La Storia Di Roma Dal 140 Al 44

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• L’età monarchica

• L’espansione romana

• Conseguenze dell’espansione romana

• Tiberio Gracco

• Caio Gracco

• Gli Homines Novi

• Il governo di Caio Giulio Cesare

La storia di Roma

Le vicende di Roma durante il periodo monarchico sono per lo più leggendarie. Le prime informazioni ci sono fornite dagli annales, libri molto antichi sui quali erano riportate periodicamente tutte le notizie più importanti dell’Urbs.

Nell’arco di 200 anni i re a succedersi furono sette,di cui gli ultimi tre di origine etrusca.

• Romolo • Numa Pompilio• Tullio Ostilio• Anco Marzio• Tarquinio Prisco• Servio Tullio• Tarquinio il Superbo

• La carica suprema dello Stato era quella del re. Rivestiva cariche religiose e sacerdotali. Era anche capo dell’esercito e il suo mandato aveva durata vitalizia.

• Il re era eletto dal senato,assemblea composta dai membri più anziani dell’aristocrazia. Il senato consigliava il sovrano nelle funzioni di governo.

• C’erano poi i comizi curiati, assemblea composta dai membri delle famiglie aristocratiche, che affiancava re e senato nelle questioni più importanti. Eleggeva anche i senatori.

• La tradizione attribuisce il passaggio dalla monarchia alla repubblica a una insurrezione contro il re etrusco Tarquinio il Superbo a causa della sua politica violenta. Secondo la leggenda il popolo romano si sarebbe ribellato nel 509 a.C. Il re etrusco Porsenna, lucumone della città di Chiusi,sarebbe intervenuto in sostegno del sovrano deposto dando origine a una difficile guerra con Roma.

A questa versione leggendaria sono state fatte molte obiezioni.

• E’ difficile immaginare un brusco passaggio di forma di stato. Vi era infatti ancora la sopravvivenza di elementi monarchici nelle nuove istituzioni.

• La potenza etrusca non cessa nel 509 ma si protrae ancora

• La guerra contro Porsenna avrebbe originato la sottomissione di Roma ma il mantenimento delle proprie istituzioni.

Le nuove istituzioni per evitare un ritorno alla monarchia godevano di quattro caratteri.

• Elettive:i magistrati erano incaricati tramite elezioni.

• Temporanee:ogni magistrato restava in carica per un periodo di tempo determinato.

• Collegiali:ogni magistratura era affidata contemporaneamente e più di una persona per garantire un controllo reciproco.

• Non retribuite :i magistrati non erano pagati

• La magistratura principale era il consolato. Vi erano due consoli che avevano preso il posto dell’unico re ed esercitavano il potere a vicenda.

• Il senato era composto da trecento membri patrizi e si occupava di politica interna ed estera.

• Ai comizi curiati si sostituiscono i comizi centuriati ,formati dalla divisione della popolazione sulla base del censo. Essi dovevano decidere in materi di guerra e di pace,approvavano leggi insieme ai consoli e decidevano anche in materia di giustizia capitale

• Pretori:eletti dai comizi centuriati si occupavano di cause penali.

• Censori:eletti ogni cinque anni dai comizi centuriati effettuavano il censimento della popolazione.

• Questori:si occupavano dei beni dello stato(erarium).

• Tribuni:in seguito alle lotte tra patrizi e plebei,esercitavano il diritto di veto sulle decisioni dehli altri organi,ritenute in contrasto con i loro interessi.

• Espansione nel Lazio (V – IV sec. a.C.)

• Guerre Sannitiche (IV – III sec. a.C.)

• Guerra contro Taranto (Inizio del III sec. a.C.)

• 1° Guerra Punica (Metà del III sec. a.C.)

• 2° Guerra Punica (Fine del III sec. a.C.)

• 3° Guerra Punica (Metà del II sec. a.C.)

• Guerre Macedoni (III – II sec. a.C.)Guerre Macedoni (III – II sec. a.C.)

• Guerra Siriaca (Fine del II sec. a.C.)Guerra Siriaca (Fine del II sec. a.C.)

ESPANSIONE NEL LAZIO

V – IV sec. a.C.

Battaglia del lago Regillo496 a.C.

Guerra contro Volsci, Equi e Sabini

490 – 430 a.C.

Battaglia del Monte Algido

431 a.C.

Scontro con la città etrusca di Veio406 – 396 a.C.

I Romani sconfiggono i

Latini e stipulano un patto di

alleanza, il foedus cassianum

I Romani, alleati con i Latini, riescono ad

imporsi

Il generale Furio Camillo fa costruire una galleria sotterranea che permette ai Romani di entrare nella città prendendo di sorpresa i

nemici e vincendo la guerra.

Dopo la presunta guerra contro il re etrusco Porsenna nel 509

a.C. , Roma passò dalla monarchia alla repubblica e

cominciò ad espandersi nella penisola italica

GUERRE SANNITICHE

1° Guerra Sannitica343 - 341 a.C.

2° Guerra Sannitica326 – 304 a.C.

3° Guerra Sannitica298 – 290 a.C.

Battaglia di Boiano 305 a.C.

Battaglia di Sentino (Umbria)295 a.C.

Romani e Sanniti si impegnano a non sviluppare

politiche di influenza su

Capua

Roma diventa padrona

dell’Italia centro-meridionale, dalle Marche fino alle attuali Puglia e

Calabria

Roma controlla ormai tutta l’Italia centrale dal Mar

Tirreno all’Adriatico

La politica espansionistica di Roma la portò a scontrarsi con i Sanniti,

una popolazione stanziata nell’area appenninica dell’Abruzzo.

GUERRA CONTRO TARANTO

280 – 272 a.C.

Battaglia di Eraclea (Lucania)

Battaglia di Ascoli Satriano (Puglia)

Battaglia di Malevento275 a.C.

Pirro, re dell’Epiro, sconfigge i Romani grazie all’utilizzo

degli elefanti

I Romani riescono a sconfiggere Pirro e

dopo la vittoria rinominano la città

Malevento in Benevento

Taranto costretta alla resa

272 a.C.

La Calabria e la Puglia vengono

sottomesse a Roma

Per i suoi intenti espansionistici Roma dovette rompere i

precedenti patti con la città di Taranto che chiese aiuto a Pirro,

re dell’Epiro, il quale accettò.

Battaglia di Milazzo (Sicilia)260 a.C.

Battaglia di Capo Ecnomo256 a.C.

Battaglia di Trapani241 a.C.

1° GUERRA PUNICA 264 – 241 a.C.

Sicilia, Sardegna e Corsica diventano province romane.

Cartagine deve pagare ingenti danni di guerra.

L'occasione del conflitto fu data dai mercenari mamertini, assediati a

Messana (oggi Messina), che chiesero aiuto a Cartagine contro Gerone II di Siracusa, ma in seguito si rivolsero a Roma perché non accettavano più i

Cartaginesi nelle loro città.

Battaglia dei fiumi Trebbia e Ticino

218 a.C.

Battaglia del Lago Trasimeno217 a.C.

Battaglia di Canne (Puglia)216 a.C.

2° GUERRA PUNICA 218 - 202 a.C.

Nell’ultima battaglia a Zama il console romano

Publio Cornelio Scipione sconfigge

definitivamente Annibale che si rifugia in Siria. Dopo la guerra

Cartagine subisce pesanti condizioni di

pace: -Consegna di tutte le navi da guerra a Roma;-Pagamento di un’enorme indennità di guerra;-Divieto di fare guerra senza il consenso romano.

Roma conquista il Mediterraneo occidentale

Battaglia di Zama202 a.C.

Annibale, valorosissimo generale cartaginese , voleva attraversare le Alpi,

oltrepassare il fiume Ebro (confine di pace tra Roma e Cartagine), far ribellare

le popolazioni italiche contro Roma e poi sconfiggerla.

Battaglia del fiume Metauro207 a.C.

3° GUERRA PUNICA 149 - 146 a.C.

Scipione l’Emiliano rade al suolo definitivamente Cartagine la quale costituisce la provincia d’Africa. I Cartaginesi superstiti

vengono venduti come schiavi.

Il re di Numidia Massinissa infastidiva Cartagine la quale si rivolse a Roma ma inutilmente; allora organizzò un nuovo

esercito che mosse guerra contro la Numidia senza il parere di Roma.

Quest’ultima quindi dichiarò guerra a Cartagine poiché non aveva rispettato i

patti con Roma.

GUERRE MACEDONI

1° Guerra Macedone215 – 205 a.C.

2° Guerra Macedone200 – 197 a.C.

3° Guerra Macedone171 – 168 a.C.

Battaglia di Cinocefale (Tessaglia)

Battaglia di Pidna (Tessaglia)

Filippo V di Macedonia viene

sconfitto e vengono stipulati degli accordi con

Roma

Perseo, figlio di Filippo di Macedonia, viene

sconfitto dal console Lucio Emilio Paolo e la

Macedonia diventa provincia romana

Scontro con le poleis greche

146 a.C.

Le polis greche, che mossero guerra a Roma per l’indipendenza, vengono sconfitte a Corinto e la Grecia diventa provincia

d’Acaia

Filippo V di Macedonia aveva intrapreso una serie di iniziative

militari per impossessarsi delle città greche e del Regno di Pergamo, che

avevano il sostegno dei Romani.In seguito anche il figlio Perseo

condusse una politica aggressiva nei confronti di Roma

GUERRA SIRIACA 191 – 189 a.C.

Battaglia delle Termopili 191 a.C.

Battaglia di Magnesia 189 a.C.

Antioco III di Siria, sconfitto

dal console Lucio Cornelio

Scipione, cede ampie aree a

Roma

Il re siriano Antioco III era animato da mire espansionistiche che

contrastavano con gli interessi romani e minacciava il confinante regno di Pergamo alleato di Roma.

Le conseguenze dell’espansione romana

SOCIALI• Nasce una grande classe

di nullatenenti• Aumentano i latifondi• Arriva un gran numero di

schiavi• Nasce una nuova classe

i cavalieri

POLITICHE-ECONOMICHE• Corruzione delle votazioni

popolari• Si generano 2 forze

politiche(Optimates,Populares)

• Nasce un’economia di tipo schiavile

• Utilizzo di nuove tecniche di coltivazione

Tiberio Sempronio Gracco

• In seguito ai cambiamenti della società romana,Tiberio Sempronio Gracco,audace tribuno della plebe,eletto nel 133 a.C propone una riforma agraria per frenare la crescita dell’aristocrazia senatoria. La sua riforma prevedeva una distribuzione più equa dell’ager publicus ai cittadini più poveri.La sua politica però ostacolava la crescita dei latifondi(spesso in mano ai senatori)e Tiberio trovò la morte ad opera di sicari.

Caio Gracco

Nel 123 a.C. Caio Gracco,fratello di Tiberio Gracco,fu eletto tribuno della plebe.

Seguì la strada tracciata dal fratello ma in modo più razionale e radicale.

Con la sua riforma fece approvare quattro provvedimenti principali:

1. Attribuì più potere ai cavalieri

2. Distribuì terra e grano al popolo affamato

3. Raddoppiò il numero dei senatori

4. Allargò la cittadinanza agli italici

La sua riforma fallì proprio per questo motivo. I nullatenenti avevano paura che gli italici portassero una nuova manodopera a Roma. Inoltre i cavalieri non gradivano la concorrenza degli imprenditori italici e così il senato,che da sempre si opponeva a Caio,non ebbe difficoltà a isolarlo. Caio si farà dare la morte da uno schiavo nel 121 a.C

Gli Homines Novi• Dopo la morte di Caio Gracco la classe senatoria assunse di

nuovo il potere a Roma e da quel momento si andò ad accentuare lo scontro tra populares (cioè coloro che sostenevano la necessità di un governo più democratico) e gli optimates (cioè coloro che sostenevano che solo le famiglie romane potevano curare gli affari di Roma). Ed è proprio in questo clima che emergono alcune delle figure più importanti della storia romana

1. Caio Mario

2. Silla

3. Pompeo e Crasso

4. Cesare

Caio MarioCaio Mario Era un comandante

militare,divenne tribuno della plebe nel 119 a.C.

Veniva da Arpino ed era di origine plebea.

Nel 105 a.C. combatté contro Giugurta,re della Numidia e lo sconfisse grazie ad un nuovo esercito. Aveva infatti riorganizzato la vita militare rendendo volontario l’arruolamento e attribuendo le spese dell’armatura allo Stato.

Al fianco di Silla sconfisse Teutoni e Cimbri. La gloria di Mario si esaurirà nell’86 a.C.,dopo la sconfitta da parte di Silla

SillaSilla Era un uomo

aristocratico,appoggiava infatti gli optimates.Nel 91 a.C. intraprese una guerra contro i socii ma venne sconfitto ed allargò la cittadinanza agli italici. Nell’86 a.C. si schierò,insieme a Crasso e Pompeo,contro i populares guidati da Mario il giovane,figlio di Caio Mario.Sconfigge Mario e si fa eleggere dittatore a vita.

Nel 79 a.C. si ritirò a vita privata e morì l’anno succcessivo

Gneo Pompeo e Marco Licinio Crasso

Pompeo,già distintosi come comandante al fianco di Silla,fu inviato nel 76 a.C. in Spagna per sedare una rivolta. Nel 73 a.C. però,in Italia scoppiò una grave rivolta di schiavi,che riuscì a essere faticosamente domata da Crasso,ricchissimo esponente della classe dei cavalieri. Una volta tornato in Italia allora Pompeo decise di allearsi con Crasso. Si autonominarono consoli e smantellarono la riforma di Silla,restituendo ai cavalieri il potere e riformando il senato. Nel 63 a.C. Pompeo è costretto a lasciare l’Italia e nascono numerosi scontri tra Optimates (Guidati da Cicerone e Catone) e Populares (Guidati da Cesare e Catilina)

Gneo Pompeo

Licinio Crasso

Caio Giulio Cesare Divenne console nel 59 a.C. Alleatosi

con Pompeo e Crasso diede inizio al primo triumvirato. Elaborò diverse riforme che andavano a favore degli interessi di Pompeo e Crasso ma nel 53 a.C. a causa di evidenti contrasti tra i consoli Cesare assume l’assoluto potere sulla città. Modificò l’organizzazione dello Stato con incisive riforme: Aumentò il numero di senatori e magistrati,fondò numerose colonie,estese il diritto di cittadinanza romana,ridusse la disoccupazione e rafforzò l’esercitò.

Negli optimates però nacque la paura di una possibile restaurazione monarchica e così il 15 Marzo del 44 a.C. Caio Giulio Cesare fu assassinato durante una seduta del senato.

RITRATTO DI CAIO GIULIO CESARE Tra gli innumerevoli ritratti che di lui ci sono stati conservati, particolarmente significativi sono tre: quello del suo aspetto fisico, tracciato da Svetonio nelle sue Vite dei Cesari, e quelli morali, tra i quali uno fu tracciato dal suo grande avversario Cicerone in un passo della seconda Filippica, l'altro dall'amico Gaio Sallustio Crispo nel De Catilinae coniuratione.

Ecco quello di Svetonio:« Cesare era di alta statura e ben formato, aveva una carnagione chiara, il viso pieno e gli occhi neri e vispi. Godeva di florida salute, ma negli ultimi tempi era solito rimanere vittima di svenimenti e incubi notturni; nell'esercizio delle sue funzioni, fu anche colto due volte da un attacco di epilessia. Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso, e per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli. Tra tutti gli onori che il popolo e il senato gli decretarono, infatti, non ne ricevette o abusò mai nessuno più volentieri che il diritto di portare sempre una corona di alloro. Dicono che fosse ricercato anche nel vestire: usava infatti un laticlavio frangiato fino alle mani e si cingeva sempre al di sopra di esso con una cintura assai lenta. [...] Molti lo descrissero come estremamente desideroso di lusso ed eleganza. » (Svetonio, Cesare, 44-45)

Non meno incisivo quello di Cicerone:« Egli ebbe ingegno, equilibrio, memoria, cultura, attività, prontezza, diligenza. In guerra aveva compiuto gesta grandi, anche se fatali per lo stato. Non aveva avuto per molti anni altra ambizione che il potere, e con grandi fatiche e pericoli l'aveva realizzata. La moltitudine ignorante se l'era conquistata coi doni, le costruzioni, le elargizioni di viveri e banchetti. I suoi li aveva acquistati con premi, gli avversari con manifestazioni di clemenza, insomma aveva dato ad una città, ch'era stata libera, l'abitudine di servire, in parte per timore, in parte per rassegnazione. »

• I suoi gusti nella sfera sessuale furono spesso motivo di pettegolezzo e canzonatura da parte sia dei suoi detrattori che dei suoi stessi soldati. La sua fama di rubacuori a tutto campo veniva sintetizzata da Cicerone secondo cui egli era "il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti". Infatti, la pratica dell'omosessualità, molto diffusa in Oriente, era guardata con sospetto a Roma, dove veniva considerata un atto di sottomissione di un uomo nei confronti di un altro uomo.

LE IDI DI MARZOLE IDI DI MARZO• Secondo la tradizione la morte di Cesare fu preceduta da un incredibile numero di presagi: da più parti si ivdero

bruciare fuochi celesti, uccelli solitari giunsero nel foro e si udirono strani rumori notturni. Pochi giorni prima del suo omicidio Cesare non era riuscito, mentre compiva un sacrificio, a trovare il cuore della vittima e il che costituiva un presagio di malaugurio. Nello stesso periodo fu scoperta la tomba del fondatore di Capua, Capi, e sulla lapide tombale vi fu trovata la scritta: Quando verranno scoperte le ossa di Capi, un discendente di Julio verrà assassinato per mano dei suoi consanguinei, e subito sarà vendicato con grandi stragi e lutti.

• Le mandrie di cavalli che Cesare aveva fatto liberare al momento del passaggio del Rubicone iniziarono a piangere a dirotto, e uno scricciolo (che è anche chiamato uccellino regale), che era entrato nella Curia di Pompeo (dove il senato si riuniva dopo che la Curia era andata distrutta nell'incendio di cui sopra) portando un ramoscello d'alloro, fu subito attaccato e ucciso da parecchi uccelli che sopraggiunsero all'istante. Alla vigilia dell'omicidio, Calpurnia, la moglie di Cesare, donna del tutto priva di superstizioni religiose, fu sconvolta da sogni in cui la casa le crollava addosso, e lei stessa teneva tra le braccia il marito ucciso. Lo stesso Cesare sognò di librarsi nell'etere, volando sopra le nubi e stringendo la mano a Giove. Il giorno successivo, quello delle Idi di marzo, il 15 del mese, Calpurnia pregò dunque Cesare di restare in casa, ma quegli, che la sera prima aveva detto, a casa di Lepido, che avrebbe preferito una morte improvvisa allo sfinimento della vecchiaia, sebbene si sentisse poco bene, fu convinto dal congiurato Decimo Bruto Albino a recarsi comunque in senato, in quanto sarebbe sembrato sconveniente che non salutasse neppure tutti i senatori che si erano riuniti per nominarlo, proprio quel giorno, re. Cesare, che poco più di un mese prima aveva imprudentemente deciso di congedare la scorta che sempre lo accompagnava, uscì dunque in strada, e qui fu avvicinato da un indovino, Artemidoro di Cnido, che gli consegnò un libello in cui lo ammoniva del pericolo che stava per rischiare. L'indovino si sincerò che Cesare lo leggesse quanto prima, ma il dittatore, che più volte si apprestò a farlo, non vi riuscì per colpa della folla che lo circondava. Giunto alla Curia di Pompeo, Cesare fu avvicinato da un aruspice di nome Spurinna, che lo aveva avvisato di guardarsi dalle Idi di marzo: a questi il dittatore disse, con aria beffarda, che le Idi erano arrivate, ma l’indovino gli rispose che non erano ancora passate.

L’ ASSANINIO DI CESARE• Entrato in senato, si andò a sedere ignaro al suo seggio,

dove fu subito attorniato dai congiurati che finsero di dovergli chiedere grazie e favori. Mentre Decimo Bruto intratteneva il possente Antonio fuori dalla Curia, per evitare che prestasse soccorso, al segnale convenuto, Publio Servilio Casca Longo sfoderò il pugnale e colpì Cesare al collo, causandogli una ferita superficiale e non mortale. Cesare invece, per nulla indebolito, cercò di difendersi con lo stilo che aveva in mano, e apostrofò il suo feritore dicendo "Scelleratissimo Casca, che fai?" o gridando "Ma questa è violenza!" Casca, allora, chiese aiuto al fratello (ἀδελφέ, βοήθει), e tutti i congiurati che si erano fatti attorno a Cesare si scagliarono con i pugnali contro il loro obiettivo: Cesare tentò inutilmente di schivare le pugnalate dei congiurati, ma quando capì di essere circondato e vide anche Bruto farglisi contro, si coprì il capo con la toga, e spirò, trafitto da ventitré coltellate.

• Cadde ai piedi della statua di Pompeo, pronunciando ultime parole che sono state riferite in vario modo:

• Καὶ σὺ, τέκνον; (Kai su, teknon?, in greco, "Anche tu, figlio?")

• Tu quoque, Brute, fili mi! (in latino, "Anche tu Bruto, figlio mio!“)

• Et tu, Brute? (in latino, "Anche tu, Bruto?"), che è la versione riportata da William Shakespeare nella tragedia Giulio Cesare.[

• Svetonio riferisce che, secondo il medico Antistio, nessuna delle ferite subite da Cesare fu mortale, ad eccezione della seconda, in pieno petto.

Dopo la morte di Cesare si pensa che il

lungotenente Antonio fosse il suo successore

ma all’apertura del testamento risulta

Ottaviano.

Ottaviano per avere l’appoggio popolare

dona il ricavato della vendita dei

suoi beni.

Guerra tra i Bruto,

appoggiato da

Ottaviano, e Antonio

Appena ventenne

Ottaviano si candida come console ma il

Senato si oppone alla candidatura.

Antonio cerca l’appoggio dai conservatori e con la

lex de permutazione provinciarum

ottiene la Gallia Cisalpina per controllare Roma.

Bruto rifiuta di cedere il suo

territorio.

Antonio sconfitto si rifugia da Lepido

Accordo tra Ottaviano, Lepido, Antonio contro il Senato

•Ratificato dai comizi. Il primo era un accordo extrapoliticoAssunzione del controllo dello StatoSono magistrati straordinari con pieni poteri Nuovo assetto istituzionale a Roma Combattere i nemici di Cesare

43a.c. Bruto e Cassio contro Ottaviano e Antonio nella

battaglia di Filippi

Vittoria dei triumviri e suicidio dei nemici

Vittoria dei triumviri e suicidio dei nemici

Nuovarivalità tra

Antonio e Ottavianoentrambi vogliono

il pieno potere

Nuovarivalità tra

Antonio e Ottavianoentrambi vogliono

il pieno potere

40a.c. PATTO DI BRINDISI e

suddivisione di Roma in 2 parti

Antonio: controllo province orientali e guerra contro i PartiOttaviano: controllo province occidentali e guerra contro Sesto PompeoLepido: controllo dell’Africa che sarà assunto poi da Ottaviano

Antonio governa da sovrano assoluto, nel 36 a.c. si ritira contro i Parti .Scontro tra Pompeo e Ottaviano,

vittoria di Ottaviano

Governo provincia d’Africa e Lepido pontefice massimoOttaviano alimenta propagande contro AntonioLettura del testamento di Antonio, nominato nemico della patria,. Scontro con Ottaviano

Battaglia di Azio 31 a.c.30 a.c. sconfitta di Antonio

Organizzazione del principato ( governo del princeps con nomina elettiva)

Ottaviano; padrone assoluto assome vari poteri:Imperator: massimo titolo per il comando delle truppe

Pontefice massimoPrinceps Senatus

Tribunizia potestas: proconsole a vitaNominato Augusto

23 a.c. rinuncia al consolato ma diventa tribuno e proconsole per gestire potere in città e province.

Si ha una Diarchia perché il Sento conserva il potere

Territori italici divisi in 11 regioni per agevolare l’amministrazione .

Territorio italiano diviso in 25 province.

PROVINCE SENATORIE

TranquilleGovernate da un Proconsole nominato dal SenatoGovernatore decide le regole dell’amministrazione Tributi incassati dallo Stato

PROVINCE IMPERIALI

InstabiliGovernate da ex Consoli scelti dal PrincipeGovernatori poco autonomiTributi incassati dal Principe

Riforma politicaEmergono i cavalieri

Riforma economica

Prefetto urbano sostituente il principePrefetto dell’annona: distribuzioni di grano e giurisdizione civile-penalePrefetto dei vigili: vigilanza e controllo incendiPrefetto del pretorio:capo pretoriani, guardia del principe

Sistema stradale con efficacia di un sistema postale e commercialeConio di monete in oro, argento e rame

Riforma esercito

25 legioni600 uomini a tutela dei confini25 anni di fermo, 10 per la cavalleriaRidimensionamento della flotta

Ritorno della tradizione culturale romanaReligione pubblica (circolo di mecenate)Non divinizzazione del sovranoProgrammazione lavori pubblici

19/08/14 morte di Augusto

Non più ritorno alla repubblica

19/08/14 morte di Augusto

Non più ritorno alla repubblica

Il figlio Tiberio erede del principato

Il figlio Tiberio erede del principato

Figlio di Livia e Claudio Nerone, adottato da Augusto

Dinastia Giulio-Claudia

( 14-68 a.c.)

Politica interna Politica estera

Stabilità politicaRisanamento economicoTutela province

Consolidamento dei confini con campagne militari affidate a Germano

26 d.c. si trasferisce a Capri; Roma governata da Seiano

Alla morte di Germanico Tiberio diviene diffidente e compie molti omicidi

Tiberio interviene contro Seiano per evitare un colpo di

Stato

Caligola successore di Tiberio

Si dimostra come un despota feroce e

autoritario, radicalizza un potere monarchico e disconosce il Senato

41 a.c. viene ucciso da una congiura di

palazzo.Pretoriani nominano

Claudio come Imperatore

Riforma politicaSenatori provincialiEstensione della cittadinanza romanaNuove colonie per romanizzare le provincie

Dopo aver condannato sua moglie Messalina perché considerata di facili costumi, sposa la nipote Agrippina, madre di Nerone.

Agrippina avvelena Britannico, erede al trono;Nerone al potere (54 a.c.)

Principato di Nerone che è affiancato da consiglieri: Seneca, Burro, Agrippina

Acquista autonomia allontanando Seneca e assassinando gli altri

Rinnovo dell’Impero per una monarchia di stampo orientale Persecuzioni e accuse contro i cristiani

68 a.c. morte di Nerone e fine della dinastia

Giulio-Claudia

69 a.c. anno dei 4 Imperatori:GALBA nominato dalle legioni spagnoliOTONE nominato dai pretorianiVITELLIO nominato dalle truppe sul RenoVESPASIANO nominato dalle truppe orientali

Scontro prima tra Galba e Otone, vittoria di Otone;poi tra Otone e vitellio e

vittoria di Vitellio;Vitellio contro Vespasiano e

vittoria di Vespasiano

- Legittimazione del Senato- Sicurezza- Stabilità- Risanamento bilancio

Vespasiano, primo Imperatore non patrizio,

proviene dalla cavalleria. Con la Lex de imperi vespasiani

assume poteri specialiPrincipato da elettivo a ereditario per diritto di sangue

Opere pubbliche per impiegare i disoccupati.Suo principale interesse è il benessere della popolazione

Conquistata Gerusalemme nel 70 d.c.

Tito (79-81 d.c.).Governa con clemenza e

generosità, rispetta il Senato. Detto delizia del

genere umano

Domiziano si dimostra autoritario e dispotico. Conflitto

con il Senato

II periodo

I periodo

ClementeSegue la

politica dei predecessori Autoritario e

sospettoso, duro contro gli oppositoriAllontana gli intellettuali

Marziale, perché povero, rimane alla sua

corte assecondandol

o

Conquista l’area tra il Reno e il DanubioProvince della Germania Superiore e Inferiore

96 d.c. muore per una congiura di palazzo

Il sec: il secolo d’oro dell’impero,Il sec: il secolo d’oro dell’impero,periodo di massimo splendoreperiodo di massimo splendore

• massima espansione territoriale

• stabilità politica

• Principato adottivo

• Crisi economica italiana ( made in Italy)

ImperatoriImperatori

Nerva dal 96 al 98 Nerva dal 96 al 98 Traiano 98-117: conquise militari, Traiano 98-117: conquise militari,

opere pubbliche, risanamento opere pubbliche, risanamento economia italiana.economia italiana.

Adriano 117-138: colto, sensibile ed Adriano 117-138: colto, sensibile ed equilibrato. Fine conquiste militari e equilibrato. Fine conquiste militari e riorganizzazione dello Stato.riorganizzazione dello Stato.

Antonio Pio 138-161: equilibrato e Antonio Pio 138-161: equilibrato e vicino ai sudditi.vicino ai sudditi.

Marco Aurelio 161-180: imperatore Marco Aurelio 161-180: imperatore filosofo (stoicismo), sovrano saggio e filosofo (stoicismo), sovrano saggio e illuminato; campagne militari ai illuminato; campagne militari ai confini per invasioni germaniche.confini per invasioni germaniche.

Commodo 180-192: inetto e Commodo 180-192: inetto e infantile. Pone fine alla dinastia e al infantile. Pone fine alla dinastia e al secolo d’oro dell’ Impero.secolo d’oro dell’ Impero.

Impero dopo

Costantino

337 morte di Costantino

Impero ai 3 figli che lottano per la successione

353 muoiono 2 di loro e Costanzo prende il

potere

Unità dell’imperoConciliazione con i CristianiConflitto con i Persiani

361 morte di Costanzo

Giuliano, suo successore nominato Imperatore dal suo

esercito

Settimio Severo viene incoronato imperatore.

• - Con la fine del regno di Commodo (192 d.C.) si estinse la dinastia degli Antonini.Il prefetto Elvio Pertinace venne nominato imperatore dal Senato ma venne ucciso dai pretoriani poiché tale scelta appoggiava molto i Senatori stessi.

• L’impero (come mai era accaduto) venne messo all’asta evidenziando una situazione più che degenerata; la soluzione fu l’esercito che nominò imperatore il proprio comandante Settimio Severo (appartenente alle truppe stanziate sul Danubio). Il suo incarico durò dal 193 sino al 211, data della sua morte in una campagna in Britannia

Settimio Severo

Fonda il potere sul consenso della classe dirigente provinciale

Potenzia il ruolo delle province e riduce il valore della centralità romana

Potenzia il ruolo delle province e riduce il valore della centralità romana

Caracalla • Settimio Severo fu il fautore di una vera e propria Monarchia

militare. • Il rafforzamento dell’esercito portò però un grave disavanzo

economico e finanziario. Per risolvere il problema ricorse a dei provvedimenti che portarono a una svalutazione della moneta che favorì l’inflazione. Dimezzò la quantità di argento presente nelle monete e raddoppiò la produzione e quindi il valore reale era ben diverso da quello nominale.

• Morì nel 211 e allora i suoi due figli Marco Aurelio Antonino ( detto Caracalla ) e Geta iniziarono a contendersi l’impero. Caracalla assassinò il fratello e gli avversari politici. Governò dal 211 sino al 217. é famoso per il suo editto del 212 con cui estendeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero.

Morto Caracalla,Macrino si proclamò imperatore ma l’esercito fece salire al potere Eliogabalo, nipote quattordicenne di Caracalla.

Questi esercitò il potere in modo crudele e irresponsabile a causa della sua giovane età e soprattutto delle potenti signore della sua casata, per le quali vennero introdotti a Roma culti di origine orientale.

Dopo Eliogabalo venne nominato nel 300 d.C.,Alessandro Severo.

Il suo governo però duro poco in quanto,per la sua età,La sua politica era simile a quella di Eliogabalo.

La dinastia dei Severi si conclude con l’imperatore Massimino,il primo barbaro a salire al potere.

DIOCLEZIANO AL POTERE(divisione dell’impero in 4 parti)

OCCIDENTE ORIENTE-Massiminiano (Milano) AUGUSTI - Diocleziano (Nicomedia)-Costanzio Cloro (Treviri) CESARI -Sirmio (Pannonia)

Diocleziano, salito al trono imperiale nel 284, attuò una quadripartizione del governo che fu chiamata “Tetrarchia” (governo di quattro).

• Venne nominato un prefetto del pretorio per ogni area; questo aveva 3 funzioni:

• Giudiziario

• Mantenimento della corte il senato perde

• Mantenimento dell’esercito il potere

• Le regioni vennero divise in 3 circoscrizioni o diocesi, aloro volta divise in provincie

• Forte gerarchia all’interno del sistema

• Nascono le corti

LA RIFORMA AMMINISTRATIVA

LA RIFORMA DELL’ESERCITO

• I soldati vengono raddoppiati crisi economica e demografica

• L’esercito è diviso in 2 grandi gruppi

Difensori del confine (limitanei) interno dell’impero (commitatienti)

• Per risolvere la crisi:

• Imposta dell’annona sul patrimonio

• Capitazio imposta sulla persona

• Editto dei prezzi nel 301 bloccava il prezzo delle merci

• Corporazioni agricole vincola i contadini alla terra

La struttura della Urbs

• La domus

• Le insulae

• Le terme

DOMUS: la casa dei ricchi

• La tipica domus romana risulta la combinazione di un antica casa italica con una greca. Essa,di pianta rettangolare,è l’abitazione di popolazioni meridionali che coinvolge la vita all’aperto.I vari e particolari ambienti sono tutti disposti intorno a due aree centrali da cui ricevono aria e luce. Solitamente è a un solo piano.

Si accede allaDomus tramite Un VESTIBULUMCorridoio che Porta direttamente All’atrio.

L’atrio è un grande vano che Presenta un’ampia apertura nel

Soffitto(IMPLUVIUM) in corrispondenzaDella quale è scavata una vasca

Rettangolare(COMPLUVIUM)Per la raccolta d’acqua.

Attorno all’atrio si aprono i

CUBICULA,stanze da letto destinate

ai padroni dell’abitazione.

In fondo all’atrio è presente il TABLINIUM,prima

sala prima da pranzo Poi solo di rappresentanza chiusa da tende

E strettamente privata.

Attraverso il corridoio,si passaAl secondo corpo della casa,il

PERISTYLIUM,un giardino circondatoDa un portico sorretto da colonne

ricco diFiori,statue,nicchie e fontaneChe fanno da sfondo agli altri

Ambienti della casa.

La sala da pranzo era il TRICLINIUM.Generalmente si mangiava distesi e

I pranzi erano molto abbondanti.

Il bagno generalmente Era collocato accanto ai

CUBICULA e abbastanza Illuminato.

La cucina è un luogo piccolo e buioCon un buco nel tetto per far

fuoriuscire il fumo. Contiene un camino,un piccolo forno

Per il pane,l’acquaio.

Il pavimento è ricoperto da mosaici Che variano in base al loro impiego

E le pareti degli interni sono Vivacemente colorate.

Infatti essendo case per lo piùBuie,quei pochi raggi di sole chePenetravano,facevano esaltare

Tutte le differenti tonalità Colpite.

• Le domus dei ricchi,spaziose,areate ed igieniche,dotate di acqua,sono forse le più comode che si siano costruite fino al sec XX. Ancora oggi vengono fatti scavi sui siti archeologici e ciò che è ritrovato ha un inestimabile valore. Orologio di un vecchio patrizio

Ritrovato in una domus presso Paestum

Scavi condotti nel sito archeologico di Pompei

La insula Romana

La Insula Romana (Insulae), le' il tipico esempio di casa popolare,

dove viveva la grande massa della popolazione.

Le insulae erano sorte nel IV sec. a.C., in stridente contrasto con le

splendide abitazioni signorili, dall'esigenza di offrire alloggio ad

una in continua crescita.Le insulae sfruttavano infatti, lo

spazio in altezza che, nel periodo imperiale, raggiunse il sesto piano, Le insulae divennero presto il tipo di

abitazione più diffuso a Roma. Questi palazzi a più piani, alti oltre

venti metri, erano divenuti così numerosi che Cicerone definiva Roma una città sospesa per aria.

Gli abitanti delle insulaeGli abitanti delle insulae• In ogni insula potevano abitare fino a 200 persone. Queste

però erano suddivise in base al loro ceto sociale e alla loro possibilità economica. I ricchi preferivano abitare ai primi piani in quanto era più facile scappare in caso di incendio e di crollo della palazzina. Salendo il eto sociale della popolazione diventa sempre più basso così come le condizioni igieniche e strutturali diventano sempre più precarie. Verso la soffitta le scale diventano sempre più insicure e le mura sono specialmente in legno. Questi piani non erano stati previsti dagli architetti ma sono stati aggiunti gradualmente dopo una serie di “ritocchi”. Anche le soffitte erano abitate. Erano il piano più malfamato dell’intera struttura,abitate spesso dai “muscoli” di Roma,cioè coloro che facevano funzionare la città ogni giorno:servi,operai,muratori etc. Nonostante siano i più poveri del insula,hanno qualcosa di cui nessun altro può godere:una delle viste più belle di Roma.

LE TERME NELL'ANTICA ROMA Già nell'antica Grecia il bagno assunse un carattere sociale. Il ginnasio greco era composto da una palestra, da un bagno e da un'esedra dove i filosofi dissertavano con i loro discepoli. Dopo intensi esercizi fisici nella palestra i giovani facevano un'abluzione di acqua calda, raggiunta una piena distensione dopo la fatica fisica, passavano nella esedra per ricevere l'educazione dello spirito. L'Egitto in effetti, già dai tempi di Tolomeo, raggiunse il livello di conoscenze tecniche necessario per realizzare tali opere, come dimostrano dei reperti archeologici nel delta del Nilo formati da due locali circolari, chiaro precedente del laconium romano.

Già 200 anni prima che l'imperatore Agrippa creasse le prime terme nel 25 a.C., il bagni (balneum) erano molto frequentati dai romani; ma fu dopo Agrippa che gli imperatori romani fecero a gara per superare i loro predecessori con Terme sempre più grandiose: in particolare Nerone nel 65 d.C. , Tito nell'81 d.C. , Domiziano nel 95 d.C., Commodo nel 185 d.C., Caracalla nel 217 d.C., Diocleziano nel 302 d.C. e Costantino nel 315 d.C.. Per assicurare la loro popolarità, le tariffe di ingresso alle terme venivano tenute molto basse, se non gratuite. Terme sorsero ovunque nell'impero, dalle sabbie del deserto alle Alpi; alcune Terme erano tanto grandi da poter contenere 6000 persone.I rituali potevano variare da provincia a provincia a secondo dei costumi locali, tuttavia il concetto generale era il medesimo: si trattava di un centro ricreativo polifunzionale. La maggior parte delle terme includeva centri sportivi, piscine, parchi, librerie, piccoli teatri per ascoltare poesia e musica e una grande sala per le feste, una città nella città. Si trovavano anche ristoranti e locande per dormire o …passare alcune ore in "piacevole" compagnia.

Ogni centro termale offriva attrazioni specifiche: un paesaggio particolare, una magnifica libreria, un centro sportivo di alto livello, anche se l'attrazione principale rimanevano sempre i bagni. Durante l'ultimo periodo cristiano dell'impero fu proibito recarsi alle terme la domenica o nelle feste, mentre prima raramente venivano chiuse. Talvolta uomini e donne prendevano i bagni insieme, ma tale usanza variava da periodo a periodo e da zona a zona: a Pompei ad esempio uomini e donne prendevano i bagni separatamente.Un pomeriggio alle terme I cittadini romani terminavano il lavoro nelle prime ore del pomeriggio e si recavano alle terme, che aprivano a mezzogiorno, prima del pasto principale.Un tipico ciclo iniziava con ginnastica in palestra, o attività sportiva in un campo esterno, dove di svolgevano giochi anche utilizzando piccole palle in cuoio, o gare di lotta.

Si entrava nel tepidarium, la stanza più grande e lussuosa delle terme: qui si rimaneva un'ora e ci si ungeva con oli. Poi si andava nel calidarium. Si trattava di stanze più piccole, generalmente costruite sui lati della sala da bagno principale. Infine ci si recava nel laconicum , la stanza finale più calda, riscaldata con aria secca ad altissima temperatura. Dopo la pulizia del corpo e i massaggi, si faceva una nuotata nella piscina del frigidarium.Successivamente, ristorati e profumati, ci si recava nella altre aree delle terme dove si poteva leggere o partecipare ad altre attività o assistere ad attrazioni.Successivamente, ristorati e profumati, ci si recava nella altre aree delle terme dove si poteva leggere o partecipare ad altre attività o assistere ad attrazioni.Le strutture Grandi acquedotti, di cui restano notevoli rovine in tutto il mondo romano, alimentavano le terme. Il calore era uniformemente distribuito attraverso muri cavi e pavimenti sovrapposti a vespaio, in cui circolava aria calda.L'abbandono In tarda epoca cristiana, forse per l'eccessivo costo di manutenzione, forse per i mutati costumi che tendevano a non accentrare nelle terme gran parte della vita sociale, le terme vennero via via abbandonate. La distruzione degli acquedotti da parte dei barbari ne interruppe poi definitivamente l'uso.

GLI USI E I COSTUMI DEI ROMANI

L’ EDUCAZIONE DELLA RAGAZZA

• I padri romani erano molto affezionati alle loro figlie; davano loro nomignoli gentili quali Uccellino o Mammina.• Agli inizi della Repubblica, le figlie erano considerate effettivamente delle piccole madri: apprendevano a cucinare, a filare e a

tessere: Più tardi, nelle famiglie tradizionaliste, le figlie continuavano a filare e a tessere; fierissimo, il padre faceva ammirare agli amici la toga tessuta dalla figlia.

• La figlia di una famiglia agiata era affidata alle cure di una nutrice greca che le raccontava le prime favole in lingua greca. La ragazza doveva imparare a dipingere, poiché la madre pensava che ciò le sarebbe più tardi servito nella scelta dei tappeti e dei tendaggi per la sua casa. Imparava anche a cantare, a danzare e a suonare alcuni strumenti.

• Se la famiglia non aveva precettore, a 6 anni la fanciulla veniva mandata a scuola per imparare a leggere e a scrivere. Verso i 10 anni veniva fidanzata dal padre o dal tutore, che le sceglievano il futuro sposo, a volte anche con l’aiuto di un sensale di matrimoni. Il futuro sposo regalava alla fidanzata un anello di fidanzamento d’oro o di ferro su cui aveva fatto incidere due mani che si stringevano. Il matrimonio avveniva alcuni anni dopo. Alla fine della Repubblica, essendo divenuto il divorzio un fatto assai comune, non era difficile vedere uomini o donne che si sposavano quattro cinque o volte . Cesare si sposò quattro volte; Cicerone divorziò da sua moglie per sposare un’ereditiera più giovane della figlia Tullia. Sua moglie però non si disperò a lungo. Si risposò infatti per ben due volte. Quando il matrimonio veniva celebrato religiosamente, la futura sposa portava sul capo un velo arancione sormontato da una corona di fiori d’arancio. Dopo aver firmato il contratto di matrimonio, una matrona la conduceva dal suo sposo. Anche presso i Romani, come presso i Greci, la sposa superava la soglia della casa fra le braccia del marito.

• Verso la fine della Repubblica, il matrimonio generalmente si limitava a una cerimonia civile. Lo sposo, davanti ai testimoni, domandava alla sposa se voleva diventare "madre di famiglia": ella rispondeva di sì e a sua volta domandava allo sposo se voleva diventare " padre di famiglia": Dopo di che, essi erano legalmente marito e moglie. Benché la sposa potesse disporre liberamente dei propri beni e della propria dote, in realtà il capo di casa era sempre il marito. Ma secondo quanto diceva un romano: "Noi governiamo il mondo, ma sono le nostre mogli a governare noi".

• Non era cosa rara che una sposa dodicenne abbandonasse la casa paterna per stabilirsi nella propria, passando per così dire dalla balia alla vita pubblica. Altre donne si occupavano di politica, preparavano le campagne elettorali in occasione delle elezioni e addirittura dipingevano frasi di incitamento sui muri delle case. Dopo le elezioni, iscrizioni del genere venivano cancellate con una mano di calce. Avendo il Senato proposto un giorno una legge tendente a limitare i gioielli di proprietà di una donna, una matrona infuriata tenne nel Foro, il luogo delle pubbliche riunioni, un discorso così violento che la legge fu subito abrogata. Negli ultimi anni della Repubblica vi furono perfino avvocatesse che difendevano i loro clienti nei tribunali.

• Durante l’Impero, donne di nobili famiglie lottarono come gladiatori nell’arena, parteciparono a incontri di lotta e guidarono carri durante la caccia al cinghiale. La matrona romana formosa era ormai una figura del passato: le ragazze portavano busti fin dall’infanzia . Quelle che non avevano forme snelle e aggraziate erano considerate "lottatrici". Tuttavia le matrone romane non persero mai il oro coraggio. Quando l’imperatore Claudio ordinò a Cecina Peto di uccidersi e questi esitò per paura, la sua sposa si pugnalò, estrasse il pugnale dalla ferita e lo tese al marito dicendo:

• " Non fa male, Peto": Sulla tomba delle loro spose i Romani facevano incidere epitaffi di questo genere: "Viandante, breve è il mio messaggio; arrestati leggi ! Questa pietra odiosa copre una bella donna".

VESTI E ORNAMENTI FEMMINILI• Mentre nel mondo moderno l’abbigliamento della donna si distingue nettamente da quello dell’uomo, in Roma la differenza non

consisteva tanto nella foggia del vestire quanto piuttosto nei tessuti impiegati e nella varietà dei colori. Anche le donne usano la tunica, più lunga di quella maschile; su di essa indossano la "stola" che è la veste caratteristica della matrona romana, così come la toga è il costume nazionale degli uomini.

• La stola, che ha subito attraverso il tempo vari mutamenti a seconda della moda, è una sopravveste molto ampia che scende sino ai piedi; è stretta in vita da una cintura (talvolta le cinture sono due, una più alta e l’altra sui fianchi) ed è chiusa sul petto da una fibbia, oppure sulle spalle da bottoni ornati di pietre preziose; le maniche possono essere lunghe o corte: nella parte inferiore la stola è ornata da una striscia di porpora o da una balza ricamata in oro.

• Per uscire in pubblico, nei primi secoli dell’età repubblicana le matrone usavano gettare sulla stola un mantello quadrato di dimensioni piuttosto limitate, cui si va sostituendo, con il passar del tempo, la "palla" ossia un grande manto rettangolare che, a differenza della toga maschile, copre entrambe le spalle; può essere lungo fino ai piedi, ma generalmente scende fin sotto le ginocchia. In pubblico la donna talvolta si copre la testa con un lembo della palla; nei tempi antichi lo faceva sempre, poiché alla lana ed al lino vanno sostituendosi nell’età imperiale i tessuti misti: lana e cotone; cotone e lino, cotone e seta. Le donne amano soprattutto le stoffe fini e leggere, come la seta che rappresenta il massimo dell’eleganza e della raffinatezza.

• Anche nell’ambito dei colori vi è una larga possibilità di scelta: abilissimi tintori hanno creato tutta una gamma di sfumature che soddisfano qualsiasi esigenza.

• I gioielli: ecco la grande passione delle donne romane! Un tempo, nei primi secoli della Repubblica, il lusso eccessivo delle vesti e degli ornamenti era severamente riprovato dai Censori; allora l’austerità e la semplicità caratterizzavano ancora la vita del popolo romano. Poi vennero le grandi conquiste degli ultimi due secoli prima di Cristo e con le conquiste si operò una profonda trasformazione materiale e morale nella vita e nei costumi dei cittadini: la ricchezza ed il lusso ebbero un enorme incremento, le leggi che ogni tanto venivano emanate dal Senato per limitare le spese del vestiario, dei banchetti, degli ornamenti, rimanevano senza alcuna efficacia pratica: nessuno si curava di osservarle.

• Patrizi e grossi borghesi vanno a gara nel coprire di ornamenti preziosi le mogli e le figlie, per ostentare davanti a tutta la città la loro ricchezza ed il loro sfarzo; le donne, dal canto loro, si danno da fare per non rimanere indietro in questa competizione che solletica la loro vanità: pretendono pietre sempre più rare, le gemme più costose e si mettono addosso interi patrimoni. E naturalmente c’è chi esagera in questo sfoggio di gioielli e si trasforma in una specie di vetrina ambulante con risultati ridicoli.

• La varietà degli ornamenti femminili è enorme: vi sono diademi di metallo prezioso, nastri ornati di gemme che si inseriscono tra i capelli; spille e fibbie in oro e argento; anelli con pietre preziose che si portano

• non solo alle dita delle mani, ma anche a quelle dei piedi o intorno alla caviglia; braccialetti in oro massiccio; collane di perle e pendenti in smeraldo che adornano il collo ed il petto.

• Fra gli orecchini sono di gran moda i "crotalia" e cioè dei pendenti doppi che hanno all’estremità una perla; quando la donna cammina, producono un piacevole tintinnio.

• Affinché i l quadro sia completo ricordiamo ancora alcuni accessori che una signora veramente elegante non dimentica mai quando esce di casa: la borsetta, il ventaglio e l’ombrellino.

• I ventagli non sono pieghevoli come i nostri, ma rigidi: sono fatti di piume di pavone dai brillanti colori, oppure di foglie di loto.

L’EDUCAZIONE DEL RAGAZZO • Nove giorni dopo la nascita, il padre dava al figlio un nome, poi gli poneva al collo un piccolo amuleto d’oro o di bronzo o di cuoio, chiamato bulla e

destinato a scacciare il " malocchio"; il ragazzi lo conservava fino alla maggior età.• Nei primi tempi della repubblica il ragazzo veniva allevato dalla madre o da una vecchia parente; in seguito se la sua famiglia poteva permetterselo, egli

veniva educato da una schiava greca apprendendo cosi’ a parlare il greco contemporaneamente al latino.• I suoi passatempi erano il gioco a mosca cieca, la trottola, il cavallo di legno, i trampoli.• Di solito era il padre che gli insegnava a leggere, scrivere nuotare e cavalcare.• Un padre ricco poteva servirsi di un liberto o comperare uno schiavo colto perché facesse da precettore al figlio; altrimenti a sette anni il ragazzo veniva

mandato a scuola.• Le lezioni non si svolgevano in un edificio apposito; il maestro stesso affittava una stanza in qualche retrobottega oppure faceva lezione sul tetto a

terrazza di una casa qualsiasi.• Chiunque poteva aprire una scuola purché naturalmente trovasse allievi paganti. Le lezioni cominciavano piuttosto presto. Il ragazzo usciva di casa prima

dell’alba, rischiarandosi il cammino con una lanterna. Il povero portava da se stesso il sacco con le tavolette incerate e comperava per via un pezzo di pane per la colazione; il ricco invece, si faceva accompagnare da uno schiavo che gli portava i libri. Il problema principale del maestro era quello di mantenere la disciplina.

• Se insegnava in una bottega, l’aula era separata dai rumori della strada soltanto da una tenda.• L’insegnante era spesso un liberto che aveva imparato a leggere e scrivere quando ancora era schiavo; ma poteva anche essere un ex lottatore oppure

un mimo, che i figli dei liberi cittadini non rispettavano minimamente.• Le lezioni duravano sei ore, con una pausa per la colazione a mezzogiorno . A volte invece di tornare a scuola dopo l’intervallo gli allievi si intrufolavano

nel circolo per vedere le corse dei carri.• Durante la repubblica l’anno scolastico contava più di un centinaio di giorni festivi durante i quali la scuola era chiusa, senza tener conto naturalmente

delle vacanze estive.• Per cinque anni l’allievo imparava a leggere a fare di conto (addizioni sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni fatte con l’aiuto di un abbaco).• L’abbaco più semplice era costituito da una scatola di sabbia con dischi metallici mobili.• Gli abbachi più complicati, o pallottolieri, erano composti o di asticelle sulle quali si facevano scorrere alcune palline di legno colorate. L’insegnante stava

seduto su una sedia, mentre gli allievi sedevano su panche e tenevano sulle ginocchia le tavolette per scrivere. Incidevano le lettere sulla cera mediante una cannuccia appuntita di ferro chiamata stylum (da cui e’ derivata la parola "stilografica"). Le lettere che essi tracciavano, erano praticamente identiche a quelle in cui noi ci serviamo oggi.

• A dodici anni il ragazzo iniziava lo studio, a casa o a scuola, della letteratura sotto la guida di un grammatico, generalmente greco, dell’Asia o di Egitto.• Gli allievi dovevano arrivare a parlare, a leggere e a scrivere il greco correttamente come il latino.• I Romani si burlavano di quei grammatici che tenevano corsi di lezione su argomenti assurdi:• per esempio su quali fossero i canti delle sirene.• Nei primi tempi della Repubblica, il ragazzo diventava ufficialmente uomo a 17 anni.• Deponeva allora la "bulla" e la toga praetexta con un fregio rosso, per indossare la toga tutta bianca o toga virilis. Ormai era un cittadini che doveva

prestare servizio nell’esercito.• Verso la fine della Repubblica e sotto l’Impero, il ragazzo poteva a volte indossare la toga virilis gia’ a 14 anni senza per questo dover servire nell’esercito.• Dopo aver rivestito la toga virile, il giovane studiava la filosofia e l’oratoria.• Alla fine della Repubblica si recava anche all’estero: ad Atene ad Alessandria e Rodi.• Cesare Cicerone e il poeta Orazio studiarono all’estero.• Più tardi, ai tempi dell’impero il giovane poteva ricevere questa formazione "universitaria" anche nel suo paese, poiché gli imperatori favorirono l’istruzione

superiore fondando nuove scuole e distribuendo borse di studio agli studenti poveri.

L’ABBIGLIAMENTO MASCHILE • Su di una specie di camicia di lino piuttosto corta e a diretto contatto con la pelle, il romano infila la "tunica", ossia una veste di lana

formata da due pezzi di stoffa cuciti insieme e tenuta stretta intorno al corpo da una cintura piuttosto bassa sui fianchi; la tunica cade in modo ineguale: fin sul ginocchio davanti, un po’ più lunga dietro. Le maniche o mancano del tutto o non arrivano all’altezza del gomito; solo gli effeminati usano tuniche lunghe fino alla caviglia, senza cintura e con maniche fino ai polsi, il che è considerato, almeno nell’età repubblicana e nei primi secoli dell’Impero cosa assai riprovevole.

• La tunica è la veste che si indossa nell’intimità della casa, in campagna, in provincia ; è la veste che usa la gente che lavora, perché è semplice e pratica.

• Quando fa freddo si mettono due o più tuniche l’una sull’altra.• Ornamento più comune della tunica è una striscia di porpora che serve a determinare l’ordine o la• classe sociale cui si appartiene: quella dei senatori è molto larga, più ridotta quella dei cavalieri.• Vi è poi la tunica "palmata" adorna di splendidi ricami che indossano i generali vincitori durante il trionfo.• Il cittadino romano prima di uscire di casa si avvolge nella "toga": è questo l’abito ufficiale dei romani, inseparabile da tutte le

manifestazioni della loro attività civica.• La toga è stata usata fin dai tempi antichissimi; essa costituisce il costume nazionale e distintivo dei romani.• La toga è un manto di lana bianca pesante, tutto di un pezzo; le sue dimensioni e il modo con cui si avvolge intorno al corpo hanno subito

vari mutamenti attraverso i secoli.• Alle origini doveva essere una specie di coperta di forma quadrata che si gettava semplicemente sulle spalle; poi, con il passare del

tempo, quel manto fu tagliato in modo da permettere un drappeggio menu rudimentale.• Nell’età di Augusto è di moda una toga molto ampia tagliata a forma di ellisse, che avvolge il corpo con una sapiente drappeggiatura,

lasciando libero il braccio destro.• Mettersi addosso la toga in modo che cada bene, che avvolga armoniosamente il corpo, richiede una notevole abilità; chi può si fa aiutare

da uno schiavo che ha provveduto fin dalla sera prima a preparare l’abito disponendo in ordine le pieghe; gli altri si arrangiano da soli, ma talvolta non possono evitare che la toga, come dice Orazio, cada male, esponendo chi la porta ai commenti maligni del prossimo.

• Bello e dignitoso è questo abito, ma assai poco pratico: quando si cammina, quando si gesticola, quando ci si fa largo nelle vie e nelle piazze formicolanti di gente, è difficile mantenerlo composto ed in bell’ordine! E inoltre, quanti lavaggi sono necessari per conservare il suo candore immacolato! La lana a furia di lavarla, si rovina…

• Poiché la toga è veramente poco pratica, non c’è da stupirsi se i Romani cercano di limitarne l’uso alle situazioni in cui è strettamente indispensabile e se, con il passare del tempo, vanno via via sostituendola con manti più semplici e più comodi, alcuni dei quali, si possono indossare anche sulla toga, quando fa freddo. Così, soprattutto nell’età imperiale il cittadini romani comincia ad usare il "pallium", una sopravveste più corta, meno ampia della toga e che perciò non impaccia i movimenti. Quando ci si mette in viaggio, o in città quando fa molto freddo, si indossa sopra la tunica una specie di blusa interamente chiusa davanti, fornita di cappuccio, che si infila passando la testa attraverso una apertura centrale.

• Quando il romano indossa la toga o esce in pubblico, porta i "calcei", stivaletti alti fin quasi al polpaccio che coprono interamente il piede; neri sono i calcei dei senatori, rossi quelli dei patrizi generalmente i romani vanno a capo scoperto; solo quando si mettono in viaggio o a teatro quando stanno lunghe ore fermi al sole, si riparano con un cappello di feltro a larghe tese annodato sotto il mento o sulla nuca che si chiama "petasus".

• L’unico ornamento che gli uomini usano sono gli anelli. Nell’età imperiale si diffonde la consuetudine di portare anelli esclusivamente come ornamento; certi tipi stravaganti giungono al punto di metterne uno ad ogni dito e persino parecchi allo stesso dito; altri più bizzarri ancora sfoggiano anelli "d’estate" e anelli "d’inverno.

BARBA E CAPELLI • Prima di uscire di casa il cittadino romano dedica pochissimo tempo alla cura della propria persona: siccome al pomeriggio farà il bagno alle

Terme, oppure in casa sua, al mattino si limita a lavarsi il viso e le mani nell’acqua fresca. Così, dopo che ha consumato una rapida colazione consistente in cibi leggeri quali pane, formaggio, miele, datteri, può uscire e dedicarsi alle sue occupazioni.

• Nel corso della mattinata egli farà certamente una sosta nella bottega del barbiere.• Nei tempi antichissimi, i Romani si lasciavano crescere liberamente barba e capelli.• Quando si diffuse l’influenza del mondo greco cominciò a farsi sentire nei costumi e nelle usanze, si diffuse tra i Romani la consuetudine di

tagliarsi i capelli e radersi le guance. Soltanto in segno di lutto o in occasioni di calamità e sventure che colpivano la città, i cittadini tralasciavano per qualche tempo di tagliarsi capelli e barba.

• I giovani aspettavano che la barba diventasse bella folta, allora si sottoponevano per la prima volta all’opera del barbiere e l’avvenimento veniva festeggiato in modo solenne. Assumeva infatti il carattere di una cerimonia sacra: la barba deposta in una pisside d’oro, di vetro, o in un vaso di semplice fattura veniva offerta come primizia agli dei; in casa del giovane si faceva gran festa, si invitavano gli amici si scambiavano doni.

• La bottega di un barbiere dall’alba fino alle prime ore del pomeriggio è un continuo via vai di gente:• chi si siede sulle panche che circondano la bottega, chi si rimira negli specchi appesi al muro, chi si ferma ad oziare, a pettegolare, a

raccontare le ultime novità.• All’interno avvolto in un accappatoio di mussola o di lino, oppure protetto da un asciugamano intorno al collo, sta il cliente di turno seduto su

di uno sgabello; intorno a lui si affaccendano il barbiere e i suoi aiutanti.• Gli strumenti che vediamo nelle loro mani(forbici e rasoio) ci danno un’idea della difficoltà dell’impresa.• Poiché nessuna testimonianza accenna ad una qualche operazione preliminare per lubrificare la pelle con olio o con altre sostanze emollienti,

è probabile che il barbiere si limitasse a passare sul viso del cliente un po’ d’acqua, prima di cominciare il suo lavoro.• Chi non aveva il tempo di far lunghe sedute dal barbiere poteva ricorrere ad un altro sistema: si faceva strofinare la faccia con uno dei tanti

linimenti depilatori. Si tratta di unguenti a base di resina e di pece, oppure di grasso d’asino o fiele di capra, o sangue di pipistrello, bava di rana, polvere di vipera…

• Sulla loro efficacia non possiamo pronunciarci, sappiamo soltanto che l’autore consiglia in ogni caso di far ricorso anche alle pinzette per strappare i peli ribelli della barba: i due sistemi combinati

• Insieme dovevano pur dare qualche risultato ed erano probabilmente preferibili al supplizio del rasoio. Ognuno si arrangiava come poteva; vi era persino chi usava in una sola volta, sulla propria faccia, tutti e tre gli strumenti del barbiere: forbici rasoio e pinzette.

• Il barbiere ha anche il compito di tagliare o arricciare i capelli; la grande maggioranza dei romani usa portarli né troppo lunghi, né troppo corti; solo la gente di campagna e gli schiavi di fatica si fanno rasare; gli schiavi di lusso ed i giovinetti liberi portano lunghi capelli ondulati sulle spalle.

• Naturalmente accanto ai comuni mortali che si accontentano di un taglio e di un colpo di pettine non mancano nella variopinta società romana quelli che noi oggi chiameremmo "gagà": bellimbusti dalle chiome arricciate e abbondantemente profumate con oli e balsami vari.

• Il barbiere deve cercare di accontentare sempre il cliente: gli elegantoni vogliono la pettinatura all’ultima moda; coloro che hanno i capelli grigi e bianchi vogliono illudersi di essere ancora giovani e allora bisogna ricorrere alla tintura; quelli che sono calvi o quasi calvi, devono essere aiutati a nascondere i danni che il tempo ha provocato, con risultati talvolta piuttosto ridicoli.

• Quello del barbiere è un mestiere assai redditizio; chi è particolarmente abile può arricchire facilmente, come ci dimostrano gli accenni nelle opere di Marziale e di Giovenale alla rapida ascesa di tanti barbieri, divenuti ricchi proprietari di fondi, o entrati nell’ordine dei cavalieri.

CIBI E BEVANDE

• Due erano i pasti principali dei romani antichi .Il prandium e la cena. anche dopo poco il risveglio si mangiava qualcosa, generalmente pane, frutta secca e formaggio, ma questa prima colazione non era di tutti. C’era chi beveva soltanto una ciotola di latte. I cibi fondamentali erano ottenuti dai cereali e dai vegetali, per quanto riguarda la generalità della popolazione, che faceva poco uso di carne se non in particolari occasioni. La base della nutrizione era una pappa di cereali bolliti , farro o miglio o semola. Frequente era anche l’uso di pane bollito insieme ai vegetali. Chi poteva permetterselo, aggiungeva a questa pappa uova, formaggio o miele, ottenendo, cosi’, la cosiddetta puls punica. Col nome di polenta si indicava l’orzo bollito, se tale orzo già molle veniva allungato con miele e un po’ d’acqua si otteneva la tisana, una bevanda rinfrescante, altrettanto medicamentoso era il decotto di riso trattato con miele, che però veniva preparato raramente, poiché il riso era importato dall’India e costava un occhio.

INSEGNAMENTO• La primissima educazione avveniva in famiglia e comprendeva oltre

a leggere, scrivere e far di conto anche nozioni musicali, poiché’ le gesta degli antenati – cosi’ come alcune cerimonie religiose – venivano cantilenate. Siccome l’ignoranza della legge non scusava nessuno, si imparava presto a compitare i caratteri e a tracciare le prime righe di scrittura, naturalmente con uno stilo su tavolette che più’ tardi furono chiamate codicilli da codex, che era il libro dei conti. Quindi, una volta esercitatisi in casa con stilo e tavoletta di cera, ragazzi e adulti erano in grado di usare il càlamo e scrivere sui rotoli di papiro, poi di pergamena romani appresero a usare rotoli e codici a seguito della diffusione della cultura greca e della costituzione di biblioteche asportate dalla Macedonia, da Atene, dal Ponto e da Alessandria d’Egitto. La prima biblioteca pubblica a Roma fu allestita soltanto nel 39 a. C. dal coltissimo funzionario Gaio Asinio Pollione.

Anno scolastico: 2008-2009 Classe: IIDDocente: Barbara PecereAlunni:• Cacciatore Gabriele• Cacciatore Marta• Calosso Ilaria• Cataldi Davide• Cavalera Michele• Degli Angeli Federica• De Matteis Chiara• Ligetta Gabriele• Mariello Massimo• Reho Alberto• Sabato Paola• Solida Davide• Trianni Erika• Troisi Daniela