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23 L’accensione del fuoco nella preistoria europea Dati sperimentali sulla confricazione dei legni e sulla percussione delle pietre BARBARA RAIMONDI 1 Introduzione Il presente lavoro tratta la confricazione dei legni e la percussione delle pietre come metodi di accensione del fuoco nei periodi del Paleolitico e Neolitico dell’area italiana ed europea. Dagli studi attuali di etnografia è possibile vedere che i metodi di accensione del fuoco sono molti (Smith, 1955; Singer et al., 1954; Plumet, 1989; Sarauw, 1907) qui verranno trattati solo due di questi ovvero quelli attestati dai ritrovamenti archeologici. Le segnalazioni archeologiche sono un nume- ro esiguo, purtroppo questo dipende in parte dalla cattiva conservazione dei materiali impie- gati, ovvero i legni per la confricazione, i solfuri naturali di ferro per la percussione ed eventual- mente le esche fomentarie, ed in parte dalla non conoscenza dello specifico argomento dei meto- di di accensione. Proprio per questi motivi il pre- sente lavoro è stato orientato alla sperimentazione, che ha permesso di fornire delle descrizioni dettagliate della strumentazione, dei processi operativi nonché di riflettere su quelli che potrebbero essere gli orizzonti di questo ambito di studio. Lo stato degli studi Nella storia delle ricerche sul fuoco nella pre- istoria gli studi di Harrison pubblicati nel 1961 e quelli della Perlés nel 1977 rappresentano la fase iniziale (Harrison, 1961; Perlés, 1977). Harrison affrontava l’argomento fuoco evidenziando l’alto valore tecnologico di questa invenzione e il conseguente miglioramento per la vita quotidiana, trattando in particolare l’im- piego del fuoco per l’illuminazione e il riscalda- RIASSUNTO. Viene trattato un argomento raramente studiato e di cui perdurano molte informazioni errate. L’argomento è stato affrontato con un approccio sperimentale e bibliografico. Le ricerche sperimentali sulla tecni- ca della confricazione hanno portato a individuare le fasi operative e definire le caratteristiche ottimali della strumentazione. Viene sperimentato anche il metodo della percussione di cui è stato documentato il processo operativo. In questo caso l’approccio multidisciplinare ha permesso di reperire preziose informazioni nelle disci- pline della botanica e della mineralogia. Le informazioni acquisite con il metodo sperimentale hanno consentito una più ampia interpretazione delle informazioni edite. Parole chiave: Archeologia sperimentale, fuoco, confricazione, percussione. SUMMARY. A rarely studied topic which is still object of erroneous information is descrived. The subject of the present study has been developed in an experimental and bibliographical way. Thanks to experimental researches on the technique of the drill revolving movement, the operative phases and the best characteristics of the instruments have been focalised. The study also presents a documented operative process of the percussion method. In this case the multi-disciplinary approach has permitted to get precious information on botanic and mineralogy. The information acquired by the experimental method has given a more wide interpretation of what had already been studied on this subject. Key words: Experimental archaeology, fire, drill revolving, percussion. 1. Via Valdinievole 14, 50127 Firenze. e-mail: [email protected] Quad. Mus. St. Nat. Livorno, 19: 23-49 (2006)

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L’accensione del fuoco nella preistoria europeaDati sperimentali sulla confricazione dei legni e sulla percussione delle pietre

BARBARA RAIMONDI1

Introduzione

Il presente lavoro tratta la confricazione deilegni e la percussione delle pietre come metodidi accensione del fuoco nei periodi del Paleoliticoe Neolitico dell’area italiana ed europea.

Dagli studi attuali di etnografia è possibilevedere che i metodi di accensione del fuoco sonomolti (Smith, 1955; Singer et al., 1954; Plumet,1989; Sarauw, 1907) qui verranno trattati solo duedi questi ovvero quelli attestati dai ritrovamentiarcheologici.

Le segnalazioni archeologiche sono un nume-ro esiguo, purtroppo questo dipende in partedalla cattiva conservazione dei materiali impie-gati, ovvero i legni per la confricazione, i solfurinaturali di ferro per la percussione ed eventual-mente le esche fomentarie, ed in parte dalla nonconoscenza dello specifico argomento dei meto-

di di accensione. Proprio per questi motivi il pre-sente lavoro è stato orientato allasperimentazione, che ha permesso di fornire delledescrizioni dettagliate della strumentazione, deiprocessi operativi nonché di riflettere su quelliche potrebbero essere gli orizzonti di questoambito di studio.

Lo stato degli studi

Nella storia delle ricerche sul fuoco nella pre-istoria gli studi di Harrison pubblicati nel 1961 equelli della Perlés nel 1977 rappresentano la faseiniziale (Harrison, 1961; Perlés, 1977).

Harrison affrontava l’argomento fuocoevidenziando l’alto valore tecnologico di questainvenzione e il conseguente miglioramento perla vita quotidiana, trattando in particolare l’im-piego del fuoco per l’illuminazione e il riscalda-

RIASSUNTO. Viene trattato un argomento raramente studiato e di cui perdurano molte informazioni errate.L’argomento è stato affrontato con un approccio sperimentale e bibliografico. Le ricerche sperimentali sulla tecni-ca della confricazione hanno portato a individuare le fasi operative e definire le caratteristiche ottimali dellastrumentazione. Viene sperimentato anche il metodo della percussione di cui è stato documentato il processooperativo. In questo caso l’approccio multidisciplinare ha permesso di reperire preziose informazioni nelle disci-pline della botanica e della mineralogia. Le informazioni acquisite con il metodo sperimentale hanno consentitouna più ampia interpretazione delle informazioni edite.Parole chiave: Archeologia sperimentale, fuoco, confricazione, percussione.

SUMMARY. A rarely studied topic which is still object of erroneous information is descrived. The subject of the presentstudy has been developed in an experimental and bibliographical way. Thanks to experimental researches on the technique ofthe drill revolving movement, the operative phases and the best characteristics of the instruments have been focalised. Thestudy also presents a documented operative process of the percussion method. In this case the multi-disciplinary approachhas permitted to get precious information on botanic and mineralogy. The information acquired by the experimental methodhas given a more wide interpretation of what had already been studied on this subject.Key words: Experimental archaeology, fire, drill revolving, percussion.

1. Via Valdinievole 14, 50127 Firenze. e-mail: [email protected]

Quad. Mus. St. Nat. Livorno, 19: 23-49 (2006)

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mento. Harrison si occupò anche dei metodi del-la confricazione dei legni e della percussione dellepietre finalizzati all’accensione del fuoco; in que-sta parte del suo lavoro sono presenti molte cita-zioni etnografiche.

Nello studio pubblicato nel 1977 da Perlés tro-vano maggiore spazio gli argomenti relativi agliimpieghi del fuoco e sono presenti le descrizionisui metodi della confricazione e dalla percussio-ne. Inoltre Perlés per la prima volta raccolse inun elenco le località europee in cui furono rinve-nute le testimonianze della confricazione e dellapercussione; nella pubblicazione erano inseritetestimonianze certe ma anche dati piuttosto dub-bi ed altri inediti, mancavano attestazioni di sitiitaliani e le descrizioni delle tecniche di accen-sione del fuoco erano soltanto supposte, poichéPerlés non affrontò uno studio sperimentale(Perlés, 1977).

In realtà, entrambi i lavori fin qui descritti trat-tano lo studio dei metodi di accensione del fuococon un approccio teorico, di conseguenza le de-scrizioni riportate sono scarse di osservazioni sulprocesso operativo e sulla strumentazione.

L’approccio sperimentale alla problematicacompare per la prima volta nello studio di Colli-na Girard, che nel 1993 pubblicò sul un articoloin cui trattava la strumentazione impiegata perla confricazione e per la percussione, dedottadalla pratica sperimentale di questi metodi. Inol-tre in una prospettiva di studio multidisciplinaretentò di classificare le essenze legnose più adatteper la confricazione; sul versante della ricercabibliografica ampliò il catalogo relativo alle te-stimonianze europee redatto dalla Perlés inte-grandolo con i dati che una ventennale ricercaaveva portato alla luce. Il catalogo ancora oggiha la sua validità a livello europeo: conta circauna decina di località in cui sono stati rinvenuti iresti delle due tecniche di accensione, quella del-la confricazione dei legni e quella della percus-sione delle pietre (Collina Girard, 1993). Il cata-logo registra per il Paleolitico superiore gliacciarini di Laussel (Dordogna, Francia), Trou deChaleux (Provincia di Namur, Belgio) e Star Carr(Yorkshire, Inghilterra), per il Mesolitico quellorinvenuto a Trou al’Wesse (Provincia di Liège,Belgio), per il Neolitico quelli di Montilier ePortalban (Cantone di Friburgo, Svizzera) per ilCalcolitico quelli di Senales (Loc. Giogo di Tisa,BZ, Italia) e Vandières (Meurthe e Moselle, Fran-

cia ). Il lavoro fu poi pubblicato come monogra-fia nel 1998 (Collina Girard, 1998), nel catalogonon sono presenti dati relativi all’Italia.

I dati italiani

La ricerca bibliograficaLo studio bibliografico è stato sviluppato cer-

cando di capire se l’omissione dei dati relativialle attestazioni italiane, constatata nei cataloghisuddetti, dipendesse da un’effettiva mancanzadi testimonianze o da una incompletezza di que-sti lavori.

Il risultato della lunga ricerca bibliografica èstata l’individuazione di alcune testimonianzeanche per l’Italia. Sono da citare gli strumentipubblicati dallo studioso Maviglia nel 1953, rin-venuti negli strati tardo neolitici del sito di Isoli-no di Varese (prov. Varese): Maviglia rinvennealcuni “strani” strumenti composti da un elemen-to litico inserito in un manico (Maviglia, 1953-54). Queste testimonianze sono interpretate oggicome acciarini per la percussione finalizzata al-l’accensione del fuoco.

Anche se il presente lavoro si propone di trat-tare i periodi del Paleolitico e del Neolitico, èopportuno segnalare che nel periodo Calcoliticol’elenco degli acciarini rinvenuti in territorio ita-liano si arricchisce con un’altra attestazione pub-blicata nel 1898 dallo studioso Colini, che larecuperò nella tomba n° 40 della Necropoli diRemedello Sotto e da collocarsi nell’omonimafacies culturale (Colini, 1898).

Gli acciarini di Isolino di Varese e Remedello SottoNella Palafitta di Isolino di Varese, negli stra-

ti tardo neolitici, furono rinvenuti degli strumentiche lo studioso Maviglia pubblicò come “specia-li percussori per la lavorazione dei microbulini”(Maviglia, 1953-54). Anche Colini interpretòl’acciarino rinvenuto nel 1898 nel corredofunerario della tomba n° 40 della Necropoli diRemedello Sotto come un ritoccatore per la la-vorazione della litica: fu rinvenuto uno strumen-to in selce inserito in un manico di corno di cer-vo (Fig. 1). E’ interessante il confronto che lo stu-dioso De Marinis ha fatto tra alcune accette me-talliche rinvenute nella Necropoli di RemedelloSotto e quella della Mummia del Similaun (DeMarinis, Brillante, 1998; Fleckinger, Steiner, 1999)perché dallo studio affrontato risulta che la stes-

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sa Mummia confermi anche la tecnica della per-cussione visto gli elementi rinvenuti nel suomarsupio. Nella cintura cucita a mo’ di marsupioerano contenuti alcuni frammenti di fungofomentario, sui quali è stata individuata lapolvere di solfuro naturale di ferro che nor-malmente viene prodotta durante la percus-sione inoltre era presente un grattatoiocarenato: è ipotizzabile che questi pezzi co-stituissero un unico acciarino (Fig. 1 F).

La ricerca bibliografica non ha portato ri-sultati positivi per quel che riguarda la tec-nica della confricazione dei legni: in ambitoeuropeo per i per iodi del Paleol i t ico ,Mesolitico e Neolitico sono segnalate le bac-chette di Krapina (Croazia), La Gavette(Francia) e Lortet (Francia) ma il loro impie-go come trapani da fuoco è dubbio per laforma o i materiali in cui sono realizzati.

Per quel che riguarda le epoche del Ramee del Bronzo, spesso nei cataloghi vengonosegnalati i “materiali vegetali” (asticelle di

legno) ritrovati nei depositi di tipo umido,queste segnalazioni risultano essere malconfutabili perché non riportano certi datiche invece ne determinerebbero la funzionedi trapano o arco da fuoco.

La statua stele n° 30 di St. Martin de CorléanGli s tudi a l ivel lo europeo sul la

confricazione dei legni finalizzata all’accen-sione del fuoco si sono rivolti anche ai do-cumenti iconografici: sono stati così indivi-duati alcuni menhirs riportanti un arco eduna bacchetta incisi e quest’ultima è statainterpretata da alcuni come freccia per lacaccia, da altri come trapano da fuoco. An-che su questo versante il catalogo europeonon riferisce nessuna documentazione rela-tiva ai casi italiani. Nonostante questo filo-ne della ricerca porti ad interpretazioni piut-tosto dubbie, è da segnalare la seguente te-stimonianza italiana: la statua menhir n° 30rinvenuta a St. Martin de Corléans (AO) ri-

Fig. 1 - Acciarini da percussione: acciarini rinvenuti nella Palafitta di Isolino di Varese: Acciarino composto da un elementolitico inserito in un manico (A); Acciarino immanicato il cui manico è in parte mancante (B); Elementi litici riportanti delcollante (C;D) (Maviglia, 1953-54). Acciarino rinvenuto nella Tomba n° 40 della Necropoli di Remedello Sotto: “strumentoformato da una specie di piccolo nucleo di selce con la testa spianata e levigata dall’uso, fisso in un manico, lungo mm. 63,ricavato da un palco di corno di cervo. La parte litica è lunga mm. 42, col diametro massimo nella testa di mm. 20 e alla basedi mm. 19” (E) ( da Colini, 1898). Il grattatoio carenato rinvenuto nella cintura della Mummia del Similaum (F) (De Marinis,Brillante, 1998).Fig. 1 – Percussion steels: steels found in the palafitte of Isolino di Varese: Steel composed of a lithic element inserted in a helve (A); steelwith a handle whose handle is partly missing (B); Lithic elements with gluing paste (C; D) (Maviglia, 1953-54). Steel found in Tomb nr40 in the Necropolis of Remedello Sotto “a tool made of a sort of small flint nucleus with the head levelled and smoothed by the use, insertedin a handle, 63 mm long, made from horns of deer. The lithic side is 42 mm long, while the maximum diameter of the head is 20 mm wideand the base is 19 mm” (E) (from Colini, 1898); Scraping tool found in the belt of the Similaun mummy (F) (De Marinis, Brillante,1998).

A

B C

D

E F

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porta un arco ed una bacchetta incisi (DeMarinis, 1994; Arnal, 1976; Zidda, 1996;D’Anna, 1977; Longhi et al., 1994) (Fig. 2).

Le esche da fuoco

I resti di funghi fomentariIn riferimento al metodo della confricazione,

il termine esca indica il nido di materialeincendiabile (foglie ed erba secca, stoppa) al cuiinterno viene posta la brace prodotta dallaconfricazione, mentre a proposito del metododella percussione, il termine esca è usato per in-dicare il materiale su cui cade la scintilla prodot-ta dalla percussione (generalmente un fungofomentario) oltre al nido di erba secca.

La scelta delle esche è molto circoscritta so-prattutto se finalizzata al metodo della percus-

sione: infatti alcuni funghi che vivono sugli al-beri (lignicoli) sono risultati essere moltofunzionali avendo al loro interno una parte(detta “amadou” dagli archeologisperimentatori e carne o micelio dai micologi)particolarmente sensibile alla scintilla.

Consultando varie pubblicazioni (Intini,1990; Heim, 1984; Zeitlmayr, 1955; Collina-Girard, 1993; 1998) risulta che i funghifomentari adatti ad essere utilizzati come escasono due: Fomes fomentarius ed Ungulinabetulina.

Fomes fomentarius (Syn. Ungulina fomentaria)appartiene alla famiglia delle Poliporaceae, os-sia dei funghi parassitari che vivono sul tron-co degli alberi in genere latifoglie. Alcuni ar-cheologi sperimentatori hanno provato che ifunghi polipori sono adatti ad avviare il fuo-co, cioè sono ottime esche fomentarie perchèsensibili alla scintilla, che vi cade sopra incen-diandosi subito ma lentamente, e che il fungomigliore è Ungulina betulina che però non è maistato riconosciuto fra i resti archeologici.

Nonostante la natura fortemente deperibile,in taluni casi eccezionali si sono conservati iresti di Fomes fomentarius: nel sito di Star Carr(Yorkshire, Inghilterra) negli strati delPaleolitico superiore è stata rinvenuta unagrande quantità di questi funghi associata adei noduli di pirite (Clark, 1954; 1980), nel Can-tone di Friburgo sono stati rinvenuti alcuniFomes fomentarius associati a percussori litici ea solfuri di ferro collocati negli strati Neoliticidel sito (Collina Girard, 1998) altresì laceleberrima mummia del Similaun portavanelle sua cintura-marsupio vari frammenti difungo fomentario ricoperti di polvere di sol-furo naturale di ferro ed un grattatoio di selce(Egg, Spindler, 1992).

In altre località sono stati rinvenuti i solifunghi parassitari non associati ai solfuri na-turali di ferro: per il Paleolitico medio ricordoSalzgitter-Lebensted nella Bassa Sassonia (Ger-mania) in cui Fomes fomentarius è stato rinve-nuto insieme ai resti scheletrici dell’uomo diNeanderthal (De Marinis, Brillante, 1998) e peril Neolitico segnalo il sito di Portalban nelCantone di Friburgo (Svizzera) (CollinaGirard, 1993; 1998; Boura, 1993; Corner, 1950;Dark, Mellars, 1998; Mortillet, 1908; Oakley,1955; Roudil, 1987).

Fig. 2 - Stele antropomorfa maschile n° 30 da St. Martin deCorléan (AO): alta 3 m. ca, larga 1.70 m. e spessa 0.07 cm.Sono evidenziati l’arco e la freccia o trapano.Fig. 2 – Male antropomorphic stele nr 30 from Corléan (Ao): 3 mhigh, 1.70 m wide and 0.07 cm thick. Here are indicated the bowand the arrow or drill.

Barbara Raimondi

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Conclusione

Nella tabella che segue sono riportati i daticonsiderati certi relativi alle più antiche testimo-nianze di accensione del fuoco in Europa e quel-li relativi agli acciarini italiani. Sono indicati: isolfuri naturali di ferro con evidenti tracce disfregamento la cui destinazione è sicuramenteriferibile alla percussione (°), i resti di funghifomentari rinvenuti in associazione con i solfurinaturali di ferro (“) e le attestazioni sullaconfricazione dei legni (*); a tal proposito nonsono riportati i dati su Krapina, La Gavette eLortet perché sono segnalazioni dall’interpreta-zione molto dubbia (Tab. 1).

Il panorama italiano è privo di segnalazionirelative ai metodi di accensione per i periodi delPaleolitico e del Mesolitico.

I ritrovamenti italiani più antichi risalgono alTardo Neolitico, attestano la tecnica della percus-sione e sono gli acciarini rinvenuti ad Isolino diVarese. Nel periodo Eneolitico questa tecnica èattestata dall’acciarino della Mummia delSimilaun (datata grossomodo al 3350-3100 a.C.)e dall’acciarino rinvenuto nella tomba n° 40 del-la Necropoli di Remedello Sotto e datato 3200-2400 a.C. (datazione che generalmente è accet-tata per la cultura di Remedello).

Per quanto riguarda la tecnica della percus-sione le testimonianze europee sono certe dalPaleolitico Superiore in poi: la tecnica è provatadagli acciarini di Trou de Chaleux, Laussel e dalritrovamento di Fomes fomentarius associato ad

un nodulo di pirite rinvenuto a Star Carr; la per-cussione è confermata nel Mesolitico a Troual’Wesse.

E’ necessario osservare la forte discrasia chesepara le attestazioni dei metodi di accensione ele attestazioni di uso intenzionale del fuoco inEuropa ed in Italia: la più antica testimonian-za di accensione del fuoco in Europa è quelladi Laussel (Dordogna, Francia) ed è datata al-meno 20.000 anni da oggi mentre il ritrova-mento più antico di uso del fuoco in Europa èla Grotta dell’Escale, datato fra i 650.000 e600.000 anni B.P.

In Italia il più antico focolare è stato rinve-nuto nel sito di San Bernardino ed è datato250.000-200.000 anni B.P. mentre la più anticaattestazione di tecnica sono gli acciarini di Iso-lino di Varese collocati nel Tardo Neolitico.

Considerando questi dati risulta evidenteil grosso gap che separa le testimonianze dimetodo di accensione dall’uso antropico delfuoco, questo fa capire che le attestazioni suimetodi che abbiamo sono del tutto fortuite enon ci indicano quale tecnica veniva impiega-ta per accendere i più antichi focolari.

Più nello specifico del metodo della percus-sione è da notare che dei tre elementi su cui sibasa la percussione (solfuro naturale di ferro,percussore litico ed esca), due di essi subisco-no fortemente i processi di degrado, quindiconsiderate le difficoltà di conservazione delsolfuro naturale di ferro e dell’esca fomentaria,l’indagine sul metodo della percussione si do-vrebbe concentrare sul percussore litico, nella

SINTESI DELLE PIÙ ANTICHE TESTIMONIANZE DI ACCENSIONE DEL FUOCO

Paleolitico Superiore Mesolitico Neolitico Calcolitico

° Trou de Chaleux ° Trou al'Wasse * Palafitte svizzere ° " Senales

° Laussel ° “ Cantone di Friburgo ° Vandières

° ” Star Carr ° Isolino di Varese ° Palafitte svizzere

° Remedello Sotto

* Statue-menhir

Tab. 1 - (°) testimonianze del metodo della percussione delle pietre, (“) frammenti di fungo-esca, (*) testimonianze delmetodo della confricazione dei legni. Sono evidenziate in grassetto le testimonianze italiane.Tab. 1 - (°) attestations of the percussion method, (“) fragments of mishroom for fire, (*) attestations of the drill revolvig movement. Theitalian attestations are foregroud.

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modalità specificata in modo approfondito piùavanti nel presente lavoro.

Scarsi sono i dati europei relativi allaconfricazione del legno: le testimonianze piùantiche sono quelle dei depositi palafitticoli delNeolitico svizzero.

Dubbia è l’interpretazione dell’iconografiariportante un arco e forse un trapano indivi-duata in alcune statue menhirs europee e nel-la stele antropomorfa n° 30 di St. Martin deCorléan (AO). A tal proposito è da osservareche per accendere il fuoco con la tecnica dellaconfricazione non è indispensabile l’arco: in-fatti il trapano può essere fatto ruotare anchecon le sole mani, invece l’assebase più dell’ar-co è indispensabile all’attuazione di questatecnica. Se queste persone utilizzavano l’arcoper muovere il trapano, perchè non avrebberorappresentato anche l’assebase?

La percussione delle pietre come metodo diaccensione del fuoco nella preistoria europea

La tecnica: le idee errate sul metodo della per-cussione (la triboluminescenza).

Per accendere il fuoco con “le pietre focaie”è innanzitutto indispensabile capire quali pie-tre utilizzare e che tipo di scintilla produrreinfatti se percotiamo insieme due pietre si cau-sano vari fenomeni chimici-meccanici che di-pendono dalla natura delle pietre utilizzate, èquindi indispensabile capire quali pietre usa-re per innescare il meccanismo che porta allagiusta scintilla.

Se prendiamo due selci e le percuotiamol’una contro l’altra causeremo unaluminescenza localizzata nel punto d’impat-to: tale fenomeno è detto triboluminescenza.Questo tipo di lucentezza è causato dall’azio-ne meccanica della percussione che stimola iprocessi di elettricità dei corpi e la si può rag-giungere con una grande varietà di materialiopportunamente stimolati, ad esempio anchesfregando o percotendo due cristalli di quar-zo insieme. Il bagliore tipico dellatriboluminescenza è localizzato nel puntod’impatto sugli oggetti colpiti dall’azione mec-canica di strofinio o percussione: con questatecnica e con questi materiali impiegati, selceo quarzo, sarà impossibile generare delle scin-tille capaci di staccarsi dal punto di collisione.

Per ottenere il fuoco è necessaria una scin-tilla capace di planare fino ad un’escafomentaria posta ad una certa distanza ed ènecessario che tutti e due o almeno uno deidue elementi collisi sia un solfuro naturale diferro: questo minerale caratterizzato da unacerta fragilità, contiene sia lo zolfo che il fer-ro. L’azione meccanica che si esercita sui sol-furi naturali di ferro (marcassite o pirite) avràcome conseguenza non una sterileluminescenza ma una reazione di combustio-ne ovvero una scintilla la cui vita durerà perqualche secondo. Queste particelle incande-scenti sono accese dai 1000 °C che si sono spri-gionati con l’impatto, che hanno innescato lacombustione dello zolfo e la conseguente fu-sione del ferro contenuto nella particella (Col-lina Girard, 1998); la combustione avverrà inpochi secondi durante il volo della particelladistaccata e a volte continuando anche quan-do la scintilla si è ormai posata sull’esca.

In epoche più recenti si sostituì il solfuronaturale di ferro con una lama di ferro carbu-rato perché si riscontrò che la selce e questalama d’acciaio formavano una combinazionemigliore, dato che l’acciaio dava scintille piùcalde di quelle prodotte con il solfuro natura-le di ferro.

Le pietre utilizzate

Il percussore litico e il solfuro naturale di ferroAbbiamo detto che il solfuro naturale di

ferro è il minerale che deve essere impiega-to in questa tecnica d’accensione perché con-tiene il ferro e lo zolfo.

Tantissimi minerali contengono lo zolfoma quello presente nella marcassite e nellapirite ha una struttura chimica che ne au-menta la sensibilità alla combustione; altret-tanti minerali contengono il ferro come lapirrot ina , la magnet i te , l ’emati te , lacalcopirite ma è indispensabile che zolfo eferro siano associati in un unico minerale equesto è il motivo per cui non è possibileaccendere il fuoco con un cristallo di zolfoo con tutti i minerali di ferro.

Il metodo di percussione più antico, quel-lo preistorico, vede l’impiego di due solfurinaturali di ferro o altrimenti di uno di essipercosso da un componente litico (Fig. 3).

Barbara Raimondi

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Il percussore litico

“Le pietre focaie”Le pietre più adatte a percuotere il solfuro

naturale di ferro sono la roccia quarzifera, ilquarzo, il calcedonio e la pietra silicea; le ca-ratteristiche che associano questa varietà dipietre sono la durezza, la compattezza e lapossibilità che ne sia determinata la loro for-ma. E’ preferibile che queste pietre abbianouna forma adeguata all’impiego (come spiegoin modo approfondito più avanti), che abbia-no una dimensione che permetta di reggerlein mano o, come nel caso del ritrovamentodella tomba n. 40 della necropoli di RemedelloSotto, possano essere inserite in un manico, inquel caso in corno di cervo.

Per il loro impiego nella percussione fina-lizzata all’accensione queste pietre sono dette“pietre focaie” e più raramente “pietrepiromache” ma anche “acciarini”, soprattuttoin riferimento alle porzioni di lama impiegate

nei meccanismi delle armi belliche dei secoliscorsi (Chelidonio, 1991; Avanzino, Pasquali,1994).

Il solfuro naturale di ferro (FeS2): la

marcassite e la pirite

Pirite (FeS2)peso specifico: 4,89durezza: 6 - 61/2percentuale di Fe: 46,6%

Marcassite (FeS2)peso specifico: 5,02durezza: 6- 61/2percentuale di Fe: 46,6%

Sia la marcassite che la pirite presentanoun’identica composizione chimica (bisolfuro diferro o FeS2), la stessa durezza e percentuale diferro, il peso specifico è approssimativamenteuguale ma hanno differente struttura interna e

Fig. 3 - Percussione di due noduli di marcassite (1); Noduli di marcassite in buono stato di conservazione privi di ossidazioni(2); Percussione di una marcassite con una selce (3); Nodulo di marcassite a cristalli radiali: è ben visibile lo strato esterno dialterazione (4); Pirite microgranulare ottima per produrre delle scintille (5); Pirite con cristalli grandi pentagonododecaedrici,non adatta alla produzione delle scintille (6).Fig. 3 – Percussion of two nodules of marcasite (1); marcasites in good state of preservation without oxidization; Percussion of a marcasitewith a flint (3); Nodule of a marcasite with radial crystals: the external layer of alteration is well shown (4); Micro-granular pyriteexcellent for the production of sparks (5); Pyrite with big dodecahedric-pentagonal crystals, not fit for the production of sparks (6).

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di conseguenza diverso abito cristallino(Hurlburt, 1968).

Marcassite o marcasiteLa marcassite è un minerale duro, pesante,

fragile, con lucentezza metallica, contenente ilferro, ha cristalli radiali o globulari. La varietà acristalli radiali sottoforma di nodulo, che è la piùattestata dai ritrovamenti, può presentare su tut-ta la superficie esterna uno spessore di circa 1-2mm di ossidazione superficiale (limonite,ghetite...); in questo stato per poterla utilizzarecome acciarino, è necessario che sia privata del-lo strato esterno in modo da arrivare ai cristalliinterni che sono la parte funzionale alla produ-zione delle scintille. E’ necessario procedere allarottura del nodulo mediante una percussionediretta: il nodulo si infrangerà in modo nonpredeterminabile e, a questo punto, i cristalli sa-ranno a vista (Pétrequin, 1986).

La marcassite è classificata come minerale ra-rissimo: a contatto con l’acqua o l’ossigeno è in-vestita dalla corrosione; si trova nei giacimentinaturali (ambienti sedimentari di argille o marne)se sigillata negli strati; altrimenti già in posizio-ne primaria e ancor più spesso, quando si trovain giacitura secondaria, è sottoposta a un fortefenomeno di corrosione (Giardino, 1998).

La qualità della marcassite all’interno di ungiacimento naturale è variabile; nel nostro casoè ritenuta pessima quella che non permette laproduzione di scintille; l’aspetto interno è indi-cativo della qualità operativa della marcassite,ovvero la lucentezza metallica, l’assenza diossidazioni interne, il peso, sono tutti fattori in-dicativi di una marcassite di buona qualità, adalto contenuto di ferro, ottima per essere adope-rata come acciarino.

La dimensione ottimale del nodulo è un pa-rametro funzionale che dipende dalla manualitàdi chi andrà a maneggiarlo: in linea generale ledimensioni migliori sono quelle comprese fra 3-4 cm fino ad una decina di centimetri.

PiriteAnche la pirite è un solfuro naturale di ferro

ma ha una cristallizzazione differente dallamarcassite; i cristalli della pirite possono esserecubici o pentagonododecaedrici e sono unitil’uno con l’altro in modo caotico. I cristalli di pi-rite hanno dimensioni molto varie; nella tecnica

della percussione è utile solo la pirite dai cristal-li piccoli (detta pirite microgranulare): quest’ul-timi possono staccarsi ed incendiarsi in scintillementre il cristallo di grandi dimensioni non sifrantuma al colpo (Fig. 3).

Dove si trova il solfuro naturale di ferro, laconservazione in giacitura secondaria e i pro-dotti della corrosione, la diffusione della tec-nica

La pirite e la marcassite si conservano spessonei depositi primari di formazione ma le cui con-dizioni raramente sono ripetibili. Infatti, come èfacile pensare, i solfuri di ferro difficilmentesi mantengono nei depositi archeologici per-ché sono particolarmente reattivi a certi agen-ti esterni come l’umidità o, in ambiente secco,all’attacco dei gas (ossigeno ma anche anidridecarbonica e solforosa) (Giardino, 1998).

La combinazione del metallo con i suddettielementi innesca il processo chimico della “cor-rosione”. Si possono distinguere tre tipi di cor-rosione: la “patina” è un’alterazione microsco-pica superficiale non particolarmente aggres-siva; il “gossano” detto anche fenomeno di“passivazione” è uno strato di limonite e/oghetite che ricopre esternamente ed uniforme-mente i noduli e li protegge impedendo l’ulte-riore diffusione del processo di degrado, hatempi di evoluzione molto lenti; gli ossidi-idrossidi di ferro (ruggine o ocra) sono il ri-sultato della corrosione più aggressiva cheporta al completo disfacimento dell’oggetto,il processo è molto veloce e in alcuni casi que-sta ossidazione è localizzata e avanza comun-que progressivamente sempre più in profon-dità fino a degradare completamente il metal-lo.

A proposito dei prodotti della corrosionedei solfuri naturali di ferro, è interessante no-tare che quando la pirite e la marcassite sonoin giacitura primaria (nei giacimenti minera-ri) si trovano in suoli di formazione estrema-mente antica. Ma quando la pirite o lamarcassite e soprattutto gli ancor più frequentiossidi di ferro si trovano in terreni di recenteformazione, come quelli indagati dall’archeo-logia, significa che qualche azione, naturale oantropica, li ha portati in quel nuovo contestodi giacitura: in questo senso il ritrovamento di

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un solfuro naturale di ferro ma soprattutto diun prodotto della corrosione di questi acqui-sta un’estrema importanza perché giacente inun deposito giovane che non è quello origina-rio.

Considerando che la regione Toscana è mol-to ricca di aree minerarie, si è cercato di indi-viduare i giacimenti di solfuro di ferro con lecaratteristiche che si ritengono funzionali al-l’impiego della percussione finalizzata all’ac-censione.

A questo fine è stato analizzato il censimen-to delle aree minerarie presenti sul territorioregionale, pubblicato dalla Regione Toscananel 1991 (AA.VV., 1991).

Nel catalogo sono inventariate 168 aree mi-nerarie di cui 73 forniscono i solfuri di ferro oltread altri minerali, purtroppo nel catalogo nonsono presenti dati utili alla ricerca dei metodi diaccensione. Non sono riportate la varietà deiminerali presenti nei giacimenti ovvero è indica-ta la presenza di un certo minerale, ad esempiola pirite, ma non viene specificato semicrogranulare o cubica e questo è un dato nontrascurabile visto che per l’accensione risulta es-sere funzionale soltanto la varietà microgranularee con certe caratteristiche di integrità. Dal cata-logo notiamo che la maggior parte dei giacimen-ti in Toscana ospita la pirite e un numero minorela marcassite, ma anche questo dato non ci portaad avvalorare l’ipotesi che la pirite venisse uti-lizzata più della marcassite.

Un altro dato importante ma assente nel cata-logo è la profondità in cui i giacimenti si trovanoossia non è possibile sapere se i minerali si tro-vano in superficie o a quale profondità del suo-lo.

Purtroppo la maggior parte delle pubblicazio-ni relative ai giacimenti minerari fornisce delleinformazioni esaurienti per un certo ambito diricerca mineraria ma carenti per la specifica ri-cerca preistorica.

A queste condizioni è difficile poter verifica-re se le aree di approvvigionamento dei solfuridi ferro coincidono con l’area di diffusione dellatecnica e concludere che la disponibilità natura-le di questo minerale in certe zone abbia portatole popolazioni autoctone a praticare la tecnicadella percussione per avviare il fuoco. Inoltre nonè possibile creare una carta significativa della dif-fusione spaziale dei ritrovamenti perché allo stato

attuale degli studi i rinvenimenti di acciarini dapercussione preistorici sono pochissimi e questoquadro non può essere arricchito con iritrovamenti dei prodotti della corrosione (ossi-di ed idrossidi di ferro) perché ancora si devefare molto per capire l’effettivo contributo chequesta tipologia di reperto può dare allo studiodei metodi di accensione.

L’esca da fuoco

Nei siti di Star Carr, Friburgo e Senales sonostati rinvenuti dei funghi polipori verosimilmen-te utilizzati come esche fomentarie, la specie in-dividuata è Fomes fomentarius.

I funghi poliporiI funghi vivono in una ricchissima varietà di

ambienti, in riferimento al substrato sul qualecrescono essi vengono indicati con nomi diversi,ad esempio lignicoli quando crescono sul legno.Tutti i funghi, a differenza delle piante, sono pri-vi di clorofilla e ciò li rende incapaci di assimila-re dall’ambiente il carbonio necessario a costrui-re la sostanza organica di cui hanno bisogno persvilupparsi. Essi traggono il proprio alimento dadetriti organici oppure direttamente da piante oanimali; i funghi parassitari sono lignicoli chevivono a spese di piante o animali vivi (detti ospi-ti) e le Polyporaceae sono in grado di continuarea vivere sugli alberi di cui hanno causato la mor-te, Fomes fomentarius appartiene a questa fami-glia (Rambelli, 1981).

E’ importante notare che i funghi vivono inspecifici ambienti e che Fomes fomentarius è unfungo diffuso in ambienti temperati e tropicali,sarebbe interessante capire in quale misura que-sto dato ci possa portare ad escludere il loro im-piego come esche fomentarie nelle fasi glaciali.

Struttura interna di Fomes fomentariusFomes fomentarius è composto da una cortec-

cia esterna (carpoforo) di color fuliggine spessa2-3 mm che protegge il fungo esternamente, aforma di piramide o emisferica, di consistenzadura, piatto nella parte inferiore.

La corteccia è spessa e dura, solcata a giri con-centrici ed opaca. Sulla corteccia esterna(carpoforo) di questo tipo di funghi si possononotare le strie di accrescimento (Fig. 4 D).

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

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Questo fungo cont iene uno s tratod’amadou (carne, micelio o parte sterile peri micologi) ed una parte legnosa (tubuli,imenio o parte fertile per i micologi): la car-ne è di color ruggine. I tubuli sono primagrigi ma più tardi divengono color marro-ne, a più strati interni al fungo, le spore sonofusiformi di una dimensione che va dai 15ai 22 millesimi di millimetro, la sua vita sipuò protrarre sino a 15 anni. Cresce suglialberi frondosi, specialmente faggi e betul-le ma anche castagno, noce, frassino, salice(Rambelli, 1981).

Anche se Ungulina betulina1 non è mai sta-ta rinvenuta nei depositi archeologici si in-serisce a titolo informativo una scheda de-scr i t t iva perché a lcuni archeologisperimentatori la indicano come il poliporofomentario più efficace.

Descrizione del processo operativo: le fasidella percussione

Raccolta e trattamento del fungoDopo aver individuato un fungo fomentario

si procede alla sua raccolta e al trattamentodell’amadou.

Come abbiamo già visto lo strato di amadousi trova subito sotto il carpoforo del fungo (Fig.4)se il fungo ha un carpoforo tenero, tipo quellodell’Ungulina betulina, sarà possibile affondar-vi il coltello o addirittura romperlo con le mani,altrimenti se il carpoforo è uno strato duro, tipoquello di Fomes fomentarius, sarà possibile rag-giungere l’amadou scavando a partire dalla su-perficie del fungo che era a contatto con l’albero(Fig. 5 A).

Dopo aver raggiunto l’amadou si potrà pro-cedere al suo trattamento secondo due modali-tà: la raschiatura-cotonatura o il taglio-estensio-ne.

Il metodo della raschiatura-cotonatura si ap-plica quando l’amadou del fungo è ormai secco,completamente disidratato, prevedel’asportazione dell’amadou con una scheggia ouno strumento di pietra con il quale si va a ra-schiare lo strato di amadou direttamente nel fun-go. L’amadou estratto con questo metodo diventamolto soffice e simile al cotone (Figg. 5B, 7B).

Fig. 4 - Struttura interna di Fomes fomentarius o Ungulinafomentaria (A, B); F. fomentarius molto vecchio con tubulimolto stratificati, quasi totalmente privo di amadou ocarne(C); Sono evidenti la strie di accrescimento che rive-stono la corteccia esterna (carpoforo) di questo tipo di fun-go (D).Fig. 4 – Internal structure of Fomes fomentarius or Ungulinafomentaria (A, B); a very old F. fomentarius with very stratifiedcanals, almost completely without “amadou” or pulp (C); thestreams of growth that envelop the external bark of this type offungus are well evident here (D).

A

DC

B

1. Ungulina betulina o parassitario della Betulla: carpoforo: ampio 5-25 cm, forma concoide, convesso nella partesuperiore, concavo inferiormente o reniforme, a volte con un breve gambo, coperto da una pellicola liscia, sottile,separabile, da biancastro a grigio-giallo a brunastro rossastro; margine arrotondato. La superficie superiore èbiancastra; i pori sono piccoli 3-4 per mm; la carne è biancastra, i tubuli sono bianchi alti 2-8 mm, fitti e corti.Cresce in estate-autunno sulle betulle (Rambelli, 1981).

Fig. 5 - Escavazione del fungo a partire dalla superficie cheera a contatto con l’albero fino a raggiungere lo strato diamadou (da Riv. L’Archeologue n° 37) (A); Raschiatura-cotonatura della carne di un Fomes fomentarius (B).Fig. 5 – The fungus is picked up taking away the surface attachedto the tree up to the pulp layer (from Riv. L’Archeologue nr 37)(A); Grasping and combing of the pulp of a Fomes fomentarius(B).

A B

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Carpoforo

Micelio

Imenio

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Il metodo del taglio-estensione, si applica congli amadou elastici che sono tali perché moltoidratati, tipici dei funghi appena raccolti, preve-de che l’amadou ancora all’interno del fungo siaestratto a brandelli e che questi siano tirati edestesi fino ad assottigliarsi, asciugati poi primadell’uso (Fig. 6).

In pratica il fungo cotonato si può usare solocon la percussione a terra mentre il fungo taglia-to ed esteso si presta sia alla percussione a terrache alla percussione in mano (Figg. 8, 9).

Conservazione del fungoE’ interessante segnalare che i fomentari rac-

colti dovranno essere conservati con cura infattiuna vera minaccia sono le tignole, più co-munemente conosciute come tarme: si nu-trono di varie sostanze, tra cui l’amadou, edepongono le uova nei depositi alimentari.Un fungo occupato dalle tignole non è uti-lizzabile perché l’amadou perde di elasticitàtrasformandosi in uno strato non coeso chesi sgretola (Fig. 7A); le tignole possono oc-cupare il fungo sia quando questo è ancoraattaccato all’albero sia quando è stato stac-cato: le larve misurano da uno a tre milli-metri di lunghezza e si presentano di colorebianco.

Per evitare il deterioramento del fungoconsiglio di procedere, subito dopo la rac-col ta , a l la cotonatura o estensionedell’amadou, perché un amadou così tratta-to non è più appetibile alle tignole. In ogni

Fig. 6 - Le fasi dell’estensione dell’amadou: dopo aver individuato un fungo fomentario, in questo caso Ungulina betulina (A)con amadou elastico, si procede alla sua raccolta (B, C) e al trattamento dell’estensione: quindi è stato prelevato un brandello(D; E) assottigliato ed allungato mediante l’estensione (F).Fig. 6 – Stretching the pulp: after having found a firing fungus, Ungulina betulina (A), with elastic pulp, it is picked up (B, C) andworked: a shred is taken, thickened and stretched (F).

A B C

E FD

Fig. 7 - Fungo non adatto all’accensione; Fomes fomentariusè stato diviso a metà ed è ben evidente che lo strato diamadou al suo interno è stato mangiato dalle tignole: perquesto ha perso morbidezza e compattezza e adesso è unostrato che si sgretola (A). Amadou di Fomes fomentariusricoperto di polvere di solfuro di ferro e quindi non piùappetibile per le tignole (B).Fig. 7 – Fungus non suitable for fire lightning; Fomes fomentariusis divided in two and it is well evident that the layer of amadouhas been eaten by moths: that is the reason why the pulp is thickand compact and goes in pieces(A). Amadou of Fomes fomentariuscovered by iron sulphide powder (B).

A B

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

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caso un sicuro espediente è quello di rico-prire l’amadou di polvere sulfurea ferrosapercotendo la marcassite o la pirite sopraall’amadou stesso (Fig. 7B). Altrimenti, unmetodo che riduce il rischio delle tignole,ma non le elimina, è la segmentazione delfungo in più porzioni: questo impedisce ildiffondersi delle tarme in tutto il fungo.

Tecniche di percussioneLa percussione può essere praticata con

due sole modalità: sorreggendo le due pie-tre in mano e appoggiando il fungo a terra(Fig. 8) o tenendo tutti e tre gli elementi inmano (Fig. 9).

In entrambe i casi la percussione fra ledue pietre genera una scintilla che deve ca-dere sull’amadou: nel primo caso (Fig. 8)l’esca è appoggiata a terra mentre nel secon-do caso (Fig. 9) è tenuta in mano.

Con una percussione si possono produr-re varie scintille fino ad una decina circa: lacombustione delle scintille può durare da 1

a 3-4 secondi e la scintilla in volo può arrivaread una distanza di 40-50 centimetri rispetto al puntoin cui è stata originata.

Le scintille possono avere due tipi di traiettoria:quelle con traiettoria dritta ad andamento veloce equelle con traiettoria più incerta, svolazzante; la per-cussione deve essere finalizzata alla produzione dellescintille con traiettoria diretta che può essere orientataverso l’esca, queste generalmente sono anche le scin-tille più calde.

Accensione del fungoSi percuotono insieme un percussore litico, in

questo caso una lama raschiatoio carenata di selceed un nodulo di marcassite (Fig. 10A); la scintil-la prodotta cade sull’esca fomentaria che iniziauna combustione molto lenta (Fig. 10B). Nonè necessar io soff iare sul l ’esca perchél’amadou è talmente sensibile che la com-bustione si alimenta spontaneamente, è anzinecessario separare la parte accesa per im-pedire uno spreco dell’esca (Fig. 10C). L’escacombusta e prelevata si inserisce nel nido(Fig. 10D) già preventivamente preparatocon erba secca ed un cuore di foglie secchesbriciolate (Fig. 10E), poi si soffia all’inter-no del nido in modo che l’esca si ossigeni ela combustione prenda più forza (Fig. 10F).A questo punto si chiude il nido delicata-mente in modo da non soffocare la combu-stione ma permettere che l’erba si incendi(Fig. 10G); il nido inizia a fumare, si conti-nua a soffiare tenendo le mani di lato al nidopermettendo all’ossigeno di entrare dal da-vanti, attraversare tutto il nido e di usciredal dietro (Fig. 10H). E’ necessario soffiarepiano ma in modo continuato: il nido ini-zierà ad emettere un fumo bianco e denso(Fig. 10I) e comparirà la fiamma (Fig. 10L).

Conclusioni

Il percussore litico: individuazione dei tipifunzionali, analisi macroscopica dell’usura

I percussori litici rinvenuti a Senales (loc.Giogo di Tisa, BZ) e nel Cantone di Friburgo(Svizzera) documentano l’uso dei grattatoi:carenato nel primo caso e a muso nel secon-do; anche Pétrequin ha usato nelle suesperimentazioni un grat tatoio a muso(Pétrequin, 1986; De Marinis, Brillante, 1998).

Fig. 8 - Due fasi della percussione: il fungo è appoggiato aterra, una mano sorregge il percussore litico che percuote ilnodulo di marcassite tenuto fermo dall’altra mano.Fig. 8 – Two phases of the percussion: the fungus is on the ground,a hand is holding the percussion stone that hits the nodule ofmarcasite firmly held by the other hand.

Fig. 9 - La percussione avviene tenendo in mano tutti e tregli elementi: l’esca e le due pietre (Collina Girard, 1998).Fig. 9 – The percussion is done holding all the three elements: thetouchwood and the two stones.

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Nel sito di Vandières (Meurthe e Moselle,Francia) il percussore litico rinvenuto è unalama a ritocco laterale continuo, mentre nel-le sperimentazioni qui riportate si impiegauna lama raschiatoio carenata.

In generale in base alle sperimentazionicondotte e a deduzioni del tutto empiriche,si ritiene che il percussore litico debba ave-re alcune caratteristiche tecnologiche che lorendono adatto a percuotere un solfuro diferro. Tali caratteri riguardano le dimensio-ni preferibilmente maggiori di 2.5 cm quin-di sono da esc luders i i microl i t i e g l iipermicroliti. Per quanto riguarda lo spes-sore si ritengono adatti quello carenato esubcarenato, escludendo gli spessori inferio-ri. I ritocchi più funzionali pare che sianoquelli sopraelevato e semplice mentre perquanto riguarda l’andamento è da escludersi

il denticolato (Laplace, 1964). Il percussore liticorealizzato per le sperimentazioni è una lamaraschiatoio carenata priva di ritocco sul bordofunzionale (Fig. 11), questo con l’uso si è smus-sato e si è formato un ritocco misto in parte sem-plice ed in parte scalariforme. E’ da ricordareche anche Colini evidenzia che l’acciarino rinve-nuto nella tomba n° 40 di Remedello Sotto è “le-vigato dall’uso” (Colini, 1898).

Analisi macroscopica delle tracce d’uso sul solfu-ro naturale di ferro

Fino ad ora si è parlato di “metodo della per-cussione” ma in realtà questa denominazionenon è esatta, perché per generare delle scintille èpossibile non solo percuotere ma anche sfregareil solfuro naturale di ferro. L’azione che si eserci-ta dipende dalla forma del percussore litico: uti-lizzando un grattatoio si agirà con un’azione di

A B C

D E F

G H I L

Fig. 10 - Le fasi dell’accensione del fungo (A-L). Fig. 10 - The phases of fungus lightning (A-L).

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

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percussione mentre con un raschiatoio si effet-tuerà uno sfregamento. Osservando le macro-tracce d’uso su una pirite o su una marcassite sipuò risalire al tipo di azione esercitata e appros-simativamente alla tipologia del percussore: in-fatti il grattatoio, la cui parte funzionale è la fron-te, lascia un’impronta a forma di conca o di arco(Fig. 12 A) mentre nella lama raschiatoio la partefunzionale è il margine laterale e questo lasciasul solfuro di ferro un solco lineare (Fig. 12 B-D).Questo tipo di usura è evidente, oltre che sullamarcassite usata durante la presentesperimentazione, anche sull’acciarino rinvenu-to a Trou de Chaleux (Fig. 12 B).

La confricazione del legno come metododi accensione del fuoco

Lo studio della tecnica della confricazione ri-spetto a quello della percussione presenta variedifficoltà infatti la scarsità dei ritrovamenti, do-vuta alla mal conservazione dei materiali impie-gati, impedisce di analizzare le varianti della tec-nica nonché le caratteristiche della

Fig. 12 - La macro-usura osservabile sui solfuri di ferro: Impronta a forma di conca dovuta dalla percussione del grattatoio(A) (da Pétrequin, 1986); Usura a solco lineare causato dallo sfregamento di una lama raschiatoio (B-D). Fig. 12 – The micro-wear can be seen on the iron sulphides: bowl shaped print due to the percussion of the rubbing tool (A) (fromPétrequin, 1986); Linear track wear caused by the rubbing action of a scraping tool (B-D).

Fig. 11 - La macro-usura osservabile sulla lama raschiatoio carenata usata per le sperimentazioni.E’ possibile osservare il ritocco che si è creato con l’uso e l’annerimento della lama dovuto al residuo di solfuro di ferrodepositatosi durante lo sfregamento-percussione.Fig. 11 – The micro-worning out can be seen on the scraping blade used for the experiments. The picture shows the retouch created by theuse and the darkening of the blade due to the residual iron sulphide fallen after the percussion and the rubbing phase.

strumentazione e le differenti modalità d’impie-go della stessa.

Anche considerando i cataloghi dei materialiorganici rinvenuti nei depositi umidi difficilmen-te uno sperimentatore del fuoco può individua-re un trapano o un arco per la confricazione, in-fatti queste descrizioni trascurano quei caratteritecnici che invece differenziano una qualsiasibacchetta o arco per la caccia da un trapano edarco per la confricazione da fuoco.

In questo lavoro la parte descrittiva etipometrica della strumentazione assume ungrosso valore documentale perché fa compren-dere quali sono le caratteristiche tecniche checontraddistinguono questi particolari “materia-li organici”.

La scheda per la registrazione dei dati sperimentali

La tecnica della confricazione si basa sullosfregamento di due legni e la conseguente produ-zione di una polvere di legno che per effetto delmovimento accelerato della confricazione diventaardente fino all’autocombustione. La brace che si

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A B C D

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Scheda 1 - Sviluppata per la registrazione dei dati delle sperimentazioni, la scheda è servita per annotare i valori tipometricidell’incavo (h; arco), il tipo di assebase utilizzato (sintetizzati in quattro tipologie), il tipo di incavo realizzato (sintetizzati intre tipi). La scheda è servita anche per registrare il movimento del trapano e quindi la rotazione ininterrotta del trapanoall’interno dell’incavo (RUOTA), la rotazione seguita poi dall’arresto del movimento (BLOCCA) e la rotazione interrottadall’uscita del trapano dall’incavo (ESCE). Sono inoltre riportate le tre possibili modalità di accumulo della polvere di legnoprodotta con la confricazione.Sheet 1 – Record sheet for the experimental data. In this sheet can be recorded the typometrical data of the hollow(h; bow), the type of boardused (grouped in four typologies); the type of hollow made (grouped in three types). In the sheet can also be recorded the drill movementthat is the continuous rotation of the drill inside he hollow (ROTATE), the rotation followed by the end of the movement (STOP) and thenot interrupted rotation of the drill as it gets out of the hollow (EXIT). On the sheet can also be reported the three possible ways ofaccumulation of the wood dust produced by the revolving stick.

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

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Scheda 2 - Scheda elaborata per le sperimentazioni: sono riportati sei esperimenti (dal n. 34° al n. 39°): sono annotati i dati utilialla sperimentazione; l’esperimento n. 36 ha dato un esito positivo.Sheet 2- This sheet describes six experiments (from nr 34 to nr 39): it reports important data for the experiment; experiment nr 6 has beensuccessfully completed.

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crea verrà poi inserita in un nido di esca chedovrà essere correttamente ossigenato per po-ter scaturire il fuoco.

Questa sperimentazione è stata finalizzataa raggiungere la capacità sistematica di pro-duzione della brace ovvero il controllo sullastrumentazione e sulle azioni del processo ope-rativo, è stata realizzata una scheda, riportatain seguito, su cui annotare i dati dell’esperi-mento. Le fasi operative sono state la realizza-zione del trapano e dell’assebase seguite poidalle prove d’accensione; infine l’assebase ve-niva riportato e disegnato sulla scheda: perogni esperimento (foro combusto) vi veniva-no registrate le caratteristiche tipometrichedell’incavo, il tipo di assebase utilizzato, il mo-vimento del trapano durante la confricazionee la modalità di accumulo della brace prodot-ta con il movimento della confricazione.

Sono state annotate queste categorie di in-formazioni perché, per arrivare a produrre labrace, è indispensabile che il trapano riesca amuoversi senza impedimenti all’interno del-

l’incavo, che l’incavo abbia delle specifiche for-me e dimensioni e che l’accumulo della bracedurante la confricazione avvenga secondo unacerta modalità. Nelle due pagine che seguonosono descritte in modo approfondito le parti checompongono la scheda.

Conclusioni

A parte i dati relativi alla strumentazione,per i quali si rimanda ad una lettura appro-fondita della sezione relativa alle caratteri-stiche tecnico-funzionali della stessa, la sin-tesi a cui conducono le sperimentazioni è laseguente: per fare ruotare il trapano e riu-scire a produrre la brace sono importanti siai valori relativi all’arco, che deve essere com-preso fra 1/5 e 1/7 dell’intera circonferen-za dell’incavo (la circonferenza dell’incavocoincide con quella del trapano) sia i valorirelativi alla canaletta, che deve penetrarenell’incavo di 1/3 rispetto al diametro deltrapano.

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

Scheda 3 - Descrizione dettagliata della simbologia utilizzata per la compilazione delle schede.Sheet 3 - Description of simbols used for the experimental data sheets.

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Fig. 13 - Quando l’arco è troppo stretto la polvere di legnodifficilmente viene scolata e si forma l’accumulo a corona(A); L’incavo scavato dal trapano si estende oltre lasuperficiedell’assebase e la polvere prodotta con la rotazio-ne si deposita dalla parte opposta alla canaletta di accumu-lo (accumulo sul retro)(B); quando l’assebase ha una super-ficie superiore in pendenza la polvere di legno prodotta puòaccumularsi sul retro (C).Fig. 13 – When the arch is too narrow, the wood dust goes downwith difficulty and spreads the dust around it (A); the hollow dugby the drill goes beyond the superior surface of the board and thedust produced by the rotation goes behind the accumulation duct(accumulation behind)(B); when the surface of the board is moreinclined there is a high possibility for wood dust to accumulatebehind it (C).

A CB

Fig. 14 - La confricazione è un movimento rotatorio alterna-to da destra verso sinistra e da sinistra verso destra A); ognivolta che l’arco viene mosso da un senso all’altro il movi-mento si interrompe e quindi si arresta anche il processo diriscaldamento delle parti confricate B); il problema èrisolvibile usando un arco dalla corda lunga anziché cor-ta, diminuirà il rapporto rotazione del trapano/ interruzioni C).Fig. 14 – Wood penetration is done by a revolving alternatingmovement going from right to left and from left to right A); everytime the bow moves from one point to the other, the movementstops and so does the heating proArco e corda

cess of the parts being rubbed B) the problem can be solvedusing a bow with a long rope instead of a short one, this will decreasethe following proportion: drill rotation/interruptions C).

Fig. 15 - La corda deve avvolgere il trapano una sola volta(A), deve essere inclinata per evitare che durante laconfricazione si auto-consumi sfregando su se stessa; deveavvolgere il trapano nella sua porzione inferiore; il trapanodeve rimanere esterno rispetto all’area corda-arco (B); la cor-da viene fatta passare tra le dita dello sperimentatore percompensare eventuali estensioni di questa durante laconfricazione non compensate dalla rigidità dell’arco (C).Fig 15 – The rope must wrap the drill once (A), it must be inclinedto avoid self-consummation against itself during the drill revolvingmovement; it must wrap the drill on its lower section; the drillmust be outside the rope-arch area (B); the rope passes throughthe fingers of the person doing the experiment to compensatepossible extensions of the rope not corrected by the stiffness of the bow (C).

A B C

Quindi le sperimentazioni hanno permesso diindividuare le due cause fondamentali del com-portamento errato del trapano:

1. il trapano ESCE dall’incavo quando il va-lore di ARCO è troppo grande (maggiore di 1/5)ed in questo caso il valore di h non è determi-nante

2. il trapano si BLOCCA sicuramente quan-do l’arco è troppo stretto (inferiore ad 1/7) e h èpoco penetrante (inferiore ad 1/3).

Per quanto riguarda i valori di “modalità diaccumulo”, osserviamo che:

- l’incavo deve essere ricavato su un’assebasesufficientemente largo da permettere un corret-to meccanismo di accumulo della polvere di le-gno prodotta con la confricazione; gli errori di

accumulo ovvero l’accumulo a corona o accumu-lo sul retro dipendo rispettivamente dalla pocapenetrazione della canaletta di scolo (h inferioread 1/3) nell’incavo e dalla posizione dell’incavosulla superficie superiore dell’assebase(Scheda 1).

- “ACCUMULO SI” è un valore irrilevante,perché finché il trapano ruota la polvere si accu-mula; indicativo sarebbe il valore sulla quantitàdi polvere prodotta, che dipende non solo daquanti giri compie il trapano o dal fatto che iltrapano giri, esca o ruoti ma anche dal diametrodel trapano impiegato.

- “ACCUMULO A CORONA” è un valorespesso legato ad un arco molto stretto (inferioread 1/5).

- “ACCUMULO SUL RETRO” è un valore chedipende non da fattori dimensionali ma dallaposizione dell’incavo sulla superficie superioredell’assebase, ovvero una posizione arretrata del-l’incavo che facilita il deposito della polvere sulretro anziché dalla canaletta.

Caratteristiche tecnologiche della strumentazione

Le caratteristiche tecniche dellastrumentazione sono state individuate durantele fasi della sperimentazione stessa, nel sintetiz-zarle sono state considerate anche le osservazio-ni pubblicate da altri sperimentatori e quelle ri-portate oralmente da altri sperimentatori.

La sintesi che ne deriva auspicaall’individuazione della funzionalità più ogget-tiva di ogni singolo elemento ma sono da consi-

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derare anche i limiti nonché le capacità persona-li dello sperimentatore.

Arco e cordaLa caratteristica essenziale dell’archetto è la

curvatura, pertanto adatto a tale funzione è unlegno o un osso (ad esempio una costola di bovi-no).

La lunghezza della corda dell’archetto è unvalore importante: questa incide sul numero diinterruzioni che il movimento di confricazionesubisce e quindi sul processo di innalzamentodella temperatura delle parti confricanti. Infattiil movimento alterno della confricazione subiràun maggior numero di interruzioni se la cordadell’arco è corta, viceversa la rotazione del tra-pano verrà interrotta un numero minore di voltese la corda dell’arco è lunga (Fig. 14).

Molti testi riportano la caratteristica di flessi-bilità dell’arco come indispensabile, in realtà que-sto è un fattore che, se è presente, migliora le pre-stazioni dello strumento ma non è una caratteri-stica necessaria (Fig. 15C).

All’estremità dell’arco è tesa una corda: è ne-cessario avvolgere la corda al trapano per poter-lo fare ruotare e trasmettere il movimento dal-l’arco al trapano. La corda deve avvolgere unavolta soltanto il trapano, e deve essere nella por-zione inferiore della sua altezza (Fig. 15A), men-tre il trapano deve rimanere nella parte esternarispetto all’area corda-arco (Fig. 15B).

E’ indispensabile una certa tensione della cor-da poiché durante la rotazione la tensione dimi-nuisce e questo, che costituisce un problema, puòessere risolto con le seguenti due modalità:

1) l’arco viene sorretto all’altezza dell’allac-ciamento della corda in una delle due estremitàe la tensione della corda viene gradualmente ri-stabilita dalle dita dello sperimentatore intrec-ciate con la corda (Fig. 15C);

2) la scelta di un arco flessibile.Non costituisce un buon espediente la prati-

ca di tirare l’arco verso l’esterno rispetto al tra-pano, questo può compromettere la stabilità deltrapano facendolo uscire dall’incavo.

Indispensabile per la riuscita dellaconfricazione è una buona corda, ossia abbastan-za resistente per sopportare la forte tensione cuiè sottoposta durante la confricazione e da nonrompersi per l’alta temperatura che raggiunge;queste caratteristiche si possono trovare sia in

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

corde di origine animale che vegetale. Importanteè anche il movimento della corda intorno al tra-pano: infatti l’arco dovrà essere tenuto obliquoper impedire che durante la rotazione la corda siconsumi su se stessa (Fig. 15A). La corda dovràinoltre essere perfettamente liscia, senza peli omal tagliata, perché queste imperfezioni costitu-iscono dei possibili punti di lacerazione.

Trapano e “capsula“Il trapano ha la forma di un “bastone”: deve

essere necessariamente ricavato da un legno sec-co cui è stata tolta la corteccia, deve avere un an-damento perfettamente dritto, sezione perfetta-mente circolare e diametro compreso fra 1- 1.5cm ed un massimo di 2.0 cm.

La lunghezza del trapano deve essere com-presa fra 10 e 40 cm: al di sotto dei 10 cm saràdifficile mantenere il trapano all’interno dell’in-cavo nell’assebase, al di sopra dei 40 cm il trapa-no può flettersi o comunque può risultare diffi-cile mantenere il trapano nell’incavo, ottimale èla lunghezza di 20 cm circa; la lunghezza incidesulla durata del trapano.

Il trapano presenta due estremità: quella su-periore è inserita in una superficie concava(capsula) come quella di una conchiglia, unacoppella scavata in un osso o in un sasso e l’estre-mità inferiore è inserita in una apposita cavitànell’assebase (generalmente detta incavo inciso).

Entrambe le estremità sono soggette ad unforte attrito che deve essere annullato per per-mettere un movimento rotatorio privo di inter-ruzioni.

L’attrito che si ha nell’estremità superiore puòessere risolto scegliendo una “capsula” con su-perficie perfettamente liscia (osso, conchiglia, al-cune pietre...) e lavorando a punta l’estremità su-periore del trapano; il movimento della rotazio-ne può essere facilitato dalla scelta di una cap-sula resistente alla pressione e spalmando digrasso la superficie della capsula a contatto conil trapano.

L’estremità inferiore è a contatto conl’assebase e per impedire l’eccessivo attrito si puòprocedere nel seguente modo: l’estremità infe-riore del trapano può essere lavorata a punta,nell’assebase si praticano solo un’incisionepuntiforme ed una canaletta laterale per l’accu-mulo della polvere di legno rovente; man manoche si ruota e si fa pressione con il trapano l’inci-

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Assebase e incavoL’assebase è il supporto di legno, orizzontale

e poggiante sul suolo, in cui è scavato l’incavo:

seguono le possibili modalità di realizzazionedell’assebase e dell’incavo.

L’assebase è formato da due superfici, una in-feriore e l’altra superiore: la superficie inferioreè quella che sta a contatto con il suolo, deve ave-re un andamento piatto e costituire una base sta-bile che non si muova durante la confricazione.La superficie superiore dell’assebase è a contat-to con il trapano, deve essere perfettamente li-scia per facilitare il movimento dellaconfricazione.

Un dato funzionale dell’assebase molto im-portante è lo spessore: durante la confricazionei due legni a contatto si consumano producendouna polvere che diventa via via sempre più ro-vente fino a diventare brace; è necessarioavere a disposizione un certo spessore diassebase per ottenere la giusta quantità dipolvere rovente. Uno spessore di assebasefunzionale non deve essere inferiore a 1.5 cme superiore a 2.5 cm; questo intervallo divalori è stato individuato durante la presen-te sperimentazione ed è in accordo con quel-lo indicato da J. Collina Girard; in linea ge-nerale un’assebase con spessore inferiore ad1.5 cm non ci offre abbastanza legno da pol-verizzare durante la confricazione, mentreun assebase con spessore superiore a 2.5 cmcausa la perdita di calore della polvere dilegno dal momento e luogo di produzioneal momento e luogo di accumulo e quindinon diventa brace.

Nell’assebase è scavato l’incavo che puòavere tre differenti forme: a doppio incavoorizzontale, a doppio incavo verticale e l’in-cavo con canaletta laterale (Fig.17).

Il doppio incavo orizzontale (Fig. 17A) ècomposto da due incavi praticati sulla su-perficie superiore dell’assebase: un incavoè destinato alla raccolta della polvere roven-te ed è il primo che si realizza mentre l’altrosarà creato dalla confricazione del trapano.

Durante la confricazione i due incavi sidovranno intersecare e con la rotazione deltrapano la polvere prodotta dovrà accumu-larsi nell’incavo predestinato.

La difficoltà nell’uso di questo tipo di in-cavo è far si che il “settore di contatto” chesi crea fra i due incavi non sia ne troppostretto ne troppo esteso. Il doppio incavoverticale (Fig. 17B) è formato da due incavi

Fig. 16 - Processo di formazione dell’incavo a canaletta la-terale: sulla superficie superiore dell’assebase sono presentiil punto inciso e la canaletta laterale (A). L’incisionepuntiforme ha il solo scopo di concentrare l’azione del tra-pano, l’estremità inferiore del trapano dovrà essere a puntasarà inserita nell’incisione puntiforme nell’assebase e quiruotare; La confricazione ha inizio e la punta del trapanoscava il punto inciso che diventa un vero e proprio incavo:la punta del trapano e l’incavo combaciano perfettamente equesto impedisce che il trapano fuoriesca durante laconfricazione (B); Dalla punta del trapano che si consumae dall’incavo che viene scavato si produce la polvere di le-gno accumulata esternamente all’incavo grazie alla canaletta (C).Fig. 16 – Process of production of the hollow with side duct: onthe superior surface of the board are the engraved point and theside duct. With the pointed engraving the action of the drill ismore precise, the lower end of the drill must be pointed and mustbe inserted inside the engraved point and from there rotate (A);The revolving movement starts and the drill’s head digs theengraved point which changes into a hollow: the drill’s head andthe hollow match perfectly and this avoids the drill’s escapingduring the process (B); From the consuming drill’s head and fromthe consequent digging of hollow is produced wood dust whichaccumulates outside the hollow thanks to the duct (C).

Fig. 17 - Vari tipi di incavo: doppio incavo orizzontale(A);Doppio incavo verticale (B); Incavo con canaletta laterale (C).Fig. 17 – Different types of hollows: horizontal doublehollow (A); Vertical double hollow (B); Hollow with side duct (C).

A B C

A B C

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sione puntiforme prenderà la forma dell’incavo,l’estremità del trapano diventerà stondata e saràperfettamente aderente e inserita nell’incavo.Questo metodo riduce la possibilità di fuoriu-scita del trapano dall’incavo durante laconfricazione (Fig. 16).

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praticati uno nella superficie superioredell’assebase e l’altro in quella inferiore,entrambe sono praticati sul bordo lateraledell’assebase e qui presentano un’apertura.Durante la confricazione la polvere roventesi deposita nell’incavo inferiore e fuoriesceanche dall’apertura laterale.

Per realizzare l’incavo con canaletta late-rale (Fig. 17C) è necessario tagliare unacanaletta a sezione triangolare incisa lungoil margine laterale dell’assebase e praticareun’incisione puntiforme sulla superficie su-periore dell ’assebase a contatto con lacanaletta. In questo punto verrà posto il tra-pano che durante la rotazione scaverà l’in-cavo. La polvere s i accumulerà nel lacanaletta (Fig.16).

La difficoltà nell’impiego di questo inca-vo è riuscire a fare intersecare la canalettacon l’incavo in modo che il settore di circon-ferenza di contatto non sia ne troppo strettone troppo largo ovvero che la canaletta siapenetrante nell’incavo in modo giusto, comedescritto già in precedenza.

Descrizione di un processo operativo:la fase della confricazione

Scelta dell’assebase, preparazione dell’assebase edell’incavoPer realizzare l’assebase è stato scelto un ba-

stone di alloro: il bastone ha un diametro di 40mm ca., il legno è ben asciutto (Fig. 18A); è stata

asportata la corteccia (Fig. 18B) nel punto in cuiil bastone era più aderente al suolo.

Dopo aver appiattito la parte superiore del ba-stone, è stato praticato un punto inciso (Fig. 18C, D) distante dal bordo laterale 5-6 mm ca. eprofondo circa 2-3 mm, allargato con una puntaun po’ più larga (Fig. 18 E, F). Sullo spessore la-terale del bastone viene realizzata la canaletta la-terale per lo smaltimento della polvere di legnogenerata dalla confricazione: si realizza un’inci-sione sul margine laterale del bastone-assebase(Fig. 18 G). L’incisione lineare laterale viene al-largata e avvicinata al punto inciso (Fig. 18H): ècosì realizzato l’incavo a canaletta laterale.

Preparazione del trapanoPer realizzare il trapano è necessario sceglie-

re un bastone che abbia un diametro compresofra 10 e 20 mm, che sia perfettamente dritto oche una porzione della sua lunghezza sia dritta.

Dal bastone scelto è opportuno togliere la cor-teccia (Fig. 19A), le nodosità del legno (Fig. 19B)devono essere o levigate (Fig. 19C) o tagliate(Fig. 19D). Dopo aver tolto la corteccia e lenodosità del legno (Fig. 19E), si deve procederealla rifinitura delle punte: usando una lama liticasi rendono aguzze le due estremità del bastone(Fig. 19F), poi si procede alla rifinitura delle puntemediante una pietra arenaria (Fig.19G,H).L’estremità superiore che sarà a contatto con laconchiglia dovrà essere leggermente smussata(Fig. 19I) mentre quella inferiore a contatto conl’assebase sarà acuminata (Fig. 19L).

Fig. 18 - Processo di costruzione dell’incavo a canaletta laterale. Fig. 18 - Process of production of the hollow with side duct.

A B C D

E F G H

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

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Impugnatura dell’arcoNon esiste una sola maniera corretta per im-

pugnare l’arco, che può essere sorretto al centro(Fig. 20A) o ad una estremità (Fig. 20B).

E’ necessario che la corda sia tesa e che avvol-ga con un solo giro il trapano, il piano arco-cor-da è inclinato rispetto al trapano di 45° circa (Fig.20C).

Lo sperimentatore può sorreggere l’assebasecon un piede stando in ginocchio (Fig. 20F) o conun piede stando seduto a terra (Fig. 20E) altri-menti con un ginocchio (Fig. 20D) (Biasutti, 1967).

Il movimentoLa confricazione dovrà essere dapprima len-

ta (Fig. 20G), in modo che il trapano allarghi ilpunto inciso e crei un incavo; man mano che la

confricazione prosegue la polvere di legnoinizia a depositarsi nella canaletta laterale(Fig. 20H); quando il trapano comincerà afumare (Fig . 20I ) i l movimento del laconfricazione dovrà essere più accelerato,finché inizierà a fumare anche la polvere dilegno che sarà quindi diventata brace (Fig.20L). La confricazione si blocca, il trapanofumante potrà essere estratto dall’incavo, lapunta sarà smussata, il trapano sarà un po’più corto e si potrà osservare che il piccolopunto inciso è diventato un incavo profon-do (Fig. 20M). La brace fumante a questopunto può essere inserita in un nido di escafomentaria, generalmente erba secca e fogliesminuzzate e procedere all’accensione delnido come è già stato precedentemente descritto.

Fig. 19 - La preparazione di un trapano da fuoco: Scelta di una bastone con porzione centrale dritta e asportazione dellacorteccia (A); Nodosità del legno da eliminare (B); Levigatura delle nodosità del legno mediante un’arenaria a grana grossa(C); Asportazione dei noduli (D); La porzione di legno rettilinea privata della corteccia e delle nodosità (E); Affilatura delleestremità (F); Rifinitura delle punte mediante una pietra arenaria (G H); Estremità smussata: sarà l’estremità superiore deltrapano ovvero quella a contatto con la “capsula” o conchiglia (I); Estremità acuminata: sarà la punta inferiore del trapanoovvero quella a contatto con l’assebase (L); Il Trapano finito pronto per essere confricato (M).Fig. 19 – The preparation of a fire starting drill: A well straight stick is chosen and the bark is taken away (A); The wood’s knots areeliminated; The wood’s knots are levelled using a coarse-grained stone (B); The knots are taken away (C); The portion of straight woodwithout bark and knots (D); The head of the stick is being sharpened (E); Finishing touches to the wood end using a stone (F); Chamferedend: this is going to be the superior end of the drill that is the end going under the “capsule” or shell (G H); Sharpened end: this is goingto be the lower end of the drill that is the end pushing the board (L); The drill is completed, ready to be used (M).

A B C D

E I L M

F G H

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Conclusioni generali

Il più recente catalogo europeo delle testimo-nianze d’accensione del fuoco in Europa nel-l’epoche comprese fra il Paleolitico ed il Neoli-tico pubblicato da J. Collina Girard è stato inte-grato con le testimonianze italiane.

Dopo un’approfondita ricerca bibliograficasi conclude che il panorama italiano è privodi segnalazioni per i periodi del Paleolitico edel Mesolitico, mentre i ritrovamenti più an-tichi sono gli acciarini per la percussione rin-venuti ad Isolino di Varese risalenti al TardoNeolitico. Nel successivo periodo Eneolitico lamedesima tecnica è attestata dall’acciarino del-la Mummia del Similaun (ca. 3350-3100 a.C.) eda quello rinvenuto nella tomba n° 40 dellaNecropoli di Remedello Sotto datato ca. 3200-2400 a.C. La tecnica della confricazione non èattestata per le epoche del Paleolitico e del Neo-litico italiane.

Fig. 20 - Impugnatura dell’arco (A, B); corretta posizione della corda sul trapano (C); posizioni adatte alla confricazione: iltrapano è sorretto da un pomello e inserito nell’incavo mentre l’assebase, fermato col ginocchio o col piede, poggia su uncuoio che lo isola dal suolo (D, E, F); le fasi della confricazione: il trapano scava l’incisione puntiforme trasformandola inincavo (G-M).Fig. 20 - Helve of the bow (A, B); right position of the rope on the drill (C); positions fit for the drill revolving movement on wood: the drillis held by a knob and inserted in the hollow while the board, lying on a piece of leather that isolates it from the ground, is kept firmly withknee or foot (D, E, F); phases of the drill revolving movement on wood: the drill digs the pointed engraving changing it into hollow (G-M).

C

E

D

F

G H I L M

A B

La scarsità delle testimonianze ci impediscedi sapere se le tecniche della confricazione edella percussione convivessero sullo stesso ter-ritorio o quale fosse la diffusione delle tecni-che e se questa dipendesse dalle caratteristichedel territorio.

I cataloghi dei siti minerari in Toscana docu-menta no una larga diffusione dei giacimenti disolfuro di ferro, però non riportano i dati sullavarietà dei minerali e la profondità di estrazione.La diffusione dei solfuri di ferro nella regione To-scana non avvalora l’ipotesi che fosse praticata lapercussione come metodo di accensione; infattiil fattore discriminante per l’uso è la qualità delminerale e non la quantità.

In Italia la più antica testimonianza di uso in-tenzionale del fuoco è stata rinvenuta nella Grot-ta di San Bernardino (Mossano, Vicenza) in cui èstato messo in luce un suolo d’abitato con focola-re datato ca. 250.000/200.000 anni B.P. Se mettia-mo in relazione la più antica attestazione di accen-

L’accensione del fuoco nella preistoria europea

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sione, ovvero gli acciarini di Isolino di Varese col-locati nel Tardo Neolitico, con il focolare della Grot-ta di San Bernardino, notiamo il grosso gap crono-logico che separa le due testimonianze; questo ciimpedisce di sapere con quale tecnica furono acce-si i più antichi focolari in Italia.

I funghi che sono stati utilizzati come eschefomentarie per il metodo della percussione(Fomes fomentarius e Ungulina betulina) vivonoin ambienti temperati. Sarebbe interessante ap-profondire gli studi micologici per escludereeventualmente la loro presenza in ambienti gla-ciali anche se questo ci porterebbe a scartare solol’impiego di questa specifica esca ma non la tec-nica.

Più fecondi sembrano gli studi applicati alpercussore litico: dalle sperimentazioni si è de-dotto che questo debba avere alcune caratteristi-che tecnologiche che lo rendono adatto a percuo-tere un solfuro di ferro: tali caratteri riguardanole dimensioni, preferibilmente maggiori di 2.5 cme gli spessori più adatti sono quello carenato esubcarenato. I ritocchi più funzionali pare che si-ano quelli sopraelevato e semplice mentre perquanto riguarda l’andamento è da escludere ildenticolato.

Inoltre sul percussore litico che è stato realiz-zato per le sperimentazioni si è formato un ri-tocco misto in parte semplice ed in partescalariforme e si è smussato con l’uso (forse lostesso tipo di usura che Colini individuòsull’acciarino rinvenuto nella tomba n° 40 diRemedello Sotto).

Qualche informazione sulla tecnica si può ri-cavare anche dallo studio del solfuro di ferro; os-servando le macro-tracce d’uso sulla pirite o sullamarcassite si può risalire al tipo di percussoreusato e all’azione esercitata: il grattatoio lasciaun’impronta a forma di conca o di arco perché siusa di punta facendo un movimento di martel-lamento, mentre della lama raschiatoio si usa ilbordo laterale imprimendo un movimento disfregamento e questo lascia un solco lineare sulsolfuro di ferro.

Per quel che riguarda il metodo dellaconfricazione la natura deperibile del materialeimpiegato condiziona in modo negativo la con-servazione e ogni possibile sviluppo degli studi.

La parte del presente lavoro dedicata allaconfricazione è importante per gli archeologisperimentali che cercano un confronto o nuove

nozioni sulla strumentazione e soprattutto perla descrizione del processo operativo che non èmai stata pubblicata da altri.

A parte i dati relativi alla strumentazione, peri quali si rimanda alla lettura approfondita, la sin-tesi a cui conducono le sperimentazioni è la se-guente: l’incavo deve essere costruito suun’assebase sufficientemente largo da permette-re un corretto meccanismo di accumulo della pol-vere di legno prodotta con la confricazione; glierrori di accumulo ovvero l’accumulo a coronao sul retro dell’assebase dipendono rispettiva-mente dalla poca penetrazione della canaletta diaccumulo nell’incavo e dalla posizione dell’in-cavo sulla superficie superiore dell’assebase.

Per fare ruotare il trapano e riuscire a produr-re la brace sono importanti sia l’arco dell’incavoovvero l’intersezione della canaletta con l’inca-vo, che deve essere compreso fra 1/5 e 1/7 del-l’intera circonferenza dell’incavo (il diametro del-l’incavo coincide con il diametro del trapano) siala penetrazione della canaletta, che deve esserepari a 5 o 6 mm utilizzando un trapano di 15mm ca. Il trapano esce dall’incavo quando lacanaletta laterale è troppo penetrante nell’inca-vo, si blocca quando è poco penetrante.

Ringraziamenti

Desidero ringraziare sentitamente la Profes-soressa R. Grifoni Cremonesi del Dipartimentodi Scienze Archeologiche dell’Universita di Pisaper i suoi preziosi insegnamenti.

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Extended abstract

The European catalogues relating to firelightning in Europe in the period between thePalaeolithic and the Neolithic age have beencompleted with Italian evidences. As regardsItaly we have no traces about the Palaeolithicand the Mesolithic ages while the oldest findsare the percussion steel of Isolino di Varesedating to Early Neolithic. In the following age,the Eneolithic, the same technique can be foundboth in the steel belonging to the Similaunmummy and in the steel found in the tomb n. 40of the Necropolis of Radamello, dated 3200 –2400 B.C.

No dri l l revolving technique is presentduring the Palaeolithic and Neolithic ages inItaly.

This lack o f ev idences prevents f romunderstanding if the drill revolving movementon wood and percussion techniques were usedin the same territory or if their use was widelyspread and if the diffusion of their use dependedon the characteristics of the territory.

The catalogue of mining sites in Tuscanyshows a wide diffusion of iron sulphur depositsbut it does not records any information aboutthe variety of minerals and the dept of theextraction. The diffusion of iron sulphurs in thatcounty does not give credit to the assumptionthat percussion was used to light fires: the usewas improved by the quality of the mineralrather then the quantity.

The most ancient evidence of deliberate useof fire in Italy has been discovered in the Caveof San Bernardino (Mossano, Vicenza), where asettlement with hearth dated 250.000/200.000years B.P. has been found.

If we put in relation the most ancient evidenceof fire lightning, represented by the steels of Iso-lino di Varese dating Early Neolithic, and thehearth of San Bernardino Cave, which is theoldest evidence of anthropic use of fire, we can

Barbara Raimondi

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realize the deep chronological gap that separatesthe two techniques; this prevents us fromunderstanding with which technique the mostancient hearths were l i t . Fungus used astouchwood for the percussion technique (Fomesfomentarius and Ungulina betulina) live in tem-perate environments. It would be interesting togo deeper in the mycology to exclude theirpresence in glacial environments even if thiswould only exclude the use of this specifictouchwood but not the technique.

More prolific are the studies on percussionstones: a percussion stone must have sometechnological characteristics enabling it to hitiron sulphur: those characteristics are thedimensions, preferably more then 2,5 cm and thethickness: the ones with a carved bottom fitbetter for this purpose. The most functionalfinishing touches seem to be the raised andsimple ones with no ripples. A mixed alterationcame out in the l ithic striker used for theexperiments of this study (both simple andscalariforme ) but it rounded off with the use(maybe the same wear that Colini found in thesteel discovered in the tomb n. 40 of RadamelloSotto).

The study of the iron sulphur can offer someother information; looking at the micro-tracesleft by the use on the pyrite or on the marcasitestone, the type of striker used and the actioncarried out can be traced: with a hammeringmovement the scraper leaves a hollow or bow-shaped mark as it is used by the pointed end; ofthe scraping blade only the side edge is used and,with the help of a rubbing movement, a linearmark on the iron sulphur is left.

As regards the drill revolving method onwood, the perishable nature of the material usedmakes preservation very difficult and badlyinfluences every possible development of study.

The part of the present study relating to drillrevolving method on wood is o f a certainimportance for those experimental archaeologistsinterested in a comparative study or in findinga new knowledge on instruments and, above all,on an operative process still to be published.

Leaving aside data regarding instruments(more complete information can be found in aseparate section of the whole study), experimentsbring to the following conclusions: the hollowhas to be made on a board large enough for wood

dust to slip out while the drill is moving;mistakes as c i rcular accumulat ion oraccumulation on the back of the board dependrespectively on a not deep dust expulsion ductin the hallow and on the position of the hallowon the upper surface of the board.

To let the drill move and produce embers, veryimportant is the width of the hollow, which mustbe be tween 1 /5 and 1 /7 o f the wholecircumference of the hollow (the diameter of thehollow coincide with the diameter of the drill)and the duct, which must penetrate 5 or 6 mmthe hollow using a drill of 15mm ca. The drillgoes out the hollow when the side duct is toodeep in the hollow, stops when it is not muchpenetrating.

L’accensione del fuoco nella preistoria europea