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LA VALUTAZIONE DEL BAMBINO NON COLLABORANTE Elisabetta Genovese da Elementi di Audiologia Infantile in Manuale di Neuropsichiatria Infantile a cura di De Negri Elisabetta Genovese, Rosamaria Santarelli, Edoardo Arslan La diagnosi di una ipoacusia infantile è un processo complesso che deve soddisfare innanzitutto l’obiettivo di rendere il più efficace possibile il procedimento terapeutico di correzione della perdita uditiva nel bambino in modo da ridurre o abolire la disabilità uditiva che ne potrebbe conseguire. Contemporaneamente o successivamente attraverso altre metodologie diagnostiche, che non hanno gli stessi criteri di priorità della quantificazione del grado di perdita uditiva, verranno poi programmati tutti gli accertamenti necessari per arrivare alla diagnosi medica della patologia che ha provocato la lesione uditiva. Infatti a differenza dell’adulto i requisiti che il procedimento di diagnosi dell’ipoacusia deve possedere nel bambino sono essenzialmente la precocità, entro il periodo di plasticità del sistema uditivo centrale, in modo da correggere la disabilità uditiva prima dello sviluppo del linguaggio. Solo così si possono evitare gli effetti che l’impairment uditivo può avere nello sviluppo del linguaggio del bambino e in termini più generali sulle sue future competenze comunicative ed evitare l’instaurarsi di una condizione di deprivazione uditiva dovuta ad un intervento tardivo. Un intervento efficace implica quindi che tutto il procedimento diagnostico, dalle procedure di screening per l’individuazione di un bambino con un sospetto deficit uditivo fino alla diagnosi finale con l'acquisizione dei dati clinici necessari all'impostazione del programma protesico-riabilitativo, dovrebbero concludersi entro l'anno di età. Il conseguimento di questo obiettivo pone quindi la necessità di utilizzare procedure diagnostiche oggettive, poiché nell'arco di età considerato le tecniche comportamentali non possono essere sufficientemente precise ed affidabili da consentire una corretta e sicura impostazione dei parametri di prescrizione protesica. Le metodiche di audiometria obiettiva ed in particolare le indagini con i potenziali uditivi evocati (Auditory Evoked Responses, ERA) hanno assunto un ruolo determinante e insostituibile nella diagnosi e quantificazione del grado di perdita uditiva. Successivamente le metodiche comportamentali, attraverso le quali si potrà ottenere una descrizione più dettagliata della percezione uditiva, sia in termini di soglia audiometrica, sia in termini di disabilità uditiva con l’utilizzo delle protesi, diventeranno il cardine della valutazione audiologica del bambino. LA DIAGNOSI OBIETTIVA DELLE IPOACUSIE INFANTILI: L’UTILIZZO DEI POTENZIALI EVOCATI UDITIVI CLASSIFICAZIONE I potenziali evocati uditivi possono essere prelevati sia mediante tecniche a campo vicino (near-field) che a campo lontano (far-

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LA VALUTAZIONE DEL BAMBINO NON COLLABORANTE Elisabetta Genovese da Elementi di Audiologia Infantile in Manuale di Neuropsichiatria Infantile a cura di De Negri E lisabetta Genovese, Rosamaria Santarelli, Edoardo Arslan

La diagnosi di una ipoacusia infantile è un processo complesso che deve soddisfare innanzitutto l’obiettivo di rendere il più efficace possibile il procedimento terapeutico di correzione della perdita uditiva nel bambino in modo da ridurre o abolire la disabilità uditiva che ne potrebbe conseguire. Contemporaneamente o successivamente attraverso altre metodologie diagnostiche, che non hanno gli stessi criteri di priorità della quantificazione del grado di perdita uditiva, verranno poi programmati tutti gli accertamenti necessari per arrivare alla diagnosi medica della patologia che ha provocato la lesione uditiva. Infatti a differenza dell’adulto i requisiti che il procedimento di diagnosi dell’ipoacusia deve possedere nel bambino sono essenzialmente la precocità, entro il periodo di plasticità del sistema uditivo centrale, in modo da correggere la disabilità uditiva prima dello sviluppo del linguaggio. Solo così si possono evitare gli effetti che l’impairment uditivo può avere nello sviluppo del linguaggio del bambino e in termini più generali sulle sue future competenze comunicative ed evitare l’instaurarsi di una condizione di deprivazione uditiva dovuta ad un intervento tardivo. Un intervento efficace implica quindi che tutto il procedimento diagnostico, dalle procedure di screening per l’individuazione di un bambino con un sospetto deficit uditivo fino alla diagnosi finale con l'acquisizione dei dati clinici necessari all'impostazione del programma protesico-riabilitativo, dovrebbero concludersi entro l'anno di età. Il conseguimento di questo obiettivo pone quindi la necessità di utilizzare procedure diagnostiche oggettive, poiché nell'arco di età considerato le tecniche comportamentali non possono essere sufficientemente precise ed affidabili da consentire una corretta e sicura impostazione dei parametri di prescrizione protesica. Le metodiche di audiometria obiettiva ed in particolare le indagini con i potenziali uditivi evocati (Auditory Evoked Responses, ERA) hanno assunto un ruolo determinante e insostituibile nella diagnosi e quantificazione del grado di perdita uditiva. Successivamente le metodiche comportamentali, attraverso le quali si potrà ottenere una descrizione più dettagliata della percezione uditiva, sia in termini di soglia audiometrica, sia in termini di disabilità uditiva con l’utilizzo delle protesi, diventeranno il cardine della valutazione audiologica del bambino. LA DIAGNOSI OBIETTIVA DELLE IPOACUSIE INFANTILI: L’UTILIZZO DEI POTENZIALI EVOCATI UDITIVI CLASSIFICAZIONE I potenziali evocati uditivi possono essere prelevati sia mediante tecniche a campo vicino (near-field) che a campo lontano (far-

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field), in base alla distanza tra l’elettrodo registrante e generatore del potenziale bioelettrico. Sono registrazioni a campo vicino quelle dell’elettrococleografia prelevate con elettrodo transtimpanico ed a campo lontano le altre (ABR, MLR, SVR, CNV) registrate con elettrodi di superficie. Le derivazioni a campo vicino sono invasive, ma presentano un rapporto segnale-rumore molto favorevole e quindi danno luogo a risposte molto più ampie. La classificazione più utilizzata dei potenziali evocati uditivi si basa sul tempo di comparsa delle singole componenti ovvero sulla loro latenza rispetto al tempo di presentazione dello stimolo. Sulla base di questo parametro i potenziali uditivi vengono classificati in : -FAST: Elettrococleografia (ECochG). Le varie componenti originano dalle cellule cigliate interne ed esterne e dalle fibre del nervo uditivo. La latenza è compresa tra 0 e 5 ms. -EARLY: Le risposte ABR (Auditory Brainstem Responses) e FFR (Frequency Following Responses) sono potenziali precoci generati rispettivamente dal tronco encefalico e dal nervo cocleare. La loro latenza è compresa tra 1,5 e 15 ms. -MIDDLE: Le risposte a media latenza (MLRs, Middle Latency Responses) sono generate a livello della corteccia cerebrale. La loro latenza è compresa tra 10 e 100 ms. -SLOW: Le risposte SVR (Slow Vertex Responses) sono potenziali lenti generati dalla corteccia uditiva e compaiono tra 100 e 300 ms. -LATE: Le risposte CNV (Cognitive Negative Variation), P300 (Late Positive component) e SW (Slow Wave) sono potenziali tardivi generati dalle aree frontali della corteccia con una latenza compresa tra 300 e 800 ms. Fra le indagini ERA hanno trovato una applicazione in ambito clinico i potenziali evocati del tronco (Auditory Brainstem Response, ABR) e l’elettrococleografia (ECochG) per l’elevato grado di precisione con cui determinano la soglia monoaurale, per l’affidabilità della risposta e, per quanto riguarda l’ABR, per la semplicità di esecuzione dell’esame. I POTENZIALI EVOCATI UDITIVI DEL TRONCO (ABR) NELLA DIAGNOSI DELLE IPOACUSIE INFANTILI Registrati per la prima volta nell’uomo nel 1967 i potenziali evocati uditivi del tronco si sono largamente affermati in audiologia come metodica di fondamentale importanza nella diagnosi delle ipoacusie infantili. Aspetti Metodologici L’ABR viene registrata per mezzo di 3-4 elettrodi di superficie dei quali l’attivo (+) è posto al vertice (Cz) mentre il riferimento (-) corrisponde all’orecchio (lobo o mastoide) in esame. L’elettrodo di massa è posizionato alla fronte. Il segnale opportunamente amplificato e filtrato viene inviato ad un computer che, previa conversione analogico-digitale, effettua l’averaging e consente quindi di estrarre le risposte dal rumore elettroencefalografico. La stimolazione viene ottenuta mediante una cuffia audiometrica standard applicata al soggetto in esame.

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Per quanto riguarda il tipo di stimolo, viene utilizzato il click, costituito da una stimolazione estremamente breve (0.1 msec) con un fronte di ascesa molto ripido, adatto a ottenere la massima sincronizzazione possibile a livello delle fibre del nervo uditivo, la cui attività, sommandosi, dà luogo a una risposta di superficie registrabile. Nella pratica corrente il numero di stimoli impiegati è di circa 2000 mentre la frequenza di ripetizione utilizzata è di 20 stimoli/secondo. L’esame viene condotto partendo da intensità di stimolazione a livelli di “comoda udibilità”, per evitare il risveglio del piccolo paziente, procedendo con decrementi di 10 dB fino a determinare la soglia elettrofisiologica. Nel corso dell’esame dovrà essere costantemente verificato lo stato di quiete del piccolo paziente, dal momento che il movimento del soggetto in esame, peggiorando il rapporto segnale/rumore, può pregiudicare la registrazione in corso, soprattutto quando in prossimità della soglia l’identificazione della risposta diventa critica. Lo stato di sonno spontaneo può essere facilmente ottenuto dopo il pasto nei bambini a 6-8 mesi. Dopo quest’età è raccomandabile il ricorso sistematico alla sedazione, limitando a casi selezionati l’uso della narcosi. La diagnosi di soglia La diagnosi obiettiva di soglia si basa essenzialmente sulla determinazione del minimo livello di intensità efficace per ottenere una risposta (onda V) identificabile e riproducibile. Dalla soglia elettrofisiologica è possibile stimare quella psico-acustica che si colloca a un livello che appare di 5-10 dB inferiore. L’interpretazione dei risultati ottenuti con i click deve tuttavia tenere conto del fatto che questo tipo di stimolo determina una attivazione dominante nel giro basale della coclea. La soglia ABR pertanto risulta essenzialmente correlata con la soglia audiometrica nell’intervallo di frequenze 2-4 kHz. Il click non consente quindi di ottenere una valutazione precisa della configurazione audiometrica e, pertanto, le ipoacusie zonali e quelle limitate alle frequenze medio-gravi potrebbero non essere rivelate o comunque adeguatamente diagnosticate. In presenza di una ipoacusia, la sua differenziazione in neurosensoriale o trasmissiva è di importanza fondamentale per l’impostazione del programma terapeutico. Tale distinzione per mezzo dell’ABR si basa sull’analisi dei parametri della risposta alle intensità di stimolazione sopraliminari e sul comportamento della funzione intensità-latenza dell’onda V. Una ipoacusia trasmissiva determina una attenuazione dell’intensità efficace dello stimolo di un valore pari all’entità dell’ipoacusia. Di conseguenza a tutte le intensità sopraliminari l’ampiezza delle risposte sarà ridotta mentre la latenza di tutte le componenti identificabili risulterà uniformemente aumentata. A ciò corrisponde uno spostamento verso destra della funzione intensità-latenza dell’onda V che decorre parallela rispetto a quella del soggetto normale. In presenza di una ipoacusia neurosensoriale da cocleopatia il comportamento dell’ABR è essenzialmente determinato dalla configurazione tonale dell’ipoacusia. Nelle ipoacusie pantonali o con curva audiometrica “in salita” la risposta alle intensità

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sopraliminari è caratterizzata da valori di latenza prossimi a quelli del soggetto normale. Riducendo l’intensità, questo comportamento può persistere o si può osservare un brusco aumento dei valori di latenza in prossimità della soglia. In pratica, la funzione intensità-latenza appare sovrapponibile a quella ottenuta nel soggetto normale, rispetto alla quale essa appare semplicemente “amputata”, a causa dell’innalzamento di soglia. Nelle ipoacusie con curva audiometrica “in discesa”, in cui si verifica un trasferimento del pattern di eccitazione verso aree più apicali della coclea, la latenza della risposta potrà risultare aumentata rispetto al normale con conseguente spostamento verso destra della funzione intensità-latenza rispetto al soggetto normale. In queste condizione la diagnosi differenziale tra ipoacusia trasmissiva e neurosensoriale non può basarsi unicamente sui risultati forniti dall’esame ABR, ma dovrà essere integrato con i dati dell’otoscopia e dell’esame impedenzometrico. Nelle ipoacusie di tipo misto l’ABR risente degli effetti combinati delle due distinte componenti dell’ipoacusia. In queste condizioni accade spesso che, con la sovrapposizione dei diversi deficit, il livello di soglia è tale da pregiudicare una efficace analisi dei parametri quantitativi o anche la possibilità di identificare la risposta. In questi casi, soprattutto quando si protrae la presenza della componente trasmissiva nonostante i provvedimenti terapeutici attuati, il ricorso alla registrazione della elettrococleografia diventa inevitabile. L’ELETTROCOCLEOGRAFIA (ECochG) NELLA DIAGNOSI DELLE IPOACUSIE INFANTILI L’elettrococleografia è stata introdotta nella pratica clinica alla fine degli anni ’60 ad opera del gruppo di Bordeaux (Portmann e collaboratori) che ha svolto un ruolo di primo piano in questo senso. L’esame veniva utilizzato nell’ambito della diagnosi audiologica infantile per la valutazione obiettiva di soglia. La tecnica di registrazione Il piccolo paziente viene posto su di un lettino in una cabina schermata acusticamente e elettricamente attrezzata per l’espletamento dell’anestesia generale. Dopo l’induzione dell’anestesia si procede al posizionamento dell’elettrodo attivo, costituito da un sottile ago di acciaio, isolato su tutta la sua superficie eccetto che in corrispondenza della punta e preventivamente sterilizzato. Tale elettrodo viene collocato a livello del promontorio sotto controllo microscopico. La stimolazione viene effettuata in campo libero con clicks della durata di 0.1 ms, in condensazione o in rarefazione, presentati separatamente ad intensità decrescenti in step di 10 dB a partire da una intensità massima di massima di 120 dB p.e. SPL (corrispondente a 90 dB nHL rispetto alla soglia psicoacustica dei soggetti normali). Gli elettrodi di riferimento e di massa vengono applicati rispettivamente in corrispondenza della fronte e della mastoide. Il segnale viene amplificato, filtrato e inviato ad un computer che, previa conversione analogico-digitale, effettua l’averaging,

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l’estrazione delle risposte dai tracciati elettrococleografici e il salvataggio delle tracce. Le indicazioni cliniche Rispetto ai potenziali far-field, l’elettrococleografia presenta tutta una serie di vantaggi, primi fra tutti la valutazione della funzionalità della periferia uditiva, l’indipendenza dallo stato di veglia del soggetto, la minore durata dell’esame, la sua elevata affidabilità, la possibilità di effettuare una valutazione strettamente monoaurale. Tutte queste caratteristiche sono sostanzialmente riconducibili al fatto che l’elettrococleografia costituisce una registrazione near-field dei potenziali elettrici extracellulari generati in risposta ad una stimolazione impulsiva dall’attivazione sincrona dei recettori cocleari e delle fibre del nervo uditivo. Pertanto, poiché le risposte che vengono registrate sono di notevole ampiezza e presentano un favorevole rapporto segnale-rumore, possono essere visualizzate facilmente dopo un ridotto numero di averaging e presentano una ripetibilità elevatissima, cosa questa che non rende necessario il ricorso alle repliche. Le limitazioni dell’esame discendono indirettamente dalla sua invasività. Infatti, la puntura timpanica, pur essendo risultata del tutto innocua in mani esperte, risulta dolorosa. Inoltre, a parte la possibile interferenza con la registrazione da parte di artefatti di origine miogenica, la completa immobilità del bambino è strettamente legata al mantenimento della posizione dell’elettrodo per tutta la durata della registrazione. Su questa base si giustifica il ricorso all’anestesia generale, procedura oggigiorno innocua nei soggetti che non presentino delle controindicazioni specifiche. La sua attuazione presuppone inoltre una complessa organizzazione dei servizi con il coinvolgimento di tutta una serie di figure professionali non confinate all’ambito strettamente audiologico. L’introduzione dell’ABR nella diagnosi audiologica infantile ha soppiantato l’utilizzazione dell’elettrococleografia nella valutazione obiettiva di soglia per diversi motivi. Essendo una metodica di registrazione far-field, l’ABR presenta rispetto all’ECochG una sensibilità minore, richiede un maggior numero di averaging per la identificazione della risposta specie alle basse intensità di stimolazione dove il rapporto segnale-rumore è più sfavorevole, impone il ricorso alla esecuzione di repliche al fine di una corretta identificazione della risposta. I vantaggi nella scelta della sua esecuzione sono tuttavia consistenti, dal momento che si tratta di un esame sicuramente affidabile e non invasivo, che può essere eseguito in condizioni di sonno spontaneo o di blanda sedazione. Inoltre, dal punto di vista tecnico non richiede il complesso equipaggiamento necessario ai fini della corretta esecuzione dell’elettrococleografia e può quindi essere ottenuto con le più comuni apparecchiature commerciali da parte di personale tecnico opportunamente addestrato. Il ricorso all’elettrococleografia si rende quindi necessario nei bambini in cui non si riesce ad ottenere la opportuna tranquillità per l’esecuzione dell’ABR e in tutte quelle condizioni in cui non risulti inequivocabile la valutazione ottenuta attraverso la registrazione dei potenziali del tronco. Esistono infatti

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situazioni cliniche definite, quali la presenza di una patologia del SNC o di un versamento nell'orecchio medio, in cui l'ABR può non essere affidabile. Infatti, una lesione delle vie uditive centrali può alterare l'elettrogenesi dell'ABR, risultandone un'assenza della risposta in presenza di una periferia uditiva normale. La presenza di un versamento nell'orecchio medio rende ancor più sfavorevole il rapporto segnale-rumore, già piccolo nella registrazione delle risposte evocate del tronco, compromettendo l'affidabilità dell'esame. In questo ambito quindi l’elettrococleografia si viene a configurare essenzialmente come un esame di secondo livello con una indicazione limitata. L'uso complementare delle due metodiche, ABR ed elettrococleografia, dimostra una sensibilità diagnostica pari al 100%, cioè consente di individuare correttamente la otalità delle sospette ipoacusie sottoposte a tali procedure. t

La diagnosi elettrococleografica Il cardine della diagnosi risiede nella identificazione e nella misura dei parametri di latenza e ampiezza della risposta neurale. Il dato saliente che emerge dall’analisi delle registrazioni elettrococleografiche ottenute nelle ipoacusie trasmissive è quello di un innalzamento della soglia del PA che mostra una latenza aumentata rispetto alla risposta normale. In particolare, la funzione latenza-intensità risulta traslata verso destra di una entità corrispondente alla perdita uditiva. Analogamente a quanto si verifica per la risposta ABR, i reperti elettrococleografici della ipoacusia trasmissiva sono sostanzialmente giustificabili sulla base della riduzione della stimolazione efficace, sebbene alcuni aspetti come la riduzione di pendenza della regressione lineare sulla funzione intensità-latenza, possano essere attribuiti a differenze di attivazione nel corso della stimolazione con clicks lungo la partizione cocleare tra le orecchie normali e quelle con perdita trasmissiva. Considerando le ipoacusie di origine cocleare, le risposte elettrococleografiche possono mostrare l’assenza di risposta neurale alla massima intensità di stimolazione (120 dB peSPL corrispondenti nella normativa del nostro laboratorio a 90 dB nHL). In queste registrazioni è possibile evidenziare unicamente il potenziale microfonico che presenta un’ampiezza significativamente ridotta rispetto alle orecchie normali ad intensità di stimolazione corrispondenti. L’assenza del potenziale di azione del nervo in questi casi è indicativa di una ipoacusia neurosensoriale di origine cocleare profonda, con soglia uguale o maggiore a 90 dB nHL come media per le frequenze da 2 a 4 KHz. Nei soggetti con ipoacusia cocleare e risposta neurale presente, il caso di gran lunga più frequente è quello di una perdita con configurazione pantonale. In questi soggetti la soglia è innalzata e generalmente la morfologia del potenziale d’azione del nervo è di tipo “stretto”, mentre la latenza della risposta è sostanzialmente sovrapponibile a quella ottenuta da soggetti normali a intensità corrispondenti di stimolazione. Ne deriva che la funzione latenza-intensità si sovrappone a quella relativa alla risposta normale, eccetto che alle basse intensità di stimolazione alle quali essa appare improvvisamente “amputata”, analogamente a quanto si verifica per l’ABR. L’ampiezza della risposta ottenuta

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in questi casi appare significativamente ridotta rispetto a quella dei soggetti normali a intensità corrispondenti. Questo tipo di comportamento è facilmente comprensibile se si tiene conto del fatto che la configurazione pantonale della perdita uditiva riflette una degenerazione recettoriale distribuita in modo abbastanza uniforme lungo la partizione cocleare. Si potrebbe quindi ipotizzare che, alle elevate intensità di stimolazione, alle quali il reclutamento è massimo, la dinamica di generazione della risposta non si discosti in maniera sostanziale da quella che si verifica in un orecchio normale. Nelle ipoacusie cocleari la cui configurazione tonale mostra un andamento in discesa, la latenza del potenziale di azione del nervo appare aumentata rispetto ai soggetti normali e la risposta mostra una morfologia di tipo “largo”. Il riscontro di queste caratteristiche può essere spiegato tenendo conto del fatto che la stimolazione acustica attiva preferenzialmente componenti della partizione cocleare con frequenza caratteristica minore. Ne consegue, da una parte una riduzione del grado di sincronizzazione della scarica delle fibre nervose in risposta alla stimolazione impulsiva, dall’altra una maggiore latenza di attivazione derivante sostanzialmente dal tempo richiesto dall’onda viaggiante per attivare unità con bassa frequenza caratteristica. In realtà, il riconoscimento di questi due possibili quadri elettrococleografici nelle ipoacusie di origine cocleare con potenziale di azione presente, costituisce solo una approssimazione utile a fini operativi. Di fatto, la perdita recettoriale non è quasi mai uniforme lungo l’intera partizione cocleare, potendo presentare anzi caratteri di grande variabilità. Ne consegue che la morfologia come pure i parametri che caratterizzano la risposta neurale, spesso non possono essere ricondotti a schemi unici o comunque fissi e deve essere quindi posta estrema cautela sia nella formulazione della diagnosi sia nella indicazione del grado di perdita uditiva. Elettrococleografia e patologie a carico del SNC Uno degli aspetti che emerge dall’analisi delle risposte elettrococleografiche consiste nella notevole dispersione dei dati relativi all’ampiezza del potenziale microfonico e, in misura minore, del potenziale di sommazione e del potenziale di azione. Sebbene non sia stata condotta una analisi statistica volta alla identificazione di una specifica distribuzione dei parametri delle risposte in qualche modo correlabile con variabili precise, il dato che emerge è quello di un elevato riscontro di risposte di ampiezza elevata in pazienti con possibili lesioni del sistema nervoso centrale riconducibili a patologie di vario genere. L’aumento riguarda in particolare il potenziale microfonico che può raggiungere ampiezze notevolmente elevate. Si può ipotizzare che le osservate differenze dell’ampiezza delle risposte rispetto al normale possono essere attribuite a un alterato controllo da parte della corteccia cerebrale sul sistema efferente olivo-cocleare, con conseguente facilitazione dell’attività contrattile delle cellule ciliate esterne. Dal momento che è dimostrato che l’attivazione del sistema efferente in condizioni fisiologiche determina una ridotta frequenza di scarica nelle fibre afferenti ed essendo noto che le fibre efferenti prendono contatto

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unicamente con le cellule ciliate esterne, è possibile che una ridotta attività del fascio olivo-cocleare abbia come conseguenza una ridotta inibizione dell’attività elettrica delle cellule ciliate esterne e quindi, indirettamente, una facilitazione dell’attività elettrica delle cellule ciliate interne in risposta alla stimolazione acustica. Da ciò deriverebbe l’incremento di ampiezza sia dei potenziali recettoriali sia della risposta neurale. AUDIOMETRIA COMPORTAMENTALE L'audiometria comportamentale è stata criticata negli ultimi anni perché costituisce un mezzo potenzialmente poco affidabile e inadeguato di determinare la soglia uditiva nei bambini piccoli anche se rappresenta un test con un rapporto costo-beneficio vantaggioso per gli usi clinici di routine. Indubbiamente la sua affidabilità dipende essenzialmente dall’età del bambino e dal suo sviluppo pico-motorio. In termini del tutto generali si può affermare che è uno strumento diagnostico inadeguato come metodica di screening neonatale. Successivamente a partire dai 6-8 mesi può fornire indicazioni clinicamente utili, ma in genere insufficienti per una definizione della soglia a fini protesici. Solo con l’instaurarsi di una collaborazione continuativa del bambino diventa la metodica principale per una precisa valutazione della soglia con e senza protesi del bambino. Essa richiede la capacità di interagire con il bambino nel rispetto dei tempi di attenzione e delle procedure in grado di stimolarne la collaborazione al fine di ottenere un esame attendibile (Diefendorf e Gravel, 1996; Renshaw e Diefendorf, 1998). L’audiometria comportamentale necessità di una situazione logistica adeguata ad un bambino, di personale altamente qualificato e con provata esperienza e di tempi di esecuzione che si possono protrarre in varie sedute. BOA Behavioral Observation Audiometry L'audiometria comportamentale neonatale basata sull'osservazione delle reazioni allo stimolo sonoro nel neonato e nel lattante fino ai cinque mesi di vita è considerata oggi una metodica superata (JCIHS 2000) ed è stata oggi progressivamente sostituita da procedure cliniche strumentali più affidabili come i potenziali evocati uditivi e le otoemissioni acustiche. VRA Visual Reinforcement Audiometry I bambini normalmente, sviluppano la capacità di girare la testa verso una sorgente sonora verso i 5-6 mesi di vita e questo comportamento è alla base dell'utilizzo della VRA. Praticamente uno stimolo uditivo associato ad un rinforzo visivo provoca una risposta da parte del bambino con localizzazione della sorgente sonora. Se il rinforzo è sufficientemente efficace, la risposta sarà presente ad ogni ripetizione dello stimolo; come suggeriscono Moore e Coll. (1977) l'utilizzo di soli toni puri e warble tones non attira in modo costante l'attenzione del bambino, per cui è necessario ricorrere a rinforzi gratificanti.

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Il rinforzo è costituito da: giocattoli, stimoli in movimento, colori, cartoni animati, segnali luminosi e qualsiasi gioco possa attrarre l'attenzione del bambino che abbiamo in esame. Il successo della VRA è certamente in relazione al fatto che la risposta del bambino ed il rinforzo devono essere adeguati al livello di sviluppo globale: cognitivo, motorio, visivo, uditivo. Vanno ricordati a tale riguardo i normali tempi di maturazione della localizzazione alla risposta uditiva riportati da Northern e Downs (1991). Nella strategia di esecuzione dell'esame, la prima fase consiste nel processo di condizionamento del bambino che può essere attuato con 2 modalità: 1) emissione di uno stimolo sopra la soglia uditiva stimata associata ad un rinforzo visivo; 2) presentazione di uno stimolo uditivo sopra la soglia stimata, osservazione della risposta spontanea del bambino, seguita dall'attivazione del rinforzo. Normalmente lo stimolo sopra soglia viene erogato a 30-50-70 dB, mentre in caso si sospetti una perdita udtiva severa è necessario erogare uno stimolo iniziale di 90 dB o più elevato. La prima fase si conclude con il raggiungimento del condizionamento del bambino a risposte consecutive. Successivamente inizia l'esame vero e proprio in cui se la prima risposta è positiva l'intensità dello stimolo sonoro successivo deve essere diminuita di 10 dB, in caso contrario aumentata. Il test viene continuato fino a che viene raggiunto il criterio standard di 4 presentazioni per ogni frequenza. La soglia (minima risposta udibile) viene poi definita dalla media delle quattro presentazioni dello stimolo. Una risposta affidabile alla VRA dipende dalla capacità di riconoscere le risposte "vere" dai "falsi positivi" durante l'acquisizione della soglia. Questo esame infatti presenta una certa variabilità nelle risposte ottenute in funzioni a diversi fattori, tra i quali: età e condizionamento del bambino, situazioni di stress emotivo dovuti all'ambiente, calibrazione del campo libero, esperienza del personale tecnico. Comunque le soglie uditive ottenute nelle procedure VRA nei bambini tra i 6 e 12 mesi di età hanno dimostrato una variabilità limitata a 10-15 dB rispetto a quelle ottenute in bambini più grandi (Gravel e Wallace, 1998; Nozza e Wilson, 1984). CPA Condition Play Audiometry Nei bambini più grandi dopo i 2 anni e mezzo l'audiometria comportamentale continua ad essere un approccio sempre più affidabile. Rispetto alla VRA cambia la risposta comportamentale ed il rinforzo usato, ma alla base c'è sempre un rinforzo positivo alla stimolazione sonora. Nella Play Audiometry il bambino impara ad interagire in un'attività quando sente lo stimolo test. Tali attività di gioco devono essere messe in relazione alle capacità del bambino, allo sviluppo motorio ed ai suoi tempi di attenzione. L'obiettivo nella Play Audiometry è quello di insegnare al bambino di aspettare, ascoltare e solo successivamente rispondere al segnale.

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Nella letteratura audiologica la Play Audiometry è ampiamente accettata come un esame di utilizzo clinico di routine in audiometria infantile dopo i tre anni (Thompson e Coll., 1989). Valgono per la Play audiometry gli stessi presupposti citati nella VRA relativi alla abilità del personale tecnico ed al condizionamento del bambino. Con tale metodica è possibile ottenere un esame audiometrico completo con soglia binaurale per via aerea ed ossea in grado di indirizzare l'iter diagnostico.

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