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RELAZIONE DI RICERCA Dalla blockchain all’edge computing: la ricerca di HP sugli attuali trend della tecnologia IT HP ha condotto una ricerca su 1.200 professionisti nel settore IT provenienti da una combinazione di aziende di grandi e piccole dimensioni con sede nel Regno Unito, in Francia, in Germania, in Italia, in Spagna, nel Benelux e nei Paesi nordici. I risultati completi sono illustrati in questa relazione.

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R E L A Z I O N E D I R I C E R C A

Dalla blockchain all’edge computing:

la ricerca di HP sugli attuali trend della tecnologia IT

HP ha condotto una ricerca su 1.200 professionisti nel settore IT provenienti da una combinazione di aziende di grandi e piccole dimensioni con sede nel Regno Unito, in Francia, in Germania, in Italia, in Spagna, nel Benelux e nei Paesi nordici. I risultati completi sono illustrati in questa relazione.

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Index

Cognitive computing

Contesto di mercato sui risultati del cognitive computing

Edge computing

Contesto di mercato sui risultati dell’edge computing

Esperienza immersiva

Contesto di mercato sui risultati dell’esperienza immersiva

Quantum computing

Contesto di mercato sui risultati del quantum computing

IoT

Contesto di mercato sui risultati dell’IoT

Blockchain

Contesto di mercato sui risultati della blockchain

Introduzione

Una panoramica sulla ricerca e sui motivi per cui abbiamo selezionato queste sei tendenze

Conclusione

Riepilogo degli insegnamenti tratti dalla ricerca

Risultati completi

Infografica riassuntiva dei punti salienti della ricerca

Riepilogo della ricerca

Un quadro sintetico dei ruoli e delle aree geografiche analizzati nella ricerca

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È difficile fare previsioni, soprattutto su un futuro non troppo vicino

Si dice che il futuro non è scritto, ma non ci si può certo affidare al fato quando si scelgono le tecnologie su cui investire. Si continuano a pubblicizzare numerose tecnologie, ma una buona parte svanisce rapidamente, lasciando gli early adopter praticamente al verde, con strumenti inutili.

In tale prospettiva, HP ha deciso di intervistare gli influencer in prima linea nel settore IT, domandando loro quali trend tecnologici emergenti potrebbero avere il maggiore impatto nei prossimi cinque anni e quali aspetti potrebbero potenzialmente ostacolare tali tendenze. Affinché il campione fosse il più ampio possibile, abbiamo generato i dati di questa relazione conducendo ricerche tra 1.200 professionisti provenienti da una combinazione di aziende di grandi e piccole dimensioni, con sede nel Regno Unito, in Francia, in Germania, in Italia, in Spagna, nel Benelux e nei Paesi nordici. Le posizioni lavorative spaziavano dagli amministratori delegati agli addetti all’assistenza, passando per responsabili IT, direttori IT (17%), manager IT (25%) e amministratori di rete (16%); le aziende variavano da 50 a oltre 5.000 dipendenti.

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I sei trend emergenti più importanti del momento

Abbiamo selezionato sei trend emergenti basandoci sulla loro preminenza e sul potenziale per rivoluzionare le pratiche commerciali durante il prossimo quinquennio: blockchain, cognitive computing, tecnologie immersive come realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR), edge computing, Internet delle cose e quantum computing.

Per cominciare, siamo già circondati dall’Internet delle cose (Internet of Things o IoT), ma poiché l’espansione del business sarà sempre più potenziata dalla raccolta e dallo scambio di dati, l’influenza dell’IoT sulla gestione di tali dati continuerà ad aumentare.

L’IoT genera già un numero incredibile di dati, quindi, per poterlo sfruttare al meglio, dovremo vagliarli e ordinarli: questo processo richiede un’elevata potenza di elaborazione. È qui che entra in gioco l’edge computing: una volta che i big data diventeranno colossali, questa tecnologia diventerà indispensabile per la loro comprensione.

Il cognitive computing, o intelligenza artificiale (IA), rimane una super intelligenza narrow-casting in quanto eccelle in alcune cose, mentre in altre non soppianterà mai gli uomini. Tuttavia, con il progresso delle reti neurali, le macchine inizieranno a migliorare il processo decisionale degli uomini in maniere inedite e inaspettate.

Le esperienze immersive esistono da un po’ di tempo, ma la loro visione è prevalentemente distorta e limitata all’intrattenimento, e quindi sono spesso erroneamente confinate alle

applicazioni di formazione. Tuttavia, esistono numerose applicazioni pratiche nel commercio e nell’industria, già adottate dalle aziende più smart.

In netta contrapposizione con le esperienze immersive, la blockchain è pubblicizzata incessantemente, ma poco compresa. Fondamentalmente, grazie alla blockchain i nostri dispositivi possono comunicare tra loro in modo intelligente, rapido e più sicuro. Tuttavia, questo cosiddetto organismo digitale può offrire molto di più: c’è chi dice che un giorno qualunque cosa verrà tokenizzata e connessa da una blockchain.

Arriviamo alla computazione quantistica, la tecnologia più lontana dall’applicazione quotidiana. Tuttavia, quando arriverà il suo momento, sconvolgerà ogni nostra certezza: prima o poi, l’incredibile velocità del computer quantistico spazzerà via il modo tradizionale di fare business e sfiderà l’idea stessa che abbiamo di sicurezza informatica.

Prima di pensare di poter tagliare il traguardo del computer quantistico, dobbiamo però orientarci nel futuro più prossimo a noi, distinguendo tra aspettative inverosimili e previsioni realistiche. In questa relazione è presente un quadro sintetico delle opinioni degli influencer IT della regione EMEA sulle tecnologie che hanno la maggiore probabilità di trasformare le nostre vite lavorative nei prossimi cinque anni e sugli ostacoli che ne stanno attualmente trattenendo l’implementazione. L’obiettivo è quello di fornire indicazioni sulla direzione che prenderà il mercato.

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Mancanza di comprensione della tecnologia

Processi aziendali interni

Risposta dell’alta dirigenza

Atteggiamento dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Non so

Ostacoli - BINDICATORI

18%

21%

25%

21%

14%

Ostacoli - PER POSIZIONE LAVORATIVA

15%22%29%27%7%

26%18%27%25%4%

23%22%19%16%19%

DIRETTORE IT VICE PRESIDENTE IT/RESPONSABILE IT

TITOLARE/AMMINISTRATORE DELEGATO/PRESIDENTE

Qual è il più grande ostacolo che impedisce alle aziende di adottare nuove tecnologie?

Risultati completi

Quali tendenze tecnologiche avranno il maggiore impatto sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

49%

39%

35%

29%

25%

23%

EDGE COMPUTING

COGNITIVE COMPUTING

BLOCKCHAIN

ESPERIENZA IMMERSIVA

QUANTUM COMPUTING

INTERNET DELLE COSE

14%Non so

42%Maggiore produttività

16%Minore produttività

28%Produttività invariata

La nuova tecnologia aumenterà la produttività?

*In base alla percentuale di professionisti che ha valutato l’impatto di ognuna di queste tecnologie con 5 o 6 punti assegnati su 6. ** La presente è un’aggregazione di tutte le tendenze, ad eccezione del quantum computing, perché questa tecnologia non è ancora matura.

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Blockchain

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Che cos’è la blockchain e com’è realmente impiegata attualmente?

Quando, nel 2008, Satoshi Nakamoto scrisse il whitepaper sui bitcoin1, lui, o lei, o loro (l’identità di Nakamoto rimane un mistero) probabilmente non immaginavano quale sarebbe stato l’impatto della blockchain, la tecnologia alla base dei bitcoin. È giusto dire che, nello schema globale delle cose, le criptovalute giocano un ruolo secondario rispetto al “libro mastro digitale” che le rende possibili. Almeno per il momento, la blockchain viene “venduta” come una tecnologia adatta a contrastare le frodi, a stabilire una provenienza attendibile dei prodotti per eliminare gli errori umani e ad aumentare la trasparenza e la rendicontabilità, oltre a costituire una buona base per una migliore gestione delle identità.

La blockchain è fondamentalmente un enorme foglio di calcolo decentralizzato che registra le transazioni in maniera cronologica e pubblica e che necessita di un complicato processo di chiavi private, nodi di transazione e “minatori” per registrare in sicurezza tutte le transazioni. Nonostante la complessità, varie aziende hanno sviluppato applicazioni basate su questa tecnologia. Se non altro, la blockchain sta contribuendo all’innovazione nei servizi finanziari, nelle catene di approvvigionamento, nei trasporti, nel settore energetico, nell’assistenza sanitaria, nello sviluppo di software e nella giurisprudenza. Com’è emerso dal recente sondaggio globale sulla blockchain di Deloitte, 20182, “l’attenzione si sta spostando dall’apprendimento e dall’esplorazione del potenziale della tecnologia, verso l’identificazione e la creazione di applicazioni pratiche per le aziende”.

Oltre a una serie di attività nel settore dei servizi finanziari, le applicazioni possibili spaziano dalla gestione dei punti fedeltà dei consumatori (Singapore Airlines ha intenzione di implementare uno schema blockchain3 per registrare miglia e premi per i viaggiatori abituali) al controllo delle reti IoT (Cisco ha lavorato a una tecnologia blockchain per gestire la sicurezza IoT4).

Come suggerisce Gartner nei suoi ultimi risultati su Hype Cycle5, la blockchain potrebbe rappresentare “una rivoluzione per i principali protagonisti della sicurezza dei dati, in quanto ha il potenziale per aumentare la resilienza, l’affidabilità, la trasparenza e la fiducia nei sistemi centralizzati”. E in effetti si tratta di qualità che sarebbero auspicabili per qualsiasi settore.

“La blockchain è al centro del Web 3.0, che di per sé è ancora allo stato embrionale; le due tecnologie cresceranno in modo rapido e in parallelo, in quanto la blockchain semplifica

l’utilizzo delle app distribuite, pur consentendone il pieno controllo”.

– partecipante al sondaggio

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Che impatto avrà tale tecnologia sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

Secondo gli esperti di tecnologia, la blockchain può rivelarci come funzioneranno le imprese del futuro, dove prenderanno piede gli ecosistemi digitali e quali saranno i processi basati su piattaforme. Le opinioni attuali guardano all’automazione guidata dai dati, che d’altra parte però evoca anche il problema della sicurezza e della responsabilità. In questo caso la blockchain può essere una panacea? Sebbene non manchino i segnali di avanzamenti in questo senso, l’adozione per adesso è stata frammentaria: probabilmente è questo il motivo per cui ben pochi partecipanti al nostro sondaggio (il 29%) ritengono che la blockchain sarà la tecnologia che più di tutte rivoluzionerà il contesto lavorativo nei prossimi cinque anni, specialmente rispetto ad altre tendenze come il Cognitive Computing.

Ovviamente, e non senza buone ragioni, nessuno azzarda previsioni sulla portata di una tecnologia così acerba; tuttavia, oltre la metà dei partecipanti ritiene che avrà delle ripercussioni sul settore. La blockchain si ritrova così in linea con le tecnologie di esperienza immersiva, un’altra realtà che sta lentamente prendendo piede, ma principalmente grazie all’intraprendenza di alcuni “early adopter”, in prevalenza nel settore manifatturiero.

Per quanto riguarda la blockchain, il mercato è ancora molto frammentato, ma, almeno in apparenza, è piuttosto sorprendente scoprire dal sondaggio che il Benelux è l’area geografica più entusiasta sul futuro della blockchain: il 74% degli intervistati di quell’area geografica ritiene infatti che avrà delle ripercussioni nei prossimi cinque anni.

D’altra parte, se si indaga più a fondo, è piuttosto logico: nel Benelux si concentrano diverse parti interessate — sostenute dalla recente costituzione dell’EU Blockchain Observatory and Forum6 — e numerose aziende7 — come B-Hive, la Luxembourg House of Financial Technology e la Blockchain Dutch Coalition — che hanno recentemente iniziato a collaborare, con lo scopo di incentivare lo sviluppo della tecnologia. La blockchain, almeno per il momento, occupa una posizione di rilievo in questa area geografica, ma il suo futuro è ancora tutto da scoprire.

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Tra tutti i Paesi del sondaggio, l’Italia è stato quello più d’accordo con questa idea: il 44% dei suoi intervistati prevede un aumento della produttività. Al contrario, il Regno Unito è stato il più scettico: il 40% ritiene che la produttività rimarrà invariata. È interessante notare che metà dei protagonisti IT di tutti i settori concorda con l’Italia, forse indice del fatto che i professionisti IT comprendono appieno la complessità e ricchezza della blockchain, e riescono a vedere oltre l’attuale confusione. Dal punto di vista tecnico, la blockchain infatti è un sicuro motivo di entusiasmo all’interno dell’area di ricerca e sviluppo IT.

La blockchain aumenterà la produttività?

Prevedere quale sarà l’effettivo miglioramento in termini di produttività è molto difficile, in quanto qualsiasi soluzione basata su blockchain è relativamente immatura. Molte di queste soluzioni, tuttavia, si concentrano sul controllo e la tracciabilità, rivolgendosi ai processi ad alta intensità di manodopera. È interessante notare che PwC ha recentemente ampliato questo concetto, arrivando a suggerire il modo con cui la blockchain potrebbe aiutare le risorse umane e incidere sul mondo del lavoro8: la blockchain potrà migliorare la produttività tramite l’automatizzazione sicura dei compiti di routine.

La capacità della blockchain di migliorare la produttività divide: il 35% dei partecipanti al sondaggio afferma che non farà la differenza, mentre il 35% afferma che migliorerà la produttività. D’altra parte, un convinto 15% ritiene addirittura che ridurrà la produttività, forse come conseguenza della sfida che le nuove tecnologie e la trasformazione digitale pongono sul piano delle abilità.

Non soMinore produttività Maggiore produttività Produttività invariata

“La blockchain automatizzerà tantissimi processi, facendo

risparmiare tempo e risorse, che sarà quindi possibile impiegare per svolgere molte altre attività”.

– partecipante al sondaggio

15%

16% 35%

35%

Che impatto avrà la blockchain sulla produttività

all’interno dei contesti lavorativi?

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Cosa frena la tecnologia?

Ovviamente, il fatto che manchi una conoscenza tecnologica adeguata è più che comprensibile. È anche logico pensare che i processi aziendali interni non si trovino nella migliore posizione per rispondere alle sfide. La blockchain cambierà i processi, in particolare per quanto riguarda la contabilità e il tracciamento dei prodotti.

Le opinioni dei partecipanti al sondaggio erano quindi in qualche modo giustificate: diversi motivi frenano la blockchain e ognuno influenza l’altro, indice di una tecnologia che non avrà ripercussioni solo su pochi uffici, ma sul modo di pensare e di lavorare quotidiano delle intere aziende.

Come la maggior parte delle tecnologie emergenti, la blockchain è vittima della sua stessa fama. È piuttosto comune contrapporre l’aspettativa alla realtà, ma la blockchain è anche una tecnologia estremamente complicata per essere compresa pienamente. È anche alla base delle criptovalute, percepite — nel migliore dei casi — in maniera ambivalente. La percezione di una tecnologia è un aspetto importantissimo, almeno a livello dirigenziale: blockchain, nonostante tutto il suo potenziale, soffre degli alti e bassi di Bitcoin e di Ethereum e del legame con gli hacker, il dark web e i minatori illegali di criptovalute.

Non sorprende quindi che il 32% degli esperti in tecnologia ritiene che la blockchain sia attualmente frenata dall’alto, anche se in Francia, per il 27% dei partecipanti al sondaggio, i motivi principali sono la mancanza di comprensione e di apertura dei dipendenti nei confronti di tale tecnologia.

“Non esiste una vera applicazione pratica per la blockchain e

l’implementazione è piuttosto complessa. Fondamentalmente, la tecnologia non è ancora pronta

per il grande pubblico”. – partecipante al sondaggio

21%25%

Mancanza di comprensione della

tecnologia

Non soAtteggiamento dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Processi aziendali interni

23% 14%23%

Risposta dell’alta dirigenza

Quale fattore ha la maggiore probabilità di impedire l’integrazione della blockchain nei contesti lavorativi?

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“La blockchain è una soluzione in cerca di un problema”, afferma Howard Roberts, esperto di tecnologia di HP. Ma aggiunge anche che potrà comunque diventare una tecnologia di successo. Occorrerà del tempo affinché possa evolversi in applicazioni specialistiche e conquisti la fiducia.

“Offre un enorme potenziale in termini di tracciabilità per la supply chain”, aggiunge Roberts, “in quanto può consentire di verificare la provenienza degli articoli e garantire l’assenza di parti contraffatte. Non ho problemi a immaginare l’implementazione della blockchain nella nostra catena di distribuzione”.

Roberts ritiene inoltre che questa tecnologia possa essere impiegata per gestire le transazioni nel caso dei prodotti a noleggio, come i Device as a Service (DaaS), ma anche per monitorare i dispositivi utilizzati all’interno di tali servizi. Si tratta comunque di un potenziale vantaggio collaterale, poiché Roberts ritiene che le principali applicazioni restano le piattaforme valutarie e di pagamento.

È interessante notare che il servizio cloud di Alibaba9 ha recentemente lanciato blockchain-as-a-service, riducendo le barriere per le imprese interessate a lavorare con tale tecnologia.

“La tecnologia ha applicazioni evidenti, ma occorre del tempo”, conclude Roberts.

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Quali conclusioni possiamo trarre?

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Cognitive computing

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Che cos’è il cognitive computing e com’è realmente impiegato oggi?

L’intero concetto di un computer che pensa autonomamente viene considerato dai più come spaventoso: non a caso, siamo bombardati da libri e film che narrano di intelligenze artificiali che si impadroniscono del mondo. Pertanto, i sondaggi incentrati sull’impatto potenziale della computazione cognitiva devono tener conto dei pregiudizi e dei labili confini tra la singolarità tecnologica e un sofisticato motore di analisi dei dati. Quasi tutti hanno un’opinione sull’intelligenza artificiale anche se non la comprendono davvero e questo influenza la percezione dell’intero concetto del cognitive computing.

Mentre i luminari come Elon Musk si concentrano sull’intelligenza artificiale e sulla futurologia (Musk ha recentemente annunciato che si sta dedicando allo sviluppo di un prodotto in grado di trasformare ogni essere umano in un superuomo1), per il prossimo futuro il ruolo del cognitive computing nella vita di tutti i giorni sarà indubbiamente più ordinario, ma al contempo di estrema utilità. Infatti, poiché consente a un computer costruito con algoritmi di apprendimento automatico di “imparare” da grandi quantità di dati, identificando schemi e suggerendo possibili azioni, la computazione cognitiva può potenzialmente risolvere problemi alquanto complessi.

“Il cognitive computing è essenzialmente automazione al cubo e influirà su operazioni

ripetitive e dispendiose in termini di tempo”.

– partecipante al sondaggio

Watson di IBM è uno dei computer cognitivi più noti: ha fatto la sua prima apparizione pubblica importante nel 2011, partecipando al programma televisivo statunitense Jeopardy!, dove ha sconfitto due campioni leggendari2 e ha vinto il primo premio di un milione di dollari. Watson è già impiegato nelle previsioni meteorologiche3 e nell’assistenza sanitaria, dove, tra le altre cose, si occupa della scoperta di nuovi farmaci4. Il cognitive computing è un campo in rapido sviluppo: DeepMind di Google, CognitiveScale e i Cognitive Services di Microsoft sono solo alcuni dei prodotti delle aziende che studiano e sviluppano macchine in grado di pensare. Data la mole di dati generati in quasi tutti i settori (al ritmo attuale5, ogni giorno creiamo 2,5 quintilioni di byte di dati), avremo sicuramente bisogno di computer cognitivi per venirne a capo. Altrimenti, che senso ha una tale quantità di dati?

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Che impatto avrà questa tecnologia sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

Un terzo dei partecipanti al sondaggio ritiene che, nei prossimi cinque anni, il cognitive computing sarà la tendenza tecnologica che avrà il maggiore impatto sul lavoro. È un’ipotesi fondata, se si prendono in considerazione la rapida ascesa dell’apprendimento automatico e la proliferazione dei dati attraverso dispositivi e reti IoT. Tuttavia, non è così facile determinare se questo impatto sarà positivo o negativo, perché nella maggior parte dei casi sarà entrambe le cose.

L’idea che l’automazione attraverso macchine sempre più intelligenti eliminerà posti di lavoro continua a fare notizia. Secondo un recente studio OCSE6, il 47% dei posti di lavoro negli Stati Uniti e il 35% dei posti di lavoro nel Regno Unito sono “ad alto rischio”, quindi è comprensibile che le persone considerino la tecnologia cognitiva una minaccia. Tuttavia, è anche un’opportunità per incrementare i posti di lavoro esistenti. In combinazione con i dati IoT, ad esempio, il cognitive computing può potenzialmente generare informazioni su qualsiasi cosa, dall’analisi del traffico ai difetti di progettazione nelle turbine eoliche, per poi suggerire soluzioni. Grazie al cognitive computing molti lavoratori, indipendentemente dal settore di appartenenza, potranno svolgere più facilmente le proprie attività lavorative, diventando allo stesso tempo più dinamici e innovativi.

“Una macchina in grado di ragionare e dedurre senza farsi

distrarre o influenzare dal vortice delle emozioni sarà ovviamente più efficiente; inoltre, in futuro,

senza l’intelligenza artificiale non funzionerà nulla”.

– un partecipante al sondaggio

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Il cognitive computing aumenterà la produttività?

Il sondaggio non lascia spazio a dubbi in merito al tema della produttività. Un eclatante 45% degli intervistati crede che il cognitive computing aumenterà la produttività, ma naturalmente sono necessarie delle precisazioni. Per cominciare, il cognitive computing renderà superflui alcuni ruoli amministrativi più ordinari. Nella maggior parte dei casi non coinvolgerà ruoli di maggiore rilievo. Le aziende ricorreranno alla tecnologia cognitiva per risolvere problemi complessi e aumentare la competitività attraverso l’innovazione, migliorare la sicurezza o personalizzare ulteriormente prodotti e servizi. Gran parte di questo lavoro porterà all’incremento della quantità di impieghi attuali, se non addirittura alla creazione di nuove occupazioni oltre a quelle già esistenti.

Non soMinore produttività Maggiore produttività Produttività invariata

“Se non si comprende appieno la tecnologia, a risentirne sarà la produttività

a causa della curva di apprendimento; inoltre, i costi proibitivi di tale tecnologia renderanno a loro volta la mia azienda

meno produttiva rispetto a quelle che se la possono permettere”. – un partecipante al sondaggio

15%

15% 45%

35%

Che impatto avrà il cognitive computing sulla produttività all’interno dei contesti lavorativi?

I partecipanti al sondaggio provenienti da aziende di grandi dimensioni sono più inclini a ipotizzare un balzo in avanti nella produttività (51%); questa percentuale aumenta ulteriormente nelle aziende francesi di grandi dimensioni (59%). Il motivo non dovrebbe sorprenderci: semplificando, un maggior numero di dati si traduce in analisi più accurate e migliori informazioni e azioni. Un grande supermercato, ad esempio, sarebbe in grado di comprendere meglio i clienti di una cittadina rispetto a un piccolo negozio di alimentari: è tutta una questione di scala.

Naturalmente, le aziende potranno fare usi diversi dei dati e dell’intelligence che ne deriverà e senz’altro sarà l’interpretazione umana a determinare l’utilità o il successo dell’analisi cognitiva. Ciò

significa che aumenterà la produttività delle singole persone, o che, al contrario, saranno le aziende nel loro insieme ad essere più produttive, agili ed efficienti? Solo il tempo ci darà delle risposte. Come indicato da oltre un quarto dei partecipanti al sondaggio, nei prossimi cinque anni la produttività rimarrà probabilmente invariata e in generale potrebbero avere ragione. Sicuramente dovremmo considerare la questione delle competenze: l’apprendimento di nuovi sistemi, nonché la creazione e la gestione di nuovi processi da parte dei lavoratori e dei dipartimenti, richiederanno tempo. Quindi, per certi versi, la produttività potrebbe diminuire per poi risalire, almeno entro un arco di cinque anni. Quasi certamente alcune tipologie di lavoro assisteranno prima a questo cambiamento. In particolare, la ricerca nel settore sanitario è un ambito che accoglierà sempre di buon grado l’incremento della produttività, aspetto che, almeno per il momento, sembra attirare grande attenzione.

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Cosa frena la tecnologia?

La carenza di dati non sembra essere un problema. Il 21% dei partecipanti al sondaggio punta piuttosto il dito contro la mancata comprensione della tecnologia.

Complessivamente, quasi il 50% dei partecipanti al sondaggio concorda che a trattenere il cognitive computing sono le azioni dell’alta dirigenza relative all’implementazione o il comportamento dei dipendenti nei confronti della tecnologia. I motivi sono chiari.

In primo luogo, il cognitive computing è ancora una novità e le applicazioni non sono immediatamente disponibili. L’implementazione dei sistemi di cognitive computing sarà costosa e rivoluzionaria, quindi richiederà valutazioni e pianificazioni accurate, in particolare nelle aziende affermate, con sistemi legacy.

“In gran parte, la forza lavoro si opporrà al cognitive computing per paura di essere sostituita e di non

comprenderlo appieno, e quindi non si sforzerà di interagire con esso”.

– un partecipante al sondaggio

14%21%24% 18%

Mancanza di comprensione della tecnologia

Non soAtteggiamento dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Processi aziendali interni

24%

Risposta dell’alta dirigenza

Quale fattore ha la maggiore probabilità di impedire l’integrazione del cognitive computing nel contesto lavorativo?

I sistemi cognitivi possono, ad esempio, moltiplicare la produzione e i profitti? Dove sono i casi d’uso?

In secondo luogo, le imprese con processi ad alta intensità di manodopera e una forza lavoro minacciata dal digitale dovranno affrontare un lungo programma di riqualificazione o di acquisizione di talenti, una sfida che si prospetta lunga e complicata.

È difficile stabilire una strategia con obiettivi validi e raggiungibili, soprattutto se incide sull’occupazione e richiede nuove competenze. Il cognitive computing sarà di certo più appetibile quando verrà chiarito per tutti e quando miglioreranno le soluzioni basate sul cloud specifiche per il settore.

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Quali conclusioni possiamo trarre?

Il tasso di adozione dipenderà dai settori verticali. Nella sanità e nella sicurezza informatica, ad esempio, il cognitive computing sta già facendo passi da gigante e, come suggerisce Howard Roberts, esperto di tecnologia di HP, “la tecnologia è arrivata a un punto di svolta”.

Grazie alla capacità di elaborare quantità incredibili di dati, gli elementi del cognitive computing, come l’apprendimento automatico, saranno sempre più indispensabili. L’apprendimento automatico viene già impiegato nei sistemi di rilevamento delle frodi o in oncologia; inoltre, i produttori di software di sicurezza ne stanno valutando le possibilità di utilizzo nei sistemi avanzati di rilevamento del malware.

“È comprensibile che le persone siano spaventate dal cognitive computing, in quanto lo associano all’automazione e alla perdita di posti di lavoro”, afferma Roberts, “ma in realtà assisteremo a un impiego sempre più diffuso di strumenti cognitivi integrati nei sistemi di riconoscimento facciale e delle immagini, ad esempio. Il cognitive computing si svilupperà a ritmi diversi in differenti settori, ma è già qui e sta facendo cose incredibili. Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci di formare gli utenti e di riqualificare la forza lavoro per consentirne la diffusione e per sfruttare al meglio le opportunità che si verranno inevitabilmente a creare”.

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Edge computing

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Che cos’è l’edge computing e com’è realmente impiegato attualmente?

“Ottimizzerà il flusso di dati dai nostri dispositivi IoT e fornirà analisi in tempo

reale dei dati locali. Di conseguenza, potremo reagire più rapidamente ai

cambiamenti nel mercato dell’energia o nei modelli meteorologici, così importanti per

l’efficienza della nostra economia”. – partecipante al sondaggio

Oggi sono in funzione circa 17 miliardi1 di dispositivi connessi, mentre i dispositivi IoT ammontano a sette miliardi. Entro il 2025, si prevede che i dispositivi connessi supereranno i 34 miliardi, di cui 12,5 miliardi saranno dispositivi IoT. Ciascuno di questi dispositivi genererà enormi quantità di dati, quindi una delle maggiori sfide per tutte le aziende e organizzazioni sarà gestire i flussi di dati, interpretarli e mettere in atto risposte sufficientemente veloci per evitare problemi o cogliere risultati positivi.

L’edge computing è pensato per affrontare sfide di questo tipo in ogni situazione in cui l’elaborazione dei dati soffre problemi di latenza. L’edge computing è fondamentalmente un’architettura IT aperta e distribuita, che permette di decentralizzare la potenza di calcolo e di elaborare i dati a partire dal dispositivo stesso, da un computer o da un server locale: di conseguenza, non è necessario trasmettere i dati a un data center per l’analisi. Le azioni sono elaborate (idealmente in tempo reale) all’origine, riducendo la latenza e accelerando il processo decisionale.

Sebbene l’edge computing non sia indispensabile in ogni scenario, in alcuni casi, come per i veicoli autonomi e l’assistenza sanitaria, potrebbe rivelarsi molto utile. L’elaborazione veloce dei dati potrebbe fare una notevole differenza e si rivela utile anche se non è necessario inviare i dati a un data center e memorizzarli. L’edge computing potrebbe determinare le operazioni necessarie,

semplificando la gestione dei dati e facendo quindi risparmiare, ad esempio, i costi operativi e di memorizzazione.

Un esempio di applicazione dell’edge computing è il settore dei servizi di pubblica utilità, che si affida sempre di più alle reti intelligenti per gestire l’offerta e la domanda all’interno di una vasta gamma di fonti energetiche. Un altro esempio, anche se ancora ai primi passi, è quello dei veicoli autonomi, per i quali l’edge computing è essenziale. In sostanza, questa tecnologia troverà terreno fertile in ogni situazione in cui sono presenti enormi quantità di dati da filtrare ed elaborare a livello locale (pensiamo ad esempio alla gestione del traffico).

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Che impatto avrà tale tecnologia sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

Dopo l’IoT, l’edge computing potrebbe essere la tecnologia con la maggior probabilità di avere ripercussioni importanti nei prossimi cinque anni. Ben il 75% dei partecipanti al sondaggio ritiene infatti che l’edge computing avrà almeno un certo impatto, in quanto potrà risolvere alcuni problemi urgenti dei dati, in particolare relativi alla latenza. Nonostante si pensi, e non a torto, che l’IoT avrà un impatto importante, è ragionevole pensare che le preoccupazioni delle aziende si rivolgeranno in seguito alle pipeline dei dati e ai potenziali problemi di archiviazione e latenza.

Secondo il sondaggio, questa tecnologia ha particolare risonanza nei Paesi nordici e nel Benelux. È piuttosto logico che l’edge computing sia considerato una tecnologia promettente in tali aree, poiché qui prospera la produzione di automobili e dispositivi IoT (l’UE è il secondo maggiore produttore di automobili al mondo2 e Paesi come Svezia, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi e Norvegia dominano la top ten del Global Connectivity Index3).

L’edge computing è una soluzione a vari problemi relativi ai dati, attuali e futuri, in particolare nel contesto dell’IoT e della produzione di veicoli. Ma non solo: l’edge computing potrebbe essere una soluzione utile, ad esempio, per un’azienda che raccoglie dati da sensori alla periferia del cloud e si ritrova sommersa dalle informazioni, incapace di fornire risultati ai propri utenti finali alla velocità che si aspettano.

“Avvicinerà la potenza di elaborazione e le capacità di problem solving dei computer,

per rendere questi strumenti più accessibili all’azienda media.”– partecipante al sondaggio

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Non soMinore produttività Maggiore produttività Produttività invariata

“L’efficienza dell’elaborazione sia nel mondo reale che in quello virtuale

richiederà un’analisi approfondita dei nostri processi per individuare quali siano centrali

e quali debbano essere elaborati alla periferia. Rivolgendo una minore

attenzione al centro e spostando i punti critici in periferia, avremo maggiori livelli di

affidabilità e reattività, nonché tempi di risposta più rapidi.”– partecipante al sondaggio

Che impatto avrà l’edge computing sulla produttività all’interno dei contesti lavorativi?

14% 64% 19%

2%

L’edge computing aumenterà la produttività?

L’ottimizzazione della gestione dei dati provenienti da numerosi dispositivi connessi fa parte della natura stessa dell’edge computing. Quindi, almeno in teoria, il suo scopo è quello di migliorare la produttività, aiutando aziende e organizzazioni a concentrarsi solo sui dati rilevanti, ad accelerare l’analisi e a ridurre così la latenza.

Nel complesso, il 47% dei partecipanti al sondaggio ritiene che l’edge computing aumenterà la produttività, anche se non è chiaro se si riferiscano agli uomini o alle macchine. Per quanto riguarda queste ultime, l’edge computing consentirà di automatizzare e velocizzare le loro risposte, per offrire un comportamento più realistico. Se vogliamo davvero un futuro con auto a guida autonoma, l’edge computing sarà quindi indispensabile.

Se addirittura il 64% dei direttori IT ritiene che l’edge computing avrà un impatto importante, il messaggio è chiaro: per gli esperti di tecnologia l’edge computing corrisponde alla loro idea di problem solving; non si tratta semplicemente di una tendenza passeggera. L’impatto dell’edge computing non è solo previsto, ma anche fortemente desiderato, nel nostro futuro sempre più “data-driven”.

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Cosa frena lo sviluppo di questa tecnologia?

“L’edge computing potrebbe essere un concetto difficile da assimilare e

la sua esigenza non sarà sentita necessariamente da tutti.”

– partecipante al sondaggio

Mancanza di comprensione della

tecnologia

Non soComportamenti dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Processi aziendali interni

Risposta dell’alta dirigenza

Quale fattore ha la maggiore probabilità di impedire l’integrazione dell’edge computing nel contesto lavorativo?

Nel complesso, i partecipanti al sondaggio considerano che il maggiore ostacolo sia l’alta dirigenza, a eccezione dei vicepresidenti IT/direttori IT che invece danno la colpa alla mancanza di comprensione e apertura dei dipendenti nei confronti di tale tecnologia. Di fatto, complessivamente la divisione è piuttosto omogenea, a indicare un problema di trasformazione digitale.

Come per altre aree tecnologiche emergenti, si tratta di un territorio inesplorato in cui le aziende si troveranno ad affrontare varie sfide: formare di nuovo la forza lavoro, assumere personale con nuove e diverse competenze ed eliminare gradualmente la tecnologia legacy. Occorreranno anni e può rivelarsi costoso, anche se si potrebbe obiettare che l’implementazione dell’edge computing in seguito dovrebbe far risparmiare molto tempo e denaro.

Come afferma il direttore delle ricerche di IDC, Giorgio Nebuloni4 , “sebbene la tecnologia e gli ecosistemi dei fornitori europei procedano a grandi passi, consigliamo di iniziare qualsiasi progetto con un’analisi di casi d’uso reali e specifici, in cui l’approccio edge può generare risparmi o ulteriori opportunità di guadagno”.

13%19%20% 21%27%

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Quali conclusioni possiamo trarre?

“L’edge computing è una tecnologia indispensabile per gli oggetti data-driven, che tenderanno sempre di più a funzionare in tempo reale”, afferma Howard Roberts, esperto di tecnologia di HP.

I veicoli a guida autonoma rappresentano un ottimo esempio. Nonostante stiano emergendo tecnologie che consentono di avere ovunque larghezza di banda, come il 5G, non sarà sufficiente affidarsi esclusivamente al cloud per gestire e analizzare dati o oggetti e dispositivi. La larghezza di banda potrebbe interrompersi, compromettendo le comunicazioni: il cloud quindi è solo una parte della soluzione, specie per quanto riguarda l’analisi in tempo reale.

“L’edge computing accelera la gestione e l’analisi dei dati e quindi le prestazioni, ma occorrono standard concordati affinché gli oggetti possano comunicare in modo sicuro tra loro e non venire compromessi”, afferma Roberts.

“Tra le altre cose, ci stiamo adoperando per utilizzare l’edge computing nelle applicazioni di riconoscimento visivo per il settore automobilistico, nonché nel rilevamento delle collisioni e nella mappatura delle superfici 3D”, aggiunge Roberts. “La tecnologia è già qui. Occorre solo perfezionarla, migliorare le comunicazioni tra gli oggetti e aumentarne la sicurezza”.

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Esperienze immersive

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Che cosa sono le esperienze immersive e come sono realmente impiegate attualmente?

“Se il cognitive computing è in grado di analizzare autonomamente i dati per

raggiungere delle conclusioni, le esperienze immersive possono presentare tali

conclusioni in maniera tale da aumentare la velocità di crescita”. – un partecipante al sondaggio

Le tre “R” – realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR) e realtà mista (MR) – esistono ormai da tempo e sono generalmente ritenute tecnologie di consumo. Tuttavia, alcune delle applicazioni più potenti e significative hanno interessato anche il mondo degli affari e dell’industria. Il modo in cui visualizziamo e interagiamo con i dati assumerà una dimensione di crescente rilievo man mano che le persone continueranno a lavorare più a stretto contatto con gli strumenti digitali. Saranno i dati a richiederlo.

Alcuni settori stanno già avanzando a grandi passi, riconoscendo le funzioni peculiari che una tecnologia come la MR può offrire ai lavoratori delle catene di montaggio. Ad esempio, alcuni produttori come Airbus si sono affidati alla MR per migliorare le capacità di produzione, fornendo guide informative tecniche per gli addetti alla costruzione delle ali degli aerei. Sfruttando i dati CAD, l’azienda sta realizzando gemelli digitali di velivoli e parti di essi a scopi di progettazione e manutenzione e sta impiegando strumenti immersivi per migliorare la formazione del personale1. Renault Trucks è un’altra azienda che si avvale di strumenti immersivi per migliorare la progettazione dei veicoli e garantire il controllo qualità2.

I precedenti esempi dimostrano che le esperienze immersive sono sempre più essenziali per visualizzare e manipolare i dati nell’industria, nonché per migliorare la precisione e l’efficienza della produzione e della manutenzione. In tal senso, lavoreranno fianco a fianco con l’intelligenza artificiale, fornendo agli utenti informazioni dettagliate su ogni dispositivo connesso a una rete. Tuong Nguyen, analista di ricerca principale di Gartner, sostiene che le aziende devono comprendere i reciproci vantaggi delle tecnologie immersive e dell’intelligenza artificiale: se l’IA migliora, anche le tecnologie immersive miglioreranno e viceversa3.

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Che impatto avrà questa tecnologia sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

Secondo oltre un terzo dei partecipanti al sondaggio, le tecnologie immersive avranno un impatto significativo nei prossimi cinque anni. Allo stesso tempo, tuttavia, in generale i partecipanti al sondaggio hanno attribuito alle tecnologie immersive il minore impatto tra tutte le tecnologie emergenti esaminate.

Gran parte di ciò è probabilmente dovuto a un problema di percezione. Le tecnologie immersive esistono ormai da tempo ma non sono mai riuscite a prendere davvero piede, almeno nei settori più tradizionali. È quasi come se fossero sempre state in anticipo sui tempi o considerate come delle soluzioni alla disperata ricerca di problemi da risolvere. Tuttavia adesso stiamo assistendo a un cambiamento. Sebbene gli scetticismi siano giustificati, tra cinque anni potrebbe verificarsi un rovesciamento della situazione dovuto alla rapida crescita dell’IoT e dell’apprendimento adattivo (e dei dati risultanti). Sarà necessaria una maggiore interazione diretta tra persone e tecnologie digitali: gli strumenti immersivi forniranno interfacce utente sempre più accurate per una migliore visualizzazione. Come suggerisce Gartner nelle sue previsioni per il 2019, potremmo assistere a un mutamento del modo di pensare, spostando l’attenzione dai singoli dispositivi e dalle tecnologie dell’interfaccia utente frammentate a un’esperienza multicanale e multimodale. Grazie all’esperienza multimodale, potremo collegarci al mondo digitale utilizzando le centinaia di dispositivi edge che ci circondano, tra cui i dispositivi informatici tradizionali, i dispositivi indossabili, le automobili, i sensori ambientali e gli elettrodomestici. L’ambiente è il computer4.

“Un’esperienza immersiva libererà l’utente dalla sua ubicazione fissa e

gli permetterà di esplorare luoghi che non potrebbe raggiungere

altrimenti”. – un partecipante al sondaggio

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Le esperienze immersive aumenteranno la produttività?

Non soMinore produttività Maggiore produttività Produttività invariata

“Di norma, gli utenti sono più reattivi agli stimoli visivi e con i vantaggi

aggiuntivi di AR/VR, potranno comprendere e fare di più”.

– partecipante al sondaggio

Che impatto avranno le esperienze immersive sulla produttività all’interno dei contesti lavorativi?

Complessivamente, il 36% dei partecipanti al sondaggio ritiene che le esperienze immersive aumenteranno la nostra produttività. Tuttavia, questa percentuale raggiunge il 41% nelle aziende con oltre 500 dipendenti. Si tratta di un dato interessante: se si ritiene che le esperienze immersive aumenteranno la produttività, perché non si pensa che questa tecnologia avrà un impatto significativo? Chiaramente, a intravederne i vantaggi sono le aziende di maggiori dimensioni, che possiedono le risorse per investire sull’analisi degli strumenti immersivi. È qui che le esperienze immersive acquisiranno inizialmente la massima trazione: nelle grandi

organizzazioni industriali che possono utilizzare la tecnologia per formare il personale e aumentare il controllo qualità della manutenzione e del servizio con economie di scala.

L’area geografica più ottimista è rappresentata dai Paesi nordici, in cui il 44% ritiene che le esperienze immersive aumenteranno la produttività, mentre i vice presidenti IT/direttori IT di tutti i settori sono il gruppo più fiducioso: più della metà prevede una crescita della produttività. Forse gli esperti di tecnologia sono in grado di comprendere il reale potenziale degli strumenti immersivi senza

farsi influenzare dalla percezione generale, spesso condizionata dal mondo consumer.

Se da una parte gli strumenti immersivi dovrebbero migliorare la conoscenza dei lavoratori e fornire un’interfaccia utente per visualizzare e gestire i dati, riusciranno davvero ad aumentare la produttività? Se non altro, gli strumenti immersivi valorizzeranno i lavoratori all’interno di un mondo sempre più basato sui dati, consentendo loro di lavorare in maniera più accurata nell’ambiente digitale.

20%

15%36%

29%

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Cosa frena la tecnologia?

“Occorrerà del tempo prima che il cliente comprenda a fondo l’inclusione di

tecnologie VR o AR nel nostro flusso di lavoro di progettazione. Naturalmente, ciò

potrebbe cambiare nei prossimi anni; tuttavia, credo che la generazione che attualmente si trova a proprio agio con

questa tecnologia non entrerà nella catena degli acquisti per almeno altri cinque anni”.

– un partecipante al sondaggio

Mancanza di comprensione della tecnologia

Non soAtteggiamento dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Processi aziendali interni

Risposta dell’alta dirigenza

Quale fattore ha la maggiore probabilità di impedire l’integrazione delle esperienze immersive nei luoghi di lavoro?

Secondo l’opinione generale, a frenare la tecnologia sono le azioni dell’alta dirigenza verso l’implementazione (27%), con l’eccezione della Francia, dove la mancanza di comprensione della tecnologia e il comportamento dei dipendenti sono visti come i maggiori ostacoli (24% e 30%), e dei Paesi nordici, in cui la maggioranza punta il dito solamente contro la mancanza di comprensione della tecnologia (32%). Senza dubbio, le tecnologie immersive soffrono di un problema di percezione. Secondo gli analisti, mancano di applicazioni vincenti. Questa percezione è valida nel mondo consumer, ma dovrebbe rappresentare un problema meno rilevante nell’industria. Le tecnologie immersive cambiano il modo in cui le persone interagiscono con la tecnologia e i prodotti. Per fornire dati adeguati

richiedono investimenti, formazione e applicazione su una rete già esistente. Tali azioni sono difficili da attuare nella pratica, specialmente se le aziende sono reticenti5.

Quindi per molti aspetti è comprensibile che la dirigenza sia restia ad abbracciare questa tecnologia, ma il mancato decollo è anche dovuto al fatto che ben poche persone hanno realmente sperimentato tecnologie immersive. Forse, in questo caso, potremo capire questa tecnologia solamente provandola in prima persona? Oppure bisogna ascoltare Jeremy Dalton, VR/AR Lead di PwC UK: “Entra nel mondo virtuale e sperimentalo tu stesso. Solo allora potrai comprenderne veramente i vantaggi e il potenziale ritorno sull’investimento per la tua attività6 ”.

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Quali conclusioni possiamo trarre?

Howard Roberts, esperto di tecnologia di HP, afferma: “La percezione delle tecnologie immersive è condizionata dalle esperienze nell’intrattenimento, che forse pregiudicano il valore reale della tecnologia per alcune applicazioni in ambito aziendale”.

La maggior parte degli utenti vive la prima esperienza immersiva utilizzando un casco di cartone a cui è attaccato uno smartphone, ma in realtà questa non è affatto la migliore introduzione alle possibilità delle tecnologie immersive: senza audio surround e interazioni aptiche non si può affatto parlare di una vera esperienza immersiva e interattiva.

“Le esperienze immersive non si limitano ai videogiochi e ai video a 360 gradi”, aggiunge Roberts. “La tecnologia VR, ad esempio, è già impiegata nell’industria. HP ha commercializzato uno zainetto per la realtà virtuale: si tratta di un dispositivo VR mobile ad alta velocità con un headset (presumo un vero e proprio computer VR indossabile) impiegato nei settori creativi da architetti e designer per visualizzare e modificare il proprio lavoro in maniera immersiva. Combinando effetti visivi con sensori audio e tattili, la sensazione degli spazi e dei dati visivi creati è davvero coinvolgente: questa tecnologia avrà un enorme impatto nell’industria”.

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Quantum computing

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Che cos’è il quantum computing e come viene realmente impiegato oggi?

A volte, grandi problemi richiedono grandi soluzioni computazionali: il quantum computing promette di essere una soluzione rivoluzionaria. Secondo una relazione della Semiconductor Industry Association1, entro il 2040 non potremo più alimentare tutti i computer al mondo. Occorre un nuovo modo di pensare ed è per questo che così tanti produttori stanno cercando di rendere il quantum computing disponibile sul mercato.

In sostanza, il quantum computing è “uno e zero” e non “uno o zero”. In altre parole, punta a un aumento esponenziale della potenza computazionale. Sarà un fenomeno di grande portata e quando arriverà sul mercato avrà il potenziale di distruggere Internet o perlomeno la crittografia che lo protegge, che il quantum computing è in grado di decifrare quasi istantaneamente mettendo tutti i dati crittografati in chiaro e quindi a rischio. È interessante notare che questa idea ha scatenato la nascita di diverse start-up, come Post Quantum2, che hanno come obiettivo quello di gestire un mondo post-Internet, dominato dalla computazione quantistica. Ovviamente, anche i produttori più importanti sono interessati: IBM, Google, Intel, Microsoft: hanno tutti mostrato interesse a gestire il quantum computing e hanno bisogno di nuove idee e di start-up, dato l’approccio estremamente diverso3.

Fondamentalmente, il funzionamento del quantum computing si basa sullo stato quantistico delle particelle subatomiche. Invece dei bit, utilizzati dai computer tradizionali, il computer quantistico si avvale di bit quantistici (o “qubit”). Il quantum computing è estremamente scalabile e quindi in grado di risolvere problemi troppo complessi per gli algoritmi comuni. È complicatissimo, ma d’altra parte attrae investimenti consistenti in tutto il pianeta. Secondo CB Insights, nel 2017 sono stati investiti 241 milioni di dollari in start-up legate al quantum computing, il triplo4 rispetto all’anno precedente.

I settori automotive, finanziario, assicurativo, farmaceutico, militare e le organizzazioni di ricerca sono quelli che hanno più da guadagnare dai progressi nel quantum computing e i leader IT dovrebbero, afferma Gartner, “iniziare a pianificarne l’adozione, migliorandone la comprensione e approfondendo le possibilità di applicazione ai problemi economici del mondo reale”. Ma occorre ancora del tempo: il quantum computing è ancora acerbo e probabilmente non sarà davvero commercializzabile fino al 2023-20255.

“Vale la pena investire nel quantum computing solo in contesti molto specifici,

ad esempio la modellazione di dati climatici. Probabilmente, la stragrande

maggioranza delle aziende non avrà mai occasione di interagire con un computer

quantistico. Tuttavia, grazie ai dati raccolti dai computer quantistici e alla loro

successiva diffusione, tutte le imprese potranno prendere decisioni aziendali più

efficaci sul lungo periodo.” – partecipante al sondaggio

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Che impatto avrà questa tecnologia sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

In base al sondaggio, e com’era prevedibile, è opinione comune che il quantum computing non avrà un impatto considerevole sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni. Solo il 23% dei partecipanti al sondaggio ritiene che il quantum computing avrà un impatto notevole, mentre una percentuale significativa, il 49%, non la pensa affatto così. In realtà, il quantum computing deve ancora fare molta strada prima di poter essere commercializzato: cinque anni non sembrano affatto sufficienti.

L’impatto sarà comunque significativo. Basti pensare ai grandi sistemi — un computer in grado di macinare quantità incredibili di dati in tempi record — e se ne comprenderà la portata in molteplici settori: le previsioni del tempo, la gestione del traffico, i sistemi di sicurezza informatica, i sistemi finanziari, lo sviluppo di farmaci e tutto quanto ha a che fare con l’intelligenza artificiale.

Come afferma Eric Ladizinsky, co-fondatore della società di quantum computing D-Wave, un computer quantistico può creare 50 milioni di versioni di te stesso per rendere il tuo lavoro facile e veloce6. Beh, non ancora, ma forse in futuro.

Il quantum computing sarà in grado di calcolare in maniera più efficace gli

algoritmi complessi, che ridurranno il tempo necessario per ottenere i

risultati richiesti (ad esempio i modelli meteorologici), velocizzando e

rendendo più accurate le nostre soluzioni.

– partecipante al sondaggio

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Il quantum computing aumenterà la produttività?

Non soMinore produttività Maggiore produttività Produttività invariata

“Se i computer svolgeranno ogni attività al posto nostro, noi saremo

ancora necessari?” – partecipante al sondaggio

Che impatto avrà il quantum computing sulla produttività all’interno dei contesti lavorativi?

Anche se il 41% dei partecipanti al sondaggio ritiene che il quantum computing aumenterà la nostra produttività, non è affatto chiaro come. In effetti, ci saremmo aspettati di vedere un numero maggiore di risposte “non so”, perché in realtà non lo sappiamo davvero.

Sappiamo tuttavia che il quantum computing aumenterà enormemente la capacità di automatizzare e alimentare la robotica, mettendo così a rischio molti posti di lavoro. D’altra parte, creerà anche altre opportunità lavorative, in quanto genererà così tanti risultati che sarà necessaria una forza lavoro maggiore per gestire i processi risultanti. Quindi, per molti aspetti, il quantum

computing potrebbe semplicemente aumentare i carichi di lavoro mantenendo invariati gli sforzi produttivi.

Quel che è certo è che il quantum computing ha il potenziale per cambiare il modo in cui le persone lavorano, nonché le competenze necessarie nel mondo del lavoro. Attualmente, la mancanza di conoscenze potrebbe rallentare il cambiamento7, ma è comunque certo che il quantum computing è destinato a incidere sui processi e sui prodotti a cui siamo abituati oggi. Prendiamo il caso della sicurezza informatica e della crittografia attuali. Arvind Krishna,

direttore di IBM Research, afferma che chiunque voglia assicurare la protezione dei propri dati per un periodo superiore ai 10 anni dovrebbe passare a formati alternativi di crittografia, in quanto i computer quantistici sono in grado di risolvere alcuni tipi di problemi quasi istantaneamente rispetto ai miliardi di anni di elaborazione8 necessari ai computer convenzionali. Questa trasformazione avrà di sicuro ripercussioni su molti posti di lavoro.

12%

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27%

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Cosa trattiene la tecnologia?

“Attualmente la comprensione della computazione quantistica è limitata,

in quanto si trova ancora in fase embrionale”.

– partecipante al sondaggio

Mancanza di comprensione della

tecnologia

Non soComportamenti dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Processi aziendali interni

Risposta dell’alta dirigenza

Quale fattore ha la maggiore probabilità di impedire l’integrazione del quantum computing sui luoghi di lavoro?

15%28%16% 17%25%

I partecipanti al sondaggio ritengono che il maggiore ostacolo all’affermazione del quantum computing sia la scarsa comprensione che abbiamo di questa tecnologia. Ma questa scarsa comprensione è dovuta a una effettiva ed implicita complessità. Poiché il quantum computing si trova ancora in una fase embrionale, non c’è da stupirsi se le aziende non hanno compentenze da mettere in campo. Ci sono ancora tante cose da scoprire, quindi le aziende faticano a considerare il quantum computing in termini pratici, anche se dovrebbero.

Fondamentalmente, il computer quantistico promette velocità e potenza esponenziali rispetto a quelle raggiungibili al giorno d’oggi dai computer tradizionali. Come suggerisce IBM, le aziende e il mondo di domani avranno possibilità significative9 di risolvere ciò che sembra irrisolvibile oggi. Questo enigma, almeno al momento troppo complicato per essere preso perfino in considerazione, in futuro potrebbe riscrivere le regole dell’elaborazione e della gestione di qualsiasi dato.

Nel futuro immediato, ad avere i più grossi grattacapi saranno gli ingegneri che costruiscono i computer quantistici.

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Quali conclusioni possiamo trarre?

“Si tratta di un caso anomalo”, afferma Howard Roberts, esperto di tecnologia di HP, riferendosi alla visione del quantum computing. “Non sappiamo esattamente che direzione prenderà”.

Roberts ritiene che l’applicazione naturale del computer quantistico sia la modellazione dei sistemi caotici, come il meteo, e suggerisce che, a causa delle dimensioni e dei costi, probabilmente si presterà a un modello di servizio. Le aziende che vogliono risolvere enormi problemi relativi ai dati compreranno il tempo del quantum computing, ma c’è ancora molta strada da fare.

“Saranno moltissime le aziende che non avranno niente a che fare con il quantum computing. Se invece questo dovesse accadere, potranno sempre affittare del tempo di computazione quantistica. Tuttavia, alcuni sostengono che il quantum computing potrebbe smantellare la crittografia attuale. Ovviamente, in questo caso tutti saremmo coinvolti: avremmo bisogno di soluzioni tempestive”.

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L’Internet delle cose

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Che cos’è l’IoT e com’è realmente impiegato attualmente?

“In generale, una volta risolti i problemi di sicurezza, gli utenti sono felici che le cose

si ‘parlino’ tra loro”. – partecipante al sondaggio

Kevin Ashton coniò il termine “Internet of Things” nel 1999, quando lavorava a Procter and Gamble. Il termine apparve per la prima volta in una sua presentazione in cui consigliava all’azienda di inserire tag RFID nei prodotti per migliorarne la tracciabilità e gestire le scorte in tempo reale. Oggi il concetto di Internet of Things, anche noto come IoT (Ashton non ha coniato l’acronimo “IoT”) si è notevolmente ampliato.

Al giorno d’oggi, l’IoT è fondamentalmente una rete di oggetti e dispositivi (digitali o di altro tipo) in grado di comunicare tra loro e di condividere dati relativi all’utilizzo o alle prestazioni di tali “cose”, indipendentemente dalla posizione. Le applicazioni e i metodi di connettività e gestione dei dati variano considerevolmente, ma l’idea fondamentale rimane la stessa: se oggetti, prodotti e dispositivi comunicano e condividono dati, possono fornire tantissime informazioni su clienti, prodotti, processi e vari altri indicatori.

L’IoT è già impiegato in diversi settori, come l’agricoltura, l’assistenza sanitaria, la produzione, i trasporti, la logistica e i servizi pubblici. Oggi i dati derivati dai sensori consentono agli agricoltori di tenere sotto controllo le colture, ai medici di monitorare i pazienti, alle aziende di pubblica utilità di migliorare l’offerta e la domanda di energia elettrica, alle squadre di servizio di sfruttare la manutenzione preventiva per ridurre i tempi di inattività dei macchinari e ai produttori di aumentare l’efficienza delle fabbriche.

In ultima analisi, grazie all’IoT è possibile instaurare interazioni più contestualizzate e reattive, in grado di migliorare i luoghi di lavoro, le abitazioni, le città, le esperienze dei consumatori e l’impatto ambientale: tutto questo grazie ai dati offerti dall’IoT. Ora la vera sfida per tutti noi consiste nell’analizzare tali dati e nel trarne informazioni capaci di fare la differenza.

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Che impatto avrà tale tecnologia sui luoghi di lavoro nei prossimi cinque anni?

Senza dubbio, l’IoT desta grande interesse, tanto che, secondo le stime, il numero di dispositivi abilitati all’IoT raggiungerà i 55 miliardi entro il 20251. A livello aziendale, l’adozione dell’IoT richiede una piena comprensione del suo impatto a vari livelli, da quello operativo a quello dei dipendenti. Oggi, le aziende sembrano già riconoscere le potenzialità esistenti per la creazione di un luogo di lavoro connesso.

Questa constatazione sembra confermata dal nostro sondaggio. Delle sei tendenze analizzate, l’IoT è emerso come una delle più positive per i professionisti nel settore IT: l’80% dei partecipanti al sondaggio prevede che nei prossimi cinque anni l’IoT avrà ripercussioni sul luogo di lavoro. Sebbene il cognitive computing — o almeno il modo con cui viene percepito — stia attualmente facendo furore, solo il 70% dei partecipanti al sondaggio prevede che avrà un impatto sui luoghi di lavoro entro cinque anni.

Non è quindi azzardato suggerire che la maggior parte delle aziende e organizzazioni identifichi la raccolta, la gestione e l’analisi dei dati come il principale fattore che spinge al cambiamento. Man mano che i dispositivi e i sensori aumenteranno sulle reti IoT, dovrà aumentare anche la potenza del cognitive computing, in modo da poter analizzare e agire sui dati risultanti.

Il Paese che ha mostrato meno entusiasmo per l’IoT è la Francia: solo il 38% ritiene che avrà un impatto significativo nell’arco di cinque anni. Si tratta di un dato sorprendente, poiché la Francia è la culla di due importanti tecnologie di connettività IoT: LoRa WAN (nata a Grenoble) e SigFox (nata a Tolosa). La Francia è uno dei principali protagonisti nel settore della tecnologia IoT, quindi forse tale risultato si potrebbe attribuire alla discrepanza tra aspettativa e realtà. La contrapposizione tra le opinioni dei dirigenti e dei direttori IT sulla tecnologia sottolinea questo aspetto: il 55% dei dirigenti ritiene che l’IoT avrà un impatto significativo, opinione condivisa solo dal 35% dei direttori IT, forse perché consapevoli delle sfide pratiche di implementazione.

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L’IoT aumenterà la produttività?

“Poiché il feedback in tempo reale aumenta con l’IoT, vedremo le tecnologie predittive

prosperare e ottenere preziose informazioni da dati precedentemente

inaccessibili.” – partecipante al sondaggio

Probabilmente, lo scopo principale dell’IoT non è l’aumento della produttività, anche se il 47% dei partecipanti al sondaggio suggerisce diversamente. Si tratta di un dato interessante, in quanto da un recente sondaggio Gallup2 è emerso che l’innovazione tecnologica a cui abbiamo assistito nel corso degli anni non ha registrato progressi in termini di produttività per decenni. Tuttavia, l’IoT potrebbe cambiare la situazione, poiché fondamentalmente mira ad aumentare l’automazione e a migliorare i processi decisionali della dirigenza. Pertanto, l’IoT non aumenterà necessariamente la produttività delle persone, bensì quella delle aziende.

Minore produttività

18%

Non so

10%

Maggiore produttività

47%

Produttività invariata

26%

Che impatto avrà l’Internet delle cose sulla produttività all’interno dei contesti lavorativi?

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Cosa frena la tecnologia?

“Oltre ai problemi di sicurezza, sono motivo di preoccupazione sia le persone che avranno accesso ai dati che il modo

in cui verranno utilizzati i dati”. – partecipante al sondaggio

Quale fattore ha la maggiore probabilità di impedire l’integrazione dell’Internet delle cose sui luoghi di lavoro?

In base al sondaggio, a frenare la tecnologia è, in generale, una combinazione tra processi aziendali interni, la risposta dell’alta dirigenza e la mancanza di apertura dei dipendenti nei confronti della tecnologia stessa; queste opinioni sono in linea con l’idea secondo la quale la tecnologia legacy, nonché il costo e la confusione sull’implementazione dell’IoT, ne stiano inibendo la diffusione.

Il 25% dei partecipanti al sondaggio ritiene che l’adozione dell’IoT sia bloccata da processi aziendali interni, indice di un problema di trasformazione digitale. Non sorprende che il secondo fattore frenante, secondo il 24% dei partecipanti, sia l’atteggiamento dei dirigenti rispetto all’implementazione della tecnologia: per la dirigenza, la trasformazione sarà sicuramente un compito costoso e difficile.

15%14%23% 25%24%

Mancanza di comprensione della

tecnologia

Non soComportamenti dei dipendenti nei confronti della tecnologia

Processi aziendali interni

Risposta dell’alta dirigenza

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Quali conclusioni possiamo trarre?

Il problema principale dell’IoT è che viene percepito in maniera ambivalente, soprattutto a causa della mancanza di apertura e delle scarse conoscenze degli utenti finali.

“Il problema dell’IoT è la corsa al ribasso”, afferma Howard Roberts, esperto di tecnologia di HP. “Un numero sempre maggiore di fabbriche ‘sfornano’ tecnologie scadenti, economiche e poco attente alla sicurezza e alla riservatezza dei dati. I consumatori devono informarsi sui pericoli e rivolgersi a marchi riconosciuti e affidabili”.

Roberts si preoccupa in particolare della sicurezza e della privacy e, giustamente, invoca l’implementazione di standard condivisi. Tuttavia, non si può ignorare la rapida ascesa dell’IoT, in particolare in settori come la logistica e i servizi pubblici. Non è soltanto una tecnologia del futuro, ma è anche una tecnologia attuale già in grado di migliorare le prestazioni del prodotto e consentire alle aziende di effettuare una manutenzione predittiva, aumentare l’efficienza e migliorare la customer intelligence.

La comprensione dei dati provenienti dai dispositivi IoT consente alle organizzazioni di identificare lo scopo di tali dispositivi nonché l’ambiente in cui operano; di conseguenza, potranno contare su informazioni preziose per farli funzionare meglio e in maniera più intelligente. L’IoT ha un brillante futuro.

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Le nostre scoperte

L’analisi dei risultati del presente sondaggio EMEA offre numerosi spunti, uniti da una visione d’insieme. In primo luogo, si ritiene che l’IoT avrà la maggior probabilità di avere un impatto significativo nei prossimi cinque anni (secondo il 49% dei partecipanti al sondaggio), com’era del resto prevedibile dato che ne siamo già circondati.

Segue l’edge computing (39%), il che non sorprende affatto, se si considera la quantità di dati che verrà elaborata nel corso del prossimo quinquennio. Il quantum computing (35%) completa questo triumvirato tecnologico, responsabile di raccogliere, riunire e processare l’ondata di dati generati dallo sviluppo della nostra economia dell’informazione.

Secondo una recente ricerca condotta da Intel, entro il 2020 ci saranno ben 200 miliardi di dispositivi IoT (26 oggetti intelligenti per ogni persona sulla terra). Il valore globale collettivo della tecnologia IoT potrebbe toccare i 6.200 miliardi di dollari entro il 2025, una somma generata per la maggior parte dall’assistenza sanitaria (2.500 miliardi di dollari) e dalla produzione industriale (2.300 miliardi di dollari). Di conseguenza, non sorprende che si preveda che saranno i progressi tecnologici connessi alla gestione dei dati a esercitare la massima influenza(1).

Le esperienze immersive (39%) seguono questi sviluppi legati indissolubilmente e sono anch’esse un esempio di una “tecnologia futura” già molto utilizzata. Si pensi a un addetto alla manutenzione delle caldaie che sfrutta l’AR per sovrapporre i dati e migliorare così uno strumento non funzionante durante la riparazione di un elemento, oppure a un tecnico di laboratorio che si avvale della VR per ricevere formazione sull’ultima cabina di sicurezza biologica prima della sua installazione... chiaramente abbiamo solo scalfito la superficie delle potenzialità di questa versatile tecnologia.

La blockchain occupa la quinta posizione nel sondaggio (29%): si tratta di una tecnologia molto discussa, che continua a conquistare i titoli dei giornali e ad attrarre investimenti. La blockchain è nota a molti ma compresa da ben pochi; tuttavia, la spesa globale per soluzioni relative alla blockchain ha raggiunto 2,1 miliardi di dollari nel 2018, mentre le posizioni lavorative relative a questa tecnologia su LinkedIn sono triplicate nello stesso periodo di 12 mesi, a prova della notevole influenza che sta iniziando a esercitare.

Infine, il quantum computing (23%) è il fanalino di coda. Molti ritengono che prima o poi questa tecnologia avrà un impatto enorme, ma non è ancora chiaro né come né quando. Alcuni esperti affermano che attualmente si trova in una fase simile a quella della nascita dell’informatica moderna, più di 80 anni fa: una volta verificato il funzionamento di ogni componente, il passo successivo è quello di progettare il primo circuito: il più piccolo e al tempo stesso più interessante elemento.

Le osservazioni e le opinioni contenute in questa relazione rivelano che l’importanza dei dati è destinata ad aumentare nel corso del prossimo quinquennio, in quanto stanno diventando con sempre maggiore frequenza la materia prima di moltissime aziende. Il prossimo interrogativo sarà in che modo far fruttare questi dati.

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Riepilogo della ricerca

Questa ricerca è stata condotta da Spiceworks per conto di HP. I ruoli dei 1.200 partecipanti spaziavano dall’assistenza alle posizioni dirigenziali; le aziende variavano da 50 a 5.000 dipendenti, con sede nel Regno Unito, in Francia, in Germania, in Italia, in Spagna, nei Paesi nordici e nel Benelux. In seguito, è possibile consultare la ripartizione dettagliata.

Ripartizione dei partecipanti al sondaggio in base alle dimensioni dell’azienda

Ripartizione dei partecipanti al sondaggio in base al Paese

Ripartizione dei partecipanti al sondaggio in base alla posizione lavorativa

Dimensioni dell’azienda

<500

500+

Set di dati

588

612

Paese

Regno Unito

Francia

Germania

Italia

Spagna

Paesi nordici

Benelux

Set di dati

200

200

200

200

200

100

100

Posizione lavorativa

Titolare/Amministratore delegato/Presidente

Vice presidente IT/Direttore IT

Direttore IT

Responsabile IT

Architetto di rete

Amministratore di rete

Addetto all’assistenza

Consulente tecnico

Altro

Set di dati

120 (10%)

108 (9%)

204 (17%)

300 (25%)

24 (2%)

192 (16%)

72 (6%)

108 (9%)

72 (6%)

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Fonti esterne

Blockchain

1. https://bitcoin.org/bitcoin.pdf

2. https://www2.deloitte.com/global/en/pages/energy-and-resources/articles/gx-innovation-blockchain-survey.html

3. https://www.singaporeair.com/en_UK/sg/media-centre/press-release/article/?q=en_UK/2018/January-March/ne0518-180205

4. https://blogs.cisco.com/retail/blockchain-in-retail-cisco-iot-alliance

5. https://www.gartner.com/smarterwithgartner/5-trends-emerge-in-gartner-hype-cycle-for-emerging-technologies-2018/

6. https://www.eublockchainforum.eu/

7. http://www.itone.lu/actualites/blockchain-benelux-organisations-strengthen-their-collaboration

8. https://www.pwc.co.uk/issues/futuretax/how-blockchain-can-impact-hr-and-the-world-of-work.html

9. https://www.information-age.com/alibaba-cloud-blockchain-as-a-service-123475873/

Cognitive computing

1. https://www.cnbc.com/2018/09/07/elon-musk-discusses-neurolink-on-joe-rogan-podcast.html

2. https://www.youtube.com/watch?v=P18EdAKuC1U

3. https://www-05.ibm.com/uk/weather/

4. https://www.healthcareglobal.com/technology/four-ways-which-watson-transforming-healthcare-sector

5. https://www.forbes.com/sites/bernardmarr/2018/05/21/how-much-data-do-we-create-every-day-the-mind-

blowing-stats-everyone-should-read/#3766c0fa60ba

6. https://www.oecd-ilibrary.org/fr/employment/automation-skills-use-and-training_2e2f4eea-en

Edge computing

1. https://iot-analytics.com/state-of-the-iot-update-q1-q2-2018-number-of-iot-devices-now-7b/

2. https://www.acea.be/statistics/article/top-10-car-producing-countries-worldwide-and-eu

3. https://www.huawei.com/minisite/gci/en/country-rankings.html

4. https://www.idc.com/getdoc.jsp?containerId=EMEA43589818

Esperienze immersive

1. https://www.airbus.com/newsroom/news/en/2017/09/virtual-reality-with-benefits.html

2. https://www.youtube.com/watch?v=TXVj2nf1YHw

3. https://www.gartner.com/smarterwithgartner/immersive-technologies-are-moving-closer-to-the-edge-of-artificial-intelligence/

4. https://www.gartner.com/en/newsroom/press-releases/2018-10-15-gartner-identifies-the-top-10-strategic-technology-trends-for-2019

5. http://www.businesscloud.co.uk/news/businesses-too-hesitant-over-immersive-tech

6. https://www.pwc.co.uk/issues/innovation-and-technology/the-rise-and-rise-of-immersive-technologies.html

Quantum computing

1. http://www.pwc.com/gx/en/industries/technology/publications/semiconductor-industry-analysis-and-projections.html

2. https://www.crunchbase.com/organization/pq-solutions-2#section-overview

3. https://spectrum.ieee.org/view-from-the-valley/at-work/start-ups/is-it-time-for-quantum-computing-startups

4. https://www.wired.com/story/wired-guide-to-quantum-computing/

5. https://www.gartner.com/en/newsroom/press-releases/2018-10-15-gartner-identifies-the-top-10-strategic-technology-trends-for-2019

6. https://www.forbes.com/sites/bernardmarr/2017/07/10/6-practical-examples-of-how-quantum-computing-will-change-our-

world/#741de0e880c1

7. https://www.wired.com/story/national-quantum-initiative-quantum-computing-jobs/

8. https://it.slashdot.org/story/18/05/19/200225/ibm-warns-quantum-computing-will-break-encryption

9. https://www.ibm.com/thought-leadership/technology-market-research/quantum-computing-report.html

Internet of Things

1. http://uk.businessinsider.com/internet-of-things-report?r=US&IR=T

2. https://www.gallup.com/workplace/238103/improve-productivity-hire-better-managers.aspx

Conclusione

1. https://www.intel.com/content/dam/www/public/us/en/images/iot/guide-to-iot-infographic.png