L’acqua è l’elemento più abbondante del corpo umano,il suo ... · tipi di catena alpha (come...

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- Omeostasi idro-elettrolitica - Approccio al bambino con ematuria - Fisiopatologia delledema nelle patologie nefrologiche - Glomerulonefriti - Sindrome Nefrosica - Approccio al bambino con disturbi minzionali (poliuria, enuresi) - Le infezioni delle vie urinarie - Insufficienza Renale nel bambino (IRA e IRC)

Transcript of L’acqua è l’elemento più abbondante del corpo umano,il suo ... · tipi di catena alpha (come...

- Omeostasi idro-elettrolitica

- Approccio al bambino con ematuria

- Fisiopatologia dell’edema nelle patologie nefrologiche

- Glomerulonefriti

- Sindrome Nefrosica

- Approccio al bambino con disturbi minzionali (poliuria, enuresi)

- Le infezioni delle vie urinarie

- Insufficienza Renale nel bambino (IRA e IRC)

Omeostasi idro-elettrolitica

Fede C, La Mazza A, Vitale A, Crisafulli RM, Salpietro V, Fede C

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

L’acqua è l’elemento più abbondante del corpo umano,il suo contenuto varia in rapporto al sesso,

l’età e la costituzione del soggetto: nel neonato il contenuto di acqua è il 75% del peso corporeo,nel

giovane adulto di età > o = di 25 anni è il 60%,nella donna di pari età il 50%, nell’uomo di età > o =

di 80 anni è il 50% e nelle donna della stessa età il 45 %.

L’acqua corporea totale si divide in 2 compartimenti:acqua intracellulare e acqua extracellulare.

La prima rappresenta il 67% del peso corporeo ed è indice della massa cellulare corporea.

L’acqua extracellulare raggiunge in media il 33% del peso corporeo suddividendosi in acqua del

plasma,della linfa interstiziale,dei tessuti di sostegno e acqua transcellulare.

L’acqua in noi è una traccia del mare primordiale in cui siamo nati; rappresenta la sostanza

fondamentale di ogni cellula e partecipa a tutti i processi biologici che in essa si svolgono.

Talete di Mileto,filosofo greco antico vissuto tra il VII-VI sec.A.C. affermava “l’acqua è l’origine

di tutte le cose….”. Per i Sumeri, popolazione vissuta nella Mesopotamia meridionale tra il 4000 e

il 1500 A.C. nelle terre tra il Tigri e l’Eufrate, è medico “colui che capisce d’acqua”. Oggi, la

medicina quantistica molecolare riconosce le cause delle malattie nell’alterata polarità dell’acqua.

I reni, pur rappresentando appena di 1/200 del peso corporeo svolgono un ruolo fondamentale nel

mantenimento dell’omeostasi dell’acqua corporea infatti,sono in grado di filtrare ogni giorno

duecento litri d’acqua e riassorbire il 99,9%. Questa capacità dei reni di concentrare e di diluire le

urine ha avuto inizio, in tempi lontani, quando gli organismi viventi si sono trasferiti dal mare alla

terra ferma ed hanno dovuto risparmiare acqua, per sopravvivere alle temperature del nuovo

ambiente.

Oggi, il rene umano è capace di una escrezione di 20 l/die di urine con una osmolarità minima di 50

mOsm/l o di una escrezione di appena 0,5 l/die di urine con una osmolarità massima di 1200

mOsm/l.

L’acqua è sicuramente tra tutti gli elementi costituenti il corpo umano quello più soggetto a

movimento esterno e interno. La perdita giornaliera di acqua nell’adulto corrisponde a circa il 4%

della massa corporea e deve quindi essere riassunta con la dieta. Nei bambini questa percentuale è

molto più elevata circa il 15% ed essi sono quindi più soggetti a disidratazione. Il bilancio

dell’acqua è determinato dall’equilibrio tra il volume di acqua assunta e quello di acqua eliminata

dall’organismo Tale equilibrio è regolato dal centro ipotalamico della sete, che modula l’assunzione

di acqua e dall’ormone antidiuretico (ADH o vasopressina) secreto dall’ipofisi posteriore che

aumenta il riassorbimento di acqua nel rene.

La regolazione del ricambio idro-salino avviene tramite meccanismi nervosi (centrali e periferici) e

ormonale, che esplicano la loro azione sul rene,organo cardine della omeostasi idro-elettrolitica.

La conoscenza dei fabbisogni idro-elettrolitici è importante per conoscere le potenziali perdite di

liquidi ed elettroliti, per esempio a causa del vomito o diarrea. Per i bambini si raccomanda un

apporto di acqua pari a 1,5 ml/kcal di energia spesa, ovvero 35-50 ml/kg o 1000-1500ml/mq di s.c..

Momenti critici per un corretto equilibrio idro-elettrolitico sono quelli che si osservano in corso di

malattie acute critiche,quando diventa evidente il sequestro di acqua nel compartimento

extracellulare con conseguente edema. In questi casi una non corretta gestione del bilancio idro-

elettrolitico può condurre a un deficit circolatorio e all’ipoperfusione tissutale,per cui devono essere

somministrati liquidi (soluzioni saline 0,9 % o ringer lattato o soluzioni colloidi) per mantenere il

volume intravascolare e un’adeguata circolazione onde evitare uno stato di ipoperfusione e

un’insufficienza pre-renale.

Altri momenti clinici critici che meritano particolare attenzione sono i casi di grave malnutrizione in

cui le cellule si impoveriscono a poco a poco di tutti i loro componenti. In questi casi si può

determinare la sindrome da rialimentazione (refeeding sindrome). Per evitarla occorre evitare

eccessivi apporti di sodio e acqua, in quanto il rene fatica ad eliminarli con possibile loro

accumulo,ma essere generosi nella somministrazione di potassio,fosfati e magnesio,onde evitare

una pericolosa diminuzione della loro concentrazione ematica.

Bibliografia

1. Rocca G.: Medicina quantistica molecolare.La dinamica della vita. Tecniche nuove, Milano 2008

2. Hahnemann S.: Organon of medicine. Kessinger Publishing,2007

Approccio al bambino con ematuria

Conti G, Vitale A, Crisafulli RM, Salpietro V, Fede C

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

Epidemiologia

L’ematuria è un sintomo importante nella nefro-urologia, essendo presente nella maggior parte delle

malattie del parenchima renale e delle vie escretrici.

Il riscontro di microematuria può conseguire a screening oppure ad esami occasionali. In Giappone,

mediante uno screening scolastico, è stata rilevata una microematuria isolata nello 0.25% della

popolazione di bambini di 6-12 anni. Negli USA la prevalenza di ematuria microscopica

asintomatica è risultata in alcuni Stati dello 0.05-2%.

Fisiopatologia

Molto interessante è lo studio delle lesioni elementari e delle basi molecolari che sottendono una

ematuria glomerulare. L’ipotesi più accreditata, documentata solo eccezionalmente in microscopia

elettronica, è la formazione di soluzioni di continuo, “breaks o gap” della membrana basale

capillare glomerulare che permettono il passaggio nello spazio urinifero delle emazie. La recente

introduzione della microscopia a scansione ha consentito una visualizzazione del tutto convincente

del fenomeno ed ha dato la dimostrazione del ruolo giocato dal complemento nell’induzione di

ematuria.

In vari modelli sperimentali di glomerulonefrite, indotte con somministrazione di immunocomplessi

preformati si è osservato che compariva ematuria solo se veniva attivato e fissato il complemento,

ed era possibile evitare l’ematuria in animali depleti di complemento. L’attivazione della via

comune C5-C9, porta alla costituzione di una molecola detta complesso di attacco di membrana

(C5b-C9 o MAC) ricco di fosfolipidi. Questo si fissa alla membrana ed assume una posizione di

transmembrana, favorendo in situ la produzione di specie reattive dell’O2 molecolare. La

perossidazione dei fospolipidi di membrana che consegue è il meccanismo principale alla base

della formazione delle soluzioni di continuo della parete dei capillari adiacenti al punto di

inserzione della macromolecola del C5-C9.

È peraltro interessante rilevare che, accanto al meccanismo principale di fissazione del

complemento attivato nell’induzione dell’ematuria glomerulare, questa possa essere clinicamente

evidente per alterazioni non infiammatorie della membrana basale, conseguenti ad anomalie della

composizione molecolare del componente Collageno IV, quali la porzione non collagenosica di vari

tipi di catena alpha (come accade nella ematuria da Sindrome di Alport) o per alterazioni

biochimiche ancora non note, ma che ne condizionano un minore spessore ed una maggiore fragilità

(come nella malattia da membrane basali sottili).

Sedimento urinario: distinzione ematuria glomerulare e non glomerulare

Si considera normale un sedimento urinario con rari globuli rossi (GR) sulle prime urine emesse al

mattino e ottenuto dopo una centrifugazione standard (x3000 giri/minuto) e lettura ad

ingrandimento x400 del sedimento.

La conta può essere normalizzata a GR/mm3 o con la conta di Addis in urine delle 24 ore a GR/min,

ma il sedimento a fresco, se eseguito correttamente, consente di ottenere più informazioni di metodi

più complicati. Una microematuria è significativa quando sono presenti più di 5 GR per campo

microscopico (pcm) ad ingrandimento di x 400, valore che corrisponde a >5 GR/mm3 o >5000

GR/minuto nella conta di Addis

La valutazione microscopica del sedimento è essenziale anche per distinguere un’ematuria da

colorazioni rosse delle urine da pigmenti esogeni (alimentari o farmacologici) o endogeni come in

caso di mioglobinuria (da rabdomiolisi) o emoglobinuria (da anemia emolitica).

Inoltre l’analisi del sedimento permette di valutare la morfologia delle emazie. La presenza di

emazie dismorfiche nelle urine è considerata indicativa di una nefropatia glomerulare. Il

dismorfismo sarebbe prodotto dall’azione della pressione intracapillare sulle emazie che, spinte

attraverso brecce (o gap) della membrana basale glomerulare, ne vengono modificate

definitivamente nella forma. Si ritiene pertanto che quando più del 30-50% delle emazie sono

dismorfiche e pallide la diagnosi più probabile sia di sanguinamento glomerulare. La corretta

interpretazione del dato morfologico deve tenere conto del ruolo dell’osmolarità delle urine e

dell’entità dell’ematuria (che è espressione della velocità di passaggio dei GR attraverso le

soluzioni di continuo della parete capillare glomerulare). L’associazione di emazie dismorfiche con

ematuria glomerulare e emazie ben conservate con ematuria urologica non è infatti assoluta ed

emazie ben conservate possono caratterizzare una macroematuria glomerulare con estrema

riduzione del tempo di passaggio delle emazie attraverso un filtro glomerulare alterato, mentre

l’ipertonicità delle urine può dare immagini difficili da interpretare correttamente. Tutto il

sedimento è invece più informativo, poiché la ricchezza in detriti cellulari e in cilindri, la presenza

di acantociti conferma il reperto di emazie dismorfiche nel sospetto di una microematuria

glomerulare. Allo stesso modo la presenza di coaguli ematici nelle urine e/o di cristalli e/o batteri

nel sedimento può rafforzare l’ipotesi di un’ematuria di origine urologica.

Lo studio del sedimento, quindi, si presenta fondamentale per formulare una prima ipotesi sulla

causa di ematuria ed avviare un procedimento diagnostico diversificato.

Iter diagnostico e cause dell’ematuria

Le cause dell’ematuria nel bambino sono molteplici (Tab. I).

L’approccio ad un bambino con ematuria avviene secondo elementi classici: anamnesi, esame

obiettivo, test laboratoristici a partire da quelli meno complicati ed eseguibili ambulatorialmente a

quelli più complessi e invasivi che richiedono ospedalizzazione

Nella raccolta della storia clinica familiare l’identificazione di malattie renali ereditarie merita

particolare attenzione sia per porre il sospetto di una nefrolitiasi sia di una nefropatia familiare

(sindrome di Alport, malattie delle membrane sottili, ematuria familiare benigna, nefropatia e

depositi IgA).

Nell’anamnesi personale del bambino bisogna considerare particolarmente l’epoca di comparsa

dell’ematuria in rapporto a precedenti episodi infettivi (faringotonsilliti, granulomi o ascessi dentari,

impetigine, ascessi superficiali e profondi) o traumi addominali recenti o alla possibile assunzione

di farmaci (analgesici, FANS, anticoagulanti).

Un punto importante è l’attenta considerazione delle condizioni cliniche nel cui contesto si è

rilevata l’ematuria. La presenza di subedemi palpebrali e malleolari possono far ipotizzare una

sindrome nefritica acuta. Il riscontro di porpora agli arti inferiori e ai glutei, che si accompagna

spesso a manifestazioni addominali (dolore colico di tipo ischemico, melena o rettorragia) e/o ad

artralgie permettono di diagnosticare una sindrome di Schoenlein-Henoch.

Gli esami diagnostici inizialmente sono molto semplici ed includono oltre all’analisi del sedimento

urinario, il dosaggio della proteinuria molto utile nel rilevare modificazioni della permselettività

glomerulare.

Gli esami ematochimici comprendono la valutazione della filtrazione glomerulare (clearance della

creatinina), indici di flogosi (emocromo, VES, PCR), assetto immunologico (protidemia e quadro

elettroforetico, immunoglobuline), complementemia. Una riduzione del complemento sierico

caratterizza alcune forme di glomerulonefriti primitive come la glomerulonefrite acuta postinfettiva,

la glomerulonefrite membrano-proliferativa e alcune forme secondarie, soprattutto quelle in corso di

lupus eritematoso sistemico ed in corso di crioglobulinemie di accompagnamento ad infezione da

HCV, molto rare in età pediatrica.

Nei casi di ematuria ricorrente che si accompagnano a sordità del bambino o di un familiare è

consigliabile effettuare un esame audiometrico che se rileva un difetto neurogenico bilaterale per i

toni medio-alti, può far ipotizzare una sindrome di Alport da confermare successivamente alla

biopsia.

In tutti i pazienti con ematuria è utile l’esecuzione di un’ecotomografia reno-vescicale, anche per

individuare, il più precocemente possibile, patologie tumorali come il tumore di Wilms o il

rabdomiosarcoma vescicale

Nel sospetto di una microematuria non glomerulare è utile l’esecuzione di un’urinocoltura ed il

dosaggio della calciuria. È ancora oggi difficile stabilire con certezza il significato patologico del

riscontro di ipercalciuria nei bambini ed i rapporti precisi con l’ematuria. Screening scolastici hanno

infatti dimostrato la relativa frequenza di ipercalciuria asintomatica, osservata nel 3-9% dei bambini

sani, di cui solo una piccola parte, circa il 20%, sviluppa nel tempo microematuria e calcolosi. Nei

bambini in cui, a dieta libera, è riscontrabile un’ipercalciuria, è utile la ripetizione dell’esame dopo

una settimana di dieta ipocalcica a contenuto controllato di sodio (300 mg/1.73 m2 di calcio e 2

g/1.73 m2 di sodio al giorno). Un rapporto calciuria/creatininuria >0,2 sulle urine raccolte a digiuno

dopo il periodo di dieta, rileva un’ipercalciuria renale. È comunque sempre importante rilevare se

l’ipercalciuria è asintomatica o se è associata a microematuria; nel primo caso assume rilevanza

quando osservata in un contesto di familiarità per calcolosi e/o microematuria, nel secondo caso

rappresenta sempre una condizione da monitorare.

Le indagini strumentali più approfondite (cistografia, urografia, cistoscopia) sono riservate ad un

momento successivo per la conferma di una litiasi o di una malformazione delle vie urinarie.

Biopsia renale

L’iter descritto permette una diagnosi nel 50-60% dei casi. Nella restante percentuale dei casi la

natura della microematuria isolata rimane imprecisata. In questi casi il problema principale è

rappresentato dalla scelta di procedere o meno ad esami più invasivi, come la biopsia renale.

Il ricorso alla biopsia renale viene limitato ad un numero ristretto di casi: episodi di macroematuria

recidivante, microematuria importante persistente con alterati segni clinici o umorali (creatininemia

aumentata, ANA e/o n-DNA positivi) o urinari (proteinuria significativa). In queste condizioni è più

probabile il riscontro bioptico di una glomerulopatia, che deve essere seguita nel tempo con un

follow-up ambulatoriale scrupoloso.

Più difficile decidere se e quando fare l’accertamento istologico nelle microematuria di entità

discreta senza proteinuria o nelle macroematurie recidivanti con sedimento negativo nei periodi

intervallari. In questi casi è fondamentale escludere le cause urologiche ed attendere un follow up

più lungo che può arrivare a 1-2 anni in cui si valuta anche la costanza del reperto (microematuria

persistente) e l’eventuale comparsa di proteinuria nel tempo.

La decisione di non procedere ad accertamento bioptico renale deve sempre essere considerata

temporanea, poiché non può essere valida sempre nel futuro di un paziente. Infatti il profilo clinico

di una nefrite è dinamico e può indurre a rapidi cambiamenti decisionali.

La “finestra pediatrica” del Registro delle biopsie renali Italiane, un’iniziativa del Gruppo di

Immunopatologia Renale Italiano della Società Italiana di Nefrologia Pediatrica, ha censito le

biopsie renali pediatriche eseguite in Italia durante 3 anni (1992-1994) ed ha permesso di valutare

le associazioni fra quadro clinico d’esordio e biopsia renale su un numero notevole di nefropatici

pediatrici, 432 pazienti minori di 15 anni.

Nei bambini in cui l’indicazione alla biopsia renale era microematuria associata a proteinuria

dosabile ma non nefrosica (4 <50 mg/Kg/die) la nefrite più comunemente riscontrata era stata la

Nefropatia a depositi IgA (IgAN,30,4%). Frequente anche la GN in corso di Schönlein–Henoch

(23%), mentre meno frequenti erano la GN membrano-proliferativa (5,2%) e la GN in sindrome di

Alport (4,4%). Nei bambini in cui la biopsia renale era stata eseguita per microematuria isolata

associata a proteinuria in tracce minime o assenti, il 35% presentava una IgAN, il 25% una malattia

a membrane basali sottili. Molto meno rappresentate erano altre forme, quali GN membrano–

proliferative o in corso di sindrome di Alport.

Tabella I: Cause di ematuria in età pediatrica

Cause nefrologiche

- Glomerulonefrite acuta

- Glomerulonefriti (GN) croniche (nefriti a depositi IgA, GN membrano proliferative,

GN rapidamente progressive, GN proliferativa mesangiale, etc)

- Sindrome di Schoenlein-Henoch

- Sindrome emolitico-uremica

- Collagenopatie (LES, vasculiti, etc)

- Sindrome di Alport e nefriti familiari

- Malattia da membrana basale sottile

Cause urologiche

- Tumori renali (nefroblastoma, adenocarcinoma a cellule chiare)

- Tumori vescicali (rabdomiosarcoma)

- Litiasi renale

- Uropatie malformative (giunto pielo-ureterale, valvole dell’uretra o ureterocele)

- Malattia policistica

- Traumi

Altre cause

- Trombosi vene renali o infarto renale

- Litiasi microscopica (ipercalciuria, iperossaluria)

- Difetti della coagulazione

- Nefriti interstiziali immuno-allergiche (farmacologiche)

- Ipertensione arteriosa e malformazioni vascolari

- Sindrome dolore lombare-ematuria

Bibliografia

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2. Ward JF, Kaplan GW, Mevorach R, Stock JA, Cilento BG Refined microscopic urinalysis

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5. Fogazzi GB, Edefonti A, Garigali G, Giani M, Zolin A, Raimondi S, Mihatsch MJ, Messa

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7. Coppo R, Gianoglio B, Porcellini MG, Maringhini S. Frequency of renal diseases and

clinical indications for renal biopsy in children (report of the Italian National Registry of

Renal Biopsies in Children). Nephrol Dial Transplant. 1998; 13: 293-297.

Fisiopatologia dell’edema nelle patologie nefrologiche

Giovanni Conti, Agata Vitale, Lorena Silipigni, Antonella La Mazza, Vincenzo Salpietro, Carmelo Fede

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

Il movimento di fluidi fra il comparto vascolare e quello interstiziale è regolato dalla legge di

Starling dove le variabili principali sono la differenza di pressione idrostatica e di pressione

oncotica fra i due comparti. Secondo l’Equilibrio di Gibbs-Donnan: “il prodotto delle

concentrazioni di ciascun paio di cationi e anioni diffusibili posti ad un lato della membrana è

uguale al prodotto dello stesso paio di ioni posti all’altro lato”. A livello plasmatico, la pressione

osmotica è maggiore perché vi sono le proteine (che hanno un peso maggiore) ed un maggior

numero di ioni diffusibili.

L'edema in corso di patologie renali può originare secondo due meccanismi patogenetici diversi:

quello dell' "underfill" (sottoriempimento) e quello dell' "overfill" (sovrariempimento).

Secondo la teoria “underfill”, in particolare durante una sindrome nefrosica, si può avere una

riduzione della pressione oncotica da massiva proteinuria e conseguente ipoalbuminemia.

Dall’altro, secondo la teoria “overfill”, in corso di glomerulonefrite si può determinare un aumento

della pressione idrostatica da ritenzione di sodio ed acqua. Le due teorie hanno meccanismi

patogenetici opposti e richiederebbero anche interventi terapeutici differenti.

Nella sindrome nefrosica, particolarmente in età pediatrica, si ha una perdita massiva e persistente

di proteine per alterata permselettività del filtro glomerulare (Fig1). L'intensità dell’ipoalbuminemia

è variabile e dipende dalla capacità di sintesi epatica, dallo stato nutrizionale del soggetto e dalla

eventuale presenza di patologie associate. L'ipoalbuminemia determina una riduzione della

pressione oncotica nel compartimento plasmatico con diminuzione del gradiente plasma-interstizio,

cui consegue una maggior fuoriuscita di liquidi verso l'interstizio. Il rene attua dei meccanismi di

compenso che tendono a ristabilire l'equilibrio: aumento del flusso linfatico e vasocostrizione

capillare che tentano di ristabilire il gradiente fra pressione oncotica plasmatica e interstiziale.

Inoltre la scarsa distensibilità dell'interstizio con rapido aumento della pressione idrostatica

interstiziale frena la fuoriuscita di liquidi dal comparto vascolare. Caratteristiche fondamentali

dell’edema da “underfill”, soprattutto ai fini terapeutici, sono l'ipovolemia, l'attivazione del sistema

renina-angiotensina-aldosterone, la vasocostrizione periferica. La funzione renale è per lo più

conservata.

Invece, secondo la teoria "overfill" (Fig.2), il danno glomerulare indurrebbe una ritenzione

primitiva di sodio con aumento della volemia e fuoriuscita di liquidi dal comparto vascolare per

aumento della pressione idrostatica plasmatica. In questa situazione c'è un aumento della volemia

ed espansione del volume interstiziale, il sistema renina-angiotensina-aldosterone è soppresso e

sono presenti ipertensione e contrazione della funzione renale

I due meccanismi, però, possono essere presenti in fasi diverse della stessa malattia. L'edema da

"underfill" si verifica più frequentemente nella sindrome nefrosica in età pediatrica e poiché la

caratteristica principale è la contrazione del volume plasmatico sono presenti sintomi da ipotensione

e da ipovolemia. Emoglobinemia ed ematocrito sono aumentati. La causa più frequente è la

glomerulonefrite a lesioni minime.

L'edema da "overfill", a volume plasmatico espanso, è più frequente nella sindrome nefrosica

dell’adulto e nelle glomerulonefriti ed è caratterizzato da ipertensione e sintomi di ipervolemia.

Emoglobinemia e ematocrito sono normali.

Terapia

I due meccanismi possono essere presenti in diverse fasi della stessa malattia; tuttavia è importante

per la terapia riconoscere quale dei due distinti meccanismi è presente o prevalente.

L'edema a volume plasmatico contratto non richiede una correzione urgente e frequentemente la

terapia "causale" ne consente il controllo. Qualora l'ipovolemia sia sintomatica l'approccio più

razionale è quello di espandere il volume plasmatico con albumina (1 g/kg/die nel bambino; 40

g/die nell'adulto) e talora con mannitolo al 18% (10 ml/kg fino a un massimo di 200 ml, per non

incorrere nel rischio di tubulotossicità). Raramente si utilizzano plasma expanders e plasma.

L'edema con volume espanso, da sovraccarico, richiede invece un trattamento più urgente perchè

può evolvere in edema polmonare o ipertensione grave.

L'obiettivo terapeutico principale è ridurre la volemia, negativizzando il bilancio del sodio.

Pertanto è necessario limitare l'introduzione di sodio e utilizzare i diuretici.

Se la funzione renale è normale con edemi modesti i diuretici di prima scelta sono i tiazidici:

idroclorotiazide 1mg/kg/die.

Negli edemi refrattari o in presenza di contrazione della funzione renale è necessario l'uso dei

diuretici dell'ansa, tenendo conto dell'ototossicità, in particolare in caso di ipoalbuminemia grave.

La dose di furosemide parte da 1 mg/kg/die e può arrivare fino a 250-500 mg/die nell'adulto.

Talora è utile l'associazione con i tiazidici.

I diuretici risparmiatori di potassio hanno un utilizzo razionale nelle situazioni di attivazione del

sistema renina-angiotensina-aldosterone e in associazione a diuretici dell'ansa per evitare

l'ipopotassiemia. Lo spironolattone si usa a dosi di 1-3 mg/kg/die.

Fig 1: Patogenesi dell’edema in nefrologia: teoria “underfill”

Fig 2: Patogenesi dell’edema in nefrologia: teoria “overfill”

Bibliografia

1. Favia I, Garisto C, Rossi E, Picardo S, Ricci Z. Fluid management in pediatric intensive

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dependent and steroid resistant forms. Curr Med Chem. 2010; 17: 847-53.

Glomerulonefriti

Chimenz R.,Catena MA., Crisafulli, RM., Privitera C., Fede C.

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

Le glomerulonefriti sono processi infiammatori a carico del glomerulo del Malpighi su base

immunologica, idiopatica o causata da agenti infettivi o non infettivi, e con uno spettro di

manifestazioni cliniche estremamente vario, che va da forme asintomatiche a forme gravi, evolventi

in modo acuto o cronico verso l’insufficienza renale. L’infiammazione del glomerulo con

proliferazione cellulare con essudazione di polimorfonucleati ed alterazioni vascolari con microressi

ed alterazione della permeabilità vascolare, é responsabile delle sindromi "nefritiche" e

"nefrosiche”.

NEFRITI

La sindrome nefritica acuta si caratterizza clinicamente per la presenza di sintomi e segni quali :

- Ematuria

- Oliguria

- Edemi di lieve entità

- Ipertensione

- Proteinuria, Insufficienza renale acuta, anemia

I principali quadri di glomerulo nefrite in età pediatrica sono rappresentati da:

- Glomerulonefrite acuta post-infettiva

- Nefropatia a depositi di IgA (s. di Berger)

- Glomerulonefrite da SSH

- Sindrome di Alport

- Glomerulonefrite membranosa

- Glomerulonefrite membrano-proliferativa

Glomerulonefrite acuta post-infettiva: la grande maggioranza di tali glomerulo nefriti conseguono a

infezioni acute da ceppi nefritogeni di streptococco beta emolitico di gruppo A, ma altri agenti

eziologici possono essere rappresentati anche da altri batteri (stafilococco, meningococco,

pneumococco, salmonelle, treponema p, leptospira), virus (HBV, CMV, EBV, varicella zoster,

echovirus, coxsackie B4, virus di influenza, parotite e rosolia), toxoplasma, plasmodium m.

Patogeneticamente alla base della malattia vi è un’attivazione della cascata della via alterna del

complemento, molto probabilmente innescata dalla presenza di immunocomplessi circolanti ( ruolo

di antigene M, nephritis strain-associated protein, endostreptosina, proteasi) ciò determina il

richiamo dei PMN ed un conseguente danno di membrana transitorio. Clinicamente, dopo 10-15

giorni dal superamento di un’infezione, classicamente faringite o dopo 21 giorni da un’infezione

della cute, compaiono dapprima sintomi aspecifici (malessere generale, pallore, astenia, anoressia,

dolenzia lombare) seguiti poi dai sintomi principali della patologia, ovvero edemi, macroematuria,

oliguria ed ipertensione arteriosa. Meno frequentemente il quadro clinico può essere rappresentato

da forme paucisintomatiche, encefalopatia ipertensiva, sindrome nefrosica o scompenso cardiaco.

Per avere conferma diagnostica, in caso di sospetto di glomerulo nefrite acuta postinfettiva,

andremo ad eseguire innanzitutto un esame delle urine per la ricerca di proteinuria, ematuria e dei

caratteristici cilindri eritrocitari, ematuria e proteinuria.

• Parlando di ematuria, ovvero presenza di elementi corpuscolati del sangue nelle urine,

dobbiamo distinguere tra ematuria macroscopica e microscopica e tra ematuria asintomatica

o sintomatica ( associata a disuria, dolori addominali, patologie sistemiche…), precisando

che, nonostante l’ematuria possa essere la manifestazione di molti disordini del rene o delle

vie urinarie, il suo semplice riscontro non è necessariamente indice di malattia. L’ematuria

macroscopica non è comune in età pediatrica; può derivare dal rene (ed in tal caso le urine

possono essere di colore francamente rosso, rosa a lavatura di carne, color marsala o

marrone) o da vescica o uretra ( in tal caso le urine possono essere di colore dal rosa tipo

lavatura di carne al rosso acceso). Si parla di ematuria microscopica quando la ricerca di

emoglobina con Hema –combistick sia positiva e quando nel sedimento si riscontrino più di

5 GR per campo a forte ingrandimento(x400) della centrifugazione di 10 mL di urina. Le

cause di ematuria possono essere distinte in glomerulari( glomerulo nefriti acute e croniche,

nefropatie ereditarie, sindr.emoliticouremica, porpora di Schonlein Henoch,vasculiti, diabete

mellito, amiloidosi..) e non glomerulari (cistiti, pielonefriti, calcolosi, trauma).

Tornando a parlare di glomerulo nefrite acuta post infettiva, oltre all’esame urine, andremo

ad eseguire esami di laboratorio quali complementemia ( ↓ C3 nel 90% dei casi), TAS,

ricerche virologihe, indici di funzionalità renale, ionogramma urinario; la diagnosi

differenziale va sempre posta con la nefropatia da IgA, sindrome di Alport e glomerulo

nefrite membranoproliferativa. La terapia è semplicemente dietetica e sintomatica, senza

alcuna indicazione all’avvio di terapia antibiotica.

Nefropatia da IgA( malattia di Berger): nefropatia ad eziologia immunitaria, con quadro

istologico( evidenziabile con biopsia renale) caratteristico con depositi granulari mesangiali

di Ig, essenzialmente IgA. Clinicamente i pzt presentano macroematuria ricorrente in

coincidenza di episodi febbrili e microematuria persistente con proteinuria. La diagnosi è

essenzialmente clinica e bioptica e la terapia prevede l’uso di ACE inibitori, cortisone e

immunosoppressori.

Sindrome di Alport: è una forma di glomerulo nefrite ereditaria ( trasmissione X linked,

oppure autosomico dominante o autosomico recessiva) caratterizzata da un difetto del

collagene di tipo IV che determina un danno delle membrane basali, soprattutto quelle

glomerulari. Clinicamente si caratterizza per macroematuria e microematuria persistente con

proteinuria ,Sordità neurosensoriale ed Insufficienza renale cronica. La diagnosi è bioptica e

genetica e, anche in questo caso, la terapia prevede l’uso di ACE inibitori, cortisone e

immunosoppressori.

Bibliografia

1) E. Avner et al.: “Pediatric Nephrology” Lippincot Williams e Wilkins

2) K.K. Kher et al.: « Clinical Pediatric Nephrology » Informa healthcare

Sindrome Nefrosica

Chimenz R.,Catena MA., Crisafulli, RM., Privitera C., Fede C.

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

La sindrome nefrosica è caratterizzata da alterata permeabilità della membrana basale del glomerulo

renale cui conseguono proteinuria massiva (>50 mg/Kg/die), ipodisprotidemia, edemi

(ipoalbuminemia ↓ pressione oncotica plasmatica), iperlipidemia (conseguenza dell’aumentata

sintesi epatica di LPA dovuta all’edema)

Le specifiche alterazioni istologiche definiscono i 4 principali tipi di sindrome nefrosica, ovvero la

Sindrome nefrosica a lesioni minime (forma + frequente nel bambino), la glomerulosclerosi focale,

la glomerulonefrite membranoproliferativa e la glomerulonefrite membranosa.

All’esame urine: proteinuria massiva (selettiva nella SNLM, non selettiva nella GSF, membranosa e

MP), ematuria (non presente nella SNLM), cilindri ialino-granulosi,lipiduria.

Agli esami bioumorali: ipoproteinemia, aumento lipidi totali, diminuzione calcemia, piastrinosi,

aumento di VES iperfibrinogemia, C3 e C4 normali nella SNLM, nella membranosa e

membranoproliferativa.

La normalizzazione dei parametri bioumorali (ipodisprotidemia, ipocalcemia, piastrinosi ed

iperlipidemia) avverrà in seguito alla risoluzione della fase acuta con negativizzazione della

proteinuria

La terapia sarà dietetica (dieta iposodica e normoproteica), sintomatica (infusione di albumina e

furosemide), patogenetica (cortisone, ciclofosfamide e ciclosporina). La terapia steoridea all’esordio

di sindrome nefrosica viene eseguita con deltacortene al dosaggio di 60 mg/m2/die per quattro

settimane, seguite da quattro settimane a giorni alterni a 40 mg/m2/die alterni secondo schema

ISKDC.

Il follow-up clinico laboratoristico prevede controlli della proteinuria con albustick per

monitorizzare precocemente eventuali recidive.

La terapia delle recidive prevede la ripresa della terapia steroidea a dosaggio piena a 60 mg/m2/die

fino alla negativizzazione della proteinuria per tre giorni non consecutivi con successiva riduzione

dello steroide a 40 mg/m2/die alterni per quattro settimane.

Bibliografia

1. “Corticosteroid therapy for nephrotic syndrome in children”. Elisabeth M Hodson, Narelle S

Willis, Jonathan C Craig. The Cochrane library 2010, Isuue 4

2. “Interventions for idiopathic steroid-resistant nephrotic syndrome in children” Elisabeth M

Hodson, Doaa Habashy, Jonathan C Craig. The Cochrane library 2010, Isuue 4

3. “Early age at debut is a predictor of steroid-dependent and frequent relapsing nephritic

syndrome” R. Frydensbjerg et al. Pediatric Nephrology (2010) 25: 1299-1304

Approccio al bambino con disturbi minzionali

Silipigni L, Privitera C, Catena MA, Crisafulli RM, Fede C

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

Poliuria

Definizione

Il termine “poliuria” indica un’emissione eccessiva di urine in un tempo stabilito, ovvero oltre i

2L/m2/24 ore (adulti e bambini > 40 ml/Kg/die; lattanti 0-2 anni > 100 ml/Kg/die).

Eziologia

La poliuria è un sintomo frequente di patologia renale; essa deve essere distinta dalla “pollachiuria”,

cioè dall’emissione frequente di una quantità totale normale di urina. La poliuria si associa spesso a

polidipsia e nicturia, mentre la pollachiuria no.

Di fronte ad un bambino con poliuria, un elemento importante per la diagnosi differenziale è

rappresentato dalla osmolarità urinaria da cui dipende anche il peso specifico (PS). In base a tali

valori è possibile distinguere l’ipostenuria (urine ipotoniche ovvero a basso PS) dall’isostenuria

(urine isotoniche o leggermente ipertoniche). L’ipostenuria può essere determinata dalla mancanza

di ormone antidiuretico (diabete insipido primario), mancata risposta delle cellule tubulari

all’ormone antidiuretico (diabete insipido nefrogenico) o assenza di stimoli alla secrezione di

ormone antidiuretico (polidipsia psicogena). Altre condizioni possono essere date dall’ipercalcemia

o dalla deficienza cronica di potassio. L’isostenuria compare, invece, in pazienti con diuresi

osmotica e con responsività all’ormone antidiuretico (diabete mellito, fase poliurica

dell’insufficienza renale, somministrazione di diuretici).

Segni e sintomi

Nel bambino piccolo la diagnosi di poliuria e polidipsia può essere difficile. I primi segni da non

sottovalutare nel lattante sono la suzione vigorosa, il vomito ripetuto, la letargia, il pannolino

eccessivamente bagnato di urine e la stipsi ostinata. Il bambino più grande, con senso della sete

conservato, chiederà insistentemente di bere e, se non vi sono restrizioni idriche, può anche

bilanciare le perdite urinarie. Spesso sono presenti irritabilità (conseguenza della disidratazione),

deficit di sviluppo (scarso introito calorico a causa della sazietà legata alla sola introduzione di

liquidi), nicturia, polidipsia notturna e febbre intermittente senza causa apparente. E’ molto

importante l’esame obiettivo teso ad evidenziare eventuali segni di disidratazione (secchezza delle

mucose, diminuito turgore cutaneo, fontanella depressa, ridotta lacrimazione, tachicardia, pallore,

ipotensione, tempo di refill > 2”). Il riconoscimento precoce della poliuria è molto importante al fine

di prevenire anche le complicanze più gravi della disidratazione e diselettrolitemia quali shock

ipovolemico, convulsioni, ipossia e conseguente ritardo mentale e/o exitus.

Iter diagnostico

Al fine di accertare una reale poliuria è importante effettuare il bilancio idrico con raccolta delle

urine delle 24 ore sulle quali determinare PS ed osmolarità. Nell’effettuare il bilancio idrico è

importante considerare nell’intake anche l’acqua introdotta con gli alimenti che, tranne pochissime

eccezioni, rappresenta una quantità non trascurabile, nonché quella derivante dal metabolismo.

Inoltre, nel calcolare l’output bisogna tener conto anche delle perdite attraverso la perspitatio

insensibilis, l’emuntorio polmonare e le feci (vedi tab 1 e fig 1).

Tab.1

Contenuto medio di acqua in diversi alimenti

Quantità di acqua

(% di parte edibile) ALIMENTI

0 Olio, zucchero

2-10 Biscotti, frutta secca (arachidi, noci,

pinoli), pop-corn

10-20 Burro, farina, legumi secchi, miele, pasta

20-40 Formaggio (grana, groviera), pane, pizza

40-60 Formaggi freschi (latticini), gelati, salumi

60-80 Carne, pesce, uova

>80 Frutta fresca, ortaggi e verdura, latte

Da: tabelle di composizione degli alimenti. INN, 1997

Una volta confermata la poliuria, oltre alla valutazione della osmolarità urinaria, del PS e degli

elettroliti urinari, bisogna determinare l’osmolarità plasmatica, la glicemia e gli elettroliti sierici.

L’iperglicemia e la glicosuria sono indicativi di diabete mellito. Invece, si pone diagnosi di diabete

insipido (DI) se l’osmolarità sierica risulta maggiore di 300 mOsm/Kg e quella urinaria inferiore a

300 mOsm/Kg per cui il rapporto osmolarità urinaria/osmolarità plasmatica è <1 talvolta associata

ad ipernatriemia (Na+ > 144 mmol/L). In caso di polidipsia psicogena i valori plasmatici sono

tendenzialmente normali o ridotti. Attraverso il test dell’assetamento è possibile fare diagnosi

differenziale tra DI e polidipsia psicogena: nel primo caso il rapporto osmolarità urinaria/osmolarità

plasmatica rimarrà inferiore a 1 (valore normale >1,5) per la mancata concentrazione delle urine;

diversamente l’aumento dell’osmolarità urinaria fino a valori superiori a quella plasmatica indica

una condizione di polidipsia psicogena. Un ulteriore test dato dalla prova con desmopressina

(DDAVP) permette di differenziare il DI centrale da quello nefrogenico: la somministrazione

endonasale di DDAVP determina una riduzione della polidipsia e contrazione della diuresi nel caso

di diabete insipido centrale; nessuna modifica si osserva nella forma nefrogenica.

Diabete insipido centrale

Il DI centrale dipende da un difetto di sintesi e/o rilascio di ormone antidiuretico o

argininvasopressina (AVP) da parte dei nuclei ipotalamici paraventricolari e sopraottici in seguito

alla loro distruzione o degenerazione. Esso può derivare da cause diverse (Tab2): mutazioni geniche

del gene della vasopressina (rari casi con ereditarietà autosomica dominante, recessiva o X-linked)

trauma (accidentale o chirurgico) dei neuroni produttori della vasopressina, malformazioni congenite

ipotalamiche o ipofisarie, tumori (germinoma o craniofaringioma), patologie infiltrative (istiocitosi a

cellule di Langerhans, ipofisite linfocitica, sarcoidosi), autoimmuni, vascolari ed infettive dei

neuroni produttori di vasopressina o del peduncolo e un incremento del metabolismo della

vasopressina. Nella maggioranza dei casi si tratta di una condizione acquisita; in circa il 10 % dei

bambini, l’eziologia rimane idiopatica. Possono essere presenti deficit di altri ormoni ipofisari. Nelle

forme tumorali, poliuria e polidipsia insorgono generalmente dopo i 5 anni di età. I germinomi

possono essere molto piccoli e non identificabili con la risonanza magnetica nucleare (RMN) per

parecchi anni dopo l’inizio della poliuria, pertanto è importante, altresì, il dosaggio della subunità β

della gonadotropina corionica umana (hCG), spesso secreta da germinomi e pinealomi. Anche

neoplasie ematologiche, come la leucemia mielocitica acuta, possono provocare DI attraverso una

infiltrazione del peduncolo ipofisario e della sella. Le forme familiari sono le più precoci, ma

possono farsi evidenti anche solo durante l’età infantile. La forma familiare autosomica dominante è

secondaria ad una mutazione del gene che codifica per l’AVP-neurofisina II, precursore dell’AVP

localizzato a livello del cromosoma 20p13. Anche la Sindrome di Wolfram (che comprende DI,

diabete mellito, atrofia ottica e sordità) deriva da deficit di vasopressina. Si è identificato il gene di

questo disturbo, ma la sua funzione è ancora sconosciuta. Varie anomalie cerebrali congenite come

la displasia setto-ottica con agenesia del corpo calloso, l’ipoplasia ipofisaria familiare con assenza

del peduncolo, possono essere associate a DI centrale e a difetti nella percezione della sete. Anche la

sindrome della “sella vuota”, forse da infarto ipofisario non riconosciuto, nei bambini si può

associare a DI.

Tab.2

Diagnosi eziologica DI centrale

Al fine di determinare la causa scatenante il DI centrale, in alcuni casi, è necessario utilizzare mezzi

diagnostici complementari, finalizzati alla individualizzazione o alla esclusione di una eventuale

condizione acquisita: Rx o scintigrafia ossea nel sospetto di istiocitosi a cellule di Langerhans;

esame citologico del liquor e dosaggio hCG nel sospetto di germinoma; Rx torace, dosaggio ACE

nel plasma e liquor nel sospetto di sarcoidosi. Un esame strumentale fondamentale per la diagnosi

differenziale e la RMN. L’importanza di questa indagine radiologica deriva dalla dimostrazione

dell’immagine d’iperintensità della neuroipofisi nel 95-100% dei soggetti normali e dalla sua

mancata identificazione nei pazienti con diabete insipido centrale, suggestiva di lesione occulta a

carico del sistema nervoso centrale. In pazienti con DI autosomico dominante familiare, nonché, in

rari casi di DI idiopatico, tale iperintensità può essere presente anche in assenza di livelli circolanti

di vasopressina; questo è da attribuirsi a un difetto di rilascio di vasopressina-neurofisina-II mutato,

il cui accumulo potrebbe essere responsabile di una degenerazione retrograda di natura tossica dei

nuclei ipotalamici. Un altro riscontro radiologico importante è rappresentato dall’identificazione di

un ispessimento del peduncolo ipofisario associato alla mancata visualizzazione della neuroipofisi,

dimostrato in corso di DI secondario a istiocitosi a cellule di Langerhans, germinoma, DI idiopatico,

post infettivo, infiammatorio cronico. L’identificazione radiologica di anomalie della linea mediana

(oloprosencefalia, agenesia del setto pellucido ecc.) suggerisce un’origine mal formativa.

Follow up DI centrale

Nei pazienti con DI centrale è importante effettuare un attento follow up clinico, radiologico ed

endocrinologico. La comparsa di deficit ipofisari anteriori ed in particolar modo il deficit di ormone

della crescita è piuttosto frequente; inoltre ulteriori deficit ormonali possono sopraggiungere anche a

distanza di lungo tempo. È fondamentale un follow up radiologico, anche in presenza di peduncolo

ipofisario nella norma, in quanto non è prevedibile una sua evoluzione verso il germinoma.

La dimensione del peduncolo ispessito può variare e andare incontro ad una risoluzione spontanea

fino alla normalizzazione, alla parziale atrofia, all’ispessimento ulteriore o alla persistenza cronica

dell’ispessimento. In particolare, quando lo spessore del peduncolo supera i 6,5 mm, vi è

l’indicazione ad eseguire la biopsia soprattutto se le dimensioni dell’adenoipofisi sono aumentate o

vi è un coinvolgimento del terzo ventricolo. La risonanza magnetica con mezzo di contrasto può

essere utile per identificare quei casi di DI centrale con normali dimensioni del peduncolo ipofisario

ed alterazione del flusso sanguigno nell’ipofisi posteriore. La cadenza del follow up dipende dalle

alterazioni riscontrate nel singolo paziente. Di seguito è riportato un algoritmo per la diagnosi e il

follow up orientativo per una possibile linea di comportamento.

Diabete insipido nefrogenico (DIN)

Il DI nefrogenico (vasopressina-insensibile), condizione più rara rispetto al DI centrale, insorge per

cause genetiche o acquisite. Le cause genetiche sono meno comuni ma più gravi di quelle acquisite

con insorgenza della sintomatologia già nelle prime settimane di vita e maggiore evidenza dopo lo

svezzamento o quando si istaurano lunghi periodi di sonno. Molti neonati, inizialmente, manifestano

febbre, vomito e disidratazione. L’ingestione e l’escrezione protratte di notevoli volumi di acqua

può portare ad idronefrosi non ostruttiva, idrouretere e megavescica. Il DIN congenito associato a X

deriva da mutazioni inattivanti del recettore V2 della vasopressina. Il DIN congenito autosomico

recessivo dipende da difetti del gene dell’acquaporina-2. Il DIN congenito autosomico dominante è

associato a mutazioni del processing del gene dell’acquaporina-2.

Le cause acquisite possono essere date da ipercalcemia, ipokaliemia o dall’utilizzo di alcuni farmaci

(litio, demeclociclina, foscarnet, clozapina, amfotericina, meticillina, rifampicina). La capacità

renale di concentrare le urine può essere compromessa anche in presenza di ostruzione ureterale,

insufficienza renale cronica, malattia policistica del rene, malattia midollare cistica, sindrome di

Sjogren ed anemia a cellule falciformi.

Cenni di terapia

In primo luogo il trattamento deve essere rivolto alla risoluzione del problema eziologico che ha

portato al DI qualora questo sia possibile. Nei casi di DI centrale il farmaco di prima scelta per il

trattamento della poliuria è dato dalla desmopressina 0 1- desamino-8-D-arginina vasopressina

(DDAVP=minirin) alla posologia di :

5-20 microgrammi (1-4 spruzzi) ogni 12 ore per la forma nasale

0,1-0,3 mg ogni 8 ore per la forma orale.

Durante il trattamento bisogna monitorare attentamente l’andamento clinico ed aggiustare la

posologia in base alla risposta individuale di ciascun paziente, al fine di evitare sovradosaggi e

limitare il rischio di intossicazione d’acqua (primo segno di allarme la cefalea) ed iponatriemia.

Nel diabete insipido nefrogenico, laddove non è possibile intervenire sulla causa scatenante, la

terapia si avvale dei diuretici diazidici come la clorotiazide e il clortalidone.

Bibliografia

1. Nelson Textbook of Pediatrics. XVIII edizione.

2. Bartolozzi G e Guglielmi M. Pediatria. Principi e pratica clinica. II edizione.

3. Stefano Ghirardello, Maria-Luisa Garrè, Andrea Rossi and Mohamad Maghnie. The Diagnosis

of Children with Central Diabetes Insipidus. Journal of Pediatric Endocrinology & Metabolism

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4. Maghnie M, Cosi G, Genovese E, et al. Central diabetes insipidus in children and young aduts.

N Engl J Med 2000; 343: 998-1007.

Enuresi

Definizione

Si definisce “enuresi” una minzione completa involontaria che avviene durante il sonno oltre l’età

in cui il controllo vescicale dovrebbe essere acquisito. Secondo una definizione del DSM-IV.

effettuata in base alla frequenza degli episodi, enuretico è “chi bagna il letto almeno 2 volte la

settimana per 3 mesi consecutivi”.

L’enuresi è un disturbo molto diffuso in Italia ed è piuttosto frequente tra la popolazione pediatrica.

Infatti circa 1 milione di bambini tra i 6 e i 14 anni bagna il letto la notte.

Il limite temporale entro cui viene raggiunto tale controllo è il 5° anno per le femmine ed il 6° anno

per i maschi.

L’incidenza dell’enuresi varia in base all’età. All’età di 5-6 anni bagna il letto oltre il 10-15% dei

bambini. All’età di 10 anni tale disturbo è presente nel 5% dei bambini. All’età di 15 anni l’enuresi

persiste ancora nel 1-2 % della popolazione pediatrica.

Prevale nel sesso maschile con un’incidenza di 3:2 , ma tale rapporto si pareggia nell’adolescenza.

L’enuresi rivela la presenza di fattori favorenti multigenici; l’anamnesi familiare, infatti, risulta

spesso positiva per enuresi, con un rischio di trasmissione che raggiunge il 77% se i due genitori

sono enuretici; del 44% se solo uno dei genitori è stato enuretico. L’anamnesi familiare risulta,

invece, negativa nel 15% dei pz.

L’importanza dei fattori genetici emerge anche dalla prevalenza del disturbo nel 68% dei gemelli

monozigoti e nel 36% dei gemelli dizigoti. Ed infatti è stato localizzato in un tratto del cromosoma

13 il possibile locus del gene responsabile dell’enuresi familiare: ENUR 1. Tale gene sembrerebbe

correlato con l’enuresi monosintomatica. L’enuresi con disturbi diurni sembrerebbe esser legata,

invece, al gene presente sul cromosoma 12, mentre una correlazione indefinita esiste fra enuresi e il

gene presente sul cromosoma 8.

Non esistono elementi predittivi sull’epoca della risoluzione spontanea del disturbo, ma dai dati

emerge che il 98-99% dei soggetti diventano asciutti entro i 15 anni.

Classificazione

L’enuresi si definisce primaria quando non è stato mai raggiunto un periodo asciutto continuativo

di almeno 6 mesi; e. secondaria, presente nel 18-25% dei casi, quando, invece, compare dopo un

periodo asciutto di almeno 6 mesi.

L’enuresi, come accennato sopra, si distingue in monosintomatica e sintomatica, quest’ultima

caratterizzata dall’associazione con segni di disfunzione minzionale diurna.

Patogenesi

L’enuresi primaria e l’enuresi secondaria sono state generalmente considerate come entità separate

con differente patogenesi.

L’e. primaria sembra dipendere da:

1) disturbi del risveglio per cui i bambini con enuresi non vengono risvegliati dalla

sovradistensione vescicale. Molti genitori di bambini affetti da enuresi riferiscono che i loro figli

hanno un sonno molto profondo e che difficilmente si svegliano. L’enuresi notturna si presenta in

qualsiasi fase del sonno e non è collegata ad una maggiore o minore profondità del sonno.

2) poliuria notturna legata a una carente increzione notturna di vasopressina. Norgaard per primo

ha dimostrato che in una quota di soggetti con enuresi notturna primaria viene persa la pulsatilità

del ritmo circadiano dell'ADH, evidenziando un appiattimento del fisiologico picco notturno. In tal

modo, vengono a mancare l’incremento dell’osmolarità urinaria notturna e la contrazione della

diuresi, per cui la produzione di urine durante la notte dovrebbe essere pari al 50% della

produzione diurna.

3) capacità vescicale notturna ridotta nei bambini con enuresi non–monosintomatica con maggior

instabilità vescicale notturna rispetto alle ore diurne

4) combinazione di questi fattori.

L’e. secondaria prevede come cause patogenetiche la presenza di:

1) stress psicologici come la nascita di un fratellino, un trasferimento, preoccupazioni scolastiche, la

morte di un nonno o di un genitore; 2) infezioni delle vie urinarie; 3) stipsi; 4) disfunzioni

minzionali; 5) diabete mellito tipo I .

Diagnosi

La valutazione diagnostica prevede innanzitutto un inquadramento clinico con l’analisi di alcuni

punti fondamentali: 1) familiarità per enuresi; 2) età di acquisizione del controllo degli sfinteri e

delle tappe dello sviluppo psicomotorio; 3) anamnesi per IVU; 4) anamnesi minzionale nelle ore

diurne con valutazione del mitto urinario, eventuale presenza di mutandine bagnate, fughe di urina o

urgenza minzionale; 5) l’eventuale presenza di incontinenza fecale, di stipsi o parassitosi

intestinale; 6) l’esame della regione lombosacrale per evidenziare la presenza di anomalie che

possano evidenziare una spina bifida occulta.

Nell’enuresi notturna gli esami da effettuare comprendono l’esame delle urine e, nei casi associati a

disturbi minzionali diurni, esplorazione morfologica e funzionale della vescica. Nel sospetto di

lesioni neurologiche, mai monosintomatiche, l’inquadramento diagnostico dovrà essere completato

da esame neurologico ed eventuale RMN del rachide ed elettromiografia sfinterica.

Terapia

Partendo dal presupposto che non si deve curare l’enuresi, ma il bambino enuretico, si comprende

facilmente come l’inizio del trattamento sia strettamente correlato alla richiesta effettiva della

famiglia e del bambino di risolvere il problema. E’ doveroso intervenire quando l’enuresi comincia

ad avere delle ripercussioni psicologiche sul bambino che teme di essere giudicato, si sente diverso

dagli altri, riduce l’autostima, si isola non partecipando alla vita sociale, rinunciando alle gite con

gli amici e ai momenti di comunità. In poche parole non vive più, per colpa dell’enuresi, con

serenità e gioia momenti importanti per la sua formazione e per il raggiungimento di un adeguato

equilibrio psico-fisico-intellettivo. L’approccio è impegnativo poiché prevede il coinvolgimento di

tutto il nucleo familiare e non solo la partecipazione del bambino.

Un fattore determinante, quindi, per iniziare il trattamento è la motivazione del bambino e della

sua famiglia a risolvere il disturbo. È importante che la famiglia sappia che il disturbo talvolta

richiede tempi lunghi per risolversi, che comunque nella maggior parte dei casi si risolverà

spontaneamente e che perciò il bambino non deve essere colpevolizzato, deriso o addirittura punito.

Due diversi approcci vengono proposti per il trattamento dell'enuresi notturna: l'uno

comportamentale, l'altro farmacologico.

L'approccio comportamentale, basato su tecniche di rieducazione vescico-sfinteriale, prevede

innanzi tutto l'osservazione di alcune norme generali quali la riduzione dell'introduzione di liquidi

nelle ore serali, lo svuotamento della vescica prima di dormire, la proscrizione del pannolone

durante le ore notturne perché, anche se comodo, spinge il bambino a rifugiarsi in comportamenti

infantili e l'incentivazione con premi da parte dei genitori al conseguimento dei primi risultati.

La terapia comportamentale dell'enuresi notturna sembra dare i risultati migliori con alti tassi di

guarigione e basse percentuali di ricadute.

L’approccio farmacologico prevede la somministrazione di ormone antidiuretico nell’ipotesi di una

sua carente produzione endogena durante le ore notturne. La desmopressina agisce in maniera

selettiva sui recettori renali aumentando il riassorbimento dell’acqua e dei soluti a livello dei tubuli

distali. Gli effetti collaterali comprendono la cefalea, l’intossicazione da acqua e l’iponatremia. Per

i disturbi minzionali diurni trova, invece, indicazione l’ossibutinina, farmaco ad azione

anticolinergica che agisce riducendo il numero e l’entità delle contrazioni vescicali e di conseguenza

riduce l’instabilità vescicale. Gli effetti collaterali possono essere dati da secchezza delle fauci, rash

cutanei, diarrea o stipsi, cefalea, vertigini. Viene anche descritta la comparsa di episodi di pavor

nocturnus che richiedono la sospensione della terapia. Il trattamento farmacologico dovrà essere

affiancato dal training vescicale utile al fine di aumentare la capacita vescicale e correggere le

abitudini vescicale sbagliate. L’enuresi notturna secondaria dovrebbe essere valutata e trattata come

la forma primaria. Nei casi di enuresi secondaria, in cui sia stata esclusa una eziologia organica, può

essere proposto lo stesso approccio considerando anche un eventuale supporto psicologico qualora

venga individuata una causa scatenante.

Bibliografia

1. Nelson “Trattato di Pediatria” Edizioni Minerva Medica

2. Schwarz Tiene “Manuale di Pediatria”Casa Editrice Ambrosiana Milano

3. Neveus T, Stendberg A, Lachgreen G et al “Il sonno dei bambini con enuresi: uno studio in

polisonnografia” Pediatrics 1999; 3:321-5

4. Katherine M. Graham, MPAS, Jay B. Levi, MD “Enuresi” Pediatrics in Review- Maggio

2009

Le infezioni delle vie urinarie

Chimenz R, Catena MA, Crisafulli RM, Privitera C, Fede C

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

Per infezione delle vie urinarie si intende “il riscontro di una urocoltura positiva con conta colonie

superiore a 100.000 cfu/mmc”, con presenza di determinati segni clinici e urinari associati.

Epidemiologicamente le IVU rappresentano la seconda causa di morbilità in età pediatrica, dopo le

infezioni delle vie respiratorie, con maggiore incidenza nel primo anno di vita. Dal punto di vista

eziologico, i batteri Gram – della famiglia delle Enterobacteriaceae rappresentano la causa più

frequente di IVU ( E.Coli nell’80-85% dei casi, ma anche Proteus, Klebsiella, Enterobacter sp,

Morganela M);anche i gram +, in misura minore, possono essere agenti eziologici di IVU (PSA,

Enterococcus, S.saprophyticus nelle adolescenti, S.aureus negli ascessi renali, Streptococco di

gruppo B nei neonati).

Le vie seguite dai patogeni per infettare le vie urinarie sono: 1) via ematogena: estremamente rara,

tranne nei neonati in cui l’IVU può instaurarsi nell’ambito di una sepsi; 2) via ascendente: la

colonizzazione della mucosa dei genitali da parte degli enterobatteri determina la diffusione

dell’infezione alla mucosa delle vie urinarie. La predisposizione alle IVU e l’attecchimento

dell’IVU stessa possono essere determinate da anomalie strutturali del tratto urinario (RVU,

anomalie funzionali della vescica quali instabilità vescicale secondaria a dissinergia sfinteriale),

fattori legati all’ospite (per es. la brevità dell’uretra femminile rende le bambine più suscettibili alle

IVU), fattori di virulenza del germe (presenza di adesine e fimbrie, emolisine e citotossine

proteiche, sierotipo, genetica del batterio).

La sintomatologia dell’IVU è multiforme e varia in rapporto a vari fattori, quali l’età, il sesso, la

gravità dell’infezione e la sua localizzazione (alta o bassa). Nel neonato e nel lattante mancano

principalmente i segni locali e si rilevano solo segni generali o a carico di altri organi o apparati:

rifiuto dell’alimento, arresto ponderale, vomito, diarrea, irritabilità, acidosi metabolica, pianto alla

minzione, macroematuria, emissione di urine maleodoranti, febbre sine causa, ipotensione, shock.

Nel bambino di età > 3 anni possono associarsi segni locali: disuria, dolore sovrapubico,

pollachiuria, urgenza minzionale, enuresi, emissione di urine maleodoranti, macroematuria, febbre

sine causa.

Gli scopi della diagnosi in un paziente con IVU sono: 1) conferma della diagnosi, 2) identificazione

del microrganismo responsabile, 3) localizzazione della sede d’infezione (distinzione tra IVU “alta”

e IVU “bassa” ai fini terapeutici e prognostici) , 4) riconoscimento del paziente con malformazione

del tratto urinario. Nel sospetto di IVU va sempre richiesto un esame delle urine, da solo o in

associazione con la coltura delle urine. Per la raccolta delle urine possono essere seguite diverse

metodiche:

- Mitto intermedio nei bambini più grandi, capaci di urinare a comando: le urine

(preferibilmente le prime del mattino) vanno raccolte a metà della minzione, previa

un’accurata pulizia dei genitali esterni. Tale metodica di raccolta delle urine è quella di

elezione in termini di sterilità e non invasività.

- Sacchetto perineale nei bambini più piccoli, non collaboranti. Il sacchetto va applicato ai

genitali previa accurata pulizia e rimosso non appena terminata la minzione; se il bambino

non minge entro 30 minuti dall’applicazione, il sacchetto va sostituito previa nuova pulizia

dei genitali. Tale tecnica di raccolta delle urine rischia di determinare dei falsi positivi e per

tale motivo è opportuno avere tre urocolture positive consecutive per essere certi di essere in

presenza di infezione urinaria.

- Cateterismo vescicale in casi selezionati, data l’invasività della tecnica.

I principali indicatori di infezione all’esame urine sono rappresentati da: esterasi leucocitaria, test ai

nitriti ( in quanto i germi gram- trasformano i nitrati urinari in nitriti; quando siano in gioco altri

germi, tipo cocchi gram pos e Proteus che non producono nitriti, si possono avere risultati

falsamente negativi), sedimento urinario ( riscontro di batteriuria). L’esame colturale delle urine

permette una diagnosi di sicurezza d’infezione: l’urinocoltura è considerata positiva quando

dimostri la crescita di un germe in concentrazione > 100.000 CFU. Per quanto riguarda altri esami

ematici, può essere utile l’esecuzione di un prelievo per emocromo (per la conta dei globuli bianchi)

ed indici di flogosi, anche se, nelle linee guida di riferimento e nella letteratura più recente, non

vengono presi in considerazione tali esami per la distinzione tra IVU alte e basse, in quanto sono

poco correlati con la sede d’infezione; a tale scopo può invece risultare utile il dosaggio della pro

calcitonina.

Una volta posta la diagnosi generica di IVU in un bambino, l’iter diagnostico non deve considerarsi

concluso, soprattutto perché va valutata la presenza di eventuali fattori di rischio quali:

- Ecografia fetale patologica

- Familiarità per Reflusso vescicoureterale

- Scarsa affidabilità del nucleo familiare

Il gold standard per quanto riguarda gli esami strumentali, soprattutto nel sospetto di una IVU

complicata, è rappresentato dall’esecuzione di:

- Cistouretrografia minzionale nel sospetto di un RVU, oggi la metodica ecografica con

mezzo di contrasto che sfrutta il principio delle microbolle (cistosonografia) rappresenta la

tecnica più appropriata.

- Scintigrafia renale con DMSA che permette di valutare anche eventuali esiti a distanza, quali

cicatrici renali.

Terapia delle IVU: andremo a curare un bambino con IVU per risolvere l’infezione acuta, prevenire

una sepsi urinaria, ma anche per ridurre il rischio di danno renale. La scelta dell’antibiotico si basa

sulla sensibilità del microrganismo alla molecola in questione, sulla tollerabilità del paziente

all’antibiotico scelto, sul rispetto del rapporto costo-efficacia.

Ovviamente gli antibiotici scelti per trattare una IVU devono essere metabolizzati a livello

dell’emuntorio renale. La terapia antibiotica va iniziata subito dopo aver raccolto il campione di

urine, in base a:

• sospetto clinico

• positività esame urine al microscopio

• positività stick urine.

Nel caso in cui si tratti di una IVU “complicata” (pzt con febbre alta, settico,disidratato,con vomito

persistente e/o scarsamente compliante) si inizierà con una terapia parenterale, per passare poi dopo

circa 2-4 giorni alla via orale ( per un totale di circa 10 giorni di terapia). In caso invece di IVU non

complicata ( pzt febbrile ma in buone condizioni generali, in grado di assumere liquidi e farmaci per

os, disidratato in modo lieve, e/o ben compliante) si inizierà direttamente una terapia orale. In attesa

dell’antibiogramma si avvia una terapia empirica, scegliendo tra i seguenti farmaci in base alla via

di somministrazione scelta:

- Via iniettiva: ceftriaxone 75 mg/kg ogni 24 h, oppure cefotaxime 150 mg/kg in 3-4 dosi, oppure

amino glicosidi in caso di allergia alle cefalosporine.

- Via orale: cefixime 8 mg/kg ogni 24 h, oppure amoxicillina/clavulanato 50 mg/kg in 2 dosi.

Altri possibili antibiotici da utilizzare sono:gentamicina (7.5 mg/kg/die), tobramicina (5 mg/kg/die),

amikacina (15 mg/kg/die),netilmicina (6-9 mg/kg/die)

La durata ottimale della terapia nei bambini con pielonefrite acuta non è nota.

Le raccomandazioni correnti suggeriscono 7-14 giorni (in media 10 giorni).

Bibliografia

1. “Le infezioni febbrili delle vie urinarie: Raccomandazioni di consenso per la diagnosi, il

trattamento e il follow-up in bambini di età compresa fra 2 mesi e 3 anni”. A cura di un

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Materassi M, Pecile M, Pennesi M, Pisanello L, Sica F, Toffolo A. Medico e Bambino. 359-

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3. “Antibiotics for acute pyelonephritis in children” Hodson, Willis, Craig. The Cochrane

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Insufficienza Renale nel bambino

Fede C, Vitale A, La Mazza A, Crisafulli RM, Salpietro V, Fede C

UOSD Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico G Martino, Messina

L’insufficienza renale è una sindrome clinica caratterizzata da una riduzione della funzionalità

renale che può essere improvvisa (IRA) o graduale e progressiva (IRC).

Insufficienza Renale Acuta (IRA)

Nell'insufficienza renale acuta si verifica una riduzione rapida (ore o giorni) della capacità dei reni

di espletare la funzione escretoria e, può essere reversibile. A differenza dell’insufficienza renale

cronica in cui la riduzione della funzione renale si verifica in un arco temporale di mesi o anni ed è

irreversibile. L'incidenza di insufficienza renale acuta varia a seconda delle condizioni ambientali e

socio-economiche. Nei paesi del Terzo Mondo la causa più frequente è la disidratazione da diarrea

profusa. Nei paesi occidentali la causa più frequente sono gli interventi di cardiochirurgia infantile.

Le cause di insufficienza renale acuta possono essere: pre-renali (condizionanti un ridotto apporto

ematico), renali (in cui è lesa l'integrità del parenchima) e post-renali (da ostacolato deflusso

urinario).

L'insufficienza renale acuta pre-renale è espressione di una compromissione funzionale secondaria

ad ipoperfusione acuta del parenchima renale.

Le caratteristiche principali di questo tipo di insufficienza renale acuta sono una riduzione del

volume urinario con urine a basso contenuto sodico ed elevato peso specifico.

L’insufficienza renale acuta parenchimale è conseguenza di un danno acuto a una o più componenti

tissutali del parenchima renale (glomeruli, tubuli, interstizio e vasi).

L’insufficienza renale acuta post-renale è conseguente ad ostruzione acuta delle vie escretrici.

Poichè l'integrità di un solo rene è sufficiente a garantire una adeguata funzione emuntoria questo

tipo di insufficienza renale acuta si instaura quando l'ostruzione interessa entrambe le vie escretrici

(es. l'uretra) o quando ci si trovi in una condizione di rene unico funzionante. L'incidenza

nell'ambito dell'insufficienza renale acuta è variabile a seconda dell'età, nel primo anno di vita

rappresentano circa il 10%.

Le cause più frequenti di insufficienza renale acuta nel primo anno di vita sono rappresentate

dall'ipoperfusione renale, le uropatie ostruttive rimangono importanti nel neonato, come le trombosi

venose. La sindrome emolitico-uremica è particolarmente rilevante nel primo anno di vita e diventa

la causa più importante fra 1 e 4 anni di vita. Nei bambini più grandi le glomerulonefriti acute e le

tubulopatie tossiche acute sono particolarmente importanti.

Quadro clinico

Nella clinica dell'insufficienza renale acuta la diuresi è inferiore a 500ml/1.73 m2/die (nel neonato

inferiore a 1 ml/kg/ora), a volte può essere conservata. Il quadro clinico può essere caratterizzato da

edemi periferici, incremento di peso, emodiluizione, ipertensione arteriosa, in un crescendo clinico

fino allo scompenso cardiaco, all'edema polmonare ed all'edema cerebrale.

La creatininemia é in aumento di 0.2 mg/dl/die nel neonato, di 1 mg/dl/die nel bambino più grande:

non rappresenta un indice di tossicità di per sé, ma marker importante di insufficienza renale.

È possibile che si manifesti un'iperpotassiemia che, quando >7 mEq/l, può comportare gravi

conseguenze cardiache che vanno dalle alterazioni elettrocardiografiche (onda T alta e a punta, QRS

allungato, onda P poco evidente) ad un quadro di aritmia con blocco AV fino alla fibrillazione

ventricolare ed all'arresto cardiaco.

Il decorso clinico passa attraverso una fase d'esordio in cui si verificano i fattori causali e si instaura

la contrazione funzionale, seguita da una fase oligurica in cui si manifestano i sintomi clinici e

biologici. Questa dura da poche ore a più giorni (in media 10-14 giorni). Se la durata è maggiore di

1 mese è probabile che si sia instaurata una necrosi corticale e che l'insufficienza renale sia

irreversibile. Segue infine una fase di recupero con ripresa della diuresi fino alla poliuria.

Inizialmente le orine sono ipotoniche, ricche di sali, e gli indici ritentivi renali ancora elevati. Segue

una graduale normalizzazione del filtrato glomerulare con recupero più lento della funzionalità

tubulare.

Trattamento dell'insufficienza renale acuta

Fin dall'inizio di uno stato di insufficienza renale acuta, prima che questa evolva fino alla necessità

di un trattamento dialitico, é indispensabile mettere in atto i provvedimenti rivolti a controllare

l'iperidratazione, correggere le disionie e l'acidosi e stabilire un'adeguata nutrizione per limitare

l'ipercatabolismo.

La dialisi diventa indispensabile se il bambino è ipercatabolico, in sovraccarico idro-salino e si

presume una oliguria protratta, oppure se esiste un sovraccarico idrosalino che non permette una

terapia infusionale indispensabile per correggere l'acidosi, rialimentare il bambino o istituire altre

terapie infusionali.

Le scelte tecniche prevedono la dialisi peritoneale e l'emodialisi.

La dialisi peritoneale é in generale il trattamento di elezione nell'insufficienza renale acuta

pediatrica, soprattutto nel bambino piccolo in cui i problemi tecnici dell'emodialisi di accesso

vascolare, di volume ematico in circolazione extracorporea e di dialisi iperefficace per lo più

sconsigliano questo tipo di trattamento a meno che non si sovrappongano delle situazioni, quali

ustioni addominali, che ne rendano improponibile l'utilizzo.

L'accesso al peritoneo avviene attraverso un catetere inserito con paracentesi: nell'insufficienza

renale acuta, se si agisce di urgenza e si prevede una durata dell'anuria contenuta si utilizzano

cateteri rigidi, tuttavia per lo più si preferiscono attualmente i cateteri in silastic morbidi tipo

Tencknoff inseriti non tanto a cielo coperto, quanto con tecnica chirurgica.

Gli schemi dialitici più comuni sono di 25-50/ml/kg introdotti in peritoneo e lasciati in sosta per

10-20 min. Generalmente si riesce ad ottenere una disidratazione di 50-80 ml/kg soprattutto in caso

di sovraccarico idrosalino.

L'emodialisi interviene nel trattamento dell'insufficienza renale acuta quando si richiede una rapida

risoluzione di un sovraccarico idrosalino al limite con l'edema polmonare o di correzione di

un'iperpotassiemia a rischio di tossicità cardiaca.

Nell'ultimo decennio é stata utilizzata spesso con successo una tecnica emodialitica peculiare:

l'emofiltrazione continua artero-venosa (CAVH) che ha trovato larga applicazione nel trattamento

di sovraccarichi idrosalini o alterazioni elettrolitiche in bambini in insufficienza renale acuta. La

gittata cardiaca del paziente fornisce il flusso ematico attraverso il circuito e non sono necessarie

pompe per spingere il sangue nel dializzatore. La gamma di filtri molto permeabili é tale da

permettere l'applicazione di questa metodica anche ai prematuri. L'indicazione principale, oltre a

quella tecnica di non avere a disposizione in ambienti particolari, la possibilità di produrre bagno di

dialisi, é rappresentata da situazioni emodinamicamente instabili per cui gli squilibri indotti da una

dialisi tradizionale di poche ore, ad alta efficienza, potrebbero essere problematici.

Insufficienza Renale Cronica (IRC)

L’IRC è una sindrome clinico- metabolica conseguenza della progressiva distruzione dei

nefroni,indipendentemente da quale ne sia la causa,fino alla scomparsa, nella fase terminale (IRT),

della citoarchitettura anatomica dei reni. La riduzione nefronica comporta modificazioni nella

emodinamica renale che determinano aumento del flusso plasmatico e aumento della pressione

idrostatica al fine di permettere ai nefroni residui di compensare quelli mancanti, il prezzo che si

paga è l’ aumentata permeabilità vasale(proteinuria) e della matrice mesangiale, entrambi fattori

favorenti la sclerosi.

Sul piano della funzionalità è presente IRC, quando il filtrato glomerulare è al di sotto di

90ml/min./1.73 da almeno tre-sei mesi. La IRC è stata suddivisa in 5 stadi, che si susseguono senza

soluzione di continuità fino alla fase terminale non più compatibile con la vita in assenza di

trattamento dialitico o trapianto. È possibile nello stadio 1 attraverso campagne di sensibilizzazione

sociale attenzionare la condizione di danno renale ,prevenendo o riducendone i fattori di rischio,in

un periodo in cui la malattia è muta sul piano bioumorale.

Stadio 1: IRC lieve (FG 60-89 % del normale)

(completo compenso biochimico metabolico attraverso la riserva funzionale. Nessun segno di

laboratorio)

Stadio 2: IRC moderata (FG 30-59 % del normale)

(segni iniziali di scompenso funzionale,aumento dei valori di azotemia e creatininemia).

Stadio 3: IRC severa ( FG 15-29 % del normale)

(comparsa di alterazioni biochimico- metaboliche)

Stadio 4: IRC avanzata ( FG 10-15% del normale)

(sintomatologia uremica con interessamento di organi ed apparati)

Stadio 5: IRC terminale (FG < 10ml/min/1.73)

(compromissione multisistemica, marcata ritenzione idrica. Necessità di terapia sostitutiva

(HD,PD,TX)

È possibile nello stadio 1 attraverso campagne di sensibilizzazione sociale attenzionare la

condizione di danno renale, prevenendo o riducendone i fattori di rischio,in un periodo in cui la

malattia è muta sul piano bioumorale.

Entità del problema:

In Italia secondo l’Italkid (registro italiano dei bambini con IRC) l’incidenza di IRC è di 12

bambini/anno per milione di popolazione pediatrica, mentre la necessità di trattamento sostitutivo

dialitico è di circa 3-6 bambini/anno/ per milione di bambini.

Questi dati sono da considerare sottostimati in quanto molti bambini con IRC meno severa

raggiungeranno lo stato di IRT nell’età adulta.

Verosimilmente l’incidenza di IRC in età pediatrica si situa tra 10-30 bambini/anno/milione di

popolazione pediatrica.

Il minor numero di bambini in dialisi rispetto alle altri paesi occidentali

È da ricercare nel fatto che ancor oggi in Italia molti bambini vengono dializzati in centri adulti, per

lo più centri per adulti,vista la anomalia italiana della loro vasta diffusione, con le conseguenze di

una assistenza tecnicamente accurata ma,senza assistenza pediatrica che si fa carico in senso

solistico del bambino.

Le cause di IRC riportate del Registro Pediatrico Italiano dell’Insufficienza Renale Cronica

(Italkid), indicano che le ipodisplasie con presenza o assenza di uropatie malformative sono tra le

cause più frequenti(54-56%) ,seguite dalle malattie ereditarie (15-16%) e dalle malattie cistiche. Il

reflusso vescico-ureterale è la uropatia preminente tra le cause di IRC, seguita dalle valvole

dell’uretra. Le glomerulonefriti nei bambini più piccoli incidono soltanto per il 5-6%, mentre nella

terza infanzia e nell’adolescente le glomeronefriti ed i processi autoimmunitari acquistano

rilevanza.

La sintomatologia dell’IRC, nelle fasi iniziali, può essere vaga e aspecifica (cefalea, astenia,

anoressia, vomito, polidpsia, poliuria, ritardo di crescita), specie nei bambini con danno renale di

tipo malformativo mentre, nei bambini con glomerulonefriti o nefropatie ereditarie sono i segni

della malattia di base che compaiono prima dell’esordio di insufficienza renale che conducono alla

diagnosi.

All’inizio, quindi la ridotta funzione renale è mascherata da un compenso metabolico che rende le

conseguenze cliniche non evidenti per lungo tempo. Con il progredire della perdita di funzione

renale, le capacità adattative del rene divengono insufficienti e si manifesta un quadro clinico di

insufficienza renale, sempre più manifesto ed importante fino ad arrivare a una serie di sintomi

pluriorgano,che diventano sempre più evidenti fino all’uremia, fase di scompenso terminale

incompatibile con la vita.

La gestione dei bambini con IRC richiede un accurato monitoraggio dei parametri clinici (esame

obiettivo, peso, statura, pressione arteriosa) e bioumorali che comprendono emoglobina (anemia),

elettroliti (iponatremia, iperkaliemia, acidosi), azotemia, creatine mia (accumulo di azoto e stadio di

funzionalità renale), livelli di calcio e fosforo e fosfatasi alcalina e (ipocalcemia, iperfosfatemia,

osteodistrofia). Inoltre, è importante il dosaggio periodico, almeno 2 volte l’anno del paratormone e

della densitometria ossea per la valutazione e la prevenzione della osteodistrofia renale. Lo stato

nutrizionale può essere monitorato attraverso il controllo dell’albumina sierica,dello zinco,della

trasferrina, dell’acido folico e della sideremia. La ecocardiografia a cadenza semestrale e la

radiografia del torace a cadenza annuale per valutare la funzionalità cardiaca.

Lo scopo è quello di ritardare la progressione del danno renale e la morbilità del complesso di

organi e apparati che il rene malato cointeressa nel suo progredire verso l’uremia terminale.

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