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Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Vakgroep Vertalen, Tolken en Communicatie Groot-Brittanniëlaan 45 – 9000 Gent L’acquisizione della subordinata causale in italiano L2 da parte di apprendenti neerlandofoni: uno studio sulla frequenza e variazione di "perché" Julie De Smet Bachelorproef Bachelor in de Toegepaste Taalkunde

description

Lo scopo di questa ricerca diacronica è quello di analizzare il progresso linguistico da parte di apprendenti nederlandofoni d’italiano L2 sulla base di un corpus di produzione orale, costruito a tale proposito. L’attenzione dello studio si concentra particolarmente sul ruolo della congiunzione subordinata causale “perché” nell’estensione dalla frase nucleare alla frase complessa (detta processo di complessificazione). La prima parte ha un carattere introduttivo al fine di chiarificare la relativa terminologia grammaticale, di fornire un quadro generale sull’apprendimento/acquisizione di una seconda lingua e di delineare uno stato dell’arte concernente i risultati dei precedenti studi sulle congiunzioni causali. La seconda parte si incentra su tre temi principali: prima la descrizione del campione, poi il metodo di lavoro per quanto riguarda non solo la costruzione, ma anche l’analisi del corpus, e infine la formulazione delle ipotesi legate alla domanda di ricerca. Al centro del terzo capitolo sta l’analisi dei risultati del corpus. Dai dati ottenuti emerge non solo che il “perché” ha una posizione predominante nella subordinazione di causalità, ma anche che tale predominanza persiste nel tempo, il che inficia l’ipotesi che la variazione causale aumenti man mano che il livello di competenza comunicativa cresce.

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Faculteit Letteren en Wijsbegeerte

Vakgroep Vertalen, Tolken en CommunicatieGroot-Brittanniëlaan 45 – 9000 Gent

L’acquisizione della subordinata causale in italiano L2 da parte di apprendenti neerlandofoni: uno studio

sulla frequenza e variazione di "perché"Julie De Smet

Bachelorproef

Bachelor in de Toegepaste Taalkunde

Begeleider: Giuliano Izzo

Academiejaar 2014-2015

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Indice

Abstract......................................................................................................................................3

Ringraziamenti...........................................................................................................................4

Sigle e abbreviazioni..................................................................................................................5

0. Introduzione......................................................................................................................6

1. Sfondo teorico....................................................................................................................8

1.1. Terminologia: l’estensione della frase minima alla frase subordinata causale...............8

1.2. Second Language Acquisition (SLA)...........................................................................10

1.2.1. Definizione di Second Language Acquisition (SLA)......................................10

1.2.2. Common European Framework of Reference for Languages........................11

1.2.3. Stato dell’arte sul processo di acquisizione del “perché”.............................12

2. Materiale e metodologia.................................................................................................14

2.1. Campione......................................................................................................................14

2.2. Domanda di ricerca e ipotesi di analisi.........................................................................15

2.3. Metodo di lavoro: dati esclusi e inclusi.........................................................................16

3. Analisi dei risultati..........................................................................................................18

3.1. Risposta alla prima ipotesi............................................................................................19

3.2. Risposta alla seconda ipotesi.........................................................................................21

3.3. Risposta alla terza ipotesi..............................................................................................24

4. Risultati e discussione.....................................................................................................26

4.1. Sommario dei risultati...................................................................................................26

4.2. Riflessioni aggiuntive....................................................................................................27

4.3. Direzione futura della ricerca........................................................................................28

5. Bibliografia......................................................................................................................29

6. Appendici.........................................................................................................................32

6.1. Appendice 1: Corpus.....................................................................................................32

6.2. Appendice 2: Livelli comuni di riferimento (scala globale).........................................32

6.3. Appendice 3: Livelli comuni di riferimento (scheda di autovalutazione).....................33

6.3.1. Interazione........................................................................................................33

6.3.2. Produzione orale...............................................................................................33

6.4. Appendice 4: Course Specifications – Italian: Language Practice A...........................34

6.5. Appendice 5: Course Specifications – Italian: Language Practice B............................34

6.6. Appendice 6: Course Specifications – Italian: Language Practice D...........................34

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Abstract

Lo scopo di questa ricerca diacronica è quello di analizzare il progresso linguistico da parte di apprendenti nederlandofoni d’italiano L2 sulla base di un corpus di produzione orale, costruito a tale proposito. L’attenzione dello studio si concentra particolarmente sul ruolo della congiunzione subordinata causale “perché” nell’estensione dalla frase nucleare alla frase complessa (detta processo di complessificazione). La prima parte ha un carattere introduttivo al fine di chiarificare la relativa terminologia grammaticale, di fornire un quadro generale sull’apprendimento/acquisizione di una seconda lingua e di delineare uno stato dell’arte concernente i risultati dei precedenti studi sulle congiunzioni causali. La seconda parte si incentra su tre temi principali: prima la descrizione del campione, poi il metodo di lavoro per quanto riguarda non solo la costruzione, ma anche l’analisi del corpus, e infine la formulazione delle ipotesi legate alla domanda di ricerca. Al centro del terzo capitolo sta l’analisi dei risultati del corpus. Dai dati ottenuti emerge non solo che il “perché” ha una posizione predominante nella subordinazione di causalità, ma anche che tale predominanza persiste nel tempo, il che inficia l’ipotesi che la variazione causale aumenti man mano che il livello di competenza comunicativa cresce. (192)

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Ringraziamenti

Vorrei dedicare il piccolo testo qui presentato alle persone che mi hanno sempre offerto il

loro immancabile sostegno e prezioso aiuto lungo l’intero percorso di questa tesina. Vorrei in

primo luogo esprimere un profondo senso di gratitudine al mio coordinatore Prof. Giuliano

Izzo, senza il cui aiuto non sarebbe stato possibile realizzare questo lavoro. Grazie non solo

per avermi seguito con scrupolo e attenzione, ma anche per avermi dato fiduciosamente la

libertà di fare le mie scelte e per avermi sempre accolto a braccia aperte quando avevo forti

dubbi oppure quando volevo discutere il processo del mio lavoro. Grazie, infine, per avermi

offerto l’opportunità di compiere i miei primi passi nel campo dell’acquisizione di una

seconda lingua, aumentando così ancora di più la mia passione per le lingue straniere e la

glottodidattica.

Questo studio non sarebbe inoltre stato possibile senza la partecipazione di sei apprendenti

nederlandofoni della Facoltà di Linguista Applicata presso l’Università di Ghent: vorrei

quindi ringraziare ognuno di loro poiché hanno contribuito alla realizzazione di un nuovo

corpus di produzione orale che è stato indispensabile per la mia ricerca. È, inoltre,

indubbiamente vero che la coda è la più lunga da scorticare. Vorrei perciò esprimere una

parola di ringraziamento anche alla Prof.ssa Lieve Jooken per avermi assistito quando stavo

completando la bibliografia della mia tesina.

Devo un affettuoso grazie alle mie colleghe Yara Basha e Sofie Vandenhoven, ed alla mia

buona amica Evi Van Damme, per aver condiviso con me tanto i momenti di frustrazione ed

incertezza, quanto quelli di entusiasmo e gioia. Ognuna di loro rappresenta una parte

insostituibile della mia vita.

Grazie a mamma, papà e mio fratello, infine, non solo per le loro infaticabili capacità di

ascolto, ma anche per avermi invariabilmente sostenuto quando avevo la sensazione di

essermi persa nella mia tesina. Sia i loro saggi consigli che le loro parole rassicuranti hanno

rappresentato un aiuto di inestimabile valore per questa tesina di bachelor.

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Sigle e abbreviazioni

SLA l'apprendimento/acquisizione della seconda lingua

QCER il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza

delle lingue: apprendere, insegnare, valutare

CEFR Modern Languages: Learning, Teaching, Assessment. A Common European

Framework of Reference

LSM lingua straniera moderna

L2 seconda lingua

A1 apprendente di italiano L2 numero 1

A2 apprendente di italiano L2 numero 2

A3 apprendente di italiano L2 numero 3

A4 apprendente di italiano L2 numero 4

A5 apprendente di italiano L2 numero 5

A6 apprendente di italiano L2 numero 6

P1 professore di italiano numero 1

P2 professore di italiano numero 2

P3 professore di italiano numero 3

S subordinata/subordinate

Ipo ipotetico

Int Ind interrogativo indiretto

Comp comparativo

# numero totale

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0. Introduzione

Lo scopo di questo studio diacronico consiste nel chiarificare quale ruolo svolga la

congiunzione subordinata causale “perché” nell’estensione dalla frase minima alla frase

complessa sul piano della competenza orale presso gli apprendenti L2 di madrelingua

nederlandese. Questo studio si ricollega alla tesi di dottorato di Luzi (2010) in cui è stato

esaminato l’apprendimento di costruzioni complesse in italiano L2. Pur avendo uno stretto

legame con il tema della sua tesi, la ricerca qui presentata non cerca di fornire un quadro

approfondito di tutte le caratteristiche sintattiche delle costruzioni complesse e la sequenza in

cui esse si sviluppano. Anzi, questa tesina è soprattutto volta ad interpretare lo sviluppo

concernente la frequenza e la variazione della subordinazione causale nel processo di

complessificazione sintattica. In aggiunta, ci chiedevamo se i risultati già ottenuti sull’utilizzo

e la variazione di “perché” nella produzione scritta valessero anche per la produzione orale.

Van Den Neste (2013, p. 120), per esempio, ha scoperto sia il predominio di “perché” nel suo

corpus che l’utilizzo persistente di esso nell’intero processo acquisizionale. Anche Granozzi

ha notato che nelle sequenze in cui è espressa un’opinione seguita da un argomento,

l’indicatore di forza designato è il “perché”, ma esso è usato specialmente quando ha un ruolo

particolarmente causale (Granozzi, 1994, p. 86). Dalla ricerca di Vedder (1994) emerge

inoltre che nella maggior parte dei casi si usa il “perché” per introdurre una frase subordinata

in cui l’apprendente L2 giustifica la sua opinione.

La scelta della frase subordinata causale si basa su due motivi diversi: il primo si concentra

sulla subordinazione, quando invece il secondo mette l’accento sulla questione della

causalità. Innanzitutto, si presume che la fase finale dell’estensione frasale venga raggiunta

mediante la subordinazione, il che risulta conseguentemente in un superiore livello di

difficoltà. Basandoci sul modello di Ambroso & Luzi (2007, p.1), troviamo conferma che si

considera la subordinazione, in effetti, il livello linguistico superiore per quanto riguarda la

sequenza di apprendimento sintattico. È ovvio che un rapporto di subordinazione avverbiale

può assumere diverse forme, definite dal genere di messaggio che va trasmesso.

Esistono, infatti, numerosi tipi di subordinazione avverbiale, i quali possono stabilire, tra gli

altri, un rapporto causale, temporale, modale, finale, consecutivo, comparativo, condizionale

e concessivo. Lo spazio previsto per questo studio non permette, naturalmente, un’analisi

elaborata di ciascuno di essi e richiede, perciò, la scelta di uno in particolare. Dopo aver letto

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poi le descrizioni inserite sia nella scala globale che nella scheda di autovalutazione del

Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (Common European

Framework of Reference) (cfr. appendici 2 e 3), ci aspettiamo che gli apprendenti L2

attribuiscano notevole attenzione al rapporto di causalità. Per tale motivo si è, infine, deciso

di incentrare il focus della ricerca sulla subordinazione causale.

Il capitolo 1 ha un carattere introduttivo e consta di due sezioni: la prima (cfr. 1.1.) delinea un

quadro generale della terminologia grammaticale utilizzata in questo studio per esaminare la

domanda di ricerca, mentre la seconda, che si occupa più specificamente dell’apprendimento

di una seconda lingua (cfr. 1.2.), si divide di nuovo in tre sottocapitoli che si incentrano prima

sulla definizione di questo campo di ricerca (cfr. 1.2.1.), poi sul valore del Quadro comune

europeo di riferimento (cfr. 1.2.2.) e infine sullo stato dell’arte dei risultati riguardanti la

subordinazione causale (cfr. 1.2.3.). Il capitolo 2 contiene innanzitutto la presentazione del

campione che ha permesso la creazione del corpus, seguito dalla descrizione delle quattro

prestazioni effettuate dagli apprendenti tra il 2012 e il 2014 (cfr. 2.1.). Nella sezione seguente

(cfr. 2.2.) si tratta la domanda di ricerca, concernente le caratteristiche della congiunzione

“perché” nella competenza comunicativa dei partecipanti, e si formulano poi anche tre ipotesi

su essa. Nella terza sezione (cfr. 2.3.) ci si incentra sul metodo di lavoro e si spiega mediante

quali criteri di esclusione ed inclusione i dati sono stati selezionati nel corpus composto dai

file audio dei partecipanti. Si discute poi l’analisi di quei dati nel capitolo 3, dove si formula

una risposta alla prima (cfr. 3.1.), seconda (cfr. 3.2.) e terza ipotesi (cfr. 3.3.). Il capitolo 4

conclude questa tesina: non solo si ricapitolano i risultati ottenuti ed interpretati, ma si

aggiungono anche alcune riflessioni e una possibile raccomandazione per ulteriori studi nel

futuro. Nel capitolo 5 è inserito un elenco bibliografico e nel capitolo 6 si possono trovare le

appendici alle quali ci si riferisce nella tesina.

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1. Sfondo teorico

1.1. Terminologia: l’estensione della frase minima alla frase subordinata causale

Al fine di chiarificare la terminologia grammaticale utilizzata in questa tesina, questo capitolo

fornisce una breve spiegazione su alcuni termini di base nel processo della

complessificazione frasale. In primo luogo, si delineano le tre forme principali della frase,

cioè la frase nucleare, la frase semplice e la frase complessa. In secondo luogo, si chiariscono

i due procedimenti sintattici, la coordinazione e la subordinazione, ed il ruolo della

congiunzione in essi. Siccome la domanda di ricerca si concentra solo sulla frequenza e

variazione della frase subordinata causale, questa tesina non entra nel dettaglio sugli altri

diversi tipi di frase complessa.

Nell’enciclopedia italiana Treccani Lo Duca (2010) definisce la frase nucleare come “la

(frase) più semplice ed elementare, costituita solo dal verbo e dagli argomenti

necessariamente richiesti perché il processo venga rappresentato nella frase”. Simone (2010)

aggiunge che questa proposizione si chiama anche frase elementare o minima. Nonostante si

possa considerarla una frase semplice, si distingue leggermente da essa poiché “la frase

semplice o proposizione semplice è un’unità autonoma della comunicazione dotata di senso,

in genere formata da più di due parole, anche se nella sua forma minima la frase semplice

può essere formata solo da due parole, un soggetto e un predicato o addirittura da una sola

parola” (Dizionario italiano, 2001, p. 705). Quello che segue è un piccolo esempio di frase

minima:

Es.1 Paolo mangia.

Come si è già detto, la frase semplice è generalmente costituita da più di due parole. La

Grammatica Italiana di Base scrive che “dal punto di vista della struttura interna una frase

semplice è composta solo da sintagmi, cioè non contiene altre frasi” (Trifone & Palermo,

2012, p. 182). La Treccani riassume poi che “la frase semplice (detta anche proposizione) è

formata da un unico verbo” (Frase, 2012). Inoltre, non dipende da nessun’altra proposizione e

perciò si chiama anche indipendente (Dizionario italiano, 2001, p. 705).

Es.2 Paolo mangia quasi ogni giorno una mela.

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Estendendo le frasi semplici, otteniamo delle frasi complesse che sono formate da due o più

proposizioni collegate fra loro attraverso vari tipi di legami (Dizionario italiano, 2001,

p.705). Si concretizza quella complessificazione frasale tramite due procedimenti sintattici,

ossia tramite la coordinazione (es. 3) e la subordinazione (es. 4). Per quanto riguarda la

coordinazione, la Treccani la descrive come una collocazione su uno stesso livello di più

proposizioni, il che può avvenire mediante le varie congiunzioni coordinative. Collegando le

proposizioni in modo tale che una (detta proposizione dipendente) dipenda dall’altra (detta

proposizione principale o reggente), si ottiene un rapporto di subordinazione (Trifone &

Palermo, 2007, p. 202). Si effettua questo procedimento mediante l’utilizzo delle

congiunzioni subordinanti.

Es.3 Paolo beve un caffè e mangia un biscottino.

Es.4 Paolo beve un caffè quando fa colazione.

Infine, le frasi complesse possono assumere diverse forme, tra le quali quella della causalità,

che esprime un rapporto di causa-effetto. Focalizzandoci sulla subordinazione causale, non

entriamo in dettaglio per quanto riguarda le altre espressioni subordinate, sia quelle esplicite

che quelle implicite. Le proposizioni causali indicano la causa per cui avviene quanto è

espresso nella principale (Dardano & Trifone, 1995, p. 453). Quello che segue (Figura 1) è

un elenco delle congiunzioni e locuzioni congiuntive che introducono principalmente le

causali esplicite:

Tipo di subordinazione avverbiale causale esplicita

Congiunzioni perché, poiché, giacché, siccome, ché/che, per

il fatto che, per il motivo che, dal momento

che, dato che, visto che, considerato che, in

quanto (che)

Fig.1 Le congiunzioni tipiche della subordinazione causale (Dardano & Trifone, 1995, p. 454)

Su un piano frasale le congiunzioni rappresentano, quindi, un metodo esplicito per collegare

due o più proposizioni, specificando che tipo di legame si stabilisce tra quei due o più

elementi. Le congiunzioni sono invariabili e rispetto alla loro funzione sintattica si possono

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distinguere due tipi, cioè quelle coordinative (sullo stesso livello) e quelle subordinative (su

diversi livelli) (Trifone & Palermo, 2007, p. 170).

frase nucleare → frase semplice → frase complessa

Fig. 2 Rappresentazione semplificata del processo della complessificazione

1.2. Second Language Acquisition (SLA)

Poiché al centro di questa ricerca sta, quindi, l’analisi del processo in cui la frase subordinata

causale emerge e si sviluppa attraverso i diversi livelli di competenza comunicativa negli

apprendenti neerlandofoni, si sono inseriti tre sottocapitoli che trattano la definizione

generale di Second Language Acquisitione con un commento sui termini “acquisizione” e

“apprendimento” (1.2.1.), poi il ruolo del Common European Framework of Reference for

Languages a questo proposito (1.2.2.) e, infine, uno stato dell’arte sui precedenti studi sul

processo di complessificazione sintattica (1.2.3.).

1.2.1. Definizione di Second Language Acquisition (SLA)

“Second language acquisition stands in contrast to first language acquisition. It is the study of

how learners learn an additional language after they have acquired their mother tongue.”

(Ellis, 1986, p. 5)

Il contesto entro al quale può essere impiantata la domanda di ricerca di questo studio è

quello della Second language acquisition (SLA) ovvero l’apprendimento/acquisizione di una

seconda lingua. SLA è un campo di ricerca che si focalizza sugli apprendenti e

sull’apprendimento anziché sugli insegnanti e sull’insegnamento (VanPatten & Benati, 2010,

p. 1). Gass e Selinker (2008, p. 1) definiscono SLA come “the study of how learners create a

new language system”. Il termine ingloba, quindi, tutti gli studi che si incentrano sullo

sviluppo fonologico, lessicale, grammaticale, pragmatico e morfosintattico nell’acquisizione

di una nuova lingua straniera moderna (LSM). Sebbene Krashen (1982) abbia proposto una

rigorosa distinzione fra i termini apprendimento (cioè mediante lo studio conscio di una

LSM) e acquisizione (cioè mediante lo studio inconscio di una LSM, ovvero l’esposizione ad

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essa), in questo studio si propende per l’intercambiabilità di quei due termini e si condivide,

perciò, il punto di vista di Ellis (1986) dato che esiste una linea troppo sottile tra quali

elementi nello sviluppo di un nuovo sistema linguistico si possono attribuire ad un contesto di

apprendimento guidato, da un lato, oppure ad un contesto di apprendimento spontaneo,

dall’altro.

1.2.2. Common European Framework of Reference for Languages

Il Common European Framework of Reference for Languages: Learning, teaching,

assessment (CEFR) è un punto di riferimento fondamentale per analizzare ed afferrare sia

l’apprendimento che il progresso linguistico della seconda lingua. Una conoscenza di base

sulla nascita, sullo scopo primario e sul contenuto dei livelli di riferimento stabiliti dal CEFR

costituisce in questa tesina un’esigenza imprescindibile perché si sia in grado di interpretare

qualche termine specifico come A1, A2, B1 e B2, i quali rispecchiano i primi quattro livelli

di competenza nell’apprendimento di una lingua straniera moderna (LSM).

Il CEFR è stato elaborato dal Consiglio d’Europa e pubblicato ufficialmente nel 2001. Nel

2002 è poi apparsa la sua traduzione in italiano sotto il nome di Quadro comune di

riferimento per la conoscenza delle lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione

(QCER). Il Parlamento europeo fornisce una traduzione adeguata per la definizione inglese

fornita dal Consiglio d’Europa, nella quale si spiega lo scopo principale di questo progetto:

“Il quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER) è stato elaborato dal Consiglio d'Europa per garantire uniformità tra i suoi Stati membri nelle questioni in materia di istruzione e cultura riguardanti l'apprendimento delle lingue straniere, nonché per promuovere la trasparenza e la coerenza nell'apprendimento e nell'insegnamento delle lingue moderne in Europa. [...] Il QCER rappresenta un quadro generale in cui viene indicato quello che uno studente di lingue deve imparare per essere capace di utilizzare efficacemente una lingua straniera a livello pratico.” (Broek & van den Ende, 2003, p. 4)

Siccome il punto di partenza di questa tesina è uno studio diacronico che si concentra sul

procedimento della complessificazione sintattica nella competenza comunicativa degli

apprendenti di italiano L2, è soprattutto il terzo capitolo del QCER che riguarda la nostra

ricerca da vicino. Quel capitolo introduce, infatti, i livelli comuni di riferimento che

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forniscono un quadro generale per apprendenti, operatori scolastici e ricercatori sulle quattro

aree di competenza linguistica, ovvero comprensione della lingua scritta, comprensione della

lingua parlata, espressione scritta ed espressione orale, tutto ciò con lo scopo di misurare e

valutare uniformemente il progresso nell’apprendimento/acquisizione di una LSM. Per questo

è stata elaborata una suddivisione in sei livelli generali per le lingue europee (cfr. Figura 3) e

il QCER ne fornisce non solo una scala globale, ma anche una scheda di autovalutazione,

incentrate sulle aree principali di competenza linguistica (cfr. appendici 2 e 3).

Fig. 3 I sei livelli comuni di riferimento in generale © 2002 R.C.S. Scuola S.p.A. Milano

Il materiale disponibile per questo studio è formato dai file audio di sei studenti, registrati tra

il primo ed il secondo anno del bachelor di Linguistica Applicata nel periodo 2012-2014, nei

quali ci si aspetta che la competenza comunicativa degli apprendenti L2 progredisca dal

livello A1 al livello B2 (cfr. appendici 4, 5 e 6). Ciò implica che ci concentreremo sui livelli

che vanno da A1 a B2 per quanto riguarda le descrizioni della competenza comunicativa, in

particolare sul piano di interazione e produzione orale.

1.2.3. Stato dell’arte sul processo di acquisizione del “perché”

Dalla nostra ricerca teorica emerge che gli studiosi di SLA attribuiscono molta attenzione

all’acquisizione di strutture complesse in italiano da parte di apprendenti di madrelingue

diverse (v. Givón, 1990; Valentini, 1998; Ferraris, 1999; Berruto, 2001; Giacalone Ramat,

2003; Ambroso & Luzi, 2007), ma il focus della loro ricerca si differenzia spesso dallo studio

presentato in questa tesina. Nella maggior parte degli studi precedenti i ricercatori si erano

focalizzati sulla sequenza in cui gli apprendenti di una L2 acquisiscono strutture sintattiche e

si sono interrogati se i risultati ottenuti fossero in grado di inficiare, confermare e/o

completare una sequenza di acquisizione di carattere possibilmente universale. Ciò include,

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almeno parzialmente, la tesi di dottorato di Luzi (2010). In aggiunta, l’attenzione si è

incentrata anche sugli errori commessi dagli apprendenti e sul modo in cui la madrelingua

poteva rappresentare un ostacolo oppure un aiuto nel processo di acquisizione di strutture

complesse. Inoltre, si è spesso utilizzato un corpus costituito da materiale scritto, come ad

esempio la tesi di master a cura di Van Den Neste (2013).

Fino ad ora non esiste, tuttavia, uno studio incentrato sull’utilizzo e sulla variazione della

congiunzione subordinata causale “perché” da parte dei nederlandofoni nella loro produzione

orale e su quale ruolo ciò gioca nelle loro competenze orali man mano che percorrono i

diversi livelli a partire da A1 fino a B2. Anche in generale rimane molto da esaminare,

riguardo all’apprendimento dell’italiano da parte di nederlandofoni. In ogni caso, ciò che

segue nel paragrafo qui sotto è un quadro sinottico dei risultati ottenuti dagli studi di

Granozzi (1994), Vedder (1994), Valentini (1998) e Ferraris (1999) per quanto riguarda

l’utilizzo e la variazione del “perché” e la subordinazione causale in generale. Oltre a quegli

studi, illustriamo anche quello che Luzi (2010) dice sulla subordinazione causale nel suo

studio. Il terzo capitolo di questa tesi di bachelor dimostrerà poi se anche i risultati ottenuti da

un corpus di produzione scritta valgono per la competenza comunicativa e se, di

conseguenza, esiste una somiglianza tra i risultati di questa tesina e quelli mostrati da Van

Den Neste (2013).

Innanzitutto, Granozzi (1994) ha effettuato una ricerca per verificare l’idea di universali

argomentativi nell’apprendimento dell’italiano L2. A questo proposito è stato utilizzato un

corpus di testi scritti da studenti universitari di madrelingua olandese del terzo anno. Dai dati

analizzati è poi emerso che il “perché” assume una posizione dominante non solo nelle

sequenze in cui gli apprendenti L2 hanno espresso un’opinione seguita da un argomento, ma

anche particolarmente in un contesto di causalità. In un altro studio sull’argomentazione in

italiano da parte di studenti olandesi di livello intermedio e avanzato, Vedder (1994) si è poi

incentrata sulle strategie e sui sistemi utilizzati da loro. A tale scopo è stato composto un

corpus di materiale scritto. Nell’analisi dei dati è risultato il predominio incontrastato del

“perché”, seguito da “siccome” e “visto che” come indicatori di forza. Vedder sottolinea

inoltre che una volta acquisiti un paio di indicatori di forza, il processo di acquisizione pare

arretrarsi e ne consegue l’overuse (abuso) di pochi indicatori sempre uguali, tra cui la

congiunzione “perché” (Vedder, 1994, p. 108). Valentini (1998) e Ferraris (1999) hanno a

loro volta scoperto che nel registro colloquiale si utilizza soprattutto il “perché” nelle frasi

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causali, quando invece le occorrenze di “dato che”, “visto che”, “siccome” o del più formale

“poiché” sono di carattere sporadico. Anzi, la loro presenza emerge solo man mano che si

raggiunge il livello avanzato. Nello studio di Ferraris (1999) si nota, però, una presenza più

alta di “dato che” e “visto che” in confronto a quello a cura di Valentini (1998). Anche Luzi

ha notato nella sua analisi di un corpus parlato di italiano L2 che le costruzioni causali sono

per la quasi totalità introdotte da “perché” ai livelli B1 e C2 (Luzi, 2010, p. 195). Il materiale

in esame è composto da 96 parlanti L2 di L1 diverse, tra cui anche di madrelingua olandese,

con 2 livelli di competenza, cioè B1 e C2. Infine, anche la tesi di master a cura di Van Den

Neste (2013) ha confermato il predominio di “perché”. L’autrice aggiunge in più che gli

apprendenti nederlandofoni danno prova di un utilizzo persistente di quella congiunzione

nell’intero processo acquisizionale per quanto riguarda le loro produzioni scritte.

2. Materiale e metodologia

Questo capitolo si articola in tre sezioni: nella prima (cfr. 2.1.) descriviamo le caratteristiche

e le prestazioni del campione su cui è stato effettuato questo studio, nella seconda (cfr. 2.2.)

formuliamo la domanda di ricerca e le tre ipotesi legate ad essa, e nella terza (cfr. 2.3.)

definiamo, infine, il metodo di lavoro applicato sul corpus e le modalità con le quali

condurremo poi l’analisi.

2.1. Campione

La ricerca presentata in questa tesina è stata effettuata su di un campione composto da sei

apprendenti nederlandofoni di italiano L2 che hanno partecipato ad un esercizio e tre prove di

esame orali nei due primi anni del bachelor presso l’Università di Ghent, cioè gli anni

accademici 2012-2013 e 2013-2014. Nel primo semestre del 2012 i professori di italiano

hanno invitato gli studenti del primo bachelor a partecipare ad una ricerca, nella quale

dovevano descrivere le vignette del libro “Frog, where are you?” (Mercer Mayer, 1969). Si

tratta di un libro per bambini solo con illustrazioni che si usa spesso nell’apprendimento di

una seconda lingua e la ricerca su di essa. A metà del secondo semestre del 2012 si è

registrato il secondo file durante la valutazione permanente, nella quale gli apprendenti L2

dovevano prima presentare un articolo trattato nelle lezioni e poi rispondere alle domande del

14

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professore. Alla fine di quel semestre gli apprendenti L2 hanno partecipato alla prova di

esame orale, nella quale gli apprendenti dovevano mostrare di riuscire non solo a tenere

conversazioni brevi su argomenti familiari, di interesse personale o riguardanti la vita

quotidiana, ma anche a narrare la trama di tre libricini scritti per apprendenti di italiano.

L’ultimo turno di registrazione è quello del secondo semestre del 2014. In questo esame orale

si sonda la competenza degli studenti per verificare se riescono a raccontare non solo la trama

di due libri scelti dal professore, cioè “Io e te” e “Il mondo deve sapere”, ma anche il

contenuto di uno degli articoli e cortometraggi trattati nel corso del semestre ed a discuterne

con i due professori, spiegando e motivando il proprio punto di vista.

Al fine di analizzare il progresso dal livello A1 al livello B2 per quanto riguarda l’estensione

della frase minima alla frase complessa attraverso congiunzioni causali, la selezione di questi

sei studenti si è basata su due criteri fondamentali. Il primo consiste nella mancanza di

conoscenza della lingua italiana all’ingresso del primo anno. Il secondo criterio è quello di

individuare solo le persone che hanno partecipato a tutte e quattro le registrazioni e che hanno

superato i primi due anni del bachelor senza aver dovuto seguire di nuovo corsi dei primi due

anni. Conseguentemente, il campione iniziale andava limitato fino a sei persone, e per ogni

apprendente di italiano L2 c’erano quattro file audio di lunghezza variabile. In questa tesina

ci riferiamo a questi apprendenti anonimamente con la lettera “A” seguita da un numero. Si

tratta, quindi, di un corpus che comprende la trascrizione di ventiquattro file audio.

2.2. Domanda di ricerca e ipotesi di analisi

Lo studio qui presentato verifica che rapporto esiste tra il livello di riferimento acquisito dagli

apprendenti L2 e l’utilizzo della congiunzione subordinata causale “perché” per quanto

riguarda la competenza comunicativa. I risultati emersi da studi precedenti (cfr. 1.2.3.) e le

descrizioni inserite sia nella scala globale che nella scheda di autovalutazione del QCER (cfr.

1.2.2.) conducono verso la formulazione delle seguenti tre ipotesi:

1) Gli apprendenti di italiano L2 utilizzeranno nella prima fase dell’apprendimento, cioè

il livello A1 del QCER, soprattutto delle frasi minime e semplici, il che risulterà in

una bassa quantità di congiunzioni e un’insignificante presenza della congiunzione

“perché”.

15

Page 16: L'acquisizione della subordinata causale in italiano L2 da parte di apprendenti neerlandofoni: uno studio sulla frequenza e variazione di "perché"

2) Gli apprendenti di italiano L2 utilizzeranno più frequentemente la congiunzione

subordinante causale “perché” al livello B1 rispetto alle altre congiunzioni

subordinanti poiché in questo stadio devono mostrare di poter motivare e spiegare il

loro punto di vista secondo il QCER.

3) Al livello B2 ci sarà una correlazione positiva tra l’aumento della competenza

comunicativa e la variazione di congiunzioni subordinanti causali.

Con lo scopo di verificare la validità delle precedenti ipotesi, il corpus è prima stato

sottoposto ad un calcolo di tutte le congiunzioni frasali, sia coordinanti che subordinanti, e

sulla base di quei dati abbiamo poi calcolato le percentuali della proporzione di “perché”

rispetto alle altre congiunzioni (subordinanti) in totale per ogni registrazione. Il seguente

capitolo (cfr. 2.3.) illustra le modalità mediante le quali i dati sono stati selezionati.

Nonostante il campione apparentemente ristretto, il corpus ci permette comunque di

individuare e analizzare sia la frequenza che l’uso di congiunzioni subordinanti causali, in

particolare del “perché”, in relazione alla competenza comunicativa.

2.3. Metodo di lavoro: dati esclusi e inclusi

Al fine di aumentare l’affidabilità dei dati raccolti e di poter verificare le tre ipotesi, il conto

delle congiunzioni frasali è stato effettuato secondo tre criteri, cioè l’esclusione di

congiunzioni “non-concretizzate” (ossia, senza la successione di un contesto frasale),

sbagliate ed inutilmente ripetute. Innanzitutto, si dividono le congiunzioni in due gruppi sulla

base del criterio di “concretizzazione”1, secondo il quale si considera una congiunzione

coordinante e subordinante “concretizzata” se l’apprendente non solo la pronuncia ma anche

costruisce una frase seguente ad essa con gli elementi indispensabili richiesti dal verbo. Il

termine “congiunzione non-concretizzata” indica quindi un contesto frasale nel quale la

congiunzione non introduce una frase coordinata o subordinata in quanto la frase viene

interrotta dal professore oppure gli studenti scelgono di utilizzare un’altra costruzione se si

sentono incapaci e/o insicuri di esprimersi nella costruzione iniziale (un fenomeno detto

avoidance).

1Il criterio di “concretizzazione” è stato inventato dall’autrice e non ha quindi nessun valore teorico nel campo dell’apprendimento della seconda lingua.

16

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Illustriamo il termine “concretizzazione” attraverso due esempi scelti a caso dal nostro

corpus:

A5: La segretaria di di una cantante dell’opera era quasi ammazzata ma e(...)

le sui le sue condizioni di salute erano gravi e Esposito va all’ospedale per

chiedere alcune domande a lei

A4: Pensa che abbia ucciso la moglie perché le formiche eh lo dicono perché

reagiscono sul sulla terra dove c’è qualcosa.

Nel primo esempio l’apprendente aveva difficoltà a procedere in un’altra frase. Dopo aver

pronunciato due congiunzioni ed inserito una pausa, la persona sceglie di iniziare una nuova

frase. Conseguentemente consideriamo quei due elementi di giunzione “non-concretizzati”.

Nel secondo esempio, però, tutte e tre le congiunzioni subordinanti sono “concretizzate”

considerato che vengono seguite da una frase completa, cioè una frase con un verbo e gli

elementi richiesti da esso. Giacché questa ricerca si concentra sulla produzione orale, il

criterio di “concretizzazione” non si definisce sulla base della correttezza dell’enunciato. Non

sono state annoverate, tuttavia, le congiunzioni erronee, ossia quelle realizzate in un modo

sbagliato. Spieghiamo questo criterio con il seguente esempio:

A5: No, non non l’ho mai sentita o eh dubito spesso quando compra compro

qualcosa per eh che voglio veramente comprarlo.

In questo esempio la congiunzione corretta sarebbe stata “se”. Si tratta probabilmente di un

errore causato dalla distanza tra il verbo principale e la congiunzione. Purtroppo questa tesina

non ci permette di scendere nei particolari. Anche la reiterazione superflua di una

congiunzione è stata omessa dal conto. Qui sotto si può vedere un esempio di questo

fenomeno:

A3: Sì, perché eh penso che eh che lui eh pensassi che Olivia non era importante

per per per lui, che che lei non ha fatto niente per lui eh e era necessario che

lui fa- faceva qual- qualche cosa per per lei.

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Applicati questi tre criteri alle trascrizioni esaminate, sono emerse tutte le congiunzioni

coordinanti e subordinanti che sono particolarmente rilevanti per questa ricerca. Quegli

elementi di giunzione ci permettono di dare un valore matematico:

a) alla frequenza delle congiunzioni coordinanti e subordinanti, ed alla loro somma

b) alla variazione delle congiunzioni subordinanti (causali)

c) alla proporzione di “perché” rispetto alle congiunzioni (subordinanti) in totale

Basandoci sui risultati raggiunti tramite tale metodo di lavoro critico, possiamo confermare o

confutare la validità delle nostre tre ipotesi e delineare un quadro generale sulla frequenza e

variazione di “perché”.

3. Analisi dei risultati2

Nella prima parte di questo capitolo (cfr. 3.1.) ci concentreremo sulla presupposta rarità di

congiunzioni in modo da poter verificare se gli apprendenti si limitano solamente all’uso

delle frasi minime e semplici nella fase iniziale della competenza comunicativa, cosa che ci

aspettiamo in quanto la scala globale e la scheda per l’autovalutazione del QCER descrivono

la competenza comunicativa dell’utente di base (A1 e A2) con le parole chiave “semplice” e

“breve” (vedi appendici 2 e 3). Nella seconda parte (cfr. 3.2.) esamineremo la congiunzione

“perché”, ossia la sua comparsa legata alle capacità esplicative richieste da quelle schede e

conseguentemente la sua posizione dominante fra le congiunzioni subordinanti. Nell’ultima

parte (cfr. 3.3.) controlleremo mediante la Tabella 7, che contiene i dati numerici sulle

diverse congiunzioni subordinanti presenti nel corpus, se la variazione causale di “perché”

aumenta man mano che la competenza comunicativa cresce.

3.1. Risposta alla prima ipotesi 2I risultati presentati in questa tesi di bachelor non sono stati oggetti da test statistici. L’analisi su questo corpus è stata effettuata al fine di ottenere una maggiore comprensione dell’uso della congiunzione causale e di delineare un quadro generale di ciò che l’autrice ha osservato nelle trascrizioni. Inoltre, un trattamento statistico richiede tecniche di tipo avanzato che vanno oltre le competenze di analisi quantitativa di cui l’autrice si è potuta impadronire nel bachelor. (cfr. Van Den Neste, 2010, p. 92)

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Gli apprendenti di italiano L2 utilizzeranno nella prima fase dell’apprendimento, cioè il

livello A1 del QCER, soprattutto delle frasi minime e semplici, il che risulterà in una bassa

quantità di congiunzioni e un’insignificante presenza della congiunzione “perché”.

FILE AUDIO 1 A1 A2 A3 A4 A5 A6congiunzioni coordinanti 11 13 9 29 9 20congiunzioni subordinanti 0 1 1 1 1 1TOTALE 11 14 10 30 10 21             congiunzioni perché 0 0 0 0 0 0

#perché / #congiunzioni S 0% 0% 0% 0% 0% 0%

#perché / #congiunzioni 0% 0% 0% 0% 0% 0%

Durata 6;04 5;13 7;50 7;27 6;38 7;25

Tabella 1 : La quantità di congiunzioni coordinanti e subordinanti, e la frequenza di “perché” nel primo file

Come risulta dalla Tabella 1 qui sopra, gli apprendenti L2 non hanno affatto utilizzato la

congiunzione “perché” nel primo turno di registrazione, il che risulta meno sorprendente

dopo che abbiamo letto che alcuni ricercatori come ad esempio Sato (1990) e Klein & Perdue

(1992) hanno già sottolineato la totale assenza oppure la scarsità di strutture subordinate nelle

fasi iniziali dell’apprendimento. Contrariamente alla nostra prima ipotesi, non si tratta

neanche di un’insignificante presenza del ”perché”. Anzi, è possibile notare una mancanza

assoluta, il che è probabilmente legato ai due seguenti fattori: il primo è la limitata

acquisizione della grammatica italiana in quel momento, il secondo è il tipo di compito

effettuato dagli apprendenti L2. In questo caso, si sono utilizzate le immagini della storia

“Frog, where are you?” per incoraggiarli a descrivere quello che possono vedere ed a

raccontare una piccola storia senza l’aiuto del professore o della professoressa. Questo tipo di

compito, quindi, non richiede necessariamente un uso notevole di congiunzioni subordinanti

causali. Inoltre, il QCER presta particolare attenzione a descrizioni semplici nella produzione

orale al livello A1. La Tabella 1 indica, per contro, un numero totale relativamente alto di

congiunzioni utilizzate da ogni studente, considerato il loro basso livello di competenza

espressiva e la loro limitata conoscenza di frasi complessi. Al fine di ottenere una maggiore

comprensione di questi dati, esaminiamo quali congiunzioni coordinanti e subordinanti si

19

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sono scelte e supponiamo già che la congiunzione coordinante “e” svolga un ruolo dominante

nel nostro corpus. Questa supposizione trova, in effetti, conferma nella seguente Tabella 2:

FILE AUDIO 1              Frase complessa Congiunzione A1 A2 A3 A4 A5 A6coordinata e 10 11 8 28 9 20  ma 1 2 1 1 0 0               subordinata che 0 1 1 1 1 1               Durata   6;04 5;13 7;5 7;27 6;38 7;25

Tabella 2 : La varietà e la frequenza di congiunzioni coordinanti e subordinanti nel primo file

Come si evince dalla Tabella 2, la congiunzione coordinante “e” ha una posizione dominante

nella produzione orale al livello A1. Si tratta proprio di un utilizzo eccessivo a paragone delle

altre congiunzioni: notiamo che “ma” e “che” non superano mai una frequenza più alta di 2,

quando invece la frequenza minima di “e” raggiunge un 8. Una probabile spiegazione di

questo fenomeno sta nel fatto che gli utenti A1 cercano di collegare le loro frasi3 e di creare

un senso di unità nonostante la loro limitata e passiva conoscenza di congiunzioni. Inoltre,

“e” costituisce una delle prime congiunzioni insegnate e l’utilizzo di essa garantisce un alto

livello di semplicità. Nel campo dell’analisi conversazionale, ossia quella scienza che si

occupa dell’analisi della struttura e dell’andamento delle conversazioni, si spiega l’uso della

congiunzione “e” come un metodo che permette al parlante di continuare ad avere la parola

(Goethals, 2013, p. 4 & 10). Pronunciando un elemento di giunzione, il parlante non solo

indica la continuazione del suo turno, ma inserisce anche una piccola pausa nella quale può

riflettere sul prossimo turno. Dal tipo di ricerca qui effettuata, però, non possiamo derivare

alcuna conclusione definitiva sull’(ab)uso della congiunzione coordinante “e”, il che genera

un terreno fertile per ulteriori studi.

3.2. Risposta alla seconda ipotesi

3Si potrebbe obiettare che la congiunzione “e” è più frequente dato che collega tra loro anche nomi (sintagmi nominali) e non solo proposizioni; questo studio si concentra, però, solo sulle congiunzioni utilizzate per collegare frasi. Nel calcolo sono, perciò, state omesse tutte le congiunzioni utilizzate per unire sintagmi nominali, escludendo così quella possibile spiegazione per l’abuso di “e”.

20

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Gli apprendenti di italiano L2 utilizzeranno più frequentemente la congiunzione subordinante

causale “perché” al livello B1 rispetto alle altre congiunzioni subordinanti poiché in questo

stadio devono mostrare di poter motivare e spiegare il loro punto di vista secondo il QCER.

Le tabelle 3 e 4 contengono informazioni numeriche sulla frequenza delle congiunzioni

coordinanti e subordinanti da un lato, e sulla proporzione di “perché” sia rispetto alle

congiunzioni in totale che rispetto a quelle subordinanti. Basandoci sulle descrizioni di I1PA

e I1PB (i corsi all’interno dei quali sono state effettuate le registrazioni, cfr. appendici 4 e 5),

supponiamo che nel secondo turno di registrazione (Tabella 3) gli apprendenti abbiano già

raggiunto il livello A2 e stiano sviluppando attivamente la loro competenza comunicativa per

raggiungere il livello B1. Per quanto riguarda il terzo turno di registrazione (Tabella 4), ci si

aspetta che gli studenti abbiano acquisito il livello B1 poiché il superamento dell’esame in

giugno 2013 richiede, tra l’altro, la dimostrazione della capacità di spiegare e motivare le

proprie affermazioni.

FILE AUDIO 2 A1 A2 A3 A4 A5 A6congiunzioni coordinanti 18 14 5 22 8 13congiunzioni subordinanti 15 13 6 16 7 11TOTALE 33 27 11 38 15 24             congiunzioni perché 8 6 3 11 0 7

#perché / #congiunzioni S 53,33% 46,15% 50,00% 68,75% 0% 63,64%

#perché / #congiunzioni 24,24% 22,22% 27,27% 28,95% 0% 29,17%

Durata 5;52 5;28 4;52 8;27 4;29 6;37

Tabella 3 : La quantità di congiunzioni coordinanti e subordinanti, e la frequenza di “perché” nel secondo file

FILE AUDIO 3 A1 A2 A3 A4 A5 A6congiunzioni coordinanti 30 28 28 44 19 24congiunzioni subordinanti 22 19 9 17 14 21TOTALE 52 47 37 61 33 45

21

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             congiunzioni perché 11 5 5 6 7 14

#perché / #congiunzioni S 50,00% 26,32% 55,56% 35,29% 50,00% 66,67%

#perché / #congiunzioni 21,15% 10,64% 13,51% 9,84% 21,21% 31,11%

Durata 9;11 9;31 9;54 10;23 11;29 10;12

Tabella 4 : La quantità di congiunzioni coordinanti e subordinanti, e la frequenza di “perché” nel terzo file

Confrontando le percentuali della Tabella 1 con quelle delle tabelle 3 e 4, appare evidente

che gli studenti hanno compiuto notevoli progressi nell’utilizzazione di congiunzioni e che la

congiunzione “perché” ha fatto il suo ingresso nel repertorio degli apprendenti con la

transizione dal livello A1 ai livelli A2 e B1. Contrariamente alla sua assenza assoluta al

livello A1, questa congiunzione causale emerge, quindi, fortemente in tutti i file del secondo

turno di registrazione, eccetto in quello di A5, dove constatiamo un’assenza assoluta di

questo indicatore di causalità e notiamo, invece, che A5 ha semplicemente evitato di usare

congiunzioni subordinanti che non fossero quella per eccellenza, “che”. È probabile che la

percentuale zero di A5 vada attribuita al caso oppure al suo sviluppo personale, nel quale i

fattori della personalità svolgono un ruolo essenziale. Brown (1994), per esempio, annovera

autostima, inibizione, assunzione di rischi, empatia ed estroversione e aggiunge anche che

quei fattori possono sia osteggiare che favorire l’apprendimento della seconda lingua.

Ritornando alle tabelle 3 e 4, si può notare come gli apprendenti sembrino compiere un

percorso analogo per quanto riguarda l’uso della congiunzione “perché”. Anzi, dall’analisi

dei dati è emerso, innanzitutto, che nella maggior parte dei casi “perché” figura al primo

posto della frequenza tra le congiunzioni subordinanti. Per confermare questa osservazione,

abbiamo effettuato un’analisi profonda sulla variazione delle congiunzioni subordinanti. I

dati rappresentati nelle tabelle 5 e 6 confermano che “perché” assume in effetti una posizione

dominante nell’elenco, tranne per A5 nel secondo file e per A2 nel terzo file:

FILE AUDIO 2              Frase complessa Congiunzione A1 A2 A3 A4 A5 A6subordinata perché 8 6 3 11 0 7

che 4 4 3 1 7 2

22

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  quando 2 3 0 4 0 2  come (Int Ind) 1 0 0 0 0 0               Durata   5;52 5;28 4;52 8;27 4;29 6;37

Tabella 5 : La varietà e la frequenza di congiunzioni subordinanti nel secondo file

FILE AUDIO 3              Frase complessa Congiunzione A1 A2 A3 A4 A5 A6subordinata perché 11 5 5 6 7 14

che 8 10 1 6 5 5  quando 1 2 3 4 2 1  se (Ipo) 1 0 0 0 0 1  se (Int Ind) 0 0 0 1 0 0  come (Int Ind) 1 0 0 0 0 0  dove (Int Ind) 0 2 0 0 0 0               Durata   9;11 9;31 9;54 10;23 11;29 10;12

Tabella 6 : La varietà e la frequenza di congiunzioni subordinanti nel terzo file

Conseguentemente ne deriva che la nostra seconda ipotesi è stata confermata: gli apprendenti

utilizzano, in effetti, più frequentemente “perché” rispetto alle altre congiunzioni avverbiali,

il che risulta probabilmente anche dal tipo di abilità richieste al livello B1 del QCER

(motivare e spiegare opinioni e progetti).

3.3. Risposta alla terza ipotesi

Al livello B2 ci sarà una correlazione positiva tra l’aumento della competenza comunicativa

e la variazione di congiunzioni subordinanti causali.

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FILE AUDIO 4              Frase complessa Congiunzione A1 A2 A3 A4 A5 A6subordinata perché 22 28 23 28 19 21

che 19 30 15 45 23 11  quando 11 11 5 11 9 1  dopo 1 0 0 0 0 0  se (Ipo) 1 0 0 1 0 2  se (Int) 0 0 1 0 0 0  come (Int Ind) 1 1 0 1 1 1  come (Comp) 0 0 0 0 1 0               Durata   19;19 17;45 21;02 19;05 17;28 18;16

Tabella 7 : La varietà e la frequenza di congiunzioni subordinanti nel terzo file

Un’analisi degli ultimi sei file inficia, però, la terza ipotesi: contrariamente alle nostre

aspettative la variazione di congiunzioni subordinanti causali non aumenta, malgrado la

crescente competenza comunicativa. Facendo un confronto tra le tabelle 5, 6 e 7, notiamo

che “perché” non solo figura ai primi posti tra le scelte di congiunzione, ma continua anche

ad essere l’unica congiunzione subordinante causale utilizzata, benché possiamo presumere

che gli apprendenti, una volta acquisito il livello B2, dispongano di un’ampia gamma di

sinonimi. I lavori di Ferraris (1999) e Giacalone Ramat (2003, p. 164) hanno, però,

evidenziato che il predominio di questa congiunzione continua anche ai livelli intermedio e

avanzato. Anche Luzi ha notato nella sua analisi di un corpus parlato di italiano L2 4 che le

costruzioni causali sono per la quasi totalità introdotte da “perché” al livello B1 e C2 (Luzi,

2010, p. 195). Crediamo che quella mancanza di variazione possa dipendere da tre fattori

chiave:

1) il ruolo di causalità nel processo di complessificazione frasale

2) la differenza tra lingua parlata e lingua scritta

3) il fenomeno dell’evitamento (avoidance)

Innanzitutto, gli apprendenti L2 estendono man mano i loro enunciati tramite coordinazione e

subordinazione per aumentare il loro livello di complessità frasale. Per quanto riguarda la

subordinazione, è proprio la causalità che dà inizio a questo processo di complessificazione.

4Questo corpus è composto da 96 parlanti L2 di L1 diverse, tra cui anche di madrelingua olandese, con 2 livelli di competenza, cioè B1 e C2.

24

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Berruto (2001) mostra che l’apprendimento delle subordinate avverbiali si sviluppa secondo

la seguente sequenza:

causali → temporali → finali → ipotetiche → concessive

Fig. 4 Sequenza di apprendimento delle avverbiali (Berruto, 2001)

Avendo un livello di facilità relativamente alto, la subordinazione causale richiede poca

attenzione nel processo di apprendimento e permette una transizione abbastanza veloce verso

le fasi successive. Supponiamo che ciò possa influenzare negativamente l’estensione della

variazione causale per quanto riguarda la produzione orale poiché le costruzioni causali sono,

conseguentemente, sottorappresentate nella conoscenza attiva degli apprendenti L2. Siccome

“perché” compare come una delle prime congiunzioni imparate ed acquisite, si rischia che

questa congiunzione principale della causalità assuma un predominio incontrastato.

Eppure, non si può dimenticare che questa tesina si concentra sulla competenza comunicativa

degli studenti. Contrariamente alla lingua scritta, la lingua orale è un tipo di comunicazione

spontanea che non permette agli studenti di ritirare le loro parole, di cambiare e perfezionare

continuamente le loro formulazioni oppure di interrompersi per raggiungere un alto livello di

variazione per quanto riguarda le congiunzioni causali. È quindi comprensibile che gli

apprendenti L2 utilizzino soprattutto “perché” rispetto ai suoi sinonimi inseriti in Figura 1

(vedi 1.1.). Eppure, questo non vuol dire che la lingua parlata debba essere caratterizzata da

una mancanza assoluta di variazione. Anzi, una conoscenza attiva di quei sinonimi permette

agli studenti di sviluppare un linguaggio ricco ed evoluto.

Infine è importante sottolineare la possibile influenza dell’avoidance (anche noto come il

fenomeno dell’evitamento) sugli enunciati degli studenti. Questo fenomeno, tipico

dell’apprendimento della seconda lingua e ritenuto da alcuni una strategia comunicativa, è

stato descritto per la prima volta da Schachter nel 1974. L’evitamento significa che gli

apprendenti di una L2 omettono o aggirano deliberatamente una struttura nella L2 quando

non possiedono la conoscenza richiesta oppure temono di usarla erroneamente (Neri, 2003, p.

124).

“Avoidance is said to take place when specific target language structures are under-represented in the leaner’s production in comparison to native-speaker production. Learners are likely to avoid structures they find difficult.” (Ellis, 1986, p. 296)

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Si nota che la comparsa di questo fenomeno aumenta in un contesto dove gli apprendenti

possono provare una pressione sociale a non commettere errori. MacIntyre e Gardner (1994)

osservano che in un contesto scolastico gli studenti sembrano essere meno disposti ad

utilizzare strutture linguistiche che sono nuove o non sicure, evitandole conseguentemente.

4. Risultati e discussione

4.1. Sommario dei risultati

Questa prima sezione dell’ultimo capitolo fornisce un quadro generale dei risultati ottenuti

dalla ricerca. Dal nostro studio è emerso, prima di tutto, che il numero totale delle

congiunzioni utilizzate dagli apprendenti nederlandofoni di italiano L2 nella fase iniziale

(A1) è stato superiore alle nostre aspettative. Dopo un’analisi approfondita si è rilevato che

l’abuso della congiunzione coordinante “e” era la causa principale di quel numero così alto, il

che può esser interpretato come un tentativo inconscio di creare un senso di unità frasale e

come una strategia per continuare ad avere la parola durante la conversazione. È stata tuttavia

chiara l’assenza del “perché”, la congiunzione principale della causalità. Se la prima ipotesi

presupponeva una scarsa presenza di esso, si è per contro notata la sua assenza totale. Ciò

trova conferma nelle osservazioni di alcuni studiosi di SLA, tra cui Sato (1990) e Klein &

Perdue (1992), che hanno infatti constatato l’assenza assoluta ovvero la scarsa comparsa delle

strutture subordinate nelle fasi iniziali dell’apprendimento di una nuova lingua straniera. La

seconda ipotesi è stata confermata: si è accertata, in effetti, la comparsa della causalità

mediante il “perché”. Da una parte, ci sì può aspettare tale fatto sulla base delle competenze

comunicative richieste agli utenti autonomi5, le quali vengono di conseguenza messe alla

prova proprio durante l’esame stesso. Dall’altra, i lavori precedenti sulle subordinate

avverbiali (Berruto, 2001; Ambroso & Luzi, 2007; Ferraris, 1999; Valentini, 2003) hanno già

evidenziato che la causalità emerge come primo tipo di subordinazione nel processo di

complessificazione frasale. La terza ipotesi, per contro, è stata inficiata dopo l’analisi dei dati:

sebbene il livello degli apprendenti aumenti, la variazione di congiunzione nella causalità non

rispecchia la stessa crescita. A tale riguardo ci siamo incentrati su tre possibili spiegazioni, le

quali hanno preso di mira l’unico obbiettivo di migliorare la comprensione dei risultati. In

primo luogo, la facilità d’uso delle congiunzioni causali può causare un’attenzione ridotta nei

5Gli utenti autonomi si trovano al livello B1 oppure B2 del Common European Framework of Reference.

26

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loro confronti nel processo di apprendimento/acquisizione, risultando così in una conoscenza

che rimane prevalentemente passiva. In secondo luogo, il “perché” è più frequente nel parlato

spontaneo che nello scritto. Bianco (2010) riassume nel Treccani online che “poiché”,

“giacché” e “dacché” sono più frequenti nello scritto quando invece “che” e “siccome” sono

presenti anche nel parlato e nello scritto meno formale. In terzo luogo, è altresì possibile che

il fenomeno di avoidance (strategie di evitamento) eserciti un’influenza sulla capacità di

esprimersi oralmente in italiano, soprattutto quando gli apprendenti di una L2 sostengono un

esame: poiché provano una pressione probabilmente alta per ottenere buoni risultati senza

commettere errori, evitano di conseguenza costruzioni e variazioni su cui si sentono incerti e

in cui rischiano di sbagliarsi.

4.2. Riflessioni aggiuntive

Si potrebbero formulare due critiche fondamentali allo studio effettuato in questa tesina. In

primo luogo, il periodo esaminato consta di due anni accademici (2012-2013 e 2013-2014)

del bachelor in Linguistica Applicata presso l’Università di Ghent, ma tre dei quattro

momenti di registrazione si sono svolti nel primo anno accademico, quando invece solo uno

si è svolto alla fine del secondo. Non avendo altro materiale audio, abbiamo comunque deciso

di analizzare quei due anni accademici e costruirne un corpus. In secondo luogo, nonostante

la maggioranza dei partecipanti presentino comportamenti simili nel loro utilizzo di

congiunzioni, non si tratta di una scienza esatta ed ulteriore ricerca su un campione più ampio

potrebbe, perciò, rafforzare o smentire le nostre osservazioni.

Eppure, i risultati emersi da questo studio potrebbero fornire un quadro interessante e

chiarificatore dell’utilizzo e della scarsa variazione della congiunzione causale “perché” sia

agli apprendenti stessi che ai loro professori. In tal modo entrambi i gruppi potrebbero

prevenire che l’acquisizione delle congiunzioni causali si interrompa una volta acquisito un

paio di indicatori congiuntivi a scapito di altri che vengono evitati, come anche Vedder

(1994, p. 108) ha constatato nel suo studio riguardante gli indicatori argomentativi. Se si tiene

conto di tale fenomeno di overuse (abuso) nel processo di acquisizione, l’apprendente L2

potrebbe sostenere e sviluppare ulteriormente la sua conoscenza attiva delle congiunzioni

causali.

27

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4.3. Direzione futura della ricerca

In questa sezione finale illustriamo brevemente alcuni aspetti che probabilmente permettono

ulteriori ricerche nel futuro. Prima di tutto, il processo di apprendimento dell’italiano da parte

di apprendenti nederlandofoni rappresenta fino ad ora un terreno fertile da dissodare. Per

quanto riguarda specificamente questo studio, la quantità di partecipanti può assolutamente

esser allargata. Anzi, sulla base dei dati numerici ottenuti da un nuovo e più grande corpus si

potrebbe controllare ancora meglio non solo se, ma anche in che misura le somiglianze

generali e le percentuali più o meno parallele nelle tabelle 3, 4 e 8 rimangano presenti in

relazione all’utilizzo delle congiunzioni causali e alla scarsa variazione di esso nella

produzione orale degli apprendenti di italiano L2. In seguito, soprattutto la terza ipotesi

permette probabilmente ulteriori possibilità di ricerca, utili a verificare così le possibili

spiegazioni concernenti la scarsa variazione del “perché”. Potrebbe, infine, rivelarsi altresì

interessante applicare questo tipo di studio alle altre strutture subordinate acquisite dagli

apprendenti di madrelingua nederlandese.

5. Bibliografia

Ambroso, S. & Luzi, E. (2007). L’italiano L2: dalla pragmatica alla sintassi: fenomeni di un

28

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6. Appendici

6.1. Appendice 1: Corpus

(veda la cartella zip in Studenpublicaties nel corso di Bachelorproef su Minerva)

6.2. Appendice 2: Livelli comuni di riferimento (scala globale)

Livelloelementare

A1 Riesce a comprendere e utilizzare espressioni familiari di uso quotidiano e formule molto comuni per soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e altri ed è in grado di porre domande su dati personali e rispondere a domande analoghe (il luogo dove abita, le persone che conosce, le cose che possiede). È in grado di interagire in modo semplice purché l’interlocutore parli lentamente e chiaramente e sia disposto a collaborare.

A2 Riesce a comprendere frasi isolate ed espressioni di uso frequente relative ad ambiti di immediata rilevanza (ad es. informazioni di base sulla persona e sulla famiglia, acquisti, geografia locale, lavoro). Riesce a comunicare in attività semplici e di routine che richiedono solo uno scambio di informazioni semplice e diretto su argomenti familiari e abituali. Riesce a descrivere in termini semplici aspetti del proprio vissuto e del proprio ambiente ed elementi che si riferiscono a bisogni immediati.

Livellointermedio

B1 È in grado di comprendere i punti essenziali di messaggi chiari in lingua standard su argomenti familiari che affronta normalmente al lavoro, a scuola, nel tempo libero ecc. Se la cava in molte situazioni che si possono presentare viaggiando in una regione dove si parla la lingua in questione. Sa produrre testi semplici e coerenti su argomenti che gli siano familiari o siano di suo interesse. È in grado di descrivere esperienze e avvenimenti, sogni, speranze, ambizioni, di esporre brevemente ragioni e dare spiegazioni su opinioni e progetti.

B2 È in grado di comprendere le idee fondamentali di testi complessi su argomenti sia concreti sia astratti, comprese le discussioni tecniche nel proprio settore di specializzazione. È in grado di interagire con relativa scioltezza e spontaneità, tanto che l’interazione con un parlante nativo si sviluppa senza eccessiva fatica e tensione. Sa produrre testi chiari e articolati su un’ampia gamma di argomenti e esprimere un’opinione su un argomento d’attualità, esponendo i pro e i contro delle diverse opzioni.

Quadro europeo di riferimento per le lingue: © Consiglio d’Europa [p.32]

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6.3. Appendice 3: Livelli comuni di riferimento (scheda di autovalutazione)

6.3.1. Interazione

Livello elementare

A1 Riesco a interagire in modo semplice se l’interlocutore é disposto a ripetere o a riformulare più lentamente certe cose e mi aiuta a formulare ciò che cerco di dire. Riesco a porre e a rispondere a domande semplici su argomenti molto familiari o che riguardano bisogni immediati.

A2 Riesco a comunicare affrontando compiti semplici e di routine che richiedano solo uno scambio semplice e diretto di informazioni su argomenti e attività consuete. Riesco a partecipare a brevi conversazioni, anche se di solito non capisco abbastanza per riuscire a sostenere la conversazione.

Livellointermedio

B1 Riesco ad affrontare molte delle situazioni che si possono presentare viaggiando in una zona dove si parla la lingua. Riesco a partecipare, senza essermi preparato, a conversazioni su argomenti familiari, di interesse personale o riguardanti la vita quotidiana ( per esempio la famiglia, gli hobby, il lavoro, i viaggi e i fatti di attualità).

B2 Riesco a comunicare con un grado di spontaneità e scioltezza sufficiente per interagire in modo normale con parlanti nativi. Riesco a partecipare attivamente a una discussione in contesti familiari, esponendo e sostenendo le mie opinioni.

Quadro europeo di riferimento per le lingue: © Consiglio d’Europa

6.3.2. Produzione orale

Livello elementare

A1 Riesco a usare espressioni e frasi semplici per descrivere il luogo dove abito e la gente che conosco.

A2 Riesco ad usare una serie di espressioni e frasi per descrivere con parole semplici la mia famiglia ed altre persone, le mie condizioni di vita, la carriera scolastica e il mio lavoro attuale o il più recente.

Livellointermedio

B1 Riesco a descrivere, collegando semplici espressioni, esperienze ed avvenimenti, i miei sogni, le mie speranze e le mie ambizioni. Riesco a motivare e spiegare brevemente opinioni e progetti. Riesco a narrare una storia e la trama di un libro o di un film e a descrivere le mie impressioni. .

B2 Riesco a esprimermi in modo chiaro e articolato su una vasta gamma di argomenti che mi interessano. Riesco a esprimere un’ opinione su un argomento d’attualità, indicando vantaggi e svantaggi delle diverse opzioni.

Quadro europeo di riferimento per le lingue: © Consiglio d’Europa

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6.4. Appendice 4: Course Specifications – Italian: Language Practice A

(veda la cartella zip in Studenpublicaties nel corso di Bachelorproef su Minerva)

6.5. Appendice 5: Course Specifications – Italian: Language Practice B

(veda la cartella zip in Studenpublicaties nel corso di Bachelorproef su Minerva)

6.6. Appendice 6: Course Specifications – Italian: Language Practice D

(veda la cartella zip in Studenpublicaties nel corso di Bachelorproef su Minerva)

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