La Strana Vita Di Ivan Osokisokin

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  Pètr Demianovic Uspenskij - La strana vita di Ivan Osokin La strana vita di Ivan Osokin Questo romanzo breve è una delle tante sorprese che possono emergere da quella terra letteraria incantata che fu la belle èpoque russa. Pètr Demianovic Uspenskij nacque a Mosca nel 1878; nel 1909 aveva scritto il volume sulla teoria matematica della quarta dimensione, che influì sulla teoria dell’arte e accese la vena speculativa di Pavel Florenskij.  Nel 1912 compose una somma della sua filosofia, Tertium Organon, e partì, come a concludere un tempo del la sua vita, per l’Egit to e l’In dia. Apr end o le prospe tti ve del la qua rta dimens ione egl i aveva  spalancato su quegli spazi la segreta in cui il positivismo voleva rinchiudere l’uomo. Ora cercava la guida che lo conducesse per quelle terre incognite. Tornato in Russia, attraeva folle alle  sue conferenze: la sua chiarezza matematica era animata dall’estro del favolista e del narratore; ma ancora cercava una guida ulteriore. Si aggi rav ano in quegli anni a S. Pie trobur go Gri gor ij Rasputi n. Il santo siberi ano, e il dott or  Badmaiev, il terapeuta mongolo; ma il suo maestro Gurjeev, terzo tra costoro, Uspenskij lo incontrò nel 1915 a un tavolino d’un caffè sulla Neva: veniva dal Caucaso, era greco, aveva avuto iniziazioni  sufi(forse zoroastriane) nel Pamir. Come lo vide, di schianto Uspenskij gli offrì la propria mente colta e delicata da plasmare, le proprie energie da dirigere, tutto se stesso. La guerra civile li cacciò dalla  Russia. Per sua fortuna, Uspenskij trovò che nel frattempo i suoi libri erano stati tradotti in Inghilterra,  procurandogli una cerchia di devo ti; così potè impiantarsi a Londra, mentre Gurjeev teneva scuola di danza e trasmutazione vicino Parigi.  A poco a poco Uspenskij si rifece una persona letteraria in inglese, riscrivendo e rivivendo per la  seconda volta tutto ciò che aveva scritto e vissuto nell’anteguerra sanpietroburghese. Questo romanzo fu rip reso dal l’orig inale rus so, app ars o col tito lo di Kinema dra ma, e fu appron tat o per il 1947; in quell’anno esso appariva e Uspenskij moriva.  A V.S. Pritchett parve che il nucleo dell’opera fosse “il sentimento di sospensione del momento presente,  simile ad una stilla di pioggia in bilico sul vetro, la quale racchiude in se stessa un intero mondo”. Vi si osa porre la domanda se l’arbitrio umano sia libero o servo. Inesauribile, perenne e futile domanda,  salvo che la si sappia scavalcare. Le dottrine sapienziali prescrivono di farla scoppiare portando alle estreme conseguenze sia l’una che l’altra delle opposte soluzioni possibili.  Ritenersi liberi al punto di aver scelto tutto ciò che accade. Ritenere di non poter deliberare niente in un mondo in cui non cade foglia che il Cielo non voglia. Si scoprirà, per le conseguenze pratiche che ne risultano, che le due soluzioni sono equivalenti.  La vita di Ivan Osokin dimostra che l’umano arbitrio è servo, e lo fa in modo inflessibile, commosso, veristico, facendo ripercorrere a un uomo la sua vita.  Egli si accorge così che, pur essendo, in questa sua seconda, reiterata esistenza, del tutto lucido e  preveggente, non può non ripetere inesorabilmente ogni passo. Ma proprio la scoperta tremenda di come egli sia legato, gli fa balenare l’intuizione di come si potrebbe slegare.  Ellèmire Zolla 1. LA SEPARAZIONE Sullo schermo cinematografico, una scena che si svolge alla stazione di Kursk a Mosca. Una luminosa giornata dell’aprile 1902. Sulla piattaforma, presso il vagone-letto, un gruppo di amici venuti a 1

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 Pètr Demianovic Uspenskij - La strana vita di Ivan Osokin

La strana vita di Ivan Osokin

Questo romanzo breve è una delle tante sorprese che possono emergere da quella terra letteraria

incantata che fu la belle èpoque russa. Pètr Demianovic Uspenskij nacque a Mosca nel 1878; nel 1909aveva scritto il volume sulla teoria matematica della quarta dimensione, che influì sulla teoria dell’arte e

accese la vena speculativa di Pavel Florenskij.

 Nel 1912 compose una somma della sua filosofia, Tertium Organon, e partì, come a concludere un tempodella sua vita, per l’Egitto e l’India. Aprendo le prospettive della quarta dimensione egli aveva

 spalancato su quegli spazi la segreta in cui il positivismo voleva rinchiudere l’uomo.

Ora cercava la guida che lo conducesse per quelle terre incognite. Tornato in Russia, attraeva folle alle sue conferenze: la sua chiarezza matematica era animata dall’estro del favolista e del narratore; ma

ancora cercava una guida ulteriore.Si aggiravano in quegli anni a S. Pietroburgo Grigorij Rasputin. Il santo siberiano, e il dottor 

 Badmaiev, il terapeuta mongolo; ma il suo maestro Gurjeev, terzo tra costoro, Uspenskij lo incontrò nel 

1915 a un tavolino d’un caffè sulla Neva: veniva dal Caucaso, era greco, aveva avuto iniziazioni sufi(forse zoroastriane) nel Pamir. Come lo vide, di schianto Uspenskij gli offrì la propria mente colta edelicata da plasmare, le proprie energie da dirigere, tutto se stesso. La guerra civile li cacciò dalla

 Russia. Per sua fortuna, Uspenskij trovò che nel frattempo i suoi libri erano stati tradotti in Inghilterra, procurandogli una cerchia di devoti; così potè impiantarsi a Londra, mentre Gurjeev teneva scuola di

danza e trasmutazione vicino Parigi. A poco a poco Uspenskij si rifece una persona letteraria in inglese, riscrivendo e rivivendo per la

 seconda volta tutto ciò che aveva scritto e vissuto nell’anteguerra sanpietroburghese. Questo romanzo furipreso dall’originale russo, apparso col titolo di Kinemadrama, e fu approntato per il 1947; in

quell’anno esso appariva e Uspenskij moriva. A V.S. Pritchett parve che il nucleo dell’opera fosse “il sentimento di sospensione del momento presente,

 simile ad una stilla di pioggia in bilico sul vetro, la quale racchiude in se stessa un intero mondo”. Vi siosa porre la domanda se l’arbitrio umano sia libero o servo. Inesauribile, perenne e futile domanda,

 salvo che la si sappia scavalcare. Le dottrine sapienziali prescrivono di farla scoppiare portando alle

estreme conseguenze sia l’una che l’altra delle opposte soluzioni possibili. Ritenersi liberi al punto di aver scelto tutto ciò che accade. Ritenere di non poter deliberare niente in un

mondo in cui non cade foglia che il Cielo non voglia. Si scoprirà, per le conseguenze pratiche che ne

risultano, che le due soluzioni sono equivalenti. La vita di Ivan Osokin dimostra che l’umano arbitrio è servo, e lo fa in modo inflessibile, commosso,

veristico, facendo ripercorrere a un uomo la sua vita. Egli si accorge così che, pur essendo, in questa sua seconda, reiterata esistenza, del tutto lucido e

 preveggente, non può non ripetere inesorabilmente ogni passo. Ma proprio la scoperta tremenda di comeegli sia legato, gli fa balenare l’intuizione di come si potrebbe slegare.

 Ellèmire Zolla

1. LA SEPARAZIONE

Sullo schermo cinematografico, una scena che si svolge alla stazione di Kursk a Mosca. Unaluminosa giornata dell’aprile 1902. Sulla piattaforma, presso il vagone-letto, un gruppo di amici venuti a

1

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salutare Zinaida Krutitskij e sua madre, in partenza per la Crimea. Tra loro c’è Ivan Osokin, un giovane dicirca ventisei anni.Osokin è visibilmente agitato, sebbene cerchi di non darlo a vedere. Zinaida sta parlando con suo fratelloMichail, amico di Osokin, un giovane ufficiale con la divisa di un reggimento di granatieri di Mosca, econ due ragazze. Poi si volge verso Osokin, e insieme si allontanano di qualche passo.

“Mi mancherai moltissimo”, gli dice. “ E’ un peccato che tu non possa venire con noi.A me, però, sembra che non ne abbia troppa voglia, altrimenti verresti. Tu non vuoi fare nulla

 per me. Il fatto che tu rimanga qui, adesso, rende ridicolo e futile tutto ciò che ci siamo detti. Ma sonostanca di discutere con te. Devi fare come vuoi”.Ivan Osokin è sempre più turbato, ma cerca di controllarsi e si sforza di risponderle:

“Non posso venire subito, ma ti raggiungerò più tardi, lo prometto. Non immagini quanto mi sia penoso rimanere qui”.

“No, non lo immagino, e non ci credo”, dice in fretta Zinaida.“Un uomo, quando vuole una cosa con forza, come tu dici di volere, agisce. Sono sicurissima

che sei innamorato di qualcuna delle tue alunne di qui……qualche fanciulla soave e poetica che studiascherma. Confessa!”. Ride.Le parole e il tono di Zinaida feriscono Osokin molto profondamente. Inizia a parlare, ma si arresta; poidice:”Sai che non è vero; sai che sono tutto per te”.

“E come faccio a saperlo?”, risponde Zinaida con aria sorpresa. “Sei sempre occupato. Ti rifiutisempre di venire a trovarci. Non hai mai tempo per me. E ora vorrei tanto che venissi con noi. Staremmoinsieme per due giorni interi. Pensa che viaggio piacevole sarebbe!”.Getta una rapida occhiata ad Osokin.

“E poi laggiù, in Crimea, andremmo a cavallo e faremmo gite in barca insieme. Mi leggeresti letue poesie…….così, invece, mi annoierò”. Aggrotta le sopracciglia e volge altrove lo sguardo.Osokin vorrebbe rispondere, ma non trovando nulla da dire rimane li, in piedi, a mordersi le labbra.

“Verrò più tardi”, ripete.“Vieni quando ti pare”, risponde Zinaida indifferente, “tanto ormai quest’occasione è perduta.

Mi annoierò a viaggiare da sola. Mamma è una compagna di viaggio piacevolissima, ma non è questo chevoglio. Grazie al cielo ho visto un signore che conosco: evidentemente prende anche lui questo treno.Forse mi distrarrà lui durante il viaggio”.Osokin prende nuovamente a parlare, ma Zinaida continua: “A me interessa soltanto il presente. Che miimporta di quel che può succedere in futuro? Tu questo non lo capisci. Nel futuro puoi viverci tu, non io”.

“Io capisco tutto”, dice Osokin,” ed è molto penoso per me; ma non posso farci nulla. Ma tirammenterai di quello che ti ho chiesto?”.

“Si, me ne rammenterò e ti scriverò. Ma scrivere lettere non mi piace. Non aspettartene molte;spicciati a raggiungermi, invece. Ti aspetterò un mese, due mesi; poi però non aspetterò più. Be’,andiamo. La mamma sta cercandomi”.Insieme raggiungono il gruppo in attesa presso il vagone-letto.Osokin va verso l’uscita della stazione insieme al fratello Zinaida.

“Che cosa c’è. Vanja?”, domanda Michail Krutitskij.”Non mi sembri molto allegro”.Osokin non è di umore loquace.

“Sto benone”, risponde, “ma sono stufo di Mosca. Anche a me piacerebbe andare da qualche parte”.

Escono sul vasto piazzale asfaltato antistante la stazione. Krutitskij stringe la mano adOsokin,scende i gradini, ferma una vettura e se ne va.Osokin rimane a lungo in piedi a seguirlo con lo sguardo.

“Certe volte ho l’impressione di ricordare qualcosa”, dice lentamente fra sé, “altre volte misembra di aver dimenticato qualcosa di molto importante. Ho la sensazione che tutto questo sia giàaccaduto in passato. Ma quando? Non saprei. Che strano!”.

Poi si guarda intorno come un uomo al momento del risveglio.“Ora lei è partita e io sono qui da solo. E pensare che in questo stesso istante potrei essere in

viaggio con lei! Non potrei desiderare nient’altro, in questo momento. Andare al sud, verso il sole, e stareinsieme a lei per due giorni interi. E poi, una volta arrivati in Crimea, vederla tutti i giorni……vedere ilmare, e le montagne……Ma invece eccomi qui. E Zinaida non capisce neppure perché non sono partitocon lei. Non si rende conto che in questo momento ho in tasca esattamente trenta copechi. E quand’anchese ne rendesse conto, questo non mi faciliterebbe di certo le cose”.

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Si gira ancora una volta a guardare l’ingresso dell’atrio della stazione; poi, a testa china, scendela scalinata che porta al piazzale.

LE TRE LETTERE

Tre mesi più tardi, nell’alloggio di Ivan Osokin. Un’ampia stanza ammobiliata, in affitto.L’ambiente è piuttosto spoglio. Un letto di ferro con una coperta grigia, un lavabo con catino, uncassettone, una piccola scrivania, una cassa di libri aperta; al muto, ritratti di Shakespeare e di Puskin, deifioretti e alcune maschere.

Osokin, con aria molto turbata e irritata, cammina su e giù per la stanza. Scansa bruscamente una sedia che lo intralcia. Poi va alla scrivania, estrae dal cassetto tre lettere dalle bustegrigie, lunghe e strette una dopo l’altra e le rimette dentro.

  Prima lettera. Grazie per le lettere e per i tuoi versi. Sono deliziosi. Mi piacerebbe soltantosapere a chi si riferiscono: di certo non a me, altrimenti saresti qui.

Seconda lettera. Ti ricordi ancora di me? Davvero A volte mi sembra che tu mi scriva per puraabitudine, o per curioso senso del dovere che ti sei inventato tutto da solo.Terza lettera. Mi rammento tutto quello che ho detto. I due mesi volgono al termine. Non cercare

di giustificarti o di dare spiegazioni. So bene che non hai denaro, ma io non ti ho mai chiesto di averne.C’è gente che vive pur essendo molto più povera di te.

Osokin cammina per la stanza, si ferma accanto alla scrivania e a voce alta dice:“ E non ha più scritto. L’ultima lettera è arrivata un mese fa. E io che le scrivo ogni giorno!”.Qualcuno bussa alla porta. Entra Stupitsin, un giovane medico amico di Osokin. Gli stringe la

mano e si siede alla scrivania senza togliersi il soprabito.Che cos’hai? Sembri ammalato”. Si avvicina rapido ad Osokin e con finta serietà cerca di

tastargli il polso. Osokin sorride e fa un gesto per allontanarlo, ma un istante dopo sul suo volto passa unombra.

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“Va tutto a rotoli, Volodia”, dice. “Non riesco ad esprimermi con chiarezza, ma ho la sensazionedi essermi tagliato fuori dalla vita. Voialtri continuate tutti a muovervi, mentre io sto fermo. E’ come seavessi voluto plasmare la mia vita a modo mio, ma fossi riuscito soltanto a mandarla i pezzi. Voialtriandate avanti per le vie normali. Oggi avete la vostra vita e un futuro davanti. Io ho tentato di scavalcaretutti gli ostacoli, e il risultato è che non ho niente adesso e niente in serbo per il futuro. Se solo potessi

ricominciare tutto daccapo! Ora sono certo che agirei in tutt’altro modo. Non mi ribellerei così alla vita ea tutto quello che mi ha offerto. Ora so che bisogna sottomettersi alla vita, prima di vincerla. Io ho avutotante occasioni, e le circostanze mi sono state favorevoli tante e tante volte. Ma ora non rimane nulla”.

“Stai esagerando”, gli dice Stupitsin. “ Che differenza c’è fra te e il resto di noi? La vita non è particolarmente piacevole per nessuno. Ma perché, ti è forse successo qualcosa di sgradevole?”.

“Non mi è successo niente…….Solo che mi sento tagliato fuori dalla vita”.Ancora un colpo alla porta. Entra il padrone di casa di Osokin, un impiegato statale in pensione. E’ un po’alticcio, ed estremamente affabile e loquace, ma Osokin, temendo che stia per chiedergli il denarodell’affitto, fa in modo di liberarsi di lui. Quando il padrone di casa esce, Osokin con un’ariadisgustata in volto, fa un cenno di saluto verso la porta.

“Lo vedi, la vita intera non è che una lotta meschina contro difficoltà meschine come questa”,dice “Che cosa fai stasera?”. “Vado dai Samojlov, Parlano di formare un circolo di studi spiritistici,medianici e cose del genere….. una società di ricerca psichica a Hamovniki. Ci sarai anche tu? Credo che

queste cose possano interessarti, no?”.“Si m’interessavano, anche se vedo sempre meglio che sono tutte sciocchezze. Ma non sono

invitato. Vedi, te l’ho già detto che mi sono allontanato dal branco. Quella è tutta gente che conl’Università ha rapporti vaghi ma non fa che vantarli di continuo. Che cosa sono io per loro? Sono unestraneo e un escluso; ed è così dovunque. Tre quarti dei loro interessi e delle loro conversazioni mi sonocompletamente indifferenti, e se ne rendono tutti conto. Qualche volta mi invitano per pura cortesia, masento che l’abisso si fa ogni giorno più profondo. Le persone con me parlano in modo diverso da come parlano tra di loro. La settimana scorsa, tre studentesse mi hanno stupidamente consigliato di leggere KarlMarx, e quando ho risposto che preferivo la zuppa di latte•

non hanno nemmeno capito. Comprendi cosa intendo dire? Certo, sono tutte sciocchezze, ma questesciocchezze cominciano a stancarmi”.

“Be’, non posso discutere con te”, risponde Stupitsin, “ma sono certo che è tutto frutto della tuaimmaginazione”.

Si alza in piedi, dà una pacca sulla spalla ad Osikin, prende il libro che era venuto a cercare edesce.

Anche Osokin si prepara per uscire. Poi si avvicina alla scrivania e si ferma, con indossocappotto e cappello, perso nei suoi pensieri.

“Tutto sarebbe stato diverso”, dice, “se avessi potuto andare in Crimea. Dopotutto, perché non sono partito? Avrei potuto almeno arrivarci, e una volta che ci fossi stato, che importanzaavrebbe avuto tutto questo? Forse avrei potuto trovarmi un lavoro. Ma come si fa a vivere a Yalta senzadenaro? Cavalli, battelli, caffè, mance……tutte cose che significano denaro. E uno deve vestirsidecentemente. Non potevo andarci con gli abiti che porto qui. Tutte queste sono solo sciocchezze, masommate assieme… E lei non capisce che non avrei potuto vivere laggiù. Pensa che io non voglia andarci,o che qualcosa mi trattenga qui in città…..Rimarrò senza lettere anche oggi?”.

Nei Quaderni di Puskin si legge la storia di un burlone cui venne chiesto se preferisse essere squartato o

impiccato. Egli rispose che preferiva la zuppa di latte.

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III . L’UOMO COL SOPRABITO BLU SCURO

Ivan Osokin va a domandare se ci sono lettere per lui alla Posta Centrale, dove ha chiesto aZinaida di scrivergli in fermo posta. Nessuna lettera. All’uscita si imbatte in un uomo con indosso unsoprabito blu scuro.Osokin si arresta e segue con lo sguardo l’uomo.

“Chi è quell’uomo? Dove l’ho veduto? Il suo volto non mi è nuovo. Conosco quel soprabito”.Perso nei suoi pensieri, riprende il cammino. All’angolo della via si ferma per lasciar passare unacarrozza scoperta tirata da due cavalli. Nella carrozza ci sono un uomo e due signore che ha conosciuto incasa Krutitskij. Osokin fa per togliersi il cappello, ma quelli non lo vedono. Egli ride e prosegue.

All’angolo successivo incontra il fratello di Zinaida. Questi lo ferma e, prendendogli il braccio,si incammina accanto a lui dicendo:

“Hai saputo la notizia? Mia sorella sta per sposare il colonnello Minskij. Il matrimonio saràcelebrato a Yalta, e dopo pensano di andare a Costantinopoli, e di li in Grecia. Io parto fra qualche giorno per la Crimea. Hai qualche messaggio?”.

Osokin ride e gli stringe la mano, rispondendo in tono allegro:” Si, portale i miei saluti e le miefelicitazioni”.

Krutiskij dice ancora qualche frase, ride e se ne va.Osokin lo saluta con volto sorridente. Ma una volta separatisi, la sua espressione cambia.

Continua a camminare per un poco, poi si ferma e resta lì a guardare in terra, senza curarsi dei passanti.“Ebbene, ecco che cosa significa”, dice fra sé e sé. “Ora tutto mi è chiaro. Che cosa debbo fare?

Andare fin laggiù e sfidare Minskij a duello? Ma perché, poi? Tutto era evidentemente già decisoin partenza e io le sono servito soltanto per divertirsi. E’ un bene che non sia partito insieme a lei. No,questo è vile da parte mia! Non ho il diritto di pensarlo, e non è vero. Tutto questo è successo perché nonsono partito con lei. Ora, poi, non partirò davvero…. E non farò proprio niente. Ha scelto. Che diritto hoio di essere scontento? Dopotutto che posso offrirle? Potrei forse portarla in Grecia?”.

Riprende il cammino, poi si ferma ancora una volta e continua a parlare fra sé.

“Eppure mi sembrava che provasse davvero qualcosa per me. E come parlavamo insieme! Nonc’era nessun altro al mondo con cui potessi discorrere a quel modo….E’ così straordinaria! E Minskij è il più comune degli uomini: un colonnello di Stato maggiore che legge  Novoe Vremya. Però tra non moltosarà un uomo in vista….quanto a me, gli amici di lei non mi riconoscono neppure per la strada.

 No, non posso….Debbo andare da qualche altra parte, altrimenti….Non posso rimanere qui”.

II. FINE DELL’ IDILLIO

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Sera. Osokin è nella sua camera. Sta scrivendo una lettera a Zinaida Krutiskij, ma strappa un

foglio dopo l’altro e ricomincia daccapo ogni volta. A tratti salta su e cammina per la stanza, poi riprendea scrivere. Infine getta la penna e si lascia andare nella poltrona esausto.

“Non riesco più a scrivere”, dice fra sé. “Le ho scritto per giornate intere e intere nottate. Ora hola sensazione che qualcosa dentro me si sia spezzato. Se nessuna delle mie lettere le ha detto nulla,neanche questa potrà comunicarle qualcosa. Non ci riesco…….”.

Si alza lentamente e, con le movenze di un cieco, prende dal cassetto della scrivania un revolver con alcune cartucce, lo carica e se lo mette in tasca. Poi prende cappotto e cappello, spegne il lume edesce.

V. DAL MAGO

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Ivan Osokin va a trovare un mago che conosce da qualche tempo. E’ un buon mago e in casa hasempre ottimi sigari e un brandy squisito.Osokin e il mago siedono insieme vicino al fuoco.

La stanza è spaziosa, riccamente arredata in stile vagamente orientale. Il pavimento è ricoperto di preziosi tappeti antichi, persiani, cinesi, buchara. Le alte finestre sono nascoste da antichi broccati dagli

splendidi disegni. Tavoli e sedie di ebano scolpito. Statuette in bronzo che raffigurano divinità indiane.Libri indiani di foglia di palma. In una nicchia, una statua a grandezza naturale, di fattura aggraziata, cheraffigura Kwan Yin seduto. Una grande sfera celeste su di un piedistallo di lacca cinese. Su un tavolinod’avorio, scolpito presso la poltrona del mago, c’è una clessidra. Sullo schienale della poltrona è sedutoun gatto siberiano nero, intento a guardare il fuoco.

Anche il mago, un vecchio curvo dallo sguardo acuto e penetrante, è tutto vestito di nero, e incapo ha un piccolo berretto piatto anch’esso nero. Nella mano tiene un sottile bastone persiano intarsiatodi turchesi.

Osokin è cupo. Fuma un sigaro senza dir nulla.Proprio mentre egli è tutto assorto nei suoi pensieri, il mago prende a parlare.

“Mio caro amico, tu lo sapevi”.Osokin trasalisce e lo guarda.

“Come fai a sapere cosa sto pensando?”.

“Io so sempre cosa stai pensando”.Il giovane china il capo.“Si lo so che adesso non ci si può fare nulla”, dice. “Ma se solo potessi tornare indietro di

qualche anno, in questa vita infelice che, come dici sempre, non esiste nemmeno…. Se solo potessiriavere tutte le occasioni che la vita mi ha offerto e che ho sempre gettato via…. Se solo potessi agirediversamente….”Il vecchio prende dal tavolino la clessidra, la agita, la capovolge e osserva la sabbia che scorre.

“Si può sempre tornare indietro”, dice, “sempre. Ma nemmeno questo ti servirà”.Osokin senza ascoltarlo, completamente immerso nelle sue riflessioni, continua:”Se soltanto

avessi saputo a che cosa andavo incontro. Ma io credevo talmente in me stesso, credevo nella mia forza.Volevo seguire la mia strada. Non avevo paura di nulla. Ho gettato via tutto ciò che la gente considera prezioso senza mai voltarmi a guardare indietro e diventare come gli altri”.

Si alza e percorre la stanza a grandi passi.Il vecchio siede e lo osserva, crollando il capo con un sorriso. Il suo sguardo è divertito e colmo d’ironia:un’ironia non priva di simpatia, anzi piena di comprensione e di compassione, come se volesse aiutarlo,ma non potesse.

“Io ho sempre riso di tutto”, continua Osokin, “e ho persino provato piacere a ridurre in pezzi lamia vita. Mi sentivo più forte degli altri. Nulla poteva piegarmi, nulla poteva fare di me un vinto. Ma nonriesco più a combattere. Mi sono cacciato in una specie di palude. Non riesco a fare neanche una mossa.Mi capisci? Debbo star fermo a guardare mentre vengo inghiottito”.

Il vecchio siede e lo guarda.“Come è potuto succedere?”, dice.“Come? Tu mi conosci tanto bene, che dovresti saperlo perfettamente. Mi sono perduto quando

sono stato espulso dalla scuola.Questo solo è bastato a cambiare tutta la mia vita. Per via di quel fatto ho perso contatto con ogni cosa.

Prendiamo i miei compagni di scuola: alcuni sono ancora all’Università, altri si sono laureati; ma tuttihanno i piedi saldamente piantati sulla terra. Io ho vissuto dieci volte più di loro, so di più, ho visto e lettocento volte più di loro…..eppure sono un uomo che la gente tratta con degnazione”.

“E questo è tutto?”, chiede il vecchio.“Si è tutto…..No, non proprio. Ho avuto altre occasioni, ma mi sono sfuggite una dopo l’altra.

La più importante fu la prima. Che cosa terribile, quando, senza capire e senza volere, ancora troppogiovani per renderci conto di quali possano essere le conseguenze, compiamo azioni che influenzano tuttala nostra vita e cambiano radicalmente il nostro futuro. Quello che feci io a scuola era soltanto unoscherzo: mi annoiavo. Se avessi saputo e compreso a che cosa avrebbe condotto, pensi forse che l’avreifatto?”.

Il vecchio annuisce col capo. “Si, l’avresti fatto”, dice.“Mai!”.

Il mago ride.

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Osokin continua a passeggiare su e giù per la stanza, poi si arresta e riprende a parlare.“E, in seguito, perché ho litigato con mio zio? Il vecchio era assai ben disposto nei miei

confronti, eppure io l’ho provocato quasi intenzionalmente, scomparendo per intere giornate nel boscocon quella ragazza, la sua governante. E’ vero, Tanecka era straordinariamente dolce, io avevosoltanto sedici anni, e i nostri baci erano così piacevoli! Ma il vecchio si offese a morte quando ci

sorprese a baciarci nella stanza da pranzo. Che cosa sciocca è stata! Se avessi saputo a che cosa avrebbe portato, non credi forse che mi sarei fermato?”.

Il mago ride di nuovo. “Tu lo sapevi”, risponde.Osokin, in piedi, sorride come se vedesse e ricordasse qualcosa di remoto.“Forse è vero, lo sapevo”, dice. “Solo che in quel momento era tanto emozionante. Ma certo, non

avrei dovuto farlo. Se avessi saputo chiaramente che cosa sarebbe accaduto, mi sarei certamente tenutoalla larga da Tanecka”.

“Ma tu lo sapevi benissimo”, risponde il vecchio.”Pensaci bene e vedrai”.“No che non lo sapevo”,dice Osokin. “Il guaio è proprio che non si sa mai di certo che cosa

accadrà. Se sapessimo con sicurezza quale sarà il risultato delle nostre azioni, credi forse che faremmotutto ciò che facciamo?”.

“Si sa sempre”, risponde il vecchio, guardando in faccia Osokin. “Un uomo può non saperequale sarà il risultato delle azioni altrui, o di cause sconosciute, ma conoscerà sempre tutte le possibili

conseguenze delle proprie azioni”.Osokin si perde nella riflessione e un’ombra gli passa sul volto.“E’ possibile”, dice, “che certe volte abbia previsto gli eventi….Ma questo non si può prendere

come una regola….E poi, io ho sempre affrontato la vita in modo diverso da come l’affrontavano glialtri”.

Il mago sorride. “Non ho ancora incontrato un uomo”, sono le sue parole,”che non fosseconvinto di affrontare la vita in modo diverso dagli altri”.

“Ma persino io”, continua Osokin senza dargli ascolto, “se sapevo con certezza ciò che sarebbeaccaduto, perché avrei fatto tutte quelle cose? Prendiamo quello che è successo alla Scuola Militare. Mirendo conto che per me la vita là dentro era dura perché non ero avvezzo alla disciplina, ma dopotutto èun’assurdità. Avrei potuto indurmi a sopportare. All’inizio tutto andò liscio, e mancava solo poco tempo.Poi, all’improvviso, quasi intenzionalmente, cominciai a rientrare in ritardo dalle licenze. Una domenicadopo l’altra….finchè mi dissero che mi avrebbero espulso, se avessi tardato un’altra volta. Dopo di allora, per due volte rientrai in orario, e poi, quella sera, da Leontjev…la ragazza con il vestito nero….e io nonmi feci vedere a scuola. Ma a che serve tornare su tutto questo? Il risultato fu che mi espulsero. Ma io nonsapevo in partenza che sarebbe finita così!”.

“Si che lo sapevi”, ripetè il mago.Osokin ride. “Be’, poniamo pure che in quel caso lo sapessi; ma tutte quelle sciocchezze mi annoiavano, e poi, uno spera sempre nel meglio. Vorrei che tu capissi che, quando parlo di  sapere, non intendo quelgenere di conoscenza che in realtà è soltanto supposizione. Voglio dire che se conoscessimo con assolutacertezza ciò che accadrà, allora si che agiremmo diversamente”.

“Mio caro amico, non ti rendi conto di quel che stai dicendo. Se tu sapessi una cosa con certezzaassoluta, vorrebbe dire che quella cosa è inevitabile. In tal caso, nessuna delle tue azioni potrebbe mutarenulla. Qualche volta, si sanno cose di questo genere: ad esempio, tu sai che se tocchi il fuoco ti brucerai.Ma non è di questo che sto parlando. Io voglio dire che si sa sempre quale sarà il risultato di questa o di

quella nostra azione; ma curiosamente vogliamo fare una cosa e ottenere il risultato che si potrebbeottenere soltanto facendone un’altra”.“Non sempre sappiamo tutti i risultati che otterremo”, dice Osokin.“Sempre”.“Aspetta un momento:forse che io sapevo già tutto, quando facevo il soldato in Turkestan? Io

non avevo proprio nessuna speranza. Eppure aspettavo qualcosa”.Il mago sorride di nuovo,”Non c’era niente che tu potessi fare”, dice. “Nulla dipendeva da te, e tu nonfacevi nulla”.

“Improvvisamente ricevetti un’eredità da una zia”, continua Osokin. “Trentamila rubli. Quellafu la mia salvezza. Dapprincipio mi misi a comportarmi da persona sensata. Andai all’estero:viaggiai per qualche tempo. Poi cominciai a seguire certe lezioni alla Sorbona. Di nuovo tutto era possibile…..Moltecose andavano addirittura meglio di prima, ma poi, in un momento d’incoscienza, come uno stupido,come un insensato, persi tutto quello che mi rimaneva alla roulette, in compagnia di ricchi studenti inglesi

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e americani che non se ne accorsero neppure. Forse allora sapevo quel che stavo facendo? Eppure, in quelmomento stavo perdendo ogni cosa. Sono certo che se sapessimo dove stiamo andando, molto spesso cifermeremmo”.Il vecchio si alza in piedi appoggiandosi al bastone: ora è ritto di fronte ad Osokin.

“Ma tu avevi già perduto somme di denaro ragguardevoli alle carte e alla roulette prima di

allora”, gli dice. “Me l’ hai detto tu stesso. Perché ti era rimasto solo un terzo della tua eredità?”.“Oh, ma non avevo perso tutto giocando a carte. Vivevo all’estero ormai da quattro anni”,

risponde Osokin. “E in ogni modo, non potevo certo vivere della mia rendita. Mi restava appena asufficienza per laurearmi e trovare un lavoro”.

“Si”, ribatte il mago,”sarà pure come dici, ma stavi già perdendo il tuo denaro, ed era inevitabileche lo perdessi tutto. E sapevi che l’avresti perduto. Si sa sempre tutto, ma non ci si ferma mai”.Osokin scuote il capo con impazienza.

“Ma no! Nient’affatto!”, esclama. “Se soltanto potessimo saperlo…! La nostra disgrazia è che brancoliamo come gattini ciechi su un tavolo, senza mai sapere dov’è il bordo. Facciamo cose assurde perché non sappiamo nulla di quel che abbiamo davanti. Se soltanto potessimo saperlo! Se potessimovedere un poco più lontano!”.

Cammina su e giù per la stanza, poi va a fermarsi di fronte al vecchio.“Ascolta: la tua magia non potrebbe fare questo per me? Non puoi farmi tornare indietro? E’ da

molto che ci penso, e oggi, quando ho ricevuto la notizia di Zinaida, ho sentito che è l’unica cosa che mirimane. Non posso continuare a vivere. Ho rovinato tutto. Fammi tornare indietro se è possibile. Agirò inmodo completamente diverso. Vivrò in un modo nuovo, e quando arriverà il momento sarò pronto per incontrare Zinaida. Voglio tornare indietro di circa dieci anni, al momento in cui ero ancora uno scolaro.Dimmi, è possibile questo?

Il vecchio annuisce.“E’ possibile”, risponde.Osokin si ferma stupefatto. “Puoi farlo?”, chiede.Il vecchio fa ancora cenno di si, dice:”Posso, ma questo non ti servirà a migliorare le cose”.“Ebbene, questo è affar mio”, dice Osokin. “Fammi soltanto tornare indietro di dieci anni; anzi,

di dodici anni: ma a condizione che io ricordi tutto, capisci?, tutto, compresi i minimi dettagli. Tutto ciòche ho acquisito durante questi dodici anni deve restare in me, tutto ciò che so, ogni mia esperienza, ognimia conoscenza della vita. Allora si che potrei fare qualsiasi cosa!”.

“Io posso farti tornare indietro di quanto vuoi, e tu ricorderai tutto, ma non ti servirà a nulla”,dice il vecchio.

“Come non può servire a nulla?, esclama Osokin eccitato. “La cosa più orribile è proprio chenon conosciamo la strada. Se io la conoscerò, se ricorderò, farò tutto in modo diverso. Avrò una meta,sarò consapevole dell’utilità e della necessità di tutte le cose che dovrò fare. Che cosa dici? Ma certo chetrasformerò la mia vita per intero. Incontrerò Zinaida mentre sono ancora a scuola. Lei non saprà nulla,ma io già saprò che dovremo incontrarci ancora in seguito, e farò ogni cosa con questa prospettiva. Pensiforse che farò di nuovo della mia vita tutto ciò che stupidamente ne ho fatto? No, invece!”.

Il vecchio si risiede lentamente e continua ad osservarlo.“Fallo, se ci riesci”, gli dice. “Tornerai indietro di dodici anni così come desideri. E ricorderai

tutto, sempre che tu non voglia dimenticartene. Sei pronto?”.“Prontissimo”, risponde Osokin. “Tanto non posso davvero ritornare a casa. Questo, lo sento,

è proprio impossibile”.servitore del mago. Ha un lungo codino, è vestito di una tunica di seta blu orlata di pelliccia e ai piedi porta pantofole dalla spessa suola di feltro. Il mago gli parla a bassa voce. Il cinese, movendosi senza far rumore, prende un piccolo braciere colmo di carboni accesi e un altro vaso, e li posa di fronte al mago. Ilgatto salta giù dallo schienale della poltrona ed esce dietro al cinese. Il mago immerge allora una manonel vaso e con l’altra fa cenno ad Osokin di sedersi. Osokin obbedisce.

Guardando fisso il fuoco, il vecchio pronuncia lentamente alcune parole incomprensibili e poicon la mano estrae dal vaso un pugno di cenere grigioverde e la getta nel braciere. Contemporaneamente prende dal tavolino la clessidra, la agita e la capovolge. Dal braciere si leva una nube di fumo dall’aroma pungente.

La stanza è invasa da quel fumo in cui si scorgono forme in movimento come se essa, d’uncolpo, si fosse riempita di gente.

Quando il fumo si disperde, il vecchio è seduto nella sua poltrona e tiene in mano la clessidra.

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Osokin è scomparso.

VI. MATTINO

Ottobre 1890.Una mattina presto.Il dormitorio di una scuola maschile. File di letti. Figure dormienti avvolte nelle coperte. Al di là

di un’arcata, si scorge un’altra parte del dormitorio. I lumi sono accesi. Di fuori è ancora buio. Unorologio batte le sei. L’inserviente della scuola, un veterano delle guerre caucasiche soprannominato“Ranocchio”, compare all’estremità più lontana del dormitorio e comincia a suonare una grossa campana,mentre avanza lungo l’ampio corridoio che separa le file di letti.

Il dormitorio si risveglia immediatamente. Agitazione e rumore. Qualche ragazzo salta sugettando di lato le coperte, altri cercano di rubare un altro mezzo minuto di sonno. Un ragazzo di circatredici anni salta sul letto e si mette a ballare. Qualcuno, dall’altra estremità del dormitorio, gli tiraaddosso un guanciale. Il preside, un tedesco allampanato dalla barba rossa, che indossa una giacca blu acode dai bottoni d’ottone, passa da un letto all’altro dando una tirata alle coperte di quelli che non sonoancora alzati.

In un letto presso la parete è seduto Ivan Osokin: egli guarda fisso intorno a sé con ariameravigliata. Ha l’aspetto di un ragazzo quattordicenne.

“Che sia stato tutto un sogno? E cosa significa?”, si domanda. “ E quello che vedo adesso, è unsogno anche questo?

Sono andato dal mago a chiedergli di farmi tornare indietro. Ha detto che mi avrebbe riportatoindietro di dodici anni. E’ mai possibile che questo sia vero? Ho preso un revolver e sono uscito. Non potevo rimanere in casa. Ma è proprio vero che Zinaida sta per sposare Minskij? Che strano sogno! Ildormitorio sembra un dormitorio vero. Non sono tanto sicuro di volere realmente essere qui: anche qui ascuola, la vita era piuttosto bestiale. Ma come potrei continuare a vivere? Per me Zinaida non esiste più.

Io questo non posso accettarlo; non lo accetterò mai. Ho detto al mago che volevo cambiare vita per intero e che dovevo ricominciare da molto tempo addietro. E se davvero mi avesse fatto ritornareindietro? E’ impossibile! Sono certo che si tratta di un sogno. Ora provo a immaginare di essere ascuola….Va meglio o peggio, così? Non so neanch’ io cosa dire. Perché tutto questo mi spaventa tanto, emi rende così triste? In fondo, non può esser vero…Ma Zinaida…No, è proprio un circolo vizioso, e iosono davvero un collegiale, quindi è stato tutto un sogno, Zinaida e il resto. Ma può essere vero, o no?Be’ ci sono migliaia di cose che quand’ero in collegio non sapevo e non potevo sapere. Farò subito la prova. Che cosa posso cercare di ricordare? Ah ecco! A quel tempo non sapevo l’inglese. Lo imparai piùtardi. Se adesso lo so, vuol dire che è tutto vero, che sono stato all’estero, eccetera. Come incomincia quelracconto di Stevenson che parla della figlia del re che non aveva potere sul domani. “La canzone deldomani”? Si, proprio così.

“Il re di Duntrine ebbe una figlia da vecchio, ed essa era la più bella figlia di re tra due

mari…”.

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Allora è tutto vero. Lo so, l’inglese. Ricordo anche come continua:“…le sue chiome erano come oro filato, e i suoi occhi come acque in un fiume; e il re le diede

un castello sulla spiaggia del mare, con una terrazza, e un cortile di pietra tagliata, e quattro torri ai

quatto angoli”.Ma allora, vuol dire che è tutto quanto un sogno…”

“Osokin, Osokin”, chiama il suo amico Memorskij. “Perché te ne stai li appollaiato come unacivetta? Ti sei addormentato? Non senti, il tedesco sta prendendo i nomi di quelli che non sono ancoravestiti. Svegliati, che il diavolo ti porti!”. Osokin afferra il guanciale e, rabbioso, lo scaglia addosso aMemorskij, che lo schiva agilmente con una risata.

Proprio in quell’istante, da dietro l’arcata, entra il preside tedesco, e il guanciale, passando soprala testa di Memorskij, va a colpirlo in pieno viso. Egli vacilla sotto quel colpo inatteso, poi si avventafurioso su Osokin.

Il tedesco ha l’abitudine di “acchiapparli” con le sue proprie mani e trascinarli in qualche postodove li costringe a rimanere in castigo:”sotto l’orologio a muro”, oppure “sotto la lampada” “vicino alloscaffale”,o semplicemente “al muro”. I ragazzi non considerano vergognosa la punizione, ma “farsiacchiappare” dal tedesco è ritenuto ridicolo e umiliante.

Dapprima, Osokin guarda il tedesco con aria sperduta, vorrebbe spiegargli l’accaduto, ma alla

vista di quella faccia infuriata, e comprendendo le sue intenzioni, impallidisce e mette le mani avanti per difendersi. Il tedesco, accortosi in tempo della mossa e dell’espressione del viso di Osokin, si ferma. Per qualche istante, rimangono l’uno di fronte all’altro. Intorno si forma rapidamente un capannello dispettatori incuriositi. Il preside soffoca la rabbia, ma si controlla e decide di fare in modo che la cosa sia il più possibile spiacevole per Osokin.

“Perché non sei vestito?”, gli urla. “Per quanto ancora dovrà continuare questa condottascandalosa? Ti azzuffi fin dal primo mattino! Stai facendo aspettare tutti. Dirò agli inservienti che tilavino loro, visto che non vuoi lavarti da solo. Fa’ in fretta a vestirti, e va’ sotto l’orologio a pendolo.Resterai senza colazione, e durante la lezione starai in piedi vicino allo scaffale. Dopo parlerò con GustavLukic. Avanti, vèstiti!”.

Il tedesco si gira di scatto ed esce. I ragazzi si disperdono:alcuni ridono, altri prendono le parti diOsokin con grida d’incoraggiamento. Osokin comincia nervosamente a vestirsi.

“Che cosa completamente assurda”, è il pensiero che gli attraversa la mente. “Che sognoidiota! Pensa un po’ dover rivedere quel brutto ceffo. Ma perché mi sto vestendo? Ora mi rimetto a letto eci resto. Tanto è un sogno”.

Ma in quell’istante si ricorda del mago, ed è tale la meraviglia che a stento si trattiene dal ridereforte.

“Mi figuro che cosa direbbe il mago! Questo è proprio un bel modo d’incominciare una nuovavita. E, curiosamente, è la stessa cosa che mi accadde l’altra volta. Ricordo benissimo quella faccenda delguanciale. Ma come facevo a sapere che cosa sarebbe successo oggi? Di certo il mago direbbe: “Losapevi”. Effettivamente, mi è passato per la testa qualcosa del genere, proprio mentre stavo per tirare ilguanciale. Avrei potuto fermarmi, volevo fermarmi, eppure l’ ho tirato. Accidenti al tedesco! Proprio luidoveva arrivare. Adesso si lamenterà con Gustav e sarà proprio un brutto pasticcio. Vorrà dire che miritireranno la licenza e forse mi abbasseranno il voto di condotta. Ma perché sto a pensarci? Per me nonha importanza né in un caso né nell’altro. Ora mi sveglio subito. Devo fare uno sforzo; non c’è niente di

reale in tutto ciò. Voglio svegliarmi. Ma….”Da dietro l’arcata ricompare il tedesco.“Non sei ancora pronto?”, grida ad Osokin, “Prokofij, portalo sotto l’orologio”.Un altro inserviente della scuola. Prokofij, anche lui veterano e grande amico di Osokin – i

ragazzi lo chiamano “Patata” – si dirige a malincuore verso di lui dall’altro capo del dormitorio.Rendendosi conto che tra due mali conviene scegliere il minore, Osokin afferra un asciugamano e, senzaguardare il tedesco, esce a passi rapidi dal dormitorio.

Il pianerottolo che divide il dormitorio dei piccoli da quello dei grandi. Un’ampia scalinata inferro battuto conduce al piano inferiore. Alla parete, una vecchia pendola rotonda di legno giallo. Sottol’orologio c’è Osokin ritto in piedi con un’aria agitata e sconvolta. Davanti a lui i ragazzi passano avanti eindietro. Nessuno gli fa caso.

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“Sto impazzendo, o sono già pazzo?”, si chiede Osokin. “Sogni del genere non esistono. Eppurenon riesco a svegliarmi. E’ impossibile che sia davvero ritornato in collegio. E’ tutto troppo stupido.Sento che se soltanto mi metto a pensare alla mia vita, a Zinaida…. Mi sveglierò; ma non riesco asmettere di pensare a quell’idiota di un tedesco e al fatto che sabato mi toccherà restare dentro. Ecco perché continuo a dormire. Sarebbe davvero buffo tornare a scuola per farsi tenere dentro senza licenza

come al solito. No, è assurdo. Se ritornassi indietro davvero, in ogni caso, dovrei cavarne tutti i vantaggi possibili: e debbo dire che sarebbe proprio interessante vedere Zinaida da bambina. So persino a chescuola andava. Ma può essere vero che sta per sposare Minskij, e che diventerà una completa estranea per me? E allora, perché ho voglia di vederla? Ma c’è una cosa che non capisco: perché questo stupido sognocontinua? In genere, nel sonno, appena comincio a rendermi conto che sto sognando, mi sveglio subito.Adesso, per chissà quale motivo, o non ci riesco. Lo so, quello che farò. Scavalcherò la ringhiera e salteròdi sotto. Se galleggio in aria, significa che si tratta di un sogno. In fondo, non può essere la realtà, quindinon posso cadere”.

Con un lungo passo Osokin attraversa decisamente il pianerottolo, si appoggia alla balaustra diferro e guarda in basso, In quell’istante, alcuni ragazzi più o meno della sua età escono di corsa daldormitorio. Alla vista di Osokin che si sporge dalla balaustra si precipitano verso di lui sorprendendoloalle spalle. Ridono tutti.

Osokin tenta di divincolarsi e involontariamente colpisce in viso con il gomito uno dei suoi

assalitori. Il ragazzo prova evidentemente un forte dolore: caccia uno strillo e si porta la mano al viso. Ilsangue gli gocciola tra le dita. Gli altri ragazzi lasciano andare Osokin e rimangono in attesa di vedereche succederà. Il tedesco esce dal dormitorio degli anziani e capisce la situazione al primo sguardo.Osokin, che già si trovava in castigo, in piedi sotto l’orologio questa volta, e che non aveva il diritto dispostarsi senza permesso, ha lasciato il suo posto e ha preso parte ad una zuffa rompendo il naso aKlementjev.

Osokin, consapevole che tutto depone in suo sfavore, tenta di dire qualcosa ma il tedesco non lolascia parlare.

“Un’altra zuffa, e ancora una volta si tratta di Osokin”, urla “Tanto per cominciare chi ti ha datoil permesso di muoverti dal tuo posto? No, questo è troppo!”. Il tedesco si sta scaldando sempre più.”Dobbiamo forse incatenarti, o metterti in gabbia? Oppure metterti la camicia di forza? Non ti si puòlasciar solo un istante! Basta! Qui non ci sono infermieri per te. Quando gli altri vanno in refettorio, turesterai in castigo, in piedi sotto l’orologio per tutta la durata delle lezioni fin quando arriva GustavLukic. Faccia lui quel che vuole di te. Io ci rinuncio. E se ti sposti un’altra volta di qui, ti spedisco insanatorio”.

Osokin è infastidito e disgustato da tutto quel che sta succedendo; al tempo stesso, però, la vistadel tedesco lo diverte immensamente. Ha voglia di dirgli qualcosa per fargli capire che lui, Osokin, non èun collegiale e che questo è solo un sogno, ma non gli viene in mente nulla. E, ciò nonostante, si senteturbato per le minacce del preside, come se ci fosse in agguato qualcosa di terribilmente spiacevole.Ora Osokin è di nuovo in castigo sotto l’orologio.

All’altra estremità del pianerottolo, gli altri alunni stanno mettendosi in fila per due: i più piccolidavanti, gli anziani dietro. In tutto sono circa un centinaio.

“Prokofij”, strilla il tedesco. “Osokin deve restare li in piedi sotto l’orologio. Se si muove dalsuo posto, vieni a riferirmelo”.

Il tedesco lancia ad Osokin un’occhiata colma di disprezzo, poi scende lentamente la scala in

testa alla fila dei ragazzi: questi lo seguono a due a due senza fare attenzione ad Osokin“Verrò a rifornirti, Osokin!”, gli grida Memorskij. Nel gergo del collegiale, questo significa che più tardi porterà un panino o almeno un boccone ad

Osokin che altrimenti resterebbe senza colazione.

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VII. PENSIERI

Osokin rimane solo. Contro la sua volontà, si va impadronendo di lui l’agitazione tipica dello

scolaro che ha fatto qualcosa di male e si aspetta la punizione: una sensazione di cui il giovane non riescea liberarsi.Rimanere solo nel dormitorio e stare in piedi “sotto l’orologio” durante la colazione e per tutte le

lezioni non è una punizione qualsiasi che si possa trascurare. Essere spedito in sanatorio, poi, è la cosa peggiore che un preside possa minacciare, dall’alto della sua autorità. Il sanatorio, di per sé, non ha nulladi spaventoso. Anzi, è un luogo assai piacevole; ma farcisi spedire quando non si ha nulla significa essereseparati dagli altri, e generalmente è il passo che precede l’espulsione dalla scuola.

Gli inservienti del collegio, tutti vecchi soldati, stanno pulendo i dormitori. Dal pianerottolosi scorge sia quello dei piccoli che quello dei più grandi.

“Prima di tutto, io a questa storia non ci credo affatto”, dice Osokin fra sé, “e poi, ho voglia difumare”, conclude inaspettatamente. “Chissà se ho qualche sigaretta”. Si fruga nelle tasche. “Neancheuna. L’orologio, una moneta d’argento da venti copechi, un temperino, una candela, una lented’ingrandimento, un pettine, una matita e basta”.

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Osokin non può trattenere un sorriso, alla vista del contenuto delle sue tasche di scolaro.“Solo il diavolo sa che strani sogni si possono fare!”, pensa. “Però è stupefacente; sta ritornando

tutto quanto, pezzo per pezzo.E’ esattamente lo stesso che accadde allora: colpii il tedesco con il guanciale, spaccai il naso a

Klementijev, e credo persino che cercai una sigaretta, mentre stavo in piedi sotto l’orologio. Ma ieri non

avrei saputo ricordare tutte queste cose né esporle nei minimi dettagli come adesso. Ora invece ricordo persino quel che accadde dopo: Gustav venne a farmi la lezione, poi mi abbassarono il voto di condotta ein seguito rimasi senza licenza per tre domeniche. La cosa mi fece infuriare, e perciò smisi del tutto distudiare. Fu l’inizio di tutta una serie di piacevoli eventi che mi hanno portato a ripetere la quarta per dueanni di seguito. Se sono tornato indietro per rifare tutto per bene, non avrei potuto davvero scegliere uninizio migliore. Ma sono tutte sciocchezze. Che me ne importa della scuola? Ora mi sveglio e tutto finirà.E’ soltanto un ricordo che è tornato a galla per chissà quale motivo….meglio pensare al presente”.

Cerca di pensare a Zinaida, ma prova una stretta al cuore che gli fa scuotere il capo, e dice fra sé:“No, qualsiasi cosa ma questo no; è proprio da questo che ho voluto fuggire. Non mi importa

se questo è un sogno o no; ma il pensiero di Zinaida non lo sopporto! E a che cos’altro potrei pensare,allora? Va tutto così male….sia qui che là. Non è possibile. Devo trovare qualcosa su cui fissare lamente, altrimenti è insopportabile… Chi era che ieri è venuto trovarmi? Ma certo Stupitsin! M’immaginoquanto riderebbe se gli dicessi che il mago mi ha fatto ritornare a scuola. Credo che non potrebbe esistere

 punizione peggiore. A proposito, anche Stupitsin dovrebbe essere qui, solo che lui non frequenta da pensionante. Sarebbe interessante incontrarlo. Comunque, devo cercare di far qualcosa, sogno o nonsogno. Non voglio restare in piedi sotto l’orologio. Non è certo per questo che sono tornato a scuola. Ma èun sogno maledettamente strano; una specie di incubo o di delirio.Forse sono malato, forse ho il tifo. E’strano che riesca a ragionare in modo così coerente; però dicono che a volte succede proprio così. Sequesto è vero, debbo ritrovare l’inizio. Quando potrebbe essere cominciato questo delirio? Ricordo cheieri Stupitsin mi ha detto che non avevo un bell’aspetto. Poi sono andato alla posta e ho incontratoKrutiskij che mi ha detto di Zinaida. E’ stato quello l’inizio di tutta questa storia…Ma in fondo può darsiche non sia successo proprio niente; forse alla posta non ci sono mai andato e Krutiskij non l’ hoincontrato; forse anche questa storia di Zinaida che si sposa è delirio. E’ possibile che mi sia ammalatosubito dopo che Stupitsin se n’è andato ed ora sono nella mia camera, delirante…o all’ospedale….e nonriesco a svegliarmi. Questa è la cosa più probabile. Be’ allora, appena sarò guarito, partirò per laCrimea…anche senza biglietto, se è necessario, magari seduto sui respingenti del treno, ma ci andrò…Forse però non ho il tifo ma una di quelle febbri che mi venivano quando ero in Turkestan”.

Intanto ecco Prokofij, che è in ottimi rapporti con gli allievi, venirgli incontro sorridente,facendogli un cenno col capo.

“Be’ te la sei meritata, Osokin! Per cosa vi azzuffavate?”. Osokin dapprima non capisce, poi,senza volere, gli risponde con le parole di uno scolaro:

“Ma non stavamo mica azzuffandoci. L’ ho solo colpito per sbaglio col gomito”.Prokofij scuote il capo. “Be’ , l’ hai preso in pieno. Come gli sanguinava il naso!Non si riusciva

a fermarlo. E tutti a dirgli:"Tieni su la testa!". E adesso ha il naso tutto pesto e gonfio così”. E mostraquanto è diventato grosso il naso di Klementjev.

“Ma è stato un incidente”, dice Osokin bilanciandosi prima su un piede poi sull’altro.“Eh già, e anche il guanciale che hai tirato in testa a Wilhelm Petrovic è stato un incidente?

Aspetta un po’ e vedrai che a te ci penserà Gustav Lukic!”.

Prokofij lo saluta con la mano ed entra nel dormitorio.Il filo dei pensieri di Osokin si è spezzato.“Non riesco a capire”, dice. “ Che cosa sono adesso, uno scolaro o un uomo adulto? Si, questa è

la ripetizione di tutto quello che è accaduto prima, fin nei minimi particolari. Ma allora, se sono tornatoindietro, non è stato certo perché questo accadesse. E se è un sogno,perché dura tanto? Quanto spessosognavo la scuola, prima! Ed era sempre buffo da morire. Ricordo che quando ero a Parigi sognavo diessere di nuovo a scuola. Tutto era esattamente come adesso. E ricordo che volevo uscire per andare daqualche parte, e domandavo il permesso a Gustav, e lui non voleva lasciarmi andare.Io gli dicevo:”Debboandare a trovare certa gente. Gustav Lukic, per via di un affare importante. 14 lui, col suo buffo accentoceco, mi rispondeva:”Questo non m’interessa. Se ti sei iscritto a questa scuola, devi accettarne tutte leregole”. Be’, questo significa che ora dovrò avere un’altra spiegazione con Gustav Lukic.

Però, maledizione!, debbo ammettere, che è tutto molto strano: debbo proprio cercare di nondimenticare questo sogno. Uno si scorda sempre le parti più interessanti. Ecco un buon soggetto per una

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 poesia: dove finisce il sogno e dove incomincia la realtà? E’ impossibile stabilirlo. Quello che vediamo cisembra realtà, ma poi chiamiamo sogno la stessa identica cosa.

Però mi domando se questo sogno continuerà ancora a lungo. Se sapesso per certo che durerà,  potrei farlo andare come voglio. Potrei vedere tante cose! Vediamo un po’…chi vorrei vedere? Maimadre?”

Osokin si arresta nel mezzo delle sue riflessioni con un senso di spavento.“Ma è morta”, dice tra sè e sé, “mi rammento il suo funerale. Come la vedrò adesso? Non potrò

mai dimenticare di averla vista morta. Mi ricordo: anche allora, a scuola, pensavo che sarebbe venuto ilmomento in cui lei sarebbe morta, e mi domandavo che cosa avrei dovuto fare. E poi, è morta davvero…eio non ho fatto nulla, ho continuato a vivere. La cosa più tremenda è che ci si rassegna a tutto. Ma adesso,quanto vorrei vederla! Perché questo sogno è così stupido? Perché sogno il tedesco, Prokofij, e non lamamma? Che strana sensazione! E’ esattamente la stessa cosa che mi succedeva di continuo a scuola.Ricordo che a volte mi veniva da pensare che la mamma avrebbe potuto morire, e mi veniva un desideriodisperato di vederla subito, di essere a casa in quello stesso istante, seduto accanto a lei, e di parlarle. Edora è la stessa cosa. Non so che cosa darei per poterla soltanto vedere, adesso. Ma tanto penso che sabatomi faranno restare dentro. Che cosa stupida! Perché sto a pensarci? Questi sogni non possono impedirmidi fare quello che desidero. Voglio vederla, debbo vederla! E’ tutto come prima un’altra volta. Quanto miannoiavo quando non mi lasciavano uscire per la fine di settimana! Queste creature ottuse non possono

capire che significa stare qui dentro per una settimana senza poter andare a casa il sabato. E’ l’unica cosache rende possibile vivere qui dentro. Ma che posso fare per vedere la mamma? E’ necessario, ma altempo stesso mi spaventa. Come farò a guardarla e a parlarle, ora, con in mente il ricordo del suofunerale?Ora capisco perché sentivo sempre quel senso di compassione per lei. Era un presentimento”.

Osokin rimane a lungo immerso nei suoi pensieri.“Non riesco proprio a venire a capo di questa storia”, dice, guardandosi intorno.”Voglio capire se

questo è un sogno o no”.

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 Pètr Demianovic Uspenskij - La strana vita di Ivan Osokin

VIII. IL PASSATO

Sullo schermo cinematografico scorre una serie di immagini della vita di collegio.La mattinata continua. Prima delle lezioni Osokin è chiamato al cospetto del vicepreside, un

grasso ceco di nome Gustav Lukic, che gli impartisce una lunga ramanzina. Osokin tenta di spiegarglil’accaduto, ma quello si rifiuta di ascoltarlo e lo minaccia di ogni sorta di terribili punizioni. Alla fine, per tutte le mancanze commesse durante la mattinata, Osokin si vede sospendere la licenza per tredomeniche.

Le lezioni hanno inizio. Osokin non sa neppure quali fossero le materie da preparare. Pessimovoto in greco. Le altre lezioni trascorrono senza incidenti: Osokin non viene interrogato.

Lo scolaro rimane seduto al suo posto per tutta la durata delle lezioni, e durante l’intervallo simuove come avvolto da una specie di nebbia. Gli risulta penoso pensare di essere un uomo adulto, perchéallora i suoi pensieri vengono occupati da Zinaida; ma è altrettanto penoso pensare di essere uno scolaro, perché allora gli viene in mente sua madre e sente che presto ella dovrà morire.

Alla fine delle lezioni i collegiali si cambiano, indossano camiciotti di tela e scendono al pianoinferiore. Non escono perché è brutto tempo. In autunno accade talvolta che i ragazzi non escano per tresettimane di fila. Che piacere sarebbe per il maestro affondare nel fango o camminare sotto la pioggia? E poiché i maestri sono cinque, e ogni giorno ne è in servizio uno diverso, ciascuno immagina che a portar fuori gli alunni provvederanno gli altri. E in fondo che cosa importa se i ragazzi restano dentro per un paio di giorni?

 Nessuno pensa mai che in questo modo passano le settimane, una dopo l’altra. E preside evicepreside non vogliono saperne nulla. Tanto vengono a scuola soltanto la sera.

I ragazzi si sparpagliano per tutto il vasto edificio del collegio. I più piccoli corrono al piano disotto, in palestra.

Osokin è seduto su un davanzale al primo piano e il suo sguardo si posa sulla strada. Tutto èesattamente lo stesso. C’è l’insegna che dice “Salumi e formaggi” e, più in là, quella delle “Carni e pesci”.

Fango, pioggia, uno scorcio dell’odioso autunno moscovita. Passano tram a cavalli con le bestiesfiancate, grondanti di pioggia, e carrozze con le capotes rialzate. Osokin si sente triste e infelice.Vorrebbe essere a casa con sua madre, a leggere, o ad ascoltarla leggere a voce alta. Oppure, sarebbe bello andare da qualche parte, in giro per le strade sotto la pioggia; a volte anche questo è molto piacevole. Forse potrebbe addirittura vedere Zinaida!…Ecco, di nuovo gli stessi pensieri!

“Ma insomma, in fin dei conti, è un sogno o è realtà?”, si domanda. “Che cosa dimostra che si

tratta d’un sogno? L’inglese? Si, perché non avrei potuto saperlo, prima. Ho iniziato a studiarlo aPietroburgo. Come incomincia quel racconto? “Il re di Duntrine ebbe una figlia da vecchio, ed essa era

la più bella figlia di re tra due mari…”.Gli tornano alla mente, a frasi spezzate, altre parole della favola di Stevenson.“Non riesco a ricordarla per intero”, dice Osokin fra sé. “Debbo trovare quel libro. Ma è curioso

davvero: se sono uno scolaro, come faccio a conoscerlo? E so benissimo di essere stato a Londra e di aver vissuto in una pensione nei pressi del British Museum; e di Parigi, poi, conosco ogni strada e ogni angolodi Montmartre e della Rive Gauche. No, proverò a far finta che non sto dormendo, e che il mago mi hadavvero fatto tornare indietro, così come volevo, perché possa rivivere la mia vita in modo nuovo.Quindi, che debbo fare? Tutto dev’essere diverso. Debbo terminare la scuola, e per questo occorrelavorare sodo ed evitare avventure come quella di stamattina. Naturalmente sarà difficile, all’inizio, madopo un paio di giorni mi ci abituerò. Ora sono in quarta; ciò significa che quando terminerò la scuolaavrò diciott’anni e andrò all’Università. Quando incontrerò Zinaida sarò già laureato. Tutto sarà

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differente. Ma quanto tempo ci vorrà…E che noia, qui dentro: una noia semplicemente mortale. Si,capisco perfettamente perché non riuscivo a studiare, e perché non ho mai terminato la scuola. Come  posso sopportare questa noia? Debbo pensare a quando andrò in Crimea con Zinaida. Che cosameravigliosa sarà! La sera, in treno, siederemo fianco a fianco e guarderemo passare i campi…poicomincerà la steppa, e poi le colline di gesso, e poi ancora steppa. Forse riuscirò a conoscerla

 prima….Effettivamente, dovrei averla già c conosciuta. E’ qui a Mosca. Lei non lo saprà, ma io la vedrò,ogni tanto. Ma come ha potuto accettare di sposare Minskij? E’ stata colpa mia. Deve aver pensatoveramente che non sono partito perché m’interessava un’altra donna; ma adesso, sarà tutto differente”.

Gli si avvicina il suo amico Sokolov. E’ un poco più giovane di Osikin, ed è una classe indietrorispetto a lui, ma per qualche strana ragione è l’unico con cui Osokin sente di poter parlare.

“Che cosa sogni Osokin?”.“Sai, Sokolov”, risponde egli, “tu diventerai avvocato”.“Che sciocchezza!Io andrò alla facoltà d’ingegneria”.“Ma nient’affatto, tu studierai legge. E ora, indovina che cosa farò “Se passi il tempo a far quello

che hai fatto oggi, a tirare guanciali in faccia a Wilhelm e a prendere almeno un brutto voto al giorno, lacosa più probabile è che diventi un vagabondo o un mendicante. Be’, forse, in nome della vecchiaamicizia, ti troverò un posto di segnalatore”.

“Be’ lo vedremo”, risponde Osokin.

“Non c’è proprio niente da vedere. E? chiaro come il sole che non terminerai mai la scuola”.“Come puoi parlare con tanta sicurezza?”.“Perché non fai niente”.“Ma qui è una noia terribile”, ribatte Osokin. “Comunque ho preso la decisione di darmi da fare.

 Non voglio ripetere la quarta un’altra volta per tutto l’oro del mondo”.Sokolov ride. “Quante volte l’ho sentita!Sono mesi, ormai, che dici che ti metterai al lavoro! Be’,

dimmi un po’, che cosa c’è di greco per domani?”.“Uh secchione!”, ride Osokin. “E, sai? , avrai la barba rossa”.“Dai, dimmi ancora un po’ di bugie. Perché dovrei avere la barba rossa? Ho i capelli neri!”.“Si, avrai la barba rossa e farai l’avvocato. L’ho sognato”.“Andiamo di sotto” dice Sokolov.E i due ragazzi escono insieme.

Qualche giorno più tardi. La lezione serale. File di banchi. Attraverso la porta aperta si scorge laclasse dei più piccoli. I lumi sono accesi. I ragazzi stanno preparando la lezione. Osokin, deciso a mettersia studiare, si è fatto un programma e sta ripassando la grammatica latina. Dopo aver letto una pagina,chiude il libro e guardando fisso davanti a sé ripete mentalmente; “ Cupio, desidero, opto, volo, appeto…

Maledizione! Che diavolo significa appeto?”.Guarda nel libro di grammatica.“Ah, si…Allora: volo, nolo,appeto, expecto, possum, postulo, impetro, sdipiscor,

experior,praestolor…praestolor ….L’ho dimenticato un’altra volta!”.Consulta il libro, poi sbadiglia e si guarda intorno.

“Ma che noia infernale. Si, ora capisco perché prima non riuscivo ma i a studiare. Ma pensa un po’, inventarsi un’assurdità come questa per farci imparare la grammatica latina nuda e cruda! Eppure,anche il latino potrebb’ essere interessantissimo. Ricordo quelle lezioni, alla Sorbona. Ci andai per 

studiare psicologia e mi prese un grande amore per la poesia latina…E ora questo latino scolastico è diecivolte più noioso di prima. Be’ devo dire che mi sono cacciato in un pasticcio. E debbo cavarne tutto il  possibile. Ma che cosa nauseante, dover stare seduto qui dentro per tre settimane! Sarebbe tantointeressante vedere Mosca. Strano che non mi sia reso conto di quanto sarebbe stato noioso einsopportabile qui. Sembra proprio che io non possa farci nulla. Ma già prima era altrettanto noioso einsopportabile…”.

 Nella classe dei piccoli, dove si trova il maestro, si odono rumori: tutti si alzano. La primalezione è terminata. Due amici di Osokin, Telehov e un polacco di nome Brahovskij, gli si avvicinano.

“Hai preparato la lezione?”, chiede Brahovskij con una risata.“Si”.“Stai mentendo. E’ mezz’ora che ti osservo. Non riesco a capire che cosa stai facendo. Se stessi

leggendo si vedrebbe, ma tu ti limiti a fissare il libro: è ovvio che non impari un bel niente. Stai li sedutoa fissare il vuoto”.

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“Sta’ a sentire, Brahovskij”, dice Osokin:”conosci la storia del polacco e del khokhol •? Il polacco

disse al khokhol: “Sei un fannullone: da tre ore sto seduto a  guardarti, e non hai fatto un bel niente!”. E ilkhokhol  rispose:”E tu, che cos’hai fatto per tutto quel tempo, panie ?”.

Tutti ridono, eccetto Osokin, che guarda Brahoskij perplesso mentre nella sua mente si fa stradaun nuovo turbine di pensieri. Non sente neppure il resto della risposta di Brahovskij.

“Ricordo benissimo”, dice tra sé e sé. “Eravamo qui in piedi, esattamente come adesso, eBrahovskij disse la stessa cosa: che non riusciva a capire come facevo a star seduto a fissare il libro, e iogli raccontai la stessa storiella. Il che dimostra quant’è facile ricadere nel solito solco. Ma no, tutto questodeve cambiare”.

A queste parole; si ferma.“Mi sembra che anche allora ripetevo a me stesso che tutto doveva cambiare”.

Alcuni giorni dopo. Di nuovo la lezione della sera; Osokin è molto annoiato e si sente lacerareinteriormente.

“Debbo uscirne fuori”, si dice. “In fondo, in una giornata vi sono tanti momenti in cui uno potrebbe semplicemente prendere e uscire dal collegio. Perché non l’ho fatto subito? Tutta questa storiadel tornare indietro è assurda. Proprio non ne posso più di stare qua dentro. Non capisco questa situazionee non ci credo neanche un po’, ma, anche se sono stato tanto stupido da ritornare, prima riesco adandarmene, e meglio è; se la possibilità di cambiare esiste, il cambiamento può cominciare soltanto seriesco ad andar via dal collegio, a qualsiasi costo. Non debbo far altro che scappare”.

Ma, mentre pensa tutto questo. Osokin sa bene che non lo farà mai.“Sarebbe troppo facile se potessimo fare cose del genere”, dice ancora fra sé. “C’è in noi

qualcosa che ci trattiene qui dove siamo. E’ questa, credo, la cosa più terribile”.Ma non ha voglia di pensare. Rimane per un po’ seduto con la mente vuota, poi scivola

impercettibilmente in una di quelle fantasie ad occhi aperti che in passato sono state causa di moltelezioni non preparate e di tanti brutti voti. Questi sogni si chiamano “Viaggio in Oceanine”. Sono ilmetodo migliore per sfuggire alla realtà.

Osokin naviga sul Pacifico. Durante una tempesta la nave urta contro uno scoglio e cola a picco.Un’onda lo scaglia mezzo morto sulla costa di un paese ignoto. Viene trovato, portato in una casa,rianimato e nutrito dagli abitanti.

Una volta pienamente ristabilito, Osokin comincia a interessarsi molto a questa gente. Presto sirende conto che non si tratta di uomini come tutti gli altri che abitano il resto del mondo. Sono una razzamolto colta e civile. Hanno fondato uno Stato ideale in cui la miseria, i delitti, la stupidità e la crudeltànon esistono. Tutti sono felici, tutti si godono la vita: il sole, la natura, l’arte. “Viaggio in Oceanine” èun miscuglio di elementi tratti da una mezza dozzina di libri che ha letto, ma per Osokin c’è qualcosa dimolto personale e di molto emozionante, nell’Oceanide. Laggiù gli accadono mille cose interessanti.Uno o due abitanti di Oceanine – a volte si tratta di una ragazza dal viso allegro e gaio – gli fanno daguida, mostrandogli le istituzioni del Paese e spiegandogliene l’organizzazione sociale. Scendono insiemenel cratere di un vulcano spento; scalano le vette innevate delle montagne; vivono dozzine di avventurestrane ed inconsuete. A volte, quando è la ragazza dal viso allegro a fargli da guida. Osokin si trova insituazioni assai complicate: o debbono passare la notte nella stessa stanza in una locanda disabitata;oppure, in montagna, la pioggia e il temporale li costringono a rifugiarsi in una caverna; oppure ancora, la barca a bordo della quale attraversano il fiume si capovolge, ed essi raggiungono a nuoto un’isoletta dive

fanno asciugare i vestiti davanti al fuoco. In molte di queste occasioni, la compagna di Osokin si veste esi spoglia davanti a lui senza il minimo imbarazzo: e tanta naturalezza e libertà dalle inibizioni gli dannoun piacere particolare, ed eccitano la sua immaginazione.

Mentre sta vivendo qualcuna di queste avventure in Oceanine, Osokin è incapace di interessarsi aqualunque altra cosa.

“Ma perché sto pensando un’altra volta a tutte queste sciocchezze?”, si domanda indeciso.“Perché non ho nient’altro cui pensare”, si risponde. “In fondo, è tutto ugualmente assurdo”.

Dopo un po’, però, con una curiosa sensazione d’interesse, nota una differenza marcata fra i suoisogni. Gli sembra di essere diviso.

Una parte di lui continua a lasciarsi trasportare, a inventare avventure sempre più stravaganti enuovi argomenti di conversazione con gli abitanti di Oceanine, mentre l’altra parte osserva il formarsi deisogni e ne trae le sue conclusioni. I sogni stessi subiscono un cambiamento percettibile. Prima di tutto, le

Piccolo russo, ucraino

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avventure con le fanciulle di Oceanine si fanno meno innocenti e acquistano il sapore di un’ esperienza più adulta; e in secondo luogo, Osokin ha l’impressione che il suo atteggiamento nei confronti dell’Oceanine stessa e dei suoi abitanti sia completamente mutato.

In passato – o, come dice lui quando parla a se stesso, allora – il suo atteggiamento era pieno dicuriosità e di ammirazione; adesso si è fatto ironico, incredulo e critico; Osokin si rende conto non solo di

aver perso la capacità di credere nelle Utopie e di trovarle piacevoli, ma di aver decisamente acquisito unasorta di diffidenza nei loro confronti, un sospetto che si tratti di menzogne deliberate, o almeno di uncamuffamento intenzionale della verità. Le sue conversazioni con “quelli del partito”, in Svizzera, aParigi, a Mosca, e le sgradevoli sensazioni che gli hanno sempre lasciato dentro, ormai si riflettono inmodo deciso su tutto ciò che accade in Oceanide.

Ha un involontario sorriso quando si rende conto che sta cercando, adesso, di dimostrare agliabitanti di Oceanine che non possono essere ciò che pretendono di essere.

“Siete degli impostori”, dice loro. “Non potete esistere nella realtà. E persino nellaimmaginazione, siete concepibili soltanto in circostanze che non possono avverarsi”.

“Ma noi siamo soltanto la dimostrazione di quello che tutti i popoli, di tutti i Paesi, possonofare”, replica l’abitante di Oceanine con cui Osokin immagina di discutere in quel momento.

“E invece dimostrate proprio ciò che è impossibile per tutti i popoli, di tutti i Paesi”, diceOsokin. “Perché voi esistiate, occorre che ogni logica sia mandata all’aria, e che si creino condizioni

artificiali che nella vita reale non possono verificarsi; e chiunque tenti di realizzare un’ organizzazionesociale simile alla vostra non otterrà altro risultato che distruggere quel po’ che resta di passabile, e faràsoltanto l’infelicità di tutti”.

Osokin si ferma di colpo, e il suo volto cambia espressione.“Eppure, questa è proprio la dimostrazione che io ho lasciato una vita completamente diversa per 

ritornare indietro”, riflette. “Non ci avevo mai pensato. Ero tutto preso dalle Utopie. Adesso so chesono soltanto un’ impostura, e di bassa lega. Molto interessante. Ho cercato di dimostrarlo: ebbene,questa è una prova certa. Non avrei mai potuto pensarla così, prima”.

Fine delle lezioni. Osokin esce mescolandosi alla folla chiassosa dei ragazzi, tutto preso dalle suenuove riflessioni e dalla sua scoperta inattesa. Si sente molto triste: Oceanine non gli sembrerà più bellacome prima. Probabilmente, scomparirà del tutto, come altri suoi sogni in cui immaginava di essere unfamoso generale, un celebre poeta i un grande pittore.

Alcuni giorni più tardi. E’ notte. Il dormitorio del collegio. Osokin è sdraiato su un letto duro,sotto una coperta rossa. Dall’altra estremità del dormitorio proviene la fioca luce di un lume mezzoconsumato.

“Non capisco niente”, pensa fra sé il ragazzo. “Adesso sembra tutto un sogno, sia il presente cheil passato. Vorrei tanto svegliarmi da tutt’e due. Vorrei poter essere nel sud da qualche parte dove ci sianosole, mare e libertà. Vorrei non pensare a nulla, non aspettarmi nulla, non ricordare nulla. Ma che strano!Il mago diceva che avrei ricordato tutto, a meno che non avessi voluto dimenticare: ed ecco che ho voglia proprio di dimenticare. Mi sembra di aver dimenticato molte cose, in questi ultimi giorni. Non losopporto. E’ troppo penoso per me pensare a Ainaida. Forse questo è un sogno. Ma no, non puòessere: io ci sono stato davvero…Dunque, tutto ciò che succede adesso. Quel che più mi stupisce è che prendo tutto con questa calma, senza neanche meravigliarmi troppo: come se tutto fosse esattamente quelche dev’ essere. Ma che cos’ altro potrei fare? Forse, tutti gli eventi fuori dell’ ordinario li accettiamo in

questo modo. Per quanto possiamo stupirci, non cambia niente, e allora cominciamo a far finta che nullaci sembri stupefacente. Quando morì mia nonna, pensai: “Che cosa inspiegabile, straordinaria, è lamorte!”.

Ma tutti la danno per scontata. E che cos’altro possono fare? Mi ricordo che durante il funeralemi venne da pensare che se tutti gli uomini scomparissero improvvisamente, e ne restasse uno solo, lacosa gli sembrerebbe tremenda e sconvolgente magari per un giorno…ma l’indomani, probabilmente, latroverebbe del tutto normale e inevitabile.

Che strano, ritrovarmi a scuola! Ricordo il suono del respiro dei compagni, diverso per ciascuno,simile al ticchettio degli orologi nella bottega dell’ orologiaio. Ricordo di essere rimasto spesso sveglio dinotte, ad ascoltarlo. Che cosa significa tutto questo? Come vorrei poter capire! “.

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IX. UN SOGNO

Osokin sogna che, mentre dopo le lezioni passeggia in palestra con Sokolov, conversando del piùe del meno, qualcuno viene inaspettatamente e convocarlo nella stanza dei ricevimenti. Capita a volte che

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sua madre venga a trovarlo verso quest’ora, cosicché Osokin sale le scale e attraversa i lunghi corridoisenza aspettarsi nulla d’insolito.

 Nel salotto dei ricevimenti c’è invece una giovane donna elegantissima il cui aspetto gli è deltutto sconosciuto. Egli si arresta confuso, terribilmente imbarazzato a causa del suo camiciotto di telamacchiato d’inchiostro, dei ciuffi di capelli spettinati, di tutto il suo aspetto di scolaro.

E’ chiaro che l’hanno chiamato per sbaglio, confondendolo con qualcun altro; ma la giovanesignora lo guarda, ride e gli tende una piccola mano guantata di camoscio giallo.

“Cielo, quanto sei cresciuto!”,esclama. “Si direbbe proprio che tu non mi riconosca”.Osokin la guarda e non sa che dire. E’ molto bella, i suoi occhi sono grandi e luminosi. Si sente

sempre più impacciato. Vorrebbe dire qualche parola cortese, ma è pronto a scommettere di non aver maiincontrato quella donna in vita sua. Per qualche motivo ha l’impressione che ella si prenda gioco di lui,dicendogli quanto è cresciuto come se lo conoscesse da un pezzo. Non riesce a capire per quale ragione lofaccia.

“Ebbene, non mi riconosci?”, dice la signora con una voce straordinariamente piacevole,limpida, una voce da fanciulla. “Pensaci e ti rammenterai”. Lo guarda ridendo.

Per un breve istante un ricordo attraversa veloce, più veloce del pensiero, la mente di Osokin. Si,la conosce. Perché non l’ha capito subito? Ma quando può averla conosciuta?

Egli fruga in fretta nella memoria e ripercorre tutta la sua vita fino al momento in cui è andato a

trovare il mago: potrebbe affermare con certezza che quella donna nella sua vita non è mai esistita.“Oh, come sei buffo!”, esclama lei. “Insomma, tu sei proprio dimenticato di me. Non ti ricordi, a

Zvenigorod? Io ero più grande di te; rammenti? Portavo un nastro rosso nella treccia. Hai dimenticato levolte che andavamo al mulino, e quel giorno che andammo a cercare Jucka?”.

Osokin ricorda di aver abitato a Zvenigorod da piccolo, con sua madre e suo padre; ricorda ilmulino ad acqua nel bosco e l’odore della farina, l’aroma di catrame delle barche presso il traghetto, ilmonastero tutto bianco sulla collina e la foresta con le sorgenti d’acqua ghiacciata, proprio sopra lastrada; ricorda Jucka, il cagnolino nero che un giorno sparì e non si trovò più per un pezzo. Ma la ragazzacon il nastro rosso nella treccia con c’era: ne è assolutamente convinto. Di nuovo, ha l’impressione che ladonna si stia prendendo gioco di lui. Ma perché? Chi è? Come fa a sapere di Zvenigorod e di Jucka?

Osokin tace mentre alla continua a ridere della sua risata contagiosa. Lo prende per la mano e lofa sedere accanto a sé. Osikin avverte il profumo di lei: un profumo lieve, ma stranamente penetrante. Masi, certo che la conosce. Ma quando, dove l’ha incontrata? Forse fa parte di qualche altro sogno. Questasensazione non gli è nuova: nel sogno egli ricorda un altro sogno.

“Perché sei così taciturno?”,domanda la donna. “Di’ qualcosa. Sei contento di vedermi?“Sono contento”, risponde Osokin arrossendo penosamente, incapace di smettere di essere un

semplice collegiale.“E perché sei contento?”.“Perché ti amo”, risponde lui senza sapere da dove gli venga il coraggio di dirlo, e intanto brucia

 per la vergogna insopportabile di essere uno scolaro, mentre lei è una donna adulta.Ormai ella ride apertamente, risono i suoi occhi, e ride persino la fossetta che ha nella guancia.“Da quando mi ami?”, domanda.“Ti ho sempre amata”, è la risposta. “Anche quella volta, a Zvenigorod”. Egli sente che questa

 bugia è necessaria.La donna gli lancia una rapida occhiata, e d’improvviso tra loro c’è qualcosa che viene

compreso ed accettato. E’ come se avessero deciso qualcosa di comune accordo.“Benissimo”, dice lei, “ma adesso che cosa facciamo? Sono venuta qui perché non ti trovavo danessuna parte”.

Osokin capisce che lei l’ha cercato laggiù….ma non sa dire dove si trovi, questo “laggiù”.Capisce anche che per qualche strana ragione non è necessario spiegarsi più chiaramente,

“Be’, allora”, dice lei, “hai intenzione di rimanere qui?”.“No”. Questa parola sorprende lo stesso Osokin. “Certo che no! Ce ne andremo insieme. Voglio

dire, io fuggirò con te. Scenderemo insieme al piano di sotto, e mentre tu ti vesti nell’ingresso, io mimetterò il cappotto di un altro e uscirò dalla porta principale. Poi prenderemo una carrozza e ce neandremo”.

“Ebbene, andiamo”, dice lei come se fra loro due fosse tutto già deciso da un pezzo.Osokin capisce e insieme non capisce: un turbinio di speranze gli invade la mente. E’

straordinariamente piacevole provare all’ improvviso tante sensazioni nuove ed accorgersi di tanti

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cambiamenti inattesi. Davanti a lui c’è qualcosa di nuovo, qualcosa che non gli è mai accaduto prima,qualcosa che splende di colori smaglianti.

I due escono sul pianerottolo e scendono insieme la scalinata. Ma questa è lunga e buia, adifferenza di quella che conduce all’ ingresso.

“Abbiamo preso la scala sbagliata” , dice Osokin.

“Non fa nulla”, sussurra piano lei. “Questa ci porterà dritti dritti fuori di qui”. Nell’ oscurità ellalo circonda con le braccia e con una dolce risata preme il capo di lui contro il proprio.

Osokin avverte il tocco delle braccia di lei, sente la seta e la pelliccia contro il viso, avverte il profumo della donna e il suo contatto morbido, tenero, caldo. Con esitazione, la prende tra le braccia:attraverso il vestito e il corsetto sente i seni di lei, soffici e sodi. Il suo corpo è assalito da un tremito penosamente dolce. Le sue labbra le premono una guancia ed egli ode il respiro affrettato di lei. Le labbradi lei cercano le sue. Dentro di lui, una voce si domanda: “Ma è proprio vero?”. E un’altra risponde: “Si,certo”. Una gioia incontenibile lo assale. In quell’ attimo gli sembra di staccarsi dalla terra con lei e divolare.Improvvisamente, in cima alla scalinata si sente il suono aspro e sgradevole di una campana, e si odonodelle voce. Una sensazione dolorosa assale d’ improvviso il cuore di Osokin. Ella scomparirà di nuovo!

“E’ troppo tardi”, gli dice in fretta svincolandosi dall’ abbraccio.Anche Osokin sente di averla perduta, sente che quella cosa infinitamente bella, luminosa, piena

di gioia gli sta sfuggendo.“Caro, ascolta! Debbo correr via, prima che sia troppo tardi. Ma tornerò. Aspettami. Mi ascolti?

 Non dimenticare….”.Dice ancora qualcosa prima di correre veloce giù per le scale, ma Osikin non la sente, perché la

campana che suona sempre più forte soffoca la sua voce. Ormai è già scomparsa alla vista. Osokinvorrebbe rincorrerla; si sforza di vedere da che parte sia andata….e apre gli occhi.

“Ranocchio”, coi suoi piedi all’infuori, sta passando proprio vicino al letto di Osokin e suona lacampana con aria molto assorta.

E’ mattina.Passa qualche secondo prima che Osokin torni in sé. E’ ancora pieno del tremito gioioso del

 bacio, dell’angoscia bruciante della sua fine, e della felicità per quanto è accaduto.Ciò che ha vissuto è infinitamente lontano dalla realtà del dormitorio, dalle grida dei compagni e

dal bagliore delle lampade a olio. Egli percepisce ancora acutamente il profumo, la sensazione di quelle braccia che lo circondano, dei capelli che gli accarezzano il volto….Tutto questo lo accompagna ancora.Il cuore gli batte velocissimo. Il suo corpo sembra diventato una cosa viva, consapevole di sé, piena digioia e di stupore a un tempo.

Alla fine, il primo pensiero chiaro gli attraversa la mente:”Chi è? Ha detto che sarebbe ritornata:ma quando? Come mai non ho sentito le ultime parole che mi ha detto? E ora, che debbo fare?”.

E’ disperato per aver perduto il suo sogno. Gli sembra che forse potrebbe ancora raggiungerla,domandarle chi è, da dove viene, chiederle che cosa significa tutto questo mistero.

Se quella era realtà, allora tutto ciò che gli accade intorno sembra terribilmente vano, insensato estupidamente irritante. E’ insopportabile che un altro giorno sia incominciato, e che a lui tocchi viverlofino alla fine. Al tempo stesso, è bello che tutto ciò sia accaduto, anche se è stato solo un sogno. Questosignifica che può succedere ancora. Un raggio di sole brilla ora in lontananza, come se il mattino stesse

sorgendo.“Ma chi è lei, da dove viene?”, si domanda ancora Osokin. “Io non conosco quel viso….eppurelo conosco bene. Ma è poi vero?”.

Per tutta la giornata, ancora sotto l’influsso del sogno, Osokin vive in una specie di nebbia.Vorrebbe conservarlo sempre nella memoria e riviverlo ancora e ancora: vorrebbe capire chi sia lasconosciuta. Ma il sogno si fa meno distinto, impallidisce, svanisce…tuttavia qualcosa rimane.

 Nel mezzo della giornata Osokin torna al suo sogno per paragonarne il ricordo alle impressionidella vita reale, e improvvisamente si rende conto con stupore che l’immagine di Zinaida si è fatta sfocatae lontana. Adesso può ripensare a lei senza provare dolore. Ancora ieri, era diverso: non appena ella glitornava nella memoria, provava una pena acuta. Mentre riflette su questo, per un millesimo di secondo gliattraversa la mente non il ricordo, ma l’ombra del ricordo di una ragazzina con un nastro rosso nellatreccia di capelli scuri, alla quale egli parlava di Zvenigorod…

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“Ebbene, ecco come faceva a sapere tutte quelle cose”, pensa fra sé Osokin. Ma nell’istantestesso sente di aver dimenticato tutto ancora una volta. Rimane soltanto la consapevolezza che ogni cosaè accaduta in un momento in cui tutto ciò che riguardava Zinaida apparteneva ormai già al passato. Forseanche quello era stato un sogno.

Ancora una volta la sua mente segue un certo corso di pensiero.

“Si,si”, dice fra sé quasi timoroso di respirare. “Forse vuol dire… ma può essere successo dopo?E poi, dopo che cosa?”.

Allora, in modo del tutto inatteso, la sua mente giunge a una conclusione, e Osokin capisce:”Questo non è accaduto, ma accadrà  se continuerò a vivere”.

Egli non comprende ancora appieno la conclusione cui è giunto, ma tutta la sua persona si colmadi gratitudine verso la fanciulla per essere venuta da lui.

Dopo quest’ ultimo sforzo, la sua mente si rifiuta di capire ancora. Osokin sente il suo sognofarsi sfocato e svanire rapidamente, sente che presto non ne rimarrà più nulla. Fino a sera continua atornarvi su nelle sue riflessioni, e più volte gli sembra di comprendere a sprazzi alcuni particolari strani.

“Tra passato e futuro non c’è nessuna differenza essenziale”, pensa. “ Siamo noi che lichiamiamo con nomi diversi: è stato e sarà. In realtà, tutto questo è stato e contemporaneamente sarà”.Per tutta la giornata la scuola e ciò che lo circonda gli paiono completamente irreali, simili ad ombretrasparenti. A tratti, egli ha l’impressione che se riuscisse a perdersi fino in fondo nella riflessione e poi a

guardarsi intorno, tutto gli apparirebbe completamente diverso…. E forse, allora, avrebbe inizio lacontinuazione del suo sogno.

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IX. UN COLLEGIALE

Domenica. Inverno. Nevica. Osokin, un collegiale col cappotto grigio dal collo di pelo nero e dai bottonid’argento, e col berretto blu scuro ornato dal distintivo a foglie d’alloro della scuola, anch’ essod’argento, sta scendendo una stradina nei pressi della porta Pokrovskij. All’angolo si ferma e si guardaintorno.

“Si, certo”, pensa, “ecco le vecchie case, proprio com’ erano allora. Ma vedo che tutto è moltocambiato. E’ sorprendente, quanti mutamenti possano avvenire nel giro di dodici anni. Bene, ora debbodare un’ occhiata qui intorno. La nuova casa dei Krutiskij ancora non esiste, ma loro abitano qui nei paraggi. Oh, se potessi vedere Zinaida! Ma che sciocchezza: che cosa mai potrei fare, anche se la vedessi?

Io sono uno scolaro, e lei è una ragazzina. E la cosa strana è che anche allora me ne andavo in giro per lestrade e i viali di Mosca, e a volte venivo proprio qui, con la sensazione di dover incontrare qualcuno,trovare qualcuno. Ma è inutile disperarsi fin d’ora. Sarebbe bello vederla, ma occorre prima che io trovisuo fratello, che faccia la sua conoscenza e che diventiamo amici. Dovrebbe essere in uno dei corpicadetti, ma non so quale. Mi è uscito del tutto di mente. Ricordo che mi parlava molto del corpo cuiapparteneva. Ora comincio a scordarmi tutto! Si, certo debbo trovarlo, altrimenti non c’ incontreremomai. Spero che stavolta andrò all’ Università e non alla Scuola militare. E, tra l’altro, quando eravamo ascuola Zinaida era già andata all’ estero. Questa volta bisogna che c’ incontriamo prima.

Com’ è strano tutto questo! A volte è come se la mia vita precedente, il mago, Zinaida, fosserotutti simili ai miei sogni sui “Viaggi in Oceanine”. Be’ , ora vedremo”.

Osokin si ferma di fronte a una casa e legge il nome scritto sulla targa del cancello.“La casa è questa. Che fare, adesso?”.Guarda all’ interno del cortile.

“Ecco l’ingresso principale. Probabilmente loro abitano qui”.Un dvornik 

• attraversa il cortile. Osokin si ritrae e riprende a camminare per la strada.

“Girerò un po’ qui attorno”, dice fra sé e sé, “forse qualcuno uscirà. Sarebbe splendido se uscisseKrutiskij: gli parlerei subito. Accidenti! Adesso ricordo che stava a Pietroburgo, oppure apparteneva aqualche corpo stanziato in provincia. Maledizione! Se è così, come faccio adesso a trovare Zinaida?”.

Mentre continua a camminare su e giù per la via, una slitta lo sorpassa e va a fermarsi davantiall’ ingresso di casa Krutiskij. Ne scendono una ragazzina e una signora che indossa una cappa di pelliccia. Mentre la signora paga il vetturino. Osokin le supera e intanto guarda la bambina.

“E’ Zinaida o non è lei? Non mi pare, dovrei senz’ altro riconoscerla. Forse però è proprio lei: inogni caso, questa ragazzina le rassomiglia”.

Si volta ancora per osservarla. La signora col mantello di pelliccia si accorge di lui e lo guardasorpresa: Osokin arrossisce e si allontana rapidamente senza voltarsi.

“Maledizione! Ma che stupido! Uno scolaro che sta lì a guardare una bambina e non è nemmenolei. Ma perché la signora mi ha lanciato quell’ occhiata stupita e interrogativa? Che cosa assurda! Lagente prende sempre tutto nel modo più stupido. Come poteva sapere perché mi sono voltato? Cheidiozia! Eppure mi domando proprio chi fossero. E’ un peccato non aver veduto bene la signora. Forse erala madre di Zinaida, ma non credo”.

Osokin si ferma all’ angolo della strada.“Ebbene, e adesso? Finora mi sto comportando come uno scolaretto qualsiasi, e non mi viene in

mente nient’altro da fare. E’ una cosa semplicemente idiota camminare su e giù per una stradina deserta,e fra l’ altro comincia a far freddo. E poi, sarebbe imbarazzante se si accorgessero di me. Poi direbbero:“Ti abbiamo già visto. Andavi sempre su e giù per la nostra via. Perché?”. No adesso me ne vado. Tantoormai so dove abitano. Peccato non essere riuscito a trovare Krutiskij”.

Osokin volta l’angolo e se ne va.

Portiere

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XI. LA MADRE

A casa. Domenica sera. Osokin e sua madre siedono insieme al tavolino da tè. La madre legge, ed egli laosserva pensando che presto potrebbe morire. Davanti ai suoi occhi scorre nitida la scena del suofunerale, in una giornata rigida ma assolata. Osokin ha paura per lei e prova una pena terribile.

La madre posa il libro e alza gli occhi su di lui.“Hai ripassato le lezioni, Vanja?”.La domanda coglie Osokin di sorpresa. Si era completamente dimenticato delle lezioni. Tutti i

suoi pensieri erano rivolti a cose che non avevano nulla a che vedere con la scuola. La domanda dellamadre gli sembra fastidiosa e priva d’ importanza, e questo lo irrita.

“Oh, mamma”, risponde, “non fai che parlare delle lezioni. C’è ancora un sacco di tempo. Stavo pensando a tutt’ altra cosa”.

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Ella sorride. “Lo so che stavi pensando ad altro, ma non sarà piacevole, domani, quando andrai ascuola senza aver preparato la lezione. E se stai alzato stanotte, domattina non ti sveglierai”.

Osokin sente che sua madre ha ragione, ma è riluttante ad abbandonare le sue tristi riflessioni. Vitrova qualcosa che lo incanta, quasi fosse in trance, mentre le parole di lei lo richiamano a cose concrete,orinarie, quotidiane. E poi, vorrebbe dimenticare che esistono i libri di testo, lezioni e scuole. Vorrebbe

che sua madre capisse i suoi pensieri, capisse quanto è addolorato per lei, quanto le vuole bene e come glisembra strano, adesso, aver potuto rassegnarsi alla sua morte. Osokin sente di non poterle dire nulla, senteche tutto è vero solo nella sua immaginazione, e che persino a lui sembra uno dei soliti sogni ad occhiaperti.

Come può parlarle del mago, della vita precedente dalla quale è tornato indietro? Come farlecomprendere che la sua sola vista suscita in lui quella compassione, quella pena cocente? Vorrebbetrovare un modo, anche indiretto, per dirle tutto quanto. Ma le parole di sua madre gli impediscono di parlare e lo costringono a pensare a cose che ha voglia di dimenticare.

“Oh, mamma”, le dice, “parli sempre delle stesse cose. Ebbene, poniamo pure che io non sappiala lezione, e che domani non vada a scuola: vale forse la pena di parlarne?”.

 Nell’ irritazione. Osokin comincia a perdere la sensazione di quell’ altra vita, vivendo la qualeosserva la sua vita presente. Diventa sempre più difficile dire a sua madre che cos’ è che lo turba: èassalito dall’ irritazione nei confronti di lei e gli vien voglia di dirle qualcosa di spiacevole, sebbene al

tempo stesso provi per lei una compassione che rasenta quasi il dolore fisico.“Domani a scuola non ci vado”, le dice.“Perché no?”, risponde sua madre, stupita e allarmata.“Oh, non so, ho mal di testa”: è la scusa classica di ogni scolaro. “Ho voglia di starmene a casa a

 pensare. Non posso restare ancora in mezzo a quegli idioti. Se non fosse per quelle stupide punizioni,adesso non sarei a casa. Non posso andare avanti così. Mi rinchiuderanno di nuovo là dentro per due o tresettimane”.

“Fa come credi”, gli dice la madre, “ma ti avverto che questo peggiorerà la tua situazione incollegio. Se domani non ci vai, la prenderanno come una sfida da parte tua. Ma devi decidere da solo. Saiche non interferisco mai nei tuoi affari”.

Osokin sa che sua madre ha ragione e questo lo riempie ancor più di rabbia. La squallida realtàdella sua esistenza e la necessità di pensarvi lo distraggono dalle sue tristi riflessioni, dalla stranasensazione di vivere due vite, dai ricordi inquietanti del passato e del futuro. Non ha voglia di pensare al presente, ha voglia di sfuggirlo.

“Domani non ci vado”, ripete per pura ostinazione: ma in cuor suo sente il dispiacere che stadando a sua madre e si rende conto di violare tutte le risoluzioni di vivere la sua vita in modo nuovo.“Be’, sarà l’ultima volta”, promette a se stesso. “Domani ci penserò su. Debbo restare a casa per unagiornata. Tanto, la scuola non scappa. E dopo, mi metterò al lavoro”.

Ha voglia di tornare alle sue riflessioni.“Sai, mamma”,dice, “ho l’impressione di aver già vissuto su questa terra in precedenza. Tu eri

esattamente come sei adesso, e anch’ io ero lo stesso, e così molte altre cose. Spesso, mi sembra di poter ricordare tutto e di potertelo descrivere”.

“… E tu non mi volevi bene, proprio come adesso, e facevi di tutto per rendermi spiacevole ognicosa”, dice la madre.

Dapprincipio Osokin non capisce, e la guarda sorpreso che le parole di lei si armonizzino tanto

 poco con ciò che egli sente. Ma poi capisce che la madre è offesa e arrabbiata con lui perché non ha preparato le lezioni e perché non vuole andare a scuola. Protestare gli sembra inutile e tedioso. Sente chein questo momento sua madre appartiene interamente a questa vita, ed è incapace di comunicarle lasensazione di star vivendone un’ altra. L’impossibilità di capirlo che sua madre dimostra non fa cheaccerescere il suo sconforto.

“Continui a parlarne, mamma. E va bene, andrò a scuola”.Pronuncia queste parole malvolentieri perché dentro di sé sa benissimo che non lo farà. Il

 pensiero di non andare a scuola continua ad essere così forte che basta smettere un attimo di resistergli perché sopraffaccia ogni altra considerazione.

“Certo, io voglio che tu ci vada”, gli dice sua madre. “Sai bene come vengono valutate le tueassenze. Il vicepreside mi ha già detto che non sanno più come prenderti, in collegio”.

“Ti hanno mandato a chiamare?”.“Ma certo”.

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Il ragazzo tace, senza sapere che cosa ribattere. Ci sono tutte le ragioni per tornare a lezionedomani ma non ne ha voglia, e sa già che non lo farà. Per un po’ cerca di trovare qualche pretesto,qualche giustificazione, ma il solo pensiero lo infastidisce e lo annoia. Le sue riflessioni lo turbano giàabbastanza. E’ proprio impossibile trovare un modo di farle comprendere a sua madre? E’ necessario, èimportante che ella capisca.

Osokin, seduto, osserva sua madre mentre dentro di lui si scontrano le riflessioni più contrastanti.Avverte che lei è preoccupata e allarmata; e questo fa si che tutti i ricordi della sua vita, sino al momentoin cui è andato dal mago, si facciano sfocati e abbiano un’ apparenza sempre più fantastica. La sua vitaall’ e- stero, Zinaida, la casa grigia di Arbat dive abitava meno di un mese fa: tutto questo è ormaidiventato un sogno. Ma soprattutto non riesce a credere che sua madre debba morire, e non vuol ricordareil suo funerale. Pensare a questo, li, in quella stanza, in presenza di lei, è un incubo, una fantasia irreale.

Si sforza di non pensare al passato, tenta di dimenticarlo. In fondo al cuore sa bene che tutto ciòè realmente accaduto, ma ripensarci gli rende la vita semplicemente insopportabile. Tre settimane di vitain quel collegio hanno aperto un abisso fra lui e l’Osokin che è andato a trovare il mago. E ora lo stessoabisso si spalanca fra lui e sua madre.

I suoi pensieri descrivono un circolo vizioso e vanno a fermarsi continuamente su alcuni punti particolarmente dolorosi.

“Non posso credere che mamma debba morire così presto”, pensa mentre la guarda. “E’ ancora

così giovane. E se pure allora è successo, perché dovrebbe accadere di nuovo? Questa volta, tuttodovrebbe essere diverso. Se sono tornato indietro è proprio perché sia così. Naturalmente ci sono moltecose che non dipendono da me; ma forse cambiando la mia vita riuscirò a cambiare anche la sua. In fondotutte le angosce e i dispiaceri che le ho dato debbono aver avuto il loro effetto… è morta di mal di cuore.Questa volta non accadrà nulla del genere”.

Egli desidera ardentemente poter dire a sua madre che cambierà, che studierà e per amor suocondurrà una vita completamente diversa, cosicché ella possa vivere. Ha voglia di cerder che ciò sia possibile, che sarà realmente così. Cerca ansiosamente il modo di comunicarle questa certezza, ma nontrova le parole: non sa come affrontare l’ argomento. Lo tormenta l’abisso d’ incomprensione che giacetra loro due, un abisso incolmabile.

La sua mente passa dal pensiero di sua madre a quello di Zinaida. Adesso pensa a lei senzaamarezza. La notizia che ella sta per sposare Minskij si è fatta quasi vaga, è diventata una semplice possibilità minacciosa. Rimangono solo le cose belle: i loro incontri, le gite sul fiume, persino le loroliti… tutto questo accadrà ancora, e sarà più bello senza le nubi nere che lo oscuravano. Si preparerà per illoro nuovo incontro: non si troverà più in una condizione così disperata, e riuscirà a non perderla; e suamadre sarà ancora viva. E’ necessario che ella conosca Zinaida: ha la sensazione che si piacerebberomolto.

Questo pensiero lo turba in modo particolare. Egli vede chiaramente il momento in cui condurràZinaida a conoscere sua madre. Avverte la lieve sensazione di tensione e di impaccio dei primi istanti,che poi passa lasciando il posto a un meraviglioso senso di fiducia, come se le due donne si conoscesseroda sempre.

Come al solito. Osokin comincia a immaginare nei particolari in che modo tutto questo sisvolgerà.

“Quant’ è cara tua madre!”, esclama Zinaida guardandolo con un sorriso, mentre fanno ritorno acasa.

“Te l’avevo detto”: nel rispondere le stringe leggermente la mano e ne riceve una risposta lieve,quasi impercettibile.

“Vuoi ancora un po’ di tè?”, domanda la madre di Osokin.La domanda lo fa trasalire: egli la fissa sorpreso.Per un attimo prova vergogna per i suoi sogni romantici, perché si rende conto che né Zinaida né

sua madre potranno parteciparvi. Un istante dopo, lo coglie l’irritazione. Né l’una né l’altra lo capirannomai, né sentiranno ciò che egli sente. Hanno sempre preteso da lui cose esteriori, insignificanti, mentreegli si sforzava di dar loro quanto di più intimo e profondo aveva dentro.

“Si, grazie”, risponde meccanicamente mentre tenta di riannodare il filo spezzato dellariflessione.

Così trascorre la serata.

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Agli occhi di sua madre Osokin appare stranamente sognante, taciturno e assorto in se stesso. Lerisponde a monosillabi; a volte non l’ascolta nemmeno, come se stesse pensando ad altro. Ella si sente adisagio in sua compagnia, è triste ed ha paura per lui.

XII. LUNEDI’

Mattino. Alle sette e mezzo, la cameriera va a chiamare Osokin. Il ragazzo si sveglia con la spiacevolesensazione di dover prendere una decisione.

“Debbo andare a scuola o no?”. Ieri non ha aperto libro: è impossibile andarci senza aver  preparato le lezioni. Molto meglio restarsene a casa per un paio di giorni. In cuor suo, già ieri mattinaaveva deciso che oggi non sarebbe andato: ora occorre trovare un pretesto. Che sciocchezza aver dettoalla mamma che sarebbe andato!

Anziché alzarsi. Osokin rimane a letto per molto tempo. Mette l’orologio vicino al guanciale esegue il movimento delle lancette. La cameriera entra nella sua stanza parecchie volte. Infine, alle otto emezzo, quando dovrebbe già essere a scuola. Osokin si alza. E’ irritato con se stesso per essere rimasto acasa, e tuttavia sente che nulla avrebbe potuto indurlo a tornare in collegio. Oggi ha voglia di pensare aqualcosa di piacevole; ogni pensiero sgradevole, difficile e noioso sarà rimandato a dopodomani. Oggi sene starà sdraiato sul divano a leggere e a riflettere… Ma c’è qualcosa che lo rode interiormente: nonriesce a soffocare i rimorsi di coscienza e quella sensazione di scontento nei confronti di se stesso.

“Tutto sbagliato”, pensa fra se. “Se sono davvero tornato indietro per cambiare tutto, perchécontinuo ad agire esattamente come prima? No, debbo decidere fermamente in che modo, e a partire daquale momento, cambierò tutto. In fondo, forse è stato un bene rimanere in casa. Perlomeno posso pensarci su tranquillamente. Ma perché mi sento così scoraggiato? Ora che l’ho fatto, dovrei sentirmicontento, altrimenti stare a casa è altrettanto spiacevole che andare a scuola”.

In quell’ istante si rende conto che ciò che lo deprime è pensare come farà ad affrontare suamadre. La cosa peggiore è che lei non dirà nulla. Sarebbe molto più semplice discuterne insieme e cercar di considerare i rispettivi punti di vista. Forse allora, parlando con lei, potrebbe trovare il modo di farlecapire quello che sa e che pensa. Purtroppo non sarà così. Ella non dirà niente: e questa è la cosa piùinsopportabile.

Osokin è scontento di se stesso e il mondo intero lo disgusta.“Ora mi rammento di una mattina esattamente identica, in cui non andai a scuola”, dice fra se.

“Ricordo che quel fatto mi procurò guai a non finire, e alla fine la mia situazione scolastica divenneassolutamente intollerabile. No, tutto questo deve cambiare: mi metterò al lavoro oggi stesso. Manderòqualcuno a scuola per sapere che lezioni c’ erano da preparare per oggi. Poi debbo parlare con la mamma:non posso più rimanere al convitto. Occorre che faccia in modo di andare a scuola soltanto di giorno”.

La sua immaginazione disegna rapida un quadro in cui egli siede vicino alla madre, la sera, estudia le lezioni. Lo colma una piacevole sensazione di calore che lo accompagna mentre esce dalla suacamera.

Ora Osokin sta facendo colazione con sua madre: ella è offesa e rimane in silenzio. Irritato perché sua madre non si rende conto di quanto sia seria la sua decisione di mettersi a studiare, e invececontinua a dare tanta importanza al fatto che oggi non è andato a scuola. Osokin resta anche luiimbronciato e taciturno. La madre esce dalla stanza da pranzo senza dire una parola. Osokin si senteoffeso: voleva dirle tante cose, ma lei ha eretto una specie di barriera tra loro due. Il ragazzo è infelice:

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quando pensa al collegio si rende conto che la sua assenza di oggi non passerà inosservata. Ormai non ha più voglia di fare niente, né di leggere, né di pensare, né tantomeno di studiare.

Per un po’ rimane in piedi alla finestra: poi, deciso, si accinge a uscire.“Andrò a fare una passeggiata”, pensa. “Poi tornerò e mi metterò a studiare”.Ora girare per le strade di Mosca gli sembra straordinariamente interessante. Tanto per 

cominciare, in un giorno non festivo, quindi per lui insolito, tutto è diverso; e poi, anche i luoghi piùfamiliari gli ricordano il passato, gli riportano alla mente fatti avvenuti in un tempo lontano: un insieme diricordi strani e inquietanti.

Osokin rientra a casa per il pranzo.“E’ venuto un maestro del collegio”, gli dice la cameriera. “Ha parlato con la padrona. Era molto

arrabbiato”.Osokin sente un tuffo al cuore.“Come ho fatto a non pensarci?”, si chiede. “Il vicepreside deve aver mandato uno dei maestri.

Ma certo! E non mi ha nemmeno trovato in casa. Ora cominciano i guai. Chissà cosa gli avrà detto lamamma”.

Entra sua madre: ha l’aria sconvolta.“Vanja, è venuto qui un maestro del collegio!”, gli dice, “e io nemmeno sapevo che tu fossi

uscito. Non sapevo cosa dirgli. Ho cercato d’ inventare una scusa: ho detto che avevi avuto mal di denti

tutta la notte e che probabilmente eri andato dal dentista, ma era molto inverosimile. Il maestro ha dettoche non appena rientrato dovevi andare immediatamente a scuola e portare il certificato del dentistaaltrimenti avrebbero mandato a prenderlo loro stessi. Tutto questo è orribilmente penoso per me: io nonsono capace di mentire. Quel maestro mi ha interrogata come se fosse un investigatore: mi ha domandatoa che ora eri andato a letto, quando ti eri alzato, da quale dentista eri andato. Perché mi metti in questesituazioni? E adesso, che farai?”.

Osokin è dispiaciuto per lei: si sente colmo di vergogna e di mortificazione, e soprattutto èterrorizzato per il fatto che tutto stia svolgendosi esattamente come prima, come se lentamente si fossemessa in moto la ruota di qualche tremendo ingranaggio, una ruota alla quale è legato e che non riesce néa trattenere né ad arrestare. Si, tutto questo è già accaduto. Ricorda ogni minimo dettaglio: le parole di suamadre, l’espressione del suo viso, i vetri della finestra coperti di brina. E non sa che cosa rispondere.

“Volevo parlarti, mamma”, dice infine col cuore stretto da un senso di gelo, consapevole di stareripetendo le stesse parole. “Non posso rimanere al convitto, e oggi a scuola non ci andrò. Dovrai andarcitu, a parlare col preside. Bisogna che mi lascino andare soltanto di giorno. Sono tre domeniche che mitengono dentro, e sono tre settimane che non mi fanno uscire. I maestri sono troppo pigri per portare gliallievi fuori a passeggio, e si servono del cattivo tempo come pretesto. Ciascuno pensa solo a se stesso enon si rende conto di comportarsi esattamente come gli altri. Dillo al preside. E’ uno scandalo: io non ne posso più”.

“Lo sai, Vanja, io stessa ho sempre desiderato che tu vivessi qui in casa”, risponde sua madre,“ma capisci bene che se smetti di vivere in convitto perderai il diritto di studiare a spese dello Stato. E poinon potrai più pretenderlo. Pensa a cosa sarebbe di te se io morissi improvvisamente. Preferirei che turimanessi in convitto ancora un anno o due”.

“Non voglio pensare che tu potresti morire”, esclama Osokin,.”Tu non morirai affatto. Perché pensarci? Forse morirò io prima di te. Al convitto non posso più viverci. Non lo sopporto. E’ meglio perdere la borsa di studio”.

Parlano ancora a lungo, poi la madre esce di casa. Osokin rimane solo.“E’ tremendo”, riflette. “E’ mai possibile che il mago avesse ragione? E’ proprio vero che non posso cambiare nulla? Finora tutto è andato esattamente come aveva previsto. Sta diventando una cosaspaventosa, ma non può esser vero. Io non sono uno scolaro: sono un uomo adulto. E allora, perché nonsono capace di affrontare la vita e i problemi di uno scolaro? E’ troppo assurdo. Debbo prendere in manola mia sorte e costringere me stesso a studiare e a pensare al futuro. Finora, tutto sta andando per ilmeglio. Andrò a scuola soltanto di giorno; so benissimo che questo è possibile. Allora, tutto sarà piùfacile. Leggerò, disegnerò e scriverò. Debbo cercare di non dimenticare tutto quanto. Dunque, come va ilmio inglese?”.

Riflette a lungo.“Ci sono molte cose che non ricordo. Dirò alla mamma che voglio imparare l’inglese, comprerò

un manuale e farò finta di studiarlo; sono certo di sapere ancora leggere in inglese. Ma la cosa principaleè studiare le lezioni. Per nulla al mondo voglio ripetere la stessa classe un’altra volta. E se non la ripeto,

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significa che riuscirò a terminare la scuola. Il mio passaggio in quinta sarà un segno che le cosecominciano a cambiare in meglio. Allora, ricordo, non superai la quarta”.

XIII . REALTA’ E FANTASIA

Un anno dopo. La palestra del collegio, prima del pranzo. Osokin e Sokolov sono in piedi presso lafinestra e guardano fuori in cortile.

Osokin, adesso, viene a scuola solo di giorno, ma è rimasto in quarta, e così Sokolov l’haraggiunto nella stessa classe.

“Che cos’è quest’ ultima storia fra te e “Rapa”?”, domanda Sokolov. “Non ho ben capito di chesi tratta”.

“Oh, niente di particolare. Sono tutti degli idioti. Tu non c’eri, a lezione di geografia. Be’, mistava interrogando sulle città bagnate dal Volga. Ho cominciato dalle sorgenti, e quando sono arrivato a Niznij ho detto che quella è la città dove il Volga si getta nell’ Oka.

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Quello dapprincipio non capiva, poi è addirittura balzato in piedi e mi ha urlato:”Non sai di chestai parlando!Forse vuoi dire che l’Oka si getta nel Volga”.

“No”, replico io, “voglio proprio dire quel che ho detto: dove il Volga si getta nell’ Oka”.Allora quello strilla: “Ma sei matto?”.“No”, rispondo, “non sono matto per niente”.

“E cosa vorresti dire, allora?”.“Voglio dire che nei nostri libri di geografia c’è un errore, perché è non è l’Oka che si getta nel

Volga, ma il Volga che si getta nell’ Oka”.A quel punto, pensa, ha aperto la bocca e non riusciva più a parlare!“E tu come lo sai?”, mi ha chiesto alla fine.“Oh, l’ho veduto”, gli ho risposto. “Se uno sta in piedi sulla sponda dell’ Oka, che è più alta,

vede benissimo che il Volga ha le sponde piatte e si getta nell’Oka, che in quel punto è molto più largodell’altro, ed è chiarissimo che quello che continua con una sponda alta è l’Oka”.

A quel punto si è proprio arrabbiato; ha mandato a chiamare prima Gustav, poi Zeus, ma quest’ultimo non è venuto. Credo che stesse ancora pranzando”.

“Forse ti espelleranno”.“Oh, è possibilissimo. Non immagini quanto sono stufo di tutto! Stufo dei compagni e di tutti

quegli altri idioti!”.

Sokolov fa spallucce:” Non ti capisco proprio”, risponde.”Hai voluto uscire dal convitto. Adessoche vieni a scuola soltanto di giorno, che cos’ altro vuoi? Che diavolo te ne importa se è il Volga che sigetta nell’ Oka o l’Oka che si getta nel Volga? T’interessi sempre delle cose che non ti riguardano. Ungiorno ti hanno trovato il banco pieno di giornali. Ci occupiamo di politica! Un’altra volta ti hannotrovato certi libri, che i nostri pedagoghi non sanno nemmeno da che parte cominciare a leggerli. Sei proprio buffo! A casa fa pure quel che ti pare, ma perché continuare a scuola? E mai che tu faccia quelche dovresti. Hai imparato l’inglese in una sola estate, ma in greco hai preso “insufficiente” per due annidi fila”.

“Ma non capisci!”, esclama Osokin. “Mi annoio. A che cosa mi serve il greco? Di’ un po’, a checosa? Se mai mi servirà lo imparerò, ma perché proprio adesso?”.

“Adesso? Ma perché così finisci la scuola e vai all’Università!”, dice Sokolov. “Continui a far della filosofia, e invece dovresti prendere le cose più semplicemente”.

“Oh, sei troppo saggio, tu. Sarò proprio contento quando finalmente farai un bello scivolone”.“Lo vedremo”: Osokin guarda Sokolov e ride. Spesso si diverte al pensiero di sapere ciò che

accadrà in futuro.Si avvicina un supplente.“Osokin, va’ nella sala grande, il preside ti vuole”, dice.

“Ecco qua, ti hanno beccato! Addio. Non ci rivedremo mai più”, ride Sokolov.Anche Osokin ride, ma la sua è una risata nervosa. E’ sempre sgradevole doversi spiegare coi

direttori della scuola, e a suo sfavore depone una lunga serie di peccati.Dieci minuti più tardi, i due ragazzi s’incontrano di nuovo sulla porta dell’ aula.“Ebbene, sei ancora vivo?”.“Si, la vecchia “Rapa” ha perso. Zeus era di ottimo umore oggi: evidentemente il pranzo era

 buono. Quando gli ho detto che è il Volga che si getta nell’ Oka, è scoppiato in una risata di coccodrillo e poi ha esclamato: “Non lo sapevo, anzi ho sempre creduto che il Volga si gettasse nel Mar Caspio!”.

Insomma, era abbastanza ben disposto, e anche molto divertito.Be’, ora mi tocca rimanere a scuola fin dopo le cinque, e naturalmente dovrà essere “l’ultimavolta”, eccetera eccetera; la prossima volta, ha detto, non mi rivolgerà “neppure la parola”, e così via”.

“ha detto proprio così?”.“Eccome se l’ha detto, quel ciccione”.“E così devi restare dentro!Sai, ho sentito dire che verrà un ispettore del ministero dell’

Istruzione. Tu sarai portato ad esempio come alunno esemplare, che sa l’inglese, legge Schopenauer ed ètanto diligente che si rifiuta di uscire di scuola prima delle sei!”.

“Allora è probabile che l’ispettore arrivi durante le lezioni”.“No, dopo, dicono”.“Be’, per me può anche andare all’ inferno!”.Osokin va a sedersi al suo banco.

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Seconda campana. Entra l’ insegnante di francese. La sua è una delle lezioni preferite di Osokin;egli si trova in una condizione privilegiata, perché sa la lingua abbastanza bene, tanto da non dover faticare troppo sulle lezioni. Non c’è bisogno di prestare eccessiva attenzione a quello che succede inclasse, e quindi può pensare ai fatti suoi. Il professore di francese non gli dà motivo di preoccuparsi, e lochiama alla cattedra solo di rado, anzi per la verità quasi mai:

e quando lo interroga, chiacchiera un po’ in francese con lui e gli da sempre ottimi voti. Il Francese èl’unico insegnante a parlargli come ad un adulto, e interiormente Osokin gli è molto riconoscente per questo. Quando s’incontrano per strada, il Francese si ferma sempre a stringergli la mano e a scambiareun saluto. “L’unica persona decente qua dentro”, pensa Osokin guardandolo.

Ora il nostro collegiale apre il famoso Margot – il manuale di francese su cui molte generazionidi ragazzi russi hanno dimenticato quel po’ di francese che sapevano prima di andare a scuola – e siimmerge nelle sue riflessioni.

“Ci capisco sempre meno in tutta questa storia”, dice fra sé e sé. “Se sono tornato indietro daun’altra vita, e se tutto quel che vedo qui è reale, allora dov’è Zinaida, dove sono tutti gli altri? Alcuni cisono, ma questo vuol forse dire che nel frattempo continuano a vivere anche nell’altra vita? Se è così,significa che non si vive in un solo tempo e in un solo luogo, ma si vive simultaneamente diverse volte ein posti diversi. Roba da far ammattire chiunque. Come si fa a trovare la verità? E’ accaduto davvero ono? Ah, meglio non pensarci. Ora mi metto a leggere. Come si fa a vivere senza leggere? E’ l’unica

maniera per sfuggire ai miei pensieri”.Apre un libro inglese sotto il banco: sono i Racconti favolosi di Stevenson.“Si, eccolo. “The song of the morrow”.Come si potrebbe tradurre questo titolo? Be’, visto che

non riesco a sfuggire ai miei pensieri, cercherò almeno di capire qualcosa di questa storia”.Osokin legge a lungo, tentando di sondare il vero significato dello strano racconto di Stevenson.

Alla fine richiude il libro e resta seduto a fissare un punto dello spazio, con la testa quasi vuota. Quelracconto nasconde un significato intimo e riposto di cui egli è solo vagamente consapevole…. A essosono legati tanti ricordi strani e incomprensibili.

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XIV . IN CASTIGO

Lo stesso giorno, dopo le lezioni. Un’aula vuota. Osokin è seduto al banco presso la finestra, con un libroin mano. Sta calando la sera.

Osokin chiude il libro, guarda fisso davanti a sé per qualche istante, poi dà un’occhiata allalampada.

“E’ chiaro che vogliono farmi stare allo scuro”, pensa.”Benone, dovrò restare al buio, maquant’è stupido tutto questo. Dio, che stupidaggine! E la vita stessa, che cosa significa se non possocambiarla in nulla? E’ soltanto un orologio a carica. Qual è allora il senso di tutte le cose? Che senso hamai la vita. Il fatto di essere qui a scuola? E’ chiaro che non posso obbligare me stesso ad essere uncollegiale. E’ chiaro che senza la gente, senza la vita mi annoio. Mi aggrappo alle letture per nonlasciarmi sopraffare dalle circostanze. In compagnia di questi ragazzini ho l’impressione di diventare unragazzino anch’io. Mi rendo ridicolo ai miei stessi occhi. Sono come un uomo costretto a vivere inqualche cittadina sperduta, che cerca di mantenere i suoi legami intellettuali con la capitale in modo danon diventare un provinciale: si abbona a giornali e riviste che in realtà, nella sua nuova situazione, sonodel tutto inutili e persino ridicoli, e continua a pensare a cose che forse avevano un senso a Mosca, o aPietroburgo, ma là dove si trova non significano niente. In ogni caso, questa è proprio una strana storia.Per me leggere i giornali è particolarmente interessante perché so già quello che succederà. E’ soltanto ungran peccato che abbia dimenticato tante cose. In fondo, il mago aveva ragione. Non solo non riesco acambiare niente, ma comincio a scordarmi di un mucchio di cose. E’ strano come le impressioni sfugganorapidamente dalla memoria. La ripetizione continua è l’unica cosa che le mantenga vive. Se questaripetizione s’ interrompe, ecco che le impressioni svaniscono. Nella mia memoria io ho un vero e proprio

caleidoscopio di volti e avvenimenti, ma ho dimenticato la maggior parte dei nomi. Ho tentato di ritrovareZinaida, ma il tentativo è fallito. E’ assurdo continuare a passare sotto le sue finestre. Ho ritrovato lascuola femminile che dovrebbe frequentare adesso, ho aspettato li per due sabati, ma come faccio ariconoscerla? Le bambine escono tutte insieme, sono una folla vera e propria, ridono. E io devo proprioavere un aspetto strano, mentre me ne sto li come uno sbarbatello liceale. C’erano due ragazzine che mi piacevano, ma nessuna delle due può essere Zinaida: erano entrambe più grandi dell’ età che avrebbe leiadesso. Krutiskij, poi non appartiene a nessuno dei corpi di cadetti di qui. Questo significa che non è aMosca, e che potrò incontrarlo solo all’Accademia militare. Ma allora Zinaida sarà andata all’ estero enon tornerà prima di sei o sette anni. Ebbene, è inevitabile: occorre che io la cerchi all’ estero, oppure chel’aspetti qui: quando la incontro non debbo ritrovarmi nella stessa situazione disperata di prima. A quel punto, potrei essermi laureato all’ Università. Non ci sarà bisogno di andare all’Accademia, e tutto sarà ben diverso. La cosa terribile è che non sto facendo niente perché tutto questo si avveri… Come è potutosuccedere che io abbia ripetuto la stessa classe due anni di seguito? Perdere un anno! Altri quattro anni e

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mezzo fra queste mura! Non so, mi sembra che non riuscirò mai a sopportarlo. La cosa più importante èche ormai non ho più uno scopo, e il fatto di sapere tutto quel che so non fa che annoiarmi. Il peggio è cheanche prima quand’ero a scuola, mi annoiavo allo stesso modo perché anche allora sapevo tutto. Questo èil pensiero che più mi spaventa. Mi sembra che tutto si ripeta, non una o due volte, ma dozzine e dozzinedi volte, come un organetto che suona il Danubio blu… E io so già tutto a memoria.

Poi, a volte, mi capita di pensare esattamente il contrario, di pensare che nulla è già accaduto prima, che è tutto frutto della mia immaginazione, che il mago non esiste, non esiste Zinaida, né l’altravita. Ma come ho potuto immaginare tutto questo? Non lo so proprio. Una cosa è certa: spesso, per lanoia, mi vien voglia di sbattere la testa contro il muro!”.

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XV . NOIA

Osokin si alza dal suo banco e va su e giù per l’aula semibuia. Poi si dirige verso la grande porta a vetriche conduce nel corridoio e ne saggia la maniglia. La porta non è chiusa a chiave.

“Si sono dimenticati di chiudere”. Pensa Osokin. “Non c’è proprio niente che io possa fare? E’una noia mortale. Debbo restare seduto qui dentro ancora un ‘ora”.

Sente un rumore, e dei passi affettati lungo il corridoio. “Probabilmente sono in attesa che arriviil grand’uomo, o forse è già qui”, riflette.Poi si schiude appena la porta e guarda fuori.”Non c’è nessuno.Be’, andiamo a fare un giro di ricognizione”.

Esce nel corridoio senza far rumore. Tutto è silenzio. Osokin procede gettando ogni tanto un’occhiata attraverso le porte a vetri delle aule vuote, e raggiunge la biblioteca, cioè la sala dei ricevimentiin cui nel sogno ha visto la fanciulla. La stanza è illuminata a giorno. Osokin si accosta alla porta e guardadentro con circospezione. Nessuno.

“Accidenti. Sua Eccellenza passerà di qui. Potrei scrivere qualcosa sul muro! “Benvenuto,

Eccellenza” con un paio di errori d’ortografia? Potrebb’essere una buona idea. Peccato che non ci sianogessetti”.

Riflette.“No, c’è una cosa molto migliore che potrei fare”.Si mette le mani in tasca e ne estrae un paio di occhiali con le lenti blu. Di fronte a lui, sull’

architrave della porta che da nel salone c’è un busto in gesso di Giulio Cesare.“Ora metto gli occhiali a Cesare. Non è cosa da passare inosservata”.In punta di piedi corre all’ altra estremità della biblioteca, prende una sedia, ci si arrampica su e

sistema gli occhiali blu sul naso della statua. Le vanno a pennello: Giulio Cesare assume un’ aria moltodotta.

Osokin riporta la sedia al suo posto ed esce nel corridoio. Ora però non gli va di tornare nell’aula vuota, avrebbe voglia di inventare qualcos’ altro. Tenta di aprire una dopo l’altra le porte delle auleche si affacciano sul corridoio. Una di esse non è chiusa a chiave. Osokin si guarda intorno conattenzione, poi scivola dentro e a tentoni cerca nel buio fin quando trova un pezzo di gesso dietro lalavagna. Ritorna in fretta nella biblioteca, e sul muro, proprio sotto le “tavole” d’oro” su cui sono incisi inomi degli alunni migliori, in una scrittura grossa e tondeggiante, tutta diversa dalla sua, e con un errore per ogni parola, scrive:” Benvenuto, Eccellenza!”. Poi disegna una brutta faccia con gli occhi e boccaspalancati e un’ espressione sciocca; quindi, scosso da una risata convulsa, esce di corsa e torna nella suaaula.

Qui, seduto sul davanzale della finestra, si mette a guardare nella via, dove i fanali sono ormaiaccesi.

“Che diavolo mi spinge a fare tutte queste sciocchezze?”, si domanda. “Adesso aprirannoun’inchiesta e naturalmente la prima persona a cui penseranno sono io. Il peggio è che ricordo benissimodi aver già fatto la stessa cosa prima, e di essere stato espulso per questa ragione. Ed ora, perché l’horifatto? Certo qui dentro ci si annoia, ama a che altro serve la scuola? E questi idioti, proprio non

capiscono gli scherzi? Per loro sono un alunno come tutti. Di sicuro indovineranno che sono stato io. Sesoltanto potessi trovare il modo di chiudermi dentro….”.Si accosta alla porta e saggia di nuovo accanto alla finestra e guarda giù in strada.“Be’, quella degli occhiali non è poi tanto grave”, pensa, “ma la scritta con gli errori e la faccia

disegnata sul muro non me le perdoneranno mai. E anche gli occhiali… Mancanza di rispetto, ecceteraeccetera. Be’, naturalmente io giurerò di non saperne nulla. Come nelle favole:” Io non sono io, e ilcavallo non è il mio cavallo, e io non sono il cavaliere…”. Ma purtroppo il vicepreside sa riconoscermi afiuto. Spesso, anche quando non ci sono indizi contro di me, dice:”Chiamatemi Osokin”, e basta. E andràcosì anche stavolta; non ci sarà nemmeno bisogno di mandarmi a chiamare quando si scoprirà che mitrovavo nell’ aula accanto: sarà tutto chiarissimo. Accidenti! Forse farei meglio ad andare a cancellaretutto… No, non ne vale la pena. Potrei cacciarmi in un pasticcio ancora peggiore”.

Consulta l’ orologio.“Ancora quindici minuti. Chissà se posso chiudermi dentro?”.

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Torna verso la porta ed esamina la serratura. Nel corridoio si odono dei passi. Osokin siallontana d’un balzo dalla porta e torna vicino alla finestra. Il tempo trascorre lentamente. Ogni minutocontrolla l’orologio.

Finalmente si avvicina alla porta l’inserviente soprannominato “Scarafaggio” con un mazzo dichiavi in mano. Per un po’ traffica cercando quella giusta: tenta di aprire la serratura, scuote il capo,

 prende un’altra chiave. Alla fine prova a spingere la porta, e questa si apre.“Ma come?” dice. “Non era chiusa a chiave?”.“Si ma era chiusa. L’hai aperta tu con la prima chiave”, risponde Osokin affacciandosi sull’

uscio.“Be’, puoi andare, adesso”, gli dice l’inserviente. “Khrenic mi ha detto di lasciarti uscire”.“Bene, “Scarafaggio”, risponde Osokin, “eccoti venti copechi”.“Scarafaggio” è molto contento e dà al ragazzo un’amichevole pacca sulla spalla.“Scarafaggio” sarà dalla mia parte”, pensa fra sé Osokin, “ma tra poco ha inizio lo spettacolo,

quindi è ora di filarsela”.Corre al piano di sotto e attraversa la palestra, che in occasione dell’ arrivo di Sua Eccellenza è

illuminata sfarzosamente.

XVI . ZEUS

Il mattino seguente, a scuola. Fin dal primo momento Osokin avverte qualcosa nell’ aria. I suoi compagnisono riuniti in crocchi e sussurrano tra loro. Sul pianerottolo si imbatte in Sokolov.

“Be’, fratello”, gli dice quest’ ultimo, “se è farina del tuo sacco, complimenti! Però stavolta è proprio finita”.

“Che cosa vuoi dire?”“Oh, non far tanto l’innocentino. Lo sai benissimo”.“No che non lo so”, risponde Osokin. “Appena entrato mi sono reso conto che è successo

qualcosa, ma di che si tratta?”.“Si tratta di questo. Ieri doveva arrivare l’ ispettore del ministero. Come sai, si dice che da molto

tempo abbia da ridire nei riguardi di Zeus. Dunque, è arrivato dopo le cinque e a quanto pare qualcuno

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aveva messo gli occhiali a Giulio Cesare…. Sai, sopra la porta del parlatorio, e aveva scritto sul muro“Sua Eccellenza è un cretino”, o qualcosa di simile. Be’, tanto scommetto che tu ne sai più di tutti noi. E’successo il finimondo. L’ispettore era furioso, o almeno faceva finta. Ha detto con voce sibilante cheZeus è incapace di mandare avanti il collegio; poi, senza dire altro, ha girato i tacchi e se n’è andato. Orahanno aperto un’ inchiesta. Zeus ha dato ordine di licenziare tutti gli inservienti di questo piano: “

Scarafaggio”, che era di servizio, e poi Vassilij e il cosacco. Hanno dato tutti la colpa a te. Tu sei rimastosolo tutto quel tempo dentro un’ aula, e te ne sei scappato proprio prima dell’ arrivo dell’ ispettore. Ecco!Ti stanno chiamando”.

Si sentono nel corridoio delle voci che gridano:” Osokin dal preside! Osokin! Osokin!”.Il ragazzo attraversa una folla di compagni che lo guardano tutti con curiosità. Percorre il

corridoio, attraversa la biblioteca dove si trova il busto di Giulio Cesare e raggiunge il salone.Il preside, cioè Zeus, è in fondo all’ ampio salone adorno dei ritratti degli zar a grandezza

naturale, nelle loro pesanti cornici dorate; il vicepreside, Gustav Lukic, è seduto insieme ad altriinsegnanti presso un lungo tavolo ricoperto di panno verde. Accanto a loro, in piedi, tre inservienti, duemaestri supplenti e Khrenic, altrimenti detto “Rapa”, l’insegnante che era di servizio il giorno precedente.

Osokin si avvicina al tavolo. Il preside è molto adirato. Il ragazzo getta un’occhiata agliinservienti: due di essi, e specialmente “Scarafaggio”, lo guardano con aria sospettosa e ostile. Vassilij,che gli è molto amico, cerca di non incontrare il suo sguardo. Dapprima il preside non riesce a proferir 

 parola, infuriato com’è, e si limita a grugnire. Alla fine riprende fiato e comincia a parlare, evitando diguardare Osokin in faccia. Quest’ ultimo percepisce che Zeus è irritatissimo con se stesso per aver riso, ilgiorno prima, della faccenda del Volga e dell’ Oka.

“Ieri, dopo la fine delle lezioni, sei rimasto chiuso in un’ aula fino alle cinque?”.“Si”, risponde Osokin.“Sei mai uscito dall’ aula?”.“No”.“Stai mentendo, furfante!”. Il preside, tutto rosso in viso, picchia il pugno sul tavolo.Osokin arrossisce e fa un passo verso di lui. I loro sguardi s’incontrano. Il volto di osokin per un

istante assume un’ espressione minacciosa, e il preside abbassa gli occhi.Osokin avrebbe voglia di urlargli addosso qualcosa di villano e insultante per ripagarlo delle

 parole offensive che gli sono state rivolte e per tutto ciò che ha dovuto sopportare a scuola, per tutta lanoia, la mancanza di comprensione; ma la voce gli si strozza in gola, il labbro inferiore gli trema e per qualche secondo non riesce a dire una parola.

Senza guardare in faccia l’allievo, il preside chiede dopo aver ripreso fiato:“Chi era l’inserviente di servizio?”.“Ivanov”, risponde il vicepreside, e “Scarafaggio” scatta sull’ attenti.“Hai chiuso a chiave la porta dell’ aula dov’era Osokin?”, domanda il preside.“Eccellenza, non saprei dire chi l’ ha chiusa. Ero in giardino”, risponde “Scarafaggio”. “Quando

sono rientrato per aprirla, non era chiusa a chiave. Mi sa tanto che l’ha aperta proprio lui”.“Scarafaggio” guarda Osokin sprezzantemente: uno sguardo che suscita nel ragazzo una

sensazione spiacevole. Gli rincresce per “Scarafaggio” e per gli altri due inservienti, ma il solo pensierodi aver potuto scherzare e parlare con lui da amico in un certo senso lo disgusta.

“Che significa “Deve averla aperta lui?”, chiede ancora il preside.“Mi sa che ha rotto la serratura, Eccellenza. Quando sono andato per aprirla nessuna delle mie

chiavi girava. Spingo la porta e quella si apre. Allora chiedo:”Ma non era chiusa a chiave, Osokin?”, elui:”Si che era chiusa, ma tu non dire niente”; e mi ha dato una moneta da venti copechi. Eccola qua!”.Tutto sudato per la gran tensione, “Scarafaggio” ficca la mano in tasca e ne estrae una moneta.Tutti gli sguardi passano dalla moneta ad Osokin.Questi si rende conto che quella moneta costituisce la prova più convincente a suo carico. Sa che

ciò che è realmente accaduto è ben diverso, e tuttavia sente che è inutile protestare. La sua vita in collegiolo ha allenato fin troppo bene a non rispondere. Cercare di dimostrare la propria innocenza è consideratoammissibile, e per far questo è anche consentito mentire per quanto è necessario, ma soltanto quando siha una probabilità di riuscire, e di far apparire l’accusatore come uno sciocco. Se questa possibilità nonesiste, il codice del collegiale impone uno stoico silenzio, giuste o ingiuste che siano le accuse.

Al tempo stesso dentro di lui cresce l’impulso di mettersi a ridere. Di colpo, si sente lontanissimoda tutto quanto. Torna ad avvertire la propria persona come una persona adulta; ha la sensazione che

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quanto sta accadendo in quel momento non accada a lui. La sua indignazione svanisce del tutto, ed egliosserva ora freddamente lo svolgersi degli eventi come uno spettatore estraneo.

“E’ vero che la serratura è stata rotta?”, domanda il preside al vicepreside.“Non funziona”, risponde quest’ ultimo. “Dev’ esserci stato messo dentro qualcosa”.“Basta così”, esclama il preside, e per un paio di secondi continua a sbuffare di rabbia,

“Ebbene”, dice infine, rivolto ad Osokin, “puoi andare ad esercitare il tuo talento altrove. Qua dentro nonabbiamo bisogno né di scassinatori, né di bugiardi, né di furfanti.

Gli inservienti possono tornare al lavoro”, dice poi al vicepreside prendendolo da parte. “Leconseguenze di questa storia non debbono ricadere su di loro….

Mi sembra che siamo abbastanza per riunire il Consiglio”, osserva poi guardandosi attorno.E, rivolto ad uno dei maestri supplenti:”Portatelo nella stanza dei ricevimenti e aspettate insieme

a lui. Quando vi manderò a chiamare lo condurrete di qua”.Osokin, accompagnato dal maestro, il cui soprannome è “Violino”, esce diretto in parlatorio.

Passando, scorge “Scarafaggio” ancora in piedi con la moneta da venti copechi nel palmo aperto, e lacosa lo diverte al punto che deve fare uno sforzo per trattenersi dal ridere. Giunti in parlatorio, i due sisiedono e aspettano. La mente di Osokin è come annebbiata: non ha voglia di pensare a nulla.

Dopo cinque o dieci minuti, un altro maestro, un ometto dalla barba rossa soprannominato“Profeta Elia”, apre la porta di comunicazione col salone e col capo fa un cenno a “Violino”.

Rientrano tutti nel salone.Il preside prende dal tavolo un gran foglio di carta dall’ aspetto molto ufficiale, tossisce due volte

e inizia a leggere a voce alta, evitando di guardare Osokin.“Per decisione del Consiglio degli insegnanti, l’alunno di quarta Ivan Osokin è radiato dal

novero degli allievi del Secondo Ginnasio di Mosca, con voto di condotta tre”.Poi posa il foglio sul tavolo, si alza in piedi dirigendosi con aria d’importanza verso la sua

scrivania e prende un registro.Osokin capisce allora che per lui non c’è più niente da fare. Per un istante lo assale di nuovo la

rabbia contro quegli stupidi che stanno decidendo la sua sorte; ma quasi in risposta a questo sentimento sisente attraversare da una sensazione di gelo: la sensazione che tutto sia già accaduto esattamente nellostesso modo. Si sente inghiottito da quella sensazione. Egli non è! Non esiste! Le cose accadono intorno alui, ma non a lui; tutto è quindi completamente, assolutamente privo di qualsiasi importanza ai suoi occhi.Le cose non lo turbano più di quanto potrebbe turbarlo un avvenimento della storia romana.

Tutte queste persone, il preside, il vicepreside, “Scarafaggio”, tutti quanti sono convinti chequella scena stia realmente svolgendosi in quel momento. Non capiscono che tutto è già esistito, e che perciò nulla esiste.

Osokin non sa spiegarsi perché il fatto che tutto è già accaduto significhi che non esiste adesso.Ma sente che è così, e sente anche che nulla più lo riguarda.

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XVII. IL SANATORIO SCOLASTICO

“Violino” posa la mano sulla spalla di Osokin e insieme escono dal salone.“Che cosa mi succederà adesso?”, domanda Osokin con una smorfia sul volto. “Posso andare a

casa?”.“No”, è la risposta dell’ insegnante. “Chiameranno tua madre e ti condurrà via lei”.

I due attraversano tutti i corridoi e le sale che conducono al sanatorio della scuola.Quest’ ultimo consiste di tre camerette a pianterreno, separate dagli altri locali e dotate di un

ingresso proprio che dà sul cortile. Vi soggiornano due ragazzi della prima classe, che indossano

grembiuli blu, e un giovanotto grasso e occhialuto della settima, che Osokin trova antipatico. I compagnilo sospettano di avere la sifilide, e perciò passa la maggior parte del tempo in sanatorio.

Il maestro lascia Osokin e va via.Il ragazzo ora è seduto presso la finestra e guarda in strada.La sua sensazione d’indifferenza verso se stesso e tutto il resto del mondo sta svanendo. Ora si

sente come uno scolaro che ha appena preso una sgridata dal preside…. Un collegiale che è appena statoespulso dalla scuola.

“Che ti è successo, Osokin?”, gli domanda il ragazzo occhialuto.“Oh, niente di particolare”, risponde Osokin voltandosi dall’altra parte. L’altro rimane per un po’

in piedi davanti a lui, visibilmente senza saper che dire, e poi se ne va in un’altra stanza.Il tempo trascorre lentamente. I ragazzi della prima classe giocano a domino nella stanza

accanto. Osokin siede sempre vicino alla finestra e guarda fuori. Il suo senso di nausea è così profondoche ha persino paura di pensare.

“Che cosa significa?”, si domanda. “Lo so, era necessario terminare la scuola per poter fare tuttocome volevo io. Ma ora, che ne è di tutto questo? Sempre la stessa cosa. Ora so che anche prima sedevocosì, vicino alla finestra, e pensavo esattamente le stesse cose che sto pensando in questo momento:eccomi qui, espulso dal collegio. Questo significa che tutto si ripete senza mai cambiare. E allora, a che èservito tornare indietro? E’ chiaro che non andrò all’Università come sarebbe stato normale fare. Poveramamma! Ci teneva tanto! Che cosa orribile le ho fatto! Il suo cuore non è più forte come un tempo.Adesso la trascineranno qui e le diranno le cose più tremende sul mio conto, e per lei significherà chesono praticamente rovinato. Sono cose che per lei contano moltissimo. Naturalmente, dopo, tutto siaggiusterà in qualche modo. Studierò sodo per l’esame di ammissione. Non è necessario che io vada all’Accademia militare. Ma è ora, che tutto va male. Povera mamma, questi idioti la tormenteranno a morte.Quel che non capisco è perchè l’ ho fatto; perché tutta la storia degli occhiali e di Giulio Cesare, io me laricordo perfettamente da prima. Per essere proprio sincero con me stesso, sapevo tutto dal principio alla

fine; sapevo che mi avrebbero beccato. Sapevo persino che sarei stato accusato di aver rotto la serratura.Eppure ho fatto esattamente quello che avevo fatto prima. Perché diavolo mi è venuta voglia di farescherzi a Giulio Cesare e all’ ispettore del ministero? Ma la cosa più curiosa è che anche allora. L’altravolta, sapevo già tutto e dopo mi sedetti qui, come adesso, accusandomi per aver fatto quel che avevofatto nonostante sapessi già da prima quali sarebbero state le conseguenze. Adesso me ne rammentochiaramente. E ora, che succederà? E’ mai possibile che tutto continui così com’è andato prima? No,sarebbe orribile! Non posso crederlo. Debbo trovare qualcosa cui aggrapparmi: non posso continuarecosì. Non debbo lasciare la porta aperta a questi pensieri. Si, va tutto male, malissimo, ma dopotutto dev’esserci una via d’uscita. E’ evidente che a scuola non potevo far nulla per cambiare. Probabilmente eragià tutto compromesso da prima. Li in collegio avevo le mani legati, ma ora sarò libero. Studierò, leggerò.In fondo, è meglio così. A casa mi preparerò molto più in fretta per l’esame di ammissione. Debbosoltanto convincere la mamma a non sentirsi troppo delusa. Debbo farle capire che per me la scuola erasoltanto un impedimento.

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E’ questa, probabilmente, la ragione per cui tutto, forse, andrà meglio. Ora posso cominciareuna pagina nuova, e scriverci quello che voglio”.

Osokin, seduto immobile alla finestra, comincia a sentir freddo e ad aver fame. Di sopra intantosi odono dei rumori.

“Il secondo intervallo”, pensa.

Poi i rumori si affievoliscono; evidentemente le lezioni sono riprese. Il tempo si trascina con unalentezza incredibile. Alla fine portano il pranzo anche agli ospiti del sanatorio. L’inserviente della mensaincaricato di portare da mangiare chiacchiera col sorvegliante. Il ragazzo occhialuto della settima classe siavvicina a loro, e Osokin sente che stanno parlando di lui. Lo assale un’ondata di rabbia e di disgusto per tutti. E’ stufo di star li seduto; è annoiato e ha freddo, ha voglia di mangiare e di fumare. Ma al tempostesso vuole che tutto questo duri il più possibile, cosicché sua madre non arrivi troppo presto.

Il pranzo è terminato. Si sente un acciottolio di piatti. Vengono portati via i vassoi. Di sopraricominciano i rumori. Un lungo intervallo. Il tempo scorre a rilento. Alla fine ritorna ancora una volta ilsilenzio. Osokin comincia a sperare che sua madre non venga più. Tutto sarebbe più semplice. Potrebbetornare a casa accompagnato da un maestro.

“Però, dopo la quarta ora proverò a uscire coi ragazzi che non stanno a convitto”, pensa.“Naturalmente i portieri avranno ordine di non lasciarmi uscire, ma forse si può sgattaiolare via lo

stesso”.Osokin passa nella camera accanto. Il sorvegliante non c’è. Sarebbe possibile uscire all’ esterno,

ma occorre aspettare l’intervallo. Si siede di nuovo vicino alla finestra.Ormai non ha più la minima voglia di pensare alla scuola e alla sua espulsione. La sua mente

vaga inseguendo pensieri molto più piacevoli: pensa all’ estate, pensa di comprare un fucile e di andare acaccia. Davanti ai suoi occhi le scene sorgono e passano una dopo l’altra: un lago tra i boschi, una paludecon le betulle argentee… Poi si guarda intorno e quasi si compiace di aver preso la sua espulsione contanta calma.

“Credo proprio che sapessi davvero che questo sarebbe accaduto, e ciò spiega perché non sonosorpreso!, riflette.

Finalmente, quando meno se l’aspetta, nella camera contigua si sente sbattere una porta ed entrasua madre accompagnata da un maestro. I due ragazzi della prima stanno in piedi presso la porta e laosservano con curiosità, il convittore grasso apre l’uscio della sua stanza e si sporge anche lui a guardareincuriosito.

Osokin vede lo sconforto profondo di sua madre e ha un tuffo al cuore. Quella calma di cui unmomento prima si compiaceva, adesso gli appare come l’egoismo più incallito. I suoi progetti per l’ammissione all’Università gli sfumano davanti, e non resta altro che la nuda e cruda realtà: è statoespulso dal collegio. E sa che cosa ciò significhi per sua madre.

“Vanja” ella domanda, “che cosa succede?”.Osokin non risponde, e invece guarda verso il maestro.“Perché me lo domandi davanti a questo bestione? Che cosa posso risponderti?”, dice dentro di

sé. Ma a vederlo si direbbe muto per la vergogna. “Andiamo via”, dice a voce alta.”Ti dirò tutto. E’andato tutto in un altro modo”.

Escono dal sanatorio e attraversano il corridoio e la palestra vuota, per raggiungere l’ ingresso.D’improvviso Osokin si rende conto che in fondo è affezionato al collegio e che gli dispiace andarsene

 per non tornare mai più. E’ stupido e fastidioso pensare che è stato espulso. E alla vista di sua madre cosìdemoralizzata il suo disagio aumenta. Nell’ ingresso la madre dà segni di nervosismo. Rimane un pezzo a cercare i guanti. Tira fuori il

 borsellino e dà al facchino una mancia molto più lauta del necessario.Osokin è terribilmente addolorato per lei e al tempo stesso è urtato della sua venuta. Sarebbe

stato assai meglio se sua madre l’avesse lasciato a sbrigarsela da solo.Escono in strada.“Che cosa mi stai facendo, Vanja?”, ella esclama. “Perché mi sottopone a quest’ umiliazione, e

che cosa stai facendo a te stesso?”.La voce le s’incrina. Osokin capisce che sta per scoppiare in lacrime.“Andiamo a casa, mamma”, dice, La ti dirò tutto”. Vorrebbe aggiungere che tutto si aggiusterà,

ma gli basta un’ occhiata al volto della madre per rimanere zitto.Salgono su una slitta e partono. Osokin non parla durante tutto il tragitto e solo ogni tanto guarda

sua madre di sfuggita. Anch’essa è taciturna.

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“Una sola cosa vorrei chiarire”, pensa Osokin”. “Se sapevo tutto ciò che sarebbe accaduto, perché hoagito come ho agito? Perché non mi sono comportato diversamente? E, se è vero che non potevo farealtrimenti, perché ho spesso la sensazione che tutto dipenda interamente da me?”.

Egli si immerge nelle sue riflessioni.“Probabilmente, un coniglio ragiona esattamente come ragiono io, quando un serpente lo

guarda”, dice fra sé. “Perché non fugge via? E’ libero di farlo, e sa bene cosa succederà altrimenti: se nonfugge, il serpente lo divorerà. Vorrebbe scappare, e invece si accosta sempre più al serpente. Mentre lefauci del serpente gli si avvicinano, il coniglio probabilmente non cessa di chiedersi perché fa quello chefa. Ma il punto più importante è questo: perché il coniglio si comporta così pur sapendo fin dall’ inizioquale sarà la sua fine? Forse, pensa che vi sia ancora una possibilità di scampo.

Tutto questo significa forse che debbo dichiararmi battuto? No, non sono battuto. Mi metteròsubito in cerca di Zinaida”.

Ormai Osokin ha acquisito l’abitudine di osservarsi mentre riflette e di guardarsi come dall’esterno; egli sospetta quindi che “mettersi in cerca di Zinaida” sarà un mero pretesto per non rimanere incasa – cioè per non studiare – e che alla fin fine tutte le sue buone intenzioni non condurranno a nulla. E’ profondamente disgustato di se stesso.

Se fosse solo, potrebbe facilmente riacquistare il buonumore, inducendosi a pensare a cose piacevoli. Ma la presenza di sua madre costituisce un monito, un rimprovero vivente che lo costringe di

continuo a vedere la cruda realtà della vita e i risultati delle sue buone intenzioni. Al tempo stesso egli èstanco di quei pensieri “in tono minore” – così gli viene spontaneo di chiamarli – e la sua mente se ne va per conto suo indirizzandosi verso oggetti più piacevoli… Non gli piace essere di cattivo umore a lungo.

XVIII . A CASA

Giunti a casa, Osokin e sua madre entrano insieme nella camera di lei.“Ebbene, che significa tutto ciò?”, domanda la madre. “Che cos’è questa storia della serratura

che hai rotto? E quali altri misfatti hai commesso? Il preside ha parlato di te come se fossi un delinquente. Non hanno voluto neppure lasciare che fossi io a richiedere di mia iniziativa di portarti via; in quel modoavresti avuto il diritto di iscriverti ad un’ altra scuola. Ma ormai non è più possibile, perché sei statoespulso per decisione del Consiglio”. Si asciuga gli occhi col fazzoletto. “Non so proprio che cosa farai”.

“Sono tutte sciocchezze, mamma”, risponde Osokin. “Non ho rotto nessuna serratura. Dopo lelezioni mi hanno lasciato in un’aula vuota; non c’era nemmeno la luce e mi annoiavo mortalmente. Non

immagini che noia là dentro. A un certo punto mi sono accorto che la porta non era chiusa a chiave. Forsela serratura era rotta davvero, non so. Sono uscito in corridoio e sono andato in sala d’attesa…sai, dovec’è la grande biblioteca. Ieri era atteso un ispettore del ministero. Poi…”. A questo punto Osokin siferma. “Sai, c’è un busto di Giulio Cesare là dentro. Be’, insomma, gli ho messo un paio di occhiali blu”.

“Quali occhiali?”.“Mah, normalissimi occhiali che comprai tempo fa a Sukarevka. Non so perché l’ho fatto.

Insomma, ho messo quegli occhiali a Giulio Cesare. Era buffo da morire, sembrava proprio un professoretedesco. E poi col gesso ho scritto sul muro “Benvenuto, Eccellenza!” con qualche errore d’ortografia”.

“E questo è tutto?”.“Si, Ah, ho anche disegnato una faccia sul muro”.La madre di Osokin avrebbe voglia di ridere, ma al tempo stesso è profondamente scoraggiata.

E’ accaduto ciò che più temeva. Vanja rimarrà senza istruzione. Il futuro le appare buio. E tutto questo èsuccesso in modo così inatteso. Di recente, le era parso che suo figlio si fosse finalmente abituato al

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collegio. E’ molto irritata con lui, ma è ancor più indignata coi direttori della scuola. Ora guarda suofiglio: si direbbe ch’egli abbia in mente un pensiero fisso, ed è evidente che soffre anche lui. La madre è profondamente addolorata e ferita per causa sua; è triste per la sorte del figlio, ma anche per le propriesperanze infrante. Ma lei pure vorrebbe credere in un futuro più roseo. In fondo, il ragazzo non ha fattoniente di male: una sciocchezza, forse, ma nulla di veramente grave. Di ciò non sarebbe capace, ne è

certa. Questo pensiero la libera di un grave peso.“E ora, che cosa farai?”, chiede al figlio.“Oh mamma”, è la risposta, “adesso tutto andrà molto meglio. Mi preparerò per l’ esame di

ammissione e riuscirò a iscrivermi all’ Università molto prima che se avessi continuato la scuola. Haivisto come ho imparato in fretta l’ inglese: sarà così anche per le altre materie. Vedrai. Quel collegio èstato soltanto tempo sprecato”.

La madre di Osokin si fa triste ancora una volta.“Ma avrai bisogno di un maestro che ti aiuti”, dice.Osokin trasalisce. Queste parle le ha già dette allora, con la spessissima voce, lo stesso tono

incerto e scoraggiato. Se ne ricorda bene!“Studierò, mamma, studierò. Perdonami per quello che è successo. Farò tutto come si deve,

vedrai”.

XIX . TANECKA

Diciotto mesi dopo. La madre di Osokin è morta. Egli vive ora con lo zio, un ricco proprietario terriero, inuna grande casa di campagna nella Russia centrale.

La veranda si apre sul giardino. Un lungo viale fiancheggiato da tigli. Osokin, in stivaloni,camicia bianca alla russa con cintura di cuoio, berretto bianco e un frustino cosacco che gli pende dalfianco, cammina su e giù per la veranda in attesa che gli portino il cavallo.

“Esteriormente, tutto va per il meglio”, riflette fermandosi a guardare il giardino, “ma c’èqualcosa che mi opprime senza darmi tregua. Non riesco a rassegnarmi al pensiero che la mamma siamorta, ma a me sembra ieri. So che per me sarà sempre così. E so anche che è tutta colpa mia. La mammasi ammalò poco dopo che fui espulso dal collegio, e non si riprese mai più. Lo so benissimo. E il peggio èche sapevo tutto già da prima”.

Continua a riflettere.“Non so se la storia dell’ incontro col mago sia stata tutta un sogno, ma per me il futuro ha lo

stesso sapore del passato. So che tutto ciò che mi è accaduto era già accaduto in precedenza, e quindi per me il futuro è privo di interesse. Sento che per me non ha in serbo altro che tranelli e insidie. Mi paresempre di poterli prevedere in tempo, ma ora che la mamma è morta non m’ importa più di nulla. Non honemmeno voglia di fare quel che mi converrebbe fare”.

Passeggia ancora su e giù per la veranda.

“Qui mi sento lievemente a disagio”, fra sé guardandosi attorno. “Lo zio è un uomo simpatico, evedo che è davvero ben disposto nei miei confronti, ma io non ho alcuna fiducia nel futuro. Sento che trame e lui accadranno cose spiacevoli. Io sto sempre in guardia, sono sempre in ansia per qualcosa. E per via di questo disagio, o di chissà che altro, non faccio nulla. Sono diciotto mesi che sono andato via dascuola, e ancora sto pensando a mettermi al lavoro. In tutto questo tempo ho letto molti libri. Ho imparatol’italiano: riesco perfino a leggere Dante; ho studiato matematica, ma il latino e il greco… no, il grecotemo proprio di non saperlo più leggere. Non riesco a indurmi a studiare. Dovrò passare l’ esame in unascuola moderna. Anche questo è tremendamente difficile, per via di un mucchio di piccole questioni. Nel programma ci sono tante di quelle cose stupide e inutili: teologia, geografia, eccetera; e con quest’ esame,senza sapere il latino e il greco, non potrò andare all’ Università. Se supero l’ esame, sono certo che lo ziomi darà la possibilità di andare a studiare all’ estero. Ma tanto, ormai, sono così indifferente a tutto chenon so nemmeno se ne ho voglia o no”.

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Ecco che sulla veranda appare Tanecka, la pupilla e governante dello zio. E’ una bella ragazzaalta dai lineamenti tipicamente russi, con una folta treccia, le guance rosse e grandi occhi scuri. Ha poco più di vent’ anni. Ha frequentato la scuola femminile di una cittadina di provincia, le piace vestirsi dacontadina russa e andare in giro a piedi scalzi. La servitù mormora che Tanecka ha fatto girare la testa alvecchio padrone.

Furtivamente, Tanecka si avvicina ad Osokin che le volge le spalle, e batte le mani proprio dietrola sua testa. Osokin si volta di scatto e l’ afferra per un braccio.

“Oh Tanecka, come mi hai spaventato!”.“Lasciami andare, brutto bestione!Mi spezzerai le braccia”.“No che non ti lascio andare”.Osokin l’attira ancora più vicino. Il suo viso è a poca distanza da quello di lei. Guardandola negli

occhi, vede le sue labbra leggermente dischiuse e i suoi piccoli denti bianchi. Avverte il contatto dei suoiseni, delle sue spalle, di tutto il suo corpo. D’un tratto, Tanecka cessa di resistergli per un istante, e il suocorpo si fa tenero e cedevole. I suoi occhi ridenti si chiudono e le labbra calde, piene e sode dal profumodi fragola si premono contro quelle di Osokin. Egli sente mille scintille elettriche percorrergli il corpo. Loassale un senso di sorpresa gioiosa e di calore insolito. Vorrebbe stringeresela ancor più vicino, ha vogliadi baciarla, di chiederle perché, come mai si sia trasformata così. Ma Tanecka si è già divincolata dal suoabbraccio e ha raggiunto l’altra estremità della veranda.

“Guarda! Stanno portando Zampa Bianca”, dice come se nulla fosse accaduto. Ma mentre guardaOsokin sorride, e negli occhi le si legge un’ espressione nuova.

Lo stalliere conduce verso la veranda un cavallo sellato. E’ una robusta giumenta baia dallezampe bianche; ha il collo un po’ corto, ma gli occhi sono insolitamente vivaci ed espressivi. Ha unaspetto molto elegante con quella sella cosacca e le staffe d’ argento alla moda caucasica.

Adesso Osokin è riluttante ad andar via. Tanecka è ancora sulla veranda, appoggiata alla balaustra. Osokin sente che se l’ abbracciasse di nuovo e la stringesse ancora a sé, il corpo di lei sifarebbe ancora una volta morbido ed arrendevole. Questa sensazione lo turba e lo fa sentire attratto versodi lei.

Tanecka assume un aria innocente e dice:” Vai molto lontano, Ivan Petrovic?”.“Vado a Orchovo, a comprare i giornali, Tatiana Nikanorovna”, le risponde Osokin nello stesso

tono e con un inchino solenne.Tanecka alza la mano per minacciarlo, poi si gira e lascia di corsa la veranda per entrare in casa.“Torna in tempo per pranzo”, gli grida. “Ho colto un sacco di fragole”.Osokin scende di corsa i gradini, saggia le cinghie della sella e accarezza il muso bianco della

giumenta, giù giù fino alle narici tenere e calde. Zampa Bianca ha un movimento che sembra quasi didanza, e gli strofina la testa sulla spalla. Osokin prende allora le redini, appoggia la mano sul pomello,mette il piede nella staffa e si issa agilmente in sella.

“Arrivederci!”, gli grida Tanecka da una finestra del primo piano. “Non ti scordare di me.Scrivimi!”.

Lo stalliere sorride. Osokin fa voltare di scatto Zampa Bianca e si getta al trotto giù per il viale ,le gambe spinte bene all’ indietro, quasi ritto in piedi sulle staffe.

Il movimento possente ed elastico del cavallo sotto di lui, il vento caldo che profuma di fiori ditiglio e la sensazione di Tanecka che pervade il suo corpo lo trascinano lontano da ogni pensiero.

Gli alberi scorrono via rapidi e il rumore sordo degli zoccoli sulla strada sterrata è

meravigliosamente piacevole. Zampa Bianca protende il collo tendendo le redini, e il suo trotto sostenutosi fa sempre più veloce. Osokin tiene i piedi saldamente ancorati alle staffe e, con una sensazione insolitadi gioia nel cuore, segue il ritmo incalzante del movimento del cavallo.

“Tesoro”, dice accarezzando il collo di Zampa Bianca, e non sa nemmeno lui se le parole sianodirette a Tanecka o alla giumenta. Le labbra della fanciulla sono ora di nuovo vicine alle sue, e i suoi senialti e sodi sotto la camiciola bianca premono contro di lui ed emanano un senso di calore, di tenerezza edi fiducia. Osokin è preso da una leggera vertigine e stringe con più forza le redini.

“Tanecka cara!”, esclama. “Che cosa meravigliosa è stata!Ma allora anche lei sente quel chesento io.Può esser vero? Si, si, dev’ essere così. Ecco perché era tanto….”. Ma in quell’ istante dal più profondo del suo animo si leva una nube scura.

“Perché”, si domanda, “perché tutto è così bello da una parte e così terribile dall’ altra? Perché lamamma non c’è più? Se la sapessi viva, come godrei di tutto questo… la strada, il bosco, Zampa Bianca eTanecka. Invece ora non ho voglia di niente. Ieri mi sono ricordato di una storia divertente; avrei tanto

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voluto raccontarla alla mamma, l’unica persona che avrebbe saputo capirla. Ma lei non c’è, e io non so il perché, non so dov’è, non so che senso abbia tutto questo. Se fosse possibile, desidererei una sola cosa:tornare indietro all' estate scorsa. Ma perché è impossibile?”.

 Nemmeno lui capisce bene perché questo pensiero gli faccia venir freddo e lo spaventi; è comese improvvisamente avesse toccato un punto dolente che aveva deciso di non toccare, o avesse risvegliato

un intero esercito di fantasmi che da un momento all’ altro potrebbero stringerglisi intorno accerchiandoil suo animo da tutti i lati. E nel tentativo di sfuggire a se stesso, egli lancia Zampa Bianca giù per lacollina al galoppo, quel galoppo che è così tipico dei cavalli cosacchi. Poi, ritto in piedi sulle staffe, percorre al trotto un ponticello che trema sotto gli zoccoli scalpitanti e, chino sulla sella, risale di volata lacollina. Sollevando una nuvola di polvere, galoppa come un uomo inseguito lungo la vecchia stradasterrata, larga cento iarde e fiancheggiata da alte betulle argentee.

Un’ ora e mezzo più tardi Osokin fa ritorno, al passo, in sella a una cavalcatura grondante disudore. Tutto perso nelle sue riflessioni, egli cavalca un po’ di traverso sulla sella; così esce dal bosco eraggiunge l’ ampia radura oltre la quale incomincia la boscaglia confinante col giardino della casa.

Ormai non pensa ad altro che a Tanecka. Ogni altra immagine si ritira sullo sfondo. Tanecka, conla gonna rialzata sulle gambe ben tornite coperte di calze a righe e con le scarpette rosse ai piedi, checammina con aria guardinga tra l’ erba bagnata; Tanecka così come la scorse un mattino di buon’ ora, conle spalle nude e il seno mezzo scoperto, affacciata alla finestra per contare i richiami del cuculo… E poi

ancora il tocco delle sue labbra piene e quel corpo che si fa tenero e soffice tra le sue braccia.Tutte queste sensazioni e queste immagini lo colmano di felicità e di spensieratezza, ma al tempo

stesso egli vuole comportarsi in modo sensato.“Tanecka è un tesoro”, dice fra sé, “ma debbo stare molto attento a non rovinare tutto. Le cose

che mormorano sul conto di lei e dello zio sono tutte sciocchezze; eppure, sento che i miei rapporti conlui potrebbero guastarsi per causa di Tanecka. Se lo zio si accorge di qualcosa, si riterrà in dovere di proteggerla da me, e questo è stupido. Io non voglio nulla. Tanecka fa parte della natura, come questocampo, come la foresta o il fiume. Non avevo mai immaginato il sapore di donna assomigliasse tanto aquello della natura. Ma non debbo lasciarmi trascinare”.

Con un tocco del frustino incita la sua cavalcatura al trotto e, attraversata la radura, si fa largo trala boscaglia per raggiungere la casa.

Tanecka è sulla veranda a pulire fragole per fare la marmellata e Osokin non appena la scorge èinvaso da un’ inspiegabile allegria. Ha voglia di chiacchierare con lei, di ridere e di farla divertire. Se nontemesse lo zio, si spingerebbe a cavallo fin sotto la veranda e farebbe inginocchiare Zampa Biancadavanti a lei. Il capostalliere gli ha detto, qualche tempo fa, che la giumenta ha avuto un addestramentospeciale e sa fare alcune evoluzioni da circo.

“Sapessi quanti funghi ho visto, Tanecka”, esclama Osokin balzando giù di sella.“Dove, dove?”.Tanecka si avvicina di corsa alla balaustra.“Vicino alla palude di Zuevo. Andiamoci dopo pranzo. Te li farò vedere”.Tanecka scuote la treccia aggrottando le sopracciglia.“Va bene”, dice. “Ma non si metterà mica a piovere?”.“Non mi sembra”.“Va bene. E ora, il pranzo è pronto. Sbrigati”.

Osokin passeggia nel bosco insieme a Tanecka. Con loro c’è un grosso cane nero di nome Polkan. Osokin porta due panieri colmi di funghi. Giungono al torrente poco profondo che attraversa il bosco; intornosono vecchi alberi di pino, e verdi arbusti di ontano costeggiano le sponde del torrente.

Ormai si sono allontanati da casa da quasi quattro ore, e Osokin è perdutamente innamorato diTanecka. Hanno chiacchierato senza posa. Osokin le ha parlato del collegio, facendo l’imitazione di tutti imaestri, le ha detto dell’ Esposizione francese a Mosca, e poi di Parigi… non c’è mai stato, ma s’immagina di conoscerla perché nella sua mente gli pare di vederla. Tanecka gli ha parlato degliammiratori che aveva in città, e del teatro, dove è stata ben due volte. Osokin sente la sua attrazione per lei rinnovarsi di continuo. Quando le ha detto degli occhiali blu di Giulio Cesare, è scoppiata in una risatacontagiosa. Il suo collo abbronzato ha una dolce curva, le sue ciglia sembrano di seta e le sopraccigliesono folte. E’ flessuosa ma forte… “ proprio come una bella gattina”, pensa fra sé Osokin. Egli ha pauradi guardarla troppo e spesso volge altrove gli occhi. Teme che possano lasciarle capire tutto ciò che pensa

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e che sente. I suoi stessi pensieri lo infiammano. Tanecka lo guarda spesso, e a lui sembra che un paio divolte i suoi occhi esprimano stupore, come se si fosse aspettata qualcosa di diverso da lui.

“Dobbiamo attraversare il torrente”, esclama Tanecka, correndo giù lungo la sponda.“Cerchiamo un guado”.

Si siede a terra vicino all’ acqua e si sfila rapida le scarpette e le calze color sabbia.

Quando osokin la raggiunge, è ritta in piedi sulla rena e raccoglie la gonna e il  sarafàn: egliscorge le sue gambe bianche e tornite, con le caviglie sottili e i piccoli piedi; e gli fa piacere che Taneckanon badi alla sua presenza. Reggendo i vestiti con una mano e bilanciandosi con l’altra, ella fa un primocauto passo nell’ acqua.

“Oh, che sassi acuminati!”, grida. “Però, l’ acqua è tiepida! Farò il bagno. Ma tu non azzardarti aguardarmi! Vai là dietro e non tornare finchè non ti chiamo”.

Osokin aggira un poggiolo e discende di nuovo verso il torrente, che in quel punto forma unacurva.

Il cuore gli batte e avverte un’ eccitazione insolitamente piacevole. Un brivido leggero gli corre per tutto il corpo come se fosse entrato nell’ acqua fredda: si sente allegro e ha voglia di ridere.

Ora è sdraiato vicino all’ acqua e si accende una sigaretta.“Ehi!”. La voce di Tanecka lo raggiunge. “Vanja! Vanecka! Ivan Petrovic, dove sei? Ehi!”.“Ehi! Sono qui!”, grida Osokin balzando in piedi.

“Perché sei andato così lontano?”, dice ancora Tanecka. “Avvicinati!”.Osokin si fa strada fra i cespugli lungo la sponda del torrente. Crede che la ragazza sia ancora

lontana, ma all’ improvviso gli arbusti si diradano e la scorge in mezzo al torrente, con l’acqua fino alleginocchia; è li, in piedi, tutta nuda, e il suo corpo bianco e lucente per l’acqua, contro lo sfondo verdescuro, rivela curve che egli non si aspettava.

Vedendolo, Tanecka ride forte, si immerge nuovamente e con le mani solleva alti spruzziagitando l’ acqua intorno a sé.

“Non andartene così lontano”, gli grida. “Ho paura di restare sola nel bosco!”.Per un istante riemerge dall’ acqua, provocante e spavalda, e lo guarda dritto negli occhi, I loro

sguardi s’ incontrano, e in quell’ attimo ha la sensazione che loro due sappiano qualcosa che nessun altrosa.

Il respiro gli si spezza per la gioia e l’ eccitazione. Tanecka ride, gli fa la linguaccia e si tuffa inuna polla profonda, sotto i cespugli.

“Perché sei arrossito?”, gli grida poi dall’ acqua, coprendosi il seno con le mani. “Ecco! Mi haifatto bagnare i capelli. Hai più paura tu di me che io di te. Va’ nel bosco, adesso. Voglio rivestirmi. E’ oradi rientrare”.

Osokin risale lentamente l’erta della collina ascoltando il suo cuore che batte, e va a sedersi sull’erba. E’ tutto come un sogno. In lontananza si sentono tubare i colombi selvatici. Un grosso ragno scivolalento giù da un abete, appeso al suo filo lucente…

Qualche minuto più tardi, Osokin si rialza e ridiscende il poggio per andare incontro a Tanecka;ella è vestita, ma ha ancora i piedi scalzi. Gli sembra di vederla arrossire lievemente mentre si avvicina,ma lo sguardo che gli rivolge è spavaldo e provocante, come prima, nell’ acqua.

“Ora dobbiamo tornare a casa”: Tanecka parla come se non fosse accaduto nulla di insolito; macontemporaneamente guarda Osokin con un’ aria un po’ stupita e interrogativa.

Osokin vorrebbe dire qualche cosa, ma non trova le parole. Camminano in silenzio per alcuni

minuti. Tanecka mordicchia uno stelo d’ erba, e di tanto in tanto gli lancia un’ occhiata.Mentre la osserva, Osokin non riesce a capire le proprie emozioni. Appena ieri avrebbero potutofar la lotta per strapparsi a vicenda uno scarabeo verde. Ancora quella mattina, egli avrebbe potuto prenderla per la vita e stringerla a sé, e sarebbe stato semplice e naturale. Ma adesso Tanecka è cambiata.Egli avverte qualcosa di profondamente misterioso in questo, un mistero che lo spaventa e lo turba, comese intorno a lei vi fosse un cerchio magico che non gli è consentito oltrepassare.

Avrebbe voglia di comunicarle la sua intenzione di comportarsi da persona sensata, ma sente chesarebbe persino sciocco provarci. Lei potrebbe offendersi. Potrebbe sembrare che lei si sia comportata dacivetta e lui si sia tirato indietro, mentre in realtà ella non ha detto nulla. E quando l’ha veduta mentre erain acqua… è stato così bello! Perché davanti a lui dovrebbe provar vergogna più di quella giovane betulla?

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“Come sei diventato mansueto!”, gli dice Tanecka. “Stamattina eri tutto diverso. Che ti èsuccesso? Hai mal di testa? Poverino!”. Passa velocemente la mano sul capo di Osokin, poi gli tira giù il berretto fin sugli occhi e corre via ridendo e saltando.

“E t, come preferisci?”, risponde Osokin aggiustandosi il berretto: e intanto sente messa a dura prova la sua determinazione di comportarsi bene.

“Ma come sei adesso, naturalmente”. Tanecka parla trascinando le parole. “Ora sembri propriouna signorina di Mosca, di quelle che vanno in collegio; par di vederla!”. Di nuovo gli calca il berrettosugli occhi e corre via ridendo.

Osokin lascia andare i canestri pieni di funghi, la raggiunge, l’ afferra per la vita sottile eflessibile e preme le labbra contro la sua guancia fresca e rosea. Tanecka si divincola, ride in modo provocante, e i baci di Osokin finiscono sul collo, sulle tempie e sulla gola.

Alla fine ella riesce a liberarsi dalla sua stretta ed esclama:“Ma guarda che cos’ hai fatto ai funghi! I miei funghi! Oh, brutto zoticone!”. La sua mano si

leva come per minacciarlo. “Polkan, mangialo!”, strilla.Il cane saltella intorno a loro, abbaiando.Tanecka si mette a raccogliere i funghi; Osokin l’aiuta: poi, afferrandole le mani, l’attira a sé e le

 bacia gli occhi, le labbra, le guance. Ella non oppone alcuna resistenza. Al contrario, leva il volto verso dilui con un’ espressione seria e lo sguardo basso: si direbbe che ascolti i suoi baci dentro di sé.

I due riprendono il cammino lungo il verde sentiero nel bosco: di tanto in tanto, Tanecka glilancia un’ occhiata e ride.

La mattina seguente. All’ alba, Osokin dischiude appena la porta della sua camera, al pianterreno, vicinoalla scala, e guarda fuori nel corridoio. Non c’è nessuno. Allora la porta si apre, e Tanecka scivola fuori.Indossa una lunga vestaglia gialla e ha uno scialle sulle spalle. Sulla soglia si volta, getta le braccia alcollo del giovane e lo bacia sulle labbra, con un lungo bacio che mozza il respiro a entrambi. Poi, senzauna parola, si avvolge lo scialle intorno al capo e sale di corsa le scale senza far rumore.

Osokin la guarda andar via, e quando scompare dietro la curva della scala rientra in camera sua.Con un vago sorriso, getta uno sguardo al letti disfatto, si avvicina alla finestra, la spalanca e si

affaccia in giardino. Di colpo lo avvolge un’ ondata di aria fresca, umida e fragrante, piena del frusciodelle foglie, delle voci degli uccelli che si destano mentre il sole splende oltre le cime degli alberi. Sente i polmoni dilatarsi, e vorrebbe quasi inghiottire l’intero giardino in un solo respiro.

Si siede sul davanzale, poi passa le gambe dall’ altra parte e, con un balzo, è in giardino.L’erba è tutta bagnata e scintilla per la rugiada. L’aria è carica del profumo dei tigli. All’

improvviso spunta il nero Polkan, tutto ansimante, agitando la coda per la gioia; abbaia e con un salto posa le zampe bagnate sul petto di Osokin.

“Andiamo al lago, Polkan”, dice il giovane. “Come si fa a mettersi a dormire, adesso?”.Polkan agita la coda come se avesse capito le sue parole, e si avvia di corsa per il viale,

 precedendolo.Giunti al lago, poco distante dalla casa, Osokin siede sull’ alta riva sotto un gruppo di giovani abeti. Posala mano sulla testa bagnata del cane e con un sorriso fuggevole s’ immerge nei suoi pensieri. Il sole si falargo tra le nuvole e inonda il lago con la sua luce.

“Com’ è strano tutto questo!”, pensa Osokin. “E pensare che è venuta di sua iniziativa. Ma cheidiota quel Tolstoj! Quante sciocchezze ha scritto nella Sonata a Kreutzer ! Dove sarebbe la bruttezza e la

volgarità di questa cosa? Cara Tanecka! Come la capisco adesso! Si, è vero, ed è l’unica cosa vera almondo. La verità è che tutto sta nelle mani della donna, ed è lei l’ unica che ha diritto di decidere.Bisogna comprendere questo, e poi tutto il resto cambia. Ma perché la gente non capisce? Perché intornoa questa cosa ha creato tante stupidaggini e tanta volgarità? E perché vogliono nasconderne a se stessi ilvero significato, circondandola di diffidenza e di paura?”.

Siede a lungo a guardare il lago, accarezzando la testa di Polkan. Ciò che gli è appena accadutocontinua a scorrere davanti ai suoi occhi, ripetutamente: le stesse parole, lo stesso palpito nel cuore, lastessa sensazione di gioia mista a spavento. Un velo è caduto di colpo, e la vita splende ora di mille luci,mentre le nere calunnie e le menzogne che fanno dell’ amore una cosa da temere svaniscono come unanube.

 Nel villaggio oltre la collina, un pastore suona il suo flauto di canna, da cui si dipanano, come filid’oro, lunghe note trillanti che toccano il cuore colmandolo di gioia malinconica. Si, si, Tanecka! Ella èvenuta da me spontaneamente. Com’ è stato bello! E’ entrata, si è messa a ridere e a stuzzicarlo, e lui ha

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cominciato a baciarla, mentre ella rideva dicendogli: “Tu hai paura di me”. Non avrebbe mai immaginatoche Tanecka fosse così esperta.

“Ma non ha forse ragione? E perché non dovrebbe fare ciò che vuole? Ma certo che ha ragione,certo che può farlo! Chi dice che avrebbe fatto meglio a sposare il diacono di un villaggio di provincia, oil figlio del bottegaio. Sinebriukov, il cui nome significa “pancia blu”? Invece lei se lo è trovato da sola,

un compagno, senza aspettare il matrimonio. Di certo, lo zio non ne sa nulla, ma ancora adesso Taneckas’ incontra col giovane ispettore forestale di Zaozerje: e non è nemmeno il primo. Ma chi può darle toro?E’ meravigliosa. Tutto, in lei, è così dolce e naturale! Come rideva piano, mentre lasciava che laspogliassi e la baciassi. Quanto sono calde le sue labbra, e che corpo sensibile ha…. I suoi seni, le suespalle, le sue gambe. E’ straordinario, meraviglioso! Come fa la gente a calunniare l’ amore, a farne unvizio, un delitto? Tutte quelle parole disgustose, quelle espressioni ignobili…. E i termini medici,fisiologici… come se nell’ amore esistessero cose simili. E’ come fare l’analisi chimica di un violino. Einvece non è così! Assomiglia proprio al suono di quel flauto… non ci sono parole per descriverlo”.

Il suono del flauto di cane giunge lentamente fino a lui, risveglia nel suo animo tanti pensieridimenticati, che lo turbano, ma che gli sono familiari; qualche cosa gli torna alla memoria, qualche cosaaffiora alla superficie dal fondo delle tenebre.

Ora egli vede davanti a sé il lago incendiato dal sole, e le nuvole bianche orlate d’ oro, e le verdicanne che frusciano dolcemente.

“E’ tutto così incredibilmente bello!”, pensa Osikin,”Ma perché esiste la morte? O forse, invece,non esiste affatto? Se ci penso un istante lo capisco. Nulla muore. Tutto esiste per sempre. Siamo noi checi allontaniamo dalle cose, che le perdiamo di vista. Ieri esiste. Tanecka nell’ acqua, e io, timoroso diguardarla. Questo non è morto e non può morire. Posso sempre tornarvi e ritrovarlo. Ma in questo c’èqualcosa di misterioso: è il mistero che chiamiamo morte. Eppure in realtà la morte è semplicemente lanostra incapacità di capire le cose. Ora lo sento chiaramente. E perché non sempre si riesce a sentirlo inmodo così distinto? Potremmo non aver paura di nulla …. Ed è Tanecka che mi ha dato questo.Finalmente comprendo che questa non è solo la cosa più bella, ma anche la cosa più importante della vita,la più essenziale. Quando accade quella cosa, tutto il resto deve tacere e cedere il passo. Come si fa a“non perdere la testa”? Quelle due ore valgono più di ogni cosa al mondo. Se sapesso che oggi stesso saròdecapitato per via di questo, bacerei Tanecka lo stesso…E ora,avrei voglia di volare oltre il lago, cosìcome volo sempre, nei miei sogni!”.

 

XX . LO ZIO

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Alcuni giorni più tardi. Tanecka è seduta sulla veranda con un lavoro di cucito. Dal giardino entraOsokin.

“Io vado alla palude di Zuevo, dopo cena… Chi ha voglia di venire con me?”, dice Tanecka con

voce cantilenante mentre sorride maliziosa senza alzare il capo.“Io, cara Tanecka”, le risponde Osokin avvicinandosi. “Però, sai dovremmo stare un poco più

attenti. In questi ultimi giorni siamo stati sempre insieme, e la cosa dà troppo nell’ occhio”.“Ebbene, e con questo?”, dice lei tagliando il filo coi denti e guardandolo di sotto in su.“Be’ penso che potrebbe finire molto male. Mi sembra che lo zio ci osservi con molto sospetto, e

 probabilmente la servitù chiacchiera già sul nostro conto”.“Piccolo codardo!”, esclama Tanecka con voce sprezzante. “Sei proprio una signorina: hai paura

di tutto. Be’, che guardino, che parlino pure: io non ho paura di niente”. Scuote il capo con aria di sfida.“Tanecka, tesoro, non arrabbiarti!”, le dice Osokin. “Ora assomigli proprio a Zampa Bianca

quando fa la cattiva”.“Mi prendi sempre in giro”, dice la fanciulla, imbronciata. “Ora assomiglio a Zampa Bianca,

domani chissà a cos’ altro assomiglierò…”.“Non essere in colera, cara”.

“Vieni a cercare funghi?”.“Ah, ma tu chiedi troppo!”.“Be’, allora lascia che ti baci sul collo”.“Gli dai un dito…Oh, accidenti! Mi ero dimenticata che stanno apparecchiando. Debbo

 preparare la zakuska”.

E corre via.“E’ proprio un tesoro”, pensa Osokin tra sé e sé, “ma stiamo camminando su una lastra di

ghiaccio molto sottile, che si romperà di certo. Tutto è successo così all’ improvviso!”.E va a raggiungere Tanecka. Nella stanza da pranzo, la fanciulla è china sul tavolo e prepara una salsa di senape per le

aringhe. Osokin le si avvicina di soppiatto e la bacia sul collo. Lei caccia uno strillo; e lo colpisce coltovagliolo. Osokin l’afferra per la vita, l’ attrae a sé e la bacia sulla bocca.

Tanecka resiste debolmente, ma poi, sempre tra le sue braccia, si volta ed offre ai suoi baci laguancia, l’orecchi, il collo.

In quell’ istante la porta si apre: lo zio si affaccia nella stanza fermandosi sulla soglia. D’ un balzo Tanecka si allontana da Osokin.

“Ecco qua”., pensa il giovane, “sapevo che sarebbe successo”. Egli è contrariato e pieno divergogna; il cuore gli batte con violenza. Lo infastidisce non riuscire a nascondere la sua confusione, maal tempo stesso la cosa lo diverte: tutto è andato precisamente come aveva previsto.

Lo zio li guarda e si avvicina alla tavola senza dire una parola. Osokin si sente impacciato. Lacosa peggiore è dover sedere a tavola e far finta che non sia successo nulla. Tanecka, confusa e rossa involto, serve la zuppa cercando di non guardare né Osokin né lo zio. Quest’ ultimo è visibilmente furioso,ma non apre bocca. Quanto a Osokin, il suo unico desiderio sarebbe scappare.

Lo zio butta giù di malavoglia un bicchierino di vodka, e sorbisce la minestra senza toccare la zakuska.

Il silenzio si fa opprimente.“Dove sei stato?”, domanda lo zio ad Osokin in tono tutt’ altro che amichevole.“Sono andato a Orehovo, a prendere la posta e i giornali”, risponde il giovane.“Potevi mandarci uno stalliere”.“Che cosa intende con questo?”, si domanda Osokin. “Probabilmente vuol dire che io non faccio

nulla”.“Tu non fai altro che gingillarti”: sembra quasi che lo zio stia rispondendo ai suoi pensieri. Poi,

dopo una lunga pausa, riprende: “Voglio parlarti. Vieni in camera mia alle quattro”.Finalmente, il pranzo termina.Osokin scende in giardino, poi passeggia intorno alla casa. Tanecka è introvabile.Il giovane ha una sensazione spiacevole, quasi di disgusto per quanto è accaduto, ma al tempo

stesso nota con stupore di essere perfettamente calmo dentro di sé, molto più calmo di quella mattina. E’

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come se ciò che fosse accaduto fosse destinato ad accadere; e ora si sente sollevato, perché nulla piùdipende da lui. “Sarà quel che sarà!” Non ha voglia di pensare.

“Tanto è lo stesso”, dice fra sé. “Dannazione! Sapevo che sarebbe successo, ma non potevo agirediversamente. Se tutto dovesse ripetersi ancora una volta, rifarei le stesse cose. Non c’è dubbio, è statostupido baciare Tanecka proprio nella stanza da pranzo, ma tanto prima o poi ci avrebbero scoperti. Mi

domando che cosa dirà lo zio. Ma, qualunque cosa accada, non avrei potuto rinunciare a Tanecka”.Osikin si spinge fino all’ estremità del giardino dove ha inizio la macchia, l’ attraversa e arriva in

un campo. Si siede sul limitare del bosco e resta li a lungo, con la testa vuota. Poi rientra in casa. Sonoancora soltanto le tre.

“Dov’è la padroncina?”, domanda a una cameriera che attraversa correndo il cortile.“E’ venuta la signora di Polivanovo, poco fa: la padroncina è andata via con lei e ha preso i

nostri cavalli. I loro li hanno lasciati qui a riposare”.Polivanovo dista circa trenta miglia.“Ma perché diavolo è andata fin laggiù?”, si domanda Osokin. “Questo significa che non sarà di

ritorno prima di domani sera. La cosa probabile è che sia stato lo zio a spedirla lontano. Chissà che cos’ha in mente!”.

Osokin è annoiato e depresso. Ritorna in giardino e va a sedersi sotto un vecchio melo, a fumare.Alle quattro sale in camera dello zio. Quest’ ultimo siede su una poltrona di cuoio di fronte a un’

ampia scrivania su cui giace una lettera sigillata.“Siediti”, dice lo zio senza guardarlo. E’ chiaro che gli pesa dovergli parlare, e ha voglia di

sbrigarsela prima possibile.Osokin avverte, nell’ umore dello zio e in ciò che questi sta per dirgli, qualcosa che appartiene al

mondo tetro e serio degli adulti, che gli è sempre tanto ostile, e che è così lontano dal suo mondofantastico fatto di baci, di sogni ad occhi aperti, delle spalle nude di Tanecka, di albe sul lago e dicavalcate solitarie per i sentieri della foresta. Avverte in modo penetrante l’ ostilità profonda, intrinsecatra questi due mondi.

“Poco prima di morire, tua madre mi scrisse”, comincia lo zio, “ e io le promisi di occuparmi dite”.

Osokin guarda il calamaio d’argento sulla scrivania. Se tra i due pozzetti si potesse costruire un ponticello arcuato, rassomiglierebbe proprio a quello stagno che c’è a Sokolniki. Ma che cosa sta dicendolo zio?

“Ora vedo che qui tu ti limiti a oziare senza fare nulla. Ho deciso di mandarti a Pietroburgo. E’inutile pensare a Università straniere; dal momento che ti hanno espulso dal collegio, significa che non seiall’ altezza. Non interrompermi! Ecco quel che ho da dirti: ho visto che ti dai da fare: così non combinerainiente. Quindi ho deciso di mandarti all’Accademia militare. Se lavorerai sodo, diventerai ufficiale.Andrai a Pietroburgo. Questa lettera è per il colonnello Jermilov, che prepara gli allievi per l’ esame diammissione all' Accademia. Vivrai in casa sua. Ecco il denaro per il viaggio. Jermilov ti darà il necessario per comprarti gli abiti e le altre spese. Fa’ i tuoi bagagli; il treno parte da Gorelovo alle otto e mezzo. Sevai via alle sette, farai in tempo”.

Lo zio si alza in piedi.“io vado in città”, dice. Poi, sempre senza guardarlo, porge la mano a Osokin e, dopo una stretta

frettolosa, esce.

Osokin va in camera sua. E’ ferito e sconvolto, ha un nodo alla gola. Contemporaneamente siaccorge con stupore di una cosa: è quasi felice. Felice di che cosa? Non sa rispondere. Ma davanti a lui haqualcosa di nuovo, d’ ignoto. Domani accadrà qualcosa che ieri non è accaduto. Questo qualcosa dinuovo lo attrae. Non è mai stato a Pietroburgo, e ha sempre sognato di andarci. Ma Tanecka? Questo pensiero lo rattrista, sente una fitta al cuore. Al tempo stesso i suoi sentimenti nei confronti dello zio sifanno sempre più spiacevoli. Osokin si vergogna di ammetterlo di fronte a se stesso: aveva quasicominciato ad affezionarsi al vecchio signore.

“Se è arrivato a trattarmi in questo modo”, pensa, “allora sono proprio contento che sia andatacosì. Se avesse voluto, avrebbe potuto trovare mille altre soluzioni. Perché crede di avere il diritto didisporre di noi? Naturalmente adesso non darò nulla a vedere. Ma pensa di potermi indurre a rinunciare aTanecka, si sbaglia di grosso”.

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 Nella sua mente cominciano d’ un tratto a formarsi una miriade di progetti. A Pietroburgo non si preparerà affatto per l’Accademia. Troverà un lavoro come giornalista e qualche traduzione dall’ inglesee dall’ italiano. Si preparerà per iscriversi all’ Università e farà in modo che Tanecka lo raggiunga.

Ma deve scriverle subito tutto quanto, affinché ella lo aspetti. Non deve lasciarle pensare che ladimenticherà come hanno fatto gli altri suoi innamorati.

Prende un foglio di carta e scrive:

“Carissima Tanecka,lo zio mi manda a Pietroburgo perché vada all’ Accademia militare, ma io studierò per iscrivermi all’Università. Non dimenticarti di me. Ci rivedremo presto. Non ti dico ancora come e dove, ma resta inattesa della mia prossima lettera. La indirizzerò alla posta di Gorelovo. Quando arriverà, ti avvertirannoloro. Ti bacio tante volte quante ti baciai al lago: ricordi? Il tuo I. O.”.

Sigillata la lettera, Osokin guarda l’ orologio. Sono le cinque passate. Ha una strana sensazione:è trascorsa poco più di un’ ora dalla conversazione con lo zio, ma ha l’impressione di non essere già piùdov’ è. Tutto gli sembra remoto. Su tutti i suoi sentimenti prevalgono l’impazienza e il desiderio diandarsene prima possibile.

“Darò la lettera a Miska”, pensa Osokin, “e gli dirò di consegnarla a Tanecka in giardino,

anziché in casa. Saprà come fare.Ebbene”, pensa poi, “ora vedremo. Ma debbo fare i bagagli. Si, ora capisco perché sono quasi

contento di sapere che sto per andarmene. Per tutto questo tempo ho avuto la fastidiosa sensazione diessere osservato: perché non studio, perché vado a cavallo troppo spesso, e poi per via di Tanecka… Inogni caso, non avrei potuto rimanere qui a lungo. Voglio avere il diritto di fare quello che mi va, e nonquello che gli altri ritengono giusto e necessario. Non mi sono mai sottomesso, e mai lo farò”.

Due ore dopo. Col suo baule, Osokin sta andando alla stazione in una trojka guarnita di sonagli.Zampa Bianca trotta al fianco del cavallo di mezzo. Il giovane ha il cuore gonfio, e nella sia mente siinsinuano pensieri pieni di sconforto. Ripensa a sua madre e ricorda di non aver mai fatto nessuna dellecose che voleva fare per lei mentre era viva.

“Prima tutto questo mi sembrava importante”, pensa fra sé, “ma adesso ogni cosa sembra aver  peso. Non ho voglia di niente e non m’importa di niente”.

Poi, perc chissà quale ragione, nella sua mente sorge il ricordo della stanza del mago, e dell’ultima conversazione avuta con lui; tutto gli torna alla memoria. E tutto sembra reale, ma allo stessotempo assomiglia ad un sogno: uno stranissimo sogno più reale della realtà, e a paragone del quale ognirealtà sembra un sogno.

La trojka attraversa il ponte a passo lento, tra lo scalpitio degli zoccoli. Alla vista dell’ acqua,Zampa Bianca fa uno scarto, e con un movimento danzante si stringe più accosto al cavallo di mezzo. Isonagli tintinnano più piano. Il cuore di Osokin palpita di uno strano dolore. Soltanto ieri mattina passeggiava qui insieme a Tanecka.. E poi, tanto, tanto tempo fa, era accaduta la stessa cosa; c’ erano lastessa trojka, lo stesso fiume, la stessa angoscia lacerante nel suo cuore. Tutto è già stato. Osokin è invasoda una tristezza inesprimibile e ha voglia di piangere.

Contemporaneamente, nel misterioso domani, qualcosa di allettante, di inevitabile gli balenadavanti agli occhi, invitante.

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XXI. UN MECCANISMO DIABOLICO

Tre anni e mezzo più tardi. Osokin è un giovane  junker e frequenta il secondo anno di una scuola militaredi Mosca. Ha quasi vent’ anni. Tra sei mesi avrà terminato il suo corso e sarà promosso ufficiale.

Domenica sera. Osokin ha proprio l’ aria di un soldato ben addestrato, con le spalle ampie edritte; indossa la mantella militare nera della scuola, le spalline rosse orlate d’oro, una cintura di cuoinero, pantaloni ampi da cavallo e alti stivali lucenti. Si trova ad un ricevimento in casa del suo vecchiocompagno di scuola Leontjev, che ora frequenta un liceo tecnico. Gli ospiti, fra cui alcuni giovanotti, unufficiale dei dragoni, un vecchio attore, due ragazze francesi e due attrici di music-hall , sono intenti agiocare a chemin-de-fer .

Osokin è seduto presso il tavolino della  zakuska con un bicchier di vino in mano: fuma edosserva i giocatori. Le due francesi e una delle attrici sono molto graziose, vestono in modo assai vistoso,e hanno indosso troppo profumo e cipria. Ridono e parlano a voce alta. In loro non vi è nulla di stridenteo di spiacevole, però al tempo stesso appartengono ad un tipo ben definito. La sua attenzione, invece, èattratta particolarmente dalla quarta, una fanciulla bionda dallo strano aspetto pensieroso, che indossa unabito nero dallo scollo quadrato. Di primo acchito non dà molto nell’ occhio, ma in realtà è la più

interessante fra tutte. Ha un profilo fine, le ciglia lunghe e scure, e i suoi modi sono singolarmente calmi,semplici e pieni di dignità. A lei la gente non si rivolge nello stesso tono che alle altre ragazze. Si direbbeuna fanciulla di ottima famiglia, e vien da pensare che ovunque si trovi ella sappia sempre cosa dire ecome dirle. Al tempo stesso, in lei più che in tutte le altre insieme, si avverte un qualcosa che dà alla testacome lo champagne. Si sente che, se vuole, sa essere diversa. Osokin le guarda le braccia, nude fino aigomiti e solcate da sottili vene azzurrine, e percepisce con forza e con intensità la donna che è in lei.

E’ la terza volta che si vedono, e sembra a Osokin che durante le loro conversazioni, sempre brevi e di poco conto, si sia svolta fra di loro un’altra conversazione. E’ piacevole parlare con lei: satutto, e si interessa di tutto.

La fanciulla avverte lo sguardo di Osokin e si volta verso di lui. “Venga ad aiutarmi”, dice,“Perdo in continuazione”.

Osikin si avvicina al tavolo da gioco.“Debbo andar via tra poco”, le risponde. “Non val la pena d’ incominciare”.

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“Almeno provi! Giochi lei per me”.Ella emana un profumo lieve, quasi impercettibile, un profumo che le assomiglia; e nel chinarsi a

guardare le sue carte. Osokin scorge nell’ apertura dell’ abito la curva dei suoi seni. E’ colmo di allegria edi gioia. Si siede accanto a lei ed accosta la sedia alla sua. La fanciulla sorride; ed Osokin è invaso daquella sensazione tanto particolare che conosce così bene: ora tutto accadrà proprio come desidera, ma

in seguito dovrà scontarlo amaramente.“Ebbene, sia quel che dev’ essere!”, esclama fra sé mentre avverte il tepore che emana dal corpo

di lei.Vengono distribuite le carte.Osokin prende quelle di lei. Diversi giocatori chiedono ancora carte. Osokin ha in mano sette

 punti.“Una per me”, dice.La carta gli viene data. E’ un due!“Otto!”, dice uno dei giocatori.“Nove!” esclama Osokin, posando un bel mucchietto d’oro e d’ argento davanti alla sua vicina.“bravo, bravo!”, ella esclama. “No, non deve andarsene! Non la lascerò andare. Se fosse stato

 per me, con sette punti in mano non mi sarebbe mai venuto in mente di pescare”.“Qualche volta è necessario”, risponde Osokin, “ma solo qualche volta”.

“E come si fa a sapere quando?”“Bisogna sentire quando è necessario e quando non lo è”.“E allora la prego, “senta” lei per me, questa sera”.“Ahimè! Ho soltanto mezz’ ora per continuare a sentire”, le risponde il giovane. “Il mio

 permesso scade a mezzanotte, e debbo essere di ritorno a scuola a mezzanotte meno cinque”.“E se fa tardi, la mettono in castigo?”.“Molto peggio! Se faccio tardi perdo un punto, e non potrò essere ammesso nella prima

categoria, il che significa che non potrò scegliermi un buon reggimento. Già mi tengono sott’ occhio, sefaccio tardi un’ altra volta potrebbero espellermi”.

“Davvero si può essere espulsi per una cosa del genere?”.“Possibilissimo. Vede, a scuola cercano di insegnarci la disciplina, quindi attribuiscono grande

importanza a molte cose. Il permesso scade a mezzanotte, e questo significa che io posso anche morire,ma debbo essere di ritorno entro mezzanotte! Ma questo è niente: c’è di peggio. Tanto per cominciare,non abbiamo il diritto di rispondere, qualsiasi cosa dicano. E’ questa la cosa più difficile. Immagini che levenga detto qualcosa di ingiusto, qualcosa che lei non ha mai fatto, o che qualcuno la accusi di azioni dicui non sa nulla. E di dover stare zitta”.

“Io non ci riuscirei mai”, dichiara con enfasi la sua vicina.“E allora, sarebbe espulsa dalla scuola militare!”.Il gioco riprende. Osokin vince ancora. Intanto servono un cocktail allo champagne. Leontijev si

avvicina ad Osokin e alla sua compagna.“E allora, Vanja, hai perduto?”, domanda.“No, perbacco! Al contrario, temo proprio di star vincendo. Lo avevo già predetto a me stesso”.“Lei sa predire il futuro?”, chiede la ragazza.“Si. Io so tutto in anticipo”, risponde Osokin, “ma non per tutti”.“Può predire qualcosa per me?”.

“Per lei non so, probabilmente no. Ma spesso prevedo il mio futuro, e certe volte la cosa ènettamente spiavecole. Capisce, spesso io so in anticipo cosa mi accadrà, ma non posso cambiare nulla.E’ come se fossi sotto incantesimo”.

“Ebbene, che cosa sa, adesso?”.Osokin ride. “So che mi cacceranno via dalla scuola, se non rientro immediatamente! Davvero,

debbo andare”.“Oh, che peccato! Senza di lei, perderò tutto un’ altra volta. Non potrebbe far qualcosa per 

rimanere?”.“Be’ potrei”, dice Osokin, “ma sarebbe molto complicato. Dovrò ammalarmi, e sarà necessario

che mi procuri un certificato medico”.Osokin continua a giocare, e vince ancora.“So che non dovrei”, pensa. “Lo faccio soltanto per lei. Be’, se perdo, questa volta me ne vado.

D’accordo?”.

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Ma vince un’ altra volta, e il gioco continua.“Ebbene, direi che sono bell’ e malato”, dice con un sospiro mentre passa il denaro alla sua

vicina e le stringe appena le punte delle dita, “ e già so cosa succederà. Lei non immagina quanto sonostanco, a volte, di sapere sempre tutto fin dal principio”.

“Ma come fa ad esserne tanto certo?”.

“Oh, so per certo che accadrà qualcosa di molto spiacevole”, risponde lui, “ma non m’importa. Avolte mi vien voglia di agire contro ogni ragione, e di fare tutto il contrario di quel che dovrei… accadaciò che vuole!”.

“E lei sa soltanto che le succederà qualcosa di spiacevole, nient’ altro?”, gli chiede la donnaguardandolo di sghembo con un sorriso negli occhi.

Di colpo, Osokin capisce che fra loro due si è deciso qualche cosa, e il solo pensiero di esserestato tanto idiota da pensare di tornare a scuola lo lascia esterrefatto. Naturalmente accompagnerà lafanciulla a casa… Il gioco prosegue: egli vince più di tutti e intanto fa la corte alla sua compagna.

Gli altri ospiti si congedano alle prime luci del mattino, e Osokin se ne va anche lui, insieme allasua dama.

“Tornerò presto qui da te”, dice a Leontjev, prendendolo da parte.“Dovresti dire:”se me lo permetti”! Questa non è mica una scuola militare, amico mio! Inutile

tentare di evitare la disciplina, qui dentro!”.

Sono passate tre settimane. Osokin, molto dimagrito, è in visita nell’ appartamento di Leontjev.E’ stato espulso dalla scuola militare e spedito al suo reggimento perché termini il servizio come unqualunque soldato di leva.

“E allora, Vanja, dimmi com’è successo”, gli chiede Leontjev.“Be’, è cominciato quando sono andato via con…. Sai di chi parlo, no?”.“Certo, di Anna Stepanovna”.“Ebbene, sono rimasto insieme a lei. E’ meravigliosa… ma questo non c’ entra. Dovevo

andarmene entro la mattinata. Non potevo restare li da lei fino a sera. Be’ esco da casa sua e al primoangolo incontro un colonnello dei gendarmi. Naturalmente, mi ha subito tolto il foglio di licenza e mi haordinato di rientrare a scuola e mettermi a rapporto dall’ ufficiale di servizio. Mi hanno messo agli arrestidifilato. Poi hanno rispolverato certi vecchi peccatucci che avevo sul mio conto, e mi hanno tenuto sottochiave per tre settimane. E questo non è affatto piacevole, te l’ assicuro. Insomma, per farla breve, mihanno espulso e degradato alla truppa, e mi toccherà andare con un reggimento di fanteria di stanza all’altro capo del mondo, in Asia centrale o alla frontiera persiana. Grazie a Dio, mi hanno dato una licenzadi tre giorni, e mi hanno concesso di recarmi laggiù a mie spese”.

“Bell’ affare! Hai proprio una fortuna da impiccato”.“Eh già; anche se non riesco a capire perché gli impiccati siano considerati tanto fortunati!”.“Anna Stepanovna non ha fatto altro che chiedere di te. Doveva partire, ma non ha voluto andar 

via prima di avere avuto tue notizie. Attraverso Krutiskij abbiamo cercato di sapere se eri vico o morto.Poi ci hanno detto che eri vivo ma in gattabuia”.

“E’ andata a Pietroburgo?”.“Si. E tu, che farai adesso?”.“Che cosa posso fare? Soltanto una cosa: raggiungere il mio reggimento. Dopo vedremo. Ma

 pensa che cosa detestabile, aver saputo tutto fin dall’ inizio”.

“Se lo sapevi, perché mai l’ hai fatto?”.“Già! Vorrei vedere te! Sei proprio un buffo tipo. E’ chiaro che non ti rendi conto di che razza ditrucco diabolico si tratta. Il fatto, vedi, è che non succede tutto insieme; le cose procedono un poco allavolta. Solo adesso comincio a capirlo. E Dio solo sa che cosa può fare uno, quando è così! Non ti accorgidi niente fintantoché tutto va come doveva andare.Da lontano si vede ogni cosa; ma quando ci si avvicina, non si scorge più l’ insieme, ma solo partiseparate, piccoli dettagli insignificanti. No, caro amico mio, è una trappola tale che anche il diavolo cicascherebbe. Ed ecco qui che ancora una volta sono rimasto con un pugno di mosche. Ma ti rendi contoche non mi dispiace neanche un poco? Non credo che nessuno di voi possa capirlo”.

“Be’, allora dovremo organizzare una bella festa di congedo”.“Eh già, non resta altro; fallo, se ne hai voglia”.“Ma insomma, tu che farai?”.

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“Che cosa mai posso fare? Farò il soldato, punto e basta. Forse mi lasceranno andare fra un po’di tempo, e quando sarò libero vedrò il da farsi. Credo che mio zio non voglia più saperne di me. Non gliscriverò neppure. Cosa posso dirti, adesso? Sento che ci sarà qualche cambiamento, ma non so da che parte verrà”.

XXII . PARIGI

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Quattro anni dopo. Osokin studia a Parigi. Proprio mentre stava per terminare il servizio militare, una suazia è morta lasciandogli una piccola eredità che gli ha permesso di recarsi all’ estero. Dapprima hasoggiornato in diversi Paesi: è andato in Svizzera, ha trascorso un anno in Inghilterra; alla fine èapprodato a Parigi, dove vive ormai da due anni. Frequenta le lezioni di vari professori, ma non si è

ancora deciso a scegliere una facoltà precisa.Una bella giornata autunnale rischiarata da un pallido sole: sopra il fiume aleggia una bruma

leggera.Osokin e Valerie Dale, una studentessa inglese, passeggiano sulla riva della Senna lungo le

 bancarelle di libri. La ragazza è alta e bionda, i suoi capelli hanno il colore delle foglie d’ autunno; ha un profilo delicato e occhi pensosi grigio scuro. Appartiene ad una ricca famiglia inglese, ed è elegantissima,al punto che persino a Parigi la gente si volta a guardarla.

“Però, è davvero una ragazza straordinariamente intelligente”, sta pensando Osokin.E’ l’allieva più brava del vecchio Sorel. Studia storia e arte medievale, e ha scritto una

monografia interessantissima: I costruttori di cattedrali.“Ma da dove pesca queste idee?”, si chiede Osokin. “Neanche a Sorel è mai venuto in mente. E

 poi, che cosa straordinaria, che conosca il russo, e la storia e la letteratura del mio Paese”.Un giorno hanno parlato a lungo di Puskin e dei massoni russi.

E’ stato allora che Valerie gli ha detto di aver intrapreso lo studio della lingua e di voler andarein Russia. In seguito però si è dedicata interamente allo studio dell’ arte gotica.

Osokin la osserva. Ella indossa un mantello dall’ aspetto costosissimo, guarnito di zibellino, e uncappello a larghe tese ornato di una piuma di struzzo. Osokin ha sempre ammirato i suoi piedini calzati diraffinate scarpe parigine coi tacchi alti.

Stanno proseguendo una conversazione iniziata nel museo del Louvre.“Io credo nel destino”, dice Osokin. “So che il nostro futuro sta scritto da qualche parte, e noi

non facciamo altro che leggerlo pagina dopo pagina. Io, poi, da ragazzo facevo fantasie strane. Misembrava di aver già vissuto una volta; per esempio, conoscevo Parigi anche se non c’ero mai stato.Anche oggi, a volte, mi sembra di aver già vissuto in questa città. Quando venni a conoscenza delle teoriedi Nietzsche sull’ eterna giovinezza, tutte quelle fantasie mi sono tornate alla mente. Ed ora sono certoche tutto si ripete davvero”.

“Conosci “La canzone del domani” di Stevenson…. Robert Louis Stevenson?”, gli domanda lasua compagna.

Osokin trasalisce e la guarda.“Ma come, che cosa c’è?”, ella chiede.“Che cosa stupefacente! Ma come ho potuto dimenticarmene? Certo che la conosco. Come

comincia?”.“ Il re di Duntrine ebbe una figlia da vecchio”, inizia lentamente a recitare lei, “ ed essa era la

 più bella figlia di re tra due mari…”.Osikin ascolta queste parole come stregato. La sua mente è attraversata da una sequenza di scene

che stenta a credere: la mattina, a scuola, quando ripeteva fra sé l’ inizio di quel racconto per dimostrare ase stesso di aver già vissuto in precedenza; tutti i pensieri fuggevoli e le sensazioni incomprensibili legateal mago, e a ciò che a lui – giovane collegiale – appariva come il passato, ma che ora – qui a Parigi – gliappare come un impossibile, fantastico futuro. Che cosa significa tutto ciò? E quel racconto, di nuovo…

Gli pare che se soltanto potesse arrestare i propri pensieri per un istante, riuscirebbe a comprenderetutto…. Ma i suoi pensieri si susseguono tanto rapidamente che non riesce ad afferrare nulla. Tutto quelche gli rimane è una vaga impressione che ogni cosa sia capovolta: il passato diventa futuro e il futurodiventa passato. Per un istante, sente che se solo fosse capace, o se osasse pensare al futuro come aqualcosa che è già in atto, lo vedrebbe altrettanto chiaramente di quanto vede il giorno che è appenatrascorso.

 Nel contempo lo assale la vecchia, consueta sensazione – che prima aveva tanto spesso, ma chesi è fatta sempre più rara – che tutto ciò che lo circonda sia già esistito. Il fiume scorreva nello stessomodo, la stessa bruma aleggiava sull’ acqua; lo stesso cielo verdastro di Parigi sorridevaimpercettibilmente dall’ alto, e dagli alberi si staccavano le ultime foglie. I riccioli d’ oro della fanciullasfuggivano di sotto il suo cappello nero nello stesso modo, così come identico era il suono della suavoce….

“Ti ricordi esattamente come finisce?”, domanda Osokin.

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“Si, me lo ricordo”; ed ella recita lentamente la fine del racconto:“ E la figlia del re di Duntrine andò in quella parte della spiaggia dove strane cose erano state

 fatte negli antichi tempi: e là sedette. La spuma del mare correva ai suoi piedi, e le foglie morte

 sciamavano dietro di lei, e il velo soffiava contro il suo viso nel soffiare del vento. E quand’ essa alzò gliocchi, c’ era la figlia di un re che veniva, camminando sulla spiaggia. Le sue chiome erano come oro

 filato, e i suoi occhi come acque in un fiume, e non aveva pensieri per il domani, e non aveva potere sull’ ora, alla maniera degli uomini semplici”.

“E’ stupefacente”, pensa fra sé il giovane. “Perché mai queste parole risvegliano in me tantiricordi? Sento che essi vengono direttamente dalle parole, indipendentemente dal loro significato, comese io sapessi una cosa legata a quelle parole, ma anno dopo anno la dimenticassi”.

“E’ notevole, questo racconto”, dice a voce alta. “ Come interpreti l’uomo incappucciato”? Chiè, o che cos’è”.

“Non saprei”, risponde lentamente Valerie, “ e sento che non è neanche necessario tentare dicapirlo; queste cose debbono essere soltanto sentite. Io le sento così come sento la musica; e interpretarela musica mi è sempre parso ridicolo”.

Raggiunta Place Saint-Michel, Valerie prende un fiacre. Il suo compagno la saluta.“Andrai da mio fratello, strasera?”, ella domanda.“E’ probabile, ma ancora non lo so”.

“Digli che lo aspetto per domani”.Osokin attraversa il ponte in direzione della Citè.“Debbo andarci o no?”, si domanda una volta solo. “Parlando seriamente, non dovrei. Bob e i

suoi amici sono troppo assurdamente ricchi. Lui e Valerie sono molto alla mano, e frequentano ognigenere di persone, qui a Parigi, ma appartengono a una famiglia piuttosto importante in Inghilterra.Valerie è una ragazza interessante, è vero, e in ogni caso, considerate le nostre diverse condizioni, so chese lascio che le cose vadano da sé, rischiano di prodursi conseguenze impreviste. Anche ora, sento chenella nostra amicizia c’è qualcosa di insolito, come se ogni tanto fra di noi scoccassero delle scintilleardenti come tizzoni.

Eppure so che insieme non staremmo mai bene. Prima di tutto ci sono i suoi milioni, e poi credoche Valerie sia troppo virtuosa per me. Rimarrà sempre tranquilla, affascinante e ragionevole. Sono certoche ben presto mi allontanerei da una donna del genere, e lei ne soffrirebbe. Come tipo assomiglia ad un’eroina di Turgheniev. E’ decisamente troppo buona per me. E se Lulù viene a sapere di lei mi caverà gliocchi.

Lulù è l’assurdità fatta persona, ma è l’ assurdità più incantevole del mondo. Non faccio chelasciare una Lulù e incontrarne subito un’ altra. Ieri mi ha fatto una scenata perché non mi sono accortoche mi stava seguendo per la strada. Mi aveva visto da lonano, mi aveva raggiunto, e camminava dietro dime… e io non me ne sono accorto! Questo significa che non l’amo! Io posso andarmene nella mia Russia,e lei se ne tornerà alla sua Marsiglia”, e così via di seguito. E la settimana scorsa – santo cielo! – hasognato che buttavo giù dalla finestra il suo cagnolino pechinese, e per tre giorni non mi ha lasciatoentrare in camera sua. Strillava che ero un barbaro, che non me l’avrebbe mai perdonata, che aveva pauradi me… e Dio sa cos’ altro! Qualche volta avrei voglia di frustarla per quanto è assurda, però è una veradonna. Si, le comprerò quella spilla con le pietre gialle, e per questo stasera andrò a giocare alla roulette

coi figli dei milionari.. anche se a dire il vero non dovrei. C’ è un odor di milioni troppo forte là dentro, enon mi fa bene. Be’, decidiamoci: che sia l’ultima volta. Probabilmente non dovrei andarci, ma mi annoio

talmente..Lulù è tanto cara, ma ieri ho passato con lei tutta la giornata e tutta la serata, ed è meglio chenon ci vediamo tutti i giorni. A dosi troppo forti, cominciamo a darci sui nervi l’ uno con l’ altra. E poi,Lulù è troppo primitiva per passare giornate intere insieme a lei. Ma che altro posso fare di me stesso?Rimanere in casa a leggere, o sedermi a un caffè, o andare a sentire i “compagni”; no, è troppo stupido…Ma c’è un fatto curioso: comincia a sembrarmi che qui a Parigi la vita scorra troppo liscia; tutto tropposemplice, quasi borghese, un’ esistenza da pantofole e vestaglia”.. non è affatto il mio genere, e miannoia”.

Qualche ora dopo Osokin si trova nell’ elegante appartamento di Bob Dale. Sul tavolo c’è unaroulette. Insieme a lui nel salone vi sono alcuni studenti e pittori americani e inglesi, oltre a un giovane principe russo che ha appena ricevuto un’ eredità. Tutti fumano, devono whisky and soda e champagne, esi affollano intorno al tavolo della roulette. Si punta forte. Il principe ha già perduto più di centomilafranchi, e il tavolo è interamente cosparso di oro e di banconote. Osokin punta venti franchi alla volta sui

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numeri, e perde. Dopo aver perduto la sua ultima moneta d’ oro, lascia il tavolo da gioco. Il principevince una posta altissima e il banco passa a lui.

Osokin ingolla due bicchieri di whisky and soda. E’ adirato con se stesso.“Che il diavolo se li porti!”, dice tra sé. “Loro possono buttare via i soldi a diecimila alla volta,

ma per me cinquecento franchi rappresentano un patrimonio. Però sono stato stupido a venire qui con

tanto poco denaro. Nel corso della serata la fortuna dovrà pur girare, a avrei potuto avere chissà quanteoccasioni per rifarmi delle perdite”.

“Ma perché te ne stai li seduto tutto solo?”, gli chiede Bob andandogli incontro. “Assaggiaquesto champagne: è la marca preferita di re Edoardo. Anche a me comincia a piacere”.

“Ho perso”, risponde Osokin. “Posso puntare degli assegni da cento franchi ciascuno?”.“Ma perché prendersi la briga di firmare tutti quegli assegni? Glieli cambierò io, qualsiasi cifra”,

interviene un giovanotto americano alto dai capelli lisci e biondi. Si sta preparando un assenzioversandovi lentamente dell’ acqua attraverso una zolletta di zucchero. “Quanto le serve?”.

Tira fuori dalla tasca dei pantaloni una manciata di monete d’oro e di banconote e si mette acontare.

“Ho della valuta inglese… due, tre, cinquecento sterline. Le bastano?”.“E’ persino troppo”, dice ridendo Osokin. “Me ne dia cento. Fanno duemilacinquecento franchi”.Egli firma un assegno e lo passa all’ americano.

Questi si caccia in tasca assegno e denaro, sorseggia la sua mistura e col bicchiere in mano siavvicina al tavolo della roulette. Anche Osokin si alza e lo segue.

Un quarto d’ora più tardi, il giovane è rimasto senza niente. Non solo ha perduto le centosterline, ma anche tutti gli assegni da cento franchi che aveva firmato prima.

“Le avevo detto che non sarebbero bastati. Ne vuole ancora?”, dice l’ americano biondo in tonocordiale, mentre si siede accanto a lui. “Assaggiamo questo champagne”.

“Mi dia ancora mille franchi”, risponde osokin. “Debbo recuperare quello che ho perduto”.E firma un altro assegno.Dentro di sé, sa perfettamente di star commettendo una sciocchezza. Ha già perso tanto che ha

 paura di ammetterlo davanti a se stesso. Giocare ancora è pura follia. Sa che dovrebbe alzarsi e andarsene,ma invece beve due coppe di champagne e torna verso il tavolo della roulette.

Punta cento franchi sul rosso, e vince. Ne punta altri cento sul nero, e vince ancora. La cosa loincoraggia.

“Debbo tentare un’ altra volta coi numeri”, dice tra sé e sé. “Se recupero quel che ho perduto,metterò il denaro nella tasca sinistra e non lo toccherò più. Giocherò solo quello che vinco”.

Punta cento franchi per volta sui numeri, e perde ogni volta. Dopo dieci minuti è di nuovo senzaun soldo.

“Debbo andarmene”, pensa. Ha voglia di uscire all’ aria fresca. E’ già stanco del gioco.Dapprincipio vince, ma poi perde e resta di nuovo senza denaro. Poi vince ancora. Le cose vannotalmente male che aumenta le puntate. Alla fine, dopo aver perduto per diverse volte di seguito, lascia iltavolo da gioco.

“Debbo rendermi conto della situazione”, pensa. “Credo proprio di essermi spinto troppo in là”.Tira fuori il libretto degli assegni per calcolare il totale di quello che ha cambiato. Mentre da l’

addizione, si sente assalire dal freddo e dallo spavento… anche se fin d’ ora sa di che si tratta.“Ecco!”, dice a se stesso. “E’ proprio vero?”. E si rende conto in quell ‘istante di aver avuto il

 presentimento che sarebbe finita esattamente così.Dal suo libretto di assegni risulta che gli rimangono in tutto trecento franchi. Ha perduto più ditrentamila franchi: tutto quel che restava della sua eredità. Compila un assegno per trecento franchi e siavvicina al tavolo da gioco.

“Venticinque”, dice.La pallina ruzzola nella roulette.“Ventisei”, dice il principe, che tiene ancora il banco. “ Chi ha puntato sul ventisei?”.Osokin si allontana dal tavolo. Gli altri sono tutti assorti nel gioco. Nessuno lo nota. Trova il suo

cappello e se ne va.

Il giovane scende le scale e d esce in strada. E’ accaduta una cosa mostruosa e assurda che d’ uncolpo ha interamente mutato la sua vita. Non vuole crederci. Ma al tempo stesso sa che è la verità, l’orrenda, ripugnante verità che ha già incontrato tante volte in vita sua. Non si fa ancora sentire – tutto è

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come prima: la strada, le case – ma si farà sentire domani. Con l’ istinto di chi è passato per sgradevolisorprese di ogni genere, Osokin sa che è bene guardare la verità dritta negli occhi senza cercare diilludersi o di rimandare.

“Sapevo che sarebbe andata così”, dice a se stesso. “Ma ora che è successo non debbo averedebolezze, rimpianti, pentimenti. Questa è la cosa più importante: se non si fa così c’è da impazzire. Sono

stato capace di sopravvivere a catastrofi di ogni genere; ora vediamo come sopravvivere anche a questa.Sono stato proprio io: la colpa è mia, e sono io che debbo rimediare. Nessuno ne saprà mai nulla.Probabilmente, da Bob non si sono neppure accorti che ho perduto tanto. Che cosa sono per lorotrentamila franchi, quando sul tavolo c’ era quasi mezzo milione? Be’, eccola qui la spilla per Lulù! Oradebbo mettermi a pensare. Il fatto è che ho perso tutto il denaro che mi sarebbe servito per vivere fino altermine dei miei studi. E’ chiaro che debbo andarmene. Sarebbe impossibile cambiare vita rimanendo aParigi e vivere del mio lavoro. E poi, cosa fare per guadagnare qualcosa? No, andrò in America, oppuretornerò in Russia. Povera Lulù! Non capirà mai che cosa è successo, e non mi crederà se le dico che ho perso trentamila franchi. Penserà semplicemente che ho voluto sbarazzarmi di lei. Ne rimarrebbe troppoferita; non ho il diritto di farlo. Dovrò inventare una bugia da dirle; e poi, prima parto, meglio è”.

Osokin raggiunge il suo alloggio e passa la nottata intera a fare ordine tra le sue cose; strappavecchie lettere, fa i bagagli e scrive biglietti ai suoi amici.

Il mattino seguente tutto è ormai pronto. Stanco morto, si getta sul divano senza neppure svestirsie cade addormentato.

Si sveglia dopo circa tre ore e subito si tira su a sedere. Ricorda ogni cosa: ricorda anche chedeve stare attento a non lasciarsi sopraffare dal terribile istante del risveglio che segue un disastroimprovviso, da quell’ istante in cui l’ uomo debole dice a se stesso: “ Ma forse non è vero, forse non èmai accaduto…”.

“Già”, pensa Osokin, come continuando la conversazione con se stesso iniziata la notte precedente, “debbo partire oggi stesso. Se rimango fino a domani, mi sparo. Povera Lulù! Però la spillacon le pietre gialle l’ avrà lo stesso. Per fortuna che questi duemila franchi li tenevo in casa! Adessosembrano addirittura un patrimonio. Andrò a Mosca, e poi vedremo… Che cosa strana, ne ho risentito pochissimo! Ieri notte avevo paura di addormentarmi: pensavo che al risveglio, ricordando tutto quanto,sarei impazzito. Ora invece ho la sensazione che tutto ciò doveva accadere. C’ è una cosa, però: debboandarmene da qui al più presto. Rimandare sarebbe troppo penoso; se è necessario, debbo farlo! E’ chiaroche questo è il mio destino. Ed ora capisco di aver avuto una premonizione, e di sapere tutto già da prima.Questo significa che non vedrò più Valerie. Che strano! Ora mi fa quasi dispiacere. Mi sembrava che tranoi sarebbe nato qualcosa. Era sempre tanto piacevole vederla, e avevamo tante cose da dirci. Io ridevo dilei, ma in realtà m’ interessava molto più di quanto mi rendessi conto; e forse sono stato un po’ ingiustocon lei. Mi è sembrata troppo fredda, ma forse è perché non conosce se stessa, ed ha solo bisogno dirisvegliarsi.

Be’, non importa, tutto questo è già storia vecchia. Valerie, Lulù, Parigi intera sono divenutequasi irreali. Mi sento come se fosse stato tutto un sogno e, ora che sono sveglio, non esistesse più niente.Ma al suo posto appaiono altri sogni. Ora rivedo il mago, e mi torna alla mente la nostra conversazione.Ed ora questo mi appare del tutto reale, più reale di quanto è accaduto ieri. Be’, basta con la filosofia!Debbo decidere il da farsi. Prima di tutto, ho il coraggio di andare a trovare Lulù, o debbo scriverle? No, èmeglio che ci vada. Le dirò così: “ Ho ricevuto un telegramma. Mio zio è moribondo, debbo partire

immediatamente…” Si, quando penso a Lulù comincio a dispiacermi motlo. Vorrei essere già in treno.Quando la smetterò di fare queste operazioni su me stesso? Credo che nessun altro abbia mai messo la propria vita sottosopra come ho fatto io. Ma che strano! Ho di nuovo la sensazione che tutto questo sia giàaccaduto. E quando penso a Mosca, è come se qualcosa di nuovo e di ignoto mi stesse già attirandolaggiù. Ieri, quando mi sono separato da Valerie, mi sono chiesto, per chissà quale ragione, che cosa ledirei se la vedessi per l’ultima volta. E’ chiaro che dentro di me sentivo che stavo per distruggere tutto un’altra volta… E non avevo neanche voglia di andare da Bob, ma al tempo stesso mi andava di tentare lafortuna. Negli ultimi anni la vita è trascorsa così tranquillamente che cominciavo ad annoiarmi. Ebbene,ho tentato. Ora debbo ricominciare tutto daccapo: e non so neppure da che parte. Be’, comincerò con un biglietto per Mosca e con la spilla per Lulù!”.

Si alza dal divano e si guarda intorno. Poi indossa il cappotto ed esce.

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XXIII . ZINAIDA

Diciotto mesi dopo, Osokin vive a Mosca. Dapprima aveva sperato di guadagnare un po’ didenaro per tornare a Parigi, ma le cose non sono andate secondo i suoi piani, e alla fine si è ritrovato avivere alla giornata, a tratti nella speranza che avvenisse qualche cambiamento, e a tratti cessando deltutto di sperare. Ha provato a dar lezioni di francese; poi ha trovato qualche traduzione da fare; alla finegli è venuto in mente che alla famosa scuola di scherma che frequentava a Parigi era considerato unallievo molto promettente, e si è messo a dare lezioni di scherma.

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Inoltre scrive versi, ma non ha voglia di pubblicarli. Per lo più, se si vuol ricominciare tuttodaccapo, bisogna andare in luoghi lontani, in Australia o in Nuova Zelanda.

Un giorno, per strada, incontra il suo amico Krutiskij, che frequentava quando era in collegio;questi lo invita nella casa di campagna dove abita d’ estate. Ora Krutiskij è ufficiale, e si sta preparando per entrare all’ Accademia militare. Ha fatto un matrimonio molto brillante. A casa sua, Osokin viene

 presentato a sua sorella, appena tornata dall’ Italia dove ha vissuto sette anni.Già prima di andare a trovare il suo amico, Osokin sa che là incontrerà Zinaida Krutiskij, e per 

chissà quale ragione si aspetta molto da questo incontro. Ha tanto sentito parlare di lei, quando era ancorain collegio, e la conosce per averla vista in fotografia.

Ma in realtà tutto si svolge nel modo più ordinario. La conversazione è banale, e Osokin nonriceve nessuna impressione particolare. Zinaida gli sembra una ragazza della buona società destinata afare un matrimonio conveniente: una ragazza che si occupa molto si se stessa, e che vive di interessi deltutto artificiali, e a lui incomprensibili: rappresentazioni teatrali di beneficenza o concerti privati diqualche solista di fama. Anche il suo viso non è poi molto attraente agli occhi del giovane: è il voltoinespressivo di una persona annoiata.

“Che strano!”, pensa Osokin mentre fa ritorno a casa sua. “Quando ero in collegio, qualunquecosa sentissi dire a proposito della sorella di Krutiskij risvegliava in me un interesse straordinario. Misembrava addirittura di averla già conosciuta in passato. Mi ero quasi innamorato di lei a vedere le sue

fotografie e a sentirne parlare. Era tutto collegato con le mie fantasie sul mago e sulla mia vita precedente.Mi piaceva sognare il modo in cui avrei incontrato Zinaida: ed ora che la conosco, sento che non abbiamonulla in comune. Lei non capirebbe niente della mia vita. Sono gente troppo agiata, specialmenteKrutiskij e sua moglie… Ed è davvero assurdo che da quest’ incontro mi sia aspettato qualcosa di diverso.Viviamo in due mondi completamente distanti. No, debbo prendere una decisione definitiva. Lavorerò emetterò da parte il denaro per sei mesi, poi me ne andrò. Per me qui a Mosca non c’è assolutamente nullada fare”.

“Una settimana più tardi. Osokin, solo in città, si sente malinconico e va a trovare Krutiskij un’altra volta. In casa però non c’è nessuno, tranne Zinaida. Krutiskij e sua moglie sono andati nell’ altracasa di campagna a trovare certi parenti e torneranno soltanto il giorno dopo.

Per qualche ragione, la cosa fa molto piacere ad Osokin. Zinaida è seduta sulla veranda con unromanzo francese, ed è evidente che anche lei è contenta di vederlo. Ma la conversazione langue, si fasforzata. Osokin è infastidito per il fatto di non riuscire a toccare il tasto giusto con lei; ogni argomentoche abbordano si esaurisce da solo dopo la terza frase.

“Andiamo a fare una passeggiata”, propone Zinaida dopo l’ ennesima, lunga pausa. “Questa casae questo giardino mi fanno venir sonno”.

Oggi ella appare molto diversa agli occhi di Osokin, che tuttavia ancora non la capisce bene. E’molto donna, ma al contempo in lei si avverte una certa distanza. All’ aspetto sembra più matura diquanto probabilmente non sia. Il suo volto è pallido: a prima vista si direbbe che i suoi lineamenti sianoquasi indefiniti. Ma a guardare meglio, si nota, come attraverso un velo, che i suoi tratti sono invece piuttosto marcati. Le sue movenze sono lente: in lei qualcosa ricorda le donne orientali. Antenati tartari.La cosa più stupenda sono gli occhi. Non sono molto grandi, ma hanno un colore scuro, a volte sono cupicome velluto, a volte invece sono limpidi. La loro espressione muta di continuo: a tratti scintillano dimille fuochi, a tratti sono quasi torpidi. Osokin comincia a pensare che quegli occhi debbono avere chissà

quante altre espressioni, e questo risveglia la sua curiosità.Camminano fianco a fianco in un boschetto di pini; Osokin sta osservando Zinaida in ogni particolare.

Ella è abbigliata secondo un suo stile personale alquanto insolito: un abito sciolto in seta cinesedai colori tenui, ornato da molti merletti, e scarpette color bronzo dai bottoncini di perla. Ha con sé un parasole e si ripara il capo con un fazzoletto giallo. Non usa profumo.

Il suo profilo, i suoi occhi e specialmente la sua bocca attraggono sempre più gli sguardi diOsokin.

Arrivano alla sponda del fiume: li sono ormeggiate alcune barche. Il giovane la aiuta a salire, poiinizia a remare risalendo la corrente all’ ombra degli alberi.

“Sa, Zinaida”, le dice, in modo inatteso anche per lui,”quando ero in collegio, ero innamorato dilei, ma la immaginavo tutta diversa”.

“La cosa si fa interessante”, ride Zinaida. “E come mi immaginava?”.

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“Non saprei…. È difficile a dirsi con precisione, ma diversa. Mi sembrava anche di averla giàconosciuta in precedenza, molto tempo prima di vedere la sua fotografia in casa di suo fratello. Questoera legato a certi strani sogni sulla mia vita precedente, a certe fantasie complicate. In queste fantasie c’era un mago che mi sembrava di aver sognato, e che mi prediceva il futuro. E lei, in un modo o nell’ altro,aveva a che fare con questo. Intendo dire che, quando ho visto la sua foto, mi sono convinto che fosse lei

la persona di cui il mago aveva parlato”.“Ma che cosa aveva detto di preciso?”.“Lei non lo crederà, ma l’ho dimenticato! Ricordo solo questo: “Tutto ciò che è stato sarà”.“Perché i maghi dicono sempre cose tanto incomprensibili?”,chiede Zinaida. “E poi com’ era,

questo mago? Ha detto di averlo veduto in sogno?”.Forse si trattava di un sogno, forse era realtà, forse l’ ho inventato io. Non so”, è la risposta di

Osokin.“Be’, certo, lei è poeta, e ho sentito dire che ha scritto versi bellissimi. Perché l’ ultima volta che

è venuto da noi non ha voluto leggerli ad alta voce?”.“Non leggo mai in pubblico. Voglio dire, tra persone che non conosco. Basta che una sola

 persona non sia – o non sembri – in armonia con i miei versi perché mi diventi impossibile leggerli. Nonc’è più senso a farlo, perché tutto andrebbe perduto”.

“E la volta scorsa chi è che le dava fastidio? Io, forse?”.

“No, lei no”, risponde Osokin ridendo; e mentre la guarda, vede i suoi occhi e l’ intero suo voltotrasformarsi. “La difficoltà era che quella volta c’ erano alcune persone che sembravano provenire da unaltro pianeta. Prendiamo suo fratello, ad esempio. Gli voglio molto bene, ma lui è convinto fermamenteche tutte quelle “impressioni di un altro mondo” siano stupide invenzioni. Per i miei versi, effettivamente,la Terra potrebbe anche non esistere affatto. Ma se gli dicessi una cosa del genere penserebbe che stodicendo sciocchezze di proposito per mostrarmi originale”.

“Si, probabilmente è vero”, dice Zinaida. “Le invidio la sua forza di carattere. Io stessa sentospesso che non sempre si può parlare di tutto con tutti, ma non sempre riesco a trattenermi… A me leleggerà, le sue poesie?”.

“Forse, tra un po’ di tempo”, risponde Osokin. “C’è sempre molto di me nei miei versi, quindilei deve conoscere me, prima. Credo che debba essere cos’. Amo molto le poesie di un solo verso: alcuni poeti latini ne hanno scritte. Però sono difficili a comprendersi senza conoscere gli uomini che ne sonoautori”.

Per un po’ continua a remare in silenzio.“Anch’io la conosco da molto tempo”, gli dice a un tratto Zinaida, “ o almeno, ho sentito parlare

di lei”.“Che cosa ha sentito dire sul mio conto?”.“Ho sentito che lei ha avuto un’ avventura molto interessante in collegio, e che in conseguenza di

quell’ avventura si è ritrovato ad Askabad… E’ vero?”.“Verissimo, solo che ero ancora più lontano”, risponde il giovane ridendo. “Ma è stato tanto

tempo fa”.“E allora? Ciò che è stato sarà di nuovo”.“Non credo sia questo che il mago intendeva”, dice Osokin ridendo ancora.“E cosa voleva dire, allora?”.“Credo volesse dire che il futuro è già stato, e che nulla esiste realmente, che è tutto un sogno,

miraggio. A volte riesco a capirlo con molta chiarezza. Lei non sente l’ irrealtà di tutto questo?”, le chiede poi descrivendo un ampio gesto con la mano. “La foresta, l’ acqua, il cielo… niente di tutto questo esiste,sa? Certi giorni ho avuto la sensazione che tutto stesse diventando trasparente, per così dire, e cheavrebbe potuto scomparire da un momento all’ altro. Proprio così: uno vede tutto quel che ha intorno, ecrede che esista; poi chiude gli occhi, e quando li riapre, non c’è più nulla.

Una volta – ero a Parigi da poco tempo – andai a Notre Dame e salii sulla torre meridionale,dove in genere non si lascia salire nessuno, e li trascorsi un’ intera giornata, da solo. Improvvisai versi per tutto il tempo, e a tratti li scrivevo. In quei versi, immaginavo che la gente fosse tutta scomparsa… Sono passati tanti anni ormai, e io guardo dall’ alto della torre di Notre Dame una Parigi deserta, mentre legrondaie gotiche guardano giù insieme a me… Capisce, non c’è rimasto nessuno, sono spariti tutti da un pezzo, due, trecento anni fa: i ponti sono stati invasi dalle erbacce, e in alcuni punti, cominciano acrollare. Gli argini del fiume si stanno sbriciolando, l’ asfalto è pieno di crepe da cui spuntano ciuffi diverde, alberi. I vetri delle finestre sono stati rotti dal vento, e sono caduti in pezzi. E Notre Dame rimane

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in piedi a ricordare il passato di Parigi. Le grondaie parlano fra loro di tutto ciò che hanno veduto e chenon sarà mai più; e all’ improvviso capiscono che non è mai esistito nulla, che loro stesse non esistono,che niente esiste. Nel momento in cui capiscono questo, rivedono la gente e la vita, così com’ erano, e d’un tratto Parigi torna ancora ad essere la Parigi di sempre. Ma ora, esse scorgono chiaramente che né lagente, né la vita, né la cattedrale, né loro stesse esistono realmente… Questi sono i versi che ho scritto;

ma in seguito li ho perduti, e così anche loro oramai non esistono più”.Zinaida rabbrividisce come se sentisse freddo.“Lei mi dà l’ impressione che nulla esista”, dice. “Ma come ha potuto perdere i suoi versi? Non

se li ricorda?”.“Non ricordo nulla. Ricordo soltanto che per molto tempo una delle grondaie si rifiutò di parlare,

e alla fine disse qualcosa di strano e d’ incomprensibile”.“Ma di certo lei saprà che quelle non sono le vere grondaie. Non hanno mai veduto Esmeralda”.“Così dicono; ma per me non fa nessuna differenza. In fondo, nessuno lo sa per certo.

Personalmente, non credo che possano essere fabbricate nel diciottesimo secolo”.Restano in silenzio per un poco. Poi Zinaida inizia a parlare dell’ Italia.Osokin ascolta. Improvvisamente lo assale il pensiero che presto dovranno rientrare, e sente una

strana fitta al cuore. Vorrebbe che non finisse mai: il lento risalire lungo il fiume, il rollio della barca, losciacquio dell’ acqua, la conversazione che passa da un argomento all’ altro. Involontariamente sente che

tra le altre persone e in altre circostanze, anche Zinaida sarà differente, sarà di nuovo un’ estranea, mentrequi è così meravigliosamente vicina a lui. Si sta tanto bene, qui sul fiume, all’ ombra degli alberi. Havoglia di farla parlare di sé.

“E ha avuto molti ammiratori, all’ estero?”, le domanda.“Moltissimi”, risponde lei ridendo, “ma tutti irreali”.“E che differenza c’è tra ammiratori rali ed irreali?”.“Quelli reali sono quelli che potrei ammirare anch’io, o comunque con cui mi piace stare, e non

solo quelli che mi ammirano e che hanno voglia di stare con me. Mi capisce?”.“Forse. Allora gli ammiratori sono irreali quando lei non ha voglia di vederli. E’ così?”.“Si, certo. Se lei fosse una donna, saprebbe cosa significa ricevere proposte di matrimonio. E’

una cosa tremendamente spiacevole. Un uomo non conosce questa sensazione. A molte ragazze piace,ama a me no. Capisce, magari si è in rapporti amichevoli con un uomo e non si ha nulla contro di lui. Siva a cavallo insieme, a ballare insieme, magari si civetta un po’… ma da questo lui trae conclusioni tuttesue, il che è molto fastidioso. Poi, un bel giorno, ci si accorge che quello ha già in mente certi progetti, esta solo aspettando l’ occasione giusta per svelarli. Allora fra te e lui inizia una specie di lotta. Tu fai deltuo meglio per evitare che lui ti parli dei suoi progetti. A volte può anche essere divertente… La lotta prosegue. Non tutti gli uomini sono abbastanza sicuri di sé da non farci caso e da insistere. Per lo più,occorre che siano d’ umore sentimentale, altrimenti non riescono a parlare. E allora tu eviti accuratamentedi suscitare questo tipo di sentimentalismo, e per un po’ ci riesci. Certe volte puoi schivare il pericolose,in una conversazione, usi il tono giusto. Ma prima o poi capita un momento infausto in cui vieniinformata per filo e per segno dei suoi splendidi progetti e delle sue intenzioni nei tuoi riguardi. E qui hainizio la parte più sgradevole. Tanto per cominciare, alcuni uomini rimangono sinceramente e profondamente sorpresi che tu non apprezzi le loro intenzioni; semplicemente non riescono a capire perché. A loro questo sembra il frutto di un malinteso, e credono che tutto si risolverà una volta che tiabbiano spiegato per benino cos’ hanno in mente. Allora si mettono a spiegarti le loro idee. Sono

onestamente convinti che tu non ti sia resa conto che loro hanno pensato a tutto, fin nel minimo dettaglio.Alla fine, se continui a rifiutare come un’ ingrata i luminosi progetti che hanno in serbo per te, ritiranofuori parole che hai detto tempo prima e che avevi dimenticato, e con cui volevi dire tutt’ altra cosa,quando le pronunciasti per la prima volta; e cercano di convincerti che l’ idea è stata tua, che l’ haisuggerito tu stessa, e così via. No, è assolutamente terribile!”.

“Si direbbe che lei abbia una grande esperienza.Ma è sempre stata così fredda?”.“E questo perché la interessa?”.“Perché io capisco una cosa che solo pochissimi uomini capiscono”, risponde Osokin.“E sarebbe?”.“Capisco quant’è difficile, per una donna intelligente e interessante, conoscere un uomo di cui

 possa innamorarsi, di cui valga la pena d’ innamorarsi.A mio parere, le donne interessanti sono molto più numerose degli uomini, e spesso penso che, se fossidonna, mi sarebbe difficile trovare un uomo che possa suscitare il mio interesse”.

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“E perché?”.“Non lo so, ma ho questa sensazione. Tra tutti gli uomini che conosco, non ce n’è uno che

 potrebbe interessarmi, se fossi donna. A volte penso addirittura che se avessi una sorella non vorrei chesposasse nessuno dei miei amici o dei miei conoscenti”.

“Ma che cosa insolita”, ride Zinaida. “In genere gli uomini sono convinti della loro superiorità!”.

“Io no. A me pare che le donne appartengono a una categoria superiore a quella degli uomini. Eil perché si capisce facilmente. Per migliaia d’anni esse hanno occupato una posizione privilegiata”.

“Una posizione privilegiata! Mi immagino che cosa direbbero le mie due amiche inglesi. Lorosono profondamente convinte che le donne sono state schiavizzate dagli uomini, e che solo recentementehanno iniziato a conquistarsi la libertà”.

“Si, immagino cosa direbbero le sue amiche, ma insisto: le donne occupano una posizione privilegiata nella vita. Con questo, naturalmente, intendo le donne delle classi colte e dei Paesi più omeno civili. Consideri una cosa soltanto. Per migliaia di anni, le donne non hanno preso parte attiva alleguerre, e raramente hanno avuto a che fare con la politica o con incarichi governativi. In questo modohanno potuto evitare quegli aspetti della vita dove più spesso ci s’ imbatte nell’ inganno e nel delitto.Questo semplice fatto ha reso le donne più libere degli uomini. Naturalmente ci sono vari tipi di donna;ma non c’è dubbio che la donna moderna fa del suo meglio per perdere i privilegi della categoria cuiappartiene.

Ma da questo non bisogna trarre la conclusione che io sia poi entusiasta delle donne così comesono”, continua Osokin con una risata. “Penso che manchino di discernimento. Al loro istinto è statoaffidato un compito immenso: il compito della selezione. Non in senso biologico, ma piuttosto in sensoestetico e morale. Adempiono male a questo compito perché si accontentano di uomini insignificanti. Il primo peccato delle donne, infatti, è di non essere sufficientemente esigenti, e spesso di non esserloaffatto”.

“Molte delle cose che ha detto mi convincono”, replica Zinaida, “anche se debbo pensarcimeglio. Ma lei, che genere di donne ha incontrato, esigenti o non esigenti?”.

“Non credo di averne mai incontrata una abbastanza esigente”, è la risposta.“E le piacerebbe conoscerla?”.“Moltissimo”.“Questo mi fa piacere”, ella dice;” sono d’accordo con lei quando sostiene che non pretendiamo

abbastanza. Le donne si danno via per poco”.“Queste sono parole pericolose”, dice Osokin ridendo ancora. “Possono essere male interpretate.

Vede, io non parlo degli interessi materiali delle donne. Se una donna pretende molto per se stessa, èsemplicemente volgare; e di questo genere di richieste ve ne sono più che a sufficienza, qualsiasi formaassumano. La donna, però, non pretende abbastanza dall’ uomo per ciò che riguarda lui”.

“Ma non ha forse il diritto di esigere molto per sé?”.“Ma questa è un’ altra questione. Questa è vita. Non m’interessa”.Per un poco rimangono in silenzio, mentre la barca si muove lentamente lungo la corrente verso

l’ attracco. Poi, apiedi, attraversano di nuovo il bosco di pini, e giunti nei pressi della casa Osokin sicongeda. Con sua grande sorpresa, Zinaida gli dice:

“Domani verrò in città; potremmo vederci, se lei non ha da fare. Venga all’ appartamento di miofratello alle tre, avrò finito tutte le mie commissioni”.

E’ sera. Osokin fa ritorno a casa. Seduto in uno scompartimento del treno, guarda fuori dalfinestrino e vede i campi scorrere via veloci; sorride, colmo di un’ insolita gaiezza.“Mio Dio, quanto abbiamo parlato!”, pensa. “E’ un tesoro, e in fondo è proprio come la

immaginavo, tanto tempo fa. E’ incredibile che la conoscessi bene già da prima, e che al nostro primoincontro mi sia poi sembrata tanto diversa. Era molto tempo che non parlavo come oggi. E’ meraviglioso  pensare che domani la rivedrò. Naturalmente, questo non può portare a niente: quest’ inverno, ocomunque all’ inizio della primavera, io partirò. Ma è sempre una bella cosa aver conosciuto Zinaida.Mai ho sognato una donna così spesso; e tutto solo per aver visto qualche fotografia e aver sentito parlaredi lei. E’ molto interessante. Be’. Vedremo come andrà in nostro incontro di domani. Sono contento che l’abbia proposto lei stessa. E’ davvero una donna affascinante. E’ intelligente quanto Valerie, e ha diecivolte più immaginazione di Lulù. Si, è una buona cosa averla conosciuta: almeno avrò qualcosa che miricordi Mosca..”.

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XXIV . L’ INEVITABILE

Quindici giorni dopo, Osokin aspetta Zinaida in un parco in riva al fiume. Cammina su e giù per unsentiero fumando.“Quant’ è strano tutto questo”, dice fra sé. “Non mi è mai successa una cosa simile. Non so che

cos’ è … amore, o qualcosa del genere. Mi piace vederla, mi piace parlarle. L’ aspetto qui ogni giornocome uno scolaretto, e andiamo a passeggio insieme lungo il fiume. Mi sarebbe difficile mancare a unsolo appuntamento. Eppure, la prima volta che l’ho vista, decisamente non mi è piaciuta: né il suo stile,né lei come donna. In seguito, al contrario, ha cominciato a piacermi moltissimo. Ma nel mioatteggiamento verso di lei non c’è nulla di personale. E’ diverso da tutto quello che ho letto o di cui hosentito parlare, ed è così lontano da me. Tuttavia, so fin d’ora che questi incontri non avranno nessunaconseguenza. Debbo partire. E’ inevitabile. Se rimango qui, non combinerò niente. Mi piace moltofrequentare Zinaida, ma ben presto la vita metterà fine ai nostri incontri. E’ stato un mero caso che inqueste ultime due settimane non sia stato impegnato, e abbia avuto abbastanza denaro per venire qui. Ma

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non ho la minima idea di quel che farò la settimana prossima. Naturalmente, lei non lo capisce e non se nerende conto…”.

“osokin si volta e guarda verso il viale.“Ma perché non viene? E’ già l’ una, e a casa sua si pranza a mezzogiorno. Be’, fra un anno,

tutto sarà esattamente come adesso, qui. Può darsi che lei camminerà per questo stesso viale, e io non sarò

 più qui. Ma dove sarò? E’ difficile persino immaginarlo”.

Una settimana più tardi. Osokin passeggia con Zinaida nel parco. Il sentiero è già coperto difoglie gialle.

“Ebbene, parti presto per l’ Australia?”, domanda Zinaida con un sorriso, guardando Osokin.“Lo sai che non andrò da nessuna parte”, è la risposta.Zinaida ride e lo tira per la manica.“Non ti perdonerò mai!, gli dice. “Se solo sapessi quanto mi hai fatto arrabbiare con la tua

Australia! Ho avuto spesso una gran voglia di schiaffeggiarti. Certe volte gli uomini sono terribilmentestupidi. Una donna lascia vedere chiaramente che un uomo le interessa, se è disposta a vederlo tutti igiorni; se passa tutto il suo tempo insieme a lui e s’ inventa un mucchio di pretesti per vederlo. E incambio di tutto questo mi sono sentita esporre i tuoi progetti per l’Australia! Si, mio caro, sei stato proprio delizioso… Ma adesso voglio che mi parli dell’ Australia”.

“Tesoro”, dice Osokin prendendole la mano, “dovresti capire quanto mi è stato penoso dirti tuttequelle cose”.

“Se era penoso, perché l’hai fatto?”.“Pensavo fosse inevitabile. Le circostanze si erano disposte in modo che io non potevo pensare

ad altro; ed era tutto deciso già molto prima che ti incontrassi”.“Eh già, ma io sono stata tanto imprudente da credere che conoscermi avrebbe potuto farti

cambiare qualcuno dei tuoi progetti. Evidentemente non è così; questo non ti è neppure venuto in mente.E quindi alla fine mi son presa la briga di spiegarti io stessa come stanno le cose. Cos’ hai da dire in tuadifesa?”.

“Non posso dire nulla”, risponde Osokin.“E le tue circostanze? Hai detto che esse ti imponevano di andare in Australia. Sono forse

cambiate?”.“Non sono cambiate, hanno semplicemente perso ogni significato. Credo di non essermi mai

sentito tanto vicino al mondo delle fate come adesso… e quando ci penso, mi sembra che d’ ora in poitutto sarà diverso da come pensavo, che avrebbe dovuto essere”.

“Ebbene”, ribatte la fanciulla, “poniamo che tu non vada in Australia e resti qui. Vorrei tantosapere se io posso occupare un posto nei tuoi progetti o no!”.

All’ improvviso, Osokin la prende fra le braccia e la bacia.“Senti un po’! Ma sei impazzito?”. Zinaida si svincola dalla sua stretta e si aggiusta i capelli. E’

veramente adirata e spaventata. “Potrebbero vederci in qualsiasi momento”.“Lascia pure che ci vedano! Ti do la mia parola d’ onore che ti bacerò ogni volta che pronunci la

 parola Australia”.“Grazie tante! Eh già, ora sei diventato coraggioso. Ti ricordi com’ eri una settimana fa? Avevi

 paura persino di toccarmi la mano. Naturalmente è facile fare il leone, ora che la cosa più difficile l’ hofatta io… cominciare a parlarti di me e indurti a parlare. Chiaro, adesso hai il coltello dalla parte del

manico. Succede sempre così, e noi donne dobbiamo scontare il nostro candore e la nostra franchezza.Ma ho intenzione di punirti. Quando arriviamo a casa, continuerò a parlare dell’ Australia e per mantenere la promessa dovrai baciarmi tutto il tempo”. Ride. “M’ immagino la faccia che farà la mammaquando mi bacerai! E ci sarà anche la signora con il cagnolino, e tutte le zitelle perbene della provinciache verranno a trovarmi… Che te ne pare? Lo vedi quant’è facile farti cadere in contraddizione? Le tue promesse valgono ben poco!”.

I suoi occhi scintillano di mille fuochi.!Questo per cominciare. Ma c’è dell’ altro. Vorrei proprio sapere quanto saremmo andati avanti a

 parlare di poesia e di  Art nouveau, se un bel giorno io non avessi sconvolto le tue buone maniere. Disolito si dice che voi uomini siate il sesso forte, ma chissà che fareste, senza di noi… Perché mi guardinegli occhi? No, fa’ il favore, non darmi altre prove di coraggio, ci stiamo avvicinando alle case…Parliamo seriamente. I tuoi progetti m’ interessano ancora. Se non vai in Australia, che cosa haiintenzione di fare? Hai qualche idea, o no? Lo vedi, le mie domande te le faccio chiare e tonde”.

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Osokin a questo punto lancia un’ occhiata a Zinaida, e si rende conto di quanto sforzo le ècostato indursi a parlare come ha fatto, sapendo che lui non avrebbe preso l’ iniziativa. Capisce anche cheella sta cercando di rendergli più facile il compito di avvicinarla, ma che al contempo è imbarazzata evuol nascondere l’imbarazzo parlandogli in tono giocoso. Lo assale un senso di grande tenerezza neiconfronti di lei, ma al tempo stesso dentro di sé sente una specie di fastidio. Perché vuole farlo parlare?

Dovrebbe capire che ancora non può parlare.Guardando di nuovo Zinaida, Osokin prova dolore per lei e si vergogna per i propri pensieri.

Come rimproverarla? Lei vuole soltanto aiutarlo. Ora è colmo di gratitudine nei confronti di lei, e provaun rimorso acuto per poterle rispondere così come ella vorrebbe. Che cosa glielo impedisce? La codardia,e insieme una specie di ridicolo orgoglio. Ha paura di trovarsi in una posizione difficile. Lei è ricca, luiinvece non possiede nulla. Anzi, è talmente squattrinato che ieri ha dovuto impegnare il cappotto per venire a trovarla. E non ha assolutamente nulla davanti a sé, tranne quello che può capitargli per caso. Si èallontanato dai sentieri battuti. Che penseranno di lui la madre e il fratello di Zinaida? In che posizione sitroverà nei loro confronti? Se lei fosse sola… e se lui non avesse la lingua legata, se non avesse paura di parlare, ma potesse dirle chiaro e tondo come stanno le cose… Allora forse,fra loro due, potrebberotrovare una via d’ uscita.

Osokin avverte il desiderio che ella ha di indurlo a parlare, eppure sa che non dirà nulla. Giàmolte volte in vita sua, per via dell’ orgoglio, ha fatto finta di non accorgersi che la gente voleva aiutarlo

e gli veniva incontro. In quel modo egli ha respinto tutti, pur essendone consapevole. Ora è lo stesso.Ebbene, questo è il suo destino; non può agire diversamente.

“perché non dici nulla? “, gli chiede Zinaida.“Perché non posso dire quel che vorrei dire”.“Che cosa te lo impedisce?”.“Ho bisogno di tempo. Anche adesso tutto continua ad andare come prima. Sai che avevo voglia

di partire e che non m’ importava un gran che di quel che succedeva qui a Mosca. Ora non partirò più, evoglio costruirmi una vita qui, ma ci vuole tempo”.

Zinaida aggrotta le sopracciglia, corrucciata. “Non mi piace il tempo. Lo sai che io voglio averlesubito, le cose. Se mi dicono che debbo aspettare, son capace di rinunciare a ciò che volevo; per me ormaiha perso ogni interesse. Conosci questa sensazione? Se mi offrissero un viaggio sulla luna, e poi saltassefuori che devo aspettare due anni, rinuncerei a tutte le lune del mondo. E tu?”.

“Capisco benissimo”, le risponde il giovane, “ma forse, per la luna, aspetterò”. Sorride e laguarda. “Ecco perché adesso non posso dire niente”.

Per un po’ restano in silenzio. Osokin ha una fitta al cuore. Sa di avere offeso Zinaida e di averlarespinta, e al tempo stesso sa che non avrebbe potuto parlare diversamente.

Zinaida guarda dritto davanti a sé con le labbra strette. Osokin ha l’ impressione che ora ellarimpianga di aver parlato, e questo lo fa irritare contro se stesso e contro tutto quanto.

“Dovrebbe capire che il nostro rapporto non può essere come tutti gli altri”, pensa. “Le cose non possono andare come andrebbero con un altro uomo. Io mi trovo in una situazione fuori dell’ ordinario;non ho neppure di che vestirmi decentemente. Quando i Krutiskij si trasferiranno in città Zinaida vorràche io l’accompagni dappertutto. Me ne ha già parlato. Come faccio a procurarmi tutto il denaronecessario? Ora mi basta a malapena per vivere, e con difficoltà. No, qualcosa deve cambiare, altrimentidovrò partire davvero. Finora, per qualche ragione, il destino è sempre vento in mio soccorso all’ ultimomomento; vedremo che succede questa volta. Ma forse sono soltanto un imbecille. Forse è lei il mio

destino. Forse dovrei dirle tutto nel modo più semplice, e discutere con lei il da farsi. E’ questo che vuole,e che mi sta chiedendo… ed è proprio questo che io non posso fare. Ma in questo modo la respingo. Loso, e non posso farci nulla”.

Ormai sono giunti nelle vicinanze della casa. Osokin ha la sensazione che gli sarebbe bastata un’altra mezz’ ora, e avrebbe parlato.

“Vuoi entrare?”, gli domanda Zinaida.“No, ci vediamo domani”, risponde il giovane. “Non ho voglia di parlare con nessun altro all’

infuori di te, oggi. Ma tu, non vai da nessuna parte?”.“Io? No, da nessuna parte”, dice Zinaida lentamente, volgendo lo sguardo altrove come se

 pensasse ad altro. “Per un po’ di tempo non andrò da nessuna parte”.Osokin sente che ella è urtata e ferita per le sue parole. Ha un’ aria turbata e triste. Si china

leggermente verso di lei. Sente per lei un dispiacere folle, doloroso. Ha voglia di dirle qualcosa di tenero

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 per consolarla, ha voglia d’ inginocchiarsi davanti a lei, di mendicare il suo perdono, di chiederle di nonlasciarlo, di non credere alla sua apparente freddezza.

Le mani di Zinaida sono fredde. Quando le bacia le dita, esse ricadono inerti. In silenzioraggiungono il cancello del giardino.

“Naturalmente, so benissimo che è colpa mia”, dice Osokin fra sé, camminando su e giù sotto la pensilina di legno della stazione in attesa del suo treno. “Un uomo non ha diritto di ritrovarsi in situazionidisperate come la mia. Non si può essere un fallimento perpetuo. In quel caso, uno dovrebbe partire,sparire, oppure ricominciare una vita nuova. Non serve a niente continuare a gingillarsi…Si, ora dareimolto per riavere il denaro che persi a casa di Bob. Ma d’ altra parte, per essere onesto nei riguardi deldestino, se non avessi perso il mio denaro non sarei tornato a Mosca e probabilmente non avrei maiconosciuto Zinaida. Quindi anche in quello c’è stato qualcosa di buono… Be’, va bene, vedremo che cosasuccede. Debbo trovarmi un lavoro, in modo da potermi almeno vestire decentemente e avere denaro asufficienza per andare a teatro e altre stupidaggini del genere, altrimenti non potrò vedere Zinaida per tutto l’ inverno. E’ un bene che abbiano deciso di rimanere in campagna per tutto settembre.

Ma che persona meravigliosa è Zinaida! Come sarebbe bello se potessi dirle… Ma allora è vero!E’ vero che per lei sento qualcosa di veramente straordinario. E lei? Perché le piaccio? Non riesco acapirlo. Dice di non aver mai parlato a nessuno come ha parlato a me. Ma che cosa strana: non ho mai

vissuto nulla di simile. E’ un fatto assolutamente nuovo. E lei mi è diventata così necessaria… Perché,quando discutiamo insieme, non trovo le parole? Se adesso fosse qui, potrei dirle tutto”.

XXV . UN GIORNO D’ INVERNO

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Una giornata invernale assolata e gelida, a Mosca. Osokin e Zinaida passeggiano lungo il viale Tverskoj.Il giovane indossa un soprabito leggero e un cappello di feltro. Sono rimasti in silenzio a lungo, e oraZinaida comincia a parlare.

“Io non ti capisco. Dici che hai voglia di vedermi e che hai sempre tante cose di cui parlarmi; edè vero abbiamo sempre molto da dirci.

Ma allora perché dobbiamo incontrarci di nascosto per la strada? Perché non puoi venire a casanostra come fanno tutti gli altri? Comincio a credere che per qualche ragione non vuoi attrarre l’attenzione degli altri su noi due. Tutto questo mi dà l’ impressione che tu abbia paura di qualcuno, chestia cercando di nascondere a qualcuno il tuo interesse per me. Questo mi sembra strano. Mi rendo contoche le tue finanze non sono molto floride, ma perché non sistemi la situazione? Sarebbe tanto facile! Tuhai una specie di ridicolo orgoglio. Perché non vuoi fare quello che ti è stato suggerito poco tempo fa? Iolo so. Per un po’ di tempo devi dimenticare di essere un poeta e devi trovarti un lavoro. Si può realizzarefacilmente. E allora potrai avere credito e fare quel che vuoi”.

“Cara, tu non capisci che è impossibile”.“Ma perché è impossibile? Tutti gli altri lavorano. Potresti scrivere di sera. Ti rendi conto

certamente che di poesia non si vive. Sono forse molti quelli che capiscono i tuoi versi?”.Osokin ride allegramente.“Oh, voglio raccontarti una storia divertente. L’altro ieri sono andato a quel picnic coi Leontjev

 perché pensavo che saresti venuta anche tu. Nell’ insieme è stato abbastanza monotono, anche se lagiornata era bellissima. Faceva freddo e tutto scintillava. I campi, il lago e i pini erano coperti di nevefresca e soffice. Il sole splendeva e tutto quanto luccicava, specie quando all’ uscita dalla foresta abbiamovisto la strada che si snodava giù in basso, davanti a noi. Sai, ho avuto l’ impressione di vedere un enormegatto bianco sdraiato sul dorso che si crogiolava al sole facendo le fusa. Il modo migliore di esprimerequeste fuggevoli impressioni è scrivere una poesia di un verso solo, perché più si lascia all’immaginazione del lettore, o dell’ ascoltatore, meglio è. E così ho messo tutto in un solo verso:

 Il ventre bianco e soffice dell’ inverno.

Che te ne sembra? Non ti fa pensare a un gattone bianco e morbido?”.Zinaida non può trattenersi dal ridere.“E’ molto bello”, risponde, “ma temo proprio che dopo aver letto quel verso qualsiasi comune

mortale domanderebbe;”E poi?”.“Hai ragione, ed è giusto che sia così. Ma il “poi” sta nel lettore.

Se non sa vederlo, e vuole che tutto gli sia servito pronto, farebbe meglio ad abbonarsi alla  Niva. Propriocome è successo l’ altro giorno; questo volevo dirti. Ho avuto l’ imprudenza di parlare dei mieiesperimenti poetici ai miei compagni di slitta. Si sono messi a ossessionarmi con la domanda: “E poi?”.Allora, visto che non rispondevo, hanno provato a comporre loro il seguito della poesia. Si sono messi acercare le rime – cose da pazzi – e hanno cominciato a divertircisi. Lo stesso hanno fatto gli altri: il gioco

è piaciuto a tutti. E così è diventato una specie di scherzo in cui tutti esercitavano il loro spirito”.Zinaida gli lancia un’ occhiata.“Dimmi la verità, non l’ hai trovato spiacevole?”.“All’ inizio non c’ era nulla di spiacevole. Anch’ io ridevo di cuore insieme a loro, e condividevo

il loro punto di vista, perché – è vero – non riescono proprio a vedere le cose in un altro modo. Ma dopoun po’ ho cominciato a irritarmi con me stesso per aver dato inizio a quella conversazione, e nel tentativodi farli smettere mi son messo a improvvisare versi su di loro. Non sapevano se ridere o fare gli offesi.Mentre si ripetevano i versi l’ uno con l’ altro ridevano a crepapelle, ma in realtà si sentivano presi ingiro”.

“E questo ti diverte?”, gli chiede Zinaida con una lieve smorfia.“No, non particolarmente. E’ stato sciocco da parte mia iniziare a parlare delle mie poesie, ma mi

annoiavo. Mi dispiaceva che tu non ci fossi”.

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“A me invece non dispiace per niente”, dice Zinaida. “Sei stato allegro anche senza di me”. Ellaguarda dritto davanti a sé. Osokin le lancia uno sguardo sorpreso.

“Non capisco”, pensa. “Che cos’ è che le ha dato fastidio? Certamente non quello che le hodetto; ma c’ è stato qualcosa che le è dispiaciuto”.

Osokin dice ancora qualche frase, ma Zinaida lo ascolta con aria assente, seguendo il corso dei

 propri pensieri.“Abbiamo perso il filo di quello che dicevamo”, gli dice. “Non c’è bisogno che ti giustifichi.

 Non mi dispiace che tu ti diverta, ma mi sembra strano che non abbia tempo per me, e che ci sia semprequalcosa che t’ impedisce di venire a casa nostra. Sto solo cercando di capire. Non so perché rifiuti di prendere in considerazione il lavoro di cui Misa ti ha parlato. Avresti un impiego ben pagato e, se vuoi, potresti considerarlo come un’ occupazione temporanea”.

Osokin le lancia un’ altra occhiata, e per un istante ha voglia di dirle che è d’ accordo con tuttoquello che sta dicendo.

“Hai ragione”, risponde, “e ci penserò seriamente. Ma cerca di capire che, per me, diventare uncinovnik •  sarebbe una cosa strana come per esempio iscrivermi ad un partito rivoluzionario – anchequesto mi è stato suggerito, non molto tempo fa – e stampare volantini nelle cantine e fare l’ agitatore tragli “operai politicizzati”. Non riesco a immaginarmi nei panni di un “compagno”. Grazie al cielo ne hovisti abbastanza all’ estero.

“Sai”, prosegue senza far caso al cipiglio corrucciato di Zinaida, “una volta, quando ero a Parigi,sono stato invitato a una “serata” organizzata da uno di questi “partiti” o “gruppi”. Non hanno fatto altroche parlare, parlare: di quanto andavano male le cose, di come tutti erano infelici, di quanto sarebbe stato bello se la polizia, le guardie cosacche e i governatori generali non fossero esistiti… Ma quando è venutal’ ora del tè, si è scoperto che i membri del comitato avevano mangiato tutte le arance e i dolci, e avevano bevuto tutto il tè! E per noialtri non era rimasto niente!”.

Zinaida è ormai esasperata.“Non m’ interessano i tuoi amici, né quelli di Parigi né quelli di Mosca”, dice con impazienza.

“Che cos’ hanno a che vedere queste due cose? Quei “partiti” sono pura follia, se non peggio. E lo sai benissimo anche tu. Io sto parlando di una cosa perfettamente normale. Tu lavoreresti per te stesso eanche per il piacere di stare con me.”.

Per un po’ camminano in silenzio.“Cara signora Zulù”, pensa Osokin ricordando le parole di un poeta di Pietroburgo che gli piace

 particolarmente. “Come si è sbarazzata in fretta della rivoluzione! Non si rende conto neppure per unistante che c’ è gente che muore per quest’ idea. E la cosa più buffa è che fondamentalmente ha ragione.La gente che crede in quei partiti probabilmente causerà grossi danni, ma non creerà mai niente. Alcuni diloro sono brave persone, molto sincere ed altruiste”.

Frattanto però Osokin si sente leggermente a disagio, e lo sguardo che rivolge a Zinaida haqualcosa d’ interrogativo. Negli ultimi vent’ anni, il governo e tutti coloro che con esso hanno a che faresono diventati talmente impopolari che lui, come tutta l’ intelligentsia, è quasi costretto a simpatizzarecon le attività e gli atteggiamenti anti- governativi; e non riesce a capire perché Zinaida non condivida ilsuo modo di pensare.

Egli stesso non crede alla necessità o ai benefici di una rivoluzione in Russia. Sarebbe possibile,gli sembra, ottenere le cose in altri modi, sempre che quanti occupano posti di responsabilità non fossero puerili, egoisti e stupidi come sono. Nella gente c’ è ancora molto di buono. E poi, Osokin detesta il

“pubblico dei partiti”, col suo linguaggio pieno di presunzione, tanto quanto detesta l’ arroganza dellaRussia ufficiale. Ciò nonostante l’ atteggiamento di Zinaida lo irrita leggermente, e in un certo senso ladiminuisce ai suoi occhi, cosa che gli dispiace.

Ora la sua mente è attraversata da un’ immagine straordinariamente vivida.Era un ragazzo di dodici o tredici anni, e frequentava la seconda o la terza ginnasio. Un sabato

 pomeriggio camminava per la Petrovska in direzione del Kuznetskij Most, per andare da Babuskin acomprare un paio di guanti di capretto col denaro regalatogli per il nuovo anno. A un tratto, nella vecchia,angusta stradetta dalle case basse e con la chiesa sull’ angolo – sulla quale però si trovano tra i migliori e più cari negozi di Mosca, specialmente i grandi negozi di fiori – spuntò una slitta bassa e larga, dacampagna, tirata da un cavalluccio pezzato, e guidata da un contadino in cappotto di montone e berretto di pelo. Nella slitta, fra due soldati con le sciabole sguainate, era seduto, anzi inginocchiato, un uomo dall’aspetto estremamente insolito, che indossava il camice giallo dei galeotti e un berrettino giallo. Le sue

Impiegato statale.

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mani erano strette da catene che pendevano dai suoi polsi. Il suo volto magro ed emaciato, coperto da unarida barba nera, che gli ricordò subito quello di San Giovanni Battista nel quadro di Ivanov, era levatoverso l’ alto. La testa dai lunghi capelli neri era gettata all’ indietro, e lo sguardo dei suoi strani occhi, chesembravano ciechi, pareva oltrepassare la strada e la folla gaia, le slitte e le carrozze tirate a lucido con iloro bei cavalli. Quella visione durò solo pochi istanti. La slitta scomparve nel traffico…

Osokin ricorda di essersi fermato a seguire la slitta con lo sguardo. “Dove lo stanno portando?”,si era chiesto. “Al tribunale, evidentemente. Lo spediranno in Siberia… Ma chi è? Che cosa ha fatto?”. Siera sentito di colpo afflitto da perdere interesse per ogni altra cosa.

Ora sente che Zinaida non capirebbe mai il significato della sua visione, che non ne avvertirebbemai l’ aspetto misterioso. A lei, col suo atteggiamento serio e maturo, sembrerebbe davvero soltanto “unafollia, se non peggio”.

“Sento che qualcosa si frappone tra noi”, gli dice Zinaida spezzando il filo dei suoi pensieri.”Nonvoglio pensare a nulla né fare supposizioni, ma lo sento. Forse fai bene a non parlarmene”.

“Ma cara, non c’ è niente di cui parlare”.“Forse no, però questo è ciò che sento”, ripete lei. “Credo che qualcosa stia gradualmente

impadronendosi di me. Non sono più la stessa di quest’ estate, nei tuoi confronti. Non offenderti. I mieisentimenti per te sono sempre vivi, ma non sono più come prima. Mi fai un po’ paura… mi fa paura l’idea di avvicinarmi a te per poi scoprire che non ti sono necessaria o che interferisco con qualcosa o

qualcun altro. Non rispondere. So cosa stai per dire; ma io sto solo parlando di quel che sento io. E temoche più passa il tempo e peggio andranno le cose. Cerca di capire che questo mi addolora molto. Mi piacevano molto i nostri incontri, ed ero contenta di sentire per te ciò che sentivo. Non mi sono maicomportata così con nessuno prima d’ ora. Avevo persino voglia di occuparmi di te, di pensare alla tuavita. Dico tutto questo molto seriamente; e non ne ho l’ abitudine. Io sono molto egoista, e di regola nonmi occupo mai degli altri. Cerca di capire che mi piaceva il fatto di cambiare atteggiamento e di esserecon te come non ero mai stata mai… Ma tu mi costringi a rimanere com’ ero, e ad avere verso di te lostesso atteggiamento che verso tutti gli altri. Ebbene, sia; solo che mi dispiacerà se i miei sentimenti per tesvaniranno del tutto. Be’, è ora di rientrare… è già tardi. Domani potremmo andare al MuseoRumiantsevskij, come hai suggerito; confesso che non ci sono mai stata, e tu dici che ci sono dei quadriinteressanti. Allora, potremmo vederci al solito posto, alla stessa ora di oggi. Ma pensa a quel che ti hodetto. Non ribattere, pensaci soltanto…”.

Osokin sta andando a casa.“Non ci capisco niente”, dice tra sé e sé. “Perché sta succedendo tutto questo? Lei mi piace, mi

 piace stare insieme, per lei farei qualsiasi cosa. Non ho mai vissuto niente di simile in vita mia. Ogni sera passo sotto casa sua due volte, spesso anche di più, e il solo fatto di vedere le finestre della sua camera midà un immenso piacere.

Eppure, tutto sta andando nel peggiore dei modi, e io non faccio che commettere errori. Non ledico mai ciò che dovrei dirle, né ciò che penso o che sento. Perché? E’ come se intorno a me vi fosse unaspecie di nebbia, o come se fossi legato e costretto ad agire in questo modo e non altrimenti. E poi, perché, tutto d’ un colpo, mi disgusta tanto il pensiero di quell’ impiego? All’ inizio, quando sono venutoa Mosca, lo avrei afferrato a due mani se me l’avessero offerto. Ma adesso, al solo pensiero di questolavoro, mi coglie una noia talmente mortale che non riesco ad alzare un dito per far qualcosa. Invento pretesti d’ ogni genere per Zinaida… e vedo che non mi crede.

Ma, seriamente, come faccio ad accettare l’aiuto dei suoi parenti o dei suoi amici? E’assolutamente impossibile. Però mi rendo conto al tempo stesso che con le mie azioni sto rovinando tuttoquel che ho. Lei non mi capisce; le sembro strano. Se solo potesse comprendere ciò che sento per lei, equanto mi è penoso tutto questo! Passo il tempo a tormentarmi e non trovo vie d’ uscita. Soluzioni cheagli altri parrebbero semplici e naturali a me sono precluse, impossibili, per chissà quale motivo. Puòdavvero succedere che Zinaida cambierà per essermi più vicina? C’è forse qualcosa che posso fare?Perché dentro di me ho questa tremenda sensazione di freddo, come se già sapesso e sentissi che qualcosadi disastroso e definitivo è destinato ad accadere, così come è sempre stato?”.

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XXVI . LA RUOTA GIRA

Sullo schermo cinematografico, una scena che si svolge alla stazione di Kursk a Mosca. Una luminosagiornata dell’ aprile 1902. Sulla piattaforma, presso il vagone letto, un gruppo di amici venuti a salutareZinaida Krutiskij e sua madre, in partenza per la Crimea. Tra loro c’ è Ivan Osokin, un giovane di circaventisei anni.

Osokin è visibilmente agitato, sebbene cerchi di non darlo a vedere. Zinaida sta parlando con suofratello Michail, amico di Osokin, un giovane ufficiale con la divisa di un reggimento di granatieri diMosca, e con due ragazze. Poi si volge verso Osokin, e insieme si allontanano di qualche passo.

“Mi mancherai moltissimo”, gli dice. “E’ un peccato che tu non possa venire con noi. A me, però, sembra che tu non ne abbia troppa voglia, altrimenti verresti. Ma tu non vuoi fare nulla per me. Ilfatto che tu rimanga qui, adesso, rende ridicolo e futile tutto ciò che ci siamo detti. Ma sono stanca didiscutere con te. Devi fare come vuoi”.

Ivan Osokin è sempre più turbato, ma cerca di controllarsi e si sforza di risponderle:“Non posso venire subito, ma ti raggiungerò più tardi, lo prometto. Non immagini quanto mi sia

 penoso rimanere qui”.“No, non lo immagino, e non ci credo”, dice in fretta Zinaida.“Un uomo, quando vuole una cosa con forza, come tu dici di volere, agisce. Sono sicurissima

che sei innamorato di qualcuna delle tue alunne di qui.. qualche fanciulla soave e poetica che studiascherma. Confessa!”. Ride.

Le parole e il tono di Zinaida feriscono Osokin molto profondamente. Inizia a parlare ma siarresta; poi dice:”Sai che non è vero; sai che sono tutto per te”.

“E come faccio a saperlo?”, risponde Zinaida con aria sorpresa. “Sei sempre occupato. Ti rifiuti

sempre di venire a trovarci. Non hai tempo per me. E ora vorrei tanto che venissi con noi. Staremmoinsieme per due giorni interi. Pensa che viaggio piacevole sarebbe!”.Getta una rapida occhiata ad osokin.“E poi, laggiù in Crimea, andremmo a cavallo e faremmo gite in barca insieme. Mi leggeresti le

tue poesie… così, invece, mi annoierò”. Aggrotta le sopracciglia e volge altrove lo sguardo.Osokin vorrebbe rispondere, ma non trovando nulla da dire rimane lì, in piedi, a mordersi le

labbra.“Verrò più tardi”, ripete.“Vieni quando ti pare”, risponde Zinaida indifferente, “tanto ormai quest’ occasione è perduta.

Mi annoierò a viaggiare da sola. Mamma è una compagna di viaggio piacevolissima, ma non è questo chevoglio. Grazie al cielo ho visto un signore che conosco: evidentemente prende anche lui questo treno.Forse mi distrarrà lui durante il viaggio”.

Osokin prende nuovamente a parlare, ma Zinaida continua:

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“A me interessa soltanto il presente. Che m’ importa di quel che può succedere in futuro? Tuquesto non lo capisci. Nel futuro puoi viverci tu, non io”.

“Io capisco tutto”, dice osokin, “ ed è molto penoso per me; ma non posso farci nulla. Ma tirammenterai di quello che ti ho chiesto?”.

“Si, me ne rammenterò e ti scriverò. Ma scrivere lettere non mi piace. Non aspettartene molte;

spicciati a raggiungermi, invece. Ti aspetterò un mese, due mesi; poi però non aspetterò più. Be’,andiamo. La mamma mi sta cercando”.

Insieme raggiungono il gruppo in attesa presso il vagone letto.Osokin va verso l’ uscita della stazione insieme al fratello di Zinaida.“Che cosa c’è Vanja?”, domanda Michail Krutiskij. “Non mi sembri molto allegro”.Osokin non è di umore loquace.“Sto benone”, dice, “ma sono stufo di Mosca. Anche a me piacerebbe andare da qualche parte”.Escono sul vasto piazzale asfaltato antistante la stazione. Krutiskij stringe la mano ad Osokin,

scende i gradini, ferma una vettura e se ne va.Osokin rimane a lungo in piedi a seguirlo con lo sguardo.“Certe volte mi sembra di ricordare qualcosa”, dice lentamente fra sé, “ e certe altre volte mi

sembra di aver dimenticato qualcosa di molto importante. Ho la sensazione che tutto questo sia giàaccaduto in passato. Ma quando? Non saprei. Che strano!”.

Poi si guarda intorno, come un uomo al momento del risveglio. “Ora lei è partita e io sono quisolo. E pensare che in questo istante potrei essere in viaggio con lei! Non potrei desiderare nient’ altro, inquesto momento. Andare al sud, verso il sole, e stare con lei per due giorni interi. E poi, una volta arrivati,vederla tutti i giorni… vedere il mare, e le montagne… Ma invece, eccomi qui. E Zinaida non capisceneppure perché non vado con lei. Non si rende conto che in questo momento ho in tasca esattamentetrenta copechi. E quand’ anche se ne rendesse conto, questo di certo non mi faciliterebbe le cose”.

Si gira ancora una volta a guardare l’ ingresso dell’atrio della stazione; poi, a testa china, scendela scalinata che porta al piazzale.

Tre mesi più tardi, nell’ alloggio di Ivan Osokin. Un’ ampia stanza ammobiliata, in affitto.L’ambiente è piuttosto spoglio. Un letto di ferro con una coperta grigia, un lavabo con catino, uncassettone, una piccola scrivania, una cassa di libri aperta; al muro, ritratti di Shakespeare e di Puskin, deifioretti e alcune maschere.

Osokin, con aria turbata e irritata, cammina su e giù per la stanza. Scansa bruscamente una sediache lo intralcia. Poi va alla scrivania, estrae dal cassetto tre lettere dalle buste grigie, lunghe e strette; lelegge una dopo l’ altra e le rimette dentro.

  Prima lettera. Grazie per le lettere e per i tuoi versi. Sono deliziosi. Mi piacerebbe soltantosapere a chi si riferiscono: di certo, non a me, altrimenti saresti qui.

Seconda lettera. Ti ricordi ancora di me? Davvero, a volte mi sembra che tu mi scriva per puraabitudine, o per un curioso senso del dovere che ti sei inventato tutto da solo.

Terza lettera. Mi rammento tutto quello che ho detto. I due mesi volgono al termine. Noncercare di giustificarti o di dare spiegazioni. So bene che non hai denaro, ma io non ti ho mai chiesto diaverne. C’è gente che vive qui pur essendo molto più povera di te.

Osokin cammina per la stanza, si ferma accanto alla scrivania e a voce alta dice:“E non ha più scritto. L’ ultima lettera è arrivata un mese fa. E io che le scrivo ogni giorno”.

Qualcuno bussa alla porta. Entra Stupitsin, un giovane medico amico di Osokin. Gli stringe lamano e si siede alla scrivania senza togliersi il soprabito.“Che cos’ hai sembri ammalato”.Si avvicina rapido ad Osokin e con finta serietà cerca di tastargli il polso. Osokin sorride e fa un

gesto per allontanarlo, ma un istante dopo sul suo volto passa un’ ombra.“Va tutto a rotoli, Volodia”, dice. “Non riesco ad esprimermi con chiarezza, ma ho la sensazione

di essermi tagliato fuori dalla vita. Voialtri continuate tutti a muovervi, mentre io sto fermo. E’ come seavessi voluto plasmare la mia vita a modo mio, ma fossi riuscito soltanto a mandarla a pezzi. Voialtriandate avanti per le vie normali. Oggi avete la vostra vita e un futuro davanti. Io ho tentato di scavalcaretutti gli ostacoli, e il risultato è che non ho niente adesso e niente in serbo per il futuro. Se solo potessiricominciare tutto daccapo! Ora sono certo che agirei in tutt’ altro modo. Non mi ribellerei così alla vita ea tutto quello che mi ha offerto. Ora so che bisogna sottomettersi alla vita, prima di vincerla. Io ho avutotante occasioni, e le circostanze mi sono state favorevoli tante e tante volte. Ma ora non rimane più nulla”.

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“Stai esagerando”, gli dice Stupitsin. “Che differenza c’ è fra te e il resto di noi? La vita non è particolarmente piacevole per nessuno. Ma perché, ti è forse successo qualcosa di sgradevole?”.

“Non mi è successo niente… Solo che mi sento tagliato fuori dalla vita”.Ancora un colpo alla porta. Entra il padrone di casa di Osokin, un impiegato statale in pensione.

E’ un po’ alticcio, ed estremamente affabile e loquace, ma Osokin, temendo che stia per chiedergli il

denaro dell’ affitto, fa in modo di liberarsi di lui. Quando il padrone di casa esce, Osokin, con un’ ariadisgustata in volto, fa un cenno di saluto verso la porta.

“Lo vedi, la vita intera non è che una lotta meschina contro difficoltà meschine come questa,dice. “ Che cosa fai stasera?”.

Rimangono a parlare per un po’ . Da sempre, Osokin sente che Stupitsin lo capisce meglio diqualunque altro dei suoi amici, e gli piace discutere con lui. Ora cerca di spiegargli il proprio stato d’animo e i propri pensieri, ma senza far parola di Zinaida. Stavolta, però, sente che Stupitsin non lo capiscee si limita a controbattere ciò che dice.

Dopo un po’, Stupitsin si alza in piedi, dà una pacca sulla spalla ad Osokin, prende il libro cheera venuto a cercare ed esce.

Anche osokin si prepara per uscire. Poi si avvicina alla scrivania e si ferma, con indosso cappottoe cappello, perso nei suoi pensieri.

“Tutto sarebbe stato diverso”, dice, “se avessi potuto andare in Crimea. Dopotutto, perché non

sono partito? Avrei potuto almeno arrivarci, e una volta che ci fossi stato, che importanza avrebbe avutotutto questo? Forse avrei potuto trovarmi un lavoro. Ma come si fa a vivere a Yalta senza denaro? Cavalli, battelli, caffè, mance…. Tutte cose che significano denaro. E uno deve vestirsi decentemente . Non potevo andarci con gli abiti che porto qui. Tutte queste cose sono solo sciocchezze, ma sommate assieme..E lei non capisce che non avrei potuto vivere laggiù. Pensa che io non voglia andarci, o che qualcosa mitrattenga qui in città.. Rimarrò senza lettere anche oggi?”.

Osokin va a domandare se risono lettere per lui alla Posta Centrale, dove ha chiesto a Zinaida discrivergli in fermo posta. Nessuna lettera. All’ uscita si imbatte in un uomo con indosso un soprabito bluscuro.

Osokin si arresta e segue lo sguardo dell’ uomo.“Chi è quell’ uomo? Dove l’ho veduto? Il suo volto non mi è nuovo. Conosco quel soprabito”.Perso nei suoi pensieri, riprende il cammino. All’ angolo della via si ferma per lasciar passare

una carrozza scoperta tirata da due cavalli. Nella carrozza ci sono un uomo e due signore che haconosciuto in casa di Krutiskij. Osokin fa per togliersi il cappello, ma quelli non lo vedono. Egli ride e prosegue.All’angolo successivo incontra il fratello di Zinaida. Questi lo ferma e, prendendogli il braccio, siincammina accanto a lui dicendo:

“Hai saputo la notizia? Mia sorella sta per sposare il colonnello Minskij. Il matrimonio saràcelebrato a Yalta, e dopo pensano di andare a Costantinopoli, e di li in Grecia. Io parto fra qualche giorno per la Crimea. Hai qualche messaggio?”.

Osokin ride e gli stringe la mano, rispondendo in tono allegro:” Si, portale i miei saluti e le miefelicitazioni”.

Krutiskij dice ancora qualche frase, ride e se ne va.Osokin lo saluta con volto sorridente. Ma una volta separatisi, la sua espressione cambia.

Continua a camminare per un poco, poi si ferma e resta lì a guardare in terra, senza curarsi dei passanti.“Ebbene, ecco che cosa significa”, dice fra sé e sé. “Ora tutto mi è chiaro. Che cosa debbo fare?Andare fin laggiù e sfidare Minskij a duello? Ma perché, poi? Tutto era evidentemente già decisoin partenza e io le sono servito soltanto per divertirsi. E’ un bene che non sia partito insieme a lei. No,questo è vile da parte mia! Non ho il diritto di pensarlo, e non è vero. Tutto questo è successo perché nonsono partito con lei. Ora, poi, non partirò davvero…. E non farò proprio niente. Ha scelto. Che diritto hoio di essere scontento? Dopotutto che posso offrirle? Potrei forse portarla in Grecia?”.

Riprende il cammino, poi si ferma ancora una volta e continua a parlare fra sé.“Eppure mi sembrava che provasse davvero qualcosa per me. E come parlavamo insieme! Non

c’era nessun altro al mondo con cui potessi discorrere a quel modo….E’ così straordinaria! E Minskij è il più comune degli uomini: un colonnello di Stato maggiore che legge  Novoe Vremya. Però tra non moltosarà un uomo in vista….quanto a me, gli amici di lei non mi riconoscono neppure per la strada.

 No, non posso….Debbo andare da qualche altra parte, altrimenti….Non posso rimanere qui”.

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Sera. Osokin è nella sua camera. Sta scrivendo una lettera a Zinaida Krutiskij, ma strappa unfoglio dopo l’altro e ricomincia daccapo ogni volta. A Tratti salta su e cammina per la stanza, poi riprendea scrivere. Infine getta la penna e si lascia andare nella poltrona esausto.

“Non riesco più a scrivere”, dice fra sé. “Le ho scritto per giornate intere e intere nottate. Ora ho

la sensazione che qualcosa dentro me si sia spezzato. Se nessuna delle mie lettere le ha detto nulla,neanche questa potrà comunicarle qualcosa. Non ci riesco…….”.

Si alza lentamente e, con le movenze di un cieco, prende dal cassetto della scrivania un revolver con alcune cartucce, lo carica e se lo mette in tasca. Poi prende cappotto e cappello, spegne il lume edesce.

XXVII . IN BILICO

Osokin è a casa del mago.Il mago, lo stesso vecchio curvo dallo sguardo penetrante, tutto vestito di nero, ha in mano un

sottile bastone persiano intarsiato di turchesi; egli siede presso al fuoco insieme ad Osokin.La stessa ampia stanza dal mobilio stravagante, coi suoi tappeti, i suoi broccati, gli scaffali di

libri e le statuette di divinità indiane in bronzo. In una nicchia la statua di Kwan Yin, il grandemappamondo sul treppiede laccato di rosso, la clessidra su un tavolino d’ avorio vicino alla poltrona delmago, e il grosso gatto nero siberiano che dorme sullo schienale.

Osokin è tetro. Fuma un sigaro senza dire nulla. Proprio mentre è tutto immerso nei suoi pensieri, il mago inizia a parlare.

“Mio caro amico, lo sapevi”.Osokin trasalisce e lo guarda.“Come fai a sapere a cosa sto pensando?”.“Io so sempre a cosa stai pensando”.

Osokin china il capo e fissa il tappeto.“Si, lo so che ormai non ci si può far nulla”, dice. “Ma se solo potessi tornare indietro di qualcheanno, in questa vita infelice che neppure esiste davvero, come dici sempre… se soltanto potessi riaveretutte le occasioni che la vita mi ha offerto e che ho gettato via.. potrei agire diversamente…”. Ma mentre pronuncia queste parole, di colpo lo coglie lo spavento, senza che ne sappia la ragione.

Smette di parlare e guarda il mago, perplesso. Poi si guarda intorno.“Che strana sensazione”, dice fra sé. “ Ma tutto questo è già accaduto? Proprio in questo istante

mi è sembrato di essermi già seduto qui. Tutto era esattamente lo stesso, e io stavo pronunciando lemedesime parole”.

Guarda il mago con aria interrogativa.Il mago gli restituisce lo sguardo, ride silenziosamente e annuisce.“Tutto è già stato”, risponde, “e tutto si può far tornare indietro, tutto. Ma neppure questo

servirà”.

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Osokin si accorge che sta rabbrividendo. Cosa mai significa tutto ciò? E’ venuto dal mago conun’ idea precisa in mente, ma ora quell’ idea gli sfugge, e non riesce a esprimerla a parole. Devericordarsi di che si trattava, deve spiegarlo al mago. Perché questa stupida paura lo paralizza?

Getta il sigaro nel fuoco, si alza dalla sua poltrona e passeggia su e giù per la stanza.Il vecchio siede e lo osserva: annuisce col capo e sorride. Nel suo sguardo si leggono

divertimento e ironia; un’ ironia non priva di simpatia, anzi piena di comprensione, di pietà e dicompassione, come se volesse aiutare il giovane e non potesse.

Osokin si ferma davanti al mago e, come in trance, dice:“Debbo tornare indietro. Allora cambierò tutto quanto. Non posso continuare a vivere così.

Facciamo cose assurde perché non sappiamo che cosa ha in serbo per noi il futuro. Se soltanto potessimosaperlo! Se soltanto potessimo vedere un poco più in là”.

Riprende a camminare su e giù, poi si arresta nuovamente di fronte al mago.“Ascolta”, gli dice, “la tua magia non può forse far questo per me? Non puoi farmi tornare

indietro? E’ molto tempo che ci penso, e oggi, quando ho ricevuto la notizia di Zinaida, ho sentito che èl’unica cosa che mi resta da fare. Fammi tornare indietro, farò tutto in un altro modo. Vivrò in mododiverso, e quando arriverà il momento, sarò pronto per incontrare Zinaida. Ma debbo ricordare tutto,capisci?, debbo conservare tutta la mia esperienza e tutta la mia conoscenza della vita. Debbo ricordare diessere tornato indietro e non dimenticare per quale ragione…”.

Si ferma.“Dio mio, ma che cosa sto dicendo? Allora dissi esattamente le stesse parole!”.Guarda il mago.Il vecchio annuisce e sorride“Io posso esaudire il tuo desiderio”, gli risponde, “ma non ti servirà a nulla; non ti renderà affatto

 più facili le cose”.Osokin si accascia nella poltrona prendendosi il capo fra le mani.“Dimmi”, sono le tue parole, “è proprio vero che sono già stato qui, vicino a te, prima d’ ora?”.“E’ vero”, risponde il mago.“E ti ho chiesto la stessa cosa?”.“Proprio così”.“E tornerò ancora?”.“Di questo non sono tanto sicuro. Può darsi che tu desideri tornare ancora, ma forse non potrai.

Questo problema ha molti aspetti che ancora non conosci. Può darsi che tu incontri difficoltà impreviste.Una sola cosa posso dirti con certezza. Le circostanze possono mutare, ma non c’ è il minimo dubbio chetu giungerai alla stessa decisione. Non può essere altrimenti, non può cambiare”.

“Ma ciò significa semplicemente girare in tondo, come su una ruota!”, esclama Osokin. “E’ unatrappola!”.

Il vecchio sorride.“Mio caro amico”, gli dice poi, “questa trappola si chiama vita.Se vuoi ripetere l’ esperimento un’ altra volta, sono al tuo servizio. Ma ti avverto: non cambierai

nulla; puoi soltanto peggiorare le cose”.“Ma se ricordassi tutto?”.“Anche se ricordassi tutto. In primo luogo, perché non conserveresti il ricordo a lungo. Sarà

troppo doloroso, e tu stesso avrai voglia di liberartene, di dimenticare. In secondo luogo, anche se

ricordassi tutto, non ti servirebbe a niente. Ricorderai e continuerai a fare le stesse cose”.“Ma è orribile!, esclama Osokin. “Non esiste nessuna via d’ uscita?”.Un tremito nervoso s’ impadronisce di lui impedendogli di parlare. Nella sua mente sente il gelo

di tomba. Sente che quella è la paura dell’ inevitabile, paura di se stesso, paura di quell’ io da cui non si può sfuggire… Sarà sempre lo stesso, e tutto sarà sempre uguale.

In quell’ istante Osokin capisce che, se torna indietro così com’ è, tutto si svolgerà esattamentecome prima. Ricorda chiaramente la catena di eventi che gli sono accaduti a scuola e in seguito, quandotutto succedeva come se fosse regolato da un meccanismo ad orologeria, come in una macchina in cui ilmoto di una ruota fa girare un’altra ruota. Ma nello stesso tempo sente di non poter accettare le cose comestanno, di non potersi rassegnare a perdere Zinaida e al pensiero che è stata tutta colpa sua.

Osokin e il mago tacciono entrambi.“Ma allora che cosa debbo fare?”, dice alla fine il giovane, quasi in sussurro.C’ è una lunga pausa.

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“Mio caro amico”, dice poi il mago rompendo il silenzio, “queste sono le prime parole sensateche ti sento dire dall’ inizio della nostra amicizia.

Mi chiedi che cosa devi fare. Ascoltami attentamente. Ciò che sto per dirti viene detto una solavolta nella vita di ogni uomo, e soltanto a pochissimi uomini. Se non capiscono, è solo colpa loro, perchénon si può ripetere. Tu vieni da me a lamentarti e mi chiedi un miracolo. E io, quando posso, faccio quel

che mi chiedi, perché desidero sinceramente aiutarti. Ma ciò non ha seguito. Ora cerca di capire perchéciò accade, e perché non ho il potere di aiutarti. Capisci che posso esaudire soltanto i desideri che esprimi,soltanto ciò che domandi. Non posso darti nulla di mia iniziativa. Questa è la legge. Anche quel che ti stodicendo adesso, sono in grado di dirtelo solo perché tu mi hai chiesto che cosa devi fare. Se non l’ avessichiesto, non avrei potuto parlare.

A questo posso ancora aggiungere qualcosa. Se tu tornassi indietro, tutto sarebbe come prima oanche peggio. Ad esempio, potrebbe darsi che non m’ incontrassi. Devi capire che le possibilità sonolimitate: nessuno ha possibilità infinite. D’ altra parte se tu continui a vivere, forse qualcosa può cambiareabbastanza da consentirti di cominciare in un altro modo la prossima volta”.

“Ma vale la pena di vivere per questo?”.“E’ affar tuo: devi deciderlo da solo. Ma ricorda una cosa: se ritorni indietro e rimani cieco come

sei ora, farai le stesse cose un’ altra volta, ed è inevitabile che tutto si ripeta. Non si può sfuggire allaruota: tutto sarà uguale a prima. Mi chiedi che cosa devi fare. Io ti rispondo: vivi. E’ la tua unica

 possibilità.Se ci pensi bene, nelle mie parole troverai tutto ciò che ti serve. Ma se continui a voler tornare

indietro e a voler ricominciare, ti farò tornare indietro anche fino al giorno in cui sei nato, se vuoi. Però t’avverto che, se potrai, tornerai da me un’ altra volta. Ora decidi!”.

Osokin siede immobile nella poltrona. C’ è un altro lungo silenzio.Ecco che davanti ai suoi occhi vede di nuovo scorrere le scene della sua vita: la madre, il

collegio, Parigi, Zinaida. Dio, quante possibilità ha avuto e perduto una dopo l’ altra! E la vita lo hastretto sempre più in una morsa, finchè da ultimo si è trovato in una galleria angusta, senza vie d’ uscita.Ma se invece la via d’ uscita esistesse? Perché il mago insiste a dirgli di vivere? E che senso ha tornareindietro, se è destinato ad arrivare un’ altra volta allo stesso punto, se non a qualcosa di peggiore? Checosa intende dire il mago, con questo? Come potrebbe andare peggio?

“Quando per la prima volta ho cominciato a capire che tutto si ripete, che tutto ritorna”, dice frasé il giovane, “mi pareva un’ avventura interessante. Ma ora mi spaventa, e sento di dover fare il possibile per ritardare questa esperienza. L’ avventura che mi affascinava si trova in tutt’ altro posto. Dove, ancoranon lo so. Ma debbo trovarla, per non rischiare di tornare allo stesso punto di prima”.

Finalmente, Osokin alza lo sguardo da terra.“Vivrò”, esclama. “Hai ragione. Ancora non capisco bene, ma vedo che ricominciare da capo

non è una via d’ uscita”.Il mago lo osserva a lungo, come se cercasse di penetrare nella sua mente.“Ora che hai deciso che vivrai”, soggiunge alla fine, “posso dirti ancora qualcosa. Ma prima

voglio chiederti: pensi di conoscere bene la tua Zinaida?”.Osokin lo guarda meravigliato.“Penso di si”, risponde; “ma che intendi dire?”.Il vecchio sorride di nuovo.“Se la conosci bene, come hai potuto credere che avrebbe sposato Minskij?”.

“Come ho potuto crederlo?..Mi disse di non volermi più aspettare. E io non potevo andare araggiungerla. Poi ho incontrato Krutiskij e lui mi ha informato che…”.Improvvisamente smette di parlare, e di colpo lo invade uno strano, meraviglioso senso di

speranza; o, più che di speranza, di attesa d’ un miracolo.Perché il mago ha parlato di Zinaida?“Non potevo dirtelo prima”, prosegue il vecchio, “perché non posso predirti nulla che influenzi

le tue decisioni. E solo ora posso rivelarti che il colonnello Minskij è passato oggi per Mosca diretto aPietroburgo. Zinaida ha rotto il fidanzamento tre giorni prima del matrimonio. Anzi, non ha mai avutointenzione di sposarlo. Soltanto tu potevi non capirlo”.

Osokin resta seduto, ma un’ espressione di stupore gli si dipinge in volto.“Allora… non si sposa!”, esclama, come se non capisse di che cosa si stia parlando. “Ma, allora,

 perché?…”.Guarda il mago come se lo vedesse per la prima volta.

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“Ma perché non me l’ hai detto prima?”.“Perché tu non me l’ hai domandato. L’ hai dato per scontato, e sei venuto da me con una

decisione già pronta. Io non posso discutere le decisioni già prese”.Osokin sente a malapena quel che il mago sta dicendo.“Dio, che idiota sono stato”, rimprovera a se stesso. “Come ho potuto crederlo? Ma certo, non è

altro che il suo solito modo di fare. Ha adoperato Minskij soltanto per divertirsi, fino a un certo punto; poiha smesso. Ora vedo benissimo che non avrebbe mai potuto sposarlo. Come ho potuto fraintenderla fino aquesto punto?”.

Gli scorrono davanti le immagini degli ultimi mesi. Ora capisce chiaramente di essersi rinchiusonel proprio orgoglio e nella propria ostinazione. Naturalmente, avrebbe dovuto seguire Zinaida aqualunque costo. Naturalmente, ora tutto sarà diverso.

 Nella sua mente cominciano a prendere forma dozzine di progetti. Si vede già in treno. Le ruotecigolano; sta andando in Crimea: vedrà Zinaida. In fondo, le cose si possono sempre aggiustare.

Il mago sta parlando. Dapprincipio, Osokin non lo sente.“Nulla cambierà”, sta dicendo il vecchio.“Che cosa intendi dire, con “nulla cambierà”?”, domanda Osokin. “Tutto è già cambiato”.Il mago scuote il capo e sorride.“Mio caro amico, ti stai illudendo un’ altra volta. Non è cambiato niente. Tutto è esattamente

com’ è stato finora, e tutto rimarrà lo stesso. Nulla poteva cambiare, e nulla è cambiato:

“Il vento ritorna sul proprio cammino:

ciò che è stato, è ciò che sarà;e ciò che è fatto, è ciò che si farà”.

“E non si può far nulla per cambiare?”, domanda Osokin.“Non ho mai detto che non si può cambiare niente. Ho detto che tu non puoi cambiare niente, e

che niente cambierà da sé. Ti ho già detto che per cambiare qualcosa devi prima cambiare te stesso. Equesto è molto più difficile di quanto tu creda. Richiede sforzi costanti per un tempo molto lungo, e anchemolta saggezza. Tu sei incapace di uno sforzo simile e non sai neppure da che parte cominciare. Nessunoè in grado di farlo da solo. Gli uomini ripetono sempre gli stessi errori. Dapprima non si rendono conto dimuoversi in circolo; e se qualcuno lo dice loro, si rifiutano di credergli. Poi, se cominciano a scorgere laverità e ad accettarla, pensano che basti questo: sono incrollabilmente convinti di sapere ormai tutto quelche c’è da sapere, e di poter cambiare ogni cosa. E allora trovano subito qualche ciarlatano che li assicurache tutto è facile e semplicissimo. Questa è la peggiore delle illusioni. In questo modo gli uomini perdonole possibilità acquisite sopportando molte sofferenze e a volte anche grandi sforzi.

Devi ricordarti che si possono sapere molte cose e tuttavia si può essere incapaci di cambiare,  perché cambiare richiede conoscenze di altro genere, e a volte anche qualcosa che gli uomini non possiedono”.

“E cos’è questa cosa che non possediamo?”.Questa domanda è tipica delle persone come te. Come tutti gli altri, anche tu credi di poter sapere

tutto, quando invece non puoi sapere né capire nulla. Come faccio a dirti che cos’ è, se per te non esiste?”.Osokin tace.Si, sente che il mago ha ragione. Non può cambiare niente. Dopo il suo momento di entusiasmo,

si sente attanagliare dalla paura e dall’ angoscia. Commetterà un’ altra volta le stesse assurdità e perderàdi nuovo Zinaida.“E allora, che cosa ci vuole per far si che le cose comincino a cambiare?”, domanda. Si aspetta

che il mago gli risponda con una delle sue frasi, probabilmente molto acute, ma per lui quasi prive disignificato, come questa:”Quando tu sarai diverso, anche tutto il resto cambierà”.

Ma il mago dice qualcosa che coglie Osokin di sorpresa.“Devi capire”, sono le sue parole, “ che da solo non puoi cambiare nulla e che devi cercare aiuto.

E devi capirlo a fondo, perché capirlo oggi e dimenticarlo domani non è sufficiente. Bisogna vivere conquesta convinzione”.

“Ma che significa “vivere con questa convinzione”?”, chiede il giovane. “E chi può aiutarmi?”.“Io posso aiutarti”, risponde il mago, “ e vivere con questa convinzione significa sacrificare per 

essa qualcosa do grande, e non una sola volta, ma continuare a fare sacrifici finchè si ottiene ciò che sicerca”.

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“Tu parli per enigmi”, risponde Osokin. “Che cosa posso sacrificare io? Non ho niente”.“Tutti hanno qualcosa da sacrificare”, dice il mago, tranne coloro che è impossibile aiutare. Ma,

naturalmente, non è possibile stabilire in anticipo che cosa si otterrà in cambio dei propri sacrifici. Ricordil’ uomo che dovette faticare sette anni per trovarsi una moglie, e che alla fine si vide dare in sposa lasorella di colei che aveva scelto? Dovette faticare altri sette anni. Questo accade molto spesso”.

“Osokin è taciturno. Dentro di lui si agita una sensazione sgradevole. Che cosa vuole da lui quelvecchio?

“Quel che sto dicendo potrà sembrarti strano”, dice ancora il mago, “perché non hai mai pensatoa queste cose nel modo giusto. Inoltre, pensarci da soli non serve. Ancora una volta: bisogna sapere. E, per sapere, bisogna imparare. E per imparare, bisogna sacrificarsi. Nulla si conquista senza sacrificio.Questo è ciò che non capisci, e finchè non lo capirai non potrai fare niente. Se io avessi voluto darti tuttociò che desideravi senza che tu facessi un sacrificio, non avrei potuto.

Un uomo può ricevere soltanto quello di cui ha necessità; e solo quello per cui ha sacrificatoqualcosa gli è necessario. Questa è la legge della natura umana. Quindi, se un uomo vuole essere aiutatoad acquisire certe conoscenze o certi poteri, nuovi e importanti per lui, deve sacrificare altre cose che per lui in quel momento sono importanti. Per di più, può ricevere solo tanto quanto ha sacrificato. E in questasua condizione vi sono anche altre difficoltà. Non può sapere con esattezza ciò che otterrà, ma se si rendeconto di essere in una situazione senza scampo acconsentirà a fare sacrifici anche inconsapevoli. E sarà

lieto di farli, perché è l’unico modo per acquisire la possibilità di conquistarsi qualcosa di nuovo o dicambiare se stesso; se invece non sacrifica nulla, tutto per lui resterà sempre uguale, quando non peggiorerà”.

“Non esistono altre strade?”, domanda Osokin.“Intendi dire strade per le quali non sono necessari i sacrifici? No, non esistono, e tu non ti rendi

conto di che cosa stai chiedendo. Non si possono ottenere risultati senza cause. Mediante il tuo sacrificiotu crei le cause. Esistono diverse strade, ma esse differiscono soltanto per la natura, la grandezza e lafinalità del sacrificio. In molti casi, occorre rinunciare a tutto quanto insieme, senz’ aspettarsi nulla incambio.

C’è un canto dei dervisci che dice:

 Attraverso quattro rinunce Elèvati alla perfezione.

 Lascia la vita senza rimpianti:

non aspettarti ricompense in Cielo.

Capisci che cosa significa? La maggioranza degli uomini riescono a seguire soltanto questa strada, o unasimile. Ma qui, ora, tu ti trovi in una situazione differente. Hai me con cui parlare. Puoi sapere a cosarinunciare, e cosa aspettarti in cambio”.

“Come posso sapere ciò che otterrò? E come farò a sapere a cosa posso rinunciare?”.“Puoi sapere che cosa otterrai tramite la comprensione di ciò che desideri. Per qualche ragione

molto complessa che risiede dentro di te, si da il caso che tu abbia indovinato un grande segreto che gliuomini in genere non conoscono. Di per sé, questo è inutile, perché tu non sai metterlo a frutto. Ma ilfatto di conoscere questo segreto ti apre alcune porte. Tu sai che tutto si ripete in continuazione. Altre persone hanno fatto questa scoperta, ma non hanno saputo trarne niente di più. Se potessi cambiare

qualcosa dentro di te, potresti usare questa conoscenza a tuo vantaggio. Quindi, come vedi, tu sai cosavuoi e cosa puoi ottenere.Ora passiamo alla questione di cosa sacrificare, e come sacrificarlo. Tu dici di non possedere

nulla. Non è così. Possiedi la tua vita. Perciò puoi sacrificare la tua vita. E’ un prezzo molto basso da pagare, visto che in ogni caso avevi intenzione di gettarla via. Anziché gettarla via, dalla a me, e io vedròche cosa si può fare di te. Non ti chiederò tutta la vita. Vent’anni, forse quindici saranno sufficienti. Madurante quegli anni, devi appartenere a me: intendo dire che devi fare tutto ciò che ti dico senza sfuggire esenza cercare pretesti. Se tu mantieni la tua promessa, io manterrò la mia. Quando questo periodo saràterminato, sarai in grado di usare le tue conoscenze da solo. Sei fortunato a potermi esser utile proprio inquesto momento; non subito, certamente, ma posso aspettare, se necessario. E così, ora sai che cosa hai dasacrificare.

C’ è ancora un’ altra cosa da dire. Le persone che hanno indovinato quel che tu hai indovinatogodono di alcuni vantaggi e di alcuni svantaggi, che non spettano invece a chi non ha indovinato niente. Il

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vantaggio sta nel fatto che a loro si possono insegnare cose impossibili da insegnare ad altri; e losvantaggio è che per loro il tempo diventa molto limitato. Un uomo comune può continuare a girare sullaruota senza che gli accada nulla fino al giorno in cui finalmente scompare.

Ti ripeto ancora una volta che ci sono cose che non sai, ma devi capire che nel corso del tempoanche le reciproche posizioni delle stelle mutano; e gli uomini dipendono dalle stelle molto più di quanto

credano, anche se non nel modo che pensano, sempre che ci pensino. Nel tempo, nulla rimane uguale a sestesso. Ma un uomo che abbia cominciato a indovinare il grande segreto deve farne uso, altrimenti esso sisvolgerà contro di lui. Non è un segreto privo di pericoli. Quando si capisce questo, si deve andare avanti,altrimenti ci si perde. Una volta trovato il segreto, o sentitone parlare, restano ancora soltanto due o trevite, in ogni caso molto poche.

Devi capire che, per certe mie ragioni, a me interessano queste persone, così come m’ interessitu. Ma posso offrire il mio aiuto solo in un preciso momento e solo una volta. Se il mio aiuto non vieneaccettato, può darsi che la prossima volta non mi si trovi più. Questo potrà sembrarti strano, ma il fatto èche a volte vedo persone che vorrebbero venire da me e camminano per la strada, ma non riescono atrovare la mia casa. Ecco perché prima ti ho detto che può succedere di voler tornare da me e di nonriuscirci”.

“Che ne è di coloro che non riescono a trovare la tua casa?”.“Oh, hanno altre possibilità, ma devi capire che ogni possibilità comporta sempre difficoltà

maggiori della precedente; il tempo è sempre più breve. Se quegli uomini non trovano presto una nuovaguida e un nuovo aiuto, le loro vite cominciano a declinare, e dopo un po’ smettono di rinascere, evengono sostituiti da altri uomini. Devi capire che divengono inutili, e a volte pericolosi, perché sono aconoscenza del grande segreto e ricordano molte cose; ma tutto ciò che sanno lo capiscono nel modosbagliato. E in ogni caso, se non hanno già usato le loro possibilità, ogni volta queste diminuiscono.

Ora devi pensare a te stesso. Quindici anni ti sembrano un’ eternità perché sei ancora moltogiovane. In seguito ti renderai conto che è un periodo breve, specialmente quando capirai quanto puoiricevere in cambio. Ora va’ a casa e pensaci. Quando avrai capito tutto quel che ti ho detto e lo avraicollocato al posto giusto puoi tornare da me a dirmi che cos’ hai deciso.

Posso dirti ancora una cosa. Come tutti, tu credi che vi siano modi diversi per fare una stessacosa. Devi imparare a capire che esiste sempre soltanto un modo per fare una cosa; non possono maiessercene due. Ma a questo non arriverai facilmente. Per molto tempo conoscerai grandi conflitti interiori.Tutto questo va eliminato. Soltanto allora sarai pronto per il vero lavoro. E capisci un’ altra cosa: soloquando sarai utile a me, sarai utile a te stesso.

Infine, debbo avvertirti che il cammino è irto di pericoli, pericoli di cui non hai mai sentito  parlare, oppure ne hai sentito parlare in modo sbagliato. Molto tempo fa conobbi un signore moltoantipatico che a volte è raffigurato con le corna e i piedi di capra. Non è poi tanto grande come alcuni lodescrivono, ma la sua occupazione principale consiste nell’ ostacolare lo sviluppo di coloro che hannoscoperto il grande segreto. La mia è di ostacolare lui. Perciò devi capire che ti troverai contro forze molto potenti, e sarai solo, sempre solo. Ricordalo.

Va’, adesso, e torna quando avrai deciso. Prendi tutto il tempo che vuoi, ma ti consiglio di nontardare troppo”.

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CONCLUSIONE

Fuori, in strada, Osokin cammina a lungo senza guardare dove va, e cerca di non pensare. Poi si

siede su una panchina in un viale periferico e resta lì immobile, con la testa vuota… Ma, a poco a poco,tutto quello che è successo gli torna alla mente.

“Debbo arrivare a prendere una decisione”, dice a se stesso. “Se do me stesso al mago per quindici anni, perderò Zinaida. Se no, la perderò lo stesso. E’ stato il mago che l’ha trovata. Se solo potessi parlarle! Ma no, sarebbe inutile: sarebbe impossibile spiegarle quel che il mago ha detto. Sispaventerebbe. Con tutte le sue complicazioni, è sempre una persona molto elementare. Direbbe chedebbo fare quello che lei mi ha consigliato: cioè vivere come tutti gli altri, trovarmi un lavoro da qualche parte, e cose del genere. Questo non posso farlo; è inutile che tenti.

Ma forse mi sbaglio di nuovo sul conto di Zinaida; forse può capire tutto, persino il mago. E’vero che ha detto tutte quelle cose sulla vita e sulla normalità, ma da un punto di vista diverso, e io non homai tentato di spiegarle le cose per intero, anche se voleva sempre che le dicessi tutto.

Ma quant’ è strano tutto questo! La notte scorsa sembrava tutto finito. Credevo che Zinaidastesse per sposarsi, e sono andato dal mago per chiedergli di farmi tornare indietro in modo che potessicambiare vita e aggiustare tutto quanto. Poi, mentre parlavo con lui, all’ improvviso mi sono reso conto diessere già andato da lui una volta per chiedergli la stessa cosa, e che egli mi aveva fatto tornare indietro, eche mi ero ritrovato a scuola, e che tutto era andato esattamente come prima. Avevo fatto un’ altra volta lestesse sciocchezze, fin nei minimi particolari, sebbene fin dall’ inizio sapessi sempre che cosa sarebbesuccesso. E sono tornato un’a latra volta dal mago.

Può essere vero? Forse non è mai successo niente di tutto questo. Forse il mago mi hasemplicemente fatto addormentare e io ho sognato di rivivere la mia vita. Che cosa è accaduto veramente?E’ impossibile saperlo. Non lo so né mai lo saprò. Forse la verità sta proprio nel fatto che non si può nédimostrare né confutare.

In fondo, una differenza c’è. Ieri credevo che Zinaida stesse per sposarsi: ora so che non avrebbemai potuto sposare Minskij. E ora debbo decidere che risposta dare al mago. Questa è una novità. Non èmai successo prima d’ ora. E poi, a proposito del diavolo, che cos’ ha detto su quel signore antipatico con

le corna e i piedi di capra? C’ era qualcosa di molto interessante, ma debbo confessare che non sono statoad ascoltare attentamente mentre mi parlava. La prossima volta glielo chiederò.Ora il punto è che debbo far qualcosa per evitare che tutto vada di nuovo nella stessa maniera. Il

mago ha detto che il diavolo ha a che vedere con questo fatto. Che buffo! Ho sempre pensato chesapessimo fare del nostro peggio senza il suo aiuto… Quindi l’unica cosa da fare è dare me stesso almago. Strano! Ho già sentito parlare di qualcosa di simile, ma mi sembravano sempre invenzioni, e non civedevo nessun significato e nessuna utilità. Ora sembra che succedano davvero, e che contengano profondi significati e scopi ben definiti. So che è sciocco, ma dentro di me c’è qualcosa che ha un po’ paura del mago, anche se contemporaneamente so di trovarmi in una posizione privilegiata. Non ho nullada temere perché non ho nulla da perdere, e non può andare peggio di come va adesso”.

Osokin si fa scivolare una mano in tasca e tocca qualcosa di freddo e pesante. Il revolver!L’aveva proprio dimenticato. Sorride ironicamente.

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“Già, le tre strade della favola russa”, pensa fra sé. “Se prendi la prima perdi il cavallo; seimbocchi la seconda, muori; e se prendi la terza, perdi il cavallo e la vita insieme. Quale scegliere?”.

Si alza in piedi e lentamente percorre il viale.Il sole sta sorgendo.“Domani occorre che dia la mia risposta. Non posso aspettare ancora.. Però non so ancora come

risponderò. E’ difficile crede che non posso fare nulla. Ma d’ altronde, che cosa ho fatto finora? Hosoltanto rovinato tutto. Darmi al mago? Mi sembra una cosa strana, e anche vigliacca. Ma forse è proprioquesta l’ illusione più grande. Infatti, non c’è niente di vigliacco nel convincersi e nell’ ammettere difronte a se stessi di non poter fare nulla. Al contrario, se questo è vero, è la cosa più coraggiosa che si possa fare; ma quant’ è difficile crederlo! Se solo potessi vedere Zinaida appena una volta, prima di darela mia risposta! Il mago mi ha detto di prendere tutto il tempo necessario. Forse potrei andare in Crimea.Le cose si possono sempre aggiustare… Be’, domani!”.

Osokin si incammina verso casa.Mosca si sta svegliando. Le campane di tutte le chiese suonano per annunciare la prima messa. I

carri passano cigolando. I dvornik spazzano le strade selciate sollevando nuvole di polvere. Due gatti, unogrigio e l’ altro rosso, sono seduti sul marciapiede l’ uno di fronte all’ altro, con aria assorta, e sembra checonversino fra loro.

Osokin si guarda intorno, e di colpo lo assale una sensazione straordinariamente penetrante: gli

sembra che, se lui non fosse dov’è, tutto sarebbe esattamente lo stesso.

F I N E

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