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Dicembre 2016 - n. 56 La Voce della Comunità Periodico quadrimestrale dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione “E tutti uscirono di scena. Soli restarono lui e lei; restò il Creatore e la creatura; restò la miseria e la misericordia…” (Sant’Agostino - Discorso 16/A-5) Congresso dei Canonici Regolari di Sant'Agostino Assisi - 10-14 ottobre 2016

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Dicembre 2016 - n. 56

La Vocedella Comunità

Periodico quadrimestrale dei Canonici Regolaridell’Immacolata Concezione

“E tutti uscirono di scena. Soli restarono lui e lei; restò il Creatore e la creatura;

restò la miseria e la misericordia…” (Sant’Agostino - Discorso 16/A-5)

Congresso dei Canonici Regolari di Sant'Agostino

Assisi - 10-14 ottobre 2016

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11508256La Redazione ringrazia

LA VOCEDELLA COMUNITA’Periodico quadrimestraledei Canonici Regolaridell’Immacolata Concezione

SEDEIstituto «Maria Immacolata»Via XXV Aprile, 12025018 MONTICHIARI (Bs) - ItaliaTel./Fax 030 961024E-mail: [email protected] internet: www.cricitalia.comBlog: http://cric.myblog.it

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DIRETTORE RESPONSABILECristina Beffa

EDITOREP. Rinaldo Guarisco

REDAZIONEP. Riccardo BelleriP. Stefano LibertiP. Giambruno ChitòP. Lorenzo RossiP. Tino Treccani

REGISTRAZIONETribunale di Bresciadel 25/12/1998n° 11/1998

STAMPATipopennati s.r.l. di Montichiari

IN COPERTINA: Congresso dei Canonici Regolari di Sant'Agostino ad Assisi (10-14 ottobre 2016)

Retrocopertina: Foto di gruppo

A 100 anni della morte di Dom Adriano Gréa 3

Omaggio a Dom Gréa 5

Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori (C.I.S.M.) 6

Congresso dei Canonci Regolari di Sant'Agostino(Assisi 10-14 ottobre 2016) 7

S. Agostino, testimone e apostolodella Misericordia 8

LA VOCE DEGLI AMICI CRIC 15

Salmo 109 (110) 15

Melchisedek 18

Volta Mantovana: Festa di tutti i Santi dell'Ordine Canonicale 19

Parrocchia Natività di Maria - Iniziative pastorali nel periodo di settembre-novembre 2016 21

Lettorato di Fratel Erasmo Fierro 22

Pellegrinaggio sui luoghi di Dom Adriano Gréain Francia 22

Settimana Mariana e della Misericordia 23

In memoria di... 23

Dom Adriano Gréa

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Certo, guardandoci dentro con umiltà, emerge la nostra

fragilità, il nostro essere eredi di un grande progetto che fatica ad imporsi, ma contiamo sull’ amo-re misericordioso del Padre. È l’occasione propizia per interro-garci sulla fedeltà alla missione che abbiamo professato, non per scoraggiarci per le infedeltà e le difficoltà del nostro cammino ma per vivere il nostro presente con rinnovata passione. La fedeltà al primo amore, che ritroviamo inossidabile in dom Gréa e nella storia di tanti confratelli – sacer-doti o fratelli coadiutori – che ci hanno preceduto, sia nel ministro parrocchiale sia nelle missioni in Canada e in Perù, diventi per noi la forza che ci ringiovanisce nel cuore per offrire alla chiesa di oggi quelle ricchezze della teolo-gia e della liturgia che dom Gréa

ha sognato, vissuto e fatte vivere ai suoi figli. Con un non celato orgoglio di famiglia, constatia-mo che è quanto la Chiesa ha proclamato, 80 anni dopo, nei documenti del Concilio Vaticano II sulla Chiesa e sulla Liturgia.Vogl io ora r i -chiamare velo-cemente alcu-ni aspetti del pensiero teolo-gico che dom Gréa ha vissuto e proclamato e che emerge dalla sua opera più impor-tante: “L’Église et sa Divine Constitution” del 1885. Durante quest’anno poi saranno approfonditi. Dom Gréa è stato uno studioso, autodi-

datta, amante della storia, con un grande amore per la Chiesa, fin da giovane. Guardando alla Chie-

sa, dom Gréa non conside-ra la sua organizzazione piuttosto giuridica che

riscontriamo nei ma-nuali di teologia e

nei catechismi del suo tempo, ma contem-pla la Chiesa come mistero che nasce dal cuore stesso della Trinità ed

è donato agli uomini: è il mi-

stero dell’umani-tà assunta da Cristo

e della riunione nel suo corpo di tutti i battezzati. Egli

afferma chiaramente che tutti i cristiani sono chiamati alla san-

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A 100 anni della morte diDom Adriano Gréa

Per la nostra Congregazione dei Canonici Regolari dell’Immacolata Con-cezione (CRIC) il 28 Agosto 2016 ha aperto un anno di grazia per noi che vogliamo celebrare il ricordo della morte del nostro fondatore dom Adria-no Gréa, chiamato al cielo il 23 Febbraio 1917 a Rotalier. Un anno – che si chiuderà l’ 8 Settembre 2017 con una celebrazione nella parrocchia Natività di Maria in Roma – in cui vogliamo guardare al passato con gra-titudine, quasi ri-entrare nel cuore di dom Gréa e riscoprire il suo amore per Dio e per la sua Chiesa: sì, per una conoscenza approfondita della sua opera, non solo a livello nozionistico ma progettuale per ravvivare, con un cuore rinnovato, la nostra identità carismatica, per ripartire con slancio rinnovato nei servizi ecclesiali ai quali la nostra Congregazione ci chiama.

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tità: è l’essenza più profon-da della Chiesa e la ragione stessa della sua esistenza. “La Chiesa è Cristo stesso, la Chiesa è la pienezza, il com-pletamento del Cristo, il suo corpo ed il suo sviluppo reale e mistico, è il Cristo totale e completo”. In questa Chiesa-mistero, il Cristo invisibile è il capo di questa grande famiglia, il Papa è il suo vicario visibi-le. Ispirandosi molto a sant’ Ignazio di Antiochia e a san Cipriano, ci presenta la sua visione della gerarchia, Papa e Vescovi: non è prima di tut-to una realtà giuridica, ma una comunicazione di doni, mistero della presenza di Dio e di tutto quello che Egli ope-ra per il mondo. Il Vescovo è il capo della Chiesa particolare, ma sempre in continua dipendenza del vicario di Cristo da cui rice-ve la sua missione; possiede la pienezza del sacerdozio, ha una vocazione/funzione contemplati-va che deve esercitare, è il per-fector, responsabile della santità della sua Chiesa, colui che dona la vita divina al popolo. Il vesco-vo dona la sua ultima perfezione alla Chiesa particolare creando in essa una cerchia di collaboratori, il suo presbiterio, con cui condi-videre la vita: non solo sentire nel cuore lo spirito di vita religiosa, ma realizzarla concretamente.Lo stato religioso è considerato da dom Gréa come intimamen-te connesso con il mistero della Chiesa. In questo dimostra di aver compreso, con un secolo di anticipo, i motivi per cui il conci-

lio Vaticano II inserisce il discorso sulla vita religiosa nella Costitu-zione Dogmatica sulla Chiesa, la Lumen Gentium. Anche in dom Gréa la vita religiosa è presentata come dono di Dio, risposta d’a-more, continuazione degli impe-gni battesimali, segno ed antici-pazione del futuro. Riconosciuto questo valore della vita religiosa, dom Gréa dice chiaramente che i primi che dovrebbero vivere la vita religiosa sono proprio i sa-cerdoti, collaboratori immediati del vescovo. In una conferenza ai suoi chierici, il 27.11.1896, dice: “Lo scopo dei Canonici Regolari e la ragione della loro esistenza è di conservare la vita religiosa nel clero diocesano” e altrove ribadisce “noi siamo i religiosi del vescovo”. Calcando la mano potremmo dire che per dom Gréa il prete secolare è tol-lerato; la cosa normale dovreb-

be essere che ogni sacerdote viva la vita religiosa integrale. È anormale che un prete per essere religioso debba lascia-re la sua diocesi ed entrare in una comunità.Dai suoi studi giovanili nasce in dom Gréa l’ammirazione per il mondo antico, per i Padri della Chiesa e per l’epoca me-dievale. Conoscendo la storia dei Canonici Regolari che ave-vano popolato l’Europa di una moltitudine di abbazie, resta affascinato dalla vita comu-ne di sacerdoti con il vescovo o con il loro abate , dal loro amore per la liturgia, dalla lode che saliva al cielo giorno e notte. In cuor suo medita il modello della Chiesa primitiva

di Gerusalemme (chiamata poi vita apostolica), le vicende dei vescovi san Eusebio di Vercelli, sant’ Agostino di Ippona e di altri, la diffusione di quel presbiterio che attornia il vescovo nel medio evo. Per tutto questo il suo sogno era di riportare in Francia la pre-senza dei Canonici Regolari che erano stati espulsi al tempo della rivoluzione francese. Nasce così la nostra Congregazione dei Ca-nonici Regolari dell’Immacolata Concezione (il titolo dell’Imma-colata Concezione è stato voluto da l papa Pio IX che nel 1854 ne aveva proclamato il dogma). E ai suoi religiosi dom Gréa propo-neva una vita secondo le antiche regole dei Canonici Regolari: vita in comunità, lode divina giorno e notte, amore alla liturgia, spirito di preghiera e di penitenza.Da ultimo vogliamo accennare a liturgia e lode divina, altro tema

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Omaggio a Dom Gréa

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fondamentale del pensiero di dom Gréa a cui dedica nel 1909 un libretto “La Sainte Liturgie”, e di cui parla spesso nei dialoghi con i suoi chierici. ”La preghie-ra liturgica è il più eccellente omaggio che l’uomo può rendere a Dio sulla terra; esso è il fine e la consumazione di tutte le cose in questa terra. Per dom Gréa è “Dio che canta a se stesso, nell’intimo della sua vita, un inno eterno, il quale non è altro che la stessa espressione delle sue perfezio-ni nel suo Verbo, e il soffio del suo amore”. All’uomo ha dato di presiedere a questo concerto poi interrotto dal peccato, ma Cristo lo ha ripristinato: “unisce a sè la sua Chiesa e l’introduce nell’e-terna società del Padre e del Figlio; con ciò le concede non più di ripercuotere come un’eco lontana il cantico che è in Dio, ma ve l’associa sostanzialmente, la penetra e l’anima interamente del suo Spirito”. Risulta quindi chiaro che Cristo attraverso di noi, come Chiesa, continua la sua lode e l’adorazione del Padre: è il fine di tutto il piano salvifico di Dio, lo scopo dell’esistenza del-la Chiesa adesso e per l’eternità; è l’inizio qui sulla terra di quel-la che sarà l’unica occupazione degli eletti. Dom Gréa ha tanto amato la lode divina, la sente con tutto il suo intimo, per lui è il dia-logo d’amore tra lo Sposo-Cristo e la sua Sposa-Chiesa.Maria Immacolata ci prenda per mano e ci accompagni in questo cammino.

p. Riccardo Belleri, sup. gen. Cric

L’autore è Mons. Biagio Verghetti, innografoufficiale della Santa Sede desideroso di fare un bel regalo a p. Cipriano Casimir cfr Bulletin n° 38 del 15 .5.1935

Salve, Hadriane Grea, cui felix Gallia mater.Doctrina insignem, pietatis laude nitentem, Te satis ac vere Liturgica scripta revelant.In reliquis resplendet honor, quo Ecclesia ChristiEt Petri sedes, divino jure, fruuntur.Fundator coetus, cui regula certa canendiVirginis eximia laudes, sine labe micantis,Fratribus e coelo intersis, dans dona salutis.Exprimo vota libans, communia vota secundans,Rite Beatorum ut cito Fastis additua extes.

Traduzione:

Salve, Adriano Gréa, di cui la Francia fu felice madre.I tuoi scritti liturgici mostrano abbastanza che sei veramente insigne nella dottrina, splendente nella pietà.Nelle altre opere risplende l’onore , di diritto divino, di cui gioiscono sia la Chiesa di Cristo sia la Sede di Pietro.Fondatore di una comunità, che una regola chiara Invita a cantare i meriti incomparabili della Vergine, che risplende Immacolata, dal cielo assisti i tuoi fratelli, accordando loro i doni della salvezza.Formulo questo augurio, conforme ai desideri di tutti, che presto tu sia ammesso alla felicità dei Beati.

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S i è chiuso da pochi giorni il Giubileo della misericordia e

il mondo della Chiesa si doman-da come coltivare i frutti di questo Anno Santo. Lo hanno fatto anche i 134 religiosi e religiose che per una settimana a Collevalenza hanno partecipato al corso di formazione promosso dalla Conferenza italiana superiori maggiori (Cism), dal titolo «…Noi, però, abbiamo un sogno». Un sogno che i promotori del corso indicano nel focalizzare l’attenzione dei religiosi sull’impellente necessi-tà di umanizzarsi per umanizzare. «Dopo il Convegno ecclesiale di Fi-renze passato purtroppo in sordina – ha detto il salesiano don Beppe Roggia – abbiamo deciso di riflette-re sull’urgenza che ha la vita con-sacrata di arricchirsi di umanità, perché altrimenti essa non merita nemmeno di essere vissuta perché priva di quel profetismo di umanità che bisogna portare nel mondo di-sumanizzato».Punto di partenza per la riflessio-ne è stata la metodologia usata da Francesco nell’Amoris laetitia, di-retta principalmente alla famiglia, ma ricca di riferimenti utili anche alla vita consacrata per l’attenzione ai particolari, la lucidità nel rilevare le difficoltà e l’invito a capire e far capire che, al di là delle storie per-sonali e delle convinzioni intime, Dio sceglie l’umanità, si rivela in essa e la benedice. La fede uma-nizza: aiuta ad apprezzare l’uma-no, a riconoscerlo, a farlo crescere in verità, bontà e bellezza.In un tempo in cui la frammenta-rietà e la disgregazione dei rappor-ti umani rivelano e alimentano un esasperato quanto sterile indivi-

dualismo, i religiosi sono chiamati a ri-umanizzarli con la testimonian-za delle proprie relazioni perché non siano nuvole senza pioggia portate via dai venti. Mostrare nel-la concretezza della quotidianità la possibilità e la gioia del dono della fraternità significa spargere semi evangelici e di umanità nella vita delle nostre società. «Il dono diven-ta compito», ha detto il professor Franco Miano. Per il Papa questo è ciò che «sveglia il mondo», che lo avverte di trovarsi su un treno che va a 300 chilometri all’ora, ma non sa dove lo sta portando e, so-prattutto, che non s’è accorto del-la mancanza del macchinista. Un impegno che i consacrati debbono compiere nonostante l’immancabi-le fragilità umana, perché «l’amore convive con l’imperfezione – scrive il Papa nell’Amoris laetitia – esso sta nella radice che non viene mai meno e che consente di ricomin-ciare sempre il cammino, non es-sendoci limiti a questa crescita». «Più che apologeti dell’esistenza di Dio e difensori dei suoi diritti – ha detto padre Dino Dozzi – i consa-crati debbono essere testimoni del Verbo incarnato, della viva e per-manente presenza di Dio in mezzo a loro. Dio ha lasciato il cielo ed

è venuto ad abitare sulla terra. C’è purtroppo il rischio di andarlo a cercare dove non è, magari citando maldestramente Paolo che dice ai Colossesi (Col 3,2) di «rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra», dimenticando che non si tratta di dualismo o di fuga dal mondo, ma di vivere una vita celeste (cioè di fede) in questo mondo», «dal quale, dice san Giro-lamo, essi sono usciti per amarlo e servirlo meglio». Per farlo davvero occorre ri-scoprire che la casa di Dio è il mondo e che solo lì va cer-cato per avvertirne la presenza nel calore di una solidarietà nuova, nel rischio di scelte coraggiose coltiva-te insieme.L’umanità dei consacrati, sulla qua-le in tempi passati non si insisteva molto perché si preferiva soffermar-si sulla «spiritualità » e sulla fuga «dai pericoli del mondo », va recu-perata (i partecipanti al convegno l’hanno ammesso, soddisfatti che se ne sia parlato), convincendosi che la vita consacrata è a servizio della vita cristiana, che devono fare strada insieme, e ricordando che la loro regola è che, per parlare di Dio, devono parlare di loro stessi, del loro modo di vivere insieme.

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LA SFIDA DEI RELIGIOSI: GUARDARE AL MONDO COME CASA DI DIOdi Egidio Picucci (da Avvenire – 25 novembre 2016)

All’indomani del Giubileo a Collevalenza il Corso di formazione per «arricchire di umanità la vita consacrata»

Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori (C.I.S.M.)

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E ra questo il tema proposto per il Congresso dei Canonici Regolari di Sant’Agostino che abbiamo

vissuto da lunedì 10 a venerdì 14 ottobre 2016 ad Assisi, presso il Centro di Spiritualità “Barbara Mica-relli”. Presenti circa 120 Canonici tra Confederati e altri amici, “famigliari” e Canonichesse.Dopo l’accoglienza del primo giorno con il saluto dell’Abate Primate “uscente”, successivamente ci siamo messi al lavoro in un clima di ascolto, confron-to, preghiera e fraternità: la liturgia delle ore sempre cantata e animata in maniera solenne nelle varie lin-gue, come si è soliti in queste occasioni di incontri “multilingue”. Come prima Conferenza preparata da Padre Gabriele Ferlisi, Agostiniano, assente per moti-vi gravi di salute, ma degnamente sostituito dal pro-fessor Angelo Segneri Cric, si è subito trattato del tema della misericordia, visto ancora l’anno Santo in corso: “Ago-stino, testimone e apo-stolo della misericor-dia” (di cui più avanti riportiamo una sintesi della relazione.Durante la pausa la-vori, il Consiglio Pri-maziale si è riunito per eleggere il nuovo Abate Primate del-la Confederazione:

Assisi 10 - 14 Ottobre 2016Breve cronaca del programma a cura di Padre Rinaldo

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Congresso dei Canonici Regolaridi S. Agostino

Jean-Michel Girard, Abate Generale della Congrega-zione del Gran San Bernardo. Nel pomeriggio una Tavola Rotonda con la Relazione del Vescovo di Sion, Mgr. Jean-Marie Lovey, che ha dato degli spunti sug-gestivi sul seguente argomento: “Come Vescovo, che cosa si aspetta dai Canonici Regolari?”. E’ seguito un approfondito dibattito, con la testimonianza di due esperienze diverse di Vita Comune: “Preti Diocesani di Modena in comunità” e l’inserimento nella comu-nità dei Canonici Regolari dei “famigliari” di Cham-pagne-Saint Victor. Il Mercoledì è stato dedicato a una visita culturale-religiosa a Gubbio, visitando la Basilica di Sant’Ubaldo e gli affreschi della Chiesa di Sant’Agostino che ne descrivono la sua vita.Con l’ultima relazione “Agostino, vescovo e fautore

della Vita Comune” presentata dal neo-eletto Abate Primaziale Jean-Michel Girard e la visita alla città di Assisi, si è

conclusa la settimana di Congres-so, sperando di aver conosciuto

maggiormente il nostro Padre Agostino e la sua spiritualità, di esser cresciuti nello spiri-to e nella fraternità, augu-randoci di mantenere vivi questi contatti con gli altri confratelli della Confedera-zione dei C.R.S.A.

“Vobis enim sum episcopus”

“Agostino pastore in mezzo

al suo popolo”

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Agostino, testimone della Misericordia

Agostino visse l’esperienza personale della mise-ricordia di Dio con grande stupore, scoprendo

che non era lui a cercare la misericordia, ma era la misericordia che cercava Agostino. Per questo, gior-no dopo giorno egli non cessava di stupirsi davanti all’infinita delicatezza e assoluta gratuità con cui Dio si interessava di lui, lo seguiva, lo inseguiva e inter-veniva per soccorrerlo, lo amava. Più avanti, infatti, dirà nel libro delle Confessioni che Dio lo pilotava “nell’ombra”, cioè senza rumore ed esibizionismi, per riportarlo sulla strada giusta: «La vanità mi por-tava fuori strada, ogni vento mi spingeva or qua or là, ma tu nell’ombra mi pilotavi» (Conf. 4,14,23); «Pure, la tua misericordia mi aleggiava intorno fede-le, di lontano» (Conf. 3,3,5). “Di lontano”, cioè da sempre, da quando viveva male e, come il figlio prodigo del vangelo di Luca, si al-lontanava dalla casa del Padre. Anche in quegli anni di spensieratezza, di errori e di peccati, Agostino, stupito, riconosce che Dio lo inseguiva con la sua misericordia:«Avesti misericordia di me quando ancora non ti riconoscevo, mentre cercavo te non già con la fa-coltà conoscitiva della mente, per la quale volesti

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S. Agostino, testimone e apostolo della Misericordia

(Sintesi della relazione di P. Gabriele Ferlisi, OAD presentata da padre Angelo Segneri)

Nel contesto dell’anno giubilare stra-ordinario, anche in campo agostiniano si sta scrivendo molto sulla misericor-dia, perché S. Agostino da sempre è ritenuto il testimone più appassionato e il maestro più convincente della mi-sericordia. Il tema della presente rela-zione riguarda: “Agostino, testimone e maestro della misericordia”. Prima te-stimone e poi maestro, perché storica-mente Agostino prima sperimentò la misericordia di Dio nel suo cammino di conversione e poi la insegnò; e an-che da maestro e pastore parlò come testimone. Infatti la sua esperienza personale della misericordia di Dio lo segnò così profondamente da indurlo a scrivere il capolavoro delle sue “Con-fessioni”, che sono uno degli inni più belli che un cuore umano abbia can-tato a Dio, Padre di misericordia. Per quanto possibile, cerchereremo di far parlare direttamente Agostino.

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distinguermi dalle belve, ma col senso della carne» (Conf. 3,6,11). E con altre immagini altrettanto effi-caci, il Santo non si stancherà, anzi troverà gioia di confessare di aver sentito Dio vicino a sé. Sì, Agostino era affascinato di questo agire di Dio nei suoi confronti e fu proprio per questo stupore che si rese docile alla conversione: «Ma tu, Signore, sei buono e misericordioso; con la tua mano esplorando la profondità della mia morte, hai ripulito dal fondo l'abisso di corruzione del mio cuore. Ciò avvenne quando non volli più ciò che volevo io, ma vol-li ciò che volevi tu. Dov'era il mio libero arbitrio durante una serie così lunga di anni? da quale profonda e cupa se-greta fu estratto all'istante, affinché io sottoponessi il col-lo al tuo giogo lieve e le spal-le al tuo fardello leggero, o Cristo Gesù, mio soccorritore e mio redentore? Come a un tratto divenne dolce per me la privazione delle dolcezze fri-vole! Prima temevo di rima-nerne privo, ora godevo di pri-varmene. Tu, vera, suprema dolcezza, le espellevi da me, e una volta espulse entravi al loro posto, più soave di ogni voluttà, ma non per la carne e il sangue; più chiaro di ogni luce, ma più riposto di ogni segreto; più elevato di ogni onore, ma non per chi cerca in sé la propria ele-vazione. Il mio animo era libero ormai dagli assilli mordaci dell'ambizione, del denaro, della sozzura e del prurito rognoso delle passioni, e parlavo, parla-vo con te, mia gloria e ricchezza e salute, Signore Dio mio» (Conf. 9,1,1).

Lo stupore del testimoneEcco il primo aspetto che risalta nella esperienza per-sonale che Agostino fece della misericordia di Dio:

un profondo senso di stupore, di fascino, di serenità, di libertà, di fiducia, di gioia. Forse senza rendersene conto, Agostino intuiva che la misericordia non è un tema su cui speculare, ma un regalo da accogliere, contemplare, sperimentare, vivere. È un regalo di Dio a noi, prima di essere un regalo nostro a Lui. La misericordia è Dio stesso che scende verso ciascuno di noi per sanarci e spronarci ad ascendere verso di Lui. È un dono che pone sulla giusta lunghezza

d’onda d’amore il Cuore di Dio che dona generosamente e gratuitamente il suo perdo-no e la miseria che anela a farsi perdonare e salvare; il Cuore del Padre che genera vita e il cuore dei figli che gioiscono di venire alla luce e di farsi custodire nella tene-rezza del suo amore paterno. La misericordia è la medicina di Dio che fa da antidoto alla malattia dell’uomo di ritene-re Dio assente o indifferente alle vicende umane. No, dice Agostino, Dio è sempre pre-sente:

«… tu eri più dentro in me della mia parte più interna e più alto della mia parte più alta» (Conf. 3,6-10-11).

Anche Papa Francesco al riguardo ha scritto nel mes-saggio per la 49a Giornata Mondiale della Pace del 1 gennaio 2016: «Dio non è

indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona!». Dio non si stanca di venire incontro all’uomo, di dargli fiducia, cosicché Agostino rico-nosce che tutto è merito della grazia e della miseri-cordia:

«Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericor-dia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso» (Conf. 2,7,15).

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3 riesce a trattenere l’ira ma non la misericordia (cfr. Esp. Sal. 76,11);

4 si china su ciascuno per esortarlo, incoraggiarlo e sostenerlo nella lotta: (cfr. Esp. Sal. 32,II,d.1,4; Esp. Sal. 32,II,d.2,4);

5 non punta il dito minaccioso di condanna contro l’adultera, ma prende le sue difese e le offre il perdono:

«E tutti uscirono di scena. Soli restarono lui e lei; restò il Creatore e la creatura; restò la miseria e la misericordia; restò lei consapevole del suo reato e lui che ne rimetteva il peccato. Ed è proprio quello che egli, chinatosi, scriveva in terra. Infatti scrisse in terra. Quando l'uomo peccò, gli venne detto: Tu sei terra. Perciò nel dare il perdono alla peccatrice, glielo dava scrivendo in terra. Le dava il perdono, ma nel darlo, ergendo il suo volto ver-so di lei, le disse: Nessuno ti ha lapidato? Ed essa non rispose: "Perché? Che ho fatto, Signore? Ho forse fatto qualcosa di male?". Non così rispose, ma esclamò: Nessuno, Signore. Ella si accusò. Gli altri non avevano potuto portar le prove e se l'era-no squagliata. Essa invece confessò; il suo Signo-re non ignorava la colpevolezza ma ne ricercava la fede e la confessione. Nessuno ti ha lapidato? Ed essa: Nessuno, Signore. Nessuno, per confes-sar a te il mio peccato, Signore, e per attenderne il perdono. Nessuno, Signore. Riconosco tutte e

È interessante però notare che per Agostino la sua esperienza personale della misericordia di Dio non costituiva un fatto isolato ma uno fra tanti, in quanto Dio dà a tutti la possibilità di farla:

«Tu però, medico della mia intimità, spiegami chiaramente i frutti della mia opera. Le con-fessioni dei miei errori passati, da te rimessi e velati per farmi godere la tua beatitudine dopo la trasformazione della mia anima mediante la tua fede e il tuo sacramento, spronano il cuore del lettore e dell'ascoltatore a non assopirsi nella disperazione, a non dire: "Non posso"; a vegliare invece nell'amore della tua misericordia, nella dolcezza della tua grazia, forza di tutti i deboli divenuti per essa consapevoli della propria debo-lezza» (Conf. 10,3,4).

Agostino, apostolo della Misericordia Da testimone ad apostolo della misericordia di Dio, per S. Agostino, il passaggio non fu difficile, ma faci-le e piacevole perché da apostolo, sacerdote e vesco-vo, continuò a parlare come testimone, come figlio che parla del Padre, come convertito che ha ritrovato il calore del Cuore di Dio. I suoi discorsi infatti non erano conferenze ma testimonianze, risonanze della tenerezza di Dio:

«Quanto amasti noi, Padre buono, che non rispar-miasti il tuo unico Figlio, consegnandolo agli empi per noi! Quanto amasti noi...» (Conf. 10,43,69).

Agostino parlava di Dio con il vivo desiderio che tutti comprendessero la rivelazione evangelica della sua paternità e facessero l’esperienza della sovrabbon-danza della sua misericordia sull’abbondanza della propria miseria.

La tenerezza di Dio, Padre di misericordiaIn particolare metteva in risalto che come Padre af-fettuoso Dio: 1 ci ama e si prende cura di ciascuno come se aves-

se solo lui da curare, e di tutti come di ciascuno (cfr. Confess. 3,11,19);

2 ci terge le lacrime e ci conforta: (cfr. Conf. 5,2,2);

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misericordia, che dona pace. Per questo S. Ago-stino incoraggiava tutti a non vietarsi la speranza del perdono:

«Chiunque tu sia che hai peccato e non sai se puoi far penitenza della tua colpa e disperi della tua salvezza, ascolta David che geme. ... Se non hai potuto fare a meno del peccato, non vietarti la speranza del perdono» (Esp. Sal. 50,5).

Tutti nella categoria della misericordiaSi può quindi veramente dire che l’insegnamento di S. Agostino sulla misericordia aveva la profondità teologica della dottrina, la freschezza spirituale del vangelo e l’ottimismo della visione pasquale della vita. In sintesi, infatti, Agostino spiegava a fedeli che: 1 La parola “misericordia” etimologicamente signi-

fica cuore aperto che riversa amore sulla miseria: «Vediamo dunque: che cosa è la misericordia? Non è altro se non un caricarsi il cuore di po' di miseria [altrui]. La parola " misericordia " deriva il suo nome dal dolore per il " misero ". Tutt'e due le parole ci sono in quel termine: miseria e cuore. Quando il tuo cuore è toccato, colpito dalla mise-ria altrui, ecco, allora quella è misericordia. Fate attenzione pertanto, fratelli miei, come tutte le buone opere che facciamo nella vita riguardano veramente la misericordia» (Disc. 358/A,1; cfr. Città di Dio 9,5).

2 Gesù è la misericordia (cfr. Esp. Sal. 84,9).

due le cose: so chi sei e so chi sono. E davanti a te lo confesso… riconosco la tua misericordia» (Disc. 16/A,5; cfr. Esp. Sal. 50,8; Comm. Vg. Gv. 33,5-6);

6 offre ora un tempo di misericordia: «Egli ama la misericordia e il giudizio. Fa' que-ste cose, perché anch'egli le fa. Riflettete sulla stessa misericordia e il giudizio. Ora è il tempo della misericordia, poi sarà il tempo del giudizio». (Esp. Sal. 32,II,d.1,10);

7 non guarda il passato carico di peccati, anche se gravi, ma il pentimento di oggi e la volontà di ri-cominciare a vivere bene. (cfr. Esp. Sal. 149,9);

8 non vuole perciò che i cosiddetti “sensi di colpa” si insinuino nell’animo e prendano il posto dei sentimenti del “vero dolore dei peccati”. I “sen-si di colpa” infatti causano confusione, tristezza, frustrazione, depressione, angoscia, essendo solo dispiacere dell’io ferito per non aver saputo man-tenere la parola e aver alterato la propria imma-gine. Al centro dei sensi di colpa non c’è Dio ma l’io; non c’è l’umiltà ma solo l’orgoglio umiliato che, come un groviglio, non si lascia raggiungere dal perdono del Padre. Il “dolore dei peccati” inve-ce produce pace, gioia, libertà, perché scaturisce dall’umile riconoscimento di aver recato un’offesa personale a Dio e di aver tradito il suo amore. Esso si lascia raggiungere dal perdono di Dio Padre di

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e della CCooommmuuunnnniiiitttttàààààoce

ha mandato durante il giorno. Sta infatti scritto in un certo passo: bella è la misericordia del Signore nel tempo della tribolazione, come una nube di pioggia nel tempo della siccità (Sir. 35,26). Di giorno il Signore ha mandato la sua misericordia e di notte la annunzierà» (Esp. Sal. 41,16).

7 La misericordia è il ponte sempre aperto per la conversione di tutti (cfr. Esp. Sal. 50,1).

Misericordia e giustiziaUn aspetto che merita una particolare attenzione è il rapporto tra misericordia e giustizia, visto che

«a volte si ha l’impressione che [misericordia e giustizia] siano tra loro contrastanti, in modo che chi è misericordioso non badi alla giustizia, mentre chi è inflessibile nel giudizio dimentichi la misericordia» (Esp. Sal. 32,II,d.1,11).

In concreto, spesso ci si chiede: misericordia e giu-stizia si includono o si escludono? Può Dio essere contemporaneamente misericordioso e giusto? E possiamo esserlo noi? Sono domande non oziose,

3 La Chiesa è chiamata giustamente moltitudine della misericordia di Dio (cfr. Esp. Sal. 5,8).

4 I retti di cuore sono coloro che fanno esperienza della misericordia di Dio (cfr. Esp. Sal. 32,II,d.2,7; cfr. Esp. Sal. 32,II,d.1,4; Esp. Sal. 32,II,,d.2,4).

5 La misericordia è il bastone che sostiene chi è debole e stanco nel cammino tortuoso della vita:

«Quando avvertirai che il nemico, in questa no-stra ombra di morte, ti attacca con le sue insidie e cerca di arrestarti con la paura, prendi la verga della disciplina di vita e appoggiati con fiducia al bastone della misericordia: brillerà in tuo aiuto il sole di giustizia che è Cristo, e tu potrai dire con tutta verità: La tua verga e il tuo bastone mi danno sicurezza… Non dimenticare neanche il sostegno del bastone fidandoti troppo della tua forza; non dire: io sono santo, non posso inciam-pare. Nella nostra debolezza noi siamo esposti a molte cadute, e non bastano a reggerci sicuri le opere sante che compiamo qui su questa terra, che ancora produce spine e rovi. Il nostro debole corpo non possiede la purezza della vita gloriosa, e finché non ritorni alla terra da cui fu tratto, non può stare saldo in piedi se non sorretto dal bastone della grazia divina. Sia quando proce-di tranquillo nel Signore, sia quando sei agitato dalla tempesta delle passioni, tu devi appoggiarti totalmente al bastone della misericordia di Dio» (Dis. 366,8,6).

6 La misericordia è come una nube di pioggia nel tempo della siccità:

«“Di giorno il Signore concede la sua misericor-dia, e di notte l'annunzierà”. Nessuno manchi di ascoltare quando è nella tribolazione. State atten-ti quando vivete nel bene, ascoltate quando siete nella prosperità; imparate, quando siete tran-quilli, la disciplina della sapienza, e raccogliete come fosse un cibo la parola di Dio. Quando uno è nella tribolazione, gli giova ciò che ha ascoltato quando era tranquillo. Infatti nella prosperità Dio ti manda la sua misericordia, se fedelmente lo avrai servito, perché ti libera dalla tribolazione; ma soltanto per mezzo della notte ti annuncia la misericordia che ti manda per mezzo del giorno. Quando sarà venuta la tribolazione allora non ti mancherà l'aiuto; ti mostra che era vero ciò che ti

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giusto nella sua misericordia. Dice S. Agostino: «Dio è onnipotente, e non rinunzia al giudizio nel-la misericordia, né alla misericordia nel giudizio» (Esp. Sal. 32,II,d.1,11).

Egli ha il massimo rispetto delle persone e delle loro decisioni: non impone la misericordia a chi la rifiuta e non la nega a chi la invoca; perdona i peccati a chi si converte a Lui, ma non li perdona a chi non si pente. Certo, Dio fa di tutto per convincere e farsi accettare, ma non impone; propone.

«C'è dunque anche il giudizio nella stessa mise-ricordia. E del pari, nel giudizio ci sarà anche la misericordia nei confronti di coloro ai quali dirà: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare… Se dunque vi sarà misericordia, non verso chiun-que, ma verso colui che è stato misericordioso, la misericordia stessa sarà giusta, perché non sarà confusa» (Esp. Sal. 32,II,d.1,11).

E come Dio, anche noi dobbiamo praticare la miseri-cordia non come salvacondotto sempre valido anche davanti a palesi ingiustizie, e dobbiamo praticare la giustizia non come giustizialismo senza nessuna considerazione del pentimento sincero e della con-versione del cuore: dobbiamo essere contemporane-amente misericordiosi e giusti. Ascoltiamo Agostino:

«Hai udito in qual modo Dio eserciti la misericor-dia e il giudizio; pratica anche tu la misericordia e il giudizio. O forse tutto questo compete a Dio e non all'uomo? Se non competesse all'uomo, il Signore non avrebbe detto ai Farisei: avete ab-bandonate le cose più gravi della legge, la mise-ricordia e il giudizio. Dunque anche tu devi pra-ticare la misericordia e il giudizio. Non credere che a te competa la misericordia, e non invece il giudizio. Supponi di ascoltare a giudizio la causa tra due persone, uno ricco e l'altro povero, e che succeda che il povero abbia torto e il ricco ragio-ne; ebbene, se tu non sei esperto nelle cose del Regno di Dio, ti sembrerà di far bene se, quasi preso da compassione per il povero, nasconderai e occulterai la sua ingiustizia, cercando di giusti-ficarlo in modo che sembri quasi avere ragione. E se sarai rimproverato perché hai giudicato male, rispondi, come in nome della misericordia: Lo so, anch'io lo so; ma quello era povero e si doveva es-sere misericordiosi. Come puoi aver rispettato la misericordia rinnegando il giudizio? E come - tu

perché dalla loro risposta dipende un diverso atteg-giamento di vita. Altro è infatti la misericordia in-tesa come buonismo, ingenuità, dabbenaggine, che esclude ogni forma di giudizio; e altro è la miseri-cordia intesa come gesto di amore che include un giudizio che rispetta la persona e le sue decisioni. Viceversa, altro è la giustizia intesa come intransi-genza, inflessibilità, durezza che esclude ogni forma di benevolenza, comprensione, misericordia; e altro è la giustizia intesa come gesto di amore dell’ordine e della disciplina che include attenzione e misericor-dia verso le debolezze della persona. Le conseguenze sono totalmente diverse, perché vanno dal lassismo al rigorismo.

Secondo Agostino, invece: «è misericordia perdonare al peccatore, è giusti-zia punire il peccato» (Esp. Sal. 50,7).

Ciò vuol dire, parlando di Dio, che in Lui la mise-ricordia e il giudizio non possono in nessun modo separarsi. Dio è misericordioso nel suo giudizio ed è

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Ma per il nostro scopo può bastare questa visione panoramica che trova una sua bella sintesi nel di-scorso 366:

«La sua misericordia ti precede guidandoti nel cammino che ignori, ti richiama a Dio quando ti sei fatto lontano da Dio, ti attira a sé mentre sei schiavo del peccato, per farti persona libera, perché non vada errando ma cammini sulla via retta tutti i giorni della tua vita. E anche ti segue, difendendoti alle spalle perché non ti insidi al calcagno il serpente, il diavolo che ti è nemico, e non ti faccia cadere: infatti è proprio del brigante quando vuol uccidere, assalire di fronte o aggre-dire alle spalle. Per questo la misericordia di Dio cammina davanti e dietro a te perché tu proceda nel mezzo, sicuro e tranquillo, tutti i giorni della tua vita. Poni dunque la tua speranza e la tua gloria non in te stesso, ma nella misericordia di Dio che ti previene e ti segue: sei stato prevenuto quando eri peccatore, per essere salvato, e non sei stato trovato giusto, così che ti possa vantare di essere piaciuto a Dio» (Disc. 366,7).

E concludo con una espressione tratta dalle Con-fessioni, che è insieme testimonianza, insegnamen-to, preghiera, augurio «Ogni mia speranza è posta nell'immensa grandezza della tua misericordia. Dà ciò che comandi e comanda ciò che vuoi» (Conf. 10,29,40).

ribatti - avrei potuto at-tenermi al giudizio senza rinnegare la misericor-dia? avrei potuto sen-tenziare contro il povero, che non avrebbe di che pagare, oppure, se ne avesse, non avrebbe poi di che vivere dopo aver pagato? Ti dice il tuo Dio: Non favorire il povero che è in giudizio. D'altra parte comprendiamo fa-cilmente di non dover fa-vorire il ricco: ognuno se ne rende conto e volesse il cielo che si comportas-se pure così! Ma ci si in-ganna nel voler piacere a Dio favorendo in giudizio il povero e dicendo a Dio: Ho favorito il povero. Dovevi rispettare ambedue le cose, la misericordia e il giudizio. Prima di tut-to quale misericordia hai usato verso colui di cui hai favorito l'ingiustizia? Ecco, hai risparmiato la sua borsa, ma hai ferito il suo cuore; questo po-vero è rimasto ingiusto, anzi tanto più ingiusto in quanto ha visto la sua ingiustizia favorita da te in quanto uomo giusto. Si è allontanato da te ingiustamente aiutato, ma resta al cospetto di Dio per essere giustamente condannato. Quale misericordia hai usato a colui che hai fatto [di-venire] ingiusto? Ecco che ti sei reso più crudele che misericordioso. Che cosa avrei dovuto fare? dici. Avresti dovuto dapprima giudicare secondo la causa, rimproverare il povero e impietosire il ricco. Una cosa è giudicare, un'altra è chiedere pietà. Quando quel ricco avesse visto che tu ri-spetti la giustizia, e che il povero iniquo non erge il collo, ma, per colpa del suo peccato, viene da te giustamente rimproverato, non si piegherebbe forse alla misericordia che tu gli chiedi, dato che ha avuto soddisfazione dal tuo giudizio?» (Esp. Sal. 32,II,d.1,12).

ConclusioneEcco alcuni punti fra i tanti che si potevano eviden-ziare nella testimonianza e nell’insegnamento di S. Agostino sulla misericordia. Ognuno di essi merite-rebbe un approfondimento particolare.

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la voce degli amici Cric

Salmo 109 (110)Bisogna che egli regni finché non abbia posto tutti

i suoi nemici sotto i suoi piedi (1 Cor 15,25)

Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra,finché io pongai tuoi nemicia sgabello dei tuoi piedi».

Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: «Domina in mezzo ai tuoi nemici.

A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato».

Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek».Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira.Lungo il cammino si disseta al torrentee solleva alta la testa.

Questo è un salmo regale, che rimanda ad una cerimo-

nia di intronizzazione nel corso della quale un incaricato ufficia-le pronunciava un oracolo per il re. A ciò si aggiunge un dato im-portante: il tema del sacerdozio, che fa considerare il salmo come messianico, con una visione del Messia che ingloba tutti i poteri storici e istituzionali di Israele.L’importanza del salmo 109 è ben conosciuta e testimonia-ta già nel giudaismo (come at-testano i dati provenienti da Qumran), con una reinterpreta-zione della figura di Melchisedek

(vedasi riquadro), vista insieme come storica e come celeste, ca-ricata di connotati messianici ed escatologici. La solenne procla-mazione della regalità sacerdo-tale e salvifica del Figlio di Dio ha il suo pieno compimento nel-la visione escatologica del Cristo Re, assiso alla destra del Padre per il giudizio finale dei popoli. Egli non solo è il Signore che siede alla destra del Padre, ma è anche il sacerdote, al modo di Melchisedek.Poiché si presta a definire l’auto-rità di Gesù Cristo Risorto, nella Liturgia delle Ore il salmo 109 è

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ostili, ma ormai definitivamente sconfitti. Il re non viene descritto nell’atto del muovere guerra, ma come seduto tranquillamente in trono, nell’esercizio di un potere invincibile, fondato sulla prote-zione del Signore. Come pegno di consacrazione e dono, il re riceve la benedizione celeste in forma di rugiada mattutina.

La seconda parte del salmo è quella che esalta la dimensione più propriamente sacerdotale di questa regalità sacra; il sovrano, appena posto sul trono, viene am-messo anche alla funzione di sa-cerdote. Il giuramento del Signo-re stabilisce un legame eterno,

(«mio Signore»), riferendogli l’as-sicurazione divina riguardante la sua regalità. Seguono le parole di JAHVE, con l’autorizzazione a sedere alla destra del Sovrano divino, espressione che indica il posto d’onore e la partecipazione alla sua regalità. Fa parte della partecipazione al potere divino la vittoria sui nemici, attraverso l’immagine degli avversari dive-nuti sgabello del trono regale. All’oracolo fa seguito il commen-to, che esalta la forza del sovrano di Sion e il suo trionfo irresistibile, concessogli da JAHVE. Ecco al-lora l’immagine dello scettro, che si protende quasi come una spa-da fino al cuore del paese dei re

tra quelli più pregati (nei Vespri di tutte le domeniche e dei giorni di festa). Il salmo è diviso nettamente in due parti, introdotte da due for-mule introduttorie: ”oracolo” e “ha giurato”, probabilmente pro-nunciate entrambe dalla stessa persona, il presidente della litur-gia o della cerimonia. Immedia-tamente dopo ogni introduzione è JAHVE che pronuncia le sue parole rivolgendosi in seconda persona all’eletto; in seguito il presidente amplia il testo parlan-do all’eletto.

L’oracolo si rivolge al sovrano di Sion con il tipico stile di corte

OrazioneGesù, Messia di Dio.

Re dei re e Signore dei signori,Figlio eterno

generato prima dell’aurora dei tempi,

Sacerdote di una nuova ed eterna Alleanza,

assiso alla destra del Padre,da dove verrai

a giudicare i vivi ed i mortinella gloria del tuo trionfo:

sii benedetto,adesso

e nei secoli dei secoli! Amen.

(P. Fontaine, Preghiere salmiche)

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impossibile da spezzare da parte degli uomini; c’è una conferma-zione sacra che assicura all’eletto una condizione di fedeltà divina. L’unione della funzione sacerdota-le e regale non è un dato scontato per la tradizione biblica, poiché il sacerdozio prevedeva l’apparte-nenza alla stirpe di Aronne, il re di Gerusalemme risultava escluso dalla dignità sacerdotale. Il salmo supererebbe la difficoltà della non appartenenza del sovrano di Sion al sacerdozio aronnitico, richia-mandosi all’investitura ricevuta direttamente da Dio. Melchise-dek, il misterioso personaggio cui Abramo offrì la decima (Gn 14,18-19), è la figura regale e sacerdotale che legittima l’aspi-razione a una dignità sacerdotale del re di Sion oppure alla dignità politica del sommo sacerdote.Il re-messia, così, riunisce in sé la pienezza delle funzioni neces-sarie alla vita del popolo, quel-la più orizzontale del governo e dell’azione militare, e quella più verticale della relazione con il Si-gnore. Le inevitabili tensioni - e talora lacerazioni - che la storia del popolo dell’alleanza ha cono-sciuto tra i due poteri, tra il trono e l’altare, sono, per così dire, ri-solte, e anche in ciò il salmista scorge un segno della benedizio-ne divina.L’assistenza e la protezione divi-na sono affermate attraverso una sorta di acclamazione: “Il Signore è alla tua destra”, che richiama l’oracolo iniziale ed esprime bene la vicinanza potente di Dio al suo fedele. La descrizione si prolun-

ga ancora nel ritratto del re-con-dottiero che, dopo aver bevuto al torrente, e aver ritemprato le sue energie, rialza il capo per andare nuovamente incontro agli avver-sari da sbaragliare.

Il salmo offre all’orante vari spun-ti per la sua preghiera. Innanzi-tutto l’affermazione che la vittoria del re-messia (e perciò del popolo messianico) è dono di Dio, è frut-to della fedeltà divina alla propria promessa, a quel giuramento che il Signore ha dato “senza pentir-si”. In secondo luogo, il salmo è una proclamazione del compier-si pieno del progetto di Dio sulla storia, la cui realizzazione è fon-data soltanto nella potenza della parola divina. La cosa è tanto più evidente in quanto l’affermazione di una vittoria totale sui nemici è storicamente un paradosso, se riferita al sovrano (o al som-mo sacerdote) di un piccolo re-gno come Giuda, di un modesto centro come Gerusalemme, la cui pochezza sfigurava di fronte a grandi città come Ninive o Ba-bilonia. Pregare con il Salmo 109

è in definitiva esaltare la potenza del Signore che, per compiere il suo giudizio di salvezza, si avva-le di mezzi umanamente sempre inadeguati!

Infine, quando il salmo è letto “cristologicamente”, è facile ele-varlo a Dio come confessione di fede nel mistero di Cristo, come fa appunto il Nuovo Testamento. Diventa allora una lode al Dio e Padre di Gesù Cristo per i vari aspetti della realtà di Cristo: per la sua risurrezione e ascensione alla destra del Padre (cf. At 2,34; Rm 8,34; Ef 1,20), ma anche per il suo sacerdozio alla maniera di Melchisedek (Eb 5,6ss; 7,lss).Acclamare la vittoria del re-mes-sia-sacerdote, diventa per l’orante riconoscere che Cristo ha vinto il combattimento contro il peccato e la morte, e ci fa per sua grazia partecipi del trionfo e della vita divina. Il salmo, così, può acqui-stare la valenza di un invito alla gratitudine per tutto l’immeritato dono che ci raggiunge in Cristo.

Gerardo Cautilli

la voce degli amici Cric

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In Genesi, Mel-chisedek, re e

sacerdote di Salem (da identificare con G e r u s a l e m m e ) , offre ad Abramo, vincitore con pochi uomini contro una coalizione dei re d’oriente, un pasto di “pane e vino”, rito di alleanza, e lo benedice. Questi gesti vengono com-piuti al cospetto di ‘El ‘Eliôn, il “Dio altissimo”, dio an-cestrale dei clan se-miti, che Melchise-dek considera il Dio supremo e Abramo l’unico Dio. Dopo la benedizione, Mel-chisedek riceve da Abramo un tributo, “la decima di tutto”, in cambio della sua pro-tezione. In questo breve episodio la parte principale viene svolta da Melchi-sedek, sacerdote non ebreo, di fronte al quale Abramo, l’Ebreo,

occupa un rango inferiore; è ve-ramente singolare come in questa storia, in cui compaiono tanti re, è solo davanti a Melchisedek che Abramo, vincitore di una guerra, si inchina ed è davvero inusita-to che lo faccia nei confronti di

un ministro pagano del culto. E’ vero che l’iniziativa è partita da Melchisedek, che offre un pasto d’onore al vincitore e pronuncia su di lui la benedizione del suo Dio, avendo la piena intuizione che l’”altissimo Dio” sia colui che ha aiutato Abramo nella vittoria; Abramo, però, a sua volta si in-china a questa benedizione e dà a Melchisedek la decima, il che implica riconoscergli un diritto sui beni, l’esercizio di una autorità. Il salmo 109 ci presenta Mel-chisedek come il predecessore di David, il re d’Israele, l’Unto di JAHVE, nell’attesa di un Messia che associ nella propria persona sacerdozio e regalità.Nella Lettera agli Ebrei Melchise-dek è figura anticipata di Gesù. Gesù è il sacerdote eterno secon-do il tipo di sacerdozio posseduto da Melchisedek, superiore a quel-lo levitico, giacché i figli di Levi, nella persona del loro antenato Abramo, si sono inchinati davan-ti a Melchisedek, ricevendone la benedizione e pagandogli un tri-buto. Gesù, come Melchisedek è insieme re e sacerdote, che non ha ricevuto il sacerdozio dai suoi antenati ma per precisa disposi-zione divina, soprattutto è sacer-dote eterno che esercita un’azio-ne efficace di salvezza per tutti gli uomini.Melchisedek, straniero rispetto a Israele, membro delle “nazioni”, personaggio religioso, rimane il testimone dell’universalismo dei disegni di Dio, che, per condurci a Cristo, si è servito non solo di Israele, ma anche delle “nazioni”.

Gerardo Cautilli

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Melchisedek

Melchisedek è una figura misteriosa e ieratica, che fa solo una breve e misteriosa comparsa; di lui si hanno solo due menzioni nell’Antico Testamento: Gen 14,18 e Sal 109(110),4. Egli appare il protettore di Abramo, il predecessore di David e figura anticipata di Gesù.

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la voce degli amici Cric

Festa di tutti Santidell’Ordine Canonicale

Con gli amici cric - Domenica 13 novembre Omelia di Padre Agostino

VOLTA MANTOVANA

Coincidenza fortuita o opportunità favorevole? Mi riferisco a questa domenica, 13 novembre. Perché? Perché era do-menica anche il 13 novembre del 354 quando è nato Ago-stino a Tagaste.

Celebrando la festa di tutti santi dell’ordine canonica-

le, non possiamo non iniziare dal primo santo di questo ideale di vita, proprio s. Agostino. È lui l’ideatore, lo scopritore di questa forma di vita prima solo laica-le poi anche sacerdotale. È sua l’intuizione di unire saldamente vita religiosa e vita pastorale, vita consacrata e ministero sacerdota-le. Ma s. Agostino non se ne at-tribuisce la paternità. Lui stesso attesta di attingere questa forma di vita fraterna dalla descrizione

che Luca fa della prima comunità negli Atti degli Apostoli. Dove non c’era l’“io”, “nessuno diceva mio, nessuno considerava sua pro-prietà quello che gli appartene-va”, ma si sperimentava il “noi”, “ogni cosa era fra loro comune e veniva distribuito a ciascuno se-condo il bisogno” (At 4, 32,35). Questo ha originato la vita frater-na, la comunità, il noi che ab-braccia tanti io. Questo abbraccio

è sancito dall’amore reciproco e prima ancora dalla carità di Dio. Bella l’espressione di s. Agostino che incornicia tutta la sua vita: “non c’è felicità senza amici, sen-za amicizia”. E aggiunge “essa (l’amicizia) non è vera se non quando tu, Signore, l’annodi tra coloro che sono legati a te dalla carità”. Annodati tra noi perché annodati a Cristo e annodati da lui. Appassionante compito: di-ventare nodo, non groppo, grovi-glio. Nodo che intreccia e coor-

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to, inarrestabile, fluente e amaro. I mezzi di informazione descri-vono nei dettagli le catastrofi naturale, le sofferenze fisiche, le disgregazioni culturali, sociali del nostro tempo e noi stessi ne siamo osservatori preoccupati. Che atteggiamento scegliere? Farsela sotto, ritirarsi in un nido riparato?, a trovarlo poi! Il vangelo, la parola di Dio ha sempre l’approccio più indovina-to. Abbiamo infatti ascoltato, al termine di una lunga lista di si-tuazione raccapriccianti, di fatti tragici la conclusione che ne trae Gesù per i suoi discepoli: “Avrete

allora occasione di dare testimo-nianza”. Meravigliosa e attuale missione: essere testimoni. La vita vissuta come testimo-nianza. Dare testimonianza è dire che Dio sa trasformare il male in bene, l’odio in pace, le lacrime in danza. La gamma della testimo-nianza è più che policroma. Ma ce n’è una che ci spetta priori-tariamente, testimoniare Dio che è comunione di amore, quindi testimoniare la fraternità, la vita comune, la carità che ci annoda tra noi perché Dio ci ha annodati a sé. Testimonianza con una qualità indispensabile, la perseveranza: “Con la vostra perseveranza sal-verete la vostra vita”.La perseveranza è la sfida per tutti noi. La perseveranza è in-dispensabile per produrre frutto, nelle prove di tutti i giorni e nelle persecuzioni. È il “rimanere” in Cristo, di cui parla ripetutamen-te l’evangelista Giovanni. Perse-veranza, avere la tigna di non demordere nella certezza che il bene prevale sempre sul male, l’amore sulla morte. È la capa-cità di far fronte al male, di non sentirci vittime sacrificali, perché se da una parte viviamo le trage-die della storia allo stesso tempo abbiamo la rasserenante certez-za che “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. Niente viene buttato, tutto è rac-colto dal Padre buono e miseri-cordioso e tenuto nelle sue mani che ci riprendono prima che toc-chiamo terra.

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dina molti fili diversi, variopinti. Un nodo d’amore, un legame d’amore tra di noi, in famiglia, nella parrocchia, nella comunità religiosa. Un nodo d’amore che fa sciogliere tante matasse, mol-ti gomitoli iniziando dalla paura della solitudine, dell’insignifican-za, dell’incertezza, dell’ansia, del futuro. Ne abbiamo già tante di paure nostre, ma sembra che non ci bastino e ce ne costruia-mo sempre di nuove. E interpre-tiamo come minacce paurose, parole e situazioni che sono di liberazione, di salvezza, come ha mostrato il brano del van-gelo ascoltato. Sconvolgimenti, stravolgimenti, disordini, cam-biamenti epocali ci sono sempre stati. Ovvio che a noi, i nostri, ci sembrano più incombenti. Giusto per restare in tema con questa festa, l’epoca in cui è vis-suto s. Agostino era un mondo in subbuglio. Il mondo antico, l’impero romano e la sua cultura, che per secoli avevano costituito l’ambito naturale in cui vivere, ed erano stati il simbolo della stabilità e della sicurezza, era-no sulla soglia del disfacimento. I visigoti, sotto Alarico, nel 410 conquistarono Roma, la «città eterna». E alla fine della sua vita Agostino assistette all’assedio, da parte dei vandali, della città di cui era vescovo, Ippona. Agostino, con la sua sensibilità, colse anche più esplicitamente la disgregazione interna, cultura-le del mondo antico e l’ha dipinto come un mare inquieto, flagella-

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Il nuovo anno pastorale della nostra comunità parrocchiale

si apre, come da tradizione, con la FESTA PATRONALE che si di-pana per quasi un mese: dall’8 settembre – giorno liturgico della Natività di Maria – all’ultima do-menica del mese. In queste settimane sono state proposte molte iniziative che van-no dalla giornata del malato (con la possibilità di ricevere il sacra-mento dell’unzione, ma anche di cenare in allegria), a quella dei giovani (che hanno animato una serata pub, ma anche gli stand con i giochi e momenti di anima-zione per i più piccoli); da quella

della famiglia (con il rinnovo del-le promesse battesimali) a quella degli operatori pastorali (con la presentazione dell’Amoris Laetitia fatta da p. Alfredo Feretti, il qua-

le guida anche gli incontri mensili delle famiglie); da quella dedicata ai bambini battezzati nell’anno, ai bambini più grandi che fanno ca-techismo. Non è mancata la pesca di beneficienza, lo stand gastrono-mico, il rosario pregato nelle case di diversi parrocchiani attorno all’icona di “Maria pellegrina”.

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Iniziative pastorali nel periodo di settembre-novembre 2016

PARROCCHIA "NATIVITÀ DI MARIA"

Non è facile sintetizzare diversi mesi di vita co-munitaria: piccoli eventi si intrecciano con tanti volti e tante storie personali, soprattutto con una quotidianità fatta di preghiera, liturgia, ser-vizio, formazione…

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Tradizionale è anche il Pellegri-naggio di metà settembre che, quest’anno, ci ha condotto nei santuari viterbesi di Vetralla e Su-tri, così come la proposta di mo-menti culturali (con uno spettaco-lo teatrale) e musicali-danzanti. Si chiude con la processione maria-na per le vie del quartiere (con il gruppo di portatori “in divisa” e la banda musicale) e la serata ani-mata da una band musicale, dai fuochi d’artificio e dall’estrazione della lotteria. Lo sforzo organizza-tivo comporta un grosso impegno che rinsalda la comunità e mette in movimento tantissimi parroc-chiani, offrendo l’opportunità di mostrare il volto più dinamico del-la nostra comunità.OTTOBRE è il mese in cui ripren-dono i percorsi dei vari gruppi e, fra l’altro, le catechesi domenicali per gli adulti. Tra i piccoli even-ti ricordiamo la CRESIMA di 24 adolescenti, conferita da Mons. Vincenzo Paglia (il 29 ottobre), e il saluto al nostro DIACONO PER-MANENTE, Mimmo Principe, chiamato dalla Diocesi a servire in un’altra parrocchia.A NOVEMBRE, mese dedicato ai nostri defunti, sono morti due parrocchiani particolarmente cari: Salvatorica Fois, per tanti anni ca-techista e volontaria della caritas, e Sergio Sciarra, responsabile del gruppo carismatico Gesù Risorto presente nella nostra Parrocchia. Si è ripreso inoltre il “sabato dell’oratorio” con la proposta dei corsi di cucina, chitarra, coro e arti manuali e momenti ricreativi e si è concluso l’anno giubilare con i pellegrinaggi, molto partecipati, alle basiliche di Santa Maria Mag-giore e di San Paolo Fuori le Mura.

Padre Stefano

Lettorato di Fratel Erasmo Fierro

Martedi 4 ottobre, festa liturgica di San Francesco d’Assisi, du-rante la celebrazione dei Vespri in Casa Generalizia a Roma, il nostro studente di Teologia ha ricevuto, per le mani del Superiore Generale padre Riccardo Belleri, Il “ministero minore del lettora-to”. E’ il primo dei ministeri istituiti. Afferma il Motu proprio di Paolo VI: «Esso ha radici molto remote e il suo esercizio apre pro-spettive nuove all'impegno di annuncio del Vangelo, che la Chiesa del nostro tempo riscopre come prioritario ed essenziale nella sua missione di servizio al mondo».

ANNO GIUBILARE CRIC

Pellegrinaggio sui luoghi di Dom Adriano Gréa in Francia

DA LUNEDI 24 A MERCOLEDI 26 APRILE 2017

Aperto ai sacerdoti e Amici Cric e a chi desidera partecipare.

Iscrizioni entro Febbraio presso i Padri Cric di Roma, di Montichiari e Volta Mantovana

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In memoria di....MAMMA DI CHRISTOPHER REEVE Diacono CricIl 14 novembre 2016 il Signore ha chiamato a sè la mamma di Chri-stopher Reeve, Diacono nella comunità di Santa Paula, Los Angeles. Nella preghiera siamo vicini a p. Chris e alla sua famiglia e poniamo nel cuore del Signore la nostra defunta perché l'accolga nella gloria del cielo. P. Riccardo.

CONGREGATION DU GRAND ST-BERNARD

Chanoine MARCEL MARQUISNato il 3 giugno 1924 a Liddes (Chandonne) – Svizzera. Sacerdote il 18 giugno 1950. Esercita il ministero pastorale all’Ospizio Gr-St-Bernard, al collegio di Champittet, alla parrocchia di Orsières e poi al Sempione. Muore il 20 agosto 2016 all’ospedale di Martigny.

ABBAYE DE SAINT MAURICE

Chanoine JEAN-BERNARD SIMON-VERMOT Nato a La CHAUX-de – FONDS (Svizzera)il 20 ottobre 1923, sacer-dote il 14.09.1947. Ha operato in missione in Sikkim. Impegnato nell’ambito del dialogo interreligioso, nella vita liturgica e pastorale dell’Abbazia, come confessore. Morto il 28 ottobre 2016 all’Ospedale di Martigny.

Settimana Mariana e della Misericordia

«Il pensiero ora si volge alla Madre della Misericordia. La

dolcezza del suo sguardo ci ac-compagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha cono-sciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla pre-senza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore. Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria è stata da sempre pre-parata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha custodito nel suo cuore la divina misericordia in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesù. Il suo canto di lode, sulla soglia della casa di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende "di generazione in gene-razione" (Lc 1,50)... (Misericor-diae Vultus n° 24)».

Sollecitati da queste parole di Papa Francesco che concludono la “Bolla di Indizione dell’Anno Santo della Misericordia”, la no-

stra comunità parrocchiale di Bor-gosotto ha vissuto due settimane intense per pregare, riflettere e co-noscere alcune figure di Santi alle-stendo una Mostra che illustrasse con immagini e citazioni varie la testimonianza di queste persone che hanno vissuto la Misericordia

fino a donare la propria vita.Naturalmente Maria ha avuto un posto centrale nella Settimana Mariana, portata in processione per le vie del Borgo.Aldilà della partecipazione alle varie iniziative proposte durante questi giorni, auguro che il mes-saggio ricco, profondo e coinvol-gente possa aver toccato il cuore di coloro che hanno vissuto questi momenti con fede e devozione.

Padre Rinaldo

BORGOSOTTO: PARROCCHIA MARIA IMMACOLATA

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Auguri per u

n Santo Natale

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n Santo Natale

e un Felice Anno Nuovo

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