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La Venaria Reale 2017

Jungle L’immaginario animale nella Moda

12 aprile - 3 settembre 2017 Sale delle Arti, I piano

Reggia di Venaria

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Jungle

L’immaginario animale nella Moda

Alla Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale alle porte di Torino, capolavoro dell’architettura e del paesaggio barocco dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, una mostra che racconta, attraverso un centinaio di abiti e accessori, l’evoluzione dell’animalier e delle

zoomorfie, ovvero i diversi modi in cui manto e forme animali sono stati rielaborati dalla moda. Dall’imitazione perfetta del pattern, all’invenzione di forme e di colori, fino a una vera e propria metamorfosi tra creature umane e non umane i cui sguardi si riflettono negli abiti. L’animalier rende omaggio al mondo animale e nel farlo sublima l’animalità in stile. Il riferimento all’abito “Jungle” del 1947 di Christian Dior apre concettualmente il percorso: l’abito segna l’entrata ufficiale dell’animalier nella haute couture. Da allora, gran parte degli stilisti si sono confrontati con il tema, dallo chic al pop in un costante rimando tra erotismo e trasgressione, gioco ed eleganza. Molti sono i designer presenti in mostra, selezionati per l'estetica, la qualità dei materiali, le forme, la rilevanza stilistica e concettuale, tra cui Jean Paul Gaultier, Azzedine Alaïa, Roberto Cavalli e

Gianfranco Ferré, i nuovi classici di Valentino, Maurizio Galante, Fausto Puglisi, Givenchy e Stella

McCartney, i bustier ricamati di Krizia, fino agli abiti tecnologici di Iris Van Herpen e a quelli dei più

giovani stilisti. Le loro creazioni mettono in evidenza non solo i cambiamenti del gusto, ma anche i diversi significati di un trend che, divenuto uno dei grandi classici del nostro guardaroba, non smette tuttavia di ispirare la moda.

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DOVE

Reggia di Venaria, Sale delle Arti, I piano

QUANDO

Dal 12 aprile al 3 settembre 2017

COME

Intero: 12 euro Ridotto (gruppi di min. 12 persone, maggiori di 65 anni e quanti previsti da Ridotti): 10 euro Ridotto over 6 under 21 (ragazzi dai 6 ai 20 anni) - Universitari under 26: 6 euro Scuole (classi minimo di 18 studenti, ingresso gratuito per 2 accompagnatori ogni 27 studenti): 3 euro Minori di 6 anni e quanti previsti da Gratuiti: gratuito La mostra è inoltre compresa nel biglietto “Tutto in una Reggia”

Servizi educativi:

[email protected] - tel. +39 011 4992355

Per altre informazioni:

tel. +39 011 4992333 - www.lavenaria.it

L’allestimento dell’artista Pietro Ruffo contribuisce a creare una forte suggestione sul tema: le sale della Reggia diventano così il palcoscenico di una giungla in cui gli alberi e gli animali in legno sono spogliati della loro pelle e dei loro colori, come se le cromie degli animali e della giungla si fossero trasferiti sugli abiti esposti.

La mostra è organizzata e realizzata dal Consorzio di Valorizzazione Culturale La Venaria Reale Ideazione

Ludovica Gallo Orsi Direzione scientifica Simona Segre Reinach Percorso espositivo Costanza Carboni a cura di

Costanza Carboni, Ludovica Gallo Orsi, Simona Segre Reinach Comitato scientifico Patrizia Calefato, Massimiliano Capella, Vittoria Caterina Caratozzolo, Angelo Flaccavento, Antonio Mancinelli, Federica Muzzarelli, Alistair O’Neill, Luca Scarlini, Valerie Steele Progetto scenografico Pietro Ruffo in collaborazione con Studio Kami Architects

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Jungle è una mostra dedicata all’animalier e alle zoomorfie, cioè alle diverse elaborazioni simboliche che gli stilisti hanno fatto del manto e delle forme animali. Il percorso è sviluppato entro la prospettiva della moda moderna. Un racconto che parte da Christian Dior, il primo couturier a ufficializzare l’uso del cosiddetto “stampato pantera” nella Haute Couture e attraverso le creazioni dei grandi nomi della moda internazionale arriva fino ai giovani designer contemporanei. La crescente e rapida diffusione dell’animalier a tutti i livelli della moda, lo ha reso uno staple, ovvero un elemento base del guardaroba come lo sono le righe, i pois, la camicia bianca, il tubino nero. Rispetto ad altri classici, tuttavia, l’animalier conserva una sua originalità e presenta una non comune capacità generativa per i temi che richiama: il rapporto tra natura e cultura, la forza unita alla seduzione, la libertà espressiva, la trasgressione, la sfida alle insidie e ai pericoli che un immaginario “selvaggio” inevitabilmente evoca. Glorificando, abbellendo o sfigurando il manto animale, la moda lo trasforma e lo fa proprio, assoggettandolo interamente al suo regime. L’artista Pietro Ruffo, ideatore del progetto scenografico, ha creato una giungla monocroma in

legno, dove ogni elemento animale e naturale viene esploso e ricomposto attraverso una serie di piani perpendicolari e spogliato dalla sua pelle. Resta solo la struttura costruttiva, come se le cromie degli animali e della giungla si fossero completamente trasferite sugli abiti.

La mostra

Veruschka by Rubartelli

Archivio Vera Lehndorff

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Imitazione, invenzione, metamorfosi Dalla sfilata del 1947 di Dior, l’animalier si è arricchito di significati, connotazioni, rappresentazioni simboliche, espressioni stilistiche. Ai concetti di seduzione, raffinatezza, esotismo con cui era principalmente identificato, si associano sperimentazione, gioco, ironia, erotismo, trasgressione. Se la semplice imitazione del mantello animale può essere considerata il punto di origine, a seguire nelle collezioni compaiono gli animali del sogno, fantasticati, trasfigurati, reinventati, ingigantiti o solo allusi, animali preziosi e animali banali, macchie, chiazze, squame, piume multicolore, delicati riflessi, cromie e forme. Dall’imitazione perfetta del pattern, all’invenzione di forme e colori, fino a una vera e propria metamorfosi tra creature umane e non umane i cui sguardi si riflettono negli abiti. Ai classici leopardi, zebre, ocelot, giraffe che popolano l’immaginario animale si aggiungono farfalle, uccelli, coleotteri, animali interi e parti di essi, grandi occhi, unghie, zampe, musi vibranti e code sospese, fino a tracce di vita quasi invisibili. Dalle “zebre a pois e struzzi a quadretti”, come scriveva Anna Piaggi, a curiose creature che mettono in discussione le zoomorfie più consuete.

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30, Avenue Montaigne - Paris 12 Febbraio 1947: la Maison Dior presenta la sua prima collezione e I’imitazione del manto animale entra nella Haute Couture con i modelli Jungle e Africaine. Con queste due creazioni Christian Dior dà voce a una donna ammaliante e seduttiva e il codice animalier diventa simbolo della donna-felino. A ispirare il couturier è Mitzah Bricard, sua musa, amica e collaboratrice “una delle poche persone al mondo che fanno dell’eleganza l’unica ragione di vita”, come lui stesso ebbe a dire.

L’esclusiva del tessuto imprimé panthère (stampato pantera) è il frutto di un accordo con la seteria Bianchini-Férier di Lione, rilanciato nel 1955 da André Levasseur, stretto collaboratore di Christian Dior. Levasseur gli suggerisce di realizzare in animalier diversi accessori e un trench impermeabilizzato. Durante il primo anno di produzione, questo modello non ottiene il successo atteso, ma in quello successivo viene acquistato da Marlene Dietrich che ne sancisce l’assoluto trionfo. Il code panthère è stato e resta uno dei maggiori codici di riconoscimento della Maison Dior nel succedersi delle diverse collezioni.

©Laziz Hamani

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Nuovi equilibri, inedite visioni Sempre ricorrente e presente in molte collezioni, l’animalier più classico si accompagna a zoomorfie di vario genere, a raffigurazioni di ispirazione animale che vanno ormai ben oltre la verosimiglianza, cariche di sottili sovvertimenti e neologismi stilistici. Entriamo nel nostro presente globalizzato e contaminato. I termini animalier e animal print con cui abbiamo iniziato il percorso possono apparire riduttivi, alla luce dei tanti modi in cui la rappresentazione, allusione, trasfigurazione del mantello e delle forme animali entrano nella progettazione contemporanea. Che si tratti dei classici maculati rivisitati o di nuovi ibridi che ci confondono, tutto porta a sfidare i limiti di una visione di stampo positivista, storicamente conclusa, in cui gli esseri umani sono al centro di un preciso ordine gerarchico. Insoddisfazioni, inquietudini, incertezze caratterizzano il nostro presente e l’immediato futuro. Si prefigurano inedite cosmogonie, destini diversi, nuove sfide con cui confrontarsi, che ci coinvolgono tutti, umani e non umani. Molteplici e talvolta contraddittorie espressioni di una tendenza di lungo corso, ma anche di sommovimenti profondi, di nuovi equilibri e possibili visioni.

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La giungla urbana "The best fashion show is definitely on the street. Always has been. Always will be".

"The main thing I love about street photography is that you find the answers you don't see at the

fashion shows. You find information for readers so they can visualize themselves".

Bill Cunningham (1929-2016) Fotografo

Le strade delle metropoli sono il centro della comunicazione globale. La strada è un documento estetico e antropologico, metafora di una realtà della vita di tutti i giorni contrapposta alla finzione di una moda creata per un ristretto gruppo di persone. Di alcune mode si dice che siano nate “spontaneamente” dalla strada e la minigonna ne è l’esempio più celebre. Tribù di stile e street style caratterizzano da tempo le grandi città, anche per effetto della potenza delle subculture giovanili. Dalla strada è ormai impossibile prescindere, per comprendere l’evoluzione della moda. Strada e passerella, moda “alta” e moda quotidiana, non sono più contrapposte, bensì in stretta relazione l’una con l’altra. Ed è proprio da queste intermittenze che blogger e cool hunter individuano indizi fondamentali su tendenze e stili emergenti. La diffusione del “maculato” sulle strade suggerisce la vitalità di questo stilema divenuto ormai classico, ma in perenne trasformazione. La ricca fenomenologia stilistica dell’animalier della “strada”, le trasformazioni e trasmutazioni presenti in abiti e accessori, ne confermano la rilevanza quale linguaggio e strumento di nuove e antiche forme di identità collettive.

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Oltre il genere La moda è uno dei luoghi privilegiati in cui si rivelano tensioni e cambiamenti nelle relazioni di genere. Con la “rivoluzione del pavone”, visibile in pochi quartieri all’avanguardia nella Londra degli anni Sessanta, è iniziata un’inarrestabile trasformazione antropologica - ampliatasi durante gli anni Ottanta e tuttora in atto - che ha portato l’uomo ad avventurarsi in territori di prerogativa femminile, come la moda, e a impadronirsi magistralmente dei suoi codici. L’animalier al maschile rivela appieno la femminilizzazione del maschio, il sovvertimento di un ordine consolidato sin dall’Ottocento con la “Grande Rinuncia”, nella fortunata definizione dello studioso e psicologo John Carl Flügel: l’uomo, nel nuovo ordine borghese, abbandona la pretesa di essere bello, lasciando da parte ogni esibizione ed eccesso e preoccupandosi solo di essere pratico. Da segno volutamente trasgressivo, volto a sfidare e ridefinire provocatoriamente il concetto di virilità e mascolinità, di corpo e seduzione, il “codice” zoomorfico è oggi una presenza costante, diffusa, trasversale, indice di una demarcazione tra i sessi non più individuabile sulla base degli stili di vita e di consumo.

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Veruschka Il percorso espositivo, costituito da abiti e accessori, si arricchisce di una serie di immagini fotografiche di un personaggio simbolo: Vera von Lehndorff, artista, top model e attrice, in arte Veruschka. Nelle numerose immagini che ritraggono l’iter artistico di questa icona degli anni ’60 e‘70, la natura e l’elemento animale sono una presenza costante. Scoperta a Firenze nel 1959 da Ugo Mulas, che la ferma per strada colpito dalla sua altezza vertiginosa, Vera entra nel mito ritratta, tra gli altri, da Richard Avedon, Bert Stern, Irvin Penn, Gian Paolo Barbieri, Franco Rubartelli e diretta, in un cameo, da Michelangelo Antonioni in Blow up, manifesto della moda negli Swinging Sixties. Con una bellezza rivoluzionaria, così diversa dall’ideale femminile che caratterizzava la moda di quegli anni, Veruschka sembra essere particolarmente a suo agio, e posa con incantevole naturalezza, con pellicce e abiti che riproducono il pattern di zebre, tigri, leopardi e serpenti, come se indossandoli si sentisse “animale” lei stessa. Ed ecco che presto il manto animale da abito diventa habitus e quindi forma, atteggiamento, comportamento, abitudine. Iniziano così nuove sperimentazioni: il body painting. Nel ‘66 Veruschka per la prima volta dipinge il suo corpo, collabora con Dalì e con il fotografo Peter Beard. È lui a portarla in Kenia per un servizio in cui si spalma di lucido da scarpe nero per raffigurare animali e piante fantastiche in una sorta “ritorno alle origini”.

Veruschka

by Franco Rubartelli

Photo Getty Images

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Nel ‘75 Vera lascia il mondo della moda, per cui era diventata Veruschka, pseudonimo inventato, all’inizio della sua carriera, per creare un personaggio esotico e misterioso. Riscopre l’arte, la sua prima passione. Personaggio camaleontico, si moltiplica e si annulla identificandosi totalmente con il soggetto scelto per le sue trasformazioni. Insieme con l’artista Holger Trülzsch, pittore, scultore, fotografo, musicista realizzano una serie di ritratti fotografici mimetici in cui il suo corpo e il suo volto si confondo con lo sfondo. Dal ’96 al ’99, a New York, si dedica alla serie “Veruschka Self- Portraits, fotografata da Andreas Hubertus Ilse, in cui mette in scena davanti all’obiettivo personalità fuori dagli schemi. Due immagini esemplari di questa attività perfomativa sono Wall Street Spider, che la ritrae in mezzo a una strada, a quattro zampe, in una tuta nera che l’avvolge completamente, e nello scatto Zebruschka ambientato a Central Park in cui prende le sembianze di una zebra che si aggira nella savana. Da più di 40 anni Veruschka non usa pellicce e sostiene azioni per la protezione degli animali. L’universo di forme e di senso di Veruschka rappresenta a pieno titolo i termini Imitazione, Invenzione, Metamorfosi che esprimono il concept di “JUNGLE. L’immaginario animale nella moda”.

Veruschka

by Franco Rubartelli

Photo Getty Images

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Jungle. L’immaginario animale nella moda di

Simona Segre Reinach

Gli animali cominciano a scomparire dalla nostra vita agli albori della modernità industriale, con il tramonto della civiltà contadina. Da intermediari tra l’uomo e le sue origini, come sono stati per secoli, gli animali reali ci abbandonano. Restano quelli destinati a trasformarsi in prodotti industriali o in sterilizzate creature da compagnia. Mentre gli animali gradualmente scompaiono dalla vita quotidiana delle persone, l’invenzione dello zoo, quello di Londra risale al 1828, quello di Parigi addirittura a fine Settecento, comporta l’inizio un nuovo corso nella relazione uomo-animale. Il giardino zoologico, come noto, fa parte della cultura coloniale che celebra la conquista e il predominio europeo sulle terre lontane ed esotiche e, naturalmente, sul resto degli esseri viventi che le abitano. A Parigi, nel Jardin d’Acclimatation, presso il Bois de Boulogne, venivano regolarmente allestiti - dal 1887 al 1931 e anche oltre - i cosiddetti “zoo umani” in cui il visitatore poteva ammirare, in gabbia, indigeni provenienti dalle colonie insieme ad animali esotici. La haute couture nasce a Parigi a metà Ottocento, in un clima di progresso e grandi certezze che contribuisce in modo sostanziale alla costruzione del teorema vestimentario evoluzionista, secondo il quale noi europei abbiamo la moda, apogeo del vestire civilizzato, mentre loro, gli altri, hanno il costume. Se è pur vero che le pellicce sono forse state il primo abito umano, la possibilità di imitare il pattern e le forme animali a partire dalla loro pelliccia risale a precisi ordini estetici e capacità tecniche consolidatisi tra Seicento e Settecento. Ma l’istituzionalizzazione del maculato nella haute

couture è qualcosa che appartiene interamente all’epoca moderna. Jungle. L’immaginario animale

nella moda è la prima mostra dedicata a questo tema specifico, cioè alle diverse elaborazioni del manto e delle forme animali.

Photo Pat English

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Animalier è un termine francese, come francese era la lingua ufficiale della moda prima che l’inglese prendesse il predominio. Eppure entrambi i termini animalier e animal print - appaiono oggi riduttivi alla luce dei tanti modi in cui la rappresentazione, riproduzione, allusione, invenzione e trasfigurazione del mantello e delle forme animali entrano nella progettazione di moda di oggi. L’animalier ha perso gran parte del significato originario di trasgressione ed erotismo. Lo reinterpretano in modo anarchico e discontinuo sia i grandi stilisti, sia i marchi del pronto moda.. Ogni capo animalier e ogni forma ispirata agli animali, simbolicamente allude ai tempi in cui, come scrive Roberto Calasso nel suo recente testo “Il Cacciatore celeste” gli animali erano sì animali, ma erano anche uomini, dèi, demoni e antenati, senza nette distinzioni. Imitazione, invenzione e metamorfosi sono infatti le parole chiave per classificare questo stile, ancora in cerca di un nuovo nome adeguato alle fantasmagorie con cui oggi si presenta. Ma i tre livelli - imitazione, invenzione e metamorfosi - sono spesso compresenti e sovrapposti. Le tecnologie sartoriali a disposizione si intersecano con i codici di base creando nuove opportunità stilistiche. Le texture si ispirano a quanto esiste in natura, cercando di mantenersi fedeli a ciò che viene considerato “naturale. Insieme all’imitazione scatta anche l’invenzione. Vero e falso si inseguono, come nei fluenti tessuti stampati rettile dei Saint Laurent degli anni Settanta. Dal minimo scostamento dal vero, con la scelta di un colore - come per l’abito di Valentino maculato fucsia e nero, con il colletto bianco bon

ton, che mitiga l’aggressività del felino - all’invenzione vera e propria di texture, forme e colori di Enrico Coveri e di Gianfranco Ferré, o ancora animali che non esistono in natura, o di cui si vuole riprodurre lo spirito più che le forme o i colori, dal cappotto tigre di Nino Cerruti alle contemporanee creazioni di Marco De Vincenzo. Ne sono testimoni i giocosi e irriverenti animali di Krizia, la sua cifra stilistica essenziale, e i completi di Ken Scott degli anni Sessanta e Settanta, precursori di una leggerezza che ritroviamo in alcuni giovani stilisti di oggi. Sono anni, i Sessanta e Settanta, in cui si afferma un nuovo esotismo, che si ibrida con l’estetica optical e modernista. L’animalier cessa di rappresentare donne ammalianti misteriose e fatali, per raccontare nuove libertà e nuovi rapporti tra i sessi, diverse visioni delle terre lontane, rese più vicine e meno esotiche dai viaggi di conoscenza. Un’esplosione di colori e di forme inedite resa possibile da snodi concettuali e di stile che, grazie anche ai nuovi tessuti, anima la sensibilità animalier. L’animalier e le zoomorfie appartengono anche al guardaroba maschile. In un primo tempo segno di mera eccentrità, sfida all’ordine costituito o anche manifestazione di potere, diventano in breve la consolidata abitudine di un’eleganza contemporanea. La terza chiave di lettura che la mostra suggerisce, la metamorfosi, sovverte in modo eclatante la gerarchia evoluzionista da cui l’animalier prende le mosse. Abiti ancora influenzati da un’epoca di rassicuranti certezze, in cui l’uomo è al centro, ma già destinati a vederne i limiti, e a prefigurare destini diversi. Gli animali diventano allusioni decorative che sublimano arte ed esperienza sartoriale, come nei capi di Maurizio Galante. Oppure l’animale diventa parte indistinguibile dell’umano. Iris Van Herpen con la stampa 3D porta la metamorfosi a estreme conseguenze. Non possiamo più chiamare questi abiti animalier ma sicuramente l’animalità, intesa come sperimentazione di realtà espressive possibili, resta la pulsione creatrice di una fantasia mai sopita, come nelle allusioni pittoriche di Giles Deacon.

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Ci troviamo di fronte ad abiti che non si limitano a reinventare, ma creano una contaminazione / ibridazione con altre parti del creato, antropomorfismi e metamorfosi botaniche. È infatti la stessa matrice selvaggia dell’animalier a non essere è più così netta. Animali resi cute e kawaii, animali gioiosi e colorati come quelli di Vivetta, post-coloniali come quelli di Stella Jean, ibridi come gli accostamenti di flora e fauna di Ferragamo, esperimenti come l’abito di Alberta Ferretti dedicato alla marchesa Casati, ci indicano che gli animali sono buoni per pensare (e non solo da mangiare), come scriveva l’antropologo Claude Levi Strauss. Se i redazionali di moda dedicati all’animalier prediligono ancora titoli come “allure savana”, “exotica” e “spirito sauvage”, noi sappiamo che l’immaginario sulle creature non umane è molto più ampio. Sono gli abiti stessi a indicarlo, dai sorprendenti accostamenti di Riccardo Tisci per Givenchy alle elaborazioni dell’animalista Stella McCartney. Jungle. L’immaginario animale nella Moda, dunque, non tratta genericamente la riproduzione del manto e delle forme animali, ma vuole comprendere il tema entro una prospettiva storica e culturale, quella della moda moderna. Una modernità iniziata con la ripresa del predominio francese sullo stile nel secondo dopoguerra e giunta fino alle molteplici rappresentazioni dell’animalier nel nostro presente globalizzato e contaminato. Un progetto non solo teso a evidenziare i cambiamenti di gusto, ma anche i profondi sommovimenti degli equilibri e delle visioni che il perfetto sismografo della moda non manca di segnalare a chi è in grado di leggerlo.

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I designer presenti in mostra

Azzedine Alaïa Albanese

Alberta Ferretti Balmain

Balenciaga Nicolò Beretta/Giannico

Marcelo Burlon/County of Milan Roberto Cavalli

Nino Cerruti Chloé

Enrico Coveri Giles Deacon

Martin Degville Marco De Vincenzo

Dior Dolce & Gabbana

Salvatore Ferragamo Gianfranco Ferré Maurizio Galante

John Galliano Jean Paul Gaultier

Givenchy Katherine Hamnett

Hermès Iosselliani Stella Jean Ken Scott

Krizia Thierry Mugler

Stella McCartney Moschino Jean Patou

Fausto Puglisi Fabio Sasso & Juan Caro/Leitmotiv

Yves Saint Laurent Valentino

Giambattista Valli Vivetta

Iris van Herpen Dries Van Noten Sergio Zambon

Vivienne Westwood

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Sponsor tecnico

Bonaveri nasce a Cento nel 1950, dedicandosi alla produzione di manichini e busti di qualità. Negli anni ha definito un nuovo livello e ruolo del manichino come interprete della brand identity dei marchi di moda. Oggi produce circa 20 mila manichini l’anno, divisi nelle linee Bonaveri Artistic Mannequins e Schläppi che abbracciano l’intero genere merceologico e dal 2017 conta il nuovo brand B by Bonaveri, nato per ospitare collezioni giovani, pensate per interpretare le esigenze estetiche e tecniche del premium mass market. La sede è a Renazzo di Cento (FE). www.bonaveri.com

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Piazza della Repubblica 4 – 10078 Venaria Reale (TO) +39 011 4992300 (Centralino Uffici) - +39 011 4992333 (Call Center)

[email protected] - www.lavenaria.it

Biografie

Simona Segre Reinach è antropologa culturale e professore associato all’Università di Bologna. Ha pubblicato articoli e libri sulla moda in una prospettiva globale, tra cui, per Laterza, La moda.

Un’introduzione (2005 e 2010), Un mondo di mode (2011). Ha in pubblicazione un volume sulla curatela della moda dal titolo Exhibit! (Pearson 2017). Ha curato la mostra 80s-90s Facing Beauties.

Italian Fashion and Japanese Fashion at a Glance (2013 Rimini Museo della Città). Ha inoltre scritto saggi per i cataloghi di diverse mostre, tra cui Moda in Italia: 150 anni di eleganza (Condé Nast 2011), The Glamour of Italian Fashion (V&A Publications 2014), Il nuovo vocabolario della moda

italiana (Mandragora 2015). Fa parte del comitato scientifico delle più importanti riviste e collane editoriali italiane e internazionali, tra cui tra cui Fashion Theory, Dress Cultures (Tauris) e Culture, Moda e Società (Pearson).

Ludovica Gallo Orsi è laureata in filosofia. Si occupa di progettazione in ambito culturale e di comunicazione. Dieci anni accanto ad Armando Testa per curare le sue mostre e i progetti con musei e testate di arte, a seguire, nel Servizio Clienti dell’agenzia pubblicitaria su marchi italiani e internazionali; tre anni alla Rebus su Artissima, fiera internazionale di arte contemporanea e sulle mostre a Capodimonte; otto anni alla Scuola Holden come responsabile immagine e sui progetti speciali. Ha curato due edizioni di Voce del Verbo Moda (2014-15) per il Circolo dei lettori e, nel 2016, Dreamers. Progetti e visioni di moda contemporanea, per la Regione Piemonte, al Museo Ettore Fico. Dal 2008 è iscritta all’Ordine dei Giornalisti nell’elenco dei Pubblicisti.

Costanza Carboni è nata a Roma, dove attualmente risiede. Laureata in Storia dell’Arte Moderna e con un Master in Business Administration, sin dall’inizio opera nel campo dell’editoria di arte e degli audiovisivi. Da oltre quindici anni si occupa di marketing e comunicazione nella moda, avendo collaborato con molte aziende, fra le altre Diesel e Sixty. Per cinque anni è stata responsabile del marketing e comunicazione di Alta Roma in collaborazione con Silvia Venturini Fendi.

Pietro Ruffo è nato a Roma nel 1978. Laureato in architettura, nel 2009 vince il Premio Cairo e nel 2010 il Premio New York con una borsa di ricerca presso l’Italian Academy for Advanced Studies alla Columbia University, e l’ISCP, The International Studio & Curatorial Program di New York. Nel 2012 ha svolto una residenza presso la Nirox Foundation di Johannesburg, Sudafrica, e nel 2013 presso Fountainhead Residency Program di Miami. Ha esposto per musei e fondazioni italiane e straniere, tra cui: MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo di Roma; Blain Southern di Londra; Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato; Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles; Museum of Art and Design di New York; MACRO, Museo d’Arte Contemporanea di Roma; Kaohsiung Museum of Fine Arts a Taiwan. I suoi lavori fanno parte di diverse collezioni museali e fondazioni private come Deutsche Bank Foundation; MAMBO Museo d’Arte Moderna di Bologna; MACRO, Roma; Fondazione MAXXI, Roma.

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Biglietti

Intero 12 euro Ridotto (gruppi di min. 12 persone, maggiori di 65 anni e quanti previsti da Ridotti)

10 euro

Ridotto over 6 under 21 (ragazzi dai 6 ai 20 anni) - Universitari under 26 6 euro

Scuole (classi minimo di 18 studenti, ingresso gratuito per 2 accompagnatori ogni 27 studenti) 3 euro

Minori di 6 anni e quanti previsti da Gratuiti Gratuito

La mostra inoltre è compresa nel biglietto di ingresso “Tutto in una Reggia”

Orari

Dal 12 aprile al 3 settembre 2017

Lunedì: giorno di chiusura (tranne eventuali giorni Festivi, che hanno gli stessi orari della domenica) Da martedì a venerdì: dalle ore 9 alle 17 Sabato, domenica e festivi: dalle ore 9 alle 18.30 Le biglietterie e gli ingressi chiudono 1 ora prima rispetto agli orari sopra indicati.

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REGGIA DI VENARIA

Piazza della Repubblica, 4 - 10078 Venaria Reale (Torino) - Tel. +39 011 4992300 (centralino uffici) INFORMAZIONI, PRENOTAZIONI

INGRESSI E VISITE GUIDATE

Tel.: +39 011 4992333

[email protected] www.lavenaria.it INFORMAZIONI TURISTICHE

[email protected]

BIGLIETTERIE

È possibile acquistare i biglietti on-line dal sito www.lavenaria.it, oppure presso:

Biglietteria Centrale:

via Mensa 34 - Venaria Reale (Centro Storico a ridosso della Reggia) - Tel. +39 011 4992333; Biglietteria Carlo Emanuele II (Garden House), quando attiva: viale Carlo Emanuele II - Venaria Reale (viale che conduce al Parco La Mandria) - Tel. +39 011 4992333;

Altre biglietterie:

Punti vendita della rete Ticket One: InfoPiemonte, piazza Castello 165 – Torino - tel. +39 011 4325681

SERVIZI EDUCATIVI

Tel.: +39 011 4992355 - [email protected]

Informazioni

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SERVIZI DISPONIBILI

Bookshop, caffetterie e punti ristoro, ristorante stellato, accessibilità diversamente abili, APP mobile, audioguide, visite guidate, attività didattiche, affitto location. La Reggia dispone stagionalmente di aree picnic attrezzate e di servizi di ristorazione di alto livello per diverse possibilità di spesa: Il Caffè degli Argenti, la caffetteria con terrazza panoramica sul Gran Parterre dei Giardini; La Gelateria delle Rose, la caffetteria-gelateria sotto le pergole dei fiori vicino a un’area picnic; Il Patio dei Giardini, il caffè-ristorante immerso nel verde del Parco basso dei Giardini; Gli Arconi, area al coperto con distributori automatici di bibite e snack. Informazioni e prenotazioni: tel. +39 011 4598835 - [email protected]

Il Dolce Stil Novo, segnalato con la “stella” dalla prestigiosa Guida Michelin, si affaccia sul grandioso scenario del terrazzo del Belvedere all’ultimo piano della Reggia. Un luogo incantevole per gustare la straordinaria cucina dello chef Alfredo Russo. Tel. +39 011 4992343 - [email protected]

COME ARRIVARE

Venaria dista circa 10 chilometri dal centro di Torino e si raggiunge con:

- Linea bus dedicata GTT “Venaria Express”; - Autobus GTT: linee 72, 11; - Treno GTT: linea Torino Dora-Ceres (stazione Venaria, viale Roma); Numero verde: 800 019152 - www.comune.torino.it/gtt;

- Linea City Sightseeing Torino: tel. +39 011 535181;

- Auto: tangenziale di Torino-Nord, uscita Venaria (La Venaria Reale – Reggia e Giardini) o Savonera/Venaria (La Venaria Reale – Scuderie Juvarriane); - Aereo: scalo aeroportuale “Sandro Pertini” di Caselle Torinese, poi via Superstrada per Torino o via ferrovia Torino Dora-Ceres; servizio informazione voli: tel. +39 011 5676361 – www.aeroportoditorino.it;

I principali PARCHEGGI a ridosso del complesso della Venaria Reale sono:

- PARCHEGGI CASTELLAMONTE (A) e CARLO EMANUELE II (B) (nei pressi del viale che conduce al Parco La Mandria, consigliati per i BUS PRIVATI, raggiungibili da tangenziale di Torino-Nord, uscita La Venaria Reale – Reggia e Giardini); - PARCHEGGIO JUVARRA (raggiungibile da tangenziale di Torino-Nord, uscita Savonera/La Venaria Reale – Scuderie Juvarriane)

Per foto Reggia, Giardini e Mostre:

www.lavenaria.it - Press Office - Cartelle Stampa

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LA VENARIA REALE

UFFICIO STAMPA

tel. +39 011 4992300 [email protected]

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Andrea Scaringella (Resp.)

Matteo Fagiano Maria Clementina Falletti

Cristina Negus

Per contatti media: