Laboratorio di Fisica delle Particelle -...

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Universitò degli studi di Milano Facoltà di Fisica Laboratorio di Fisica delle Particelle Docente di riferimento: Prof. L.Miramonti RELAZIONE DI: Simone Mazza matr. n o 790763 Luca Pagani matr. n o 790699 Marco Petruzzo matr. n o 791581 anno accademico 2011/12

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Universitò degli studi di Milano

Facoltà di Fisica

Laboratorio di Fisica delleParticelle

Docente di riferimento:Prof. L.Miramonti

RELAZIONE DI:Simone Mazza matr. no 790763Luca Pagani matr. no 790699Marco Petruzzo matr. no 791581

anno accademico 2011/12

Indice

1 Misura della curva di Landau 1

1.1 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.1.1 La Sorgente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.1.2 Rivelatore al Silicio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.1.3 La catena di rivelazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 Misure e analisi dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2.1 Mappatura dei canali del rivelatore . . . . . . . . . . . 51.2.2 Taratura dell’apparato sperimentale . . . . . . . . . . 61.2.3 Presa dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.2.4 Segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.2.5 Analisi del rumore di fondo . . . . . . . . . . . . . . . 91.2.6 Analisi del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.2.7 Allargamento di un segnale monocromatico sul multi-

canale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.2.8 Landau FIT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2 Misura della vita media del Positronio 17

2.1 Descrizione teorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.2 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.2.1 Calibrazione dei discriminatori . . . . . . . . . . . . . 212.2.2 Taratura della scala del MCA . . . . . . . . . . . . . . 22

2.3 Misure sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

A La perdita di energia 27

A.1 La dE/dx nell’approccio classico . . . . . . . . . . . . . . . . 27A.2 La dE/dx nell’approccio quantistico: la formula di Bethe-Bloch 28A.3 La dE/dx nell’approccio statistico . . . . . . . . . . . . . . . 30A.4 La distribuzione di Landau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

B Rivelatore a semiconduttore 33

B.1 I semiconduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33B.2 Principi di funzionamento dei rivelatori a semiconduttore . . . 34

iii

Capitolo 1

Misura della curva di Landau

Una particella carica interagisce con la materia cedendo agli atomi del ma-teriale assorbitore una quantità di energia dipendente essenzialmente dallasua velocità v e dalla sua carica ze, oltre che dalla densità ρ e dallo spessoredel mezzo attraversato d

−dE

dx= f (v, ze, ρ, d) (1.1)

Tale processo è di natura statistica: le particelle di un fascio mono ener-getico, nell’attraversare un certo spessore di materiale, perdono un’energiache varia secondo una particolare distribuzione statistica dovuta agli studinegli anni 1940-60 dei fisici russi Landau e Vavilov attorno ad un valor mediocalcolabile con la celebre formula di Bethe-Bloch (Eq.1.2).

dE

dx= 2

ξ

x

(

ln2meβ

2

I (1− β2)− β2

)

[MeV/cm] (1.2)

dove ξ = 2πe4NA

me

z2

Av2ρx = 0.1536 z2

Av2ρx è un parametro che contiene le

caratteristiche del materiale e della particella incidente.Per perdite di energia tipiche ξ “intermedie”:

I ≪ ξ ≪ εmax ≃ 2meβ2γ2 (1.3)

Landau dimostra che la funzione di distribuzione dell’energia f(x,∆E) puòessere fattorizzata nella forma

f(x, ε) =1

ξΦL(λ) (1.4)

dove

ΦL(λ) =1

π

∫ ∞

0

exp [−u (ln u+ λ)] sin(πu)du (1.5)

è funzione della sola variabile

λ =∆E −∆E0

Bethe

ξ− 0.423 + ln

ξ

εmax− β2 (1.6)

Vedi anche App.A.

1

2 Misura della curva di Landau

1.1 Apparato sperimentale

L’esperimento vuole misurare la distribuzione in energia di elettroni al mi-nimo di ionizzazione (MIP). In virtù della configurazione dell’apparato spe-rimentale stesso, ci aspettiamo che tale distribuzione sia la distribuzione diLandau.

1.1.1 La Sorgente

La sorgente utilizzata è 90Sr tale che:

90Sr → 90Y + e− + ν̄e (1.7)

con end-point per e− di 546 keV . Lo 90Sr è una sorgente che decade β puroovvero non ha diseccitazioni successive al decadimento β (quindi non sonopresenti fotoni nello stato finale). L’ 90Y prodotto dal decadimento dello90Sr, a sua volta decade β,

90Y →90Zr + e− + ν̄e + γs (1.8)

con end-point di e− + γs di 2280.1 keV .Nel nostro esperimento riveleremo gli elettroni provenienti da quest’ul-

tima reazione. Infatti un’elettrone da ≃ 2 MeV è un elettrone MIP perun layer di silicio sottile (un elettrone MIP perde ≃ 0.3 eV/µm di Si). Intale configurazione la perdita di energia dell’elettrone sarà descritta dalladistribuzione di Landau (eq.A.15).

Figura 1.1: Stopping power (< dE/dx >) per muoni µ+ in rame Cu in funzionedi βγ = p/Mc.

1.1.2 Rivelatore al Silicio

Il rilevatore in dotazione per tale esperienza è di tipo semiconduttore: essosi compone di strips di silicio disposte su più piani.

1.1 Apparato sperimentale 3

Il funzionamento di un rivelatore al silicio si basa sul rilascio di energia daparte della particelle nella materia. Un sottile strato di Si è inserito in unadifferenza di potenziale generata da un alimentatore esterno. In condizionestatica non vi è passaggio di corrente. Qualora una particella attraversi lostrato di semiconduttore, il suo deposito di energia genera coppie elettrone-lacuna che, grazie alla presenza del campo elettrico generato dalla differenzadi potenziale vengono raccolte sui rispettivi elettrodi. Il moto di elettroni elacune verso gli elettrodi induce una corrente. Il numero di coppie prodotte,e quindi il segnale, è proporzionale all’energia rilasciata dalla particella nellostrato. Vedi anche App.B.

1.1.3 La catena di rivelazione

Il rivelatore in dotazione si trova all’interno di una scatola di metallo op-portunamente chiusa in maniera tale da proteggere il sistema da radiazionee fotoni esterni. La sorgente si trova all’interno della scatola, posta diret-tamente sul rivelatore, oppure ad una certa distanza, dipendentemente daltipo di misura che si vuole effettuare.

Il rivelatore è composto da layer su 6 piani paralleli, ognuno dei quali ècostituito da 4 microstrips di silicio. La direzione delle strips varia tra unlayer e l’altro lungo direzioni ortogonali come è mostrato schematicamentein Fig.1.2.

A B C D

D C B A

B

A

C

D

1

2

3

Figura 1.2: Schema di uno dei due moduli identici che costituiscono il nostrorivelatore.

Il rivelatore è direttamente connesso ad un preamplificatore, in partico-lare sono presenti due moduli dedicati rispettivamente ai layers 1, 2, 3 e 4,5, 6.

Dei 24 canali a disposizione ne scegliamo due che verranno utilizzati cometrigger e un altro per la lettura del segnale.

4 Misura della curva di Landau

Il trigger del segnale si basa sulla seguente considerazione: se un elettroneattraversa due strips appartenenti a layer differenti T1 e T2, si analizza ilsegnale S proveniente da un layer “intermedio”. Questo si fa sia per esseremaggiormente sicuri che l’elettrone sia MIP (infatti se la perdita di energia èminima, la probabilità di attraversare più strati è maggiore), sia perché cosìsiamo sicuri che l’elettrone abbia effettivamente attraversato il layer da cuiacquisiamo il segnale. Per tale motivo la scelta delle 3 strips deve rispettareun importante criterio: la particella deve poter attraversare le aree lungouna linea retta, infatti consideriamo trascurabili deviazioni dalla traiettoriacausate dalla perdita di energia nel rivelatore.

A

A

S

T1

T2

PC

T.D.U

M.C.A.

D.T.

CHARGE Q

SIGNAL

TRIGGER

EXTERNALC.U.C.F.D

Figura 1.3: Schema della catena elettronica di rivelazione per il nostroesperimento.

Ognuno dei segnali T1, T2 è amplificato e mandato in un discriminatoregrazie al quale filtriamo i segnali sensibilmente più bassi di quelli corrispon-denti al passaggio dell’elettrone. La scelta della soglia si effettua osservandoil segnale tramite un oscilloscopio, impostando il trigger (dell’oscilloscopio)in modo da distinguere segnali ben definiti sovrapposti a rumore elettroni-co. Successivamente si alza la soglia del discriminatore fino ad osservare unsegnale sufficientemente pulito.

T1 e T2 vengono poi mandati ad una unità di coincidenza, la quale fornisceun segnale a gradino di ampiezza standard se i segnali giungono entro unrange temporale, che può essere impostato dall’utente.

Dall’unità di coincidenza, si porta il segnale all’unità Dual Timer (DU).Questa, a sua volta, fornisce un segnale a gradino, che può essere modificatodall’utente in termini di inizio (ritardo tra l’arrivo del segnale dall’unità dicoincidenza e la salita del gradino) e durata. Nel nostro caso, non siamoparticolarmente interessati all’inizio del segnale, che abbiamo impostato a 0.La scelta della durata, invece, è importante perché dobbiamo garantire chetale finestra temporale non sia più breve del segnale S.

Il segnale S, viene mandato dal preamplificatore al multicanale. Poiché

1.2 Misure e analisi dati 5

T1 e T2 attraversano diversi moduli, il segnale di trigger accumula un certoritardo. In questo modo la finestra temporale viene aperta prima dell’arrivodi S al MCA. Per ovviare al problema inseriamo una Time Delay Unit (TDU)lungo la catena elettronica di S. La TDU ha come unico compito quello diritardare l’arrivo del segnale al MCA ed è impostabile dall’utente su diversivalori di ritardo al fine di garantire che il segnale S ricada all’interno dellafinestra temporale aperta dal trigger.

Operativamente non abbiamo utilizzato una TDU, ma il segnale S è statofatto passare attraverso un cavo di diversi metri, verificando che il ritardoaccumulato fosse adatto ai nostri scopi.

Connettiamo l’unità Dual Timer all’ingresso TRIGGER del MCA, im-postato su EXTERNAL TRIGGER mentre la lettura del segnale avvienetramite l’ingresso SIGNAL impostato in modalità CHARGE Q (Fig.1.3).

Siamo ora in grado di acquisire lo spettro energia dei candidati elettroniMIP. Nel nostro esperimento il MCA è interfacciato ad un pc, il che si rivelaparticolarmente utile in fase di esportazione dei dati.

1.2 Misure e analisi dati

1.2.1 Mappatura dei canali del rivelatore

All’interno del rivelatore ad ogni canale corrisponde una strip: in particolareognuna di queste è identificata da una lettera (A-D) che indica la posizioneall’interno del layer, e da un numero (1-6) che indica in quale fra questi essasi trova. Più precisamente, il layer numero 1 è il layer più prossimo allasorgente, mentre quello numero 6 quello più lontano.

Poiché il tipo di misura che ci permette di osservare la curva di Landau,prevede l’utilizzo di 3 strips in una configurazione tale per cui un elettronepossa attraversarle tutte, vogliamo essere sicuri che queste si trovino, innan-zitutto, su layers differenti, e che esista un’area (più propriamente un angolosolido) coperto da tutte e 3.

Procediamo dunque con una verifica della mappatura dei canali, graziealla quale cercheremo anche di capire quale terna di canali sia più efficiente.

Per ricavare la mappa si opera il seguente procedimento: la sorgenteviene posta ad una distanza dal rilevatore tale da poter considerare equiva-lenti gli angoli solidi coperti da ciascuna strip. All’aumentare della distanzainfatti l’angolo solido coperto scala con il quadrato di quest’ultima cosic-ché gli elettroni provenienti dalla sorgente risultano maggiormente collimati,sebbene il loro rate diminuisca. Operativamente dunque si è posta la sorgen-te a ≃ 10 cm, che è la massima distanza possibile all’interno della scatolametallica.

I segnali provenienti da due strip di layer differenti vengono mandatialla CU e da qui all’ingresso SIGNAL del MCA, impostato in modalità V(VOLTAGE). Impostiamo il MCA in modalità MCS (multi channel scaler) e

6 Misura della curva di Landau

per ogni configurazione (16 per ogni coppia di layers), misuriamo il numeromedio conteggi per secondo. In questa modalità, tutti gli impulsi entrantivengono contati durante un certo intervallo di tempo (dwell time) imposta-bile dall’utente, e questo numero viene salvato all’interno di un bin. Lamisura viene poi ripetuta, in maniera automatica, e i risultati salvati nei binsuccessivi. Inoltre è possibile impostare una o più ROI (region of interest),al fine di considerare solo segnali di determinate ampiezze. Nel nostro casonon è viene selezionata alcuna ROI e, poiché non ci aspettiamo variazionetemporali, ci limitiamo a misurare il numero totale e, dividendo per il tempodi acquisizione, otteniamo il numero medio di CPS (counts per second).

Una misura siffatta ci permette di capire la presunta configurazione delrivelatore infatti:

• nel caso di strips parallele esistono 4 configurazioni in cui il numero diconteggi risulta sensibilmente maggiore rispetto alle altre. Infatti, dalpunto di vista teorico, si tratta dei casi in cui leggiamo il segnale prove-niente da 2 strip sovrapposte; gli altri casi invece si riferiscono a confi-gurazioni in cui le 2 aree delle strips non si intersecano e, virtualmente,il numero di conteggi è nullo.

• nel caso di strips ortogonali il numero di conteggi aspettato per ognunadelle 16 configurazioni è identico: qualsiasi scelta fatta l’area interse-cata dalle strips è pari a 1/16 della superficie del layer.

I risultati normalizzati (rispetto al numero totale di conteggi) delle misurevengono rappresentati in Fig.1.4.

Con riferimento a quanto detto prima, le coppie con strips parallele do-vrebbero mostrare la maggioranza di conteggi lungo una delle diagonali,mentre dalle altre ci aspettiamo una distribuzione “piatta”.

Fatta eccezione per la Fig.1.4d, l’andamento aspettato non sembra esse-re verificato in maniera evidente. Possiamo accreditare la causa di questaproblematica al fatto che ogni canale viene amplificato (dal pre amplificato-re) in maniera indipendente, il che comporta una diversa efficienza per ogniconfigurazione misurata.

Notiamo infine che alcune strips non forniscono alcun conteggio, perchénon funzionanti.

1.2.2 Taratura dell’apparato sperimentale

Per poter procedere con la misura della curva di Landau è necessario tarare ilnostro apparato sperimentale. La taratura permette di settare i parametri difunzionamento in maniera tale sia da poter effettuare la misura sia da renderetutta la catena il più efficiente possibile (una prima analisi del funzionamentoe della risposta della catena permette di valutarne le possibili fonti di erroreche inevitabilmente sono presenti).

1.2 Misure e analisi dati 7

AB

CD

A

B

C

D

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

h12Entries 16Mean x 888.2Mean y 1081RMS x 494.8RMS y 530.4

h12Entries 16Mean x 888.2Mean y 1081RMS x 494.8RMS y 530.4

Channel Maps: 1-2

(a) Mappa layers 1 - 2

AB

CD

A

B

C

D

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

h13Entries 16Mean x 1222Mean y 1037RMS x 388RMS y 361.6

h13Entries 16Mean x 1222Mean y 1037RMS x 388RMS y 361.6

Channel Maps: 1-3

(b) Mappa layers 1 - 3

AB

CD

A

B

C

D

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

h14Entries 16Mean x 1103Mean y 1044RMS x 440.6RMS y 404.3

h14Entries 16Mean x 1103Mean y 1044RMS x 440.6RMS y 404.3

Channel Maps: 1-4

(c) Mappa layers 1 - 4

AB

CD

A

B

C

D

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

h15Entries 16Mean x 881.5Mean y 1089RMS x 369.8RMS y 445.9

h15Entries 16Mean x 881.5Mean y 1089RMS x 369.8RMS y 445.9

Channel Maps: 1-5

(d) Mappa layers 1 - 5

AB

CD

A

B

C

D

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

h23Entries 16Mean x 1127Mean y 1190RMS x 516.3RMS y 381.4

h23Entries 16Mean x 1127Mean y 1190RMS x 516.3RMS y 381.4

Channel Maps: 2-3

(e) Mappa layers 2 - 3

AB

CD

A

B

C

D

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

h24Entries 16Mean x 1034Mean y 862.1RMS x 658.6RMS y 487.3

h24Entries 16Mean x 1034Mean y 862.1RMS x 658.6RMS y 487.3

Channel Maps: 2-4

(f) Mappa layers 2 - 4

Figura 1.4: Distribuzione normalizzata dei conteggi misurati per variaccoppiamenti di canali appartenenti a layer differenti.

Per la taratura dell’apparato sperimentale si è utilizzato un generatore diimpulsi collegato alla porta TEST del rilevatore. Tramite il generatore im-

8 Misura della curva di Landau

mettiamo un segnale a gradino di frequenza, ampiezza e durata comparabilecon quella del segnale aspettato, prestando attenzione al fatto che stiamoeffettuando una misura di carica e quindi gli impulsi (particella reale e parti-cela simulata) devono avere lo stesso integrale. L’utilizzo della porta TESTpermette di mandare il medesimo segnale a tutte le strips dei vari layers.

Poiché tutti i canali ricevevano il medesimo segnale abbiamo potuto va-lutarne l’efficienza e capire la resa in termini sia di guadagno (guadagnodell’amplificatore) sia di efficienza di trigger (trigger fatto con CU) dellanostra elettronica.

1.2.3 Presa dati

Una volta tarata la catena elettronica è possibile procedere con la presa dati.Il primo ostacolo sperimentale all’esperienza è stato il non funzionamento

dell’amplificatore collegato ai layers 4, 5 e 6 del rilevatore. Questo ha ridottoil numero dei canali disponibili e ha obbligato l’utilizzo dei soli primi 3 layersin cui, come avevamo già notato con la taratura della catena elettronica, sonopresenti canali non funzionanti (2B, 3A).

L’ipotesi migliore di scelta dei canali per i primi 3 layers sarebbe:

• canale di test T1 = A1;

• canale di test T2 = C3;

• canale segnale S = D2.

Sono stati utilizzati solo i primi tre layer perché erano gli unici collegatiall’amplificatore funzionante.

La disposizione dei canali è stata pensata per ottenere il minore rumorepossibile: i canali A1 e C3 sono orientati in direzioni ortogonali cosicchécon tale impostazione per il trigger, si va a leggere solo 1/16 di rilevatore incui, in linea teorica, non dovrebbero esserci falsi positivi. Il segnale vero eproprio viene preso dal canale intermedio ai 2 cioè D2.

In linea teorica sarebbe stato opportuno non utilizzare il primo layer inquanto più esposto al rumore esterno. Il primo layer infatti è un canale“sporco” dal momento che riceve tutti gli elettroni emessi dalla sorgenti, siaquelli non candidati MIP, che vi depositano tutta la loro energia sia quelliMIP che lo attraversano.

1.2 Misure e analisi dati 9

1.2.4 Segnale

segnaleEntries 2048Mean 500.5RMS 420.6

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

t

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

segnaleEntries 2048Mean 500.5RMS 420.6

Segnale

Figura 1.5: Segnale ottenuto in un run di t = 55500 s

In Fig.1.5 vengono mostrati i dati ottenuti per un run di t = 55500 s.I dati ricordano la distribuzione di Landau, si ha però parecchio rumorepresente a basse energie. Tale rumore deve essere analizzato e misurato cosìda ottenere un curva di Landau più pulita possibile.

1.2.5 Analisi del rumore di fondo

Il rumore di fondo presente nel nostro segnale può avere diverse origini:

• Rumore intrinseco del rivelatore;

• Rumore proveniente da fonti esterne;

• Rumore dato dall’elettronica:

– rumore dovuto a errori di messa a terra;

– rumore dovuto a cavi e/o altri componenti;

– rumore dovuto a cross-talk fra canali;

Per ricavare il rumore di tutta la catena elettronica si sono utilizzati 3metodi:

1. Presa dati rimuovendo la sorgente dal rivelatore;

10 Misura della curva di Landau

2. Presa dati con sorgente mettendo il trigger su 2 canali non intersecanti;

3. Presa dati con sorgente mettendo il trigger su 2 canali intersecanti maleggendo il segnale su un canale non intersecante.

Metodo 1

Nel caso del primo metodo si misura principalmente il rumore prodottoda fonti esterne, il rumore intrinseco del rilevatore e il rumore di fondoproveniente dall’elettronica quando non è presente sorgente.

In questa misura si hanno pochissimi conteggi ed essi variano molto nelcorso della giornata: i conteggi infatti sono quasi nulli durante la notte (rate< 3 cps) mentre aumentano in presenza di attività nei laboratori adiacenti.

La variabilità è tale che in alcuni momenti diventa impossibile eseguirela misura dal momento che i segnali passano da poche decine di cps a circa105 cps oscurando completamente il segnale (Fig.1.6). Quando questo accadeè meglio evitare misure di qualunque tipo. In definitiva non è una misuramolto stabile. Per evitare questo tipo di rumore bisogna eseguire la misuradi notte o nelle ore del giorno in cui non sono presenti altri laboratori.

segnaleEntries 2048Mean 500.5RMS 420.6

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

t

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

segnaleEntries 2048Mean 500.5RMS 420.6

Segnale

(a) Segnale in condizioni ottimali

segnaleEntries 2048Mean 67RMS 66.29

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

t

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

segnaleEntries 2048Mean 67RMS 66.29

Segnale

(b) Fondo esterno che sommerge il

segnale

Figura 1.6: Differenza fra segnale pulito e segnale in cui la presa dati è stataeffettuata in un momento di attività dei laboratori vicini.

Metodo 2 e Metodo 3

Nel secondo metodo si stima principalmente il rumore dato solo da cross-talktra canali, nel terzo metodo si vede un campione di rumore con trigger sullasorgente.

In Fig.1.7 vengono mostrati i fondi ottenuti con i due metodi (Metodo 1F1 (rosso) t = 66400 s, Metodo 2 F2 (blu) t = 49474 s) e la loro differenza.

Rispetto al numero dei conteggi totali la differenza fra i due fondi F1, F2

è piccola, infatti:

∆F =

F1 −∫

F2

< F >≃ 0.06 (1.9)

1.2 Misure e analisi dati 11

fondo1Entries 2048Mean 81.8RMS 162.8

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

ts

-500

0

500

1000

1500

2000

2500

3000fondo1

Entries 2048Mean 81.8RMS 162.8

Analisi Fondi

Figura 1.7: Confronto fra i fondi ricavati con Metodo 1 (rosso) e Metodo 2 (blu)e loro differenza (nero)

Risulta quindi indifferente quale fondo utilizzare, questo potrebbe indi-care, insieme ai dati ottenuti misurando il fondo con il primo metodo, chela maggior parte del rumore è provocato dall’elettronica successiva al rile-vatore, in particolare da un effetto di cross-talk tra i canali. Tale ipotesi èpoi supportata dal fatto che il campione di rumore con trigger su sorgente èuguale a quello con sorgente con trigger su due canali non intersecanti.

1.2.6 Analisi del segnale

Nota la componente di fondo è possibile la vera e propria analisi del se-gnale. In Fig.1.8 viene mostrata la curva ottenuta sottraendo al segnale lacomponente del fondo.

Il fondo e la misura di segnale sono state fatte in condizioni differenti,sia in termini di tempi di acquisizione (ts = 55500 s e tbk = 6510 s) sia intermini di trigger e di canale dove viene preso il segnale. Per procedere aduna corretta sottrazione i due segnali devono essere normalizzati allo stessotempo. Questo è stato fatto pesando ciascun istogramma per il propriotempo rispetto al tempo totale.

12 Misura della curva di Landau

fondoEntries 2048Mean 178.1RMS 252.8

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

ts

0

500

1000

1500

2000

2500

fondoEntries 2048Mean 178.1RMS 252.8

Curva di Landau

Figura 1.8: Curva di Landau ottenuta sottraendo dal segnale (blu) il fondo (rosso)

Il segnale risultante ha la forma della distribuzione di Landau. È neces-sario ora caratterizzare tale distribuzione.

1.2.7 Allargamento di un segnale monocromatico sul multi-

canale

La distribuzione ottenuta in Fig.1.8 in realtà è la convoluzione fra una curvadi Landau e la gaussiana rappresentante l’effetto di distorsione e rumoredovuto a tutta la catena elettronica:

S(x, a, b) = L(x, a)⊗G(x, b) =

∫ +∞

−∞dx

L(x, a)G(x− x′

, b) (1.10)

dove L(x, a) è la distribuzione di Landau caratterizzata dai parametri a eG(x, b) è la distribuzione gaussiana caratterizzata dai parametri b.

Il multicanale utilizzato infatti ha un’incertezza interna su ogni misura.Per misurare l’effetto di allargamento gaussiano del multicanale decidiamodi analizzare la sua risposta ad un impulso monocromatico generato da unimpulsatore esterno.

Cambiando l’ampiezza dell’impulso iniettato è possibile sondare regio-ni ad energia (nel nostro caso canali essendo questi legati all’energia at-traverso un fattore di scale) differenti così da poter mappare la rispostadell’elettronica.

1.2 Misure e analisi dati 13

h1Entries 2048Mean 19.6RMS 2.732

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

heig

ht

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

h1Entries 2048Mean 19.6RMS 2.732

h1Entries 2048Mean 19.6RMS 2.732

Gaussiane

Figura 1.9: Gaussiane ottenute variando l’ampiezza dell’impulso immesso nellacatena elettronica

In Fig.1.9 vengono mostrate le gaussiane ottenute (tutte le gaussiane sonostate misurate con lo stesso tempo di acquisizione e sono state riscalate inaltezza in maniera tale che quest’ultima sia 1). È facile notare che a energiediverse l’ampiezza delle gaussiane σg cambia.

Fig.1.10 rappresenta l’analisi ulteriore fatta sull’ampiezza delle varie gaus-siane. L’allargamento sembra essere lineare con i canali. Posto x =channeli punti trovati vengono fittati con:

σ(x) = σ0 +mx (1.11)

da cui si trova σ0 = 2.2± 1.1 e m = 0.026± 0.006.

La dipendenza dal canale dell’allargamento gaussiano complica l’analisidel segnale. Per ovviare a tale complicazione decidiamo di semplificare ilnostro modello di analisi scegliendo un valore costante di σg. Tale scelta èsuffragata dal fatto che la funzione risente maggiormente dell’allargamentodovuto alla risoluzione sperimentale nella zona iniziale a causa della rapidasalita.

Scegliamo dunque come σg quello calcolato per il canale 300 cosicchéσg(300) ≃ 10.

14 Misura della curva di Landau

channel0 200 400 600 800 1000 1200

sigm

a

0

5

10

15

20

25

30

35

40

/ ndf 2χ 2.173 / 10Prob 0.9948p0 0.7701± 2.207 p1 0.004363± 0.0264

/ ndf 2χ 2.173 / 10Prob 0.9948p0 0.7701± 2.207 p1 0.004363± 0.0264

Sigma vs channel

Figura 1.10: Variazione dell σg in funzione del canale

1.2.8 Landau FIT

La curva ottenuta possiede la forma della distribuzione che ci aspettavamo,cioé la distribuzione di Landau. Proviamo dunque a caratterizzare tale curvaanche se, non avendo calibrato il nostro sistema in energia (non si è trovata larelazione canale-energia) non siamo in grado di fornire un dato con le giusteunitá di misura per la perdita media in energia dei nostri elettroni.

Il FIT del segnale estrapolato con la convoluzione fra curva di Landaue gaussiana (che rappresenta le incertezze del nostro sistema) non risultasoddisfacente. I dati infatti sembrano sì avere un andamento tipo Landauma se ne discostano in vari punti (per es. fra i canali 400 e 600 sembraesserci quella che si potrebbe definire una “pancia”). Tali discrepanze siritengono dovute ad una non completa conoscenza del segnale di fondo di taleesperienza che, come si è detto in precedenza è molto variabile e dipendentedalle condizioni ambientali.

1.2 Misure e analisi dati 15

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

ts

-500

0

500

1000

1500

2000

Landau FIT

Figura 1.11: Landau FIT

Capitolo 2

Misura della vita media delPositronio

In questa seconda esperienza misureremo il tempo di vita media del positro-nio.

Quando, in fisica nucleare si vuole misurare il tempo di vita media diuna sorgente radioattiva, ci si basa sul seguente schema: ogni atomo ha unacerta probabilità di decadere e tale probabilità non è influenzata dal numerodi atomi presenti nella sorgente. Dunque, detto N(t = 0) = N0, il numerodi atomi presente al tempo iniziale, si ottiene la nota legge esponenziale

N(t) = N0e−λt (2.1)

A questo punto si utilizza un MCA in modalità MCS. Si contano tutti idecadimenti che avvengono in una unità di tempo ∆t. Questo numero vieneriportato all’interno di un bin, poi la misura si ripete per intervalli di tempoidentici e si procede con la costruzione dell’istogramma. Le energie si possonoselezionare tramite un discriminatore nella catena elettronica o tramite unaROI sul MCA. Il numero di conteggi ∆N nell’intervallo ∆t risulta essere

∆N = λN0e−λt∆t (2.2)

Ci si aspetta, quindi, un andamento esponenziale, dal quale, conoscendol’efficienza del rivelatore, si possono ricavare i valore di λ e N0.

Nel nostro caso, invece è necessario adottare una metodologia abbastanzadifferente. Infatti, per via della brevissima vita media del positronio, non èpossibile seguire la stessa procedura poiché tutto il materiale a disposizionedecade in poche centinaia di ns. Inoltre mentre generalmente, in misure divita media, la sorgente è già pronta, nel nostro caso dobbiamo provvederealla realizzazione della sorgente di positroni sui quali effettueremo le misure.

17

18 Misura della vita media del Positronio

Esponiamo ora brevemente il principio si cui si baserà il nostro processodi misura: per un solo atomo di positronio, la densità di probabilità didecadimento (rispetto al tempo) è data dalla distribuzione normalizzata

dP (t)

dt= λe−λt (2.3)

Quindi, avendo a disposizione un’alta statistica possiamo ricavare la vitamedia del positronio. Infatti per un grande numero di eventi la previsioneprobabilistica dedotta per il singolo atomo, viene a coincidere con i decadi-menti misurati. Lo scopo dell’esperimento sarà dunque quello di misurare,per ogni atomo di positronio, il suo tempo di decadimento al fine di ricavarneil tempo di vita media secondo l’andamento esponenziale predetto.

2.1 Descrizione teorica

Il positronio è per sua natura molto simile all’atomo di idrogeno, infatti dalpunto di vista dell’interazione elettromagnetica i due atomi sono del tuttoidentici. Ciò che li distingue è la differenza tra la massa del protone e lamassa del positrone, motivo per cui nel caso del positronio la massa ridottada inserire nella soluzione dell’equazione di Schrödinger è pari a m/2, dovem rappresenta la massa dell’elettrone. Per questo motivo la spettroscopiadel positronio risulta particolarmente semplice.

La differenza fondamentale rispetto all’idrogeno risiede nella probabilità,non trascurabile, di annichilazione della coppia, a causa dell’overlap delle fun-zioni d’onda di elettrone e positrone nello stato fondamentale del positronio,il quale può presentarsi in 2 configurazioni, dipendenti dallo spin.

• Para-positronio (1S0): stato di singoletto con spin antiparalleli e spintotale S = 0 (Sz = 0)

• Orto-positronio (3S1): stato di tripletto con spin paralleli e spin totaleS = 1 (Sz = −1, 0, 1)

Per via della conservazione del momento angolare il parapositronio devedecadere in uno stato con un numero pari di fotoni e il caso più probabile èquello di 2 fotoni back-to-back (nel sistema del centro di massa). L’ortopo-sitronio invece decade in un numero dispari di fotoni; nuovamente, per viadel suo alto Branching Ratio, considereremo solo il caso a 3 fotoni.I tempi di vita media differiscono per alcuni ordini di grandezza infatti (nelvuoto), per il parapositronio abbiamo t1/2 = 1.244 10−10s, mentre per l’or-topositronio t1/2 = 1.386 10−7s. Lo scopo del nostro esperimento sarà lamisura del tempo di vita media, del positronio all’interno della materia.

2.2 Apparato sperimentale 19

(a) Parapositronio (b) Ortopositronio

Figura 2.1: Diagrammi di Feynman per i principali modi di decadimento delpositronio

Passiamo ora alla descrizione della nostra sorgente di positronio. Ab-biamo utilizzato una sorgente 22Na, racchiusa all’interno di un involucro diplexiglass. Il 22Na è una sorgente radioattiva che decade β+ ad uno stato ec-citato del Neon (22Ne∗) il quale a sua volta decade, emettendo un fotone da1.275 MeV , allo stato fondamentale 22Ne. L’energia massima del positroneemesso è pari a Emax = 0.546 MeV . A questo punto il positrone emesso dal-la sorgente può interagire con un elettrone atomico del plexiglass formandoun atomo di positronio. In questo modo abbiamo costruito la sorgente cheverrà utilizzata nel nostro esperimento.

Figura 2.2: Schema di decadimento del 22Na

2.2 Apparato sperimentale

La strumentazione necessaria per questo esperimento consiste di 2 rivelatoria scintillazione collineari, tra i quali viene posta la sorgente di 22Na.

Un rivelatore a scintillazione segue lo schema di funzionamento seguente:un fotone interagisce con lo scintillatore allo Ioduro di Sodio (NaI(Tl)) che

20 Misura della vita media del Positronio

PC

M.C.A.

SIGNAL

CHARGE QT.A.C.

STOP

T.D.U

C.F.D

A START

R1

R2

C.F.D

Figura 2.3: Schema dell’apparato e dell’elettronica utilizzata per l’esperimentodel positronio

è un materiale in grado di emmettere un certo numero di fotoni nel visibile,convertendo tutta l’energia della radiazione incidente (a meno del potenzialedi ionizzazione); successivamente i fotoni emessi giungono al fotomoltiplica-tore. Questo è costituito da un tubo a vuoto, all’interno del quale si trovanoil fotocatodo, una serie di dinodi e infine l’anodo.

Il fotocatodo è una superficie metallica posta all’interno del fototubo.Quando un fotone incide sul fotocatodo, estrae dalla superficie un numerodi elettroni proporzionale alla propria energia. Questi elettroni vengono ac-celerati verso il primo dinodo, tramite una differenza di potenziale. Qui,per lo stesso effetto, ogni elettrone è in grado di estrarre altri elettroni dal-la superficie del dinodo e questo meccanismo si ripete per un certo numerodi volte fino all’ultimo dinodo. Da qui, sempre tramite una differenza dipotenziale gli elettroni vengono accelerati verso l’anodo, che converte l’ener-gia assorbita in un segnale di tensione. Nel nostro caso prima dell’anodo èinoltre presente una griglia metallica che assorbe parte delle cariche, senzamodificare notevolmente il segnale proveniente dall’anodo.

Come mostrato in Fig.2.2 il 22Na, decade ad uno stato eccitato del Neon(22Ne·), con branching ratio del 90.5% e la diseccitazione avviene, con vitamedia t1/2 = 3.7 ps, tramite l’emissione di un fotone da 1275 keV . La vita

2.2 Apparato sperimentale 21

Figura 2.4: Schema di un rivelatore a scintillazione

media aspettata per il decadimento del positronio è dell’ordine di alcunedecine di ns, quindi la diseccitazione può essere considerata instantanea.Inoltre la risoluzione temporale del nostro apparato non permetterebbe unamisura tanto rapida. L’osservazione di un fotone da 1275 keV viene quindiutilizzata come indicatore della formazione di un atomo di positronio.

Connettiamo dunque la grid di uno dei rivelatori ad un amplificatore e poiad un discriminatore e ci assicuriamo di selezionare solo segnali corrisponden-ti a energie superiori all’energia massima dei fotoni emessi dal decadimentodel positronio (511 keV ), per essere sicuri di non confondere la formazionedel positronio con la sua annichilazione.

Il discriminatore viene connesso ad un Gate Generator (GG), il qualefornisce un segnale logico che verrà inviato all’ingresso START dell’unitàTAC (Time to Amplitude Converter). L’unità TAC è inoltre dotata di uningresso denominato STOP e fornisce un segnale logico proporzionale alladifferenza temporale tra l’arrivo di 2 segnali ai relativi ingressi.

A questo punto dobbiamo definire la scelta del segnale utilizzato comeSTOP. Connettiamo ognuno dei segnali provenienti dagli anodi ad un discri-mintaore e successivamente connettiamo entrambi ad una Coincidence Unit(CU). Poi il segnale viene ritardato tramite una Time Delay Unit (TDU)einviato all’ingresso STOP dell’unità TAC. Infine l’unità TAC viene connessaad un MCA.

2.2.1 Calibrazione dei discriminatori

I discriminatori da noi utilizzati permettono di selezionare segnali compresitra 2 soglie, impostabili dall’utente. Procediamo ora descrivendo come talisoglie vengono impostate per i nostri scopi.

Inizialmente impostiamo le soglie in modo da osservare tutto lo spettroe acquisiamo il segnale per un tempo utile ad avere uno spettro ben definito

22 Misura della vita media del Positronio

(in questo momento non è necessaria una misura di precisione). Lo spettrodei fotoni di diseccitazione è monocromatico mentre quello dei fotoni di an-nichilazione è monocromatico, nel caso di emissione di 2 fotoni, mentre nonlo è nel caso di emissione di 3 fotoni. Tuttavia, a causa dell’interazione deifotoni con il plexiglass, lo spettro osservato presenta, oltre al picco fotoe-lettrico (poco visibile), un contributo continuo dovuto all’effetto Compton(spalla Compton).

Descriviamo ora come viene impostato il discriminatore utilizzato per ilsegnale di START: come specificato in precedenza, il fotone di diseccitazioneha un energia maggiore, quindi, per discriminare questo tipo di segnale, al-ziamo la soglia inferiore oltre l’energia massima dei fotoni di annichilazione(Emax = 511 keV ). La soglia superiore viene impostata ad un valore mag-giore di quello massimo osservato nello spettro, corrispondente alla massimaenergia rilasciata dai fotoni di diseccitazione. Infine, si acquisisce nuovamentelo spettro energetico, per verificare la corretta scelta delle soglie.

Il discriminatore inserito nella catena del segnale di STOP viene impo-stato, dal punto di vista operativo, in maniera identica. In questo caso peròentrambe le soglie (minima e massima), vengono scelte al di sotto dell’ener-gia massima rilasciata dai fotoni di annichilazione, al fine di escludere, perquanto possibile i fotoni di diseccitazione. Notiamo infine che non è possibi-le escluderli totalamente, poiché la spalle Compton dei diversi tipi di fotonisono sovrapposte.

2.2.2 Taratura della scala del MCA

La taratura della scala temporale è stata eseguita utilizzando una sorgentedi 60Co. Questo elemento decade β− in 60Ni4+, con un branching ratio parial 99.88%. Il 60Ni4+, quasi istantaneamente, emette un fotone di energia1173 keV , passando allo stato 60Ni2+ e subito emette un secondo fotone da1332 keV , raggiungendo lo stato fondamentale 60Ni. L’emissione dei 2 fotonipuò considerarsi contemporanea.

Per eseguire la taratura si connette un rivelatore all’ingresso START el’altro alla TDU (impostata inizialmente a 0 ns), e da qui all’ingresso STOPdell’unità TAC, connessa al MCA. A questo punto acquisiamo il segnaleper un intervallo di tempo t0, fino a distinguere un picco ben definito. Poi-chè consideriamo i segnali contemporanei, e dato il funzionamento dell’unitàTAC, ci aspettiamo di vedere il picco centrato sul canale 0 del MCA; tuttavial’elettronica introduce un ritardo, quindi il picco si troverà spostato di diver-si canali. Nel caso in cui ciò non dovesse accadere si provvede ad inserireun ritardo non nullo tramite la TAC e si ripete la misura. A questo puntosi inserisce un ritardo ∆t = 2 ns, e si procede, senza cancellare la misuraprecedente, ad un’ulteriore acquisizione, per un tempo t0. Successivamente

2.2 Apparato sperimentale 23

Figura 2.5: Schema di decadimento del 60Co

si procede incrementando nuovamente il ritardo e ripetendo la misura. Inquesto modo avremo ottenuto diversi picchi distinti.

segnaleEntries 2048Mean 1141RMS 412.2

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

t

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

segnaleEntries 2048Mean 1141RMS 412.2

Calibrazione Energia

Figura 2.6: Calibrazione della scala temporale

Poniamo sull’asse x i ritardi impostati e sull’asse y le posizioni dei picchi,ottenute dal grafico in Fig.2.6 fittando con delle funzioni gaussiane. Tramiteun il fit lineare mostrato in Fig.2.7 ricaviamo la pendenza della retta, chefornisce il rapporto di conversione 102.01± 0.13 ch/ns.

24 Misura della vita media del Positronio

time ns0 2 4 6 8 10 12

chan

nel

400

600

800

1000

1200

1400

1600

1800

/ ndf 2χ 0.002495 / 5Prob 1p0 10.27± 530.9 p1 1.512± 102

/ ndf 2χ 0.002495 / 5Prob 1p0 10.27± 530.9 p1 1.512± 102

Time vs channel

Figura 2.7: Calibrazione della scala temporale

2.3 Misure sperimentali

Procediamo ora con la misura vera e propria. Una volta impostato il siste-ma secondo la descrizione data sopra la presa dati risulta molto semplice.Inizialmente avviamo una misura per un tempo di qualche minuto e assicu-riamoci che tutto lo spettro ricada all’interno dell’area visibile sul MCA. Incaso contrario provvediamo a modificare il ritardo del segnale di STOP alfine spostare lo spettro verso destra o sinistra (rispettivamente aumentandoo riducendo il ritardo). Se invece lo spettro è distribuito su un numero dicanali troppo piccolo o, viceversa maggiore, del numero massimo di canalidel MCA, provvediamo a modificare il fattore di amplificazione dell’unitàTAC. Mostriamo in Fig.2.8 lo spettro acquisito per un tempo ∆t = 12000 s.

I dati ottenuti vengono ora analizzati.Lo spettro mostra una rapida salita, seguita da una discesa di tipo espo-

nenziale. In particolare la salita è stata fittata con una funzione guassiana,da cui abbiamo ricavato il centro, corrispondente al valore massimo dellafunzione, e lo abbiamo utilizzato per fissare lo 0 (zero) della scala temporale,tuttavia, ai fini dell’analisi che vogliamo fare questo tipo di taratura nonè strettamente necessario. Possiamo giustificare la presenza del contributoguassiano precisando che il segnale osservato è convoluto con la risoluzionesperimentale dell’intero apparato.

La discesa infine è stata fittata utilizzando la somma di 2 funzioni espo-

2.3 Misure sperimentali 25

segnaleEntries 2048Mean 579.1RMS 91.41

channel0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000

coun

t

1

10

210

310

410

segnaleEntries 2048Mean 579.1RMS 91.41

Positronio

Figura 2.8: Spettro ottenuto dalle misure fatte sul decadimento del positronio

segnaleEntries 2048Mean 0.2596RMS 0.6104

/ ndf 2χ 398.2 / 297Prob 7.788e-05p0 0.015± 7.652 p1 0.009± -1.207 p2 0.00± 10.17 p3 0.025± -5.794

time ns-2 0 2 4 6 8

coun

t

1

10

210

310

410

segnaleEntries 2048Mean 0.2596RMS 0.6104

/ ndf 2χ 398.2 / 297Prob 7.788e-05p0 0.015± 7.652 p1 0.009± -1.207 p2 0.00± 10.17 p3 0.025± -5.794

Positronio

Figura 2.9: Fit Positronio

26 Misura della vita media del Positronio

nenziali, mentre non è stato considerato il contributo gaussiano poichè lasua larghezza, risulta in buona approssimazione, trascurabile rispetto aicontributi dati dagli esponenziali.

I 2 valori ricavati dal fit sono τ1 = 0.828 ± 0.006 ns e τ2 = 0.1726 ±

0.0007 ns.Possiamo supporre che il valore minore corrisponda al parapositronio e quellomaggiore all’ortopositronio, tuttavia tale risultato andrebbe verificato, infat-ti se nel vuoto le vite medie differiscono di 3 ordini di grandezza, nel caso inesame la differenza si attesta su un fattore ∼ 5.Inoltre il valore trovato per l’ortopositronio risulta notevolmente ridottorispetto al valore di riferimento nel vuoto.

In letteratura [2] abbiamo trovato per l’ortopositronio nel plexiglass unvalore di riferimento di 1.9 ns un valore discrepante da quello da noi trova-to. Tale discrepanza però può essere attribuita al fatto che le misure sianofortemente dipendenti dalle caratteristiche del materiale utilizzato.

Dunque vista la procedura utilizzata e la bontà del segnale acquisitoriteniamo affidabili i risultati presentati.

Appendice A

La perdita di energia [1]

A.1 La dE/dx nell’approccio classico

Il processo di perdita di energia cinetica da parte di una particella caricanell’interazione Coulombiana con gli atomi di un materiale assorbitore puòessere facilmente compreso in termini semi-classici.

Consideriamo il caso di una particella di massa m, carica ze e velocitàv che interagisce con una particella di massa M e carica Ze. Suppostoche la particella nel materiale sia in quiete e che il momento trasferito siatrascurabile, si può pensare che la traiettoria della particella incidente nonvenga alterata e che l’interazione avvenga ad un certo parametro d’impattob (Fig.A.1).

Figura A.1: Visione “classica” dell’interazione particella - materia.

La carica in moto crea un campo elettrico perpendicolare al cilindro, chenel sistema di quiete della particella è

E⊥ =γzeb

(b2 + γ2v2t2)3/2(A.1)

La particella nel materiale dunque, ricevendo un momento

∆p =

dt F =

∫ +∞

−∞dt Ze×

γzeb

(b2 + γ2v2t2)3/2=

2zZe2

vb(A.2)

27

28 La perdita di energia

trasferisce un’energia pari a

∆E =(∆p)2

2M=

2z2Z2e4

Mv2b2(A.3)

che è dovuta principalmente alle collisioni vicine (∆E ÷ 1/b).Da tali premesse è ora possibile calcolare la perdita di energia per unità

lunghezza del materiale attraversato. Poiché la maggior parte dell’energiaviene ceduta agli elettroni del materiale è necessario tener conto del numerodi elettroni che mediamente la particella incontra nel suo cammino: in unostrato cilindrico di spessore dx di materiale ad una distanza b dalla traiettoriadella particella incidente vi sono (2πbdb)dxn dove n = ZNAρ

A è il numero dielettroni per unità di volume.

Si ha così:

−dE

dx= 2πn

(

2z2e4

mev2

)∫ bmax

bmin

db

b=

4πnz2e4

mev2ln

bmax

bmin=

ξ

xln

bmax

bmin(A.4)

essendo:

• x è lo spessore di materiale attraversato in cm;

• ξ = 2πe4NA

me

z2

Av2ρx = 0.1536 z2

Av2ρx è un parametro che contiene le

caratteristiche del materiale e della particella incidente.

L’eq.A.4 mostra che la perdita di energia non dipende dalla massa dellaparticella incidente ma solo dalla sua carica e velocità, oltre che dai parametri(densità e numero di massa) del mezzo assorbitore.

A.2 La dE/dx nell’approccio quantistico: la formu-

la di Bethe-Bloch

Dal punto di vista quantistico il calcolo della perdita di energia media di unaparticella è riconducibile al calcolo della probabilità σ(ε)dε che in un percorsounitario la particella perda un’energia compresa tra ε e ε+dε, cedendola aglielettroni atomici e provocando quindi l’eccitazione e/o la ionizzazione degliatomi.

Per un materiale di numero atomico Z con densità n (#atomi/cm3) siha che

ω(ε)dεdx = Znσ(ε)dεdx (A.5)

è la probabilità che il proiettile in uno stato dx perda una quantità di energiacompresa tra ε e ε + dε. In tale ottica la perdita di energia media perionizzazione dE/dx è data dal prodotto dell’energia media persa a ogni urtoper il numero di urti per unità di lunghezza:

−dE/dx =

∫ εmax

εmin

εω(ε)dε (A.6)

A.2 La dE/dx nell’approccio quantistico: la formula di Bethe-Bloch 29

Per ricavare ω(ε), Bethe opera una distinzione tra collisioni atomiche“vicine” e “lontane”:

• nelle collisioni lontane (grande parametro d’impatto) l’atomo reagiscecome un tutto al campo variabile generato dalla particella in motoe può essere eccitato o ionizzato, con una certa probabilità calcolabilecon la teoria perturbativa al prim’ordine per ogni livello energetico ato-mico; il contributo alla perdita di energia totale risulterà dalla sommasu tutte le possibili energie atomiche, pesate ciascuna con la propriasezione d’urto di eccitazione. Poiché le collisioni con grande parametrod’urto assumono importanza per alte energie, il proiettile può essereconsiderato puntiforme e l’impulso trasferito è piccolo (q2 ≪ m2

e) ;

• nelle collisioni vicine (parametro d’urto dell’ordine delle dimensioniatomiche), l’interazione coinvolge i singoli elettroni atomici, che sonoconsiderati liberi e a riposo. La ω(ε) è dunque sostanzialmente lasezione d’urto per lo scattering di un elettrone su una particella dimassa m e carica z, puntiforme e a riposo. L’impulso trasferito ègrande (q2 ≫ Ime dove I ≃ 13 eV Z è il potenziale di ionizzazionemedio degli atomi del materiale).

La perdita di energia totale è la somma dei contributi relativi alle collisionivicine e lontane che dà la formula di Bethe-Bloch:

dE

dx= 2

ξ

x

(

ln2meβ

2

I (1− β2)− β2

)

[MeV/cm] (A.7)

dove ξ è lo stesso parametro dell’eq.A.4.L’eq.A.8 rivela alcune caratteristiche importanti per la perdita di energia

per ionizzazione: essa dipende dalla carica e dalla velocità della particellaincidente ma non dalla sua massa (questo significa che per un fascio di parti-celle di data carica es. p, π+, µ+, . . . la dE/dx è funzione solo della velocità)e inoltre dipende dal materiale assorbitore, linearmente rispetto al numero dielettroni per cm3 e logaritmicamente rispetto al potenziale di ionizzazione.

La Fig.A.2 rappresenta la curva dE/dx di Bethe-Bloch in funzione dellavelocità della particella incidente (espressa nella forma relativistica γβ). Sipuò notare che:

• per basse velocità dE/dx÷ 1/v2 fino a raggiungere il minimo di ioniz-zazione per γβ ≃ 4;

• all’aumentare di β la dE/dx inizia a crescere (risalita relativisticadovuta alla presenza del termine logaritmico);

• per energie ultrarelativistiche (βγ ≃ 100) un ulteriore fenomeno con-tribuisce ad una diminuzione della perdita di energia: per materiali

30 La perdita di energia

Figura A.2: La curva dE/dx di perdita di energia.

di alta densità le distanze interatomiche sono piccole per cui le col-lisioni non avvengono con atomi isolati; le interazioni con elettroniatomici possono quindi schermare il campo elettrico della particellaincidente riducendo il dE/dx per le collisioni lontane (effetto densità).Nell’eq.A.8 bisogna introdurre un termine δ(β) che rende il valore didE/dx pressoché costante (Plateau di Fermi);

• ulteriori correzioni all’eq.A.8 devono essere aggiunte per particelle in-cidenti di energia molto bassa (E < 2÷ 5 MeV ) dovute alla neutraliz-zazione di carica (le particelle tendono a “catturare” temporaneamentegli elettroni del mezzo per cui il campo elettrico dipende dalla caricaefficace z∗ anziché da z) e ad effetti di shell (a basse velocità la probabi-lità di collisione con elettroni di shells profonde è trascurabile rispettoa quella con gli elettroni esterni)

La formula di Bethe-Bloch diventa dunque:

−dE

dx= 2

ξ

x

(

ln2meβ

2

I (1− β2)− β2

−C

z∗− δ

)

[MeV/cm] (A.8)

A.3 La dE/dx nell’approccio statistico

A causa della natura statistica del processo di interazione con i singoli atomidel materiale assorbitore, la quantità di energia effettivamente persa dalleparticelle di un fascio mono energetico nell’attraversare un dato spessore

A.4 La distribuzione di Landau 31

x di materiale è una variabile statistica che si distribuisce intorno al valormedio

∆E0 =

∫ x

0

(

dE

dx

)

Bethe

dx (A.9)

Già in virtù delle considerazioni fatte su dE/dx nell’approccio classico sipuò scrivere che

dE=

ξ

E2(A.10)

cioè sono più probabili i processi con piccolo scambio di energia. La distri-buzione della perdita di energia sarà dunque asimmetrica ed in particolaresi avrà che:

• il valore più probabile non coincide con il valor medio;

• vi è una lunga coda per energie elevate.

In altri termini la situazione più probabile corrisponde a una perdita dienergia più piccola rispetto a quella prevista dalla formula di Bethe. Glieventi con alta perdita di energia sono poco probabili e corrispondono allacoda destra della distribuzione.

Tali eventi ad alto dE/dx seppur rari hanno grande importanza fisica:quando si ha un grande trasferimento di energia gli elettroni provenientidalla ionizzazione atomica (chiamati per ragioni storiche δ-elettroni) ricevonoalta energia cinetica e a loro volta sono in grado di ionizzare. Il numero diδ-elettroni prodotti in uno spessore x con energia E > E1 è

N(E > E1) =

∫ Emax

E1

ξ

E2dE = ξ

(

1

E1

−1

Emax

)

(A.11)

dove Emax è l’energia massima trasferibile in una singola collisione. L’eq.A.11permette di capire il significato fisico di ξ: esso è qui l’energia al di sopradella quale è prodotto in media un solo δ-elettrone.

Bisogna ora determinare la forma, analitica o numerica, della distribuzio-ne dE/dx che è un caso particolare di un problema fisico più generale cherichiede la risoluzione della cosiddetta equazione del trasporto:

∂xf(x, ε) =

∫ εmax

εmin

ω(ε)f(x, ε− dε)dε− f(x, ε)

∫ εmax

εmin

ω(ε)dε (A.12)

A.4 La distribuzione di Landau

Landau risolse l’eq.A.12 utilizzando la sezione d’urto classica di elettroniliberi:

ω(ε) =ξ

x

1

ε2(A.13)

Essa è sicuramente valida per perdite di energia:

32 La perdita di energia

Figura A.3: La curva universale di Landau ΦL(λ).

• piccole rispetto al massimo trasferimento di energia possibile in unasingola collisione

• grandi rispetto alle energie di legame degli elettroni negli atomi

cioè per perdite di energia tipiche ξ “intermedie”:

I ≪ ξ ≪ εmax ≃ 2meβ2γ2 (A.14)

Con tali assunzioni (che permettono di risolvere l’eq.A.12 nell’approssima-zione εmax → ∞) Landau dimostra che la funzione di distribuzione f(x,∆E)può essere fattorizzata nella forma

f(x, ε) =1

ξΦL(λ) (A.15)

dove

ΦL(λ) =1

π

∫ ∞

0

exp [−u (ln u+ λ)] sin(πu)du (A.16)

è funzione della sola variabile

λ =∆E −∆E0

Bethe

ξ− 0.423 + ln

ξ

εmax− β2 (A.17)

L’eq.A.15 mostra la peculiare particolarità della distribuzione di Landau:pur essendo per sua natura una funzione delle due variabili indipendentispessore x e perdita di energia ∆E, essa può essere espressa come prodottodi due funzioni 1/ξ e ΦL(λ) , ciascuna esplicitamente di una sola variabile;i parametri fisici in gioco “nascosti” dentro le due quantità ξ e λ. In questamaniera ΦL risulta una funzione analitica del parametro adimensionale λ epuò essere calcolata numericamente per ogni valore di quest’ultimo.

Appendice B

Rivelatore a semiconduttore [3]

Un rivelatore a semiconduttore basa il suo funzionamento sulle modalità dieccitazione dei materiali solidi qualora della radiazione vi incida:

• eccitazione di elettroni atomici;

• eccitazioni del reticolo cristallino (fononi);

• scattering elastico con i nuclei che può provocare ionizzazione e/ofononi.

La maggior parte dei rivelatori a semiconduttore sono camere a ionizza-zione. Il volume sensibile del rivelatore è immerso in un campo elettrico. Laradiazione interagisce depositando la propria energia che provoca la creazionedi coppie elettrone-ione (nel caso dei rivelatori a semiconduttore elettrone-lacuna). Le cariche createsi vengono raccolte ai rispettivi elettrodi grazieal campo elettrico presente inducendo una corrente nel circuito esterno alrivelatore (cioè un segnale che è proporzionale all’energia depositata).

Le camere a ionizzazione possono essere fatte di qualsiasi materiale chepermetta la raccolta di carica su elettrodi. In particolare i vari materialidevono essere tali che:

• la loro energia di ionizzazione εi sia bassa. Bassa energia di ionizzazionesignifica maggior numero di informatori e quindi miglior risoluzioneinfatti: ∆E

E ∝1√N

∝√

εiE ;

• il campo elettrico permesso al loro interno sia alto. Alto campo elettri-co significa risposta veloce del rivelare e maggior efficienza di raccoltadegli informatori;

B.1 I semiconduttori

I materiali semiconduttori presentano le caratteristiche prima elencate aven-do un’energia di ionizzazione moderata (essa è proporzionale all’ampiezza

33

34 Rivelatore a semiconduttore

delle bande; per il Si si ha εi = 3.6 eV cosicché il tipico segnale é di circa3.5 fC (22000 elettroni) per 300 µm per MIP che lo attraversano) e permet-tendo alti campi elettrici al proprio interno (la tipica risposta è dell’ordinedei 10÷ 20 ns per 300 µm di materiale). Inoltre la tecnologia applicabile aisemiconduttori permette di creare elettroni di scala micrometrica (rivelatoria strip e a pixel).

I materiali semiconduttori presentano un reticolo a forma di diamante(Fig.B.1).

Figura B.1: Struttura cristallina a diamante aSi = 3.56 Å

B.2 Principi di funzionamento dei rivelatori a semi-

conduttore

Quando gli atomi sono raggruppato insieme per creare una struttura cri-stallina, i vari livelli atomici si compongono per creare la struttura a bande(banda di conduzione e banda di valenza ∆ESi = 1.1 eV ).

Alla temperatura di 0 K tutti gli elettroni occupano stati legati riem-piendo completamente la banda di valenza.

Se un campo elettrico è applicato al cristallo, non fluisce alcuna corrente:gli elettroni non possono acquisire energia in quanto non vi sono altri statiaccessibili nella banda di valenza.

Se la radiazione incidente, per esempio un fotone, viene assorbita daun legame, quest’ultimo si può rompere eccitando un elettrone nella bandadi conduzione e lasciando una lacuna (uno stato vacante) nella banda diconduzione. L’elettrone si può muovere liberamente mentre la lacuna puòessere “riempita” da un elettrone di un atomo vicino, muovendosi così inun’altra posizione (Fig.B.2).

B.2 Principi di funzionamento dei rivelatori a semiconduttore 35

Figura B.2: Movimento di un elettrone e della conseguente lacuna dovutoall’interazione di radiazione esterna con il reticolo cristallino

Il movimento dell’elettrone e della lacuna può essere “indirizzato” dalcampo elettrico applicato.

La banda di conduzione è vuota solo a 0 K. Se la temperatura sale,l’eccitazione termica può fornire energia tale per promuovere gli elettroni inbanda di conduzione (in Si puro i portatori hanno una concentrazione di∼ 1010cm−3 a temperatura ambiente; la presenza poi di eventuali impuritàporta tale concentrazione a ∼ 1011cm−3). Tale effetto non permette di creareun rivelatore a partire da un semiconduttore: è necessario creare quella chesi definisce giunzione p-n.

La conduttività di un semiconduttore può essere controllata introducendodelle impurità speciali (concentrazione ∼ 1012 ÷ 1018) ovvero rimpiazzandoun atomo di Si o con un’atomo donatore o con uno accettori.

Figura B.3: Impurità donatrici (ad esempio P, As, Sb)

36 Rivelatore a semiconduttore

Un atomo donatore (Fig.B.3) è un atomo pentavalente che possiede unelettrone extra spaiato debolmente legato che può essere facilmente eccitatoin banda di conduzione (ha infatti un gap di energia minore).

Figura B.4: Impurità accettrici (ad esempio B, Al, Ga)

Un atomo accettore (Fig.B.4) invece è un atomo tetravalente che lasciaun’elettrone di valenza del Si disaccoppiato. Per riempire la sua shell taleatomo “prende in prestito” un elettrone del reticolo appartenente ad un ato-mo vicino. Tale elettrone “preso in prestito” è debolmente legato e può esserefacilmente eccitato in banda di conduzione.

L’energia fornita dall’eccitazione termica (kT ) porta tali elettroni in ban-da di conduzione lasciando lacune nel reticolo cristallino. Poiché i portatoridi carica nelle regioni dove sono presenti atomi donatori sono gli elettroni(negative charge) esse vengono dette “n-type”. Viceversa le regioni dove sonopresenti atomi accettori e i portatori di carica sono le lacune (positive charge)vengono dette “p-type”.

Si consideri ora un cristallo dopato in maniera tale da avere una regionen-type e una regione p-type, quello che si crea è detta giunzione p-n. Ladiffusione termica porta elettroni e lacune al di là della giunzione. Poichéall’inizio sia la regione p che quella n erano neutre, gli elettroni diffusi dallaregione n a quella p lasciano i rispettivi atomi donatori creando un eccesso dicarica positiva. Tale carica positiva esercita una forza frenante sugli elettroniche si diffondono creando così una d.d.p. Il processo corrispondente per laregione p limita la diffusione delle lacune.

La diffusione di elettroni e lacune crea una regione, intorno alla giunzio-ne, in cui è molto ridotto il numero di portatori mobili (regione di svuota-mento). Tale regione di svuotamento costituisce il vero e proprio rivelatore.Quest’ultima è incrementata applicando una d.d.p. fra le regioni n e p.

B.2 Principi di funzionamento dei rivelatori a semiconduttore 37

Figura B.5: Giunzione p-n e relativa zona di svuotamento

Bibliografia

[1] P. Montagna. “La perdita di energia per ionizzazione”. In: Seminario

(1992).

[2] A. M. Ross. “DEVELOPMENT AND OPTIMIZATION OF A POSI-TRON ANNIHILATION LIFETIME SPECTROMETER TO MEASU-RE NANOSCALE DEFECTS IN SOLIDS AND BORANE CAGE MO-LECULES IN AQUEOUS NITRATE SOLUTIONS”. In: Thesis (2008).

[3] H. Spieler. “Semiconductor Detectors Part 1”. In: SLUO Lectures on

Detector Techniques (1998).

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