

dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Ciò non è mai avvenuto, altrimenti la vita sulla terra avrebbe

cessato di esistere; un qualche meccanismo deve intervenire a ripristinare i livelli atmosferici di

CO2. Questo meccanismo è la liberazione di anidride carbonica che accompagna le eruzioni

vulcaniche e i fenomeni correlati.

Quando i carbonati di calcio e magnesio si trovano sepolti a profondità di molti chilometri, vanno

soggetti a temperature elevate, da far si che abbiano luogo reazioni tra calcio, magnesio e silicati

circostanti. Alla fine l’anidride carbonica riesce a farsi strada fino all’atmosfera, talvolta in modo

dirompente, come nel corso delle eruzioni vulcaniche , talvolta in modo sommesso e inosservato,

come in una sorgente di acqua naturale gassata. Insieme alla liberazione di CO2 che viene

generata nella sedimentazione dei carbonati questo degassamento delle rocce è il principale

meccanismo attraverso cui il carbonio viene restituito all’atmosfera, chiudendo il ciclo geochimico.

Il degassamento può avere luogo in ambienti molto vari, particolarmente diffuso nelle zone di

subduzione. Partendo dal presupposto che il livello di CO2 atmosferica non abbia subito

fluttuazioni incontrollate nel tempo, il degassamento vulcanico metamorfico deve sostanzialmente

compensare la CO2 sottratta all’atmosfera dai processi di alterazione chimica e di deposizione di

carbonato di calcio. L’assunto secondo cui il livello di anidride carbonica non sarebbe variato nel

tempo in modo incontrollato è evidentemente valido, per il semplice fatto che la vita esiste sulla

terra. Se il tasso di degassamento si dimezzasse , tutta la CO2 atmosferica e quella disponibile

negli oceani verrebbe ad esaurirsi nel giro di 600 000 anni, comportando la cessazione della

fotosintesi. Se il tasso di degassamento raddoppiasse, l’eccesso di CO2 condurrebbe, per effetto

serra, all’estinzione della vita animale e vegetale in pochi milioni di anni. Un leggero

sbilanciamento nei flussi tra le componenti del ciclo geochimico del carbonio, ha portato a una

generale diminuzione dell’anidride carbonica atmosferica nel corso degli ultimi 100 milioni di anni.

Di conseguenza, a causa dell’attenuazione dell’effetto serra, la temperatura ha subito un

raffreddamento. Nel Cretaceo (135 – 65 milioni di anni fa), invece la temperatura media

superficiale della terra era più alta di quella attuale. Prove a sostegno sono i fossili di vegetali e

animali che vivono attualmente in climi caldi, ritrovati in luoghi che nel Cretaceo erano regioni

polari. Per riscontrare le temperature stimate dai paleontologi e dai geochimici per le alte latitudini

durante il Cretaceo, i livelli di CO2 dovrebbero essere da quattro a otto volte gli attuali. E’ evidente

che le variazioni climatiche del passato geologico siano state causate principalmente da

variazioni del contenuto di CO2 in atmosfera. Questa teoria della paleoserra è stata

energicamente sostenuta da Alfred G. Fischer (Princeton University). Egli ha dimostrato che per

Page 19: Cambiamenti climatici

gli ultimi 600 000 milioni di anni vi è una buona correlazione tra periodi con temperature elevate,

alti livelli del mare e maggiore abbondanza di rocce ignee. Durante i periodi glaciali si osservano

invece bassi livelli del mare e una minore quantità di rocce ignee. Risulta quindi chiaro come la

Terra sia passata da periodi serra, a periodi glaciali, in dipendenza all’attività tettonica e

dall’emissione di per CO2 degassamento.

Fenomeni climatici. L'esempio del Niňo/Southern Oscillation

El Nino è un fenomeno climatico ricorrente, che si verifica ogni quattro o cinque anni circa, la sua

manifestazione più recente ha ricevuto molta più attenzione di qualsiasi altro evento analogo del

passato. L’ultimo El Nino è stato molto citato dai mezzi di comunicazione ed il termine è ormai

entrato a far parte del vocabolario comune assumendo, spesso a sproposito, il significato di ogni

evento negativo, dagli ingorghi stradali alle morie di foche in California. In realtà, El Nino è un

episodio di riscaldamento anomalo delle acque dell’Oceano Pacifico che può durare parecchi mesi

ed avere notevoli ripercussioni sulle condizioni climatiche e metereologiche della terraferma.

In origine, il termine El Nino si riferiva a una corrente stagionale calda che si instaurava lungo le

aride coste del Perù nel periodo natalizio, mitigando le condizioni determinate dalle freddi correnti

da Sud normalmente prevalenti. La prima descrizione scritta del fenomeno risale al 1891, ma i

pescatori peruviani ne erano consapevoli già da tempo. A intervalli di alcuni anni la corrente del

Nord era eccezionalmente calda ed intensa, e si incuneava fino a latitudini molto meridionali

portando con se “doni” in gran quantità. Un viaggiatore in terra peruviana aveva descritto in questi

termini lo spettacolo presentatosi ai suoi occhi: “Il mare è pieno di meraviglie, e ancor più la Terra;

il suolo si intride d’acqua per le forti piogge, e in poche settimane tutto il paese si ammanta di

pascoli verdeggianti. Il bestiame si riproduce in misura doppia rispetto al solito e il cotone può

crescere in luoghi altrimenti del tutto sterili”. Da questo resoconto si comprende perché l’avvento

del Nino non fosse considerato una iattura, ma al contrario un evento positivo, un regalo da

Bambino Gesù.

Oggi però il termine El Nino non si riferisce solo alla corrente costiera annuale, ma al più

spettacolare fenomeno interannuale che influenza gran parte del globo. Inoltre, non solo è

cambiata l’accezione del termine, ma anche la percezione del fenomeno; oggi abbiamo una

visione deteriore del Nino, non tanto perché il suo carattere sia cambiato, ma perché abbiamo una

diversa concezione del Mondo: le intense piogge trasformano ancora il deserto in giardino, ma

travolgono anche case, ponti e strade, ovvero i prodotti di uno sviluppo economico e di un enorme

aumento della popolazione.

Le temperature superficiali del mare sono alternativamente sopra la media, durante gli eventi di El

Nino o sotto di essa, durante i periodi complementari noti come eventi La Nina. Queste fluttuazioni

interannuali sono accompagnate da variazioni di altri parametri, come la pressione superficiale.

Per esempio, le fluttuazioni della pressione superficiale rilevate a Darwin e a Tahiti sono correlate

con i cambiamenti di temperatura superficiale del mare e sono in opposizione di fase tra loro:

Page 20: Cambiamenti climatici

quando la pressione risulta sopra la media a Tahiti tende a essere sotto la media a Darwin, e

viceversa . Esiste infatti una sorta di altalena planetaria con una periodicità interannule che

attraversa il Pacifico tropicale.

La circolazione atmosferica ai tropici è costituita da un certo numero di celle termiche dirette nelle

quali l’aria sale in corrispondenza delle regioni in cui le temperature superficiali sono più alte, vale

a dire il bacino amazzonico, nell’Africa tropicale e nel così detto continente marittimo del Pacifico

tropicale occidentale. Gli Alisei trasportano aria calda e umida verso tali regioni dando origine ad

alte nubi cumuliformi che riversano piogge abbondanti. Sul Pacifico occidentale, quest’aria ritorna

verso Est in quota per poi discendere sul Pacifico centro Orientale e riunirsi agli Alisei che spirano

verso Ovest. L’andamento di questa tipo di cella prende il nome di circolazione di Walker: in essa

le precipitazioni sono abbondanti in corrispondenza del ramo ascendente e minime in quello

discendente.

Durante gli episodi di El Nino, il riscaldamento del Pacifico tropicale altera drasticamente la forma

e l’intensità della circolazione di Walker (vedi figura sotto). Poiché il moto di convezione rimane al

di sopra delle acque più calde, la regione di maggiore precipitazione si sposta verso Est, verso

l’arcipelago delle Galapagos e le coste del Perù e dell’Equador.

Figura 1

Page 21: Cambiamenti climatici

Gli alisei lungo l’equatore sono deboli, al contrario di quanto accade durante gli episodi di La Nina.

La variazione interannuale nella localizzazione e nell’intensità del calore latente liberato nelle zone

di convezione influenza la circolazione atmosferica globale. Gli effetti di El Nino si allargano a

ventaglio su tutto il globo con notevoli differenze geografiche. Alcune regioni dell’America

Settentrionale e Meridionale, per esempio, sono colpite più di altre. Le correnti a getto si fanno più

intense durante El Nino, cosicchè, la parte meridionale della California subisce ad esempio un

aumento dell’attività temporalesca.

Per spiegare i cambiamenti delle temperature superficiali dell’oceano è importante comprendere

come, dal punto di vista termico, esso consista di due strati con caratteristiche diverse: un sottile

strato superficiale di acqua calda, profondo un centinaio di metri, sotto il quale giace uno strato

profondo e freddo che si estende fino a oltre 4000 metri di profondità divisi da un termoclino. In

assenza di vento, il termoclino è orizzontale e le acque calde superficiali sono distribuite

uniformemente sopra lo strato freddo. Tendenzialmente, è questa la situazione che si instaura

durante El Nino, quando gli Alisei sono deboli.

Lezione 3: Influenza dell'uomo sul clima (6 ore)

L’aria, in natura, non è mai completamente pura. Taluni gas, come anidride solforosa (SO2),

idrogeno solforato (H2S) e ossidi di carbonio (CO), sono continuamente immessi nell’aria come

Page 22: Cambiamenti climatici

prodotti di alcuni fenomeni naturali, quali attività vulcanica, decomposizione di vegetazione e

incendi nei boschi. Inoltre minute particelle solide o liquide sono distribuite nell’aria dai venti,

esplosioni vulcaniche e altre simili attività naturali.

A questi “inquinanti naturali” si aggiungono le sostanze risultanti dall’attività umana. Si è stimato

che negli Stati Uniti vengono immesse annualmente nell’aria più di 200 milioni di tonnellate di

sostanze inquinanti prodotte dall’uomo, cioè una tonnellata per persona l’anno, oppure tra 2,5 e 3

Kg per persona al giorno.

Cinque tipi di sostanze, conosciute come inquinanti primari, sono responsabili di più del 90%

dell’inquinamento atmosferico nel mondo:

Ossidi di carbonio

Ossidi di azoto

Idrocarburi

Ossidi di zolfo

Particelle

L'anidride carbonica costituisce il maggior inquinante. Tuttavia la valutazione degli inquinanti e

delle fonti di inquinamento fatte solamente in termini di peso comporta un grave inconveniente:

essa non tiene sufficientemente conto della dannosità o pericolosità dei singoli inquinanti.

Effetto Serra

Il nostro secolo ha senza dubbio portato sulla scena mondiale nuove tecnologie e migliorie alla vita

umana. Ma purtroppo il prezzo da pagare è stato alto: la terra è seriamente minacciata

dall’inquinamento ed in particolare dal fenomeno chiamato “effetto serra”. I raggi solari che

raggiungono la superficie terrestre passano inalterati attraverso i gas atmosferici. La superficie

riscaldata riemette energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche a lunghezza d’onda

maggiore di quelle incidenti. Alcune molecole allo stato gassoso che si trovano nella troposfera

assorbono le radiazioni ad elevata lunghezza d’onda, come i raggi infrarossi. In questo modo

l’energia termica è trattenuta negli strati più bassi dell’atmosfera. Il fenomeno è noto come effetto

serra, poiché la troposfera si comporta infatti come una serra che riscalda l’ambiente interno.

A partire dal 1850 circa (inizio dell’epoca industriale), l’uomo ha condotto, incosciamente, una sorta

di esperimento geochimico globale, restituendo all’atmosfera, attraverso la combustione di grandi

quantità di combustibili fossili, una parte del carbonio che era stato fissato, per fotosintesi, milioni

di anni addietro. Durante gli ultimi 150 anni la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata

da 280 a circa 380 ppm e più di un quinto di questo incremento si è registrato proprio nell’ultimo

ventennio.

Se visto in termini assoluti, l’aumento riscontrato di anidride carbonica può apparire trascurabile,

considerando che questo gas è presene nell’atmosfera in concentrazioni non superiori allo 0,03%

in volume. Tuttavia, nonostante la sua bassa concentrazione assoluta, la CO2, insieme con altri

gas, presenti in concentrazione ancora più bassa esercita un ruolo importantissimo nella

Page 23: Cambiamenti climatici

regolazione della temperatura globale. Al contrario di azoto e di ossigeno, che sono i gas

macrocostituenti dell’atmosfera, altri gas, anche se presenti in tracce, hanno la capacità di

assorbire le radiazioni infrarosse,e, quindi, di trattenere ed immagazzinare il calore irradiato dalla

superficie terrestre. I gas che sicuramente, oltre alla CO2, contribuiscono all’Effetto Serra sul

pianeta sono il CH4, l’N2O e i CFC (clorofluorocarburi): indipendentemente dalla loro provenienza

(biologica, industriale, agricola), tutti questi gas contribuiscono ad alterare il bilancio radioattivo

della Terra.

La certezza scientifica della correlazione tra l’aumento dei gas serra e l’aumento della temperatura

sul pianeta è deducibile dal lavoro compiuto da scienziati di tutto il mondo riunitisi, già a partire dal

1979, in gruppi di studio organizzati dalla Word Metereological Organization (WMO) in

collaborazione con lo United Nations Enviromental Program (UNEP). Malgrado gli sforzi fin qui

compiuti per la conoscenza del problema, non sono, tuttavia, ancora ben chiare le dimensioni del

fenomeno, né i termini temporali in cui esso potrà manifestarsi in maniera drammatica. E’ probabile

che una previsione sui tempi di una catastrofe da Effetto Serra non potrà e non dovrà essere fatta,

sostenendosi con essa, una qualche forma di ineluttabilità dell’avvenimento. E’ certo che uno dei

provvedimenti da adottare, a livello mondiale, consiste nel stabilire un limite di emissioni dei gas

che nell’atmosfera determinano l’Effetto Serra. Per affrontare correttamente la questione è

opportuno sottolineare che, senza la presenza dei così detti gas serra, la temperatura della

superficie terrestre sarebbe mediamente più basa di circa 33 oC rispetto ai valori attuali, e la vita

sarebbe impossibile per la maggior parte delle specie vegetali e animali. Essi dunque esercitano,

fino a un certo punto, una azione benefica sul pianeta. Perciò quando si parla di Effetto Serra

occorre distinguere tra un fenomeno a carattere naturale, che ha determinato, peraltro, le

condizioni climatiche attuali del pianeta, e un fenomeno che, rispetto al primo, si presenta sotto

forme non desiderabili, per effetto di un eccessivo aumento della concentrazione dei gas.

Tra i gas che contribuiscono ad un Effetto Serra naturale, certamente il più importante è il vapore

acqueo. Su di esso,tuttavia, l’incidenza delle attività umane ha poco peso e pertanto le sue

variazioni di concentrazione nell’atmosfera sono poco preoccupanti, anche in considerazione dei

suoi tempi di permanenza che sono molto brevi. Una incidenza certamente maggiore hanno, di

contro, la CO2, il CH4, l’O3 e i CFC, tutti gas i cui valori di concentrazione, peraltro naturalmente

molto bassi, possono venire abbondantemente modificati per effetto delle attività umane.

Il contributo che ognuno di questi gas fornisce all’aumento dell’Effetto Serra dipende, oltre che

dalla sua concentrazione, anche dalla capacità di assorbimento della radiazione infrarossa, legata

in gran parte alla struttura chimica delle sue molecole. Questi parametri, correlati con il tempo di

permanenza di questi gas nell’atmosfera, determinano l’“effetto climatico per molecola” e il “potere

di riscaldamento globale”, i cui valori, riferiti all’anidride carbonica, per la quale le due funzioni

vengono assunte come unitarie vengono riportati di seguito.

Page 24: Cambiamenti climatici

Effetto climatico e potere di riscaldamento globale dei gas serra

Gas Effetto climatico Potere di riscaldamento globale

(20 anni)

CO2 1 1

CH4 25-32 63

N2O 150-250 290

O3 2000

CFC-11 14000-17500 3500

CFC-12 17000-20000 7300

Il potere di riscaldamento globale viene definito come il rapporto tra il riscaldamento prodotto in un

certo arco di tempo dalla emissione di un chilogrammo di gas e quello prodotto dalla emissione di

una pari quantità di anidride carbonica.

Per capire come è possibile intervenire per ridurre l’aumento dei gas serra nell’atmosfera, e quindi

ridurne l’effetto, è necessario sapere quali sono le fonti di provenienza di questi gas. La principale

fonte di gas serra, a livello mondiale, è rappresentata, senza dubbio, dalla produzione e dal

consumo energetico, necessari per il mantenimento di tutti i processi industriali e agricoli e per gli

impianti di riscaldamento dei centri urbani: più del 50% del contributo totale all’effetto serra infatti è

da ascrivere alla CO2, prodotto finale dello sfruttamento delle fonti energetiche tradizionali

(combustibili fossili).

Le emissioni derivanti dalle pratiche agricole, costituite da CH4 e da N2O, contribuiscono per circa il

15% all’Effetto Serra, e si vanno facendo sempre più consistenti i contributi dovuti ai

clorofluorocarburi (dell’ordine del 7-8%), usati una volta come gas propellenti e come fluidi come

refrigeranti per gli impianti di condizionamento. Un altro significativo contributo all’Effetto Serra

(circa il 9%) viene dalla deforestazione di grandi superfici: l’abbattimento del manto vegetale

corrisponde ad una diminuzione dei processi fotosintetici e incide quindi sulla cinetica di

trasformazione della CO2 atmosferica.

In seguito a indagini, effettuate sulle variazioni di temperatura del pianeta negli ultimi 200 anni, gli

studiosi di questo problema ritengono, unanimemente, che l’aumento di concentrazione dei gas

serra produca un effetto climatico per molecola pari a 2 Watt/m2, cioè ogni metro quadrato di

superficie terrestre trattiene una quantità extra di energia radiante pari a 2 Joules. Il dato, tuttavia,

non consente di tradurre direttamente questa energia aggiuntiva trattenuta in termini di aumento

della temperatura; infatti, altri parametri, oltre i gas serra, concorrono seppur indirettamente a

favorire un aumento di temperatura globale. Ciononostante, tutti concorrono, congiuntamente

all’aumento di concentrazione dei gas serra, all’incremento di temperatura globale che, negli ultimi

100 anni, è stato valutato in 0,5oC.

Allo stato attuale si tenta di studiare il fenomeno attraverso la messa a punto di modelli di

Page 25: Cambiamenti climatici

simulazione, dai quali è possibile ricavare una ipotetica evoluzione di tutte le variabili e valutare,

quindi la risposta rispetto ad alcune possibili assunzioni. Per mezzo di modelli di simulazione è

stato possibile ipotizzare una situazione in cui la concentrazione di CO2 sarà raddoppiata intorno

all’anno 2030: nella situazione di equilibrio determinata da queste condizioni si verificherà un

aumento di temperatura compreso tra 1,5 e 4,5 oC, con una temperatura media globale maggiore

di circa 2 oC rispetto a quella di 200 anni fa.

Diversi e tutti vitali sono i settori sui quali è certamente possibile e doveroso intervenire per

contenere e ridurre l’aumento della temperatura per Effetto Serra. Il principale è senza dubbio

quello della razionalizzazione dei consumi e del miglioramento dell’efficienza energetica nei

processi industriali. L’altro importante settore è quello delle scelte delle fonti energetiche, nel senso

di ridurre drasticamente l’uso di combustibili fossili a favore delle fonti rinnovabili. Un terzo settore,

di grande importanza per i riflessi che può avere sulla produzione globale di sostanze alimentari, è

quello agricolo. Infine sarà necessario bloccare, attraverso accordi internazionali come il Protocollo

di Kioto, i processi di deforestazione che, trasformando vaste aree in zone desertiche,

impediscono l’assorbimento e la fissazione della CO2 rimandandone, per riflessione, grandi

quantità nell’atmosfera.

Ruolo degli aerosol nell’evoluzione del clima

Le particelle di aerosol sono formate da aggregati molecolari o da minutissimi frammenti di

materiale solido di diversa natura, fissatisi insieme per adesione. In altri casi, come nelle foschie e

nelle nebbie, le particelle di aerosol sono piccole goccioline di acqua liquida, entro le quali il

materiale insolubile rimane in sospensione e le sostanze solubili, come sali marini o solfati, si sono

sciolte rapidamente. Queste particelle possono essere originate da processi naturali

(risospensione, incendi, aerosol marino, polveri vulcaniche e desertiche) o da attività industriali,

agricole e minerarie. La forma di una particella di aerosol è solitamente irregolare e di dimensioni

che possono variare da pochi millesimi di mm (come negli aggregati molecolari, che si formano

nelle aree urbane congestionate dall'intenso traffico veicolare) a una decina di mm (come nel caso

di particelle di origine marina o di particelle di combustione oppure particelle desertiche). E' ben

noto che le particelle di aerosol presenti in atmosfera possono produrre importanti processi di

scattering ed assorbimento della radiazione solare incidente. In seguito a tali processi

d'interazione, l'albedo del sistema costituito dalla superficie terrestre e dall'atmosfera può risultare

apprezzabilmente diversa da quella della superficie terrestre. Ad esempio, in aree del pianeta

caratterizzate da insediamenti urbani a forte densità di popolazione e da attività industriali molto

intense, le particelle di aerosol possono essere presenti in atmosfera in concentrazioni numeriche

assai elevate e mostrare caratteristiche ottiche fortemente influenzate dalla presenza di sostanze

carboniose che assorbono fortemente la radiazione solare. Essendo l'albedo del sistema

"superficie-atmosfera" definita come la percentuale di radiazione incidente che viene riflessa

indietro dal sistema su tutto lo spettro elettromagnetico, è evidente che un maggior assorbimento

Page 26: Cambiamenti climatici

della radiazione solare da parte delle particelle di aerosol comporta una diminuzione della

percentuale di radiazione solare che può essere soggetta a scattering. In tal caso, diminuendo

anche lo scattering all'indietro, l'albedo del sistema non può che decrescere.

A causa delle forti interazioni tra le particelle di aerosol e le nubi, esistono anche importanti effetti

di forzatura indiretta degli aerosol. Le variazioni nel carico e nelle caratteristiche degli aerosol ed in

particolare dei nuclei di condensazione (CCN) si ripercuotono indirettamente sullo sviluppo e sulle

proprietà radiative delle nubi. La presenza di aerosol si ripercuote indirettamente anche sul

contenuto locale di umidità in atmosfera o sulle proprietà riflettenti, per esempio, di una superficie

coperta da neve. Mediante l'unione degli effetti diretti e di quelli indiretti, il sistema climatico

terrestre può essere soggetto a forzature radiative positive o negative: le prime tendono ad un

riscaldamento del clima mentre le seconde ad un raffreddamento. La forzatura radiativa causata

dalle particelle di aerosol sembra quindi essere quasi comparabile come magnitudine, ma di segno

opposto, a quella prodotta dall'aumento di gas serra introdotti in atmosfera nell'ultimo secolo.

Occorre comunque precisare che se pur globalmente questi due processi sono comparabili,

completamente differenti sono le scale spaziali e temporali su cui essi agiscono. A causa

dell'omogeneità della distribuzione di un gas come la CO2 la forzatura radiativa prodotta

dall'aumento di tale gas è uniformemente distribuita ed aumenta in maniera lineare, analogamente

alla crescita della concentrazione di CO2. Al contrario la distribuzione assolutamente disomogenea

del carico aerosolico e delle sorgenti antropiche in particolare, fa si che la relativa forzatura

radiativa si concentri in poche aree e risulti governata anche dai processi di trasporto. Pensare

perciò di annullare l'effetto serra semplicemente aumentando la concentrazione ad esempio di

particelle carboniose è un'idea priva di alcun senso. Nelle aree remote del pianeta il carico

atmosferico di particelle di aerosol è principalmente originato da processi naturali (spray marino,

attività eolica, eruzioni vulcaniche, conversione da gas a particelle), cosicchè una percentuale

assai modesta della massa di particelle di aerosol risulta possedere le caratteristiche fisico-

chimiche proprie delle sostanze generate dalle attività industriali. Comunque, anche nelle aree

artiche ed antartiche, la componente del carico di particelle originate da attività antropiche sta

aumentando di pari passo con l'aumento del carico aerosolico, quale si sta osservando alle medie

latitudini e nelle aree più popolate. Questo lento ma continuo aumento potrà provocare effetti molto

seri sui processi di scambio radiativo che hanno luogo in aree come quella antartica, nelle quali

l'albedo della superficie è di per sè molto elevata, grazie alla presenza di ampie distese

continentali coperte da nevi e ghiacci perenni. Infatti, proprio perchè l'albedo presenta valori così

grandi, anche variazioni relativamente piccole del carico aerosolico possono causare variazioni

apprezzabili dell'albedo del sistema superficie-atmosfera, tali da produrre effetti non trascurabili

sull'equilibrio radiativo locale. Il delicato equilibrio che governa tali aree rende tali variazioni

potenzialmente in grado di originare mutamenti anche drammatici delle caratteristiche climatiche

delle regioni di alta latitudine del nostro pianeta.

Page 27: Cambiamenti climatici

Il ruolo dell’agricoltura nei cambiamenti climatici

L’uso della terra da parte dell’uomo causa un cambiamento della struttura della vegetazione e del

bilancio idrico dell’ecosistema terrestre. I principali fattori che contribuiscono a questo

cambiamento sono di seguito riportati:

Conversione delle foreste a campi arabili e al pascolo.

Misure di irrigazione e di drenaggio.

Dissodamento del suolo e fertilizzazione con azoto.

Allevamento intensivo del bestiame e uso di tecnologie inadeguate per l’uso della terra.

In generale, le cause principali del cambiamento nell’uso della terra sono gli interessi economici

ed un’aumentata richiesta di cibo dovuta all’aumento demografico.

Il disboscamento consiste nella eliminazione della copertura vegetale per far posto a una diversa

utilizzazione del terreno: pascoli, campi coltivati, strade, costruzioni, canali, ecc…Nei paesi della

fascia temperata il disboscamento per far posto all’agricoltura è stato molto intenso nei secoli

passati, mentre attualmente si è arrestato. Il disboscamento è invece una pratica molto diffusa

nelle regioni tropicali umide dove si pratica il sistema di “coltura itinerante”. L’impatto ambientale

conseguente alla trasformazione di un ecosistema primario in un agroecosistema è stato rilevato

accuratamente in alcuni territori della Russia messi a coltura nel nostro secolo: nella steppa, dove

prosperavano oltre trecento specie di insetti, con l’avvento dell’agricoltura si è assistito alla

scomparsa di oltre i due terzi delle specie e di quelle rimaste alcune hanno subito incrementi

demografici impressionanti. Inoltre, mentre gli organismi pionieri negli ecosistemi immaturi sono in

grado di sopravvivere in mancanza o quasi di omeostasi, gli organismi selezionati artificialmente

perdono tali caratteristiche. In definitiva, “le piante coltivate sono tutte dei mostri biologici, anemici,

ipertrofici, impotenti, che l’uomo deve continuamente difendere dall’assalto della nostra natura”.

L’uso della terra può provocare una perdita di fitomassa, una diminuzione di materia organica e,

dunque, un’alterazione del budget energetico. Questa alterazione non è ristretta alla scala locale

ma ha pure un impatto regionale e globale. Ad esempio, la deforestazione provoca la

mineralizzazione della sostanza organica del suolo e della lettiera. L’agricoltura, sia quella

industrializzata che quella tradizionale, ha un impatto sull’aria, sul suolo e sulle risorse idriche

superiore a quello di qualsiasi altra attività umana.

L’uso della terra ha un grande impatto anche sul rilascio di metano. Il metano è prodotto dalla

decomposizione della sostanza organica in condizioni anossiche dovuta a processi fermantativi di

organismi microbici (cf. Stevens e Laughlin 2001). Il metano contribuisce all’Effetto Serra

antropogenico per circa il 13% (Enquete Kommission 1994). Il 20% circa delle emissioni di metano

derivano da sorgenti naturali nelle torbiere e nelle paludi, dove è favorita la produzione microbica a

causa delle acque anossiche. L’allevamento intensivo di bestiame incide con la liberazione in

atmosfera di circa 215 milioni di tonnellate di CH4 per anno, che corrispondono al 40% delle

Page 28: Cambiamenti climatici

emissioni totali di metano e al 60% delle emissioni antropogeniche di CH4. L’allevamento del

bestiame e la produzione di riso sono considerate tra le maggiori fonti di metano, una terza fonte

significativa è la pratica del taglia e brucia praticata ai tropici. La quantità di metano rilasciata

dipende dal tipo di bestiame e dall’età degli animali. Un buon allevamento di animali tutti adulti può

rilasciare una quantità di metano superiore a 100 Kg/anno. In un allevamento industrializzato, per

avere una miglior produzione di latte, si ha un rilascio di metano 5 volte superiore a quello

rilasciato in una campagna sviluppata.

La distruzione delle foreste

Da quando ebbe inizio l’agricoltura all’incirca 10.000 anni fa, le attività dell’uomo hanno ridotto il

manto forestale della Terra di almeno un terzo, dal 34% circa dell’intera superficie terrestre al 26%

di cui solo il 12% sono ecosistemi forestali intatti.

Ogni anno scompaiono decine di migliaia di chilometri quadrati di foreste tropicali. La

deforestazione distrugge una risorsa naturale di grande valore in vaste aree del mondo in via di

sviluppo, porta all’estinzione di innumerevoli specie vegetali e animali e potrebbe avere

conseguenze significative sul clima del pianeta.

Una deforestazione così rapida espone i sistemi naturali a rischi gravissimi. Si stima che le

emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera dovute a questa pratica costituiscano dal 15 al 30%

delle emissioni annue totali e diano un massiccio contributo all’Effetto Serra. Inoltre, con la

scomparsa delle foreste tropicali viene rapidamente annientato l’habitat di numerosissime specie

vegetali e animali. Circa metà delle specie del nostro pianeta vive nelle foreste tropicali.

La foresta, contribuisce per oltre il 40% alla produttività primaria, contiene l’80% di tutto il carbonio

epigeo e il 40 % di quello ipogeo, e racchiude una grandissima frazione della biodiversità. La

manomissione dei boschi ha radici profonde; accompagnando lo sviluppo delle civiltà, si è

intrecciata a numerosi fattori economici e sociali. Fra 7500 e 4500 anni fa l’Europa era rivestita in

gran parte da una foresta a prevalenza di latifoglie. Da allora una grande porzione di questa

foresta è andata distrutta a causa del dissodamento agricolo e della pastorizia. Attualmente nei

paesi dell’Unione Europea i boschi ricoprono meno di un quarto della loro superficie potenziale.

Nella penisola italiana l’agricoltura e la pastorizia hanno causato la quasi completa scomparsa

della foresta mediterranea e di quella planiziaria, di cui non rimangono che pochi relitti, la

frammentazione dei boschi collinari e montani e un considerevole abbassamento del limite

altitudinale del bosco. La diversità di struttura e composizione dei boschi di oggi rispetto alle

foreste primarie è pure dovuta alle scelte colturali dell’uomo.

La deforestazione tropicale è fenomeno complesso che ha luogo con modalità variabili da regione

a regione, con cause anche notevolmente differenziate. Schematicamente, tuttavia, queste cause

possono essere ricondotte a due categorie:

1) Cause di tipo interno. Legate alle esigenze energetiche e alle attività agricole delle popolazioni

indigene o dei nuovi coloni.

2) Cause di tipo esterno. Ruotano intorno ad interessi economici di ampia portata (esportazione di

Page 29: Cambiamenti climatici

legname verso i paesi industrializzati, allevamento di bestiame su ampie superfici, sfruttamento

di risorse minerarie, esecuzione di opere idrauliche, viarie e di urbanizzazione).

Le influenze della deforestazione tropicale sul clima sono da ricondurre soprattutto al contributo

che essa darebbe all’effetto serra dell’atmosfera, determinato in gran parte dall’aumento della

concentrazione atmosferica di anidride carbonica. A lungo si è pensato che nella foresta tropicale

primaria i flussi di anidride carbonica dall’atmosfera verso la vegetazione, dovuti al processo

fotosintetico, e quelli dalla vegetazione verso l’atmosfera, dovuti alla respirazione, grosso modo si

equivalessero, rendendo quindi la foresta neutra in relazione al contenuto atmosferico in CO2. In

realtà recenti misure, condotte con metodi micrometereologici, indicano che anche la foresta

vergine può rappresentare un termine di assorbimento della CO2: per la foresta primaria della

Rondonia (Brasile) è stata stimata una produzione primaria lorda di 203 moli di C m -2a-1 e una

respirazione sistemica di 195, con un bilancio netto attivo di 8 moli di C m-2a-1, corrispondenti a un

assorbimento di 1 t C per etto all’anno; questo dato risulta però sensibile alla temperatura, da cui

dipende il tasso respiratorio. Comunque sia, è certo che la distruzione della foresta tropicale

innesca processi fortemente dinamici per quanto riguarda il ciclo del carbonio. Infatti, dal quadro

attivo o di sostanziale equilibrio della foresta primaria si passa a situazioni in cui gli scambi di CO2

sono fortemente sbilanciati, in seguito ad intensi fenomeni di rilascio (processi di combustione) o di

assorbimento (ricostruzione della foresta secondaria).

Il rilascio di anidride carbonica che consegue alla eliminazione della foresta tropicale è legato alla

decomposizione dei residui di biomassa legnosa e agli accelerati ritmi di decomposizione cui

vanno incontro, per le mutate condizioni microclimatiche, la lettiera e la sostanza organica del

suolo. Negli ultimi 2000 anni è stato consumato, in seguito ai fenomeni di dissodamento agricolo,

oltre un quarto del carbonio accumulato nel suolo durante le ere precedenti.

Il risultato netto dipende dall’intensità relativa dei vari processi. Dove, per svariati motivi (elevata

pressione antropica, condizioni climatiche sfavorevoli), non si verificano i presupposti per un

ripristino della copertura forestale e della biomassa originale, il risultato del taglio della foresta

tropicale si può tradurre in un rilevante flusso di carbonio verso l’atmosfera. Le previsioni sugli

effetti complessivi del fenomeno non sono tuttavia facili, in quanto esiste incertezza sui tassi di

deforestazione sulla velocità di ricostituzione della copertura forestale, sull’efficienza dei processi

di combustione, sui possibili feed-back negativi che potrebbero favorire l’omeostasi dei sistemi.

Una recente previsione prevede che, nel ventennio 1990-2010, il Brasile rappresenterà, ai tassi

attuali di deforestazione e ricostituzione della foresta secondaria, una fonte di carbonio verso

l’atmosfera di 3-5 Pg. Dal momento che circa il 90% della foresta Amazzonica è a tutt’oggi intatta,

quantità sempre più elevate di CO2 e altri gas ad Effetto Serra saranno rilasciati se il tasso di

deforestazione aumenterà. Un effetto della deforestazione in senso opposto a quello

dell’incremento termico postulato dall’Effetto Serra potrebbe essere determinato da variazioni di

albedo, il cui aumento nelle zone prive di copertura forestale potrebbe ridurre la radiazione netta e

quindi il calore a disposizione dell’ecosistema.

Page 30: Cambiamenti climatici

La deforestazione in atto ai tropici può esercitare ripercussioni sul ciclo idrologico e comportare, in

alcune zone, il pericolo della desertificazione. La foresta tropicale è, infatti, una grande produttrice

di nubi e di piovosità: nel bacino del Rio delle Amazzoni l’evapotraspirazione dalla copertura

forestale fornisce un contributo del 50% alle precipitazioni. Una maggiore durata dei periodi

siccitosi può favorire condizioni di maggiore stress idrico, con seri problemi per l’agricoltura e

possibilità di mutamenti verso forme di vegetazione xerofile.

E’ stata avanzata pure l’ipotesi che la deforestazione tropicale possa determinare una diminuzione

della piovosità nelle zone temperate, in seguito all’aumento dell’albedo, che sarebbe responsabile

di una diminuzione dell’evapotraspirazione e di un indebolimento della circolazione atmosferica

generale.

Destabilizzazione del clima globale

Uno dei maggiori rischi climatici, sostanzialmente differente dall’aumento della temperatura e del

livello delle acque, è rappresentato da cambiamenti repentini ed inaspettati del clima. La possibilità

che ciò si verifichi non è alta, ma si tratta di eventi difficili da prevedere, che se avvenissero

avrebbero un impatto molto forte sulla vita del pianeta. Il ristagno della grande corrente oceanica è

uno di questi cambiamenti possibili. La corrente oceanica è una circolazione termosalina provocata

dalla differenza di densità dell’acqua di mare, che è conseguenza della temperatura e della salinità

delle acque. Questa corrente trasporta un’enorme quantità di calore verso nord e crea nell’Europa

occidentale un clima che è superiore in media di otto gradi rispetto alla temperatura media alle

stesse latitudini. Una modifica delle densità delle acque come risultato di un cambiamento

climatico potrebbe portare ad un indebolimento o addirittura a un ristagno della corrente. In questo

caso il clima nell’Europa nord occidentale diventerebbe come quello del Labrador e della Siberia:

più di sei mesi di neve all’anno.

Il modello di circolazione della corrente oceanica è sensibile alle perturbazioni che risultano da

arrivi eccessivi di acqua fredda (precipitazioni, scioglimento di ghiacci) nel Nord Atlantico. I modelli

climatici indicano un aumento delle precipitazioni alle latitudini più alte. Come risultato di queste

precipitazioni, la corrente potrebbe iniziare a ristagnare tra 100-300 anni a partire da oggi. L’arresto

della corrente si avrebbe in meno di dieci anni. I carotaggi sui ghiacci indicano che in passato gli

arresti della corrente hanno provocato abbassamenti della temperatura fino a 7 gradi Celsius.

Questi carotaggi e modelli elaborati indicano che la corrente si ristabilirebbe, ma solo dopo un

periodo che va dai 100 ai 1000 anni (Broecker 1996).

Dopo il lavoro di Broecker del 1996, una serie di gruppi che si occupano di modellazione ha

rilevato una diminuzione nella forza della corrente se si forzano i valori dei gas serra, che

provocherebbe un raffreddamento dell’Atlantico Settentrionale. Il processo sarebbe il seguente: un

aumento delle precipitazioni ad alte latitudini porta ad una diminuzione della concentrazione salina

delle acque di superficie. Al momento, l’abbassamento dei livelli salini nelle vicinanze della

Groenlandia spinge l’acqua tiepida con una minore salinità verso l’Atlantico Settentrionale. Questo

abbassamento a latitudini elevate diminuisce e così potrebbe diminuire la forza di circolazione

Page 31: Cambiamenti climatici

della corrente. A lungo termine questa fonte di calore dell’Europa nord occidentale potrebbe

risultare fortemente indebolita.

Wood e colleghi (1999) presentano delle proiezioni relative al riscaldamento dovuto all’effetto serra

elaborate insieme ad un modello climatico, che per la prima volta offre una simulazione realistica

delle correnti oceaniche su larga scala. Lo studio mostra che una delle due maggiori pompe che

guidano la formazione delle acque di profondità dell’Atlantico settentrionale potrebbe fermarsi nel

giro di qualche decennio. Come detto in precedenza, questo evento avrebbe conseguenze

drammatiche per la popolazione e gli ecosistemi dell’emisfero boreale, in particolare per l’Europa.

La destabilizzazione del clima globale ha basse probabilità ma conseguenze difficili da

immaginare. Però, poiché il clima è un sistema complesso, unico e relativamente poco

approfondito, anche questi fenomeni che hanno poca possibilità di avvenire ma che avrebbero un

enorme impatto vanno presi in considerazione.

Collegamenti con Altre Discipline

Questa unità didattica permette collegamenti trasversali con la chimica, fisica, la storia e la la

filosofia.

Verifica finale per l’accertamento degli obiettivi

Verifica e valutazione

Il docente avrà la possibilità di valutare il raggiungimento degli obiettivi specifici dell’unità didattica

da parte degli studenti attraverso una prova oggettiva o strutturata sotto forma di un test con

domande della tipologia: vero-falso, a risposta multipla, di completamento e di corrispondenza o di

abbinamento. Nell’ambito della verifica si prevede una piena trasparenza dei criteri di valutazione

in modo da favorire l’autovalutazione del discente.

Nel procedimento di valutazione il docente seguirà i seguenti criteri: acquisizione dei contenuti

specifici della unità didattica, raggiungimento degli obiettivi minimi, capacità di partecipazione,

attenzione, coinvolgimento, spirito di iniziativa; acquisizione delle capacità logiche, di analisi, di

sintesi, di rielaborazione personale, critiche; capacità di migliorare il processo di apprendimento

rispetto al livello di partenza; modalità di svolgimento del lavoro sviluppato in aula; esame dei

questionari proposti.

I risultati ottenuti dalla verifica effettuata consentiranno di formulare un giudizio complessivo per

ciascun alunno; inoltre consentiranno di attuare interventi mirati di recupero e potenziamento,

utilizzando strategie diverse da quelle adottate precedentemente.

Il potenziamento è finalizzato alla valorizzazione delle eccellenze, ed è indirizzato agli allievi che

hanno raggiunto gli obiettivi specifici.

Il recupero mira a facilitare il raggiungimento degli obiettivi ed è indirizzato agli allievi che non

hanno raggiunto tali obiettivi.

Page 32: Cambiamenti climatici

Esempi di prove oggettive

Domande a risposta multipla: segna con una crocetta la risposta corretta fra quelle proposte. Ad

ogni risposta esatta viene attribuito un punteggio di punti 1:

Una carta equivalente mantiene inalterato

Gli aerosol atmosferici sono costituiti da

a)sostanze allo stato solido

b) soluzioni concentrate

c) sostanze allo stato aeriforme

d) sospensioni di sostanze allo stato liquido e solido

Domande a completamento. Completa inserendo i termini corretti scegliendoli tra quelli proposti

(totale punti 5):

L'effetto più evidente dell'aumento di anidride carbonica è un ......................... della temperatura

media della Terra. L'effetto serra è un fenomeno naturale che consiste nell'"intrappolamento" di

una radiazione energetica ad opera............................. La presenza attorno ad un pianeta di

un ........................che assorbe parte dei raggi ..................... emessi dal suolo riscaldato dalla

radiazione ricevuta dalla stella ne è un esempio

Domande Vero – Falso. Per ciascuna affermazione indica se vera o falsa. Ad ogni risposta corretta sarà attribuito 1 punto.

Domande a risposta aperta. (punti 5):

Che effetto hanno i fenomeni vulcanici sul clima globale?

……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Per le domande a risposta aperta verrà seguito il seguente criterio di valutazione:

capacità di sintesi (1 punto);

Page 33: Cambiamenti climatici

comprensione del testo (1 punto); utilizzo del linguaggio specifico (1 punto); livello di padronanza delle tematiche (2 punti).

Valutazione

Il punteggio massimo è di 30 punti. La sufficienza viene raggiunta con un punteggio di 18 punti. I

punteggi potranno essere calcolati dagli stessi studenti dividendo il punteggio ottenuto dalla prova

con il valore del punteggio massimo e moltiplicando il valore per 10. I valori decimali saranno

approssimati o per eccesso o per difetto all’unità numerica più vicina.

voto Conoscenza dell’argomento

0-3 Nulla o scarsa conoscenza

4 Conoscenza insufficiente

5 Conoscenza Mediocre

6 Conoscenza sufficiente

7-8 Conoscenza buona

9-10 Conoscenza ottima

Saranno previste attività di recupero (≤ 6) o di approfondimento (6,1 – 10)

La tabella Griglia di valutazione complessiva, sarà accompagnata da un grafico esplicativo che

mostrerà la condizione didattica del gruppo classe alla fine dell’Unità didattica.

Attività di recupero e di approfondimento

In base al risultato conseguito dai singoli alunni nelle prove di verifica, l’insegnante predisporrà

delle attività di approfondimento per potenziare le conoscenze degli alunni che hanno conseguito i

migliori risultati e delle attività di recupero per quelli che hanno evidenziato incertezze e lacune

sugli argomenti trattati.

L’attività di approfondimento riguarderà momenti in cui gli alunni verranno coinvolti nella

costruzione di mappe concettuali. Gli alunni che, invece, hanno evidenziato particolari lacune o

difficoltà di inserimento nel percorso didattico, saranno coinvolti in un’attività di recupero così

strutturata: ripetizione da parte dell’insegnante o dei compagni dei concetti ancori poco chiari,

rielaborazione dei concetti attraverso la somministrazioni di ulteriori test di verifica con tabelle,

schemi e l’ausilio del libro di testo.

Page 34: Cambiamenti climatici

GRIGLIA DI VALUTAZIONE COMPLESSIVA

Prerequisiti ObiettiviInteresse mostrato

Comportamento

domande domande livello livello

Alunno Tot. Tot. Tot. Tot. TOT.

AA

BB

CC

Il comportamento verrà valutato sulla base alla “Tabella di valutazione del comportamento”

esplicata in seguito.

I tre livelli di giudizio verranno valutati singolarmente in modo da evidenziare il miglioramento

ottenuto dal livello iniziale dei prerequisiti a quello finale riguardante gli obiettivi. Il comportamento

darà una stima del livello di partecipazione e dell’impegno del singolo studente.

I tre livelli di giudizio verranno accorpati in un voto finale espresso in trentesimi.

Page 35: Cambiamenti climatici

TABELLA DI VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO

Comportamenti Livelli Voto in decimiPartecipazione: costruttivaImpegno: notevoleMetodo: elaborativo

A 9-10

Partecipazione: attivaImpegno: notevoleMetodo: organizzato

B 8

Partecipazione: recettivaImpegno: soddisfacenteMetodo: organizzato

C 7

Partecipazione: da sollecitareImpegno: accettabileMetodo: non sempre organizzato

D 6

Partecipazione: dispersivaImpegno: discontinuoMetodo: mnemonico

E 5

Partecipazione: opportunisticaImpegno: deboleMetodo: ripetitivo

F 3-4

Partecipazione: di disturboImpegno: nullo Metodo: disorganizzato

G 2