LA TRAGEDIA «Le alluvioni? Si ripeteranno»...

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ABRUZZO BASILICATA CALABRIA CAMPANIA EMILIA-ROMAGNA FRIULI-VENEZIA GIULIA LAZIO LIGURIA LOMBARDIA MARCHE MOLISE PIEMONTE PUGLIA SARDEGNA SICILIA TOSCANA TRENTINO-ALTO ADIGE UMBRIA VALLE D’AOSTA VENETO TOTALE 5 39 69 56 16 59 48 102 55 22 1 233 98 50 172 450 37 14 5 32 1.563 Media nazionale 3 vittime per 10 milioni Media Sardegna 4,5 vittime per 10 milioni REGIONE MORTI E FERITI Inondazioni dal 1963 al 2012 Fonte: IRPI (Istituto ricerca protezione idrogeologica) del CNR Fonte: Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Cagliari In Sardegna 397 morti dal 1892 al 2012 In Sardegna 397 morti dal 1892 al 2012 20 ottobre 1892 24 ottobre 1924 07 ottobre 1929 10 novembre 1929 16 ottobre 1940 26 ottobre 1946 16 ottobre 1951 05 giugno 1961 07 febbraio 1967 14 ottobre 1986 11 novembre 1999 06 dicembre 2004 22 ottobre 2008 203 3 3 8 11 44 110 1 1 4 2 2 5 (alluvioni e frane) Le popolazioni vanno informate corretta- mente sui rischi e sul- le contromisure da prendere in caso di al- luvioni o altri eventi come le frane. AGRONOMI «Una follia costruire vicino a fiumi e torrenti» «L’uso irrazionale del suolo e l’inadeguato go- verno del territorio so- no tra le principali cau- se delle alluvioni». Etto- re Crobu, presidente re- gionale della federazio- ne degli agronomi e dei forestali non ha dubbi e punta il dito contro il processo di sfruttamen- to del territorio. «Esiste un limite che consente di edificare a 150 metri di distanza dalle fasce fluviali, ma le aree criti- che devono essere tute- late integralmente sen- za limiti», dice. «Le re- centi alluvioni sono conseguenza del sac- cheggio di aree vicine a fiumi e torrenti, adatte alla coltivazione in cui non si sarebbe dovuto costruire», denuncia. «I territori più importanti per l’agricoltura devo- no essere, quindi, utiliz- zati soltanto per le col- tivazioni. Si tratta di una risorsa limitata, ir- riproducibile per cui hanno una funzione paesaggistica ed econo- mica importante e stra- tegica». Negativo anche il giu- dizio sulle politiche co- munitarie. «Quelle re- centemente adottate per le campagne stan- no determinando un impoverimento delle aziende agricole e un progressivo abbandono dei territori», afferma Crobu. Il problema, de- nuncia ancora è che «molti progetti vengono realizzati senza un sup- porto tecnico e scientifi- co adeguato. È suffi- ciente vedere, a questo proposito, il migliora- mento dei pascoli, la fo- restazione produttiva, la rete viaria di terzo li- vello. Oltre al danno, si registra lo spreco delle risorse naturali che ab- biamo l’obbligo di con- servare per le future generazioni», aggiunge. «È strano che, mentre la popolazione in tutto il mondo aumenta, allo stesso tempo diminui- sce una risorsa come il suolo». (ma.mad.) RIPRODUZIONE RISERVATA LA SARDE G N A AI VERT ICI DELLE DEVAS T AZIONI Un triste primato: il tasso di mortalità per inondazione negli ultimi cinquant’anni è più alto della media nazionale LA T R AGED IA Isola in ginocchio Indagine sulle vittime a causa del dissesto idrogeologico Il Cnr: quando le auto diventano una trappola C’è un triste primato che conferma come la Sardegna, purtroppo, sia una terra ad altissimo rischio idrogeolo- gico: il tasso di mortalità per inondazione nell’Isola negli ultimi cinquant’anni è più alto della media nazionale. Il dato è stato elaborato dal- l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Ir- pi) del Cnr. Nell’Isola muoio- no a causa delle alluvioni 0,045 persone ogni 100 mi- la abitanti, vale a dire il 50 per cento in più rispetto alla media nazionale, che è del- lo 0,03 per cento. In cifra as- soluta, sempre negli ultimi cinquant’anni, nell’Isola ci sono state 50 vitime (morti e feriti), un dato che colloca la Sardegna al decimo posto tra le regioni in Italia. «Que- sto si spiega col fatto che questa regione ha una varia- bile territoriale che altre re- gioni non hanno», afferma Paola Salvati del Cnr. «Una componente fisica, geologi- ca, e un’altra geografica fan- no sì che l’Isola sia più espo- sta». Dopo il disastro in Gallura, qualcuno dirà che si tratta di una tragedia annunciata, che bisognava prevenire, che si doveva fare qualcosa di più. Certo, la marea di ac- qua che ha investito Olbia, per esempio, non ha nessun riscontro in quel che era ac- caduto in precedenza. Dal 1967 al 2001, la città gallu- rese ha vissuto quattro volte gli effetti di un’inondazione, ma le conseguenze per le persone sono state limitate: non c’erano mai state vitti- me. Stavolta cosa è accadu- to? «Che ci fosse l’allerta meteo era cosa nota a tutti, ma il problema è capire co- me è stata recepita», osser- va l’esponente del Cnr. Un problema di informazione? «Sì, quanti sanno che nelle alluvioni si muore soprattut- to in auto?». (ma. mad.) RIPRODUZIONE RISERVATA «Le alluvioni? Si ripeteranno» L’esperto Felice Di Gregorio: «Dobbiamo imparare a prevenire e organizzarci Non basta dare l’allarme, se i risultati sono questi c’è qualcosa che non va» «Purtroppo questa alluvione non sarà l’ultima. Anzi, si- tuazioni estreme come que- ste sono destinate a ripeter- si e ad aumentare di inten- sità. Dobbiamo imparare a gestire eventi così disastro- si». Non usa giri di parole Felice Di Gregorio, docente di Geologia ambientale al- l’Università di Cagliari, mas- simo esperto in fatto di allu- vioni. Nessuno può prevede- re esattamente tempi, luoghi e intensità di eventi così ter- ribili, ma con una diversa organizzazione «gli effetti di questi fenomeni si possono comunque contenere», ag- giunge. Sotto accusa i fatto- ri ambientali, sia quelli di carattere climatico sia quel- li legati alla situazione del territorio. «I cambiamenti del clima, da un lato, che trasformano in catastrofici eventi naturali, e una so- stanziale incapacità dell’uo- mo di gestire situazioni di questa natura, dall’altra, so- no le cause principali», sot- tolinea Di Gregorio. Vero è che la quantità d’acqua che si è abbattuta sull’Isola in questa occasione è stata di proporzioni imprevedibili, «ma non è la prima volta che accade», spiega il do- cente. TERRITORIO FRAGILE. Deci- siva, secondo gli esperti, è stata, però, la fragilità di un territorio ad alta criticità idrogeologica, fatto di rocce impermeabili che non ha permesso nessun tipo di drenaggio. «Se ci fosse stata una maggiore capacità di previsione, prevenzione e organizzazione degli inter- venti, prima e dopo i feno- meni disastrosi, oggi non avremmo un numero di morti così elevato», sottoli- nea Di Gregorio. Dal 1892 al 2012, nell’Iso- la, hanno perso la vita nelle alluvioni 397 persone (a cui vanno aggiunti i morti di questi giorni), un prezzo che si paga «a causa di una scar- sa formazione di chi ha il compito di gestire l’evento», spiega Di Gregorio. Che co- sa significa? «Che non è più sufficiente dare l’allarme, come ha fatto il numero uno della Protezione civile, Ga- brielli, perché se poi il risul- tato è questo, vuol dire che qualcosa non ha funzionato a dovere», sottolinea. Che cosa, in concreto? «Le popo- lazioni non sono informate sulle cosa da fare e quelle da non fare quando si verifica- no eventi di questo tipo. Non esistono piani di evacuazio- ne, perché non esiste un’adeguata formazione, e non c’è l’indispensabile mappatura delle zone a ri- schio». INFORMAZIONE. C’è quindi soprattutto un problema di corretta informazione. Sen- za una preventiva comuni- cazione, chi può sapere, per esempio, che utilizzare l’au- to in quella determinata strada può essere pericolo- so? «Nessuno, se nessuno te lo dice», spiega Di Gregorio. Stavolta, «sono stati i picco- li bacini a causare i danni maggiori. Troppo spesso so- no stati trascurati, si pensa- va, forse, che non fossero in grado di fare danni». «Il problema è che se gli inter- venti di trasformazione del territorio da parte dell’uomo non rispettano le criticità, i risultati sono inevitabilmen- te questi», aggiunge. Ecco perché «occorrono adegua- ti studi per mappare tutte le zone critiche, canali di guar- dia, reti di drenaggio, per preparare tecnici di control- lo e di manutenzione», dice ancora. Gli studiosi parlano di “eventi topologici”, che si ripetono, cioè, più o meno negli stessi luoghi. «La pros- sima volta saranno più in- tensi, ecco perché», conclu- de Di Gregorio, «dobbiamo fare più prevenzione e for- mazione». Mauro Madeddu RIPRODUZIONE RISERVATA Una frana sulla Bitti-Lodè [M.L.] In crisi i collegamenti in Barbagia e Gallura, impraticabili la Settentrionale Sarda e l’Orientale nel tratto baroniese Paesi isolati, viabilità ko nel centro-nord Il traffico per l’Ogliastra deviato verso il Correboi.Fermi i treni tra Oristano e San Gavino Ieri la Sardegna era un’isola para- lizzata, e per alcuni e rilevanti trat- ti lo è rimasta anche dopo il tra- monto. A bloccarla non solo le fra- ne e gli allagamenti, ma anche la paura - o semplicemente il buon- senso - che ha dissuaso molti auto- mobilisti dal mettersi in viaggio. Già dal primo pomeriggio la spi- na dorsale della viabilità sarda, la 131, era praticabile, sia pure con forti rallentamenti nel tratto meri- dionale a causa della pioggia insi- stente. I problemi più gravi erano e so- no quelli che hanno colpito le vie di comunicazione galluresi, barbari- cine e ogliastrine. Il traffico in usci- ta da Olbia verso Nuoro è rimasto a lungo interrotto per la frana sul- la 131 Dcn (Diramazione Centrale Nuorese), e se intorno alle 13,30 il blocco è stato rimosso il traffico nel pomeriggio scorreva comunque a senso unico alternato all’altezza del chilometro 67. Difficile rag- giungere Bitti. Interrotta anche la strada per Telti, la Settentrionale Sarda, per il parziale cedimento di un ponte al chilometro 5,8 che ha reso impercorribile la strada per quasi sette chilometri. Ma la vio- lenza del nubifragio che ha infieri- to sul capoluogo gallurese ha ral- lentato la circolazione anche in molti punti dove la sede stradale non ha subito danni strutturali ma fango e detriti rendevano il transi- to insicuro. Bloccata poi l’arteria della Baro- nia: ieri sera l’Anas confermava l’impossibilità di percorrere la 125, l’Orientale Sarda, dal chilo- metro 268 al 271,5 in entrambi i sensi di marcia a causa dell’alla- gamento della sede stradale. Tra le località più penalizzate dal punto di vista della comunicazione c’è sicuramente Oliena: il crollo del ponte sul Cedrino costato la vita al- l’assistente capo di polizia Luca Tanzi ha bloccato la viabilità verso est e la fenditura nel manto della strada per Orosei ha chiuso i colle- gamenti verso il nord, mentre la voragine che si è aperta sulla Nuo- ro-Oliena proprio mentre si lavora- va per ripristinare la viabilità ha imposto la circolazione a senso unico alternato. Difficile anche spostarsi da Nuo- ro per l’Ogliastra: il basamento della 389 ha ceduto rendendo im- praticabile la strada, imponendo una deviazione del traffico sulla vecchia strada del Correboi, tor- tuosa e stretta. Su questa via alter- nativa l’incrociarsi di un autocarro e di un pullman ieri ha reso la cir- colazione particolarmente lenta e difficile. In tarda mattinata è stato invece riaperto il collegamento fra la Sta- tale 198 e la provinciale per Ester- zili. Colpiti anche i collegamenti su binario: ieri le ferrovie annuncia- vano che «sulla Cagliari - Golfo Aranci rimane sospesa la circola- zione tra le stazioni di Golfo Aran- ci e Chilivani e tra Oristano e San Gavino» per via di «molteplici smottamenti e movimenti franosi». Trenitalia - proseguiva la nota - sta garantendo la mobilità attraverso autobus sostitutivi tra le stazioni coinvolte. RIPRODUZIONE RISERVATA PRIMO PIANO L’UNIONE SARDA 26 mercoledì 20 novembre 2013 ww w. unionesar da.it -

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5396956165948

10255221

23398501724503714532

1.563

Medianazionale3 vittime

per 10 milioni

MediaSardegna

4,5 vittimeper 10 milioni

REGIONE MORTIE FERITI

Inondazionidal 1963 al 2012

Fonte: IRPI(Istituto ricercaprotezioneidrogeologica)del CNR

Fonte: Dipartimentodi Scienze della Terra

dell’Università di Cagliari

In Sardegna397 morti

dal 1892 al 2012

In Sardegna397 morti

dal 1892 al 2012

20 ottobre 1892

24 ottobre 1924

07 ottobre 1929

10 novembre 1929

16 ottobre 1940

26 ottobre 1946

16 ottobre 1951

05 giugno 1961

07 febbraio 1967

14 ottobre 1986

11 novembre 1999

06 dicembre 2004

22 ottobre 2008

203

3

3

8

11

44

110

1

1

4

2

2

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(alluvioni e frane)

Le popolazioni vannoinformate corretta-mente sui rischi e sul-le contromisure daprendere in caso di al-luvioni o altri eventicome le frane.

AGRONOMI

«Una folliacostruirevicino a fiumie torrenti»«L’uso irrazionale delsuolo e l’inadeguato go-verno del territorio so-no tra le principali cau-se delle alluvioni». Etto-re Crobu, presidente re-gionale della federazio-ne degli agronomi e deiforestali non ha dubbi epunta il dito contro ilprocesso di sfruttamen-to del territorio. «Esisteun limite che consentedi edificare a 150 metridi distanza dalle fascefluviali,ma le aree criti-che devono essere tute-late integralmente sen-za limiti», dice. «Le re-centi alluvioni sonoconseguenza del sac-cheggio di aree vicine afiumi e torrenti, adattealla coltivazione in cuinon si sarebbe dovutocostruire», denuncia. «Iterritori più importantiper l’agricoltura devo-no essere, quindi, utiliz-zati soltanto per le col-tivazioni. Si tratta diuna risorsa limitata, ir-riproducibile per cuihanno una funzionepaesaggistica ed econo-mica importante e stra-tegica».Negativo anche il giu-

dizio sulle politiche co-munitarie. «Quelle re-centemente adottateper le campagne stan-no determinando unimpoverimento delleaziende agricole e unprogressivo abbandonodei territori», affermaCrobu. Il problema, de-nuncia ancora è che«molti progetti vengonorealizzati senza un sup-porto tecnico e scientifi-co adeguato. È suffi-ciente vedere, a questoproposito, il migliora-mento dei pascoli, la fo-restazione produttiva,la rete viaria di terzo li-vello. Oltre al danno, siregistra lo spreco dellerisorse naturali che ab-biamo l’obbligo di con-servare per le futuregenerazioni», aggiunge.«È strano che, mentrela popolazione in tuttoil mondo aumenta, allostesso tempo diminui-sce una risorsa come ilsuolo». (ma.mad.)

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LA SARDEGNA AI VERTICI DELLE DEVASTAZIONI

Un triste primato: il tasso di mortalità per inondazione

negli ultimi cinquant’anni è più alto della media nazionale

LA TRAGEDIA Isola in ginocchio

Indagine sulle vittime a causa del dissesto idrogeologico

Il Cnr: quando le autodiventano una trappolaC’è un triste primato checonferma come la Sardegna,purtroppo, sia una terra adaltissimo rischio idrogeolo-gico: il tasso di mortalità perinondazione nell’Isola negliultimi cinquant’anni è piùalto della media nazionale.Il dato è stato elaborato dal-l’Istituto di ricerca per laprotezione idrogeologica (Ir-pi) del Cnr.Nell’Isola muoio-no a causa delle alluvioni0,045 persone ogni 100 mi-la abitanti, vale a dire il 50per cento in più rispetto allamedia nazionale, che è del-lo 0,03 per cento. In cifra as-soluta, sempre negli ultimicinquant’anni, nell’Isola ci

sono state 50 vitime (morti eferiti), un dato che colloca laSardegna al decimo postotra le regioni in Italia. «Que-sto si spiega col fatto chequesta regione ha una varia-bile territoriale che altre re-gioni non hanno», affermaPaola Salvati del Cnr. «Unacomponente fisica, geologi-ca, e un’altra geografica fan-no sì che l’Isola sia più espo-sta».

Dopo il disastro in Gallura,qualcuno dirà che si trattadi una tragedia annunciata,che bisognava prevenire,che si doveva fare qualcosadi più. Certo, la marea di ac-qua che ha investito Olbia,

per esempio, non ha nessunriscontro in quel che era ac-caduto in precedenza. Dal1967 al 2001, la città gallu-rese ha vissuto quattro voltegli effetti di un’inondazione,ma le conseguenze per lepersone sono state limitate:non c’erano mai state vitti-me. Stavolta cosa è accadu-to? «Che ci fosse l’allertameteo era cosa nota a tutti,ma il problema è capire co-me è stata recepita», osser-va l’esponente del Cnr. Unproblema di informazione?«Sì, quanti sanno che nellealluvioni si muore soprattut-to in auto?». (ma. mad.)

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«Le alluvioni? Si ripeteranno»L’esperto Felice Di Gregorio: «Dobbiamo imparare a prevenire e organizzarciNon basta dare l’allarme, se i risultati sono questi c’è qualcosa che non va»

«Purtroppo questa alluvionenon sarà l’ultima. Anzi, si-tuazioni estreme come que-ste sono destinate a ripeter-si e ad aumentare di inten-sità. Dobbiamo imparare agestire eventi così disastro-si». Non usa giri di paroleFelice Di Gregorio, docentedi Geologia ambientale al-l’Università di Cagliari,mas-simo esperto in fatto di allu-vioni.Nessuno può prevede-re esattamente tempi, luoghie intensità di eventi così ter-ribili, ma con una diversaorganizzazione «gli effetti diquesti fenomeni si possonocomunque contenere», ag-giunge. Sotto accusa i fatto-ri ambientali, sia quelli dicarattere climatico sia quel-li legati alla situazione delterritorio. «I cambiamentidel clima, da un lato, chetrasformano in catastroficieventi naturali, e una so-stanziale incapacità dell’uo-mo di gestire situazioni di

questa natura, dall’altra, so-no le cause principali», sot-tolinea Di Gregorio. Vero èche la quantità d’acqua chesi è abbattuta sull’Isola inquesta occasione è stata diproporzioni imprevedibili,«ma non è la prima voltache accade», spiega il do-cente.

TERRITORIO FRAGILE. Deci-siva, secondo gli esperti, èstata, però, la fragilità di un

territorio ad alta criticitàidrogeologica, fatto di rocceimpermeabili che non hapermesso nessun tipo didrenaggio. «Se ci fosse statauna maggiore capacità diprevisione, prevenzione eorganizzazione degli inter-venti, prima e dopo i feno-meni disastrosi, oggi nonavremmo un numero dimorti così elevato», sottoli-nea Di Gregorio.

Dal 1892 al 2012, nell’Iso-la, hanno perso la vita nellealluvioni 397 persone (a cuivanno aggiunti i morti diquesti giorni), un prezzo chesi paga «a causa di una scar-sa formazione di chi ha ilcompito di gestire l’evento»,spiega Di Gregorio. Che co-sa significa? «Che non è piùsufficiente dare l’allarme,come ha fatto il numero unodella Protezione civile, Ga-

brielli, perché se poi il risul-tato è questo, vuol dire chequalcosa non ha funzionatoa dovere», sottolinea. Checosa, in concreto? «Le popo-lazioni non sono informatesulle cosa da fare e quelle danon fare quando si verifica-no eventi di questo tipo.Nonesistono piani di evacuazio-ne, perché non esisteun’adeguata formazione, enon c’è l’indispensabile

mappatura delle zone a ri-schio».

INFORMAZIONE. C’è quindisoprattutto un problema dicorretta informazione. Sen-za una preventiva comuni-cazione, chi può sapere, peresempio, che utilizzare l’au-to in quella determinatastrada può essere pericolo-so? «Nessuno, se nessuno telo dice», spiega Di Gregorio.Stavolta, «sono stati i picco-li bacini a causare i dannimaggiori.Troppo spesso so-no stati trascurati, si pensa-va, forse, che non fossero ingrado di fare danni». «Ilproblema è che se gli inter-venti di trasformazione delterritorio da parte dell’uomonon rispettano le criticità, irisultati sono inevitabilmen-te questi», aggiunge. Eccoperché «occorrono adegua-ti studi per mappare tutte lezone critiche, canali di guar-dia, reti di drenaggio, perpreparare tecnici di control-lo e di manutenzione», diceancora. Gli studiosi parlanodi “eventi topologici”, che siripetono, cioè, più o menonegli stessi luoghi. «La pros-sima volta saranno più in-tensi, ecco perché», conclu-de Di Gregorio, «dobbiamofare più prevenzione e for-mazione».

Mauro Madeddu

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Una frana sulla Bitti-Lodè [M.L.]

In crisi i collegamenti in Barbagia e Gallura, impraticabili la Settentrionale Sarda e l’Orientale nel tratto baroniese

Paesi isolati, viabilità ko nel centro-nordIl traffico per l’Ogliastra deviato verso il Correboi. Fermi i treni tra Oristano e San GavinoIeri la Sardegna era un’isola para-lizzata, e per alcuni e rilevanti trat-ti lo è rimasta anche dopo il tra-monto. A bloccarla non solo le fra-ne e gli allagamenti, ma anche lapaura - o semplicemente il buon-senso - che ha dissuaso molti auto-mobilisti dal mettersi in viaggio.

Già dal primo pomeriggio la spi-na dorsale della viabilità sarda, la131, era praticabile, sia pure conforti rallentamenti nel tratto meri-dionale a causa della pioggia insi-stente.

I problemi più gravi erano e so-no quelli che hanno colpito le vie dicomunicazione galluresi, barbari-cine e ogliastrine. Il traffico in usci-ta da Olbia verso Nuoro è rimastoa lungo interrotto per la frana sul-la 131 Dcn (Diramazione CentraleNuorese), e se intorno alle 13,30 il

blocco è stato rimosso il traffico nelpomeriggio scorreva comunque asenso unico alternato all’altezzadel chilometro 67. Difficile rag-giungere Bitti. Interrotta anche lastrada per Telti, la SettentrionaleSarda, per il parziale cedimento diun ponte al chilometro 5,8 che hareso impercorribile la strada perquasi sette chilometri. Ma la vio-lenza del nubifragio che ha infieri-to sul capoluogo gallurese ha ral-lentato la circolazione anche inmolti punti dove la sede stradalenon ha subito danni strutturali mafango e detriti rendevano il transi-to insicuro.

Bloccata poi l’arteria della Baro-nia: ieri sera l’Anas confermaval’impossibilità di percorrere la125, l’Orientale Sarda, dal chilo-metro 268 al 271,5 in entrambi i

sensi di marcia a causa dell’alla-gamento della sede stradale.

Tra le località più penalizzate dalpunto di vista della comunicazionec’è sicuramente Oliena: il crollo delponte sul Cedrino costato la vita al-l’assistente capo di polizia LucaTanzi ha bloccato la viabilità versoest e la fenditura nel manto dellastrada per Orosei ha chiuso i colle-gamenti verso il nord, mentre lavoragine che si è aperta sulla Nuo-ro-Oliena proprio mentre si lavora-va per ripristinare la viabilità haimposto la circolazione a sensounico alternato.

Difficile anche spostarsi da Nuo-ro per l’Ogliastra: il basamentodella 389 ha ceduto rendendo im-praticabile la strada, imponendouna deviazione del traffico sullavecchia strada del Correboi, tor-

tuosa e stretta. Su questa via alter-nativa l’incrociarsi di un autocarroe di un pullman ieri ha reso la cir-colazione particolarmente lenta edifficile.

In tarda mattinata è stato inveceriaperto il collegamento fra la Sta-tale 198 e la provinciale per Ester-zili.

Colpiti anche i collegamenti subinario: ieri le ferrovie annuncia-vano che «sulla Cagliari - GolfoAranci rimane sospesa la circola-zione tra le stazioni di Golfo Aran-ci e Chilivani e tra Oristano e SanGavino» per via di «molteplicismottamenti e movimenti franosi».Trenitalia - proseguiva la nota - stagarantendo la mobilità attraversoautobus sostitutivi tra le stazionicoinvolte.

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