Laboratorio analisi istituzionale

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Vivere e trasformare le relazioni tra individui e istituzioni I laboratori di analisi istituzionale Quando si raggiunge il limite della propria comprensione rispetto alla realtà in cui si vive e si riconosce il bisogno di formulare nuove ipotesi di lavoro su cui muoversi, è utile dotarsi di nuovi strumenti di analisi e di diagnosi della realtà favorevoli alla sua trasformazione. Nelle organizzazioni più avvedute questo impegno viene spesso consegnato alla formazione che tenta di tradurlo in un progetto di sviluppo di apprendimenti effettivamente validi alla costruzione ed “invenzione” di nuovi scenari e di nuove pratiche necessarie per orientarsi al futuro. Oggi gli obiettivi di regolazione del sistema organizzativo sono sempre più sfidanti e, all’interno degli attuali orizzonti temporali, i ritmi del cambiamento richiedono risposte più veloci e più efficaci sia da parte dei singoli che del sistema collettivo. Sempre più spesso si è costretti a verificare, rispetto a queste sfide, i limiti di un approccio “hard” che agisce esclusivamente sulle forme e le strutture organizzative e si affida prevalentemente a logiche meccanicistiche. In questi momenti, caratterizzati da discontinuità e complessità, occorre accedere alla parte affettiva ed emotiva che muove e da’ linfa alla “macchina” organizzativa, occorre accedere a tutti i tipi di risorse del sistema, al fine di formulare nuove ipotesi che rispondano tempestivamente alle richieste dell’ambiente. Formare ad abitare e trasformare l’istituzione significa sperimentare opzioni per “penetrare” nella complessità delle organizzazioni, considerate nelle loro dinamiche psichiche e relazionali. Si tratta di offrire l’opportunità alle persone di “uscire temporaneamente” dal proprio “system in the mind” e porre uno “sguardo altro”, capace di rendersi più “vero” e più autonomo nella osservazione di se, ma anche più libero, più capace di cogliere le

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Vivere e trasformare le relazioni tra individui e istituzioniI laboratori di analisi istituzionale

Quando si raggiunge il limite della propria comprensione rispetto alla realtà in cui si vive e si riconosce il bisogno di formulare nuove ipotesi di lavoro su cui muoversi, è utile dotarsi di nuovi strumenti di analisi e di diagnosi della realtà favorevoli alla sua trasformazione.

Nelle organizzazioni più avvedute questo impegno viene spesso consegnato alla formazione che tenta di tradurlo in un progetto di sviluppo di apprendimenti effettivamente validi alla costruzione ed “invenzione” di nuovi scenari e di nuove pratiche necessarie per orientarsi al futuro.

Oggi gli obiettivi di regolazione del sistema organizzativo sono sempre più sfidanti e, all’interno degli attuali orizzonti temporali, i ritmi del cambiamento richiedono risposte più veloci e più efficaci sia da parte dei singoli che del sistema collettivo.Sempre più spesso si è costretti a verificare, rispetto a queste sfide, i limiti di un approccio “hard” che agisce esclusivamente sulle forme e le strutture organizzative e si affida prevalentemente a logiche meccanicistiche. In questi momenti, caratterizzati da discontinuità e complessità, occorre accedere alla parte affettiva ed emotiva che muove e da’ linfa alla “macchina” organizzativa, occorre accedere a tutti i tipi di risorse del sistema, al fine di formulare nuove ipotesi che rispondano tempestivamente alle richieste dell’ambiente.

Formare ad abitare e trasformare l’istituzione significa sperimentare opzioni per “penetrare” nella complessità delle organizzazioni, considerate nelle loro dinamiche psichiche e relazionali.Si tratta di offrire l’opportunità alle persone di “uscire temporaneamente” dal proprio “system in the mind” e porre uno “sguardo altro”, capace di rendersi più “vero” e più autonomo nella osservazione di se, ma anche più libero, più capace di cogliere le diversità presenti, di produrre le innovazioni utili e necessarie. È questa una strada senz’altro efficace per raggiungere ciò che le organizzazioni vanno cercando attraversando i percorsi più vari (change management, leadership diffusa, entrepreneurship, capacità innovative e creative, etc).

La proposta formativa intitolata “vivere e trasformare l’istituzione” si fonda su di un dispositivo didattico finalizzato a:

consentire e sollecitare lo svelamento e l’esplorazione delle dinamiche istituzionali cui si da’ vita attraverso i comportamenti reali agiti e le relazioni prodotte

rendere possibile lo scambio degli sguardi per far nascere sistemi più aperti, cooperanti e trasformativi

consentire il “racconto” dei vissuti di ciascuno e di tutti per costruire narrazioni collettive nelle quali trovare senso e consenso

confrontare le interpretazioni che i diversi soggetti possono dare delle dinamiche istituzionali come componenti istitutive fondamentali dell’organizzazione stessa

esplorare le relazioni che costruiscono reti sociali, catene di rapporti causa / effetto, flussi di interdipendenze

far emergere e analizzare i legami che “tengono” e strutturano il sistema sociale e regolano il “motus” o lo “status” dell’organizzazione.

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Ciò con l’obiettivo di sviluppare la capacità di agire consapevolmente, all’interno delle organizzazioni, facendosi carico di questa complessità e non prescindendone. Un passaggio importante di questa esperienza formativa è racchiuso nella volontà di riattivare le energie delle persone per trovare il gusto, il coraggio, la piacevolezza di essere parte attiva nella costruzione di un mondo futuro. Assumendosi cioè la responsabilità di agire, assumendosi il rischio di interpretare individualmente e coralmente ciò che serve all’istituzione.La formazione qui proposta non preordina o prefigura un modello a cui tendere, a cui uniformarsi. Essa si pone come strumento per favorire la ricerca di connessioni, di senso e di consenso.“ Non si tratta di imparare cose nuove, ma soprattutto di imparare a costruire novità”

Per Ismo il metodo formativo dei “laboratori di apprendimento dall’esperienza” è una opzione privilegiata per favorire l’imparare ad imparare, l’autoapprendimento e l’integrazione fra l’esperienza che ciascuno porta nella propria storia (le narrazioni), nella storia dell’istituzione, nella realtà che vive “qui ed ora” (nel setting formativo) e nel futuro a cui tende, che vuole costruire.

Come strumento per l’apprendimento, il metodo del laboratorio di analisi istituzionale permette di entrare negli spazi aperti del divenire, di “vedere i riflessi” dell’ambiente sociale, di creare nuovi possibili “sensi”, che sono sia “sensi di marcia” e quindi direzioni nel percorso di scoperta, sia sensi ermeneutici e quindi trasformazioni dei processi di pensieroIl laboratorio è un luogo pragmatico, dove si realizza la trans-formazione, cioè il cambiamento soggettivo, personale, premessa di ogni “innovazione effettiva ed affettiva”.

In questo modello di processo laboratoriale ci si propone di finalizzare e sperimentare l’arte del fare/essere istituzione: andare oltre il proprio esistere individuale, dell’immediato, con l’intenzionalità e il desiderio di lavorare per il futuro. Si utilizza la dimensione istituzionale come regolatore delle relazioni e delle emozioni soggettive, al fine di orientarsi al “bene comune” e alla costruzione di valori per il futuro. Significa anche tentare di finalizzare il proprio sforzo rispetto all’apprendere l’istituzione come ricerca e sperimentazione di una leadership diffusa e plurale.

Gli obiettivi di apprendimento rimandano ad una pluralità di dimensioni e livelli di analisi: del fare, sperimentare, riflettere, connettere, riconoscere, trasferire per trasformare. Nella sua concretezza, il percorso chiede anche di “ri-elaborare il proprio patto con l’istituzione” attraverso una nuova e diversa presa in carico da parte di ogni individuo. Le azioni utili per affrontare un cambiamento necessario fronteggiano sfide, rischi e difficoltà … che sono parti inscindibili quando ci si inoltra nella sfida dell’innovazione e che non possono essere delegate a qualcuno (es. al vertice dell’organizzazione) o a qualche cosa (es. le norme e le procedure).L’ipotesi di lavoro è di inventare, provare, sbagliare. Le condizioni che rendono sostenibile ed accettabile un percorso così impegnativo rimandano alla legittimità di sentirsi impreparati, al non poter ancorarsi a pareri esperti, al non poter fare totale affidamento o essere dipendenti da leader “magici” o fantasmatici. La formazione al cambiamento concede a ciascuno e a tutti il diritto di procedere con libertà, ma con la consapevolezza di doversi attrezzare per affrontare la sfida.