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La seguente tesina è stata presentata dalle Sig.re Giancarla Bonforte e Luisella Ciceri nella sessione d’esame di giugno 2009.
La pubblichiamo come esempio di buona pratica per i corsisti che intendono in futuro sostenere l’esame di accreditamento dei corsi di formazione.
C.I.S. Centro di Italiano per Stranieri
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Il laboratorio di italiano L2 La progettazione di una didattica e di una metodologia interculturali
GIANCARLA BONFORTE
LUISELLA CICERI
DOCENTE: ELENA NUZZO
24 SETTEMBRE 2008
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INDICE
ABSTRACT pag. 2 INTRODUZIONE pag. 3 Cornice di riferimento pag. 5
Le classi interessate pag. 6
Progettazione per l’anno scol. 2008-’09 pag. 7
L’allestimento di uno spazio laboratorio pag. 8
Progetto di alfabetizzazione pag. 8
Laboratorio linguistico pag. 10
Sitografia pag. 12
Bibliografia pag. 13
Appendice pag. 14
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ABSTRACT
Il Laboratorio di ITAL 2 è una attività che viene svolta dall'insegnante con piccoli gruppi di
scolari immigrati per chiarire e risolvere problemi di:
- natura linguistica,
- natura culturale,
- natura socio-pragmatica.
Il Laboratorio ha risvolti educativi rilevanti: i bambini si trovano a lavorare secondo ritmi
individualizzati o in piccoli gruppi; consente una più ricca socializzazione e il superamento di
lacune concernenti le competenze linguistico-comunicative.
In particolare il laboratorio sulla fiaba come "ponte emotivo" verso i bambini stranieri
acquisisce una valenza al contempo transculturale e interculturale, poiché la didattica con
approccio umanistico-affettivo fondata sulla centralità e il coinvolgimento dei sentimenti si
rileva, infatti, una chiave universale di comunicazione su aspetti condivisi da tutti i ragazzi, e
indica un cammino di integrazione tra le diverse culture.
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INTRODUZIONE
“Nel teatro dell’esilio, ci si può “denunciare” come straniero per l’aspetto fisico, per il
proprio modo di muoversi, di mangiare, di vestirsi, di riflettere. A poco a poco,
consapevolmente o inconsapevolmente, si osserva, ci si adegua, si iniziano a censurare i gesti
e gli atteggiamenti che non sembrano appropriati…ma l’elemento più importante, se si aspira
a fondersi nella massa di una popolazione nuova, è certamente quello della lingua.
Nancy Huston, NORD/PERDU
(Formazione interculturale:teoria e pratica
AA.VV. ed UNICOPLI 2007)
L’intervento dei metodi didattici più specificatamente dedicati all’educazione interculturale
prevede un posto di primo piano da attribuirsi al metodo narrativo, che può esprimersi in una
vasta gamma di interventi didattici, l’uso della fiaba quale genere narrativo universale con la
trattazione di tematiche comuni a tutte le culture, e in un certo senso, tranculturali, la ricerca
di personaggi-ponte, quali Giufà o Arlecchino, i jin o folletti (Ongini, 1999), fino alla
progettazione di laboratori narrativi.
Le fiabe rappresentano per ognuno un patrimonio universale, basta sfiorarle per scoprire quale
inesorabile fonte di idee e di motivazioni esse siano e come risultano utili nel processo di
insegnamento.
Durante il percorso di acquisizione di una lingua straniera occorre infondere un’elevata
motivazione quale ottimo punto di partenza: il linguaggio della fiaba offre molte possibilità
per l’acquisizione della competenza linguistica, comunicativa e culturale.
Il linguaggio fiabesco si configura come:
* semplice da seguire in quanto utilizza il discorso diretto, pause e ripetizioni di termini e frasi
intere con l’intento di aumentare l’aspettativa e il coinvolgimento degli ascoltatori;
* ponte tra la lingua parlata e il testo letterario, considerato che la favola nasce per essere
raccontata ai bambini e si tramanda poi oralmente da una generazione all’altra;
* uso diffuso di espressioni tipiche quali “C’era una volta…Tanto tempo fa…Detto, fatto…un
giorno…e vissero felici e contenti…”
L’eroe delle fiabe agisce per un certo tempo nell’isolamento, così come il bambino moderno
si sente isolato…la sorte di questi eroi convince il bambino che, come loro, può sentirsi
abbandonato ed emarginato nel mondo, brancolante nel buio, ma come loro, nel corso della
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vita verrà guidato ad ogni passo ed otterrà aiuto quando ne avrà bisogno.
Le fiabe indirizzano il bambino verso la scoperta della sua identità e della sua vocazione, e
suggeriscono che una vita gratificante e positiva è alla portata di ciascuno nonostante le
avversità, ma solo se non si cerca di evitare le rischiose lotte senza le quali nessuno può mai
raggiungere una vera identità. I personaggi e gli eventi delle fiabe personificano e illustrano
anche conflitti interiori, ma suggeriscono in modo molto sottile come questi conflitti possono
essere risolti.
La fiaba si presenta in modo semplice, familiare; nessuna richiesta viene posta a chi l’ascolta:
è rassicurante, infonde speranza per il futuro e offre la promessa di un lieto fine.
“Cenerentola”
Bimba dalla fronte pura, dai tratti sereni, dagli occhi sognanti, di meraviglia pieni!
Benché tanti anni per me siano passati, anche se da mezza vita noi due siam separati,
il tuo sorriso amorevole gradirà di cuor, una fiaba come mio dono d’amore.
LEWIS CARROL, Alice attraverso allo specchio
Cenerentola, nelle sue svariate articolazioni, risulta essere la piu' famosa delle fiabe. E' una
favola antichissima e si ritrova in numerose culture: da quella cinese a quella tedesca,
dall'antico Egitto alla versione di Basile (La Gatta Cenerentola).
Cenerentola, così come la conosciamo nella versione di Perrault, viene recepita come una
storia delle angosce e speranze che caratterizzano l'infanzia: una storia che parla di un'eroina-
paria che ha la meglio su un sistema sociale che le riserva solo angherie ed umiliazioni.
La fiaba, come dice Bettelheim, “è un mondo incantato, il cui ingresso è libero, ma occorre
lasciare alla porta il bagaglio di luoghi comuni e la rigidità di una logica che conosce soltanto
il binario unico del possibile; è lo strumento per far riemergere il mondo interiore del bambino
e aiutarlo a trovare un significato alla vita”, così è nel nostro continente europeo, così è in altri
continenti, in altre aree geografiche.
“L'immaginario ha dunque il potere di congiungere trasversalmente popoli e culture e nello
stesso tempo di raccontare la loro specificità” (D. Demetrio, Agenda interculturale , Roma,
Meltemi, 1997).
A tale conclusione perveniva Calvino al termine del suo viaggio tra le fiabe italiane: “Sono,
prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una
spiegazione della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze
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contadine fino a noi …” (I. Calvino, Fiabe italiane , Torino, Einaudi, 1956).
Le fiabe, anche se provengono da tradizioni di popoli diversi, hanno una struttura profonda
comune che lo studioso russo Vladimir Propp ha individuato in 7 personaggi e 31 funzioni.
Cornice di riferimento
La scuola Primaria di Lurago d’Erba è collocata in una zona fortemente urbanizzata ed
industrializzata nella Brianza nord-occidentale. La presenza di numerosi opifici che
richiedono manovalanza non specializzata ha favorito una forte incentivazione alla presenza
di lavoratori stranieri, provenienti dalle zone più “povere” del mondo.
La possibilità fornita dalle ultime leggi rispetto il ricongiungimento familiare ha così portato
un forte incremento della presenza nella scuola locale di bambini con cittadinanza non
italiana.
Nell’Istituto Comprensivo di Lurago d’Erba sono presenti:
- 46 alunni stranieri, di cui
- 11 alunni nella scuola primaria del plesso di Lurago d’Erba.
La scuola si è quindi attrezzata per dare le prime risposte d’accoglienza:
- protocolli d’accoglienza
- interventi individualizzati
- presenza di mediatori culturali.
Non basta, abbiamo ancora molto da fare per questi bambini:
“l’immigrato va difeso da pietismi e dai corsi compensatori, va inserito in programmi forti,
perché forte è il suo bisogno” (Balboni, 2002, Le sfide di Babele, UTET Libreria Torino).
Il bambino straniero purtroppo appartiene solo alla classe in cui è iscritto e, il più delle volte,
viene considerato “un problema” che si aggiunge ad altri già presenti: manca un’accoglienza
di tutto il plesso scolastico nei confronti del neo-arrivato.
“Non sa dire una parola d’italiano”…”E’ un mese che viene a scuola e non parla”….
Queste sono le frasi che spesso risuonano nella scuola e trasmettono l’ansia e il senso
d’inadeguatezza che provano gli insegnanti all’arrivo di un bambino non italofono.
Una domanda che raramente gli insegnanti si pongono, è questa: “Come si sente quel
bambino che ogni mattino entra in un mondo a lui tutto nuovo e dopo un breve sorriso si siede
nel suo banco e non capisce nulla, o quasi, di quello che gli succede intorno?”
Dalle esperienze e dalla letteratura recente emerge la conclusione che la presenza dell’alunno
straniero in classe diventa:
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• occasione per
- interrogarsi
- ripensare e rivedere stili e modalità educativi
- arricchire la propria didattica
• necessità di
- preparazione psicologica
- diversificazione metodologica
- predisposizione di strumenti particolari e di momenti individualizzati socializzanti
- coinvolgimento di tutti gli insegnanti della scuola
- dialogo e confronto con tutti gli educatori che ruotano intorno all’alunno (famiglie,
enti e associazioni educative della comunità).
Le classi interessate
Attualmente le classi 3^A e 3^B sono composte da 38 alunni complessivi, di cui 8 cittadini
non italiani. L’arrivo degli alunni stranieri è stato cadenzato nel tempo: in classe prima gli
arrivi sono stati 5, all’inizio della seconda è stata inserita una bambina brasiliana e, notizia
appena giunta, inizieremo la terza con altri 2 bambini rumeni.
La vita scolastica di questi primi due anni ha mostrato una situazione eterogenea riguardo i 6
bambini. Dal punto di vista didattico si può, comunque, affermare che tutti gli allievi stranieri
a fine seconda hanno appreso le abilità della letto-scrittura: scrivono rispettando le principali
convenzioni ortografiche e leggono abbastanza scorrevolmente. Il problema più importante
che si è dovuto affrontare nell’anno scolastico appena concluso è stato quello
dell’integrazione. Laboratorio biblioteca (All.1)
L’inizio del nuovo anno vedrà l’inserimento e quindi l’accoglienza dei due nuovi alunni. Nei
documenti d’iscrizione si legge che il primo bambino ha frequentato la scuola primaria in
Italia, l’altro, invece, è appena giunto nel nostro paese e non conosce la lingua.
La situazione degli allievi stranieri presenti nelle classi si presenta disomogenea per la
provenienza degli studenti e per una differente conoscenza della lingua italiana.
In particolare:
- un alunno rumeno neo-arrivato in Italia;
- un altro alunno rumeno neo-arrivato;
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- tre alunne (una brasiliana, una argentina, una ghanese) che in famiglia parlano la lingua
materna e stanno apprendendo l’italiano a scuola e nella comunità circostante;
- tre alunni (uno albanese, una tunisina, una algerina) che si trovano in una situazione di
“semilinguismo”, in quanto non hanno raggiunto una competenza linguistica funzionale né
nelle lingua materna né in italiano. Sono bambini nati in Italia i cui genitori hanno scelto di
comunicare con i figli solo in italiano, o meglio, nell’interlingua che stanno elaborando in
questi anni di permanenza in Italia. Questi bambini hanno appreso solo la lingua della
comunicazione quotidiana, ma evidenziano grosse difficoltà ad esprimersi, a comprendere, a
raccontare la loro esperienza se non è legata al “qui e ora”; manca loro la lingua degli affetti
e del pensiero e i progressi fatti nel percorso d’apprendimento sono molto ridotti.
Progettazione per l’anno scol. 2008-‘09
Le interazioni e gli scambi comunicativi che si realizzano più frequentemente in classe sono:
- interazione fra l’insegnante e l’intera classe;
- conversazione/interazione a due bambino/insegnante in momenti di insegnamento
individualizzato;
- interazione fra insegnante e piccolo gruppo di alunni in momenti di attività in piccolo
gruppo;
- scambi e interazioni fra bambini, in situazioni informali e di piccolo gruppo.
Le situazioni più adatte per l’apprendimento linguistico degli alunni stranieri sembrano le
ultime tre elencate. Le interazioni comunicative fra l’insegnante e l’intera classe, infatti,
rendono il compito di comprensione, produzione, acquisizione linguistica da parte degli
allievi stranieri molto difficile, soprattutto per il neo-arrivato. La conversazione a due fra
bambino e insegnante, invece, pur essendo senz’altro più facilitante, individualizzata e
produttiva, a volte, appare poco stimolante per l’alunno.
Per questo nuovo anno scolastico si imposterà l’intervento nei confronti degli allievi stranieri
in due momenti:
1. Progetto di alfabetizzazione per il neo-arrivato
2. Laboratorio linguistico per tutti gli alunni stranieri di classe terza.
Naturalmente, durante la loro permanenza a scuola, i bambini sono per quasi tutto il tempo
inseriti in classe di conseguenza si cercherà di creare un contesto il più possibile accogliente e
facilitante, non si “darà tutto per scontato”, ma ci sarà ancora più attenzione per la routine e
gli schemi di comportamento dettati da abitudini culturali e sociali.
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L’allestimento di uno spazio laboratorio
Nella scuola manca uno spazio per le attività di insegnamento della seconda lingua. La
strutturazione a laboratorio di uno spazio definito segnala che la scuola prende in
considerazione la specificità dei bisogni degli alunni stranieri accogliendoli in un luogo nel
quale possano riconoscersi. E’ importante allestire un’aula definita “intercultura”, nella quale
collocare le cartine geografiche dei Paesi di provenienza, i disegni degli alunni, delle scritte di
benvenuto in lingua e dove preparare uno scaffale multiculturale con libri, testi didattici,
vocabolari di base, illustrati e plurilingue, giochi linguistici.
Nel tempo sarebbe utile corredare questo spazio di fotografie, raccolte di storie e
autobiografie, poiché la narrazione della propria storia costituisce un ambito estremamente
significativo e spesso molto motivante per l’apprendimento dell’italiano.
In “La cultura dell’educazione” J. Bruner richiama l’attenzione sul fatto che oggi gli
psicanalisti riconoscono che la personalità implica una narrazione e che la nevrosi è il riflesso
di una storia insufficiente, incompleta o inadeguata su se stessi. Probabilmente dunque “la
narrazione ha la stessa importanza sia per la coesione di una cultura che per la strutturazione
di una vita individuale”.
Che cosa ha a che fare tutto ciò con il laboratorio linguistico?
Se non si intende il laboratorio e le attività che vi si svolgono in modo riduttivo, come luogo e
azioni finalizzate solo all’acquisizione dell’italiano, essi possono giocare un ruolo facilitante
nell’aiutare gli stranieri nell’apprendimento e nello stesso tempo svolgono l’importante
compito di integrare passato e presente, costruendo una loro identità personale.
Progetto di Alfabetizzazione
”Dimmi e dimentico
mostrami e ricordo
fammi fare e imparo”
Confucio
In questa fase di programmazione del lavoro ci si limita a presentare il metodo; la
progettazione del percorso didattico seguirà l’incontro e la conoscenza del nuovo allievo.
Il metodo suggerito da Maria Cecilia Luise in “L’italiano come seconda lingua” Torino
UTET 2006 è il "Total Physical Response" abbreviato in T.P.R. e tradotto con Risposta
Fisica Totale, elaborato dallo psicologo americano James Asher e utilizzato per
l'insegnamento delle lingue straniere con risultati positivi specialmente in età precoce.
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L'ascolto riveste una notevolissima importanza nell'approccio ad una seconda lingua: facilita
una corretta pronuncia, aiuta a consolidare le strutture e abitua l'orecchio alla musicalità di un
idioma diverso dalla lingua madre.
Secondo questo metodo l'apprendimento è stabile e a lunga durata quando coinvolge tutta la
persona a livello visivo, uditivo e cinestetico. Gli alunni "rispondono" innanzitutto facendo,
prima che parlando, il metodo infatti si basa su due assunti:
- la capacità di comprensione precede quella di produzione;
- il richiedere troppo presto ai bambini di parlare in una lingua diversa dalla propria può
favorire frustrazioni e inibizioni.
Si sceglierà di sperimentare attività che mirano a coinvolgere il bambino nella sua interezza,
attraverso un 'fare" piacevole e motivante. La presentazione della seconda lingua, nel rispetto
delle specificità pedagogiche e metodologiche della scuola stessa, non si configura
essenzialmente come un insegnamento precoce e sistematico, ma come sensibilizzazione del
bambino verso un codice linguistico diverso dal proprio che in seguito porterà ad un
apprendimento veramente efficace. L'obiettivo dei giochi e delle attività è proprio quello di
dare la possibilità ai bambini di familiarizzare con suoni diversi, di memorizzare alcune
parole e semplici strutture, di comprendere frasi più o meno complesse pronunciate
dall'insegnante o da coetanei, per poi giungere alla riproduzione corretta di alcune espressioni
e strutture che costituiranno la base per gli apprendimenti futuri.
E' questo il primo passo da compiere in un ambiente stimolante e rassicurante al tempo stesso.
Grande importanza verrà data alle attività del "fare", del “costruire” , insieme ai bambini,
materiali da poter utilizzare nei vari percorsi didattici.
L'uso del gioco, della simulazione e della drammatizzazione fanno sì che i bambini si sentano
più coinvolti e stimolati ad esprimersi in una lingua diversa dalla propria.
Ogni incontro può iniziare con una canzone, una filastrocca, un gioco che richiami le nozioni
apprese in precedenza e mettano i bambini a proprio agio.
Si costruiscono poi oggetti da usare per la drammatizzazione o per giochi motori, che
permettono l’introduzione di nuove strutture linguistiche.
Per un efficace insegnamento della L2 è fondamentale predisporre un ambiente il più
possibile accettante e accogliente perché la lingua seconda si impara "respirandola":
- accettante perché le conoscenze acquisite e le competenze di ciascuno si incontrano con
l’elaborazioni di altri;
- accogliente perché l'organizzazione e la disposizione di arredi, strumenti e materiali sia
stimolante per la fantasia e la curiosità dei bambini.
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Il metodo e le attività definite risulta difficilmente compatibile con un insegnamento
individualizzato, quindi il progetto vedrà coinvolto il bambino rumeno da poco arrivato in
Italia ma anche altri bambini stranieri e italofoni.
Laboratorio linguistico
“Non si può insegnare una lingua,
si possono solo creare le condizioni
perché una lingua possa essere acquisita”
(Von Humboldt)
L’unità d’apprendimento progettata per il laboratorio avrà come tema conduttore la fiaba di
“Cenerentola” di Perrault.
Le fiabe costituiscono per ciascuno di noi un patrimonio universale e orientano le nostre
esperienze individuali. Sono custodite e protette sotto forma di ricordi più cari, sempre pronte
ad affiorare in superficie. Basta sfiorarle per scoprire quale insostituibile fonte di idee e di
motivazioni esse siano e come si rivelino utili nel processo di apprendimento.
Finalità
- Prendere coscienza della dinamiche che portano all’affermazione della propria identità.
- Imparare ad interagire con i coetanei e gli adulti.
- Comunicare le proprie emozioni, senza sentirsi a disagio, ai coetanei e agli adulti vicini.
Obiettivi cognitivi
- Potenziamento delle capacità di ascolto.
- Potenziamento delle capacità di comprensione.
- Esprimersi e comunicare anche con codici diversi dalla parola.
- Capacità di intervento nel discorso in atto ed eventualmente interrompere.
Obiettivi linguistici
- Arricchimento del lessico.
- Leggere ad alta voce.
- Produrre sintagmi nominali (concordanza di genere e numero tra nome e aggettivo).
- Cominciare a riconoscere i verbi (azioni).
Attività
Lettura dell’insegnante e lettura degli alunni (solo per chi vuole).
Discussioni e conversazioni guidate.
Domande aperte.
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Giochi linguistici.
Attività grafico-pittoriche.
Strumenti
Libri, cartoncini, colori, fotocopie, immagini, computer.
Durata
Si prevedono due incontri di due ore ciascuno. Ci si riserva di fare modifiche in itinere in
quanto il percorso didattico avrà un carattere flessibile.
SVOLGIMENTO
1° incontro
• Brainstorrning sulla fiaba (elicitazione)
Gioco con le lettere iniziali delle parole che si vogliono introdurre: si preparano le lettere
che compongono il titolo della fiaba. Senza dire agli alunni l’argomento dell’unità di
apprendimento che si sta per affrontare, si comincia a spiegare loro il gioco.
Il procedimento del gioco è il seguente: si prende casualmente una lettera, la si mostra ai
bambini formulando la definizione della parola che si vuole introdurre. Per esempio: si
prende la lettera “N” e si dice: “E’ bianca, fredda scende dal cielo quando fa molto
freddo” gli alunni risponderanno: neve. Si prosegue con le altre lettere finché non si
esauriscono. Alla fine si fa notare che le lettere nascondono il titolo di una fiaba e si
chiede loro di indovinarla
• Raccogliere parlando con i bambini vocaboli e espressioni fiabesche; esordio: “C’era una
volta….”; congedo: “….e vissero felici e contenti”
• Vengono fissati alle pareti i cartoncini colorati contenenti le frasi pronunciate da alcuni
personaggi della fiaba (All. 2). Si stimola il ricordo e la conoscenza del testo con domande
del tipo: “Chi lo dice? Quando lo dice? A chi lo dice?…” Si cerca di metterli in ordine
rispetto il racconto stesso e si individuano i personaggi della fiaba.
• Dopo aver fornito ai bambini il lessico necessario e le intere frasi pronunciate dai
personaggi e dopo aver reso l’ordine cronologico della fiaba si cerca di raccontarla. Nella
produzione libera orale è sicuramente importante la fluidità dell’informazione, meno la
correttezza della stessa perciò non si correggeranno le strutture grammaticali.
• Registrazione del racconto prodotto dagli alunni. (http://audacity.sourceforge.net/)
• Giochi linguistici. (All. 3 e All. 4)
2° incontro
• Lettura dell’insegnante: “Cenerentola”
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• Conversazione, comprensione, domande aperte. Per esempio: ”Secondo te che aspetto ha
Cenerentola?” “Disegna la sua casa e descrivila” “Hai mai visto un castello?” “Dove?”
“La storia che hai ascoltato te ne ricorda un’altra che conosci già ?”…..
• Distribuzione delle sequenze della fiaba (All. 5). Il testo sintetizzato precedentemente
diviso e tagliato in paragrafi viene dato ai bambini. Ogni alunno ne riceve un pezzo.
Leggono singolarmente la parte loro consegnata e decidono sul turno di parola. L’allievo
che ha il cartoncino in cui è riportata la frase d’inizio, incomincia la lettura ad alta voce.
L’attività richiede una pronuncia sufficientemente accurata così che i compagni possano
comprendere. L’ascoltatore, deve prestare attenzione alle ripetizioni e alle collocazioni
lessicali, che gli permetteranno di ricostruire la storia e di continuare quando sarà il suo
turno. Questa attività è un esempio di lavoro cooperativo. Tutti hanno gli stessi diritti e
doveri e lo stesso scopo: fornire la stesura della fiaba.
• Disegnare la sequenza appena letta (possibilità di scambiare la sequenza con un
compagno).
• Trova le differenze (All. 6 e All. 7). Queste immagini sono state preparate per elicitare la
produzione di sintagmi nominali formati da nome + aggettivo. Gli oggetti si differenziano
per colore, dimensione e numero; sono stati privilegiati i colori che in italiano possono
avere quattro terminazioni (giallo, bianco, rosso e nero).
Realizzazione di una presentazione in Power Point con i disegni eseguiti dei bambini e il loro
racconto della fiaba.
Sitografia
www.infanziaweb.it/ -
http://www.iprase.tn.it/old/ABC/Abcmenu.html
http://lnx.ginevra2000.it/Disney/favolacenerentola.htmhttp:/
/www.lucacambiaso.it/Cenerentola%20html/Index.htm
http://www.centrocome.it/
http://www.irre.toscana.it/italiano_l2/l2.htm
http://audacity.sourceforge.net/
http://www.nebrhijos.com/processability/mat/materiali.htm
http://venus.unive.it/aliasve/moduli/didattica_intercultura/ludica.pdf
http://www.comune.jesi.an.it/jesicentro/AGORA/quad_integ.pdf
http://www.zanichellibenvenuti.it/
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Bibliografia
BRUNO BETTELHEIM “Il mondo incantato ”Feltrinelli 1977
M. C. LUISE “Italiano come lingua seconda” Torino Utet 2006
MPI “La via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stranieri”
Roma ottobre 2007
M. SANTERINI – P. REGGIO “Formazione interculturale. Teoria e pratica”
ed. Unicopoli 2007
C. PERRAULT “I racconti di mamma oca” ed. Einaudi 1974
D. DEMETRIO “Agenda interculturale” ed. Meltemi 1977
I. CALVINO “Fiabe italiane” ed. Einaudi 1956
G. RODARI “La grammatica della fantasia” ed. Einaudi
J. BRUNER “La cultura dell’educazione” Milano Feltrinelli 2001
MPI “Indicazioni per il curricolo” Roma settembre 2007
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PROGETTO BIBLIOTECA All. 1
Quadro di riferimento e motivazioni
L’attenzione verso le tematiche interculturali, motivata anche dalla presenza nella classe di
alunni extracomunitari, ha portato le insegnanti a sviluppare un progetto in grado di offrire
nuovi spazi per la conoscenza di culture diverse dalla nostra e nuove opportunità di riflessione
sul valore delle diversità. Bambini e i ragazzi, per crescere dal punto di vista sociale, hanno
bisogno di confrontarsi con la "diversità". Così come risulta dalle Indicazioni Nazionali
“Bisogna saper accettare le sfide che la diversità pone: innanzitutto nella classe, dove le
diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si
trasformi in disuguaglianza”. (Cultura Scuola Persona - M.P.I. - Settembre 2007)
E' quindi un bene che nelle nostre classi coesistano alunni di provenienza diversa, con
attitudini diverse, con storie personali diverse: sicuramente è un'esperienza che arricchisce
tutti. Non sempre però i bambini sono pronti ad affrontare con elasticità il rapporto con chi
considerano "ALTRO" da loro. Questo lavoro di narrazione vuole affrontare il problema
proponendo testi, immagini e strategie che hanno lo scopo di allenare i bambini ad adottare
punti di vista diversi. Meglio di tanti discorsi astratti si punterà sulla fantasia, sulla lettura di
testi che favoriscono l'immedesimazione nell'altro, sull'analisi di stereotipi, sul confronto tra
testi di culture diverse.
FINALITA’
• Accrescere la disponibilità all’accoglienza e alla convivenza democratica
• Stimolare atteggiamenti positivi e di curiosità verso l’altro e le altre culture
• Far emergere il piacere e il bisogno della lettura
OBIETTIVI COGNITIVI
• Potenziamento delle capacità di ascolto.
• Conoscenza della struttura di un testo narrativo-fantastico.
• Conoscenza di alcuni aspetti culturali e tradizioni di paesi lontani.
• Arricchimento del vocabolario e delle capacità espressive.
• Conoscenza di semplici procedure informatiche e di alcuni programmi di video- scrittura.
OBIETTIVI COMPORTAMENTALI
• Maggiore disponibilità all’accoglienza e alla convivenza democratica.
• Assunzione di atteggiamenti positivi e di curiosità verso l’altro e le altre culture.
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• Incremento dell’interesse per i libri e per la lettura.
• Interesse per gli strumenti informatici.
CONTENUTI
• “Il brutto anatroccolo” di Hans Christian Andersen
• Fiabe, racconti, leggende di vari Paesi
METODOLOGIA
Partendo da fiabe conosciute, attraverso l’ascolto della lettura dell’insegnante e il confronto
con le fiabe e racconti di altri paesi “lontani”, si sono ricercati elementi comuni e di
peculiarità di culture diverse dalla nostra.
Percorso
• Lettura ad alta voce dell’insegnante.
• Conversazione spontanea e guidata.
• Rielaborazione collettiva.
Spazi: aula e laboratorio d’informatica della scuola
Forme di raggruppamento degli alunni: grande e piccolo gruppo in classe; piccolissimo
gruppo o attività individuale nel laboratorio d’informatica; momenti di tutoring degli alunni
con maggiori competenze tecniche nei confronti dei compagni meno esperti.
Strumenti, materiali: libri, computer, programmi di videoscrittura e di grafica, utilizzo di
internet, atlanti geografici, materiale di facile consumo (carta, cartoncino, colori di vario tipo).
Realizzazione di un CD con una presentazione in Power Point con sintesi del lavoro svolto.
VERIFICA
Tutti i bambini hanno seguito con molto interesse e partecipazione l’attività svolta.
Immedesimarsi in alcune situazioni li ha resi più sensibili e attenti verso “l’altro”. Gli alunni
stranieri si sono sentiti più accolti e valorizzati; contenti di vedere i compagni apprezzare la
cultura del loro paese di provenienza. Ogni bambino si è appassionato alla lettura e in
ciascuno è nata una maggiore curiosità verso la letteratura e la cultura dei diversi paesi del
mondo.
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All. 2
FRASI DA INCOLLARE SINGOLARMENTE SU CARTONCINI
"Stendi il bucato e vai avanti col tuo lavoro" ". Si Si Genoveffa Anastasia. Si mamma" E' tempo che il principe prenda moglie e si sistemi!" "Ma vostra Maestà deve prima trovare una ragazza ed innamorarsi!" "Un ballo! Un ballo! Andremo ad un ballo!" "Anch'io sono invitata. C'è scritto: Per ordine del Re, ogni fanciulla dovrà partecipare!". “Allora non verrai. Che peccato! Ma ci saranno altri balli!" “Salagadula, mencica bula, bibbidi-bobbidi-bu...." " E’suonata la mezzanotte, devo andare" "C'è la possibilità che una di voi diventi la sposa del principe, se riuscirà a calzare la scarpetta di cristallo!" “Per favore Vostra Grazia, aspettate! Posso provare la scarpetta?" “E' solo Cenerentola, la nostra sguattera." “Signora, i miei ordini sono: ogni fanciulla del regno!" "Oh è terribile! E’ andata in mille pezzi!" "Non preoccupatevi ho io l'altra scarpetta"
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All. 3
NOMI DA CERCARE
V R M E Z Z A N O T T E D T N P L V X Z T Y Q O T K L O T N B G F S K L K U Y T R P H G H N N C A V A L L O F O T R C X Z A K T L W J R Z L D T C W H R L K U I R L P I C B T D C P Q K G N M J P N H G V B N E V Y H I D X W I Z U C C A T Q K P T I G F B S G H V R T B Y D Z R F H V G N B P C A R R O Z Z A K N V M H N U M V E S T I T O P S T Z Y K S R P K L L A M O C A S T E L L O D Y W E S T D G R F P R I N C I P E K L
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All. 5
Dal sito http://www.lucacambiaso.it/Cenerentola%20html/Index.htm
C'era una volta una fanciulla, di nome Cenerentola,
che viveva con la matrigna cattiva e le due sorellastre gelose. La povera Cenerentola doveva fare da sola
tutti i lavori di casa... Ma gli uccellini, che erano suoi amici, la svegliavano ogni mattina e la tenevano allegra. Anche se le sorellastre e la matrigna la trattavano sempre male, Cenerentola non smetteva mai di sorridere e cantare. Solo i topini le volevano molto bene: per ognuno Cenerentola trovava un nome e dei vestiti adatti. Un giorno arrivò un messaggio del re, che invitava a un ballo in onore del principe tutte le fanciulle del regno. Anche Cenerentola, naturalmente voleva andarci, ma la matrigna le disse: "Solo se finisci in tempo le faccende!" Così Cenerentola fu costretta a lavorare tutto il giorno, mentre le sorellastre la prendevano in giro. I suoi piccoli amici, allora, decisero di cucirle un bellissimo abito da sera. Quando Genoveffa e Anastasia videro che era così bella cominciarono a strillare per la rabbia. "La mia sciarpa!" gridò una. "E questa è la mia collana!" urlò l'altra. Le saltarono addosso e strapparono il suo bel vestito in mille pezzi.
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Cenerentola piangeva tutta sola e triste nel giardino... Quand'ecco, in uno splendore luccicante di stelline, le apparve la sua madrina, la fata Smemorina. "Bibidi, bobidi,bu!" recitò la fatina. In men che non si dica una zucca fu trasformata in una meravigliosa carrozza tirata da quattro cavalli.
Poi, con l'ultimo tocco di bacchetta magica, l'abito strappato di Cenerentola si trasformò nel più bel vestito da sera che si fosse mai visto. "Su su! E' ora di andare," disse la fatina. "Ma non dimenticarti piccola: a mezzanotte precisa tutto tornerà com'era prima.
" Il principe ballò solo con Cenerentola per tutta la sera. Il re era felice, e il granduca Monocolao non riusciva a credere ai suoi occhi. Purtroppo, però, arrivò anche la mezzanotte. Cenerentola fuggì dal palazzo correndo e perse sulle scale una scarpina di cristallo.
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Il re ordinò a Monocolao di provare la scarpina a tutte le fanciulle del regno. Così il granduca arrivò a casa di Cenerentola. I piedoni delle due sorellastre erano troppo grossi per entrare in quella scarpina... Ma quando arrivò il turno di Cenerentola, la matrigna fece inciampare l'aiutante del granduca e la scarpina si ruppe. Cenerentola aveva però conservato la seconda scarpina. La tirò fuori, e Monocolao gliela infilò: era proprio perfetta per il suo piedino! Cenerentola fu subito portata al castello. Poco dopo si celebrarono le nozze tra lei e il principe. I sogni di Cenerentola erano divenuti finalmente realtà.