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La riforma della previdenza sociale, con particolare attenzione al caso italiano Peter Diamond* Massachusetts Institute of Technology In molti paesi la riforma della previdenza sociale rappresen- ta un tema scottante che viene discusso troppo animatamente a livello politico con il risultato che non si riesce bene a focalizza- re il problema. Per affrontare tale riforma così complessa e così dibattuta, gli economisti hanno naturalmente offerto il loro con- tributo con una serie di proposte che, anche se notevolmente di- vergenti fra loro sul come procedere, concordano su innumerevo- li punti, ad esempio, su alcuni aspetti che renderebbero tale pro- getto valido ed efficiente, riportando anche esempi di programmi mal concepiti e quindi mal costruiti. Gli economisti in genere con- cordano sull’analisi economica dei vari progetti di riforma ma pun- tano verso soluzioni alternative anche perché, al di là dell’analisi economica, ognuno di loro possiede una diversa scala di valori e una diversa opinione nei riguardi della politica. Tra le diverse opinioni, ispirate a differenti scale di valori, ac- quista primaria importanza il peso da essi dato alla protezione delle generazioni future rispetto al peso dato alla protezione dei più poveri di una determinata generazione. Gli economisti sono, cioè, preoccupati di generare maggiori risparmi per aiutare le ge- nerazioni future ma sono allo stesso tempo preoccupati di creare 9 * Ringrazio: Elsa Fornero, Francesco Giavazzi, Franco Modigliani, Fiorella Padoa Schioppa per le loro osservazioni; Saku Aura e Tom Davidoff per la loro collaborazione. La responsabilità delle opinioni espresse è esclusivamente mia [Cod. JEL: I 38]. PRIMA LEZIONE ANGELO COSTA

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La riforma della previdenza sociale,con particolare attenzione

al caso italiano

Peter Diamond*Massachusetts Institute of Technology

In molti paesi la riforma della previdenza sociale rappresen-ta un tema scottante che viene discusso troppo animatamente alivello politico con il risultato che non si riesce bene a focalizza-re il problema. Per affrontare tale riforma così complessa e cosìdibattuta, gli economisti hanno naturalmente offerto il loro con-tributo con una serie di proposte che, anche se notevolmente di-vergenti fra loro sul come procedere, concordano su innumerevo-li punti, ad esempio, su alcuni aspetti che renderebbero tale pro-getto valido ed efficiente, riportando anche esempi di programmimal concepiti e quindi mal costruiti. Gli economisti in genere con-cordano sull’analisi economica dei vari progetti di riforma ma pun-tano verso soluzioni alternative anche perché, al di là dell’analisieconomica, ognuno di loro possiede una diversa scala di valori euna diversa opinione nei riguardi della politica.

Tra le diverse opinioni, ispirate a differenti scale di valori, ac-quista primaria importanza il peso da essi dato alla protezionedelle generazioni future rispetto al peso dato alla protezione deipiù poveri di una determinata generazione. Gli economisti sono,cioè, preoccupati di generare maggiori risparmi per aiutare le ge-nerazioni future ma sono allo stesso tempo preoccupati di creare

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* Ringrazio: Elsa Fornero, Francesco Giavazzi, Franco Modigliani, FiorellaPadoa Schioppa per le loro osservazioni; Saku Aura e Tom Davidoff per la lorocollaborazione. La responsabilità delle opinioni espresse è esclusivamente mia[Cod. JEL: I 38].

PRIMA LEZIONE ANGELO COSTA

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programmi capaci di assicurare un reddito sia ai membri della so-cietà più bisognosi che a quelli delle generazioni future. Tali obiet-tivi interessano tutti gli economisti ma varia notevolmente l’im-portanza che si dà ad uno rispetto all’altro. Ciò nel dibattito sul-la previdenza sociale è fondamentale perché porta a prendere de-cisioni di rilievo sulla quantità di risorse da destinare alle gene-razioni future e sul come e quante di queste devono essere desti-nate a chi versa nelle condizioni più disagiate.

Le proposte di riforma riflettono, inoltre, le aspettative poli-tiche in due modi diversi. In una democrazia non avviene mai cheuna proposta venga accolta senza emendamenti. Per cui, quando,in una legislatura si presenta una proposta di riforma non si puòprescindere dal considerare le eventuali successive modifiche chesaranno apportate nelle successive legislature. Sarebbe ancora piùimportante capire in che modo la legislazione attuale finirà perinfluenzare quella futura. La legislazione sulla previdenza socialenon fermerà mai nuovi programmi su di essa. Inoltre le variabilieconomiche e demografiche potrebbero cambiare in modo im-prevedibile e gli stessi progetti di riforma sulla previdenza socia-le potrebbero attivare movimenti politici in grado di influenzarela legislazione futura. Per cui, gli economisti non concordanoneanche sul fatto che possa esistere un legame tra i risultati at-tuali e quelli futuri, disaccordo che va ad aggiungersi alle altre di-versità dovute alle differenti scale di valori e si capisce, quindi,quanto sia difficile che essi si ritrovino d’accordo.

Procedendo in tre fasi si cercherà di soffermarsi soprattuttosugli argomenti su cui gli economisti concordano e si chiarirà in-nanzitutto quando, per loro, un progetto è da reputarsi mal co-struito. In secondo luogo, si passerà ad analizzare gli effetti di unaumento dei fondi per la previdenza sociale. Per gli economisti unaumento dei fondi per la previdenza sociale al fine di alleviare ilpeso che graverà sulle generazioni future è considerato positiva-mente, però non concordano né su quanto debba essere tale au-mento né su come gestire tali fondi. In terzo luogo, si affronteràil problema di come proteggere il tenore di vita dei pensionati.

Poiché, in seguito determinati termini verranno spesso utiliz-zati, è bene specificarne il significato. Un programma a presta-

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zione definita è un programma che si base su una formula checalcola l’ammontare mensile della prestazione in base ai guadagnipercepiti nel corso degli anni previsti dal programma pensionisti-co. Tale prestazione mensile può prevedere un vitalizio individua-le o un vitalizio congiunto se la copertura interessa sia il maritoche la moglie. Naturalmente, il trattamento previsto per le donnenei vari programmi di riforma costituisce una parte integrante deldibattito sulla previdenza sociale in corso in alcuni paesi. Ancorapiù significativo è il fatto che nei sistemi a prestazione definita ilcalcolo delle rendite a cui si ha diritto ha avuto finora come ba-se gli introiti soggetti al prelievo contributivo, e non i contributieffettivamente versati. Poiché nei vari sistemi pensionistici si so-no avuti nel tempo incrementi notevoli delle aliquote contributi-ve, ciò ha portato ad una significativa redistribuzione di risorse afavore delle generazioni più anziane che infatti hanno ricevutopensioni in base ai loro guadagni nonostante le loro aliquote con-tributive fossero molto basse.

Invece, un sistema a contribuzione definitiva stabilisce laquantità dei contributi da versare, prevede l’accantonamento del-le risorse nei singoli conti in base al rendimento del portafoglio equindi consente di convertire la somma di denaro accantonata oin un vitalizio, o nella disponibilità di tale somma o nel preleva-mento mensile di una determinata quantità. Un sistema a contri-buzione definita può anche prevedere un meccanismo di ridistri-buzione, sia all’interno che all’esterno del sistema contabile.

Inoltre esistono sia nell’uno che nell’altro sistema, una quan-tità di esempi di differenti programmi ben articolati, ma che si dif-ferenziano soprattutto nell’obiettivo che si prefiggono. I sistemi aprestazione definita basano le prestazioni sui guadagni della vitalavorativa e, quindi, considerano anche i tassi di sostituzione; i si-stemi a contribuzione definita considerano i contributi versati e,pertanto, anche gli effetti di redistribuzione. Nelle società demo-cratiche, queste diversità di attenzione, o di impostazione, posso-no produrre conseguenze importanti a livello politico. Mentre al-cuni tendono a considerare i sistemi a contribuzione definitiva co-me caratterizzati da trasparenza, e i sistemi a prestazione defini-ta caratterizzati da mancanza di trasparenza, quando invece è più

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un problema di impostazione che di trasparenza e i sistemi a pre-stazione definita caratterizzati da mancanza di trasparenza, doveesistono elementi che rendono alcuni problemi più salienti e ten-dono a renderne altri meno salienti. Se ben costruiti, sia i sistemia prestazione definita che quelli a contribuzione definita influi-scono ugualmente sul mercato del lavoro, sebbene qualsiasi prov-vedimento con effetti assicurativi o di ridistribuzione comporti unacerta interferenza con gli incentivi nel mercato del lavoro. Un si-stema ben costruito mantiene un buon equilibrio tra le distorsio-ni del mercato del lavoro e la sicurezza e la ridistribuzione.

La riforma del 1995 introduce gradualmente, e molto lenta-mente, un sistema che possiamo considerare un ibrido tra un mo-dello a prestazione definita e un modello a contribuzione defini-ta. La riforma del 1995, definita comunemente come un sistemaa contribuzione figurativa definita, rassomiglia ad un sistema acontribuzione definita poiché è caratterizzato da conti individua-li in cui vengono capitalizzati tutti i contributi versati da un la-voratore e convertono poi quella somma in un vitalizio al mo-mento del pensionamento. In esso si usa perfino la terminologiapropria di un sistema e contribuzione definita. Tuttavia, esso ras-somiglia anche ad un sistema a prestazione definita in quanto ilprocesso di “accumulazione” non si basa sul tasso di rendimentodi un portafoglio ma sul tasso di crescita dell’economia. E ricor-da un sistema a prestazione definita anche perché le norme ap-plicate per convertire il capitale accumulato in vitalizio vengonostabilite dal legislatore e non sono la conseguenza automatica diun calcolo attuariale.

1. - Sistemi errati

Nell’analizzare le caratteristiche di un programma non benearticolato si analizzeranno tre elementi sui quali gli economisticoncordano. Innanzitutto, sarebbe bene disporre di un program-ma pubblico unico per la determinazione dei redditi pensionisti-ci invece che innumerevoli programmi pubblici differenziati pergruppi di attività economica o per tipo di occupazione. In secon-

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do luogo, sarebbe importante disporre di incentivi per agevolarela partecipazione al lavoro dei giovani e aumentarne la produtti-vità. Infine, sarebbe importante disporre di incentivi per trattene-re nel mercato del lavoro anche chi ha già acquisito il diritto al-le prestazioni pensionistiche.

1.1 Programmi multipli

La riforma della previdenza sociale in Cile, avvenuta nel 1981,ha interessato il mondo intero. Sia i suoi critici che i suoi ammi-ratori hanno avuto modo di imparare molto dall’esperienza cile-na degli ultimi venti anni. È anche molto istruttivo analizzare ilsistema che il Cile aveva prima della riforma ossia quando dispo-neva di un numero considerevole di programmi di previdenza so-ciale differenziati con numerosi sistemi burocratici separati e co-sti amministrativi elevati. Naturalmente, da quando questi pro-grammi sono stati unificati e riformati, venendo gradualmente eli-minati, i costi sono scesi drasticamente.

Così come è avvenuto anche in Italia, una molteplicità di pro-grammi si traduceva anche in regole diverse a seconda del tipo dioccupazione svolta. Uno degli effetti più deleteri di tale moltepli-cità di norme è quello di generare un processo di ridistribuzionedove chi si trova in una posizione privilegiata dovuta a buoni ag-ganci politici se ne avvale a sfavore di coloro che non possiedonotali agganci. Per esempio, in Cile, l’indicizzazione della pensioneall’inflazione era maggiore per gli impiegati che per gli operai. Ol-tre a questo effetto politicamente discutibile, un sistema che pre-vede piani pensionistici con prestazioni differenziate non si adat-ta ad un’economia moderna dove la mobilità del lavoro, tra di-versi tipi di occupazione e settori di attività economica, rappre-senta una parte vitale per adattarsi ad un mondo economico incontinua evoluzione.

L’Italia, per fortuna, sta andando verso un sistema unitario,anche se persistono aliquote contributive differenziate. Quando sidiscute sulla rapidità con cui si dovrebbe passare al nuovo siste-ma, si dovrebbe considerare che l’Italia sta abbandonando un si-stema che sarebbe inadeguato anche se la pressione demografica

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non l’avesse reso insostenibile. Pertanto, tale passaggio dovrebbeavvenire molto rapidamente in quanto migliorerebbe l’economia.

Un unico sistema pubblico non significa necessariamente chetutti i lavoratori, in ogni tipo di occupazione, dovrebbero affron-tare il pensionamento allo stesso modo. Certamente no. Alcuni ti-pi di occupazione sono per loro natura caratterizzati da carrierelavorative più lunghe di altre. L’aspettativa di vita dopo il pensio-namento non è identica per tutti i lavoratori e per le loro fami-glie. La risposta a questa diversità di bisogni dovrebbe avvenireunicamente da risparmi integrativi decisi dai singoli con disposi-zioni collegate con l’attività lavorativa. Le pensioni legate all’atti-vità lavorativa dovrebbero essere oggetto di negoziati tra datori dilavoro da una parte e sindacati o lavoratori dall’altra. Data la mo-bilità dell’attuale forza di lavoro, le pensioni legate all’attività la-vorativa dovrebbero essere a contribuzione definita. Una simile so-luzione che integra le pensioni di tipo contributivo, sarebbe ade-guato anche per il pubblico impiego. E quando si decide la di-mensione di un sistema pensionistico pubblico, si deve anche con-siderare l’opportunità di lasciare spazio a questo tipo di alterna-tiva. I versamenti contributivi necessari per sostenere un sistemapensionistico obbligatorio non dovrebbero, cioè, gravare al puntodi rendere impossibile forme pensionistiche integrative. Sul mer-cato del lavoro, la presenza o meno di incentivi dipende certa-mente anche dalla dimensione del sistema. Un prelievo contribu-tivo troppo alto diminuisce l’efficienza del mercato del lavoro.

1.2 Gli incentivi al lavoro per i giovani lavoratori

I contributi necessari a finanziare la previdenza sociale non-ché l’aspettativa di maggiori benefici futuri in base ai guadagnipercepiti durante la vita lavorativa influiscono sulle decisioni deidatori di lavoro e dei lavoratori. Questi due fattori causali influi-scono a loro volta sulla dimensione del sistema di previdenza so-ciale da introdurre. Fondamentalmente, ciò sottolinea quanto siaimportante stabilire delle regole in grado di favorire il mercato dellavoro. In passato, in molti paesi, la pensione veniva calcolata in

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base ai guadagni percepiti in un limitato numero di anni e nonin base ai guadagni percepiti nel corso dell’intera vita lavorativa.

Gli economisti sono largamente d’accordo che un sistema na-zionale con tali caratteristiche non può funzionare.

L’efficienza del sistema economico è stata danneggiata sia daquesto tipo di calcolo, che ha indotto a conteggiare le prestazio-ni pensionistiche sul ristretto numero di anni nel corso dei qualii guadagni erano superiori, sia per l’uso distorto di incentivi perstimolare l’offerta di lavoro.

Un esempio di come tali distorsioni danneggino l’efficienzadel mercato del lavoro viene fornito dalla città di Boston, in cuiil sistema di trasporti metropolitano calcola le pensioni in base aiguadagni (non alla paga base) dei lavoratori negli ultimi anni dicarriera. Il risultato è che gran parte dei lavoratori più anziani ef-fettuano gli straordinari. Ciò ha causato numerosi incidenti poi-ché i lavoratori più anziani, stanchi per le troppe ore di lavoro,spesso si addormentano alla guida dei treni mettendo così a re-pentaglio la propria vita e quella degli altri. Non è necessario ar-rivare a tali incresciosi episodi per capire che così non è possibi-le procedere.

Calcolare la pensione su un numero ristretto di anni non so-lo comporta distorsioni al sistema degli incentivi, ma inserisce an-che un elemento estremamente variabile nella ridistribuzione delreddito tramite il sistema di previdenza sociale. Chi ha la fortunadi godere di guadagni elevati negli ultimi anni di carriera si trovaavvantaggiato a spese di altri. A rendere la cosa ancora più iniquasi aggiunge il fatto che chi viene solitamente avvantaggiato da untale sistema è molto probabilmente anche chi ha un reddito ele-vato. Un calcolo effettuano sui guadagni ottenuti in un arco di tem-po più lungo contribuirebbe a riequilibrare l’ammontare delle pre-stazioni tra i lavoratori in modo più equo. Un tale cambiamentonon deve necessariamente comportare un ammontare medio infe-riore delle prestazioni che, invece, dipende, da come viene modi-ficato il calcolo delle prestazioni in relazione all’eventuale cambia-mento del periodo su cui si calcola la retribuzione media ai finidel calcolo della pensione. Quindi, è possibile migliorare equità edefficienza senza necessariamente diminuire le prestazioni elargite.

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Fondamentale sarebbe basare il calcolo delle prestazioni suun numero considerevole di anni. Il sistema a prestazione defini-ta degli Stati Uniti utilizza i 35 anni di più elevata retribuzionedel periodo lavorativo. Il sistema a contribuzione definita attual-mente in vigore in Cile basa il calcolo delle prestazioni sui con-tributi prelevati dagli stipendi nel corso dell’intero periodo lavo-rativo (capitalizzate con il tasso di rendimento fino al pensiona-mento). Entrambe le soluzioni danno un ottimo risultato ai finidell’efficienza del mercato del lavoro. Valutare dettagliatamente idue programmi è complesso a causa delle interazioni con altri in-terventi sul mercato del lavoro e delle problematiche dovute a clau-sole tese a salvaguardare le retribuzioni contro le fluttuazioni. Ciòche si deve recepire è che è necessario evitare la costruzione disistemi previdenziali nazionali che si basano su un numero ri-stretto di anni, mentre gli altri particolari dei due buoni pro-grammi sono molto meno importanti. Fortunatamente, anche l’I-talia sta abbandonando un sistema basato sui guadagni realizzatiin un arco di tempo relativamente breve. Più in fretta avverrà ilcambiamento, meglio sarà.

1.3. Gli incentivi al lavoro per coloro che hanno raggiunto l’etàpensionabile

L’impatto della previdenza sociale sul pensionamento dipendeda due norme distinte. La prima è quella che determina quandoun lavoratore può andare legalmente in pensione e rivendicare ildiritto alle prestazioni. La seconda è quella che determina la con-seguenze finanziarie a cui il lavoratore andrebbe incontro nel ca-so decidesse di continuare a lavorare rinviando a data futura ladata di inizio del pagamento delle prestazioni a lui dovute. Glieconomisti riconoscono la difficoltà di formulare un giudizio pre-ciso su quale debba essere con esattezza l’età in cui un lavorato-re possa incominciare ad esercitare il proprio diritto all’usufruttodei benefici maturati, dal momento che gli effetti di una modifi-ca dell’età pensionabile sono molto numerosi e alcuni di essi estre-mamente difficili da quantificare.

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Tuttavia, gli economisti concordano nel ritenere che il riman-dare la data di inizio della riscossione dei benefici maturati deb-ba comportare un aumento significativo degli eventuali beneficidi cui il lavoratore dovrebbe usufruire in futuro. Secondo un cal-colo approssimativo, l’aumento dovrebbe essere tale da risultareattuarialmente equo. Esso dovrebbe, cioè, costare al sistema pre-videnziale all’incirca quanto il sistema risparmierebbe se non ve-nissero pagate le prestazioni per un anno ad un lavoratore tipo.Dico all’incirca poiché non vi è niente di più illusorio di qualco-sa esattamente equo e perché vi sono, inoltre, dei buoni argomentiper sostenere che deviare leggermente dalla “equità esatta” po-trebbe talvolta non essere del tutto dannoso. Ma è importante cheesso sia “approssimativamente” equo.

La flessibilità nella scelta di quando andare in pensione è im-portante. L’età per poter accedere ai benefici pensionistici deve es-sere abbastanza bassa in modo che quella parte significativa di la-voratori che hanno buone ragioni per decidere di andare in pen-sione possano usufruirne. Stabilire un’età minima per venire in-contro alle esigenze di una minoranza anche se significativa di la-voratori implica, tuttavia, che la maggior parte dei lavoratori do-vrebbe continuare a lavoratore oltre l’età minima pensionabile. Ecostoro non continuerebbero a farlo se il rimandare la riscossio-ne delle prestazioni a loro dovute dovesse comportare un costo fi-nanziario eccessivamente elevato. Per evitare che essi vengano ec-cessivamente penalizzati, le prestazioni rimandate dovranno esse-re aumentate in modo significativo. Pertanto, l’introduzione diun’età minima pensionabile è accettabile soltanto se l’aumento del-la prestazione previsto in caso di un suo rinvio risponde appros-simativamente a criteri di equità attuariale.

Se si riconosce che, in presenza di incentivi appropriati, mol-ti lavoratori continuerebbero a lavoratore oltre l’età minima incui scatta il diritto alla pensione, non è necessario stabilire bene-fici troppo alti come sarebbe altrimenti necessario, rendendo co-sì il costo del loro finanziamento meno oneroso. Da tutto ciò de-riva naturalmente che l’età minima pensionabile, il livello delleprestazioni previste e le norme che regolano gli aumenti delle pre-stazioni in caso di un loro rinvio vanno pensate contemporanea-

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mente e inserite in un unico pacchetto. Inoltre, come avviene ne-gli Stati Uniti, programmi pensionistici privati possono essere uti-lizzati per coprire il periodo che intercorre tra un pensionamen-to anticipato e l’età minima necessaria per poter accedere alla pen-sione.

Fortunatamente, l’Italia si sta muovendo verso questa dire-zione ma, anche in questo caso, molto, e forse troppo, lenta-mente. Due sono i problemi che vanno a questo punto affron-tati. Il primo è quello di rimuovere le norme che danno dirittoalla pensione in base al numero di anni lavorativi piuttosto cheall’età. Ciò rappresenta un’anomalia difficilmente riscontrabilenei sistemi di previdenza sociale di altri paesi avanzati. Persistemi di previdenza nazionale (diversamente che per pro-grammi pensionistici di imprese o industrie) non sono disponi-bili in letteratura molti studi sui vantaggi e gli svantaggi e sullavalidità del requisito legato al numero di anni di vita lavorativa.Tuttavia, un tale requisito, che sia più o meno valido, deve essereintegrato con norme che prevedano prestazioni inferiori se riven-dicate allo scadere dell’età minima e più elevate se rinviate oltre,e sia il livello delle prestazioni che gli aumenti previsti in casodi un loro rinvio devono essere basati sull’aspettativa di vita dellavoratore. E l’aspettativa di vita dipende molto più dall’età chenon dalla durata della carriera lavorativa di un lavoratore sano.Perciò, se non si passerà velocemente ai nuovi limiti di età pen-sionabile compresa tra i 57 e i 65 anni, si dovranno rivedere lenorme che regolano gli anni di vita lavorativa. Le prestazionidovrebbero essere ridotte se rivendicate al raggiungimento delrequisito minimo di età e, invece, incrementate per coloro chescelgono di continuare a lavorare anche dopo il raggiungimentodell’età minima pensionabile. Se è vero che alcuni lavoratorivedranno le loro prestazioni diminuire mentre altri le vedrannoaumentare, è anche vero che, globalmente, il sistema economicosarà più efficiente. Inoltre, si dovrebbe riflettere sulla opportu-nità di fissare a 57 anni l’età minima per andare in pensione echiedersi seriamente se una tale età non sia ancora troppo bassain quanto certamente è bassa rispetto a quanto previsto quasiovunque.

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Analogamente, le norme contenute nella riforma del 1995 chelimitano ai 65 anni gli aumenti pensionistici in caso di un lororinvio, non sono norme adeguate. O si fanno aumentare le pre-stazioni con l’età fin da quando esse iniziano anche oltre i 65 an-ni (come viene fatto negli Stati Uniti tra i 65 e i 70) oppure de-vono essere liquidate sia se il lavoratore va in pensione sia se con-tinua a lavorare (come viene fatto, sempre negli Stati Uniti, dopoi 70 anni di età). Una delle due soluzioni deve essere introdottaper evitare che chi continua a lavorare dopo i 65 anni risulti for-temente penalizzato.

2. - Il finanziamento di un sistema di previdenza sociale

Le popolazioni invecchiano sempre di più. Se non si cambial’età pensionabile saranno inevitabili o aumenti fiscali e/o ridu-zioni delle prestazioni annuali. In un sistema a ripartizione, unatale prospettiva si può in parte evitare con un aumento più o me-no marcato della capitalizzazione, anche se, nei prossimi anni, unlivello di capitalizzazione ritenuto politicamente accettabile po-trebbe soltanto modificare l’intensità ma non la direzione di taletendenza. In un sistema a capitalizzazione, la differenza tra il ren-dimento del fondo e il tasso di crescita dell’economia moltiplica-to il livello del fondo può contribuire a finanziare parte delle pre-stazioni. Ciò consente di diminuire il futuro prelievo contributivoper ogni dato livello di prestazioni o fornire maggiori prestazioniper ogni dato livello di contribuzione.

Tuttavia, gli stanziamenti devono necessariamente venire daqualche parte. In un paese avanzato, i finanziamenti vengono daaumenti correnti dell’imposizione contributiva, da tagli alle pre-stazioni o da altre fonti di entrate (che potrebbero naturalmenteessere utilizzate diversamente). Un aumento del prelievo contri-butivo corrente per avere un minore prelievo in futuro riduce latendenza verso un prelievo contributivo più alto. Lo scopo di in-crementare la capitalizzazione è dunque quello di aumentare l’o-nere che grava sulle generazioni di oggi per diminuire quello chegraverà sulle generazioni future. Ad esempio, Modigliani e Cepri-

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ni propongono che sarebbe necessario destinare parte delle en-trate correnti al finanziamento delle pensioni per ridurre, così, letasse future. Si tratterebbe di un’operazione simile ad una opera-zione di bilancio tesa a ridurre il debito pubblico e basata su au-menti fiscali o tagli di spesa (a patto che tali tagli non interessi-no gli investimenti pubblici). In genere, gli economisti sono favo-revoli ad un livellamento delle aliquote fiscali, prevedendo per ilfuturo grossi aumenti fiscali o tagli nelle prestazioni (o entrambi)e, quindi, sono propensi ad una maggiore capitalizzazione, anchese divergono su quanto debba aumentare.

Gli economisti riconoscono che ad una maggiore capitalizza-zione sono legati due aspetti, entrambi importanti. Uno riguardal’aumento del capitale nazionale, l’altro il rafforzamento della si-tuazione contributiva del sistema previdenziale. La crescita del ca-pitale nazionale aumenta in futuro, la disponibilità di risorse di-sponibili il rafforzamento della situazione contributiva del siste-ma previdenziale influenza il processo politico, che determina ilmodo in cui i costi e i benefici saranno distribuiti, in futuro, trale diverse categorie. Perciò tendono a preferire un finanziamentoassociato ad un aumento del risparmio nazionale, poiché esso rag-giunge entrambi gli obiettivi. Viceversa, finanziamenti che rap-presentano soltanto un cambio di etichetta o un rimescolamentodi debiti, come avverrebbe per fondi finanziati con l’emissione diun nuovo debito, non portano necessariamente ad un aumento delcapitale nazionale.

Essi riconoscono anche che questa ridistribuzione intergene-razionale costituisce il vero guadagno derivante da una maggiorecapitalizzazione; e che la ragione comunemente addotta a soste-gno di conti personali non ha valide fondamenta e va, quindi, con-futata. Esistono esperti e politici che confrontano il rendimentodi lungo periodo di attività finanziarie con il rendimento di lun-go periodo di un sistema a ripartizione che è, come noto, il tas-so di crescita. Poiché i tassi di rendimento di lungo periodo sonosuperiori ai tassi di crescita si tende a considerare la differenzacome puro guadagno. Tuttavia, è errato analizzare le possibili scel-te di politica economica prendendo in considerazione soltanto illungo periodo, senza chiedersi quali siano i costi e i benefici di

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breve periodo associati con il passaggio ad un “lungo periodo” di-verso. Sarebbe sbagliato affermare che, poiché il tasso di interes-se è più elevato del tasso di crescita, un sistema a capitalizzazio-ne è un sistema migliore. Un’analisi completa del problema rive-lerebbe che un sistema a capitalizzazione non implica di per séun guadagno per tutti ma soltanto una ridistribuzione intergene-razionale.

La correttezza di questa affermazione può essere verificataconsiderando l’orizzonte infinito del vincolo di bilancio per la pre-videnza sociale al valore attuale. Definire le prestazioni in termi-ni di conti individuali non cambia di per se questo vincolo, anchese esso potrebbe essere associato a tagli nelle prestazioni. Il vin-colo viene modificato se si aumentano le entrate o se si diminui-scono le prestazioni. Pertanto, se si prendono parte delle entrateattualmente destinate alla previdenza sociale e si spostano su con-ti individuali, si viene a creare un vuoto di entrate che dovrà es-sere coperto. Analogamente, anche l’emissione di ulteriore debitopubblico allo scopo di finanziare conti individuali provocherebbeun “buco” nelle entrate equivalente al prelievo necessario a fi-nanziare tale debito. La necessità di colmare questo “vuoto” di en-trate insieme agli altri effetti connessi alla creazione di conti in-dividuali lascerebbe il vincolo al valore attuale pressoché immu-tato. Questo semplice calcolo aritmetico può cambiare solo secambia il tasso di rendimento sulle attività finanziarie. Tuttavia,se un conto individuale implica un aumento o una diminuzionedel tasso di rendimento sulle attività è un complesso problemaeconomico e politico.

Vi è chi sostiene che tutti hanno da guadagnare se si associa al-la capitalizzazione l’analisi dei miglioramenti di efficienza staticanella previdenza sociale. Tuttavia, guadagni di breve periodo posso-no essere conseguiti anche senza capitalizzazione, e quindi sarebbescorretto attribuirli ad essa, a meno che non sia vero che i guadagnidi breve periodo non possono essere politicamente conseguiti sen-za un tale legame. In politica, le connessioni hanno la loro impor-tanza, ma un legame di questo tipo, a questo livello del dibattito, al-meno negli Stati Uniti, non è necessario per una riforma.

Se si ritiene necessaria una maggiore capitalizzazione, le al-

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ternative disponibili sono molteplici. La capitalizzazione può av-venire in titoli di Stato o in un portafoglio diversificato. Gli stan-ziamenti possono essere fatti in un fondo centralizzato gestito daun ente pubblico o in fondi individuali sotto il diretto controllodei singoli lavoratori. E il rendimento realizzato attraverso un fon-do può influenzare le prestazioni pensionistiche in una varietà dimodi. Il guadagno principale ottenuto attraverso un fondo, e cioèl’accumulo di risorse a vantaggio delle generazioni future, è simi-le indipendentemente dalla strada che si percorre. In generale, ladiversificazione del portafoglio offre indubbi vantaggi. E la diver-sificazione del portafoglio può essere fatta sia con conti indivi-duali a contribuzione definita che senza.

La disponibilità di numerose alternative per creare un fondodiversificato non è soltanto teorica anzi è evidente che molti pae-si l’hanno presa in considerazione scegliendo strade diverse. Lacapitalizzazione in un fondo con portafoglio centralizzato e di-versificato in un sistema a prestazione definita è stato fatto peranni in Svezia, è iniziato in Canada e Svizzera ed è stato recen-temente proposto dal Ministro delle finanze in Irlanda e dall’am-ministrazione Clinton negli Stati Uniti. La capitalizzazione in unfondo centralizzato in seno ad un sistema a contribuzione defini-ta è stata effettuata per i fondi di previdenza della Malesia e Sin-gapore. La capitalizzazione può anche avvenire per scelta dei la-voratori su portafogli offerti da gestori privati nell’ambito di unsistema a contribuzione definita, come fu fatto per la prima vol-ta in Cile e imitato successivamente da altri paesi dell’America La-tina, e come è stato implementato nel Regno Unito e inizierà pre-sto in Svezia. Dunque, la scelta del livello di capitalizzazione e delgrado di diversificazione non è, dal punto di vista economico, cor-relata alla scelta tra un sistema a prestazione definita e un siste-ma a contribuzione definita.

È bene riflettere anche in quali attività finanziarie bisogna in-vestire. Molto prima della riforma, le riserve della previdenza so-ciale cilena venivano investite in titoli di Stato non indicizzati al-l’inflazione e così vennero prosciugate dall’inflazione. Anche se og-gi si è molto più consapevoli di ieri dei costi derivanti dall’infla-zione, ciò non significa che essa sia stata definitivamente sconfit-

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ta. Una caratteristica essenziale di un sistema assicurativo è cheesso deve basarsi su sistemi che reagiscono positivamente a cir-costanze avverse e, quindi, l’indicizzazione dei titoli di Stato al-l’inflazione non può che rafforzare tale caratteristica.

3. - La protezione del tenore di vita dopo il pensionamento

Lo scopo di quella parte della sicurezza sociale destinata allepensioni è quello di proteggere il tenore di vita dei lavoratori edelle loro famiglie dopo il pensionamento. Due sono i problemiche a questo punto si pongono: il livello della prestazione che unlavoratore riceve al momento del pensionamento e cosa succedead essa successivamente. È, innanzitutto, ragionevole, e fuori di-scussione, che le prestazioni pensionistiche vengano indicizzate al-l’inflazione o a qualche combinazione di fattori che tenga contodell’inflazione, della crescita salariale e dei tassi di rendimento. Ilmetodo esatto di indicizzazione, e quindi la condivisione dei ri-schi, può essere oggetto di analisi. Quanto viene fatto quando unlavoratore o la moglie di un lavoratore muore dovrebbe influiresia sul valore iniziale della prestazione che su quello successivo.Se è bene prestare tanta attenzione ai problemi intergeneraziona-li, ossia al problema di non lasciare un eccessivo onere sulle spal-le delle generazioni future, non bisogna, tuttavia, perdere di vistal’importanza della funzione di ridistribuzione operata dalla previ-denza sociale fra i membri della stessa generazione. Anche que-sto è un problema importante ed è meglio affrontarlo subito cherinviarlo.

3.1 La distribuzione del reddito

Due sono gli aspetti legati alla sicurezza sociale e alla distri-buzione del reddito. Uno riguarda il livello delle prestazioni in ba-se ai bisogni. Durante il pensionamento rappresentano requisitiimportanti la protezione contro il rischio di finire nella povertàpiù assoluta e un limite ad un calo eccessivo del tenore di vita.

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L’altro aspetto riguarda il problema della ridistribuzione, che com-prende sia i benefici che i contributi, e viene affrontato meglioconsiderando l’intero ciclo vitale. Entrambi gli aspetti sono rile-vanti sia da un punto di vista etico sia per il buon funzionamen-to del sistema ai fini dei risultati e degli incentivi. E inoltre sonoimportanti per le politiche di riforma della previdenza sociale. Iproblemi legati alla distribuzione dovuti a difetti di costruzione disistema sono sia il problema di come limitare gli effetti della ri-distribuzione a favore dei più abbienti, sia il problema di comegarantire un’adeguata ridistribuzione della ricchezza verso i me-no abbienti.

I paesi affrontano queste complesse problematiche attraversouna varietà di istituzioni. In alcuni paesi per far fronte ai proble-mi di povertà più seri, di solito vigono programmi in grado di ga-rantire un reddito minimo per gli anziani, accessibili a determi-nate condizioni di reddito e, talvolta, anche di ricchezza. Tali pro-grammi disincentivano il lavoro, incoraggiano l’evasione fiscale escoraggiano il risparmio. Essi tendono a garantire soltanto un li-vello estremamente basso di reddito; sono sicuramente necessari,ma presentano forti limitazioni sia per gli svantaggi che produ-cono e sia perché trascurano altri bisogni.

Nella previdenza sociale generalmente vengono usati, in variecombinazioni, tre metodi ridistributivi. Alcuni paesi assicurano unminimo di pensione per quei lavoratori che hanno avuto una vi-ta lavorativa sufficientemente lunga. Ad esempio, questo è quan-to viene fatto in Cile. Altri paesi adottano un procedimento per ladeterminazione delle prestazioni dove è insito un elemento di pro-gressività. In un sistema a prestazione definita, questo può avve-nire attraverso formule che prevedono una progressività nelle pre-stazioni, come negli Stati Uniti, o attraverso un programma se-parato che preveda, ad esempio, il versamento di una cifra fissa(solo agli aventi diritto) senza avere quindi ulteriori effetti di ri-distribuzione nel resto del sistema. Così avviene in Argentina. Que-sti sistemi possiedono il vantaggio di non distorcere le decisionirelative al risparmio perché i risparmi ottenuti all’esterno del si-stema non incidono negativamente sulle prestazioni. E mentre al-cuni paesi si avvalgono esclusivamente dei prelievi contributivi ef-

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fettuati sulle buste paga colpendo soltanto i guadagni sui qualiviene calcolato l’ammontare della prestazione, altri paesi si affi-dano anche ad altre fonti di entrate fiscali che possono essere piùprogressive, come ad alcuni guadagni che non rientrano nel cal-colo della prestazione o a parte delle entrate provenienti dalla tas-sazione generale che possono essere finanziate con una tassa pro-gressiva sui redditi.

I lavoratori con redditi più elevati tendono a vivere più a lun-go dei lavoratori con redditi bassi. Pertanto, senza misure corret-tive, il sistema previdenziale favorisce una ridistribuzione di red-dito dalla fasce più povere a quelle più ricche. Il problema dellaridistribuzione del reddito merita, quindi, un’attenzione particola-re con una prospettiva che tenga conto della durata della vita. Ciòvuol dire che si deve per forza, da qualche parte, introdurre nelsistema la progressività perché, in un sistema lineare, come quel-lo introdotto con la riforma del 1995, chi ha redditi più alti si av-vantaggia a spese di chi ha redditi bassi. Inoltre, c’è da ritenereche i tassi di sostituzione probabilmente scenderanno via via chesi passa a livelli di reddito più elevati, il che costituisce un altroelemento a favore dell’introduzione di una qualche forma di pro-gressività nella determinazione della prestazione.

Gli economisti sostengono che non è possibile effettuarealcun tipo di ridistribuzione senza introdurre alcuna distorsionenel sistema degli incentivi. Evitare di introdurre distorsioni inuna parte del sistema di previdenza sociale, non serve se poi talidistorsioni vengono semplicemente spostate altrove. Il problemaè quello di trovare un equilibrio tra il grado di ridistribuzionedesiderato e le conseguenti perdite di efficienza dovute alle distor-sioni introdotte. Pertanto, è necessario prevedere forme di incen-tivazione che consentano di evitare eccessive distorsioni (come,ad esempio, accade in seno ad un sistema costruito senza tenerconto dell’intero arco della vita, per cui un anno si sovvenzionae l’anno successivo si tassa lo stesso lavoratore). Un’analisi com-parata dei metodi utilizzati per affrontare il problema è com-plessa e non ha prodotto finora una risposta semplice ed uni-voca. Se si ricorre ai minimi garantiti si generano forti distor-sioni con effetti che vanno a gravare su un numero inferiore di

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lavoratori; se si opta invece per una ridistribuzione più ampia,si generano minori distorsioni ma con effetti che gravano su unnumero maggiore di lavoratori. Da ciò si capisce la complessitàdi porre a confronto le due soluzioni.

È necessario ricordare che il sistema a contribuzione figu-rativa definita che è quello scaturito dalla riforma del 1995, hain sé effetti di ridistribuzione retroattivi senza meccanismi dicompensazione che tengano in considerazione che chi usufrui-sce di redditi più alti tende a vivere più a lungo di chi ha red-diti inferiori.

Alcuni sostengono che il sistema previdenziale non debbaavere alcuna esplicita funzione di ridistribuzione che, invece,deve essere attribuita alla tassazione annuale e ai meccanismipreposti ai trasferimenti. Si ritiene che questo non sia un modocorretto di affrontare il problema. Innanzitutto, perché, comegià spiegato in precedenza, la previdenza sociale contiene giàin sé forme di ridistribuzione, anche se non sono così evidenti.Il prelievo fiscale annuale e i trasferimenti non riescono a com-pensare ciò che dura per tutto l’arco di una vita. In secondoluogo, i provvedimenti basati su un reddito annuale solitamenteconsiderano il reddito totale (o, quanto meno, i redditi da lavoroo impresa e i redditi finanziari). La previdenza sociale tieneconto soltanto dei guadagni. Per cui rappresenta un mezzo ingrado di evitare l’introduzione diretta di distorsioni sulle deci-sioni relative al risparmio. Inoltre, nelle statistiche annuali è dif-ficile distinguere chi è povero da sempre e chi lo è provviso-riamente. È bene ricordare che, nel contesto della sicurezzasociale, il fine è quello di garantire dei tassi di sostituzione ade-guati, tenendo anche conto che il pensionato può avere altrefonti di guadagno. Sicuramente il livello dei tassi di sostituzionedeve adeguarsi anche al livello dei guadagni. E non si devedimenticare che i risultati politici dipendono da come si pon-gono i problemi. Presentare il problema della ridistribuzione intermini di adeguatezza dei tassi di sostituzione rispetto ai livellidei guadagni è cosa ben diversa dal chiedersi quanto dareall’anno agli anziani indigenti. Particolarmente allarmanti sonoquelle proposte che possiedono pochi effetti di ridistribuzione

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ma vengono presentate con la possibilità che forse, per quantoriguarda la ridistribuzione dei redditi, qualcosa si farà in seguito.Si recepisce che, con tutta probabilità, in seguito non sarà fattoniente per risolvere il problema.

3.2 Vedove e vedovi

I lavoratori muoiono, talvolta prima e talvolta dopo l’età dipensionamento. Quindi, è importante che il sistema contempli del-le forme di protezione per il coniuge del lavoratore. Tali provve-dimenti sono ovviamente essenziali per la protezione del coniugeche non lavora. Anche se sono importanti nel caso in cui entrambii coniugi hanno lunghe carriere lavorative. Per semplificare, si con-sidera soltanto la situazione della morte del lavoratore dopo il pen-sionamento, presupponendo che il coniuge superstite abbia giàraggiunto l’età minima per usufruire delle prestazioni pensionisti-che. A questo punto nascono due problemi. Il primo è quello del-l’ammontare delle prestazioni cui il superstite dovrebbe aver di-ritto rispetto alle prestazioni ricevute quando entrambi i coniugierano in vita. Il secondo è quello di come finanziare le prestazio-ni elargite ai superstiti, un problema legato alla ridistribuzione tralavoratori, poiché, nel decidere quali siano i lavoratori con biso-gni più pressanti di altri, si deve tenere conto della dimensionefamiliare.

Anche se è vero che il costo della vita per due persone nonè inferiore a quello di una persona sola, è anche vero che duepersone che vivono in coppia possono sfruttare economie di sca-la non sfruttabili da due persone separate. In particolare, questoè il caso di anziani che vivono da soli, lontano dai loro figli. Ne-gli Stati Uniti, è più che evidente che generalmente le personeanziane che possono permetterselo preferiscono vivere separatidai loro figli, così come lo preferiscono i figli quando hanno ta-le possibilità. In linea di massima, il sistema previdenziale degliStati Uniti riconosce ad un superstite il diritto a una somma chevaria dalla metà ai 2/3 della prestazione che la coppia riceveva inprecedenza (variabile a seconda dell’età in cui si sono reclamati

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i diritti alle prestazioni). Tuttavia, non vi è nessuna giustificazio-ne logica su come tale calcolo viene determinato negli Stati Uni-ti. Ricerche sul costo della vita sembrano stabilire che, per man-tenere lo stesso tenore di vita, una persona rimasta sola necessi-ta approssimativamente di circa il 70% di quanto la coppia per-cepiva in precedenza. È importante, quindi, che il sistema previ-denziale possa provvedere all’incirca nella misura che si evincedalle ricerche.

Una parte importante per finanziare tali prestazioni si ottie-ne adeguando le prestazioni del lavoratore (o di entrambi maritoe moglie se entrambi lavorano) in considerazione delle prestazio-ni da elargire ai superstiti. La soluzione più radicale porterebbe avalutare il costo atteso delle prestazioni da elargire ad un lavora-tore e al suo superstite equivalente al costo che si avrebbe avutose i due coniugi non fossero stati sposati. Tuttavia, così facendosi assume che la ridistribuzione tra singoli e sposati non dovreb-be tener conto dello stato coniugale. E ciò non sembra essere unprincipio universalmente riconosciuto. All’altro estremo vi è la so-luzione adottata negli Stati Uniti in cui le prestazioni erogate alconiuge e al superstite non comportano nessun costo per il lavo-ratore, un approccio fortemente criticato. Qualche compromessopuò essere facilmente raggiunto. In conclusione, generalmente glieconomisti sostengono che sia ragionevole erogare prestazioni ade-guate ai superstiti, però in misura inferiore a quelle erogate al la-voratore.

In Italia, le pensioni ai superstiti riducono quelle erogate ailavoratori, ma l’entità delle prestazioni dipende anche dal redditocomplessivo del superstite. Questa soluzione non considera inve-ce abbastanza le necessità del superstite rispetto a quelle della cop-pia. Un approccio migliore sarebbe quello di effettuare la ridistri-buzione in modo che copra sia il periodo in cui entrambi i co-niugi sono in vita sia il periodo in cui ne rimane uno solo. Le nor-me che regolano le prestazioni per le vedove devono essere rivi-ste. Questi problemi relativi alla determinazione delle prestazionisono importanti e sarebbe bene affrontarli al più presto altrimentile aspettative si consolidano e una riforma diventa politicamentetroppo difficile.

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4. - Commenti conclusivi

Vista la insostenibilità del precedente sistema, le prime rifor-me si sono dovute concentrare sul livello delle prestazioni eroga-te. Tuttavia, il legislatore può apportare miglioramenti al sistemasenza necessariamente modificare i livelli medi delle prestazioni.

Si dovrebbero modificare velocemente le prestazioni pensio-nistiche anche perché, dovendole probabilmente ridurre rispettoalle attuali, se non si agisce al più presto, le aspettative da essecreate si radicano sempre più profondamente. Inoltre, nel rifor-mare il sistema, è bene considerare fin dall’inizio, tutti gli aspet-ti ad esso connessi, compresi dettagli quali il trattamento riser-vato alle vedove, perché sarà molto più difficile trovare soluzionia questi problemi quando il dibattito probabilmente diventerà piùacceso e conflittuale. Con aliquote contributive già così elevate,un miglioramento delle prestazioni, significherebbe probabilmen-te un aumento delle pensioni di determinate categorie a danno dialtre. Quindi, modifiche di questo genere vanno fatte con largoanticipo.

Così come al più presto si devono risolvere le difficoltà fi-nanziarie che tuttora affliggono il sistema. Per i politici di oggisarebbe più comodo soprassedere e aspettare lo scoppio di unacrisi ma i problemi del domani sarebbero molto più pesanti.

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BIBLIOGRAFIA

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