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    Pietro Blaserna

    La teoria del suononei suoi rapporticolla musica

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    TITOLO: La teoria del suono nei suoi rapporti collamusicaAUTORE: Blaserna, PietroTRADUTTORE:CURATORE:NOTE:

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    DIRITTI D'AUTORE: no

    LICENZA: questo testo distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/libri/licenze/

    TRATTO DA: La teoria del suono nei suoi rapporti

    colla musica / dieci conferenze del prof. PietroBlaserna. - Milano : F.lli Dumolard, 1875. - VI, 174p. : ill. ; 22 cm. (Biblioteca scientifica inter-nazionale ; 1)

    CODICE ISBN: non disponibile

    1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 novembre 20092a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 marzo 2013

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    Indice generale

    INDICE...........................................................................7I.a CONFERENZA.......................................................11II.a CONFERENZA.....................................................38III.a CONFERENZA....................................................55IV.a CONFERENZA....................................................69

    V.a CONFERENZA......................................................84VI.a CONFERENZA..................................................106VII.a ed VIII.a CONFERENZA.................................119IX.a CONFERENZA..................................................155X.a CONFERENZA...................................................184

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    BIBLIOTECA SCIENTIFICA INTERNAZIONALEVOL. I

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    LA

    TEORIA DEL SUONONEI SUOI RAPPORTI

    COLLA MUSICA

    DIECI CONFERENZE

    DEL PROF. PIETRO BLASERNA

    DELLA R. UNIVERSIT ROMANA.

    MILANOFRATELLI DUMOLARD

    1875.

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    INDICE

    I.a CONFERENZA. 1. Movimenti periodici, vibrazioni. 2. Vibrazioni sonore. 3. Vibrazioni di una cam-

    pana. 4. Vibrazioni dei coristi, metodo grafico. Vibrazioni delle corde, 6. delle lamine o mem-

    brane. 7. Vibrazioni dell'aria nelle canne sonore. 8. Metodo delle fiamme manometriche. Con-

    clusioneII.a. CONFERENZA. 1. Trasmissione del suono. 2.Propagazione nell'aria, 3. nell'acqua ed in altricorpi. 4. Velocit del suono nell'aria, 5. nel-l'acqua ed in altri corpi. 6. Riflessione del suo-no. 7. Eco

    III.a CONFERENZA. 1. Caratteri del suono e differenza

    tra suono e rumore. 2. Intensit del suono e va-rie cause da cui dipende. 3. Principio della con-comitanza dei suoni. 4. Casse armoniche e ri-suonatori

    IV.a CONFERENZA. 1. Misura del numero delle vibra-zioni, metodo grafico. 2. Sirena di Cagniard de

    la Tour. 3. Altezza dei suoni; limiti dei suonisensibili, dei suoni musicali e della voce umana. 4. Corista normale. 5. Legge delle vibrazionidelle corde e dei suoni armonici

    V.a CONFERENZA. 1. Suoni musicali. 2. Legge deirapporti semplici. 3. Unisono, interferenze. 4.Battimenti. 5. Loro spiegazione. 6. Suoni di

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    combinazione. 7. Ottava ed altri suoni armonici. 8. Accordi consonanti e loro limite. 9. Quinta,quarta, sesta e terza maggiore, terza e sesta mino-

    re. 10. Il settimo armonicoVI.a CONFERENZA. 1. Doppia sirena di Helmoltz. 2.

    Legge dei rapporti semplici applicata a tre e pisuoni. 3. Accordo perfetto maggiore e minore,loro carattere. 4. Rovesciamento degli accordi

    VII.aED VIII.a CONFERENZA. 1. Accordi dissonanti.

    2. e 3. Carattere della musica e delle scale musi-cali. 4. Musica antica. 5. Scale greche. 6.Scala pitagorica, 7. sua decadenza. 8. Cantoambrosiano e gregoriano. 9. Musica polifonica,armonia; la riformo protestante; Palestrina. 10.Trasformazione delle scale musicali, la tonica el'accordo fondamentale. 11. Scala maggiore; in-

    tervalli musicali. 12. Scala minore. 13. Intona-zione e passaggi. 14. e 15. Diesis e Bemolle. 16. Scala temperata, sue inesattezze. 17. Utilitdi abbandonarla

    IX.a CONFERENZA. Timbro dei suoni musicali. 2.Forma delle vibrazioni, metodo ottico. 3. Altro

    metodo ottico. 4. Metodo del fonautografo. 5.Legge dei suoni armonici. 6. Timbro delle cordee degli istrumenti. 7. Legge generale sugli ac-cordi. 8. Rumori che accompagnano i suoni. 9. Timbro delle vocali

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    X.a CONFERENZA. 1. Differenza tra scienza ed arte 2.Musica italiana e tedesca. 3.4. Distacco delledue scuole. 5. Influenza di Parigi. 6. Conclu-

    sione

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    Le dieci conferenze, che seguono, non hanno n la

    pretesa, n lo scopo di dare la descrizione o la dimo-strazione completa dei fenomeni del suono e della sto-

    ria e delle leggi musicali. Chi desidera approfondire

    tale materia, sia dal lato scientifico, sia dal lato artisti-

    co, deve ricorrere alle opere ed a studi speciali.

    Seguendo l'esempio dato da Helmoltz nell'oramaiclassico suo libro: Die Lehre von den Tonempfindun-gen, ho cercato di riunir insieme, in forma semplice e

    piana, due materie che finora erano state trattate sepa-

    ratamente. Lo studioso di cose fisiche non andava molto

    in l nello studio degli argomenti musicali, ed i nostri

    artisti non conoscono abbastanza la grande importan-

    za, che le leggi del suono hanno in molte questioni di

    musica.La scienza ha fatto in questo riguardo progressi note-

    volissimi negli ultimi tempi. Essa arrivata a conside-

    rare sotto unico punto di vista la storia dello sviluppo

    della musica, ed in grado di fornire alla critica musi-

    cale una base pi larga e pi sicura.

    Esporre brevemente i principj fondamentali di tale

    scienza e mostrare le sue pi importanti applicazioni,

    stato lo scopo di queste conferenze. Cos spero, che sa-

    ranno accolte con qualche interesse da chi ama lo stu-

    dio e da chi ama l'arte.

    PIETRO BLASERNA.Aprile 1575.

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    I.a CONFERENZA.

    1. Movimenti periodici, vibrazioni. 2. Vibrazioni sonore. 3.Vibrazioni di una campana. 4. Vibrazioni dei coristi, metodografico. 3. Vibrazioni delle corde, 6. delle lamine e mem-brane. 7. Vibrazioni dell'aria nelle canne sonore. 8. Metododelle fiamme manometriche. 9. Conclusione.

    1. Fra gli innumerevoli movimenti che esistono nella

    natura, la fisica si occupa con molta attenzione di alcu-ni, ai quali assegna una grande importanza. Sono queimovimenti, in cui un corpo, o parte di un corpo, arrivaad un punto estremo, vi si ferma un istante, ritorna sui

    propri passi, riprende di nuovo la via gi percorsa e con-tinua cos, facendo movimenti regolari di va e viene,con un periodo determinato.

    Il pendolo ci offre l'esempio pi semplice di tale mo-vimento periodico. Le sue leggi sono state determinateda Galileo, il quale ha scoperto che il movimento iso-crono, vale a dire, che il periodo in cui il movimento diva e viene si eseguisce, per il medesimo pendolo sem-

    pre lo stesso, siano le oscillazioni del pendolo ampie op-

    pur no.In altri termini, se diamo ad un pendolo in riposo unpiccolo urto, o un urto forte, le oscillazioni farannoescursioni piccole o grandi; ma per il medesimo pendolola durata delle oscillazioni sar sempre la stessa. Il chesi esprime cos, che la durata delle oscillazioni indi-

    pendente dalla loro ampiezza.

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    La legge dell'isocronismo del pendolo una leggemolto generale nella natura. Quantunque non sia mate-maticamente esatta, pure essa pi che sufficiente per la

    pi gran parte de' casi che qui contempleremo. Ognimovimento periodico di va e viene, paragonabile a quel-lo del pendolo, chiamasi oscillazione, e se pi piccoloe pi rapido, anche vibrazione. E per maggiore chiarez-za chiameremo vibrazione semplice quella che segueesattamente le leggi del pendolo; le quali, sia detto fra

    parentesi, sono le pi semplici di tutte. All'incontro chia-meremo vibrazioni composte quelle, che seguono leggipi complicate.

    Un esempio chiarir come le vibrazioni possano esse-re pi complicate. Il movimento del pendolo pu riassu-mersi cos: arrivato all'estremit della sua corsa, esso siferma per un istante, ritorna indietro con velocit sem-

    pre crescente, la quale diviene massima nella posizioneverticale, e diminuisce poi nella seconda met della cor-sa. Nel pendolo dunque i due punti estremi della oscilla-zione corrispondono alla velocit zero, il punto di mez-zo alla velocit massima.

    Un esempio di movimento periodico composto si ha,

    aggiungendo all'oscillazione del pendolo gi esistenteancora qualche altro movimento oscillatorio. Supponia-mo, per esempio, che l'asta del pendolo sia flessibile edelastica ed oscilli per proprio conto, supponiamo di piche la parte bassa e pesante del pendolo sia una pallaelastica, la quale, essendo stata urtata violentemente, vi-

    bri come una palla sul bigliardo, cio mostrandosi suc-

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    cessivamente schiacciata ed allungata: avremo allora nelpendolo tre movimenti vibratorii riuniti, i quali darannoun movimento composto evidentemente pi complicato

    di prima.Un altro esempio di un movimento composto ce lo

    porge il giuocatore di pallone, il quale caccia il palloneverticalmente in aria e poi ve lo ricaccia senza lasciarlocadere a terra. Qui il movimento diverso da quello del

    pendolo. Il pallone va in alto con velocit decrescente,

    press'a poco come nel pendolo, (ma la velocit diminui-sce con legge diversa), arriva a fermarsi, poi ricade convelocit sempre crescente, e viene bruscamente fermatoe ricacciato in alto dalla forza muscolare del giuocatore,mentre la sua velocit era assai grande e cresceva sem-

    pre secondo le leggi della caduta dei gravi. In questocaso dunque, diverso da quello del pendolo, i due punti

    estremi della corsa corrispondono, l'uno alla velocitzero, l'altro ad una velocit assai grande, ed anzi alla pigrande possibile.

    Esistono in natura moltissime vibrazioni e di formasvariata, e l'averle studiate con cura e l'averne compresatutta l'importanza, costituisce uno de' passi pi fecondi,

    che la fisica abbia fatto in questo secolo. Fra tutti questimovimenti vibratorii io voglio intrattenervi di un gruppodi essi, il quale merita una speciale attenzione per lagrande facilit, che esso offre allo studio e per la grandeimportanza, che le sue applicazioni hanno avuto nellastoria della cultura umana.

    2. Io voglio anzi tutto dimostrarvi, che il suono for-

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    mato da vibrazioni delle particelle dei corpi. Per com-prendere tali vibrazioni, non abbiamo bisogno di cono-scere per ci l'intima struttura dei corpi medesimi; ci ba-

    sta sapere che il corpo pu suddividersi in piccole parti-celle, e che queste particelle si possono allontanare leune dalle altre almeno entro certi limiti, senza che perci si operi la rottura o il disgregamento del corpo.

    Questo il risultato delle osservazioni di tutti i giorni,e per lo studio, che imprendo con voi, non abbiamo pun-

    to bisogno di andare pi in l e di formulare un'opinionepi o meno ipotetica sulla intima struttura dei corpi me-desimi.

    Dobbiamo per aggiungere a questo concetto ancoraun altro, cio quello dell'elasticit dei corpi. Chiamasielastico un corpo, in cui le particelle, smosse dalla posi-zione del loro equilibrio naturale, hanno la tendenza di

    ritornare nella loro prima posizione, tosto che cessi lacausa esterna che le aveva allontanate.

    Quando una particella si trova nel caso qui contem-plato, essa fa ci che fa il pendolo. Appena rimasta libe-ra de' suoi movimenti, essa ritorna nella posizione che

    prima avea; al principio con piccola velocit, poi con

    velocit sempre crescente. Arrivata alla posizione delnaturale suo equilibrio, per la propria inerzia essa conti-nua per un certo tratto il movimento gi acquistato e fi-nalmente si ferma per ritornare sui propri passi. Essaoscilla quindi intorno alla posizione del suo equilibrionaturale, precisamente come il pendolo oscilla al di quae al di l della sua posizione verticale. Il calcolo dimo-

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    stra in tale caso, che la vibrazione semplice comequella del pendolo.

    Ma nello studio delle vibrazioni, a cui pu andar sog-

    getto un corpo, o parte di un corpo, non basta contem-plare il movimento di una singola particella. Il corpo formato da moltissime particelle, ciascuna delle qualivibrando, importa sapere se esse s'influenzino a vicendanei loro movimenti. In questo riguardo tutti i casi sono

    possibili, a seconda delle condizioni speciali, in cui le

    vibrazioni avvengono e della causa che le provoca. Av-viene spesso, che le singole particelle vibrino ciascunaper conto suo, come se le altre non esistessero. Questevibrazioni, che si fanno quindi con disordine in tutte ledirezioni possibili, acquistano una grande importanza

    per i fenomeni del calore e per altri ancora; ma non han-no una azione diretta sul suono. Affinch le vibrazioni

    siano sonore, bisogna che le particelle eseguiscano iloro movimenti con una certa regola d'insieme.

    Le vibrazioni acquistano allora un carattere generalee regolare. Esse si possono paragonare alla manovra ser-rata di una compagnia di soldati, mentre le vibrazionicalorifiche rassomigliano a movimenti affatto irregolari

    di una folla disordinata.3. Voglio innanzi tutto dimostrarvi con un certo nu-mero di esempii, che il suono sempre accompagnatoda vibrazioni del corpo sonoro. Prendo una campanametallica, rovesciata, attaccata solidamente ad un piedeA [fig. 1]. Un pendolino piuttosto leggero a tocca lacampana per indicare i movimenti che essa pu fare in

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    un dato momento. Se sfrego questa campana con un'ar-chetto, ottengo un suono molto marcato ed immediata-mente il pendolino lanciato via, ricade sulla campana,

    lanciato via di nuovo e cos di seguito. Il movimentodel pendolo dura per un certo tempo; esso viene meno,man mano che si affievolisce il suono, ed indica che lacampana nelle varie sue parti, mentre suona, si trova inistato di vibrazione.

    4. Scelgo ora un'altro esempio. Una specie di forchet-ta d'acciajo D che tengo in mano pel suo piede, pu es-sere facilmente messa in vibrazione [fig. 2]. Una for-chetta di questo genere chiamasi un corista. Ho attacca-

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    to ad una delle sue estremit una punta P. Se batto il co-rista sulla tavola, oppure se lo sfrego con un archetto al-l'estremit delle sue branche, ottengo un suono molto

    debole, che a stento si sente. Questo suono si rinforzanotevolmente, se metto il piede del corista in contattocol tavolino, o meglio ancora con una cassa vuota. Ilsuono pu allora esser sentito da tutti, ed io mi servo diquesto mezzo soltanto per dimostrarvi, che il suonorealmente esiste.

    Ci posto, facile persuadersi che le due branche delcorista, quando questo suona, si trovano in continuo mo-vimento vibratorio. Il movimento molto rapido e l'oc-chio non pu seguirlo, ma gli orli delle branche e la

    punta attaccata non hanno pi una forma netta e precisa,

    il che indica appunto il movimento del corista.Si avverte molto bene tale movimento vibratorio, av-

    vicinando il dito al corista medesimo. Se tocco le duebranche, il movimento cessa e con esso il suono. Suonoe movimento sono talmente collegati insieme, che for-te l'uno quando forte l'altro, che diminuisce l'uno

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    quando diminuisce l'altro, e che cessa l'uno quando ces-sa l'altro.

    Ma le vibrazioni del corista si possono rendere visibi-

    li a tutti col seguente metodo grafico.Prendo [fig. 2] una lastra di vetro L, annerita col nero

    fumo di una fiamma a petrolio, e che scorre facilmentenel telajo G; applico ad essa la punta del corista vibran-te, e ritiro rapidamente la lastra in modo che la punta viscorra successivamente.

    Per rendere l'esperienza anche pi sicura e pi ele-gante, prendo un cilindro di ottone, sul quale steso unfoglio di carta annerita col nero fumo di una fiamma a

    petrolio. Il cilindro pu essere girato col mezzo di unamanovella a spirale A, mossa dalla mia mano, o ancheda altro meccanismo. [fig. 3]. Avvicino al cilindro il co-

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    rista in modo che la punta D sfiori leggermente la carta,e ve lo attacco solidamente col mezzo di una morsa. Seil corista sta fermo ed il cilindro gira, la punta mi traccia

    sulla carta una linea retta, o stante il movimento del ci-lindro a spirale, una spirale poco diversa da linee rette.

    Se invece il cilindro sta fermo e il corista vibra, la suapunta mi traccia sulla carta una corta linea perpendicola-re alla prima. Se, infine, il corista vibra e il cilindro gira,ottengo sulla carta una linea ondeggiante, molto regola-

    re e molto caratteristica, che rappresenta assai bene ilmovimento vibratorio del corista. Quando il corista dun suono forte, le vibrazioni tracciate sulla carta sonomolto ampie; pi tardi, quando il suono gi affievolito,le vibrazioni diminuiscono in ampiezza. Esse diventanofinalmente quasi invisibili e si confondono sensibilmen-te colla linea retta, quando il suono l per cessare.

    5. Anche le vibrazioni di una corda si possono dimo-strare in modo molto facile. Ho qui una corda metallicatesa sopra una cassa di legno [fig. 4]. Due sostegni A e

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    B, sui quali la corda riposa, dnno a questa la lunghezzaesatta di un metro, e una scala postavi sotto permette dideterminare a volont la lunghezza di una porzione di

    essa. La corda fissata e mantenuta tesa col mezzo dipiuoli, precisamente come nel pianoforte. Questo istru-mento, che era gi conosciuto dagli antichi greci, sichiama unsonometro, ed ha una grande importanza tan-to nella storia della musica, quanto per lo studio dei fe-nomeni che qui ci interessano. Se sfrego la corda col

    mezzo d'un archetto, essa mi d un suono, l'altezza delquale dipende da molte circostanze, come per esempiodalla lunghezza, dalla grossezza, dalla densit della cor-da, e dalla tensione della medesima.

    Se sfrego la corda leggermente, il suono debole; sela sfrego invece con una certa energia, il suono forte, egeneralmente parlando la forza, ossia l'intensit del suo-

    no, dipende dall'energia maggiore o minore con cui pro-duco il suono medesimo.

    Le vibrazioni di questa corda si possono dimostrarenel modo seguente. Gi l'osservazione semplice mi di-mostra, che la corda sfregata si trova in uno stato di ra-

    pida vibrazione. Alle due estremit che riposano sopra i

    due cavalletti, la corda pare ferma; per man mano chepasso a osservare la parte mediana, trovo che la cordaperde i suoi contorni netti. Essa pare notevolmente in-grossata, e tale ingrossamento arriva al suo valore mas-simo proprio a met della corda. Questo proviene da ciche ciascuna particella della corda compie rapide vibra-zioni, movendosi in s e in gi in senso perpendicolare

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    alla lunghezza della corda. Vibrazioni di tal fatta si chia-mano trasversali per distinguerle dalle longitudinali, incui ogni particella vibra nella direzione della corda me-

    desima.Nella musica pratica non si fa uso delle vibrazioni

    longitudinali delle corde, per cui non voglio occuparmid'altro che delle trasversali. Onde dimostrarne megliol'esistenza, colloco sulla corda delle piccole strisciolinedi carta, piegate in mezzo a guisa di cavalierini. Quando

    la corda vibra, questi cavalierini sono lanciati in alto perla loro leggerezza, cadono gi dalla corda ed indicanocos dove la corda si trovi in istato di vibrazione e dovein istato di riposo.

    Il modo pi semplice di vibrare quello, in cui tuttala corda compie simultaneamente una unica vibrazione.Io ottengo facilmente questo effetto, lasciando la corda

    interamente libera e sfregandola coll'archetto vicino aduna delle due estremit. Osservate che i cavalierini sonotutti gettati gi, prima quelli pi in mezzo ove il movi-mento pi forte, poi successivamente anche gli altri. Ilche dimostra, che ad eccezione dei due punti fissi dellacorda non vi alcun altro punto che non vibri, ossia in

    altri termini, che tutta la corda vibra in unica vibrazione.Il suono, che cos si ottiene dalla corda, il suono pibasso che le corrisponda, ed per ci che lo vogliamochiamare il suonofondamentale della medesima.

    Ma questo non il solo suono, che io possa otteneredalla corda. Se la tocco nella sua met leggermente coldito o meglio con una penna [fig. 4], ottengo un suono

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    notevolmente pi alto, suono che l'orecchio musicale di-stingue facilmente e che la musica pratica chiama l'otta-va del suono fondamentale. La corda in questo caso vi-

    bra in due porzioni, in modo che il punto da me toccatorimane sempre fermo.

    Questo punto fermo si chiama un nodo della corda vi-brante, e tale nodo l'ho provocato artificialmente toccan-do la corda nel punto indicato. Difatti se colloco i cava-lierini sulla corda, osservo in questo caso che il cavalie-

    rino vicino al mio dito non si muove, mentre tutti gli al-tri sono lanciati via. Il cavalierino rimasto fermo m'indi-ca cos la presenza del nodo.

    Posso ottenere successivamente dalla corda suoni pie pi elevati toccandola ad un terzo, oppure ad un quar-to, ad un quinto ecc. della sua lunghezza. L'esperienzafatta col mezzo dei cavalierini mi dimostra, che in ogni

    caso di questo genere la corda si suddivide in un certonumero di parti sempre uguali, nel primo caso in tre, nelsecondo in quattro, nel terzo in cinque ecc.; ed i cavalie-rini che rimangono sulla corda m'indicano i nodi equidi-stanti che si formano nella corda stessa.

    Cos, per esempio, quando tocco la corda ad un quin-

    to della sua lunghezza, essa si divide in cinque partiuguali, e si formano quattro nodi alle distanze di 1/5, 2/5,3/5, 4/5 della corda, mentre nei punti intermedii trovasi ilmassimo movimento vibratorio [fig. 4 bis]. Questi puntidel massimo movimento chiamansi ventri.

    La fig. 5 rappresenta, in dimensioni alquanto esagera-te, i vari modi di vibrare che una corda assume nei di-

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    versi casi, quando cio essa vibra per intero, o divisain 2, in 3, in 4 ecc. parti. Nel primo caso non si formaalcun nodo, negli altri abbiamo 1, 2, 3 ecc. nodi. Biso-gna osservare che questi vari casi corrispondono a suonidiversi e successivamente pi alti della medesima corda.

    6. Un altro esempio interessante di vibrazioni ce loporgono le lamine e le membrane. Il caso alquanto picomplicato di quello delle corde, ma la spiegazione

    pressocch la medesima. Difatti una lamina pu essere

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    considerata come una riunione di corde rigide attaccateinsieme. Come nelle corde abbiamo ottenuto dei puntinodali, dobbiamo quindi avere nelle lamine delle linee

    nodali, come riunione dei vari punti nodali. stato Chladni, quello che ha scoperto queste linee

    nodali ed ha indicato un mezzo molto semplice per di-mostrarle; per cui esse si chiamano anche figure diChladni. La fig. 6 mostra alcune lamine come general-mente si usano, attaccate nel mezzo ad un piede solido,

    che riposa sopra un banco comune. Versando sulle lami-ne un po' di arena e sfregandole con un'archetto, si ot-

    tengono dei suoni non belli perch troppo striduli, masempre netti, e appena il suono provocato, voi vedetel'arena saltellare e raccogliersi sopra certe linee rette ocurve, le quali indicano i punti ove il movimento vibra-torio non esiste: sono le linee nodali di Chladni.

    Colla medesima lamina posso ottenere figure molto

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    svariate, applicando in punti convenienti il dito, per pro-vocar cos un punto e quindi una linea nodale. La tavoladella fig. 7 contiene una bellissima serie di figure, che si

    possono ottenere con una lamina quadrata di sufficientegrandezza, secondo Savart. Il numero delle figure stesse assai grande, e quelle qui disegnate non rappresentanoche una piccola parte di quelle che si possono ottenere,specialmente quando la lamina grande.

    Anche le membrane vibrano in modo analogo. Leloro forme sono generalmente anche pi complicate diquelle delle lamine e si spiegano in un modo del tuttoanalogo a questo. La regola questa, che ad un suono

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    determinato corrisponde per la medesima membrana olamina sempre una figura determinata, e che la figura tanto pi complicata quanto pi elevato il suono pro-

    dotto.Ma un rapporto tra queste quantit, ossia una legge

    che faccia conoscere la rela-zione tra la figura ottenutaed il suono corrispondente,non stata finora trovata.

    7. Abbiamo finora studia-to soltanto il caso di vibra-zioni di corpi solidi. Ma an-che i corpi liquidi ed i gas-sosi possono, vibrando, pro-durre dei suoni. Il caso piconosciuto quello delle

    canne sonore, di cui la mu-sica pratica si serve molto esotto forme svariatissime.Esse si dividono in duegrandi categorie: in canne abocca e canne a pivetta. In

    ambedue il suono si forma,sia col rompere l'aria che sisoffia dentro, sia col farla

    entrare a sbuffi. Nelle prime e pi importanti, cio nellecanne a bocca, si ottiene quell'effetto col mezzo di unadisposizione speciale, che appunto la bocca della can-na.

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    La fig. 8 rappresenta la forma pi comune di una can-na a bocca. Soffiando nel tubo aperto a, sia col mezzodella bocca, sia collocando la canna sopra un mantice, si

    ottiene un suono. La canna vuota nell'interno, coper-ta o scoperta in alto, a seconda dei casi, ed ha in m ed lla sua bocca. La fig. 9 mo-stra meglio, in sezione, la di-sposizione di tale bocca, laquale consta di un labbro in-

    feriore m e di un labbro su-periore l, che termina a ta-glio. L'aria entra nel tubo a,

    passa nella cassa b e attra-verso una stretta fessura va afrangersi contro il labbro su-

    periore l. Essa entra in parte

    nella canna, vi provoca dellevibrazioni e vi produce unsuono molto netto ed aggra-devole.

    La fig. 10 vi d un'esem-pio della canna a pivetta.

    L'aria che entra da r, perpassar nel tubo pi largo R,deve attraversare un appa-recchio speciale, la pivetta, di cui la fig. 10 bis mostra

    pi particolarmente la disposizione. La cassa acb chiu-sa col mozzo della laminetta metallica ed elastica d.Quando questa sollevata, l'aria penetra attraverso la

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    fessura a; poi la laminetta ricade per la propria elasticite chiude il passaggio. Le vibrazioni della laminetta pro-vocano quindi delle chiusure e aperture rapide; l'aria vi

    penetra a intervalli, a sbuffi regolari ed cos che otten-go un suono. Sia che mi serva della prima o della secon-da canna, quando soffio fortemente il suono forte; essodiviene debole quando soffio debolmente, ed in que-st'ultimo caso il suono pi basso che la canna possadare, per cui lo si chiama il suono fondamentale della

    canna. Tale suono dipende dalle dimensioni e sovra tuttodalla lunghezza della canna ed anche dalla natura delgas, che vi si fa entrare; per cui a dimensioni determina-te e a un determinato modo di soffiare corrisponde unsuono fondamentale determinato. Quando il soffio sirinforza, pu accadere che la canna dia un suono diversodal suono fondamentale. Questo accade sopratutto, se la

    canna molto stretta in confronto colla sua lunghezza; ilche s'impedisce facilmente dando alla canna una lar-ghezza proporzionata alla lunghezza, seguendo certe re-gole che la pratica ha suggerito. Si pu dunque costrui-re, a volont, una canna che dia di preferenza il suonofondamentale; oppure un'altra che dia di preferenza suo-

    ni pi acuti. E tanto l'uno che l'altro caso utilizzatonella musica pratica.Difatti si hanno istrumenti, a bocca o a pivetta, in cui

    ogni canna destinata a dare soltanto il suo suono fon-damentale: cos, per esempio, l'organo in tutte le suesvariate e complicatissime forme, che pu assumere.Molti istrumenti a fiato, come le trombe, i tromboni ecc.

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    ed anche il flauto, sono canne destinate a dare ciascunauna serie di suoni. Si ottiene ci col dare all'istrumentouna grande lunghezza in confronto colle altre dimensio-

    ni, e girando e voltando la canna per darle una forma picomoda, quando sarebbe troppo lunga. Come la cordavibrante, una canna sonora d allora una serie di suonisuccessivamente pi alti. Basta a ci rinforzare la cor-rente d'aria. Ma si ottiene un migliore e pi rapido effet-to coll'aprire, col mezzo dipistoni appositi nelle trombe,

    col mezzo delle dita e delle chiavi nel flauto, qualchecomunicazione coll'aria esterna in punti adattati. L'effet-to paragonabile a quello, quando nella corda si toccaun punto col dito; si stabilisce un nodo, e la colonna d'a-ria vibrante si suddivide in un certo numero di parti se-condo regole semplici, ma che variano colla natura dellacanna.

    Il flauto, le canne d'organo in gran parte, sono canne abocca; ma nel primo la bocca costituita da un foro nel-l'istrumento medesimo e dalle labbra del suonatore.Istrumenti a pivetta sono il clarino, l'obo, e tutte letrombe; queste ultime hanno un piccolo imbuto, su cuis'applicano le labbra, le quali vibrando fanno funzione

    di pivetta.

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    Nelle canne, di forme tanto diverse, si distinguonopure le aperte e le chiuse. A parte certe differenze moltocaratteristiche, il suono prodotto con le une e con le al-

    tre , caeteris paribus, diverso in altezza. Due canne, l'u-na chiusa e l'altra aperta, di forma e grandezza uguale,dnno due suoni fondamentali, che stanno fra di loro

    come suono fondamentale e ot-tava. Chiudendo quindi una can-na aperta si passa all'ottava bas-

    sa; aprendo una canna chiusa, sipassa all'ottava alta.Per dimostrare le vibrazioni

    dell'aria nella canna si possonousare mezzi diversi. Un mezzoconsiste nell'introdurre nellacanna aperta alla parte superiore

    una membrana leggiera e moltotesa di carta m, sulla quale sisparge dell'arena [fig. 11]. Ilsuono si altera alquanto per l'in-troduzione di questo corpoestraneo; ci nonostante esso

    continua ad esistere, e attraversola parete di vetro di cui la canna dotata, si osserva come l'arena lanciata in alto con un certorumore, perch le vibrazioni del-l'aria si comunicano alla mem-

    brana di carta e da questa all'are-

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    na. A met della lunghezza della canna il movimentodell'arena cessa, il che dimostra, che in quel punto esisteun vero nodo e che quindi il saltellamento dell'arena non

    provocato dall'aria che soffia, ma bens dall'aria chevibra.

    Un'altro modo semplice di dimostrare le vibrazionidell'aria il seguente. Prendo una canna piuttosto lunga

    per rapporto alla sua larghezza, canna in cui una parete formata di una tavola di legno molto sottile. Soffiandovi

    dentro con una certa violenza, ottengo un suono moltopi acuto del suono fondamentale della canna. L'ariache vibra comunica le sue vibrazioni alla parete sottile.Per cui tenendo la canna orizzontale e spargendo arenasulla parete sottile, questa saltella e va ad accumularsi inalcune linee, che sono vere linee nodali ed indicano conesattezza il modo, con cui l'aria vibra nell'interno della

    canna.Un altro metodo, di qualche importanza, stato indi-

    cato daKundt. Prendo un tubo di vetro sufficientementegrosso, della lunghezza di due metri circa. Verso nell'in-terno del tubo una polvere leggiera, come seme di lico-

    podio o segatura di sughero, e la distribuisco con una

    certa regolarit. Chiudo il tubo alle due estremit contappi di sughero, con una mano lo tengo fermo in mez-zo, e coll'altra lo sfrego servendomi di un panno leggier-mente bagnato. Si forma un suono acuto e netto; le vi-

    brazioni del tubo si trasmettono all'aria rinchiusa, e lapolvere leggiera si distribuisce regolarmente nel modoindicato dalla fig. 12, ove una porzione del tubo rap-

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    presentata. I cerchi sono nodi e in mezzo tra l'uno e l'al-tro la polvere mostra vere strie trasversali.

    La forma della figura e specialmente la distribuzionedei nodi dipende da varie circostanze, dalle dimensionidel tubo, dal suono che per conseguenza vi si provoca, edal gas che si trova rinchiuso nel tubo. In questo riguar-do il metodo di Kundt suscettibile di grande esattezzae di molte applicazioni, e permette di dedurre la veloci-t, con cui il suono si propaga nei diversi corpi.

    8. Negli ultimi tempi il meccanico Knigha immagi-nato un nuovo metodo molto elegante, quello dellefiamme manometriche, per dimostrare le vibrazioni del-l'aria nelle canne sonore.La figura 13 d un'idea abbastanza esatta dell'apparec-

    chio da lui immaginato. Una o pi canne uguali o diver-

    se, [nel disegno qui annesso sono uguali, A e B] sonoposte sopra una piccola cassa b, che funziona da cassad'aria. Il tubo di gomma elastica a la mette in comunica-zione con un mantice, le valvole v servono a far agire avolont l'una o l'altra delle canne, od anche ambedue.

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    Sulla canna stessa praticato un foro, chiuso di nuovocon una capsula e, sotto la quale trovasi una membrana

    sottile elastica. Questa serve a separare l'interno dellacanna dall'interno della capsula, la quale messa in co-municazione da un lato col tubo a gas c col mezzo deltubicino d, dall'altro lato col tubicino f, che termina inun forellino. Il gas entra dunque nella capsula, la riem-

    pie, e passa attraverso il tubicino ed il forellino. Per cuiaccendendolo al forellino, si ottiene una piccola fiam-

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    ma. Se la canna non d nessun suono, il gas passa attra-verso la capsula tranquillamente, e d luogo a una fiam-ma tranquilla e normale. Se, invece, la canna produce il

    suo suono, l'aria vibrante comunica il suo movimentoalla membrana, da questa al gas, e quindi alla fiammel-la. Voi vedete di fatti, quando produco colla canna que-sto suono, che la fiammella si allunga, diviene irrequietae pi azzurra, e indica in tutto il suo portamento qualchecosa di anormale. Questo proviene da ci, che la fiam-

    mella prende parte alle vibrazioni dell'aria nella canna.Essa si abbassa e s'innalza rapidamente, e siccome que-sto movimento per la sua rapidit non pu essere segui-to dall'occhio, noi vediamo soltanto una forma comples-siva della fiamma, forma che risulta dalla sovrapposi-zione delle fiammelle parziali ora corte, ora lunghe.

    Per poter veder comodamente le vibrazioni della

    fiamma, si ricorre ad un mezzo molto usato in fisica.Voi vedete dietro la fiamma una cassa quadrata ricopertacon quattro specchi S, cassa che col mezzo di un manu-

    brio e di un sistema di ruote dentate si fa girare rapida-mente intorno ad un asse verticale. Quando la fiammaarde in modo costante, si forma nello specchio girante

    una striscia continua luminosa, perch a ciascuna posi-zione che lo specchio prende nella sua rotazione, corri-sponde un'immagine della fiamma sempre uguale. Se in-vece la fiamma vibra, vale a dire, se essa ora corta edora lunga, a certe posizioni dello specchio corrispondo-no immagini corte e ad altre lunghe, e si vedono quindinello specchio girante le immagini succedersi, ora corte

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    ed ora lunghe [fig. 14, a].Le fiammelle corte si con-

    fondono sensibilmente nella

    massa luminosa, perch laparte pi bassa della fiammanon prende gran parte alle vi-

    brazioni. Ma le fiamme lun-ghe si vedono nettamente se-

    parate le une dalle altre, per

    cui il fenomeno presenta la forma di fiammelle staccatee tutte uguali, come indicato nella fig. 14. Questo me-todo d un'immagine netta di ci, che avviene nell'inter-no della canna, e l'esperienza riesce sempre visibile, an-che ad un uditorio molto numeroso, purch si abbia curadi oscurare la stanza onde togliere dallo specchio tuttigli altri riflessi.

    Posso anche adoperare una canna pi piccola, la qua-le mi d un suono pi acuto del primo, che precisa-mente l'ottava dell'altro. Voi osserverete facilmente, chementre faccio agire l'apparecchio nell'istesso modo di

    prima, le fiammelle vibranti sono notevolmente pi rav-vicinate. In tesi generale, quanto pi acuto il suono,

    tanto pi, a uguale rotazione dello specchio, sono ravvi-cinate le fiammelle, vale a dire, tanto pi rapide sono levibrazioni dell'aria nella canna. Questa una leggemolto importante, che richieder in seguito maggiorestudio da parte nostra, ma che utile aver gi costatatacon questa elegante esperienza. E possiamo anche anda-re pi in l, e determinare il rapporto fra il numero delle

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    vibrazioni delle nostre due canne. Le faccio agire tutte edue, indipendentemente l'una dall'altra, e ottengo dueserie di fiammelle l'una sovrapposta all'altra. fig. 14, a eb. E per poco che le fissiate attentamente, vedrete chedue immagini di sotto corrispondono ad una immaginedi sopra, e ci qualunque sia la velocit, con cui giri lospecchio. Arriviamo quindi alla conclusione, che l'otta-va sempre composta di un numero di vibrazioni dop-

    pio di quello del suono fondamentale.

    9. Potrei continuare ancora in simili dimostrazioni,che in verit gli esempi non mancano. Ve ne ho citatisoltanto alcuni fra i pi importanti e credo che essi ba-stino a dimostrarvi il cmpito che mi sono proposto perquesta prima conferenza. Sempre dove vi un suono, siritrovano delle vibrazioni. Per cui possiamo concludereche suono e vibrazioni sono fenomeni concomitanti. Le

    vibrazioni possono venire da un corpo solido, da un cor-po liquido o da un corpo gassoso. Ma non vi nessuncaso conosciuto di un suono senza vibrazioni di corpimateriali. Con ci non intendo dire, che tutte le vibra-zioni debbano produrre un suono. Affinch ci accada,

    bisogna che esse corrispondano a certe condizioni spe-

    ciali che studieremo in seguito. Ma fin d'ora possiamodire, che dove vi un suono, vi sono delle vibrazioni.Ora le vibrazioni sono qualche cosa di obbiettivo:

    esse esistono all'infuori dell'uomo nel corpo sonoro.Il suono invece prodotto nel nostro orecchio ed

    quindi una cosa subbiettiva. Per un sordo esistono le vi-brazioni, ma non esiste il suono: egli potrebbe studiare

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    le prime, ignorando del tutto, che esse producono sulnostro organismo normale una sensazione speciale. Percui possiamo concludere, che le vibrazioni sono la cau-

    sa ed il suono l'effetto prodotto nel nostro orecchio,ossia in altri termini, che il suono il risultato di certevibrazioni dei corpi.

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    II.a CONFERENZA.

    1. Trasmissione del suono. 2. Propagazione nell'aria, 3. nel-l'acqua e in altri corpi. 4. Velocit del suono nell'aria, 5.nell'acqua ed in altri corpi. 6. Riflessione del suono. 7.Eco.

    1. Noi possediamo nel nostro organismo un'istrumen-to speciale, l'orecchio, atto a percepire i suoni. Ma se le

    vibrazioni del corpo sonoro sono la causa del suono,sorge ora la domanda, come queste vibrazioni arrivinofino al nostro orecchio per produrvi la sensazione sono-ra. Una vibrazione non pu evidentemente propagarsi,se non in un mezzo atto a propagarla. Questo mezzo generalmente l'aria; ma lo pu essere qualunque altrocorpo solido, liquido o gassoso, purch sia elastico.

    L'elasticit dei corpi una condizione necessaria nonsolo alla formazione del suono, ma ben anco alla suatrasmissione. Perch le vibrazioni non si propagano al-trimenti che trasmettendo il proprio movimento aglistrati pi vicini al corpo vibrante. Questi strati lo comu-nicano a nuovi strati vicini e cos di seguito.

    La vibrazione pare dunque che cammini di strato instrato, e quando le circostanze lo permettono, in tutte ledirezioni. Il movimento vibratorio non possibile, seciascuna particella del mezzo trasmettente non capacedi vibrare per proprio conto, vale a dire, se il mezzo non elastico. Ed anzi la possibilit, che un corpo possiede

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    di trasmettere dei suoni, costituisce uno de' criterii pisicuri, per stabilire l'elasticit del corpo medesimo.

    Per avere un'immagine molto chiara della trasmissio-

    ne di un movimento vibratorio, basta osservare unagrande superficie d'acqua perfettamente tranquilla. Get-tandovi dentro una pietra, si vede dal punto urtato parti-re una serie di onde concentriche, le quali si allargano,diventano meno pronunziate e finiscono per divenire in-sensibili. Sarebbe un errore il credere, che l'acqua stessa

    si trasporti da un punto all'altro. Ogni particella rimane,per cos dire, al suo posto e compie soltanto una vibra-zione perpendicolare alla direzione delle onde; compiutala quale essa si trova esattamente al medesimo posto di

    prima. Che ci accada cos, pu facilmente dimostrarsi.Basta gettare sull'acqua della segatura di legno o altricorpi galleggianti, per vedere che essi sono scossi dal

    movimento ondulatorio, che passa sotto di essi, senzaessere sensibilmente spostati. dunque soltanto il movi-mento vibratorio, che si propaga da un punto all'altro enon il corpo o frazione del corpo medesimo.

    Pi complicato, e nell'istesso tempo pi interessante, il caso di parecchi movimenti vibratorii, che prove-

    nienti da punti diversi vengono a urtarsi o ad incrociarsil'uno contro l'altro. Se gettiamo nell'acqua tranquilla dueo pi pietre in punti diversi, si formano due o pi siste-mi di onde, le quali allargandosi devono incontrarsi. L'e-sperienza dimostra, che in alcuni punti comuni alle dueonde diverse avvengono fenomeni speciali che voglia-mo chiamare interferenze. Ma al di l di questi punti

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    ciascuna onda si propaga nell'istesso modo, come se l'al-tra non esistesse, e come se l'altra non fosse mai esistita.

    Questo il grande principio della coesistenza dei mo-

    vimenti vibratorii, principio che l'esperienza insegna eche l'analisi matematica ha dimostrato fino all'ultimaevidenza. Esso applicabile a tutti i casi, qualunque siail corpo elastico che si esamini e qualunque sia la naturadelle sue vibrazioni. Applicato al caso delle vibrazionisonore ed all'aria, esso conduce a questa conclusione:

    che venti, trenta, cento suoni diversi possono trasmetter-si in tutte le direzioni, senza per-turbarsi reciprocamente.

    2. Ma voglio innanzi tutto di-mostrarvi che realmente l'aria capace di trasmettere i suoni.Prendo un pallone di vetro, nel

    quale penetra un bastone d'ottoneche porta alla sua estremit, at-taccato con un fascio di cotonenon elastico, un campanello c[fig. 15]. Il pallone porta al suocollo una chiavetta a, che per-

    mette di chiuderlo o di aprirlo.Dal pallone ho estratta l'aria permezzo della macchina pneumatica tanto perfettamente,quanto lo era possibile. Voi vedete che posso scuotere il

    pallone e quindi il campanello quanto voglio, e non siode alcun suono. Soltanto se tengo l'orecchio attaccatoal pallone medesimo, sento un suono debolissimo, il

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    quale proviene da ci che l'aria non estratta completa-mente, e che il fascio di cotone, sul quale appeso ilcampanello, non completamente privo di elasticit e

    trasmette quindi leggermente il suono. Ma il fenomeno debolissimo e non avvertito che da me, che gli stovicino. Apro ora per un momento la chiavetta e la chiu-do di nuovo: un po' d'aria entrata nel pallone ed il suo-no del campanello incomincia a farsi sentire. Le sue vi-

    brazioni trovano gi un mezzo elastico, quantunque

    molto rarefatto, capace di trasmetterlo fino all'inviluppodi vetro del pallone. Il vetro, che fortemente elastico,le trasmette all'aria esterna e quindi al nostro orecchio,ed perci che il suono si sente quantunque debolmen-te.

    Apro di nuovo la chiavetta. Man mano che l'aria vientra, il suono diviene pi forte, e quando l'aria arriva-

    ta ad avere nell'interno del pallone la stessa densit del-l'aria esterna, il campanello si fa sentire con tutta la suaintensit. Questo dimostra, che l'aria capace di tra-smettere le vibrazioni sonore; che in questo caso essaera necessaria a tale trasmissione, e che essa trasmette ilsuono tanto meglio, quanto pi grande la sua densit.

    3. Ma non solamente l'aria, tutti i corpi solidi, liquidie gassosi, purch elastici, sono capaci di trasmettere levibrazioni sonore. un fatto notissimo, quando si pren-dono dei bagni di mare che, tuffando la testa sott'acquao tenendo almeno gli orecchi sott'acqua, si odono distin-tamente i rumori prodotti dall'urto dell'acqua contro leroccie. un fatto ugualmente conosciuto che per sentire

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    i rumori lontani, prodotti dal passo di persone o di ani-mali, conviene tenere l'orecchio a terra; il che dimostrache la terra non solamente trasmette i suoni, ma li tra-

    smette in certi casi anche meglio dell'aria.Quasi tutti i corpi conosciuti sono capaci di trasmette-

    re i suoni e fra tutti, i metalli sono i pi adatti.Tale trasmissione riesce specialmente bene, quando il

    suono rimane circoscritto, ed obbligato a propagarsi inuna direzione sola. Questo non il caso di una campana,

    che suona nell'aria libera; il suono si trasmette in tutte ledirezioni e si affievolisce presto. Ma se invece la tra-smissione si fa in una direzione sola, un suono anchedebole pu udirsi a grande distanza. Su questo principiosono fondati i tubi acustici o tubi parlanti, che sono tan-to in uso. Sono tubi cilindrici, per lo pi di gomma ela-stica, che si dispongono a volont da un punto all'altro;

    sola condizione, che non vi siano curvature brusche.Parlando ad una estremit, il suono si trasmette di stratoin strato, ed arriva facilmente all'altra estremit. Si pucos comunicare fra due parti distanti d'un edifizio. Teo-ricamente, non vi limite a tale trasmissione in tubi ci-lindrici: in pratica, il suono poco a poco si affievolisce

    nei lunghi tubi, perch l'aria vibrante si sfrega contro lepareti del tubo e vi perde una parte del suo movimento.Tuttavia si pu arrivare fino a grandi distanze.

    Una elegante esperienza sulla trasmissione dei suoni stata descritta da Wheatstone. Una bacchetta di legnodella lunghezza di molti metri, passa da una stanza adun'altra, per esempio, da una stanza a quella del piano

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    sottostante. Per preservarla da contatti con altri corpi, lacircondiamo con un tubo di latta, e con gomma elastica;ma le due estremit rimangono libere. Una estremit

    messa in comunicazione colla cassa armonica di un pia-noforte, o con altro istrumento musicale, e trasmettefino all'altra estremit tutti i suoni di quello. Per renderesensibili i quali, basta attaccare alla seconda estremitun altro istrumento, un violino, un'arpa, un pianoforte.L'effetto sorprendente: si ode benissimo un pezzo mu-

    sicale, suonato nell'altra stanza o in altro piano.4. Ci posto si presenta ora la seguente questione.Con quale velocit si trasmette il suono nei diversi cor-

    pi? essa grande o piccola? essa la medesima per tut-ti i corpi, oppure diversa?

    Noi intendiamo per velocit lo spazio percorso in unminuto secondo, e passando ad un esempio vogliamo

    chiederci, quale sia lo spazio che una vibrazione sonorapercorre nell'aria in un minuto secondo. un fatto cono-sciutissimo, che questa velocit non grande. Difatti,quando un uomo a una certa distanza batte con un mar-tello sopra un'incudine, vediamo prima il movimento delmartello e poi sentiamo il suono, e se la distanza un

    po' grande, la differenza di tempo fra il vedere e il senti-re diviene molto sensibile. Un colpo di cannone tirato agrande distanza si annunzia a noi prima sotto forma diuna fiamma prodotta dall'esplosione della polvere, e poisoltanto sotto forma di rumore. Esempi simili sussistonoin grande quantit. Essi dimostrano che il suono si tra-smette molto pi lentamente della luce, e che in ogni

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    caso la velocit del suono non pu essere grande.Il metodo per determinare la velocit del suono in

    s molto semplice. Basta collocare in due stazioni diffe-

    renti e alla pi grande distanza possibile l'uno dall'altrodue cannoni, misurare con esattezza la loro distanza, fartirare dei colpi in momenti gi prima concertati, e osser-vare col mezzo di un contasecondi il momento, in cui ilrumore della prima stazione arriva alla seconda e viceversa. Si conosce cos il tempo che il suono impiega per

    percorrere lo spazio compreso fra le due stazioni; si co-nosce di pi la distanza fra le due stazioni, e dividendoquesta per quello si ha la velocit cercata.

    Simili esperienze si devono fare di notte, per non es-sere disturbati da altri rumori. Si devono fare di pi innotti calme senza vento, perch il vento, non essendo al-tro che un trasporto di una grande massa d'aria, aumenta

    o diminuisce la velocit del suono a seconda che esso favorevole o sfavorevole, vale a dire, a seconda che lasua direzione si trovi uguale o contraria alla direzionedel suono. Ma siccome non siamo mai sicuri che ventonon ci sia, si tirano appunto i colpi di cannone tanto alla

    prima quanto alla seconda stazione, perch in tal caso il

    vento sar favorevole all'uno, sfavorevole alla trasmis-sione dell'altro suono. L'una delle due velocit sarquindi troppo grande, l'altra troppo piccola, e la mediarappresenta con grande approssimazione il valore che sisarebbe trovato nel caso, in cui mancasse il vento.

    Esperienze di questo genere sono state eseguite pa-recchie volte. Voglio citarvi specialmente quelle esegui-

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    te dagli accademici francesi nell'anno 1822 fraMonthl-ry e Villejuif, quelle eseguite da Molle Van der Beek, efinalmente quelle fatte ultimamente da Regnault con

    metodi molto perfezionati.Risulta da questo esperienze, che la velocit del suo-

    no nell'aria, alla temperatura dello zero, pu fissarsi incifra tonda a 330 metri al minuto secondo; e questa ve-locit cresce regolarmente colla temperatura in modo,che alla temperatura di sedici gradi essa di circa 340

    metri al minuto secondo; e, cosa che non si sapeva pri-ma, che essa alquanto pi grande per i suoni forti cheper i suoni deboli. Per questa differenza constatata daRegnault molto piccola, e pu nella massima parte de'casi essere trascurata. In conferma dell'influenza dellatemperatura sulla velocit del suono voglio citarvi anchele esperienze fatte dal Capitano Parry nell'isola di Mel-

    ville, situata in mezzo al gruppo d'isole poste nell'Ame-rica settentrionale, dalle quali risulta per la bassissimatemperatura di 38,5 sotto lo zero la minore velocit di309 metri.

    Un'altra questione questa, se i suoni bassi o acuti sipropaghino colla stessa velocit. Se voi udite da lontano

    una banda militare, osserverete che il pezzo musicale daessa eseguito conserva interamente il suo movimentoritmico. I suoni arrivano pi deboli per la grande distan-za, ma essi si mantengono esattamente nell'istesso ordi-ne di successione. Questo non sarebbe possibile, ove idiversi suoni, alti o bassi che siano, non avessero la stes-sa velocit.Biotha voluto eseguire delle esperienze pi

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    esatte in questo caso, facendo suonare col mezzo di unflauto una melodia determinata e semplicissima, inmodo da fare entrare il suono in uno dei tubi condotti

    della citt di Parigi. Udendo all'altra estremit del lun-ghissimo tubo, egli trov il ritmo della melodia inaltera-to. Per non del tutto impossibile, che esperienze piesatte ci rivelino qualche piccola differenza in proposi-to, come risulterebbe da alcune esperienze di Regnault.Ma sar sempre una differenza piccolissima e in massi-

    ma parte trascurabile.5. La velocit del suono nell'acqua stata determinatada Colladon e Sturm nel lago di Ginevra. Un timbro eracollocato sott'acqua e destinato a dare dei suoni in tempideterminati. Ad una grande distanza da questo, un tuboera condotto dalla barca, ove trovavasi l'osservatore,fino nell'acqua. Il tubo era molto allargato nella parte in-

    feriore a guisa di un colossale orecchio, ed era chiusocol mezzo di una membrana elastica, la quale pescavainteramente nell'acqua. Le vibrazioni sonore provenientidal timbro si propagavano attraverso l'acqua fino allamembrana, e da questa all'aria del tubo. L'osservatoreche teneva l'orecchio al tubo, sentiva distintamente il

    suono. Per cui, misurando la distanza dal timbro fino al-l'osservatore e misurando il tempo impiegato dal suonoper percorrere tutta la distanza, Colladon e Sturm trova-rono la velocit di 1435 metri. La velocit del suononell'acqua quindi notevolmente superiore a quella delsuono nell'aria.

    Molte altre esperienze si sono eseguite per conoscere

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    la velocit del suono in varii corpi. Mi sarebbe impossi-bile, senza oltrepassare i limiti tracciatimi, di entrare inmaggiori dettagli su questa materia; tanto pi che i me-

    todi adoperati in tale ricerca sono molto svariati e ri-chiedono conoscenze pi approfondite della teoria delsuono. Mi voglio quindi limitare a dirvi, che la velocitdel suono piccola per i corpi gassosi come l'aria, e chein questi essa tanto pi piccola quanto pi denso ilgas; che essa quindi la pi piccola possibile per l'acido

    carbonico [262 metri], il quale un gas una volta e mez-zo pi denso dell'aria, e la pi grande possibile per l'i-drogeno [1269 metri], gas leggierissimo e 14 voltemeno denso dell'aria. Nei gas la temperatura aumentanotevolmente la velocit.

    Per i liquidi la velocit , generalmente parlando, no-tevolmente maggiore che per i gas [eccettuato l'idroge-

    no]. Per i solidi essa trovasi ancora molto maggiore,specialmente per i metalli, per i quali essa ascende finoa 20 volte la velocit nell'aria. Ma la temperatura dimi-nuisce, generalmente e in quantit notevole, la velocit,salvo per il ferro, in cui la velocit cresce al principiocolla temperatura fino a 100, e poi diminuisce rapida-

    mente.Queste differenze e queste anomalie provengono dal-la struttura intima dei vari corpi, e dal modo come que-sta varia colla temperatura. La velocit del suono dipen-de da due quantit: dall'elasticit e dalla densit del cor-

    po; essa cresce quanto pi cresce la prima e quanto pidiminuisce la seconda. Ora le leggi, secondo cui variano

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    l'elasticit e la densit colla temperatura, possono esseremolto diverse, specialmente nei corpi solidi: ne viene,che anche le variazioni della velocit del suono nei soli-

    di debbano seguire leggi complicate.Per le diverse qualit di legni si hanno valori molto

    diversi a seconda della direzione delle fibre e degli stra-ti.

    La seguente tabella contiene alcune determinazionifatte in proposito, e servir a chiarire meglio quello che

    vi ho ora esposto.Velocit del suono in alcuni corpi.

    Aria a 0 secondo diversi esperimentatori 330 metriOssigeno Dulong 317 Idrogeno 1269 Acido carbonico 262

    Gas illuminante 314 Acqua della Senna a 15 secondo Wertheim 1437 Acqua di mare a 20 1453 Alcool assoluto a 23 1160 Etere solforico a 0 1159 Piombo a 20 1228

    id. a 100 1204 Oro a 20 1743

    id. a 100 1719 id. a 200 1634

    Argento a 20 2707 id. a 100 2639 id. a 200 2477

    Rame a 20 3556 id. a 100 3292

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    id. a 200 2954 Ferro a 20 5127

    id. a 100 5299

    id. a 200 4719 Acciajo fuso a 20 4986 id. a 100 4925 id. a 200 4783

    Legno d'acacia, nel senso delle fibre 4714 id. in senso trasversale agli strati 1475 id. nel senso degli strati 1352

    Pino, nel senso delle fibre 3322

    id. trasversalmente agli strati 1405 id. nel senso degli strati 794

    6. Quando un'onda sonora va a urtare contro un'osta-colo, essa mostra l'istesso fenomeno che ci dnno i corpielastici, quando urtano contro una parete elastica. L'on-da sonora viene riflessa in modo, che l'angolo d'inciden-

    za sia uguale all'angolo di riflessione. Chiamasi angolod'incidenza l'angolo formato dal raggio sonoro, che va a

    percuotere la parete, e dalla perpendicolare calata sulpunto percosso della parete. Chiamasi angolo di rifles-sione l'angolo formato da questa medesima perpendico-lare e dal raggio sonoro riflesso. Con questa legge

    sempre perfettamente determinata la direzione, che unraggio sonoro deve prendere dopo la sua riflessione.Fenomeni di riflessione esistono in quantit innume-

    revoli. Le due forme pi distinte sono la risuonanza el'eco. Quando un suono prodotto in una stanza chiusa,le onde sonore si propagano in tutte le direzioni, vannoa colpire le pareti della stanza e sono da queste rimanda-

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    te per riflessione, la quale pu anche ripetersi molte vol-te da una parete all'altra. Un'osservatore che si trovi nel-la stanza, sentir non solamente il suono che gli viene

    direttamente dal corpo sonoro, ma ricever ben anco levibrazioni, che gli vengono per riflessione da tutte le

    parti della stanza.Il suono quindi notevolmente rinforzato, ed questa

    la ragione, per cui riesce assai pi facile l'udire e il farsiudire in una stanza chiusa, anzicch in un locale aperto.

    Evidentemente il suono rimane in tale caso non sola-mente rinforzato, ma ben anco alterato; perch le rifles-sioni sulle pareti, stante la piccola velocit del suono, ri-chiedono un certo tempo, e prolungano pi o meno sen-sibilmente il suono. Finch la stanza piccola, tale pro-lungamento non sensibile e pu essere trascurato. Maquando la stanza assume proporzioni vaste, come per

    esempio in un teatro, ogni nota che si parla, che si cantao che si suona, pu prolungarsi notevolmente; essa siconfonde colla nota successiva e tale fenomeno di risuo-nanza pu divenire estremamente molesto, ove non vi si

    ponga riparo. Questo accade in tutti i grandi locali chiu-si e vuoti, ove la riflessione si esercita liberamente. Per

    impedirlo non c' che un mezzo, che consiste nel rompe-re le grandi pareti. I palchi di un teatro, le decorazionifra palco e palco, le gallerie, le tende perfino, non servo-no soltanto per il comodo degli spettatori e per la bellez-za interna del teatro, ma hanno bens uno scopo molto

    pi importante, d'impedire, cio, la risuonanza spiacevo-le del locale. questo uno dei problemi pi difficili per

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    un architetto, di costruire una sala acustica, vale a direuna sala ove il suono sia notevolmente rinforzato, senzache degeneri in risuonanza, e si pu dire che in pochi

    teatri soltanto questo problema sia stato risoluto inmodo soddisfacente.

    La riflessione del suono stata utilizzata in varie ma-niere. Natura ed arte si sono data la mano per risolverealcuni problemi che non mancano d'interesse. noto ilcelebre orecchio di Dionisio, una specie di foro scavato

    nella roccia presso Siracusa, ove il pi lieve strepito sitrasforma in un rumore assordante. La grande cupoladella chiesa di San Paolo a Londra costruita in modo,che due persone, le quali si trovino in punti opposti del-la galleria interna, posta sul tamburo della cupola, pos-sono parlare fra di loro a bassissima voce. Il suono sitrasmette dall'una all'altra per riflessioni successive lun-

    go la curva della cupola. Simili fenomeni si trovano fre-quentemente sotto i grandi archi di ponti, viadotti ecc., evi fu un'epoca, in cui problemi di tal fatta erano moltoricercati, e spesso risoluti dagli architetti. Egli cos,che nei vecchi palazzi s'incontrano spesso delle camere

    parlanti, condotti di comunicazione, ecc.

    Un modo elegante di dimostrare la riflessione delsuono consiste nell'uso di due specchi parabolici MN,M'N' [fig. 16] posti l'uno di faccia all'altro, in modo chei loro centri siano compresi nella retta AA'. Collocandoun corpo sonoro, in un punto speciale F', detto ilfoco, leonde sonore vanno a urtare lo specchio, sono rimandate

    per riflessione verso il secondo specchio e da questo

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    concentrate nel propriofoco F'.

    Il raggio FC viene cio riflesso nella direzione CC', econ una seconda riflessione in C'F'. Qualunque altroraggio va a riflettersi nell'istesso modo, e tutti si concen-trano in F'. Un orecchio collocato in questo punto sente

    quindi distintamente un lieve rumore formato in F, colmezzo degli specchi e della doppia riflessione che neconsegue, mentre senza gli specchi non potrebbe perce-

    pire altro che il raggio FF', troppo debole in s per pro-durre una sensazione abbastanza forte.

    Un altro caso di riflessioni molteplici si riscontra nel

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    famoso Battistero di Pisa, edifizio sormontato da unaspecie di cupola stretta e di forma speciale. Collocando-si sotto la cupola nell'interno del Battistero, e cantando

    una nota, il suono si prolunga per un tempo molto lun-go, per cui cantando successivamente tre o quattro notein cadenza, si ode per effetto della riflessione un'accor-do bellissimo, che par di organo, e che si prolunga note-volmente.

    7. Fra tutti i casi di riflessione il pi conosciuto

    quello che si chiama eco. Affinch l'eco si formi, biso-gna che a una certa distanza dall'osservatore si trovi unagrande parete verticale, o almeno qualche cosa, come

    per esempio una roccia, che rassomigli grossolanamentead una parete. Un suono mandato dall'osservatore versola parete gli ritorna per riflessione, e se la distanza per-corsa dal suono abbastanza grande, il suono riflesso

    sar nettamente staccato dal suono emesso. La velocitdel suono essendo alla nostra temperatura ordinaria dicirca 340 metri al secondo, la decima parte di 34 me-tri. Ora l'esperienza insegna che si pronunziano in un se-condo in media cinque sillabe, per cui il tempo necessa-rio per pronunziare una sillaba di 1/5 di secondo. In

    questo tempo, il suono percorre due volte 34 metri ossia68 metri.Ne segue che, se la parete riflettente si trovi ad una

    distanza di 34 metri dall'osservatore, una sillaba pronun-ziata impiegher un decimo di secondo per trasmettersifino alla parete, ed un altro decimo per ritornare all'os-

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    servatore, in tutto dunque un quinto di secondo. L'ecoarriver quindi all'orecchio dell'osservatore, quando lasillaba stata gi pronunziata, e quindi separata e distin-

    ta. In tale caso l'eco si chiama monosillaba; essa si chia-ma bisillaba, quando due sillabe possono arrivare distin-tamente all'osservatore. Questo avviene quando la pare-te si trovi ad una distanza doppia, vale a dire alla distan-za di almeno 68 metri. Ad una distanza tripla l'eco potressere trisillaba e cos di seguito.

    L'eco pu anche essere molteplice, quando il suono siriflette fra due pareti parallele, poste a sufficiente distan-za l'una dall'altra. Il caso pi interessante di questo ge-nere certamente quello della Simonetta presso Milano,una villa con due fabbricati laterali. Un colpo di pistolavi si riproduce fino a 32 volte.

    Esempi di echi si trovano un po' dappertutto. La loro

    spiegazione sempre facile; mi pare quindi inutile di in-sistervi pi a lungo.

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    III.a CONFERENZA.

    1. Caratteri del suono e differenza tra suono e rumore. 2. Inten-sit del suono e varie cause da cui dipende. 3. Principio dellaconcomitanza dei suoni. 4. Casse armoniche e risuonatori.

    1. Tutti i varii suoni della natura, qualunque sia laloro origine e qualunque sia il modo con cui si propaga-no, si distinguono fra di loro per tre qualit diverse:

    1.] per l'energia maggiore o minore con cui sono pro-dotti, ossia per la loro intensit;2.] per la loro altezza;3.] per quella differenza caratteristica, per cui anche

    un'orecchio poco esercitato distingue facilmente il suo-no del violino dal suono del flauto, quello del pianoforteda quello della voce umana ecc., anche se questi suonihanno tutti la medesima intensit e la medesima altezza.Questa differenza caratteristica chiamasi il timbro.

    Noi dobbiamo ora esaminare, da che dipendano que-ste tre qualit diverse del suono. Ma prima che entri inquesta importante materia, sento il bisogno di dirvi cosas'intenda veramente persuono, quando si parla delle sue

    qualit.Generalmente si distingue in fisica fra suono e rumo-re. Suono il risultato di vibrazioni molto regolari cheseguono una legge, forse complicata, ma pur sempreuna legge. Quando le vibrazioni assumono la forma pisemplice possibile, che quella offertaci dalle oscilla-

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    zioni del pendolo, il suono che ne risulta si chiama sem-plice; se la legge pi complicata, il suono chiamasicomposto.

    Il rumore all'incontro un miscuglio di suoni accoz-zati insieme senza nessuna regola, o con una regola tal-mente complicata, che l'orecchio non la comprende enon la sente. Ne segue che, se nella massima parte deicasi si distingue facilmente tra l'uno e l'altro, pure il li-mite tra suono e rumore non sempre nettamente trac-

    ciato. Ci che per taluno pu gi esser un suono, per unaltro ancora un rumore, e viceversa. Il suono confuso,che ci vien dal movimento delle onde del mare, gene-ralmente considerato come rumore; ma un orecchio at-tento ed esercitato vi scorge suoni determinati, e vi trovaun significato musicale. Cos i poeti parlano spesso, enon senza ragione, dell'armonia delle onde. Un'orche-

    stra, quando i singoli suonatori accordano gli strumentie si preparano a suonare, produce un rumore, che puforse considerarsi come la linea di separazione tra ilsuono e il rumore. Difatti vi si trova, se anche disordina-ta, molta musica dentro e l'impressione generale non

    punto spiacevole.

    Un orecchio pi fine o pi esercitato pu ritrovare inmezzo a' rumori confusi un suono determinato. Moltevolte, chi non abituato non si accorge della presenza diun suono pi marcato in mezzo a tanti altri. Ma per pocoche si stia attenti, si arriva facilmente a riconoscerlo.

    Per dimostrarvi questo fatto, prendo qui una serie di 8tavolette, che hanno tutte la medesima lunghezza e lar-

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    ghezza e che variano soltanto nello spessore. Se facciocadere sul mio banco una di queste tavolette, nel rumore

    pell'urto voi non distinguerete probabilmente alcun suo-

    no. Eppure un suono molto marcato c'. Per renderloevidente a tutti, faccio cadere successivamente le ottotavolette. Esse sono accordate in modo da produrre lascala musicale, e voi sentite la scala molto distintamen-te. Ne segue che nel rumore confuso, prodotto dalla ca-duta di ciascuna tavoletta, vi un suono, che prima non

    avvertivate, nonostante che esso sia sufficientementenetto e distinto.Nello studio che ora imprendiamo, intender sempre

    suoni e non rumori, perch per un rumore non avrebbealcun significato il voler determinare le sue qualit. L'al-tezza, l'intensit ed il timbro non presentano niente di

    ben definito.

    2. Ci posto, voglio ricercare con voi, quali siano lecause da cui dipende, o dalle quali viene modificata l'in-tensit dei suoni.

    L'intensit dipende primieramente dalla maggiore ominore energia, con cui il suono stato prodotto. Ora datutte le esperienze fatte nella prima mia conferenza ri-

    sulta, che la maggiore energia produce un movimentovibratorio pi marcato nelle particelle del corpo sonoro,in questo senso che ogni particella vibrante percorrespazii pi lunghi. La legge dell'isocronismo delle vibra-zioni dimostra, che la durata indipendente dallo spazio

    percorso, almeno in quella approssimazione, che gene-ralmente riputata sufficiente. Noi chiamiamo ampiez-

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    za delle vibrazioni lo spazio massimo percorso da cia-scuna particella, per cui diremo che l'energia maggiore ominore, con cui un suono prodotto, influisce unica-

    mente sulla ampiezza delle vibrazioni e non sulla lorodurata. In altri termini, l'intensit del suono rappre-

    sentata dall'ampiezza delle vibrazioni.

    L'intensit di un suono dipende inoltre dalla natura edalla densit del corpo destinato a trasmetterlo. Difattiun corpo sonoro si fa sentire con intensit diversa a se-

    conda che il suono sia trasmesso dall'aria, da un altrogas, dall'acqua o da altro liquido, o infine da un corposolido qualunque. Quanto alla densit mi basta rammen-tarvi l'esperienza fatta nella seconda mia conferenza [2],di un campanello posto in un pallone di vetro. Quandol'aria era completamente estratta, il suono non si sentiva

    punto; e il suono andava man mano rinforzandosi, quan-

    do faceva entrare successivamente l'aria nel pallone.L'intensit del suono dipende ancora dalla distanza,

    alla quale si trovi il corpo sonoro. questa una leggegenerale della natura, confermata da numerose esperien-ze e dalla teoria, che tutti quei fenomeni, qualunque essisiano, i quali hanno la propriet di trasmettersi ugual-

    mente in tutte le direzioni, debbano seguire la ragioneinversa del quadrato della distanza.Il suono appartiene precisamente a questa categoria di

    fenomeni. Difatti esso, a condizioni pari, si trasmetteugualmente in tutte le direzioni. Ne segue che la sua in-tensit deve variare in ragione inversa del quadrato delladistanza. Questo significa che un suono, il quale a una

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    certa distanza abbia una data intensit, si presenta alladistanza doppia con una intensit quattro volte minore,ossia che la sua intensit si trova ridotta ad un quarto.

    Per una distanza tripla l'intensit diviene 1/9, e per unadistanza venti volte maggiore l'intensit diviene 1/400 del-l'intensit primitiva.

    3. L'intensit dipende ancora dalla presenza di altricorpi, capaci di vibrare assieme al corpo principale. Ab-

    biamo gi visto precedentemente, che in un locale chiu-

    so il suono pi forte che in un locale aperto. Questoproviene dalle riflessioni molteplici, che accadono nel-l'interno del locale; per cui le vibrazioni esistenti l den-tro non si possono disperdere ed arrivano quindi in mag-gior numero all'orecchio dell'osservatore. Questo non che un caso speciale, in cui trattasi piuttosto di conser-vare le vibrazioni esistenti, anzicch di crearne dellenuove.

    Ma l'esperienza insegna, che ogni qual volta un corpovibra, altri corpi posti in vicinanza possono pure entrarein vibrazioni, a questa sola condizione, che tali corpi

    siano capaci, per s stessi, di produrre il medesimo suo-

    no. Questo fatto interessante merita, che io mi vi fermi

    sopra un'istante: si pu dimostrarlo in modi diversi.Prendo qui il sonometro, sul quale sono tese due cor-

    de uguali. Voi sentite che esse sono accordate in mododa dare ciascuna il medesimo suono. Per constatare se inun dato caso esse vibrino, metto come nella prima con-ferenza [5] sulle due corde i cavalierini di carta. Sfrego

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    coll'archetto una delle due corde in modo, che essa midia il suono fondamentale. Voi vedete tutti i cavalierini

    posti su questa corda essere lanciati in aria. Ma osserva-

    te nell'istesso tempo, che anche l'altra corda, che io nonavevo punto toccata, presenta il medesimo fenomeno,quantunque pi debolmente: i suoi cavalierini dopoqualche riluttanza sono pure lanciati via.

    Rimetto sulle due corde i cavalierini, e toccando unadelle corde nella sua met e sfregandola coll'archetto, vi

    determino in mezzo un nodo, e produco un suono pielevato. La seconda corda si mette da s a vibrare nell'i-stesso modo; tutti i cavalierini sono lanciati via, menouno: quello cio, il quale corrisponde al nodo di mezzo.Questo significa, che la seconda corda vibra nell'intessomodo della prima.

    Posso continuare cos, facendo vibrare la prima corda

    in un modo qualunque: i cavalierini della seconda cordadimostrano, che questa si mette subito a vibrare nell'i-stesso modo. Le vibrazioni della prima corda si trasmet-tono al cavalletto di legno che la regge, e da questo allaseconda corda. Esse si trasmettono pure dalla prima allaseconda corda per mezzo dell'aria, e il movimento vi-

    bratorio il medesimo in ambedue le corde.Ma il movimento vibratorio della seconda corda nonha pi luogo, se questa per s stessa non capace didare, vibrando, il medesimo suono della prima. Per di-mostrarvelo, stendo una delle due corde un poco di pi,in modo che fra le due corde vi sia una differenza disuono sensibile, per esempio di un mezzo tono. Posso

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    ora sfregare la prima corda quanto voglio e come vo-glio, voi non vedete pi nella seconda alcun movimento.

    Non quindi l'azione puramente meccanica dell'urto o

    delle scosse date all'istrumento, che produceva prima ilbel fenomeno che abbiamo osservato.

    Un'altra esperienza, atta a dimostrar la medesima leg-ge, la seguente. Prendo un corista, montato, come sisuol fare, sopra una cassa di legno. Sfregato coll'archet-to, esso d un suono molto netto o puro. Prendo ora una

    canna d'organo la quale per s stessa dia il medesimosuono. Appena la faccio suonare in vicinanza del coristasenza che essa del resto lo tocchi, voi sentite il coristariprodurre immediatamente il medesimo suono. Ma ilfenomeno non si verifica pi, quando invece della primacanna io mi servo di una canna diversa, la quale mi diaun suono diverso da quello del corista.

    Due coristi uguali mostrano questo fenomeno inmodo molto marcato. Collocandoli anche a grande di-stanza fra di loro, l'uno risuona subito, appena suonal'altro. Questo non accade pi, se i coristi non dnno ilmedesimo suono. Per persuadersene, basta prendere duecoristi diversi od anche alterare leggiermente il suono di

    uno dei due coristi precedenti, coll'attaccargli sulle suebranche col mezzo della cera una piccola moneta. Essonon risuona pi.

    Un terzo modo di dimostrare la medesima legge ilseguente [fig. 17]. Prendo un vaso cilindrico di vetro A efaccio vibrare un corista B al di sopra di esso. Il suonodel corista non punto rinforzato.

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    Ma se verso leggier-mente dell'acqua nelvaso, diminuisco poco a

    poco il volume dell'ariache vi rinchiusa. Ver-sando pi e pi arrivo adun punto, in cui il suonosi rinforza notevolmen-te; continuando ancora a

    versare, il fenomenocessa. Posso cos conpoche prove determinarela quantit d'acqua chedevo mettere nel vaso,onde ottenere il rinforzomassimo possibile. Tro-

    vato questo punto cer-chiamo la causa del rin-forzo del suono.

    Prendo il vaso e sof-fio leggiermente verso ilsuo orlo superiore. Voi

    sentite un suono deboleprodotto, come nelle canne d'organo, dalle vibrazionidell'aria, e questo suono perfettamente quello del cori-sta. Se all'incontro getto via l'acqua oppure vi aggiungodella nuova, soffiando nell'istesso modo ottengo deisuoni, che non hanno pi nulla che fare col suono delcorista.

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    Alle stesse conclusioni si arriva col mezzo del timbrodiSavart, [fig. 18]. Un grosso timbro A, sfregato coll'ar-chetto, produce un suono potente. Un cilindro di legnoB, vuoto, e a fondo mobile gli pu essere avvicinato.Muovendo il fondo mobile e modificando cos le dimen-

    sioni interne del cilindro rivolto verso il timbro, si trovafacilmente il punto, in cui il rinforzo massimo. L'effet-to, che si ottiene notevole, quando avvicino il cilindro.Quando il suono del timbro gi forte, il rinforzo pro-dotto dal cilindro sensibilissimo. Pi notevole ancorane l'effetto, quando lascio diminuire il suono del tim-

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    bro in modo che lo si senta a stento: avvicinando il ci-lindro esso diviene marcatissimo.

    4. Queste esperienze dimostrano dunque che il rinfor-

    zo di un suono avvienesoltanto quando in vici-nanza del corpo sonorosi trovino altri corpi, ca-

    paci di dare per s il me-desimo suono. Questa

    importante legge dellarisuonanza fin avutomolte applicazioni.

    Le casse armonichesono fondate su questalegge. Di fatti voi poteteosservare qui una colle-

    zione di coristi, i qualiper s dnno suoni mol-to deboli. Essi per sono

    montati sopra casse di legno, come nella fig. 19, ove ilcorista AC attaccato alla cassa sottostante col mezzodel piede B.

    Le casse hanno dimensioni diverse a seconda delle di-mensioni del loro corista. Queste casse rinchiudono unaquantit d'aria determinata per ciascun suono. Esse rin-forzano notevolmente il suono del corista, purch le lorodimensioni siano scelte bene.

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    Una forma interessante di casse armoniche, che haacquistato negli ultimi anni una grande importanza, quella dei cosi-

    detti risuonato-ri di Helmholtz.Sono sfere me-talliche vuote,di diversa gran-dezza, od anche

    cilindri munitidi due aperture.L'una, la mag-giore, a servesoltanto a man-tenere la comu-nicazione fra l'aria esterna e quella della sfera; l'altra b,

    la minore, ha la forma di un orifizio a collo allungato,ed destinata ad essere introdotta nell'orecchio [fig. 20e 20 bis].

    Per l'uso, conviene avere una serie di questi risuona-tori di varia grandezza. Ciascuno di essi, a seconda delvolume d'aria che rinchiude, rinforza un suono solo; i

    pi grandi servono per i suoni bassi, i pi piccoli per i

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    suoni alti.I risuonatori sferici sono veramente i migliori e danno

    il fenomeno pi netto. Tuttavia si adoperano talvolta

    quelli di forma cilindrica ed anche di forma conica, per-ch si tengono meglio in mano, e riescono quindi picomodi a maneggiarsi.

    facile dimostrare che questi risuonatori rinforzano isuoni, e ciascuno un suono solo. Prendo una serie di co-risti, i quali danno suoni corrispondenti a quelli dei ri-

    suonatori. Faccio suonare uno dei coristi, gli avvicino ilrisuonatore corrispondente, e voi sentite come il suono rinforzato. Molto meglio ancora osservo questo effetto,se introduco nell'orecchio la punta del risuonatore, echiudo l'altro orecchio colla mano.

    E notate che qualunque altro risuonatore non mi pro-duce questo effetto, se non quando combinato col cori-

    sta corrispondente. Supponiamo che vi siano molti suonimescolati insieme, il nostro orecchio difficilmente li puallora separare. Ma se voglio sapere, se fra tutti queisuoni ve ne sia uno determinato, basta che prenda il ri-suonatore corrispondente, e che lo adatti al mio orec-chio. Se quel suono c', esso sar rinforzato, e cos potr

    discernerlo facilmente in mezzo a tutti gli altri.Un esempio di questo genere facile a trovarsi. Fac-cio suonare tutti i coristi che qui vedete. Essi mi dannoun'armonia molto aggradevole, nella quale per un'orec-chio poco esercitato non saprebbe forse indicare i singo-li suoni che la compongono. Col mezzo dei risuonatorila cosa facilissima.

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    Altro esempio. La voce umana molto ricca di suoni,e anche quando si parla semplicemente, si modula collavoce, molto pi di quanto generalmente non si creda.

    Prendo un risuonatore e lo tengo all'orecchio, mentreparlo colla voce naturale. Di quando in quando sento di-stintamente nel risuonatore il suono, che gli corrispon-de. Il che significa che fra i molti suoni, da me emessi

    parlando, v' anche quello speciale a cui il risuonatore siriferisce. Si potrebbero cos, con un poco di pazienza,

    analizzare successivamente tutti i suoni emessi da unapersona che parla.In una conferenza successiva vi mostrer quale parti-

    to si possa tirare, seguendo l'esempio di Helmholtz, dal-l'uso di questi risuonatori. Vi far allora vedere [confe-renza 9] come una delle pi importanti e delle pi deli-cate leggi siasi potuta scoprire e svolgere in questo

    modo.Il caso dei risuonatori e di certe casse armoniche non

    deve confondersi con quello delle casse armoniche an-nesse ad alcuni istrumenti musicali. Il sonometro chevoi qui vedete, il violino e gli altri strumenti ad arco, il

    pianoforte, ecc., hanno casse armoniche destinate a rin-

    forzare non solamente un suono solo, ma invece tutti isuoni, e in modo possibilmente uniforme. Sarebbe unpessimo istrumento musicale quello, nel quale i diversisuoni non avessero la medesima intensit, quando ilmodo di produrli fosse lo stesso. La teoria di queste cas-se armoniche molto pi complicata e non facile asvolgersi. Mi limiter soltanto a dire che per ottenere un

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    tale effetto bisogna che la cassa sia relativamente moltogrande, e che abbia una forma speciale, che la pratica hasuggerito. In tal caso la cassa armonica corrisponde ad

    un suono molto basso, e va soggetta, come le corde vi-branti, a questa legge, di corrispondere non solamente alsuono pi basso, ma anche a molti suoni successiva-mente pi acuti. Purch il suono pi basso sia veramente

    basso, si pu arrivare a rinforzare un numero cos gran-de di suoni da poter considerare tale numero quasi come

    infinito.Questo accade specialmente per lamine, per membra-ne e per grandi tavole vibranti, e la pratica insegna cheveramente, in fatto di suoni da rinforzarsi, si pu ottene-re tutto ci che si vuole in questo riguardo.

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    IV.a CONFERENZA.

    1. Misura del numero delle vibrazioni, metodo grafico. 2. Sire-na di Cagniard de la Tour. 3. Altezza dei suoni; limiti deisuoni sensibili, dei suoni musicali e della voce umana. 4. Co-rista normale. 5. Legge delle vibrazioni delle corde e deisuoni armonici.

    1. La seconda qualit caratteristica dei suoni l'altez-

    za. Ogni orecchio anche poco esercitato distingue unsuono alto da un suono basso, anche quando la differen-za non grande. Io mi propongo di dimostrarvi: chel'altezza dipende dal numero delle vibrazioni, che un

    corpo sonoro fa in ogni minuto secondo, in questo sen-so, che i suoni bassi sono caratterizzati da piccolo nu-mero, i suoni alti da grande numero di vibrazioni.

    Per risolvere questa questione, dobbiamo risolvereprima un'altra: come si determina il numero delle vibra-zioni? Vi sono parecchi metodi in fisica, che servono atale scopo.

    Un metodo vi ho gi fatto in gran parte conoscere. il metodo grafico, col mezzo del quale abbiamo nella

    prima conferenza [4] tracciate le vibrazioni di un cori-sta. In quella esperienza io mi sono servito di un cilin-dro, che facevo girare a mano. Naturalmente il movi-mento non poteva essere molto regolare; ma se invecedella mano io mi servo di uno dei molti congegni mec-canici, posso ottenere facilmente un movimento perfet-tamente regolare, e determinare pure la velocit di que-

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    sto movimento. Supponiamo per esempio, che io dia alcilindro la velocit di un giro al secondo; il corista trac-cier le sue vibrazioni, e per conoscerne il numero non

    ho a fare altro, che contare, quante se ne trovino in ungiro completo del cilindro. Ugualmente semplice divie-ne il ragionamento, se il cilindro fa un altro numeroqualunque di giri al secondo. Se per esempio, il cilindrone fa cinque, baster contare le vibrazioni comprese incinque giri; e la determinazione sar esatta, purch il nu-

    mero dei giri, che il cilindro fa per secondo, sia determi-nato con esattezza. Questo spesso possibile, ed io vimostrer pi tardi un contatore semplicissimo, col qualesi misura il numero dei giri di un'apparecchio rotante.Con ci sarebbe dunque risoluto il problema, almeno

    per ci che riguarda le vibrazioni dei coristi.2. Ma voglio approfittare di questa occasione per far-

    vi conoscere un altro istrumento, il quale serve benissi-mo a questo scopo ed offre sul cilindro girante il vantag-gio, di non richiedere una leggiera alterazione del suono

    per il fatto, che al corista vibrante si deve attaccare unapunta, destinata a tracciare le proprie vibrazioni. Questoistrumento lasirena di Cagniard de la Tour.

    Le figure 21, 22, 23 mostrano la disposizione dell'i-strumento. Esso si compone di una scatola cilindrica fis-sa e vuota BBB, la quale col mezzo del suo collo puessere adattata ad un mantice, destinato a fornire unacorrente d'aria costante. Sulla base superiore del cilindrosi trova un certo numero di fori tutti equidistanti, e di-sposti sulla periferia di un cerchio concentrico coll'orlo

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    della base medesima. Questi fori sono tutti obliqui inmodo, da formare colla linea verticale un angolo di 45gradi all'incirca. Al di sopra dei fori trovasi un disco me-tallico C, che li ricopre perfettamente, e che pu girare

    rapidamente intorno ad un asse verticale A. Questo di-sco porta un numero eguale di fori, per posizione e pergrandezza perfettamente corrispondenti a quelli del di-sco di sotto. Anche questi fori sono obliqui, ma la dire-zione diversa, in modo da formare colla linea verticaleun angolo pure di 45 gradi, ma colla direzione dei fori

    sottostanti un'angolo di 90 gradi. La