La scuola elementare a Taranto dal fascismo al dopoguerra · vari magazzini di stoccaggio, il primo...

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La scuola elementare a Taranto dal fascismo al dopoguerra Taranto dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta Alla fine dell’Ottocento Taranto era una città in profonda trasformazione economica, urbanistica e sociale. Fino al 1865, anno in cui fu approvato il piano regolatore elaborato dall’architetto Davide Conversano, la città era rimasta racchiusa entro i confini fortificati dell’isola. Oltre le mura, al di là dei due ponti che la collegavano con la terraferma a oriente (Porta Lecce) e a occidente (Porta Napoli) c’erano solo poche costruzioni: qualche villa, giardini e vari possedimenti ecclesiastici (il convento degli Alcantarini e la chiesa dedicata a San Pasquale Baylon, il Carmine, l’ex convento dei Teresiani, poi di San Giovanni di Dio, e infine, al limitare del territorio, il convento di San Francesco di Paola) sostituitisi ai templi e agli edifici della Magna Grecia verso est; il porto con i vari magazzini di stoccaggio, il primo nucleo ferroviario, le fornaci (da cui uscivano «stoviglie ordinarie, delle quali si fa un gran commercio nelle Calabrie e nel Levante») 1 e ampie distese di campi coltivati, disseminati di masserie, ad ovest. Il piano Conversano prevedeva lo sviluppo dell’abitato verso oriente lungo tre direttrici principali (la strada di Santa Lucia, la strada per Lecce e la strada per Luperano, corrispondenti più o meno alle odierne via Pitagora, via Mazzini-Cesare Battisti e Lungomare), con un ordinamento ortogonale delle vie e dei lotti da costruzione, mentre ad occidente, attorno al porto e alla costruenda ferrovia, avrebbe dovuto svilupparsi il polo commerciale. Il governo dell’Italia da poco unita, ma già con mire espansionistiche e di controllo sul Mediterraneo, comprese l’importanza strategica di Taranto e, nel 1882, deliberò l’insediamento di un Arsenale militare per la costruzione e la riparazione del naviglio da guerra, che fu inaugurato nel 1889. Posizionato lungo il mar piccolo, nella porzione di terraferma a oriente dell’isola, e delimitato da un lungo muro che da allora ha sempre nascosto il mare agli occhi dei cittadini, l’Arsenale rappresentò una vera e propria “rivoluzione industriale” per Taranto, la cui economia fino ad allora era basata principalmente sull’agricoltura, la pesca, l’artigianato e i vari mestieri legati all’edilizia. La nuova industria, che significò la certezza del lavoro, contro la precarietà fino ad allora vissuta, segnò l’inizio del declino delle attività tradizionali e la nascita di un nuovo soggetto sociale: il proletariato industriale. Da allora, e fino alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, l’economia tarantina si legò del tutto alla Marina militare e il benessere della città dipese tristemente dalla produzione bellica. La città, che fino ad allora si era dimostrata restia ad attraversare i confini naturali dell’isola (un’epigrafe sul primo palazzo costruito nel Borgo, palazzo Savino – oggi D’Amelio – definiva questo atteggiamento dei tarantini come «volgari ripugnanze» 2 ), cominciò a riversarsi al di là del ponte, diventato nel 1887 girevole per permettere il passaggio delle navi verso e dall’Arsenale, e si spinse verso i cancelli della nuova industria. Il primo nucleo di quella che fu chiamata quasi da subito la Città nuova, come nuova era la realtà industriale che stava travolgendo la vita e la cultura di 1 GIOVAN BATTISTA GAGLIARDO, Descrizione topografica di Taranto, presso Angelo Trani, Napoli 1811, p. 69 (ristampa anastatica: Arnaldo Forni editore, Bologna 1973). 2 L’epigrafe recitava così: «Memoria ai posteri che il dì 12 aprile 1869 l’avvocato Domenico Savino, vincendo le volgari ripugnanze, fu il primo ad iniziare l’opera del Borgo con la costruzione di questo edifizio, diretta dall’Ing. Giovanni Galeone ed eseguita dal maestro Bernardino La Nave. - Salute».

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La scuola elementare a Taranto dal fascismo al dopoguerra

Taranto dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta

Alla fine dell’Ottocento Taranto era una città in profonda trasformazione economica,

urbanistica e sociale.

Fino al 1865, anno in cui fu approvato il piano regolatore elaborato dall’architetto

Davide Conversano, la città era rimasta racchiusa entro i confini fortificati dell’isola.

Oltre le mura, al di là dei due ponti che la collegavano con la terraferma a oriente

(Porta Lecce) e a occidente (Porta Napoli) c’erano solo poche costruzioni: qualche

villa, giardini e vari possedimenti ecclesiastici (il convento degli Alcantarini e la

chiesa dedicata a San Pasquale Baylon, il Carmine, l’ex convento dei Teresiani, poi di

San Giovanni di Dio, e infine, al limitare del territorio, il convento di San Francesco

di Paola) sostituitisi ai templi e agli edifici della Magna Grecia verso est; il porto con i

vari magazzini di stoccaggio, il primo nucleo ferroviario, le fornaci (da cui uscivano

«stoviglie ordinarie, delle quali si fa un gran commercio nelle Calabrie e nel

Levante»)1 e ampie distese di campi coltivati, disseminati di masserie, ad ovest.

Il piano Conversano prevedeva lo sviluppo dell’abitato verso oriente lungo tre

direttrici principali (la strada di Santa Lucia, la strada per Lecce e la strada per

Luperano, corrispondenti più o meno alle odierne via Pitagora, via Mazzini-Cesare

Battisti e Lungomare), con un ordinamento ortogonale delle vie e dei lotti da

costruzione, mentre ad occidente, attorno al porto e alla costruenda ferrovia, avrebbe

dovuto svilupparsi il polo commerciale.

Il governo dell’Italia da poco unita, ma già con mire espansionistiche e di controllo

sul Mediterraneo, comprese l’importanza strategica di Taranto e, nel 1882, deliberò

l’insediamento di un Arsenale militare per la costruzione e la riparazione del naviglio

da guerra, che fu inaugurato nel 1889.

Posizionato lungo il mar piccolo, nella porzione di terraferma a oriente dell’isola, e

delimitato da un lungo muro che da allora ha sempre nascosto il mare agli occhi dei

cittadini, l’Arsenale rappresentò una vera e propria “rivoluzione industriale” per

Taranto, la cui economia fino ad allora era basata principalmente sull’agricoltura, la

pesca, l’artigianato e i vari mestieri legati all’edilizia. La nuova industria, che

significò la certezza del lavoro, contro la precarietà fino ad allora vissuta, segnò

l’inizio del declino delle attività tradizionali e la nascita di un nuovo soggetto sociale:

il proletariato industriale.

Da allora, e fino alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, l’economia tarantina si

legò del tutto alla Marina militare e il benessere della città dipese tristemente dalla

produzione bellica.

La città, che fino ad allora si era dimostrata restia ad attraversare i confini naturali

dell’isola (un’epigrafe sul primo palazzo costruito nel Borgo, palazzo Savino – oggi

D’Amelio – definiva questo atteggiamento dei tarantini come «volgari ripugnanze»2),

cominciò a riversarsi al di là del ponte, diventato nel 1887 girevole per permettere il

passaggio delle navi verso e dall’Arsenale, e si spinse verso i cancelli della nuova

industria. Il primo nucleo di quella che fu chiamata quasi da subito la Città nuova,

come nuova era la realtà industriale che stava travolgendo la vita e la cultura di

1 GIOVAN BATTISTA GAGLIARDO, Descrizione topografica di Taranto, presso Angelo Trani, Napoli

1811, p. 69 (ristampa anastatica: Arnaldo Forni editore, Bologna 1973). 2 L’epigrafe recitava così: «Memoria ai posteri che il dì 12 aprile 1869 l’avvocato Domenico Savino,

vincendo le volgari ripugnanze, fu il primo ad iniziare l’opera del Borgo con la costruzione di questo

edifizio, diretta dall’Ing. Giovanni Galeone ed eseguita dal maestro Bernardino La Nave. - Salute».

Taranto, relegando l’isola al rango di “vecchia”, come vecchi erano di colpo diventati

i mestieri che vi si praticavano, si sviluppò seguendo un regolare ordine ortogonale.

L’arteria principale che l’attraversava era delimitata ai due estremi della sua

prospettiva dal Castello aragonese, ben visibile al di là del ponte, e dai cancelli

dell’Arsenale, dove andava a terminare. Abitazioni, negozi e uffici sorsero in quella

che originariamente era stata la necropoli magnogreca, le cui tracce emergevano ad

ogni fondazione di edificio, immediatamente sepolte, questa volta per sempre, per far

posto alla Città nuova.

Oltre il ponte di Porta Napoli, nel Borgo occidentale, detto anche nuovissimo o rione

Tamburi, le cose andarono diversamente da quanto prospettato dal piano Conversano

e bisognò aspettare il nuovo secolo per vedere le prime case di ferrovieri sorgere

accanto alle masserie, residuo di una economia agricola che andava sempre più

scomparendo.

Nel 1916 all’Arsenale, sovraccarico di lavoro, si affiancarono i Cantieri Navali della

Franco Tosi, costruiti lungo il secondo seno del mar piccolo, in località Le Citrezze,

una nuova importante fonte di lavoro, la seconda dopo l’Arsenale.

In conseguenza di questi grandi cambiamenti la popolazione (non necessariamente

residente) di Taranto crebbe moltissimo: dai 27.484 presenti nel 1861 si passò ai

69.911 nel 1911 e ai 105.520 nel 1921. Dopo un periodo di crisi della produzione e di

conseguente disoccupazione fra il 1921 e il 1933, epoca di pace, la corsa agli

armamenti e la ripresa dell’attività bellica – la guerra di Etiopia, la Spagna, l’Albania

e infine la seconda guerra mondiale – rimisero in moto il meccanismo di lavoro

all'interno degli stabilimenti militari. Nel 1936 la popolazione presente arrivò a

142.143 (quasi 20.000 in più rispetto solo all’anno prima). Negli anni 1940-42 i

lavoratori dell'Arsenale militare erano 15.000 e 4.000 quelli dei Cantieri navali.

L'indotto raggiunse le 4.000 unità lavorative. La città crebbe ancora, arrivò a 169.000

abitanti. Una crescita della popolazione così rapida non era avvenuta in nessun’altra

città d’Italia.

Alla periferia della città: i rioni Tre Carrare, Solito-Corvisea e Tamburi

La richiesta continua di manodopera in Arsenale e ai Cantieri, lo sviluppo della

ferrovia spinsero sempre più persone, dal circondario di Taranto ma anche da altre

province e dalle regioni limitrofe, soprattutto dalla Basilicata, a cercare lavoro in città

e abitazione nei pressi del luogo di lavoro.

Il tessuto urbanistico e sociale di Taranto subì un vero stravolgimento:

Sorgono nuovi quartieri, sempre intorno all’Arsenale e ai cantieri Tosi, molte case

vengono costruite alla meno peggio per iniziativa personale di molti operai che, con la

trattenuta di un quinto dello stipendio, si assicurano i modesti fondi necessari a tale

impresa. Tutto ciò senza la minima presenza di infrastrutture, servizi, strade,

fognature3.

Nel 1911 5.888 famiglie risiedevano in Città vecchia e 5.736 in Città nuova, 399 nel Borgo orientale (il primo nucleo dei rioni Tre Carrare e Solito) e 528 nel Borgo

occidentale (Porta Napoli e Tamburi). Dieci anni dopo, nel 1921, la situazione era

ribaltata: se nella Città vecchia risultavano 7.429 famiglie, in Città nuova il numero

era balzato a 10.940, 840 nel Borgo orientale e 926 in quello occidentale. Nel 1936 il

3 ROBERTO NISTRI, LUCA SARDI, Cafoni, arsenalotti e galantuomini, Edizioni dal Sud, Bari 1980, pp.

44-45.

numero delle famiglie nella Città vecchia era diminuito di circa mille e duecento unità

(anche grazie al “risanamento” voluto dal governo fascista) mentre nella Città nuova

era salito ancora, arrivando a 12.933; 3.761 erano i nuclei familiari censiti nel Borgo

orientale (ove venivano trasferiti gli sfollati dalla Città vecchia in corso di

“risanamento”) e 843 in quello occidentale.

I giornali di classe annotavano:

16 settembre 1929. L’allineamento geometrico dell’edilizia nuova, il febbrile sviluppo

del progresso cittadino nelle industrie, negl’istituti, nelle iniziative politiche del

capoluogo della provincia natia mi toccano il cuore, m’eccitano la fantasia, mi fanno

raddoppiare i propositi di lavoro a pro dei fanciulli.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe V maschile, insegnante Domenico Cera)

2 ottobre 1931. L’iscrizione è sempre più numerosa: faccie nuove su faccie nuove.

Credo che la causa di questo sia dovuta all’esodo di moltissime famiglie che

nell’agosto abbiano lasciato le vecchie abitazioni… tarantine e più care per abitare in

queste di Tre Carrare e meno care. La mia aula è piena, ridondante di… popolazione

scolastica.

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe V maschile, insegnante Davide Liuzzi)

E’ interessante anche notare che mentre il saldo fra popolazione presente e

popolazione residente nel 1931 era favorevole a quest’ultima, segno che molti erano

ancora coloro che si recavano a lavorare fuori comune, il dato si invertì nel 1936,

segno che a Taranto affluivano lavoratori e persone in cerca di impiego da fuori

comune e vi cercavano abitazione, pur mantenendo la residenza al proprio luogo

d’origine.

Al di là del confini della Taranto immaginata da Conversano, la città cominciò a

espandersi disordinatamente. I palazzi, costruiti inizialmente a un piano o due,

salivano, con molta leggerezza, di uno o più piani a seconda del bisogno.

Nel Borgo orientale l’unico elemento di ordine era la fila delle dieci palazzine

costruite per i lavoratori dell’Arsenale militare lungo la via Lecce, al limitare della

borgata denominata Solito-Corvisea. Nel 1925 furono pavimentate alla meno peggio

via Leonida, via Lecce e «una strada da nominarsi fra via Cesare Battisti e via

Cugini»; fu anche eseguito lo sterro di tutto il rione Tre Carrare.

Anche Porta Napoli e il rione Tamburi si svilupparono in un modo simile, senza

regole, in base alle esigenze del momento. I primi nuclei abitativi fuorono quelli dei

ferrovieri e degli operai dei cantieri Tosi, a cui si affiancarono col tempo altri edifici;

si trattò eminentemente di urbanistica popolare. A differenza del Borgo orientale in

cui la popolazione, come si è visto dai dati riportati precedentemente, ebbe un

aumento costante, la popolazione del Borgo occidentale subì una contrazione

sensibile fra il 1921 e il 1936, per poi rimanere più o meno stabile fino alla guerra. Più

che un rione vero e proprio rimase un agglomerato di case sparse fino al dopoguerra,

quando diversi piani casa cominciarono a conferirgli l’aspetto odierno4.

In queste periferie disordinate, dove le costruzioni si alternavano agli uliveti, ai campi

coltivati a grano, a distese di mandorli, a masserie, si sviluppava disordinatamente

anche la scuola.

La scuola elementare dal primo dopoguerra agli anni Trenta

4 Per una descrizione più approfondita del rione Tamburi si veda: ANNA MARIA IACOVONE (a cura di),

La scuola “E. Giusti”…, cit., Taranto 2006.

Alla fine dell’anno scolastico 1913-14 le “scuole”, ovverosia aule disseminate e

spezzettate nell’abitato, là dove l’amministrazione comunale riusciva a trovare uno

spazio da prendere in affitto per ospitare le classi, a Taranto erano 123 ed

accoglievano 6.325 alunni iscritti, ripartiti nelle diverse sezioni urbane e rurali.

La maggior parte delle aule delle nostre scuole si trovano in condizione di rispondere

completamente alle esigenze delle sane norme della pedagogia e dell’igiene. Esse sono

distribuite ed aggruppate nei vari rioni della città per agevolare la frequenza degli

alunni e sono fornite di buoni mobili, di banchi di nuovo modello a due posti e di

materiale didattico e scientifico, di recente acquistato. Detto materiale si compone di

una discreta collezione di apparecchi ed un museo per l’insegnamento delle scienze nel

corso popolare; e di un ricco ed importante corredo di quadri a colori per

l’insegnamento delle nozioni varie, della composizione per aspetto, della storia, della

geografia e di tutto quanto insomma è oggetto di apprendimento in queste scuole.

Ma la casa della scuola avrà un aspetto definitivo mettendosi in condizione di produrre

il maggior benessere possibile, non appena saranno espletate le pratiche e sorgeranno i

due edifizi scolastici, uno nella Città vecchia al posto dell’attuale convento delle

Benedettine e l’altro nella nuova al posto dell’attuale Mercato coperto. Ed essendo le

pratiche ben avviate è da augurarsi che fra qualche anno si avranno complessivamente

non meno di 70 nuove aule e così non solo si potranno eliminare quelle poche che ora

abbiamo non adatte; ma se ne avranno sempre disponibili altre per i futuri

sdoppiamenti di classe5.

Tanto erano ben avviate quelle pratiche che quindici anni dopo non solo non c’era

traccia degli edifici scolastici agognati, ma le aule sparse per tutta la città erano

aumentate e le loro condizioni fortemente peggiorate, i banchi e le attrezzature vetuste

e inadeguate.

Con l’avvento del regime fascista, la scuola divenne una istituzione prediletta,

attraverso la quale, oltre che a istruire, esso mirò a educare bambini e ragazzi ai suoi

ideali e, per il loro tramite, ad arrivare anche alle famiglie.

La diffusione delle scuole nelle aree periferiche ebbe anche la funzione di estendere il

controllo e il consenso in quelle zone, a maggior concentrazione operaia o proletaria

in genere, dove più facilmente potevano svilupparsi idee “sovversive”.

Un libretto pubblicato nel 1930 ad opera degli insegnanti della scuola Acanfora

iniziava così:

La scuola elementare “Cap. G. B. Acanfora” fin dal 1925, data della sua costituzione

nei rioni popolari di Tre Carrare, battuti ed infieriti dal bolscevismo, iniziò l’azione

fascista per la pratica applicazione della Riforma, mirando a conquistare i cuori alle

serene e sante tradizioni domestiche, religiose e patriottiche, turbate e sopite, attraverso

la pressione affettuosa dei bimbi che portavano in casa la nuova gioia di vivere,

l’amore e l’entusiasmo della scuola.

La scuola agnostica, fuori la vita, spesso odiata e disertata, si trasformava in una

deliziosa attrattiva per il fanciullo che doveva esser chiamato anch’egli,

inconsapevolmente, a ricondurre i propri genitori dal triste e desolato smarrimento alla

fede luminosa e restauratrice della nuova Italia fascista6.

5 Archivio storico del Comune di Taranto (d’ora in poi ASCTA), categoria IX, busta 15, fasc. 36,

Municipio di Taranto, Direzione delle Scuole elementari, Relazione finale 1913-14, inviata al sindaco

di Taranto dal direttore De Pace in data 5 agosto 1914. 6 SCUOLA ELEMENTARE CAPITANO GIOVANNI BATTISTA ACANFORA, Consacrazione al Sacro Cuore di

Gesù (27 maggio 1930-VIII), Alberto Cressati, Taranto 1930.

La deliziosa attrattiva era tale solo sulla carta. Per molti anni i bambini di Taranto e i

loro maestri vissero una scuola che era ben lontana da quella bella e serena

propagandata dal regime.

Nel 1930 la situazione numerica e logistica della scuola tarantina era la seguente:

Le Scuole elementari da 7.898 inscritti nel 1927-28 sono salite a 8.894 inscritti nel

1928-29 e a 10.049 nel 1929-30.

[…]

La popolazione scolastica primaria è ripartita in quattro gruppi che hanno le seguenti

denominazioni: gruppo Città vecchia, gruppo Principe Amedeo, gruppo Acanfora,

gruppo Cassa operaia e frazioni. Ciascuno di essi comprende a sua volta altri

aggruppamenti.

Il gruppo Città vecchia dispone dei locali del palazzo Amati con 15 aule e 17 classi (in

due aule funziona il secondo turno), di 2 aule a palazzo Gemmato, di 2 aule in via

Duomo, di 4 aule all’ex convento San Giovanni, di 20 aule e 26 classi (in 6 aule c’è il

doppio turno) al palazzo Santovito già Galeota, di 5 aule e 8 classi al rione Tamburi,

dove del pari per tre classi funziona il secondo turno. Il totale degli iscritti è 1.805

maschi e 1.374 femmine con frequentanti 1.764 maschi e 1.355 femmine. A titolo di

curiosità aggiungiamo che nel rione Tamburi vi sono 354 iscritti e 347 frequentanti, dei

quali ultimi 209 maschi e 133 femmine.

Il gruppo Principe Amedeo comprende i locali del Mercato (!) con 11 aule e 12 classi

(in un’aula il doppio turno); sezione Petrarca con 14 aule e 14 classi (sono i nuovi

locali costruiti dal Comune all’estremo sud di via Duca degli Abruzzi), di palazzo De

Tullio con 7 classi, di palazzo Mannarini con 4 classi; e poi – vedete quanto

sparpagliamento! – 2 aule in via Massari, 1 in via Acclavio, 1 in via Pupino, 1 in villa

Peripato, 2 in via Nitti, 1 al corso Umberto, che per lo più sono altrettante botteghe

dove si spezzetta il primo pane della scienza. Gli iscritti sono complessivamente 1.306

maschi e 1.044 femmine, con 1.293 frequentanti maschi e 1.032 frequentanti femmine.

Il gruppo Acanfora (Borgo alto) ha 13 aule e 16 classi al palazzo Acquaviva (col

doppio turno in tre aule), 1 aula ed 1 classe al palazzo Quintieri, 4 classi in via

Cavallotti, 8 aule e 13 classi (in 5 aule il secondo turno) alle Case popolari, 3 classi alla

casa Sperindeo, 1 classe alla casa Occhinegro, 2 classi in via Mazzini, 2 aule e 3 classi

(in 1 il doppio turno) in via Termite7, 5 classi in via Battisti sparpagliate in tre

caseggiati diversi, e finalmente 4 aule e 6 classi (in 2 aule col doppio turno) in borgata

Solito-Corvisea. E il totale degli iscritti è di 806 maschi e 1.671 femmine. Singolare

appare in questi rioni il quasi triplo numero di femmine sui maschi […].

Infine il gruppo della Cassa operaia comprende 13 classi ai locali della stessa Cassa

operaia e 9 classi sparpagliate in aule diverse in via Regina Elena e via Crispi,

frequentate esclusivamente da maschi. Alle dipendenze di questo gruppo sono le

frazioni: 9 classi a Talsano con 443 iscritti e 435 frequentanti, di cui 239 maschi e 196

femmine; 8 classi a Statte con 344 iscritti e 327 frequentanti, di cui 166 maschi e 161

femmine; 4 classi miste a Buffoluto, con 78 iscritti e frequentanti. In totale il Gruppo à

1.644 iscritti maschi e 399 femmine, con 2.016 frequentanti, di cui 1.622 maschi e 394

femmine.

Il riepilogo è il seguente:

Capoluogo iscr. 8.600 freq. 8.480

Sobborghi “ 584 “ 577

Frazioni “ 865 “ 840

Totale “ 10.049 “ 9.897

Nel 1929 “ 8.894 “ 8.610

In più “ 1.155 “ 1.287

7 Via Termite, o Termide, corrispondeva all’attuale via D’Alò Alfieri.

Nell’ultimo triennio si ànno:

1928 iscr. 7.898 freq. 7.690

1929 “ 8.894 “ 8.610

1930 “ 10.049 “ 9.897

Le aule, che nel 1929 erano 162, nel 1930 sono 175; le classi da 179 nello scorso anno

sono passate a 199 in quest’anno; gl’insegnanti titolari ordinari sono 132, titolari

straordinari 43; titolari provvisori 28; soprannumero di ruolo 21; soprannumero

provvisori 5; supplenti 5, in totale 234.

A capo di essi vi sono la Direttrice centrale e sei Direttori sezionali. Vi sono inoltre

quattro scuole classificate nelle località: Palombo, San Domenico-Battaglia, San

Donato e San Vito con un complesso di 119 alunni, di cui 60 maschi e 59 femmine.

[…]

La popolazione scolastica di Taranto, nel suo assieme, e in essa compresi gl’istituti

medi – ma non le scuole e gl’istituti privati che pure danno un notevole contingente – è

così divisa:

R. Liceo ginnasio Archita iscr. 449

Liceo scientifico pareggiato “ 104

Istituto tecnico pareggiato “ 463

R. Scuola avviamento maschile “ 500

R. Scuola avviamento femminile “ 164

R. Scuola professionale femminile “ 257

R. Laboratorio scuola “ 294

Scuole elementari “ 10.049

Totale generale “ 12.280

Come abbiamo detto, un vero imponente esercito di giovani e di fanciulli che sono la

forza e la speranza del domani e che Taranto deve saper proteggere, educare ed avviare

ai nuovi ideali di grandezza e di potenza8.

Nell’articolo si chiedeva anche che si prendessero

nuovi provvedimenti, che assicurino alla Scuola un completo e decoroso assetto e che

tolgano a Taranto il doloroso primato che à sin qui tenuto fra le grandi città, nell’aver

mantenuto per tanti anni la sua popolazione scolastica in aule sparpagliate ai quattro

venti, il più di esse umide e malsane, antigieniche ed antididattiche, e comunque

sempre insufficienti!

Il primo edificio scolastico elementare fu costruito nella Città nuova, nuovo centro

cittadino e cuore della borghesia, in via Pitagora. Fu inaugurato il 28 ottobre del 1930,

nell’ottavo anniversario della marcia su Roma e intitolato a Benito Mussolini.

Qualche anno dopo modificò il suo nome in 28 Ottobre. Dopo la Liberazione, nel

1925, diventò, ed è tuttora, 25 Luglio.

Nel 1935 la suddivisione dei gruppi scolastici cambiò così:

Il I Circolo sarà retto dalla R. Direttrice Rosa Lucarella che avrà sede al palazzo

Vittorio Emanuele (Amati). Esso sarà formato come appresso:

Palazzo Vittorio Emanuele e adiacenze (classi 25) – rione Tamburi (classi 12) –

frazione Statte (classi 8).

Il II Circolo sarà retto dal R. Direttore didattico Giuseppe Strippoli e avrà sede al

palazzo Galeota. Esso sarà formato come appresso:

8 La scuola primaria a Taranto, in «Voce del popolo», anno 47, n. 16, 18 aprile 1930.

palazzo Galeota (classi 28) – frazione Talsano (classi 12) – borgata Buffoluto (classi 3,

ossia 5 classi con 3 insegnanti).

Il III Circolo sarà retto dal R. Direttore Didattico Schiavoni e avrà sede all’edificio 28

Ottobre, già Mussolini. Esso sarà formato come segue:

Edificio 28 Ottobre e scuola all’aperto in villa Peripato (classi 36) – Mercato coperto

(classi 16).

Il IV Circolo sarà retto dal R. Direttore didattico Angelo Iurlaro e avrà sede nell’edificio

Virgilio. Esso sarà formato come segue:

Edificio Virgilio (classi 39 più le due provvisorie).

Al R. Direttore Iurlaro rimane affidata per quella parte che la legge assegna ai RR.

Direttori didattici anche la vigilanza sulle scuole non classificate di: San Vito, San

Donato, San Domenico Battaglia, Palombo, Gennarini e Mucchio.

Il V Circolo sarà retto dal R. Direttore didattico Giovanni Suglia e avrà sede alle Case

popolari al rione Tre Carrare. Esso sarà formato come segue:

Rione Tre Carrare (classi 29) – rione Solito (classi 3) – rione Corvisea (classi 6) e le 6

classi provvisorie fra Tre Carrare e Solito9.

In una lettera datata 22 novembre 1934, indirizzata al podestà di Taranto, il direttore

del V Circolo scriveva:

Un preciso dovere d’ufficio e il desiderio vivissimo di vedere migliorate le condizioni

delle scuole di Tre Carrare e Solito-Corvisea che ho l’onore di dirigere da quattro anni

mi spingono ad esporre quanto appresso nella speranza che la S. V. Ill.ma voglia

prenderla in benevola considerazione: le scuole dei rioni più sopra menzionati

raccolgono una popolazione scolastica di ben 2.206 alunni in 27 aule che

complessivamente misurano mq. 779,85 pari cioè a un terzo del fabbisogno se si

consideri che una parte di detta superficie è occupata dalle predelle e dalle lavagne.

Quindi un’area, per ogni alunno, molto al disotto del metro stabilito dal Regolamento

scolastico che giustamente si preoccupa della igiene della salute degli alunni nell’età

più delicata per lo sviluppo e il rassodamento della costituzione.

In conseguenza di ciò: 1) essi sono costretti a sedere per tre e anche per quattro in

banchi a due posti; 2) a venire a scuola – se di I o di II classe – nelle ore pomeridiane, le

quali – per ragioni ovvie – sono le meno adatte al lavoro intellettuale, specialmente

nell’età infantile.

Al primo di questi inconvenienti, purtroppo, non c’è rimedio, poiché nei rioni di Tre

Carrare e Solito-Corvisea è assai difficile trovare locali ampi e adatti. Al secondo,

invece, si potrebbe ovviare fittando diciassette locali, tanti cioè quante sono le classi

che attualmente funzionano in secondo turno. Ne guadagnerebbero la salute degli

alunni e il loro profitto, inferiore sempre a quello raggiunto dai fortunati compagni

delle classi che funzionano in primo turno. […] Come la S. V. vede la situazione è

tutt’altro che confortante. La popolazione si addensa a Tre Carrare e Solito-Corvisea

mentre i locali scolastici per qualità e quantità rimangono ancora quelli di quattro anni

addietro, quando gli scolari – che pur allora non stavano bene – erano in numero

inferiore agli attuali di ben 579 unità. […] Fra le 44 classi che figurano nel corrente

anno ve ne sono 6 di nuova istituzione, assegnate di recente dal Sig. R. Provveditore, il

quale potrebbe anche, per deficienza di locali scolastici, ritirare la concessione: il che

sarebbe un delitto di lesa civiltà, che non hanno commesso gli amministratori forestieri

9 ASA, Lettera inviata dal regio Ispettorato scolastico della I Circoscrizione di Taranto ai signori regi

Direttori didattici di Taranto in data 5 febbraio 1935, oggetto: Ordinamento delle Direzioni didattiche

di Taranto e assegnazione del personale.

e tanto meno commetterà la S.V. Ill.ma che di questa bella città – destinata senza

dubbio a un prossimo grande avvenire – è figlio valoroso ed affezionato.

Gradisca Signor Podestà gli ossequi del

Suo d.mo

Giuseppe Strippoli

R. Direttore scolastico10

Giovanni Suglia, succeduto nel febbraio 1935 a Giuseppe Strippoli nella direzione del

v Circolo, nella relazione finale dell’anno scolastico 1934-35, annotava:

Per deficienza di locali si sono avute bel 17 classi funzionanti al 2° turno, delle quali 14

alla sezione Tre Carrare e 3 alla sezione Solito-Corvisea.

Alla sezione Tre Carrare le classi sono state dislocate in 7 locali sparsi, e specialmente

nell’edificio delle Case popolari, ed in locali di proprietà Sperindeo, De Marco,

Tortirizio, Rizzo, Sonetti ed Albano.

Più numeroso il gruppo delle Case popolari, ove è pure il locale per l’ufficio di

Direzione, ed ove hanno funzionato 8 classi al mattino e 7 nel pomeriggio.

Le 10 classi della Sezione “Solito-Corvisea” hanno funzionato nei locali della seconda

e della nona Palazzina, ed in locali di proprietà Fumarola e Martellotta.

I locali, che saranno mantenuti anche pel prossimo anno scolastico, sono nella quasi

totalità disadatti, per umidità, per insufficienza di luce e soprattutto per scarsa

superificie, la quale, in alcune aule, non arriva ai 20 mq. […] Questo rione […] nel

periodo di poco più di un decennio, ha assunto uno sviluppo notevolissimo, e maggiore

sviluppo verrà ancora ad avere in seguito al trasferimento di buona parte della

popolazione della Città vecchia, per i lavori di risanamento colà in corso di attuazione.

[…]

Le 44 classi assegnate al Circolo sono state rette dai seguenti insegnanti:

37 titolari di ruolo, con assegnazione definitiva in sede; 2 titolari di ruolo assegnati per

comando alle frazioni; 5 titolari provvisori. In totale 44 insegnanti, dei quali 6 soltanto

maschi e ben 38 donne. […]

La frequenza è stata curata con vigile premura. In fin d’anno il numero dei frequentanti

è stato di 2.069 alunni, rispetto ai 2.174 iscritti all’inizio dell’anno. Il periodo di

maggiore infrequenza s’è avuto, naturalmente, nella stagione invernale, che nel decorso

anno è stata piuttosto rigida11

.

Gli insegnanti, che nei Giornali di classe riportavano tutto quanto accadeva nella vita

scolastica dal momento dell’apertura delle iscrizioni al giorno dello scrutinio finale,

descrivevano nei minimi particolari queste aule, spesso scarsamente pulite, in cui i

bambini dovevano stare pigiati stretti stretti («Con 45 alunne in questa aula potrei

stare come in una scatola di sardine di Nantes, con un maggior numero di alunne non

saprei a chi paragonare me e le mie alunne», scriveva la maestra Elisabetta Cassanelli

della scuola Acanfora) in banchi vecchi e rotti, magari troppo alti per loro, se non

addirittura in piedi o seduti per terra. Alla pulizia erano addetti gli scolari. I maschi

delle ultime classi erano impiegati anche per imbiancare le pareti della loro aula o per

piccole riparazioni ai banchi e a volte andavano anche in trasferta in altre classi a

svolgere lo stesso compito. Se invece si chiamavano operai esterni gli insegnanti

pagavano di tasca propria. L’Amministrazione comunale non se ne interessava.

10

ASCTA, cat. X, busta 293, fasc. 588, Lettera del R. Direttore scolastico Giuseppe Strippoli al Podestà

di Taranto. 11

ASA, R. Direzione Didattica di Taranto, V Circolo, anno scolastico 1934-35. Relazione finale del. R.

Direttore didattico Giovanni Suglia, Taranto settembre 1935-XIII.

Le cronache descrivono tantissime di queste situazioni, che si susseguirono simili per

tutte le scuole, fino a quando le classi non ebbero sistemazione definitiva nei nuovi

edifici scolastici, inaugurati fra il 1936 e il 1937.

17 ottobre 1929. Gli alunni sono oltre la cinquantina l’aula però misura soltanto 16

metri quadrati di superficie. I ragazzi stanno a tre per banco. Non possono scrivere.

Non possono muoversi. Molti stanno in piedi. L’aria diventa irrespirabile. Si soffoca.

27 ottobre. Impossibile farsi udire dagli alunni. Il continuo passare dei carri e dei tram

produce un rumore che stordisce. Gli alunni mi si mostrano stanchi di stare così stretti.

E’ impossibile andare avanti in questo modo. Oggi sono uscito dalla scuola con un

dolore di testa. Ho esposto per iscritto al Direttore questa insostenibile situazione.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe III maschile, insegnante Francesco Balsamo)

9 dicembre 1929. In un’aula oscura e angusta a Sperindeo che appena può contenere 40

bambini a tre per banco debbono stare pigiati 75 fra bambine e bambini. Per questo

stato di cose non ho potuto ancora accertarmi del vero stato della classe perché il tempo

si perde per la disciplina.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe I mista, insegnante Vincenza Semeraro)

In seguito a sorteggio mi è stata assegnata quest’anno la seconda mista tracomatosi al

locale Bonelli. Aula pessima, sotto tutti i riguardi. Anzitutto inadatta a contenere i 56

frequentanti, la [incomprensibile] disposizione dei banchi ha reso difficilissima la

disciplina. Poco arieggiata perché le due porte, di cui una dà nel portone e l’altra nella

via Cesare Battisti, sono state da me tenute chiuse per evitare nei primi mesi il chiasso

e le noie dei monelli di strada e dei figlioli di un inquilino, del quale parlerò più sotto,

mentre dal febbraio in poi le porte stesse sono state addirittura ostruite dal lavoro dei

muratori per la sovraelevazione del fabbricato.

Attigua alla mia aula ce n’era un’altra più piccola occupata da me l’anno scorso e

un’anticamera con cesso e rubinetto. Nelle vacanze, non si sa per quale ragione, il

Comune cedette questi due ambienti a un tappezziere che ancora vi abita,

costringendoci a servirci dell’unico cesso attiguo alla I Carro. E quando si ha presente

che la mia classe era pure composta di oltre cinquanta alunni e quella della Carro di

altrettanti, lascio immaginare il disagio e la preoccupazione trattandosi di scuole miste.

Ma vi è di più e di peggio.

La famiglia del detto tappezziere, numerosa e turbolenta (9 figli…) in una stanza tanto

piccola e in diretta comunicazione con la mia scuola, è stata un vero tormento: liti tra

marito e moglie, pianto di una bambina in fasce, canto di un’altra più grandicella, fumo

e profumo ogni qualvolta si accendeva il fuoco (col petrolio) hanno deliziato me e i

miei alunni.

Devo aggiungere. Il padrone di casa, sig. Bonelli, senza alcun preavviso alle Autorità

scolastiche, dette inizio ai primi di febbraio alla costruzione del 2° piano dello stabile.

Come è noto, i muratori, in specie, dovunque mettono mano, formano un castigo di

Dio, figurarsi poi lì dove ci sono scuole. Per poter innalzare le pareti delle camere

superiori tolsero la tettoia. Durante la notte piovve dirottamente: l’acqua, filtrando

attraverso il soffitto delle nostre aule, allagò il pavimento. La mattina trovammo un

vero disastro.

Si riparò alla meglio e ci accingevamo a fare il nostro rapporto al Direttore, quando

arrivò il dott. Colucci per la solita medicatura ai tracomatosi. Egli ci pregò di non fare

alcun passo perché toccava a lui riferire tanto a nostri superiori che al sig. Ufficiale

sanitario.

Passarono così circa due mesi in attesa dei dovuti provvedimenti. Come si può pensare

l’incidente ha prodotto i suoi malefici effetti sia su noi sia, più e peggio, sui poveri

ammalati di tracoma, giacché non si è potuto godere più un solo giorno di perfetta

salute.

Ci decidemmo, quindi, di informare di quanto accadeva il nostro Direttore il quale, in

verità, nulla sapeva perché essendo stato ammalato non si era fatto vedere sino a quel

momento per una delle sue visite frequenti d’ispezione a tutte le scuole da lui

dipendenti. Egli si dolse del ritardo ed ebbe parole amare verso i muratori per aver

ostruito il passaggio togliendo luce ed aria alla scuola.

Dal Direttore la sig.ra Direttrice generale seppe del nostro caso e fece subito i necessari

passi presso il sig. Bonelli e le autorità competenti. Ma di fatto che nulla si è potuto

ottenere fino alla chiusura delle scuole.

In principio d’anno ho avuto 77 iscritti di cui 41 m. e 36 f., in seguito furono trasferiti

ad altre classi 3 m. e 2 f. perché guariti ma ciononostante la classe era sempre numerosa

e il 23 novembre il Direttore dovette destinare a una nuova seconda 11 dei miei alunni,

rimanendo così con 61 iscritti, cioè 27 m. e 34 f.

I frequentanti sono stati 55 di cui 26 m. e 29 f.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe II mista tracomatosi, relazione finale

dell’insegnante Ida de Sirianna)

21 ottobre 1930. E’ venuto il Direttore per una breve visita alle nostre scuole e siccome

ci sono delle classi molto numerose sprovviste di banchi ha chiesto alcuni banchi

dicendo che gli alunni devono stare tre per ogni due posti.

Io ho fatto notare che, essendo grandi gli alunni di IV classe, non è assolutamente

possibile tenerli così pigiati, perché finirebbero per copiare l’un l’altro gli esercizi e

sarebbe stato molto difficile mantenere la disciplina e l’ordine compromettendo, in tal

modo, il regolare svolgimento del programma stesso.

Queste mie buone ragioni venivano combattute dal fatto che vi erano altre classi in cui

gli alunni erano costretti a stare in piedi per mancanza di banchi. Certo non è tanto

bello che le scuole di un Capoluogo qual è Taranto si trovino in queste pietose

condizioni riguardo al materiale didattico!!…

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe IV maschile, insegnante Vito Strusi)

12 novembre 1930. Avevo sperato che, ritornando a scuola oggi, avrei trovato l’aula

pulita, perché è così lurida che mi vergogno persino di parlare di pulizia e d’igiene ai

miei alunni, i quali hanno bisogno nella vita non solo di parole, ma soprattutto di

esempio, non di sentire solamente, ma di vedere per capire cosa significhi la parola

“pulizia” e l’aggettivo pulito. Quale rispetto potrà mai incutere agli alunni un’aula che

ha tutto l’aspetto di una stalla? Le pareti sono in deplorevoli condizioni, il pavimento

gareggia con le pareti e con l’arredamento scolastico, mal custodito perché il personale

addetto alla vigilanza e alla pulizia dei locali è in grandissimo difetto. In tutta la sezione

di Tre Carrare, infatti, non vi sono che due bidelli i quali, pur volendo, non possono

certo attendere alla nettezza di tutte le scuole.

E giacché mi trovo a parlare della mia aula devo anche dire che il locale non è adatto ad

essere tale, poiché in esso entrano appena 14 banchi a due posti, mentre gli alunni sono

costretti a sedere tre per banco. Ed ancora un altro inconveniente esso presenta, quello

d’avere la finestra troppo bassa sì da permettere a bimbi, fanciulli, giovani e adulti di

fermarsi a curiosare, distraendo sempre e moltissimo la scolaresca. Ma ciò sarebbe

anche non grave o trascurabile addirittura, se l’inconveniente non portasse altre

conseguenze. I monelli, che a Tre Carrare sono in grandissimo numero e di una

educazione impareggiabile, prendono a bersaglio delle loro monellerie le aule giacenti

a pian terreno e vi lanciano limoni guasti, pietre e pezzi di ferro di ogni forma, di ogni

grandezza e di ogni peso.

Infatti proprio stamani è stato lanciato nella mia aula un bastoncino di ferro,

fortunatamente preso al volo da un alunno. Ho consegnato il ferro al Signor Direttore, il

quale mi ha promesso che avrebbe chiesto un po’ più di vigilanza da parte delle guardie

civiche, nella speranza che al più presto venga assegnato un bidello fisso nelle nostre

scuole di Sperindeo.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III mista, insegnante Maria Romaniello)

23 gennaio 1931. Abbiamo ricevuto la graditissima visita della Direttrice Generale; era

accompagnata dal Presidente dell'ONB. Ho avuto agio di farle notare in quale disagio mi

trovo poiché gli alunni sono seduti a 4 per banco e qualcuno resta anche in piedi. La

Direttrice ha avuto parole di lode e di incoraggiamento. Però in alcuni momenti mi

sento davvero avvilita e sopraffatta, non dall'eccessivo numero di alunni per una terza

classe ma dall'incapacità dell'aula che non permette né che si aggiungano altri banchi,

né di dar posto a tutti e 60 alunni iscritti. [ne ha 11 in giro per la classe] Ma il nostro

motto è "Pazienza e avanti sempre" e, tiriamo innanzi.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III mista, insegnante Paolina Mannarini)

1 ottobre 1931. Oggi ho raccolte le mie fanciulle in quella che dovrà purtroppo essere

la nostra aula scolastica.

Quanto è brutta! Pavimento grezzo, cielo a travi, pareti bucherellate, nessuna finestra,

all’incontro due porte sgangherate delle quali una s’apre sulla campagna e l’altra su

d’un ovile, recentemente abbandonato, ingombro da sterpi e popolato da serpi.

Luce scarsissima, quando per le brezze autunnali non è possibile tenere aperte le porte,

ovvero quel tanto che può passare attraverso le aperture di queste. Di conseguenza

pochissima aria buona ma moltissimo profumo… per l’adiacenza d’un… (come devo

chiamarlo?) Gabinetto non è perché manca di garitta e di tutto: è un foro che non vuol

significare nulla e che deve rappresentare tutto! Mancando il regolare tubo di scarico, la

palettina idraulica o almeno una chiavetta d’acqua… lascio immaginare più che dire

quanto sia salutare per le alunne e per me stessa soggiornare in questa stanzaccia

brutta ch’è irrisione in mezzo alla campagna verde e splendida e che purtroppo

dev’essere un’aula! Aule, cioè fucina d’elezione spirituale! E si vuole la coscienza

estetica, la coscienza igienica e si pensa alle passeggiate ginnastiche per irrobustire la

specie! Quest’aula rende ogni idea civile e dà una robustezza a priori!

9 ottobre. Non posso vivere, né possono vivere queste creature in un’aula orrenda come

questa. I superiori che sentono di lontano le mie lamentele dicono che si vedrà. Ma che

vedere e vedere. Le cose si vedono da vicino e si vedono… obbiettivamente.

In questa tomba (e non dico aula) il mio spirito diventa greve per quanti sforzi faccia a

tener su lo spirito della scolaresca.

C’è lì in un angolo un telaio d’invetrata con un sol vetro. E gli altri perché non si fanno

mettere e perché non si fa collocare ad una delle due porte quest’invetrata? Veniamo

qui per fare la cura dell’anidride carbonica e dell’oscurità?

E agl’inconvenienti dell’aula si associa tutto il resto. Spiacevoli banchi rotti d’ogni

modello che conferiscono all’aula un bel disordine completato dal mio tavolo immenso

(ecco la ricchezza unica in mezzo a tanto sfacelo). Esso risulta dall’accoppiamento di

due tavoli di diversa lunghezza. Non ho nessun attaccapanni e nessun armadietto per i

quaderni ed altro. Gl’indumenti personali fanno sgradevole addobbo alle pareti nude e i

quaderni (i poveri quaderni nuovi comprati con tanto sacrificio) stanno qui su questo

mio tavolino a ricevere polvere e uova di mosche.

Che poesia!

17 ottobre. E’ una giornata fredda. Viviamo in penombra. Ci sorridiamo su… ma è una

finzione. Si può far lezione in codesto modo per tutto l’inverno? Povere le mie 3

fanciulle tracomatose! E sì che prenderemo tutte una bella congiuntivite a soggiornare

in quest’aula infelice e umidissima. Ma si può credere che in questa città c’è un Ufficio

d’igiene quando s’incontra come aula una simile stanzaccia? Chi ha scelto questa

stamberga come aula? E come hanno potuto accettarla i nostri superiori? Via, se io mi

assento o faccio altro atto arbitrario mi si denunzia a tutti i miei superiori e… quei

medesimi che stanno per giudicare me non esistono più quando devono giudicare se

questa può essere un’aula?

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe IV femminile, insegnante Ida Trani)

13 ottobre 1931. La mattina si lavano i pavimenti, si spolvera anche il muro, così

indecente perché il Comune non ha mai provveduto a darvi una semplice pennellata di

calcina. Senza pareti pulite non può regnare la bellezza e l'armonia in un ambiente. Per

ubbidire agli ordini dovrò sborsare io il denaro per la pulizia delle pareti.

[…]

Ecco, le pareti son belle pulite pronte ad accogliere le bimbe già amanti della pulizia.

Dal mio borsellino escono quindici lire e cadono nelle mani del pittore che così bene ha

ubbidito al mio ordine. Chi dirà al Comune che le insegnanti sono tanto generose?

Nessuno! Purché si eseguano gli ordini e tutto brilli agli occhi di tutti, quel che si fa si

tace.

20 ottobre. Gran da fare oggi, gran lavoro manuale. Tutte le alunne si trasformano in

donnine di casa, tutte hanno da trasportar un oggetto, da spolverare, da lavare. La

nuova residenza piace alle bimbe. Infatti l'aula, per quanto piccola sia, ha due belle

finestre di cui una a mezzogiorno, l'altra a levante. E' sempre soleggiata, quest'estate

arrostiremo.

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe III femminile, insegnante Fernanda Di Comite)

20 ottobre 1931. Per la pulizia della mia aula ho chiamato tre alunni di III classe di mio

marito che alla meno peggio hanno imbiancato.

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe II femminile, insegnante Elisabetta Cassanelli)

19 gennaio 1932. Durante il tempo della ½ giornata di ginnastica, nel pomeriggio, ho

mandato degli alunni in iscuola per imbianchire l’aula. Povere pareti hanno il “colore

oscuro” dell’abbandono. Alle h. 16,30 mi sono recato nella scuola a vedere il lavoro dei

miei scolari “imbianchini”. Han dato solo una mano di calcina.

20 gennaio. Ho continuato l’imbianchimento dell’aula. Per avere il permesso del

Direttore mi è sembrato che mi facesse un’elemosina… E in tutto l’anno, almeno fino

al 20 gennaio, ho chiesto il permesso di una sola passeggiata! Mi sembra incredibile,

ma, è purtroppo vero!…[…]

21 gennaio. Gran strepitio sul pavimento e sui banchi per far sparire le macchie di

calcina. Ho incominciato l’abbellimento dell’aula… a mie spese.

22 gennaio. Ancora la mia aula non è bella ma, il lavoro continua. Occorre pensare allo

zoccolo della parete e alla fascia decorativa.

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe V maschile, insegnante Davide Liuzzi)

16 settembre 1932. Quest'anno mi è stata assegnata l'aula posta sulla via provinciale

Taranto-San Giorgio. Non nascondo che quando mi fu comunicata l'assegnazione

rimasi male e protestai al Direttore poiché so che è un'aula umida, piove dal tetto, con

porte sgangherate, senza vetrina, sicché nelle giornate pessime si è costretti a tenere

chiuse la porta e rimanere con la sola luce che un finestrino alto lascia appena

penetrare. Il pavimento in mattoni di argilla cotta è tutto consumato e vi si trovano delle

buche che costringono ad una seria riflessione prima di muovere i piedi se si vuol

tornare senza slogature a casa.

E' davvero un'indecenza che nell'anno XI del Fascismo che ha saputo dare un aspetto

nuovo a tutte le cose vi si debbano trovare ancora aule simili, nelle quali la giovinezza,

per la quale il Governo nazionale fascista ha tanta cura, è costretta a passare le sue ore

di studio sotto l'incubo della minaccia di qualche malanno che minerà la salute.

(ASA, anno scolastico 1932-33, classe III maschile, insegnante Vito Strusi)

L'aula, nei locali Sperindeo, è inadatta all'insegnamento: piccola, a pian terreno e,

dall'unica finestra sporgente sulla via, abbiamo accolto ciò che di più dilettevole

possono dare i monelli di strada: urli disperati, ingiurie, sputi, pietre, pezzi di vetro,

terriccio, ecc. Le lezioni così venivano continuamente disturbate e il lavoro è stato

doppio.

E' stata pure insufficiente pel numero della scolaresca (mq. 21) ed i poveri ragazzi,

abbastanza grandi, sono stati costretti a sedere in tre nei banchi a due posti.

Purtuttavia curata nell'ordine e nella pulizia, abbellita di quadri artistici, storici, da una

fascia decorativa a pittura (motivo tolto dal cappellone di San Cataldo), ornata di fiori e

piante s'è resa piacevole e cara a tutti.

(ASA, anno scolastico 1934-35, classe IV mista tracomatosi, relazione finale

dell’insegnante Maria Galetta)

8 novembre 1934. Ho fatto mettere nell’aula un altro banco ma ora non c’è più posto

per muoverci, girare tra i banchi è un difficile problema. Stamane ho voluto provarmici

e mi sono fatto un strappo non indifferente al vestito.

(ASA, anno scolastico 1934-35, classe V femminile, insegnante Maria Carmela Corelli)

La disciplina in complesso durante l'anno fu buona, nei mesi di giugno e luglio, ha

lasciato un po' a desiderare perché gli alunni soffrivano molto il caldo essendo seduti

tre per ogni banco. Non vi era giusto rapporto tra il numero degli alunni e quello dei

banchi e tra questi e la capacità dell'aula. Finché i locali non saranno adatti, la

disciplina lascerà sempre a desiderare.

(ASG, anno scolastico 1928-29, classe II maschile, relazione finale dell’insegnante Anna

Giusti)

Mi recai al rione Tamburi che fino allora conoscevo solo per nome e quivi trovai

alcune colleghe, le quali mi indicavano l'aula destinata alla III maschile. Confesso che

appena data un'occhiata all'aula destinatami, rimasi un poco turbato non solo per il

disordine che vi regnava: banchi ammassati, senza alcuna ragionevole disposizione, ma

ancora, e maggiormente, per l'insufficienza del locale, del tutto inadatto a essere adibito

a scuola. Il mio turbamento crebbe maggiormente quando presi il registro d'iscrizione e

vidi che il numero degli alunni ammontava a 48. Misurai l'aula e la trovai di queste

dimensioni: m. 4,25 per 4,35, ossia appena mq. 18,50 di superficie, spazio in cui

purtroppo dovevamo poi rimanere sacrificati per un intero anno scolastico come in una

prigione, io e 48 poveri ragazzetti.

(ASG, anno scolastico 1929-30, classe III maschile, insegnante Vito Strusi)

Anche quest'anno devo lamentare il grave disagio risentito dalla strettezza dell'aula.

Attigua alla stanza in cui facevo lezione vi era un'altra stanzetta di cui mi sono servita

per mettervi altri 5 banchi sui quali prendevano posto altri 10 alunni. Mi sembrava una

seconda scolaresca che spesso reclamava i suoi diritti. Spesso sentivo ripetere da quei

cari bimbi: «Signorina, ma stiamo molto lontano da lei. Noi non vediamo ciò che è

scritto alla lavagna!».

Li illudevo sempre, dicendo loro: «Non appena avremo un locale più grande, voi sarete

i primi a godere, voi passerete ai primi banchi, voi allora starete vicini alla vostra

maestra!».

Ma passarono i giorni, passarono i mesi, passò un intero anno scolastico e quei bimbi

rimasero ai loro posti, impazienti persino di attendere il momento migliore per godere.

A questo grave inconveniente se ne aggiungeva un altro e cioè di vedere poi negli altri

banchi della prima stanza, la rimanente scolaresca pigiata, avendo dovuto ammassare

sino ad otto alunni in due banchi da due posti l'uno.

(ASG, anno scolastico 1930-31, classe II maschile, relazione finale dell’insegnante

Angela Giovinazzi)

Per 64 iscritti non avevo che 18 banchi, spezzati, mancanti di tavoletta, assolutamente

inadatti alla complessione e all’età degli allievi i quali, poveretti, costretti a restare

anchilosati e pigiati a quattro per banco, ne risentivano e reazionavano [sic] con una

vivacità che ad occhi meno pratici poteva anche sembrare indisciplinatezza. Ma il

numero limitatissimo delle punizioni inflitte, il buon profitto dimostrato dagli alunni

agli esami, stanno a smentire questa grave accusa. D’altronde come potevano quei

poveri piccini scrivere ed esplicare ai loro doveri se vi erano meno di 20 calamai? Ben

lo feci notare alla nostra Direttrice sezionale – con insistente petulanza – per ottenere il

minimo necessario, ma, purtroppo i soccorsi richiesti son di là da venire. Che dire poi

della lavagna che fui costretto ad affidare ad un artiere (Domenico Rana) per renderla

più stabile, meno pericolosa per i piccoli e, dopo una buona pittura, più presentabile?

Ma tutto, tutto quanto il materiale nella mia povera classe formò l’oggetto di dolorose

constatazioni e di sforzi inauditi da parte mia per “creare” (mi si perdoni il vocabolo)

un ambiente meno rozzo più confacente ai bisogni e alla dignità di una scuola italiana

nell’anno di grazia 1932.

Ho da dire che più volte, di domenica, indossato un buon camice, non mi son prestato

di fare da imbianchino alla mia aula? Ho da dire che ho dovuto a mie spese acquistare

il Crocifisso? Ho da dire che nell’aula di una scuola italiana mancava finanche il

ritratto del Re? Ma le cronache non possono smentirmi. Né per il povero maestro vi era

il minimo sgabello. Di modo che, purtroppo, ero costretto ad essere importuno alle

famiglie degli alunni per avere una sedia, oppure sedermi sui banchi stretti ed inadatti

per non correre il rischio di rimanere in piedi per tutta la giornata. […]

(ASG, anno scolastico 1931-32, classe III maschile, relazione finale dell’insegnante

Luigi Montella)

La scuola situata nel “Rione Tamburi” è stata assolutamente insufficiente al numero

delle alunne, tanto da non darmi neanche la possibilità di passare fra un banco e l’altro

e il più delle volte per qualcuna che doveva uscire ero costretta prima a far uscire le

altre 5 che occupavano gli altri posti dei banchi lunghi, alti, rotti e indecenti.

Non so poi dire quanto fosse poco levigato il piano dei banchi.

Le condizioni dell’aula indecenti, ho tenuto per più mesi la porta senza serratura tanto

da essere costretta a mantenerla chiusa con una pietra di tufo e per amore alla pulizia ho

fatto pulire le pareti dell’aula a mie spese. L’aula esposta a mezzogiorno riceve molto

aria e molta luce da una grande finestra che affaccia sull’incantevole mar piccolo.

Anche, però, la grande finestra, unico pregio della scuola, è stata trasformata in un

luogo di vero tormento perché, restando la scuola situata a pian terreno ha dato agio a

tutti i monelli di strada di trasformare il sacro luogo della scuola a meta e campo dei

loro scherzi talvolta anche pericolosi e pietre, frutta guasta, noccioli, palle e molte volte

anche sputi e scherni sono stai il compenso giornaliero al nostro lavoro.

(ASG, anno scolastico 1932-33, classe III femminile, relazione finale dell’insegnante

Clara Lucarella)

L'aula da me occupata è stata la medesima dell'anno passato […], poco ventilata,

esposta a tramontana, con una larga finestra che è stata però causa di disturbi non solo

causati da veicoli, che transitano continuamente essendo la via Martina la principale e

unica arteria di circonvallazione, ma da ragazzi di strada che hanno spesso disturbato

con lancio di ogni sorta di oggetti o rottura di vetri o attirando l'attenzione degli alunni.

L'arredo è stato non troppo copioso: 5 banchi a tre posti e 10 a 2 posti, quasi nessuno

adatto alla statura dei piccoli; la lavagna, un tavolo con predella e un armadio.

Ho cercato quindi di render bella l'aula innanzitutto con particolare cura all'igiene, alla

pulizia dell'aula e dell'arredamento richiedendo in ciò la cooperazione degli alunni, poi

l'ho abbellita con quadri del Re e del Duce, del crocifisso, dell'altarino, della bandiera,

d'una fascia decorativa, con quadri relativi a nozioni varie, religiose, patriottiche,

riguardanti in particolar modo l'era che si svolge; con piante, vasi, armadietto

farmaceutico, museo formato giornalmente dai bimbi attraverso le loro raccolte ed il

loro lavoro.

(ASG, anno scolastico 1935-36, classe II maschile, insegnante Luigia Sacconaghi)

L’aula essendo posta fra due vicoli stretti in certe giornate piovose d’inverno era

talmente oscura da non permettere né di scrivere né di leggere, obbligandomi così a far

trascorrere il tempo in calcolo mentale ed in occupazioni intellettuali-ricreative; a

questa pochezza di luce ho cercato di supplire con dei quadretti igienici, religiosi e

fiabeschi di tinte chiare che ravvivavano l’ambiente e lo ingentilivano.

(ASC, anno scolastico 1935-36, classe II mista tracomatosi, insegnante Giulia Bertagna)

Quest’anno mi fu affidato l’insegnamento della terza classe femminile. Le iscritte, in

numero di trentacinque, si ridussero a trentadue per il ritiro di tre alunne: due per

ragioni di famiglia e una per ragioni di salute. Dolorosamente tutta la scolaresca era

affetta da tracoma, per cui ci fu l’interessamento dell’Autorità scolastica per

l’intervento del dottor Villaservaglios per praticare le opportune cure.

L’aula per la sua vetustà era poco adatta a contenere trentadue corpicini che erano stati

cresciuti in quella Taranto vecchia dove la tubercolosi ha le sue radici potenti per la

mancanza di sole. Scarsamente illuminata l’aula era ridotta male anche per la sua

angustia. Mi sforzai di darle un’aria di civettuola bellezza adornandola con un fregio

perimetrale e con vasi di fiori, quadri e cartelloni.

(ASC, anno scolastico 1935-36, classe III femminile, insegnante Maria De Sinno)

L'aula occupata è stata quella dell'anno scorso, aula sepolta in un angolo dell'edificio e

priva di aria e di luce. Dal vicolo stretto ed angusto, su cui si affacciava, provenivano

tutti i rumori possibili, gli odori delle cucine, e l'eco dei litigi spesso fioriti di parolacce.

Si può quindi immaginare in quale ambiente pacifico e sano si era costretti a fare

lezione. L'aula era insufficiente per i posti disponibili a contenere tutti gli alunni,

costretti a stare in tre per banco.

(ASC, anno scolastico 1936-37, classe III maschile, insegnante Francesco Scherma)

La scuola rurale Comandante Ferretti, i cui registri sono in parte conservati

nell’archivio della scuola Acanfora, sita in contrada Buffoluto (erano solo tre aule

perché I e II, III e IV erano accorpate, mentre la V era sola) era una realtà molto diversa

già dalla via di accesso: ci si arrivava col rimorchiatore che portava le maestranze al

lavoro attraversando il mar piccolo. La scuola era di fatto gestita dai militari che

dimostravano una grande cura delle aule e degli scolari stessi, mettendo a

disposizione delle insegnanti marinai e operai per far da bidelli e seguire i lavori

necessari per rendere le aule vivibili. Il numero degli scolari per classe era molto

ridotto rispetto alle altre scuole.

L’anno scolastico 1929-30, iniziatosi il 15 settembre, è terminato il 30 giugno, e con

esso ha avuto termine il mio insegnamento nella scuola rurale “Comandante Ferretti” in

Buffoluto, dove ho diretto due classi miste, III e IV.

L’aula, bellissima per posizione e per costruzione, mi fu consegnata sporca e disadorna,

con un numero di banchi proporzionato a quello degli scolari, che in terza raggiunse i

24 iscritti, divisi in 12 maschi e 12 femmine, e in quarta i 17, ossia 10 maschi e 7

femmine. […]

Riuscii, dopo tanto, ad ottenere l’iscrizione di tutti gli obbligati che risiedevano ancora

a Buffoluto, poiché, essendo questo luogo militare, gli alunni da un mese all’altro

emigrano insieme con le loro famiglie.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classi III e IV miste, scuola rurale di Buffoluto,

insegnante Maria Romaniello)

18 settembre 1932. Ho conosciuto i compagni di viaggio giacché per andare a scuola

bisogna prendere il rimorchiatore che porta le maestranze da Taranto alle officine di

Buffoluto. Siamo quasi quattrocento viaggiatori, con noi sul quadrato ufficiali, vengono

i tecnici; mi è sembrato che tutti fossero brave persone e ciò mi ha fatto piacere perché

ogni giorno dobbiamo vederli e viaggiare insieme.

(ASA, anno scolastico 1932-33, classe III mista, scuola rurale di Buffoluto, insegnante

Fernanda Montermini)

12 settembre 1929. Il signor Comandante è venuto a visitare la scuola, ed ha trovato

che i banchi non erano stati pitturati bene. Ha detto che avrebbe mandato gli operai

anche per far mettere i vetri e le maniglie alle porte. Prima di andarsene via ha detto

che quest’anno la scuola è cominciata molto meglio dello scorso anno. Ha già visto che

i ragazzi sia all’entrata che all’uscita, non schiamazzano, non urlano, non si battono

vicino alla scuola.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe I mista, scuola rurale di Buffoluto, insegnante

Maddalena Vestita)

24 ottobre 1929. Mentre stamattina venivamo a scuola nella gabina del Gargano

abbiamo nuovamente incontrato il tenente colonnello cappellano il quale alla presenza

di tutti i passeggeri che trovavansi con noi ha cominciato – per sua bontà – a lodarci per

l’ordine, per la pulizia e soprattutto per la disciplina notata nelle nostre aule.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classi III e IV miste, scuola rurale di Buffoluto,

insegnante Maria Romaniello).

17 settembre 1930. Una meravigliosa giornata… un mare calmissimo… una bella

passeggiata in rimorchiatore ed eccomi sulla ampia campagna di Buffoluto (zona

militare). Prima di raggiungere le scuole ci siamo recate dal cavaliere Spadea per

ossequiarlo. Il comandante signor Opipari non era ancora in Ufficio. Siamo andate a

scuola. Avevo sentito dire che erano belle e pulite. Invero l’aspetto esterno è

soddisfacente ma l’interno… Due aule, quella della III e IV, I e II, sono semplicissime e

belle ma sporche, l’altra, di V, è formata da una striscia lunga e stretta sì da poter stare

malamente in banco a due posti. La lavagna è attaccata al muro e mi dà l’impressione

più di un giocattolo da bambola che di un arredo scolastico. Null’altro vi è di

abbellimento a questo androne. Il marinaio adibito a bidello ci ha detto che l’aula della

V era ancora più bella delle altre ma che è stata ridotta in quel barbaro modo col

tavolato per il limitato numero degli alunni. A dire il vero è passata in me tutta la

poesia. Quell’aula a pasticcio è addirittura opprimente. Come fare? Parlarne al

Comandante? Alle 11 ci siamo recate da Lui. Si è mostrato infinitamente gentile ed ha

assicurato che in giornata andrà a vedere personalmente le aule e se sarà il caso le farà

pulire.

13 ottobre. Finalmente oggi abbiamo preso possesso delle aule – io ho avuto l’aula

assegnata alla V dello scorso anno. La famosa striscia dove appena ci stava un banco a

due posti è stata trasformata in un’aula bellissima. Grande, piena di aria, di luce e di

sole. E’ tutta a smalto grigio perla e l’occhio soffermandosi si riposa con dolcezza e

con serenità su tanto lucido, pulizia, ordine. Vi è anche la stufa. I banchi sono stati

rimessi a nuovo. I quadri del Duce, di Sua Maestà e il Crocifisso sono stati

recentemente acquistati. Un bellissimo scaffale per il museo fa in un angolo bella

mostra di sé. Manca nella mia scuola solo la lavagna che il Signor Comandante ha

mandato a ritirarla (sic) da Bari ma che non è ancor arrivata.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe V mista, scuola rurale di Buffoluto, insegnante

Elda Lucarella)

19 settembre 1930. La scuola è bella piena d’aria, di luce; le classi sono ben arredate,

spaziose, pulite.

Un piccolo giardino circonda la scuola, un marinaio ci fa da bidello e da giardiniere.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classi III e IV miste, scuola rurale di Buffoluto,

insegnante Anna Mazzaccara)

10 gennaio 1933. Ma che brutto tempo fa quest'anno; andando avanti e indietro sul

mare non è certo una bella cosa. Per l'appunto il rimorchiatore è in avaria; andiamo su

due rimorchiatori piccoli e scoperti; siamo tutti chi raffreddati e chi ammalati. […]

(ASA, anno scolastico 1932-33, classe III mista, scuola rurale di Buffoluto, insegnante

Fernanda Montermini)

Mestieri

Nei Giornali di classe, accanto all’elenco degli alunni e i nomi di entrambi i genitori,

c’è una colonna, «condizioni della famiglia», nella quale alcuni insegnanti riportavano

i mestieri dei genitori e altri se si trattava di famiglia benestante o povera.

Leggere questa colonna dà una indicazione verosimile della composizione sociale dei

diversi rioni:

Tre Carrare-Solito (scuola Acanfora): “misere”, “discrete” sono le condizioni

ricorrenti; i bambini che accanto al loro nome hanno scritto “agiate” sono davvero

pochi. I mestieri indicati sono: “operaio” (la metà circa, la maggioranza dei quali

provenienti dall’Arsenale e molti meno dai cantieri Tosi), “manovale”, “terrazziere”,

“bracciante”, “fabbro”, “contadino” (molto pochi), “fruttivendolo”, “falegname”,

“calzolaio”, “ferroviere” (qualcuno), “negoziante” (mosche bianche), “emigrato”, “=”

cioè disoccupato. Qualche dipendente della Marina militare e qualche impiegato

completano il quadro.

In questo rione nell’elenco dei bambini ogni tanto si incontrano nomi come Libero,

Idea, Vladimiro, Popola, testimonianza delle idee probabilmente “sovversive” dei

genitori. Col passare degli anni questi nomi, già rari, scompaiono del tutto mentre

compaiono, anch’essi rari a onor del vero, i primi Benito.

A Buffoluto. la situazione dei mestieri è differente: “operaio” (sempre in numero

alto), “maresciallo regia marina” (in numero più o meno pari agli operai),

“sottufficiale regia marina”, “capitano di fregata”, “impiegato”, “fattore”,

“contadino”, sono quelli riportati con più frequenza.

Tamburi (scuola Giusti): “operaio”, questa volta soprattutto dei cantieri Tosi, e

“ferroviere” costituiscono la stragrande maggioranza dei mestieri indicati, seguiti da

“contadino” (in buon numero), “pastore”, “capraio”, “fruttivendolo”, “bracciante”, e

poi, in minor numero, “negoziante”, “manovale”, “muratore”, qualche “giardiniere” e

qualche artigiano. Mancano quasi del tutto i dipendenti della Marina.

Qui una buona percentuale proviene dai paesi del tarantino ma anche da altre province

della Puglia (Foggia e Brindisi soprattutto) e dalla Basilicata.

In entrambi i rioni i pescatori sono pressoché inesistenti, qualcuno in più ai Tamburi

ma sempre in numero molto esiguo.

Città vecchia (scuola Mastronuzzi): condizioni nella maggior parte “misere”, ma,

rispetto a Tre Carrare un maggior numero di “agiate”; mestieri: “operaio” (anche qui

la maggioranza), “ferroviere”, “impiegato”, “commerciante”, “fotografo” (più d’uno),

“pescivendolo”, “pescatore” (molti), “fabbro”, “carrettiere”, “tipografo”, “ebanista”,

“palombaro”, “ostricoltore”, “miticoltore”, “bracciante”, “=”. Anche se nella Città

vecchia diverse famiglie nobili erano proprietarie di interi palazzi, non ne abbiamo

trovato traccia nei registri.

Fra i tre rioni il più povero, e il più grande, era senz’altro il primo.

«Piove, le aule sono deserte»

Nel 1926 la rete fognaria serviva solo il Borgo, più o meno fino a via Crispi. Di qua e

di là del rione i rigagnoli di acque luride scorrevano lungo le cunette stradali.

Dieci anni dopo era imminente il finanziamento della costruzione della rete fognaria a

Tre Carrare e si poteva così cominciare a pensare anche a una sistemazione stradale

del quartiere. Per Porta Napoli e Tamburi la costruzione della fognatura era ancora

solo un progetto per il futuro, mentre nella Città vecchia la fognatura si fermava prima

dell’area del risanamento fascista. La costruzione in quella zona era subordinata allo

sviluppo del piano stesso.

Questa situazione non poteva non ripercuotersi sulla vita della scuola.

Il Direttore Giovanni Suglia, nella relazione relativa all’anno scolastico 1938-39,

scriveva:

E’da notarsi che l’edificio “Acanfora”, oltre ad accogliere la popolazione scolastica

meno abbiente e più numerosa dei vari Circoli didattici della città, popolazione, come

già ebbi a segnalare, in costante aumento per i lavori di demolizione della Città

vecchia, è servito per l’accesso degli alunni, da strade in cattivo stato di manutenzione,

che diventano addirittura impraticabili nel periodo delle pioggie. Né hanno mai giovato

a nulla le continue sollecitazioni al competente Ufficio tecnico comunale, perché

eliminasse un inconveniente che perdura da vari anni12

.

E i maestri:

18 novembre 1929. Ecco novembre che ci fa tanto tristi. Intorno è freddo. Le chiuse

finestre, la pioggerella insistente mettono nelle ossa un brivido di gelo e vieta a molte

bimbe, che non hanno scarpe sane da calzare e panni per coprirsi, di venir a scuola.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe I femminile, insegnante Fernanda Di Comite)

4 febbraio 1930. Stamani parecchi assenti. Quando piove in questa borgata si ha una

lontana idea del diluvio. Le strade diventano impraticabili. Poi non mi so spiegare

l’ubicazione della mia aula. I due terzi dei miei alunni abita alle Palazzine. Non poteva

il Provveditore provvedere ad accentrare la mia aula verso l’abitato? Quando piove è

l’oscurità completa: vi sono aule piene di luce e di aria e con l’impianto elettrico, la

mia, poi, che manca di discrete condizioni di abitabilità, manca di… luce artificiale.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe III maschile, insegnante David Pizzari)

31 marzo 1930. Una tempesta stamane: acqua a diluvio. Due alunni sono venuti a

scuola [su 54]. Le vie sono diventate torrenti impraticabili. L’oscurità nella mia classe

era indescrivibile.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe III maschile, insegnante David Pizzari)

1 dicembre 1930. Anche oggi a causa del tempo pessimo pochi bambini sono venuti a

scuola. Effettivamente fa un freddo indemoniato e quei bambini che abitano a Nasisi

fanno al mattino chilometri di strada.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe V mista, scuola rurale di Buffoluto, insegnante

Elda Lucarella)

4 marzo 1931. Da qualche giorno ho la scolaresca decimata. La maggior parte degli

alunni è assente perché influenzata. L'alunno Grattagliano è assente da parecchi giorni;

ho preso informazioni e mi risulta che si assenta perché privo di scarpe. L'alunno

Listino è assente anche per la stessa ragione. Di conseguenza non so come obbligarli a

frequentare la scuola.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III mista, insegnante Paolina Mannarini)

12

ASA, R. Direzione didattica di Taranto, V Circolo, anno scolastico 1938-39, Relazione del. Direttore,

Taranto 18 luglio 1939.

27 marzo 1931. Nevica. Le mamme temono il freddo per i loro figliuoli. Infatti quei

pochi presenti hanno dovuto pregare la mamma per poter venire.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III e IV miste, insegnante Anna Chiarolanza)

18 febbraio 1932. Iscritte 40. Freq. 38 Pres. 18. Le assenti sono più delle presenti. La

colpa è della neve che ci ha fatto la gradita sorpresa questa mattina. E’ caduta in grande

abbondanza questa notte. Intrattengo le alunne ad osservare gli aspetti della campagna

e seguito a raccontare come sia benefico ai campi l’effetto della neve che uccide i

microbi, custodisce tutti i semi delle nuove raccolte sotto terra. Non tralascio di metter

in evidenza come sia crudo questo tempo per i poveri, specialmente per coloro che

sono costretti a camminare coi piedi nudi. Purtroppo ci sono ancora delle povere bimbe

della mia scuola che vanno scalze.

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe III femminile, insegnante Fernanda Di Comite)

22 novembre 1935. La giornata è pessima. Molte alunne sono assenti perché quasi tutte

sono sprovviste di indumenti e di scarpe e la pioggia torrenziale impedisce loro di

uscire.

(ASA, anno scolastico 1935-36, classe III femminile, insegnante Giovanna La Torre)

25 novembre 1936. Nei giorni di cattivo tempo molti alunni si assentano dalla scuola

perché data la lontananza ed essendo sprovvisti, buona parte di essi, degli indumenti

indispensabili a ripararsi dalla pioggia, i genitori nelle giornate piovose preferiscono

farli rimanere in casa. Spero che questo stato di cose non continui altrimenti sarà un

vero guaio.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe IV maschile, insegnante Vito Strusi)

17 gennaio 1939. Una giornata quasi perduta a causa delle molte assenze. Piove dalle

prime ore del mattino e i bambini, quasi tutti privi di scarpe, non possono venire.

(ASA, anno scolastico 1938-39, classe I maschile, insegnante Maria Perrucci)

A Taranto nevicava quasi tutti gli anni fra il mese di febbraio e marzo inoltrato. Una

cosa che ormai non accade più da decenni.

18 febbraio 1931. La prima nevicata!… A causa di essa quattro soli bimbi si sono

presentati a scuola.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe V mista, scuola rurale di Buffoluto, insegnante

Elda Lucarella)

16 marzo 1939. Prima nevicata. Il freddo è intenso, il vento che soffia furiosamente

trasforma la neve in ghiaccio. Le classi sono quasi tutte deserte. Pochi alunni si sono

presentati a scuola; qui non si è abituati alla neve e al freddo intenso. Le scuole non

sono riscaldate e si soffre. I pochi alunni presenti sono distratti e guardano fuori la neve

che cade senza posa volteggiando nel cielo come fiori di gelsomino. Sono quasi tutti

felici perché la neve è l'amica e la gioia dei ragazzi.

(ASA, anno scolastico 1938-39, classe V femminile, insegnante Maria De Stefano

Faconti)

28 gennaio 1942. Grande nevicata! A scuola si presentano soltanto due scolare.

Rimando a domani le lezioni per oggi.

(ASA, anno scolastico 1941-42, classe IV femminile, insegnante Berenice Scialpi

Calabrese)

Le passeggiate scolastiche

Un altro argomento interessante riportato sui Giornali di classe è quello delle

passeggiate scolastiche, un punto importante e obbligatorio della scuola della

Riforma. Durante le passeggiate gli scolari oltre ad avere bei momenti di gioco,

apprendevano attraverso l’osservazione diretta. Le passeggiate, per motivi di

scurezza, furono interrotte con lo scoppio della guerra.

Purtroppo le descrizioni che abbiamo raccolto si riferiscono esclusivamente alla

scuola Acanfora, non avendo le altre scuole conservati i Giornali di classe completi

relativi agli anni precedenti la guerra.

E’ strano, oggi, pensare che uscendo dalla scuola ci si potesse trovare subito in aperta

campagna, ma tant’è.

5 febbraio 1930. Siamo uscite dalla scuola per recarci in un campo vicino a vedere

arare la terra e trarne tutte le conseguenti conversazioni. Le bimbe si sono interessate

vivamente del contadino che lavorava e del mondo circostante.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe I femminile, insegnante Fernanda Di Comite)

15 febbraio 1930-VIII. Approfittando della bella giornata ho accompagnato gli alunni

alla passeggiata ginnastica. Il 15 gennaio ci recammo al viale dei cipressi, oggi, invece,

siamo andati alla Masseria di Punta Penna. Abbiamo visitato la chiesetta che custodisce

dei ritratti antichi di santi. Gli alunni hanno giocato e hanno avuto agio di ammirare il

frumento già abbastanza alto, gli alberi con qualche gemma, pochi fiori nei prati, i

funghi sui quali ho fatto lezione.

13 marzo. Data la bellissima giornata abbiamo fatto passeggiata ginnastica con tutti gli

alunni delle quattro classi. Ci siamo recati a Punta Penna e lì di fronte a Taranto che

appariva in tutta la sua bellezza di Regina del Mare, su di un pendio tutto verdeggiante,

abbiamo fatto colazione. Era assai suggestiva la scena che presentavano i fanciulli,

seduti a gruppi, cinguettando come passerini e gustando soddisfatti la loro colazione,

portata gelosamente da casa. Abbiamo trovato degli asparagi e abbiamo fatto notare

agli alunni il risveglio già sensibile della natura, per l’avvicinarsi della Primavera.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe III e IV miste, scuola rurale di Buffoluto,

insegnante Maria Romaniello)

3 marzo 1930. Con ordine del Sig. Direttore mettiamo in cammino la scolaresca.

Esclamazione di gioia da parte delle alunne, raccomandazioni da parte mia. Le bimbe

conoscono già benissimo la campagna circostante e mentre la riattraversano insieme

osservano la suggestiva bellezza dei mandorli in fiore:

– Signorina, guardi questi alberi… e quelli lontani come son belli – E' una gara giuliva

per cogliere ciuffi di fiori e di foglie. Le risatine, le conversazioni si alternano, guidate

da me. Le bimbe osservano e mostrano di gustare. Giungiamo al Pizzone. Le bimbe

sono felici di tuffare le manine nel bel mare o trarne conchiglie. Tutto vogliono

conservare per il Museo.

Alle 16 torniamo in classe e dopo a casa.

(ASA, anno scolastico 1929-30, classe I femminile, insegnante Fernanda Di Comite)

18 novembre 1930. Insieme alla mia collega di I e II classe ho fatto fare ai miei scolari

una passeggiata scolastica. Osserviamo la natura, gli alberi che cominciano a perdere le

foglie, la terra che è già quasi brulla. Un uomo pota un albero e io spiego la ragione per

cui quel contadino libera gli alberi dai rami superflui.

Vediamo pure qualche contadino che semina il grano ed io parlo anche di questo

argomento.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III e IV miste, scuola rurale di Buffoluto,

insegnante Anna Mazzaccara)

6 marzo 1931. Ieri mattina, giusta disposizioni superiori, avevo detto alla scolaresca di

venire a scuola alle ore 15 per la passeggiata ginnico-ricreativa. Gli alunni

puntualmente si sono presentati, ma siccome il tempo era tutt’altro che bello (spirava

infatti vento e veniva giù qualche gocciolina di acqua) non ho voluto condurre fuori i

ragazzi, né ho creduto licenziare la scolaresca, sapendo con certezza che la maggior

parte di essa non sarebbe andata a casa, ma si sarebbe indugiata per la via o nelle piazze

a giocare a palla, di cui quasi tutti gli alunni erano forniti. Li ho trattenuti, pertanto, in

classe fino alle 17 [in] letture amene. Essi, certo, avrebbero preferito scorrazzare nei

campi e, con sguardi eloquenti, guardavano le palle, che erano tenute ferme dalle mani

inquiete, e le bambole e le corde, che avrebbero dovuto far divertire le padroncine. Ma

alla fine credo che furono contenti ugualmente, perché li avevo distratti e fatti divertire

con la lettura delle avventure di Pinocchio.

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III mista, insegnante Maria Romaniello)

11 aprile 1931. Oggi, data la bellissima giornata, abbiamo fatto passeggiata ginnastica

delle classi III, IV e V. Siamo andati oltre Punta Penna e lì, su di un declivio, abbiamo

fatto colazione, oltre il godimento del meraviglioso panorama, tenendoci quasi al

livello del mare e avente (sic) di fronte tutta Taranto divisa in due dal ponte girevole.

Era maggiormente suggestiva la scena che rappresentavano i fanciulli seduti a gruppi

fra il verde del pendio, cinguettando come passerini e gustando soddisfatti la loro

colazione. Abbiamo raccolti i cardoncelli e dopo varie osservazioni fatte notare agli

alunni circa il risveglio della natura. Verso le 13 siamo ritornati alla scuola

(ASA, anno scolastico 1930-31, classe III e IV miste, scuola rurale di Buffoluto,

insegnante Anna Mazzaccara)

22 ottobre 1931. Oggi, dopo aver ottenuto il permesso dal Direttore, io con i miei

alunni, insieme al collega Scarfi ed alla sua classe, abbiamo fatta la prima passeggiata

scolastica. Siamo andati nei pressi della località detta Pizzone, punto meraviglioso che

ha come sfondo il mare su cui il sole tiepido di questo bellissimo giorno d’ottobre

riflette i suoi raggi dorati dando un aspetto veramente delizioso che inebria e fa

commuovere pensando alla magnificenza del Creato.

Gli alunni hanno riportato sul diario le impressioni provate e le osservazioni da me fatte

e sono ritornati a scuola tutti allegri e pieni di vitalità

24 ottobre. Stamane ho condotto i miei alunni a visitare la Cripta del Redentore, che

trovasi nei poderi del Cav. Viola, vicino alla mia scuola. La visita è riuscita molto

interessante ai miei alunni. Questa Cripta ci ricorda la venuta di San Pietro a Taranto e i

primi miracoli che l’Apostolo compì in questa antica città. Anticamente era un tempio

dedicato al Dio Sole. Al lato destro della Cripta vi è un abside con gli affreschi

raffiguranti la Vergine Santissima e San Giovanni ai lati e al centro l’affresco di Gesù

che regge in mano un distico su cui è scritto in lingua greca: chi segue me non

camminerà nelle tenebre. Vi è inoltre l’edificio di un’antichissima fontana, di fronte

alla quale vi è scritta latina adora et bibe e al lato la statua del Dio Sole. Quivi, secondo

gli «Appunti di storia di Taranto antica di Monsignor A. Martini» venne San Pietro per

bere ma i guardiani del tempio lo obbligarono ad adorare, prima di bere, il loro Dio.

San Pietro si fece il segno della Croce e la statua del Dio Sole cadde riducendosi in

minutissimi pezzi.

Il racconto di questo miracolo suscitò maggiormente l’attenzione e la curiosità nei miei

alunni e mi rivolsero un’infinità di domande. Tornati a scuola gli feci fare una breve

relazione sulla visita fatta.

(ASA, anno scolastico 1931-32, classe IV maschile, insegnante Vito Strusi)

17 dicembre 1936. Stamane io, i colleghi Galante, Scarfi e Orlandi, siamo usciti con le

rispettive scolaresche per una passeggiata scolastica. Lungo il muraglione dell’Arsenale

ci siamo recati al tratto di spiaggia denominato “Pizzone”. La strada che percorrevamo,

fiancheggiata da campi seminati, in alcuni dei quali cominciavano a far capolino le

piantine del frumento, mi offrì occasione di parlare ai miei alunni dell’aspetto dei

campi e della vita delle piante in questo periodo. Dopo aver lasciato in libertà un poco

gli alunni abbiamo fatto ritorno a scuola, godendo della bella giornata soleggiata e

tiepida.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe IV maschile, insegnante Vito Strusi)

Finalmente le scuole vere

Nonostante la costruzione di edifici scolastici idonei a ospitare degnamente le

scolaresche, come si è visto, fosse annunciata già nel 1914 e fossero anche stati

individuati i possibili luoghi per la costruzione (Mercato coperto per la Città nuova e

convento delle Benedettine per la Città vecchia), fino alla metà degli anni Trenta

l’unico edificio elementare esistente continuava ad essere quello in via Pitagora.

Fra il 1932 e il 1934 fu deliberata la costruzione delle tre scuole elementari oggetto

del nostro studio.

Riportiamo di seguito alcuni stralci di relazioni redatte dall’ingegner Ferdinando

Bonavolta, capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Taranto, riguardanti ognuna delle

tre scuole.

Rione Tre Carrare e Solito-Corvisea: scuola elementare Capitano Giovan Battista

Acanfora13

:

La popolazione scolastica del rione, giusta le statistiche fornite dalla Direzione centrale

delle scuole, è costituita da un complessivo numero di alunni di 1.410, di cui 753

maschi e 657 femmine. Detta popolazione tende all’aumento, mano a mano che si

incrementa lo sviluppo edilizio del quartiere e con l’occupazione di suoli ancora

disponibili e con le sopraelevazioni sempre in aumento. […] Visto perciò il rapido

incremento che in genere si manifesta nella popolazione scolastica di Taranto e le

condizioni specifiche del rione in esame, ove, come si è detto, vi è molta disponibilità

di suoli edificatori e molte sopraelevabili sulle case esistenti; visto che contenuto

l’edificio nei limiti del pianterreno rialzato e primo piano, mentre si riuscirebbe

momentaneamente ad allogare la popolazione scolastica attualmente esistente nel rione,

ben presto, con il rapido sviluppo edilizio in atto nel rione stesso, la costruzione

mantenuta nei limiti anzidetti si dimostrerebbe insufficiente, si è creduto con sano

principio di amministrazione risolvere il problema con una certa larghezza di vedute e

progettare l’edificio a tre piani. Con la progettazione del terzo piano si realizza una

economia sul complesso delle costruzioni; si provvede a quella che sarà l’effettiva

popolazione scolastica, quando l’edificio sarà ultimato, potendosi con quasi assoluta

certezza ritenere che essa fra non più di un paio di anni sarà aumentata ancora di oltre

600 alunni. La costruzione a tre piani si impone anche per ragioni estetiche, in quanto

l’edificio si affaccia su due larghe strade, sulle quali prospettano edifici di 4 e più piani,

e sarà eseguito in prossimità di un nucleo di case popolari alte quattro piani.

Per le dette convenzioni l’edificio è stato progettato a tre piani: un pianterreno rialzato

e due piani superiori. Poiché dai dati della popolazione scolastica si rileva che la

scolaresca frequentante è quasi egualmente numerosa tanto per i maschi che per le

femmine, l’intero edificio è progettato in modo che possa essere sfruttato come due

edifici distinti, uno per i maschi e l’altro per le femmine, con ingressi separati, uno da

via Oberdan e l’altro da via Dante Alighieri. La separazione è possibile ottenere mercé

13

Capitano dell’Esercito italiano, nato a Taranto e caduto sul monte San Michele il 26 luglio 1915.

un muro divisorio o cancello che divide nel corpo di fabbrica verso est il corridoio di

disimpegno che percorre quasi l’intero edificio14

.

Il progetto della scuola fu definitivamente approvato il 28 luglio 1932 dal

Provveditorato alle opere pubbliche della Puglia. I lavori iniziarono il 9 ottobre 1934.

L’inaugurazione avvenne il 28 ottobre 1936, anniversario della marcia su Roma.

Degli edifici scolastici della città era senz’altro il più grande.

Rione Porta Napoli-Tamburi: scuola elementare Capitano Egidio Giusti15

:

Proseguendo l’Amministrazione del Comune nel programma già propostosi ed

affrontato della adeguata sistemazione della Scuola in Taranto, e avendo provveduto e

con costruzioni già eseguite e con altre progettate e di imminente esecuzione, alla

risoluzione dell’annoso problema per la Città nuova e per la Città vecchia, e per il

popoloso quartiere delle Tre Carrare ad est della città, non poteva prescindere dal

prendere in considerazione anche le esigenze dell’altro rione estremo, ad ovest della

città stessa, quello dei Tamburi.

Anche il detto Rione è in continuo sviluppo edilizio, ha lo svantaggio del non facile

collegamento alla Città, e la popolazione scolastica si è allogata in locali inadatti,

antigienici, e sotto ogni riguardo insufficienti.

Per venire incontro anche alle esigenze di detto Rione, l’Amministrazione affidava al

sottoscritto l’incarico di compilare per detta località il relativo progetto […]. Si è

proceduto alla scelta del suolo su cui dovrà sorgere, tenendo presente oltre i necessari

requisiti di ubicazione, di esposizione, di igiene, della bontà di fondazione, anche di

quello della sua posizione e tenendo presente il futuro sviluppo edilizio del Rione, si è

pensato ad ubicare l’edificio in posizione più che possibile centrale.

Il suolo scelto […] è di pertinenza della Congrega della Carità. Detto suolo confina a

Nord, Sud e Ovest con vie a nominarsi, e ad Est con la via Taranto Martina.

[…]

L’edificio è stato progettato a due piani […]. Siccome dai dati forniti dalla Direzione

centrale delle scuole risulta al rione Tamburi una popolazione scolastica complessiva

costituita da 493 alunni, si sono previste n. 12 aule sufficienti a contenere il

quantitativo di alunni suddetti […]16

.

Il progetto della scuola fu definitivamente approvato il 14 settembre 1932. I lavori

iniziarono il 9 ottobre 1934. L’inaugurazione avvenne il 28 ottobre 1936, anniversario

della marcia su Roma.

Città vecchia: scuola elementare Domenico Mastronuzzi17

:

La prima perizia suppletiva di L. 265.000 fu compilata il 18 marzo 1935 essendosi

rilevato con il progredire delle demolizioni e l’isolarsi della chiesa di San Giovanni da

un lato e del fabbricato Lentini dall’altro, che qualora si fossero estese le demolizioni

alla chiesa ed alle due casette ad essa addossate si sarebbe potuto realizzare non solo un

edificio più ampio del progettato e maggiormente rispondente alle esigenze della

numerosa popolazione scolastica della Città vecchia, ma si sarebbe anche compiuta

14

ASCTA, cat. X, busta 293, fasc. 588. Relazione dell’Ingegnere capo Ferdinando Bonavolta, 13 aprile

1932. 15

Capitano dell’Esercito italiano, nato a Taranto nel 1890 e morto sul Carso il 17 settembre 1916. 16

ASCTA, cat. X, busta 298, fasc. 593, Comune di Taranto, Progetto per la costruzione di un edificio

scolastico al rione Tamburi. Relazione dell’ing. Direttore dei lavori. 17

Giovane fascista tarantino ucciso l’8 maggio del 1921.

opera di risanamento igienico distruggendo vicino all’edificio malsane abitazioni

creando nuove e spaziose aree pubbliche». Per cui si concedono 10 mesi di proroga.

«Compiute le demolizioni e tracciate le fondazioni dell’edificio, la R. Sovrintendenza

delle Antichità e belle arti sospendeva i lavori perché la costruzione veniva ad occultare

la facciata trecentesca della chiesa di San Domenico. A seguito di che si conveniva di

spostare verso est l’edificio scolastico e di accorciare l’ala nord del fabbricato verso la

discesa San Domenico.

Ubicato l’edificio secondo gli accordi interceduti cadeva la possibilità di utilizzare per

l’edificio le vecchie fondazioni del Convento e contrariamente al previsto si dovette

provvedere per la totalità del fabbricato alla costruzione di nuove fondamenta.

Analogamente mancò la possibilità di utilizzare il materiale proveniente dalle

demolizioni secondo le previsioni fatte, in quanto che la percentuale di conci di tufo

carparo che potevano reimpiegarsi fu molto limitata […] concedendo all’impresa una

seconda e terza proroga di mesi quattro e mesi sei, portandosi così in definitiva il

termine per l’ultimazione dei lavori da mesi venticinque a mesi trentacinque. […] Con

verbale 6 ottobre 1937 i lavori venivano dichiarati ultimati. […]

Per la costruzione dell’edificio scolastico si rese necessario espropriare i fabbricati di

proprietà della signora Greco Anna, D’Ippolito Gaetano e Calderoni Addolorata

addossati all’ex convento e chiesa di San Giovanni, demolita18

.

Il progetto della scuola fu approvato il 29 marzo 1934. I lavori ebbero inizio l’8

novembre 1934. L’inaugurazione avvenne, come di rito, il 28 ottobre 1937,

anniversario della marcia su Roma.

La nuova scuola Acanfora

1 ottobre 1936. Come da prevedersi l’iscrizione va a rilento; molti dei nostri alunni

vogliono iscriversi in altre sezioni per non perdere giorni di scuola perché il nostro

edificio sarà pronto con molta probabilità entro la fine di ottobre e ciò spaventa i

genitori dei nostri alunni che non sanno rassegnarsi a dover tenere, ancora per un mese,

i loro figliuoli ai pericoli della strada, tanto più che il Dopo scuola è ancora chiuso per

ordine delle superiori attività.

15 ottobre 1936. I lamenti dei genitori dei nostri alunni continuano, anzi aumentano di

giorno in giorno, qualcuno vorrebbe ritirare la pagella col pretesto del cambio di

abitazione per iscrivere il figliuolo in altra sezione. Cerchiamo di fare del nostro meglio

per convincerli ad attendere, ad avere pazienza; vi è chi si convince o così dimostra, ve

ne sono altri invece che quasi vorrebbero dare a noi la colpa e non sanno che quest’ozio

forzato ci fa male e ci fa desiderare la nostra aula piena di birichini che ci fanno

spolmonare ma che in fondo ci danno tante soddisfazioni.

Fin’ora ho iscritto soltanto 13 alunni dei 17.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe IV maschile, insegnante Maria Carmela Carelli)

20 ottobre 1936.Il Sig. Direttore ci riunisce e ci parla dell’inaugurazione del nostro

nuovo edificio per il 28 ottobre p.v. Intanto ci dice di riunire gli alunni della III, IV e V

classe provvisti di tessera dell’O.N.B. per esercitarli nel canto degl’inni della Patria,

perché il giorno dell’inaugurazione saranno schierati nei corridoi e per le scale del

nuovo edificio.

26 ottobre. Il nuovo edificio è semplicemente grandioso!

Le aule spaziose e tutte belle sono munite di finestroni che occupano quasi un’intera

parete e che la inondano di aria, di luce, di sole.

18

ASCTA, cat. X, busta 303, fasc. 603, Comune di Taranto, Ufficio tecnico, Lavori di costruzione dello

edificio scolastico della Città vecchia sull’area dell’ex convento San Giovanni. Relazione dell’Ing.

Direttore dei lavori, Taranto, 10 settembre 1938-XVI.

In queste magnifiche aule pare che sempre si debba lavorare in letizia.

Continuiamo le iscrizioni senza intrattenere però gli alunni non essendo ancora stata

fatta la consegna ufficiale dell’edificio.

28 ottobre. Inaugurazione del nuovo edificio nel giorno della Marcia su Roma che

riconsacrò la Patria agl’Italiani. […]

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe IV maschile, insegnante Angela Teresa Cito

Scarcia)

29 ottobre 1936. Ieri con una cerimonia austera fu inaugurato il nostro edificio

intitolato a G. B. Acanfora, capitano tarantino caduto eroicamente nella Grande guerra.

Presenti tutte le Autorità, Monsignor Bernardi fece la benedizione e madrina fu la

Signora Ved. Acanfora.

L’edificio è quanto di più maestoso si possa immaginare. Vi sono due bellissime

entrate, si accede ai piani superiori da due scaloni monumentali e attraverso lunghi e

larghi corridoi si va nelle aule, che sono molto spaziose e ben esposte.

Finalmente questa scuola ha una sede degna del delicato compito che le è affidato qual

è quello di illuminare la mente ed educare i cuori.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe IV femminile, insegnante Paolina Mannarini)

5 novembre 1936. Stamane, come da precedente ordine del R. Direttore, le classi III, IV

e V mista di Solito-Corvisea si sono trasferite al nuovo edificio scolastico di Tre

Carrare.

Io ho condotto i miei alunni, inquadrati per tre, al nuovo edificio. Quando siamo giunti

e ci siamo recati nell’aula assegnataci ancora non vi erano neppure i banchi; li hanno

trasportati in nostra presenza. Erano sporchi ed ho dovuto farli pulire dagli stessi

ragazzi. Il numero dei banchi che ho potuto avere è assolutamente insufficiente a

coprire il fabbisogno. Per tavolo ne ho avuto uno vecchio tutto imbrattato di calce e

senza tiretto. E’ un vecchio tavolo formato da due tavolini uniti fra loro da due sbarre

di legno inchiodate, roba proprio da museo. La lavagna è rotta ed è mancante di un

terzo della sua superficie. Non vi è un armadietto per mettere i quaderni degli alunni,

libri ed altro materiale indispensabile in una classe. Gli alunni, pur tenendoli seduti tre

e quattro per ogni banco da due posti, sono costretti, a turno, a rimanere in piedi.

Speriamo che presto sarà possibile avere il nuovo materiale scolastico altrimenti tutti

questi bei locali ci serviranno a ben poco quando manca l’indispensabile per poter far

lezione regolarmente.

10 novembre. In queste condizioni è umanamente impossibile far lezione. Ho 68 alunni

con una disponibilità di posti sufficiente appena per la metà. Per mantenere la

disciplina in simili condizioni c’è da lavorare tanto da restare sfinito al termine della

giornata scolastica. Di questo passo non si potrà andare avanti a lungo. Spero che il

Direttore voglia togliermi un po’ di alunni e voglia provvedere di altri banchi la mia

aula.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe IV maschile, insegnante Vito Strusi)

5 novembre1936. Primo giorno di scuola al nuovo edificio. Le bimbe abituate a vivere

in ambienti ristretti e privi di ogni comodità, ora son felici di vedere tante bellezze.

Sembra loro di entrare nel palazzo delle fate e tutto osservano e di tutto si

meravigliano. Il loro pensiero va al Duce e di cuore gli inviano un pensiero di

ringraziamento dell’immenso beneficio loro concesso.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe III femminile, insegnante Fernanda Di Comite)

5 novembre 1936. Primo giorno di lezione. Si sono presentati 54 alunni, solo 3 non

conosco ancora. L’aula assegnatami è bellissima, grande, arieggiata, esposta a levante.

I banchi sono insufficienti per contenere il numero degli iscritti; non c’è cattedra, né

sedia, né lavagna, molti ragazzi sono seduti per terra.

I bimbi sono contenti di trovarsi in un’aula così bella e ridente. Ho fatto mille

raccomandazioni affinché non insudicino d’inchiostro i banchi, le pareti e il pavimento,

ho raccomandato di venire ordinati e provvisti del grembiule nero, colletto bianco e

coccardina tricolore.

(ASA, anno scolastico 1936-37, classe III maschile, insegnante Angela Caroli Micoli)

19 ottobre 1937. Continuano gli alunni ad iscriversi in numero rilevantissimo e

nell’aula mancano i banchi tanto che molti alunni siedono per terra. Ho fatto presente

questo stato di cose non certo ideale al direttore e mi ha risposto che, purtroppo, non

può far proprio nulla. Il materiale didattico viene fornito dal Municipio e ogni abitante

della città bimare conosce per prova quanto siano solleciti e preveggenti gli

amministratori della cosa pubblica. Il giornale di classe che viene fornito nei primi

giorni dell’anno scolastico ad ogni insegnante della vasta terra, in questa vetusta città

marinara giunge sempre quando non serve quasi più.

27 ottobre 1937. Il numero degli iscritti ha superato gli ottanta e per mantenere la

disciplina occorrono polmoni di ferro e volontà di stratega provetto. Per fortuna mia

trascuro i mezzi termini e riesco sempre a domare le situazioni spesso allegramente.

Circa una trentina sono coloro che siedono per terra. A questa turba infinita ho parlato

della Marcia su Roma che si commemorerà domani. Mi è riuscito facilissimo

paragonare le condizioni dell’Italia del dopoguerra al trambusto della mia aula quando

io non ci sono e la ferrea disciplina stabilita dal fascismo all’ordine che vi regna

quando sono in mezzo ai ragazzi.

(ASA, anno scolastico 1937-38, classe III maschile, insegnante Francesco Cera)

17 dicembre 1938. Finalmente sono arrivati banchi. E’ stata una vera festa! Ora ognuno

ha il suo posto e niente più da avvicendare nelle ore di lezione. Come sono felici i

piccoli!

(ASA, anno scolastico 1938-39, classe I mista, insegnante Lina Pavone Tomasicchio)

27 ottobre. Mi è stato dato il secondo turno ma sarà per poco. Si è fatta la commissione

per molti banchi che saranno mandati all’edificio 28 Ottobre. I vecchi banchi saranno

divisi fra la sezione Acanfora e le scuole Virgilio.

(ASA, anno scolastico 1938-39, classe I maschile, insegnante Anita D’Amelio)

La scuola Mastronuzzi

Quest’anno si è iniziato per noi giocondamente, perché siamo entrati nel nuovo

bell’edificio che sorge in via Porto, dinanzi alla ridente rada di Mar Grande sempre

popolata di navi, velieri ed ogni genere d’imbarcazioni. Le aule, ampie ed ariose, non

tutte guardano al mare, molte rimangono interne e si affacciano nella palestra,

quest’ultime sono un po’ oscure e fredde, ma non certo disagiate come quelle che senza

rimpianto abbiamo lasciato a Palazzo Galeota.

(ASC, anno scolastico 1937-38, classe IV femminile, relazione finale dell’insegnante

Maria De Sinno)

Mi è stata assegnata un’aula bellissima, al primo piano con due ampie finestre da dove

si ammirava il bel mare col suo porto che richiamava molto spesso l’attenzione, piena

di fervida ammirazione dei miei ragazzi che, figli di questa magnifica città bimare,

sentono innato e inestinguibile il loro amore per il mare.

Era visibile la statua di San Cataldo che, costruita per il volere delle autorità locali e

della popolazione devota, sorge maestosa a proteggere il mare, e quel mare, che per

primo vide il gran Santo al suo primo ingresso in questa città di cui doveva divenire il

Patrono, ora vive la sua vita intensa sotto la Sua alta protezione.

(ASC, anno scolastico 1937-38, classe V mista, relazione finale dell’insegnante Celeste

Traversa).

Quest’anno abbiamo avuto il nuovo edificio con l’aula bella e luminosa, aerata e linda,

ma la suppellettile è rimasta la stessa dello scorso anno: vecchia, decrepita,

insufficiente; risultato: 37 alunni di III stipati in venti banchi con quindici calamai e

piccoli e stretti cassetti per riporvi le cartelle, che spesso e volentieri sono andate a

finire fra i piedi dei loro proprietari. Ciò non ostante i miei poveri ragazzi hanno fatto

miracoli di buona volontà per realizzare una scrittura linda e ordinata sui loro

quadernini. Parecchie volte hanno litigato per avere un pochino di spazio per il loro

braccino occupato a scrivere; qualche volta il malcapitato della punta è andato

violentemente a sedersi per terra dietro una impercettibile spinta ricevuta

dall’impaziente compagno del centro.

(ASC, anno scolastico 1937-38, classe III mista, relazione finale dell’insegnante Paola

De Caro)

L'aula da me occupata è stata la stessa dell'anno scorso, piena di luce e di aria, con tre

belle finestre che guardano il Mare Grande. I banchi sono stati insufficienti, per cui gli

alunni sono stati costretti a sedere in quattro, con evidente disagio fisico.

(ASC, anno scolastico 1938-39, classe III maschile, insegnante Gilda Cardellicchio)

La scuola Giusti

Non si cominciò a far lezione se non ai primi di novembre a causa della ritardata

inaugurazione dell’edificio. L’aula assegnatami dalla Direttrice è molto bella,

illuminata da 5 spaziose finestre e capace di una scolaresca anche molto numerosa. Non

posso ugualmente esprimere parere favorevole per gli arredi i quali sono assolutamente

insufficienti ed inadatti. Parlo soltanto di banchi perché di altro non esiste proprio

nulla.

Con mezzi personali ho cercato di dotare l’aula di alcuni quadri, di alcune piante ed

anche di uno stiglio per tenervi i quaderni e gli elaborati degli alunni.

La R. Direttrice non potè che compiacersi di tutto ciò in occasione della visita didattica.

(ASG, anno scolastico 1936-37, classe V maschile, relazione finale dell’insegnante

Antonio Priore)

Ho occupato la stessa aula degli anni scorsi: un ambiente ben arieggiato ed illuminato

da tre ampie finestre, con una quantità di banchi sufficienti ad accogliere con comodità

il numero degli alunni.

(ASG, anno scolastico 1938-39, classe III maschile, relazione finale dell’insegnante Tina

Delfini)