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APRILE 2017 Anno XXI Numero 217 www.avvenire.it Supplemento ad Avvenire del 30 aprile 2017 Poste Italiane Sped. in A.P. DL 353/2003 conv. L.46/2004, art.1,c., DCB Milano In collaborazione con il Movimento per la Vita “Amoris laetitia” solo in versione digitale € 2,99 www.avvenire.it E-book AANO ALLʼEUTANASIAAA APPELLO DALLʼOLANDA «DA NOI ORA È UN INFERNO» ALʼINDAGINEA «MAMMA E PAPÀ PARLATECI DʼAMORE IL WEB NON CI BASTA PIÙ» ASOLIDARIETÀA VIAGGIA IN CAMPER IL CAV DEL TERREMOTO E LA VITA RINGRAZIA Basta profeti di sventura Famiglia, torna a sorridere Nella Lettera di convocazione in vista dellʼIncontro mondiale di Dublino 2018, il Papa invita a guardare alle coppie cristiane come «gioia del mondo». La tradizionale «Settimana» dellʼUfficio Famiglia Cei studierà per un biennio le «strade di felicità nellʼalleanza uomo-donna». Sono i primi, positivi effetti dellʼAmoris laetitia. Basta con il difensivismo e con le analisi pessimistiche. Problemi e fragilità esistono e vanno affrontati, ma le coppie cristiane devono avere nel cuore il sorriso del Vangelo

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APRILE 2017Anno XXI

Numero 217

www.avvenire.it

Supplemento

ad Avvenire

del 30 aprile

2017

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E-book

AANO ALLʼEUTANASIAAA

APPELLO DALLʼOLANDA«DA NOI ORA È UN INFERNO»

ALʼINDAGINEA

«MAMMA E PAPÀPARLATECI DʼAMOREIL WEB NON CI BASTA PIÙ»

ASOLIDARIETÀA

VIAGGIA IN CAMPERIL CAV DEL TERREMOTO

E LA VITA RINGRAZIA

Basta profeti di sventuraFamiglia, torna a sorridere

Nella Lettera di convocazione in vista dellʼIncontromondiale di Dublino 2018, il Papa invita a guardare

alle coppie cristiane come «gioia del mondo». Latradizionale «Settimana» dellʼUfficio Famiglia Cei

studierà per un biennio le «strade di felicità

nellʼalleanza uomo-donna». Sono i primi, positivieffetti dellʼAmoris laetitia. Basta con il difensivismo econ le analisi pessimistiche. Problemi e fragilitàesistono e vanno affrontati, ma le coppie cristianedevono avere nel cuore il sorriso del Vangelo

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e c’è una cosa che marca ladistanza tra il sentire del po-

polo e quello delle sue guide "il-luminate" è proprio la visionedella malattia e della disabilità.Forse è per questo che le guidemorali, i (cattivi) maestri, han-no un disperato bisogno di de-molire l’attaccamento così for-te che ci lega alla vita nostra ea quella dei nostri cari.Così una persona che chiede dimorire riempie le pagine deigiornali, i Tg ed i talk show,

mentre la richiesta di aiuto ditante famiglie premurosamen-te impegnate nell’assistere i lo-ro cari non riesce a fare notizia.Per questo, a fine marzo, è pas-sata quasi sotto silenzio anchela morte a 64 anni di AngelaCalise Moroni, avvenuta nellasua casa di Avezzano. Poche ri-ghe nella cronaca locale e nul-la più. Eppure la sua storia a-vrebbe potuto insegnare moltoai soloni dell’autodetermina-zione, perché Angela, da 29 an-

ni viveva in una condizione diestrema disabilità, quella dellostato vegetativo. Se il medicoche nel 2009 si assunse l’inca-rico di lasciar morire EluanaEnglaro si fosse invece imbat-tuto nel caso di Angela, è pro-babile che avrebbe ripetuto an-che ai suoi cari che Angela, perlui, era morta già da 29 anni, daquando un prolungato arrestocardiaco le aveva danneggiatoper sempre il cervello. Non co-sì per suo marito Nazzareno eper le sue cinque figlie e i suoinipoti. Per tutti loro, nei 29 an-ni trascorsi da quel tragico gior-no, Angela era stata in casa u-na presenza viva che, certo, a-veva richiesto dedizione e sa-crificio, ma che aveva insegna-to alle figlie, allora bambine, ilsenso vero della vita, della di-gnità inalienabile di ogni esse-

re umano, il significato dell’a-more. Diranno che in quella fa-miglia la cura amorevole e l’op-posizione a ogni interruzionedi assistenza è stata resa possi-bile dalla fede, dalla convin-zione che Angela, come il ma-rito Nazzareno ha ripetuto, nonavrebbe «mai smesso di vive-re, per l’eternità». Di certo lafede avrà sostenuto in questi an-ni la famiglia di Nazzareno piùdi quanto non l’hanno fatto leistituzioni, ma il caso di questafamiglia non è certo isolato.Dovremmo semmai stupirci delcontrario, del fatto cioè che ri-spetto alle tante famiglie di pa-zienti in stato vegetativo e diminima coscienza, una sola diesse abbia chiesto di sospende-re idratazione e nutrizione nelproprio congiunto. Sono alme-no 3.500 le famiglie con disa-

bili in queste condizioni anco-ra in vita, oltre a tutte quelle dicoloro che sono nel frattempomorti in questi anni. A loro nes-sun Comune ha dato la cittadi-nanza onoraria, malgrado sitratti di veri eroi civili. Per so-stenerle nessuno ha pensato afar approvare leggi specifiche.Molte di queste famiglie, se lalegge sulle Dat sarà definitiva-mente approvata, si chiederan-no se hanno sbagliato, se nonhanno capito nulla della vita.Noi invece diciamo loro sem-plicemente grazie, per avercimostrato cosa sia una vita dav-vero umana. Non credo sianotutte famiglie ipercattoliche.Sono normali famiglie italiane,rispetto alle quali la distanzadelle istituzioni appare ancorauna volta abissale.

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S

EDITORIALE

LETTEREAL

POPOLODELLAVITA

Le Dat, embé?Così diranno3.500 famiglie

Gian LuigiGigli

uò sembrare una contraddizione, in questa epoca di storie familiarisegnate dalla disgregazione, quindi dalla sofferenza e dal fallimento,

parlare di coppie cristiane «come gioia del mondo». Può sembrare uncontrosenso, di fronte al crollo della natalità, alla rarefazione deimatrimoni, alla crescente e quasi annichilente paura del "per sempre"che incombe sui nostri giovani, proporre un biennio di riflessione sulle«strade di felicità nell’alleanza uomo-donna». Quale felicità e qualegioia familiare dovremmo mai cantare in questo nichilismopostmodernista dove l’uomo sembra soccombere di fronte all’avanzaredi una tecnocrazia senz’anima? Eppure l’insistenza sull’aspetto gioiosodella vita familiare non è sognante irenismo che si illude di nascondereil peso della quotidianità dietro le promesse del trascendente. È sanorealismo cristiano che sa misurare le verità dell’umano con le tracce delVangelo. In questa prospettiva la famiglia appare per quello che è, intutta la gamma dei suoi chiaroscuri in cui però si nasconde un grandeprogetto, il sogno stesso di Dio per l’uomo e la donna. Lo sappiamo,l’abbiamo sempre saputo, solo che «molte volte abbiamo agito conatteggiamento difensivo e sprechiamo le energie pastorali moltiplicandogli attacchi al mondo decadente, con poca capacità propositiva perindicare strade di felicità» (AL 38). E stato necessario il richiamo delPapa per farci passare dalla reiterazione di analisi catastrofiste, talvoltaun po’ sterili, certo demoralizzanti, al coraggio di proposte inclusive,capaci di ricomporre le fragilità familiari di cui tutti siamo testimoni eresponsabili, in un grande mosaico dove ciascuno può contribuire conquanto visto, vissuto, gioito, sperimentato, sofferto nella propria vita dicoppia e di famiglia. È il grande disegno di Amoris laetitia, il grandeabbraccio con la cui la Chiesa ha voluto ribadire vicinanza ecomprensione alle famiglie del mondo, a tutte le famiglie in camminoverso un traguardo che non cambia. E cioè la bellezza del matrimoniounico, indissolubile e fecondo. Ma questo abbraccio non diventa menointenso per le coppie e per le famiglie che sono all’inizio del percorso,che hanno sbagliato strada, che si sono avventurate in un vicolo cieco,che non possono più proseguire. Anche per quelle che non hanno ancoradeciso quale strada imboccare. Anzi, qui attenzioni e premure devonoessere raddoppiate. Difficile? Forse, ma la complessità dello scenarionon deve far venire meno il fatto che la famiglia continua ad essere«buona notizia per il mondo». Il Papa l’ha ribadito nella Lettera dipreparazione per l’Incontro mondiale delle famiglia di Dublino 2018.L’Ufficio famiglia Cei ha scelto di dedicare un biennio diapprofondimento alle «strade di felicità» per le coppie dei nostri giorni.Sono i primi effetti di Amoris laetitia. Decisivo cambio di passo e diprospettive che diventa sorriso sul futuro. Grazie.

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P

LE RUBRICHE

SOM

MA

RIO

NOIn.

217

apr

ile 2

017

famiglia vita

5 DUBLINO 2018Incontro mondiale parte il cammino

26 UNO DI NOIRifondare lʼEuropasui valori della vita

Carlo Casini

28 SCENARIOmogenitorialitàa colpi di sentenze

Marina Casini

32 EUTANASIAAppello dallʼOlanda«Sulle Dat fermatevi»

Carlo Mascio

34 SOLIDARIETÀViaggia in camperil Cav dei terremotati

Anita Gasparrini

36 LA LEGGE«No a queste DatRischio gravissimo»

Marcello Ricciuti

38 NUOVI MEDIAOn line le newsche parlano di vita

Tony Persico

6 CASTELLUCCI«Parliamo di gioiaBasta pessimismo»

Mariapia Cavani

10 APPELLO USA«Rischi elevatiper i trasgender»

Elena Molinari

12 FOCOLARINuovo centro studia misura di famiglia

B. e P. Rovea

14 EDUCAZIONEDire no allʼegoismo?Si impara in casa

Benedetta Verrini

18 FECONDITÀGenitori adottivi«Dono e mistero»

Diego Andreatta

16 GENITORIRitrovare il padreIstruzioni per lʼuso

Emanuela Vinai

19 RISCATTOPoetessa, tre laureeE sarebbe disabile?

Roberto Mazzoli

20 COPPIAUna vita con teArtigianato del dono

Cecilia Pirrone

25 LʼANALISIAborto-EutanasiaDemocrazia a rischio

Gian Luigi Gigli

27 MICROCOSMI2.0 Diego Motta

31 CERCO FAMIGLIA Daniela Pozzoli

35 LA SALUTE NEL PIATTO Caterina e Giorgio Calabrese

39 LETTI PER VOI

39 QUELLO CHE I VOSTRI FIGLI NON DICONO Roberta Vinerba

8 LʼINDAGINE«Giovani e sessoNo al caos del web»

Pietro Boffi

LucianoMoia

Parlare di felicitàRealismo cristianoin Amoris laetitia

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ROMA 2000

RIO DE JANEIRO 1997

ROMA 1994

l Vangelo della famiglia; gioia per ilmondo». Ecco il titolo scelto da pa-

pa Francesco per il IX Incontro mondialedelle famiglie che si terrà a Dublino, in Ir-landa, dal 21 al 26 agosto 2018. Un ri-chiamo diretto all’Amoris laetitia. Una sol-lecitazione chiara ad uscire da quell’atteg-giamento da cittadella assediata che in que-sti ultimi anni ha segnato un po’ troppo lanostra riflessione sulla famiglia. Meno di-fensivismo e più propositività, aveva giàchiesto Francesco nel-l’Esortazione postsi-nodale. E nel messag-gio inviato al cardina-le Kevin Farrell, pre-sidente del DicasteroLaici famiglia e vita,in vista dell’Incontrodi Dublino, il Papa ri-lancia: «Ci si potrebbedomandare: il Vangelo continua ad esseregioia per il mondo? E ancora: la famigliacontinua ad essere buona notizia per ilmondo di oggi? Io sono certo di sì. E que-sto "sì" è saldamente fondato sul disegnodi Dio». Parlare di gioia "con" e "per" lafamiglia non significa negare i problemi,non vuol dire fingere che tutta la vita fa-miliare sia colorata di rosa. «Si tratta di uncambio radicale di prospettive in cui – com-

menta don Paolo Gentili, direttore nazio-nale dell’Ufficio Cei di pastorale familia-re – non si vuole nascondere i problemi enon si vuole minimizzare nulla ma, al con-trario, valorizzare tutta la vita quotidianadelle famiglie con tutte le luci e tutte leombre, nessuna esclusa, in una prospetti-va di fede». I consigli pastorali, a parere didon Gentili, «devono abituarsi a conside-rare la famiglia come presenza gioiosa perl’intera comunità. Non abbiamo bisogno

di famiglie perfette,ma di famiglie nor-mali, con tutta la fati-ca della loro quotidia-nità. Una mamma puòaccompagnare benis-simo due giovani spo-si nella catechesi bat-tesimale, mentre in ca-sa accudisce il suo

bambino. Una persona malata può dareforza a due fidanzati in cammino versoil matrimonio. Chi ha vissuto il doloredella separazione è la persona più adatta– conclude il direttore dell’Ufficio fami-glia – per gridare a una coppia in crisi dinon cedere. Siamo convinti che attraver-so la gioia della coppia e della vita fami-liare sia possibile rendere più luminosala Chiesa e più bello il mondo».

aprile 2017 5NOI famiglia vitaIncontro mondiale 2018

Nella capitaleirlandese, dal 21 al 26agosto 2018, la festa

mondiale. Lʼinvito del Papa: in camminocon lʼAmoris laetitia

Dublino capitale delle famiglie

Sul modello delle Gmg, Gio-vanni Paolo II inventa nel 1994‒ quando anche lʼOnu indice laGiornata della famiglia ‒ il pri-mo Incontro mondiale.

Seconda edizione, si va in Brasi-le: "La famiglia, dono, speranzae impegno dellʼumanità". Al viale catechesi di preparazione.

Terza edizione, si torna a Roma:lʼIncontro mondiale coincide conil grande Giubileo. Il titolo sceltoda papa Wojtyla è "I figli: famigliae società nel nuovo millennio".

MANILA 2003

Quarta edizione, Filippine ("La fa-miglia cristiana: buona notizia peril terzo millennio"). Wojtyla, da SanPietro, segue su un maxischermo

VALENCIA 2006

Primo Incontro con Benedetto X-VI. Si parla della "Trasmissionedella fede in famiglia". Il congres-so teologico-pastorale si tiene nel-la "Città della fiera e delle arti"

CITTÀ DEL MESSICO 2009

Nella capitale messicana la sesta e-dizione ("La famiglia forma ai valoriumani e cristiani"). Messa finale da-vanti al Santuario di Guadalupe.

MILANO 2012

Un milione di persone per la Mes-sa con Benedetto XVI al parco diBresso: è uno dei ricordi indelebi-li della grande edizione milanese("La famiglia, il lavoro e la festa").

FILADELFIA 2015

"Lʼamore è la nostra missione. Fa-miglia pienamente viva". Per lʼIn-contro mondiale esordio negli U-sa. E prima volta con Francesco.

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moris laetitia nel solco di Gau-dium et Spes: «La gioia dell’a-

more che si vive nelle famiglie è ancheil giubilio della Chiesa». È il tema del-la relazione che l’arcivescovo di Mo-dena-Nonantola, Erio Castellucci, hatenuto ieri alla "Settimana" Cei sullaspiritualità coniugale e familiare in cor-so ad Assisi, come riferiamo in questapagina e su Avvenire. L’idea che la Chiesa guardi alla felicitàdelle donne e degli uomini non è una no-vità. Nuova forse la luce con la quale sipresentano questi percorsi.La Chiesa guarda alla gioia degli uomi-ni perché il suo compito è di annunciarela buona notizia, il Vangelo. Se l’annun-cio trasmettesse noia, anziché gioia, sa-rebbe un tradimento; e lo sarebbe anco-ra di più se trasmettesse tri-stezza e pesantezza. Nonsiamo immuni, come cri-stiani, da questi rischi; an-zi, quando trattiamo dellafamiglia, a volte lo faccia-mo mettendone in luce e-sclusivamente la crisi, le fa-tiche, i disagi. Il ConcilioVaticano II ha trattato delmatrimonio e della fami-glia, in modo sistematico,all’interno della Costitu-zione sulla Chiesa nel mondo contem-poraneo, che inizia con le parole Gau-dium et Spes, cioè gioia e speranza. Ed èla stessa luce positiva che si trova in A-moris Laetitia, la gioia dell’amore. Qual-cuno penserà che siamo arrivati all’ec-cesso opposto: prima un grande pessi-mismo e ora un eccessivo ottimismo. Nonè così: la Chiesa guarda alla famiglia –essa stessa è famiglia di famiglie – conl’ottica che papa Giovanni XXIII avevaindicato al Concilio: scrutare i "segni deitempi", rilevare in mezzo alle tenebre iraggi di luce, evitare di accodarsi alla me-sta litania dei "profeti di sventura", atti-vare le risorse e non fermarsi solo ai pro-blemi. Mi sembra che la sfida degli ulti-mi due Sinodi, rilanciata da Papa Fran-cesco, sia quella di dire tutta la verità sul-la famiglia "in positivo", promuovendopiù che denunciando, incoraggiando piùche puntando il dito.In che modo dalla Gaudium et Spes siarriva ad Amoris Laetitia?Se di "svolta" si può parlare nella dottri-na conciliare sul matrimonio e la fami-glia, consiste nell’adozione di una pro-spettiva personalista, in GS 47-52, perintegrare la precedente prospettiva e-sclusivamente giuridica. Prima, ad e-sempio, si parlava del matrimonio in ter-mini di contratto, mentre il Vaticano IIpreferisce parlare di patto (foedus), fa-cendo emergere con maggiore chiarezzache il matrimonio è immagine e parteci-

pazione dell’alleanza tra Dio e l’umanitàe particolarmente tra Cristo e la Chiesa.Sulla stessa linea è la felice definizionedel matrimonio come "intima comunitàdi vita e amore coniugale". L’accoglien-za della visione personalista non morti-fica affatto, ma corregge ed integra, lavisione fino ad allora tramandata con lin-guaggio giuridico. Così il "diritto sul cor-po altrui" in ordine agli atti generativi, dicui parlava il Codice di Diritto Canoni-co del 1917, diventa consenso sulla "mu-tua donazione di se stessi" in ordine allacostruzione del matrimonio. Se poi il te-sto conciliare non tralascia il fine dellaprocreazione – che anzi è richiamata nonmeno di dieci volte – la riconduce peròopportunamente all’amore coniugale, enon al semplice "dovere"; così come lafedeltà e l’indissolubilità vengono fondatinon semplicemente sul contratto tra i due,ma precisamente sull’amore coniugale,che di sua natura è tale quando è radica-to nella volontà e non solo nei sentimenti,quando esprime l’esigenza della totalitàe non mostra riserve, quando si manife-sta attraverso gli affetti e i gesti corporeie sessuali vissuti come mutua donazio-ne. Al testo conciliare lavorò, tra gli al-tri, un giovane vescovo polacco di no-me Karol Wojtyla, che aveva pubblica-to pochi anni prima il volume Amore eresponsabilità, nel quale adottava pro-prio la visione personalista del matri-monio. Divenuto Giovanni Paolo II,terrà quasi 130 catechesi sull’amore u-mano, il corpo, la sessualità e il matri-monio, e scriverà poi la Familiaris Con-sortio; il suo amplissimo magistero di-venterà punto di riferimento fonda-mentale per l’Amoris Laetitia, che spo-sa in pieno questa visione.Gioia nelle famiglie, giubilo nella Chie-sa: questo prezioso dato della dottrinacome si traduce nella pratica, nel quo-tidiano delle famiglie e delle comunitàparrocchiali?Mi sembra che stia proprio qui l’appor-to specifico del documento di papa Fran-cesco: non una dottrina nuova, come al-

cuni pensano o temono, ma uno stilenuovo nel proporre la dottrina. I treverbi accompagnare, discernere e in-tegrare, che sono alla base del famo-

Lʼarcivescovo ErioCastellucci: Amoris

laetitia riprendeGaudium et Spes

nellʼottica di GiovanniXXIII: scrutare i segni

dei tempi e attivare lerisorse senza fermarsi

ai problemi

rio Castellucci è nato a Forlì l’8 luglio 1960. Hacompiuto gli studi al Pontificio seminario

regionale "Benedetto XV" di Bologna, conseguendo ilbaccalaureato in teologia (1983). Ha conseguito lalaurea in Teologia presso la PontificiaUniversità Gregoriana (1988), con una tesisu Dimensione cristologica edecclesiologica del presbitero nel ConcilioVaticano II.È stato ordinato sacerdote il 5maggio 1984; fino al 1986 è statocollaboratore pastorale della parrocchia diSan Gregorio Magno alla Magliana(Roma). Dal 1984 al 1992 è stato parroco di SanTommaso Apostolo a Durazzanino. Dal 1995 hacoperto l’incarico di Responsabile diocesano della

pastorale giovanile e dal 1998 vice rettore delSeminario minore. Dal 2005 al 2009 è stato presidedella Facoltà teologica dell’Emilia Romagna. Nelladiocesi di origine è stato tra l’altro assistente

diocesano degli Scout, Vicario episcopaleper la Cultura, l’Università e la Scuola, laFamiglia, i Giovani, le Vocazioni e ilTurismo. Al momento della nomina eraparroco di San Giovanni Apostolo edEvangelista in Forlì e docente pressol’istituto Interdiocesano di ScienzeReligiose. Il 3 giugno 2015 è stato nominato

vescovo di Modena-Nonantola; l’ordinazioneepiscopale si è svolta a Forlì il 12 settembre 2015; hafatto il suo ingresso in diocesi il 13 settembre 2015.

E

AMariapia

Cavani

aprile 2017

NOI6

famiglia vita Amoris laetitia Amoris laetitia

«Famiglia, è finita la sindrome

Teologo con lunga esperienza in parrocchia

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so capitolo VIII di Amoris Laetitia, mapiù in generale dell’intero testo, non co-stituiscono una nuova dottrina, ma unanuova attenzione pastorale. Intendiamo-ci: accenti e spunti in questa direzione sene trovano abbondantemente in tutto ilmagistero precedente sul matrimonio e lafamiglia; la "novità" dell’Amoris Laeti-tia è di averli strutturati in un metodopreciso e di averli proposti come via mae-stra della Chiesa. Il passaggio da un’im-postazione netta, bianco/nero, a una piùdinamica, incompleto/completo, porta aduna vicinanza diversa della comunità cri-stiana alla famiglia. Porta, appunto, a uncammino-insieme alla famiglia. Il testodi papa Francesco è pieno di afferma-zioni dinamiche, dove la categoria di tem-po è più importante di quella di spazio;dove il percorso è essenziale tanto quan-to la meta, se non di più. La comunità par-rocchiale è in genere vicino alla fami-glia, e lo è in tanti modi. Ma credo chepossiamo ora rovesciare l’impostazione

e chiederci come la famiglie possa di-ventare vero e proprio "soggetto" dellacomunità; intendo la famiglia "intera" enon solo la famiglia "a fette", come spes-so accade. Noi cioè convochiamo i bam-bini, i ragazzi, i giovani, gli anziani, lemamme, i papà… ed è giusto, perché ab-biamo proposte per ogni fascia di età. Mala famiglia "intera" quando può espri-mersi nella comunità? Quando può det-tare i propri ritmi e trasmettere la propriasensibilità? In Italia esistono ormai di-verse esperienze che cercano di restitui-re alla famiglia tutta intera il suo ruolonella comunità cristiana.Alla relazione tra Chiesa e famiglie hadedicato anche la sua prima Letterapastorale, a settembre 2016, dove la fa-miglia è associata all’immagine di unacasa. Quali sono stati i riferimenti delcammino diocesano di questi mesi?La Lettera pastorale non è stata prepara-ta a tavolino, ma ha raccolto esperienzein atto da molti anni nella nostra dioce-

aprile 2017 7NOI famiglia vitaAmoris laetitia Amoris laetitia

si, dove esiste una pastorale familiare ar-ticolata; non è stato quindi difficile indi-viduare linee di impegno, poiché sonogià in buona parte sperimentate. Penso ainumerosi percorsi di formazione e pre-parazione al matrimonio,agli incontri per genitori eper ragazzi sull’affettività,all’accompagnamento del-le famiglie ferite dalla di-visione: esperienza che aModena opera anche il di-scernimento su quelle si-tuazioni che potrebbe sfo-ciare nella comunioneeucaristica. Penso ancheall’iniziativa del "Vange-lo nelle case", che cerca di rilanciareuna forma di annuncio domestico, de-centrando l’evangelizzazione rispettoalla canonica e alle strutture parroc-chiali e riconducendola ai piccoligruppi sparsi sul territorio.

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«Noi convochiamo in parrocchia i bambini,

i ragazzi, i giovani, gli anziani. E per tutti

abbiamo proposte, ma la famiglia “intera”

quando può esprimersinella comunità?

Quali strade di felicitàper le coppie di oggi?«Strade di felicità nellʼalleanza uo-mo-donna». Il passaggio di Amorislaetitia (n.34) è lo spunto su cui sista dipanando la XIX Settimana na-zionale di studi sulla spiritualità co-niugale e familiare organizzata adAssisi dallʼUfficio nazionale Cei perla pastorale familiare. Lʼincontro hapreso il via venerdì 28 con la rela-zione introduttiva di don Paolo Gen-tili con Tommaso e Giulia Cioncoli-ni, direttore e coppia di sposi colla-boratori dellʼUfficio Cei. È poi se-guito il confronto tra il vescovo Nun-zio Galantino, segretario generaledella Cei e lo storico del cristianesi-mo Alberto Melloni. Molto intensala giornata di ieri, sabato 30, che havisto oltre alla relazione dellʼarcive-scovo di Modena-Nonantola, ErioCastellucci (sintetizzata nellʼinter-vista che presentiamo in questa pa-gina), lʼintervento di don MaurizioGronchi, docente di Cristologiapresso lʼUrbaniana e di padre Ma-nuel Jesus Arroba Conde, giuristadella Lateranense. Oggi lʼintrodu-zione ai Workshop a cura di don E-doardo Algeri, presidente della Con-federazione dei consultori di ispira-zione cristiana, e di Claudio e LauraGentili. Stasera la Messa sarà pre-sieduta dal vescovo di Fiesole, Ma-rio Meini. Venerdì era toccato al car-dinale Menichelli, arcivescovo di An-cona-Osimo, mentre domani inter-verrà lʼarcivescovo Vincenzo Paglia,presidente della Pontificia Accade-mia della vita.

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ETTI

MA

NA

della cittadella assediata»

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ell’attuale contesto storico, ca-ratterizzato dal punto di vista e-

ducativo dall’irrompere sulla scena dei co-siddetti millennials, il tema della sessua-lità umana e la riflessione sulle emozionie sulla vita affettiva degli adolescenti ap-pare quanto mai cruciale, ma purtroppoalquanto trascurato – certamente ancheper una sua intrinseca complessità – an-che all’interno del mondo cattolico. È per questo che vale la pena segnalareun’indagine che l’Istituto per l’educa-zione alla sessualità e alla fertilità (Iner)di Verona in collaborazione con il Cisf(Centro Internazionale Studi Famiglia)di Milano ha condotto su un campionenumericamente molto consistente di stu-denti di Verona e provincia. Da alcunianni, infatti, l’Iner è chiamato da variescuole (quasi tutte pubbliche) del cir-condario veronese, a condurre corsi di e-ducazione dell’affettività e della sessua-lità, consistenti – dopo un incontro pre-paratorio con genitori e docenti – in unaserie di interventi nelle classi condottida educatori, medici e psicologi con mo-dalità interattive e non-direttive. Questi interventi sono normalmente pre-ceduti e seguiti dalla somministrazione airagazzi di due semplici ma significativiquestionari, tendenti ad indagare sia leloro conoscenze della fisiologia della ses-sualità, sia le loro opinioni ed emozioniriguardo al sesso e all’affettività. Nel cor-so dell’anno scolastico 2015/16 sono sta-ti così raccolti 1.125 questionari, quasi e-quamente ripartiti tra la classe terza del-la scuola secondaria di primo grado (d’o-ra in avanti S1) e la classe seconda dellasecondaria superiore (d’ora in avanti S2),con una leggera prevalenza di femminerispetto ai maschi, dovuta alla tipologiadi scuole interessate.I risultati dell’indagine –che sono stati presentati loscorso 20 aprile a Veronapresso la sala convegni delPalazzo della Gran Guar-dia e che nell’ambito diquesto articolo possiamosolo riassumere brevemen-te – sono sicuramente si-gnificativi, e possono of-frire un valido contributoper quella indispensabile ed urgente ri-flessione di cui dicevamo all’inizio.Le prime domande del questionario ri-guardavano il livello di conoscenza de-gli organi dei due apparati genitali, equalche caratteristica dei fenomeni as-sociati, quali ad esempio le mestruazio-ni o la polluzione. Dai dati è emerso chele conoscenze anatomiche degli studen-ti delle S1 non sono particolarmente svi-luppate: circa il 35% di essi non ha for-nito nemmeno una risposta corretta alleotto domande proposte. Gli studenti del-

le S2 dimostrano invece conoscenze a-natomiche maggiori; emerge però unadiscreta differenza tra i maschi e le fem-mine: i primi forniscono per tutti gli or-gani una percentuale superiore di rispo-ste corrette rispetto alle seconde.Possiamo quindi dire che la conoscenzadell’apparato genitale vede notevoli dif-ferenze tra i maschi e le femmine di parietà, con queste ultime meno informate.Particolarmente rilevante è il fatto che il70% delle ragazze delle S2 non fornisceuna risposta esatta su cosa sono le me-struazioni, e quindi sostanzialmente nonconosce i meccanismi fondamentali in ba-se ai quali il loro corpo esercita la fun-zione riproduttiva. Tale insufficiente co-noscenza delle femmine si conferma an-che rispetto alla fisiologia maschile.Considerando quanto sia enormementepiù complesso e articolato il processo ri-produttivo nelle femmine, e conseguen-temente quanto sia importante una co-

noscenza approfondita dei suoi mec-canismi e delle sue tempistiche peruna corretta gestione della propriasessualità, balza agli occhi la neces-sità e l’urgenza di fornire – accantoagli aspetti psico-sociali – un’infor-mazione seria e corretta proprio nelperiodo cruciale dell’adolescenza,con i forti impulsi affettivi e sessua-li che la caratterizzano. Rispetto alle figure di riferimento a cuirivolgersi sui temi della sessualità, larelazione con i genitori si presenta inmodo estremamente differenziato. Idati segnalano infatti una fortissimaprevalenza (tra il 35 e il 40%) del ri-ferimento delle ragazze alla propriamadre, mentre per i maschi il riferi-mento ad entrambe i genitori è deci-samente residuale (tra il 6 il 12%), su-perato dagli amici (19 - 28%) e da in-ternet (addirittura il 32%, per gli stu-denti delle S2). Possiamo quindi dire

Ignorano la fisiologiadel corpo e si

informano soprattuttosul web. I risultati di unaricerca condotta da Iner

e Cisf su oltre milleragazzi nel Veronese

NPietroBoffi*

aprile 2017

NOI8

famiglia vita Educazione all’affettività Educazione all’affettività

«Sesso, raccontateci la veritàGLI ADOLESCENTI E L’AMORE

MASCHI

FEMMINE

MASCHIPIENAMENTE D’ACCORDO PER NIENTE NON SO /NON

D’ACCORDO (%) IN PARTE (%) D’ACCORDO (%) RISPOSTO (%)

L’AMORE ETERNO NON ESISTE 15,0 41,5 23,0 20,5I SENTIMENTI CHE PROVIAMO ADESSO 7,7 36,2 32,8 23,3SONO COME QUELLI DEGLI ADULTI

DA GRANDE VORREI COSTRUIRE 69,3 12,5 2,4 15,7UNA FAMIGLIA

SI PUÒ PARLARE DI ESSERE 50,9 22,0 5,9 21,3UMANO DALLA NASCITA

IL MOMENTO GIUSTO PER LA “PRIMA VOLTA” 55,4 22,0 4,9 17,8È QUANDO CI SI SENTE PRONTI

MASCHI E FEMMINE HANNO 73,2 10,5 2,8 13,6GLI STESSI DIRITTI

FEMMINEPIENAMENTE D’ACCORDO PER NIENTE NON SO /NON

D’ACCORDO (%) IN PARTE (%) D’ACCORDO (%) RISPOSTO (%)

L’AMORE ETERNO NON ESISTE 9,7 38,6 36,0 25,6I SENTIMENTI CHE PROVIAMO ADESSO

1,9 45,7 29,6 22,8SONO COME QUELLI DEGLI ADULTI

DA GRANDE VORREI COSTRUIRE 62,5 18,4 1,5 17,6UNA FAMIGLIA

SI PUÒ PARLARE DI ESSERE 45,7 19,9 12,0 22,5UMANO DALLA NASCITA

MOMENTO GIUSTO PER LA “PRIMA VOLTA” 52,4 24,7 2,6 20,2È QUANDO CI SI SENTE PRONTI

MASCHI E FEMMINE HANNO 78,7 9,4 4,1 7,9GLI STESSI DIRITTI

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che almeno fino all’adolescenza la rela-zione con il genitore del proprio sesso èsignificativa per le femmine, mentre per imaschi è decisamente scarsa, con la con-seguenza che il padre è praticamente as-sente, per entrambi i generi, così come so-no residuali eventuali altre figure educa-tive (insegnanti, medico, parroco, ecc.). Emerge invece sempre più prepotente-mente il crescente ruolo di internet – at-traverso il quale è possibile trovare lette-ralmente di tutto – ma che come noto pre-senta evidenti criticità e pericoli che nonpossiamo approfondire in questa sede, mache sono ormai ben noti e conosciuti, an-che sull’onda di fatti di cronaca che rac-contano delle conseguenze talvolta tragi-che della condivisione più o meno volon-taria sui social networks di foto, video omessaggi proprio attinenti alla sfera ses-suale delle persone. Si apre qui il temacruciale dell’educazione nell’epoca digi-tale, che naturalmente meriterebbe un ap-

profondimento a sé ma che esula dalle fi-nalità del presente articolo.Ai ragazzi più piccoli il questionario chie-deva poi di esprimersi su una serie di 5 ar-gomenti (e cioè: I) dei maschi e delle fem-mine; II) di anatomia (come è fatto il no-stro corpo) e di fisiologia(come funziona il nostrocorpo); III) del rapporto ses-suale; IV) dei tuoi senti-menti; V) delle tue relazio-ni) dichiarando di quali a-vrebbero avuto interesse adiscuterne, motivando poile ragioni per cui avevanocompiuto la loro scelta. Dal-l’insieme dei dati (che quisarebbe lungo riportare e per i quali ri-mandiamo al Report della ricerca) emer-ge come si possono notare forti differen-ze tra i maschi e le femmine. La visionemaschile della sessualità sembra privile-giarne gli aspetti più "meccanicistici" e

meno emotivi e relazionali, quali il rap-porto sessuale, maschi e femmine, l’ana-tomia. Le femmine, invece, manifestanouna maggiore propensione ad interrogar-si in modo interiormente più ricco, defi-nendo i sentimenti "parte di sé", ritenen-do il rapporto sessuale una "tappa impor-tante per la crescita", e manifestando ildesiderio di "conoscersi meglio" e "capi-re cosa accade loro".In una successiva sezione del questiona-rio, gli intervistati erano chiamati ad e-sprimere il loro grado di accordo/disac-cordo con una nutrita serie di affermazio-ni, parzialmente diverse tra S1 e S2, ri-guardanti vari aspetti non solo della ses-sualità ma anche sul matrimonio, la fami-glia, i sentimenti (vedi le tabelle a lato).Si tratta di argomenti sicuramente rilevantie di grande interesse, e i dati raccolti coni questionari lo confermano. Qui possia-mo limitarci, ovviamente, solo a qualchebreve accenno. Come si può notare, il ma-trimonio e la famiglia costituiscono unaprospettiva ben presente nel loro imma-ginario, un sogno/desiderio che in questomomento non è messo in discussione, co-sì come l’idea del per sempre è ben pre-sente, e non è affatto considerata impos-sibile. In larga parte, peraltro, condivido-no la convinzione che un periodo di con-vivenza possa servire a "provare" l’even-tuale successivo matrimonio. Nello stes-so tempo, emerge una visione prevalente-mente intimista, "privatistica" della rela-zione di coppia e dei rapporti sessuali, chevengono considerati eminentemente atti-nenti alla sfera interiore della persona, sen-za riferimenti robusti alle condizioni ma-teriali di vita in cui ci si potrà trovare, co-me dimostrano le risposte sulla "primavolta". Le questioni relative in senso latoalle "origini", alle dimensioni "ontologi-che" dell’essere umano sessuato invece e-sulano ampiamente dagli interessi e dalleconoscenze dei ragazzi di questa età.In conclusione, sulle grandi questione re-lative ad amore, sessualità e relazione dicoppia i ragazzi intervistati sembrano ma-nifestare un mix di romanticismo e di rea-lismo, qualche confusione, accanto a ideeche non paiono molto distanti da quelleche potremmo definire "tradizionali" del-le generazioni che li hanno preceduti. Ilquadro che emerge da questa indagine cipresenta quindi una situazione in cui nel-la scuola c’è certamente spazio per e ne-cessità di un intervento educativo, a pattoche sia rispettoso del vissuto dei soggettiinteressati, permetta loro di esprimere congrande libertà pensieri ed opinioni, al difuori delle rigidità degli insegnamenti tra-dizionali, ed eviti ogni colonizzazione i-deologica. Un intervento che gli adole-scenti stessi affermano di desiderare e digradire, come dimostra il giudizio espressoin conclusione sull’attività: oltre il 75% de-gli studenti partecipanti si è dichiaratomolto o moltissimo soddisfatto.

*Centro internazionale Studi famiglia

Gli adolescentigradiscono essereaccompagnati alla

scoperta dellasessualità, senza

rigidità ma anchesenza banalizzazioni

Due giovani allaGmg del 2005 a Colonia

aprile 2017 9NOI famiglia vitaEducazione all’affettività Educazione all’affettività

PIENAMENTE D’ACCORDO PER NIENTE NON SO /NOND’ACCORDO (%) IN PARTE (%) D’ACCORDO (%) RISPOSTO (%)

15,0 41,5 23,0 20,5

7,7 36,2 32,8 23,3

69,3 12,5 2,4 15,7

50,9 22,0 5,9 21,3

55,4 22,0 4,9 17,8

73,2 10,5 2,8 13,6

PIENAMENTE D’ACCORDO PER NIENTE NON SO /NOND’ACCORDO (%) IN PARTE (%) D’ACCORDO (%) RISPOSTO (%)

9,7 38,6 36,0 25,6

1,9 45,7 29,6 22,8

62,5 18,4 1,5 17,6

45,7 19,9 12,0 22,5

52,4 24,7 2,6 20,2

78,7 9,4 4,1 7,9

Sulla rete cʼè solo confusione»

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l diritto all’uso dei bagni pubbli-ci di uno o dell’altro sesso da par-

te di persone che si identificano come tran-sessuali ha dominato a lungo le cronacheamericane lo scorso anno. L’Ammini-strazione Obama aveva obbligato tutte lescuole a permettere l’uso dei bagni checorrispondono alla "identità di genere" enon al sesso biologico, suscitando pole-miche e alcune cause legali. Ora il nuovopresidente, Donald Trump, ha abrogato ladirettiva. Il dibattito ha però portato a gal-la la tendenza sempre più forte negli Sta-ti Uniti, sia da parte di professionisti del-la sanità che di funzionari pubblici, a con-siderare la cosiddetta "disforia di gene-re", definizione psichiatrica che indica l’i-dentificazione con il sesso opposto, unapatologia fisica piuttosto che una patolo-gia psicologica. Di conseguenza, negli ul-timi anni il cambio di sesso per mezzo diinterventi ormonali e chirurgici è semprepiù accettato come "terapia". Gli interro-gativi di tipo morale sollevati da questacrescente pratica (che ha dato vita a unlucrativo business) hanno spinto il Natio-nal catholic bioethics center, istituzionedi ricerca indipendente dalla Chiesa cat-tolica Usa ma da questa riconosciuta e so-stenuta, a convocare di recente un conve-gno dedicato in larga parte proprio allostudio del transessualismo. Il centro ha convocato a Dallas psicologi,medici, giuristi e canonisti per esaminarela questione da tutti i suoi punti di vista efornire linee di comportamento agli o-spedali, alle scuole, alla Chiesa e alle fa-miglie cattoliche. Per inquadrare il dibattito in termini chia-ri sono state usate le ricerche di Lawren-ce Mayer, psichiatra della scuola di me-dicina della Johns Hopkins University,che ha precisato che l’i-dentità sessuale umanaè determinata da fattoribiologici, a partire dageni e cromosomi. Laconsapevolezza di ge-nere invece è un concet-to psicosociale: «Il no-stro senso interno di noi stessi come ma-schio o femmina è modellato da fattori so-ciologici e psicologici – ha spiegato –. Laconsapevolezza di ogni persona come ma-schio o femmina si crea mentre questamatura e, analogamente ad altri processidi sviluppo, può diventare confusa a cau-sa di relazioni interpersonali e fattori am-bientali». Per questo gli individui che cre-dono di essere nati con il sesso sbagliatosono sempre stati trattati con interventipsicoterapeutici. Sono stati i progressi

medici e tecnologici che hanno reso pos-sibile la cosiddetta «riassegnazione delsesso» a legittimare come «disturbo fisi-co» la frattura fra il sesso biologico e lasua percezione. Ma come si è arrivati aquesta situazione? Si deve al controverso psicologo e ses-suologo John Money, negli anni Cin-quanta, il concetto di "identità di genere",definito come la percezione di una perso-na di se stessa come maschio, femmina oambivalente. Ampliando questo concettonei decenni successivi, coloro che si fan-no chiamare transessuali hanno portato laseparazione tra sesso e genere all’estremo,sostenendo che una persona può essere disesso maschile ma di genere femminile eviceversa. Essendo l’identità di genereconsiderata predominante, la conclusionedi alcuni gruppi sociali, soprattutto negliStati Uniti, è stata che il sesso deve esse-re modificato per adattarsi alla mente. Gliesperti del National catholic bioethicscenter hanno riconosciuto che in alcunepersone questa disarmonia è reale, ma sisono posti la domanda: può essere con-ciliata cambiando la mente?Il desiderio di imitare l’altro sesso, in ef-fetti, non è una novità, né lo è l’amputa-zione di parti del corpo sane. In molteculture, gli uomini sono stati castrati perpreservare la voce da soprano o per poterservire come guardie di harem. Tali pra-tiche sono ormai considerate barbare. Maoggi coloro che credono nella morale ra-dicalmente individualistica "è il mio cor-po, posso manipolarlo come mi piace,"sono offesi se i chirurghi si rifiutano di ce-dere alle loro richieste.La Johns Hopkins University di Balti-mora è stata a lungo all’avanguardia perle operazioni di riassegnazione del ses-so. La pratica era comune nel 1975,quando Paul McHugh divenne psichia-tra in capo dell’istituzione e decise di in-dagare più a fondo, chiedendo ulterioriinformazioni prima e dopo le operazio-ni. «La maggior parte dei pazienti cherintracciammo alcuni anni dopo il lorointervento non erano pentiti – dice oraMcHugh –. Ma non erano cambiati nel-la loro condizione psicologica. Avevanogli stessi problemi nelle relazioni, nel la-

voro e nelle emozioni di prima. Il cam-bio di sesso non aveva fornito una solu-zione al loro disagio psicologico». M-cHugh e altri si convinsero che l’inter-vento aveva contribuito al disturbo men-tale piuttosto che trattarlo e l’ospedalesmise di offrire la "riassegnazione delsesso".Nel corso della sua ricerca McHughconfermò che esistono rarissime ano-malie di nascita che possono causare di-scordanza tra sesso espresso nel Dna,ormoni sessuali e organi sessuali. Maosservò che nella stragrande maggio-ranza dei casi i pazienti affetti da di-sforia di genere erano uomini e donnecon organi e ormoni sessuali intatti e li-velli ormonali adeguati al loro sesso.Sulla scia di questi dati, Ray Blanchard,del Clarke Institute of Psychiatry di To-ronto, condusse studi simili per una de-cina d’anni. Lo psichiatra concluse che,fra i pazienti di sesso maschile, a chiede-re un cambiamento di sesso sono soprat-tutto omosessuali il cui aspetto, gesti elinguaggio sono percepiti come femmi-

Trasgender a rischioUn appello dagli UsaI

ElenaMolinari Il Centro di bioetica della

Chiesa americana: fermiamogli adolescenti che voglionocambiare sesso. Lʼinterventonon risolve i problemi

John M. Hass,direttore delNationalCatholicBioethics Centernegli Usa

Gli esperti Usa: il bisturinon può cambiare il Dna

e neppure invertirelʼeffetto degli ormoniprenatali sul cervello

La cosiddetta«riassegnazione chirurgica» èuna soluzione a cui ricorronoragazzi che si convincono di

avere «un corpo sbagliato»Ma si tratta soltanto

di giovani con difficoltàscatenate da conflitti irrisolticon i genitori. Servono cure

psichiatriche, nonmutilazioni irreversibili

aprile 2017

NOI10

famiglia vita Sessualità, identità e verità Sessualità, identità a verità

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nili, che sono attratti da altri uomini e che,psicologicamente, «vedono un cambio disesso come un modo per risolvere i loroconflitti interiori, consentendo loro dicomportarsi come femmine».Nello stesso periodo, altri ricercatori no-tarono che spesso i sintomi di probleminell’identità sessuale compaiono nella pri-ma infanzia – un’osservazione che haspinto alcuni medici a concludere che lacondizione è biologica, quindi immuta-bile. Ma, come ha sottolineato il presi-dente del Centro per la bioetica, John M.Haas, dopo aver passato in rassegna laletteratura medica, non vi è alcuna pro-va scientifica a sostegno di questa con-clusione.Secondo la psicopatologa Susan Brad-ley, il disturbo sorge spesso come rea-zione a una relazione insicura fra madree bambino e tende a colpire ragazzini e-motivamente vulnerabili, convincendoliche saranno più apprezzati dalle loro fa-miglie come femmine. Le madri di que-sti bambini tendono ad essere spaventa-te dall’aggressività maschile e ad avereforti bisogni affettivi, che i figli percepi-scono come una caratteristica femmini-le e si sentono in dovere di fornire. La ca-sistica esaminata da Bradley l’ha porta-ta a concludere che questi non sono ra-gazzini equilibrati che semplicementepensano di avere il corpo sbagliato. So-no bambini in difficoltà. Uno studio pre-sentato al convegno ha rivelato ad esem-pio che dal 55 al 60% i transessuali so-no vittime di abuso sessuale prima deidiciotto anni.Le bambine sessualmente confuse a lo-ro volta hanno una storia di attacca-mento insicuro alle loro madri, che ve-

dono come vulnerabile e che spesso so-no depresse. In molti casi, a questo si af-fianca un padre che esprime mancanzadi rispetto per la madre. La bambina as-sume allora un’identità maschile per pro-teggere la madre e compensare la man-canza di attenzione paterna.Sono situazioni che generano profondaansia nei più giovani che, una volta giun-ti all’adolescenza, rifiutano la terapiapsicologica perché non sono in grado ditollerare il disagio connesso con l’e-splorazione della loro angoscia. La rias-segnazione chirurgica del sesso diventadunque una soluzione difensiva e unmeccanismo di controllo dell’ansia.Di fronte alla crescente casistica di gio-vani e giovanissimi che chiedono e ot-tengono la possibilità di cambiare il lorosesso, gli esperti del National catholicbioethics center hanno sottolineato conforza la necessità di una pausa, eviden-

ziando che le aree delcervello che regolano ilprocesso decisionale ela gestione emotiva nonsi sviluppano completa-mente fino a circa i 25anni. Pertanto, un bam-bino o un adolescente

non è competente per scegliere l’assun-zione di ormoni sessuali, di inibitori del-lo sviluppo puberale o il ricorso a un’o-perazione permanente. E i genitori, dinorma giustamente allarmati di fronte acomportamenti masochistici o all’auto-ferimento dei figli, non dovrebbero ac-consentire alla sterilizzazione perma-nente di un minore o alla mutilazione diorgani sessuali nella speranza di elimi-nare un disagio psicologico.

aprile 2017 11NOI famiglia vitaSessualità, identità e verità Sessualità, identità a verità

Il consenso dei genitori a tali interventi puòessere, a detta di molti esperti legali statu-nitensi, equiparato a una grave negligenzadel dovere parentale di proteggere i bam-bini da danni fisici.In questi casi, come ha evidenziato RyanT. Anderson della Heritage Foundation, laconvinzione di un uomo di essere una don-na intrappolata nel corpo sbagliato diffi-cilmente si differenzia dai sentimenti di u-na donna anoressica ed emaciata convin-ta di essere obesa. Nessun genitore o me-dico eseguirebbe una liposuzione o una ri-duzione dello stomaco di una ragazza a-noressica. L’analisi di bambini con senti-menti transgender si è conclusa con duestudi condotti dalla Vanderbilt Universitye dalla Portman Clinic di Londra che han-no rivelato come fra il 70 e l’80% di lorospontaneamente perde quei sentimenti pri-ma dei 25 anni.Una delle conclusioni più forti del conve-gno è stato dunque l’appello alla protezio-ne delle persone con disturbi legati all’i-dentità sessuale come individui vulnerabi-li che hanno bisogno di informazioni, tra-sparenza e assistenza da parte degli opera-tori della sanità. Un medico onesto, ha det-to McHugh della Johns Hopkins, ha il do-vere di avvertire i pazienti che un cambiodi sesso non compie ciò che promette. «Per-ché la realtà – ha detto – è che l’interven-to non cambia il sesso di una persona. L’i-dentità sessuale è scritta su ogni cellula delcorpo e non può essere modificata. La chi-rurgia non può cambiare il Dna o invertirel’effetto degli ormoni prenatali sul cervel-lo. È possibile creare solo l’aspetto del-l’altro sesso. Un’apparenza, dunque, chenon fornisce alcun beneficio esistenziale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La psicopatologa SusanBradley: il disturbo sorgespesso come reazione auna relazione insicura framadre e bambino

DIFFERENZIAZIONE SESSUALEIDENTITÀ DI GENERE

0,05%I NEONATI AFFETTI DA DISTURBI ANATOMICI NELLADIFFERENZIAZIONE SESSUALE(SINDROME DEL SESSO INCERTO)

2-3% I BAMBINI AL DI SOTTO DEI 12 ANNI CON DISTURBINELL’IDENTITÀ DI GENERE

98% MASCHI

88% FEMMINE

GLI ADOLESCENTI CON PROBLEMI DI IDENTITÀSESSUALE CHE RISOLVONO I LORO PROBLEMIPRIMA DEI 25 ANNI E ACCETTANO IL LORO SESSO BIOLOGICO

83% GLI ADOLESCENTI CON DISTURBI NELL’IDENTITÀDI GENERE CHE HANNO AVUTO PENSIERI SUICIDI

54% QUELLI CHE L’HANNO TENTATO

46% DEDITI ALLA PROSTITUZIONE

21% CHE HANNO TENTATO L’AUTOMUTILAZIONE

79% CHE FANNO USO ABITUALE DI DROGHE

55-60% I TRANSESSUALI VITTIMEDI ABUSI SESSUALI PRIMA DEI 18 ANNI

fonte: Associazione dei pediatri americaniUniversità di Firenze

I NUMERI

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Focolari, la culturaa misura di famiglia

e Famiglie Nuove del movimentodei Focolari ormai da 50 anni (è

del 1967 lo "storico" discorso della fonda-trice Chiara Lubich) cercano di vivere al-l’interno di ciascuna famiglia e tra di loro gliideali evangelici della spiritualità dell’unità,propria dei Focolari stessi. Unità dunque"in" e "tra" famiglie, relazioni aperte versotutti, formazione e aiuto concreto soprattut-to verso situazioni familiari più fragili o sof-ferenti. Un Movimento di famiglie ormaidiffuso capillarmente in Paesi dei cinquecontinenti, fra persone di diverse culture,confessioni, religioni e anche fra chi è sen-za un preciso riferimento religioso. Neglianni sono nate esperienze le più varie: mi-gliaia di gruppi di famiglie che si incontra-no periodicamente per aiutarsi reciproca-mente; percorsi per fidanzati; momenti percoppie in difficoltà; itinerari educativi pergenitori o animatori; convegni, scuole; in-contri di più giorni per famiglie; vacanzeinsieme; azioni sociali in risposta a ne-cessità specifiche (educazione scolasticae sanitaria; sostegno a distanza di minori;costruzione di abitazioni…). Si è forma-to, potremmo dire, una sorta di popolo,collegato nel mondo, con unostile di vita nato dal Vangelo e"colorato" in modo particolare:la spiritualità dell’unità che Dioha depositato nel cuore di Chia-ra Lubich per fare dono allaChiesa tutta e all’umanità.Nel Movimento dei Focolari e-sistono da tempo strutture di ap-profondimento culturale e stu-dio: basti pensare all’Istituto U-niversitario Sophia (Loppiano);la Scuola Abbà, costituita da e-sperti internazionali in varie di-scipline per studiare a fondo il pensieromaturato da di Chiara Lubich e contenu-to nella spiritualità dell’unità per decli-narlo secondo le diverse discipline; sonoinoltre promossi periodicamente molticonvegni su tematiche specifiche.Anche come famiglie sono già stati fatti deipassi: week end pluriennali di studio e ap-profondimento per esperti di famiglia; la"Scuola Loreto" di Loppiano ha visto pas-sare in questi anni circa duemila famiglie,che vivono per alcuni mesi un’esperienzainsieme, accompagnate anche da esperti invarie discipline della famiglia; corsi per me-diatore familiare; seminari periodici di 5giorni per esperti su tematiche familiari; con-vegni su temi culturali specifici.Ci sembra ora giunto il momento per me-glio approfondire, con esperti nei più varicampi, quanto sperimentato e raccolto dal-

l’aiuto a coppie in crisi; supporto per lineeconduttrici di convegni formativi…);Un Centro con alcune caratteristiche, cor-relate alle esperienze di "Famiglie Nuo-ve" nel mondo: internazionale; interdisci-plinare; ecumenico; interreligioso; conpresenza di accademici ma anche di cop-pie di sposi, animatori giovanili e giova-ni; ollegato, anche attraverso l’Istituto U-niversitario Sophia, con esperti di Uni-versità e di altri Centri Studi in tutto ilmondo, non necessariamente legati all’e-sperienza nel Movimento dei Focolari.Un Centro con uno stile che si riscontra, odovrebbe riscontrarsi, nella famiglia, tipicoanche della spiritualità dell’unità e che ha deipresupposti fondamentali: ascolto recipro-co, messa in comune delle proprie cono-scenze in atteggiamento di servizio; acco-glienza profonda e rispettosa al di là delledifferenze; rigore metodologico; centralitàdella relazione; semplicità di rapporti.Ci hanno dato fiducia, in un recente conve-gno a Loppiano ("Il patto di reciprocità nel-la vita famigliare") in cui si è anche parlatodi queste prospettive, il sostegno avuto dalDicastero Vaticano Laici, Famiglia, Vita, el’incoraggiamento dell’Ufficio famiglia Cei,attraverso la presenza e le parole di don Pao-lo Gentili a commento dell’Amoris Laetitia.

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la vita di tante famiglie, che a volte senza sa-perlo o senza una precisa intenzione, essen-do condiviso da cerchi sempre più vasti difamiglie, di fatto sta "facendo cultura". Lafamiglia è di per sé un crocevia di tematicheche spaziano in vari campi e con tutti han-no a che fare: chi si occupa di famiglia nonpuò non avere un approccio multidiscipli-nare. Esiste già una buona rete di esperti fa-migliari, interdisciplinare ed internazionale,in grado di dare un approfondimento cultu-rale a tutta questa vita. Dopo lo slancio de-gli anni "carismatici", in cui era in vita la fon-datrice, oggi i tempi richiedono tale ap-profondimento per essere in grado di dialo-gare sempre meglio con la cultura contem-poranea. La formazione di queste famiglieattinge ovviamente alla spiritualità che è pro-pria dei Focolari, ma va corredata dalle scien-ze umane, ben fondata culturalmente, in par-ticolare in quei campi che oggi presentanosfide ineludibili. Ci sembra che il saper "da-re ragione" delle proprie scelte passi ancheda questo approfondimento culturale che so-stieni e confermi quanto si sperimenta a li-vello esistenziale. Da qui dunque l’esigen-za di un Centro Studi e Vita, in cui saldareesperienze concrete e teoria accademica,prassi e cultura. Quali le prime idee? Il Centro si delinea con

varie prospet-tive: riflessio-ne ed ap-profondimen-to accademicosulle temati-che familiari,che trova il suofulcro d’ispi-razione e il suofondamentoalla luce dellaspiritualità delMovimento edelle intuizio-

ni della fondatrice; valutazione ed analisi deirisultati ottenuti ad oggi nel mondo, al finedi migliorarli (es: scuola Loreto, fidanzati,gruppi famiglie, progetto Up2me per gli a-dolescenti…); aiuto nella programmazionee definizione di percorsi ed iniziative for-mative per famiglie (es: scelta metodi per

Dal movimento fondato da Chiara Lubich il progettoper un nuovo Centro studidi carattere interdisciplinareed ecumenico

Pastorale,spiritualità, scienze

umane, unità tra itemi che

confluiranno nellanuova realtà che

fonderà conoscenzeaccademiche ed

esperienze concrete

LBarbara e Paolo

Rovea

aprile 2017

NOI12

famiglia vita Le relazioni che fanno sapere Le relazioni che fanno sapere

Barbara ePaolo RoveaAl centro ilconvegno delmarzo scorso aLoppiano

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occa di Papa (Roma), 9 luglio 1967, Chiara Lubich fonda la dira-mazione Famiglie Nuove del Movimento dei Focolari.

Nel novembre 1973 si moltiplicano corsi e altre iniziative di forma-zione alla vita del Vangelo e alla luce della spiritualità dell’unità, conattenzione specifica alle tematiche familiari, per famiglie nelle diver-se situazioni e stagioni della vita con una attenzione particolare versole persone vedove, separate, in nuova unione e in situazioni difficili.Nascono centinaia di gruppi-famiglia in Paesi dei cinque continenti e

nelle situazioni sociali più diverse. Si mettein moto una comunione di beni (sfociata neltempo in una forma organizzata di comunio-ne anche di denaro che viene arriva e viene ri-distribuito sistematicamente secondo le ne-cessità attraverso la segreteria centrale).Nel maggio 1976 iniziano i corsi di pre-parazione al matrimonio per fidanzati, a

livello internazionale e locale. Nel 1979 si avvia un’azione a favore dei bambini soli o in stato di neces-sità chiamata "adozione a distanza", pratica allora non diffusa e che inte-ressa Asia, Medio Oriente, Sudamerica e Africa. Il 3 maggio 1981, al Palaeur di Roma, si tiene la prima manifestazionemondiale, il Familyfest, con 24.000 persone di 49 nazioni. Chiara Lubi-ch apre la giornata; nel pomeriggio interviene Giovanni Paolo II.Nel 1982 si inaugura la "Scuola Loreto" a Loppiano, con corsi residen-ziali per interi nuclei familiari, che pur inseriti nell’insieme della cittadellamantengono una loro vita e propria. Si approfondiscono tematiche fami-liari alla luce della spiritualità dell’unità e si vive un’esperienza di frater-

nità tra famiglie provenienti da diverse realtà geografiche e culturali, conil sostengo di altre coppie mature che ne accompagnano il percorso. Il 5 giugno 1993, al Palaeur di Roma, si tiene la seconda edizione del Fa-milyfest con 14.000 partecipanti di 70 nazioni, in contemporanea ad altri6 congressi in Melbourne, Hong Kong, Yaoundé, San Paolo, Buenos Ai-res e New York, collegati con Roma e fra loro. La diretta Rai viene ripre-sa da 200 TV nel mondo. Chiara Lubich delinea la famiglia come "semedi comunione per l’umanità del terzo millennio".Nel 1998 nasce l’Associazione "Azione per Famiglie Nuove Onlus"- AFNonlus. La sua veste giuridica rende possibile la promozione diulteriori azioni e progetti, un centinaio attualmente con 11.643 mino-ri inseriti in 53 paesi. Dal 2001 AFN opera anche nel campo dell’a-dozione e nel 2005 diventa Ente Autorizzato in Italia dalla Commis-sione delle Adozioni internazionali della Presidenza del Consiglio deiMinistri in collaborazione con altri 6 paesi. In questi anni 800 fami-glie hanno adottato 1.070 bambini.Nel novembre 2015 prende il via il progetto "Up2Me", percorso di edu-cazione all’affettività e sessualità e alla maturazione armonica globalenell’età evolutiva (9-17 anni).Nel gennaio 2016, insieme ad altre realtà dei Focolari dà inizio in Italiaal progetto "Fare Sistema Oltre l’Accoglienza" rivolto in particolare a mi-granti minorenni.Attualmente Famiglie Nuove coinvolge circa 800mila persone nelmondo, che svolgono il loro impegno a molti livelli e nelle diverse as-sociazioni di civili o ecclesiali, con un notevole inserimento nelle par-rocchie e nelle diocesi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

R

Mezzo secolo di storiadella realtà voluta dallafondatrice dei Focolaricome «seme dicomunione per lʼumanità»

I compiti delle famiglieTre obiettivi da Maria Voce

Famiglie Nuove, un mondo di 800mila sì

Il 10 e 11 marzo scorso, a Loppiano,allʼevento su "Chiara Lubich e la fa-miglia" ‒ in occasione del nono an-niversario della morte della fonda-trice dei Focolari ‒ Maria Voce, re-sponsabile internazionale del movi-mento, ha rivolto alle famiglie pre-senti parole di stimolo e dì incorag-giamento: «Dio ci chiama a esser pa-dri e madri dellʼumanità, a dare il no-stro contributo ‒ ha detto tra lʼaltro‒ per sostenere ed incoraggiare lafraternità universale. Ma quale tipodi famiglia può generare un mondopermeato di fraternità? Le famiglie,voi che siete qui ‒ come quelli che ciseguono in streaming in questo mo-mento in tutto il mondo ‒ potete rea-lizzare queste speranze- facendo circolare i beni materiali espirituali, gratuitamente, perchésʼimpari il valore della cultura del da-re, di una economia di comunione;- accogliendo lʼaltro così comʼè,prendendovene cura, vivendo laprossimità, nella gioia. Così i popo-li nella storia presente possono ri-scoprire il valore dellʼaccoglienza esi comincerà a sgretolare il murodellʼegoismo;- e allora sarà possibile che i valorivengano trasmessi da una genera-zione allʼaltra. I nonni potranno an-cora riconoscere il senso della lorovita e trasmetteranno ai loro nipo-ti quelle radici senza le quali la per-sona diventa fragile e alla mercédelle mode».

L’IN

TERV

ENTO

aprile 2017 13NOI famiglia vitaLe relazioni che fanno sapere Le relazioni che fanno sapere

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n seminario di studio straordinario,dedicato all’impegno pastorale con

le famiglie emarginate e povere: è la propo-sta che il Pontificio Istituto Giovanni PaoloII (info: www.istitutogp2.it) rivolge agli o-peratori pastorali e alle famiglie stesse, «af-finché comprendano la situazione di chi vi-ve in condizioni di povertà e di esclusionesociale a partire da una prospettiva integrale,con lo scopo di renderle capaci di lavorare pa-storalmente in questa realtà in maniera più a-deguata ed efficace». I docenti incaricati sono una coppia, Beni-to Baranda e Maria Lorena Cornejo, psi-cologi, genitori di sei ragazzi adottati, chehanno dedicato trent’anni della loro vita adaccogliere degnamente e con amore i piùpoveri tra i poveri nelle periferie di Santiagodel Cile, ispirandosi alla figura di sant’Al-berto Hurtado.È particolarmente importante leggere, ap-profondire, capire la chiamata della famigliaverso l’emergenza povertà, ma anche do-mandarsi quante dimensioni abbia, oggi, lapovertà. Da un lato, le famiglie hanno biso-gno di ritrovare la propria predisposizione adaprirsi, ad ascoltare la chiamata, sempre piùdisperata, di chi vive nella marginalità. Dal-l’altro, non è detto che in una situazione dibenessere materiale manchi del tutto la po-vertà. Anzi, spesso è vero il contrario: «Ab-biamo constatato che in alcune realtà, comenel caso dell’America Latina, la rapida cre-scita economica è andata di pari passo con u-na progressiva disgregazione familiare. Mal’uscita dalla povertà, senza la famiglia, im-poverisce l’esistenza. Il vero sviluppo passa

attraverso le famiglie, che sono naturalmen-te luoghi di ricchezza, capitale sociale, resi-lienza, sviluppo», riflette padre José Grana-dos, vicepreside del Pontificio Istituto Gio-vanni Paolo II. «Mentre fin troppe persone vi-vono in estrema povertà, altri vengono cattu-rati dal materialismo e da stili di vita che an-nullano la vita familiare e le più fondamen-tali esigenze della morale cristiana», ha ri-cordato Papa Francesco a Milano, durante lavisita del 25 marzo scorso. «Vi chiederei, inquanto famiglia, di farvi particolarmente at-tenti alla nostra chiamata ad essere discepo-li missionari di Gesù. Questo significa esse-re pronti ad andare oltre i confini delle vostrecase e prendervi cura dei fratelli e delle so-relle più bisognosi». Tra gli obiettivi del se-minario di maggio, pertanto, c’è quello di co-noscere la realtà delle condizioni di povertà

ed esclusione sociale a partire dalle compe-tenze scientifiche maturate al riguardo, maanche, a livello personale, di essere in gradodi riconoscere il proprio "punto di vista" ver-so le persone e le famiglie emarginate. Come "aprirsi" davvero, in questa epoca dicrisi economica, ma anche di paure e di e-goismi? «La famiglia ha già in sé le risorse,gli anticorpi all’egoismo», prosegue padreGranados. «Basta aver cura del legame e del-l’esperienza familiare, rispettare l’amore e lafedeltà. La virtù della dimora è l’ospitalità. Inquesto nostro tempo la famiglia è sempre piùconsiderata come luogo intimo, privato, con-solatorio, e si trova un po’ separata dalla suafunzione sociale. Recuperare il protagonismodelle famiglie, come cellule fondanti del tes-suto sociale, significa umanizzare la società».

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Al “GiovanniPaolo II” un

corso perlʼimpegno

pastorale conle famiglie

emarginateguidato da

una coppia diesperti cileni

che pratica ciòche insegna

Una “casa” in affido. Con tutte le sue fragilità Caritas, aggiungere 650 posti a tavolaon solo un progetto sociale particolarmentefortunato, "Una famiglia per una famiglia" è

forse una delle proposte più felici di questi ultimianni. Ideato nel 2003 dalla Fondazione Paideia diTorino, si fonda sull’intuizione che unaffiancamento tra famiglie in condizioni di parità ereciprocità, fuori da logiche professionali eassistenziali, può diventare lo strumento preventivoper "allontanare" la vulnerabilità. Fare un pezzo distrada assieme – madri, padri e bambini – peraffrontare un periodo duro di malattia, unasituazione di isolamento sociale, un momento difatica educativa o di smarrimento dovuto ai carichifamiliari, e molto altro. Il progetto – che il 19maggio ripercorre l’esperienza accumulata fino adora in un convegno nazionale presso l’Aula Magnadell’Università di Torino – è attivo in diverse areeregionali (Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia,Veneto, Valle d’Aosta, Abruzzo, Lazio, Toscana) evede il coinvolgimento di amministrazionipubbliche, terzo settore, Caritas, Fondazioni privatee di origine bancaria. La formula? Il progetto diaffiancamento prevede un intervento "leggero", noninvasivo, orientato ad aiutare le famiglie fragili

nell’essere maggiormente consapevoli sia delleproprie potenzialità di crescita, sia dei propri limiti,con l’obiettivo di promuovere l’autonomia erinforzare le capacità e la resilienza del nucleo nellasua globalità. Concretamente, la relazione tra le duefamiglie si sviluppa attraverso incontri e rapportitelefonici frequenti (definiti, almeno in parte, in unpatto educativo firmato da tutti i componenti) e conattività quali: sostegno educativo e organizzativonella gestione dei figli, supporto pratico e nellarelazione con enti istituzionali, organizzazione epartecipazione a momenti di festa e socializzazione,ascolto e condivisione di problematiche genitoriali edi coppia, confronto sui modelli di riferimento. Ilcammino "in tandem" dura circa un anno, ma laconclusione istituzionale non significa l’interruzione

di un’amicizia: «È uno dei risultati più belli delprogetto: anche se l’incontro tra le famiglie viene"combinato", poi il percorso riesce a essere cosìnaturale da proseguire, in una relazione ormaiconsolidata e paritaria. Abbiamo belletestimonianze, in questo senso: a Ferrara, dove ilprogetto si è già concluso, quasi tutte le famiglieabbinate sono rimaste in contatto, si vedono peroccasioni di festa e alcune coppie sono diventatepadrini e madrine di battesimo dei bambini dellealtre», spiega Giorgia Salvadori, referente delprogetto per Fondazione Paideia. A Roma e Pescara(e prossimamente anche Ragusa), dove Caritas si èfatta partner del progetto, «questo metodo di lavoroci ha permesso di sostenere i nuclei familiaridavvero a 360 gradi», riflette Nunzia De Capite,dell’Ufficio Solidarietà Sociale. «Lavorando eascoltando tutti i membri della famiglia, è statopossibile fare un percorso più ampio diempowerment. Laddove si è presentata una fragilitàparticolare è stata intercettata e superata, anchegrazie alla sensibilizzazione del quartiere intero.Connessioni e legami che fanno rinascere non solola singola famiglia, ma un’intera comunità». (B.V.)

N Una famiglia che si prende curadi un altro nucleo. Fuori

da logiche professionali oassistenziali. Alla pari. Così cresce

il progetto di Paideia

UBenedetta

Verrini

aprile 2017

NOI14

famiglia vita Educazione solidale Educazione solidale

«Gli anticorpi dellʼegoismo

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Una “casa” in affido. Con tutte le sue fragilità Caritas, aggiungere 650 posti a tavolaOtranto una ragazza migrante, arrivata in Italia sola e minorenne,è stata accolta da una famiglia che ora, autonomamente, ha

deciso di farla restare nella propria casa per i prossimi cinque anni,per farle frequentare la scuola alberghiera, visto che ha la passionedella cucina. Ad Aversa un altro giovane migrante è stato iscritto allascuola calcio e si è rivelato un piccolo talento: ora riesce a mantenersida solo in un club professionistico. Sono 650 i migranti protagonisti

del progetto Caritas "Rifugiato a casamia", nato dopo l’appello all’accoglienzadei rifugiati che Papa Francesco haespresso due anni fa. Attualmente alla suaseconda edizione, con una formula diaccoglienza semestrale, "Rifugiato a casamia" si conclude a giugno ed ha avviatoogni suo ospite in un percorso di

completa autonomia. Uomini e donne in fuga dalla guerra e dallapovertà hanno avuto ospitalità direttamente nelle case delle famiglie oin istituti e appartamenti diocesani, con l’appoggio e il tutoraggio dialtrettante famiglie, in un imponente progetto che ha coinvolto 80Caritas diocesane italiane, tra Nord e Sud del, e che racconta unastoria completamente diversa da quella che compare su tanti media.Una storia positiva di resistenza all’egoismo e alla paura dellostraniero, attraverso centinaia di famiglie italiane che si sono messein gioco, che hanno aperto le loro porte e salvato altrettante vite,

offerto un futuro, reso possibile un ricongiungimento, fattorinascere la speranza. «Ancora oggi molte diocesi continuano adaccogliere migranti e rifugiati al di fuori del progetto, adimostrazione che l’accoglienza è un’attività ordinaria nella vitadelle comunità diocesane e che quello che è nato ed è stato definito"progetto" in realtà è un "processo», spiega Luciana Forlino,reponsabile monitoraggio del progetto per Caritas. Processosostenuto anche economicamentedalle diocesi locali, che si sono fattecarico della percentuale di spese noncoperte dal progetto nazionale. Nelcomplesso, secondo la FondazioneMigrantes, le persone accolte dalleparrocchie sono almeno 5mila esalgono a 27mila nel complessodelle strutture ecclesiali. La prossima estate parte una nuova fasedell’esperienza "Rifugiato a casa mia", attraverso un corridoioumanitario che farà giungere in Italia le persone più fragili deicampi profughi etiopi, in una situazione di prima accoglienza. Perloro, oltre al tutoraggio delle famiglie, si attiverà anche un sistemadi supporto professionale che li accompagni nella richiesta di asiloe di eventuale ricongiungimento familiare. Info: www.caritasitaliana.it (B.V.)

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A

Sono i migrantiprotagonisti delprogetto «Rifugiato acasa mia» nato dopolʼappello del Papa

Le strutture ecclesialihanno ospitato

complessivamente lo scorso anno 27mila

immigrati in fuga

aprile 2017 15NOI famiglia vitaEducazione solidale Educazione solidale

si costruiscono in famiglia»

«Noi, sposi per dare futuroai più poveri»

aría Lorena Cornejo e Benito Baranda, i docentiprotagonisti del seminario di studio, sono sposa-

ti da più di trent’anni e vivono in Cile. Sono genitori disei figli adottivi ed entrambi psicologi (Benito è uno psi-cologo clinico e anche sociologo specializzato sul temadell’esclusione sociale). Hanno dedicato quasi 30 annidella loro vita lavorando per la Fondazione benefica"Hogar de Cristo" (www.hogardecristo.cl), la cui mis-sione è quella di «accogliere degnamente e con amorei più poveri tra i poveri». Quando e come avete deciso di dedicarvi al sostegnodelle persone più bisognose?Ci siamo sposati nel 1982 e abbiamo deciso di dedicarela nostra vita al servizio dei poveri: abbiamo voluto vi-vere con loro la nostra vocazione al matrimonio come cri-stiani e psicologi. Quindi siamo andati a vivere in unquartiere povero di Santiago, dove lavoravamo, attraver-so la Fondazione "Hogar de Cristo" specialmente con ibambini che vivevano sulla strada. Nel 1984 ci hanno in-

M vitato a studiare presso l’Istituto Giovanni Paolo II a Ro-ma, che ci ha aiutato molto ad approfondire la nostra vo-cazione al servizio dei poveri. Al ritorno in Cile abbiamoiniziato a lavorare in un quartiere povero e a formare lanostra famiglia: abbiamo adottato sei bambini.Quanta fatica e quanta ricchezza in un’esperienza diquesto tipo?Dedicare tempo alla cura della vita e della famiglia puòessere faticoso. Ma per noi, in realtà, è molto confortan-te: impariamo ogni giorno dai loro matrimoni e dalle lo-ro famiglie. Il Signore ci permette di conoscerli e servir-li, e in ogni momento abbiamo l’occasione di impararea essere professionisti migliori, applicando tecniche ri-spettose della dignità umana. La buona notizia di Gesù eil magistero della Chiesa ci confermano che è un lavoroimportante e ci offrono segnali di avanzamento.Quanto può essere difficile, per chi vive incondizioni di benessere, cogliere l’enormitàdelle differenze e sviluppare, come famiglia,

un atteggiamento di solidarietà?Crediamo che solo la vicinanza con i poveri ci renderàveri seguaci di Cristo e della Chiesa, il Papa ha insistitomolto su questo. Oggi è più difficile per le coppie e le fa-miglie essere al servizio dei poveri, pertanto nell’ambi-to del prossimo seminario presso il Pontificio IstitutoGiovanni Paolo II cercheremo di fare una riflessione pa-storale su questo, illuminando i percorsi che possono se-guire l’evangelizzazione in quell’ambiente e fornire glistrumenti per fare un buon lavoro. C’è una grande famedi solidarietà nel mondo di oggi: Gesù stesso, la sua Chie-sa e il Papa ci spingono a servire i più abbandonati, peravvicinarsi a loro in modo amorevole e rispettoso e la-vorare affinché possano vivere con dignità come figli efiglie di Dio. Crediamo che come coppie e famiglie cri-stiane, membri della Chiesa cattolica, possiamo fare mol-to al servizio ai poveri e così anche farci ed essere felici.

Benedetta Verrini© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ritrovare il padreIstruzioni per l̓ uso

ual è il ruolo dei padri? Come ri-considerare l’autorevolezza di que-

sta figura, capace di assolvere all’impegnodell’educazione? Bisogna ripensare la pater-nità? A queste e ad altre domande ha cercatodi dare risposte di senso, prima che sensate,la tavola rotonda "Il tempo dei padri. Scena-ri contemporanei della paternità", organizza-ta dalla Fondazione Marco Vigorelli svoltasia Roma il 13 marzo presso l’Istituto LuigiSturzo. L’evento ha visto tra i suoi relatoriMaurizio Quilici presidente dell’Istituto diStudi sulla paternità, Walter Buscema presi-dente dell’Associazione Nessuno tocchi papà,Sofia Borri direttrice di Piano C e FrancescaLipari ricercatrice della Fondazione MarcoVigorelli. Gli interventi sono stati introdotti ecoordinati da Isabella Crespi associata di So-ciologia dei processi culturali e comunicati-vi all’Università di Macerata. E proprio la Crespi ha dato il via alla discus-sione rilevando quanto sia necessario oggiconsiderare i padri come"risorsa", da un lato per-ché sono necessariamente«parte della relazione dacui nascono i figli» esempre vi rimangono,dall’altro perché semprepiù la società «chiede u-na presenza della figuramaschile crescente e differente» in fami-glia e nel lavoro. Eppure, ha sottolineato I-sabella Crespi, se un importante managerchiedesse volontariamente tre mesi di con-gedo parentale «solo perché desidera oc-cuparsi del figlio piccolo, anche senza avereproblemi familiari», come sarebbe accoltaquesta richiesta? «In Svezia o in altri Pae-si sarebbe applaudito anzi sarebbe norma-le – ha concluso –, ma in Italia?».Su questo tema hanno fornito un quadro e-saustivo le ricerche di Francesca Lipari, cheha presentato le norme sociali che interven-gono nell’identificare gli incentivi economi-ci e di famiglia che portano, o dovrebberoportare, i padri a usufruire dei congedi a loroconcessi. Partendo, come è giusto, dai dati. Se-condo il Family Database dell’Ocse del 2015,la Corea dà 53 settimane di paternità (obbli-gatoria) e retribuita, la Francia 28, il Porto-gallo 21, la Germania 9. L’Italia 2 giorni, che,nel 2018 passeranno a 4. Se però si incrocia-no questi dati con quelli relativi al lavoro nonretribuito, ovvero all’impegno famigliare peri padri, si scopre che la maggior parte del la-voro viene portato avanti dalle donne, in tut-ti i Paesi. In altri termini, un congedo paren-tale più lungo necessariamente non implicauna presenza in casa più elevata. «Una sortadi paradosso», commenta Lipari: «Ho il tem-po di stare a casa con i figli, però in realtà non

solo i papà. Ossia padri ai quali manca l’au-torità del padre». Si è improvvisamente pas-sati da un rapporto verticale, gerarchico, al-l’eccesso opposto del "mammo". E alloraquello che i padri hanno guadagnato in af-fettività, espressività, capacità di esprimerele emozioni, hanno però perso in autorità,stante che è difficile mantenere l’autoritàquando si è "amici del figlio". Ma, ricordaQuilici, i figli, soprattutto in età adolescen-ziale, non hanno bisogno di altri amici, per-ché ne hanno già tanti.Ma è toccato a Walter Buscema presidentedell’associazione Nessuno tocchi papà, ri-cordare a tutti che il tempo e la figura del pa-dre subiscono un grave vulnus nel momen-to in cui si parla di padri separati. A 10 an-ni dall’introduzione della legge sull’affidocondiviso, ha detto «nulla o poco è cambia-to per noi padri separati che continuiamo adessere considerati genitori di serie B». PerBuscema la legge sull’affido condiviso «nonha raggiunto gli scopi per cui era stata ap-provata». L’eccessiva genericità della suaformulazione «lascia un margine di discre-zionalità troppo ampia ai giudici» che, peresempio, in relazione al «rapporto equili-brato e continuativo» previsto dalle norme.In troppi casi, purtroppo, "Il tempo dei pa-dri" deve ancora arrivare.

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ci sto tantissimo e questo significa che avereuna legge che mi permettere di stare a casanon vuol dire che realmente ci starò a casa».Allo stesso tempo, è evidente dai dati che, puravendone la possibilità, sono pochi i padri cheusufruiscono del congedo. E non è un motivo soltanto economico. Per-ché? La ricercatrice individua tre limiti al-l’adozione di politiche: normativo-struttu-rale, culturale e economico-organizzativo.Per questo, due sono le sfide da cogliere.Da un lato «rendere visibile l’invisibile»,ovvero cercare di misurare in termini mo-netari e produttivi cosa significa il lavorodi cura, dall’altro «misurare il ritorno eco-nomico di tutte le politiche di conciliazio-ne». Ma il campo più difficile su cui inter-venire resta quello culturale, dove gli ste-reotipi sono duri a essere scavalcati.In questo senso Maurizio Quilici ha indaga-to la trasformazione della paternità, «che ren-de oggi il mestiere di padre, anche quello dimadre ma quello di padre in particolare, de-cisamente più difficile rispetto a passate ge-nerazioni, rispetto a sessanta o settanta annifa». Perché? «Oggi – risponde – non c’è piùquella divisione in ruoli che era così netta,specifica, tra padri e madri, in cui ognuno oc-cupava una sua precisa collocazione, un suopreciso spazio». Quilici sottolinea che alcu-ni connotati della paternità venuti alla lucenegli ultimi cinquanta anni, «non si sono maiverificati nei duemila anni di storia che ci han-no preceduto». Un cambiamento che parte,per esempio, dal padre che prepara la pappaal piccolo, il padre col passeggino, il padre checambia i pannolini. Comportamenti che seoggi alle nuove generazioni sembrano natu-rali, «sessanta anni fa al contrario erano giu-dicati profondamente innaturali, oserei dire a-berranti». Oppure l’empatia del padre con ilbambino già dal momento della nascita, quan-do non prima, perché sono molti i padri chepartecipano ai corsi pre-parto e moltissimiquelli che assistono al parto. In Italia, pur conle varie differenze tra Regioni, sono il 91,6%:si va da circa il 50% nella Campania al 98,10%nella provincia autonoma di Bolzano. Nelmomento in cui nasce questa "scoperta" del-la paternità, spiega Quilici, il padre si accor-ge che essere padre e fare il padre sono duecose molto diverse. Citando lo scrittore Mi-lan Kundera, oggi «i padri si sono "papaiz-zati", cioè non esistono più i padri, esistono

Un ruolo da ritrovare conurgenza superandobarriere culturali ma anchenormative. I congedi di paternità? Un flop

Lʼesperto MaurizioQuilici: non siate amici

dei figli adolescenti, nehanno già troppi. A loro

servono adulti autorevolicon cui confrontarsi

QEmanuela

Vinai

aprile 2017

NOI16

famiglia vita Le fatiche dei genitori Le fatiche dei genitori

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n punta di piedi» nel dibattito, è entrata Sofia Borri, direttrice di Pia-no C. Perché Piano C? «Perché tra A e B meglio C». E spiega: «Se A

è la carriera e B è la famiglia forse le donne si sono stufate di dover sceglie-re. E vale la pena inventarci un Piano C». Una terza via che non interessa so-lo alle donne. E così, Piano C ha introdotto il tema di "felicità produttiva",per dire che se "oggettivamente" sono tantissime le donne fuori dal mercatodel lavoro – e spesso lo sono proprio perché sono chiamate a dover sceglie-re tra famiglia e lavoro – è necessario immaginare che esista un modo di te-

nere insieme vita e lavoro. La Borri parla sen-za mezzi termini di una "ghettizzazione": «Ioche mi occupo di donne, e non di paternità, so-no quasi stanca di sentirmi invitare a eventisulla conciliazione di cui si parla tra donne, sul-le donne, per le donne, con legislatori che tiparlano degli strumenti di conciliazione comestrumenti al femminile». Quindi, la prima e-videnza, è stata iniziare a pensare che la con-

ciliazione non debba essere considerata una questione di donne o solo di don-ne, perché i padri «hanno lo stesso titolo delle madri a volersi occupare deifigli o ad avere delle necessità di conciliazione». Una scelta di campo, que-sta, difficile da gestire e da comunicare, perché porta con sé «un po’ di scon-tro, in cui sembra che difendere i diritti di qualcuno vuol dire difenderli con-tro qualcun altro». Piano C ha dato il via alla campagna di comunicazione"Diamo voce ai papà", iniziata con focus group e 50 questionari con 10 do-mande aperte sull’identità, sul rapporto con il lavoro rispetto ai cambiamen-ti avvenuti sia nella vita personale che lavorativa in seguito alla paternità epoi sul tema della conciliazione. «La cosa che è stata più chiara – è emerso

– è il sentirsi un po’ invisibili, un genitore di serie B, con un ruolo di risultache quasi viene nell’osservare com’è la madre o dietro alla madre, e che famolto mammo». Ma anche la fatica dei padri a considerarsi una community,un gruppo portatore di interesse: «Se oggi voi dite a uno dei milioni gruppidi mamme cosa desiderano come mamme possiamo stare qui tre anni ad a-scoltare i loro desideri. Sul che cosa vogliono i papà facevamo fatica». Così si è ampliato il campione e con un sondaggio online diffuso in manie-ra capillare dal basso, grazie anche a un gruppo di associazioni. Si è arrivatia raccogliere quasi 1.500 questionari in tutta Italia, con un po’ più di con-centrazione al Nord e al Centro. Nell’80% dei casi i padri erano favorevoli aun congedo di 15 o più giorni. Ad oggi sono 2, il prossimo anno saranno 4,la proposta originaria era di 15 giorni nei primi cinque mesi di vita del bam-bino, con tutte le difficoltà economiche nel trovare quelle risorse. Ma, sotto-linea Borri, «se anche esiste già uno strumento reale, ci sono pochi padri chelo usano, un po’ di più i padri sotto i quarant’anni che hanno i figli più pic-coli e che in realtà sono pochi». Se poi si parla di conciliazione famiglia-la-voro, i padri a volte sono «invisibili sul lavoro, per cui alcuni datori di lavo-ro non sanno nemmeno che i loro dipendenti diventano padri, quindi non in-cludono minimamente questa necessità o questo portato di valore di tale e-sperienza nelle loro vite». E allora, conclude la direttrice di Piano C, «noi ab-biamo imparato a trasferire competenze dalla vita al lavoro». E sono propriole competenze che tutte le aziende cercano, le famose "soft skills": pazien-za, visione del futuro, saper mediare, negoziare. Tutte queste competenze,«le sviluppa la cura» e, nella palestra della genitorialità «si sviluppano qua-si quotidianamente»

Emanuela Vinai© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sofia Borri, direttrice di "Piano C": insegnacompetenze prezioseanche per le aziende, ma troppi datori di lavoro lo ignorano

Maurizio Quilici,direttore delCentro studisulla paternità

La paternità? Preziosa anche per il lavoro

aprile 2017 17NOI famiglia vitaLe fatiche dei genitori Le fatiche dei genitori

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l tempo medio per l’adozione inItalia è di tre anni e tre mesi, a

causa di «percorsi estremamente lunghie difficoltosi» causati «dall’inefficienzadel sistema». Il richiamo del presidentedella Cei, cardinale Angelo Bagnasco,nella sua ultima prolusione, è arrivatopuntuale anche nel percorso di ap-profondimento su Amoris Laetitia che al-cuni sposi trentini conducono nella quie-te monastica della Comunità di Pian delLevro. Ogni mese per una domenica siconfrontano in gruppo, ospiti delle so-relle della Fraternità del Cristo Risortoaffrontando le problematiche familiari apartire dalla propria esperienza di vita.Come quella di Donatella Manfrini eFrancesco Beccara, che sei anni fa han-no potuto cominciare la loro esperienzadi coppia adottiva accogliendo dalla Re-pubblica Russa la piccola V. che alloraaveva un anno. «Siamo stati invitati da-gli altri amici a portare il nostro puntodi vista e siamo stati contenti di poterconfermare quanto troviamo vere le pa-role di papa Francesco che definisce l’a-dozione "un atto fecondo della coppiacon la stessa dignità ed importanza del-la fecondità biologica"».Come ha rilevato il cardinale Bagnascoin Italia ci sono ancora 10 mila famiglieche chiedono di adottare un minore, mamolte non ci riescono per motivi buro-cratici. «Purtroppo è così – riconosconoFrancesco, avvocato, e Donatella – la po-litica in Italia è ancora in ritardo nel met-tere in atto azioni concrete a tutela dellafamiglia anche adottiva. Anche le coppieadottive come noi troppo spesso si sen-tono una marginalità dimenticata anzichéuna risorsa da sostenere».Cosa consigliereste a potenziali geni-tori adottivi?Innanzi tutto un’analisiprofonda delle motivazio-ni che spingono verso l’a-dozione. Dalla nostra e-sperienza ci sentiamo dirassicurare le coppie inmerito al temuto percorsopresso i Servizi sociali, ob-bligatorio peraltro per ot-tenere il decreto di ido-neità: per noi è stato occa-sione di crescita e ap-profondimento delle dina-miche di coppia e occa-sione per prendere consapevolezza delpercorso che ci attendeva. E poi aggiun-giamo: cercate momenti di confronto conaltre coppie adottive, sia durante l’attesache dopo l’arrivo del figlio.

po’ spaventava anche noi, non ha mai rap-presentato un problema. Ogni momentoè stato di grande intensità emotiva pro-prio come quello di chi attende e cresceil proprio figlio "di pancia".Non tutto è filato liscio, immaginiamo...No, specie nei primi anni, ci sono statimomenti di smarrimento e di enormefatica, perché i bambini adottati anchein tenera età portano con sé una "vali-gia" pesante di sofferenza che necessi-ta di essere accettata e accolta dai ge-nitori. Ci siamo sentiti spesso inadeguatie spaventati ma, con il sostegno reci-proco e l’aiuto delle persone alle qualici siamo rivolti, abbiamo cercato di fa-re nostra la consapevolezza che V. ave-va bisogno di tempo e fiducia.Guardiamo dal punto di vista dellabambina. Cosa rappresentate per lei?Soprattutto nei primi anni i figli adottivimanifestano spesso un attaccamento in-differenziato e non riconoscono i genito-ri come loro unici punti di riferimento.Durante i primi mesi dell’adozione ancheV. presentava questa fatica ed è stato dif-ficile non scoraggiarsi di fronte al fattoche nostra figlia ci considerasse alla pa-ri di chiunque le dimostrasse un minimodi attenzione. In questo lungo tempo dicostruzione della fiducia bisogna davve-ro tenere alto lo sguardo e considerare eapprezzare anche i piccoli miglioramen-ti. Con il tempo il nostro legame si è tra-sformato in una relazione profonda e sta-bile ed il problema dell’attaccamento èstato superato.

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Cosa vi dà il confronto mensile con al-tre coppie a Pian del Levro?È un’occasione speciale per pregareinsieme e riflettere in un clima di ve-ra accoglienza reciproca, anche gra-zie alla competenza delle Fraternitàdi Gesù Risorto. Cosa vi ha dato l’adozione?La possibilità di realizzare il nostro pro-getto di famiglia e di soddisfare il desi-derio grandissimo di avere un figlio. Ciha completati come coppia. Le parole chepiù sentiamo significative per descriverel’esperienza dell’adozione sono consa-pevolezza, gratitudine e meraviglia.In che senso, consapevolezza? La maturazione della nostra decisioneè stato un processo lento e complesso.Non abbiamo adottato nostra figlia – citeniamo a dirlo – per "fare del bene" co-me spesso ci sentiamo dire. Noi vole-vamo un figlio, una famiglia, e questoè stato il nostro punto di partenza . Il"bene" è in un certo senso un effetto se-condario e meraviglioso di questa scel-ta ma va assolutamente inteso in senso"circolare", reciproco. Aprendosi allarelazione con noi, lei ci ha permesso diessere i suoi genitori. Un dono di ine-stimabile valore, che arricchisce quoti-dianamente la nostra vita e di cui siamoprofondamente grati.Dove è stata la meraviglia?Abbiamo vissuto immediatamente un a-more indescrivibile per questa bambina,ancora prima che fosse a casa con noi.L’assenza di un legame biologico che puòcomprensibilmente spaventare e che un

IDiego

Andreatta

Donatella e Francesco:«Ci siamo sentiti

spesso inadeguati ma, con il sostegno reciproco e lʼaiuto di altre persone,abbiamo cercato di fare

nostra la consapevolezzache nostra figlia

aveva bisogno di tempo e di fiducia»

«Noi, genitori adottiviconsapevoli del dono»

DonatellaManfrini eFrancescoBeccara con la figlia

aprile 2017

NOI18

famiglia vita Fecondità oltre la biologia

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alentina Balducci è una stu-dentessa universitaria di 26 an-

ni e vive con mamma Giuseppina epapà Emo sulle colline di Sant’Ange-lo in Vado, nell’entroterra di Pesaro. Lasua passione è lo studio dei classicima, se fosse un’atleta, sarebbe prima-tista mondiale dei 100 metri a ostaco-li. Infatti non soloha già conseguitotre lauree in appena8 anni (e tutte conlode) ma è riuscitaa superare barriereinsormontabili,compresa quelladel pregiudizio. Ve-re e proprie monta-gne da scalare, vi-sto che Valentina èalta appena 103 centimetri a causa del-la pseudoacondroplasia. «Una parolacomplicata – spiega – per definire laforma più grave di nanismo che esisteal mondo. È la stessa malattia dei fra-telli ebrei Ovitz, che scamparono allosterminio di Auschwitz».Fino ai 18 mesi di età, lo sviluppo diValentina è regolare. Impara presto aparlare e camminare ma d’improvviso

ormai la strada di Valentina è tutta su unaltro binario. Si iscrive alla facoltà diLettere all’Università di Urbino e, no-nostante la città ducale sia piena di bar-riere architettoniche, segue tutte le le-zioni grazie all’aiuto di papà Emo chela accompagna in ogni spostamento. Masubito c’è da affrontare l’esame scrittoe orale di latino che Valentina non ha maistudiato. Non solo lo supera brillante-mente preparandosi da sola, ma ci si ap-passiona talmente tanto che sceglie dipresentare la sua tesi di laurea in filolo-gia latina, sulla tradizione umanistica diPlauto. Due anni dopo, la sua secondatesi per la laurea magistrale è nuova-mente sulla filologia latina. Ora Valen-tina è pronta per una nuova sfida e, loscorso febbraio, discute la sua terza te-si di laurea, questa volta alla facoltà diFilosofia sul valore educativo nel pen-siero di Baruch Spinoza. «Ma non sonouna collezionista di titoli accademici –tiene a precisare – e non mi impegnoper dimostrare agli altri il mio valorenonostante la disabilità; per me studia-re è una necessità». Oggi Valentina è i-scritta ad una nuova facoltà, quella diStoria dell’Arte, ma nel frattempo si stapreparando per raggiungere un traguar-do ben preciso: insegnare. «Vorrei essereutile per gli altri e restituire un po’ diquello che i miei insegnanti mi hannotrasmesso, non solo in termini di no-zioni ma di crescita personale, perché sipuò diventare grandi nonostante tutto».Nel frattempo trova il tempo per col-tivare tante amicizie ed altre autenti-che passioni, come la musica. Dopoaver studiato flauto traverso e canto,da tre anni il pianoforte è la colonnasonora delle sue giornate. E poi c’è lapoesia «che mi serve per fermare leimmagini della realtà ma anche dellamia fantasia, anche se amo definirmiun giullare perché non vorrei pren-dermi troppo sul serio». La scritturaper lei è come il pennello di un pitto-re: «Non riuscendo a disegnare – spie-ga – fisso sulla carta ritratti di paroleriversandoci dentro tutti i miei senti-menti». E da poco Valentina ha pub-blicato la sua prima raccolta "Qual-cosa del tempo trascorso" (Aras edi-tore); un diario di bordo che raccon-ta un’interiorità profonda.«La scrittura mi ha mostrato che esi-ste un modo per raggiungere una "pa-rità" che la vita quotidiana più bana-le mi nega e che si svolge sul pianodel confronto delle anime. Insomma,mi ha permesso di andare oltre lesbarre della disabilità o, come amodire, oltre l’involucro».

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le ossa smettono di allungarsi. Per con-tro a crescere è il suo carattere che laporta a maturare prima dei suoi compa-gni adolescenti, tanto che gli insegnan-ti notano la straordinaria capacità nel-l’apprendimento e la determinazionenelle sue decisioni. «Nel mio percorsodi vita e di studi – racconta – ho sem-pre trovato le persone giuste che mi han-no aiutato a formare la mia personalità». In prima media Valentina affronta duedelicati interventi chirurgici al "Riz-zoli" di Bologna che stabilizzano lamalattia ma che la costringono a vive-re sulla sedia a rotelle. «Per me oggianche fare pochi passi – spiega – è co-me raggiungere la cima dell’Everest».Nonostante la passione per la lettera-tura italiana, Valentina alle superiorisceglie di iscriversi all’Istituto tecni-co commerciale "Della Rovere" di Ur-bania. «Avevo deciso di fare la ragio-niera – dice – perché nelle mie condi-zioni era la via più breve verso il la-voro e poi i medici mi prospettavanonuovi interventi chirurgici e a quelpunto non avrei mai potuto seguire unregolare iter universitario».La svolta avviene grazie all’insegnantedi lettere Marta, «una seconda mam-ma», che la avvicina sempre più alla suapassione per lo studio dei classici. Peril diploma ottiene il massimo dei voti ma

VRobertoMazzoli

Valentina, 26 anni, affetta dauna grave forma di nanismo,dopo Lettere e Filosofia, ora

studia storia dellʼArte, hapubblicato un libro di versi

e suona il pianoforte«Eccezionale? No, devo

ringraziare i miei genitori»

Valentina Balduccicon mammaGiuseppina e papà Emo

aprile 2017 19NOI famiglia vitaStorie di riscatto

Tre lauree, arte e musicaCome definirla disabile?

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osì Giovanni racconta i suoi 40 an-ni di matrimonio con Enza: «Siamo

alle porte del nostro quarentesimo anniversa-rio: ci accompagnano meraviglia, stupore eringraziamento per questo cammino. Quantastrada percorsa mano nella mano affrontan-do fatiche, progetti, lavoro precario all’inizio,e poi l’impegno nella scuola, nella parrocchia,nella Chiesa diocesana, l’arrivo di cinque fi-gli e ora di quattro nipoti. Tutto è Grazia!».Innamoramento e amore come dono, comeGrazia. Ma che cosa significa in definitivaquesta Grazia? Parafrasando si potrebbe di-re: Dio mi dona il suo amore attraverso l’a-more che ricevo dal mio coniuge e attraversol’amore che io do al mio sposo oalla mia sposa. Dunque l’amorecapace di creare un legame che du-ra nel tempo, non dipende solo daciò che si sente o si prova, ma è unatto reale di uscita dal proprio sé,con lo sguardo teso verso l’altro.Questo è il dono. Dono della pro-pria parola, della propria fiducia,del proprio tempo, del proprio cor-po, della propria attenzione, dellapropria dedizione, dono dell’attodi donare , dono anche dell’acco-glienza, perché nell’amore dare e ricevere nonfanno che una cosa sola. La vita coniugale è un lungo apprendistatodel dono: si impara che la propria vita è do-no, così come quella della coppia germogliae cresce nel dono. Ai nostri giorni è una fac-cenda tutt’altro che scontata! Sembra quasiimpossibile!Questo dono così vero non ha niente a che fa-re con lo scambio commerciale: è gratuito,non calcola un guadagno in cambio, riceve so-lo dono e non un obiettivo calcolato. Pare qua-si un discorso irreale, come è possibile ama-re così, senza nulla in cambio? Amare gra-tuitamente, senza misura? In fondo ciascunotiene a se stesso, ai suoi progetti, ai suoi de-sideri e a ciò che gli va o non gli va! Dunque l’amore è dono in un duplice senso:in senso attivo (che consiste nel donare), maanche in senso passivo (dono donato). Que-sto è il segreto: noi riceviamo il movimentoattraverso il quale noi doniamo. Il dono è do-nato! Ecco la Grazia!«Lei è una donna aperta, con un bel carat-tere, generosa, attenta, altruista... io invecepiù complicato e con un’indole meno dol-ce, più introversa e silenziosa. Il dialogo!Lungo questi anni di matrimonio abbiamocapito il valore del dialogo dialogando congli altri. A volte bastava uno sguardo, un"pizzicotto" rubato mentre uno andava e l’al-tro tornava da scuola, con i bambini per ca-sa da seguire e i letti ancora da fare, per dir-si: "Ci sei?" "Ci sono!". Poi, arrivata final-mente la sera, un bacio veloce. Così in tan-ti anni abbiamo imparato a conoscere i pen-sieri e gli stati d’animo leggendo nell’altrola tensione del volto, il peso dei gesti, unosorriso fuori luogo o carpendo un tono di vo-

ce sopra le righe. Un tuffo al cuore per la te-nerezza di una mezza parola sussurrata al te-lefono o un sobbalzo di dispiacere alloschioccare secco di un "Non lo so!"».Dialogo non è certamente dire solo delle pa-role, ma innanzitutto è la prima via regale del-la coppia, è lo strumento per eccellenza cheporta a conoscere l’altro. Il dialogo è comu-nicare se stessi; sapere ascoltare; essere pre-murosi; essere delicati; essere pazienti.Attraverso il dialogo c’è un’attenzione mag-giore verso il coniuge, nei confronti di ciò chevive e sperimenta, riconoscendone i suoi bi-sogni: nello scambio comunicativo vediamol’altro e l’altro vede noi. Il dialogo rappre-senta ciò che il respiro è per la vita dell’uo-mo: quando il respiro si blocca, il corpo muo-re; quando non c’è il dialogo, il rapporto dicoppia si indebolisce e può spegnersi.Attraverso la comunicazione ci si apre all’al-tro, facendolo partecipe di tutto ciò che si vi-ve. Certo questo implica il mettersi a nudoanche con le proprie fragilità. Significa ren-dersi poveri. Crescere nel dialogo, tuttavia,implica anche il riconoscere ciò che si prova.Tutto questo non si improvvisa, ma esige unattento esercizio, la volontà di costruire gior-no per giorno, evitando alcune trappole chepossono rendere la vita della coppia una tra-gedia, quali per esempio leggere nella mentedell’altro, avendo la presunzione di cono-scerlo; pensare di sentire ciò che l’altro sen-te; credersi trasparenti; il comunicare in ma-niera confusa, generalizzando: «Voi donnesiete tutte uguali», oppure: «Voi uomini sietetutti disordinati».Avere la possibilità di poter esprimere i pro-pri sentimenti, i propri bisogni, i propri pro-getti è linfa vitale, ossigeno, energia di cui lacoppia ha bisogno per vivere. Dialogare è incontrarsi per stabilire un con-tatto profondo fin nelle più remote fragilità,accoglierle, accogliersi ed accettarsi così co-me si è. Dialogare è parlare di ciascuno, ècondividere i sentimenti, i bisogni, le speran-ze, le delusioni e le tristezze. Dialogare è mo-strare interesse, attenzione e partecipazioneal mondo dell’altro.Attraverso il dialogo si impara a perdonareperché il perdono è accoglienza dell’altro.

Perdonare è amare, è accettare l’altro, nonperché sia cambiato, ma perché è lui. Perdo-nare è un’altra faccia del dono gratuito: per-dono, cioè gratis, senza riserve!Secondo il senso comune, il perdono è qual-cosa che una persona generosamente offre al-l’altra e allora ha bisogno di essere regolato:«Quante volte io dovrò perdonare al mio fra-tello che pecca contro di me?» (Mt. 17,21).Ecco la logica umana che cerca invano di mi-surare ciò che non lo è: perdonare è una del-le tante facce dell’Amore, non è qualcosa diquantificabile. Come potremmo misurare ilperdono nella relazione di coppia? In fami-glia? Con i figli?Dopo trenta, quaranta, cinquanta anni di ma-trimonio, vale ancora la pena di prendersi per

Il dialogo nella coppiarappresenta ciò che

il respiro è per la vita:quando il respiro si blocca, il corpo

muore; quando noncʼè il dialogo,

il rapporto puòspegnersi

e parlare è un bisogno, ascoltare è un talento,perché saper ascoltare è sintonizzarsi con l’altro.

Ascoltare significa letteralmente "porgerel’orecchio", indicando il gesto materiale di"appoggiare l’orecchio" ("auscultare", nel sensoetimologico): un’immagine plastica che implica in séuno "stare ad ascoltare con attenzione". Una regola èfondamentale: «Uno parla e l’altro ascolta, senzainterruzioni!». Ciò che conta è lasciar parlare l’altro,fino in fondo, è "dargli spazio" regalargli tempo,accettare che si dica: come sa e come può! Un simileascolto è fatto di mille piccole attenzioni. In fondo,con un buon ascolto trasmetto chi tu sei per me!Che succede invece alle volte dopo tanti anni dimatrimonio? L’altro, il mio coniuge, colui che ho

promesso di onorare, nemmeno lo guardo negli occhimentre mi parla. Magari non è il momentoopportuno, magari si sta dilungando su dei dettagliche per me sono superflui … magari devo uscire,sono di fretta, ho l’ennesima riunione! Un’attenzioneparticolare è che l’ascolto dell’altro dovrebbe esserelibero dai propri filtri, cioè non dovrebbe esseredecodificato dal proprio modo di vedere e di pensare.Evidentemente questo è un bel desiderio … ma uncompito impossibile in senso assoluto! Semmai ènecessario essere consapevoli delle proprie "pre-comprensioni" (attese, opinioni, giudizi, stili, …) evigilare su di esse. Ecco perché un buon ascolto nonè un puro fatto istintivo, ma chiede tempo. (C.Pir.)

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S

CCecilia

Pirrone

aprile 2017

NOI20

famiglia vita Dentro il mistero eella coppia/7 Dentro il mistero della coppia/7

«Quando parlo, porgimi lʼorecchio per favore»

Tutta una vita insieme a te,

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mano? Vale ancora la pena di dirsi: «Ti a-mo», «Ti voglio bene», «Mi piace stare conte», «Sono pieno/a di stima per te», «Ti rin-grazio per come sei». E vale ancora la penadi darsi infinite altre carezze che la sovrab-bondanza di bene (e non il dovere, il calco-lo, lo sforzo volontaristico) esige. Le paurelimitano queste esagerazioni e perfino por-tano a provare vergogna, poiché hanno sco-perto che la generosità confina con la vul-nerabilità. Più lascio cantare la sovrabbon-danza e più divento fragile.Chi dice: «Te l’ho già detto che ti voglio be-ne. Perché ripeterlo?», è uno che soffre di pa-ralisi alla fantasia. Normalmente tale paralisiè puntellata da ragionamenti simili a bastoniacuminati, che pretendono di chiudere la vi-ta in uno steccato: «Poi te la prendi comoda;forse te ne approfitti; tu a me non lo dici ab-bastanza; non basta dirlo, servono i fatti; fam-mi vedere quanto mi ami, da qualche parte ioho un rigido e freddo metro che non finiscemai di misurare; mi devono tornare i conti, seno sono proprio io il fesso?».Il punto è che una simile paralisi ha risvoltisul piano della relazione educativa: «E se con-tinua a sbagliare, che cosa lo perdono a fare?».Lo perdono perché c’è sempre un’altra pos-sibilità. Chi sono io per decidere che ormai lafrittata è fatta? Chi sono io per decidere chenon si può più fare nulla? Il perdono non è mi-surabile, è un perdono a perdere, che non haun corrispettivo di ritorno. Sui tempi brevi.Dunque val sempre la pena ricominciare.Proseguono Enza e Giovanni: «Avevamonel cuore il desiderio di fondare il nostro a-more sulla fonte dell’Amore, anche se all’i-

nizio questo aspetto era ancora poco profon-do, col tempo siamo riusciti ad approfondi-re e scoprire questo Amore anche grazie adue grandi personaggi santi che hanno con-tribuito ad arricchire il nostro cammino: Gio-vanni Paolo II e il cardinale Carlo MariaMartini. I loro documenti e pronunciamen-ti ci hanno dato una carica enorme. Inoltreentrammo anche in un gruppo di spiritua-lità famigliare, dal quale uscimmo per ini-ziarne un altro, ed ora l’esperienza continuacon altre cinque coppie.E poi il momento importante della preghierainsieme, un momento ricercato e desiderato,che ormai non può mancare. Qualche volta,dopo un piccolo litigio, è stato necessario fa-re prima la pace per poter pregare e la pre-ghiera stessa è diventata la medicina che hasciolto la tensione perché "non tramontasse ilsole sopra la nostra ira».Questo matrimonio cristiano getta le sue ra-dici nell’ascolto della Parola oltre che nel-la preghiera. Forse il primo dovere dell’a-more è proprio saper ascoltare: per dialo-gare è necessario fare silenzio, fare vuotodentro di sé, così da riuscire a creare unospazio di ascolto libero da pregiudizi, daldesiderio di saper già tutto o di cambiarel’altro a nostra immagine e somiglianza.Ma lasciando lo spazio affinché l’altro pos-sa raccontare di sé: «Fin quando tu saraicolmo di te, non c’è posto per me»»;«Se vuoi che io entri in te, devi vuotarete stesso».In fondo abbiamo una bocca e due orecchieper parlare una sola volta e ascoltare il dop-pio. Ascoltare non è soltanto udire e sentire i

suoni con la testa, ma è fare entrare l’altro nel-la propria vita. Ascoltare è fare un viaggio con il cuore; èprendersi cura; è vedere, capire ciò chesuccede all’altro; è dare importanza al co-niuge, è accoglierlo e comprenderlo, pos-sibilmente guardandolo negli occhi e stan-dogli fisicamente vicino. Insomma, è por-tare tutto noi stessi, persino il nostro cor-po, in contatto con l’altro.Ad ascoltare si impara! Soprattutto tra sposi,quando dopo anni ci si conosce così bene chesi riesce anche a ferire in profondità! Ascol-tare implica una scelta ed è un’arte da affina-re sempre di nuovo lungo le stagioni della vi-ta. L’ascolto dell’altro, in definitiva, ha comeprimo "banco di scuola" l’ascolto di sé: l’at-tenzione che si dà a quanto si sente e si vive,la cura nel prendere sul serio ciò che si per-cepisce è un esercizio elementare per esserepronti a "sintonizzarsi" sull’altro.Ma attenzione, l’ascolto non è solo una que-stione verbale, anzi! Per il 60% noi siamo "vi-sivi". L’immagine, più che mai oggi assumeuna importanza fondamentale: oggi non sipensa più con il cervello, ma si pensa con gliocchi. Si pensi alla forza comunicativa di ungesto, uno sguardo, un sorriso, una lacrima,la postura, l’atteggiamento, comunicano piùdi mille parole. Infine, ascoltare è anche sa-per scegliere il momento adatto: sia verifica-

re il desiderio dell’altro di interlo-quire con me, sia per garantire u-no spazio effettivo che permettaun buon ascolto. L’ascolto per-mette un atteggiamento coopera-tivo, creativo, ricco di risorse e dinovità. Quell’atteggiamento cheproduce l’accordo, cioè il trovarsidopo che ciascuno ha fatto un pez-zo di strada, scoprire la "terza via"che, prima dello scoppio del pro-blema non era nemmeno pensa-ta. Non si sta vagheggiando u-

na impossibile atmosfera di coppia in cuitutto scorre liscio, dove non ci sono pro-blemi, dove sempre e comunque ci si ca-pisce e si funziona come un "essere solo",ma solo facendo il tifo perché possa fiori-re l’accordo, che proprio perché tale en-trambi si desidera mantenerlo. Esso è frut-to di negoziazione e contrattazione che nonsono per nulla "umilianti", al contrario de-riva da due persone che si considerano conla stessa dignità, capaci di fare sempre e so-lo piccoli passi possibili di volta in volta.«I nostri cinque figli – raccontano ancora Gio-vanni ed Enza – sono ormai quasi tutti fuoricasa. Noi stiamo vivendo anni felici, viviamouna sintonia profonda, favorita dalla pensio-ne, dallo stare insieme tanto tempo, trovandoanche maggiore spazio alla comunicabilità;siamo nella pace perché la nostra vita affetti-va è appagata non abbiamo bisogno di surro-gati di sorta: la fedeltà e la serenità affettivaappagano... Dobbiamo camminare ancora tan-to, ma, con il Signore presente nella nostracoppia, non possiamo temere, siamo nelle Suemani. Dono grande il matrimonio cristiano!».

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Il matrimoniocristiano getta le sueradici nellʼascoltodella Parola oltre che nella preghieraIl primo doveredellʼamore è propriosaper ascoltare

aprile 2017 21NOI famiglia vitaDentro il mistero eella coppia/7 Dentro il mistero della coppia/7

lungo artigianato del dono

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aprile 2017

NOI22

famiglia vita Educare all’amore

on sempre il rapporto di coppiafila liscio, ci sono alti e bassi, «ma

l’amore coniugale è come uno scrigno ela soluzione va trovata rovistandone den-tro, arrivando al fondo, che racchiude poile origini del perché è nata la coppia». L’a-more di Maurizio e Mariella Bonafede èuna lunga storia da raccontare, un cam-mino che non si è mai lesionato. Città diMarsala, periferia Nord, quartiere Ama-balina, che segna quasi il punto in cui sbar-carono i Mille, la parrocchia San Giovan-ni Vianney (diocesi di Mazara del Vallo)è il punto di riferimento di bisognosi e nonsolo. Il salone della canonica è la "casa"di ragazzi, catechisti, associazioni ma an-che di chi sceglie di prepararsi al matri-monio ponendosi domande, pronto a "sco-prire" i mille volti dell’amore. Nella parrocchia il cammino al matrimo-nio in questi anni è stato caratterizzato dalvalore della testimonianza. L’ultimo cor-so è finito da poche settimane. Qui le cop-pie di fidanzati che si preparano al matri-monio vivono e rinsaldano l’amore attra-verso i racconti, le prove di chi ha già per-corso un pezzo di strada da tempo, manonella mano. Non vengono distribuite di-spense e nemmeno si svolgono incontriaccademici. Tutto filtra dalle testimo-nianze. «È un percorso a tappe che con-dividono le coppie di fidanzati – spiega ilparroco don Vito Buffa – perché prepa-rarsi deve essere formazione volta a far co-noscere e comprendere il vero sacramen-to del matrimonio». Ma come si arriva aquesto? Tre settimane di formazione, do-dici incontri, quasi venti coppie a turno ele testimonianze che ruotano attorno aitemi ripresi anche dall’Amoris Laetitia dipapa Francesco. Le prove di percorsi riu-sciti vengono testimoniate da tre coppieche sono state scelte, non a caso, per rac-contarsi. «I primi tempi eravamo scettici.Ci siamo chiesti: a chi mai potrà interes-sare la nostra storia d’amore che oramaidura da 27 anni?», raccontano Maurizioe Mariella. E, invece, il cammino, insie-me alle coppie impegnate nella prepara-zione al matrimonio, si è rivelato un suc-cesso. Non è merito di una ricetta preci-sa, ma solo della testimonianza che rac-conta, appassiona ed emoziona. «Duran-te gli incontri nei visi delle giovani cop-pie leggiamo il sorriso, la gioia di sco-prirsi, di trovare la forza dell’unione che,alla fine, è l’amore di Dio». Sono natenuove amicizie e relazioni e qualche vol-ta – confessano Maurizio e Mariella – cisiamo ritrovati invitati nei matrimoni deigiovani che abbiamo avuto allievi. Buo-

na semina di valori, la stessa che, nellagratuità del servizio, si trovano a fare Giu-seppe e Michela Pantaleo, 41 e 34 anni,sposati soltanto nel 2011. «Abbiamo ini-ziato con una semplice testimonianza, in-vitati dal parroco e ora eccoci qui da al-cuni anni pronti a raccontare il nostro a-more». Un amore che è una casa costrui-ta mattone dopo mattone, oggi arricchitodalla nascita di un bambino: «Ai ragazziche si preparano al matrimonio abbiamotestimoniato ciò che il Papa spiega nell’A-moris Laetitia e che noi abbiamo speri-mentato: la stanchezza non può farci ve-nire meno la voglia di parlare, di man-giare insieme, di distrarci e di trasmette-re la nostra fede al bimbo». Una fede cheè amore incondizionato dove non puòmancare il dialogo, il confronto. Che vi-sione sarebbe quella stretta, racchiusa sol-tanto tra i due coniugi? Ecco perché Mau-rizio e Michela si sono pure inventati ilgioco coi cartoni: che ampiezza di sguar-do può avere una testa infilata lì dentro?Il gioco, dunque, si fa anche portatore dimessaggi che aprono alla gioia e alla bel-lezza. L’amore deve manifestarsi e cre-scere: «Ho iniziato a servire la Chiesa co-me catechista – racconta Teresa, che 25

anni fa ha sposato Enzo Laudicina – poi,quasi per caso, abbiamo iniziato con unapiccola testimonianza alle coppie chequalche anno fa si preparavano al matri-monio. Di quell’esperienza ne abbiamofatto, oramai, un appuntamento fisso».Due figli, uno di 22 e l’altro di 10 anni,ai quali non pesa affatto che i genitoriqualche sera a settimana lasciano la casaper andare a raccontare del loro amore inparrocchia. «Il Papa ci dice proprio nell’A-moris Laetitia che "l’amore di amicizia u-nifica tutti gli aspetti della vita matrimo-niale e aiuta i membri della famiglia ad an-dare avanti in tutte le sue fasi, gesti che de-vono essere costantemente coltivati, senzaavarizia, ricchi di parole generose" – rac-contano Maurizio e Michela – e questo èuna "raccomandazione" che poniamo dap-prima nella nostra famiglia e poi la testi-moniamo a chi si affaccia al matrimonio». La coppia più anziana del gruppo, Mau-rizio e Michela, formazione nel movi-mento dei Focolari, raccoglie ogni tantoqualche Sos. Una telefonata di qualchemoglie, di qualche marito in crisi e lorosubito propongono un incontro dedicatoall’ascolto: «Lo stesso Pontefice ce l’hascritto nell’esortazione apostolica sulla fa-miglia: "Il dialogo è una modalità privi-legiata e indispensabile per vivere, espri-mere e maturare l’amore nella vita coniu-gale e familiare. Ma richiede un lungo eimpegnativo tirocinio". Ecco, noi, giornoper giorno, vogliamo sviluppare atteggia-menti che sono espressione di amore erendono possibile il dialogo autentico».

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NMax

Firreri

Le coppie di Marsala che si occupano dellapreparazione dei fidanzati

«Raccontiamo ai fidanzaticome amarsi per sempre»

Nella parrocchia di Marsala, diocesi di Mazara del Vallo, tre coppie guidano i percorsi di preparazione al matrimonio

Niente "lezioni", né interventi specialistici:«Per parlare ai ragazzi di oggi è più

importante la forza della testimonianza»

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aprile 2017 23NOI famiglia vitaIn viaggio con il bebé

i chiama #iviaggidiGaia ed è ilprofilo Instagram creato da una

famiglia di Taranto per raccontare ilviaggio a misura di bambino e risponderea dubbi e richieste di neo genitori. Spes-so, nei primi anni di vita, le troppe co-se da portarsi dietro, la paura di malan-ni nel bimbo, la stanchezza, scoraggia-no dall’intento di muoversi da casa. In-vece Anna Delli Noci, 31 anni, insiemeal compagno Felice, 40, attraverso fotoin giro per l’Europa con la piccola Gaia,raccontano la bellezza di scoprire postinuovi insieme ai propri pargoli. Perchéquando si diventa famiglia, anche il mon-do si guarda con occhi nuovi. «Partiamodal presupposto che io e Felice siamodei grandi viaggiatori. Di quelli da zai-no in spalla e primo volo utile. È la no-stra passione. Tutti ci dicevano che conGaia ci saremmo fermati – spiega Anna– invece per quanto mi riguarda quel bi-sogno profondo di scoprire posti nuovida mamma non si è placato, anzi è tuttopiù bello. Certo ci vuole più organizza-zione, devi programmare prima dove an-dare e fare un viaggio più lento, a misu-ra di bambino, ma l’esperienza ti regalamomenti memorabili». Viaggi in Italia, tra Campania e Cala-bria, e poi in Europa del Nord ed in Spa-gna, solo nel primo anno divita di Gaia. «Così abbia-mo deciso di aprire un pro-filo Instagram che curiamoentrambi. Ci tenevamo adavere un diario fotograficodei nostri viaggi con Gaia,ma soprattutto io volevolanciare un messaggio alleneomamme e condividerela mia esperienza: uscire dicasa, anche per una gitafuori porta di un giorno, fabenissimo e serve anche asuperare quella depressio-ne post partum che investetante donne, sia per motiviormonali che per il cam-biamento di vita così radi-cale. Per i primi due trime-stri, la vita di una mammaè una routine continua: farmangiare e dormire il figlioe cambiargli il pannolino. Significa met-tere il freno a mano ed occorre abituar-si a nuovi ritmi anche di coppia». Ed ilviaggio aiuta. «Anche guardando da u-na prospettiva economica, appena avu-to un figlio non pensi che sia prioritarioil viaggio. Invece se la mamma conosce

adottiamo lo svezzamento naturale,quindi niente pappe da portare dall’Ita-lia ed io l’allatto ancora. Il segreto è an-che prediligere un appartamento in af-fitto con cucina rispetto all’albergo, co-sì da essere liberi di preparare e portarecon sé». Ed il cambio pannolino? «Di-pende dai luoghi. In nord Europa sonopiù attrezzati, ed è tutto studiato a mi-sura di famiglia. In Italia talvolta nonhanno neanche un fasciatoio in bagno.Comunque io, se si viaggia con una tem-peratura mite, consiglio i parchi. Bastaportare con sé una stuoia doppia da pic-nic. Ci vuole adattamento, lo capisco,ma ripaga. Gaia quando è in un postonuovo è estasiata. Se si trova in un bo-sco le faccio toccare gli alberi, le foglie,è incuriosita dagli odori, dai colori. Epoi se percepisce la nostra serenità dicoppia, è serena anche lei. Le nostreprossime tappe sono Germania, Svezia,Danimarca e Norvegia. Dalla cultura da-nese, in termini di educazione al giocofine a se stesso, ad esempio come Paeseabbiamo tanto da imparare. Viaggiare a-pre la mente anche su questi aspetti».

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mondi e persone nuove, gestisce megliostress e stanchezza. E poi in viaggio sicrea davvero la famiglia. Il padre nelquotidiano è "il braccio armato della cop-pia": fa commissioni fuori, lavora, ha unruolo di protezione della diade rispettoall’esterno. Se si è altrove invece – pro-segue Anna – è presente tutto il giornoe fa esperienze nuove con il neonato. Fe-lice e Gaia hanno fatto passeggiate, ilbagno in mare per ore, l’ha aiutata adaddormentarsi. A casa non sarebbe ac-caduto. La montagna poi, per esempio,grazie alla bassa pressione, fa dormire dipiù i bambini e così anche i genitori pos-sono finalmente riposare. Noi non ci cre-devamo finché non abbiamo provato». Ma quali consigli dare alle neomammeche vogliono partire? «In primis di ab-bandonare a casa il passeggino. I bam-bini insegnano l’essenzialità ed il vive-re qui ed ora, anche se mi rendo contoche è anche questione di indole. Noiviaggiamo molto leggeri, con un mar-supio ergonomico, in cui Gaia sta co-moda ed in una posizione naturale. Unmodello pensato dai tedeschi, che sonograndi viaggiatori. Poi con la bambina

SMarina

Luzzi

La piccola Gaia,con mammaAnna e papà

Felice, aMarsiglia

«Noi, in camminoper cresceremeglio insieme»

«In giro per lʼEuropacon la nostra piccola?

Nessun problema.Basta organizzarsi. Noi

ci siamo riusciti eabbiamo deciso di

aprire un profiloInstagram per

raccontarlo ad altrigenitori. In particolarevolevamo lanciare un

messaggio alleneomamme: uscire di

casa, anche per unagita fuori porta di un

giorno, fa benissimo»

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Lavoro, famiglia, fiscoTutele ancora in ritardo

Un pensiero speciale rivolgo ailavoratori di "Sky Italia", ed au-

spico che la loro situazione lavorativapossa trovare una rapida soluzione, nel ri-spetto dei diritti di tutti, specialmente del-le famiglie». Così papa Francesco, du-rante i saluti conclusivi dell’udienza del-lo scorso 15 marzo, ha commentato la de-cisione dell’azienda di riorganizzare l’or-ganico della sede romana. «Il lavoro ci dàdignità – ha continuato il Pontefice – e iresponsabili dei popoli, i dirigenti hannol’obbligo di fare di tutto perché ogni uo-mo e ogni donna possano lavorare e co-sì avere la fronte alta, guardare in facciagli altri, con dignità». Parole che, oltread avere avuto un grande risalto media-tico, hanno riacceso i riflettori su un te-ma spesso accantonato, ma di vitale im-portanza per il nostro Paese: il rapportoinscindibile tra il lavoro e la famiglia. Due aspetti che hanno interessato in piùoccasioni il magistero di Francesco e chesono stati sintetizzati anche nell’Esorta-zione apostolica Amoris Laetitia, doveFrancesco, denunciando che «la famigliaoccupa poco spazio nei progetti politici»,sottolinea che «le famiglie soffrono inmodo particolare i problemi che riguar-dano il lavoro» (n.44).A confermare quanto so-stenuto dal Pontefice è latragica fotografia scattatadall’Istat nel rapporto dif-fuso a marzo in cui si spie-ga che ci sono un milione difamiglie dove lavora sol-tanto la donna. A questo da-to si aggiunge un tasso dinatalità al minimo storicotale da non garantire nep-pure il ricambio naturaledella popolazione. Eccoperché il quadro generaledel nostro Paese si presen-ta sotto molti aspetti tristee scoraggiante. Tuttavia ènecessario reagire, a partire dal ricono-scimento della maternità come un benesociale da tutelare, promuovere e soste-nere. Tra le tante azioni politiche che andreb-bero concretizzate, due non possono piùaspettare. Da un lato, urgono misure po-litiche che nei rapporti di lavoro tenganoconto dell’essenziale funzione familiaresvolta dalla donna, parificando le nostrelimitate e ingiuste tutele agli standard in-ternazionali. Dall’altro, occorre dare slan-cio alla natalità con una riforma fiscalecome il "Fattore Famiglia", cioè una no

protezione, senza che questa diventi un o-stacolo alla vita lavorativa. Il dettato costituzionale, quindi, deve pernoi continuare ad essere la bussola che in-dica quale orizzonte seguire in questa de-licata materia. Il riconoscimento della maternità comeun prezioso bene da difendere non inte-ressa solo la donna, o l’uomo, o la fami-glia, bensì l’intera società. Proteggere lamaternità nella difficile conciliazione deitempi di vita e di lavoro significa pro-teggere la società alla sua radice. Essa, in-fatti, ha come base la famiglia, la qualesi costruisce proprio intorno alla madre.Infine, un dato non meno rilevante è lostretto rapporto che intercorre tra questaimpostazione e il rilancio della natalità.Infatti, soltanto riconoscendo nella ma-ternità un bene sociale da tutelare con u-na «adeguata politica familiare da partedelle pubbliche autorità nell’ambito giu-ridico, economico, sociale e fiscale» (AL44), si potrà invertire la rotta anche dalpunto di vista delle nascite. La sicurezzadi poter conciliare la vita e il lavoro, dun-que, offre speranza alle famiglie e le aiu-ta a realizzare i loro desideri di genito-rialità con un beneficio diretto per tutti.

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tax area che tenga conto dei carichi fa-miliari: a parità di reddito, ad esempio,una famiglia con tre figli pagherebbe me-no tasse rispetto ad una senza prole.Lavoro e famiglia sono stati da sempreconsiderati beni di eguale rilevanza, siadal punto di vista sociale che giuridico,in quanto rappresentano due fondamen-tali poli di realizzazione soggettiva del-l’uomo. Non a caso i nostri padri costi-tuenti, nella discussione sul progetto deltesto costituzionale, delineando la stradache sarebbe stata percorsa dal futuro le-gislatore, si interrogarono a lungo su qua-le fosse la migliore soluzione per conci-liare questi due delicati aspetti, con par-ticolare riferimento alla donna lavoratri-ce. Infatti, se da un lato andava ricono-sciuta una particolare protezione al pe-culiare momento della maternità con lesue specifiche esigenze, dall’altro, dove-va essere garantita l’aspirazione lavora-tiva della donna anche in virtù della vo-lontà femminile di emancipazione e diaccesso al mondo del lavoro. La lungaelaborazione della Costituente portò allaformulazione attuale dell’art. 37 che sin-tetizza il problema nell’obbligo di ga-rantire alla donna, e di conseguenza an-che al bambino, una speciale e adeguata

UMassimo

Magliocchetti

Anche papa Francescoha denunciato

nellʼAmoris laetitia che«la famiglia occupa

poco spazio neiprogetti politici». Ora

non si può piùattendere. Urgono

norme più efficaci persostenere le giovani

coppie e promuoverela natalità

aprile 2017

NOI24

famiglia vita I nodi da sciogliere

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Aborto ed eutanasiaLʼautunno democratico

uando il numero di aprile di NoiFamiglia&Vita sarà in edicola, la

Camera dei Deputati avrà già approvato inprima lettura la legge sul consenso informa-to e le disposizioni (non più dichiarazioni)anticipate di trattamento. Anche quando es-sa avrà superato il banco di prova del Sena-to, è difficile immaginare che possa deter-minare effetti devastanti a breve termine. Per-ché essi si producano occorrerà attendereche si modifichi profondamente la sensibi-lità di fronte alla malattia ed alla disabilitànella popolazione generale e nella profes-sione medica.Ritengo, tuttavia, che la svolta vera sarà pro-dotta dai mutamenti demografici in atto. I da-ti pubblicati di recente dall’Istat ci mostra-no che, malgrado i fenomeni migratori, la po-polazione italiana è in calo: nel 2016 i resi-denti sono 86 mila in meno dell’anno prima.Sono soltanto 474 mila i nati nel 2016, su-perando di 12 mila unità il dato dell’anno pre-cedente, che già costituiva il record negati-vo dall’unità d’Italia, quando però la popo-lazione italiana era di circa 26 milioni, ri-spetto agli oltre 60 milioni di oggi.In media ogni donna mette al mondo 1,34figli. Il dato ancora più basso delle italiane(solo 1,27), non è compensato dalle stranie-re, scese anch’esse ormai sotto il numeromagico di due figli, necessario per garanti-re il rimpiazzo della popolazione. Così l’etàmedia continua a crescere e, soprattutto con-tinuano ad aumentare percentualmente le fa-sce più anziane della popolazione. In Italiagli ultra 65enni rappresentano già il 22,3%della popolazione. Gli ultra 90enni sono giàoggi 727 mila e 17 mila i centenari.Se nel 2007 le prime 15 coorti di nati perconsistenza numerica erano quelle super-stiti tra i nati del 1961-1975. Dieci anni piùtardi le medesime coorti, che nel frattem-po hanno un’età di 41-55 anni, sono anco-ra le più consistenti. Se oggi tali coorti fan-no parte della popolazione in tarda età at-tiva, tra 20 anni esse entreranno nella po-polazione anziana (61-75 anni). Salvo mu-tamenti imprevedibili delle tendenze de-mografiche, gli ultra 65enni potrebbero ar-rivare a rappresentare della metà della po-polazione nell’arco di pochi decenni. Quali effetti questi mutamenti demograficipotranno comportare per la sostenibilità delsistema pensionistico, per la sanità e per ilwelfare è facile immaginarlo. È forse il ca-so però anche di incominciare a chiedersicosa accadrà per la tenuta delle famiglie. Giànel censimento del 2011 oltre la metà deinuclei familiari era composta da famiglie u-nipersonali o da coppie senza figli, un datoche in sei anni è ulteriormente peggiorato.

Con un sistema sanitario indebolito, un wel-fare sempre più ridotto e un futuro incertoper la pensione, come potrà un anziano sen-za figli farsi carico dell’assistenza del co-niuge, se questo incomincerà a presentaresintomi di declino delle funzioni cognitive ose presenterà malattie croniche invalidantitali da richiedere assistenza? È questa la ve-ra prospettiva di applicazione delle Dat in u-na società sempre più vecchia e con sempremeno bambini.Si avvererà allora la profezia che DanielCallahan pubblicò già nel 1983 sugli Ha-stings Reports: la sospensione di idrata-zione e nutrizione diventerà la vera solu-zione per una società con una percentua-le molto elevata di pazienti carichi di an-ni, ma biologicamente tenaci.Coloro che in nome dei diritti individuali in-vocano la possibilità di sospendere i soste-gni vitali in nome dell’autodeterminazionenon si rendono conto di essere pedine nellemani delle forze che vogliono controllare lapopolazione sulla doppia frontiera dell’ini-zio vita e del fine vita: all’inizio della vita,con il pacchetto Onu della salute riprodutti-va (contraccezione, sterilizzazione e aborto,soprattutto nei Paesi in via di sviluppo), conla guerra agli obiettori di coscienza, con ilfiltro alla nascita per i bambini affetti da pa-tologie e malformazioni e la sospensione del-le cure nei gravi prematuri; alla fine della vi-ta, attraverso sospensione delle cure ed eu-tanasia per coloro che si sentiranno in dove-re di togliere il disturbo a una società di cuisi sentono ospiti mal tollerati. Le forze che promuovono queste soluzio-ni sono le stesse che hanno creato la di-stinzione tra gli esseri umani ai quali è ri-conosciuto lo status di persone umane e gliesseri umani che a tale status non posso-no aspirare. Sono le forze che si incarica-no di posizionare l’asticella capace di se-lezionare quanti sono in grado di superar-la e quanti, non riuscendo a farlo, sono e-sclusi dal consesso sociale.In nome della compassione e della filan-tropia, si sta compiendo, sotto i nostri oc-chi e senza che ne siamo pienamente con-sapevoli, non solo una rivoluzione antro-pologica, ma un cambiamento politico. Sitratta di un mutamento profondo che com-porta la fine della democrazia e l’inizio diun nuovo sistema politico, disposto a ga-rantire diritti solo a coloro che sono in gra-do di esercitarli, ai cittadini di una polis i-nevitabilmente aristocratica. Non si trattacerto, come nei secoli passati, dell’aristo-crazia del sangue, ma di un’aristocraziafondata sulla capacità di incidere sulle scel-te. La prospettiva non solo non è esaltan-te, ma soprattutto è illusoria: a muovere ifili saranno sempre gli stessi burattinai.

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QGian Luigi

GigliSempre meno bambini, sempre più

anziani. Chi governa questo tramontodella civiltà occidentale? Chi sono

le oligarchie che assegnano lo status di esseri umani a una sempre

più ristretta cerchia di persone?

aprile 2017 25NOI famiglia vitaL’analisi

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Rifondare l̓ Europasui valori della vita

l prossimo 9 maggio sarà celebra-ta la festa dell’Europa, per ricor-

dare il primo inizio del processo di unifica-zione identificato nel discorso pronunciatoil 9 maggio 1950 da Robert Schuman al-l’assemblea nazionale francese. Il 25 mar-zo scorso a Roma si è svolta la celebrazio-ne solenne del 60° anniversario dei Trattatidi Roma, che hanno costituito la ComunitàEconomica Europea (Cee).La crisi dell’Ue è sotto gli occhi di tutti: ilRegno Unito ha abbandonato l’Europa e inmolti Paesi crescono i partiti antieuropeisti,ma a Roma tutti i governi si sono impegna-ti a proseguire il cammino dell’integrazionee anzi hanno considerato la crisi attuale co-me una opportunità per rifondare e rilancia-re l’Unione. La Federazione Europea "Unodi noi", alla quale aderiscono 50 associazio-ni e movimenti di varie nazioni del conti-nente, ha deciso di concludere il prossimo 9maggio la raccolta delle adesioni per la se-conda fase dell’iniziativa dei cittadini euro-pei (Ice), denominata, appunto, "Uno di noi".Il significato simbolico della festa dell’Eu-ropa è chiaro: se si tratta di rifondare l’Uebisogna riscoprirne i valori fondativi e au-mentarne il livello di democrazia. Come pos-siamo rilanciare l’Europa dei valori se ac-cettiamo che essa non solo distrugga i suoifigli più fragili, quali sono i bambini non an-cora nati, chiamati da santa Madre Teresa diCalcutta «i più poveri dei poveri», ma for-nisca anche il suo denaro affinché in tutto ilmondo possano essere uccisi?Come è noto l’ultimo Trattato sulla Ue, quel-lo "di Lisbona", entrato in vigore nel 2009,allo scopo di «avvicinare i cittadini all’Eu-ropa» ha introdotto l’Ice come strumento didemocrazia partecipata e, subito, per primi,i movimenti pro-life dell’Europa hanno uti-lizzato questo meccanismo per chiedere lacessazione di ogni finanziamento europeodestinato ad incoraggiare la distruzione diembrioni umani ed hanno chiesto anche l’im-pegno legislativo di mai più erogare fondi perdare la morte ad esseri umani appena sboc-ciati alla vita. L’iniziativa ha avuto un gran-de successo, perché ha raccolto l’adesione di2 milioni di cittadini appartenenti a tutti i 28Stati della Ue. Ma l’Europa non ha voluto a-scoltarli, violando quello spirito democrati-co che l’introduzione dell’Ice nell’ordina-mento giuridico intendeva rafforzare. Perciò non è possibile la rassegnazione. È nata così la seconda fase. Vediamo sel’Europa che non ha ascoltato i semplici cit-tadini riparerà la ferita inferta alla demo-crazia e soprattutto inizierà una vera ri-flessione sui valori che dovrebbero costi-tuire il suo fondamento. Nella seconda fa-

se, infatti, si chiede alla cultura europea dialzarsi in piedi per testimoniare attraversoi suoi operatori sanitari che «è vero: il con-cepito è uno di noi»; attraverso i suoi giu-risti che «è giusto riconoscere anche il fi-glio non ancora nato come uno di noi»; at-traverso i suoi politici che «è doveroso im-pegnarsi a favore della vita nascente».L’essere umano non ancora nato si trova og-gi nel crocevia della storia. A esso conduco-no i sentieri dell’eguaglianza e della dignitàumana, che hanno liberato gli schiavi, i ne-ri, i disabili, le donne, che si dirigono versol’abolizione universale della pena di mortee sui quali soffia l’aspirazione alla pace de-finitiva nel mondo. Perciò, se l’Europa vuo-le rifondarsi, se vuole essere non solo unmercato, ma un continente pacificato e pa-cificatore, quale è stato pensato dai suoi fon-datori (De Gasperi, Schuman, Adenauer), sevuole essere il luogo dove «la persona, ognipersona è accolta nella sua incomparabiledignità» (come ha detto san Giovanni Pao-lo II), se vuole rispondere adeguatamente al-la domanda di Papa Francesco: «Che cosa tiè successo Europa?» (Premio Carlo Magno,6 maggio 2016), essa deve prendere in con-siderazione ciò che due milioni di cittadini

hanno richiesto e cheora trova il sostegnodella cultura europea.Altrimenti all’Europanon resterà che «me-ditare sulla sua scon-fitta» (san GiovanniPaolo II ai vescovid’Europa, 1985)Quella della vita na-

scente non è "una questione", ma «la que-stione dell’oggi». È anche la «questione del-l’Europa», quella vera, quella che ha futu-ro perché affonda le sue radici nel cristia-nesimo, che ha fatto fruttificare la culturagreca e quella romana inserendovi la dignitàumana. Il rispetto della vita nascente com-prende e consolida anche il rispetto per o-gni altra vita fragile, come quella dei mo-renti, oggi minacciata dall’eutanasia e quel-la dei profughi, che scappano dalla violen-za e dalla miseria. In definitiva lo sguardo sulla vita nascente èil ponte che invita al dialogo, perché getta lesue arcate nel cuore della modernità e del-l’Europa che ripetono come loro parole d’or-dine: l’eguaglianza, la dignità, il rispetto deidiritti dell’uomo.Mancano pochi giorni al 9 maggio, ma ba-sta poco tempo per aderire alla iniziativa: ba-sta cliccare su uno dei seguenti siti:www.oneofusappeal.eu www.oneofus.euwww.unodinoi.org e basta chiedere di farela stessa cosa a molti altri appartenenti alpersonale sanitario, ai giuristi, ai politici.

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Il 9 maggio, festa del Continente, si chiudeanche la raccolta di firmeper la seconda fase dellacampagna "Uno di noi"Una sfida trasversale

ICarlo

Casini

L I̓talia dice noll’indomani della decisione delPresidente Trump di chiudere

il rubinetto alle ong che promuovo-no l’aborto nei Paesi in via di svi-luppo, non s’è ancora capito se saràl’Unione europea a riempire il bu-co. In un question time alla Cameradi poche settimane fa, interrogato inproposito da Gian Luigi Gigli, il mi-nistro degli Esteri, Angelino Alfa-no, aveva confermato che un grup-po di dieci Stati membri dell’Unio-ne europea, su iniziativa danese, a-veva inviato una lettera all’Alto rap-presentante Mogherini e al Com-missario europeo per lo sviluppo,Neven Mimica, esprimendo preoc-cupazione per l’intenzione degli Sta-ti Uniti di ridurre il finanziamentodei programmi di cooperazione al-lo sviluppo che si occupano dellasalute riproduttiva delle donne. Mail titolare della Farnesina aveva an-nunciato anche che la stessa letteraavrebbe potuto essere evocata in oc-casione dell’incontro informale deiministri responsabili per la coope-razione e lo sviluppo dell’Ue fissa-to il 16 marzo a Bruxelles. Dall’in-contro informale, però, non è trape-lato nulla. O quasi. La notizia, infondo, è proprio questa assenza dinotizie. Secondo quanto spiegatodalla diplomazia Ue, a Bruxelles sisarebbe infatti parlato solo di parte-

A

aprile 2017

NOI26

famiglia vita Progetti di futuro Progetti di futuro

Page 27: laetitia” APRILE 2017 solo in versione digitale Numero 217 ... · versione digitale € 2,99 E-book ... alle coppie cristiane come «gioia del mondo». La ... devono avere nel cuore

e periferie italiane possonoessere, a seconda dei casi,

terre di nessuno o terre daabitare. Terre in cui esserepresenti, per "stare in mezzo",tra moltitudini del rancore che sifronteggiano silenziosamente:sui pianerottoli delle casepopolari in cui vince il degrado,tra gli abusivi che reclamanodiritti, gli anziani soli e i poveridimenticati, tenendo a distanzase possibile chi soffia sul fuocodella protesta edell’indignazione popolare.La cronaca si occupa raramentedei quasi due milioni di italianiche, secondo le statistiche, sonoin situazione di difficoltàabitativa. Spaccio,microcriminalità, sgomberi eoccupazioni illegali sono leragioni per cui a volte siaccendono i riflettori su un"mondo a margine", senzasapere che si sta parlando solodella superficie del fenomeno, diciò che si vede quando qualcosaaffiora all’esterno. Bisognerebbeinvece mettersi in mezzo,guardare in profondità, fare unlavoro di ricognizione su cos’èdavvero questo universosommerso.Nei ghetti d’Italia condannatiall’oblio per decenni si ècombattuto sul confine chesepara la normalità dallapovertà, la legge dalle sueviolazioni, la dignità daldegrado. Andare per vedere cosaè successo in questi microcosmi,come ha fatto il Papa iniziandola sua visita a Milano lo scorso25 marzo nel complesso delleCase Bianche di Via Salomone,è già di per sé un gesto in gradodi abbattere i muri dell’ostilità,dell’indifferenza e dellavergogna. Caritas, cooperative eassociazioni sono rimaste inprima fila per aprire tavoli dicoesione sociale con gli entilocali, anche quando l’interessedella politica e della pubblicaamministrazione era pari a zero.Adesso è il tempo di uscire alloscoperto, di concretizzareprogetti tenuti a lungo in serbo.Alcune iniziative sonoobbligate, come la sistemazionedel sistema fognario o ilpagamento delle bolletteaccumulate su luce e acqua,

Laltre si occupano dei problemidi convivenza concreta: lagestione degli spazi comuni, lariscoperta di ambiti disocializzazione, la risoluzione ditante piccole e grandiemergenze sociali.Nelle case popolari è tornata arivivere, ad esempio nellaBergamasca, la figuradell’amministratore sociale dicondominio, cui è demandata lagestione di situazioni difficilinon solo dal punto di vistatecnico-amministrativo, maanche da quello del recuperosociale e architettonico. Tornarea far respirare spazi di periferiaangusti, attraverso iniziativeludiche che sappianocoinvolgere bambini eadolescenti oppure progetti diagricoltura urbana diffusa comegli orti di quartiere, è uncompito innanzitutto per il terzosettore. Ma spetta a tantil’impegno di disinnescare iconflitti sociali che la "vita amargine", nella distanzasimbolica tra centro e periferia,porta con sé.Il primo terreno da sminareriguarda la presuntaconcorrenza, sul terreno deidiritti sociali e del nuovowelfare, che sarebbe in atto traitaliani e stranieri. Basta unasemplice graduatoria per i figlida iscrivere all’asilo nido, èsufficiente non riuscire a pagareuna retta alla mensa della scuolaormai per scatenare dissapori,rivendicazioni, piccoli scontri diciviltà. Le periferie non sono piùuna realtà fisica, ma unametafora storica di questotempo: mi sento ai margini esotto attacco, reagiscoagganciandomi al treno dellavolgarità e del livore. Per questo,sono ancora più necessarie vocinuove (e politiche vere) capacidi ricucire le ferite aperte daltempo. Serviranno pazienza elungimiranza, ma l’unica stradaper riconciliare anime diverse èquella della mediazione: chi lasta sperimentando, in mezzo aimuri d’Italia, vede che alzare losguardo è finalmente possibile.

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Coesione sociale,parte in periferiala strada possibile

MICROCOSMI

2.0

aprile 2017 27NOI famiglia vitaProgetti di futuro Progetti di futuro

nariato Ue-Africa e della prepara-zione del vertice in agenda per no-vembre. Nient’altro. L’incontro erainformale, d’accordo. Ma il silen-zio, o quantomeno l’incertezza, sul-l’esito della decisione si presta a piùinterpretazioni. Se n’è parlato o no?E, se non se n’è parlato, perché nonspecificare almeno il motivo e quan-do se ne riparlerà? Tante domande, dunque. Ma unacertezza, almeno, c’è: l’Italia all’i-niziativa non aderirà. Parola dellostesso Alfano. Che sul punto è sta-to netto. L’Italia non ci sta. «Il Go-verno italiano ha deciso di non sot-toscrivere la lettera danese, condi-videndo tale scelta peraltro con ul-teriori 17 Stati membri dell’Unioneeuropea. Noi riteniamo infatti cheprima di prendere qualunque deci-sione a livello di Unione europea sianecessario raccogliere elementi pervalutare l’effettiva incidenza dellemisure evocate. Alfano aveva, tutta-via, anche precisato come la letterafosse nata dall’idea di «compensa-re, con l’utilizzo di fondi allo svi-luppo nazionale ed europei, la ridu-zione dei finanziamenti statuniten-si» che «riguardano impegni inter-nazionali in materia di salute ripro-duttiva delle donne e non intesi a so-stenere l’interruzione volontaria del-la gravidanza», materia «di compe-

tenza delle legislazioni nazionali».Distinzione, questa, che non ha con-vinto Gigli, il quale ha tuttavia ap-prezzato la presa di posizione delgoverno sulla questione.«Promuovere aborti e contraccezio-ne con denaro pubblico nelle realtàpiù povere del pianeta, catalogandogrottescamente l’o-perazione come "so-stegno allo svilup-po", non c’entra nul-la – ha sottolineato ilpresidente del Movi-mento per la Vita I-taliano – con il be-nessere femminile.Continueremo a vi-gilare perché i fondiitaliani per la coope-razione sanitaria in-ternazionale nonvengano dirottati perpromuovere il pac-chetto Onu della "salute riprodutti-va". Dietro questa ambigua deno-minazione si nascondono infatti a-borto e sterilizzazione: metodi concui, invece di migliorare le condi-zioni di salute delle popolazioni piùsvantaggiate, si mira a evitare le na-scite per ridurre la domanda di giu-stizia che sale dal Sud del mondo».

Luca Finocchiaro© RIPRODUZIONE RISERVATA

alle ong dell̓ aborto facile

DiegoMotta

Il ministroAlfano:

nonaderiremoallʼappello

Ue percolmare

il bucolasciato dai tagli

di Trump

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ue giornate dedicateall’affiancamento familiare,

sono proposte dalla FondazionePaideia di Torino per venerdì 19 e

sabato 20 maggio. La prima giornata saràdedicata a un convegno con RaffaellaIafrate, Dario Merlino, Adriano Favole,Grazia Gacci e Francesco Belletti, cheesploreranno le dimensioni del familiare,dell’appropriatezza di interventi nonprofessionali di sostegno alla genitorialità,del lavoro di equipe e dello sviluppo diprocessi partecipativi. Inoltre, sarà ospitatauna sessione di teatro forum: famiglie eoperatori metteranno in “scena” alcunimomenti emblematici con il pubblico chepotrà proporre strategie alternative evisioni diverse con cui affrontare lesituazioni. La seconda giornata prevedeuna sessione seminariale. Info e iscrizioni:http://www.fondazionepaideia.it/2017/03/21/19-20-maggio-a-torino-due-giornate-dedicate-allaffiancamento-familiare/.

D

all’inizio dell’anno si stanno mol-tiplicando le sentenze a favore

dell’omogenitorialità. In rapida sequenzasi sono pronunciati la Corte d’appello diTrento (23 febbraio 2017), il Tribunale deiminori di Firenze (7 marzo 2017) e il Tri-bunale civile di Roma (13 marzo 2017).Le tre decisioni riguardano la cosiddettastepchild adoption, istituto che consente diadottare il figlio biologico del/della part-ner, concepito – inevitabilmente, trattan-dosi di coppie omosessuali – con le tec-nologie riproduttive implicanti fornituradi gameti e, nel caso di coppia gay, anchedi utero in affitto.Le prime due decisioni riguardano l’auto-rizzazione a trascrivere nei registri dellostato civile italiano i provvedimenti di a-dozione emessi da un’autorità giudiziariastraniera nei confronti di due uomini con-siderati co-genitori. Non è questa la sedeper entrare nei complessi rapporti tra dirittointernazionale e diritto interno, certo è che,interpretando forzosamente alcune normedel diritto internazionale, si è tentato di su-perare la legge italiana sull’adozione chepresuppone come criterio di base un uomoe una donna uniti in matrimonio da alme-no tre anni. La forzatura non potrebbe es-sere più evidente, anche perché la stessaConvezione dell’Aja si fonda su alcuniprincipi ispiratori, tra cui risalta «l’inte-resse superiore del minore ed il rispetto deisuoi diritti fondamentali». Bisogna dun-que chiedersi: è coerente con l’interessedel minore e con i suoi diritti fondamenta-li privarlo della madre, strappandolo, pe-

raltro, a quella "madre surrogata" che lo hadato alla luce? La decisione romana – riguardante la step-child adoption a favore di due donne – siporta sul terreno delle disposizioni ri-guardanti l’adozione in casi particolari (art.44 lettera D L. 184/1983 come modifica-ta dalla L.149/2001). Il Tribunale ha au-torizzato l’adozione, ma la nuova inter-pretazione della norma ne stravolge il sen-so, gli scopi e i presupposti. Soprattutto,ancora una volta, vengono ignorati l’inte-resse prioritario del figlio e i suoi dirittifondamentali.Queste recenti decisioni seguono la scia diun indirizzo giurisprudenziale avviato nel-

l’estate del 2014 dal tribuna-le dei minori di Roma con lasentenza n. 229 del 30 luglio2104, confermata dalla Cor-te d’appello di Roma (n.7121 del 23 dicembre 2015)e dalla Corte di Cassazione(n. 12962 del 26 maggio2016). Tra le altre pronunce:la Corte di Cassazione (sent.n. 19599 del 2016), ha con-fermato il giudizio della Cor-te di Appello di Torino so-stenendo la trascrivibilità in

Italia dell’atto di nascita formato all’este-ro, dal quale risulti che il minore è figlio didue madri; il Tribunale dei minori di Ro-ma (sent. del 22 ottobre 2015), ha confer-mato la possibilità di adozione da parte del-la partner che aveva acconsentito a che lacompagna ricorresse alla cosiddetta "pro-creazione assistita", avendo entrambe il de-siderio di un figlio in comune; la Corte d’ap-pello di Milano (16 ottobre 2015), ha au-

l Centro familiareCasa della tene-

rezza di Perugia,propone due giorna-te di spiritualità persposi e fidanzati, il 6e 7 maggio. Tema:“La spiritualità co-niugale e familiarealla luce dell’Amo-ris Laetitia”. Per ibambini sopra i 3 an-ni è prevista l’ani-mazione. Per info eprenotazioni:www.casadellatene-rezza.it; oppure Ma-riella (340-6104094).

I e nuove conqui-ste delle neuro-

scienze e i nuovistrumenti per com-prendere i fenomenidella mente umana ecurarne le fragilità.Sono questi i temi alcentro della confe-renza internazionale“Storie biologiche estorie relazionali”che si svolgerà a Mi-lano il 19 maggio, alCentro servizi Bezzi,in via Massaua 6.L’incontro è promos-so dalla FondazioneBenedetta D’Intino.

L

in programma dal 25 al 27 mag-gio all’Università Cattolica “Sa-

cro Cuore” di Milano, la settima Con-ferenza su “Comunità, lavoro e fa-miglia”. Le sessioni di lavoro, preve-dono la declinazione del tema a se-conda delle nazionalità e delle cultu-re, con esempi di divisione del lavo-ro familiare. Per informazioni:www.unicatt.it.

È

Da Trento a Torino, daRoma a Milano decinedi provvedimentiinterpretano in modo"creativo" le normeitaliane in nome di unʼideologia che, purproclamandolo, negadi fatto «il supremointeresse del minore»

DMarinaCasini

Torino, due giornisullʼaffiancamento

Perugia,due giorniper coppiedi sposie fidanzati

Le fragilitàdella menteUn incontroper capirnei “misteri”IN BREVE

Lavoro e famiglia:7^ Conferenza

Omogenitorialità impostaaprile 2017

NOI28

famiglia vita Antropologia snaturata Antropologia snaturata

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teso come fine – dare una famiglia ad unminore che ne è privo –, ma come stru-mento ideologico: dare un bambino a dueomosessuali che ne sono privi.Alcune brevissime considerazioni tra lemolte suscitate da questo scenario. Ridisegnare la genitorialità, frammentan-dola e raddoppiando uno dei due genitori,eliminando la figura maschile o femmini-le, non solo non sopprime le domande fon-damentali sulla propria identità e sulla pro-pria storia, ma rende più difficile se nonimpossibile ricostruire le proprie radici. No-nostante si affermi spavaldamente il con-trario, è innegabile, come l’esperienza di-mostra, che il bambino – ma anche l’ado-lescente – per crescere in modo sereno e ar-monico, ha bisogno di un ambiente fami-liare dove poter sperimentare la ricchezzadella complementarietà genitoriale ma-schile-femminile. Il principio di ugua-glianza-non discriminazione viene evoca-to in modo improprio, perché alla femmi-nilità e alla mascolinità è collegata una di-gnità uguale ma non la sovrapponibilitàdelle diverse funzioni. I veri discriminati so-no i figli privati di un unico padre uomo edi un’unica madre donna.Lo "sguardo contemplativo" sulla dignitàumana del figlio appena concepito, picco-lissimo e inerme, è l’elemento chiarifica-tore. Il riconoscimento del concepito come"uno di noi" è capace di farci scoprire piùin profondità il senso della famiglia, delmatrimonio, della genitorialità, della com-plementarietà sessuale maschile-femmini-le, dei diritti e della dignità umana. È unaquestione di giustizia a cui la magistraturanon dovrebbe sottrarsi.

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torizzato la trascrivibilità in Italia di unprovvedimento spagnolo di adozione di u-na bimba da parte della donna coniugata al-la madre biologica e poi dalla stessa divor-ziata; il Tribunale per i minorenni di Roma(23 dicembre 2015), ha esteso la stepchildadoptionad una coppia di uomini che in Ca-nada avevano progettato e realizzato la lo-ro genitorialità mediante ovodonazione e u-tero in affitto; la Corte di appello di Napo-li (ord. del 30 marzo 2016), ha ordinato latrascrizione di due sentenze francesi di a-dozione dei figli delle coniugi, di ciascunamadre richiedente ("adozione coparentaleincrociata"); la Corte appello Torino (27maggio 2016), ha concluso a favore dellaadozione co-parentale nell’ambito di cop-pie dello stesso sesso; il Tribunale Napoli(11 novembre 2016), ancora una volta, haautorizzato la trascrizione di atto di nasci-ta con due "mamme". Fortunatamente in questo panorama si in-serisce una sentenza della Corte Costitu-zionale (sent. n. 76/2016) che ha dichiara-to inammissibile la questione di legittimitàcostituzionale promossa dal Tribunale peri minorenni di Bologna in tema di ricono-scimento della stepchild adoption per cop-pie dello stesso sesso. Tuttavia, resta il fatto che a dare l’oppor-tunità di interventi "creativi" alla magistra-tura ordinaria è la stessa legge sulle unionicivili la quale, al punto 20 dell’articolo 1,stabilisce che «resta fermo quanto previstoe consentito in materia di adozione dallenorme vigenti». Ora, il contenuto delle leg-gi vigenti è quello che risulta dalla inter-pretazione giudiziaria e questa sta stravol-gendo l’interpretazione del principio delsupremo interesse del bambino, non più in-

rogettazione, L’aliante e Formazionesociale e clinica promuovono il

seminario formativo “Il trattamentopsicosociale con i genitori separati e i lorofigli”, in programma lunedì 15 maggio aMilano, nella sede di “Young &Rubicam”, in via Tortona 37. Il corsopropone alcune riflessioni teoriche emetodologiche sul lavoro orientato allacomposizione dei conflitti. Gli incontri

prevedono la presenza di 40 persone almassimo per facilitare il confronto,contributi teorici accompagnati dasituazioni esemplificative e discussione inplenaria. Presentazione di casi a cura degliiscritti. La quota per la partecipazione alcorso è di 70 euro e il corso verrà attivatocon un numero minimo di 15 iscritti. Perulteriori informazioni e per le iscrizioni:www.formazionesocialeclinica.it.

PMiliano, un percorso per genitori separati

uttaunaltrafesta” torna anchequest’anno per dare spazio al

mondo del commercio equo e solidale, davenerdì 19 a domenica 21 maggio neigiardini del Pime, in Via Mosé Bianchi aMilano. La manifestazione, da 18 anniorganizzata dai missionari, è a ingressolibero e propone, oltre agli stand delcommercio equo, concerti, spettacoli,eventi, laboratori e animazioni perbambini e adulti. Tra gli ospiti della Fiera,quest’anno spicca il nome di padreAlejandro Solalinde, religioso messicano,candidato al Premio Nobel per la pace2017 per le sue battaglie contro i narcos.Padre Alejandro dirige il rifugioHermanos en el camino di Ixoetec, nelOaxaca ed è nel mirino del crimineorganizzato. Padre Alejandro saràpresente alla Fiera domenica 21 maggio epresenterà il libro scritto con la giornalistadi Avvenire, Lucia Capuzzi, “I narcos mivogliono morto” (Emi editrice).

T“

“Tuttaunaltrafesta”al Pime di Milano

in programma a La Thuile (Valle d’Aosta)dal 9 al 12 luglio il Corso estivo di diploma

in Pastorale familiare, promosso dal PontificioIstituto “Giovanni Paolo II” per Studi suMatrimonio e famiglia in collaborazione con laCei - Ufficio nazionale per la Pastorale dellafamiglia. «Il Corso – spiegano i promotori –mira alla formazione di animatori qualificati dipastorale familiare nelle diocesi, nelle

parrocchie e nelle vari aggregazioni che sipropongono di accompagnare e sostenere lefamiglie nella loro crescita umana e spirituale enel loro compito al servizio della Chiesa e dellasocietà». Requisito per l’ammissione è il titolodi studio di scuola media superiorequinquennale. Per chi ne fosse sprovvisto, siammette la frequenza come uditore e si rilasciaalla fine un attestato di partecipazione.Iscrizioni entro il 31 maggio. Info:http://www.istitutogp2.it/dblog/articolo.asp?articolo=63.

È

Pastorale familiare,corso a La Thuile

aprile 2017 29NOI famiglia vitaAntropologia snaturata Antropologia snaturata

con una raffica di sentenze

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«Curare l̓ umano»Una sfida politica

l corso di "alta formazione inbioetica clinica", al suo primo

anno di vita, é una novitá accademicanata dalla necessità di fornire ai medi-ci e al personale sanitario gli strumen-ti necessari per rispondere con luciditàe responsabilità alle sfide etiche che i-nevitabilmente incontrano nell’eserci-zio della loro professione. Il corso é promosso dall’Università LaSapienza di Roma, in collaborazionecon gli altri Atenei romani di Tor Ver-gata, del Campus Biomedico e dellaCattolica. Il professor Gianfranco Ton-narini, vice presidente del corso di lau-rea in Medicina interna e specialità me-diche e direttore del corso di alta for-mazione, in un’intervista rilasciata al-l’agenzia Vitanews ha spiegato che «lasfida etica che emerge in questi ultimidecenni nei luoghi dell’assistenza, del-la cura e della ricerca obbliga a un im-pegno alto e qualificato». «L’obiettivodi una umanizzazione delle attività sa-nitarie nell’orizzonte della persona –precisa Tonnarini – appare una rispostagiusta e convincente». Le profonde trasformazioni a livello e-conomico, politico, socio-culturale, checaratterizzano il nostro presente inve-stono anche l’ambito medico. La figu-ra del bioetico clinico, un esperto ingrado di valutare in concreto le situa-zioni cliniche più complesse con il fi-ne di tutelare e difendere prima di tut-to la dignità e il valore della persona u-mana, in una logica di "cura integrale",diventa fondamentale.Riscrivere il nostro presente nella logi-ca della "cura dell’umano", a partire dauna rinnovata attenzione per le situa-zioni in cui l’umano si dispiega nellacornice fragile del limite, è la vera sfi-da "politica" del nostro tempo, spessocaratterizzato da un efficientismo spie-tato e cinico che si rivela miope nellasua corsa disattenta verso i bisogni piùimmediati delle persone.L’impegno instancabile del professorTonnarini è pari a quello dei docentiche lo accompagnano in qualità di "for-matori dei futuri formatori". Giulio Par-nofiello, Valentina Gazzaniga, CataldoZuccaro, Carlo Cirotto, sono solo alcu-ni dei nomi che costituiscono il corpodocente, all’insegna di quella multidi-sciplinarietà che è indispensabile perun approccio alla realtà complessa del-la bioetica clinica. Complessa e anco-ra in buona parte da definire, proprioattraverso un grande lavoro di squadra

che prima di ogni altra cosa restituiscaalla Medicina, a partire da Roma, laconsapevolezza della sua vocazione e-minentemente umanistica, della suamissione sociale e politica – nel sensopiù aristotelico del termine –, contro

ogni tentativo diridurla a mera tec-nica che ha peroggetto il "reset-tamento asettico"di un genericocorpo-macchina. A questo propositoil corso, che è sta-to fortemente volu-to dal preside dellaFacoltà di medici-

na, professor Sebastiano Filetti, pre-vede l’interazione continua di studen-ti e docenti, oltre a numerose tavolerotonde, finalizzate all’approfondi-mento dei temi emergenti. È una sfidacoraggiosa e straordinariamente ne-cessaria, che merita un riconoscimen-to grato a chi l’ha accolta e la sta por-tando avanti, mosso da un’infinita, in-stancabile passione per l’uomo.

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Atenei romani alleati per la formazione di bioetici clinici capaci di gestire con efficacia le patologie più complesse, ma tutelando sempre la dignità del malato

ISimone

E.Tropea

aprile 2017

NOI30

famiglia vita Dalla parte di chi soffre Dalla parte di chi soffre

G.Franco Tonnarini

Lʼantilingua spiegata ai ragazziom’è possibile comunicare ai Millenialsl’inizio e il fine vita? Generazioni che

sono cresciute con la tecnologia, vivono in"simbiosi" con il proprio smartphone, lotengono sul tavolo mentre mangiano o lousano addirittura mentre attraversano lestrisce pedonali. Com’è possibile far capire achi è abituato a vedere centinaia di post sufacebook il travaglio interiore che vive unamamma davanti ad una gravidanzainaspettata? In che modo si può far capire adun ragazzo che guarda video trash ladedizione che un genitore mettenell’accudire un figlio gravemente invalido?Sono proprio questi ragazzi, il target ai qualiil gruppo giovani del MpV italiano si èrivolto durante il "seminario primaverile V.Quarenghi", svoltosi dal 7 all’ 8 aprile aBologna. È stato scelto questo target perchési è coscienti che non si tratta solo di unaesigenza formativa, ma di una vera e propriaurgenza per i giovani di fronte all’attualitàmediatica dei temi legati alla bioetica.Occorre cioè essere pronti a dare risposteportatrici di senso e amore per la vita. Laprima sessione di interventi è stata dedicataalla "comunicazione dell’inizio vita":moderati da Tony Persico, consiglierenazionale MpV, Giuseppe Grande, andrologo

ed endocrinologo presso l’I.S.I. Paolo VI evicepresidente MpV, Lara Morandi eGiovanna Sedda, coordinatrici del servizioSos Vita, hanno affrontato il temadell’antilingua e delle strategie dicomunicazione prolife. La seconda sessione,moderata da Eleonora Gregori Ferri, alumnadell’Interdisciplinary Center for Bioethics -Yale University (Usa) è stata dedicata al temadel fine vita con l’intervento del prof. GianLuigi Gigli presidente MpV italiano,Giuliano Guzzo, responsabile regionalegiovani Mpv del Trentino, MassimoPandolfi, capo redattore centrale del Restodel Carlino e Marcello Foa, docente dicomunicazione all’Università della Svizzeraitaliana di Lugano. Infine l’ultima sessione èstata dedicata alla comunicazione dellabioetica e al messaggio dell’Amoris Laetitiacon l’intervento di Domenico jr. Agasso,giornalista de La Stampa, A. Porcarellidocente di Pedagogia generale e socialeall’Università di Padova ed Emanuela Vinai,giornalista dell’agenzia Sir e collaboratricedell’Ufficio nazionale comunicazione socialidella Cei, moderati da Federico Trombetta,PhD student presso l’Università di Warwick.

Marco Augusto Alimenti© RIPRODUZIONE RISERVATA

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aprile 2017 31NOI famiglia vitaDalla parte di chi soffre Dalla parte di chi soffre

na bella notizia: Alberto, ilragazzino di 16 anni per il

quale era stato lanciato unappello a luglio, ha finalmentetrovato una mamma e un papàaffidatari e da poco più di unmese ha lasciato la comunità perentrare in una stupenda famiglia.A darne notizia sono iresponsabili della FondazioneL’albero della vita Onlus chechiedono adesso una manoanche per il piccolo Davide, 6anni, che frequenta la primaelementare ed è in comunità da 4anni. È un bambino esile, dallosguardo profondo e, nonostantela tenera età, ha un passato giàpesante alle spalle. La madre diDavide ha disturbi psichiatrici enel tempo ha esposto i figli ad unambiente difficile, caratterizzatoda aggressività e promiscuità. Davide, inserito in comunità,mostrava una grandissimasofferenza: ogni tanto sichiudeva in se stesso, nel suomondo, risultandoimpenetrabile. Difficile la suarelazione con i pari e gli adulti:spesso alla minima frustrazionereagiva con calci, pugni e graffiper poi ricercare invece lavicinanza degli educatori,soprattutto a livello fisico"arrampicandosi" su di loro, peressere abbracciato e accolto.Con il tempo Davide hamostrato grandi miglioramentirispetto ai primi tempi in cui èstato inserito in comunità:risultava più calmo, piùdesideroso di relazionarsi con glialtri bambini, giocare con loro.Aveva meno reazioni aggressivee dimostrava di volersi affidare.Tuttavia, purtroppo nel tempo,questi progressi sono statiannullati da una serie di vicendefamiliari.A scuola l’inserimento in primaelementare è stato molto difficilea causa dell’incapacità degliinsegnanti di gestire la suaaggressività, le fughe dall’aula...le arrampicate sui mobili. E’ comunque un bambino moltointelligente, con un linguaggioricco e articolato.Davide è un bambino che habisogno di due genitori affidataricoraggiosi, che gli possanorestituire la sua posizione dibambino, aiutandolo nella

regolazione delle emozioni cosìdifficoltosa. Ha solo 6 anni esecondo gli educatori che lohanno conosciuto, avrebbemolto da dare. Si cerca per lui una coppia senzafigli (o con figli grandi ),preferibilmente nel territoriolombardo, che – consapevoledelle sue fatiche – abbia vogliadi investire per dargli quellapossibilità di vita che certo simerita. Con l’inizio dell’affidogli incontri con la famigliad’origine saranno monitorati unavolta al mese. Info: Progetto affido,Fondazione L’Albero della Vita,tel.: 331.3316525; email:[email protected]

Lucky e la fabbrica difiammiferi Lucky Mahanandia è unabambina di 8 anni, che vive nellostato dell’Orissa, uno dei piùpoveri dell’India, e appartiene auna famiglia indigente. Abitacon i genitori, la nonna, ilfratello minore Shakti chefrequenta la scuola materna e lasorella Karsina, di due anni emezzo, nel villaggio rurale diTalpadar, in una casa di fango epaglia, priva di servizi igienici edi acqua corrente. Entrambi igenitori svolgono lavori manualia giornata per una paga modesta,nel loro villaggio o in altrilontani. Con i magri guadagninon riescono a far fronte allenecessità della famiglia. A causadella loro condizione ricevonoalcuni sacchi di riso all’annograzie a un programmagovernativo per le famiglie piùpovere. In questa zona vivonocirca 35mila bambini vulnerabilie a rischio di abbandono e perloro l’istruzione è un miraggio.Lucky frequenta la terza classe evorrebbe continuare ad andare ascuola. Un sostegno a distanzarappresenterebbe l’unica via perrestare lontana da un impiegostagionale nell’industria per laproduzione dei mattoni o deifiammiferi. Info: Ciai, tel.: 02.84844423;[email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA

U

Approdo robustoper la fragilitàdel piccolo Davide

CERCOFAMIGLIA

DanielaPozzoli

Giovani, concorso MpVochi giorni fa si è celebrato il60° anniversario dei Trattati

di Roma. Solo qualche giornodopo, gli stessi telegiornalihanno ricominciato a trasmetterele immagini e le voci diun’Europa tutt’altro che unita.Di fronte a questaframmentazione abbiamo sentitoil bisogno di interpellare la vocedei giovani di tutta Italia. Perquesto il titolo del XXX PremioInternazionale Alessio Solinas,indetto dal MpV, pone ladomanda "C’è vita in Europa?".Con il sottotitolo "Sulle orme delnostro futuro". Partendo propriodalle decisioni e dai sogni deiGrandi che pensarono erealizzarono l’Europa prima ditutto come comunità di valoricondivisi, chiediamo ai ragazzi:quali sono, oggi, i valori in cuiquesta comunità si riconosce? Latutela della dignità umana, inogni momento della vita, dalconcepimento fino alla mortenaturale, è ancora il valorefondamentale che fa battere il

cuore della Ue? Un temacomplesso su cui chiamiamo igiovani a riflettere. Peraccompagnarli nelle lorovalutazioni abbiamo realizzatoun dossier per gli studenti dellescuole superiori e un secondo pergli studenti universitari, entrambiscaricabili dal sitowww.prolife.it, nella sezioneConcorso Europeo. Le modalitàdi partecipazione sono varie: sipuò concorrere nelle sezioniscrittura, grafica e media. Infine,da quest’anno il MpV ha istituitoun premio di laurea per tesi cheaffrontino tematiche e riflessioniconnesse con la tutela della vitae della dignità umana; perpartecipare è necessariocompilare la domanda dipartecipazione scaricabileanch’essa dal sitowww.prolife.it. Per qualsiasirichiesta di informazioni ècaldamente consigliato scrivere [email protected].

Irene Pivetta© RIPRODUZIONE RISERVATA

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a verità sull’eutanasia in Olan-da? La racconta Theo Boer, do-

cente di Etica dell’assistenza sanitariapresso l’Università Teologica di Kam-pen. Un intellettuale protagonista di unpercorso sofferto. Dodici anni fa, quan-do è stata approvata la legge sull’euta-nasia in Olanda, cautamente possibili-sta, ora del tutto contrarioCosa le ha fatto cambiare idea? Contrariamente a quello che alcuni han-no scritto sul mio conto, ho sempre con-siderato l’eutanasia come un atto in-trinsecamente problematico. L’uccisio-ne di un essere umano innocente, anchesu sua richiesta, è in contrasto con lefondamenta della società e della vita insé. Ho sostenuto la legge, nel senso cheho voluto contemplare eccezioni a que-sta regola, data la scarsa qualità dellecure palliative nei Paesi Bassi negli an-ni ’90. Inoltre, in quanto democratico,ero e sono convinto che se il 90% del-le persone è favorevole a qualcosa, co-me ad esempio all’eutanasia, un go-verno non può non affrontare tale i-stanza. Così ho sostenuto la pratica del-l’eutanasia che in Olanda è regolata e

gestita da commissioni regionali doveho prestato servizio per dieci anni. Le richieste sono in crescita?Nei primi anni, i numeri sono rimastistabili: circa 1.800 casi all’anno. Nel gi-ro di dieci anni, invece, i casi si sono tri-plicati raggiungendo quota 5.500 al-l’anno, tanto che ora un decesso su 25 ècausato da eutanasia. È chiaro: la leggenon ha solo regolamentato l’eutanasia,ma ne ha anche stimolato l’accesso. Siè verificato anche un evidente cambia-mento delle mo-tivazioni per ac-cedere all’euta-nasia: dai malatidi cancro si èpassati alle per-sone con demen-za, con problemipsichiatrici, vit-time di malattiecroniche e persi-no per problemilegati all’età. Inoltre ci sono state anche"sofferenze d’eccezione", come personein lutto, autistici e persone senza unadiagnosi certa. Ma la cosa che ha desta-to in me maggiore preoccupazione è lastata la costituzione della "End of lifeClinic" nel 2012: 50 "squadre mobili" di

medici disponibili a viaggiare in tutto ilPaese per praticare l’eutanasia a chi nefa richiesta senza un previo rapporto me-dico-paziente. La legislazione olandese in materia dieutanasia contempla la "sofferenza in-sopportabile" quale parametro per po-tervi accedere. Secondo lei scegliere uncriterio chiaramente vago è frutto di u-na specifica volontà politica?Si e no. Nei primissimi anni di dibattitosul tema, i pionieri dell’eutanasia aveva-no in mente essenzialmente malati ter-minali. In tali situazioni, è facile vedereche cosa significa "sofferenza insoppor-tabile". Nel frattempo, gli alfieri dell’eu-tanasia hanno iniziato a lanciare un pro-gramma sempre più ambizioso: estende-re il diritto di morte assistita a chiunque,indipendentemente dalla natura della lo-ro sofferenza. Per questo erano ben con-tenti che non vi fosse alcun criterio spe-

Theo Boer, docente di etica:abbiamo cominciato con imalati terminali, ora siamo

arrivati alle "squadre mobili"di medici che danno la morte

a chiunque ne faccia richiesta,anche senza alcuna diagnosi

LCarlo

Mascio

vent’anni Alessandro era un ragazzo con tantavoglia di vivere e divertirsi. «La stessa che ha

ancora oggi», mi raccontano suo papà GiancarloPivetta e mamma Loredana. Li raggiungotelefonicamente mentre sono in auto. Con loro c’èanche Ale (è così che vuol essere chiamato), classe1985. Quel figlio che 12 anni fa «ha cambiato la vita»della famiglia Pivetta. «In meglio», commenta ilpadre, raccontando quella notte. Ale stava rientrando acasa da Lignano, dopo unagiornata al mare con gli amici.Poi l’incidente. Il ragazzo restasenza ossigeno «per troppotempo». Dopo 9 mesi trascorsi inospedale, il ritorno a casa. Alenon si muove più, non parla, ènutrito attraverso un sondino. Ladiagnosi è stato vegetativopersistente. «Significa che non è definitivo», spieganoall’unisono mamma e papà. «Dove sta scritto che lavita per essere bella la devi trascorrere facendo quelloche fanno tutti gli altri? La puoi apprezzare anche sealcune cose non le puoi più fare o le devi fare inmaniera diversa», affermano con convinzione. E papàGiancarlo aggiunge: «Ale non si muove, ma sapetequante cose ha fatto lo stesso?». E racconta che, peresempio, grazie a lui è nata l’associazione "Amici diAle", onlus che dal 2009 aiuta le famiglie dei pazientiin stato di coma con attività di sensibilizzazione esoprattutto informazione e accompagnamento per

ottenere supporti e aiuti previsti per legge. E non ètutto, perché ad ottobre, se tutto andrà secondo iprogrammi, sarà posta la prima pietra della "Casa deirisvegli". «Una clinica sulla base del modelloorganizzativo e terapeutico già funzionante a Bologna,cioè un centro di accoglienza post-intensivo perpazienti in coma a seguito di cerebrolesioni acquisite,per cercare di farli risvegliare». Un investimento di 5milioni di euro «interamente messi a disposizione da

privati». E non è tutto. Daqualche anno è stato allestito "ilcamper per la vita": ha tutte ledotazioni per permettere anche aduna persona disabile di andare invacanza. E il mezzo viene messogratuitamente a disposizione dichiunque ne faccia richiesta.«Anche noi l’abbiamo utilizzato».

Sì perché Ale, assicurano mamma e papà, «non è unramo secco. Ha una sua coscienza. Eccome!». Anchese è in stato vegetativo. «È una cosa che si capiscesolo vivendogli accanto», assicurano i genitori. Anchecomprendere che il figlio è felice – anche se lui non èin grado di gridarlo al mondo – fa dire alla famigliaPivetta «che la vita, qualsiasi vita, è preziosa, e valesempre la pena di essere vissuta». E ammettono chenon è solo una convinzione "dettata dalla fede" che hasempre sorretto Giancarlo e Loredana in questi anni.

Monika Pascolo(per gentile concessione de "La Vita Cattolica")

A

Eutanasia, appello dall̓ Olandaaprile 2017

NOI32

famiglia vita L’abominio della morte di Stato L’abominio della morte di Stato

Giancarlo e LoredanaPivetta: grazie a nostro

figlio Alessandro nascerà in Friuli a ottobre

una "casa dei risvegli" per pazienti cerebrolesi

La storia. «Ale, dodici anni in comama dentro ha tanta gioia di vivere»

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cifico sulla "morte prevedibile" nella leg-ge e da allora hanno iniziato a fare pres-sioni a medici e pazienti per spingere lalegge fin quasi oltre i suoi limiti.Secondo lei perché si arriva a pensarequesto? Eppure oggi gli studi sulle cu-re palliative stanno facendo passi dagigante...Le cure palliative in Olanda negli anni’80 non erano molto sviluppate. Eccoperché oggi molte persone, sulla base delricordo di parenti allettati e straziati daldolore, chiedono l’eutanasia per paura divivere sulla loro pelle la stessa situazio-ne. Invece, cure palliative di qualità nonsolo permettono di affrontare la malattiae i suoi sintomi, ma anche quelli che iochiamo i "fantasmi del passato". Dob-biamo convincere le persone mostrandoloro gli enormi progressi compiuti nel-l’ambito delle cure palliative. A partequesto, oggi le persone non hanno solo

paura della sofferenza fisica, ma anchedelle dipendenze, della solitudine, di ungrave lutto o della mancanza di senso.Molte produzioni televisive inquadranol’eutanasia come unica soluzione digni-tosa a gravi sofferenze. Naturalmente,c’è da dire che molti sostenitori dell’eu-tanasia sono veramente compassionevo-li per gli altri. Tuttavia bisogna ricorda-re che le libertà individuali non vengo-no mai da sole. Il diritto di una personapotrebbe, sul lungo periodo, diventare lanormalità per un’intera società.

Molte volte lei haparlato del perico-lo del "piano incli-nato" riferendosiall’eutanasia…Guardando tutti glisviluppi, ritengoche questo in Olan-da sia un dato di fat-to. Lo scorso otto-bre, il nostro mini-

stro della Salute ha annunciato di faci-litare l’eutanasia per tutti coloro chehanno più di 70 anni, indipendente-mente da qualsiasi malattia. Questa pro-posta mostra con estrema evidenza l’e-sistenza del "piano inclinato"L’Italia è in procinto di approvare u-

na legge che intende introdurre le Di-sposizioni anticipate di trattamento(Dat). Quali sono i rischi che si cela-no dietro il cosiddetto testamentobiologico?Potrei arrivare ad accettare una tale leg-ge, a condizione che questo paziente ab-bia fatto le sue Disposizioni anticipatevolontariamente e in virtù di una cor-retta informazione. Forzare un pazien-te a continuare a vivere in contrasto conla sua volontà espressa è, a mio parere,una violazione dell’integrità fisica diquella persona. Vorrei aggiungere un’al-tra condizione: se un paziente agoniz-zante esprime chiari segni che mostra-no un desiderio di vivere, questi costi-tuiscono delle linee guida avanzate e dicui tener conto. Se non riusciamo a ri-spettare il rifiuto espresso di un pazienteall’eutanasia, questo può, a lungo an-dare, ritorcersi anche contro la causapro-life. Per me, eutanasia è solo quel-la richiesta dal paziente. Un consiglio per l’Italia?A 40 anni dall’avvio delle discussionisull’eutanasia in Olanda, il mio consiglioè guardare il caso olandese e chiedersi seè questo ciò che si desidera per il futurodel proprio Paese.

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«E lo scorso anno il nostroministro della Salute halanciato lʼidea di facilitare la "fine" a tutti coloro chehanno più di 70 anni, anchein assenza di patologie»

aprile 2017 33NOI famiglia vitaL’abominio della morte di Stato L’abominio della morte di Stato

«Fermatevi, qui è un inferno»

Lʼesperto. «Dat, strumento inutileAllontanano il medico dal paziente»

olti professionisti si sono fatti un parerecomplessivo, per il quale le Dat costituiscono

uno strumento che non assolve il proprio compito dimantenere nel tempo l’espressione di un consensoinformato nell’ambito del rapporto medico-paziente.Sulla base di quali elementi? La distanza temporale trail momento in cui le Dat vengono redatte e quello incui propongono i loro effetti è al contempo anche unadistanza psicologica, nel senso di una totale diversitàesistenziale del soggetto dalmomento di stesura in pienobenessere al momento diapplicazione. Altri elementiche confermano l’astrattezzadi questo strumento sono ladifficoltà a compilare le Datrilevata in diversi studiclinici, il loro scarso utilizzonei Paesi in cui sonopresenti da tempo (non piùdel 20-25% dellapopolazione) e l’inopportunità di un vincolo totale peril medico (di cui era stato preso atto già nellaConvenzione di Oviedo del 1997). Un altro rischiopresente nelle Dat è quello di una formalizzazionelegalistica tale da allontanare il medico dal paziente,analogamente a quanto spesso avviene per il consensoinformato, diventato un "modulo da riempire",favorendo una presa di distanza da parte di unprofessionista che si sente sempre meno responsabile.

L’implementazione dello strumento delle Dat nellapopolazione ha assunto, purtroppo, forme deprecabiliin alcuni Paesi, come quella di farle compilare a ognianziano che entra in una struttura assistenziale,sottoscrivendo la volontà a non essere più nutrito eidratato artificialmente per qualunque minimopeggioramento di stato cognitivo. La forma menoastratta e teorica per rispettare davvero le preferenzedel paziente è invece quella di una "Pianificazione

anticipata delle cure", cioèquella in cui una persona,già in una storia precisa dimalattia cronica inguaribileevolutiva, condivide con ilsuo curante una serie diprevisioni di sviluppo dimalattia e di ipotizzabiliscelte nelle fasi successivedi malattia. Piuttosto che leDat, la legge dovrebbefavorire questa modalità, in

alcuni contesti clinici (cronicità inguaribile evolutiva)e non in altri (non emergenza-urgenza), con uncarattere non "assolutamente vincolante", con rinnoviravvicinati (non più di tre anni), e con unadivulgazione e promozione che non approfitti dellavulnerabilità fisica e psicologica delle persone fragili,in una sorta di "obbligo volontario" a farsi da parte.

Marco Maltoni Direttore Unità Cure Palliative - Ausl Romagna Forlì

M

Maltoni: un rischio la distanza

temporale epsicologica tra

espressione delconsenso e

momentodellʼapplicazione Marco Maltoni

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’avete mai vista una speranzasu sei ruote?

Da quell’indimenticabile 24 agostoqualcosa, anzi davvero molto, è cam-biato nelle nostre zone. Sono una vo-lontaria del Cav di Ascoli Piceno, abi-tante di queste meravigliose terre pur-troppo martoriate da un "mostro", co-me ormai lo chiamiamo qui, che an-cora oggi non ci fa riposare, non ci la-scia in pace.«Cosa possiamo fare noi?»: ci siamochiesti al Cav il giorno dopo la trage-dia. Il nostro vescovo, Giovanni D’Er-cole, ci ha indicato la strada: «Dob-biamo occuparci delle persone, alle ca-se ci penserà qualcun altro». Ci ha in-viati, quindi, tra la gente di Arquataper cominciare un cammino di vici-nanza, accoglienza e sostegno: comedegli "angeli", cioè "messaggero di vi-ta e amicizia". Fin dai primi giorni,nelle varie tendopoli allestite, erava-mo presenti e poi abbiamo dato vita alprimo "Cav da campo". Il nostro ser-vizio, discreto ed accogliente, andavaavanti, giorno per giorno, tenda pertenda. Anche con qualche comprensi-

bile rifiuto. Un evento così violento titoglie ogni maschera e non hai più névoglia né forza di simulare gentilezza.Ci siamo trovati di fronte a bambiniincoscientemente gioiosi e giocosi, an-che se ancora impauriti, ma ci siamoanche confrontati con il doloroso de-siderio, da parte di alcuni nonni, di far-la finita. L’impressione ricorrente e ge-neralizzata era quella che non avrem-mo più avuto un futuro: «Ogni vita èpreziosa – ci siamo detti – e noi non limolleremo».Così, pian piano, la costante e rispet-tosa presenza di noi volontari "per lavita", è divenuta un germoglio di sor-risi: non ci lasciavano più andar viasenza prima averci strappato la pro-messa che saremmo tornati. I nonnihanno cominciato a guardare l’arrivodel nuovo giorno con altri occhi, e ad-dirittura c’è stato anche chi ha rivoltonuovamente i suoi pensieri al caro or-ticello solo momentaneamente ab-bandonato. Chi conosce la realtà dei Cav, sa chegeneralmente accogliamo donne o ra-gazze che vivono la gravidanza comeun grande problema e vedono l’abor-to come unica via di scampo. Oltre adaccoglierle, cerchiamo poi di offrire u-

na soluzione alternativa. In tendopoli,però, sembrava che non ci fossero ge-stanti. Una ricerca attenta ci ha porta-ti ad intercettare quattro dolcissimemamme in attesa, ognuna con una sto-ria splendidamente unica. Angela, al-la seconda gravidanza, avrebbe parto-rito di lì a poco. La sua situazione nonera gravissima, ma lei e la sua fami-glia avevano dovuto cercare ospitalitàda amici, verso il mare, abbandonan-do luoghi amati ed abitudini rassere-nanti. Purtroppo vi è stata costretta poi-ché, com’è facile immaginare, viverein tenda, su una brandina risicata, nonè il massimo per una donna con unpancione bello pronunciato… Le altretre mamme avevano saputo della pic-cola vita spuntata nel loro grembo, pro-prio qualche giorno prima di quel ter-ribile 24 agosto e in questi giorni so-no in procinto di partorire. Teresa, gio-vane donna, non ha una situazione pro-priamente rosea: non ha un lavoro, edha perso la casa. Mi confida: «Non soquale sarà il nostro futuro, non si rie-sce a fare progetti. L’unica cosa chesappiamo è che dobbiamo andare a-vanti». Serena il lavoro ce l’ha, ma nonsa fino a quando, perché la sua azien-da, che aveva resistito alla prima orri-

L

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aprile 2017

NOI34

famiglia vita La fantasia della carità La fantasia della carità

Il cardinaleMenichelli, il vescovoD’Ercole,

il presidentedel MpV Gigli e

altriresponsabili

del movimentocon il nuovocamper cheospita il Cav

itineranteper le zone

terromotate

È già noto come «la speranza su sei

ruote» il nuovomezzo del MpV

inaugurato tra le tendopolidellʼAscolano dal cardinale

Edoardo Menichelli e dal vescovo

Giovanni DʼErcole

Viaggia in camper il CavAnita

Gasparrini

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bile scossa, ha ceduto a quella altret-tanto tremenda del 30 ottobre. La suacasa, nemmeno a dirlo, è totalmente i-nagibile ed il suo compagno le ha pro-posto di lasciare Arquata, per andarelontano, ospitati da parenti. Loredana,uscita da un brutto periodo dopo un a-borto spontaneo, alla notizia della gra-vidanza, è apparsa incredula. L’an-nuncio del felice nuovo arrivo lo hadato durante la cena in famiglia del 23agosto. Poverine? Niente affatto, quan-do ci incontriamo, i loro sorrisi sonoluminosi e ci accolgono dolcemente econ gioia. Sono sorrisi diversi, vannooltre l’amaro, sono i sorrisi di un’atte-sa desiderata e desiderosa. A loro ilCav cosa può offrire, da-to che sono davvero fe-lici di accogliere questanuova vita? Non semprei bisogni che abbiamosono palesi... Noi delCav lo abbiamo impara-to. E allora in attesa disistemazioni definitive,le raggiungiamo laddoveè più facile, in giro nelPiceno, organizzando u-na merenda davanti adun tè e quattro chiac-chiere, che sembrano fi-ni a loro stesse, ma recano un caricodi prossimità ed amore incalcolabili. Intutto questo, poi, abbiamo toccato ilvolto meraviglioso della solidarietà.Infatti, da vari Cav d’Italia sono arri-vate per loro, concrete offerte di aiutoe di sostegno.E proprio condividendo tutte queste e-sperienze con gli amici del direttivonazionale del MpV, l’idea di un "qual-cosa" che annunciasse fra la gente insituazioni di emergenza una presenzadi amicizia e di speranza, si è concre-tizzata nel camper divenuto un vero eproprio "Centro di aiuto alla vita viag-giante". Un investimento, quello del

MpV, che rende tangibile e visibile ilconcetto di "bene comune", poichéquesto mezzo è destinato a portare so-stegno, accoglienza, ascolto e aiuto an-che in altri luoghi laddove si verifi-cassero situazioni di emergenza. Quiad Ascoli il camper è arrivato anche co-me temporaneo sostituto della nostrasede, anch’essa inagibile, e come stru-mento per avvicinare le donne ospita-te negli alberghi della costa. Il mezzoè stato accolto con entusiasmo dallevolontarie ed è stato inaugurato in oc-casione del Convegno nazionale Am-ci (Associazione medici cattolici ita-liani). Lo scorso 25 marzo è stato be-nedetto, oltre che dal vescovo della

diocesi ascolana, D’Ercole, anche dalcardinale Edoardo Menichelli, arcive-scovo di Ancona e assistente dei Me-dici cattolici, alla presenza del presi-dente del MpV, Gian Luigi Gigli. L’esperienza del terremoto ha fatto cre-scere in noi la consapevolezza che ilvolontario pro-life, deve muoversi frala gente e portare la notizia, vera, chela vita va scelta, sempre, perché la vi-ta è sì una sfida da accettare, ma è pu-re una grande ricchezza da difenderee curare. E di questo nostro andare ver-so la gente, il camper vuol essere se-gno e strumento.

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aprile 2017 35NOI famiglia vitaLa fantasia della carità La fantasia della carità

dei terremotati

inita la stagione invernale, ibanchi di vendita si

colorano di un bel rossofragola stagionale. Èimportante consumare frutta distagione perché è più gustosadi quella ottenuta "forzando"la stagionalità e locale oitaliana perché, come dicesempre la Coldiretti, èecosostenibile. Aiutal’ambiente perché evita lunghiviaggi ai prodotti, condispendio energetico pertrasportare da un capo all’altrodel mondo. La fragola èappunto la frutta tipica dellaprimavera, anzi è la regina trala frutta di primavera, perchésoddisfa il palato di tutti ed èmolto versatile. Si presta adessere gustata in vari modi:come un rapido spuntino, inmacedonia, con gelato, pannao cioccolato, per torte,bavarese, crostate, confetture,frullati, gelati e anche qualchepiatto salato, come il risottocon le fragole. Le sue proprietàorganolettiche sono molteplici:diuretiche, rinfrescanti,depurative. Sono ricche dinutrienti, contengono ferro,fosforo, calcio, vitamina A,B1, B2 e C. Le fragole sonopoco caloriche, ricche di fibree hanno un buon poteresaziante. Le fragole, infine,contengono xilitolo, unasostanza che aiuta a prevenirel’alitosi e la formazione diplacca dentale. Anche questofrutto però ha un neo cioè èfortemente allergizzante. Perquesta ragione spesso lefragole vengono controindicatead alcune categorie, peresempio donne in gravidanza oche allattano al seno. Anche aibambini molto piccoli al disotto dei due anni è meglionon dare fragole. O se propriosi vuole, bisogna eliminare gliacheni ovvero quei puntini chesi trovano su tutta la superficiedel frutto, ritenuti moltoallergizzanti. In effetti lafragola (Fragaria vesca) è unfalso frutto, i veri frutti sonoproprio gli acheni mentrequella che comunementechiamiamo polpa è ilricettacolo molto ingrossato diuna infiorescenza. Molte

mamme adesso non tengonopiù conto delle limitazioni dialcuni alimenti in base ai mesidi vita del bambino. Mentreprima lo svezzamento eraperfettamente seguito dalpediatra, ora molte donneapplicano la nuova idea detta:"il bambino me lo svezzo io"che prevede l’assaggio diqualsiasi alimento anche apochi mesi di vita. In altreparole tutto ciò che è nei piattidei grandi viene assaggiato daipiccoli. Ciò pone le basi apossibili allergie future. Lefragole aiutano il metabolismo,sono fatte al 90% di acqua eidratano bene, sono anchericche di enzimi che aiutano adimagrire, forniscono pochecalorie circa 30 per 100grammi. Le fragole sono anchericche di fibre cheregolarizzano l’intestino efanno assorbire meno grassi emeno zuccheri. Il contenuto divitamine C delle fragole(cinque fragole contengonouna quantità di vitamina C paria quella di un’arancia)favorisce l’assorbimento delferro. Questa azioneantiritenzione viene potenziatadal potassio, un minerale di cuile fragole sono ricche.Sbiancano e proteggono i dentie questi frutti – come detto –contengono xilitolo, unasostanza dolce che previene laformazione della placcadentale e uccide i germiresponsabili dell’alitosi. Sonoantiossidanti e mantengonogiovani. Le fragole sono infattistate inserite tra i supercibi cheallontanano l’invecchiamentonella speciale classifica Orac(Oxygen Radical AbsorbanceCapacity) stilata dall’Usda (ilDipartimento dell’agricolturastatunitense), per il contenutorecord in sostanzeantiossidanti benefiche per lasalute. Fanno bene al cervelloe alcune ricerche hannodimostrato che, grazie al lorocontenuto di acido folico, sonoutili per il mantenimento dellamemoria.

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F

Benefiche fragoleBuone, antiossidantie anche dimagranti

LASALUTE

NELPIATTO

Caterina e GiorgioCalabrese

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La nuova “Carta”:stata presentata lo scorso febbraio da par-

te del Pontificio Consiglio per gli Operato-ri Sanitari (ora confluito nel Dicastero per ilServizio dello Sviluppo Umano Integrale) laNuova Carta degli operatori sanitari. Essa ri-sponde all’esigenza di una revisione e aggior-namento della prima edizione del 1994 in con-seguenza delle numerose conquiste della ri-cerca biomedica che si sono succedute in oltrevent’anni, come pure dei mutati orientamentisociali internazionali riguardo alle questioni e-tiche di inizio e fine della vita che hanno de-terminato una accresciuta sensibilità relativa-mente al significato delle cure e delle terapie.La Nuova Carta intende essere «uno strumen-to efficace di fronte all’affievolirsi delle evi-denze etiche e al soggettivismo delle coscien-ze». I destinatari sono proprio coloro che sonochiamati a prendere decisioni, gli operatori sa-nitari, ai quali è richiesta una particolare re-sponsabilità nello svolgimento del loro servi-zio, il quale si qualifica per la valenza antro-pologica che le scienze biomediche devono pro-muovere, nella continua ricerca volta ad offri-re uno specifico servizio al bene integrale del-

È

«No a queste DatRischio gravissimo»

e cure palliative sostengono la vi-ta e considerano il morire come un

processo naturale: non accelerano né ritar-dano la morte. Esse perseguono l’obiettivodi garantire la migliore qualità di vita possi-bile sino al momento della morte» (Carta diPraga, documento Eapc-European Associa-tion of Palliative Care).L’Italia si è distinta in questo campo pro-mulgando, nel 2010 una legge (n. 38) per as-sicurare proprio il diritto alle cure palliativee alla terapia del dolore, istituendo reti chedovrebbero garantire una risposta al proble-ma della sofferenza di tanti che, per svaria-te condizioni di malattia, si trovano a vive-re condizioni difficili soprattutto al confinetra la vita e la morte. Le cure palliative rap-presentano una medicina nello stesso tem-po moderna – perché offre risposte adegua-te ed anche avanzate al dolore e a tanti altrisintomi che accompagnano le malattie in-guaribili ed invalidano la qualità della vita –ma anche antica, perché riscopre la sua vo-cazione originaria, di accoglienza, assisten-za, accompagnamento e sostegno anche psi-cologico, sociale e spirituale di chi si trovanella sofferenza. Chi lavora nelle cure pal-liative, negli Hospice, luoghi costruiti perdare accoglienza e sostegno personalizzatoai malati e alle loro famiglie o a domiciliodegli stessi, sa di lottare ogni giorno, insie-me ai propri pazienti, per salvaguardare lavita, la sua qualità, come anche per assicu-rare una buona qualità della morte, quandoquesta, inevitabile si avvicina, perché siasenza dolore, accompagnata, e, quando ne-cessario, protetta dalla sedazione propor-zionata della coscienza, senza con questovoler incidere sul tempo di sopravvivenza. Nelle cure palliative, si cerca sempre di evi-tare ogni forma di accanimento, diagnosti-co e terapeutico, così come non ci si ponemai l’obiettivo di determinare il momento delmorire. Tutto questo per dire che la praticadelle cure palliative, possono realmente rap-presentare la risposta attesa da malati e fa-miglie alla grande problematica della soffe-renza, delle malattie inguaribili, del percor-so di fine vita, anche grazie al sostegno psi-cologico e spirituale, oltre che sociale, cioèrivolto alle dimensioni interiori e relaziona-li della persona, spesso messe in crisi dallacondizione di sofferenza, favorendo la ten-tazione di voler abbandonare prima la vita. Nasce da questa consapevolezza il tentativodi ridare significato alla vita, anche se limi-tata dalla malattia o dalla grave disabilità, at-traverso un approccio narrativo, proprio del-la medicina palliativa, volto a riscoprire il va-lore profondo della persona ed il suo lega-me con il mistero, con l’universo e, non ul-

timo, con Dio. Il ruolo che si può giocare nel-la vita fino all’ultimo momento nella co-munità dei viventi, può rappresentare unarisposta, certamente più difficile ed impe-gnativa, ma più vera, rispetto alla propostadell’eutanasia o al disimpegno di terapie i-nappropriate e sproporzionate. Se tutto que-sto è, non dico vero, ma almeno credibile,allora penso che il contenuto più autenticodi una "dichiarazione anticipata di tratta-mento" (Dat), in previsione di una condi-zione di incoscienza e nel timore di terapiesproporzionate, dovrebbe essere proprioquello di essere affidati alle cure palliative,piuttosto che quello di decidere su ciò chenon si conosce, cioè in quali condizioni ci sipotrà trovare, diquali trattamentipotremmo effetti-vamente benefi-ciare e quali do-vrebbero essereassolutamente e-vitati. Anche laquestione spinosadella nutrizione edell’idratazione può trovare risposta in un ap-proccio palliativo: infatti è pratica comune,in cure palliative, sospendere nutrizione e/oidratazione artificiali quando queste non ab-biano più significato, cioè a fronte di una fi-ne della vita prossima, seguendo racco-mandazioni scientifiche ben note. Ovvia-mente ben altra cosa è sospendere o inter-rompere tali, e altri, trattamenti e sostegnivitali quando la prognosi, cioè la previsio-ne di sopravvivenza, non è a breve termi-ne (giorni/settimane), ma a medio-lungotermine (mesi/anni), perché in questo ca-so è proprio la sospensione dei trattamen-ti a determinare la morte piuttosto che lamalattia di cui è affetta la persona. Qui sientra nel campo dell’eutanasia, cioè dellamorte provocata, anche se, non ancora, nel-la forma del suicidio assistito e dell’euta-nasia attiva (iniezione letale). Perciò è con preoccupazione che guardo al-la posizione assunta dalla Sicp (Società ita-liana di cure palliative), come anche dallaSiaarti (Società italiana anestesisti rianima-tori italiani), di pieno sostegno alla legge sul-le Dat, senza considerare questi risvolti eti-ci e clinici. Non è quello che ci chiedono inostri pazienti, e perciò un nutrito gruppo dipalliativisti e altri medici e professionisti au-torevoli, ha espresso il proprio dissenso dal-la posizione di queste società scientifiche, inparticolare la Sicp, in un documento pre-sentato alla stampa, sperando che ci possaessere un ripensamento dettato dal buon sen-so e che orienti la legislazione all’effettivatutela dei più deboli.

*Direttore Hospice e Cure Palliative, Azienda Ospedaliera S. Carlo Potenza

Tra eutanasia e accanimento,sono le cure palliative

la risposta piùautenticamente umana

ai bisogni dei malati terminaliE chi lavora negli hospice lo sa

LMarcelloRicciuti*

aprile 2017

NOI36

famiglia vita Frontiere della scienza Frontiere della scienza

Marcello Ricciuti

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«Diritto a morire nella maggior serenità possibile»la vita e della dignità di ogni essere umano.Il testo si articola in tre sezioni: il generare, ilvivere e il morire. Qui ci soffermiamo su que-st’ultimo aspetto. La Nuova Carta afferma (daln. 144 e ss) che è soprattutto nel processo delmorire che si gioca tutta la competenza, pro-fessionalità e responsabilità degli operatori sa-nitari che sono chiamati – in piena continua-zione con la loro opera medica – a interagire congli operatori pastorali e i familiari del pazienteper offrire alla persona nella fase terminale del-la vita quell’aiuto clinico, psicologico, spiritualeche le consentano, per quanto umanamente pos-sibile, di accettare e di vivere la sua morte. È su questo delicato momento che si deve agi-re affinché la dignità della persona si manife-sti come «diritto a morire nella maggiore sere-nità possibile» escludendo sia l’anticipazionedella morte sia la sua penosa dilazione. Una do-vuta attenzione è riservata alle volontà del pa-ziente, anche precedentemente espresse, esclu-dendo però ogni richiesta di atti eutanasici o diaiuto al suicidio, e considerando comunque cheil medico non è un mero esecutore, «conser-vando egli il diritto e il dovere di sottrarsi a vo-

ste – ribadisce la Nuova Carta – rientrano tra lecure di base (non terapie, anche se sono veri epropri interventi medici), dovute al morente, inquanto persona, quando non risultino troppo gra-vose o di alcun beneficio. Pertanto nel morentela loro somministrazione «è obbligatoria, nellamisura in cui e fino a quando dimostra di rag-giungere la sua finalità propria, che consiste nelprocurare l’idratazione e il nutrimento del pa-ziente». Non ha pertanto alcun significato euta-nasico il considerare la possibilità di non conti-nuare più la nutrizione e idratazione artificial-mente somministrate e comunque non è corret-to fare affermazioni generiche e categoriche chevalgano per tutti i casi e per tutti i pazienti chefanno nutrizione e idratazione artificiale; occor-re valutare ogni singolo caso – perché ogni pa-ziente è unico – in base alla sua situazione clini-ca che si può capire solo stando accanto a lui,coinvolgendo, dove attivata, la consulenza di e-tica clinica al letto del paziente.

Antonio G. Spagnolo*Direttore dell’istituto di Bioetica

e Medical HumanitiesUniversità Cattolica del Sacro Cuore, Roma

aprile 2017 37NOI famiglia vitaFrontiere della scienza Frontiere della scienza

MpV, più equilibrio tra realtà localie più efficienza per le sfide del futuro

Platea gremita allʼAssemblea generale del MpV, che si è tenutaa Roma nei giorni 11 e 12 marzo; particolarmente vivace e nu-merosa la partecipazione dei Cav e dei Movimenti locali che co-stituiscono la Federazione nazionale, convocata annualmentea termini di statuto per lʼapprovazione dei bilanci. Gli adempi-menti formali, preceduti dalle consuete illustrazioni di profilocontabile, hanno peraltro preso poco tempo, mentre ha spa-ziato a tutto campo lʼintensa serie di riflessioni svolte dal presi-dente Gian Luigi Gigli sulla situazione del MpV, sulle urgenze se-gnate dai dibattiti e dai progetti normativi in tema di vita e di fi-ne vita, sulle prospettive di una futura attività pro-life attraver-so una riorganizzazione della rete periferica, sulle possibili stra-tegie di lungo termine per realizzare una presenza più efficacee più incisiva sul piano comunicativo e culturale oltre che ope-rativo.Gigli ha dato conto ai presenti dallʼandamento dei lavori parla-mentari sul tema delle dichiarazioni anticipate di trattamento.Uno dei punti critici è costituito dalla equiparazione di sostegnivitali, quali lʼidratazione e la nutrizione, alle terapie sanitariesoggette a possibile interruzione. La vita diviene così un benesu cui la completa autodeterminazione dellʼindividuo ha la pa-rola ultima, sbilanciando il patto di fiducia e di alleanza tra il pa-ziente e il medico, con lʼintroduzione nei fatti della eutanasia o-missiva, senza che il medico possa obiettare. Lʼannuncio di una iniziativa peculiare ha poi riscosso ampio con-senso in assemblea. In fondo questa è, e questa resta, la missiondellʼaiuto alla vita. Il resto delle questioni affrontate nel corso del-lʼassemblea, di tipo organizzativo, volte a ridisegnare lʼassettoorganizzativo e funzionale del Mpv, a questo devono essere fi-nalizzate: ad essere sempre più lʼespressione e la testimonian-za efficiente di una comunità che ama, difende ed accoglie la vi-ta. Nel corso del dibattito è emersa dunque la necessità di unarazionale ricerca di equilibrio tra le varie realtà periferiche e li-velli di efficienza adeguati alla sfida del futuro. In assemblea nonsono mancate voci di esortazione a sostenere, incoraggiare, aiu-tare proprio le situazioni più fragili, perché lʼobiettivo è includeree aiutare a crescere tutte le associazioni, in una prospettiva difamiglia e di rete. Infine si è disegnato lʼabbozzo di nuovi pro-getti, di nuove formule comunicative, di nuove strategie per rin-novare la fecondità operativa del MpV (Giuseppe Grande).

L’A

SSEM

BLEA

Il documento vaticanoammette anche la sedazioneprofonda in prossimità dellafine, in previsione di una crisi

al momento del trapassolontà discordi dalla propria coscienza».È considerato anche il ricorso alla sedazione pal-liativa profonda «in prossimità del momento del-la morte, o nella fondata previsione di una par-ticolare crisi nel momento della morte». Si trat-ta della «somministrazione di farmaci soppres-sivi della coscienza» decisa dai medici con ilconsenso del malato in presenza di dolori in-sopportabili, refrattari alle terapie analgesicheusuali. Nel momento in cui si determina la mor-te questa non è in relazione ai farmaci sommi-nistrati, ma all’evoluzione naturale della malat-tia. La sedazione palliativa profonda si distingueperciò da qualsiasi ipotesi eutanasica, sia nelleintenzioni sia nei mezzi utilizzati e dunque nonè una forma nascosta di eutanasia. Indicazioni importanti riguardano la nutrizionee idratazione artificialmente somministrate. Que-

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ra il 6 Marzo 1977 quando in cattedrale il ve-scovo di Prato, Pietro Fiordelli, annunciava:

«Domani incomincerà ad operare il Centro diaiuto alla vita perché ogni donna preoccupata perla sua maternità possa trovare un sostegno psi-cologico, affettivo, morale ed economico». Que-sto suo annuncio avveniva, in occasione del-l’approvazione della legge sull’aborto da partedella Camera dei deputati, al termine di una mar-cia silenziosa per la vita che aveva visto sfilareseimila persone. È nato così il Cav, secondo inItalia dopo quello di Firenze. Il seme posto 40anni fa è oggi un albero, alla cui ombra hannotrovato ristoro tante mamme in difficoltà. Oggi per raggiungere il suo scopo, il Centro di-spone di un gruppo di circa 50 tra volontarie evolontari. Grazie alla loro opera sono attivi uncentro di ascolto, aperto quatto giorni la setti-mana, un centro di distribuzione di articoli ed ab-bigliamento prima infanzia, un reparto di pro-

dotti prima infanzia presso l’Emporio della So-lidarietà, un servizio di accompagnamento ebaby-sitting. Il Cav gestisce inoltre la Casa diAccoglienza "Aurora", per l’ospitalità tempo-ranea per gestanti e mamme. Ad oggi sono sta-te 5.708 le gestanti e le mamme aiutate: tante lelacrime asciugate e i sorrisi fatti splendere. Dal-la nascita del Centro ad oggi molto è cambiato.Stiamo attraversando la notte dei valori in piùcampi, e mentre si proclamano l’eguaglianza, la

dignità umana e i diritti dell’uomo, in netta con-traddizione con questi proclami si schiaccia lavita del più debole degli esseri umani: il bambi-no nel seno materno. Come coloro che il 6 mar-zo di 40 anni fa hanno proclamato pubblica-mente il loro Sì alla vita, anche oggi i volontaridel Cav di Prato si sentono sentinelle che av-vertono del pericolo di morte che incombe sul-la nostra società. Per celebrare il quarantesimo,il 26 marzo presso l’Auditorium della Cameradi commercio è stato proiettato un video-con-certo-testimonianza "Il Mondo di Lucy", segui-to dalla premiazione del concorso indetto nellescuole superiori "La vita è Vita difendila", men-tre sabato 1 aprile presso la Cattedrale una so-lenne celebrazione eucaristica di ringraziamen-to è stata presieduta dal vescovo Franco Ago-stinelli.

Patrizia Benvenuti© RIPRODUZIONE RISERVATA

E

a un anno a questa parte il MpV haintrapreso una profonda trasforma-

zione della sua comunicazione sia sul fronteinterno che esterno. Vogliamo rispondere inquesto modo alla crescente indifferenza versoil valore della vita umana attraverso la testi-monianza ordinaria, ma anche straordinaria,della bellezza e della inviolabile dignità di o-gni essere umano, a partire dai più indifesi. Il primo cambiamento è interno e ha inte-ressato l’identità del Movimento con il rin-novo dei loghi, dell’immagine coordinata edel sito web ufficiale www.mpv.org. Que-st’ultimo punta a diventare una piattaformadi servizi per le oltre 300 sedi locali raffor-zando il legame tra il livello nazionale e il li-vello d’intervento sul territorio. Il sito ospi-terà i contenuti prodotti dalle commissionidedicate alla bioetica, al biodiritto, alle rela-zioni internazionali e alla comunicazione.Sempre online saranno disponibili le infor-mazioni sulle iniziative, i servizi e i proget-ti organizzati dal Movimento. Ai più giovani è dedicato un intero porta-le, Prolife.it, che raccoglie non solo le ini-ziative dedicate ai ragazzi e alle ragazzema contenuti pensati e prodotti per e daigiovani di tutta Italia. L’aggiornamento della comunicazione inter-na ha coinvolto anche la rivista ufficiale Sì al-la Vita, rivolta a soci e sostenitori. La tradi-zionale edizione mensile si è trasformata inuna edizione online, con la stessa periodicità,ma con spazi e linguaggi multimediali im-pensabili sulla carta stampata. La rivista è o-ra consultabile all’indirizzo www.siallavi-

taweb.it sia da computer che dai dispositiviportatili come smartphone e tablet. A fiancoai contenuti disponibili per tutto il pubblico,alcuni documenti di approfondimento e dicarattere interno sono disponibili solo agli

abbonati attraverso una semplice registrazio-ne sul sito. La sfida della comunicazione e-sterna è stata raccolta per rispondere a due ne-cessità ineludibili: colmare la crescente in-sufficienza della copertura mediatica per le i-niziative e gli interventi prolife; superare lasempre minore sensibilità per il rispetto del-la vita umana da parte dei media. A queste e-sigenze rispondono la nuova newsletter ar-ricchita da una nutrita rassegna stampa e il lan-cio di una nuova agenzia di stampa, VitaNews, con notizie di attualità sui temi bioe-tici e consultabile sul sito www.vitanews.org.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

DTony

Persico

Rinnovato il sito web ufficiale(www.mpv.org)Cʼè anche un portale dedicato ai più giovani (Prolife.it). Linguaggimultimediali per "Sì alla vita"E arriva lʼagenzia di stampa Vita news

Fu il vescovo Fiordelli ad annunciare

in cattedrale la nascita delCentro di aiuto alla vita

Oggi quel seme è diventatoun grande albero. Oltre 5mila

le mamme aiutate

Comunicare speranzaOn line le news della vita

aprile 2017

NOI38

famiglia vita La sfida delle buone notizie

Grande festa a Prato per i 40 anni del Cav

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atechista, di che albero sei?”, libro scrit-to da Luigi Guglielmoni e Fausto Negri

per le edizioni Elledici (78 pagine, 7,50 euro), sti-mola il catechista a essere un organismo vivente efecondo come l’albero, imparando da Cristo. Abe-te, quercia, salice, mandorlo, noce, olivo, acero, vite: le caratteristichedi ognuno di questi alberi vengono applicate alla missione del catechi-sta attraverso meditazioni, citazioni, preghiere e stimoli per la verificapersonale e di gruppo. Favorire la crescita di un bravo catechista è co-me piantare un albero, cioè favorire il futuro.«Nella letteratura e nell’arte figurativa dei popoli antichi e della tradizio-ne cristiana – si legge nella premessa al testo – il tema dell’albero ricorredi frequente ed ha una relazione stretta con le persone umane». Così, an-che il catechista, è scritto nella conclusione del libro, «è destinato a fiori-re, come l’albero a primavera. Attrae, donando bellezza, profumo di Van-gelo e gioia». E ancora: «Il catechista tende al cielo ma è ben radicato alsuolo, come l’albero. Il vento lo scuote, lo spoglia, ma non lo estirpa. Ilcatechista fa ciò che gli è possibile, con ciò che ha a disposizione, dove sitrova: come l’albero. Non si lamenta, non invidia, non giudica».In definitiva, allora, «il catechista cresce tra sole e temporali, come l’al-

bero. La fede e la missione comportano anche le pro-ve. Il catechista è “vivo” se si rinnova di continuo, co-me l’albero. Per reggere alle difficoltà , conta la “lin-fa spirituale che ha dentro. Opera sempre e solo per

il Signore e per la vita».

C“

E tu, catechista:di che albero sei?

Lʼangelo custode esiste:possiamo scoprirne le tracce

LETTIPER VOI

rendendo spunto dalromanzo “Il sentiero

proibito”, di Moony Witcher,Elledici pubblica il sussidioper l’estate in oratorio “The-saurus e il Sentiero proibito”(159 pagine, 11.90 euro). Latrama propone personaggi esituazioni molto attuali e ri-legge la vita e il mondo deibambini e dei ragazzi di og-gi, con le loro contraddizio-ni e i loro dubbi, con i loroslanci di entusiasmo e le lo-ro crisi e tradimenti.

P

iutare gli adulti a scoprire la tracce degli an-geli nella loro vita e in quella dei loro bambi-

ni. Questo l’obiettivo di “L’angelo custode raccon-tato ai bambini”, il nuovo libro di Bruno Ferrero perElledici (40 pagine, 5 euro). Attraverso racconti e ri-

ferimenti biblici, il libretto riccamente illustrato passa in rassegna le sin-gole espressioni della preghiera all’Angelo di Dio. «Ognuno di noi –spiega l’autore – ha il suo angelo. Ce lo ha assicurato chiaramente Ge-sù. Nel Vangelo di Matteo, Gesù dice ai suoi discepoli: “Guardatevi daldisprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angelinel cielo vedono sempre la faccia del padre mio che è nei cieli”».

A

aprile 2017 39NOI famiglia vitaLe rubriche

Condividereè il segretoper riuscirea realizzarebuone idee

Un Thesaurusper lʼoratorio

na buona idea” di MicheleTranquilli (Feltrinelli, 236 pa-

gine, 15 euro), narra l’esperienza diMichele tra grandi slanci e profondedelusioni, è avventuroso come un ro-manzo ma ha la forza di essere una sto-ria vera. Il suo protagonista è un ra-gazzo qualunque che, con determina-zione e buona volontà, riesce a co-struire qualcosa di grande. Questa sto-ria non è solo un’avventura straordi-naria lunga dieci anni, ma anche unmetodo di aiuto applicabile da tutti aqualsiasi problema, anche quelli fuoridalla nostra porta.

U“

aterina, la piccolina di quasicinque anni che abbiamo

conosciuto il mese scorso per aversvuotato il proprio salvadanaioper i poveri, ci fa compagniaanche questo mese. Ho pensato diraccontare ancora di lei perché mipare intonata, questa storia, con laprimavera e la Pasqua: rinascita,risveglio, ricominciamento. E ildelizioso quadretto che la vedeprotagonista questo mese ha ilsapore di pulito, di innocenza, diun affacciarsi alla vita che misembra si adatti bene a questoperiodo dell’anno. La piccola hachiesto una mattina come altre,per andare alla scuola materna, diindossare un paio di orecchini,con la calamita e di un bel rossovivace. Proprio qualche giornoprima un amichetto le avevadomandato come mai nonindossasse più questi orecchini.Tornata a casa la mamma le hachiesto dei commenti delleamiche. Passate in rassegna lereazioni delle bambine si arriva alpiccolo che reclamava questibenedetti orecchini. Alla specificadomanda della mamma lapiccolina risponde così: «Non miha detto niente. Ma io lo vedevoche mi guardava con quella facciache diceva quella cosa là, ma sivergognava a dirmelo». La madrele chiede allora di "quale cosa" sitratti. Caterina: «Ma dai….Quella!». Prosegue la mamma:«Cioé che gli piaci con questiorecchini?». E Caterina «Eh,certo!». Ne vengo a conoscenza, di questoquadretto familiare, dalla chatwhatsapp con la mamma diCaterina che termina il raccontocon una serie di "faccine" tra losgomento e il divertito e uncommento: «Le femmine nasconoper interpretare gli sguardi deimaschi». Questa cosa dellosguardo mi è rimasta dentro: tuttinoi "nasciamo" da uno sguardo.Lo sguardo di Dio che vede lanostra vita e la dichiara degna findal principio; lo sguardo deigenitori che in maniera tuttaspeciale ci dà una forma; losguardo degli amici, lo sguardodella persona amata che ciconferma all’esistenza. Penso aldramma dell’adolescenza:quell’oscillare tra il voler essereinvisibili e l’insopprimibile

necessità di esistere suscitati dallosguardo di qualcuno. Penso acome ciascuno di noi sia il"risultato" anche degli sguardi chelo hanno guardato e di quelli cheabbiamo cercato e non abbiamoincrociato. A sguardi checonfermano o che distruggono, aquelli che fanno uscire dalla tanae a quelli che ricacciano dentro.Caterina, pur se così piccola, hafatto questa esperienza: quella diaver percepito uno sguardodiverso dagli altri, uno sguardoche in qualche misura si è fattostrada tra gli altri e l’ha fattasentire al centro dell’attenzione.L’ha confermata nel suo essere unvalore. Crescendo dovrà impararea conservare intatto lo stupore perogni sguardo affermativo e anchea discernere che non tutti glisguardi di approvazione vannoaccolti, che vi sono sguardirapaci, captanti, seduttivi,manipolatori, che affermano unpredominio più che uncompiacimento per il valore dellapersona. Dovrà distinguere trasguardo e sguardo, interpretare,come mi scriveva sua mamma. Dadove si impara questa arte? Dovesi apprende a riconoscere losguardo che ha il potere dellaprimavera che tutto fa fiorire, losguardo che fa compiere ilpassaggio – appunto la Pasqua –dal non essere all’essere, dallaordinaria routine alla scintilladell’amore? Quest’apprendimentoè possibile perché al principiodella vita di ciascuno di noi c’è ilfiat dello sguardo del Padre che èquell’amore che ha rialzato ilFiglio la notte in cui le porte degliinferi hanno dovuto cedererestituendo vivo Colui che lamorte non poteva contenere. Inogni sguardo d’amore autentico ècontenuta ed espressa, èsprigionata una scintilla dellaPasqua. Ai genitori prima di tutto,agli educatori, alla responsabilitàche ciascuno ha nei confronti delproprio vicino, è affidato ilcompito di alimentare questascintilla perché a nessuno sianegata l’esperienza di sapersiamati e amati al modo liberantedella Pasqua di Cristo.

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C

Ripasso pasqualedi pedagogiadello sguardo

QUELLO CHE

I VOSTRI FIGLI NON

DICONORobertaVinerba

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Mission Bambini

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©KI®© IL JZ

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