L’AZZARDO NON È PIÙ UN GIOCO · 2012-05-25 · L’AZZARDO NON È PIÙ UN GIOCO un gioco legale...

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Foto di Purple Phoenix (Flickr) I l gioco è stato ed è utile. A molti. Allo Stato, ad esempio, o alle aziende di settore, alla criminalità organizzata o ai circuiti dell’usura. I dati scattano la fo- tografia di un incremento esponenziale delle occasioni di gioco (ne parla Checchino An- tonini, di seguito), forte di una pubblicità cresciuta sia nella quantità degli spot, sia nella capacità di produrre impatto tra il pubblico. Per le associazioni e le aziende del settore, L’AZZARDO NON È PIÙ UN GIOCO un gioco legale e responsabile può esistere (leggi Maurizio Ermisino a pagina 30). Ep- pure il gioco d’azzardo acquisisce sempre più netti i contorni del problema sociale. Certo, i giocatori patologici sono solo una percen- tuale, ma poi ci sono la crisi e tutte quelle persone che nel gioco cercano una via d’uscita; ci sono i giovani, in continuo au- mento; gli anziani, che sperano così di arro- tondare la pensione. Sono numerose le associazioni che si occupano del tema, che lanciano l’allarme e vedono nella rete una so- luzione per avviare percorsi comuni. Mentre i numeri diventano storie, come quelle di Giorgio e Geronimo… ■ Il gioco è ormai diventato una piaga sociale in continua espansione. Sono necessari interventi concreti. E anche il terzo settore si muove a cura di Chiara Castri Focus

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Foto di Purple Phoenix (Flickr)

Il gioco è stato ed è utile. A molti.Allo Stato, ad esempio, o alle aziendedi settore, alla criminalità organizzata

o ai circuiti dell’usura. I dati scattano la fo-tografia di un incremento esponenziale delleoccasioni di gioco (ne parla Checchino An-tonini, di seguito), forte di una pubblicitàcresciuta sia nella quantità degli spot, sia nellacapacità di produrre impatto tra il pubblico.Per le associazioni e le aziende del settore,

LL’’AAZZZZAARRDDOO NNOONN ÈÈ PPIIÙÙ UUNN GGIIOOCCOOun gioco legale e responsabile può esistere(leggi Maurizio Ermisino a pagina 30). Ep-pure il gioco d’azzardo acquisisce sempre piùnetti i contorni del problema sociale. Certo,i giocatori patologici sono solo una percen-tuale, ma poi ci sono la crisi e tutte quellepersone che nel gioco cercano una viad’uscita; ci sono i giovani, in continuo au-mento; gli anziani, che sperano così di arro-tondare la pensione. Sono numerose leassociazioni che si occupano del tema, chelanciano l’allarme e vedono nella rete una so-luzione per avviare percorsi comuni. Mentrei numeri diventano storie, come quelle diGiorgio e Geronimo… ■

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a cura di Chiara Castri

Focus

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«Nessuna grandiosità e nessunosfarzo in queste sudice sale; e,quanto all’oro, non solo non giace a

mucchi sui tavoli, ma è tanto se lo si vedequalche volta comparire». Centoquarantaseianni dopo, le parole di Fedor Dostoevskijsanno evocare l’atmosfera inquietante deiluoghi del gioco d’azzardo. Nel frattempo,però, Roulettemburg, la fittizia città termaletedesca in cui ambientò il romanzo “Il gio-catore”, s’è dilatata fino a invadere territorireali e virtuali. L’esperienza del gioco d’az-zardo è ormai possibile in qualsiasi ambitodi vita. C’è una slot ogni 150 abitanti e gliitaliani spendono 1260 euro l’anno a testaper schedine e lotterie.

C’è una stretta parentela tra la finanzia-rizzazione dell’economia e la superfetazionedei giochi d’azzardo.

I numeri del mercato del giocoMa il legame tra la finanza e l’industria del

gioco è doppio: il filo meno visibile è datodalla comune capacità dei due mercati di la-vare enormi quantità di soldi provenienti daaltri comparti dell’economia criminale. Fi-nanza e gioco sono settori ibridi, ambigui,opachi. Sono anni che il trend del settore è incontrotendenza col resto dell’economia: nel2011 gli italiani hanno speso in giochi e

scommesse 76,5 miliardi di euro (15 in piùrispetto al 2010), incassandone 57,5 in vin-cite e premi. Lo Stato, da tutto ciò, ha incas-sato 9,3 miliardi di euro (erano 8,7 nel 2010).Quello appena trascorso è stato l’anno delboom dei giochi online: tra poker, casinò,scommesse e tutto il resto dell’offerta via in-ternet dei Monopoli, il volume di giocate nel2011 sfiora i 10 miliardi di euro, più del dop-pio del 2010. Tutto “merito” del pokercash (poker giocato con denaro reale) e deigiochi da casinò che sono più “generosi” diquelli non tradizionali: il 92% di quanto ver-sato dai giocatori è tornato nelle loro tasche.All’erario sono andati 180 milioni di euro.

Con una raccolta di 41,5 miliardi, poi, leNew slot e le Videolotteries (lanciate pro-prio nel 2011) hanno generato il 54,2% degliincassi totali. Le “macchinette” sono cre-sciute di oltre 10 miliardi in un anno. Cre-scono il Lotto, che azzecca la formula del“10eLotto” e le scommesse - proprio comesi fa in Borsa - su alcuni numeri ritardatari -e i Gratta e vinci mentre vanno segnalate lebrusche frenate di Superenalotto (-27,7%) eWin for Life (-52,4%). Crollano le scom-messe sui cavalli e sul pallone e flettono iconti per il Bingo (-5,3%), in crisi da tempo(altri dati tratti sulla Guida all’informazionesociale di Redattore sociale).

di CChheecccchhiinnoo AAnnttoonniinnii

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Tra il 2003 e il 2011 la raccolta del com-parto è stata di 386 miliardi di euro e il com-parto dei giochi pubblici e delle scommessesportive si è affermato come settore trai-nante del sistema paese. L’industria delgioco ha un fatturato complessivo pari al3% del Pil e dà lavoro a 5mila aziende e120mila persone.

Sparita la figura dell’italiano che ascoltava“Tutto il calcio minuto per minuto” con laradiolina in una mano e la schedina del To-tocalcio nell’altra, si affermano nuove tipo-logie di giocatore. Per l’Istituto di fisiologiaclinica del Cnr di Pisa, sono circa 15 mil-ioni - il 38,3% della popolazione tra i 15 e i64 anni - gli italiani che almeno una voltanella vita hanno giocato d’azzardo. La metàdegli uomini e quasi il 30% delle donne. Il10,8% dei giocatori, pari a un milione emezzo di persone, prova l’impulso a giocare

somme di denaro sempre più consistenti. Il5,3% nasconde l’entità del denaro speso aifamiliari. Il gioco compulsivo, il cosiddettogambling, è considerato dall’Organizzazionemondiale della sanità, già dal 1980, unaforma morbosa che può diventare malattiasociale. In Italia sono 1 milione e 270mila igiocatori a rischio e circa 800mila quelli chehanno sviluppato una dipendenza patolo-gica (l’11% minorenni) e il cui costo socialesi aggira sui 38mila euro l’anno ciascuno.

Il primato per il fatturato legale del giocospetta alla Lombardia, con 2miliardi e568mila euro, seguita dalla Campania con unmiliardo e 795mila euro. Il Lazio è ultimocon un miliardo e 612mila euro, fatturatodestinato a crescere grazie alle 294 sale e piùdi 50mila slot distribuite tra Roma e provin-cia, il 12% del settore che fa della Capitaleuna sorta di Las Vegas. Nel 2010, il via li-

Campagna di Gamcare per i dipendendi dal gioco

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bera al proliferare delle macchinette man-giasoldi al Prenestino ha visto spuntare 36sale slot e punti di gioco. Tra i marchi piùattivi - si legge nel Dossier di Libera - il mar-chio Intralot (150 dipendenti) con sede sullaTiburtina, forte di una «consistenza econo-mica dovuta alla costola principale, la multi-nazionale Intralot group, quotata alla borsadi Atene, lasciapassare per una cospicua dif-fusione nei mercati dell’Est Europa». Tral’Appia e la Tuscolana si concentra il mag-gior numero di sale giochi, ma la prolifera-zione riguarda tutti i quartieri vicini al centrostorico, vietato, per ora, alle slot. A piazzaRe di Roma si trova la più grande sala giochid’Europa da 900 postazioni.

L’illegalità si espandeLa Guardia di finanza stima che il gioco

illegale sia tre volte il monte della raccoltalecita. «La criminalità organizzata sta acqui-sendo quote sostanziose del mercato delgioco», ha appena detto la Procura nazio-nale antimafia. Nell’ultima relazione c’è uncapitolo sulle “Infiltrazioni della criminalitàorganizzata nel gioco (anche) lecito”. Ele-vatissimi e rapidi guadagni, possibilità di ri-ciclare, penetrazione territoriale e bassirischi giudiziari (per una slot truccata si ri-schiano 500 euro di multa): c’è tutto quelloche può persuadere le cosche a diversificareun’attività già fiorente con le storiche intra-prese di bische, toto nero, lotto clandestino,corse e partite di calcio truccate. La recenteinchiesta “Last bet” ha portato in carcerestar del calibro di Doni e Signori, rivelandola compiuta globalizzazione delle cosche, ca-paci di operare in sinergia con criminalitàdell’Est e della Cina.

La nuova frontiera sta nei finti internetpoint, che celano totalizzatori, o nella ma-nomissione delle slot “buone”: si “convin-cono” gli esercenti a noleggiare gliapparecchi dalle ditte vicine al clan. Maquelle slot sono scollegate dal sistema sta-tale di controllo, così da evadere il 12% ditasse. Il 50% dei loro guadagni viene pro-prio dalle macchinette. A fronte di 250milanew slot ufficiali, si stima che siano operativialmeno altri 200mila apparecchi illegali.

Un altro espediente è quello di dirottare,da siti legali, i giocatori su portali illegali consedi all’estero. Ma anche il gioco legale fagola alle mafie perché in quelle sale è possi-bile “lavare” le banconote in tempo reale. Afine serata, grazie a giocate fittizie, i proventidei racket diventano soldi immacolati. Il fattoche molte concessioni siano state aggiudicatea costi eccessivi fa pensare gli inquirenti a girisommersi di denari riciclati, per compensarel’apparente antieconomicità dell’investi-mento. I mammasantissima, intanto, colo-

I numeri• 1260 euro l'anno a testa: la cifra che gliitaliani spendono per schedine e lotterie• 76,5 miliardi: la cifra che hanno spesoper giochi e scommesso nel 2011• 57,5 miliardi: quelli che hanno incas-sato in vincite e premi• 9,3 miliardi: quelli che lo Stato ha incassato• 3%: la percentuale del Pil prodotta dal gioco• 800.000: i giocatori che hanno sviluppato dipendenza• 1.270.000: i giocatori a rischio• 10 miliardi: il giro d’affari del gioco illegale

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Focus 2233

Un poker tra amici o una scom-messa sportiva. Chi di noi nonl’ha mai fatto? Per alcuni però è

l’inizio di una dipendenza che potrebbe por-tare alla distruzione di una vita. Ma cosa suc-cede nel mezzo? Lo abbiamo chiesto a chi havissuto quest’esperienza e ha vinto la sfidacon se stesso. Geronimo, 53 anni. Una grandepassione per l’ippica e due anni di gioco sfre-nato. Per lui l’azzardo era uno stile di vita.Oggi ne è fuori. Mentre ha visto un suo amicobuttare tutto al vento, laddove a trionfare nelgioco della vita era stato l’azzardo.

Dallo sport all’azzardo. Come è nataquesta passione?

«A 24 o 25 anni andavo all’ippodromocon un amico. Il gioco d’azzardo all’inizio

neanche mi piaceva. Anzi, mi incazzavoquando lo vedevo puntare dei soldini un po’superiori a quelli che potevano entrare nelletasche delle persone normali. Cazzarola, c’ègente che con una puntata ci campa una fa-miglia. Quindi mi limitavo a guardare i ca-valli, fino a che un giorno non ho puntatoqualcosa e da là ho iniziato».

Cos’è successo?«È diventato un gioco più calcolato: in-

cominciavo a fare piccoli studi, guardavo lecaratteristiche dell’animale o che terrenoc’era. Vivevo una complicità con questo miocaro amico. All’inizio era uno sfizio, al mas-simo potevo perdere 30-40mila lire. Dopoun po’ è iniziata una vera e propria passioneche è salita e, nel giro di 2-3 anni mi sono

di CCllaauuddiiaa FFaarraalllloo

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AAZZZZAARRDDAARRSSII AA CCRREESSCCEERREE

nizzano i mercati adiacenti - alberghi, risto-ranti e locali notturni - e sono attratti dal vo-lume di usura che scaturisce dai prestiti dei“cambisti” ai giocatori in perdita.

I “giochi delle mafie” coinvolgono al-meno 41 clan, stando al primo dossier di Li-bera del 2012, dedicato ad “Azzardopoli”,secondo il quale, con un fatturato legale sti-mato in 76,1 miliardi di euro più 10 miliardidel gioco illegale, l’Italia è prima in Europae terza nel mondo in questo settore. E lemafie - nel Lazio sono attivi gli Schiavone equel che resta della Banda della Magliana -sono titolari dell’undicesima, e occulta, con-

cessionaria del monopolio per questi giochi.Le dieci direzioni distrettuali antimafia, chenell’ultimo anno hanno svolto indagini sulleinfiltrazioni dei clan nel gioco d’azzardo,hanno scoperto modalità come l’acquisto,con sovrapprezzo, dei biglietti e delle sche-dine vincenti grazie ai quali riescono a giu-stificare il possedimento di grandi patrimonied eludere i sequestri. Le infiltrazioni ma-fiose sono molto più facili dopo la deregula-tion delle autorizzazioni consentite dellafinanziaria del 2000. Negli anni cruciali il le-gale della “confindustria” dei videopoker èstato un parlamentare del centrodestra. ■

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trovato a perdere anche 7-800mila lire».

Hai sviluppato una dipendenza?«Più che dipendenza direi incoscienza, ti-

pica dei giovani. Prendi la vita come un giocoe ce ne aggiungi un altro, quello d’azzardo.Per un paio d’anni mi ero lasciato andare, nontanto nel gioco in sé, ma proprio nella vita: laprendevo in maniera spensierata, con unacerta dose di incoscienza e zero responsabi-lità. Il gioco mi portava anche a viaggiarespesso, nel senso che facevamo delle “zinga-rate”, ma in fondo l’obiettivo era andare afarci una giocatina in un posto nuovo: dove andiamo? Ma c’è l’ippodromo?»

Che problemi ti ha portato?«Per fare questi viaggi magari ti eri inven-

tato una balla sul lavoro o usavi soldi destinatia una cosa più importante. Una volta dovevo

andare in vacanza, poi mi hanno detto chec’era da scommettere su un cavallino buono eho puntato quasi tutto. Morale, sono rimastoa casa con i soldi sufficienti solo a mangiare».

Perché continuavi a giocare nono-stante le perdite?

«Perdere è una guerra con se stessi.Quando vinci non è che non sei soddisfatto,ma è più dolce. Invece quando perdi è la rab-bia che ti dà quella spinta forte, ti sveglia, tiscarica in corpo una sensazione incredibile.La rabbia è un’emozione, è come una drogache ti eccita. E più si alzavano le puntate piùera forte l’adrenalina. Dopo una forte perdita,poi, te ne facevi una giustificazione, perchémagari la volta prima avevi vinto. Mi rendoconto che il mio era un gioco nei confrontidella vita. Ma devo dire che il gioco d’azzardolo condiva ulteriormente. Era anche una ma-

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Non hai bisogno di inalarla per prendere il vizio.Campagna contro il gioco d’azzardo di Gamblers Anonymous

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niera per evadere, era la voglia di azzardare».

Che vuol dire “voglia di azzardare”?«Ci sono tanti modi di azzardare nella

vita, come buttarsi totalmente nella musicaper la propria carriera o cadere nell’alcoli-smo. Non puoi quantificarla con l’ippica ocol casinò, è una scommessa con te stesso.Forse giocare in borsa non è un azzardo? Oandare sull’Olimpica (nota strada di Roma,ndr) e metterti su una ruota?».

Come ne sei uscito?«Bisogna vincere con se stessi, poi tutto

quadra. La mia era una voglia di vivere, poimi sono reso conto che la vita era altro. In-somma, capisci che giocare così è una granstronzata. Sia perché maturi, sia perché co-nosci meglio la vita e inizi a dare peso allecose. Non è che molli tutto improvvisa-mente, ma inizia ad esserci un momento peril gioco d’azzardo e un momento per le cosedella vita, mentre prima era tutto mischiato».

Oggi continui a scommettere?«Se ho qualche spiccio sì, magari sul cal-

cio. Se mi capita gioco anche all’ippica, robadi 10-20 euro, che non mi fa cadere nellatrappola. Vedo sempre i miei amici del-l’epoca, ma non giochiamo più assieme per-ché siamo presi dalla vita quotidiana. Manon tutti. Ricordo un mio amico che avevatutto, era intelligente, brillante… se lo vedioggi è un derelitto: Caritas e tranquillanti.Ha distrutto una famiglia, tutto quanto».

Che ne pensi delle pubblicità sul gioco?«La pubblicità è un modo di inchiappet-

tarti: gli servono i soldi e ti dicono “gioca re-

sponsabilmente”. C’è un po’ d’ipocrisia, no?Mi devi dire di non giocare perché un giornomi potrei fottere la salute…o qualcos’altro».

Giorgio ha 30 anni ed è un grande appas-sionato di Poker Texas Holdem. Il gioco perlui inizia da adolescente, quando con i primisoldi inizia a frequentare le sale giochi. Ma gliè stato presto chiaro che doveva prenderedelle misure per non cadere in trappola.Oggi, ogni tanto gioca “quei due spicci intasca” per comprare, a un prezzo modico, l’il-lusione di un sogno.

Piacere del gioco. Da cosa dipende?«Non tanto dai soldi, quanto dalla moda-

lità del gioco. Il mio ricordo più bello è un pic-colo torneo casalingo di Poker TexasHoldem. Eravamo una quindicina di persone,amici o amici di amici. Visto che ero un po’ al-ticcio, pensavano tutti che le mie puntante di-pendessero più dall’alcol che da una strategia,allora mi hanno preso sotto gamba. Ne èuscito un bluff non voluto ed è stato moltodivertente. Invece il ricordo più brutto è statoquando, in un tavolo da quattro, uno non eraun giocatore d’azzardo e quindi uccideva al ta-volo: non faceva bluff, quindi entrava in par-tita solo se aveva buone carte. È stato noioso».

Quanti soldi giochi?«Oggi come oggi sono cifre veramente esi-

gue, che ti non cambiano nulla. Al pokerposso vincere 100 euro o perderne al mas-simo 30-40. Prima giocavo spesso, anche unavolta a settimana. Oggi molto meno, ancheperché in parte ho cambiato amicizie».

Di cosa hai paura?«Di farmi prendere dal vizio. Fortunata-

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In Italia esistono un totale di 186 cen-tri che accolgono domande relative algioco d’azzardo patologico: 81 sono

al Nord, 52 al Centro e 53 al Sud. La mag-gioranza sono Asl, il 4,5% enti pubblici, an-cora il 4,5% associazioni, l’1,5% cooperative.Sono questi i primi dati raccolti dall’associa-zione Gruppo Abele di Torino, a cui il Mini-stero della Solidarietà sociale ha affidato, incollaborazione con Alea, Associazione per lo

studio del gioco d’azzardo e dei comporta-menti a rischio, un progetto per la creazione

di una banca dati per individuare le caratteri-stiche del fenomeno del gioco d’azzardo e

di CChhiiaarraa CCaassttrrii

MMeennttrree llee ffoorrmmee ddii ddiippeennddeennzzaa ccrreessccoonnoo ee iill ggiiooccoo dd’’aazzzzaarrddoo èè ddiivveennuuttaa llaa sseeccoonnddaaccaauussaa ddii rriiccoorrssoo aallll’’uussuurraa,, iill nnoonn pprrooffiitt ppoorrttaa aavvaannttii aazziioonnii ddii sseennssiibbiilliizzzzaazziioonnee,,pprreevveennzziioonnee,, ssoosstteeggnnoo.. EE ggiiàà ssii ppeennssaa iinn rreettee

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mente questa sensazione mi è capitata da pic-colissimo, in sala giochi. E lì ho capito comeero fatto. All’epoca c’erano queste macchi-nette che ti davano l’opportunità di vinceredei gettoni che potevi investire in altri giochi.Forse anche per la giovane età, intorno ai 14anni, lo vivevo in maniera troppo cieca. Unbuon 50% dei soldi che mi procuravo lavo-ricchiando qua e là se ne andava lì, anche per-ché non avevo altre spese. Da adulto sonocambiate le dinamiche. Crescendo, anche at-traverso l’informazione, ho conosciuto l’iterdella dipendenza da gioco. Ho anche vistogente rovinata. L’ho giudicata una malattia ea maggior ragione mi sono frenato».

Oggi continui a giocare?«Gioco a poker, molto saltuariamente al

Superenalotto, e raramente metto due spiccinelle macchinette, giusto per levarsi quei dueeuro in tasca».

Perché levarsi quei due euro dalla tasca?«Perché con quei due euro compri l’illu-

sione della vincita. Fino a che non estraggonoi numeri del Superenalotto, quella schedinarappresenta un sogno: si sogna come sarebbela propria vita se vincessi una cifra impor-tante. Un sogno a un costo modico».

E quando torni alla realtà?«Dici: ecco, me so’ fatto fregà un’altra

volta. Quando lo vai a comprare lo sai be-nissimo che è una probabilità bassissima.Non succede, ma se succede…» ■

Ci sono 186 centri, in Italia,

per il gioco patologico

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creare una mappa dei servizi che se ne occu-pano. Dalla cura e il sostegno alla preven-zione, alla sensibilizzazione, il volontariato edil terzo settore possono giocare un ruolo im-portante nella lotta ad azzardo e ludopatia.

Prevenire nelle scuoleProprio di prevenzione si occupa, ad esem-

pio, l’associazione Archi d’arte di Roma, chein collaborazione con l’Assessorato alla Tu-tela dei consumatori e lotta all’Usura dellaProvincia di Roma, porta avanti la campagna

“Non farti prendere dal giocod’azzardo”. «L’obiettivo», spiegaRosella Brecciaroli, presidentedi Archi d’arte, «è sollecitare unanuova attenzione e un nuovo mo-dello di comportamento rispettoal gioco. È per questo che il pro-getto è partito rivolgendosi allescuole, ai giovani. Finora abbiamocoinvolto più di 20 scuole secon-darie di Roma e provincia ed in-contrato più di 3mila studenti». Laprevenzione, secondo Brecciaroli,è fondamentale, soprattutto tra igiovani, se si pensa che «i ragazzidai 12 ai 17 anni che scommet-tono sono in aumento del 13%annuo», ma Archi d’arte conta diestendere la campagna in altri ter-ritori e di affiancare all’attivitànelle scuole anche azioni di pre-venzione rivolte ai cittadini: «Con-tiamo di chiedere ai Municipiluoghi istituzionali in cui parlaredi questo problema non solo congenitori e figli, docenti, ma anchecon cittadini comuni, anziani, chespesso giocano la propria pen-

sione sperando di salvare la loro povera eco-nomia con la casualità».

Limitare le occasioniCerto sembra difficile parlare di preven-

zione rispetto ad un fenomeno che accorpainteressi molteplici, che ha registrato neltempo una diffusione impressionante e che èspinto da una pubblicità sempre più accatti-vante. Non è una contraddizione?

Per Matteo Iori, presidente di Conagga,

La campagna di FeDerSerD

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Focus2288

Coordinamento nazionale gruppiper giocatori d’azzardo, no:«Viene seguito un disegno messosu dai governi precedenti, sia dicentrodestra che di centrosinistra:dagli anni Novanta, ogni volta chec’era una Finanziaria, uscivanonuovi giochi perché il gioco d’az-zardo era considerato un mezzoche permetteva di incamerare ri-sorse, un vantaggio per lo Stato.Le industrie del gioco si sonomosse di conseguenza». Ora ognitanto, per Iori, lo Stato sembrarendersi conto che il gioco è anchecausa di grossi problemi sociali:«È qui che si supera l’impasse»,spiega. «Sembra che il magico in-canto del gioco come qualcosache risolve tutti i problemi, che fagirare l’economia si stia rompendoe finalmente si inizia a capire – maci crederò quando lo vedrò – checi sono migliaia di persone chehanno problemi sociali, familiari,legati alla dipendenza e che nontutto deve essere permesso. Certo,si stima che solo il 2% di tutti i giocatori sianopatologici, ma, visto che sono più o meno 30milioni gli italiani che nell’ultimo anno hannogiocato almeno una volta, vuol dire che le per-sone dipendenti dal gioco sono circa 800mila,considerando anche i minori patologici. Sononumeri molto alti».

Per Iori servirebbe una limitazione im-portante delle proposte di gioco, soprattuttoquelle nate negli ultimi anni, con caratteri-stiche di rischio di dipendenza molto piùelevate rispetto a quelle di un tempo: «nei

primi anni 90 al Totocalcio si poteva giocareuna volta a settimana, per il Lotto bisognavaaspettare l’estrazione successiva. Oggi lapossibilità di trovare i giochi ovunque, per-sino nella propria camera da letto se pen-siamo ai giochi online legalizzati dall’ultimogoverno Belusconi, a qualunque ora, di pun-tare cifre molto alte e di continuare a gio-care per rifarsi delle perdite subite è unmeccanismo di incatenamento tipico per ilgiocatore, che continuerà a giocare per vin-cere i soldi persi in modo sequenziale».

«Le persone dipendendi dal gioco sono circa 800milain Italia considerando anche i minori patologici»

Foto di Tiffa Day (Flickr)

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Focus 2299

Per il presidente di Conagga esistonoanche attinenze importanti tra il gioco e lacrisi attuale, come confermano anche i datisecondo cui con la crisi il gioco d’azzardo èaumentato e a giocare più di frequente sonocoloro che sono nella fascia media-bassadella popolazione. «Secondo la ricerca na-zionale sulle abitudini di gioco degli italianicondotta con Cnca, Coordinamento nazio-nale delle comunità d’accoglienza, giocal’80% di chi ha una licenza media contro il60% di chi ha una laurea; gioca molto più difrequente chi ha un contratto precario o èin cassa integrazione di chi ha un contrattoa tempo indeterminato: con l’aumentaredella crisi le persone cercano più facilmentenel gioco d’azzardo una scorciatoia».

Il mutuo aiuto per i compulsiviTuttavia, se per Brecciaroli è fondamentale

un maggior controllo sulle macchinette, sullesale gioco, sui portali internet, sulla pubbli-cità, Davide, dell’Associazione giocatorianonimi (per informazioni www.giocatoria-nonimi.org), ci tiene a sottolineare che nes-suno gli ha mai puntato la pistola alla tempiaper andare a giocare e che c’è una differenzatra i giocatori compulsivi, come loro si defi-niscono, e i giocatori sociali, che giocano ilsabato o la domenica. «Siamo un’associazionedi auto mutuo aiuto», spiega, «formata dapersone che mettono in comune la loro espe-rienza per superare insieme la dipendenza dalgioco. Seguiamo un programma di dodicipassi e abbiamo un gruppo di sollievo for-mato da persone con una lunga esperienza direcupero, che aiuta chi ha problemi ad evitarei circuiti dell’usura offrendo piani finanziaridi rientro». E ribadisce: «Non siamo contro il

gioco e non ci interessa fare campagne, quellocon il gioco è un problema che investe l’indi-vidualità, che, come tutte le dipendenze, haradici nella dipendenza affettiva. Io, ad esem-pio, mi sono reso conto che il mio problemanon è il gioco, ma sono io, che sono statoportato a riempire i miei vuoti dell’anima inquesto modo. Il problema è che penso che lepersone nei nostri gruppi siano un centesimodi quelle che giocano e che stanno male».

Davide, in un certo senso, è stato fortunatoperché è arrivato in associazione giovane equindi non ha avuto problemi economici gravicome molti altri, che continuano a correre unrischio usura. Un problema reale se, come te-stimonia Iori, secondo la Fondazione nazio-nale Antiusura, quella del gioco d’azzardo è laseconda causa in Italia per il ricorso all’usura:«il meccanismo della ricerca di soldi è insitonei giocatori, che sentono che, se riuscirannoa continuare a giocare, potranno vincere i soldipersi. Quindi prima chiedono i soldi in famigliae agli amici, poi alle banche, alle finanziarie,fino a diventare facili prede degli usurai».

L’importanza di fare reteOra, per combattere il gioco d’azzardo,

sta nascendo una rete tra numerose associa-zioni impegnate nel campo delle dipen-denze, tra cui, appunto, Cnca e Conagga.Un percorso appena partito, ma che è fon-damentale per individuare percorsi e richie-ste comuni. «Siamo ancora agli inizi»,conferma Iori, «ci siamo incontrati unavolta, a breve ci rivedremo per capire comeproseguire insieme e come ampliare la rete.Il prossimo incontro di maggio servirà peraffrontare questi temi e capire quali puntiformalizzare come richieste della rete». ■

Page 12: L’AZZARDO NON È PIÙ UN GIOCO · 2012-05-25 · L’AZZARDO NON È PIÙ UN GIOCO un gioco legale e responsabile può esistere (leggi Maurizio Ermisino a pagina 30). Ep-pure il

Focus3300

Combattere il gioco d’azzardo si-gnifica anche promuovere ilgioco legale, e in questo modo

sottrarre quote di mercato al gioco illegale,promuovere i comportamenti responsabili,aiutare la gente evitando gli eccessi. È ancheper questi motivi che in seno a Confindu-stria si è costituita Sistema Gioco Italia, fe-derazione di filiera di associazioni e aziendedel settore. Ne fanno parte Cirsa Italia, Co-dere Network, Cogetech, Gmatica, SisalSlot, Acmi, Astro, Federbingo, Federippo-dromi, BWin, Eurobet, Intralot, Lottoma-tica, Merkur-Win, Sisal Match Point.Abbiamo parlato con Massimo Passa-monti, Presidente di Sistema Gioco Italia,di gioco legale e gioco responsabile.

C’è ancora da lavorare per chiarire cheil gioco legale è qualcosa di diverso dalgioco d’azzardo?

«C’è molto lavoro da fare, ma non solosul piano dell’informazione. C’è da fare so-prattutto sul piano dell’eliminazione di tuttele occasioni di gioco illegale: in Italia, perquanto riguarda le scommesse, esiste ancorauna rete fisica sul territorio, che per incon-gruenze legislative e normative del settoreda anni resta tranquillamente aperta accantoalla rete legale. Questo fa sì che nei cittadini

ci sia la percezione di una legalità di fatto».

Il fatto che esista il gioco legale è giàun modo per sottrarre quote al gioco il-legale. Quali sono i risultati in questosenso?

«Lo dice la storia stessa dell’evoluzione delsettore del gaming in Italia: è un settore che ècresciuto dai 15-20 miliardi degli anni a ca-vallo del 1998-2000 agli 80 miliardi del 2011.In buona parte questo è stato possibile grazieall’emersione del gioco illegale. Solo nel 2002una commissione d’indagine del Senato sti-

mava la raccolta di gioco illegale in 15-20 mi-liardi di euro. La vicenda stessa del settoredelle scommesse e della raccolta delle slot,che prima era identificata con i famigerati vi-deopoker, ha fatto sì che in Italia emergesseuna fetta sommersa di gioco illegale, renden-dolo legale, e quindi sicuro, e offerto in uncircuito controllato dallo Stato».

L’uso della pubblicità è importante:come ci si può impegnare in campagne

di MMaauurriizziioo EErrmmiissiinnoo

SSeeccoonnddoo SSiisstteemmaa GGiiooccoo IIttaalliiaa,, ffeeddeerraazziioonnee ddii ffiilliieerraa ddii aassssoocciiaazziioonnii ee aazziieennddee ddeell sseettttoorree,, èè ppoossssiibbiillee pprroommuuoovveerree ccoommppoorrttaammeennttii rreessppoonnssaabbiillii

GGIIOOCCOO LLEEGGAALLEE EE RREESSPPOONNSSAABBIILLEE:: SSII PPUUÒÒ??

Bisogna fa emergereil gioco illegale

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volte a promuovere comportamenti re-sponsabili?

«Il codice di autoregolamentazione degliinterventi pubblicitari fatto dagli operatoriè stato presentato ufficialmente da Aams, iMonopoli di Stato. È una nostra iniziativa,basata sul lavoro già fatto dall’European As-sociation of Lotteries. Tra le linee guida c’èquella di evitare ammiccamenti a situazionidi vita che potrebbero svoltare o cambiaregrazie al gioco. Ed evitare in qualsiasi modo

forme di ammiccamento e indu-zione al gioco che facciano leva esi rivolgano ai minori. La pubbli-cità sul gioco, in sua qualsiasiforma, deve essere accompagnatadal bollino di Aams, che testimo-nia l’appartenenza al circuito le-gale: Aams vorrebbe cheapparisse solo il riferimento dellalicenza del concessionario, e nonla trovo una cosa efficace. Il cit-tadino ha bisogno di sapere qual èun prodotto o un luogo di giocolegale».

Quali sono le altre azioni chei vostri associati studiano perpromuovere la sicurezza ed evi-tare la dipendenza da gioco?

«Più di qualche azienda già faazioni di questo tipo, come Lotto-matica e Sisal, che collaborano conassociazioni e strutture che tute-lano i diritti dei consumatori. Èsempre utile creare occasioni diconfronto tra gli operatori sulle si-tuazioni più utili a raggiungerequesto risultato. Che possono es-

sere campagne di sensibilizzazione nellescuole su queste problematiche, e anche pub-blicità dirette che possono essere finalizzatead un approccio responsabile nei confrontidel gioco». ■

L’associazione L’Altraladispoli ha promosso una petizione contro il proliferare delle sale