LA SFILATA DELLE TRAGLIE - JelsiPremiati del 27 luglio 2009 Tara Gandhi, nipote del Mahatma (India)...

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LA SFILATA DELLE TRAGLIE Il mondo raccontato da una spiga Testo IDA DI IANNI FOTOREPORTAGE Tobia PAOLONE altri ITINERARI 33

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LA SFILATADELLE TRAGLIEIl mondo raccontato da una spiga

Testo IDA DI IANNIFOTOREPORTAGE Tobia PAOLONE

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o scelto il silenzio, nelfrastuono che sale, perascoltare i rumori delMondo, per accoglieredentro quello che

appare nel suo rappresentarsi, nel suodirsi nelle forme festose, fastose della tra-dizione – quella che perpetua (ed adattaed innova ed insegue) quel che è stato inorigine, che fa accogliere a chi più nonconosce e forse mai altrimenti conosce-rebbe l’anima di un popolo, di una comu-nità nella babele del tutto per tutti, del cor-rere verso, della polvere che il camminoforzato residua… Un gusto indotto delniente, che si consuma in un niente e checonsuma inutilmente noi che niente nonsiamo. Ho scelto il silenzio per assorbirele voci del Mondo, di questo mondo cheoggi voglio divenga anche parte di me, eche nessuno mi affianchi (respirare dasola perché diventi una con questo mira-bile intorno), chè mi distoglie dal volgeregli occhi là dove l’anima chiama, là dovel’essenza pura della rappresentazione – oanche a volte meno pura – mi rimanda avissuti altri, antichi, vivi in queste ore difastidiosa calura ma inchiodati ormai nellafissità del tramonto nel volgere fugace deltempo, che sempre più vedo impresso neivolti. Sono rughe arse dal sole dei campibruni di grano – il grano, qui, ha attenuatoi colori del biondo, e le floride spighe sonointrecci lunghissimi del color del visone,che incatenano porte, finestre e balconiridenti di visi e gerani; volti barbuti o baf-futi di uomini avanti con gli anni, fieramen-te adusi alla fatica dei campi, personaggidi un’epoca che qui non è andata ; donnedal sorriso radioso – giovani e non, spes-so nei costumi tradizionali – a fianco diuomini e cose; giovani, tanti e festanti, chesi atteggiano a bordo di vecchi trattori opiccoli mezzi soffocati di messi; bimbi chesoffrono il caldo ma che trascinano – nelcorteggio ingombrante di parenti – la pro-pria piccola traglia nel tripudio di nastri,bandierine, icone della Santa che gioiscecon in braccio la figlia Bambina sul carroche la conduce in processione.

HH

Foto in questa pagina, dall’alto in basso: l’interacomunità jelsese è protagonosta della sfilata.In queste immagini si possono osservare gli addob-bi e le scenografie realizzate sui carri della tradi-zione con l’immancabile e suggestiva presenza deigiovani jelsesi che per l’occasione si vestono con iltipico abigliamento della civilta contadina.

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Buoi, magnifici, bianchi, adoranti in ginoc-chio dinanzi alla Santa, mansueti al lacciodell’uomo, a dire nel lento incedere fra lafolla, che è un fiume che insinua, incalza,intralcia a volte il lungo procedere deicarri, che il sudore non è stato e non èsolo dell’uomo.Tutti insieme, consapevolmente attori diun fare antico che è vita e “sentire” dellacomunità jelsese, che ringrazia la GrandeMadre con l’omaggio del grano, del chiccoche si fa pane e portento in questo santogiorno. Chicco su chicco, stelo accanto astelo (per migliaia e migliaia di volte), oree giorni e settimane di lavoro, prima diraccolta e selezione del grano in diverseimprovvisate aie, poi di intreccio delle spi-ghe (cura di pazienti treccianti) e di impe-gnative operazioni legate alla realizzazio-ne di monumentali traglie (quelle di foggiaantica, bellissime, nella loro semplice sim-bologia) e carri (moderni e di altissimoesito artistico), gli jelsesi di tutte le gene-razioni sono dunque gli autori di irripetibilicapolavori del grano, capaci di portaresulla scena, agli occhi di chi ancora riescea stupirsi, le bellezze del Mondo. Ognianno, da oltre duecent’anni. Non vi è regiache orchestri, non artista che guidi, nonmano più abile di altra. Ogni contrada,gruppo o famiglia sceglie di organizzarsida sé nel proprio laboratorio o officina,che ha posto in primo luogo nell’anima.Pare infatti scritto nel destino di ogni jel-sese che il 26 luglio di ogni anno il giornodebba esplodere in cotanta bellezza, anti-ca e nuova ad un tempo. E così, sotto l’alaprotettiva di Sant’Anna, i volti, le fogge, letraglie, i carri, gli animali, la folla nei suonie colori, gli stendardi, la banda musicale,le luminarie, i fuochi pirotecnici, gli jelsesitornati e quelli mai partiti si stringono inuna Festa, che è segno della ferma volon-tà di preservare un patrimonio culturaledel tutto identitario ma più ancora dellospirito vivo di una comunità, che si fa forzae rinnova nel nome e nell’amore perSant’Anna. Ieri, oggi e sempre.

Foto nella pagina accanto: Anche le bambole e ibambolotti figurano nella tradizionaòle sfilata. Il loroutilizzo si fà rislaire a miti sulla fertilità.In questa pagina e nella pagine succesive alcunimomenti della “Kermesse” jelsese: dal Carro dISant’Anna, all’atto di sottomissiome dei buoi, via viapassando per le Autortà, le traglie della tradizione, icarri allegorici moderni, per finire con una carrellatadi volti della festa.

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ierluigi Giorgio, tra lediverse attività condot-te da anni (scritti, pro-grammi radiofonici edocumentaristici a

livello nazionale) e volte alla conoscenzae valorizzazione del Molise, ha sentito lanecessità di offrire alla sua terra l’opportu-nità di una vetrina internazionale, ideandol’istituzione di un premio le cui motivazioniben si sposano e collocano in una regionericca di tradizioni e di un ambiente che siintendono conservare intatte nel tempo.Sotto il patrocinio dell’Assessorato alTurismo della Regione Molise, il 27 luglio2008, nel periodo della Festa del Grano diS. Anna, è nata infatti a Jelsi (CB) la primaedizione del Premio internazionale “LaTraglia” per la rivalutazione e cura di unatradizione, del suo ambiente, della tuteladei diritti umani e dell’identità culturale ereligiosa delle piccole comunità ed etnie“altre”.Un riconoscimento da offrire a chi sisia attivato - nel mondo in generale - conopere, scritti, esempio di vita, azioni o fil-mati per il recupero e la valorizzazione deitemi inerenti il premio.La sua finalità è quella di sensibilizzaresoprattutto le nuove generazioni alla sal-vaguardia della propria identità, dei dirittiumani e di quelli altrui. .Il Premio, un bron-zo stilizzato, è simbolicamente rappresen-tato da una traglia, antico mezzo di tra-

sporto contadino realizzato dalla PontificiaFonderia Marinelli di Agnone. LaDirezione artistica è affidata al regista-documentarista, ideatore del Premio,Pierluigi Giorgio. In Piazza Umberto I èstato inaugurato l’Albero della Pace, unulivo ove i premiati ogni anno si sofferme-ranno per un momento di riflessione o dipreghiera.Premiati del 27 luglio 2008Birgil Kills Straight, leader dei Nativi ameri-cani Sioux-Lakota (America - Sud Dakota)Arcivescovo Padre Gian Carlo BregantiniDal discorso di Bigil Kills Straight: “Chiedoall’Albero di crescere e diventare adulto. Diavere compassione di noi essere umani, e dicontinuare a donarci l’aria così che possiamorespirare. Noi siamo parenti dell’Albero. Cosìla mia preghiera si fonderà su questa miaconoscenza della Creazione. Ciò di cui parlo, èsolo una piccola parte della Storia dellaCreazione. La Preghiera è nel mio cervello finoal momento in cui apro bocca per chiedereall’Albero - in maniera molto riverente e rispet-tosa come si conviene ad un essere umanobisognevole di compassione - il dono della vita,soprattutto essendo ben consapevole che noiessere umani stiamo distruggendo tutto, laForesta Pluviale, gli alberi in Italia, gli alberi inTerra Lakota, ecc.Perchè dovremmo voler piantare un albero perpoi distruggerlo? Lo facciamo in segno di ami-cizia, e forse a tutti noi sarà dato modo di com-prendere un po’ meglio le Cose Sacre, cosìche, mentre travolgiamo e distruggiamo, ci siauna piccolissima fiammella di comprensione edi preoccupazione, che ci può far capire chepotremmo aiutare a salvare il pianeta.”Premiati del 27 luglio 2009Tara Gandhi, nipote del Mahatma (India)Danilo Sacco, vocalista dei NomadiTara Gandhi: “Voglio ringraziare tutti per ilprestigioso premio della Traglia. Lo ricorderò

sempre. Per me è stato un bel momento spiri-tuale essere con tutti voi in Molise.Ho potuto rendere omaggio alla Madre Terraed al grano che nutre la vita. Il grano è sacroperché contiene tutta la creazione ed è anchefonte di creazione. Non ci può essere un sim-bolo di pace migliore che il grano. Il Festival diJelsi è stata una festa della pace e della non-violenza.Come avevo detto, ho pagato il mio omaggioper gli animali sacri che servire l’umanità, cosìcome la Madre Terra. É stata un’esperienzamolto commovente vedere le popolazioni rura-li del Punjab integrati nella società del vostrogrande paese. Il popolo del Punjab è noto peril suo coraggio, la cultura e l’ospitalità. Sonodavvero commossa dal fatto che essi ricevonola stessa ospitalità e amicizia da parte dellagente del Molise. Spero che apprezzerete lamia gratitudine e riconoscenza. Sono tornatain India anche con l’eco del suono divino dellecampane di Agnone. Con amicizia, Tara Gandhi Bhattacharjee.Lettera di Danilo Sacco di ringraziamento:“Sento tutti voi nel mio cuore, gente di Jelsi,gente del Molise fiero e saggio, gente che saproteggere i fiori sacri delle tradizioni e che sache senza radici, un albero muore. Non arren-detevi mai! […] Affido a queste quattro righeuna cosa che vorrei dire a tutti i giovani: AMICIMIEI, RICORDATEVI DI QUESTO: DOPOAVER VISSUTO, LAVORATO E VIAGGIATOIN OGNI PARTE DEL MONDO, UN GIORNOVI SVEGLIERETE E GUARDANDOVI ALLOSPECCHIO PENSERETE “Voglio tornare acasa!”. Preservare la propria identità e tradi-zione è come rendere più bella la propria casa!Voglio ringraziare l’amico Pierluigi Giorgio concui ho condiviso risate, sogni, utopie, vino eche mi ha coinvolto con la sua limpida passio-ne in questo lavoro.É un privilegio potervi conoscere. Dio vi bene-dica tutti. Grazie.”

pp

PREMIO INTERNAZONALE

“La Traglia”

Foto in questa pagina, in alto: I vincitori del PremioInternazionale “Le Traglie”: Da sinistra a destra:Birgill Kills Straight, Mons. Gian Carlo Bregantini,Tara Gandhi, Pierluigi Giorgio (direttore artistico delpremio) e Danilo Sacco del gruppo musicale INomadi. Nella pagina accanto: veduta estiva diJelsi e del suo territorio.

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Testo REAZIONALEFoto Tobia PAOLONE

ITINERARIOJELSESE

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I tabulario Luigi Hana-clerio, nell’apprezzoeseguito nell’anno1688, descrive lo statosocio-economico ed

ambientale dei feudi di Jelsi e diCampobasso. Il feudo jelsese ancorarisentiva degli effetti dell’epidemia di pesteavutasi negli anni 1656-57 e del saccheg-gio operato dal bandito Cesare Riccardo il17 marzo del 1672. “[...] Jelsi è in provin-cia di Capitanata distante da Campobassomiglia sei. È la terra sopra una ripa, partedi pietra viva e parte di sasso duro e creta,appresso alla quale ripa vi è il fiume che sipassa su ponte di legname con muragliadi fabbrica nell’una e nell’altra sponda perreggimento dl esso. Ascendendo perbreve salita si giunge in detta terra che haun poco di piano davanti ove si trova laprima porta del palazzo baronale, per laquale anche si comunica con la dettaterra. Benché questa abbia due altreporte, non resta totalmente serrato il suorecinto per avere diverse altre uscite. Laforma di detta terra è quasi circolare constrada obliqua quasi nel mezzo. Le casesono con bassi e stanze sopra coperte atetti, altre con tetti cascati ed incendiatedall’olim bandito abate Cesare. Fuori,incontro al palazzo baronale vi è fontanadi acqua viva di pietre da taglio lavorateper uso di bere per tutti; ed alquantodiscosto due chiesuole l’una di S. Lazzaro

e l’altra di Santo Biase con l’ospedale vici-no ... e di fronte vi sono diverse abitazioni,che formano una breve strada, quale èdetta del Burghetto ... […] Si regge egoverna detta terra da un sindaco e quat-tro eletti i quali si mutano ogni anno ...”.L’originario insediamento si ebbe sul finiredel VII secolo sulla sommità dello speroneroccioso proteso sul Carapelle ad opera dipopolazioni bulgare qui inviatevi daGrimoaldo, re dei Longobardi ed ex ducadi Benevento. Del piccolo borgo denomi-nato Tybicza e della sua prima Chiesarestano poche tracce. In seguito le abita-zioni si estesero lungo il piccolo pianorocorrispondente alle odierne piazzeUmberto I e XXIV Maggio. Qui, oltre alleChiese di S. Lazzaro e di S. Biagio, nelsecolo XVIII furono edificate anche palaz-zine con certa raffinatezza stilistica.Nel 1772 Largo S. Biagio fu lastricato enello stesso anno migliorata la condutturadell’acqua potabile. Nel 1783 Portad’Angeli fu demolita perché a rischio dicrollo. Gravissimi furono i danni subiti dal patri-monio abitativo e dagli edifici pubblici acausa del fortissimo terremoto del 1805.Dal 1816 al 1829 fu posto in opera il sel-ciato sulla strada fino al Ponte diCampobasso e se ne fissò il percorsosecondo una variante, tuttora in esercizio.Anche il Ponte, crollato in seguito all’inon-dazione del 22 settembre del 1811, fu

ricostruito in muratura nel 1823.Nel 1829 la Prigione, ospitata in alcunilocali della SS. Annunziata, fu trasferitanel Palazzo Ducale nelle celle risalenti adue secoli prima. Nel 1838 l’eliminazione

ii

Foto in questa pagina, in alto alcuni scorci delCentro storico di Jelsi. In basso veduta parziale delCentro storico con in evidenza la parrocchiale dedi-cata a S. Andrea Apostolo. Nella pagina a fianco:Il Palazzo Ducale dei Carafa con in basso lo stem-ma arakdico della Casata.

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di uno stretto vicolo situato dopo l’andronee il cortile del Palazzo Ducale, il Pianodella Corte, consentì la realizzazione diuna piazza più larga e luminosa: PiazzaChiesa Madre.Dal 1844, con il tracciato della S.S. n. 17,si ebbe un ulteriore impulso all’espansio-ne dell’abitato verso le campagne.Negli ultimi due decenni del secolo XIXparticolare attenzione è stata posta allaCasa Comunale che, negli anni 1879-1880, fu restaurata secondo linee prerina-scimentali e dotata di una Torre per l’oro-logio pubblico, che vi fu sistemato solocinque anni più tardi.Nel 1889 furono affidati i lavori per la rea-

lizzazione di una fontana pubblica inmarmo detta “dei Delfini” per le figure chela caratterizzano. Solo nel 1907 vennerealizzato un impianto di illuminazione chefunzionò a gas acetilene fino al 1910,quando anche a Jelsi arrivò la distribuzio-ne della corrente elettrica.L’odierno abitato presenta due tipologieprincipali:- quella degli edifici del centro storico,addossati su stretti vicoli e lungo stradeanguste e munite di scalini;- quella delle abitazioni che si snodanolungo la Strada Statale Appulo-Sannitica,con spazi più aperti e visuali più ampie.Dell’antica cinta muraria è ancora possibi-le intuire il tracciato e vedere alcune delleporte principali che segnavano gli ingres-si: - la porta che immette nella piazza dellaChiesa Madre;- Porta Maggiore, situata ad ovest in corri-spondenza della strada che porta alCampo della Terra;- Porta S. Nicola, situata verso il Carapelleed in comunicazione con la strada perCampobasso;- Porta d’Angeli, visibile solo nell’attaccodel suo arco ogivale poiché abbattuta perla sua precaria stabilità.Le abitazioni poste lungo le stradine piùantiche, come quelle della zona di Portad’Angeli e di Porta S. Nicola, presentanoun caratteristico elemento architettonico:l’afio (alfio, corta rampa di scale per acce-

dere ad un piano abitabile posto su unseminterrato normalmente adibito abasso, a cantina o a ricovero per gli ani-mali). Elementi ugualmente caratteristicidel borgo antico sono inoltri gli “sporti”,brevi passaggi ricavati nel corpo degli edi-fici. L’esempio più notevole di tale tipolo-gia architettonica è quello che sottopassala Chiesa Madre e risale al 1749.

PALAZZO DUCALE

Al n. 169 della Numerazione dei Fuochidel 1562 è descritto il Palazzo del Signorelocale: “Casa grande con torre bene adat-ta ad abitazione di molti vani con camini efocolari, che dicono essere posseduta dalbarone della terra”. Eretto sulle rovine delcastello di Barrasio Barras (sua nascitaascritta al XIII sec.) da Giovanni Pinabellonel 1517, come da iscrizione posta sull’ar-chitrave della porta della segreta crimina-le, all’edificio si accede attraverso unagrossa porta che immette nel LargoChiesa Madre, la piazza su cui affaccianoil prospetto principale del Palazzo, laCappella dell’Annunziata e la ChiesaMadre. La costruzione è a tre piani più unseminterrato con cantine, prigione emagazzini. Gli ambienti dei piani superio-ri, invece, sono stati quasi totalmentemodificati e, dal 1870 a tutto il 1973,hanno ospitato la locale Stazione deiCarabinieri. Su ue in corrispondenza del-

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S. ANDREAAPOSTOLO

CRIPTAANNUNZIATA

PALAZZODUCALE

PALAZZOPINABELLO

FONTANADEI DELFINI

PALAZZOCIVICO

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l’gso principale, è visibile uno scudo mar-moreo con lo stemma dei Carafa, cheriporta la scritta SACRI ROM. IMPERIPRIN. FRANCISCUS CARAFA DUXJELSI 1736 HOC FAC ET VIVES. Talecasata acquisì il feudo di Jelsi nel 1477,feudo che detenne sino al 1586, quandopassò in mano a Nicolò Pavesio, tornandonuovamente ai Carafa nel 1606, per esse-re venduto nel 1957 dalla duchessaMaddalena Carafa alla famiglia D’Amico.Più volte restaurato, i restauri degli ultimianni lo hanno adibito a “Dimora storica” esede del MotoBykers Jelsi e Ferrari Club.

CHIESA PARROCCHIALE DI S. ANDREA APOSTOLO

Nel centro storico, stretta da abitazioni estradine anguste, è una costruzione risa-lente intorno al X-XI secolo, che ha subìtonel tempo trasformazioni e restauri.All’esterno sono visibili due portali: uno sulprospetto, datato 1705, l’altro su una fian-cata. II portale originario, in stile romanico,è murato in una casa rurale poco lontanadall’abitato (casa Mignogna).La Chiesa è a tre navate con cupola piut-tosto agile. Quasi completamente distruttadal terremoto del 1805, un primo restaurosi ebbe nel 1817, mentre dal 1864 il sac.

Luigi Capozio ne curò uno completoriguardante anche i decori a stucco. Neiprimi anni del XX secolo il parroco MicheleD’Amico completò i lavori; restauri piùrecenti sono stati invece curati da P.Francesco Frattini con la collaborazioneartistica di P. Paolo Manocchio ed il contri-buto concreto delle maestranze di Jelsi,oltre che da padre Liberato Di Iorio inoccasione del bicentenario della Festa del

Grano (2005). All’ingresso dell’edificio,sulla destra, è situata l’acquasantiera: rea-lizzata in pietra locale, riporta incisa nellaparte inferiore la data 1563 e in quellasuperiore quella del 1660. Una colonninaornata di foglie sorregge la coppa cheall’interno reca scolpiti tre pesci stilizzati edisposti a triangolo equilatero. All’internosi accolgono una pisside (vaso eucaristicodatato1839-1872), una Pace (1777) raffi-gurante S. Andrea apostolo, una croceastile (spezzata) del XVIII sec., alcuni cali-ci (uno, in rame ed argento, del XVII sec.)e nicchie che accolgono le statue deisanti.

Foto nella pagina accanto: Il campanile della chiesaparrocchiale di S. Andea apostolo.In questa pagina, in alto: L’interno dela chiesa risa-lente al X-XI secolo ha subito nel tempo notevolirestauri .

MONUMENTOAI CADUTI

CAPPELLACAPOZIO

PALAZZOVALIANTE

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PALAZZO CIVICO

II Municipio di Jelsi si articola in due corpidi fabbrica: a sinistra la Torre dell’orologio,a destra quello corrispondente all’anticaChiesa di S. Biagio. I due edifici, collegatiall’altezza del primo piano, fungono dascenario alla fontana monumentale “deiDelfini”. Realizzati in uno stile liberamenteprerinascimentale, si articolano su tre

piani. Le delibere concernenti l’attualesistemazione edilizia risalgono agli anni1877-78, quando si decise di erigere unatorre per l’impianto del pubblico orologio edi restaurare l’edificio che ospitava laCasa Comunale.Gli avvisi d’asta furono pubblicati nei 1879e l’opera venne aggiudicata alla dittaGuglielmo Fanelli di Riccia. I lavori termi-narono l’8 luglio 1880, ma gli ambienti si

mostrarono, con il passare degli anni,sempre meno idonei alle accresciute esi-genze dell’Amministrazione. Per tale ragione nel 1953, superando gliannosi contrasti con le autorità ecclesia-stiche che rivendicavano la proprietà del-l’ex Chiesa di S. Biagio completamentedistrutta nel corso della II GuerraMondiale, il Consiglio deliberò di realizza-re su quell’area un fabbricato complemen-tare atto ad ospitare Sala consiliare,Archivio, Segreteria e altri uffici di interes-se pubblico. L’orologio della Torre si rea-lizzò invece alcuni anni dopo il rifacimentodel Palazzo Civico. Solo nel 1884 si determinarono le caratte-ristiche tecniche di tale impianto e si con-tattò il “Costruttore Meccanico AlfonsoCurci, allievo di August Bernard”, residen-te a Napoli, che un anno dopo accettava ilcontratto per la fornitura della macchinadell’orologio e del quadrante. Attualmenteospita gli Uffici del Sindaco e dell’Ufficiotecnico.

FONTANA “DEI DELFINI”

Opera monumentale, i lavori per la suacostruzione nel piazzale antistante laCasa Comunale e della relativa condottavennero affidati all’impresa dell’ing.Nicolangelo Anello nel maggio del 1889,sindaco Teodosio D’Amico.La fontana fu realizzata in marmo e strut-turata su una vasca circolare con un pie-distallo centrale dal quale quattro “delfini”emettono altrettanti getti d’acqua direttiverso opportune basi di appoggio previsteper i recipienti da riempire. Un quinto “del-fino”, centrale e più in alto degli altri, emet-te zampilli ricadenti su se stessi.In passato la fontana ha svolto un’impor-tante funzione sociale in quanto punto diincontro e di aggregazione quotidianasoprattutto per le donne, che vi si recava-no con le loro caratteristiche conche dirame in equilibrio sul capo o con i reci-pienti di argilla cotta e smaltata stretti alpetto, non solo per l’approvvigionamentoidrico della famiglia.

Foto in questa pagina: Il Palazzo Civico (1880) conla circolare torre dell’orologio e in primo piano laFontana dei Delfini (1889).Nella pagina a fianco, in alto L’atrio del PalazzoValiante con raffigurato sul soffitto lostemma araldi-co della famiglia.In basso veduta prospettica delPalazzo Valiante, con le caratteristiche torri laterali.

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PALAZZO VALIANTE

Il Palazzo, appartenuto ad AndreaValiante, è situato sul colle Gualtieri (oggicolle Vitero), lungo il Corso VittorioEmanuele II (la via della transumanza) enella parte più elevata del centro abitato.Oggi è pertinenza degli eredi del Sac.Luigi Capozio, che lo rilevò da precedentiproprietari di Piedimonte d’Alife. Costruita dal padre Saverio una primapalazzina nel 1750, poi data alle fiammenel 1799 dalle truppe borboniche capeg-giate da Cesare Zanchi di Ururi, il nuovoedificio, a forma di fortilizio delimitato datorri circolari, è frutto di progetti elaboratida architetti francesi commissionati daAndrea, figlio di Saverio, allora residente aMarsiglia. Ornamenti ed arredi interni rappresenta-vano dunque una delle più preziose testi-monianze della diffusione dello stile impe-ro in Molise. I lavori furono eseguiti dal1806 al 1809 dall’architetto urbanistaBernardino Musenga, famoso in Italia edin Molise (progettò agli inizi del 1800anche la città di Campobasso), su un’areadi 2000 mq con quattro imponenti torricilindriche ai lati, feritoie per le canne degliarchibugi e fregio di pietre sporgenti. L’atrio interno, con volta a botte e stemmacon alabarde, vessilli e corona, presentauna pavimentazione a breccioni suddivisida losanghe in pietra analoga alla pavi-mentazione antistante il palazzo, ogginon più presente. Al piano superiore si accede attraverso trerampe di scale; una vetrata sul pianerotto-lo immette nel giardino con riquadri e vialidi mortella, con pozzi e tettuccio in stile.

Un arco a tutto sesto su un muro di cintaintroduce all’ampio cortile della cisternacon acqua sorgiva e vasca scalpellata. Lo scorrere del tempo, lo stato di abban-dono ed esigenze di riattazione hannooggi alterato la fisionomia degli interni edegli ornati, ma in alcuni locali sono anco-ra visibili oggetti originali dell’inizio delsecolo XIX.

CASA PINABELLO

Casa Pinabello (oggi appartenente allafamiglia D’Amico) è un singolare edificio,in cui una voluta commistione di elementiarchitettonici conferisce un prospetto deci-samente composito. Numerosi i repertimurati sulla facciata in seguito a ricerchee ritrovamenti condotti dal dr. Vincenzo

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D’Amico, insigne storico locale, oltre aduna lapide di età romana (I secolo d.C.) edalla stele dedicata a Caio Neratio (illustresepinate che rivestì carica di consoledopo aver guidato un esercito nella guer-ra dl Roma contro i Parti nel 162 d.C.),importante, per quanto di rozza fattura, èanche un bassorilievo raffigurante - neiriquadri inferiori - due cavalieri armati eduna testa senza barba; nel riquadro supe-riore sinistro, è – incompleto - un condot-tiero barbaro con la destra appoggiata adun bastone e la sinistra sull’elsa di unaspada; nel riquadro destro è invece unadonna nuda, con le mani sulle anche, fian-cheggiata da due piccole figure e da unserpente. Il reperto, rinvenuto nel 1930 trale rovine del castello di Gildone, è statomesso in relazione al culto della vipera, inuso presso i Longobardi, e alle celebra-zíoní in onore di Erta, la dea della terra. L’edificio è oggi sede di numerosi repertiarcheologici collezionati dal dottorVincenzo D’Amico.

CAPPELLA CAPOZIO

Poco più a valle di Palazzo Valiante, lungoCorso Víttorío Emanuele II, è situata un’e-legante Cappella fatta erigere dal Sac.Luigi Capozio per offrire a proprietari e fre-quentatori del Palazzo un luogo di cultopiù spazioso rispetto alla cappella internaallo stesso edificio. L’altare era infatti rica-vato in un grosso armadio a muro e veni-va esposto solo per le celebrazioni religio-se.La Cappella reca al suo interno una lapidecommemorativa che ricorda la data dellaBenedizione, avvenuta il 19 aprile dell’an-no 1923 ad opera dell’Arciprete MicheleD’Amico, e la dedica della Cappella allaMadonna Addolorata. All’esterno, sull’ar-chitrave del portale, è una lunetta scolpitaa bassorilievo raffigurante S. Francesco.Tale Cappella è stata donata dagli erediCapozio alla Parrocchia di S. AndreaApostolo nel 2002.

MONUMENTO AI CADUTI

Posto alla fine di Corso Vittorio EmanueleII e realizzato grazie ad un Comitato cheraccolse i fondi necessari ed ottenne l’as-segnazione gratuita del suolo comunale,l’appalto, conferito nel 1932, prevedeva laposa in opera di un obelisco formato dadue parti sovrapposte. II Monumentovenne realizzato secondo il progetto del-

l’arch. Mario Brindesi e munito delle lapidirecanti i nomi dei 32 jelsesi Caduti nella IGuerra Mondiale. Inaugurato nel 1933, nelsecondo dopoguerra, rimossi alcuni ele-menti architettonici connotativi dell’epocafascista, si aggiunsero altre lapidi a ricor-do del Caduti nella II Guerra Mondiale.

Foto in questa pagina, Qui sopra : PalazzoPinabello in una cartolina postale degli anni ses-santa. In alto a destra: Cappella Capozio o megliodel’Addolorata. In basso: Particolare architettonicodi una finestra di Palazzo Pinabello.Tra le due pagine: il monumnto ai caduti di tutte leguerre inaugurato nel 1933

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SANTUARIO S. MARIA DELLE GRAZIE

Le origini della Chiesa e del Convento diS. Maria delle Grazie vanno ricercate apartire dall’anno 1102, in quanto presentein un documento pari data riferito allaBasilica di Santa Sofia in Benevento. Ab origine sussiteva la sola chiesa, stan-do ad una bolla del 1525, in cui l’arcive-scovo di Benevento Alessandro Farnese,diventato poi papa Paolo III, investivadella carica di responsabile l’arcipreteCamillo Pinabello.Stile del portale e stemma dei Carafa (ilfeudo di Jelsi passò a Pavesio Carafadopo tale data) al centro dell’architravefanno ad ogni modo risalire la costruzionea qualche secolo prima. Se posteriore è ladata di edificazione del Convento, la pre-senza dei Frati è attestata solo a partiredal 1642 nell’ apprezzo del tabularioHanaclerio e negli Stati di anime ed inven-tari del cardinale Orsini.I possedimenti conventuali andavanodalla strada Piano Potente (Piana S.Paolo), al colle S. Pietro, al vallone delleCannucce e al Cutino degli Zingari, quindierano costituiti da boschi e terreni coltiva-

bili. Prima ancora tali possedimenti dove-vano essere molto più estesi e cioè giun-gere fino al feudo di Civitella e compren-dere Fontana dei Frati, Fontana dellaCella, S. Scolastica e S. Colomba.Restaurati chiesa e convento nella primametà del XVIII sec. in seguito a danni deiterremoti, il terremoto devastante del 1805fece crollare per tre quarti la casa religio-sa e le volte della chiesa. Avvenuta la sop-pressione degli Ordini Religiosi da partedel governo Murat, tutta la struttura con ipossedimenti terrieri furono in seguitoacquistati dal Generale Andrea Valiante.Questi, prima di morire nell’esilio diPantelleria nel 1829, ne autorizzò la ven-dita: a riacquistare le strutture (passato ilperiodo murattiano) furono i Frati Minori,che per merito di Fra Michele diCercemaggiore iniziarono la costruzionedi una nuova ala degli edifici. Dal 1866tutto l’edificio passò nelle mani delComune di Jelsi, i cui consiglieri nel 1874decisero l’espulsione dei frati che vi torna-rono verso la fine del 1890.Solo nel 1942 il nuovo provinciale PadreAgostino Castrillo decise di ospitarvi unIstituto per la Protezione dell’infanziaabbandonata, destinandovi Padre Ciro

Soccio che, con ammirabile dinamismo, il20 settembre 1944, inaugurava la risortaCasa con il concorso di tutta la cittadinan-za di Jelsi.Lo stesso Padre Soccio negli anni ‘50avviò i lavori per la costruzione di unanuova ala del convento che avrebbe ospi-tato l’infanzia abbandonata del Molise. APadre Ciro la popolazione jelsese, ricono-scente, ha innalzato un monumento inbronzo, opera dello scultore G. Manocchiodi Campobasso, inaugurato nel 1966 nellapiazza antistante il santuario. La chiesa conventuale, nonostante i varirifacimenti, presenta ancora al suo internoelementi di notevole interesse artistico:l’elegante cupola, l’altare maggiore inmarmi policromi, il paliotto raffigurantel’Ultima Cena e la statua della Verginedelle Grazie (XVII sec.).

Foto in questa pagina: Veduta d’insieme della chie-sa convento di Santa Maria delle Grazie.La struttura originaria risale all’anno mille essendodi pertinenza dei monaci benedettini.Nel 1942 ad opera di padre Agostino Castrillo ilconvento fu adibito a Istituto per la protezionedell’Infanzia abbandonata del Molise.

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FOSSE DI CIVITAVECCHIA(Testo Michele Fratino)

In Località Civitavecchia sul pendio Estdel Colle nel 1925 vennero alla luce unaventina di cavità aventi conformazioneparticolare ed utilizzazione incerta. Essesono state ricavate nella roccia arenariae si presentano come due ambientisovrapposti e comunicanti attraverso unpassaggio a sezione quadrata. La camera inferiore è in media di circam.4,5 di altezza e m.2.50 di diametro,mentre quella superiore ha una formasimile ad una nicchia. Il dott. Vincenzo D'Amico che si è occu-pato del ritrovamento, in base al conte-nuto di qualcuna delle grotte, ha pensa-to a depositi e sepolture analoghe aquelle scavate dai Siculi in diverse altreparti d'Italia. L'ispettore dellaSovrintendenza Matteo della Cortegiunse invece alla conclusione che que-ste fossero delle fosse granarie. Oggi si conoscono 17 fosse ed alcune diesse sono state indagate archeologica-mente nel 2007. Dalla ricerca è emersoun riutilizzo di almeno una delle fossecome sepoltura comune, risalente pro-

babilmente al XVI - XVII sec. Ma il lavoro di scavo non ha fornito ancora datisufficienti per ipotizzare un origine vero-simile delle fosse e del loro utilizzo.

FESTE E FIERE TRADIZIONALI

Oltre alla Festa di S. Anna e alla Sagradel Grano, altre feste tradizionali, moltosentite dalla popolazione, ricorrono il:

- 3 febbraio, S. Biagio. Grosse ciambel-le di farina di grano tenero (peccellati diS. Biagio) sono benedette in Chiesa edistribuite ai presenti. II sacerdote ungela gola dei devoti con olio benedetto.

- 19 marzo, S. Giuseppe. È tradizionepreparare un pranzo con un gran nume-ro di portate, tutte di magro, ed invitare,tra gli altri, tre persone che possono

interpretare la Sacra Famiglia. II pranzotermina con i calzoni (dolci di pasta sfo-glia, a forma di tasca, guarniti con pastadi ceci aromatizzata e miele).

- 30 novembre, S. Andrea Apostolo,Patrono di Jelsi. Vengono preparati deipiccoli pani (panicegli) che, dopo labenedizione, sono distribuiti a chiunquene faccia richiesta.

- 31 maggio, Madonna delle Grazie. Lapopolazione, in gran numero, affluisceal Santuario per partecipare alla proces-sione in onore della Vergine.Le fiere più importanti dell’anno, che siaffiancano al mercato domenicale, sitengono invece nelle seguenti ricorren-ze:

- 17 gennaio, S. Antonio Abate; - la Domenica delle Palme;- l’ultimo sabato di aprile; - 17 maggio, S. Pasquale; - 13 giugno, S. Antonio; - 18 agosto, S. Filomena; - 29 settembre, S. Matteo; - 30 novembre, S. Andrea.

Foto in questa pagina, in basso le caratteristichecavità naturali venute alla luce nel 1925 e ad oggiancora non scientificamente analizzate,Nella pagina a lato: Veduta parziale della Criptadell’Annunziata, nell’omonima chiesa di Jelsi

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Gli affreschi e la Criptadell’ANNUNZIATA

Testo MICHELE FRATINOFoto TOBIA PAOLONE

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Un piccolo gioiello diarte ed architetturapresente a Jelsi è sicu-ramente l'antica chiesalaicale dell'Annunziata.

Essa è collocata in largo Chiesa Madre, apoca distanza dalla Chiesa parrocchiale diS. Andrea Apostolo e accanto al PalazzoCarafa.Secondo la data presente sulla chiavedell'arco gotico del portale di ingressorisale al 1363.Oltrepassato il portale si accede all'unicanavata della cappella. Il presbiterio èsopraelevato rispetto al piano della chiesae conserva un portale, che immettevanella sacrestia. Il portale conserva uniscrizione che data la consacrazione, adopera del cardinale Orsini, al 1696 per poiessere sconsacrata verso la fine del 1700.Il luogo in seguito assunse diverse funzio-ni tra le quali quelle di asilo infantile e tea-tro popolare diretto da DomenicoPetruccioli, proprio durante i lavori discavo per la buca del suggeritore (anno1947) fu scoperta la cripta della Chiesa.La cripta è formata da un'unica sala costi-tuita da una volta a botte a tutto sesto e dauna elemento strutturale ad arco gotico

nell'angolo di fondo sinistro della sala, cheforse poteva essere un battistero e cheoggi è utilizzato come ossario. Le pareti ela volta sono interamente affrescate. Gliaffreschi rappresentano iconografie diSanti e scene del Nuovo Testamento, conuno stile che sicuramente coincide conquello della scuola di Giotto e Cavallini. Sidistinguono nella parete di fondo: S.Giovanni Evangelista, S. GiovanniBattista, S. Stefano, S. Andrea Apostolo,S. Lorenzo, S. Maria Maddalena, S.Onofrio e una testa di Cristo Bambino.Nelle altre pareti e sulla volta sono rap-presentati altri santi quali: S. Vincenzo, S.Elena, S. Nicola di Mira e alcune scenedella vita di Cristo tra le quali sono facil-mente riconoscibili: l' Annunciazione, lafuga in Egitto, un esorcismo, Cristo nelTempio tra i dottori, la lavanda dei piedi,Cristo nell'orto degli Ulivi, la cattura diCristo con il bacio di Giuda e Pietro chetaglia l'orecchio a Malco, la flagellazionealla colonna e la resurrezione di Cristo. Aqueste se ne aggiungono altre delle qualisi intuisce il tema ma che sono state gra-vemente danneggiate dal correre deltempo. Dell'intero ciclo degli affreschi, deiquali non si conosce l'autore, rappresenta

un notevole interesse nella storia dell'artela scena che mostra il Battesimo di Cristo:il Cristo appare nudo nel simboleggiare lasua umanizzazione. Accanto ad esso epossibile osservare una scena ancora piùrara riguardante la vita di Cristo e i suoimiracoli. Si tratta della "Guarigione in gior-no di Sabato" (Luca 13,10), dove si rico-nosce il Cristo che con l'imposizione dellemani guarisce una donna dal suo maleliberandola dalla possessione di un demo-ne che viene espulso dalla bocca delladonna. La realizzazione del Ciclo degli affreschidella cripta è da inquadrare, probabilmen-te, nel periodo di tempo che va dal 1363data di costruzione della Chiesa e il 1400o subito dopo. La cripta rappresenta, vista la presenza diparticolari scene pittoriche della vita di cri-sto un gioiello della storia dell'arte chemerita di essere visitato e studiato.

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Foto in questa pagina e nelle pagine successive:Il ciclo di affreschi presente nella Cripta presumibil-mente realizzato nel XV secolo. Nella foto in basso: ll Cristo con l'imposizione dellemani guarisce una donna dal suo male liberandoladalla possessione di un demone che viene espulsodalla bocca della donna.

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vè n’ Sant’Anna?Pierluì, Pierluì, ci vè n’Sant’Anna? Pierluì…” É come un ritornelloche si affaccia di fre-

quenza alla mente. Me lo chiedevanosempre, ogni volta che tornavo in paese,ogni volta che ripartivo: “Ci vieni aSant’Anna, ci vè n’ Sant’Anna?...” Ed ognivolta io: “Ma certo, certo che ci torno…”Anche se poi non era sempre vero… Lafesta in realtà iniziava molto prima del 26luglio, a Jelsi, nel mio Molise: presto,molto presto, prima dell’alba con la mieti-tura del grano. Il mare d’oro era enorme eci voleva allegria e coraggio per lenire lafatica e non perdere il ritmo: su e giù conla schiena; due o tre falciate, formare ilmanipolo, poggiarlo tra la stoppia; su e giùcon la schiena; su e giù… E noi ragazzidietro, a raccogliere e riunire i manocchi elegarli per formare i covoni: facevamo agara per mostrare rapidità e bravura, perun complimento o per pochi spiccioli inpremio donati dai parenti nel giorno difesta. É in quest’epoca che un paese -giovani e anziani - si fa tutto artigiano, lì aribadire, nella collaborazione unanime, laconsapevolezza sacrosanta di appartene-re ad una comunità forte, ingegnosa ed

unita. La preparazione e gli addobbierano affidati a tutti e tutti erano in gradodi manipolare quel biondo frumento perimpreziosire le traglie, rustici mezzi di tra-sporto su slitta che scivolavano sui campitrainati dai buoi. …E l’arrivo della primatrebbiatrice meccanica con il cielo che siriempiva di pioggia di paglia e polvere infi-nita… A sera, mentre l’organetto suonavae dava il via alle danze sull’aia, vedevo latrebbiatrice allontanarsi per chissà qualiluoghi, ed io che avrei voluto correre, inse-guirla per viver l’avventura di campagnaper campagna, con quella voglia di salta-re i confini del campo che premeva nelcuore, per nuovi mondi, storie, luoghi,gente, paesi… E lo feci davvero un giornodi settembre e volarono gli anni, comenuvole impalpabili di cui perdi cognizionee aspetto, rincorso nel tempo da quel “Mac’vè n’ Sant’Anna?” come musica lieve, el’eco di voci intessute e memoria di gambesbucciate nel gomitolo aggrovigliato divicoli, che diventa ragnatela di ricordo e ilricordo, gusto agrodolce… …E fu cosìche accettai finalmente l’invito: “C’ vè n’Sant’Anna? C’ vè n’ Sant’Anna?...” Nelpieno della festa, tutto il paese sembravad’oro per la miriade di spighe che adorna-vano i carri: e d’oro era il sole, e d’oro itromboni della banda che sfilava lungo lavia del paese; e d’oro i tuoi capelli,Maria… Avevi una lunga treccia che ticascava fin sopra i fianchi, lì sulla traglianel costume antico di tua nonna: ed io nonsapevo se era anch’essa di spighe o se le

spighe erano fatte con i tuoi capelli di sole!Non vidi le altre traglie, perché la più bellaera quella; ed ebbi un lieve disappunto neldubbio che forse avrebbero tagliato la tualunga coda d’oro per donare anche quellaalla chiesa… Quanto tempo era passatodall’ultima volta che - poco più che bambi-ni - giocammo a nascondino giù lungo ilfiume? Eravamo un po’ troppo cresciutiper quel gioco infantile, ma lo proposiugualmente e tu sorridesti con frescamalizia. Ci ritrovammo a sera un po’ più inlà dal paese, -ignari i tuoi tra processionee banda - ad un alito di fiato per distan-za… E lì, su quel letto di paglia sotto queltetto di stelle mi chiedesti ancora, strap-pandomi una promessa: “L’anno cheviene, Pierluì, c’ rivè n’ Sant’Anna? Eh? C’rvè?...”

Dal documentario “TRECCE DI SOLE”

LE CCERAMICHE RACCONTANOTesto PIERLUIGI GIORGIOFoto TOBIA PAOLONE

CC

Foto in questa pagina: Due ceramiche realizzate daPierluigi Giorgio che raccontano la festa del Granoin onore di Sant’Anna e il Ponte. L’antico attraver-samento lungo la strada per Campobasso.

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ra i riti di propiziazioneinvernali di Carnevale,nel periodo di passag-gio tra due stagioni chesi svolgevano o tuttora

si svolgono in Molise con corrispondenzestorico-antropologiche d’altre parti delmondo, accanto alla manifestazione delDiavolo di Tufara (CB) e al Cervo diCastelnuovo al Volturno (IS), l’Uomo-Orsodi Jelsi o “U’ Ball dell’Urz”, il Ballodell’Orso, ritroviamo a Jelsi, in provincia diCampobasso, tenuto a catena da undomatore e da un aiutante che gli impon-gono di danzare sotto la minaccia di per-cosse con un bastone. Tra accenni diribellione e passi di danza, si espandonoin paese le note di improvvisati musicisti.Di tanto in tanto, fra i vicoli del borgo, ilgruppo bussa alle porte delle case e alcomando: “Orso a posto! Orso olè! Ballaorso!” la famiglia ospitante offre da bere eda mangiare. Nel 2008, sotto la direzionedi Pierluigi Giorgio, è stata ripresa la tradi-zione interrotta con l’avvento dellaSeconda Guerra Mondiale ed oggi è pre-sente anche in trasferte nel ParcoNazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, inPiemonte, in Sardegna. Alla pantomimatradizionale, ultimamente si è volutoaffiancare una più teatrale “Ballatadell’Uomo-Orso”, rappresentazione contanto di tenore, coro, popolani e testo inrima musicato e cantato, che potessemeglio narrare la vicenda del povero orso(il capro espiatorio) dal momento dellacattura all’asservimento: il messaggio chesi evince dal testo stesso della Ballata nonè tanto di interpretazione etno-antropolo-gica ma di tipo più psicologico (oltre all’im-magine di un dio pagano piegato dalla reli-gione cristiana o di Dioniso che “ucciso” si

fa seme e frumento). É la paura del diver-so o di quella parte di sé libera e selvag-gia occultata e rimossa dall’individuo odalla comunità per buona pace di tutti. Larazionalità imperante che offre ed imponeuniformità rassicurante, incasellamento! Ilrisultato? Disagio: quello striderti dentrotra cuore e cervello… Nel catturare, imbri-gliare, legare, imprigionare l’Orso, nelsoggiogarlo fra le sbarre, nell’aggiogarlofra i nostri correnti, schematici, ripetitivirituali di vita, nel canalizzare “l’urlo”nascosto e profondo in abituali, accomo-danti trastulli di danza, imbrigliamo, soffo-chiamo lo scrigno più prezioso, la nostraessenza più profonda: quella da demoniz-

zare, da non intendere, di cui si ha timoree che fa agli altri terrore… L’urlo del nostro“orso” interiore diventa sempre più flebile,più afono, più lontano: sempre più irrime-diabilmente inascoltato. …Chissà se la gente si domanda e poichiede come si viva con una palla alpiede, al posto invece di annullare le penesenza quel vincolo delle catene.Conservare il “selvatico” dentro di sé,essere in fondo quel che si è; mantenereil contatto con l’ingenuità, respiro primariod’identità. Forse è più comoda senzadomande una vita da schiavo sottobadante; soffocare l’istinto con la ragionee danzare a comando: “Balla buffone!

IIll BBaalllloo ddeellll’’UUoommoo-OOrrssoo Testo PIERLUIGI GIORGIOFoto TOBIA PAOLONE

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Foto in questa pagina: L’Uomo Orso sta per esserecatturato daigli uomini del paese.L’antico carnevale jelsese è stato riproposto anchefuori dalla Regione Molise (Sardegna e Piemonte)

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Lo Scaffale di altri Itinerari

Pubblicazione voluta dal Comitato per la Sagra delGrano-Festa di S. Anna nel 1984 e testo-guida pertutte le pubblicazioni posteriori inerenti storia, monu-menti, festeggiamenti in onore di S. Anna ed ognialtra curiosità jelsese.

A.A.V.V.TYBICZA - JELSIOpuscolo informativoedito dall’Amministrazione Comunaledi Jelsi, 1984

Sostanzioso compendio di storia locale con contri-buti di F. Napolitano, G. De Benedittis, R. DeBenedittis, A. Santoriello, L. Palumbo, G. Palmieri,M. D'Alessio, L. Feole, F. Valente, M. Gioielli, A.Marra, G. Di Vico, A. Lombardi, N. Lombardi, M.Fratino, D. Di Tommaso, E. D'Onofrio, A. Carlascio-T. Gioia. Foto, documenti, testimonianze, corredofotografico in bianco e nero e colori.

Giorgio Palmieri e Antonio Santoriello (a cura di)JELSI - Storia e tradizioni di una comunitàComune di Jelsi - Edizioni Enne, Ferrazzano(CB), marzo 2005

All'interno del volume, realizzato per il bicentenariodel sisma del 1805, che ha dato origine alla devo-zione a Sant'Anna anche a Pescolanciano (IS), neltesto redatto dallo stesso curatore M. Gioielli "Iltrionfo delle Messi. La festa di Sant'Anna aPescolanciano", si fa menzione alla "festa frumenta-ria, anch'essa dedicata a Sant'Anna" in Jelsi ed inriferimento alla sua idea generante, per cui il "cultoparrebbe nato nei giorni appena successivi al terre-moto del 26 luglio 1805, quando s'accese nel popo-lo un iniziale trasporto religioso nei confronti diSant'Anna, ma l'esordio compiuto del rito frumenta-rio si realizzò nove anni dopo".

a cura di Mauro GioielliIL TRIONFO DELLE MESSIStoria e tradizioni di PescolancianoPalladino Editore, Tipolitografia Fotolampo,Campobasso, agosto 2005

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Libro omaggio alla comunità jelsese, che ripercorreper testi ed immagini di gran fascino il "mondo" cheruota intorno alla festa del Grano in onore diSant'Anna sin dalle sue origini. Al suo interno contri-buti preziosi ed esaustivi di A. Maiorano, A. Valiante,G. Cardegna, V. Bifolchi, N. Lombardi, M. Passarelli,P. Giorgio, M. Fratino, A. M. Lombardi e E. Valiante,V. Lombardi, A. D'Amico, T. Crovella, A. Passarelli,C. D'Amico e M. Panzera. Disegni dei bambini, rac-conti, la preghiera a Sant'Anna per i nonni ed unrepertorio fotografico "storico" arricchiscono lo stu-dio. Presentazione di M. Ferocino, sindaco di Jelsi,A. Salvatore, dirigente scolastico, e Ines Mignogna,Presidente Associazione Carri in Cantiere.

a cura di Norberto Lombardi e Ines MignognaSANT'ANNA. LA FESTAComune di Jelsi, Arti Grafiche La RegioneRipalimosani (CB), luglio 2008

Studio estremamente significativo di feste, dialetti,abitudini ed usanze di numerosi paesi del Moliseereditati dalla tradizione sannita ma rintracciati inepoche più remote nella cultura dei primi agricoltorimigranti nell'area mediterranea, provenienti dalleisole egee. Al suo interno, con apparato iconografi-co in bianco e nero, il capito "il solstizio d'estate, ilraccolto del grano e il pane", con brillante ed origi-nale disamina de "Le traglie di Jelsi", "O' core, lostampo dei dolci della sposa" e "Le corelle".

Paola Di GiannantonioTERRATRADITASimboli e frammenti del Neolitico agricolo nellacultura dei popoli dell'area adriatico-appennini-ca d'Italia - Tipolitografia Lampo, Campobasso,giugno 2009

L'Autore analizza la Festa del Grano in Jelsi nel suocontenuto di forme, capacità aggregative e rappre-sentative, punto focale attraverso cui passa e siaffranca la cultura di alcune società. Al suo internotesti che analizzano in maniera specifica "La festadel grano in onore di S. Anna" con descrizione ana-litica, anche inerente i termini dialettali, del giornodella festa, della partecipazione popolare e colletti-va, del Comitato organizzativo, dei carichi e dellalavorazione del grano e della paglia; nascita, svilup-po ed attrazioni della festa; canti, poesie, danze eballi dedicati a S. Anna e alla festa, nonché "La festaemigrata all'estero". Ricchissimo apparato bibliogra-fico a corredo.

Antonio ValianteLE STAGIONI DEL SEME SANTIFICATOStudio sulla festa del grano a Jelsi e nell'ItaliaCentro-meridionale - Comune di Jelsi - StudioEmmezeta, Campobasso, marzo 1988

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SERVIZI

Municipio di JelsiPiazza Umberto I°, 42Orario di apertura: Lun. - Ven. 09.00 - 12.00; Lun. e Mer. 15.30 - 17.30.Tel. 0874-710134 Fax 0874 710539www.comune.jelsi.cb.it

Carabinieri di JelsiTel. 0874-713004

Guardia Medica JelsiTel. 0874 710348

Farmacia dott. Michilli JelsiCorso Vitt. Emanuele, 67Tel. 0874-713001

Ufficio Postale Jelsi Via Roma s.n.c.Tel. 0874 710172 Fax 0874 710145www.poste.it

Banca CARIMPiazza Umberto I, 62Tel. 0874 710657 Fax 0874 710659www.bancacarim.it

Vigili del Fuoco di CampobassoTel. 0874 60411 - Fax 0874 63222

DOVE MANGIARE

Antichi Sapori del Roxy BarTel. 0874 710383www.iapalucci.com

Agriturismo Colle CarusoTel. 0874 710240 Fax 0874 710334www.collecaruso.it

Agriturismo GiruglioTel. 0874-710412

La TragliaTel. 0874710293

Off-Limits - Ristorante PizzeriaTel. 333 6391930

Bar del CorsoLotto-Tabacchi

Tel. 0874 710606

Bayrisch Pub TabacchiTel. 0874710440web.tiscali.it/bayrischpub

Bar Testa MicheleTel. 0874 710152

Bar Ciaccia CaterinaTabacchi e Ric.Lotto CandeloroTel. 0874710224

DOVE DORMIRE

Antichi Sapori del Roxy BarTel. 0874 710383www.iapalucci.com

Agriturismo Colle CarusoTel. 0874 710240Fax 0874 710334www.collecaruso.it

Palazzo Ducale "Carafa"Tel. 0874 713002www.jelsi.too.it

Villaggio Turistico "Ciocca"Riccia (CB) Tel. 0874 715020Fax 0874 716847www.villaggiociocca.it

Agriturismo GiruglioTel. 0874-710412

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