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di Mario Senatore La sede La sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo (1933-34)

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di Mario Senatore

La sedeLa sede della Federazione Provinciale

Fascista Agricoltori di Cuneo (1933-34)

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La sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo in corso IV Novembre (allora corso Vitto-rio Veneto) a metà degli anni trenta (Museo Civico di Cuneo, Archivio fotografico, Fondo Adriano Scoffone, riproduzione Giorgio Olivero)

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«L’anno 19�� XI°, nel giorno �1 del mese di marzo», nei locali della Federazione Provin-ciale Fascista Agricoltori di Cuneo, in via

Roma 41, si riunisce la Commissione giudicatrice dei pro-getti di concorso per la realizzazione della nuova sede socia-le, da erigersi sul lotto d’angolo tra corso Vittorio Veneto e via Vittorio Amedeo II. I cinque commissari (il presi-dente della Federazio-ne Mario Ferrero, il conte Guido Riccardi Candiani e il mar-chese ingegner Carlo Alberto Pensa di S. Damiano, membri del Consiglio Direttivo, l’ingegner Attilio Mo-lineris, rappresentante dei Sindacati Ingegne-ri di Cuneo e Torino, l’architetto Arturo Midana, rappresen-tante del Sindacato Fascista Architetti del Piemonte), esaminate le 27 proposte presentate, esprimono il proprio giudizio di preferenza per la soluzione progettuale contrassegnata con il motto «Luce»: i redattori sono il giovane architetto to-rinese Carlo Mollino e l’ingegner Vittorio Baudi di Selve, residente a Confreria. «Un’ottima disposizione dei locali» e

«una soddisfacente per quanto ardita forma stilistica», uni-te all’attento rispetto delle limitazioni di area e cubatura imposte dal bando, sono le ragioni della scelta indicate nel-la relazione della Commissione (Cfr. il Bando di Concorso e la Relazione della Commissione incaricata di giudicare i progetti presentati per la costruzione della nuova Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo, da-

tata �1 marzo 19��, documenti conservati in ACM).A ventisette anni d’età, l’estroso figlio dell’ingegner Eugenio Mollino, che sotto la guida del padre ha già vissuto iniziali espe-rienze di progettista e imparato i rudimenti del mestiere, ottiene dunque il suo primo autonomo incarico professionale, se pure in collaborazione. Il progetto per la Sede

della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo costituisce una tappa essenziale di un percorso di forma-zione che nell’arco di circa un decennio conduce Carlo Mollino dai primi, vivaci esercizi compositivi svolti nelle esercitazioni scolastiche, a quella compiuta maturità di pro-

Carlo Mollino opera prima: La sede della Federazione Agricoltori di Cuneo e i sogni di Oberon

C. Mollino, disegno prospettico della Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo (ACM)

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ni-Casabella», n. 157, gennaio 1941, pp. 15-27) - opera la cui demolizione dovuta a scadenza della conces-sione comunale, nel 19�0, rappresenta un imbarazzante capitolo della storia di Torino del novecento.Nella seconda metà degli anni trenta, quando l’architettura moderna italiana sem-brerà aver esaurito la

propria spinta innovatrice e lo sforzo di individuare pos-sibili vie d’uscita nel segno d’una difficile continuità con la cultura razionalista apparirà talvolta velleitario e inade-guato a contrastare la persistente vitalità di un trionfante classicismo, non casualmente l’inquieta sperimentazione

C. Mollino e V. Baudi di Selve, Sede della Federazione Provin-ciale Fascista Agricol-tori di Cuneo (1933-34), vista dell’edificio dall’angolo tra corso Vittorio Veneto e via Vittorio Amedeo II (foto ACM)

gettista che gli consentirà infine di dare forma, tra il 19�� e il 1940, al suo riconosciuto capolavoro dell’anteguerra, la Sede della Società Ippica Torinese (inizialmente commis-sionata proprio all’ingegner Vittorio Baudi di Selve, che dopo la vicenda cuneese coinvolgerà l’amico in una nuova occasione di comune lavoro) - opera in cui Giuseppe Pagano, in-stancabile propugna-tore dell’architettura moderna in Italia, vedrà finalmente ma-terializzato il doppio anelito di «liricizza-re il razionalismo» e «rendere funzionale la poesia» (G. Pagano, La nuova sede della Società Ippica Tori-nese, in «Costruzio-

La prospettiva di concorso per la Sede

della Federazione Provinciale Fascista

Agricoltori di Cuneo dell’architetto Paolo

Perona, autore del progetto 2° classificato

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linguistica molliniana, ormai declinata in forme sicure, po-trà dunque indicare una raffinata direzione di ricerca. Ma a che punto si colloca e quali temi documenta, nel percorso di maturazione artistica di Carlo Mollino, la realizzazione della Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricolto-ri di Cuneo?Dai più recenti, importanti stu-di sull’architetto, emerge con rinnovata chiarezza la comples-sità di una stagione di apprendi-stato, culturale e professionale, che va approssimativamente compresa nell’arco temporale 1927-19�7. È anzitutto ribadi-to come il serrato dialogo che Mollino intesse in questi anni, anche soltanto con la cultura torinese, non consenta rappre-sentazioni semplificate (cfr. le riflessioni di C. Olmo, L’impos-sibile cittadino. Un’introduzio-ne a Carlo Mollino architetto, in Carlo Mollino architetto 1905-197�. Costruire le mo-dernità - catalogo della mostra ospitata dal 12 ottobre 200� al 7 gennaio 2007 dall’Archivio di Stato di Torino - a cura di S. Pace, Electa, Milano 200�, pp. 17-�1). Il capoluogo piemontese, la città che è stata definita «il primo laboratorio dell’architettura italiana “moderna”» (G. Ciucci, Il dibattito sull’architettura e la città fasciste, in Storia dell’arte italiana - parte seconda vol. III - Il no-

vecento, Einaudi, Torino 1982, cfr. p. 291) vede formarsi a partire dalla seconda metà degli anni venti un ambiente culturale d’eccezione, animato dalle simultanee e presti-giose presenze di Edoardo Persico e Giuseppe Pagano, del professor Lionello Venturi, di Felice Casorati e della sua

scuola pittorica, dell’imprendi-tore-mecenate Riccardo Guali-no. Mollino è attento, informa-to, aperto alle nuove prospettive indicate dalla critica più avan-zata, tuttavia coltiva presto un suo personalissimo profilo di artista riluttante a ogni appar-tenenza, assecondando un’in-dole di ricercatore solitario e anticonformista. Esteta curioso e poliedrico, quasi egli stesso oggetto d’un proprio sorveglia-to progetto letterario, vive co-munque una densa socialità in-tellettuale, legandosi al mondo antiborghese del «Selvaggio», a Mino Maccari (che Curzio Malaparte, neo-direttore de «La Stampa», chiama a Torino nel 19�0), e soprattutto a Italo Cremona (Cfr. F. Irace, Incan-to e volontà di Carlo Mollino e E. Tamagno, L’archivio Car-

lo Mollino. Testimonianze di un quarantennio di vita, in AA.VV., Carlo Mollino 1905-197�, Electa, Milano 1989, pp. 1�-55 e pp. 107-11�).Nel 19�� Fratel Goffredo, critico d’arte di cui è stato allie-vo al Collegio San Giuseppe, di lui scrive su «Vita sociale»:

C. Mollino e V. Baudi di Selve, Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo (1933-34), il corpo scale (foto ACM)

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C. Mollino e V. Baudi di Selve, Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo, pianta piano terra (ACM)

«Carlo Mollino è prima di tutto un artista, un artista inte-grale… per questo scopo… rifugge dal diventare professio-nista puro». Ma se questo è vero, occorre tuttavia compren-dere come sia lo stesso architetto ad alimentare intorno a sé, compiaciuto, una sorta di costante malinteso, di cui in par-te resterà vittima. Educato alla lezione estetica del secondo futurismo, teso ad un concitato vitalismo che lo spinge a vivere con bruciante passione tutti i miti della moderni-tà, si mostrerà sempre eclettico e versatile nel perseguire i suoi tan-ti tradimenti - dalla fotografia al design, dalla letteratura alla scenografia, dal volo all’automobilismo, allo sci - di un grande, ossessivo amore per l’architettura (cfr. G. Brino, Carlo Mollino. Architettura come au-tobiografia, Idea Boo-ks, Milano 1985 - ed. rivista 2005).Inscindibilmente le-gato agli insegnamenti del padre, ingegnere di eccezionale competenza nell’ambito della cultura professionale citta-dina, nel suo lavoro sin da giovane considera centrale il controllo della tecnica, come vera radice cui ancorare ogni più ardita sperimentazione. La poliedricità di una persona-lità eccentrica, costruita con coscienza e divertimento, non deve dunque trarre in inganno sulla più profonda essenza della sua ricerca: ogni tensione intellettuale, ogni esperien-za diventa infatti per lui nuova linfa per ridare vigore, nel

mestiere, a un cimento tecnico inesausto. La proposta progettuale per Cuneo può essere letta quasi come la meditata sintesi del cammino di formazione per-corso dal giovane architetto e al contempo come il mo-mento germinativo di una fervida ricerca, legata a molte suggestioni non soltanto interne al campo dell’architettura e foriera di sviluppi importanti, negli anni a venire. Il tema di concorso richiede ai partecipanti la definizione di-

stributiva e compositiva dell’ingresso d’angolo, problema architettoni-co già incontrato e ri-solto da Mollino in due occasioni che costitui-scono, nel corso degli studi universitari, tap-pe del progressivo ap-profondimento di una prima cifra espressiva: la «villa a Capri», ex tempore datato 19�0, e il progetto di un iso-lato per negozi e uffici redatto nella circostan-za della tesi di laurea

nel 19�1. La villa, con ambienti disposti secondo una pianta a croce di Sant’Andrea, presenta una soluzione del sistema gradinata d’accesso-ingresso-scala sostanzialmente analoga a quella studiata per la Sede della Federazione Agricoltori. Il lavoro di tesi, che Pagano giudicherà in seguito «un’equazione ben impostata», denuncia chiaramente il ponderato approdo di Mollino ad un vocabolario formale razionalista, tuttavia impreziosito da un dinamismo plastico derivato dalle ricerche del secondo futurismo, in un connubio tipico della cultura

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10 c 120 46 2 jpg - C. Mollino, disegno di det-taglio. Vetrata e lucernario della scala. Matita su lucido (ACM)

architettonica torinese dell’epoca (Cfr. R. Gabetti, Architettu-ra-ambiente: progetto del secondo futurismo in id.- a cura di - La nuova architettura e i suoi ambienti - Testi e illustrazioni raccolti da Fillìa, Strenna Utet, Torino 1985, pp. 7-�4).Nel progetto di concorso di Cuneo, partendo da un’attenta valutazione delle disposizioni del bando riguardanti gli am-bienti utili previsti per i vari piani, specificate all’articolo 2, Mollino trasferisce inizialmente quel definito catalogo di vinco-li in un programma funzionale rigido, con un processo quasi analitico. Le funzioni così iso-late determinano gli elementi dell’architettura, poi enfatica-mente montati a creare un mo-vimentato gioco di volumi (si osservino gli schizzi di studio). Nel bando è richiesto, al piano terra, un «salone di adunanze capace di 200 persone sedute»: Mollino progetta un grande ambiente a ventaglio, simme-trico rispetto all’asse che biseca il lotto angolare. Gli uffici sono facilmente organizzati lungo due maniche, ai lati del salone. La gradinata d’accesso ad elle e la scala monumentale sono gli elementi che consentono all’architetto di rompere la simmetria, di negare l’ordine dello schema prima individuato. È stato osservato, in un recente saggio storico-critico sugli anni della formazione e degli esordi professionali di Carlo

Mollino, come nel progetto cuneese confluiscano tanti, af-fastellati riferimenti, da Le Corbusier a Mendelsohn, rin-corsi nei numerosi schizzi di studio tesi a prefigurare la resa tridimensionale e fortemente scultorea dell’edificio, figli di un’ansiosa volontà di forma, quasi fisiologica in un’opera

prima. In alcune parti dell’edifi-cio si è inoltre ravvisata l’eco di specifiche opere, illustrate dalla pubblicistica dell’epoca, come la Villa Latina di Piero Bottoni per la IV Esposizione Interna-zionale delle arti decorative e industriali moderne di Monza (1929-�0) o la Cooperativa “De Vohlharding” all’Aja di Jan W.E. Buys, forse filtrata dalle pagine de Gli elementi dell’architettura funzionale di Alberto Sartoris, libro pubblicato nel 19�2 (F. Mangone, Prima della Cavalle-rizza. L’insegnamento scolastico, la tradizione familiare, il milieu torinese, in Carlo Mollino archi-tetto 1905-197�. Costruire le modernità, cit., pp. 51-�4).L’impressione di una certa esu-beranza nella composizione del-le masse, che la stessa Commis-sione di concorso aveva voluto

sottolineare, emergerà come esplicita riserva in una recen-sione dell’opera, intrisa di bonario paternalismo, ospitata nell’ottobre del 19�7 dalle pagine di «Architettura», rivi-sta del Sindacato Nazionale Fascista Architetti, diretta da Marcello Piacentini. «Nell’insieme - si legge nell’articolo

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C. Mollino, schizzi di studio per la Sede della Federazione Provin-ciale Fascista Agricoltori di Cuneo (1933-34) (ACM)

firmato S.M. - pure nei suoi lati discutibili, in parte dovuti ad un eccesso di movimento volumetrico e di motivi (ben scusabili in un giovane alla sua prima prova), il progetto rivela, accanto ai dati di entusiasmo e di convinzione decisa nei princìpi adottati, qualità ben apprezzabili di serietà di impostazione e di diligenza, di studio e di realizzazione» (S. M., Nuova Sede della Federazione Agricoltori di Cuneo - arch. Carlo Mollino, in «Architettura», fascicolo X, ottobre 19�7, pp. 595-597).Evidentemente, la ri-cerca poetica dell’ar-chitetto nella stagione pre-bellica si radica proprio nella nega-zione di quei canoni di corretto e spesso pedante equilibrio stereometrico tanto caro ai sostenitori del-la corrente classicista dell’architettura ita-liana. Il suo paziente sforzo per individuare una via personale ed estranea alle tante re-toriche dominanti, che lo vedrà infine emanciparsi, nella felice creazione dell’Ippica, dagli stessi dettami di una ge-nerica ortodossia razionalista, che sentirà anch’essi come vincoli a una più libera espressione artistica, non può essere inteso senza tener conto di questa iniziale insoddisfazione, irrequietezza, tensione estetica: Mollino crede, come il suo Oberon, che «l’architettura non (sia) un bel cadavere con proporzioni a posto, ma opera che canta le sue ragioni di vita» (il racconto fantastico Vita di Oberon, pubblicato a

puntate proprio nel 19��, tra luglio e novembre, sui nu-meri �7, �8-�9, 70 e 71 di «Casabella», è il ritratto della breve e avventurosa esistenza dell’architetto Ettore Lavazza, alter-ego letterario inventato da Mollino e presentato ai let-tori della rivista come suo «amico carissimo» - su Mollino scrittore, negli anni trenta, cfr. S. Jacomuzzi, Invenzione e scrittura. Carlo Mollino romanziere, in AA. VV., Carlo Mollino 1905-197�, Electa, Milano 1989, pp. 57-�8).

A distanza di anni, l’architetto sarà piut-tosto severo nel giu-dizio sulla sua prova d’esordio, consideran-dola un’esecuzione dignitosa, ordinata (a una valutazione critica attenta non deve sem-brare un paradosso), in adesione ai modi razionalisti, ma non segnata da uno spicca-to ed originale caratte-re. Quando infatti nel 195� Maurizio Maz-zocchi gli proporrà, da

Buenos Aires, di pubblicare alcuni suoi lavori, l’architetto farà riferimento per lettera agli edifici rispettivamente sedi della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cu-neo e della Società Ippica Torinese come le due opere che testimoniano una maturazione creativa avvenuta, lungo il corso degli anni trenta. «Tra le mie architetture - si leg-ge - ne troverà due datate. Una tra le mie prime (palazzo per uffici a Cuneo) dimostra che i miei primi inizi furono nell’onda portante del “razionalismo”, nulla di personale

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C. Mollino, Studio della sedie. Acquerello su tavola (ACM)

all’infuori di una corretta architettura, anche se costrutti-vamente rappresenta la prima realizzazione, in Italia, della finestra in lunghezza, senza piedritti su facciata interamen-te a sbalzo. L’altra architettura (società ippica torinese)… rappresenta una ben individua liberazione dai canoni del-l’allora architettura moderna…» (lettera di Carlo Mollino a Maurizio Mazzocchi, in data 15 dicembre 195�, ACM). Va compreso l’intento di Mollino di definire un chiaro ter-mine a quo, il punto di partenza di un’evo-luzione che conduca all’Ippica, nella neces-sità di dimostrare una precisa tesi. Ma è inte-ressante l’annotazione riguardante la finestra a nastro, testimonian-za della coscienza e dell’orgoglio, da parte dell’architetto ormai maturo, per quanto di sperimentale e note-vole, anche solo sotto l’aspetto delle soluzio-ni tecniche, fosse in effetti presente in quella sua opera d’esordio (dai dettagli costruttivi emerge la grande cura posta nella ricerca di so-luzioni sempre puntigliosamente studiate, inventate per ogni parte dell’edificio e risolte a differenti scale metriche, a dimostrazione di una precoce perizia anche nel controllo del disegno esecutivo). Nell’inesausto arrovellarsi intorno ad ogni minima intuizione, ad ogni pensiero che diventi disegno, si rivelava già, al di là di tutte le possibili conside-razioni critiche generali sulla soluzione progettuale, la vera

cifra dell’operare molliniano. Indubbiamente, con il progetto per la Sede della Federa-zione Agricoltori di Cuneo, Mollino appare impegnato a scrutare un orizzonte animato da ben altri fantasmi rispet-to a quanto non attesti quel suo stesso, successivo giudizio: pronto non soltanto a cavalcare, e brillantemente, l’ «onda portante» della nuova architettura, nell’aggiornata scelta di un linguaggio architettonico, bensì ad immergersi in quella

inquieta fatica e ten-sione d’artista verso un’ideale trasforma-zione della materia in forma, sempre im-possibile da rendere conchiusa, che certo rappresenta la sua più intima ed essenziale qualità. Pronto ad immergersi nei sogni di Oberon: «ogni pensiero di-mentico e solo ricor-do le immagini: tutta la mia memoria è così. Sensazioni d’ambien-

te, situazioni dell’animo li ricordo solo se riferiti al mondo dei corpi e li posso tradurre anche in figure irrazionali e inspiegabili poiché “nulla hanno a che vedere col simbolo”. Forse è anche per questo che debbo fare l’architetto… Musica degli spazi che parla e, non so perché, a volte de-scrive (musica onomatopeica), senza altro esprimere che se stessa, ossia la bellezza che è in me» (C. Mollino, Vita di Oberon, cit.)

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Carlo Mollino nella galleria di casa Miller (1936 c.), foto di Italo Cremona (foto ACM)

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Figlio di Jolanda Testa e di Eugenio Mollino (inge-gnere di origini genovesi molto attivo nel capoluo-go piemontese, autore del monumentale complesso

ospedaliero di S. Giovanni Battista - Le Molinette), Carlo Michele Alessandro Giovanni Mollino nasce a Torino il � maggio 1905. Frequenta le scuole elementari presso il Col-legio San Giuseppe e nel 191� entra nel pensionato univer-sitario dell’istituto. Nel 1928 svolge il servizio militare ed è congedato, dopo sei mesi di ferma, con il grado di caporale di artiglieria montana. Nel 1929 è a Gand, dove segue un corso di storia dell’arte.Laureatosi presso la Regia Scuola superiore di Architettura dell’Accademia Albertina di Torino nel luglio 19�1, inizia un periodo di praticantato professionale nello studio pa-terno. Partecipa intanto, in collaborazione con altri pro-fessionisti, a diversi concorsi, nei quali si classifica sempre ai primi posti: per aziende agricole in montagna, con Aldo Morbelli, premiati come vincitori (19�2); per la Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo, con Vittorio Baudi di Selve (19��) e per la Casa del Fascio di Voghera, con il padre Eugenio (19�4), entrambe opere poi edificate. La fervida stagione di lavoro vissuta prima della seconda guerra mondiale lo vede anche impegnato in esperienze letterarie: pubblica a puntate su «Casabella», tra il luglio e il novembre del 19��, Vita di Oberon; su «Il Selvaggio», tra l’agosto del 19�4 e il maggio del 19��, L’Amante del Duca. Sono anni in cui Mollino stringe molte importanti amicizie, solidarietà intellettuali che ne accompagnano la

maturazione artistica - con Mino Maccari, Italo Cremona, Albino Galvano, Carlo Levi, Giuseppe Pagano, Gino Levi-Montalcini, Riccardo Moncalvo.Tra il 19�� e il 1940 progetta e vede realizzata la Sede della Società Ippica Torinese (di nuovo frutto della collaborazio-ne con Baudi di Selve), assurdamente demolita nel 19�0. La critica più avanzata coglie subito le raffinate qualità del-l’edificio, forse il vero capolavoro architettonico di Carlo Mollino. Queste le parole con cui Giuseppe Pagano, nel pieno della sua appassionata battaglia per un rinnovamen-to profondo dell’architettura italiana, si rivolge ai lettori di «Casabella» nel presentare l’Ippica: «coloro che credo-no di vedere nell’architettura moderna una conventicola di gente settaria, rigidamente fissata a formule preconcette da canoni inamovibili, o immagina che basti una discreta dose di paziente funzionalismo utilitario e una superficiale adattabilità da copista, o magari una congenita aridità, o addirittura una costituzionale freddezza da ragioniere per comprendere e spacciare il credo della nuova architettura, avranno ragione di meravigliarsi osservando questo recente lavoro che ora illustriamo» (G. Pagano, La nuova sede della Società Ippica Torinese, cit.). Nella seconda metà degli anni Quaranta e durante gli anni Cinquanta Mollino, che si dedica anche con costanza ad una ricca progettazione di interni e arredi, realizza diverse delle sue opere più originali: la Capanna Lago Nero sopra Sauze d’Oulx (194�-47) - pesantemente compromessa, poi oggetto di un lungo e attento intervento di analisi e recu-pero, a partire dagli anni ottanta, da parte degli architetti

Profilo biografico e fortuna critica di Carlo Mollino,un maestro difficile dell’architettura italiana del XX° secolo

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Giovanni Brino e Giorgio Raineri -, il Monumento ai Ca-duti per la Libertà al Cimitero di Torino (194�-48), con lo scultore Umberto Mastroianni, la Casa del Sole a Cervinia (1947-55), la trasformazione del vecchio Teatro Vittorio Emanuele nell’Auditorium RAI di Torino (1950-5�), con Aldo Morbelli - di Mollino è il progetto della sala -, la casa ad alloggi in viale Crotti ad Aosta (1951-5�), la Sala da ballo Lutrario in via Stradella a Torino (1959). Numerosi i progetti rimasti sulla carta, nei quali l’architetto trasfonde sempre la sua singolarissima e ricercata vena poetica: dal Condominio di corso degli Inglesi a Sanremo (1947-48), ideato con Mario Federico Roggero, alla soluzione di con-corso per il quartiere Saint-Gobain a Pisa (1951-52), assi-stito dai fedeli collaboratori Franco Campo e Carlo Graffi, dalle proposte per la Casa della Federazione Italiana Sport Invernali a Madonna di Campiglio (1951-52) e per l’Alber-go Royal di Courmayeur (1951-5�) a quella nel concorso per il Palazzo del Lavoro di “Italia �1” a Torino (1959), con Sergio Musmeci e Carlo Alberto Bordogna (il mancato af-fidamento di questo incarico è vissuto dall’architetto come una delle maggiori delusioni della sua storia professionale). Alla fine degli anni Quaranta risale l’inizio dell’esperienza accademica di Mollino: accede all’insegnamento nel 1949-50 grazie all’azione intrapresa da un’associazione di «Ami-ci della Facoltà di Architettura», per iniziativa soprattutto di Mario Federico Roggero. È prima professore di «De-corazione», poi di «Architettura degli interni»; dall’anno 1952-195� gli è assegnata la cattedra di «Composizione Architettonica» e dal 195� diventa direttore dell’Istituto di Composizione architettonica. Il suo rapporto con quella scuola in cui ricopre un ruolo di primo piano costituisce un capitolo particolarmente controverso e delicato della sua vicenda biografica (cfr. G. Durbiano, M. Nicolis di Robilant, La tecnica e il disincanto. Carlo Mollino docen-

te - 1949-7�, in AA. VV., Carlo Mollino architetto 1905-197�. Costruire le modernità, op. cit., pp. 229-2�8).Negli anni Sessanta ottiene i due maggiori incarichi della sua carriera, da una città che vuole in fondo esorcizzare il senso di colpa che prova verso il suo più estroso architetto dopo la demolizione dell’Ippica. Gli anni 19�4-72 e 19�5-7� costituiscono rispettivamente gli archi cronologici delle complesse vicende di progetto e realizzazione della Camera di Commercio e del Teatro Regio: in particolare, la secon-da è una storia intricata e affascinante (cfr. A. Astolfi, L. Bruno, M. Comba, P. Napoli, C. Olmo, Il fantasma del Regio, in AA. VV., Carlo Mollino architetto 1905-197�. Costruire le modernità, op. cit., pp. 177-21�). Il Regio è inaugurato il 10 aprile 197�. Carlo Mollino, che dal 1970 è anche accademico di S. Luca, è ormai un celebre e riconosciuto maestro, nel pieno della sua maturità artisti-ca. Il suo fisico è però sfinito da una vita troppo intensa e il 27 agosto 197� muore a Torino, nel suo studio. A febbraio dell’anno precedente, reduce da un ricovero ospedaliero, ha scritto all’amico Mario Federico Roggero una lettera che ha tutto il sapore di un malinconico e amaro congedo: «mi conosci come pochi», si legge, «e forse avrai capito che da qualche anno faccio una vita infernale. Per raggiungere quel-lo che non è vanità ma “impegno”… non ho mai dramma-tizzato, ma a te posso dire che ho ricevuto i colpi più gobbi da ogni parte e continuo a riceverne senza fiatare. Il fumo e le notti allucinanti dietro alla maledizione del tecnigrafo, hanno fatto il resto» (lettera di C. Mollino a M. F. Roggero, inviata il 12 febbraio 1972, conservata in ACM).La fortuna critica dell’«ultimo grande bizzarro», per usare la definizione di Giovanni Arpino, è nella sostanza legata, per quanto concerne la sua attività di architetto, a due momenti corali di studio, il primo della fine degli anni ottanta e il se-condo recentissimo, in occasione del centenario della nascita.

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Un precedente studio monografico su Mollino è in il libro di Giovanni Brino Carlo Mollino. Architettura come auto-biografia, Idea Books, Milano 1985 (ed. rivista 2005). I due momenti di ricca indagine storiografica sopra citati danno corpo a due fondamentali pubblicazioni edite dall’Electa, in forma di cataloghi di mostre sull’opera dell’architetto: Carlo Mollino 1905-197�, Electa, Milano 1989 (con saggi di R. Gabetti, F. Irace, S. Jacomuzzi, P. Racanicchi, E. Tamagno, G. Brino e G. Raineri), catalogo della mostra patrocinata dagli Assessorati per la Cultura della Provincia di Torino e della Città di Torino e dal Centre Georges Pompidou di Pa-rigi, con l’appoggio del Politecnico di Torino e della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino - ospitata a Tori-no nella Mole Antonelliana dal 5 aprile al �0 luglio 1989.; Carlo Mollino architetto 1905-197�. Costruire le moderni-tà, Electa, Milano 200� (con saggi di C. Olmo, F. Mango-ne, F. Rovati, F. Irace, S. Pace, M. Bonino, B. Pedretti, C. Chiorino, B. Reichlin, M. Sassone, E. Tamagno, P. Napoli, G. Durbiano, M. Nicolis di Robilant, M. Comba), catalo-go della mostra organizzata dalla 1ª Facoltà di Architettura

del Politecnico di Torino, curata da M. Comba, C. Olmo e S. Pace e ospitata dall’Archivio di Stato di Torino dal 12 ottobre 200� al 7 gennaio 2007. Oggi dunque Torino, nelle vesti «ufficiali» rappresentate dal mondo accademico, torna a fare i conti con questo suo «cittadino impossibile», nell’in-finito tentativo di esorcizzarne lo spettro, inafferrabile. Altre volte ancora, in futuro, le toccherà il compito di ripensare la vicenda e l’opera di Carlo Mollino, un maestro difficile dell’architettura italiana del XX° secolo.

La preparazione di questo breve scritto su Carlo Mollino è sta-ta favorita dalla cordiale disponibilità della professoressa Elena Tamagno, che ha acconsentito alla riproduzione dei materiali relativi alla Sede della Federazione Provinciale Fascista Agricol-tori di Cuneo, conservati nel Fondo Carlo Mollino (in seguito ACM) presso gli Archivi della Biblioteca Centrale di Architet-tura del Politecnico di Torino. L’autore deve inoltre ringraziare l’amica Laura Milan, come sempre gentile e sollecita, per l’assi-stenza ricevuta nel recupero e nella scelta delle immagini.