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La terza rivoluzione industriale Introduzione Fin dalla seconda metà dell'Ottocento l'umanità, guidata da Europa e Stati Uniti, ha iniziato un periodo di grandissimo sviluppo, periodo attualmente ancora in corso e dei quali benefici continuiamo a godere. Iniziato in quegli anni con la seconda rivoluzione industriale questa ondata di sviluppo ha cambiato velocemente tutto il sistema socio-economico usato dall'uomo fino a quel momento; vi furono sviluppi senza precedenti in campo tecnologico: dall'industria metallurgica, con l'utilizzo dell'acciaio, all'industria edile con il cemento armato, si svilupparono nuove tecnologie in grado di rendere incredibilmente pratico e versatile il sistema delle comunicazioni come il telegrafo, il telefono e la radio; è il periodo in cui nascerà il concetto di mobilità di massa, possibile grazie ad un incredibile sviluppo delle reti di trasporto ferroviarie, navali e stradali; infine nuove scoperte in campo sanitario daranno per la prima volta all'uomo i mezzi per battere gli antichi flagelli come la tubercolosi, la peste, la lebbra e la malaria. Le conseguenze che la comunità umana ebbe da queste innovazioni furono inevitabilmente clamorose, da allora lo stile di vita dell'uomo, in particolare nei paesi occidentali non è stato più lo stesso; basta pensare alla nascita dell'informazione di massa, dell'automobile e al drastico abbattimento del tasso di mortalità: la crescita della comunità umana inizierà infatti un'impennata senza precedenti; con questo momento inizierà un periodo di benessere; ma qual'è stato il fattore che ha reso possibile tutto questo ? E soprattutto per quanto durerà questo momento di benessere ? 1 La terza rivoluzione industriale – Calise Mattia Illustrazione 1: Sant Elia - Studio per una centrale elettrica

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La terza rivoluzione industrialeIntroduzioneFin dalla seconda metà dell'Ottocento l'umanità, guidata da Europa e Stati Uniti, ha iniziato un periodo di grandissimo sviluppo, periodo attualmente ancora in corso e dei quali benefici continuiamo a godere.Iniziato in quegli anni con la seconda rivoluzione industriale questa ondata di sviluppo ha cambiato velocemente tutto il sistema socio-economico usato dall'uomo fino a quel momento; vi furono sviluppi senza precedenti in campo tecnologico: dall'industria metallurgica, con l'utilizzo dell'acciaio, all'industria edile con il cemento armato, si svilupparono nuove tecnologie in grado di rendere incredibilmente pratico e versatile il sistema delle comunicazioni come il telegrafo, il telefono e la radio; è il periodo in cui nascerà il concetto di mobilità di massa, possibile grazie ad un incredibile sviluppo delle reti di trasporto ferroviarie, navali e stradali; infine nuove scoperte in campo sanitario daranno per la prima volta all'uomo i mezzi per battere gli antichi flagelli come la tubercolosi, la peste, la lebbra e la malaria.

Le conseguenze che la comunità umana ebbe da queste innovazioni furono inevitabilmente clamorose, da allora lo stile di vita dell'uomo, in particolare nei paesi occidentali non è stato più lo stesso; basta pensare alla nascita dell'informazione di massa, dell'automobile e al drastico abbattimento del tasso di mortalità: la

crescita della comunità umana inizierà infatti un'impennata senza precedenti; con questo momento inizierà un periodo di benessere; ma qual'è stato il fattore che ha reso possibile tutto questo ? E soprattutto per quanto durerà questo momento di benessere ?

1 La terza rivoluzione industriale – Calise Mattia

Illustrazione 1: Sant Elia - Studio per una centrale elettrica

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Coordinate storico culturali delle rivoluzioni industriali

Il termine rivoluzione industriale sta a indicare un processo di evoluzione economica che ha portato la società da un sistema agricolo-artigianale-commerciale ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso di macchinari azionati da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili).Convenzionalmente si distingue questo processo in

prima e seconda rivoluzione industriale. La prima riguarda prevalentemente il settore tessile-metallurgico e comporta l'introduzione della spoletta volante, che rese praticabile la tessitura automatica, e della macchina a vapore; il suo arco cronologico è solitamente compreso tra il 1760-1780 ed il 1830. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870-1880, con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio.La rivoluzione industriale comporterà una radicale trasformazione che partendo dal settore produttivo modificherà il sistema economico e l'intero sistema sociale.Con l'apparizione della fabbrica e dei macchinari cambierà infatti il rapporto tra gli attori produttivi, nascerà così una classe di lavoratori, definita poi da Karl Marks, classe operaia, che in cambio del proprio lavoro e tempo riceverà un salario; nascerà la figura dell'imprenditore proprieario,le cui mire saranno volte ad incrementare il profitto della propria attività.

Perché è iniziata in inghilterra?Il motivo principale è stato quello della privatizzazione dei campi, ossia il fenomeno delle enclosures. Privatizzando e recintando le open lands e le common lands (campi demaniali pubblici) grandi masse di contadini furono costrette a spostarsi nelle grandi città dove trovarono lavoro come operai nelle fabbriche.La grande disponibilità di manodopera a basso costo e di carbon fossile furono gli elementi basilari del decollo economico inglese.Sempre dall'inghilterra proviene il termine Rivoluzione industriale, che fu coniato da da Arnold Toynbee con la pubblicazione delle sue Conferenze sulla rivoluzione industriale in Inghilterra del 1884.

I combustibili fossili

Tuttavia l'elemento fondamentale che rese possibile questa rivoluzione fu il cambiamento nel modo di produrre e trasportare energia, legato alla scoperta dei combustibili fossili. L'uomo grazie alla messa a punto della macchina a vapore e poi grazie all'utilizzo dei combustibili fossili si troverà a disposizione un quantitativo immenso di energia che gli darà i mezzi di incrementare quasi esponenzialmente la capacità produttiva, per compiere spostamenti e trasportare merci in tempi incredibilmente ristretti e per costruire strade, ponti ed infrastrutture in modo pratico ed economico.

Il sistema petrolifero

Dopo la seconda rivoluzione industriale si è andato affermando il sistema petrolifero, ossia la rete di estrazione, trasporto, raffinazione e distribuzione del greggio, partendo dai pozzi petroliferi, per arrivare alle stazioni di rifornimento situate nelle nostre città.

La struttura di questo sistema si delineò come gerarchicizzata in modo piramidale, l'estrazione, la raffinazione ed il trasporto sono risultati essere processi incredibilmente costosi, accessibili solamente a grandi multinazionali (le compagnie petrolifere) o alle stesse nazioni.

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Il petrolio dal 1956 a oggi

Anni '50 In questo periodo gli USA erano i più grandi esportatori di petrolio a livello globale, ossia estraevano dal sottosuolo molto più greggio di quanto ne avessero bisogno. Come diretta conseguenza di questa egemonia produttiva si ebbe l'affermazione del dollaro come la “moneta richiesta” a livello internazionale. Senza dollari i paesi e le grandi aziende non potevano infatti acquistare petrolio dagli Stati Uniti.In questo periodo la capitale del mondo per importanza strategica era Dallas e non New York, in Texas vi erano infatti le sedi delle più grandi aziende petrolifere USA: la Texaco e la Exxon.

1956 “Nel 1956 In seguito ad analisi personali sul tasso di crescita degli USA dal 1850 al 1950, il Prof. Hubbert, sulla base di quanto descritto sopra, allertò le comunità finanziarie ed i mercati petroliferi che, molto prima di quello che si sarebbe potuto immaginare, gli Stati Uniti d’America avrebbero raggiunto il loro picco di produzione petrolifera, e perciò in seguito sarebbero statti costretti a rifornirsi altrove di greggio.” Eugenio Benetazzo - Best BeforeIl prof Hubbert indico come ipotetico periodo di picco di produzione statunitense quello compreso tra il 1971 ed il 1973. Questa previsione non fu però presa seriamente in considerazione e anzi costò a Hubbert una straziante campagna di derisione da parte dei media.

1971 All'inizio degli anni '70 accadde però qualcosa di inaspettato, gli Stati Uniti infatti “piccarono” (termine che sta ad indicare il raggiungimento del livello massimo di capacità estrattiva) e a partire da quell'anno la produzione petrolifera iniziò a diminuire sensibilmente ed in modo progressivo.L'analisi di Hubbert di 25 anni prima si era dimostrata impeccabile.La condizione di mercato creata da questo deficit metterà in ginocchio tutte le economie occidentali, con alla testa gli Stati Uniti.

1973 In seguito agli aiuti umanitari che gli USA diedero a favore di Isreaele(guerra dello Yom Kippur) i paesi produttori (OPEC) interruppero nei loro confronti le forniture di petrolio: Embargo del 1973. Come effetto il prezzo del petrolio quadruplicò nel giro di qualche mese (da 3$ a 12$ al barile).Per la prima volta il mondo comprese l'importanza del petrolio per la stabilità dei sistemi economici.

1979 Il rovesciamento del regime dello Scià in Iran (insediato per mano della CIA nel 1953) colpì nuovamente gli approvvigionamenti petroliferi mondiali. Il petrolio raggiunge i 30$ a barile.

Anni '80/'90 Gli anni che seguirono questi “shock” furono incentrati alla ricerca di nuovi giacimenti, al fine di limitare il potere dei produttori mediorientali. Emergono cosi 3 nuovi siti di produzione: il Golfo del Mexico, il giacimento in Alaska (Prudhoe Bay) ed il giacimento del Mare del Nord.

1998 Grazie all'enorme quantità di petrolio prodotta da questi nuovi giacimenti, nel 1998 si toccò il minimo di 10$ a barile.

Dal 2000 a oggi

“Dal 2000 ad oggi tuttavia qualcosa sembra essere accaduto, perché senza crash o embarghi petroliferi, il prezzo del petrolio ha iniziato a salire lentamente e progressivamente, sino ad arrivare agli 80 USD nell’estate 2006. Ma cosa è successo ? Lo spettro del picco di produzione mondiale del greggio comincia ad inquitare i mercati e le comunità finanziarie.” Eugenio Benetazzo - Best Before

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La curva di HubbertLa teoria del picco di Hubbert fu proposta dal geofisico Marion King Hubbert nel 1956, e rappresenta l'arco di produzione ed il successivo esaurimento di una qualsiasi risorsa minerale fossile. Di particolare importanza è la sua applicazione alle risorse petrolifere globali, elemento su cui si basa l'intera economia e società moderna.

Il picco di produzioneLa teoria si propone di prevedere, a partire dai dati relativi alla "storia estrattiva" di un giacimento minerario, la data di produzione massima della risorsa estratta nel giacimento, così come per un insieme di giacimenti o una intera regione. Il punto di produzione massima, oltre il quale la produzione può soltanto diminuire, viene detto picco di Hubbert.

Rappresentazione graficaAlla base di questa teoria, vi è la descrizione del consumo della risorsa (ad esempio il petrolio) come una funzione continua (in costante crescita nell'età industriale) che, per il teorema di Weierstrass, possiede massimo e minimo assoluti. L'analisi delle serie storiche consente di posizionare questa funzione e calcolarne il valore massimo, nonché il momento oltre il quale tale curva non può che essere decrescente.

• La descrizione matematica In particolare, la storia di produzione della risorsa nel tempo segue dunque una particolare curva a campana, detta appunto curva di Hubbert, che presenta in una fase iniziale una lenta crescita della produzione, che man mano aumenta fino ad un punto di flesso e quindi al picco per poi cominciare un declino dapprima lento, e quindi sempre più rapido.

• Possono essere distinte così almeno quattro macrofasi all'interno della storia estrattiva di un giacimento◦ espansione rapida - Inizialmente, dopo la prima fase di esplorazione, la risorsa è abbondante e

bastano modesti investimenti per estrarla. In questa fase, la crescita della produzione è esponenziale.

◦ inizio dell’esaurimento - Le riserve "facili", ovvero quelle meno costose, sono quelle estratte per prime. Con l'esaurimento di queste, comincia a essere necessario sfruttare risorse più difficili e ciò richiede investimenti sempre maggiori. La produzione continua a crescere, ma non più esponenzialmente come nella prima fase.

◦ picco e declino - A un certo punto, il graduale esaurimento rende talmente elevati gli investimenti necessari che questi non sono più sostenibili. La produzione raggiunge un massimo (il picco di Hubbert) e poi comincia a declinare.

declino finale - In questa fase non si fanno più investimenti significativi. La produzione continua, ma il declino procede fino a che non diventa talmente ridotta da cessare

completamente.

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Illustrazione 2: La curva di Hubbert su di un grafico cartesiano

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Previsioni del picco di produzione petrolifera

“Il “picco del petrolio” avviene si è usato metà del petrolio disponibile. Quando questo avverrà, quando saremo all’apice di questa curva, saremo alla fine dell’era del petrolio perché il costo di estrazione non sarà più sostenibile. Quando arriveremo al picco? L’ottimista agenzia internazionale per l’energia dice che ci arriveremo probabilmente attorno al 2025-2035. D’altra parte negli ultimi anni alcuni dei più grandi geologi del mondo, utilizzando dei modelli matematici molto avanzati, rilevano che arriveremo al picco tra il 2010 e il 2020. Uno dei maggiori esperti sostiene che il picco è già stato raggiunto nel 2005. Ora, il giacimento del Mare del Nord ha raggiunto il picco 3 anni fa. Il Messico, il quarto produttore mondiale, raggiungerà il picco nel 2010, come probabilmente la Russia. Nel mio libro, Economia all’idrogeno, ho speso molte parole su questa questione. Io non so chi ha ragione, gli ottimisti o i pessimisti. Ma questo non fa alcuna differenza, è una piccolissima finestra. La seconda crisi legata al tramonto di questo regime energetico è l’aumento di instabilità politica nei Paesi produttori di petrolio. Dobbiamo capire che oggi un terzo delle guerre civili nel mondo è nei Paesi produttori di petrolio. Immaginate cosa accadrà nel 2009, 2010, 2011, 2012 e così via. Tutti vogliono il petrolio, il petrolio sta diventando sempre più costoso. Ci saranno più conflitti politici e militari nei Paesi produttori.”

Jeremy Rifkin Economia all'idrogeno Mondadori 2002

Gli effetti del picco di produzioneLa grande crescita economica e prosperità del XX secolo sono state dovute in gran parte all'utilizzo di una risorsa energetica, come il petrolio, estremamente efficiente, versatile e a basso costo. Il petrolio rappresenta oggi quasi il 40% dell'energia primaria generata e circa il 90% dell’energia usata nei trasporti; importanti sono anche le sue applicazioni nell'industria chimica, in particolare quella dei fertilizzanti per l'agricoltura, nonché plastiche, colle, vernici, lubrificanti, detersivi.Eventuali sostituti del petrolio comportano in ogni caso diversi problemi di ordine tecnologico o politico e comunque non riescono a "coprire" totalmente tutti i settori di utilizzo attuali.

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Illustrazione 3: Comparazione dei picchi di produzione nelle varie nazioni produttrici

Illustrazione 4: Comparazione previsioni di Hubbert e dati effettivi

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Superare il picco di produzione

Ottimisti o pessimisti le previsioni parlano chiaro, in meno di 20 anni raggiungeremo il picco di produzione petrolifera con tutte le ripercussioni che ne derivano: il prezzo del petrolio diventerà talmente alto da diventare inaccessibile per molti degli scopi per cui lo utilizziamo ora e successivamente anche l'estrazione diventerà insostenibile; l'economia ristagnerà ed il sistema petrolifero collasserà in poco tempo.

Come evitare che tutta la nostra società, dipendente dal petrolio, faccia la stessa fine?

L'unica via di fuga è quella di riconvertire il nostro sistema energetico, il petrolio ormai non ci potrà più salvare, ma quale risorsa naturale può darci una quantità di energia cosi immensa come quella dataci dal petrolio?

3 miti da sfatare1. Utilizzo massiccio e a breve termine di energia rinnovabili

L'idea che la fine del petrolio porti l'umanità ad un uso massiccio ed immediato di fonti rinnovabili è solamente un luogo comune, si è sicuri che nel momento di picco verranno al contrario utilizzati combustibili fossili a confronto più economici come le sabbie bituminose, carbone e greggio pesante attualmente scartate a causa delle loro emissioni incredibilmente inquinanti e con una produzione di co2 molto superiore a quella del petrolio attualmente raffinato.

2. Gas naturali Il recente sviluppo di veicoli a gas naturale e di vantaggiose centrali elettriche a combustione di gas, non ci devono far pensare ad un futuro che va in quella direzione, il picco di produzione di gas naturali è infatti previsto appena in seguito a quello petrolifero.

3. Energia Nucleare L'energia nucleare viene spesso presentata come una soluzione concreta ai problemi energetici e dell'inquinamento.

“Non produciamo Co2 con gli impianti nucleari, quindi dovrebbe essere parte della soluzione ai problemi climatici. Ma guardiamo ai numeri. Ci sono 439 impianti nucleari al mondo, oggi, che producono solo il 5% dell’energia che consumiamo. Questi impianti sono molto vecchi. C’è qualcuno in Italia o nel mondo che davvero crede che si possano rimpiazzare i 439 impianti che abbiamo oggi nei prossimi vent’anni. Anche se lo facessimo continueremmo a produrre solo il 5% dell’energia consumata, senza alcun beneficio per i cambiamenti climatici. E’ chiaro che perché ne avesse, dovrebbero coprire almeno il 20% della produzione. Ma perché la produzione di energia sia per il 20% nucleare, dovremmo costruire 3 centrali atomiche ogni 30 giorni per i prossimi 60 anni. Capito? Duemila centrali atomiche. Tre nuove centrali ogni mese per sessant’anni. Non sappiamo ancora cosa fare con le scorie. Siamo nell'energia atomica da 60 anni e l'industria ci aveva detto: "Costruite gli impianti e dateci tempo sufficiente per capire come trasportare e stoccare le scorie". Sessant'anni dopo questa industria ci dice "Fidatevi ancora di noi, possiamo farcela", ma ancora non sanno come fare. L'agenzia internazionale per l'energia atomica dice che potremmo avere carenza di uranio tra il 2025 e il 2035, facendo cosi' morire i 439 impianti nucleare che producono il 5% dell'energia del mondo. Potremmo prendere l'uranio che abbiamo e convertirlo in plutonio. Ma avremmo il pericolo del terrorismo nucleare. Vogliamo davvero avere plutonio in tutto il mondo in un'epoca di potenziali attacchi terroristici? Credo sia folle. E infine, una cosa che tutti dovrebbero discutere col vicino di casa: non abbiamo acqua! Questo le aziende energetiche lo sanno ma la gente no. Prendete la Francia, la quintessenza dell'energia atomica, prodotta per il 70%. Questo e' quello che la gente non sa: il 40% di tutta l'acqua consumata in Francia lo scorso anno, e' servita a raffreddare i reattori nucleari. Il 40%” Jeremy Rifkin – Intervita Web

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La terza rivoluzione industrialeQuando la tecnologia del telegrafo e del telefono si unirono alla scoperta dei combustibili fossili, in particolare del petrolio, iniziò la seconda rivoluzione industriale. Ora che siamo vicini alla fine di questa bisogna porsi il problema di come aprire le porte ad una nuova rivoluzione industriale.I dati hanno infatti negato la possibilità di mantenere questo sistema energetico, e hanno negato anche la possibilità di una parziale riconversione di questo con l'utilizzo di altri generi di energia.

La terza rivoluzione industriale si basa infatti su un cambiamento a livello concettuale del sistema energetico. Se il nostro sistema attuale è di tipo piramidale, ed altamente gerarchizzato, quello futuro dovrà essere all'opposto decentralizzato. Un parallelismo in grado di far comprendere al meglio il carattere rivoluzionario di questo nuovo sistema economico è quello con internet: la rivoluzione di internet riguarda la libera circolazione dell'informazione, in questo sistema ognuno sarà produttore e lettore, all'opposto del precedente sistema informativo basato su giornali, radio e canali televisivi.Se internet ha ribaltato questo sistema centralizzato di infrmazione, l'idrogeno farà lo stesso nel campo energetico: non serviranno grandi centrali di produzione e imponenti

sistemi di trasporto e distribuzione, ma a contrario con la riconversione all'idrogeno basteranno piccole strutture e costi proporzionalmente inferiori. Ma come dare il via a questa rivoluzione?

I tre pilastri per la nuova rivoluzione industriale

1. Puntare sulle energie rinnovabili Non sembra strano che l'umanità abbia problemi energetici quando il sole esercita tutto l'anno una quantità di energia intorno al chilowatt su metro quadro? Quando i venti costanti percorrono la superficie della terra? Quando disponiamo ancora di un così grande calore già a poche centinaia di metri dalla superficie?È disponibile molta più energia di quanta ne abbiamo bisogno, il problema sta nel convertirla in modo efficiente e nell'accumularla.Il primo pilastro è già stato posto dall'unione europea, in quanto ha puntato a raggiungere il 20% di produzione energetica rinnovabile entro il 2020.

2. Decentralizzare la produzioneLa struttura piramidale del nostro attuale sistema energetico (alla testa gli stati, o le grandi multinazionali, proprietarie di pozzi di estrazione e grandi centrali elettriche, le quali gestiscono anche il trasporto e la distribuzione) resiste solamente alla grandissima energia che il petrolio ci dà. Ogni edificio pubblico o privato dovrà diventare una piccola centrale elettrica (grazie a pannelli solari ad esempio) in modo da garantire una produzione in parte per se in parte da condividere con la rete. Decentralizzando oltre a ridistribuire il potere che deriva dal possesso di energia si riducono notevolmente le percentuali di dispersione dovute al trasporto. ( circa il 5% dell'energia elettrica prodotta viene dispersa sugli elettrodotti

3. Accumulare l'energia prodottaIl sole non illumina sempre e cosi anche il vento non soffia sempre, è per questo che avremo bisogno di immagazzinare l'energia prodotta, per poterla utilizzare nei momenti di carenza.Il supporto per accumulare energia sarà l'idrogeno (H2, gassoso, liquido o in composti come gli idruri metallici) , esso accumulerà energia nei momenti di surplus di produzione o di sovraccarico del sistema e rilascerà elettricità nei momenti di bisogno. Esso sostituirà in particolare l'utilizzo del petrolio come combustibile per i trasporti.

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Illustrazione 5: Jeremy Rifkin, teorico e sostenitore dell'economia all'idrogeno, attualmente consigliere in molte delle più grandi aziende energetiche globali e consigliere sull'energia del presidente americano Obama.

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Idrogenol'elemento più comune nell'universo

Idrogeno “L'idrogeno (dal greco antico ὕδωρ, hydor, "acqua", e la radice γεν- di γίγνομαι, ghìghnomai, "generare") è il primo elemento chimico della tavola periodica degli elementi, ha come simbolo H e come numero atomico 1.Allo stato elementare esiste sotto forma di molecola biatomica, H2, che a pressione atmosferica e a temperatura ambiente (298K) è un gas incolore, inodore, altamente infiammabile. L'idrogeno è l'elemento più leggero e più abbondante di tutto l'universo. È presente nell'acqua (11,19%) e in tutti i composti organici e

organismi viventi. L'idrogeno forma composti con la maggior parte degli elementi, spesso anche per sintesi diretta. Le stelle sono principalmente composte di idrogeno nello stato di plasma. Questo elemento è usato nella produzione di ammoniaca, nell'idrogenazione degli oli vegetali, in aeronautica (in passato nei dirigibili), come combustibile alternativo e, di recente, come riserva di energia nelle pile a combustibile.” Wikipedia, l'enciclopedia libera

Dalla corrente elettrica all'idrogeno e viceversa:Le celle a combustione

Alcuni pensano che le celle a combustibile, utilizzanti idrogeno come carburante, siano dal punto di vista della convenienza globale l'equivalente futuro del motore a combustione interna delXX secolo o del motore a vapore nel XIX secolo. La pila a combustibile e' un generatore elettrochimico in cui, in linea di principio, entrano un combustibile (tipicamente idrogeno) e un ossidante (ossigeno o aria) e da cui si ricavano corrente elettrica continua, acqua e calore .

Sono simili alle batterie e quindi, come gli altri

elementi voltaici, una pila a combustibile e' formata essenzialmente da due elettrodi , catodo ed anodo, e da un elettrolito che permette la migrazione degli ioni. Diversamente che dalle batterie comuni, nella pila a combustibile, la materia attiva viene continuamente rinnovata e quindi la corrente elettrica continua può essere erogata indefinitamente se si mantiene l'alimentazione di combustibile e di gas ossidanti.Il combustibile (idrogeno) e i gas ossidanti (ossigeno dato semplicemente dall'aria) lambiscono rispettivamente l'anodo e il catodo (sulle facce opposte a quelle in contatto con l'elettrolito).

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Illustrazione 7: Schema di funzionamento di una "fuel cell"

Illustrazione 6: schema di produzione energetica tramite idrogeno

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Data la porosità degli elettrodi, vengono in questo modo continuamente alimentate le reazioni di ossidazione del combustibile e di riduzione dei gas ossidanti.

Ostacoli e problemi all'economia all'idrogeno

Il problema della produzioneL'idrogeno puro non è disponibile nel nostro pianeta. La maggior parte dell'idrogeno a buon prezzo può essere estratto da altre sostanze con procedure chimiche ed elettrolitiche, oppure può essere prodotto da altri combustibili utilizzando sostanze ad elevato contenuto energetico, come i combustibili fossili, ma questi metodi, oltre ad esaurire risorse non rinnovabili, generano CO2 in quantità maggiori rispetto ai motori convenzionali, aggravando l'effetto

serra rispetto al loro utilizzo diretto negli autoveicoli.

La produzione tramite elettrolisi dell'acqua non ha a contrario emissioni di CO2 e sembra essere la soluzione, essa richiede però una grande quantità di energia. Per mantenere nulle le produzioni di anidride carbonica l'elettrolisi dovrà dunque essere svolta con elettricità prodotta da energie rinnovabili (distese di pannelli solari nelle zone desertiche, foreste di generatori eolici ecc. Ecc.) Un altro modo di produzione dell'idrogenoancora invia sperimentale è quello del VHTR (Very High Temperature Reactor), uno dei reattori in progetto per le centrali nucleari IV generazione, che grazie all'altissima temperatura a cui lavora (1000°) risulta ottimale per la produzione di idrogeno.

Il problema del trasportoIl trasporto di energia tramite idrogeno non sembra essere il più economico, data la pressione e la temperatura a cui deve essere tenuto risulta molto scomodo da trasportare. Le ipotetiche condotte ad idrogeno liquido ad alta pressione risultano infatti più care degli elettrodotti e dei gasodotti, inoltre il materiale sarebbe costantemente indebolito dal fenomeno dell'imbibimento. Sempre in base all'alta pressione cui l'idrogeno deve essere sottoposto per il trasporto va ricordato il problema della sicurezza, sia il trasporto attraverso condutture che quello tramite cisterne su treni merci o su strada risultano infatti a basso rischio ma ad altissima pericolosità.

Il problema dell'immagazzinamentoL'idrogeno ha anche una bassa densità (pari a 0,0708 g/cm3 a −253 °C). Questo significa che è necessario un serbatoio abbastanza capiente per immagazzinarlo, anche impiegando energia addizionale per comprimerlo, cosa che comporta problemi di sicurezza per l'alta pressione del gas. Il grosso e pesante serbatoio ridurrebbe l'efficienza del veicolo per via del maggiore peso da trasportare. Dal momento che è una molecola piccola ed energetica, l'idrogeno diatomico tende a diffondere attraverso ogni materiale di rivestimento che venga utilizzato per il suo contenimento, portando all'imbibizione di idrogeno dello stesso materiale, oppure indebolendo il suo contenitore. Questo viene chiamato il problema dell'immagazzinamento.Altri proponenti si immaginano fonti di idrogeno locali in ambito rurale, anche se gli ostacoli che si frappongono ad eventuali grossi generatori di idrogeno ad alta efficienza in mezzo alla campagna sono meno gravi rispetto a quelli che si presenterebbero in ambito urbano.

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Illustrazione 8: Gli effetti dell'esplosione di una cisterna di gas presso la stazione ferroviaria di Viareggio del 29/06/09

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I progressi della ricerca per l'idrogeno nel mondo

Forse l'economia all'idrogeno non sarà economica e neppure facile da attuare, ma molte nazioni hanno già capito che sarà l'unico sistema energetico in grado di rimanere stabilità anche per un lungo periodo di tempo.

Gli investimenti sull'idrogeno:

L'Argentina e il Cile potrebbero diventare tra I primi produttori di idrogeno grazie all'energia da eolico della Patagonia e della Pampa. La Enhol, azienda spagnola di generatori eolici, ha investito 1000 milioni di dollari per la costruzione di 250 aerogeneratori su 10'000 ettari e con una produzione di 500 Mw, il cui eccesso sarebbe accumulato sotto forma di idrogeno.

“All'epoca dei velieri veloci clipper, che trasportavano foglie di tè dall'India verso la Gran Bretagna, si sfruttavano i potenti e costanti venti circumpolari antartici dei paralleli "quaranta ruggenti" e dei "cinquanta urlanti". Questi venti sono una risorsa energetica costante, gratuita, potente e sovrabbondante, ma impossibile da convogliare con linee elettriche piu lunghe di 1600 km. Il potenziale aero-elettrico della zona viene stimato da 100.000 Mw a 1.000.000 Mw (sufficienti per 0,1-1 miliardo di persone con consumi simili a quelli degli italiani). Si stanno costruendo impianti eolici in queste regioni proprio per produrre il prezioso gas idrogeno.” Da Wikipedia enciclopedia libera

Austria ItaliaL'autostrada del Brennero nel 2010 diventerà la prima autostrada ad Idrogeno d'Europa, essa sarà quindi munita di stazioni di rifornimento di H2 su tutto il tratto autostradale.

DanimarcaIn Danimarca la produzione energetica ha raggiunto il 23% del fabbisogno nazionale, nel 2007 è stata costruita la prima centrale eolica ad idrogeno.

Corea del SudGrandi sviluppi sul fronte dell'elettrolisi anche in corea del Sud; l'idrogeno servirà per immagazzinare gli eccessi di energia di centrali nucleari, solari, eoliche e a biogas.

Germania

Dopo 20 anni di ricerche BMW ha cominciato nel 2008 ha produrre la “serie 7” Hydrogen, dotata di motore bivalente a idrogeno e benzina.

IslandaL'Islanda importa la totalità del suo fabbisogno petrolifero (situazione unica), situazione che, unita alle grandissime risorse geotermiche hanno spinto l'islanda a diventare la prima economia all'idrogeno, progetto che diventerà totalmente operativo intorno al 2050.

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