La Storia e i suoi protagonisti GARIBALDI GIUSEPPE · 2018-04-13 · 1. La giovinezza (1807-1832)...

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GIUSEPPE GARIBALDI La Storia e i suoi protagonisti COLLANA Gruppo Editoriale Esselibri - Simone E S EDIZIONI IMON ® PK 101 S e r i e - i l R i s o r g i m e n t o Estratto della pubblicazione

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Copyright© 2010 Esselibri S.p.A.Via F. Russo 33/D80123 Napoli

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Prima edizione: novembre 2010PK101ISBN 978-244-5576-3

Ristampe8 7 6 5 4 3 2 1 2010 2011 2012 2013

Questo volume è stato stampato pressoPittogramma s.r.l.Via Santa Lucia, 34 - Napoli

Testo a cura di Andrea D’AngeloRedazione: Giovanni Ciotola

Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected]

Grafica e copertina: Giuseppe Ragno

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PREFAZIONE

Il 150º anniversario dell’Unità è un appuntamento che i cittadini, e soprat-tutto i giovani, non devono perdere! Non tanto per celebrare l’Italia, quanto per riscoprire i suoi straordinari protagonisti, uomini che hanno offerto la vita al nostro Paese e che, per «ragioni di Stato», non ci sono stati «raccon-tati» nella loro luce più autentica e genuina.Tra i principali «apostoli» dell’Unità si erge la figura carismatica di Giuseppe Garibaldi, spirito geniale, fiero, leale, fantasioso, generoso, determinato e altruista, che mise al primo posto nella scala dei propri valori l’ideale di servire fedelmente la Patria, anteponendolo a qualsiasi interesse personale.Questo volumetto, redatto in buona parte con il linguaggio e l’entusiasmo di un «ragazzo» che parla ai suoi coetanei, costituisce l’occasione per risco-prire l’animo e le idee di un grande paladino dell’uguaglianza tra gli uomini e tra i popoli.Il pensiero e le azioni del prode condottiero, convinto repubblicano, infatti, sono stati rivisitati e commentati da storiografi filo-monarchici, i quali si sono spesso limitati a «glissare» sul suo orientamento politico, evidenziando in prevalenza i tratti di un eroe popolare, semplice e idealista, straordinario ma ingenuo sognatore.L’immagine di un Garibaldi «egualitario, libertario e socialista» (testimone delle concezioni del filosofo francese Saint-Simon) non è mai stata eviden-ziata nemmeno dalla successiva storiografia cattolico-integralista, che mal sopportava il suo forte anticlericalismo, temendo soprattutto che la visione utopistica dell’«eroe socialista» offrisse pericolosi stimoli ideologici e rivolu-zionari, capaci di coinvolgere le masse.Anche l’odierna classe politica non è in grado di riconoscergli i giusti meriti né tantomeno lo prende a modello, in quanto l’«eroe dei due Mondi», come ricompensa per il suo valore e per i numerosi servigi prestati alla sua terra, poté costruirsi solo una modesta azienda agricola, ricevendo in dono, anche dopo le più sfavillanti vittorie, soltanto qualche misero sacco di sementi!Agli occhi dei nostri attuali governanti, il generale «nizzardo» può addirit-tura apparire una figura pericolosa, un esempio da non seguire per l’umiltà, l’onestà e la sincerità dei suoi sentimenti e per la scelta di vita rurale, integra e castigata che condusse nell’amata Caprera.

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I quattro Padri della Patria in una caricatura d’epoca.A partire dalla sinistra: Cavour, Mazzini, Garibaldi e Vittorio Emanuele II

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INDICE

1. La giovinezza (1807-1832)1.1 Uno spirito vivace, intraprendente e indipendente .............. Pag. 71.2 La navigazione .................................................................................. » 10

2. I primi passi da rivoluzionario (1833-1834)2.1 L’arruolamento nella marina sarda ............................................ » 132.2 In fuga perenne ............................................................................... » 16

3. Nel Nuovo Mondo (1834-1848)3.1 Una prima fase interlocutoria ..................................................... » 183.2 La lotta contro l’Impero del Brasile ........................................... » 203.3 Il periodo di prigionia .................................................................... » 223.4 La guerra contro il Brasile continua .......................................... » 233.5 L’incontro con Anita e la fuga a Montevideo ........................ » 273.6 La guerra d’Indipendenza uruguaiana ...................................... » 283.7 Un mito vivente ............................................................................... » 32

4. Dagli eventi del Quarantotto al nuovo esilio (1848-1853)4.1 L’agognato ritorno .......................................................................... » 364.2 La Prima guerra d’Indipendenza ................................................. » 384.3 La Repubblica Romana .................................................................. » 404.4 Fuga da Roma e morte di Anita.................................................. » 444.5 Di nuovo esule .................................................................................. » 47

5. Il rientro in Italia (1853-1871)5.1 La passione per la natura .............................................................. » 525.2 La Seconda guerra d’Indipendenza ............................................ » 545.3 La Spedizione dei Mille .................................................................. » 585.4 Il solitario rifugio di Caprera ....................................................... » 685.5 La mancata liberazione di Roma ................................................ » 705.6 La Terza guerra d’Indipendenza .................................................. » 735.7 La questione romana e le campagne in Francia .................... » 75

6. Gli ultimi anni (1872-1882)6.1 Alle soglie della povertà ................................................................ » 816.2 La morte ............................................................................................. » 82

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Carta astrale .................................................................................................. Pag. 85

Analisi grafologica ....................................................................................... » 86

La Spedizione dei Mille vista da Marx ed Engels ............................ » 89

L’incontro di Teano raccontato da un garibaldino .......................... » 90

Lettera di Vittorio Emanuele a Cavour: la «faccenda Garibaldi» .... » 92

L’eroe dei due Mondi sulle pagine dell’«Arlecchino» ..................... » 93

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1. La giovinezza (1807-1832)

1.1 Uno spirito vivace, intraprendente e indipendente

Giuseppe Garibaldi è considerato, assieme a Mazzini, Vittorio Emanuele II e Cavour, uno dei padri della Patria. Nacque a Nizza nel 1807, da Domenico Garibaldi e Rosa Raimondo. Il nonno paterno, Angelo, si era stabilito nella città, che dal 1770 era capoluogo napoleonico delle Alpi Marittime, crescen-do tutti i suoi figli o come armatori o come marinai.Il piccolo Giuseppe si segnalò subito per la particolare bellezza del viso, adornato da capelli biondo-oro e da occhi vispi e intelligenti, che già sem-bravano lanciare faville.

Il futuro «eroe dei due Mondi» visse i suoi primi anni in un’atmosfera bor-ghese, con il padre che s’affannava laboriosamente a sbarcare il lunario commerciando nei vari porti del Mediterraneo e con la madre intenta nelle faccende domestiche.La madre, Rosa, era una donna nota nell’ambiente nizzardo per il suo gran cuore e per le azioni umanitarie in favore dei poveri e degli infermi, atti che erano il risultato di una pietà religiosa sincera e priva di bigottismo; per

Casa natìa di Garibaldi a Nizza

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quei tempi era una donna in un certo senso «audace», interessata oltre che ai «fornelli» anche alle belle lettere e agli eventi storico-culturali.Rosa si rese conto ben presto che Giuseppe era il più vivace dei suoi cinque figli, ma, volendogli evitare la rischiosa e modesta carriera di marinaio, cercò di farne un prete. Il caso di Garibaldi non era l’unico: il giovane condivideva con altri suoi coetanei (tra cui Cesare Parodi, Raffaele de Andreis e Celestino Berman) questa situazione, dettata dalla paura delle madri di Nizza di veder arruolati i propri figli nelle fila napoleoniche, con il rischio di poterli perde-re. Ma era un progetto praticamente impossibile: come poter «imbrigliare» nella tonaca ecclesiale un ragazzino che, appena fu in grado di camminare, si lanciava verso il porto e si rotolava nella sabbia fra gli sguardi divertiti dei pescatori; che si arrampicava velocissimo sulle sartie per poi lasciarsi cadere dai cordami (una mossa atletica che in futuro gli risulterà utilissima!); che passava più tempo a nuotare che in casa con i libri, e che, in definitiva, mo-strava una forza fisica e un coraggio decisamente fuori dal comune?

CURIOSITÀ

Il «marinaio salvatutti»Fin da bambino Garibaldi fu animato da un chiaro ideale di giustizia e di soli-darietà (ereditati dalla madre), che in quella tenera età si manifestava nell’insof-ferenza ad assistere a qualunque forma di violenza rivolta ad animali o persone che non potevano difendersi: con la sua piccola mole, infatti, era sempre pronto a soccorrere i deboli e gli oppressi!La sua prima «nobile» impresa accertata fu l’aver salvato, a 8 anni, una lavandaia di Nizza che stava per affogare; un’azione che avrebbe ripetuto a 13 anni, met-tendo in salvo, letteralmente da solo, alcuni suoi amici finiti in mare dopo esser caduti da una barca. E non sarebbero mancati altri salvataggi! A 27 anni, mentre si trovava (ricercato dalla polizia dei Savoia!) a bordo di un bastimento, l’Unione, sentì un tonfo nell’acqua e vide un ragazzo che stava annegando, senza possibilità di essere a breve aiutato; Garibaldi, benché vestisse abiti eleganti, non esitò a tuffarsi dal ponte della nave, raggiunse il malcapitato e lo riportò a bordo tra gli applausi dei passeggeri e del comandante.

Nelle Memorie si legge:

Un giorno m’imbarcai da secondo a bordo dell’Unione, capitano Francesco Gazan. Mi trovavo, verso sera, nella camera del bastimento, vestito di gala, per scendere a cena. Udendo un rumore nell’acqua, mi affacciai con il capitano da entrambi i balconi.Un individuo stava annegando sotto la poppa e distante da ogni soccorso. Io mi lanciai in acqua, e con molta fortuna salvai l’infelice: spettatrice un’immensa popolazione plaudente.Il salvato era Giuseppe Rambano, giovane di 14 anni.

CURIOSITÀ

Il «marinaio salvatutti»Fin da bambino Garibaldi fu animato da un chiaro ideale di giustizia e di soli-darietà (ereditati dalla madre), che in quella tenera età si manifestava nell’insof-ferenza ad assistere a qualunque forma di violenza rivolta ad animali o personeche non potevano difendersi: con la sua piccola mole, infatti, era sempre pronto a soccorrere i deboli e gli oppressi!La sua prima «nobile» impresa accertata fu l’aver salvato, a 8 anni, una lavandaia di Nizza che stava per affogare; un’azione che avrebbe ripetuto a 13 anni, met-tendo in salvo, letteralmente da solo, alcuni suoi amici finiti in mare dopo esser caduti da una barca. E non sarebbero mancati altri salvataggi! A 27 anni, mentre si trovava (ricercato dalla polizia dei Savoia!) a bordo di un bastimento, l’Unione, sentì un tonfo nell’acqua e vide un ragazzo che stava annegando, senza possibilità di essere a breve aiutato; Garibaldi, benché vestisse abiti eleganti, non esitò a tuffarsi dal ponte della nave, raggiunse il malcapitato e lo riportò a bordo tra gli applausi dei passeggeri e del comandante.

Nelle Memorie si legge:

Un giorno m’imbarcai da secondo a bordo dell’Unione, capitano Francesco Gazan. Mi trovavo, verso sera, nella camera del bastimento, vestito di gala, per scendere a cena. Udendo un rumore nell’acqua, mi affacciai con il capitano da entrambi i balconi.Un individuo stava annegando sotto la poppa e distante da ogni soccorso. Io mi lanciai in acqua, e con molta fortuna salvai l’infelice: spettatrice un’immensa popolazione plaudente.Il salvato era Giuseppe Rambano, giovane di 14 anni.

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Ebbi la guancia bagnata dalle lacrime di gratitudine di una madre, e le benedi-zioni di una famiglia intera.

Dieci anni dopo, nel 1844, mentre si trovava a Montevideo, in Uruguay, per com-battere per l’indipendenza di quella regione dall’Argentina e dall’Impero del Bra-sile, Garibaldi fu testimone di una terribile tempesta, che mise in serio pericolo tutto il Rio de la Plata. Una goletta aveva perso due delle tre àncore che la tene-vano salda nella rada e la terza stava per cedere, lasciando così l’imbarcazione in preda ai marosi.Garibaldi, assieme a 6 marinai fidati, si lanciò su una scialuppa e portò subito un’altra àncora più robusta a bordo della nave, che sarebbe certamente colata a picco senza un tale soccorso tempestivo.

Il giovane Garibaldi iniziò ben presto ad amare Nizza in tutto e per tutto. Imparò a maneggiare lo schioppo e non perse tempo: appena poteva fuggire dalle odiate lezioni scolastiche e dalle prediche di Don Giaccone si precipi-tava alle falde del Monborone1 per cacciare le pernici.Adorava anche la pesca delle sarde ed era onnipresente all’apertura della stagione di pesca del tonno nella vicina città di Villafranca.Lo sconfinato desiderio di libertà e di giustizia che ardeva in lui era ali-mentato dalla contemplazione del bellissimo scenario della sua città natale: Nizza sembrava riposare in un meraviglioso anfiteatro naturale, circondata da boschetti di aranci, ulivi, palme, fichi, mandorli e cedri; le ville erano adornate da belle siepi di cactus, aloe, gerani e rose, e la città era sempre fiorita, anche durante i mesi invernali. Proprio grazie all’attaccamento a Nizza, Garibaldi si ritenne sempre e comunque un «italiano».

LUOGHI

Nizza, città dal cuore latinoFin da giovanissimo Garibaldi amava raccontare ad amici e conoscenti la storia di Nizza, facendo loro da vera e propria guida turistica, conducendoli attraverso ogni strada, fin sui bastioni del castello.Dichiarò sempre che Nizza era «italianissima» e, come prova di ciò, ricordava la sua storia e le tante guerre che i concittadini avevano intrapreso contro la tirannia dei Francesi.Nell’antichità fedele alleata dei Romani, Nizza si rifiutò di aiutare Annibale al tempo della sua discesa in Italia.Fu sempre un Comune fiero della sua indipendenza e mal sopportò i pur brevi domini dei re di Borgogna e dei conti di Provenza, alleandosi, per difendersi, a più

1. Il Monborone è un colle della Liguria: alto all’incirca 400 metri, sorge tra Nizza marittima e Villafranca.

LUOGHI

Nizza, città dal cuore latinoFin da giovanissimo Garibaldi amava raccontare ad amici e conoscenti la storia di Nizza, facendo loro da vera e propria guida turistica, conducendoli attraverso ogni strada, fin sui bastioni del castello.Dichiarò sempre che Nizza era «italianissima» e, come prova di ciò, ricordava la sua storia e le tante guerre che i concittadini avevano intrapreso contro la tirannia dei Francesi.Nell’antichità fedele alleata dei Romani, Nizza si rifiutò di aiutare Annibale al tempo della sua discesa in Italia.Fu sempre un Comune fiero della sua indipendenza e mal sopportò i pur brevi domini dei re di Borgogna e dei conti di Provenza, alleandosi, per difendersi, a più

Ebbi la guancia bagnata dalle lacrime di gratitudine di una madre, e le benedi-zioni di una famiglia intera.

Dieci anni dopo, nel 1844, mentre si trovava a Montevideo, in Uruguay, per com-battere per l’indipendenza di quella regione dall’Argentina e dall’Impero del Bra-sile, Garibaldi fu testimone di una terribile tempesta, che mise in serio pericolo tutto il Rio de la Plata. Una goletta aveva perso due delle tre àncore che la tene-vano salda nella rada e la terza stava per cedere, lasciando così l’imbarcazione in preda ai marosi.Garibaldi, assieme a 6 marinai fidati, si lanciò su una scialuppa e portò subitoun’altra àncora più robusta a bordo della nave, che sarebbe certamente colata a picco senza un tale soccorso tempestivo.

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riprese con le Repubbliche di Genova e di Pisa. Per non cadere in mano ai Francesi, fin dal 1388 Nizza si legò ai duchi di Savoia, mettendosi sotto la loro protezione, ma giurando orgogliosamente che i suoi cittadini sarebbero scesi in armi qualora il duca avesse cercato di cederla a qualche potenza straniera.La più grande prova di patriottismo ebbe luogo nel 1542, quando il re di Francia Francesco I, nei suoi ripetuti tentativi di contrastare l’eterno nemico Carlo V (im-peratore di Spagna e d’Austria), si alleò con i Turchi e tentò di espugnare Nizza; quest’ultima, all’epoca, era sotto il dominio del duca di Savoia Carlo III (zio del re di Francia), il quale s’era avvicinato a Carlo V grazie ad un matrimonio politico.Nizza, dunque, rappresentava una conquista importante per i Francesi, che per cat-turarla erano giunti a coalizzarsi persino con gli infedeli; ma la città resistette stre-nuamente, con uomini, donne e bambini che combatterono, pare, anche scagliando contro il nemico pietre e vasellame. La resistenza vittoriosa dei nizzardi si svolse tra il 14 e il 15 agosto, e Garibaldi considerò sempre quella data come la «vera festa del 15 agosto», per distinguerla da quella promossa da Napoleone2. Dove fallì Francesco I riuscì, invece, Luigi XIV, detto il Re Sole, anche se mantenne il dominio su Nizza solo per pochi anni (dal 1691 al 1699), restituendola poi nuovamente ai duchi savoiardi.Divenuta parte dell’Impero napoleonico, la città costiera fu restituita ai Savoia con il Congresso di Vienna (1815), quando Garibaldi aveva 8 anni e Mazzini all’incirca 10; ma lo sdegno dell’eroe dei due Mondi fu incontenibile quando nel 1860 Ca-vour cedette Nizza ai Francesi, in seguito agli Accordi di Plombières (1859) e al Trattato di Torino (1860), per l’appoggio militare che Napoleone III aveva fornito all’Italia nella Seconda guerra di Indipendenza contro l’Austria.

1.2 La navigazione

In casa Garibaldi, frattanto, don Giaccone non faceva che predicare sul do-vere di un cittadino modello verso il suo sovrano e sugli obblighi di ogni buon cristiano, ma il giovane Giuseppe leggeva attentamente anche le let-tere che giungevano dagli Stati Uniti, dove il fratello maggiore Angelo si era stabilito per commerciare nella zona di New York e, successivamente, di Philadelphia: queste lettere vibravano di esortazioni all’amor di Patria e al sacrificio verso di essa.Compiuti i 14 anni Garibaldi seppe che l’astro di un grande protagonista della storia era appena tramontato: Napoleone era morto a Sant’Elena. Per pochi istanti si era profilato il disegno di un’Italia una e indivisibile sotto il comando del Bonaparte, ma la Santa Alleanza (formata dalle grandi potenze europee) fu in grado di sventare questo pericolo per la Restaurazione post-napoleonica.

2. Napoleone, che usava – come un tempo i grandi imperatori romani – la religione a fini po-litici, s’interessò affinché il suo nome fosse collegato a quello di Neopolus, un martire cristia-no caduto durante le persecuzioni di Diocleziano (IV sec. d.C.), contribuendo, così, anche al culto della persona e della sua stirpe. Il 15 agosto fu proclamata, in questo modo, la festa di «San Napoleone» e sempre il 15 agosto il generale còrso fece edificare il suo Arco di Trionfo.

riprese con le Repubbliche di Genova e di Pisa. Per non cadere in mano ai Francesi, fin dal 1388 Nizza si legò ai duchi di Savoia, mettendosi sotto la loro protezione, ma giurando orgogliosamente che i suoi cittadini sarebbero scesi in armi qualora il duca avesse cercato di cederla a qualche potenza straniera.La più grande prova di patriottismo ebbe luogo nel 1542, quando il re di Francia Francesco I, nei suoi ripetuti tentativi di contrastare l’eterno nemico Carlo V (imV -peratore di Spagna e d’Austria), si alleò con i Turchi e tentò di espugnare Nizza; quest’ultima, all’epoca, era sotto il dominio del duca di Savoia Carlo III (zio del re di Francia), il quale s’era avvicinato a Carlo V grazie ad un matrimonio politico.Nizza, dunque, rappresentava una conquista importante per i Francesi, che per cat-turarla erano giunti a coalizzarsi persino con gli infedeli; ma la città resistette stre-nuamente, con uomini, donne e bambini che combatterono, pare, anche scagliando contro il nemico pietre e vasellame. La resistenza vittoriosa dei nizzardi si svolse tra il 14 e il 15 agosto, e Garibaldi considerò sempre quella data come la «vera festa del 15 agosto», per distinguerla da quella promossa da Napoleone2. Dove fallì Francesco I riuscì, invece, Luigi XIV, detto il Re Sole, anche se mantenne il dominio su Nizza solo per pochi anni (dal 1691 al 1699), restituendola poi nuovamente ai duchi savoiardi.Divenuta parte dell’Impero napoleonico, la città costiera fu restituita ai Savoia conil Congresso di Vienna (1815), quando Garibaldi aveva 8 anni e Mazzini all’incirca 10; ma lo sdegno dell’eroe dei due Mondi fu incontenibile quando nel 1860 Ca-vour cedette Nizza ai Francesi, in seguito agli Accordi di Plombières (1859) e al Trattato di Torino (1860), per l’appoggio militare che Napoleone III aveva fornito all’Italia nella Seconda guerra di Indipendenza contro l’Austria.

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L’aria di casa si faceva irrespirabile, così un bel giorno Garibaldi e tre suoi compagni, senza dir nulla alle rispettive famiglie, salparono alla volta di Genova per imbarcarsi come mozzi; Garibaldi addirittura accarezzava il pro-posito, più tardi effettivamente realizzato, di raggiungere oltreoceano il fra-tello Angelo, colui che lo aveva tanto ispirato. Ma il tentativo di fuga venne scoperto e i giovani fuggiaschi dovettero far ritorno a Nizza.L’umiliazione non durò a lungo e il giovane Giuseppe vide coronata la sua insistenza, riuscendo finalmente a intraprendere il suo primo viaggio come mozzo a bordo di una vera nave: la Costanza.

CURIOSITÀ

L’esordio di un giovane mozzoL’«eroe dei due Mondi» meriterebbe anche un altro appellativo, quello di «eroe di terra e di mare». Garibaldi, infatti, portò a compimento le sue avventurose impre-se dappertutto, mettendo alla prova le sue capacità strategiche per la prima volta proprio sulle onde del mare. I bastimenti, l’odore salmastro delle cime, il legno scricchiolante del ponte e l’ondeggiare delle vele al vento esercitavano un fascino incredibile su di lui. La prima imbarcazione su cui salì, la Costanza, capitanata da un amico del padre, il capitano Pesante, fu un vero e proprio amore a prima vista, a giudicare dalle parole dello stesso condottiero:

Com’eri bella, o Costanza! Con te dovevo solcare il mare per la prima volta!Gli ampi tuoi fianchi, la snella tua alberatura, la spaziosa tua coperta e persino il pettoruto tuo busto di donna3 resteranno per sempre impressi nella mia mente. Come si dondolavano graziosamente i tuoi marinari Sanremesi […]. Essi cantava-no d’amore, altro non ci si insegnava allora, eppure mi intenerivano, mi inebria-vano. Mi avrebbero esaltato, cantando di patria, d’Italia! Ma chi aveva detto loro esservi un’Italia, una patria da vendicare e da redimere? […]

Da questo momento per l’eroe iniziò una movimentata serie di viaggi in mare che ne forgiò il carattere: una prima volta con il padre sulla Santa Riparata, una tartana4 diretta a Civitavecchia; successivamente sull’Enea, un brigantino5 con cui andò a Cagliari. Erano, in linea di massima, viaggi di piccolo cabotaggio6.

3. Ci si riferisce alla polena, statua femminile posta sotto la prua dei vascelli.4. La tartana è un’imbarcazione leggera con un solo albero, lunga circa 16-20 metri, che fin dal Medioevo solcava le acque di tutto il Mediterraneo.5. Il brigantino è un veliero molto snello, agile e veloce, dotato di due alberi e di una notevole velatura.6. Per cabotaggio s’intende un viaggio per mare non lontano dalla costa, intrapreso a scopi quasi sempre commerciali. Il termine deriva da Giovanni Caboto, il navigatore italiano che, usando que-sta tecnica, portò avanti le esplorazioni iniziate da Colombo, giungendo così a scoprire il Canada.

CURIOSITÀ

L’esordio di un giovane mozzoL’«eroe dei due Mondi» meriterebbe anche un altro appellativo, quello di «eroe di terra e di mare». Garibaldi, infatti, portò a compimento le sue avventurose impre-se dappertutto, mettendo alla prova le sue capacità strategiche per la prima volta proprio sulle onde del mare. I bastimenti, l’odore salmastro delle cime, il legnoscricchiolante del ponte e l’ondeggiare delle vele al vento esercitavano un fascinoincredibile su di lui. La prima imbarcazione su cui salì, la Costanza, capitanata da un amico del padre, il capitano Pesante, fu un vero e proprio amore a prima vista, a giudicare dalle parole dello stesso condottiero:

Com’eri bella, o Costanza! Con te dovevo solcare il mare per la prima volta!Gli ampi tuoi fianchi, la snella tua alberatura, la spaziosa tua coperta e persino il pettoruto tuo busto di donna3 resteranno per sempre impressi nella mia mente. Come si dondolavano graziosamente i tuoi marinari Sanremesi […]. Essi cantava-no d’amore, altro non ci si insegnava allora, eppure mi intenerivano, mi inebria-vano. Mi avrebbero esaltato, cantando di patria, d’Italia! Ma chi aveva detto loro esservi un’Italia, una patria da vendicare e da redimere? […]

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Nel 1827, però, Garibaldi poté finalmente veleggiare lontano, verso l’Orien-te, a bordo della nave Cortese. Sfortunatamente l’imbarcazione fu attaccata dai pirati turchi e l’equipaggio spogliato di tutti i suoi averi; il futuro con-dottiero anche in quell’occasione diede prova del suo coraggio indomito e di quello sprezzo del pericolo che l’avrebbero reso celebre.Nonostante avesse subito tale pesante abbordaggio, la Cortese riuscì ad approdare a Costantinopoli, ove Garibaldi passò i successivi cinque anni,

venendo a contatto con una famiglia di esuli italiani, i Colosso, al servizio del Sul-tano. In quel periodo l’Impe-ro Ottomano lottava contro la Russia per la questione dell’indipendenza greca. Il ventitreenne marinaio im-mediatamente si innamorò della causa e gli si prospettò la possibilità di poter riscat-tare l’Italia cominciando a combattere all’estero.A Costantinopoli riuscì a guadagnarsi la patente di capitano di seconda clas-se e a salpare con un altro bastimento, la Clorinda, per il Mar Nero; fu nuovamen-te attaccato dai pirati, ma stavolta riuscì a respingerli grazie all’organizzazione del suo equipaggio.Dopo un breve soggiorno a Nizza il nostro instancabile capitano ripartì per Costan-

tinopoli; a bordo ospitò Emile Barrault, insegnante di retorica e seguace del-le dottrine politiche del grande pensatore socialista francese Saint-Simon7: Garibaldi fu subito affascinato dalle concezioni egualitarie del filosofo, che

7. Saint-Simon è considerato il fondatore del socialismo francese. Teorico della «filosofia positiva» e di un approccio scientifico ai problemi sociali e politici, mirò all’avvento di una nuova società orientata a migliorare le condizioni del proletariato. Alla sua morte si sviluppò un movimento politico-religioso, basato sulle sue idee, che va sotto il nome di sansimoni-smo: era definito da Marx «socialismo utopistico».

E.M. Milão, Ritratto di Garibaldi marinaio, 1883

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lo accompagneranno per tutta la vita. Ma a infiammarlo successivamente furono le idee di Mazzini (che il nostro eroe non aveva an-cora avuto modo d’incontrare), conosciute di lì a poco a seguito della frequentazione di un affiliato alla Giovine Italia che Garibal-di incrociò casualmente in una locanda nel-la città di Taganrog, importante porto russo sul Mar d’Azov (Mar Nero settentrionale). Fu quest’evento che lo porterà a legarsi indisso-lubilmente a Mazzini: i due massimi protago-nisti del Risorgimento italiano si conobbero a Marsiglia nel 1833.

2. I primi passi da rivoluzionario (1833-1834)

2.1 L’arruolamento nella marina sarda

Le esperienze e i viaggi in mare portarono Garibaldi a contatto con numero-si esuli italiani e francesi che accrebbero il suo già forte sentimento di amor patrio e gli indicarono la strada da seguire nella sua vita: combattere per la libertà non solo degli Italiani, ma di tutti i popoli oppressi.Da questo momento in poi il condottiero decise di servire per sempre la causa rivoluzionaria.

CURIOSITÀ

Un comandante silenzioso e carismaticoFin da giovane la figura di Garibaldi non corrispose mai a quella del comune cospi-ratore. Il nizzardo era taciturno, amante della vita solitaria, ma nonostante questo capace di farsi obbedire da tutti perché, tranne che nei casi di estremo pericolo (come il momento decisivo di una battaglia), non urlava né sembrava imporsi con la forza, ma si limitava a dare consigli, accennando in sequenza alle mosse future da compiere. Questi «consigli» erano talmente sensati e appropriati alle circostanze che quasi sempre venivano accolti con entusiasmo, facendo crescere così il suo carisma: Garibaldi veniva, in pratica, obbedito per istinto!Un’aura quasi sacrale lo investì per tutta la vita e specialmente da vecchio, quando divenne il simbolo della Nazione. Questi tratti peculiari del suo carattere gli con-sentivano di esercitare un potere quasi «sciamanico» sul popolo.

CURIOSITÀ

Un comandante silenzioso e carismaticoFin da giovane la figura di Garibaldi non corrispose mai a quella del comune cospi-ratore. Il nizzardo era taciturno, amante della vita solitaria, ma nonostante questo capace di farsi obbedire da tutti perché, tranne che nei casi di estremo pericolo(come il momento decisivo di una battaglia), non urlava né sembrava imporsi con la forza, ma si limitava a dare consigli, accennando in sequenza alle mosse future da compiere. Questi «consigli» erano talmente sensati e appropriati alle circostanze che quasi sempre venivano accolti con entusiasmo, facendo crescere così il suocarisma: Garibaldi veniva, in pratica, obbedito per istinto!Un’aura quasi sacrale lo investì per tutta la vita e specialmente da vecchio, quando divenne il simbolo della Nazione. Questi tratti peculiari del suo carattere gli con-sentivano di esercitare un potere quasi «sciamanico» sul popolo.

Ritratto di Claude-Henry de Rouvroy,duca di Saint-Simon

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Garibaldi concluse la sua esperienza di marinaio in Oriente nel 1833.Quando sbarcò a Marsiglia trovò in Mazzini, che da poco aveva fondato la Giovine Italia, il suo ispiratore. Eppure il rivoluzionario genovese era di-versissimo da lui, più abituato a maneggiare la spada che il calamaio, ma era permeato di un amor patrio pari al suo! Alla stessa tavola, pertanto, si sedettero un giovane marinaio biondo e in forze e uno studente gracile e pallido, ma altrettanto risoluto nei suoi propositi.

Silografia di E. Matania, Il primo incontro tra Garibaldi e Mazzini

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Poco ci volle, dunque, per «arruolare» il navigatore nizzardo nei ranghi della Giovine Italia: l’eroe si iscrisse con il nome di Borel.

APPROFONDIMENTO

L’inno all’ItaliaNelle orecchie di Garibaldi risuonava l’ode di Berchet, scelta come inno della so-cietà mazziniana:

Dall’Alpi allo Stretto fratelli siam tutti!Su i limiti schiusi, su i troni distruttiPiantiamo i comuni tre nostri color!Il verde, la speme tant’anni pasciuta;Il rosso, la gioia d’averla compiuta;Il bianco, la fede fraterna d’amor.Su Italia! Su, in armi! Venuto è il tuo dì!Dei re congiurati la tresca finì!

Frontespizio del primo numero del periodico«La Giovine Italia», stampato nel 1832 a Marsiglia

come organo dell’omonima associazione mazziniana

APPROFONDIMENTO

L’inno all’ItaliaNelle orecchie di Garibaldi risuonava l’ode di Berchet, scelta come inno della so-cietà mazziniana:

Dall’Alpi allo Stretto fratelli siam tutti!Su i limiti schiusi, su i troni distruttiPiantiamo i comuni tre nostri color!Il verde, la speme tant’anni pasciuta;Il rosso, la gioia d’averla compiuta;Il bianco, la fede fraterna d’amor.Su Italia! Su, in armi! Venuto è il tuo dì!Dei re congiurati la tresca finì!

Estratto della pubblicazione

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Mentre Mazzini riparava in Svizzera e da lì organizzava una colonna di vo-lontari patrioti per invadere il Piemonte, Garibaldi cominciava il «suo» Ri-sorgimento in veste di «spia nemica», arruolandosi come marinaio di terza classe nella marina sarda, sotto lo pseudonimo di Cleombroto8.

Il fatto che l’arruolamento avesse fini sovversivi si evince da una riga conte-nuta nella matricola, che dice: imbarcato sul Des-Geneys il 3 febbraio 1834, assentatosi senza licenza dalla suddetta fregata regia il 4 febbraio 1834. Il Des-Geneys era una nave, in partenza per il Brasile, su cui le autorità sabau-de avevano forzatamente arruolato Garibaldi, il quale, salito sul vascello, non aveva perso tempo nel fare propaganda rivoluzionaria tra i marinai; ma dopo un solo giorno l’eroe fuggì da quella assurda prigione!

2.2 In fuga perenne

A quel tempo Garibaldi escogitò un piano per conquistare la caserma dei ca-rabinieri di Piazza Sarzana, ma, avendo letto sulla «Gazzetta di Genova» del fallimento del tentativo mazziniano, fu costretto ad abbandonare l’ardita impresa, fuggendo travestito da contadino a Nizza, per fare anche un’ultima visita alla famiglia, prima di scappare definitivamente.Ben presto, comunque, raggiunse ancora Marsiglia, sotto il falso nome di Giuseppe Pane. Il nostro eroe era ormai ufficialmente «marchiato» come «fuorilegge» e ricercato dalla polizia regia di Carlo Alberto. Su di lui, come su altri amici (tra loro il concittadino Edoardo Mutru), pendeva una con-danna a morte in contumacia.

8. Il nome Cleombroto si rifaceva a quello dell’eroe tebano, fratello gemello di Epaminonda, che assieme a Pelopida lottò contro Sparta durante il IV secolo a.C.

Matricola del marinaio Giuseppe Garibaldi (Cleombroto), La Spezia, Museo Navale

Estratto della pubblicazione

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DOCUMENTI

Ricercato dalla poliziaLa sentenza contro Garibaldi era indirizzata anche a una serie di suoi compagni e conoscenti, che abitavano tutti nella zona di Genova e di Nizza Marittima. Il condottiero lesse con un fremito la notizia sul periodico francese «Peuple de Mar-seille», anche se la condanna era stata pubblicata ancora prima sulla «Gazzetta Piemontese»:

Genova, 14 giugno. SENTENZA. Il Consiglio di Guerra Divisionario, sedente in Ge-nova, convocato d’ordine di S.E. il sig. Governatore Comandante generale della Divisione.

H. Fernet, Carlo Alberto re di Sardegna, 1834, Torino, Galleria Sabauda

DOCUMENTI

Ricercato dalla poliziaLa sentenza contro Garibaldi era indirizzata anche a una serie di suoi compagni e conoscenti, che abitavano tutti nella zona di Genova e di Nizza Marittima. Il condottiero lesse con un fremito la notizia sul periodico francese «Peuple de Mar-seille», anche se la condanna era stata pubblicata ancora prima sulla «Gazzetta Piemontese»:

Genova, 14 giugno. SENTENZA. Il Consiglio di Guerra Divisionario, sedente in Ge-nova, convocato d’ordine di S.E. il sig. Governatore Comandante generale della Divisione.

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Nella causa del Regio Fisco Militare contro Mutru Edoardo del vivente Giovanni, d’anni 24, nativo di Nizza Marittima, marinaro di 3ª classe al R. Servizio. – Canepa Giuseppe Baldassare del fu Giovanni Battista, d’anni 34, nato e domiciliato in Genova, commesso in commercio, sotto-caporale provinciale nel 1° reggimento Savona. – Parodi Enrico del vivente Giovanni, d’anni 28, marinaro mercantile, nato e domiciliato in Genova. – Deluz Giuseppe, detto Dall’Orso, del fu France-sco, d’anni 30, nato a Praia dell’isola di Terzeira (Portogallo), marinaro mercantile di passaggio in Genova. – Canale Filippo del vivente Stefano, d’anni 17, nato e domiciliato in Genova, lavorante libraio. – Crovo Giovanni Andrea del vivente Giovanni Agostino, d’anni 36, nativo di Caruglia (Chiavari) e domiciliato in Geno-va, sostituito segretario del tribunale di Prefettura. – Garibaldi Giuseppe Maria del vivente Domenico, d’anni 26, nativo di Nizza Marittima, capitano marittimo mercantile e marinaro di 3ª classe al R. Servizio. – Caorsi Giovanni Battista del fu Antonio, detto il figlio di Tognella, d’anni 30 circa, abitante in Genova. – Ma-scarelli Vittore del vivente Andrea, d’anni 24 circa, capitano marittimo mercanti-le, dimorante nella città di Nizza.I primi sei detenuti e gli altri contumaci, inquisiti di alto tradimento militare; cioè: – il Garibaldi, il Mascarelli e il Caorsi di essere stati i motori di una cospi-razione ordita in questa città nei mesi di gennaio e febbraio ultimi scorsi, ten-dente a fare insorgere le Regie Truppe, ed a sconvolgere l’attuale Governo di Sua Maestà; – di avere il Garibaldi e il Mascarelli tentato, con lusinghe e somme di denaro effettivamente sborsate, d’indurre a farne pur parte alcuni bassi ufficiali del Corpo Reale di Artiglieria […].Udita la relazione degli atti, gli inquisiti presenti nelle loro rispettive risposte, il Regio Fisco nelle sue conclusioni […] ha pronunciato doversi condannare in con-tumacia i nominati Garibaldi Giuseppe Maria, Mascarelli Vittore e Caorsi Giovanni Battista alla pena di morte ignominiosa, dichiarandoli esposti alla pubblica ven-detta come nemici della Patria e dello Stato, ed incorsi in tutte le pene e pregiudizi imposti dalle Regie Leggi contro i banditi di primo catalogo, in cui manda gli stessi descriversi.

(dalla «Gazzetta Piemontese», n. 72, 17-6-1834)

3. Nel Nuovo Mondo (1834-1848)

3.1 Una prima fase interlocutoria

Compresa l’impossibilità di mettersi al servizio della Patria, in un momento critico per la sua esistenza, Garibaldi decise che avrebbe esercitato nel frat-tempo la sua «professione di promotore della libertà dei popoli» in un altro luogo, lontano dalle grinfie dei preti e della Santa Alleanza.

Nella causa del Regio Fisco Militare contro Mutru Edoardo del vivente Giovanni, d’anni 24, nativo di Nizza Marittima, marinaro di 3ª classe al R. Servizio. – Canepa Giuseppe Baldassare del fu Giovanni Battista, d’anni 34, nato e domiciliato in Genova, commesso in commercio, sotto-caporale provinciale nel 1° reggimento Savona. – Parodi Enrico del vivente Giovanni, d’anni 28, marinaro mercantile, nato e domiciliato in Genova. – Deluz Giuseppe, detto Dall’Orso, del fu France-sco, d’anni 30, nato a Praia dell’isola di Terzeira (Portogallo), marinaro mercantile di passaggio in Genova. – Canale Filippo del vivente Stefano, d’anni 17, nato e domiciliato in Genova, lavorante libraio. – Crovo Giovanni Andrea del vivente Giovanni Agostino, d’anni 36, nativo di Caruglia (Chiavari) e domiciliato in Geno-va, sostituito segretario del tribunale di Prefettura. – Garibaldi Giuseppe Maria del vivente Domenico, d’anni 26, nativo di Nizza Marittima, capitano marittimo mercantile e marinaro di 3ª classe al R. Servizio. – Caorsi Giovanni Battista del fu Antonio, detto il figlio di Tognella, d’anni 30 circa, abitante in Genova. – Ma-scarelli Vittore del vivente Andrea, d’anni 24 circa, capitano marittimo mercanti-le, dimorante nella città di Nizza.I primi sei detenuti e gli altri contumaci, inquisiti di alto tradimento militare; cioè: – il Garibaldi, il Mascarelli e il Caorsi di essere stati i motori di una cospi-razione ordita in questa città nei mesi di gennaio e febbraio ultimi scorsi, ten-dente a fare insorgere le Regie Truppe, ed a sconvolgere l’attuale Governo di Sua Maestà; – di avere il Garibaldi e il Mascarelli tentato, con lusinghe e somme di denaro effettivamente sborsate, d’indurre a farne pur parte alcuni bassi ufficiali del Corpo Reale di Artiglieria […].Udita la relazione degli atti, gli inquisiti presenti nelle loro rispettive risposte, il Regio Fisco nelle sue conclusioni […] ha pronunciato doversi condannare in con-tumacia i nominati Garibaldi Giuseppe Maria, Mascarelli Vittore e Caorsi Giovanni Battista alla pena di morte ignominiosa, dichiarandoli esposti alla pubblica ven-detta come nemici della Patria e dello Stato, ed incorsi in tutte le pene e pregiudizi imposti dalle Regie Leggi contro i banditi di primo catalogo, in cui manda gli stessi descriversi.

(dalla «Gazzetta Piemontese», n. 72, 17-6-1834)

Estratto della pubblicazione

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S’imbarcò dunque a Marsiglia, a bordo della Nautonnier, in direzione del Sudamerica. Anche a quelle latitudini si poteva difendere l’irrinunciabile diritto alla libertà!

Il condottiero si stabilì per un po’ nel porto di Rio de Janeiro a contemplare la natura, molto diversa da quella della sua Nizza ed enormemente più bella di quella delle coste africane e asiatiche che aveva conosciuto durante i precedenti viaggi di mare.Tale sosta durò poche giornate: la sua missione in questo momento era quella di servire l’Italia da lontano e di diffondere il credo mazziniano, così si mise in contatto con il gruppo sudamericano della Giovine Italia e ne divenne, seduta stante, presidente.Fece persino costruire una nave-bastimento che portava il nome Mazzini e stampare più di duecento copie della celebre lettera del grande patriota genovese indirizzata a Carlo Alberto.Per mantenersi il capitano Garibaldi, frattanto, compì viaggi di breve cabo-taggio tra Rio de Janeiro e Capo Frio: in questi anni di esilio dall’Europa nella sua mente si alternarono vorticosamente propositi patriottici e iniziative commerciali.

Garibaldi mercante di buoi

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DOCUMENTI

Mercante e patriotaAlcune lettere scritte da Garibaldi al compatriota ligure G.B. Cuneo9, durante i primi anni in America Latina, mostrano come l’idea di un futuro ritorno in Italia non fu mai abbandonata; per lui, anzi, rappresentava un’autentica ossessione.La missiva che riportiamo mostra come il mezzadro si sentisse demotivato dalla «tranquilla» vita di commerciante e quanto desiderasse tornare all’azione.

I nostri viaggi non furono sfortunati, ma nemmeno lucrosi. Il motivo principale proviene dalla nostra fiducia in gente che credemmo amica e che non incontram-mo nientemeno che ladra: l’imperizia dei luoghi che visitammo non vi contribuì per poco; bisogna imparare per sapere; ciò è incontestabile.C’è una società che tiene un monopolio esclusivo, perciò essi sono decisi d’im-barcar per proprio conto 240 alquaris di miglio, 100 di farina che venderemo a Campos o a Macao, indi caricare zucchero ed acquavite.Di me ti dico soltanto che sono poco felice, che mi macera l’idea di non poter avanzar nulla per le cose nostre, che abbisogno piuttosto di nembi che di calma e che sono impaziente di ricorrere agli estremi.Scrivi a P.10, digli che ci dia una ricetta ed incominciamo, o caro fratello! Non è la prima volta che t’importuno; non corrucciarti. Sono stanco, per Dio, di trascinar un’esistenza tanto inutile per la nostra terra, di dover fare il mercante marinaio. Sii certo che siamo destinati a cose maggiori; siamo fuori del nostro elemento, per ora, e mi tarda molto il momento di tuffarmici.

3.2 La lotta contro l’Impero del Brasile

L’occasione per tornare in azione si presentò con la rivolta del Rio Grande contro l’Impero del Brasile (settembre 1836), Stato di recente indipendenza dalla Corona portoghese, anche se di fatto ancora governato da un rappre-sentante della monarchia lusitana: Don Pedro II.Garibaldi entrò in contatto con alcuni rivoluzionari italiani, Livio Zambec-cari e Luigi Rossetti, che lo convinsero a combattere contro l’Impero brasi-liano partendo a bordo della Mazzini con soli tredici uomini di equipaggio.Il primo atto consistette nell’abbordaggio e nella conquista di una grossa nave da carico brasiliana, la Luisa, che fu ribattezzata significativamente Scoropilla11. Una volta catturata la goletta imperiale, Garibaldi diede subito

9. Si tratta dello sconosciuto italiano che anni prima, in una locanda sul Mar Nero, lo aveva «inizia-to» ai misteri della Giovine Italia; Cuneo era uno stretto collaboratore e amico personale di Mazzini.10. La P. allude a «Peppino», cioè a Mazzini.11. Garibaldi diede ironicamente alla nave conquistata il nome di Scoropilla, che vuol dire «pezzente»: così, infatti, i brasiliani chiamavano in modo dispregiativo gli abitanti delle pic-cole repubbliche.

DOCUMENTI

Mercante e patriotaAlcune lettere scritte da Garibaldi al compatriota ligure G.B. Cuneo9, durante i primi anni in America Latina, mostrano come l’idea di un futuro ritorno in Italianon fu mai abbandonata; per lui, anzi, rappresentava un’autentica ossessione.La missiva che riportiamo mostra come il mezzadro si sentisse demotivato dalla «tranquilla» vita di commerciante e quanto desiderasse tornare all’azione.

I nostri viaggi non furono sfortunati, ma nemmeno lucrosi. Il motivo principale proviene dalla nostra fiducia in gente che credemmo amica e che non incontram-mo nientemeno che ladra: l’imperizia dei luoghi che visitammo non vi contribuì per poco; bisogna imparare per sapere; ciò è incontestabile.C’è una società che tiene un monopolio esclusivo, perciò essi sono decisi d’im-barcar per proprio conto 240 alquaris di miglio, 100 di farina che venderemo a Campos o a Macao, indi caricare zucchero ed acquavite.Di me ti dico soltanto che sono poco felice, che mi macera l’idea di non poter avanzar nulla per le cose nostre, che abbisogno piuttosto di nembi che di calma e che sono impaziente di ricorrere agli estremi.Scrivi a P.10, digli che ci dia una ricetta ed incominciamo, o caro fratello! Non è la prima volta che t’importuno; non corrucciarti. Sono stanco, per Dio, di trascinar un’esistenza tanto inutile per la nostra terra, di dover fare il mercante marinaio. Sii certo che siamo destinati a cose maggiori; siamo fuori del nostro elemento, per ora, e mi tarda molto il momento di tuffarmici.

Estratto della pubblicazione

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prova del suo grande carisma di comandante e si conquistò la simpatia dei marinai con una prova di «cavalleria marinara»: non fece alcun male ai pas-seggeri e all’equipaggio, anzi si privò dell’unica scialuppa per consegnarla agli arrem-bati e gli permise di prende-re il mare sani e salvi, con una discreta quantità di provviste, utili per sopravvi-vere finché non avessero toccato terra; liberò anche cinque schiavi neri, che vol-lero restare con lui e che fu-rono arruolati come marinai e regolarmente stipendiati.La meta successiva della «ri-voluzionaria brigata» furono le coste dell’Uruguay, e la Scoropilla approdò infatti nel porto di Maldonado; lo Stato sudamericano, però, era da poco passato dalla parte del Brasile e, pertanto, l’eroe dei due Mondi corse seri pericoli di esser catturato. Riuscì con scaltrezza a rimettersi in mare, ma, nella fretta della fuga, non poté caricare le provviste necessarie per proseguire il viaggio.

CURIOSITÀ

Un pranzo a dir poco avventurosoLasciata la costa di Maldonado senza viveri, Garibaldi dovette escogitare un piano per non morire di fame assieme ai suoi marinai. Scaricò in mare la tavola da pran-zo e la legò con due barili vuoti, che facevano da galleggianti. Con questa zattera e un compagno si diresse di nascosto di nuovo a terra, dove raggiunse una casa di campagna non molto lontana dalla costa. Qui lo accolse la moglie del proprietario, che, nell’attesa dell’arrivo del suo uomo, dal quale avrebbe potuto comprare prov-viste, lo intrattenne leggendogli poesie (addirittura di Dante e Petrarca). Il marito, che nel frattempo era rientrato, gli regalò un bue, così dopo poche ore il nizzardo tornò a riva con l’animale perfettamente macellato e poté ripartire con la zattera, raggiungendo di nuovo la nave; quindi issò a bordo la «tavola», la ripose al suo posto e preparò l’arrosto, sotto lo sguardo incredulo della ciurma!

J.M. Mafra, Ritratto di Don Pedro II del Brasile, 1851

CURIOSITÀ

Un pranzo a dir poco avventurosoLasciata la costa di Maldonado senza viveri, Garibaldi dovette escogitare un piano per non morire di fame assieme ai suoi marinai. Scaricò in mare la tavola da pran-zo e la legò con due barili vuoti, che facevano da galleggianti. Con questa zattera e un compagno si diresse di nascosto di nuovo a terra, dove raggiunse una casa di campagna non molto lontana dalla costa. Qui lo accolse la moglie del proprietario, che, nell’attesa dell’arrivo del suo uomo, dal quale avrebbe potuto comprare prov-viste, lo intrattenne leggendogli poesie (addirittura di Dante e Petrarca). Il marito, che nel frattempo era rientrato, gli regalò un bue, così dopo poche ore il nizzardotornò a riva con l’animale perfettamente macellato e poté ripartire con la zattera, raggiungendo di nuovo la nave; quindi issò a bordo la «tavola», la ripose al suo posto e preparò l’arrosto, sotto lo sguardo incredulo della ciurma!

Estratto della pubblicazione

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3.3 Il periodo di prigionia

Dopo poco Garibaldi venne raggiunto al largo di Montevideo da un paio di ba-stimenti imperiali che gli intimarono la resa, ma lui resistette aprendo il fuoco e portando avanti uno scontro impari e assurdo. Venne ucciso il timoniere e lo stesso condottiero fu colpito al collo da una pallottola, che miracolosamente lo lasciò in vita, perché, entrando da sotto l’orecchio sinistro, si era fermata tra gli ossicini di quello destro, non perforandolo. Venne comunque arrestato e con-dotto in prigione a Gualeguay12; lì ebbe la fortuna di essere sottoposto alle cure di un chirurgo spagnolo molto abile, che riuscì a estrarre il proiettile e a salvarlo.

12. Gualeguay è il capoluogo del dipartimento (regione) omonimo della provincia di Entre Rios in Argentina.

Silografia di E. Matania,Garibaldi ferito in un combattimento navale

Estratto della pubblicazione

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DOCUMENTI

La prigionia in ArgentinaCitiamo un passo da un’altra lettera inviata da Garibaldi, allora detenuto nella prigione di Gualeguay, all’amico Cuneo:

Circa ad evadere, ti basti sapere che sono in questa condizione sulla mia parola d’onore. Passo la maggior parte del giorno leggendo libri che l’instancabile bontà del mio ospite mi provvede; talora nella sera d’un bel giorno vado a passeggio, visito qualche conoscente e guardo malinconicamente le bellezze del paese, poi mi ritiro a casa; altra volta esco a godere d’una bella mattinata, e leggo o scrivo; e sempre in cuore l’Italia; e parlando con dispetto io grido: la vorrei deserta e i suoi palagi infranti, pria che vederla trepida sotto il baston del Vandalo.

(Gualeguay, 1-10-1837)

3.4 La guerra contro il Brasile continua

Con l’Italia «sempre in cuore» Garibaldi venne trasferito da Gualeguay a Bojada, in un’altra prigione, dove, dopo qualche mese, fu rimesso in libertà. Ritornò, dunque, dai suoi compatrioti a Montevideo, disposto fino alla fine a continuare la lotta per l’indipendenza del Rio Grande. La capitale, Porto Alegre, era però occupata dal nemico e Garibaldi si diresse allora a Pirati-nim, una città poco distante, scelta dai rivoltosi come capitale temporanea.

DOCUMENTI

La prigionia in ArgentinaCitiamo un passo da un’altra lettera inviata da Garibaldi, allora detenuto nella prigione di Gualeguay, all’amico Cuneo:

Circa ad evadere, ti basti sapere che sono in questa condizione sulla mia parola d’onore. Passo la maggior parte del giorno leggendo libri che l’instancabile bontà del mio ospite mi provvede; talora nella sera d’un bel giorno vado a passeggio, visito qualche conoscente e guardo malinconicamente le bellezze del paese, poi mi ritiro a casa; altra volta esco a godere d’una bella mattinata, e leggo o scrivo; e sempre in cuore l’Italia; e parlando con dispetto io grido: la vorrei deserta e i suoi palagi infranti, pria che vederla trepida sotto il baston del Vandalo.

(Gualeguay, 1-10-1837)77

Silografia di E. Matania, Garibaldi torturato a Gualeguay

Estratto della pubblicazione

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Il campo di battaglia sarebbe stato la laguna di Los Patos, la seconda più grande di tutta l’America Latina. Su quella laguna si affacciavano ben tre città imperiali fortificate, vale a dire Porto Alegre, Rio Grande e San José del Nord: questo significava che l’Impero aveva il controllo totale sulla zona. Fu allora che Garibaldi escogitò un piano coraggioso: armare due battelli, il Rio Pardo e il Repubblicano, e con un esercito assai più esiguo di quello del nemico (che contava ben 30 navi e un battello a vapore) prepararsi a combattere. Frattanto, nascosto tra la vegetazione costiera, addestrò i suoi uomini in cascine di poderi abbandonati, rifornendoli di tutto punto, con selle e cavalli presi al laccio. Per fortuna dalla sua parte c’era il presidente Bento Gonzales, che gli mise a disposizione due delle sue estancias13.

CURIOSITÀ

Garibaldi e un cuoco contro 150Mentre si trovava nella casa di campagna di donna Anna, una sorella del presidente del Rio Grande Gonzales, Garibaldi fu attaccato da 150 militari dell’esercito impe-riale, mentre tutti i suoi uomini erano dispersi nelle vicinanze, alcuni dei quali im-pegnati a tirare in secco i due bastimenti sulla terraferma. L’eroe si trovò solo con il cuoco di casa! Assieme al coraggioso domestico, che gli caricava il fucile, Garibaldi, poi raggiunto da undici dei suoi, resistette per ben sei ore, finché non uccise un certo Moringue, provocando la precipitosa ritirata degli assalitori. Il grande con-dottiero, incredibilmente, non subì perdite – solo 8 feriti nelle sue file – ma non se ne meravigliò e dichiarò, dopo lo scontro, che un uomo libero vale per dieci schiavi!

La guerra contro il Brasile fu davvero estenuante. Secondo i piani, Garibaldi avrebbe dovuto accerchiare Porto Alegre via mare, mentre gli altri rivoltosi lo avrebbero fatto da terra; il disegno sembrava però irrealizzabile, visto che tutte le vie d’accesso alla capitale erano sorvegliate.Ed ecco che il marinaio nizzardo ne inventò una delle sue!Avendo costruito nel frattempo altre due navi, Garibaldi le introdusse in un fiumicello, il Capibari, che scorreva a nord-est della laguna. Risalendo con gran sforzo il corso d’acqua, il condottiero giunse alla fine al lago Traman-day, in comunicazione a sua volta con l’Oceano Atlantico. La particolarità del viaggio fu che, a causa del letto bassissimo e roccioso del fiume, le navi in alcuni tratti furono trascinate da carri trainati da una cinquantina di buoi!In questo modo Garibaldi riuscì (e forse fu il primo nella storia di quelle contrade) a entrare nell’Oceano Atlantico dalla «porta di servizio», sorpren-dendo il nemico!

13. Le estancias sono possedimenti terrieri di grosse dimensioni, al cui interno c’è una grande villa di campagna.

CURIOSITÀ

Garibaldi e un cuoco contro 150Mentre si trovava nella casa di campagna di donna Anna, una sorella del presidente del Rio Grande Gonzales, Garibaldi fu attaccato da 150 militari dell’esercito impe-riale, mentre tutti i suoi uomini erano dispersi nelle vicinanze, alcuni dei quali im-pegnati a tirare in secco i due bastimenti sulla terraferma. L’eroe si trovò solo con il cuoco di casa! Assieme al coraggioso domestico, che gli caricava il fucile, Garibaldi, poi raggiunto da undici dei suoi, resistette per ben sei ore, finché non uccise un certo Moringue, provocando la precipitosa ritirata degli assalitori. Il grande con-dottiero, incredibilmente, non subì perdite – solo 8 feriti nelle sue file – ma non se ne meravigliò e dichiarò, dopo lo scontro, che un uomo libero vale per dieci schiavi!

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