La Squillace Medievale tra storia e architettura · Capitolo 2: Il castello di Squillace ... Il...

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UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria Elementi di storia medievale Prof. re Attilio Vaccaro A.A. 2013/2014 La Squillace Medievale tra storia e architettura Il Castrum e Santa Maria della Roccella (secc. VII - XII ) Melania Codispoti 159404 Federica De Fazio 159396 Maria Elena Gualtieri 153717

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UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria

Elementi di storia medievale – Prof. re Attilio VaccaroA.A. 2013/2014

La Squillace Medievale tra

storia e architettura

Il Castrum e Santa Maria della Roccella

(secc. VII - XII )

Melania Codispoti 159404

Federica De Fazio 159396

Maria Elena Gualtieri 153717

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INDICE

INTRODUZIONE

Capitolo 1: Storia di Squillace

1.1 Excursus storico: Skylletion – Scolacium – Squillace

1.2 Dalla venuta bizantina alla conquista normanna

Capitolo 2: Il castello di Squillace

2.1 Origine ed evoluzione storica del castrum

2.2 Il ruolo difensivo e la struttura del Castrum

Capitolo 3: Santa Maria della Roccella

3.1 L’architettura della basilica

3.2 Il Parco archeologico della Roccelletta

Appendice:

- Fonti

- Fotografie

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

3

INTRODUZIONE

Molti sono i fatti, gli aneddoti e le vicende che hanno caratterizzato la storia di

Squillace, ecco perché la città di oggi non è altro che il risultato di quanto un

tempo accadde, e non si può fare a meno di considerarne il passato e la storia, in

particolare quella medievale, sulla quale abbiamo concentrato la nostra

attenzione, tentando di ricostruire un filo conduttore sul complicato avvicendarsi

degli eventi.

Il presente lavoro intende fornire una panoramica sulla storia e sull’architettura

dei monumenti rappresentativi della città di Squillace, dalla sua fondazione come

colonia greca alla conquista del territorio da parte dei Normanni (secc. IV a.C. –

XII d.C.).

Nel primo capitolo abbiamo elaborato un excursus storico che dalla Skylletion

greca, passando per la Scolacium romana, ha portato alla fondazione della

Squillace medievale.

In particolare, ci siamo soffermate sul periodo bizantino – normanno noto per lo

sviluppo di strutture architettoniche quali il Castello e la Basilica di Santa Maria

della Roccella.

Infatti nel secondo capitolo abbiamo posto la nostra attenzione sul ruolo

difensivo e le caratteristiche edilizie del Castello; mentre nel terzo capitolo ci

siamo concentrate sulla descrizione ed espressione artistico - architettonica della

Basilica di Santa Maria della Roccella.

A tal proposito abbiamo arricchito la nostra ricerca con un esposto sul Parco

archeologico di Roccelletta (di Borgia), all’interno del quale sorge la Basilica.

Il nostro lavoro si conclude con un’appendice fotografica contenenti immagini

attuali del Castello e della Basilica, nonché di reperti, appartenenti ai periodi

storici precedentemente trattati, che sono stati portati alla luce, a seguito di

numerose indagini, nell’importante sito archeologico.

4

Capitolo 1: Storia di Squillace

Il problema della fondazione di Squillace si presenta per gli storici

abbastanza intricato in quanto oscilla tra storia e leggenda. Sulla questione

esistono diverse interpretazioni:

la fondazione di Squillace, sulle rive del mare Ionio, è attribuita da

Cassiodoro (in una sua importante lettera1 indirizzata a Massimo,

Cancellarius della Lucania e dei Bruzi, senatore e prefetto del pretorio), al

mitico Ulisse “Scyllaceum, prima urbium Bruttiorum, quam Troiae

destructor Ulixes legitur condidisse”. Strabone, invece, attribuisce la

fondazione della colonia di Skylletion all’eroe Menesteo ed agli Ateniesi.

Aristotele cita Skilletion, indentificandone il sito con quello noto all’epoca

con il nome di “Italia”. Italia era infatti denominato l’intero istmo della

Calabria, compreso tra il Golfo di Skilletikos ed il Golfo Lametikos. È

comunque certo che Skilletion, città della Magna Graecia, era nello stesso

luogo dove nel 123 a.C. sorse la colonia romana di Scolacium per volere di

Caio Gracco, con una successiva ricolonizzazione al tempo dell’imperatore

Nerva (96 – 98 d.C.), che volle chiamarla “Minervia Nervia Augusta

Scolacium”.2

11 F20. Cassiodorus, Varia, XII, 15. (lettera databile al 553-557 d.C.) Cfr. R. Spadea, Da Skylletion a Scolacium.Il parco archeologico della Roccelletta, Roma, Gangemi editore, 1989, p. 56.2 G. MERCURIO, Il Castello di Squillace, Squillace, Sud Grafica, 2000, pp. 6-7.

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1.1 Excursus storico: Skylletion – Scolacium – Squillace

Nonostante le diverse ipotesi sulla fondazione di Squillace (Strabone,

Cassiodoro, Aristotele), scarse risultano le testimonianze relative alla

ricostruzione della storia, dello sviluppo e del declino della colonia magno

greca. Sicuramente la sua posizione strategica la pone in una situazione

politicamente rilevante tra le polis più forti, Crotone e Locri, che si

contendevano il dominio del territorio3. Dal punto di vista economico,

demografico e culturale le informazioni sono poco esaustive, tuttavia i

ritrovamenti, risalenti all’età ellenistica (IV – III sec. a.C.), lasciano

supporre che Skylletion, in questo periodo, godesse di una buona posizione

commerciale. Testimonianza ne sono i reperti archeologici quali frammenti

di ceramica a figure nere, orli di coppe attiche e coppe ioniche. Di

Skylletion al momento non si conosce l’estensione e i caratteri urbanistici,

poiché vi si sovrappose in seguito la colonia romana fondata con il nome di

Colonia Minervia Scolacium, alla fine della seconda guerra punica, per

volere del tribuno Caio Gracco (123 – 122 a.C.). Con l’insediamento dei

Romani si ebbe una riurbanizzazione e riorganizzazione del territorio: le

vecchie vie di comunicazione vennero integrate con la costruzione di nuove

strade e rilevante fu anche la creazione di zone commerciali e residenziali

(“villae”). All’epoca di Augusto e con i suoi successori giulio - claudi (fino

al 69 d.C.), si assiste alla costruzione di edifici particolarmente sontuosi

(foro, teatro, terme) e alla presenza di produzioni ceramiche ed artigianali.

Dopo un periodo di declino, tra il 96 e il 98 d.C., si assiste alla

ricolonizzazione della città sotto l’imperatore Marco Cocceio Nerva, che la

rinominò Colonia Minervia Nervia Augusta Scolacium, la quale si

3 “L’esistenza di un antico insediamento è testimoniata in larga misura dalle fonti antiche. Gli storici e i geografi,da Tucidide a Strabone, forniscono, tuttavia, brevi indicazioni che non aiutano a ricostruire con precisione latopografia della città greca Skylletion, che giace negli strati più profondi del Parco archeologico dellaRoccelletta.” R. SPADEA, Da Skylletion a Scolacium. Il parco archeologico della Roccelletta, Roma, GangemiEditore, 1989, p.70.

6

mantenne prospera e prestigiosa fino al III sec. d.C.. Dal IV secolo si

assistette al declino di Scolacium.

La caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.), causata

dall’invasione dei barbari, vide la deposizione dell’ultimo imperatore

romano Romolo Augustolo per mano del barbaro Odoacre. In Italia si

generò così una profonda crisi della civiltà latina: l’impianto romano venne

smantellato e molte città persero il loro prestigio. Tuttavia, nonostante le

drammatiche vicende tra Goti e Bizantini (523 – 553 d.C.), la colonia

Scolacium continuò ad essere centro attivo in campo politico, economico,

sociale e culturale. In particolare dal punto di vista religioso la città diventò

sede del Vescovo e il territorio venne elevato a Diocesi4. “Squillace

annovera già nel 465 un suo vescovo, Gaudenzio, tra quelli presenti al

Sinodo Romano indetto da papa Ilario.” 5.

In questi anni Cassiodoro6, alla fine della sua carriera politica, si ritirò nella

sua patria, Squillace, dove fece costruire il Vivarium, centro di cultura

europea dell’epoca, dotato di una ricchissima biblioteca, di un fiorente

scriptorium, in cui si trovavano testi antichi latini e in parte greci,

manoscritti e pergamene. Inoltre fondò il Castellense7, luogo di

contemplazione, di ascesi e di preghiera per i suoi seguaci.

“L’atto di nascita dell’attuale cittadina si intuisce da una lettera di papa S.

Gregorio Magno, coevo di Cassiodoro, indirizzata nel 598 al vescovo di

Squillace Giovanni, per la richiesta di intermediazione tra i monaci di

Cassiodoro e gli abitanti del luogo, che non volevano pagare il canone per

4 Cfr. G. LOTTELLI, Squillace dall’età antica all’età moderna, ossia “Squillacii redivivi libri IV”, Rende,Centro Editoriale e Librario Università degli Studi della Calabria, 1999.5 G. MERCURIO, 2000, p. 12.6 “Cassiodòro (lat. Flavius Magnus Aurelius Cassiodorus Senator). – Politico e letterato (Squillace 490 circa –Vivario 580 circa); figlio d’un alto funzionario di Teodorico, fu (507) questore, nel 514 console, e nel 523magister officiorum, ministro per la politica interna.”. www.treccani.it/enciclopedia/cassiodoro/7 “Verosimilmente, il Castellense sorse dove è la Squillace moderna, sul Monte Castello, dal quale derivaappunto il toponimo “castellense”. Ancora oggi, nella zona alta della città esiste una vecchia abitazione che, dasecoli, viene identificata come “Casa di Cassiodoro”.”. G. MERCURIO, 2000, p. 10.

7

il suolo occupato e di pertinenza del Castellense. In questa lettera si parla di

un “Castrum quod Scillaceum dicitur” ”.8

Si ritiene che il VI secolo sia lo spartiacque tra la Squillace classica

(Skylletion e Scolacium) e quella medievale.

1.2 Dalla venuta bizantina alla conquista normanna

La Chiesa del Vescovo, la Cattedrale, diventò il fulcro intorno al quale si

svilupperà l’attuale città di Squillace. Qui risiedeva l’autorità religiosa

assoggettata al Patriarcato di Costantinopoli e il rito bizantino sostituiva

quello latino, da quando la diocesi di Squillace venne sottratta da Leone III

all’autorità di Roma a seguito dell’iconoclastia. Carenti sono le fonti

storiche e documentarie sulle vicende della città riguardanti i secoli VIII e

IX. Comunque, sotto il dominio bizantino, Squillace diventò uno tra i più

dinamici centri urbani della regione: la presenza dei monaci bizantini, la

nascita e il consolidamento di una produzione artigianale, le importazioni

dall’Oriente, rappresentarono le innovazioni della vita urbana; in più la

stessa posizione strategica (l’arroccamento del centro abitato favoriva

l’avvistamento e appariva di facile difesa) spiega perché i Bizantini

abbiano fatto del castrum di Squillace uno dei capisaldi contro le incursioni

arabe. Nonostante la posizione più interna rispetto alla costa, la città venne

assediata e conquistata dai Musulmani (904 – 960 circa).

L’arrivo dei Normanni in Calabria (1040 circa) segnò l’inizio della

latinizzazione della regione, mutando profondamente le strutture politiche,

sociali ed economiche. Nel 1044 la città venne espugnata e

successivamente, nel 1057, fu data da Roberto il Guiscardo al fratello

8 Idem, p. 11. Cfr. F21. Gregorius Magnus, Epistulae, VIII, 32 (lettera datata agosto 598). R. SPADEA, 1989, p.57.

8

Ruggero; quest’ultimo ne fece la sua temporanea residenza. Con la

presenza dei Normanni anche la diocesi di Squillace ritornò sotto la

giurisdizione del Papa di Roma. Il nuovo governo favorì la creazione di

nuovi centri abbaziali con l’intenzione di risollevare una chiesa e una

società che si trovavano in uno stato di miseria e decadimento, così come

emerge da un diploma del 1096 del conte Ruggero (“Squillacen ecclesia

sic muta erat, sic inutilis erat…”). Con i Normanni Squillace recuperò la

dignità politica, sociale, culturale e religiosa in continuità storica con la

greca Skylletion e la romana Scolacium. A tal proposito vennero ripresi i

lavori di fortificazione militare sulla preesistente Rocca bizantina, che

diventerà una costruzione tipicamente feudale (l’attuale Castello), si

intraprese la costruzione della nuova Cattedrale, rinacque l’artigianato e

ripresero i rapporti commerciali con le altre realtà della Penisola. È dunque

un periodo caratterizzato da una forte omogeneizzazione sociale: infatti la

tollerante e aperta politica normanna fece coesistere lingue e culture

diverse (greco-bizantine, latino-cristiane, arabe, francesi) e convivere

feudatari, monaci, ebrei, musulmani, borghesi, popolani e artigiani. Un

microcosmo che si sviluppò all’interno della storia dinastica degli Altavilla,

che governarono la città per quasi un secolo.

9

Capitolo 2: Il Castello di Squillace

È il “Castrum” a caratterizzare l’odierna Squillace, qui si erano rifugiati i

Bizantini prima di arrendersi ai Normanni, i quali edificarono un castello

attorno a cui ruotava l’agglomerato urbano. La vita e le attività di questo

primo insediamento erano connesse alla gestione della fortezza da cui esso

riceveva protezione. L’origine del Castello, detto dei “Borgia”, è ancora

difficile da documentare. Il primo riferimento è la lettera di Papa Gregorio

Magno al vescovo di Squillace, Giovanni (598 d.C.), nella quale si parla di

un “castrum quod Scillaceum dicitur ”. La prima fortificazione è bizantina,

sorta forse sulle rovine di una delle fabbriche del Monasterium Castellense

di Cassiodoro, e successivamente fu conquistata dagli Arabi. Nel 904,

infatti, il Castrum diviene roccaforte musulmana e dopo una successione di

emiri viene occupato nuovamente dai Bizantini nel 965. Il Castello viene

conquistato dai Normanni intorno al 1058, i quali dichiarano Squillace

“città Regia”, affidandola al conte Ruggero. Dopo gli Altavilla si

succedono altre importanti dinastie (Svevi, Angioini, Aragonesi) e famiglie

nobili (Lancia, Montfort, Del Balzo, Marzano, Borgia), che lo abiteranno

fin quasi prima del terremoto del 1783.

2.1 Origine ed evoluzione storica del castrum

La parola castello deriva dal latino medievale “castellum”, che è un

diminutivo dal latino classico “castrum”, il quale però possiede due

significati: uno al singolare “castrum”, cioè forte, e uno al plurale “castra”,

cioè accampamento più o meno fortificato. Il castrum era una piccola

fortificazione, in legno o più raramente in pietra, in grado di ospitare pochi

soldati, disposta lungo la linea di confine. I castra, molto più grandi, erano

gli accampamenti dell’esercito, che venivano piantati secondo uno schema

10

regolare standard con un recinto esterno in pali di legno o in muratura,

aperto da quattro porte, fortificate da torri, singole o doppie, situate nei

punti mediani dei quattro lati9. Il castrum ebbe origine e diffusione nel

mondo romano, che lo introdusse ogni volta risultasse necessaria la

presenza di un insediamento militarizzato in un nuovo territorio e mantenne

questo ruolo per molti secoli, indicando strutture di tipo difensivo con

caratteristiche che si allontanavano sempre di più da quelle originarie. Il

castrum bizantino solitamente consisteva in un accampamento militare, un

insediamento fortificato o una città munita ma non si discostava dagli

esempi del secolo successivo, quando iniziò a rappresentare una realtà

polivalente e mista, identificabile a volte con un semplice piccolo abitato

munito o altre volte come una vera e propria fortezza. Nel corso della

dominazione normanna l’elenco delle strutture fortificate corrispondeva

all’insieme degli antichi castra che la Corona mantenne fino al Duecento e

di cui curò sia il materiale formale che quello giuridico con l’intento di

creare un’efficace rete di fortificazioni su tutto il territorio e soprattutto nei

punti di maggior interesse strategico. Questa situazione si mantnene fino al

secolo successivo, in piena dominazione sveva, quando il castrum indicava

sempre più spesso il castello o la fortezza regia e sempre meno un luogo

fortificato o il semplice accampamento militare. Il tipico castello medievale

era caratterizzato da un fossato ed un terrapieno, anche se si diffuse

l’introduzione di torri all’interno dei recinti fortificati. Nel cortile interno

era collocata la rocca, residenza della massima autorità locale o del suo

vicario, nonché sede delle milizie e degli organi della sua curia. Nei casi in

cui il castrum rappresentava un’area non munita, si presentava come un

sobborgo fortilizio posto nella zona più alta dell’abitato, il quale venne ben

controllato e protetto10.

9 http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/storia/rc/castelli.pdf10 www.mondimedievali.net/glossario/castrum.htm

11

2.2 Il sistema difensivo e la struttura del Castrum

A Squillace un ruolo fondamentale venne esercitato dal “Sistema

difensivo”. Per la sua posizione geografica, situata su un’altura di 344 metri

sul livello del mare, e per la distanza dalle principali vie di comunicazione,

Squillace si trova già in una posizione di natura fortificata. Le opere di

fortificazione vengono rivolte al Castello, cercando di renderlo quanto mai

inespugnabile. A ciò si aggiunge la grande padronanza visiva del territorio

circostante che riesce a dominare sia il mare che l’entroterra, permettendo

agli abitanti della roccaforte di non farsi sorprendere da incursioni

improvvise, e di riuscire ad organizzare un’ottimale difesa. Il

posizionamento del Castello nel punto più alto della città garantiva un

vantaggio in caso di attacco, in quanto permetteva di difendersi dall’alto

delle mura, ponendo il nemico in condizione d’inferiorità e costituendo

l’ultima roccaforte difensiva una volta conquistata la città. La struttura

architettonica del Castello, oggi non è più quella data dai normanni, perché

numerosi sono stati i rifacimenti, le trasformazioni e gli adattamenti

richiesti nelle epoche successive dalle mutate esigenze belliche. A questo

punto è possibile fornirne una descrizione completa: esso offre la sua pianta

rettangolare e una piazza d’armi all’interno, mentre le estremità del lato est

sono delimitate da due grosse torri: una cilindrica su base semi-conica ed

una poligonale su base tronco-piramidale, di dimensioni più consistenti; un

elegante portale bugnato di epoca rinascimentale, sovrastato dallo stemma

marmoreo dei principi Borgia, orna il prospetto ed è situato alla sinistra

della torre cilindrica11. Dal Castello si sviluppa una lunga cinta di mura

intervallate da una serie di torrette di guardia poste nei punti più strategici,

dando forma ad un perimetro fortificato che racchiude l’intera struttura

dell’insediamento; inoltre da questo si dipartono due fila di mura in

11 Idem, pp. 14-15

12

direzioni opposte, per poi ricongiungersi nella parte bassa della città. La

struttura è realizzata con pietre granitiche e blocchi calcarei di varie

dimensioni legati con malta grigio chiaro abbastanza compatta; l’edificio fu

probabilmente costruito subito in pietra e si suddivideva in: un piano terra

chiuso e forse destinato a magazzino, un primo piano, diviso in due stanze

longitudinali che fungeva probabilmente da residenza, ed un secondo piano

del quale non si conosce l’uso al quale fosse destinato12. La cerchia

difensiva ha dunque condizionato l’urbanizzazione del sito, iniziata e

sviluppata entro confini protetti, rappresentando uno degli esempi di

ingegneria più validi nel contesto calabrese. Fondamentale nella storia

urbana di Squillace, fu il terribile terremoto del 1783, che distrusse quasi

interamente il Castello. Da questo momento in poi il castello ospiterà, fino

al 1978, le carceri del mandamento pretorile di Squillace. Per molti anni,

quindi, i ruderi del castello e i beni interni furono sotto la giurisdizione del

Ministero di Grazia e Giustizia e solo dopo il trasferimento delle carceri è

stato possibile per l’Amministrazione Comunale di Squillace avviare un

progetto di recupero strutturale e culturale del castello, oggi restituito al

pubblico uso, dopo imponenti opere di consolidamento, scavi archeologici

e la creazione di un piccolo museo. Durante una delle campagne di scavi,

iniziata il 31 ottobre 1994 ed ultimata il 26 novembre dello stesso anno,

condotta dall’Ecole Française di Roma, sono stati rinvenuti, nell’angolo

interno della rocca coincidente con la torre poligonale, due scheletri avvolti

in un tenero abbraccio, risalenti probabilmente al XIII e XIV secolo13. Nel

corso della medesima campagna viene individuato un passaggio segreto;

questo sormontato da un archetto dovrebbe risalire all’XI secolo, poiché

risulta collocato alla base della parete ovest del torrione che, per la sua

12 A. PLACANICA, Storia della Calabria Medievale, Roma - Reggio Calabria, Gangemi Editore, 1999, p. 391.13 G. MERCURIO, 2000, p. 42

13

posizione dominante e le caratteristiche costruttive, può considerarsi la

struttura più antica di tutto il castello.

14

Capitolo 3: Santa Maria della Roccella

Con l’avvento dei Normanni la Calabria giunse ad una svolta decisiva della

sua storia, in quanto spezzò i suoi legami politici con l’Impero d’Oriente;

tuttavia le nuove espressioni artistiche rimasero legate a modi e gusti che

da Bisanzio si erano diffusi nella regione, anche se oscillanti spesso sono le

attribuzioni di singoli monumenti ed opere a questa o a quell’età, a questa o

a quella corrente d’arte. Esempio tipico è la chiesa di Santa Maria della

Roccella, presso Roccelletta di Squillace, documentata nel 1094 col titolo

di monasterium Beatae Mariae de Rokella apud Paleopolim, in una

donazione di Ruggero all’abate Jeronimo14. Considerata edificio bizantino

del VI secolo, viene poi assegnata all’età normanna.

3.1 L’architettura della basilica

La più imponente chiesa normanno-basiliana, se effettivamente a monaci

orientali se ne debba riferire la realizzazione, è S. Maria della Roccella, la

cosiddetta “Roccelletta del Vescovo di Squillace”, che sorge a poca

distanza dal mare, dominante su un leggero rialzo del terreno; oggi del tutto

isolata, essendo scomparse le eventuali costruzioni abbaziali annesse, ma

prossima alle rovine di un consistente centro abitato tardo-antico

(Scolacium), in un ambiente per il resto quasi intatto, punteggiato di ulivi e

di pini, che accresce il mistero e il fascino della sua presenza15. La chiesa,

di notevole lunghezza e quasi interamente costruita in mattoni risalenti alle

strutture di età romana ed anche medievali, ha pianta a croce latina, con

vasta aula rettangolare illuminata da dieci finestroni e probabilmente con

copertura a capriate lignee e tegole. L’aula si inseriva, per mezzo di due

14 R. LICINIO – F. Violante, I caratteri originari della conquista normanna, Bari, edizioni Dedalo, 2004, p. 265.15 A. PLACANICA, 1999, p. 298.

15

pilastri cruciformi ed una scalinata, ad un articolato ed ampio presbiterio,

sotto cui si sviluppava in parte la cripta. Il presbiterio, coperto con volte in

muratura (a botte e a crociera), era formato dal transetto fortemente

sporgente e dal triplice corpo absidale con pavimento sopraelevato e

raggiungibile tramite altre tre gradinate poste tra due pilastri rettangolari. Il

coro centrale, molto profondo, presentava un’abside di notevole diametro

coperta da semicupola ed era articolata internamente con tre nicchie

sormontate da una grande finestra. Ai due lati del coro, due ambienti

quadrati terminavano con due absidi minori, al cui centro vi era una

finestra.

Alla chiesa si accedeva dalla porta della facciata principale,

originariamente sormontata da una grande finestra rettangolare su cui si

impostava una fascia con quattro arcate cieche, formate da una triplice

rientranza dei mattoni.

Analoghe arcate cieche (originariamente sei per lato) intervallavano

all’esterno le cinque finestre della navata, corrispondendo all’alternanza di

finestre e nicchie semicircolari presenti all’esterno delle absidi laterali e

centrale. Questa, inoltre, presentava una fascia di piccole nicchie in alto,

mentre dubbia rimane la fascia di quelle più basse, corrispondenti al livello

della cripta, dovute ad un dubbio restauro.

Un altro accesso laterale, nella parete destra della navata, garantiva il

passaggio al monastero (probabilmente progettato e mai edificato), mentre

il passaggio che attualmente si trova nella parete sinistra è stato realizzato

recentemente da parte dei restauratori degli inizi del XX secolo.

Del pavimento è stato identificato un lembo in laterizi relativo all’uso

secondario dell’edificio (XIV-XVII secolo)16.

La Basilica è attualmente contenuta nel Parco archeologico della

Roccelletta di Borgia.

16 www.scolacium.it/il_parco/la_basilica.

16

3.2 Il Parco archeologico della Roccelletta

Il Parco archeologico di Scolacium costituisce un importante sito culturale

per le notevolissime presenze archeologiche ed architettoniche: la greca

Skylletion (VII-III secolo a.C.), la romana e proto-bizantina

Scolacium/Scylaceum (II secolo a.C.- metà del VII secolo d.C.), la chiesa

abbaziale normanna di Santa Maria della Roccella (metà del XII secolo

d.C.), da cui deriva alla località il nome di Roccelletta. Esso occupa una

porzione rilevante di quel territorio che in origine apparteneva alla Mensa

vescovile di Squillace. In seguito acquisito dallo stato sabaudo fu venduto

prima alla famiglia Massara e poi alla famiglia Mazza, alla quale è stato

espropriato definitivamente nel 1982 diventando di proprietà statale. Il

Parco è un luogo privilegiato per la ricerca archeologica greco-romana e

medievale (tra Bizantini, Normanni ed Angioini) la cui presenza di alcuni

immobili padronali di XIX e XX secolo, ha permesso di allestire al loro

interno un Museo Archeologico specializzato soprattutto sulla

romanizzazione, un laboratorio di restauro e depositi archeologici. Le

indagini condotte in quest’area hanno messo in luce alcune importanti

testimonianze risalenti a diverse epoche.

In corrispondenza della zona sud-occidentale del parco, è stata individuata

una fornace (calcara), a pianta circolare, utilizzata per la produzione di

calce viva mediante cottura di pietrame calcareo.

La calcara, di età normanna (fine XI - inizi XII secolo), è riconducibile al

cantiere di costruzione per il complesso di Santa Maria della Roccella ed è

stata realizzata sulle strutture preesistenti di età imperiale. L’impianto,

danneggiato nel tempo, nella parte meridionale presenta una parete ricavata

con incavo nella collina rivestito in argilla. In quella settentrionale la parete

è in muratura e presenta molto in basso un’apertura (praefurnium) per

l’accensione del combustibile (legna) e il controllo dei fumi.

17

La tipologia della calcara prevedeva carico e scarico dall’alto, mentre la

catasta di legna, al centro della camera di cottura, poggiava su un piano di

suola sorretto da mattoni crudi o dai grumi di argilla che avevano la

funzione di impedire il collasso del carico durante la combustione. Sul

fondo della fornace è stata individuata una cavità che raccoglieva le ceneri

della combustione. All’interno della calcara è stato recuperato l’ultimo

carico, non completato, della sua attività produttiva. Esso, in parte calcinato

dalla cottura, é caratterizzato dalla presenza di pietre calcaree di varia

qualità assieme a frammenti marmorei provenienti dal saccheggio delle

rovine di Scolacium17.

17 www.scolacium.it/il_parco/la-trincea-nw/

18

APPENDICE

Fonti

F20. Cassiodorus, Varia, XII, 15. (Lettera databile al 553 – 557 d.C.)

A Massimo, uomo illustrissimo, Cancellarius della Lucania e dei Bruzi, Senatore

prefetto del pretorio.

“Scylaceum, prima fra le città dei Bruzi, che si crede fondata da Ulisse, distruttore di

Troia, si dice sia irrazionalmente vessata dall’eccessivo numero di coloro che

presumono che non sia necessario che venga assunta sotto la nostra presidenza: poiché

saremmo costretti a dolerci di più delle sue ferite, dal momento che si è deciso di

toccarci nel sentimento patriottico. La città, posta sopra il golfo di Taranto, pende come

a un grappolo dai colli, non perché si inorgoglisce della difficile ascensione, ma per

volgersi a mirare i campi verdeggianti e il ceruleo dorso del mare. Essa guarda il sole

nascente dalla stessa sua culla, quando il giorno che sorge non mandi innanzi come

messaggera l’aurora: ché subito, quando comincia a nascere, il vibrante calore del sole

le mostra la sua fiaccola. La città si volge allora a rimirare Febo in un nimbo di gioia, e

della propria luce fulgente risplende, sì che essa stessa può essere considerata la vera

patria del sole, oscurando la stessa fama di Rodi. Gode la città di luce perspicua; dotata

anche di mite temperatura, ha inverni solatii, sente refrigerate le estati, e senza alcun

disagio vi si vive, dal momento che non si temono stagioni inclementi. Qui anche

l’uomo si sente più libero, poiché il clima temperato in tutte le cose fa sentire la sua

virtù. Infatti la terra troppo calda rende gli uomini leggeri e volubili, se è troppo fredda,

tardi e subdoli; solo se è temperata forma i caratteri degli uomini secondo la sua qualità.

Per questo gli antichi dissero che Atene è la sede dei saggi, perché, circonda come da un

profumo della purezza dell’aria, con felice larghezza preparò intelletti lucidissimi per la

vita contemplativa. Che forse è la stessa cosa assorbire nel corpo acque melmose o

abbeverarsi alla trasparenza di una dolcissima fonte? Così il vigore dell’animo è

appesantito quando è compresso da aria più grave. Soggiaciamo infatti necessariamente

a tali influenze quando ci sentiamo tristi in un giorno aduggiato dalle nubi; e di nuovo

naturalmente al sereno ci rallegriamo, perché la sostanza celeste dell’anima si allieta per

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tutto quello che è più puro e immacolato. La città è anche ricca di delicatezze marine,

possedendo vicini vivai, che noi stessi facemmo costruire. Infatti ai piedi del monte

Moscio, scavate le viscere petrose, facemmo penetrare, ridente visione, i flutti del mare.

Dove le schiere dei pesci, che giuocano in libera cattività, riempiono di diletto l’anima e

per l’ammirazione fanno gioire lo sguardo. Corrono avidi verso le mani degli uomini e,

prima che divengano cibo, cercano il cibo. L’uomo pasce le sue delizie e, mentre ha il

potere di prenderle, spesso avviene che, soddisfatto, tutta la preda lasci nel vivaio. A

quelli che vivono in città non è tolto neanche lo spettacolo di chi fa nei campi un

giocondo lavoro. Si vedono ovunque copiose vendemmie e la pingue trebbiatura delle

aie; si rivela nei prati il volto dei verdi olivi. Non ha bisogno dell’amenità dei campi

colui cui è dato di vedere tutto dalla città. E poiché essa non ha mura, potresti crederla

una città rurale, e potresti insieme giudicarla una villa urbana, e avendo l’una e l’altra

fortuna, è conosciuta da tutti, famosa ovunque per grandi lodi. Chi transita

frequentemente desidera visitarla, agognando a un sollievo dalla stanchezza delle umane

fatiche … Queste terre altri potrebbe chiamarle Isole Fortunate, io piuttosto le tue sedi

di abitazione più fortunate.”

F21. Gregorius Magnus, Epistulae, VIII, 32 (lettera datata agosto 598)

Gregorio a Giovanni, vescovo Scillitano.

“È noto che sia molto grave e contro la posizione sacerdotale voler scardinare i

privilegi, già da tempo acquisiti di qualche monastero e tentare di vanificare alcune

delle disposizioni volte a tutelare la tranquillità. Pertanto i monaci del monastero

Castelliense si sono lamentati con noi di ciò che si è stabilito nella vostra città, poiché vi

affrettate ad introdurre in quello stesso monastero alcune norme contrarie a quelle che

sono state consentite dai vostri predecessori e si sono conservate per lunga

consuetudine, ed a turbare l’antico ordinamento …

Hanno inoltre segnalato i monaci del predetto monastero, che il castrum detto

Scillacium era stato fondato in un territorio sotto la giurisdizione del loro monastero e

per questo gli abitanti di lì, mediante un contratto scritto, avevano pattuito di pagare

ogni anno un compenso, ma successivamente non ne avevano più tenuto conto e, senza

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alcuna ragione, si erano esentati da questa prestazione. Facciate pertanto in modo di

appurare con esattezza la verità; e se riuscite a scoprirla, subito facciate di tutto perché

non ritardino a pagare ciò che avevano promesso, dal momento che anche il diritto lo

esige; ciò affinchè anch’essi possiedano in pace ciò che occupano, e i diritti del

monastero non siano lesi. Inoltre i monaci del predetto monastero si sono lamentati che

il loro abate aveva concesso, all’interno del castrum Scillitanum una terra

dell’estensione di 600 piedi, col pretesto di fabbricare una chiesa per i tuoi confratelli, a

titolo di donazione; e pertanto vogliamo rivendicare alla giurisdizione della chiesa

quella parte di terreno che le pareti dell’edificata chiesa possono racchiudere. Ma invero

tutto ciò che rimane al di fuori delle pareti della chiesa stessa, ritorni senza alcuna

difficoltà sotto la giurisdizione del monastero, poiché né le leggi laiche, né gli statuti dei

sacri canoni consentono che i possedimenti del monastero possano a qualsivoglia titolo

essere separati dalla sua giurisdizione. Perciò senza alcun indugio ristabilisci allo stato

di prima la donazione di questa terra, che è stata fatta contro la norma.”

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Fotografie

Il bastione a tronco di cono ottagonale

visto da Sud.

Il torrione del castello di Squillace

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Una porta arcata d’ingresso

Veduta interna dell’arcata

finestrata con le posizioni di tiro

Le mura esterne del castello

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la Basilica

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Santa Maria della Roccella in una foto d’epoca prima dei restauri dell’inizio del ‘900.

Particolare dell’incisione di Varin su disegno di Claude Louis Chatelet per il “Voyage

pictorèsque” dell’Abbé de Saint-Non (Parigi, 1781-1786): Golfe de Squilace et Ruines

de l’antique Scylatium aujourd’hui la Rochelle.

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Planimetria del parco con monumenti, servizi e percorso di visita

La calcara medievale

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BIBLIOGRAFIA

U. BOSCO – A. DE FRANCISCIS – G. ISNARDI, Calabria, Milano,Electa Editrice, 1962

R. LICINIO – F. VIOLANTE, I caratteri originari della conquistanormanna, Bari, edizioni Dedalo, 2004

G. MERCURIO, Il Castello di Squillace, Squillace, Sud Grafica, 2000

A. PLACANICA, Storia della Calabria Medievale, Roma - ReggioCalabria, Gangemi Editore, 1999

R. SPADEA, Da Skylletion a Scolacium. Il parco archeologico dellaRoccelletta, Roma, Gangemi Editore, 1989

SITOGRAFIA

www.scolacium.it

www.mondimedievali.net/castelli/Calabria/catanzaro/squillace.htm

www.mondimedievali.net

www.treccani.it

www.digilander.libero.it