L’Aquara di Guy i volti e le storie · cosa rifugga la luce, si agita nel-le tenebre. Una barca...

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Time: 06/10/19 22:56 IL_MATTINO - SALERNO - 21 - 07/10/19 ---- 21 Lunedì 7 Ottobre 2019 ilmattino.it Girocittà Salerno M Mignola, discesa agli Inferi sul Delta del fiume Sarno «RACCONTI DI JUAREZ» SEGNA L’ESORDIO COME SCRITTORE DEL GIOVANE TORRESE CHE LAVORA AL PORTO DI SALERNO Antonio Corbisiero A quara si trova su una colli- na di 770 metri, si affaccia sulla Valle del Calore, mentre alle sue spalle si ergono i Monti Alburni. Data la sua collocazione strategica e non avendo ostacoli visivi prossimi, da Aquara è pos- sibile spaziare lo sguardo dal Monte Gelbison fino al mare, do- ve in occasione di giornate parti- colarmente limpide compare l’Isola di Capri. È uno di quei pae- si che soffre dello spopolamento dei territori interni e che da oltre tremila abitanti agli inizi del No- vecento oggi ne conta meno della metà. Terra di emigrazione co- me tante ed è da qui che partìGuy Marino, figlio di contadini, ragaz- zo curioso, sveglio ed irrequieto che, dopo le scuole elementari e medie nel suo paese amato e due anni di liceo a Roccadaspide, a 15 anni parte per Milano. Raggiun- ge dei parenti e comincia a fare lavori tra i più disparati, fattori- no, tipografo, disegnatore grafi- co lavorava per confezionare il mensile Linus, pubblicitario. Sem- pre curioso di scoprire altre realtà, altri altrove, con quella voglia di mettersi in gioco decide di partire per l’America. Siamo negli anni Set- tanta e tanti prima di lui dal Cilen- to, dal Vallo di Diano avevano tenta- to la fortuna. LE VIE DEL SOGNO Le vie del sogno, il sogno ameri- cano, l’abbandono di una terra inospitale che il duro lavoro del- la terra non riusciva a sfamare i contadini abbrutiti dalla mise- ria. Invece Guy Marino è un im- pavido. Si stabilisce nel Queens dove abitavano la sorella e altre famiglie cilentane. A 23 anni spo- sa quella che sarà la donna della sua vita, Rosa, di Ottati. Comin- cia subito a lavorare come grafi- co pubblicitario e disegnatore presso importanti agenzie creati- ve tra cui la Merkley Newman Hartya che fornivano una gam- ma completa di servizi ai loro clienti, spesso grandi brand mul- tinazionali. Dal matrimonio di Guy e Rosa nascono due femmi- ne: Roseline e Roberta. Il giovane di Aquara in breve tempo fa una carriera strepitosa e comincia a lavorare a campagne pubblicita- rie per marchi importanti, conti- nua a studiare alla School of Vi- sual Arts per Art Direction e New York diventa la sua patria. Il lavo- ro si trasforma, diventa freelance art director, crea spot utilizzan- do personaggi dal mondo dello spettacolo e prepara materiali pubblicitari per Swissair, The American Craft Museum, Avon, Estee Lauder. Negli anni ’80 pas- sa ad agenzie ancora più impor- tanti come Doremus della catena Omnicom che raggruppa il mar- keting di 1500 agenzie, dove cura le campagne per Casio, Forbes, General Electric, Bankers Trust. Il pubblicitario, diventato famo- so, oggi vive a Manatthan e ha sempre avuto il pallino per la fo- tografia. Nella rete ci sono straor- dinarie foto fatte a modelli e a paesaggi. Ora Guy ha raccolto in un libro bilingue, che presenta presso la Provincia di Salerno l’11 ottobre alle 17, i volti del suo pae- se e siccome Guy è un fotografo che ama i ritratti ha immortalato i suoi compaesani in foto in bian- co e nero di un nitore struggente. Decine di scatti in cui racconta per immagini la sua gente. Ed il titolo è emblematico: «È la gente che fa un paese». Sul suo profilo facebook c’è un’amica che gli ha ricordato la famosa frase di Cesa- re Pavese tratta da La luna e i fa- lò: «Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere so- li, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti». Beppe Ser- relli che ha curato la prefazione della elegante pubblicazione pa- tinata dice: «Guy Marino partito un po’ di anni fa dal solito paesi- no del Sud ed è approdato nella Grande Mela, dove ha raggiunto un notevole successo professio- nale. Le origini, tuttavia, le tiene a cuore, e perciò, di anno in an- no, tra luglio e agosto ritorna e immortala tutti i paesani che in- contra. Il risultato è una bellissima carrellata antropologica di quello che è un pezzo di Sud. Io, che sono molto invidioso della qualità delle sue foto, dico che ha ritratto degli Aquaresi di Boston, tanto sono am- modo e, a volte, quasi austeri. E in- vece, quelle foto scavano nell’ani- mo, alla ricerca del lato buono. Ec- co: che ognuna delle persone ritrat- te si guardi nello specchio delle foto di Guy e cerchi di disotterrare il suo lato buono». © RIPRODUZIONE RISERVATA Davide Morganti L uca Mignola guarda il pre- sente con le parole più che con gli occhi, lo ricopre con una complessità che som- ma antico e moderno, nel suo li- bro di esordio (Racconti di Jua- rez del sud, Wojtek Edizioni, pagg. 104, euro 14) lo scrittore, nativo di Torre Annunziata ma vive e lavora al porto di Salerno, affronta il male come qualcosa che non ha bisogno del duali- smo ma del suo cuore nero e ir- risolvibile. «La spiaggia mette in mostra le sue ossa di pietra. Un cono di luce bianca dal mare si abbatte sulle case lungo tutto l’arco della costa. Qualunque cosa rifugga la luce, si agita nel- le tenebre. Una barca si sta avvi- cinando alla spiaggia, sulla sponda opposta alla Fogna Are- tusa lungo il Delta del Sarno. Voglio vedere che cosa accade, sussurro. Ora so che siamo due cose diverse, dico all’ombra, e mi allontano, vado verso la riva della spiaggia. L’ombra scom- pare». C’è l’attenzione all’even- to, all’imminenza, alla catastro- fe che si assopisce nuda sull’uo- mo, un mistero che poco sop- porta la luce e l’ombra. «L’om- bra che mi teneva per i capelli mi costrinse a sporgermi oltre il bordo della paratia. Allora vidi l’Erebo da vicino, la voragine da cui si diceva che tutto avesse avuto inizio. Dal fondo dell’Ere- bo si alzava il fetore della mor- te. Non ne fui disgustato. Mori- re è il passaggio, mi dissi. Le ombre esultarono prima di sol- levarmi e gettarmi nel gorgo vorticoso. Non ricordo se rima- sero lì a guardarmi precipita- re». LO SPIRITO Libro di racconti che si legano tra loro con raffinata sotterra- neità, racconti che parlano di al- tri racconti quasi come se il let- tore fosse un estraneo perché i testi di Mignola tendono un ag- guato a chi crede di avere di fronte storie brevi e di facile fruizione; qui siamo dal lato del- la discesa agli inferi, dove nes- suna lettera si accontenta della disattenzione a cui ci stiamo drammaticamente abituando ma pretende il fuoco dell’esi- stenza. Mignola narra di una città immedicabile e i cui rac- conti non sono tanto la ricom- posizione di un puzzle quanto la disintegrazione della sua identità. Non c’è tanto un fatto da descrivere quanto agitare sulla pagina la condizione uma- na nella sua pietosa china. «La minaccia è perenne. L’Appara- to di Ricerca e Defenestrazione e la Torre Ovest hanno occhi in tutta la città. Emissari silenziosi battono le strade di Juarez del Sud. In pochi restano degli esse- ri che abitavano il crogiolo. Im- prigionati o defenestrati, incate- nati e languenti alle finestre del- le prigioni, sanno che tutto è fi- nito. La loro speranza è stata ancora una volta tradita da quella notte». La memoria e il ricordo compongono e scom- pongono quanto avviene, la col- pa attraversa le pagine del libro come un morbo corruttore e tutto pare sul punto di crollare o di rimanere sommerso dalle acque del fiume Sarno. GLI EVENTI Lingua densa, in certi punti for- se un po’ troppo chiusa su se stessa tanto da diventare oscu- ra ma allo stesso tempo c’è an- che una forza evocativa che spinge ad andare avanti. «La successione degli eventi non è casuale, eppure non c’è preme- ditazione, non credo ci sia mai stata. Mi violenta là sul posto, dovunque sia: se siamo su una strada dissestata e sbrecciata o se siamo sul porto o in una stan- za dell’orfanotrofio o dentro un altro sogno o in un ricordo di questi stessi luoghi». La vita, dunque, come una irrisolvibile sequenza di fatalità a cui possia- mo solo partecipare come fossi- mo testimoni delle nostre stes- se vite. © RIPRODUZIONE RISERVATA I PRIMI PASSI A MILANO COME GRAFICO POI VOLA A NEW YORK DALLA SORELLA INCONTRA L’AMORE ED È SUBITO SUCCESSO L’Aquara di Guy i volti e le storie Lara Adinolfi L a città metelliana è pronta ad ospitare John Mpaliza, l’autore di una marcia de- dicata alla ricerca della pa- ce per l’iniziativa «In cammi- no per costruire ponti-Restia- mo umani». E così dopo Saler- no, Mpaliza raggiungerà Cava de’ Tirreni in attesa di arriva- re a Roma il 19 ottobre al ter- mine di un percorso di 3000 chilometri. L’uomo in cammi- no per veicolare il messaggio di pace lungo la sua strada e per spiegare alle persone che incontra che, nonostante le guerre e le ingiustizie, il mon- do non è condannato, sarà og- gi alle 10 all’auditorium dell’istituto Della Corte-Vanvi- telli di Cava. All’incontro prenderanno parte, oltre agli studenti dek Della Corte-Van- vitelli, anche gli allievi delle altre scuole superiori cittadi- neper sensibilizzare i giovani sul tema della pace. L’attivista di origini congolesi, con la sua testimonianza, consentirà al pubblico di comprendere il vero significato della lunga marcia a difesa dei diritti umani. «Siamo convinti – sot- tolinea la preside Franca Ma- si - che il tema dell’accoglien- za costituisca un’importante impegno per le scuole». E così i ragazzi si confronteranno con questo straordinario pea- ce walking man da sempre convinto che, proprio grazie alla ricerca della pace, sia dav- vero possibile arrivare ad un mondo caratterizzato da una maggiore giustizia sociale. Ci si confronterà dunque con John Mpaliza, ingegnere in- formatico nato a Bukavu, nel- la parte orientale della Repub- blica Democratica del Congo, da 26 anni in Italia ed ora «camminatore per la pace», accompagnato dalla fedele chitarra. Ex programmatore al Comune di Reggio Emilia, ora organizza marce ovunque ci sia bisogno di accendere i riflettori su violenze ed ingiu- stizie. Indifferente alla soffe- renza fisica, morale e psicolo- gica, lui macina chilometri col caldo e col freddo, col bel- lo e brutto tempo, anche quando non hai più un soldo in tasca o quando è stanchissi- mo, «per «aiutare i giovani a capire meglio il mondo e le in- giustizie che li circondano, con la speranza che quando saranno loro a prendere le de- cisioni, agiscano per il bene di tutti, dell’Africa, dell’Italia, dell’Europa, di Madre Terra». Uno strumento nonviolento per abbattere i muri e costrui- re ponti, restando umani. © RIPRODUZIONE RISERVATA John Mpaliza maratoneta della pace arriva a Cava Salernitani con la valigia Pubblicitario con la passione per la fotografia, Marino diventa celebre negli States «Il mio cuore è nel Cilento dove torno per le vacanze. Una mostra alla Provincia coi ritratti della mia gente»

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Time: 06/10/19 22:56 IL_MATTINO - SALERNO - 21 - 07/10/19 ----

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Lunedì 7 Ottobre 2019ilmattino.itGirocittàSalerno M

Mignola, discesa agli Inferisul Delta del fiume Sarno

«RACCONTI DI JUAREZ»SEGNA L’ESORDIOCOME SCRITTOREDEL GIOVANE TORRESECHE LAVORAAL PORTO DI SALERNO

Antonio Corbisiero

Aquara si trova su una colli-na di 770 metri, si affacciasulla Valle del Calore,mentre alle sue spalle siergono i Monti Alburni.Data la sua collocazione

strategica e non avendo ostacolivisivi prossimi, da Aquara è pos-sibile spaziare lo sguardo dalMonte Gelbison fino al mare, do-ve in occasione di giornate parti-colarmente limpide comparel’Isola di Capri. È uno di quei pae-si che soffre dello spopolamentodei territori interni e che da oltretremila abitanti agli inizi del No-vecento oggi ne conta meno dellametà. Terra di emigrazione co-me tante ed è da qui che partìGuyMarino, figlio di contadini, ragaz-zo curioso, sveglio ed irrequietoche, dopo le scuole elementari emedie nel suo paese amato e dueanni di liceo a Roccadaspide, a 15anni parte per Milano. Raggiun-ge dei parenti e comincia a farelavori tra i più disparati, fattori-no, tipografo, disegnatore grafi-co lavorava per confezionare ilmensile Linus, pubblicitario. Sem-pre curioso di scoprire altre realtà,altri altrove, con quella voglia dimettersi in gioco decide di partireperl’America.Siamonegli anni Set-tanta e tanti prima di lui dal Cilen-to,dalVallodiDianoavevano tenta-tolafortuna.

LE VIE DEL SOGNOLe vie del sogno, il sogno ameri-cano, l’abbandono di una terrainospitale che il duro lavoro del-la terra non riusciva a sfamare icontadini abbrutiti dalla mise-ria. Invece Guy Marino è un im-pavido. Si stabilisce nel Queensdove abitavano la sorella e altrefamiglie cilentane. A 23 anni spo-sa quella che sarà la donna dellasua vita, Rosa, di Ottati. Comin-cia subito a lavorare come grafi-co pubblicitario e disegnatorepresso importanti agenzie creati-ve tra cui la Merkley NewmanHartya che fornivano una gam-ma completa di servizi ai loroclienti, spesso grandi brand mul-tinazionali. Dal matrimonio diGuy e Rosa nascono due femmi-ne: Roseline e Roberta. Il giovanedi Aquara in breve tempo fa unacarriera strepitosa e comincia alavorare a campagne pubblicita-rie per marchi importanti, conti-nua a studiare alla School of Vi-sual Arts per Art Direction e NewYork diventa la sua patria. Il lavo-ro si trasforma, diventa freelanceart director, crea spot utilizzan-do personaggi dal mondo dellospettacolo e prepara materialipubblicitari per Swissair, TheAmerican Craft Museum, Avon,Estee Lauder. Negli anni ’80 pas-sa ad agenzie ancora più impor-tanti come Doremus della catenaOmnicom che raggruppa il mar-keting di 1500 agenzie, dove curale campagne per Casio, Forbes,General Electric, Bankers Trust.Il pubblicitario, diventato famo-

so, oggi vive a Manatthan e hasempre avuto il pallino per la fo-tografia. Nella rete ci sono straor-dinarie foto fatte a modelli e apaesaggi. Ora Guy ha raccolto inun libro bilingue, che presentapresso la Provincia di Salerno l’11ottobre alle 17, i volti del suo pae-se e siccome Guy è un fotografoche ama i ritratti ha immortalatoi suoi compaesani in foto in bian-co e nero di un nitore struggente.Decine di scatti in cui raccontaper immagini la sua gente. Ed iltitolo è emblematico: «È la genteche fa un paese». Sul suo profilofacebook c’è un’amica che gli haricordato la famosa frase di Cesa-re Pavese tratta da La luna e i fa-lò: «Un paese ci vuole, non fosse

che per il gusto di andarsene via.Un paese vuol dire non essere so-li, sapere che nella gente, nellepiante, nella terra c’è qualcosa dituo, che anche quando non ci seiresta ad aspettarti». Beppe Ser-relli che ha curato la prefazionedella elegante pubblicazione pa-tinata dice: «Guy Marino partitoun po’ di anni fa dal solito paesi-no del Sud ed è approdato nellaGrande Mela, dove ha raggiuntoun notevole successo professio-nale. Le origini, tuttavia, le tienea cuore, e perciò, di anno in an-no, tra luglio e agosto ritorna eimmortala tutti i paesani che in-contra. Il risultato è una bellissimacarrellata antropologica di quelloche è un pezzo di Sud. Io, che sonomolto invidioso della qualità dellesue foto, dico che ha ritratto degliAquaresi di Boston, tanto sono am-modo e, a volte, quasi austeri. E in-vece, quelle foto scavano nell’ani-mo, alla ricerca del lato buono. Ec-co: cheognuna delle persone ritrat-tesiguardinellospecchiodellefotodiGuyecerchididisotterrareilsuolatobuono».

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Davide Morganti

L uca Mignola guarda il pre-sente con le parole più checon gli occhi, lo ricopre conuna complessità che som-

ma antico e moderno, nel suo li-bro di esordio (Racconti di Jua-rez del sud, Wojtek Edizioni,pagg. 104, euro 14) lo scrittore,nativo di Torre Annunziata mavive e lavora al porto di Salerno,affronta il male come qualcosache non ha bisogno del duali-smo ma del suo cuore nero e ir-risolvibile. «La spiaggia mettein mostra le sue ossa di pietra.Un cono di luce bianca dal maresi abbatte sulle case lungo tuttol’arco della costa. Qualunque

cosa rifugga la luce, si agita nel-le tenebre. Una barca si sta avvi-cinando alla spiaggia, sullasponda opposta alla Fogna Are-tusa lungo il Delta del Sarno.Voglio vedere che cosa accade,sussurro. Ora so che siamo duecose diverse, dico all’ombra, emi allontano, vado verso la rivadella spiaggia. L’ombra scom-pare». C’è l’attenzione all’even-to, all’imminenza, alla catastro-fe che si assopisce nuda sull’uo-mo, un mistero che poco sop-porta la luce e l’ombra. «L’om-bra che mi teneva per i capellimi costrinse a sporgermi oltre ilbordo della paratia. Allora vidil’Erebo da vicino, la voragine dacui si diceva che tutto avesse

avuto inizio. Dal fondo dell’Ere-bo si alzava il fetore della mor-te. Non ne fui disgustato. Mori-re è il passaggio, mi dissi. Leombre esultarono prima di sol-levarmi e gettarmi nel gorgovorticoso. Non ricordo se rima-sero lì a guardarmi precipita-re».

LO SPIRITOLibro di racconti che si leganotra loro con raffinata sotterra-neità, racconti che parlano di al-tri racconti quasi come se il let-tore fosse un estraneo perché itesti di Mignola tendono un ag-guato a chi crede di avere difronte storie brevi e di facilefruizione; qui siamo dal lato del-

la discesa agli inferi, dove nes-suna lettera si accontenta delladisattenzione a cui ci stiamodrammaticamente abituandoma pretende il fuoco dell’esi-stenza. Mignola narra di unacittà immedicabile e i cui rac-conti non sono tanto la ricom-posizione di un puzzle quantola disintegrazione della suaidentità. Non c’è tanto un fattoda descrivere quanto agitaresulla pagina la condizione uma-na nella sua pietosa china. «Laminaccia è perenne. L’Appara-to di Ricerca e Defenestrazionee la Torre Ovest hanno occhi intutta la città. Emissari silenziosibattono le strade di Juarez delSud. In pochi restano degli esse-ri che abitavano il crogiolo. Im-prigionati o defenestrati, incate-nati e languenti alle finestre del-le prigioni, sanno che tutto è fi-nito. La loro speranza è stataancora una volta tradita daquella notte». La memoria e ilricordo compongono e scom-pongono quanto avviene, la col-

pa attraversa le pagine del librocome un morbo corruttore etutto pare sul punto di crollareo di rimanere sommerso dalleacque del fiume Sarno.

GLI EVENTILingua densa, in certi punti for-se un po’ troppo chiusa su sestessa tanto da diventare oscu-ra ma allo stesso tempo c’è an-che una forza evocativa chespinge ad andare avanti. «Lasuccessione degli eventi non ècasuale, eppure non c’è preme-ditazione, non credo ci sia maistata. Mi violenta là sul posto,dovunque sia: se siamo su unastrada dissestata e sbrecciata ose siamo sul porto o in una stan-za dell’orfanotrofio o dentro unaltro sogno o in un ricordo diquesti stessi luoghi». La vita,dunque, come una irrisolvibilesequenza di fatalità a cui possia-mo solo partecipare come fossi-mo testimoni delle nostre stes-se vite.

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I PRIMI PASSI A MILANOCOME GRAFICOPOI VOLA A NEW YORKDALLA SORELLAINCONTRA L’AMOREED È SUBITO SUCCESSO

L’Aquara di Guyi volti e le storie

Lara Adinolfi

L a città metelliana è prontaad ospitare John Mpaliza,l’autore di una marcia de-dicata alla ricerca della pa-

ce per l’iniziativa «In cammi-no per costruire ponti-Restia-mo umani». E così dopo Saler-no, Mpaliza raggiungerà Cavade’ Tirreni in attesa di arriva-re a Roma il 19 ottobre al ter-mine di un percorso di 3000chilometri. L’uomo in cammi-no per veicolare il messaggiodi pace lungo la sua strada eper spiegare alle persone cheincontra che, nonostante leguerre e le ingiustizie, il mon-do non è condannato, sarà og-gi alle 10 all’auditoriumdell’istituto Della Corte-Vanvi-telli di Cava. All’incontroprenderanno parte, oltre aglistudenti dek Della Corte-Van-vitelli, anche gli allievi dellealtre scuole superiori cittadi-neper sensibilizzare i giovanisul tema della pace. L’attivistadi origini congolesi, con la suatestimonianza, consentirà alpubblico di comprendere ilvero significato della lungamarcia a difesa dei dirittiumani. «Siamo convinti – sot-tolinea la preside Franca Ma-si - che il tema dell’accoglien-za costituisca un’importanteimpegno per le scuole». E cosìi ragazzi si confronterannocon questo straordinario pea-ce walking man da sempreconvinto che, proprio graziealla ricerca della pace, sia dav-vero possibile arrivare ad unmondo caratterizzato da unamaggiore giustizia sociale. Cisi confronterà dunque conJohn Mpaliza, ingegnere in-formatico nato a Bukavu, nel-la parte orientale della Repub-blica Democratica del Congo,da 26 anni in Italia ed ora«camminatore per la pace»,accompagnato dalla fedelechitarra. Ex programmatoreal Comune di Reggio Emilia,ora organizza marce ovunqueci sia bisogno di accendere iriflettori su violenze ed ingiu-stizie. Indifferente alla soffe-renza fisica, morale e psicolo-gica, lui macina chilometricol caldo e col freddo, col bel-lo e brutto tempo, anchequando non hai più un soldoin tasca o quando è stanchissi-mo, «per «aiutare i giovani acapire meglio il mondo e le in-giustizie che li circondano,con la speranza che quandosaranno loro a prendere le de-cisioni, agiscano per il bene ditutti, dell’Africa, dell’Italia,dell’Europa, di Madre Terra».Uno strumento nonviolentoper abbattere i muri e costrui-re ponti, restando umani.

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John Mpalizamaratonetadella pacearriva a Cava

Salernitani con la valigia Pubblicitario con la passione per la fotografia, Marino diventa celebre negli States«Il mio cuore è nel Cilento dove torno per le vacanze. Una mostra alla Provincia coi ritratti della mia gente»