La Riscoperta Della Vita (Versione Corretta)

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LA RISCOPERTA DELLA VITA Un racconto di DANIELE FEDELE Trama: Anno 2023. Su un’isola lontano dall’ormai defunta Italia, l’anziano Gaetano Fedele è riuscito a fuggire dalla critica società italiana e da un duro passato per a godersi la vecchiaia; una telefonata lo informa che suo figlio, Daniele, scappato di casa dieci anni prima, è stato ritrovato in un ospizio per anziani nel quale, in cambio di aiuti agli anziani residenti, ha un tetto sulla testa. Ripreso i contatti con quest’ultimo e portatolo nella sua isola, il genitore è pronto a dargli un futuro, essendo ormai lontani i dolori e le sofferenze subite nella penisola italica. Ma Daniele ha un carattere difficile: rimasto un po’ ragazzino e dallo spirito triste, guarda con malinconia al mare che bagna le calde spiagge dell’isola, irrequieto, confuso, desideroso quasi di scappare ancora dal destino; sarà l’incontro con una vecchia fiamma a cambiare alcune cose. Una storia di rivalsa sui drammi del destino, una critica ma al contempo un’esaltazione di quel meraviglioso dono che è la vita. 1

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Anno 2023.Su un’isola lontano dall’ormai defunta Italia, l’anziano Gaetano Fedele è riuscito a fuggire dalla critica società italiana e da un duro passato per a godersi la vecchiaia; una telefonata lo informa che suo figlio, Daniele, scappato di casa dieci anni prima, è stato ritrovato in un ospizio per anziani nel quale, in cambio di aiuti agli anziani residenti, ha un tetto sulla testa. Ripreso i contatti con quest’ultimo e portatolo nella sua isola, il genitore è pronto a dargli un futuro, essendo ormai lontani i dolori e le sofferenze subite nella penisola italica. Ma Daniele ha un carattere difficile: rimasto un po’ ragazzino e dallo spirito triste, guarda con malinconia al mare che bagna le calde spiagge dell’isola, irrequieto, confuso, desideroso quasi di scappare ancora dal destino; sarà l’incontro con una vecchia fiamma a cambiare alcune cose.Una storia di rivalsa sui drammi del destino, una critica ma al contempo un’esaltazione di quel meraviglioso dono che è la vita.

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LA RISCOPERTA DELLA VITA

Un racconto di DANIELE FEDELE

Trama:

Anno 2023.

Su un’isola lontano dall’ormai defunta Italia, l’anziano Gaetano Fedele è riuscito a fuggire dalla critica società italiana e da un duro passato per a godersi la vecchiaia; una telefonata lo informa che suo figlio, Daniele, scappato di casa dieci anni prima, è stato ritrovato in un ospizio per anziani nel quale, in cambio di aiuti agli anziani residenti, ha un tetto sulla testa. Ripreso i contatti con quest’ultimo e portatolo nella sua isola, il genitore è pronto a dargli un futuro, essendo ormai lontani i dolori e le sofferenze subite nella penisola italica. Ma Daniele ha un carattere difficile: rimasto un po’ ragazzino e dallo spirito triste, guarda con malinconia al mare che bagna le calde spiagge dell’isola, irrequieto, confuso, desideroso quasi di scappare ancora dal destino; sarà l’incontro con una vecchia fiamma a cambiare alcune cose.

Una storia di rivalsa sui drammi del destino, una critica ma al contempo un’esaltazione di quel meraviglioso dono che è la vita.

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Corralejo, 2 giugno 2023

La sveglia suonò alle ore otto. E Gaetano Fedele sobbalzò nel sonno.

Un forte raggio di sole gli accecò lo sguardo, facendogli emettere un leggero urlo; coprendosi il viso con una mano, smorzò la sveglia.

Lentamente si alzò e aprì la finestra: un’altra splendida giornata calda e limpida risplendeva sulla mitica isola di Fuerteventura.

Sorridendo come ogni mattina a quella vista, si avviò in bagno; in silenzio fece una doccia e si asciugò con un grosso accappatoio d’oro con sopra inciso la bandiera dell’isola.

In procinto di prendere il phon per asciugarsi i capelli, si guardò nello specchio: ormai il suo viso era segnato dalle rughe, di capelli non ne aveva quasi più e il suo corpo raggrinzito e rinsecchito dal tempo non era più agile.

Non era mai stato un uomo “bellissimo”, con quel naso grosso come una patata, la bocca troppo piccola per la forma del viso e la fronte leggermente stempiata sin da giovane, eppure i suoi settantuno anni di vita li aveva vissuti: aveva trovato una donna in Italia che lo aveva sposato e gli aveva dato tre figli maschi e qualche soddisfazione tra lavoro e famiglia non era mancata; ora il tempo era passato, la moglie non era al suo fianco e i figli erano spariti, ne aveva perso notizie da anni.

Restò a guardarsi per diversi secondi prima di tornare alla realtà e accendere il phon.

Mezz’ora dopo era bell’ e vestito: t-shirt bianca con incisa sul petto la scritta “W FUERTEVENTURA”, pantaloncini blu e sandali di gomma neri.

L’abbigliamento ideale per quell’isola calda e semplice.

Si sedette sul letto per svegliare la dormigliona che aveva dormito accanto a sé e che neanche la sveglia e l’urlo dell’uomo avevano svegliato.

- Jasmine… sveglia!

E Jasmine finalmente aprì gli occhi.

Era una ragazza sui ventiquattro anni, di carnagione scura, alta, bella, dai capelli scuri e dal fisico mozzafiato, degno di una coniglietta PlayBoy.

Ed aveva anche un bel viso: occhi azzurri, naso alla francese e bocca grande. Perfetta.

Pian piano, la ragazza si alzò e diede un bacio sulle labbra dell’anziano uomo;

- Come hai dormito, Gaetano? – chiese ella con un bell’accento italiano (le lezioni linguistiche di Gaetano erano servite)

- Fin troppo bene – rispose sorridente egli – e immagino anche tu!

La ragazza sorrise. Era da circa un mese che la giovane era diventata l’amante dell’italiano. Non si vergognavano affatto a farsi vedere anche in giro, quando passeggiavano per strada o andavano a mangiare al ristorante; lì c’era un’apertura mentale che in Italia non è mai esistita.

Finché c’è l’amore o per lo meno l’affetto e la fiducia reciproca nessun problema.

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E i due andavano a letto senza problemi, fidandosi l’uno dell’altro.

- Andiamo a mare – chiese Gaetano- Ovvio: il tempo di lavarmi e andiamo!

Alle 9:30, finalmente, Gaetano e Jasmine uscirono di casa tenendosi per mano. L’uomo diede un’occhiata alla sua abitazione: una bella villetta con varie stanze, dai colori particolari (mura giallo oro e tetto rosso sabbia) e accogliente per più persone.

Tutto questo lusso ha ovviamente una storia alle spalle:

fino al 2015 Gaetano Fedele faceva una vita mediocre: semplice impiegato di un mediocre studio notarile di Scafati, provincia di Salerno, Campania, Italia;

aveva iniziato a lavorare dai diciannove anni, poco dopo il diploma, dato che la sua famiglia non poteva permettersi l’università (aveva sognato di studiare economia e commercio) e si era accontentato del primo lavoro trovato: impiegato notarile.

Con la sua furbizia e la sua scaltrezza, aveva svolto quell’attività per anni con precisione e una bravura unica, tanto da essersi creato una certa posizione e un certo rispetto di varie persone in città;

a ventisei anni aveva sposato una bella ragazza bionda, tale Anna Vitiello, ragazza di Torre Annunziata più giovane di soli tre anni, conosciuta durante gli anni delle scuole superiore e con la quale aveva vissuto una bella storia d’amore;

negli anni a venire, Anna gli aveva dato tre figli maschi: Vincenzo, il primo, Alessandro, il secondo e molto dopo Daniele.

Tutti e tre avevano avuto le possibilità che i genitori non avevano avuto: avere un benessere superiore e qualche aspirazione: Vincenzo aveva studiato all’università e si era laureato in Giurisprudenza, Alessandro, seppur non fosse un gran studioso, si impegnò molto nell’attività di Geometra e trovò lavoro e alla fine, tra alti e bassi e cambiando più volte ufficio, aveva trovato un posto fisso e si era sistemato e sposato con Giuseppina Palumbo, ragazza di Pompei e subito diventato padre della piccola Anna Fedele;

Daniele era un’altra cosa: nato diversi anni dopo i primi due, era stato il piccolo della famiglia, coccolato e protetto dalle insidie del mondo, forse di più rispetto ai due fratelli maggiori; rispetto ai due, egli aveva un carattere introverso e timido, sviluppato soprattutto negli anni dell’adolescenza; difatti aveva pochissimi amici e ciò aveva portato i genitori a preoccuparsi di tanto in tanto, ma comunque lo avevano sempre cresciuto con profondo amore.

Nel 2013, quando aveva vent’anni, Daniele frequentava l’università: era riuscito ad entrare in una facoltà che studiava Arti Visive, Musica e Spettacolo: voleva diventare regista cinematografico, il suo sogno sin da bambino.

Nonostante avesse dato i primi esami con ottimi voti, il suo carattere introverso non era cambiato di molto e nei primi mesi di quell’anno qualcosa era cambiato in lui: era più silenzioso del solito, non parlava quasi mai con i genitori e se ne stava troppo per conto suo, chiuso in camera davanti al computer

Aveva allontanato pure quei pochi amici che aveva e solo allora i genitori, nonostante non gli facessero mancare mai nulla, avevano pensato di prendere serie decisioni: magari convocare uno psicologo, ma Daniele si infuriò subito e affermò che “mai e poi mai si sarebbe fatto analizzare da un cialtrone succhia soldi che risponde alla qualifica di psicologo”.

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Vincenzo e Alessandro ormai non abitavano più con i genitori: il primo di anni trentacinque aveva messo su una casa/studio, con l’aiuto del padre e si era sposato e pian piano, con diverse difficoltà, svolgeva la sua attività di avvocato; Alessandro andava avanti come geometra e la piccola Anna aveva già tre anni, la gioia per gli occhi del giovane Daniele, una delle poche vere cose che amava di più nella sua vita.

Erano rimasti solo Gaetano, Anna e il giovane Daniele.

Senza sapere cosa fare, confusi, i genitori poterono solo stare zitti e andare avanti e far sviluppare qualcosa: in figlio non si apriva con loro e loro stessi, che avevano tentato diversi approcci poi falliti, erano ormai allo sbando: il loro “piccolo” si stava sfasciando.

La mattina del 25 aprile l’anziana Anna non lo aveva più trovato nel letto: era scappato di casa, lasciando una lettera di perdono, nella quale mandava un forte abbraccio a tutti e soprattutto alla piccola Anna.

Non erano bastati le richieste di aiuto alla polizia, ai carabinieri e ad altre forze dell’ordine e soprattutto le lacrime di tristezza versate: Daniele Fedele era sparito.

Quella stessa Vigilia di Natale la famiglia tutta riunita come sempre per quella festività, festeggiò in silenzio, distrutta dal dolore. Il mattino dopo Gaetano si ritrovò solo nel vecchio letto matrimoniale: anche sua moglie era andata via, non sopportando il dolore, senza lasciare niente però.

Fu l’inizio della fine.

Gaetano cadde in depressione, tentò il suicidio più volte nei mesi del 2014, gli aiuti dei figli riuscirono a sostenerlo lievemente e mese dopo mese, l’ormai anziano uomo trovò la volontà per andare avanti.

Aveva sessantatré anni e mancava poco alla pensione: doveva resistere ancora un po’, poi si sarebbe riposato e avrebbe fuggito tutto il dolore. Se ne avesse avuto ancora la forza.

Arrivò il 2015: nei primi giorni di Gennaio, senza sapere perché, decise di giocare al Lotto, con ovvio scetticismo, ma volle tentare: non aveva mai giocato a certi “giochi” nella sua vita.

Non riusciva a credere che fosse vero quando la vincita milionaria arrivò: una vincita di quasi trenta milioni di euro. Scoppiò a piangere come un bambino, bagnando il suo viso di lacrime di speranza.

Senza pensarci due volte agì d’istinto: si licenziò finalmente dall’odiato ufficio nel quale aveva sgobbato per anni e fatto i servigi di certa gentaccia e certi colleghi loschi e decise di espatriare finalmente da quel paese morto che era l’Italia. Navigando per Internet, colmò una sua lacuna: scoprì le Canale e in particolare l’Isola di Fuerteventura, il quale sistema economico e sociale era completamente diverso.

Con un colpo di fortuna, prese contatto con un italiano che abitava lì da vent’anni, tale Massimo Sacco, poco più giovane di lui e si fece aiutare: prenotò il primo biglietto per la città di Corralejo, la metà più bella, a detta di Max, dell’isola e grazie a lui trovò una bella villetta al prezzo giusto.

Ormai ricco e senza più problemi, la fece riverniciare con colori particolari e ne fu fiero: quei colori erano sì fuori da certi schemi, ma erano simbolo di positività: voleva far sapere al mondo che era rinato e che si sarebbe goduto in tutto e per tutto il resto della sua vita.

L’amicizia con Max si rafforzò e grazie a lui conobbe diverse persone umili, lontani anni luce dai rozzi e arretrati italiani. Nonostante fosse miliardario e lì la vita costasse molto meno che in Italia, Gaetano non si diede mai delle arie da riccone con i suoi amici: l’unico suo desiderio era vivere in pace e armonia.

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L’unico rimpianto che aveva era di aver lasciato i figli in Italia; ma comunque non era grave, per lui: un po’ di soldi della vincita li avevano avuti entrambi e d’altro canto avevano tutti e due la loro vita: e lui doveva pensare a lui.

E lo aveva fatto.

Dunque quella mattina del 2 giugno 2023, mentre nella penisola italica era il giorno della Repubblica, lui andava al mare con la sua giovane amante, Jasmine, che lo aveva fatto ringiovanire di dieci anni.

Era felice come un bambino.

Arrivato in spiaggia, si tolse la t-shirt e si stese sulla pulita e calda sabbia: il sole iniziò a scaldargli il corpo, mentre Jasmine si tuffava in mare.

Mentre si godeva il caldo della giornata e il suono dei passi della gente e dei bambini che giocavano, un altro suono colpì le sue orecchie: un suono proveniente dalla tasca del pantaloncino: il suo cellulare.

Lo tirò fuori e rispose disturbato:

- Pronto?- Gaetà… sono Anna!

Gaetano rimase a bocca aperta e occhi spalancati per trenta secondi: tutto era sparito, non c’era più la spiaggia, il mare, la gente, i bambini… c’era solo un limbo nero con lui e il suo cellulare dal quale sentiva la voce della moglie;

- Gaetà?- … Annamarì… sei tu? – chiese tremante l’anziano- Sì, Gaetà, sono io!

Il cuore iniziò a battergli forte: non la vedeva né sentiva da dieci anni.

- Come stai? – chiese sconvolto l’uomo – Dove stai? Stai bene?- Sì, Gaetà, sì… sto bene… tu dove stai?- Sto… non sto in Italia, sono fuori… ma tu dove stai?- Gaetà… - e iniziò a piangere – sto con Daniele!

Gaetano si sentì svenire: dovette ristendersi per il colpo.

- Che… che hai detto?- Sono con Daniele: l’ho ritrovato!

*****

Casalborino (CH), Italia, 10 giugno, ore 7:30

- Hai visto? La fortuna è arrivata anche a te… e te lo meriti.

Così Daniele Fedele fu accolto dall’anziana Pina Cariello, di anni settantanove, entrata nella sua modesta cameretta per dirgli due parole prima che il giovane partisse per sempre.

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- Te ne andrai finalmente da questo posto schifoso, ti farai una vita, avrai una famiglia… - continuava la signora mentre Daniele finiva di preparare la valigia con abiti e altro.

- Chissà se me lo merito – rispose egli con voce flebile- Perché dici così? – chiese colpita la donna – Certo che te lo meriti, sei un bravissimo ragazzo e ci

hai servito anche per troppo: sei ancora giovane e meriti di vivere.

Cinque minuti dopo l’uscita di scena di ella, entrò l’anziano Novello Novelli, di anni ottantatré;

- Tu ci sei stato anche troppo nella miseria; non dar retta a chi dice che la ricchezza fa male, solo a qualche imbecille gli è andata attraverso per la gola, ma la ricchezza non fa mai male: approfittane! Potrai avere tutto quello che vuoi: una macchina… una donna… nera, bianca, mora, bionda, rossa, vestita, nuda… come ti pare – e qui Daniele arrossì timidamente, come un bambino – Oi, che hai fatto il viso rosso? – chiese ridendo l’anziano – Guarda che prima o poi ti ci vorrà una donna, eh!

A quei due anziani Daniele si era legato molto: si era aperto molto con loro e aveva ascoltato con piacere la storia delle loro vite: erano diventati i loro secondi nonni, i nonni che non aveva mai conosciuto.

- Non so se voglio avere la ricchezza – disse Daniele – Qui ho vissuto in miseria, ma sono stato felice: mi sono reso utile, ho aiutato tutti voi, sempre, anche di notte, lo sai bene: anche di notte io c’ero, vi ho lavati, vi ho puliti, vi ho curati… vi ho seppelliti – alludendo al cimitero nel giardino posteriore dell’ospizio nel quale vivevano che aveva scavato egli stesso, con le sue forze – Qui mi sono sentito a casa, ho trovato una nuova famiglia, una casa… nel bene e nel male sono stato bene: perché dovrei cambiare vita?

- Tu hai un padre che ti vuole bene e un futuro che ti aspetta: perché sprecare ancora tempo qui? Hai trent’anni, sei ancora giovane, non meriti di morire qui, non è giusto.

- Non so se voglio rivedere mio padre… non so cosa penserebbe di me, come mi accoglierebbe – e i suoi occhi si inumidirono lentamente; Novello gli appoggiò un braccio sulla spalla;

- Ti accoglierà come ha fatto tua madre: come un figlio che ama.

Un attimo di silenzio… e il giovane abbracciò l’anziano, piangendo.

*****

Alle 9:00 un elicottero atterrò nel grande giardino dell’ospizio “Piccola Italia”, la nuova casa di Daniele Fedele e ne uscì un uomo anziano e ben vestito di uno smoking scuro. Un signore corto, grasso e pelato, di vent’anni più giovane e meno “brutto”, tale Vittorio Cavilli, venne ad accoglierlo stringendogli la mano:

- Benvenuto, signor Fedele; prego venga.

E si avviarono verso l’edificio, le quali mura grigie consumate cadevano a pezzi dal marciume.

Si sedettero nel piccolo modesto ufficio del dottor Cavilli, direttore del sosto, composto da una scrivania in legno consumata, un computer vecchio di anni, una libreria impolverata e una piccola finestrella mezza rotta.

In silenzio, bevvero del caffè, prima che il direttore prendesse parola:

- Voglio ancora scusarmi per questa situazione; personalmente ne sapevo ben poco al riguardo; quando ho preso il posto del vecchio direttore, che a questo punto merita la fine che ha fatto… io come potevo immaginare che si trattasse di suo figlio?

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- L’importante ora è che Daniele venga via con me – rispose Gaetano, serio e diretto, mentre tirava fuori dalla tasca interna della giacca una busta contenente soldi: cinquantamila euro – Questo è per lei e per il suo silenzio.

Senza ribattere, Vittorio prese la busta e la infilò un un cassetto della scrivania.

- Mi porti da lui – concluse Gaetano- Certo, subito.

*****

Anna Vitiello, madre di Daniele, entrò nella sua cameretta e sorrise al figlio: quel sorrisino sul suo viso invecchiato e segnato dal dolore sembrava un leggero miraggio di speranza per la donna, agli occhi del figlio.

Era vestita di una semplice maglia blu, una gonna nera e un paio di scarpe rosse consumate.

- Sei pronto? – gli chiese- Penso di sì – rispose il figlio ricambiando il sorriso

Da quando la madre si era ritrovata in quell’ospizio in cerca di un tetto sulla testa il giovane era rinato: le era stato molto accanto, le aveva parlato, si era scusato, si era aperta con lei come non aveva mai fatto ed ella l’aveva perdonato.

Non smetteva mai di bearsi dell’anziana madre: era suo obbligo farsi perdonare per le sofferenze datale e ci stava riuscendo.

- Va bene, vado a chiudere la valigia – ed uscì dalla stanza, trovandosi di faccia suo marito e il dottor Cavilli; si guardarono in silenzio per diversi secondi, sorpresi e sorridenti: in quei pochi giorni si erano parlati molto, avevano parlato del figlio ritrovato e di tante altre cose che non si erano detti per anni.

In silenzio, si abbracciarono e rimasero così, immobili, per non poco. Quando si staccarono, la moglie indicò con un cenno del capo la stanza del figlio.

Tremante, col cuore che batteva forte, entrò nella stanza seguito da moglie e direttore.

Una volta dentro quest’ultimo chiuse la porta e si rivolse al giovane seduto di spalle, con la faccia rivolta al muro, muto, in attesa.

- C’è tuo padre!

Il giovane scattò in piedi e si voltò.

Gaetano lo riconobbe subito: aveva i capelli scuri e corti, leggermente stempiato sulla fronte, come lui, aveva la sua stessa bocca piccola e il naso a patata. Era medio alto ed era piuttosto magro.

Era vestito con una semplice camicia bianca, un jeans nero e un paio di stivali “da lavoro” sporchi e consumati dalla terra e dal tempo.

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Daniele guardò fisso il padre, emozionato, senza sapere cosa fare; lievemente gli sorrise.

Un sorriso triste.

Gaetano spalancò gli occhi, commosso.

- Lasciateci soli! – disse ai due intrusi, i quali, senza ribattere, uscirono dalla stanza chiudendosi alle spalle la porta.

Una volta soli, Gaetano allargò le braccia dinanzi al figlio, non per un atto violento, ma affettivo.

- Fatti vedere.

Lentamente, Daniele gli si avvicinò e si fece mettere le braccia sulle sue spalle.

Il padre lo esaminò ben bene.

- Girati.

E si girò di spalle, per poi rivoltarsi a guardarlo in faccia.

Rimasero in silenzio, a parlarsi con lo sguardo. Gli occhi tristi e umidi di Daniele chiedevano perdono e amore. Gaetano ricambiò: lo abbracciò e pianse con lui in silenzio.

Quando si fu calmato, si staccò da lui.

- Ora andiamo.

Così Daniele si infilò una consunta giacchetta grigia e uscì dalla stanza insieme al padre ritrovato.

Due minuti dopo padre, madre e figlio erano sull’elicottero che si alzava dal suolo, mentre tutti gli anziani del luogo erano in giardino ad applaudire e a cantare O’ Sole Mio, per Daniele.

Sorridendo tristemente, il ragazzo li salutò dal finestrino del mezzo in volo.

*****

Come avesse fatto Anna Vitiello a ritrovarsi proprio in quello ospizio e come tutto d’un colpo avesse ritrovato suo figlio era un mistero per Gaetano.

Fortuna? Caso? Destino?

In quel momento non gli importava: ciò che contava era che aveva ritrovato la sua famiglia.

E neanche a Daniele e alla madre importava di come egli avesse trovato quell’elicottero: erano felici di essersi ritrovati.

- Allora… - esordì Gaetano con garbo verso il figlio – che hai fatto in tutti questi anni?- Ho viaggiato – rispose con un filo di voce Daniele, una voce decisa e candida- Dove sei stato?- Un po’ in tutta Italia…

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E iniziò il suo racconto:

- La notte che scappai di casa presi un treno per Firenze e andai dai coniugi Torretta: te li ricordi?- Sì, Mario e Vittoria Torretta i proprietari di un albergo.- L’Hotel Torretta, appunto; ci andavamo spesso durante le feste di Pasqua quando io ero bambino- Era un bell’albergo – disse Anna- E poi? . chiese Gaetano- Arrivai al loro albergo e spiegai tutto a Mario; ovviamente la prese male e mi spiegò che rischiava

grosso se ospitava un “fuggitivo” in albergo, ma volle aiutarmi comunque: mi ospitò per qualche giorno a casa sua e mi diede qualche soldo, a me non era rimasto quasi nulla, ero scappato così, con i primi soldi che avevo preso in casa.

Attimo di silenzio. Padre e figlio si osservarono a lungo, studiandosi ancora con gli sguardi.

- Poi? – chiese il padre- Poi ringraziai Mario e Vittoria e andai via; mi misi in contatto con un amico di Como che avevo

conosciuto anni prima, non ti dico però chi è, sono cose personali.- Come vuoi – rispose deciso il padre- Grazie; comunque… gli spiegai tutto e decise di ospitarmi; viveva da solo, si manteneva con un

misero stipendio di postino, ma se la cavava ed ebbe un gran coraggio a stringersi la cinta anche per me: non smetterò mai di ringraziarlo.

Un altro silenzio. Il pilota guidava l’elicottero zitto come una mosca, probabilmente facendo finta di non sentire.

- Mi ospito per un mese; pensai che avrebbe potuto trovarmi un lavoretto, ma anche lui mi spiegò che non era affatto facile e già rischiava grosso ad ospitare un “fuggitivo”; diedi comunque una mano in casa, pulendo mobili, lavando i panni, cose così; poi decisi di andarmene e il mio amico mi regalò duecento euro, ne fui ben lieto e lo ringraziai. A quel punto mi trovai smarrito: non avevo più nessuno, tranne un vecchio amico delle scuole trasferitosi a Reggio Calabria, ma avevo perso i contatti con lui da tempo – e la voce si indurì - e a casa non ci tornavo, non volevo – poi la voce calò – e allora andai a Torino a piedi.

- A piedi? – chiese sbalordita la madre- Sì, A PIEDI; ci misi oltre un mese, camminando per stradine, campagna o su camion abusivamente;

ho rischiato grosso ma è stata un’esperienza tutto sommato divertente; non vi dico dove dormivo sennò vi viene un colpo – e qui sorrise un pochetto per poi tornare subito serio – arrivai a Torino e ci rimasi solo due giorni, in quei due giorni visitai la città, brutta, e dormì per strada.

I genitori lo guardarono sgomentati.

- Non fate quelle facce, ci sono tante persone oneste che dormono per strada, perché il Governo gli succhia tutto, anche l’aria; ne ho conosciuti non pochi in quei giorni: operai della Fiat, ex commercianti, impiegati; avevano formato una piccola comunità di una cinquantina di barboni in una zona periferica di Torino: dormivano nella spazzatura, appropriandosi le prime cose che trovavano in mezzo a quello schifo; e ci ho dormito anch’io.

- … e poi? – chiese ancora il padre scosso da quel racconto- E poi… ho ritrovato il mare.- Cosa?- Sai che mi è sempre piaciuto il mare no?- Certo- E dove andavamo sempre d’estate per le vacanze?

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Ora il padre capì tutto e sorrise; il figlio ricambiò il sorriso;

- A Casalbordino!- Esatto, sul Lido di Casalbordino, in Abruzzo; tra l’altro mamma aveva stretto amicizia con la

proprietaria e dunque ci conoscevano fin troppo bene; capitò tutto mentre viaggiavo su un treno merci, abusivamente, è ovvio;

- Ancora? Ma i soldi che ti avevano regalato?- Li ho regalati ai barboni di Torino.- Perché? – chiesero all’unisono i genitori- Perché ne avevano più bisogno di me; non potete immaginare cosa voglia dire vivere all’addiaccio

per mesi e mesi!

Ancora silenzio, stavolta breve;

- Mentre viaggiavo su un treno merci diretto ad Ancona mi ricordai dell’Hotel Calgary di Casalbordino e della proprietaria, la signora Marilisa; così scesi ad Ancona e arrivai a piedi a Casalbordino: ci misi quindici giorni. La prima cosa che feci appena arrivato fu di affacciarmi sul mare; ricordate che l’albergo si trova di fronte al mare no?

- Certo – rispose la madre- Dunque mi affacciai sul mare dal famoso “muretto” sul quale papà si sedeva sempre d’estate.

E qui Gaetano accennò un sorriso malinconico ai bei tempi andati.

- Scesi in spiaggia e mi sedetti sulla sabbia, ad ammirare il mare, era un po’ mosso, ma era sempre un bello spettacolo; ancora oggi credo che il Mare Adriatico sia il mare più bello d’Italia.

La sua voce ora era calma e candida, come quella di un bambino che descrive un sogno ad occhi aperti.

- Mi avvicino la signora Marilisa, non so cosa ci facesse lì, forse una passeggiata; mi vide conciato come un barbone e mi accolse nel suo ufficio per non farmi vedere dalle inservienti; mi offrì un caffè caldo e le spiegai tutto; lei provo compassione per me, ma anch’ella aveva il problema di Mario Torretta: non poteva ospitare un vagabondo, tra l’altro scappato di casa e probabilmente ricercato dalle forze dell’ordine; eppure fu grande lo stesso: ebbe immediatamente un’idea.

- Quale? – chiesero curiosi Anna e Gaetano- Conosceva un tale Francesco Cavilli, direttore dell’ospizio “Piccola Italia”, gli parlò a lungo e alla

fine Francesco accettò; devo molto anche a lui: ha rischiato grosso per tenermi clandestinamente lì dentro; lo ricambiai assistendo gli anziani: li assistevo, li pulivo, li curavo, li seppellivo… - piccola pausa - fu la mia seconda famiglia. E non me ne sono più andato di lì: sono rimasto nascosto per dieci anni, sono sparito dal mondo.

Ora tutti e tre si guardavano negli occhi, commossi.

- Francesco morì dopo un anno dal mio arrivo e prese il posto quel cretino del figlio Vittorio.- Mi ha detto che non sapeva nulla della vicenda – disse Gaetano- Sapeva, sapeva, gliene avevo parlato, ma se n’è strafottuto e mi ha tenuto sfruttandomi, una mano in

più in quel posto di merda faceva comodo. E di questo lo ringrazio comunque. Poi è arrivata mamma. – e qui mise un braccio attorno alle spalle della madre, che gli sorrise.

Restarono muti per due minuti, a guardare l’Oceano Atlantico che l’elicottero stava sorvolando.

- E tu - chiese Gaetano, rivolgendosi alla moglie – che hai fatto in questi anni?- Sono andata da mia cugina Marilena a Houston, in America.

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- La tua cugina pizzaiola?- Sì

Padre e figlio sgranarono gli occhi, incuriositi.

- E com’è l’America? – chiese Daniele- Il mondo è paese. Ma mi ci sono trovata bene. Poi ho deciso di tornare in Italia e mi ricordai di

Marilisa; andai in Abruzzo, al suo albergo e lei mi ha raccontato tutto.

Ora tutti e tre si sorrisero. Fu Daniele a fare una domanda particolare:

- Ma in tutti questi anni non vi è venuto in mente di cercarmi in Abruzzo? Dopo tutto ci siamo andati tutte le estati.

I genitori si guardarono negli occhi, confusi: non sapevano che dire; esordì il padre:

- Abbiamo chiesto l’aiuto più volte a polizia, carabinieri e tant’altro; l’angoscia in noi cresceva così tanto che dimenticammo tutto, anche gli affetti cari o i bei posti visitati: volevamo solo ritrovarti

- Ma perché sottovalutare un posto che conoscevate da tempo?- Cosa possiamo dirti? – concluse il padre, imbarazzato – Distrazione.- Distrazione? Perdete vostro figlio e vi distraete? – chiese Daniele arrabbiato – Come si fa a distrarsi

per dieci anni?- E come si fa a scappare di casa da un giorno all’altro? – ricambiò deciso e duro Gaetano – Ma ti

abbiamo mai fatto mancare qualcosa? Non ci siamo sacrificati sempre per il bene dei figli? Che diritto avevi di farci soffrire così?

- La verità? Mi sentivo soffocare, da quel paese di merda che è l’Italia e dalla società; vedevo intorno a me una società corrotta e meschina, arretrata e decadente; mi sentivo imprigionato in un guscio che non ero io, avevo dentro qualcosa che doveva uscire fuori: dovevo scoprire me stesso.

- E l’hai fatto? Sei fiero di averlo fatto? Di aver abbandonato la famiglia, l’università, i tuoi sogni? Non sognavi di fare cinema? Perché hai mollato?

- Perché avevo paura. Paura per il mio futuro. Paura della società. Paura di me. A volte per fare la cosa giusta bisogna rinunciare a ciò che teniamo, perfino ai nostri sogni, Se non l’avessi fatto non sarei cresciuto.

- Perché ora sei cresciuto? Sei stato nascosto per anni come un bambino, rifiutando di vivere: dimmi, sei cresciuto?

E qui Daniele si zittì e si mise a guardare fuori dal finestrino il suo amato mare.

*****

Una volta arrivato a Corralejo, Daniele e la madre non credevano ai loro occhi: non credevano che esistesse un’isola così bella come quella. Faceva caldo tutto l’anno, c’era un bel mare, una gioia per gli occhi di Daniele, la vita costava meno che nella defunta Italia e nel bene e nel male si poteva sopravvivere.

Madre e figlio soprattutto rimasero di stucco alla visione della villetta di Gaetano: una casa bella, spaziosa e dai colori sgargianti. Daniele subito capì che ci si sarebbe trovato bene: dopo dieci anni di vita in una modesta stanzetta di un modestissimo cronicario quella nuova casa per lui era un paradiso,

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La sera del 12 giugno, vestiti in semplici vestiti estivi, i tre organizzarono una festicciola in onore della riunione avvenuta; Daniele ebbe modo di conoscere il grande Max Sacco e i vari amici del padre, sia italiani che spagnoli; e qualcuno anche inglese.

Sembravano tutte persone simpatiche e allegre, persone che sembravano avere una bella vita, che sembravano vivere bene in quell’isola.

Quella sera al giovane tornò il sorriso. Anche se un po’ triste.

Durante la festa, nella villetta Fedele, Gaetano chiamò in disparte il figlio e gli disse:

- Ti annoi, vero?- No dai, sono simpatici.- Dai che ti annoio – insistette divertito il padre – Vai di sopra, c’è una sorpresa per te.

Confuso e curioso, Daniele si accomiatò dagli ospiti con una scusa e salì sopra, nella sua nuova stanza.

Aprì la porta e trovò distesa sul letto una bellissima ragazza di colore: Jasmine, l’ex amante del padre.

Hai capito che bel regalo!

Daniele restò a bocca aperta; Jasmine lo guardò sorridendo maliziosamente:

- Benvenuto a Fuerteventura!

E presolo per le mani, lo portò sul letto e iniziò a spogliarlo; egli era ancora confuso e iniziò a preoccuparsi seriamente; nel momento in qui Jasmine gli stava sfilando le mutande, lui la trascinò a sé con la forza delle braccia e le sussurrò, imbarazzato come un adolescente alle prime armi:

- Non l’ho mai fatto!

Ora mi ride in faccia e mi manda a fanculo!

Invece Jasmine gli sorrise dolcemente:

- Nessun problema: c’è sempre una prima volta.

Che apertura mentale questa gente. Altro che gli italiani.

E così Daniele e Jasmine fecero l’amore.

Fu un grande gesto. Jasmine guidava il dilettante giovane nella pratica ed egli la seguiva pian piano per poi lasciarsi andare. Si beò di lei mentre le succhiava i capezzoli, le baciava il collo e le massaggiava delicatamente la schiena fin giù al sedere, mentre lei gli accarezzava la testa e gli baciava il collo.

Ovviamente la madre non seppe nulla di tutto ciò. O fece finta di non saperlo.

La stessa notte, verso le tre, mentre tutti dormivano, Daniele si alzò dal letto e in silenzio si affacciò alla finestra: guardò le onde che bagnavano dolcemente la sabbia, in quella buia e calda notte d’estate.

Si infilò una t-shirt verde e un pantaloncino blu e afferrò un paio di sandali, uscendo scalzo e in punta di piedi per non svegliare Jasmine; una volta fuori dalla camera, se li infilò e uscì di casa, portandosi le chiavi.

Due minuti dopo era seduto sulla riva della spiaggia, a contemplare l’isola:

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era sul serio un posto fantastico, magari con i suoi problemi (“il mondo è paese” aveva detto sua madre ed era vero), ma era molto meglio di certi altri paesi del mondo: c’era pace, tranquillità… e c’era il mare.

Quanto amava il mare. Gli dava un senso di quietudine, di pace con se stesso e con il mondo; sarebbe rimasto per ore ad ascoltare lo scrosciare delle acque marine, si sarebbe perso in quelle acque meravigliose.

Magari si sarebbe anche imbarcato e avrebbe viaggiato per il mare, senza una meta; sarebbe stata una bella avventura.

Contemplando questa idea, stava per addormentarsi sulla sabbia, così si mise in piedi e lentamente tornò a casa.

*****

- Daniele, c’è tuo fratello a telefon...

Le urla di Anna Vitiello, piombata in camera di Daniele Fedele per svegliarlo… lo svegliarono in pieno, facendolo sobbalzare insieme alla nuda Jasmine stesa accanto a lui.

La madre era sulla soglia, con il telefono in mano, imbarazzata;

- Ah... ehm… scusate…- Chi è mamma? – chiese Daniele seccato mentre si infilava un pantaloncino e copriva Jasmine con il

lenzuolo- Tuo fratello Alessandro, vuole salutarti – e una volta portogli il telefono tolse in fretta il disturbo,

rossa in viso

Parlò alla cornetta, emozionato:

- Pronto?- Daniele, sei tu? – chiedeva una voce contenta dall’altro capo- Sì, sono io – rispose Daniele contento- Come stai?- Benissimo; tu come stai?- Non mi lamento; abbiamo saputo da poco che ti hanno ritrovato: siamo felicissimi; a breve

verremmo lì, io e Vincenzo, vogliamo sapere tutto.- Va bene.- Aspetta, qui c’è qualcuno che vuole salutarti.

Una voce di una bambina risuonò dalla cornetta;

- Zio Daniele!

A Daniele venne un colpo; gli occhi gli si inumidirono pian piano mentre rideva commosso;

- Annuccia: ciao.- Come stai?- Sto bene… benissimo, bella di zio; tu come stai?- Bene; dove sei stato tutto questo tempo?

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Il giovane si bloccò: come poteva dire la verità ad una bambina, la bambina che di più al mondo adorava e che non vedeva da dieci anni?

- Sono stato lontano, ma ora sono qui con i nonni e sto benissimo; quando vieni ti racconto tutto.- Promesso? – chiese eccitata la bambina- Promesso – rispose egli e due grosse lacrime gli scesero lungo le guance.- Va bene; ti ripasso papà.- No, aspé…

Avrebbe voluto sentire all’eterno quella voce all’infinito, ma la voce del fratello ripiombò nelle sue orecchie;

- Danié, ora devo salutarti; ci vediamo presto, ok?- Ok.- Stammi bene.- Ciao, salutami Enzo.- Ok, ciao.

Fine della conversazione.

Al giovane le lacrime scendevano copiose lungo il volto: lacrime di felicità.

Jasmine gli mise una mano su una spalla:

- Tutto bene?- Sì… sì, tutto bene. Andiamo a mare?

*****

In quei giorni la famigliola riunita andò molto spesso a mare a godersi il sole e il mare.

Gaetano ed Anna si riposavano sulla spiaggia, Daniele e Jasmine stavano sempre insieme, tra passeggiate sulla spiaggia e bagni al mare, tra pomiciate e atti erotici.

Ovviamente Gaetano nascose alla cara moglie che la giovane nera era stata per un po’ la sua amante, per rispetto e per amore della sua cara Anna.

I due erano più felici che mai: si erano ritrovati, a breve anche gli altri figli li avrebbero raggiunti e sarebbero stati tutti insieme, come un tempo. Inoltre vedevano di buon occhio la relazione tra Daniele e Jasmine: quella ragazza, per quanto bella, era anche di buon carattere e non dispiaceva affatto ai due che i giovani fossero una coppia unita.

In realtà Daniele si trovava bene con Jasmine: certo, amoreggiavano, facevano l’amore, stavano sempre insieme, ma entrambi sapevano bene di non essere innamorati veramente l’uno dell’altro: si erano conosciuti appena e avevano caratteri e modi di fare diversi.

Eppure stavano bene insieme, erano due buoni amici che si divertivano a “giocare all’amore” per semplice sfizio di godimento, anche sessuale.

In fondo non c’era nulla di male: finché erano attenti a non fare errori l’uno nei confronti dell’altro, tutto ok.

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E in quei pochi giorni le cose andarono bene.

Con tutti i soldi che avevano potevano permettersi di vivere di rendita per un bel po’, però Gaetano volle che Daniele trovasse comunque un’attività nell’isola, essendo ancora giovane e voglioso di mettersi in gioco, come aveva fatto per anni assistendo tanti anziani.

Con l’aiuto di Max Sacco che si occupava di pubbliche relazioni, trovò una tabaccheria chiusa in centro e l’acquistò per il figlio ad un prezzo ragionevole.

La tabaccheria in proposito era unica nel suo genere: era un centro di vendita di tabacco e di vari liquori. E non solo. Una sorta di minimarket.

Era un’attività semplice: il figlio doveva solo occuparsi di vendere i prodotti esposti.

Almeno secondo le parole del padre.

Grazie a Max Sacco, in pochissimo tempo imparò la differenza tra varie bibite alcoliche e il tabacco.

Agli inizi di Luglio iniziò a lavorare e grazie sempre alle “pubblicità” di Max riuscì a crearsi una piccola clientela.

I guadagni erano giornalieri e non erano grossi, ma per il costo della vita dell’isola andavano bene. E poi non era un problema: quella era più un’attività di hobby che un vero lavoro: i soldi non mancavano nella famiglia Fedele.

Fu così che pian piano Daniele Fedele iniziò a farsi conoscere nell’isola come “l’italiano ritrovato”, “l’italiano salvato dall’inferno”… insomma come un superstite della decrepita penisola italica.

Lavorava maggiormente di mattina, poi tra le due e le quattro e mezza si godeva il cibo locale, la spiaggia e il mare e poi tornava in tabaccheria fino alle sette e mezza, dopodiché tornava alla villetta Fedele e cenava con i familiari e Jasmine; Anna l’accoglieva in casa durante vari pranzi o cene.

E la sera uscivano tutti insieme: andavano solitamente a ballare in un locale chiamato “Corralejo Paradise”, a ballare musica latino-americana o salsa.

Daniele si era sorpreso di quante coppie, soprattutto anziane e straniere, bazzicassero quel posto.

Ovviamente non mancavano le coppie giovani.

Ballava tutte le sere con Jasmine, divertendosi come un adolescente, mentre i genitori restavano più spesso in disparte ad osservarli o più che altro per restare soli, tra di loro, a riscoprirsi dopo anni di distanza, come marito e moglie.

Anche in quel locale si fece conoscere come “l’italiano salvato dall’inferno” e fece amicizia con il dj e con diverse coppie straniere che invitò, se lo desideravano, a trovarlo in tabaccheria durante i giorni lavorativi.

Innumerevoli erano le cose che facevano insieme: andavano a ballare, mangiavano la pizza locale, facevano il bagno, si godevano il sole, ridevano, scherzavano, giravano la bella città.

Ora erano davvero una bella famiglia riunita e in pace, lontano dal tremendo passato.

Ma a Daniele mancava qualcosa.

*****

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La mattina del 14 luglio erano capitati pochi clienti in tabaccheria.

Così Daniele si era messo a navigare su internet tramite il portatile regalatogli dal padre giorni prima.

Si sentiva decisamente meglio: aveva messo su un filino di pancia, dopo gli stenti e i digiuni patiti in Italia e non se ne vergognava, si era fatto crescere un bel po’ i capelli, che ora ci azzeccavano con la conformazione del suo viso e si stava facendo crescere una sfiziosa barbetta.

Cose da uomini.

Eppure sentiva che gli mancava qualcosa. Navigando su internet gli era venuta nostalgia di una cosa, di una persona, una persona amica.

Una ragazza conosciuta ai tempi dell’università, prima che abbandonasse tutto e tutti.

Una ragazza della quale si era innamorato fin da subito senza esser ricambiato, ma con la quale però era nata comunque un’amicizia.

Si chiamava Giada Matrone. E aveva la sua stessa età. Se la ricordava bene: aveva i capelli lunghi e color biondo scuro, occhi verdi, guance un po’ gonfiotte, bocca piccola, naso a patata come il suo e un gran bel fisico.

Non era la ragazza più bella del mondo, però aveva il suo fascino, a suo parere e poi l’aveva amata più per il suo carattere: con lei si era aperto, aveva aperto il suo lato più nascosto, cosa che non gli era riuscita con i genitori; lei lo aveva ascoltato e consigliato, da buona amica e si era affezionata a lui: provava tenerezza nei suoi confronti, più di molti aveva visto il suo lato più buono e umano.

Anche lei era un carattere riservato e timido, certo, non come Daniele, ma anche lei aveva le sue problematiche che non staremo a scrivere qui per non allungare troppo il brodo.

Dopo la “fuga dal mondo” non l’aveva più sentita: non le aveva detto niente di ciò, l’aveva sentita un’ultima volta pochi giorni prima del fattaccio per dirle che l’amava; lei ovviamente ci era rimasta di stucco, ma l’aveva capito e gli aveva spiegato dolcemente che non poteva esserci nulla tra loro due e che gli avrebbe voluto bene come un amico.

Quella fu una delle cause che spinse Daniele alla fuga.

Navigando su internet quella mattina si era ritrovato su Facebook e sulla pagina di Giada Matrone; nella foto del profilo la vedeva cambiata, ma di poco: il viso era più maturo, segnato da un paio di rughette sulle guance, meno gonfie di dieci anni prima, i capelli erano sempre color biondo scuro, il naso uguale e gli occhi sempre di un verde splendente.

Era anche più bella per lui.

Sorridendo con malinconia, senza saperne il perché, decise di scriverle un messaggio:

Ciao Giada,

sono Daniele Fedele, ti ricordi di me?

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Andavamo all’università insieme, studiavamo Arti Visive, Musica e Spettacolo a Fisciano, ricordi? Scusa se mi faccio sentire solo ora, dopo tanti anni, probabilmente ti avrò mancato di rispetto e forse non vorrai neanche rispondermi, ma ti scrivo lo stesso.

In questi anni ne ho passate di tutte i colori, non puoi immaginare come abbia vissuto. Sempre che la mia sia stata una vita. Non basterebbero poche righe per spiegarti tutto, ecco perché mi piacerebbe molto che mi rispondessi, che riprendessimo i contatti; SE lo desideri, non ti sto obbligando a niente.

Per tutto questo tempo non sei mai sparita dai miei ricordi, ti ho pensato spesso, ho pensato alle nostre chiacchierate, alle nostre risate, a quel maledetto giorno nel quale ti dissi TI AMO e poi come un coniglio non mi sono fatto più sentire.

Mi pento ancora oggi del mio pessimo comportamento.

Concludo qui il messaggio perché c’è molto, troppo da dire; se non vorrai rispondermi non ti disturberò oltre e continuerò la mia vita di tutti i giorni.

Sempre che la mia sia una vita.

Ti mando un bacione.

Il tuo Daniele.

Rilesse il messaggio due volte e poi, eccitato, lo inviò. Poi spense il computer e, visto che non c’era clientela, chiuse la tabaccheria e andò al mare.

Quella notte non riusciva a dormire; aveva fatto l’amore con Jasmine e si era steso di lato per prendere sonno, ma senza successo; dopo aver girato nel buio della casa, essere andato in bagno più volte ed essersi girato e rigirato nel letto, decise di rinunciare;

alle cinque del mattino volle ricollegarsi ad internet e accese il portatile; aprì Facebook e iniziò a temere…

E c’era una risposta.

Ciao Daniele,

non mi aspettavo questo tuo messaggio, dopo tanto tempo credevo mi avessi dimenticato.

Che fine hai fatto?

Le frasi che hai scritto mi hanno fatto preoccupare, cosa ti è successo?

Sappi che non ho nulla contro di te e anch’io ti ho pensato spesso in questi anni, mi chiedevo che fine avessi fatto, soprattutto conoscendo il tuo carattere per certe cose che mi hai detto di te.

Mi farebbe molto piacere ristringere i rapporti come un tempo.

Rispondimi appena letto il messaggio.

Un bacione.

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Giada.

Daniele scoppiò a ridere; si sentì leggero come una piuma e soffocò l’emozione di emettere un urlo.

Senza pensarci, prese le chiavi di casa ed uscì nel buio.

Arrivò in spiaggia ed iniziò a correre sulla riva del mare, urlando di gioia come un ragazzino, felice come non mai.

Corse come un matto per circa dieci minuti per poi togliersi i sandali; ebbe un intuito: si bagnò il piede destro nell’acqua di mare: non era molto fredda.

Fu un lampo: si spogliò nudo e si tuffò in acqua. Si immerse a testa sotto ed urlò ancora di gioia anche nei fondali marini.

Un minuto dopo uscì dall’acqua, in tempo per godersi il sole che iniziava a sorgere.

Un magnifico spettacolo naturale.

Ora era felice. Molto felice.

*****

La mattina Daniele la passò tra la i clienti della tabaccheria e il computer.

Dopo aver servito un cliente, correva dietro alla cassa a scrivere su Facebook a Giada, la quale, fortunatamente, era online.

Accennò pochissimo di sé, voleva sapere più che altro di lei.

Lei gli parlò per sommi capi della sua vita: si era laureata e ora abitava in Umbria in subaffitto con due anziani, non trovava lavoro ed era in difficoltà economiche, dato che i genitori erano passati a miglior vita e gli avevano lasciato ben poco di qui vivere.

I soldi le stavano finendo e non poteva pagare in eterno la caparra, nonostante i due coniugi avevano un piccolo occhio di riguardo per la sua situazione.

Se la passava proprio male.

Era l’occasione che Daniele voleva.

Senza mezzi termini le raccontò della sua vita lì a Fuerteventura e la invitò a trasferirsi lì, visto che c’era posto nella villetta Fedele e che aveva un’attività lavorativa e i mezzi economici che potevano mantenerli.

Ovviamente Giada era da un lato molto tentata dall’altro spaventata, ma Daniele tentò in tutti i modi di tranquillizzarla, di darle fiducia, nonostante non si sentissero da molto tempo.

Giada si prese un po’ di tempo per pensarci e lo salutò.

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Certe occasioni non capitano sempre: pensaci bene.

Ti voglio bene.

^_^

Così aveva concluso Daniele prima di spegnere definitivamente il pc e di lavorare di buona lena, carico di energia.

La notte seguente, prima di coricarsi, ricevette una risposta:

Ok, voglio fidarmi di te: alla prima fregatura ti do un calcio in culo e tanti saluti.

XD

A Daniele venne voglia di tornare a correre sulla spiaggia… ma quella notte faceva freschetto.

Soppresse la felicità e si lasciò andare tra le braccia di Jasmine.

*****

Il mattino seguente contattò Max Sacco e gli spiegò la situazione:

- Una mia cara amica vuole venire qui, devi organizzare per lei il viaggio il prima possibile, indicarle un buon prezzo del biglietto aereo o quello che vuoi… il prima possibile!

- E perché dovrei farlo? – chiese divertito Max- Perché ti occupi di pubbliche relazioni e organizzi viaggi: consigliale tu!

Max scoppiò a ridere;

- Eh, furbetto, con un’italiana te la fai? Con tante belle donne che ci sono qui.- Max, per favore, è importantissimo per me!

Senza farselo ripetere, Max e Giada si misero in contatto e il tutto fu concordato.

Domenica 26 luglio Giada atterrò a Puerto de Rosario e Max si incaricò personalmente di andare a prenderla e di portarla a casa Fedele.

Daniele era eccitato; quella mattina stessa si era chiarito anche con Jasmine;

- Senti Jasmine, ci siamo divertiti insieme, sei una cara amica, ma io non ti amo e credo che tu lo sappia bene.

Ella lo aveva guardato per diversi secondi negli occhi, seria; poi gli aveva sorriso;

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- No problem, playboy; anch’io ti voglio bene come un amico e comunque mi sono divertita egualmente. Devo dunque sgomberare?

- Jasmine, una casa tu ce l’hai, qui vieni ogni tanto per scopare – le aveva risposto con ironia cattiva nella voce Daniele

- Ok, ok – aveva ricambiato ella divertita – lascio il letto libero a te e alla tua italiana.

E senza dire altro si erano abbracciati e poi dati l’ultimo bacio in bocca.

Ora il letto di Daniele era vuoto; egli vi era seduto sopra, in attesa impaziente, controllando l’orologio ogni minuto;

alle 11:20 un clacson risuonò all’esterno della casa; il giovane balzò dal letto e corse ad aprire la porta; sulla soglia comparve la sua Giada, con due valigie tra le braccia.

I due si scambiarono un profondo sguardo di sorpresa e felicità per dieci secondi; sorridendosi, si abbracciarono e si baciarono sulle guancie, Giada gli mise le braccia intorno al collo e nel fare quest’atto lasciò andare le valigie sui suoi piedi, ma del dolore Daniele se ne fregò altamente.

Max era alle loro spalle e rise malignamente;

- Ehi, neanche il tempo di arrivare e già ci date sotto?

I due giovani, imbarazzati e arrossiti, si limitarono a sorridere; Daniele prese le valigie di Giada e fece entrare entrambi.

Nel giro di mezz’ora Giada era stata sistemata in una delle stanza vacanti della villetta e aveva fatto un giro veloce della dimora e conosciuto finalmente i genitori di Daniele, presentandosi per quello che era in realtà, senza fronzoli.

Per festeggiare andarono a pranzare in una pizzeria gestita da un amico italiano di Gaetano; volarono diverse chiacchiere, sulla vita dell’isola, di ciò che restava dell’Italia, dei paragoni tra gli stili di vita dei due paesi e altro ancora.

Ovviamente i coniugi Fedele evitarono di raccontare le loro vicende dolorose e soprattutto la vicenda del loro figlio.

Dopo pranzo i due ragazzi fecero una passeggiata per la città: Giada rimase sorpresa dallo stile semplice e turistico ma al contempo magico del posto e non ebbe dubbi che quella sarebbe diventata la sua nuova casa.

Tra l’altro aveva anche visto l’attività lavorativa di Daniele e non vedeva problemi a fare quella vita semplice: per troppo tempo aveva sofferto la mancanza di lavoro e di guadagni.

Ormai l’Italia sembrava un brutto e lontano ricordo.

Verso le quattro e mezza del pomeriggio erano seduti su una panchina, al porto, a mangiare un gelato e a raccontarsi tante cose;

- Quando i miei morirono mi sentì perduta; per fortuna avevano dei vecchi amici a Perugia che furono ben lieti di ospitarmi in attesa di trovare un lavoro: mi sono laureata a ventisei anni, sono stata da loro quattro anni senza trovare nulla. Mi sono sentita in colpa più volte, loro mi hanno anche capito, ma era questione di tempo che qualcosa cambiasse e qualcosa è cambiato… grazie a te.

Aveva una voce dolce e tranquilla, anche gli argomenti più spinosi li esprimeva con razionalità e calma.

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- Ho fatto bene a fidarmi di te.

Daniele sorrise, rosso in volto; Giada ricambiò;

- Ti metto in imbarazzo?- No, no… è che sono un po’ confuso… è successo tutto così all’improvviso…- Vero; ma in effetti è andata bene alla fine; ora siamo qui e ci godiamo finalmente la vita.- La mia di vita non è stata tanto semplice – disse lui smettendo di sorridere- Ti capisco – ricambiò ella seria.

Egli le aveva raccontato tutta la vicenda, lasciandola basita, ma ancora una volta ella lo aveva capito e apprezzato per la sincerità.

Gli mise una mano sulle spalle; il cuore di Daniele iniziò a battere all’impazzata;

- E’ inutile rimuginare sul passato; il passato è passato, ora devi pensare a vivere.- Me lo dicono in molti- Forse perché è un dato di fatto.- Non so ancora come dovrò vivere la mia vita…- Un passo alla volta…- … e se merito di viverla

Ella si fece cupa in volto;

- Non dirlo neanche per scherzo; sei una vittima della decadenza dell’Italia, quello che hai fatto, che sia giusto o sbagliato, ormai è un brutto ricordo; sei una brava persona e meriti una seconda possibilità.

Si scambiarono un’occhiata; gli occhi di lui erano tristi.

- Giada… se tu sapessi ciò che ho visto io; ho visto poveracci dormire per terra, gente disperata, anziani abbandonati alla morte dai figli che volevano solo ricavarne soldi; li ho visti, sai, alcuni di questi elementi, mentre scavano le fosse dei loro cari defunti e mi piangeva il cuore. Ho dato me stesso sempre per gli altri, per me non sono stato in grado di fare nulla. Non mi piaccio, non mi piace il mio carattere, non mi piace il mio aspetto, non mi piaccio io… e ho sempre cercato di sfogare questo mio malessere essendo utile per i bisognosi… non sono una persona come tante…

E lentamente iniziò a piangere in silenzio, portando le mani al viso, coprendosi per la vergogna.

Le mani di Giada rimossero le sue dal di lui viso e i suoi occhi incontrarono quelli umidi e tristi di lui.

In silenzio lo abbracciò e lo fece sfogare nel suo pianto, senza scomporsi né ribattere.

Era l’unica persona che lo capiva sul serio.

Quando si fu calmato, Daniele si asciugò il viso;

- Perdonami, non volevo piangere come un bambino; chissà cosa penserai di me…- Penso che sei un bravissimo ragazzo.- Non sono più un ragazzo, ho trent’anni…- Per me sei rimasto come dieci anni fa.

Finalmente un sorriso comparve sul di lui volto. Un sorriso malinconico.

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- Ora… vorrei farmi un paio d’ore di lavoro…- Vuoi che ti aiuto? In fondo la tabaccheria è anche mia.- … ok.

E sorridendosi a vicenda si avviarono.

Mentre camminavano lungo il porto, Giada prese la mano di Daniele e gli sussurrò:

- Senti, me la dici una cosa?- Certo.- Ma… - e arrossì lievemente – quando mi dicesti di amarmi… dicevi sul serio?

Daniele la guardò muto, come un palo di legno colpito in pieno centro da una freccia;

si girò dall’altro lato e non le rispose.

*****

La mattina del 2 agosto la tabaccheria era chiusa; la sera prima era stato infisso un cartello apposito sulla porta che spiegava chiaramente che in quella giornata l’attività non avrebbe funzionato.

Gaetano e Anna erano andati a godersi il sole e a fare il bagno sin dalle prime ora della giornata; Giada si svegliò alle 9:00, il tempo di darsi una pulita e sgattaiolò di corsa fuori di casa, non prima di aver fatto un salto nella stanza di Daniele.

Egli era steso sul letto, muto, con lo sguardo verso il soffitto, privo di espressività.

Giada si preoccupò:

- Danié…- Eh… - egli si voltò di scatto verso di lei, come svegliato dal sonno – Cosa c’è?- Non vai a lavorare?- No, oggi non mi sento bene.- Che hai?- Mi sento… un po’ di mal di testa.- Vuoi venire a mare? L’aria di mare ti farà bene… facciamo una passeggiata sulla spiaggia…- No, grazie, non mi va.

Ella lo guardò fisso, dubbiosa;

- Daniele, che hai?- Te l’ho detto, mal di testa – nella sua voce c’era preoccupazione e fastidio, come se fosse infastidito

dalla di lei presenza e volesse stare solo.

Giada lo capì e dovette arrendersi.

- Ok, ci vediamo dopo. Per qualunque cosa – e tirò fuori dalla tasca il cellulare – chiamami.- Ok.

E sorridendogli, gli inviò un bacio baciandosi la mano e “soffiandoglielo” contro, per poi uscire dalla stanza.

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Daniele tornò dunque a guardare il soffitto:

stava succedendo tutto così in fretta: il ritrovamento dei genitori, quel bel posto, il lavoro, la sua Giada… era confuso.

Confuso e spaventato.

Il destino non ti da tutto così velocemente per renderti felice.

C’è sempre un tranello sotto.

Ho paura… paura di non essere pronto.

*****

A pranzo Gaetano, Anna e Giada parlarono tra di loro, Daniele restò zitto per tutto il tempo. I tre si scambiarono diverse occhiate per capire cosa non andasse in lui. Alla fine Anna cedette:

- Danié, che c’è? Stai zitto zitto… cos’hai?

Daniele teneva il viso nel piatto, lentamente lo alzò verso di lei e tentò di assumere un’aria serena:

- Niente… un po’ di mal di testa…

La madre lo lesse negli occhi;

- Danié, non sei mai stato bravo a mentire: che c’è?- Ti ho detto niente – insisté lui- Eppure qualcosa dev’esserci se stai così giù: che problema hai?

L’espressione del ragazzo si indurì: dal falso sereno all’arrabbiato; si voltò verso il padre;

- Papà, quanto hai dato a Vittorio Cavilli per stare zitto?

I tre lo guardarono a bocca aperta, straniati.

- Cosa? – chiese Gaetano confuso- Quanto hai dato a Cavilli per stare zitto?- Come sarebbe quanto ho…- QUANTI SOLDI HAI DATO ALL’ OSPIZIO DOVE VIVEVO PER MANTENERE IL

SILENZIO? QUANTO HAI DATO A QUEI VECCHI?

Aveva urlato.

E ora guardava il padre infuriato, fuori di sé. Quest’ultimo, ancora confuso, ricambiò;

- Non sono discorsi da fare a tavola…- Invece li facciamo, Giada non è una bambina e non c’è problema a parlarne davanti a lei.- Daniele, per favore, calmati…

Ma Daniele non si calmò e si alzò furente dal tavolo per avviarsi in camera.

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Il padre scattò dalla sedia e lo rincorse.

Lo fermò sull’uscio della sua stanza.

- Ma che diavolo ti è preso?

Il figlio non gli diede il tempo di dire altro che lo spinse nella camera e chiuse la porta a chiave.

- CHE STAI FACENDO? – chiese spaventato Gaetano

Daniele lo guardò, furente.

- Ora mi dici quanto hai dato a Cavilli o non esci da questa stanza.

Era fuori di sé; Gaetano non sapeva che gli prendesse; dovette assecondarlo:

- Cinquantamila euro…- POCHI, ERANO POCHI, POTEVI DARGLIENE IL DOPPIO… IL TRIPLO… AVREBBE

FATTO BENE AI QUEI POVERI VECCHIETTI!- SE LI SAREBBE MANGIATI TUTTI LUI! – anche il vecchio aveva urlato- NON E’ DETTO: CI SONO PERSONE PEGGIORI AL MONDO!- HAI DETTO TU STESSO CHE ERA UN VERME!- MAGARI AVREBBE AVUTO PIETA’ DI QUEI VECCHIETTI!- SE PARLI COSI’ VUOL DIRE CHE NON CONOSCI ANCORA IL MONDO, CHE NON SAI

COME GIRA LA VITA!- SAI CHE ME NE IMPORTA DELLA MIA VITA!

Gaetano restò di stucco a quest’ultima affermazione.

- E TU – continuò il figlio – CHE TI GODI LA VITA CON TUTTI I TUOI SOLDONI, NON HAI MAI PENSATO AGLI ALTRI? AD USARE QUEI SOLDI PER AIUTARE GLI ALTRI?

- HO SGOBBATO UNA VITA, HO SOFFERTO UNA VITA, ERA GIUSTO CHE INIZIASSI A GODERMELA ORA CHE SONO VECCHIO!

- ALLORA SEI TU CHE NON HAI CAPITO COME GIRA LA VITA: OGNI TANTO SI PENSA ANCHE AI BISOGNOSI, SI PENSA DI DARE DA MANGIARE A CHI NON C’E’ L’HA, NON SI SPRECANO LE RISORSE PER COSE FUTILI!

- CON I MIEI SOLDI TI HO DATO QUESTA CASA, TI HO DATO UN LAVORO, TI HO RIDATO UNA VITA: A CHI POTEVO FARLO SE NON A MIO FIGLIO?

- POTEVI PENSARE ANCHE A UN ALTRO: IO STAVO BENE ALL’OSPIZIO, ERO UTILE A QUALCUNO, QUI A CHI SONO UTILE?

Padre e figlio si guardarono negli occhi, rabbiosi e stanchi.

- QUI FACCIO IL NABABBO GRAZIE A TE, LAVORO IN QUELLA BARACCA CHE MI HAI COMPRATO SOLO PER SFIZIO, MA CAMPO SOLO GRAZIE A TE, NON SONO UTILE A NESSUNO QUI: CHE SENSO HA LA MIA VITA ALLORA?

Qualcuno bussò forte alla porta ed un urlo provenne da fuori:

- EHI, CHE STA SUCCEDENDO?

Senza dire altro, Daniele aprì la porta e si trovò dinanzi a sé sua madre e Giada, spaventate in volto.

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In silenzio, uscì di casa.

*****

Nel pomeriggio Daniele non tornò. I genitori lo chiamarono più volte al cellulare (compratogli dal padre), ma risultava spento.

Iniziarono a cercarlo per tutta la città, correndo a destra e a manca, chi in una zona chi in un’altra.

Giada ovviamente li aiutò nella ricerca, preoccupata quanto loro.

Alle cinque del pomeriggio non lo avevano ancora trovato.

Contattarono Max Sacco e altri loro amici per sapere se l’avevano visto: niente.

Si rivolsero alla polizia locale come ultimo tentativo.

Alle sei e mezza tornarono a casa, distrutti.

Anna si chiuse in camera, piangendo; il marito le si mise accanto, scuro in volto.

Giada andò in camera sua e si chiuse a chiave.

Si stese sul letto, sfinita.

Solo allora notò qualcosa sul lenzuolo del suo letto: una lettera scritta a penna;

Cara Giada,

ci ho pensato a lungo tutta la mattina e alla fine ho deciso di scriverti.

In questi giorni sono stato benissimo, non puoi immaginare cosa sia stato per me ritrovare i miei genitori dopo tanto tempo; cosa sia stato ritrovare te.

Eppure qualcosa dentro di me mi ha messo in guardia e ora ci ho pensato: come può essere che sia successo tutto così in fretta? Tutto questa felicità per me?

Doveva esserci qualcosa sotto, probabilmente.

E’ stato il tuo arrivo che mi ha fatto pensare.

Il passato mi è tornato in mente e ho ricominciato a stare male: rivedevo davanti a me tutti gli anziani che ho assistito, che sono morti, che ho seppellito.

Rivedevo i viaggi che ho fatto nella vana ricerca di me stesso; sì, VANA, perché mi ero illuso che girovagando “all’avventura”avrei risolto qualcosa: non ho risolto niente.

Ero un infantile in giro per il mondo, un burattino, un Pinocchio immaturo, cocciuto e inutile.

Ecco perché non mi piaccio con me stesso.

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Avrei voluto essere diverso: meno insicuro di me, meno timido, più aperto, più felice…

E’ stata l’assistenza ai bisognosi che mi ha reso utile a qualcosa. E in un certo senso felice.

Sì, ti posso affermare che a modo mio ero felice tra quei vecchietti.

Quando sono venuto qui, in quest’isola, mi è sembrato un sogno: non credevo ai miei occhi.

Mi è sembrato di rinascere, mi è sembrato davvero di ricominciare a vivere…

Ma ora ho capito che qui sono inutile: non pensare che vendere tabacco o qualche liquore in una baracca sia davvero utile al mondo. Non è la mia aspirazione.

Ecco perché me ne vado. Forse non risolverò un bel niente, forse continuerò solo a scappare, come un Pinocchio… ma è quello che mi sento di fare.

Mi dispiace per la mia famiglia: per mia madre, per mio padre che non ha capito che i soldi non valgono nulla, che hanno un valore solo quando sono spesi per il bene comune.

Certo, capisco le sue sofferenze ed è giusto da un lato che si goda la vita, ma avrebbe potuto usarli anche per aiutare chi ne ha bisogno e ciò mi ha infastidito.

Mi dispiace per i miei fratelli, che mi avevano promesso di venire, non potrò più rivederli.

Mi dispiace per la mia piccola Annuccia, la mia amata nipote, che mi ha dato la forza nei turbolenti anni passati, prima che sparissi dal mondo: non la vedo da tempo e poteva essere l’occasione giusta per rivederla: mi auguro solo che cresca bene.

E infine mi dispiace per te: ti avevo appena ritrovato, ero felicissimo con te, sei stata l’unica donna che mi ha capito sul serio… ti auguro ogni bene.

Ti mando un bacione.

Salutami tutti.

Il tuo Daniele.

P.s. : osserva sempre il mare: la sua magnificenza è un dono divino.

Asciugandosi le lacrime, commossa, Giada seppe a fine lettura cosa doveva fare.

L’ultima riga era probabilmente un indizio.

Balzò giù dal letto ed uscì di corsa.

*****

Arrivò sulla spiaggia e osservò il mare. Il suo sguardo si posò dappertutto su quel suolo marino.

Non vedeva niente.

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Iniziò a correre disperata lungo la riva, urlando il di lui nome:

- DANIELEEEEEEEEE… DANIELEEEEEEEEEE…

Senza accorgersene era arrivata fino al porto; disperata e a corto di fiato, tornò indietro correndo, urlando ancora il suo nome, nella speranza di scorgere la sua forma;

d’un tratto qualcosa balzò ai suoi occhi: si fermò di colpo e lo vide:

più in là, sulla superficie marina, una barchetta a remi si allontanava all’orizzonte; a remare c’era un ragazzo, un giovane in fuga.

Lo riconobbe.

- DANIELEEEEEEEEEE… DANIELEEEEEEEE…

Si sgolò come non mai. Il suddetto giovane la sentì e voltò il suo sguardo verso di lei. Sbalordito.

- DANIELEEEEEEEE… TORNA INDIETROOOOOOOO…

E senza pensarci, si tuffò in mare e iniziò a nuotare verso di lui.

Nuotava velocemente, con l’agilità di un pesce. Quasi.

Nuotava e ingoiava acqua, respirava sempre con più fatica, ma riusciva ancora ad urlare:

- DANIELEEEEE… NON ANDAREEEEEEEEEE…

E lentamente e sempre con più fatica si avvicinava alla barca.

Daniele si era fermato: guardava immobile e confuso quella forma umana che nuotava verso di lui;

si voltò verso l’orizzonte, lo ammirò per diversi secondi;

poi, qualcosa scattò in lui;

il suo sguardo mutò dal confuso e malinconico al deciso.

Lasciò andare i remi e si tuffò in acqua.

Nuotò con velocità verso Giada che era senza forse e stava andando a fondo.

Si tuffò e la tirò fuori.

Con difficoltà e determinazione, l’aiuto a nuotare verso la barca che lentamente, senza il suo conducente a bordo, si allontanava da sola.

A corto di fiato riuscirono a raggiungerla e a salirci sopra.

Finalmente ripresero a respirare.

E si abbracciarono.

Giada piangeva tra le sue braccia.

- Brutto scemo… non lo fare mai più…

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Anche egli iniziò a piangere, in silenzio, beandosi del di lei calore, della sua vicinanza.

- Non sei inutile… NON SEI INUTILE…

Le lacrime venivano giù copiose.

Lentamente, lo baciò sul collo, sulle guance…e poi sulla bocca.

Fu un bacio lungo, tenero, il bacio che egli aspettava da dieci anni.

Il bacio della sua amata. L’amore non corrisposto che finalmente veniva ricambiato.

Sì: Giada, SI, IO TI AMO, TI HO SEMPRE AMATO E TI AMERO’ SEMPRE

Lentamente, lei si tolse la maglietta e lui poté ammirare il suo bel seno; poi gli tolse la maglia, gli abbassò i pantaloncini e la sua mano scivolò pian piano nelle sue mutande;

era il momento che il giovane aveva atteso a lungo.

E quel momento era arrivato.

Il di lei sguardo si abbassò verso il suo e ci fu un altro bacio, lungo e tenero.

E ci fu l’amore.

*****

Era ormai sera inoltrata quando i due si svegliarono nudi sulla barchetta.

La marea si era alzata e li aveva spinti al largo.

Scappò ad entrambi una risatina, anche se di spavento.

Immediatamente Daniele tirò fuori il cellulare e lo riaccese, ma non c’era segnale.

Il panico avvolse entrambi.

L’aria iniziava a rinfrescarsi.

Si rivestirono e si abbracciarono, disperati.

D’un tratto una luce forte e abbagliante li colpì in pieno viso dal cielo.

Un elicottero della Guardia Costiera.

Li avevano trovati.

Tirarono un sospiro di sollievo e si sorrisero a vicenda.

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E ci furono altri baci.

*****

A mezzanotte e due minuti erano a casa.

Tutto era stato chiarito. Tutto era stato perdonato.

Anna e Gaetano crollarono dal sonno nella loro camera, mentre Daniele e Giada si chiusero nella di lei camera.

Si stesero sul letto e si baciarono più volte.

Poi a Giada venne in mente una cosa:

- E’ mezzanotte passata?- Sì- Allora è già il 3 agosto.- Dunque?- E’ il tuo compleanno: compi trentuno anni.

Era vero. Aveva già trentun anni, era un adulto ormai, non era più il tempo di fare cazzate infantili, doveva prendersi le sue responsabilità.

Doveva vivere.

- Auguri – gli disse ella sorridendogli- Grazie – rispose egli baciandola a lungo.- Grazie di cosa?- Grazie di esistere. Grazie di avermi fatto capire.- Fatto capire cosa?- Che merito di vivere.

E senza aggiungere altro, si abbracciarono.

*****

Pochi giorni dopo, a Corralejo, arrivarono i fratelli Alessandro e Vincenzo Fedele, con le rispettive mogli.

Fu una grande gioia rivederli tutti insieme.

Volarono abbracci e baci calorosi.

Ma più di tutti, Daniele fu contentissimo di rivedere finalmente la sua amata nipotina, già tredicenne.

La abbraccio a lungo e la baciò ripetutamente sulle guance.

Lui e Giada giocarono insieme a lei tutto il giorno sulla spiaggia.

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Fu il giorno più felice della sua vita.

*****

La tabaccheria venne ceduta a Vincenzo, mentre Daniele, sostenuto dal fratello Alessandro e da Giada, con l’aiuto economico del padre, aprirono una sorta di “azienda ospedaliera” in assistenza di handicappati.

Effettuarono diverse spese per l’assistenza di questi ultimi, conducendo una vita più “normale” che da “ricchi”, ma a loro andò più che bene.

La Vigilia di Natale Daniele e Giada si sposarono.

*****

Cinque anni dopo Gaetano e Anna morirono.

Lui a Marzo, lei a Maggio.

La sua ultima buona azione era stata di confidare alla moglie della sua vecchia relazione con la giovane Jasmine. Era stata un’azione di “sfogo personale”, quella svolta con la giovane, uno sfogo represso di tutti i traumi subiti in passato. Anna amava suo marito… e lo perdonò.

Così poterono morire in pace.

Su una zona della spiaggia abbandonata venne eretto un piccolo “cimitero”: Daniele in persona una grande fossa per farci stare entrambi i genitori;

Così staranno insieme per sempre

E abbellì la tomba con una lapide con su scritto:

Qui giacciono Gaetano e Anna Fedele,

due sposi innamorati,

due genitori meravigliosi

*****

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La villetta restò a tutti e tre i figli, che la condivisero insieme alle mogli e ai figli che vennero negli anni successivi.

I fondi lasciati in eredità dal padre furono utilizzati maggiormente per l’attività ospedaliera di Daniele.

Tra l’altro aveva aperto un reparto speciale dedicato al cinema, nel quale spiegava alle persone menomate la bellezza della settima arte e li faceva assistere alla visione di diversi bei film.

Il suo sogno di diventare regista era svanito, ma in compenso la sua passione per il cinema gli era tornata e l’utilizzava a fin di bene.

*****

Durante il tramonto, il 25 aprile 2033, un invecchiato Daniele Fedele camminava sulla riva del mare insieme al piccolo Gaetano, suo figlio.

Leonardo Gaetano Fedele.

Nome strano, ma voluto.

Giada insisteva nel chiamare suo figlio Leonardo, Daniele invece insisteva per Gaetano… alla fine trovarono un compromesso: “Leonardo Gaetano”.

- Che razza di nome – aveva esclamato Giada- E chi se ne frega, non dobbiamo rendere conto a qualcuno, no? Lo chiamiamo come fa piacere a noi.

Punto.

Si erano guardati fissi negli occhi ed erano scoppiati a ridere.

Detto fatto.

Daniele passeggiava quella sera insieme al figlio, ancora un bambino e osservava con malinconia il suo adorato mare.

Quello stesso giorno, vent’anni prima, era scappato di casa.

Aveva rinunciato al mondo per nascondersi.

Per fuggire dalla vita.

E ora era lì. E la vita l’aveva vissuta. E l’avrebbe ancora fatto.

Non avrebbe mai più dimenticato ciò che il destino gli aveva insegnato, tutto ciò che aveva vissuto, tutto ciò che aveva visto, che aveva fatto.

Non avrebbe mai dimenticato i poveri anziani che aveva assistito e che ormai erano saliti a miglior vita.

Mai avrebbe scordato il giorno in cui aveva visto il padre entrare nella sua modesta stanzetta di quel lontano ospizio e abbracciarlo.

O il ritrovamento della madre. Dei fratelli. Della nipote.

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E mai avrebbe scordato quel 2 agosto 2023, giorno in cui lui e la sua amata Giada avevano copulato, il giorno in cui ella gli aveva finalmente aperto gli occhi sul senso della vita.

Aveva finalmente imparato a non avere più paura.

Quel giorno aveva riscoperto la vita.

Non era più un burattino, un Pinocchio sbandato in fuga dal mondo: era diventato un uomo.

E mai e poi mai avrebbe più sbagliato.

Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, avrebbe vissuto.

Punto e basta.

Sorridendo al tramonto, prese il figlio per mano e insieme si avviarono verso casa.

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Questo racconto è dedicato a varie persone:

ai miei genitori, che mi hanno sostenuto e mi sostengono, anche nella mia cocciutaggine;

ai miei fratelli, sangue del mio sangue;

alla mia piccola Annuccia, la nipote più bella del mondo, che mi ha dato la forza nei difficili anni della crescita;

ai miei veri amici, che nel bene e nel male mi tirano su nei momenti bui e che mi accettano per quello che sono;

E in particolare dedico questo racconto alle donne:

alla MIA Giada, alla quale voglio un mondo di bene, che mi ha ascoltato e consigliato con calore;

a Mara, che mi ha ridato un pizzico di voce per raccontare questa storia;

alle donne amiche che ho amato in silenzio,

alla loro bellezza che mi ha rapito e che porterò sempre nel mio cuore;

Poi lo dedico:

a Massimo Sacco, personaggio realmente esistente e realmente residente alla meravigliosa isola di Fuerteventura, che spero un giorno di raggiungere per sempre;

a Fuerteventura;

al mare;

e in particolare, lo dedico a FRANCESCO NUTI, un grande artista italiano e al suo film “OcchioPinocchio”, il suo sottovalutato capolavoro, che mi ha regalato belle emozioni e mi ha dato l’ispirazione per questa storia.

“Lo porto un bacione a Cecco”.

E “lo porto” anche a te, lettore, che avrai avuto il coraggio di leggere questo racconto; che ti sia piaciuto o meno è un tuo gusto, ma ti ringrazio comunque per aver dato uno sguardo alla mia opera.

E a me.

Grazie.

Daniele Fedele

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VIVA LA VITA

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