La Soluzione dell’omino nel frattempo, nelle scuole ... · Il seme della montagna Indeclinabili...

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1 La Soluzione dell’omino piccolo piccolo. E venne l’omino, piccolo piccolo. Attaccò il suo cappello al portabiti, si tolse la giacca e s’arrotolò le maniche. Sferzò l’aria con il suo indice per riavvicinarlo, poi, al naso. Qualcosa non lo convinceva. Troppe cose. Lavoro strano, orari strani e malattie strane. Il tutto, per di più, certificato a norma di legge. Secondo dettami assoluti a stabilire giorni ed orari ben definiti. Dettami risibili da Commedia dell’Arte. Vera, propria e spietata: arrangiarsi, l’imperativo, sbarcare il lunario. Facendosi beffe di tutto. Super omnia precariato e regole. Infrante e derise da nugoli di parassiti: c’è chi vuole riportare il grembiule a scuola senza gli esami di riparazione e, nel frattempo, nelle scuole italiche ci lavorano frotte di invalidi e di parenti strettamente vicini. Invalidità? Vere, presunte? Eloquenti tabelle merceologiche aiutano nelle tenebre del non sapere. Tabelle insindacabili. Per dotti e…furbetti. Parentele? Vere, presunte? Di Nepotismo non si muore. Anzi. Non s’infrange alcunché, non è reato “raccomandare” ha sentenziato pure l’Alta Corte. Tutte queste argomentazioni ronzavano nel cervello dell’omino piccolo piccolo, più che mai determinato a trovare una soluzione. La Soluzione. Ma come? Il sole calava, dietro le colline, a salutare un’altra giornata, di solarità e calore. Poco importavano orizzonti lontani, bagnati da altre storie, altro sangue ed altra sporcizia. In nome del dio Denaro e dei suoi fidati combattenti, nobili Pronipoti di sua Maestà il Denaro. L’omino piccolo piccolo si rovistò nelle tasche e trasecolò. In una tasca aveva la Soluzione… A.M. sciamanici, ovvero dall’accostamento fabbro-sciamano 5 , che un proverbio yakuta unifica in una sorta di endiade: “Fabbri e sciamani sono dello stesso nido” 6 . Venendo al mito, esso è riportato dalla testimonianza dello storico persiano Rašiduddin (1248-1318) nella sua opera, Ğami’ ut-Tawarikh”, tramandato ai tempi della dinastia ilkhanide in Iran. Secondo il parere dello studioso Ögel 7 la leggenda, di cui esistono diverse varianti, è un’epopea originariamente turca che fu successivamente mongolizzata dallo stesso Rašiduddin. Sta di fatto che essa intreccia il destino dei Turchi con quello dei Mongoli, nel senso che entrambi se ne appropriano, sviluppandola poi nelle rispettive tradizioni letterarie. Venendo alla narrazione, Ergenekon, termine glossato come “monte o passo impervio8 , è il nome di una valle sperduta nella terra dei T’u-küe, 突厥 Tūjué, o Turchi Celesti, ovvero la Mongolia. Il mito, in realtà, potrebbe anche possedere una chiave di lettura evemeristica, secondo cui gli elementi leggendari ivi contenuti sono riconducibili ad un avvenimento storico, riferentesi nella fattispecie all’affrancamento dei T’u-küe, che erano i fabbri dell’Altai, dal giogo degli Zhuan -Zhuan o Àvari 9 . Secondo la versione mongola due ilkhanidi: Qïyan 10 e Nüküz 11 , sopravvissuti a una guerra contro i Tatari 12 , fuggono trovando rifugio in una valle circondata da cime impervie. Qui rimangono per alcune generazioni 13 moltiplicandosi fino a suddividersi in varie tribù. A un certo punto, venendo meno lo spazio vitale, cercano una via per uscire dalla vallata ma invano. Così si presenta un fabbro che indica loro di aprire un varco facendo fondere un filone metallifero all’interno della montagna, dicendo: “Qui c’è una montagna di ferro, la fonderemo!” 14 . [CONTINUA IN SECONDA PAGINA] Ergenekon è un nome suggestivo, evocativo, pregno di risonanze e significati ancestrali per il mondo turco. Esso è ubiquitario e la sua notorietà si estende dalla mitologia alla letteratura, senza tralasciare le strumentalizzazioni 1 politico-ideologiche con vicissitudini recenti e attuali della Repubblica laica fondata da Kemal Atatürk. In origine il mito si riferisce all’etnogenesi dei Turchi o dei Mongoli, tuttavia in esso confluiscono amalgamandosi elementi archetipici e motivi sciamanici di natura eterogenea, quali: l’animale totemico, il monte di ferro 2 , la caverna 3 , il dominio del fuoco e l’arte segreta della metallurgia. Quest’ultima, come riferisce M. Eliade, ricorda i segreti dell’arte che gli sciamani trasmettono attraverso l’iniziazione 4 . Essendo impossibile sviscerare esaustivamente tutti i corollari di questo complesso mitologema eurasiatico, ricorderemo soltanto la valenza alchemica della metallurgia quivi catalizzata dalla presenza degli elementi In questo numero: Angolo della Lingua Il mito di Ergenekon di Ermanno Visintainer. Angolo della Cultura Italia barbara di Daniele Lazzeri. Angolo dell’Arte Eclissi del sacro. Aurora dello spirito. a cura di VXP di ERMANNO VISINTAINER TEMPO LETTURA: 9’30’’ … Così si presenta un fabbro che indica loro di aprire un varco facendo fondere un filone metallifero all’interno della montagna, dicendo: “Qui c’è una montagna di ferro, la fonderemo!” Il seme della montagna Indeclinabili le rocce al sole sostengono il silenzio della neve, mentre la valle brulica di vita negli alvei delle pigne, e i roditori stanno da soli a misurar la morte nel cumulo di semi e di pinoli, nel frullo d'ali rapido del gufo, nel rude gelo e nella vaga sorte. Con mano stracca, pigramente il vento distrattamente alliscia ai boschi il pelo, in cima al picco poi s'impenna e frana, stillano le stagioni nel disgelo. Quest'acqua inquieta, vedi, presto o tardi nel mare sfocerà, o sortirà in pianura dai fontanili calmi: non è ricchezza persa o vanità. Ma quale insegna potrà mai svettare dal vortice del fiutto tumultuoso, quel seme mai germoglierà nel gorgo? Sarà l'autunno tumido e fruttuoso? Ora s'increspa più serena l'onda, fiuisce con dolcezza la corrente e si rivela mite sulla sponda il sorriso di un dio benevolente; ma non trattiene il cruccio per lo scialo che l'uomo fa dell'acqua scioccamente, e la Natura, vano il suo regalo, per quanto tempo ancor sarà indulgente? Sergio Balestra René Magritte Il Castello dei Pirenei (1961)

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La Soluzione dell’omino piccolo piccolo. E venne l’omino, piccolo piccolo. Attaccò il suo cappello al portabiti, si tolse la giacca e s’arrotolò le maniche. Sferzò l’aria con il suo indice per riavvicinarlo, poi, al naso. Qualcosa non lo convinceva. Troppe cose. Lavoro strano, orari strani e malattie strane. Il tutto, per di più, certificato a norma di legge. Secondo dettami assoluti a stabilire giorni ed orari ben definiti. Dettami risibili da Commedia dell’Arte. Vera, propria e spietata: arrangiarsi, l’imperativo, sbarcare il lunario. Facendosi beffe di tutto. Super omnia precariato e regole. Infrante e derise da nugoli di parassiti: c’è chi vuole riportare il grembiule a scuola senza gli esami di riparazione e,

nel frattempo, nelle scuole italiche ci lavorano frotte di invalidi e di parenti strettamente vicini. Invalidità? Vere, presunte? Eloquenti tabelle merceologiche aiutano nelle tenebre del non sapere. Tabelle insindacabili. Per dotti e…furbetti. Parentele? Vere, presunte? Di Nepotismo non si muore. Anzi. Non s’infrange alcunché, non è reato “raccomandare” ha sentenziato pure l’Alta Corte. Tutte queste argomentazioni ronzavano nel cervello dell’omino piccolo piccolo, più che mai determinato a trovare una soluzione. La Soluzione. Ma come? Il sole calava, dietro le colline, a salutare un’altra giornata, di solarità e calore. Poco importavano orizzonti lontani, bagnati da altre storie, altro sangue ed

altra sporcizia. In nome del dio Denaro e dei suoi fidati combattenti, nobili Pronipoti di sua Maestà il Denaro. L’omino piccolo piccolo si rovistò nelle tasche e trasecolò. In una tasca aveva la Soluzione…

A.M.

sciamanici, ovvero dall’accostamento fabbro-sciamano5, che un proverbio yakuta unifica in una sorta di endiade: “Fabbri e sciamani sono dello stesso nido”6. Venendo al mito, esso è riportato dalla testimonianza dello storico persiano Rašiduddin (1248-1318) nella sua opera, “Ğami’ ut-Tawarikh”, tramandato ai tempi della dinastia ilkhanide in Iran. Secondo il parere dello studioso Ögel7 la leggenda, di cui

esistono diverse varianti, è un’epopea originariamente turca che fu successivamente mongolizzata dallo stesso Rašiduddin. Sta di fatto che essa intreccia il destino dei Turchi con quello dei Mongoli, nel senso che entrambi se ne appropriano, sviluppandola poi nelle rispettive tradizioni letterarie. Venendo alla narrazione, Ergenekon, termine glossato come “monte o passo impervio”8, è il nome di una valle sperduta nella terra dei T’u-küe, 突厥

Tūjué, o Turchi Celesti, ovvero la Mongolia. Il mito, in realtà, potrebbe anche possedere una chiave di lettura evemeristica, secondo cui gli elementi leggendari ivi contenuti sono riconducibili ad un avvenimento storico, r i f e r e n t e s i n e l l a f a t t i s p e c i e all’affrancamento dei T’u-küe, che erano i fabbri dell’Altai, dal giogo degli Zhuan-Zhuan o Àvari9.

Secondo la versione mongola due ilkhanidi: Qïyan10 e Nüküz11, sopravvissuti a una guerra contro i T a t a r i 1 2 , f u g g o n o trovando rifugio in una valle circondata da cime impervie. Qui rimangono

per alcune generazioni13 moltiplicandosi fino a suddividersi in varie tribù. A un certo punto, venendo meno lo spazio vitale, cercano una via per uscire dalla vallata ma invano.

Così si presenta un fabbro che indica loro di aprire un varco facendo fondere un filone metallifero all’interno della montagna, dicendo: “Qui c’è una montagna di ferro, la fonderemo!”14.

[CONTINUA IN SECONDA PAGINA]

Ergenekon è un nome suggestivo, evocativo, pregno di risonanze e significati ancestrali per il mondo turco. Esso è ubiquitario e la sua notorietà si estende dalla mitologia alla letteratura, senza tralasciare le strumentalizzazioni1 politico-ideologiche con vicissitudini recenti e attuali della Repubblica laica fondata da Kemal Atatürk.

In origine il mito si riferisce all’etnogenesi dei Turchi o dei Mongoli, tu t tav ia in esso c o n f l u i s c o n o a m a l g a m a n d o s i elementi archetipici e motivi sciamanici di natura eterogenea, q u a l i : l ’ a n i m a l e totemico, il monte di ferro2, la caverna3, il dominio del fuoco e l’arte segreta della metallurgia. Quest’ultima, come riferisce M. Eliade, ricorda i segreti dell’arte che gli sciamani trasmettono attraverso l’iniziazione4.

Essendo impossibile sviscerare esaustivamente tutti i corollari di questo complesso mitologema eurasiatico, ricorderemo soltanto la valenza alchemica della metallurgia quivi catalizzata dalla presenza degli elementi

In questo numero: Angolo della Lingua

Il mito di Ergenekon di Ermanno Visintainer.

Angolo della Cultura Italia barbara di Daniele Lazzeri.

Angolo dell’Arte Eclissi del sacro. Aurora dello spirito. a cura di VXP

di ERMANNO VISINTAINER

TEMPO LETTURA: 9’30’’

… Così si presenta un fabbro che indica loro di aprire un varco facendo fondere un filone metallifero

all’interno della montagna, dicendo: “Qui c’è una montagna di ferro, la fonderemo!” …

Il seme della montagna Indeclinabili le rocce al sole sostengono il silenzio della neve, mentre la valle brulica di vita negli alvei delle pigne, e i roditori stanno da soli a misurar la morte nel cumulo di semi e di pinoli, nel frullo d'ali rapido del gufo, nel rude gelo e nella vaga sorte. Con mano stracca, pigramente il vento distrattamente alliscia ai boschi il pelo, in cima al picco poi s'impenna e frana, stillano le stagioni nel disgelo. Quest'acqua inquieta, vedi, presto o tardi nel mare sfocerà, o sortirà in pianura dai fontanili calmi: non è ricchezza persa o vanità. Ma quale insegna potrà mai svettare dal vortice del fiutto tumultuoso, quel seme mai germoglierà nel gorgo? Sarà l'autunno tumido e fruttuoso? Ora s'increspa più serena l'onda, fiuisce con dolcezza la corrente e si rivela mite sulla sponda il sorriso di un dio benevolente; ma non trattiene il cruccio per lo scialo che l'uomo fa dell'acqua scioccamente, e la Natura, vano il suo regalo, per quanto tempo ancor sarà indulgente?

Sergio Balestra

René Magritte Il Castello dei Pirenei (1961)

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L ’ A N G O L O D E L L A L I N G U A

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Anch’egli sembra suggerire una connessione fra i due elementi della leggenda, il fabbro e il lupo, in una sorta di complesso sinergico e sintropico.

I toni di stampo epico-apologetico e di prorompente esaltazione dell’orgoglio nazionale che trasudano da questi versi, saranno sintetizzati e immortalati dai suoi epigoni, gli idealisti, nello slogan: Börteçine kurdun adı; Ergenekon y u r d u n a d ı , c h e s c a n d e n d o l’avvicendarsi delle correnti politiche nella Repubblica di Turchia ne scuote le sue fondamenta.

[DALLA PRIMA]

Così accatastano una gran quantità di legna e di carbone cui accostano un mantice, quindi soffiando verso il monte riescono a liquefare il filone creando un passaggio. Nella versione turca mentre escono sono guidati da un lupo, di nome Börtečine, ovvero “lupo grigio”15. Conseguentemente, ottenuta la loro vendetta, fondano il proprio impero16. Una menzione a questo lupo, tuttavia, non manca anche nella Storia Segreta dei Mongoli. L’opera si apre con l’asserzione: “L’origine di Genghiz Khagan è Börte17 Čino, il lupo grigio o azzurro”18.

Dal momento che un’esegesi del mito riguardo alla presenza del lupo19 accanto a quella del fabbro finora non è stata formulata, ne proporremmo una noi.

Lo studioso A. Inan riporta come presso gli Yakuti l’anima dello sciamano possa metamorfizzarsi in un lupo.

Essendo, il fabbro e il lupo, due dei “temi mitici” essenziali della leggenda, l’improvvisa comparsa di quest’ultimo nonché la sua funzione dominatrice all’uscita della valle conseguente alla fusione del filone metallifero, sembrerebbero rappresentare l’alter-ego del fabbro, ovvero la sua trasformazione nel lupo, un motivo sciamanico strictu sensu20.

Nondimeno il tema dell’attività metallurgica, nella fattispecie legata all’elemento sideroso, non può fare a meno di alludere a un allegorismo alchemico connesso con una via realizzativa attiva, eroica, scevra, perciò, da sfaldamenti misticheggianti.

Ziya Gökalp, il poeta-filosofo al quale già abbiamo dedicato un precedente articolo21, volle rendere un omaggio al mito, idealizzandolo attraverso un’omonima composizione,

Ergenekon (1914-15)22, di cui riportiamo qualche

verso:

(…)Kurt bir delik buldu, gitti; Bir demirci ta’kip etti, Ocak yaktı, taş eritti; Açıldı yol kapağımız! Demirciye Bozkurt dendi; Han tanıldı, taç giyindi; Yoldan önce kendi indi; Sağ elinde bayrağımız! Börteçine kurdun adı; Ergenekon yurdun adı; Dört, yüz sene durdun, hadi, Çık, ey yüz bin mızrağımız!(…) Una tana trovò il lupo e vi entrò Un fabbro lo seguì Accese un fuoco e sciolta fu la roccia Ed un varco fu aperto al nostro passo! Lupo grigio fu il nome di quel fabbro Eletto Khan, fu cinto di corona Lui stesso scese primo dal varco Il nostro vessillo nella sua man destra! Börteçine è il nome del lupo Ergenekon il nome della patria O cento mille delle nostre lance Troppo a lungo assopite, è l’ora del risveglio!

sotterraneo dove dimora il Re del Mondo. 4 M. Eliade, Lo Sciamanismo e le tecniche dell’estasi, Roma 1983, pg. 503. 5 M.Eliade, Făurari şi Alchimişti (Fabbri e Alchimisti), Bucarest, 1977 e Roux J.P., La Religione dei Turchi e dei Mongoli, Genova, 1990, pg. 92-94. 6 Roux J.P , op.cit. pg.92 e MEliade, op.cit. pg. 499. 7 Anche oronimo del Turkestan, in G.Dörfer, Türkische und Mongolische Elementen in Neupersischem, Wiesbaden 1963, pg. 127-172 e B. Ögel, op.cit. pg. 60. 8 B. Ögel, Türk Mitolojisi, Ankara 1993, pg. 59.71. G.Dörfer, Türkische und Mongolische Elementen in Neupersischem, Wiesbaden 1963, pg. 127. In realtà non è escluso che l’etimologia possa anche avere origini mongole: da erge<girare, circumambulare e khöndii<valle. D.Tömörtogoo, A Modern Mongolian-English-Japanese Dictionary 现在蒙英日辞典 , Tokyo 1977. 9 Roux J.P., La Religione dei Turchi e dei Mongoli, Genova, 1990, pg. 93 e Andrea Csillaghy, Elementi di Filologia Uralica e Altaica, Ed. Cafoscarina, pg. 177. 10 Esistono varianti della leggenda in cui entrambi i protagonisti sono maschi accompagnati dalle rispettive mogli. Altre in cui il primo è il figlio e l’altro, la nipote di un sovrano ilkhanide.

11 Nella versione turca il nome è Tokuz e si riferirebbe alla confederazione tribale turca dei Tokuz Oghuz , vd. Roux J.P. , Storia dei Turchi, Milano, 1988, pg. 39. 12 G. Dörfer, op.cit. pg. 127e Ziya Gökalp, Türk Töresi, pg. 109. 13 İl testo dice 400 anni. 14 Ziya Gökalp, Türk Töresi, pg.110. 15 In turco anche Bozkurt, Ziya Gökalp, Türk Töresi, pg.110. 16 J.P. Roux, op.cit. pg 93. 17 B. Ögel, op.cit., pg.43. 18 J.P. Roux, op.cit. pg.227. 19 Scrive che la metamorfosi in un lupo o in un orso si chiama “Börölöh eheleh oyuun – sciamano che diviene lupo o orso”, in A.İnan, tarihte ve bugün Şamanizm ( Lo sciamanismo nella storia e oggi ), Ankara, 1995, pg. 81 e Y. Vasiliev, Türkçe-Sahaca (Yakutça Sözlük- Dizionario Turco-Yakuto , Ankara 1995. 20 M.Eliade, Lo Yoga, Milano, 1995, pg 299. 21 Ermanno Visintainer, Il mito turanico nella poesia di Ziya Gökalp, Vox Populi, luglio 2005 e Ziya Gökalp e il mito turanico, in Letteratura e Tradizione. Agosto 2005 22 Ziya Gökalp, Kızıl Elma (La Mela rossa), İstanbul 1995.

NOTE

1 Ricordiamo, per dovere di cronaca, che è anche il nome di una organizzazione ultra-nazionalistica, definita la “Gladio turca”. 2 B. Ögel, Türk Mitolojisi (La Mitologia turca), Ankara 1993, pg. 60 e M. Eliade, Lo Sciamanismo e le tecniche dell’estasi, Roma 1983, pg. 290. 3 Non mancano in ciò riferimenti a teorie cosmogoniche antichissime che insistono sul fatto che l’umanità sia nata in Mongolia e che qui, occultato in una dimensione ipogea, regni il Re del mondo. Tali leggende furono

riportate principalmente da esoteristi come René Guénon (1886-1951), nel suo libro Il Re del Mondo, 1977. Ma in maniera più o meno reticente anche dal laicissimo Kemal Atatürk (1881-1933), il quale

dichiarò: "Türk çocuğu ecdadını tanıdıkça, daha büyük işler yapmak için kendinde kuvvet bulacaktır, nella misura in cui la discendenza turca avrà conosciuto i propri antenati troverà in sé la forza

per realizzare imprese più grandi", in Burhan Yılmaz, Agarta’dan Ergenekon’a büyük Türk Bilgeliği - La grande saggezza turca dall’Agarta a Ergenekon, Istanbul, 2008. Aspetti questi, che ribadisce il giornalista turco Nuh Gönültaş, in un articolo pubblicato sul quotidiano 8 Sütun dell’11 agosto 2008, intitolato Agarta, http://www.8sutun.com/koseyazisi?id=305, nel quale raffronta il mito di Ergenekon con quello dell’inaccessibile Agartha, il summenzionato regno

E l e m e n t i evemeristici nel libro di D a n i Baksan: "Le tracce di S a t a n a s u i sentieri segreti della Storia" L'evemerismo è u n a t e o r i a f i l o s o f i c a enuncia ta da Evemero (330 - 250 a.C.), storico e filosofo ellenistico, secondo cui gli dei sarebbero uomini divinizzati per le loro imprese o per le loro virtù. Un riferimento moderno a questo concetto ci viene dallo studioso George Dumézil, nel suo libro, Gli Dèi dei Germani, in cui egli ne propone un’esegesi evemeristica, suffragata dal testo poetico norreno dell’Edda. In esso la sede celeste degli déi dell’Olimpo germanico sembrerebbe essere ubicata in una zona adiacente al Caucaso. Nella saga degli Ynglingar, - scrive - si narra che: “A est del Tanakvisl si trovava quello che si chiamava l’Asaland o Asaheimr (patria degli Asi) e il castello-capitale che era nel paese veniva chiamato Asgardhr. – Quindi - Fyrir sunnan fjallit er eigi langt til Tyrklands; þar átti Óðinn eignir stórar, ovvero il sud di questa montagna non è lontano dal Tyrkland (Paese dei Turchi), dove Odino aveva g r a n d i p o s s e d i m e n t i h t t p : / /w w w . n o r t h v e g r . o r g / l o r e /sagas_oi/120.php”. Dani Baksan, un ricercatore ceceno,

nel suo l i b r o , С л е д

Сатаны на т а й н ы х т р о п а х

истории, Sled S a t a n y n a

t a j i n y k h tropakh istorji,

"Le tracce di Satana sui sentieri s e g r e t i d e l l a

S t o r i a " , p u b b l i c a t o a

Groznij nel 1998, rilancia questa affascinante ipotesi di

Dumézil, ampliandola con elementi autoctoni. Nel capitolo intitolato: Асгард в горах Кавказа, Asgard v gorakh Kavkaza, “Asgard nei monti del Caucaso”, Baksan, fornendo un’amplia bibliografia, riprende le antiche cronache dell’Heimskringlasaga, dove si narra dell’epopea di "Sigge", capo della tribù asiatica degli Azer, identificato con Odino. Questi nel sec. I d.c., aveva condotto la sua gente dalle rive del Mar Caspio fino al nord dell'Europa, recandosi fino in Sassonia e in Franconia, quindi in Svezia. Quivi Sigge proclamò sua capitale: Sigtuna. Organizzò un gruppo di dodici sacerdoti, detti "Drottar". Se il "Paese di Azer" era fra il Mar Caspio e il Mar Nero, ciò significa che era ubicato nel Caucaso. Pertanto questo territorio sembrerebbe deputato a divenire l’Asgardr, cioè la "Città degli Dèi" , s i tua ta su l le montagne meridionali "al di là del Don" o Tanakvisl.

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L ’ A N G O L O D E L L A C U L T U R A

VOX POPULI trimestrale d’informazione www.vxp.it Anno V • n. 3 • settembre 2008 Direttore responsabile: ALESSIO MARCHIORI Hanno collaborato: ERMANNO VISINTAINER, DANIELE LAZZERI, Autorizzazione del Tribunale di Trento Registro Stampa n. 1175 decreto del 17/4/03 Sede: Zivignago di Pergine Valsugana (Tn) via alla Cargadora, 3 - C.P. 113 Ufficio postale di Pergine Valsugana Stampa: Tipografia Almaca Baselga di Piné

di DANIELE LAZZERI

TEMPO LETTURA: 4’15’’

Finestra Editrice, euro 42,00), recentemente pubblicato da Gianni Gentilini e frutto di un ventennio di studi.

Il pregevole volume, impreziosito da una dotta prefazione di Franco Cardini, propone una lunga cavalcata attraverso i secoli che hanno

caratterizzato il tanto vituperato Medioevo europeo, riscoprendone, all’opposto, gli elevati valori storici e le rilevanti i n t e r c o n n e s s i o n i e t i m o l o g i c h e . L’esplicativo sottotitolo “Un viaggio alle origini tra Goti e Longobardi. Il caso del Trentino e delle

Nella fiumana di carta stampata, abbondano volumi ed articoli volti a sottolineare le radici classiche dell’Italia, quale aureo crogiuolo delle esperienze latine ed elleniche. Scarsa attenzione viene invece destinata all’approfondimento storico e filologico di altre matrici culturali che influenzarono sensibilmente nell’arco di molti secoli il campo linguistico i t a l i a n o . A u t o r i a n c o r c h é gettonatissimi, relegano colpevolmente miti e leggende popolari a mere espressioni folkoristiche, le quali rappresentano, invece, una profonda traccia delle “contaminazioni” antropologiche e linguistiche della penisola. Un crocevia significativo da questo punto di vista è incarnato dall’arco alpino, attraversato nei secoli da autorevoli popoli, portatori di una kultur differente: la cultura barbara.

Un fondamentale contributo all’analisi di queste influenze linguistiche è il lavoro storico e filologico dal titolo “Italia Barbara” (La

Venezie: storia e parole, miti e leggende” suona come una promessa

che l’Autore non disattende. Grazie ad un linguaggio godibile, infatti,

l’Autore ripercorre la storia di popolazioni e di toponimi, di vie di comunicazione e di insediamenti ma anche di saghe popolari e di rapporti tra la mitologia germanica ed i complessi

montuosi trentini. Il volume, corredato da due appendici specifiche

dedicate alla Valsugana ed alla lingua cimbra presente sull’altipiano tra Luserna ed Asiago, pur nella tematica scientificamente circoscritta, consente al lettore inaspettati ed arditi slanci tra culture e Weltanschauung diverse e ricorda le interessanti comparazioni

etimologiche tra il dialetto trentino e le lingue altaiche (turco-mongole-

tunguse), sviluppate dal presidente del Centro Studi “Vox Populi”, il prof. Ermanno Visintainer, pubblicate sulle pagine di questa rivista (scaricabile gratuitamente nell’apposita sezione del sito di VXP).

L’opera di Gentilini è disseminata di spunti di riflessione, di piste da seguire, di intuizioni a tratt i immaginifiche ma sempre suffragate da rigorosi approfondimenti storici, nella consapevolezza ampiamente dimostrata nel volume che, in fondo, i barbari siamo noi. Il libro “Italia Barbara” è dunque un tassello decisamente rilevante nel lungo ed impervio viaggio alla riscoperta delle Origini dell’Uomo, che è la ricerca dell’Identità.

“Italia Barbara” di Gianni Gentilini introduzione di Franco Cardini La Finestra Editrice (2008) euro 42,00

Puoi approfondire su: www.la-finestra.com

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Pilo, ha partecipato anche Franco Nerozzi, Presidente della Comunità Solidaristica "Popoli", partner nel progetto, che attraverso la proiezione di un video ed il racconto diretto dell'esperienza vissuta in Birmania ha consentito alla platea di comprendere ed approfondire la reale e drammatica situazione del popolo Karen e di illustrare le finalità del progetto umanitario "Terra e Identità", volto in primo luogo a consentire la lavorazione e coltivazione dei prodotti alla base dell'alimentazione quotidiana dei Karen (riso, zucche, cetrioli, mais e ortaggi) su un terreno di circa 60 ettari, grazie alla bonifica del territorio da ordigni bellici rimasti dalle passate operazioni militari.

È prevista inoltre la costruzione di un edificio rurale che fungerà da magazzino e da ricovero per gli attrezzi, oltre che da luogo di ristoro per i contadini che potranno godere anche della costruzione di abitazioni per le famiglie che hanno deciso di non abbandonare le proprie terre. L'evento, anticipato il giorno precedente a Trento dalla presentazione ufficiale presso la sala rosa del palazzo della Regione, ha registrato inoltre la partecipazione di

Nella cornice del circolo velico di Torbole sul lago di Garda, si è svolta sabato scorso di fronte ad un pubblico qualificato, la presentazione del progetto umanitario "Terra e Identità".

L ' in iz ia t iva , promossa dal -l'Associazione di intervento Sociale e Culturale "l'Uomo Libero" Onlus in collaborazione con la Regione Trentino Alto Adige, è destinata a fornire un supporto ai Karen, un antico popolo di origine tibetana che da quasi sessanta anni resiste al tentativo di genocidio sistematicamente perseguito dalla dittatura militare birmana, con il sostegno bellico della Cina ed il finanziamento di lobby finanziarie e petrolifere occidentali. Stupri di massa, distruzione di villaggi e roghi dei raccolti sono all'ordine del giorno.

I Karen difendono quotidianamente il loro diritto alla sopravvivenza con l'obiettivo di ottenere il rispetto della propria cultura ed una forma di autonomia nei territori della Birmania Orientale, opponendosi strenuamente anche al traffico di droga internazionale che in quell'area è particolarmente attivo.

Alla presentazione, introdotta dal presidente de "l'Uomo Libero", Walter

Antonello Brandi, Presidente della Laogai Research Foundation Italia, e di Tenzin Khando Khoryakamchi, studentessa di origine tibetana presso l'università di Trento. L'intervento di Brandi ha messo in luce la drammaticità dei Laogai, i campi di rieducazione attraverso il lavoro, ancora oggi presenti a migliaia nel vasto territorio della Cina, divenuta ormai un mostruoso complesso di stampo marxista-capitalista.

Nei Laogai sono rinchiusi i dissidenti del regime cinese, i cattolici, i sostenitori dei più elementari diritti umani (la possibilità di avere più di un figlio per esempio) che, soggetti a vessazioni e torture quotidiane o ad esecuzioni sommarie per incrementare il mercato delle donazioni di organi, sono costretti a lavorare per 16-18 ore al giorno al fine di produrre i beni destinati al mercato occidentale.

Il Laogai, infatti, è allo stesso tempo campo di prigionia e impresa commerciale . Tenzin Khando Khoryakamchi invece, studia a Trento da tre anni e, attraverso il racconto della sua tragedia famigliare, della costrizione all'esilio in India, ha descritto la situazione del Tibet

occupato dalle truppe cinesi, mettendo chiarezza alla confusione ingenerata dalla visone distorta dei massmedia in occasione delle prossime Olimpiadi di Pechino

Puoi approfondire su:

www.vxp.it www.luomolibero.it

www.laogai.it www.comunitapopoli.org

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un progetto di concreta solidarietà

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L ’ A N G O L O D E L L ’ A R T E

che le facevano da damigelle, alta oltre i tre metri e costellata di cubi-memorie rossi e blu.

Vivere 15 giorni in quei luoghi, frequentando continuamente il percorso espositivo curato da Dora Doncheva, ha contribuito a far nascere l'opera presentata nell'evento finale di domenica 29 curato dal Centro Studi Vox Populi dal titolo "Eclisse del Sacro. Aurora dello Spirito". Dopo le parole di presentazione dello scultore Mario Romano Ricci ed il discorso di benvenuto del vicesindaco del comune di Varna, Andreas Schatzer , patrocinatore dell'evento, il pubblico ha potuto assistere ad una spettacolare performance di danza e letture interpretate da Paolo Vicentini e Nadia Mattarei, accompagnati dalle note musicali al pianoforte scritte ed eseguite per l'occasione dal pianista Pino Putignani.

Ritornati al piano terra veniva svelata "Aurora dello Spirito", dice il dottor Giorgio Fogazzi, lettore e collezionista d'arte, oltre che scrittore e studioso della dimensione interiore dell'Uomo: "nel

Si è conclusa domenica 29 giugno a Novacella la mostra personale "Memorie dello Spirito" dell'artista perginese Paolo Vivian.

L'esperienza nella cornice della suggestiva abbazia agostiniana, dentro le mura di castel Santangelo è stata insieme un work in progress, con Vivian che faceva nascere un lavoro, influenzato dalle atmosfere di quei luoghi, e un periodo di maturazione artistica.

Le 25 opere esposte percorrevano a grandi balzi la storia recente di Vivian, dal "Risveglio" del 1998, pannello che preludeva ad una futura ricerca in ambito tridimensionale, fino a tutto il percorso di memorie che sono nate di legno, incastonate nel legno vissuto e via via si sono colorate, liberate, hanno cambiato forma e materia fino a diventare ferro cromato, ripieno di colori primari e luccicanti d'argento. "Black structure" presentata per la prima volta all'ultima edizione di Kunstart a Bolzano, si innalzava al centro della cappella a volta, al piano superiore del castello. Circondata da mani di ogni materiale (legno, marmo, bronzo) e dimensione,

momento in cui è stata scoperta dal velo che la celava, ha immediatamente riempito la sala con la sua imponente presenza. Questo fiore che vuole essere libro aperto e volo, sopra una struttura solida e inamovibile, scura e cerata, voleva togliere tutti gli altri lavori esposti per appropriarsi lei di tutto lo spazio in armonioso collegamento con un'altra opera, Bar-code, sulla quale c'è

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P I N O P U T I G N A N I Nasce a Trento nel gennaio del 1976. Comincia a sette anni lo studio del pianoforte classico ma col tempo sente l’attrazione del mondo della musica leggera. La prima incisione è del 1995. Nel 2001 il debutto discografico con il singolo ‘La Caccia’ prodotto dal musicista Stefano Pisetta. Nello stesso anno consegue la laurea in Sociologia e comincia un periodo di specializzazione in Australia prima e all’Università di Trieste poi. Nel 2003 esce il primo album su etichetta AZZURRA MUSIC dal titolo ‘COSA C’E’ CHE NON VA’. Nel 2005 Pino affronta il suo primo tour oltre oceano, in Brasile. Dall’esperienza nascerà un disco live, dal titolo appunto ‘LIVE IN BRASIL’ che contiene anche un singolo da studio, LE INTERMITTENZE DEL CUORE’, realizzato ancora da STEFANO PISETTA . Nel marzo del 2007 una nuova esperienza live per Pino che culminerà con un concerto a New York presso l’auditorium del CUNY UNIVERSITY a Manhattan. L’esperienza americana porta Pino verso nuove sonorità ed una nuova ricerca a partire dal pianoforte. Da questo percorso nasce l’album

OMNIA pubblicato nel gennaio 2008. Si tratta di un disco piano solo molto sofisticato (troppo dirà la critica

specializzata) dove forti contrasti tra accordi maggiori e minori incontrano melodie di ampio respiro e molto

vicine al repertorio classico. OMNIA sarà inoltre il primo disco ad essere pubblicato su una pen drive USB. Non esiste infatti altro supporto ufficiale per

questo album adatto ad un pubblico attento e amante del mondo della sperimentazione.

Ricordiamo che nella sua carriera Pino Putignani ha partecipato a festival

musicali con artisti del calibro di Enrico Ruggeri, Le Vibrazioni, Jovanotti e molti altri. Attualmente sta preparando un nuovo lavoro che lo porterà verso sonorità più rock ed elettriche. L’uscita del suo singolo è prevista per la fine del prossimo ottobre.

P A O L O V I C E N T I N I Attore, regista, coreografo e bal ler ino trent ino. Docente di t ea t ro e p rodu t to re d i spe t taco l i . Ha lavora to mo l t o in ambito sperimentale spezzando in più occasioni gl i schemi del teatro tradizionale. Ha lavorato come bal ler ino in tour c o n P i e r o P e l ù . L a m o g l i e N a d i a l o a f f i a n c a n e l l a r icerca de l l ' incont ro t ra la musica e i l movimento. Sarà scenografo e direttore artistico anche del prossimo tour di Pino Putignani.

scritto LE PAROLE CHE NON CONOSCO PER NON DOVER DIPINGERE".

Per il Centro Studi “Vox Populi”, l'evento rappresenta un'importante con-ferma del ruolo acquisito nel tempo nella promozione culturale ed artistica su scala regionale, in previsione delle rilevanti iniziative che prenderanno forma il prossimo autunno.

VXP 4

l’evento a Novacella

Per suggerimenti e segnalazioni CP 113 - Ufficio Postale di Pergine

Giorgio Fogazzi, Andreas Schatzer, Paolo Vivian e Ermanno Visintainer