La ricerca azione - ACP · Come ben riassunto da Emiliani Zani (Emiliani Zani 1998, pag. 22...

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ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2007 1 La ricerca azione: un integrazione applicativa del modello lewiniano con l'Approccio Centrato sulla Persona Maura Anfossi e Gian Luca Greggio Introduzione La ricerca azione rappresenta uno degli strumenti di intervento più diffusi in ambito sociale, sanitario ed educativo. Nelle sue varie forme e denominazioni (in alcuni contesti si parla infatti di ricerca intervento) essa costituisce un metodo rigoroso che coniuga da un lato le istanze dello studio e dell'osservazione dei fenomeni più o meno problematici con le esigenze di cambiamento espresse dai contesti nei quali avvengono tali fenomeni. Scopo di questo articolo è da un lato offrire un breve inquadramento storico su questa metodologia: diversi operatori applicano infatti la ricerca azione senza conoscere i presupposti che mossero il suo ideatore, Kurt Lewin, e quindi l'impostazione originaria del metodo. In secondo luogo vorremmo illustrare come la ricerca azione ha delle caratteristiche di compatibilità e quindi di integrazione con l'approccio di Rogers 1 . In terzo luogo descriveremo l'applicazione sperimentale del modello di ricerca azione interpretato secondo i principi di Carl Rogers, applicazione sperimentale 1 Per una disamina più completa delle convergenze teoriche e delle possibili integrazioni applicative fra il modello teorico metodologico di Lewin e quello di Rogers rimandiamo ad un articolo che verrà pubblicato sul prossimo numero della rivista "Studi e Ricerche" del Dipartimento di Scienze Neurologiche del Comportamento dell'Università degli Studi di Siena -Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica.

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La ricerca azione: un integrazione applicativa del modello lewiniano con l'Approccio Centrato sulla Persona Maura Anfossi e Gian Luca Greggio

Introduzione

La ricerca azione rappresenta uno degli strumenti di intervento più diffusi in ambito sociale, sanitario ed educativo. Nelle sue varie forme e denominazioni (in alcuni contesti si parla infatti di ricerca intervento) essa costituisce un metodo rigoroso che coniuga da un lato le istanze dello studio e dell'osservazione dei fenomeni più o meno problematici con le esigenze di cambiamento espresse dai contesti nei quali avvengono tali fenomeni. Scopo di questo articolo è da un lato offrire un breve inquadramento storico su questa metodologia: diversi operatori applicano infatti la ricerca azione senza conoscere i presupposti che mossero il suo ideatore, Kurt Lewin, e quindi l'impostazione originaria del metodo. In secondo luogo vorremmo illustrare come la ricerca azione ha delle caratteristiche di compatibilità e quindi di integrazione con l'approccio di Rogers1. In terzo luogo descriveremo l'applicazione sperimentale del modello di ricerca azione interpretato secondo i principi di Carl Rogers, applicazione sperimentale

1 Per una disamina più completa delle convergenze teoriche e delle possibili integrazioni applicative fra il modello teorico metodologico di Lewin e quello di Rogers rimandiamo ad un articolo che verrà pubblicato sul prossimo numero della rivista "Studi e Ricerche" del Dipartimento di Scienze Neurologiche del Comportamento dell'Università degli Studi di Siena -Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica.

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condotta con successo circa dieci anni fa in un centro geriatrico per malati di Alzheimer.

La ricerca azione di Kurt Lewin

"Nell'ambito della dinamica di gruppo, più che in qualsiasi altro ambito psicologico, la teoria e la pratica sono legate metodologicamente in modo tale che correttamente unite possono fornire delle risposte a più problemi teorici e nello stesso tempo rafforzare quell'approccio razionale ai problemi sociali pratici che è una delle esigenze fondamentali per la loro risoluzione" (Lewin 1944, pag. 68).

Il pensiero di Lewin è stato caratterizzato dalla forte convinzione dell'autore circa la necessità dell'impegno sociale attivo della psicologia, sia come occasione di apprendimento per lo studioso, che come possibilità di intervenire positivamente nella soluzione di problemi sociali di ordine interpersonale e di vita della comunità. Come ben riassunto da Emiliani Zani (Emiliani Zani 1998, pag. 22 )secondo Lewin "Ogni esigenza di ricerca volta alla comprensione scientifica dei fatti sociali non può non mantenersi in stretto contatto con la vita quotidiana, avendo sempre presente la necessità di migliorare le modalità dell'intervento sociale". Similmente Trombetta e Rosiello affermano che "Lewin è stato un brillante teorico, ma, soprattutto uno sperimentalista che ha preferito non restare chiuso nella sua torre d'avorio, considerando priva di valore una teoria che non si trasformi in azio-ne concreta (....) Egli voleva che la psicologia sociale divenisse psicologia sociale applicata, ossia una psicologia sociale che sapesse coniugare teoria e pratica, che sapesse intervenire nel sociale per modificarlo" (Trombetta Rosiello 2000, pag. 59)

Negli ultimi anni della sua vita, in particolare, l'attenzione di Lewin si è rivolta ad una serie di ricerche atte a far luce sulle strategie più efficaci per il cambiamento, sia nei termini di individuazione degli stili di leadership qualitativamente e quantitativamente più produttivi, che sulle modalità per il coinvolgimento e la partecipazione attiva dei membri di un gruppo su questioni decisionali ed operative. Da queste ricerche emerge molto chiaramente che la vita del gruppo decisionale e partecipante è possibile solo nella misura in cui vengono garantiti uguali canali di comunicazione, uguali posizioni strutturali, complementarietà di risorse, uguali possibilità di "contare" sia sul piano oggettivo (delle risorse e delle strutture) sia su quello soggettivo (a livello dei sistemi di auto e etero percezione).

In questo filone di lavoro si colloca l'elaborazione di quello strumento denominato "Action research" (ricerca attiva, o ricerca partecipativa o ricerca azione), con la quale Lewin cercava di coniugare tre dimensioni:

1. "Promuovere una conoscenza sistematica e formulare teorie fondamentali concernenti le forze soggiacenti alla vita di gruppo, quelle che influenzano le relazioni tra i gruppi, quelle che agiscono sullo sviluppo della personalità e l'adattamento dell'individuo.

2. Ridurre lo scarto tra il corpo di conoscenza delle scienze sociali e la pratica dell'azione sociale.

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3. Fornire un programma di insegnamento poggiante sulle conoscenze accumulate nella dinamica di gruppo, sulle tecniche di ricerca, sulle tecniche di formazione di leader, sulla consultazione e sull'azione sociale".

In altre parole, secondo Amerio, con la Ricerca Azione Lewin stava proponendo alla psicologia sociale sia un'occasione per misurarsi direttamente con i problemi reali della vita, sia un metodo per ricavare dalla pratica nuove linee per l'elaborazione concettuale della teoria, ed anche l'occasione di riagganciare, sulla base di un notevole bagaglio teorico, le scienze psicologiche e sociali alla grande tematica della trasformazione della società (Amerio 1995).

Su quali basi attivare tale trasformazione? In generale sul principio della partecipazione attiva ai problemi del cambiamento; nello specifico, da un lato sull'idea (veicolata dall'esperienza dei T-Groups) che solo vivendo un'esperienza si conosce e ci si conosce, e poiché esperienza e cambiamento sono intimamente collegati, si cambia e si contribuisce ad aiutare gli altri a cambiare. Dall'altro sulla convinzione che i cambiamenti avvengono in uno spirito di automaturazione democratica, positiva per la vita psicologica del singolo e per quella sociale della comunità.

«Se non si coglie questo aspetto, forse non si riesce a comprendere i motivi per cui il nocciolo vero (teorico e pratico) della ricerca azione non venne specificamente approfondito dopo la morte di Lewin, svanendo piuttosto nel bagaglio tecnologico e in modeste istanze applicative (...): che cosa significano infatti concetti come quelli di decisione democratica e di partecipazione decisionale se non una sostanziale parità reale di ruoli, di posizioni, di risorse? (...)Tutto questo evidentemente nell'ambito di una ricerca molto delimitata si può anche realizzare, ma come è possibile garantirlo in una società fondamentalmente di ineguali?» (Amerio 1975, pag. 114).

Ecco perché la ricerca azione rimane un'idea importante, profondamente attuale e, a nostro giudizio, fortemente in sintonia con le finalità di un Approccio centrato sulla Persona.

Vediamo più nello specifico come si è sviluppato il pensiero di Lewin sulla ricerca azione, e come è stato da lui delineato il metodo.

Gli interessi di Lewin per i problemi sociali e del mondo lavorativo in particolare si sono sviluppati fin dal 1920, ma hanno trovato concreta possibilità di ricerca nel 1939, quando Lewin divenne consulente della Harwood Manifacturing Corporation H.M.C., avviando, con i suoi allievi un lavoro contemporaneamente sia di consulenza che di ricerca. Proprio nel '39 infatti Lewin iniziò a parlare di "ricerca per la gestione sociale", ovvero una "ricerca comparata sulle condizioni e gli effetti delle varie forme di azione sociale che tende a promuovere l'azione sociale stessa e che pur comprendendo problemi matematici e concettuali di analisi teorica, nonché tutte le inchieste descrittive dei corpi sociali, comprenda soprattutto esperimenti di laboratorio e sul campo, riguardanti i cambiamenti sociali " (Lewin 1951, trad. it. 1972 pag 248, 249).

Solo nei suoi due ultimi articoli (Lewin 1946 e Lewin 1947) tuttavia Lewin

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arriva a presentare il paradigma della ricerca azione, che si caratterizza, come sostiene Cunningham (1976, pag. 21 7) più che come una metodologia di ricerca lineare, come un processo ciclico che procede attraverso una spirale di provvedimenti, ciascuno dei quali si compone di tre momenti:

- Pianificazione - Esecuzione - Inchiesta sui risultati dell'azione.

Il momento della pianificazione parte o da un'idea generale di cambiamento, o da un bisogno latente o manifesto; dal momento che spesso non sono chiari né gli scopi che sottendono all'obiettivo di cambiamento, né le risorse disponibili, sempre nella pianificazione ci si sofferma su questi elementi, rintracciando metodi e strumenti adeguati allo scopo più chiaramente delineato. «Se questo primo momento riesce, si giunge all'elaborazione di un piano globale per il conseguimento dell'obiettivo e viene fissata la prima azione. Di solito l'idea originale ne risulta modificata» (Trombetta Rosiello 2000, pag. 86).

Il secondo momento è invece rappresentato dall'osservazione della prima, o delle prime azioni fissate dal Piano globale.

E subito si passa alle inchieste per verificare i risultati di tali azioni. Secondo Trombetta e Rosiello tali inchieste assolvono quattro funzioni:

1. valutano l'azione, stabilendo se quanto è stato eseguito corrisponde o no alle aspettative;

2. offrono agli ideatori del piano la possibilità di apprendere la validità o l'inefficacia di determinate tecniche di azione;

3. forniscono le basi per il passo successivo; 4. consentono, infine di far fronte alla necessità per l'eventuale

modificazione del piano globale (Trombetta Rosiello 2000, pag 86).

Da questa descrizione si può evincere come l'azione di verifica caratterizzi fin dall'inizio questo percorso metodologico, andando a modificare in itinere il piano globale inizialmente tracciato, attraverso successivi cicli di pianificazione, esecuzione e inchiesta.

Possiamo da ultimo vedere come l'ottica partecipativa caratterizzi profondamente e concretamente la ricerca azione lewiniana.

Coerentemente con quanto rilevato dalle ricerche sperimentali sui gruppi, Lewin ritiene indispensabile la condivisione delle finalità e delle procedure sperimentali detta ricerca in questione, da parte di tutti i soggetti coinvolti, alfine di ottenere la cooperazione continua degli individui e delle organizzazioni. Proprio in uno dei suoi ultimi lavori nel 1946, presso la H.M.C., volto a risolvere un problema di sottoproduzione dei nuovi assunti dall'azienda, Lewin "ha operato sul gruppo e con il gruppo, permettendo agli interessati di capire il problema, di proporre soluzioni e di agire, creando in tal modo un processo circolare: al momento teorico si affianca e si sovrappone il momento dell'azione e, una volta che questa si realizza, con il sorgere di nuove aspettative e di nuovi problemi si ripresenta il momento della ricerca della soluzione, seguita, ancora una volta, dalla realizzazione della soluzione precedentemente individuata" (Trombetta Rosiello 2000, pag. 84).

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Questo alto livello di condivisione di scopi e procedure genera la necessità che i partecipanti familiarizzino, ognuno secondo le proprie capacità e attitudini, con gli aspetti scientifici del problema. Un elevato livello di preparazione è, pertanto, un requisito essenziale per l'attività di ricerca in un'organizzazione (Lewin, 1972).

Come fanno rilevare ancora Trombetta e Rosiello, il ricercatore non si isola quindi dal contesto ma opera nel campo sociale in questione coinvolgendo nella ricerca tutti i soggetti interessati, assumendo anche i ruoli di formatore e di agente di cambiamento. Lewin giunge così a considerare "l'azione, la ricerca, l'addestramento come un triangolo che è indispensabile mantenere tale nell'interesse di ciascuno dei suoi vertici" (Lewin, 1951, trad. It. 1972, pag. 257,258).

La conseguenza peculiare di questa impostazione, profondamente in sintonia con il pensiero di Rogers, è una gestione del potere da parte del ricercatore con, e non su i membri del gruppo sociale coinvolto nella ricerca: pur nel rispetto dei ruoli si tendono a valorizzare le risorse personali e professionali presenti nel gruppo, prevedendo anche un'eventuale azione di trasferimento delle competenze utili per la gestione dei problemi indagati.

La nostra traduzione del metodo della ricerca azione

Nell'arco degli ultimi anni la ricerca azione è stata fortemente rilanciata, esprimendosi in ambito educativo e sociale sotto numerosi schemi metodologici operativi. Quello cui noi ci siamo massimamente riferiti è di Bruno Losito, il quale, rispetto ad un ambito scolastico, così definiva la ricerca azione (Losito 1993):

«Per ricerca-azione si indica un processo di ricerca condotto in prima persona dagli stessi operatori, a partire dalla riflessione sul proprio intervento: lo scopo principale è quello di avviare un percorso di cambiamento, che comprenda:

1. lo studio sul contenuto del proprio operato attraverso un'accurata attività di osservazione;

2. lo sviluppo della consapevolezza relativa ai presupposti che stanno alla base della propria prassi lavorativa;

3. la messa in discussione della validità e dell'efficacia della prassi e l'elaborazione di un nuovo contenuto e di una nuova azione;

4. la verifica della messa in pratica del nuovo contenuto e azione, la valutazione degli esiti dei cambiamenti effettuati e le decisioni sull'azione successiva.

L'insegnante che pratica la ricerca-azione mira a sviluppare la propria capacità di mettersi in discussione e a raggiungere una maggior consapevolezza dei processi relativi al proprio lavoro attraverso l'analisi ed il rinnovo del proprio pensiero e della propria prassi professionale».

Da questa definizione emerge in modo chiaro come il concetto di cambiamento rimanga il termine forte associato a questa tipologia di ricerca:

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ricercare per cambiare, per migliorare le condizioni di vita degli utenti ed il benessere professionale del ricercatore stesso.

Altra caratteristica saliente, qui ripresa, di questa prassi di lavoro e ricerca è il dare potere alle persone. Come si può desumere dall'impostazione data alla definizione, non c'è qualcuno che vuole ricercare qualcosa prescindendo dai cosiddetti soggetti sperimentali, ma scopo dell'introduzione della metodologia della ricerca-azione in un ambiente di lavoro è quello di far sì che gli operatori diventino ricercatori di sé stessi.

Infine anche qui il percorso di ricerca-azione è un processo continuo, costituito da cicli di ricerca; la conclusione di un ciclo diventa il punto di partenza per ulteriori percorsi di indagine, nell'ottica di un continuo miglioramento del proprio intervento professionale e, di conseguenza, della qualità del servizio erogato.

Nell'ottica tracciata da Losito, ove i componenti del gruppo in cui avviene la ricerca azione sono a tutti gli effetti essi stessi ricercatori, vediamo come viene affrontato il problema dell'autoreferenzialità. Il rischio di interferenza del punto di vista dell'operatore ricercatore, delle sue convinzioni, dei suoi valori con l'insieme della ricerca è infatti molto forte. Il fatto di esserne consapevole di per sé non lo evita, ma già il farsene carico esplicitamente può costituire un elemento di forza di questa metodologia.

Si tratta cioè di assumere questo rischio all'interno della ricerca, cercando, piuttosto che eliminarlo, di sottoporlo a "controllo". Operativamente questo significa:

1. innanzitutto tener conto di alcuni criteri nella raccolta dei dati (Losito, 1993); a) raccogliere i dati da fonti diverse, b) raccogliere i dati con tecniche e strumenti diversi, c) raccogliere dati di tipo diverso, d) raccogliere e tener conto dei punti di vista di tutti i soggetti che

operano nel contesto di indagine, e) incrociare sinteticamente tra loro i dati raccolti.

Vale la pena ricordare rispetto ai punti b) e e) la posizione di Lewin ben espressa da Emiliani Zani:

«È importante usare metodi psicologici ma anche sociologici e antropologici, senza porre delimitazioni artificiali di competenze» (Emiliani Zani 1998, pag. 22).

2. in secondo luogo mirare, in sede di analisi/verifica dei dati, al confronto sistematico tra punti di vista e prospettive diverse. Questa azione viene chiamata triangolazione, cioè il tentativo di confrontare fra loro, sia nella fase dell'analisi dei dati raccolti che nella fase di verifica dell'intervento, il punto di vista di tre attori principali, all'interno delle situazioni di intervento: l'operatore, gli utenti, l'esterno. «John Elliott illustra nel modo seguente questa procedura: Ogni punto del triangolo si trova in una posizione epistemologica unica rispetto all'accesso ai dati che sono rilevanti in una situazione di aiuto. L'Operatore è nella situazione migliore per conoscere e approfondire, attraverso l'introspezione, le sue proprie intenzioni e i suoi obiettivi nella situazione concreta. Gli Utenti sono nella posizione migliore per

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spiegare come l'azione dell'operatore influenzi il loro modo di reagire alla situazione. L'Osservatore è nella posizione migliore per raccogliere dati rispetto alle caratteristiche osservabili dell'integrazione tra utenti ed operatore. Mettendo a confronto i propri dati con i dati raccolti dagli altri due punti di osservazione, colui che è in un punto del triangolo può verificare i suoi assunti e magari rivederli sulla base di dati più esaurienti» (Losito, 1993).

Per ciò che riguarda la figura dell'osservatore esterno, nella ricerca-azione Losito prevede due figure di confronto: la figura dell'"osservatore" propriamente detto, che in genere è un esperto che periodicamente entra nella struttura o nel servizio territoriale, per fornire, sulla base delle proprie competenze, una valutazione critica sull'ambiente e sulle procedure lavorative attivate; la figura dell' "amico critico", che non necessariamente assolve anche la funzione di "osservatore"; questa persona è in genere un collega operatore con la medesima qualifica professionale, che non presta servizio nella realtà lavorativa dell'operatore ricercatore. Egli condivide con quest'ultimo le linee di fondo del progetto di ricerca e collabora con lui lungo tutto il suo sviluppo. Rappresenta un punto di vista diverso da quello del-l'operatore, con cui opera un confronto continuo, un confronto onesto e critico in un clima di stima reciproca. La sua figura si differenzia da quella dell'osservatore, che invece non necessariamente condivide con l'operatore gli obiettivi e la conduzione del progetto, che può essere presente solo in alcuni momenti rilevanti della sua attuazione, il cui ruolo può essere assunto da più di una persona.

A conclusione della presentazione del modello di Losito ci sembra pienamente pertinente l'osservazione di Bolle di Bai (1981), secondo il quale la ricerca azione tende a realizzare un quadruplice collegamento tra:

- ricerca di base e ricerca applicata in quanto essa contribuisce allo sviluppo della prima attraverso applicazioni pratiche e azioni concrete opportunamente analizzate e controllate;

- sistema osservatore e sistema osservato con il quale si riduce la distanza tra il ricercatore e i suoi oggetti di investigazione;

- progettisti ed esecutori della ricerca giacché l'elaborazione delle differenti fasi della ricerca e dell'azione necessita di dialogo e di collaborazione costante tra coloro che vi sono implicati;

- il ricercatore e alcune dimensioni della sua personalità legate al suo sistema di valori e delle sue determinazioni socio culturali. La dinamica del processo della metodologia della ricerca azione richiede una profonda riconsiderazione del ruolo che il ricercatore, con le sue esperienze pregresse e il suo bagaglio ideologico, apporta durante il cambiamento sociale.

Rispetto a questa impostazione metodologica è necessario tuttavia fare una serie di precisazioni rispetto in particolare ad una fase non considerata da Losito: quella di accoglienza e preparazione iniziale del gruppo.

Per ciò che concerne la fase iniziale vogliamo infatti ricordare e riprendere la posizione di Lewin, che sostiene la necessità di una rigorosa preparazione teorica preliminare:

«Lo sviluppo dei concetti e della teoria deve precedere la raccolta dei dati.

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Il compito più difficile è quello di sviluppare teorie adeguate che articolino il generale con la possibilità di cogliere il concreto in ogni specifica situazione. Non si possono ottenere risultati significativi a livello scientifico o a livello pratico se non si sviluppa in modo adeguato l'aspetto teorico dei lavoro» (Emiliani Zani 1998, pag. 22).

Al pari anche in Rogers possiamo ritrovare un'enfasi sulla cura da prestare ai momenti iniziali, preparazione però più indirizzata verso le dimensioni del saper fare e del saper essere. Qui possiamo riassumere alcuni elementi che fanno parte di quel bagaglio di competenze sviluppate negli anni dall'Approccio Centrato sulla Persona soprattutto in ambito formativo, e che, come risulterà evidente, chiamano in causa direttamente chi ha il compito di coordinare o facilitare il gruppo di ricerca azione.

1. Un primo elemento di riflessione e di preparazione per un gruppo che si ponga in ricerca risiede nel momento dell'incontro iniziale. Le persone che hanno aderito alla proposta vanno accolte in un modo tale che possano iniziare ad esprimere chi sono, che cosa vorrebbero dire, dove vorrebbero indirizzarsi. Per chi facilita il gruppo questo implica il riattivare la propria fiducia nella tendenza attualizzante delle persone; vuoi dire anche verificare i livelli di interesse, di impegno, di disponibilità autentici nel conoscere queste persone; vuoi dire infine entrare nell'ottica di donare qualcosa di sé. Questa riflessione iniziale renderà possibile alcune scelte operative per i primi incontri: la strutturazione del setting (cosa far trovare), la focalizzazione e l'enfasi posta sul momento della presentazione, con una scelta "sentita e pensata" delle modalità con cui ci si presenterà, e con gli strumenti da utilizzare da subito per "documentare", "lasciare delle tracce" dell'incontro (fotografie, filmati, disegni, scritti e qualunque altro prodotto). A questo riguardo il gruppo dovrà anche interrogarsi sul perché sia importante lasciare segni.

2. Un secondo ambito di attenzione dovrà riguardare il come, nei primi incontri, si dovrà discutere e lavorare con i partecipanti su cosa voglia dire appartenere ad un gruppo di ricerca. Il facilitatore dovrà individuare modalità con cui affrontare quel concetto che tutto il gruppo dovrà condividere: la dimensione della reciprocità, la reciprocità della crescita ; la reciprocità della produzione di segni visibili del percorso di ricerca, la reciprocità della confrontazione, la reciprocità della dichiarazione delle aspettative, la reciprocità della valutazione (se io valuto devo dare all'altro il potere di valutare)

3. Il terzo ambito da considerare riguarda il contratto. Il facilitatore, in un clima di reciprocità, dovrà sì ascoltare le aspettative dei partecipanti al gruppo di ricerca, ma anche dichiarare in modo esplicito le proprie aspettative. Le aspettative saranno legate agli obiettivi e toccheranno sia la sfera dei contenuti che la ricerca intende affrontare, che le modalità con cui si vogliono raggiungere i risultati attesi

4. Ultima riflessione importante deve essere spesa rispetto alle modalità di coordinamento del lavoro di ricerca. Accenniamo a due grandi temi: - Il tema della supervisione e autoanalisi, dal partire, di fronte ad un

problema, innanzitutto da se stessi: se qualcosa non funziona, come facilitatore mi chiedo innanzitutto come sono stato e cosa ho fatto;

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- Il tema del valorizzare da subito le competenze già in possesso dei partecipanti al gruppo, che hanno da diventare risorse e non ostacolo per il processo di ricerca.

Pertanto riteniamo che la fase indicata da Losito come "raccolta dati" debba essere anticipata proprio da una fase di preparazione del facilitatore e del gruppo, caratterizzata dalla disponibilità dei ricercatori sia di documentarsi rigorosamente sulle questioni in oggetto, sia di mettersi in gioco analizzando le proprie motivazioni e modalità di "essere in ricerca". Come infatti sostengono Trombetta e Rosiello nell'introduzione del loro libro «la ricerca azione è un ricercare diverso dal modello tradizionale: essa non è tanto un fare ricerca bensì è essere in ricerca» (op. cit. pag 9).

Prima di concludere vorremmo ribadire ancora quelle caratteristiche della ricerca azione che, così come l'abbiamo presentata, rappresentano secondo noi una concreta applicazione dei principi dell'Approccio centrato sulla persona.

Il mettersi in discussione: in una ricerca azione tutti gli attori si mettono in discussione; mettersi in discussione è quel processo che di fronte ad un problema mi porta a guardare innanzitutto me stesso, i miei limiti. Non è scontato che un ricercatore parta da se stesso, perché l'ottica del cambiamento personale è strada tutt'altro che facile: sempre ardua, difficile e dolorosa, anche se alla fine fa crescere e fa provare anche soddisfazione. Ovviamente il mettersi in discussione non deve essere scisso da un mettere in discussione: per cui l'atto di congruenza del ricercatore deve essere sempre legato ad un atto di empatia verso il contesto in cui opera.

Il dare potere: lasciare spazio ai partecipanti del gruppo di ricerca, affidare a loro stessi ruolo di ricercatori è un atto di dare potere, in piena sintonia con l'Approccio Centrato sulla Persona; presuppone fiducia negli esseri umani, nelle loro potenzialità e nei loro mezzi, nelle loro capacità di valutare e valutarsi; è un atto di riconoscimento del valore dell'altro e quindi di reale accettazione incondizionata.

La crisi come opportunità: il fatto che la ricerca azione parta spesso dall'emergere di una questione, di un problema, trasmette il profondo significato di considerare gli eventi critici non come avvenimenti da prevenire, evitare, tenere sotto controllo a tutti i costi, ma, in primis, come opportunità da utilizzare per l'apprendimento e la crescita dell'intera comunità. Questo ha forte attinenza con la fondamentale fiducia dell'ACP nella crisi, quella fiducia che infonde coraggio e che può aprire porte alla speranza, all'ottimismo.

Il ruolo prioritario dell'osservazione: l'osservazione della ricerca azione si può davvero assimilare al processo di ascolto costante predicato dall'ACP; osservare/ascoltare il contesto, gli attori, gli eventi, sia sul piano dei contenuti che dei significati di cui si tingono quei contenuti. Osservare l'altro nella globalità, nella complessità, nella mutevolezza data da punti di vista e tempi differenti. Ed al contempo osservare se stessi.

L'attenzione al processo di apprendimento, senza perdere di vista la meta finale: la ricerca azione ben simbolizza i due termini di un percorso centrato sulle persone, che ha una direzione illustrata nel contratto iniziale, ma che si fonda sulla fiducia nel gruppo, nei processi del gruppo, nell'accettazione dei

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tempi e ritmi delle persone; ad un punto tale da prevedere dei "cambi di rotta", da caratterizzarsi per una flessibilità di pianificazione derivante però da momenti di verifica rigorosa e costante.

Il valore dato ai processi di confronto: la ricerca azione richiede di creare opportunità e momenti di confronto, in una dimensione di reciprocità: il che è di nuovo in profonda sintonia con dimensioni quali la congruenza, l'empatia e l'accettazione.

Una sperimentazione sull'efficacia di questo modello di ricerca azione: il progetto "Anchise"2

Nel settembre\Ottobre 1995 i responsabili della Casa di Riposo "Cerino Zegna" di Biella ed il reparto di geriatria dell'Ospedale di Biella avviarono un intervento a carattere sperimentale per concretizzare le idee ed i progetti relativi alla creazione di un Centro "Alzheimer". Lo scopo di questa azione era quello di verificare l'effettiva utilità, per i malati e i loro familiari, dei programmi di cura che avrebbero potuto essere offerti dal futuro Centro; e questo prima di un intervento massiccio, in termini economici, per la costruzione architettonica e la costituzione di una pianta organica specifica.

Il progetto "Anchise" avrebbe coinvolto il personale di un reparto del Cerino Zegna (allora denominato reparto "D"), in cui su 38 Ospiti erano presenti circa 30 persone affette da una forma di demenza. Gli operatori del reparto erano complessivamente 15, di cui 13 Assistenti Tutelari, 2 Infermieri Professionali ed una responsabile di reparto. A questo gruppo di lavoro si sarebbe in seguito aggiunta la fisioterapista della struttura.

Il gruppo avrebbe beneficiato della presenza, nelle riunioni settimanali, oltre che del ricercatore coordinatore del progetto, di un medico geriatra specialista in Demenze senili.

Ipotesi della ricerca

La scelta di introdurre e sperimentare la ricerca-azione nasceva dalla constatazione che spesso si parla di lavoro di equipe nei servizi, mettendo in primo piano l'intervento che si intende fare, quando, soprattutto nelle realtà attuali, la preminenza dovrebbe essere data proprio a come si integrano le varie professionalità e a come si procede nel lavoro di gruppo.

Pertanto l'idea che caratterizzò questo intervento non era tanto quella di sperimentare su un gruppo di ospiti un nuovo metodo di aiuto, ma quella di verificare la maggiore funzionalità di un certo modo di lavorare in equipe.

Di conseguenza l'ipotesi della ricerca si delineò in questi termini:

2 Questo paragrafo è una sintesi di un documento di presentazione integrale di questa ricerca, pubblicato nel 1998 con il titolo "Progetto Anchise: la ricerca azione nella cura dei pazienti affetti da demenza", a cura di C. Greggio. Edizioni Opera Pia Cerino Zegna, Occhieppo Inf. (Biella).

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"Una metodologia di lavoro centrata sulla ricerca-azione può favorire negli operatori di un centro geriatrico una maggiore capacità di cogliere i reali bisogni degli ospiti ricoverati affetti da demenza e di modificare l'agire degli operatori stessi in termini più efficaci sia per il loro benessere che per quello dei pazienti".

Obiettivi specifici del "ProgettoAnchise"

Dall'ipotesi sopra esposta si evince che un metodo di lavoro come la ricerca-azione avrebbe dovuto produrre cambiamenti:

- negli ospiti - negli operatori che la realizzavano In relazione alla prima dimensione di cambiamento, cioè la qualità della

vita dei pazienti affetti da demenza ricoverati nel reparto "D" della Casa di riposo si definirono tre obiettivi specifici:

1. Migliorare l'autonomia degli ospiti. 2. Favorire una loro maggiore socializzazione ed integrazione nella

comunità ove risiedevano. 3. Diminuire i comportamenti disturbanti di questi pazienti. In relazione

alla seconda dimensione di cambiamento, e cioè gli operatori stessi che avrebbero applicato la ricerca-azione, si ipotizzarono altrettanti obiettivi:

1. non influire negativamente sul loro livello di stress, 2. incidere positivamente sull'immagine professionale che questi operatori

hanno di sé, 3. migliorare le relazioni tra operatori all' interno dell' equipe. Per valutare

il conseguimento o meno di questi obiettivi si individuarono tre strumenti.

- L'Intervista sul Comportamento Spontaneo (ICS), messa a punto dal laboratorio di neuropsichiatria geriatrica dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano. La scala, che indaga i comportamenti degli ospiti, si compone di tre parti: la prima riguarda I' esecuzione delle attività quotidiane, divisa a sua volta in sei item che prendono in considerazione la capacità di vestirsi, l'igiene della persona, la locomozione, l'apatia, l'alimentazione e la continenza. La seconda sub-scala indaga la vita di relazione, specificata in sette item: reazioni emotive, riconoscimento di persone, comunicazione, memoria, comprensione, orientamento spaziale e temporale. La terza sub-scala valuta i comportamenti che creano problemi. Il punteggio massimo delle tre parti è di novantacinque. Questo strumento venne utilizzato per valutare l'effetto sui pazienti dell' intervento di ricerca azione messo in atto dal personale

- Una scala dello stress, suddivisa in venti item e rivolta agli operatori. - Infine un questionario sottoposto agli operatori del solo gruppo

sperimentale, per una loro autovalutazione al termine del progetto, volta a cogliere i cambiamenti del singolo e del gruppo.

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Impostazione della ricerca

Come accennato, il gruppo di lavoro prescelto per condurre la ricerca è stata l'equipe del reparto "D"; questi operatori, dovendo affrontare un addestramento specifico sulla ricerca-azione, sono stati affiancati da due ricercatori esterni: il coordinatore del progetto, esperto nella metodologia della ricerca-azione, ed un medico geriatra dell' Ospedale di Biella, in qualità di esperto sulle demenze. Questi ultimi hanno curato l'impostazione iniziale ed il disegno della ricerca; dopo aver chiarito gli obiettivi ed aver scelto gli strumenti di verifica, hanno individuato un altro reparto della casa di riposo che avesse un gruppo di ospiti similari a quelli del reparto "D" almeno per il grado di deterioramento mentale. Tale reparto (il reparto "E") avrebbe assolto alla funzione di gruppo di controllo. Quindi i due ricercatori esterni hanno avviato la fase di testatura. I due test, di cui sopra, sono stati somministrati ai due gruppi (operatori ed ospiti dei due reparti) da un A.S., persona completamente estranea alla ricerca, immediatamente prima (baseline) e subito dopo (follow up) la conclusione dell'intervento di ricerca-azione. Contemporaneamente a queste azioni iniziali sono stati informati e richiesti di consenso i familiari dei pazienti e quegli ospiti in grado di comprendere, anche minimamente, il tipo di azione che si stava intraprendendo.

Complessivamente sono stati coinvolti 13 operatori nel gruppo di ricerca e 15 nel gruppo di controllo; similmente, 31 sono stati i pazienti testati nel gruppo sperimentale e 25 in quello di controllo, campioni questi ultimi simili, come detto, per i livelli di decadimento mentale da essi presentati. Il livello di decadimento è stato valutato, sempre prima dell'inizio della ricerca, attraverso l'S.P.M.S.Q (Short Portable Mental Status Questionnaire).

Caratteristiche salienti che si possono desumere da questa impostazione sono: - i due ricercatori esterni hanno lavorato per tutto il tempo dell'intervento

solo con gli operatori del gruppo sperimentale in riunioni di equipe settimanali; essi pertanto non sono entrati in relazione diretta con gli ospiti del reparto e quindi non hanno influenzato la vita degli stessi con la loro presenza;

- la ricerca è stata condotta con le persone (operatori ed ospiti) presenti nel reparto per tutto il tempo dell' intervento, limitandosi ad una verifica sul grado di similarità dei due gruppi di ospiti (sperimentale e di controllo) almeno per ciò che concerneva il livello di decadimento mentale dei medesimi. Se pertanto non si può parlare di un campionamento rigoroso, la validità della sperimentazione risiedeva nell'introdurre l'idea che qualunque struttura geriatrica presente sul territorio avrebbe potuto produrre dei progetti di ricerca pur con i limiti fissati dalle esigenze di vita dei ricoverati e dalla natura dell'organizzazione.

- Infine si sottolinea che, sia gli operatori che hanno condotto la ricerca (reparto "D") che quelli del gruppo di controllo (reparto "E") erano a conoscenza dell' esperimento; gli operatori del gruppo di controllo in tal senso si resero disponibili sapendo che al termine del "Progetto Anchise" avrebbero potuto iniziare nel loro reparto un progetto di lavoro da loro poi denominato "Progetto De Nova Vitae".

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L'esecuzione

L'intervento di ricerca-azione è durato otto mesi, dall'inizio di novembre 1995 a fine giugno 1996. Nel corso ed al termine dell'intervento gli operatori del reparto sperimentale hanno prodotto una serie di relazioni per testimoniare le azioni intraprese ed i risultati parziali ottenuti nel corso della ricerca-azione.

Sinteticamente queste azioni sono state: - un' attività di ricerca e di studio di documentazione sulle demenze - la progettazione accurata dell'apertura di una nuova ala del reparto - l'incontro con familiari di malati di Alzheimer e con persone non addette

ai lavori ma interessate al problema demenza - la sperimentazione di attività terapeutiche rivolta ai pazienti più gravi

(ali 'ultimo stadio della malattia di Alzheimer) - l'istituzione di un' equipe multidisciplinare per la discussione e

l'attuazione di progetti individualizzati - lo sviluppo della competenza da parte di tutti gli operatori del reparto

della corretta compilazione della scala Intervista sui Comportamenti Spontanei (ICS) alfine di poterla utilizzare con sistematicità nel reparto

- l'attivazione di una serie di attività di animazione per gli ospiti meno gravi del reparto, ma che avevano comunque difficoltà negli spostamenti, condotte dagli operatori stessi

- la partecipazione di alcuni operatori ad un convegno sulle demenze (per la prima volta nella struttura alcuni Assistenti Tutelari furono incaricati ufficialmente a svolgere una simile attività di studio )

- lo studio di un nuovo piano (decisamente più accurato e qualitativamente migliore del precedente) per l'inserimento di nuovi ospiti in reparto.

Per ciò che concerne gli apprendimenti in itinere acquisiti dagli operatori di reparto nell'applicare la ricerca-azione, possiamo sinteticamente affermare che:

1. È stata confermata l'idea che una preparazione di base comune acquisita contemporaneamente da tutti i membri di un'equipe di lavoro favorisca l'integrazione ed il coordinamento fra le attività svolte dalle diverse professionalità; questo permette una maggiore produttività da parte dell'equipe, nei termini dell'acquisizione di risultati positivi per la qualità di vita degli ospiti e quindi di un uso efficace delle risorse disponibili.

2. Si è dimostrato che una riflessione progettuale su come sfruttare nuove strutture architettoniche porta a valorizzare le innovazioni di queste strutture, esaltandone le caratteristiche che favoriscono una migliore qualità di vita degli ospiti. Menzione specifica si può inoltre fare sulla validità di criteri di scelta dei posti letto centrati sulle esigenze espresse dagli ospiti e dai loro familiari più che su quelle dell'organizzazione, criteri che hanno ridotto al minimo i disagi provocati dal cambiamento.

3. Per ciò che riguarda le attività di animazione sperimentate dagli operatori, esse hanno posto l'idea che le attività socio-ricreative in una struttura non possono essere affidate esclusivamente all'animatore professionale, ma che,compatibilmente con il soddisfacimento dei bisogni essenziali degli ospiti, ; devono poter essere proposte anche

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dagli operatori di reparto; ciò permette in primo luogo alla relazione Assistente Tutelare- ospite di svilupparsi anche su contenuti non squisitamente assistenziali (quindi maggior arricchimento e maggiore scoperta reciproca); in secondo luogo favorisce nella routine quotidiana momenti di animazione informale, indispensabili per migliorare il clima nella comunità di reparto.

4. Dall'applicazione di attività terapeutiche centrate sulla dimensione espressivo sensoriale è venuta la grande speranza di offrire momenti di vita anche a persone gravemente malate in prossimità della morte.

5. Infine, la sperimentazione di un piano di cura, che si sviluppa secondo un progetto individualizzato, ha evidenziato il grande beneficio che ha per l'ospite un modo di lavorare in cui l'equipe privilegia l'accuratezza dell'osservazione e della raccolta dati, la valutazione multidimensionale e la verifica in itinere.

Per ciò che concerne gli strumenti della ricerca-azione possiamo dire che ci si è indirizzati verso: - l'arricchimento delle capacità di osservazione obiettiva attraverso l'uso di strumenti documentativi:

- il diario personale dell'operatore, - le cosiddette "note sul campo" (appunti presi a caldo su un block notes di gruppo o personale),

- le schede/profilo sugli ospiti, - la registrazione audio e quella video.

- il confronto con figure esterne quali alcuni familiari degli ospiti, un pittore professionista, i volontari presenti in struttura, colleghi di altri centri conosciuti nell'ambito di attività formative e congressuali, ed ovviamente i due ricercatori esterni.

È mancato invece l'apporto degli amici critici. Tutti gli operatori hanno dichiarato una certa difficoltà nell’individuare una persona di riferimento presso cui consultarsi, denunciando così una situazione iniziale di resistenza e timore al confronto. I ricercatori esterni hanno accettato questa resistenza, confidando che una maggiore coesione del gruppo ed un lavoro degli operatori su di sé fatto in equipe avrebbero prodotto in futuro una disponibilità ad interpellare sistematicamente persone che non appartenessero alla medesima realtà lavorativa, e che sapessero esprimere giudizi onestamente critici.

Modalità di verifica e analisi dei dati

La verifica finale del "Progetto Anchise" è avvenuta a fine giugno '96 ed è consistita nella risomministrazione agli ospiti dei reparti "D" ed "E" della scala I.C.S., nella risomministrazione al personale dei due reparti del test sullo stress ed infine nella compilazione del questionario di autovalutazione da parte del personale del reparto sperimentale. Questo follow up è stato curato nuovamente dall'A.S..

Vediamo qui di seguito l'analisi dei dati raccolti nel Follow up rispetto agli strumenti predisposti.

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Test sullo stress Per ciò che concerne il test sullo stress rivolto ai due gruppi di operatori,

si sono calcolati i punteggi medi prima (baseline) e dopo (follow up) l'intervento nel gruppo di controllo ed in quello sperimentale. Si è proceduto ad un controllo sulla significatività della differenza fra le due medie con il t di Student per entrambi i gruppi, che è risultata, come si evince dal primo grafico e dalla tabella qui sotto, non significativa.

Da qui si può desumere come l'ipotesi di partenza di una influenza non negativa sul livello di stress negli operatori che conducono la ricerca-azione è stata confermata; è infatti di rilievo far notare che, alla luce di questo dato, un lavoro come la ricerca-azione, comunque costosa per gli operatori che la portano avanti, nei termini di risorse mentali ed emotive messe in gioco, non aumenta il livello di stress nei medesimi. E questo contro l'ipotesi plausibile che ulteriori carichi di lavoro possano sì migliorare il servizio, al prezzo però di uno stress maggiore in chi lo attua. La sperimentazione non ha verificato questa idea, in quanto, come si è visto dall'analisi dei questionari finali agli operatori, il maggior carico di lavoro prodotto dalla ricerca-azione è stato controbilanciato dalla gratificazione per i risultati ottenuti con gli utenti, dal maggior grado di coesione e di benessere che si è creato fra i componenti del gruppo di lavoro, per l’immagine che il singolo operatore ha dato di se nei termini di una maggiore professionalità acquisita.

L'intervista sui comportamenti spontanei (l.C.S.) Per ciò che concerne l'ICS, due sono state le analisi statistiche effettuate: la

prima, analogamente alla scala dello stress, ha confrontato attraverso il t di Student le differenze delle differenze (Delta del Delta) fra le medie del baseline e del follow up nel gruppo sperimentale e in quello di controllo; tali raffronti hanno riguardato sia i punteggi totali dell'ICS (confronto primario), che i sub-totali delle tre scale dello strumento (confronto secondario). A titolo del tutto orientativo sono stati poi presi in considerazione anche i punteggi parziali nei primi tredici item. La seconda analisi ha seguito un procedimento diverso, confrontando sempre attraverso il t di Student i punteggi medi ottenuti dal gruppo di controllo e dal gruppo sperimentale nel baseline; successivamente la stessa analisi della significatività delle differenze fra medie è stata effettuata per il follow up.

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Fig. 1 — Baseline e follow- up: differente nel gruppo di controllo e nel gruppo sperimentale.

Questa seconda analisi ha permesso di stabilire almeno in linea generale come al baseline i due gruppi fossero simili (dando così validità alla scelta dei due gruppi), mentre al follow up essi sarebbero risultati significativamente dissimili. (Questo per ovviare almeno in parte al campionamento poco rigoroso). Qui riportiamo sinteticamente i risultati di queste due analisi.

Il confronto primario effettuato nella prima analisi testimonia in modo evidente che un cambiamento positivo nei pazienti ricoverati nel reparto sperimentale è avvenuto, e ciò come contrappunto alla tendenza al peggioramento del gruppo di controllo.

PUNTEGGI MEDI TOTALI Quanto più alti sono i punteggi tanto maggiore è il grado di

compromissione dell'autonomia o dell'efficienza nei comportamenti spontanei dell'ospite

Dal confronto secondario, sembra che gli ospiti del gruppo sperimentale

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abbiano migliorato la loro condizione di vita, soprattutto per ciò che concerne la sfera delle autonomie e della vita di relazione, e questo in controtendenza a quello che è il generale decadimento in un centro geriatrico. Per ciò che concerne i dati sui comportamenti disturbanti degli ospiti (nel gruppo sperimentale, all'opposto di quello di controllo, tali comportamenti tendono ad aumentare) si può sostenere, anche sulla base di altri studi condotti dall'Istituto "Mario Negri", che in genere un miglioramento nell'esecuzione delle attività quotidiane e nella vita di relazione porta necessariamente anche ad un aumento dei comportamenti che creano disturbo, in quanto l'ospite espande il proprio spazio di attività e di vita, qualche volta anche a danno dello spazio altrui. Pertanto questo dato, pur essendo in contrapposizione ad uno degli obiettivi prefissi all'inizio della ricerca, è da ritenersi, nella visione globale dei risultati, positivo e coerente con gli altri dati rilevati.

La differenza nel gruppo di controllo è al limite della significatività. Possiamo quindi dire che in questo gruppo a distanza di nove mesi si rileva una tendenza globale al peggioramento.

La differenza nel gruppo sperimentale risulta al T di Student altamente significativa (p= 0,00), cioè gli ospiti di questo gruppo dopo l'intervento di ricerca azione hanno dimostrato un miglioramento globale nei comportamenti spontanei.

Fig. 2 - Differenze tra i punteggi medi totali prima e dopo f intervento di ricerca anione nel gruppo di controllo e nel gruppo sperimentale.

PUNTEGGI MEDI NELLA SUB SCALA 'ATTIVITÀ QUOTIDIANE " Più il punteggio è elevato più è compromessa l'esecuzione delle attività quotidiane

gruppo di controllo

gruppo sperimentale

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PUNTEGGI MEDI NELLA SUBSCALA 'VITA DI RELAZIONE " Più il punteggio è elevato, più risultano compromessi i comportamenti

dell'ospite nell'ambito della vita di relazione:

PUNTEGGI MEDI NELLA SUB SCALA "COMPORTAMENTI DISTURBANTI" Più il punteggio è elevato, maggiore è il numero di comportamenti

dell'ospite che provocano disturbo:

Pertanto, la parte più importante della ricerca, quella che interessava il benessere e la salute degli ospiti coinvolti dalla ricerca-azione, è stata pienamente confermata.

I questionari di autovalutazione Per ciò che concerne i questionari finali proposti agli operatori del gruppo

sperimentale, le cui risposte sono presentate in appendice "C", possiamo fare le seguenti osservazioni:

- il progetto di ricerca-azione ha ottenuto una piena soddisfazione da parte degli operatori coinvolti

- i risultati di questo progetto sono percepiti dagli operatori-ricercatori nei termini di: - una loro maggiore sicurezza nello svolgere il proprio lavoro; - un'acquisizione di metodologie di lavoro più efficaci, e quindi di un

aumento di professionalità;

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- una maggiore coesione del gruppo data dalla scoperta delle conseguenze prodotte da un buon lavoro di équipe: possibilità di confronto e condivisione, di comprensione maggiore delle problematiche che ci si trova ad affrontare, di supporto reciproco, di maggior benessere nel rapporto fra col leghi; - un miglioramento delle condizioni di vita degli ospiti del reparto;

- se è posta molta enfasi sulla crescita del gruppo, non così evidente risulta la crescita personale degli operatori-ricercatori. In alcuni lavori da loro prodotti il cambiamento in tal senso è stato esplicitamente dichiarato, ma non ha acquisito un peso altrettanto importante rispetto ai miglioramenti riscontrati negli ospiti. È stata in tal senso auspicata una prosecuzione di questo percorso di crescita, per dare la possibilità alle persone coinvolte di fare un ulteriore passo in avanti e cioè la valorizzazione delle singole individualità nel gruppo (scoprire meglio qual è la crescita dei singoli nel gruppo), e contestualmente aumentare la capacità di questa équipe di aprirsi all'esterno, al confronto con colleghi, familiari, amici critici, osservatori non coinvolti, elementi di cui risultava carente il lavoro svolto nel corso di progetto "Anchise".

Per concludere, desideriamo invece sottolineare come elemento di per sé molto positivo il fatto che l'equipe abbia prodotto dei resoconti, delle relazioni scritte, che costituivano una novità per questo reparto. Questi documenti, presentati nella pubblicazione integrale della ricerca, hanno avuto infatti un valore di grande cambiamento per quel gruppo di operatori, cambiamento descrivibile in un'aumentata fiducia in sé e nelle proprie potenzialità e quindi nella volontà di valorizzarsi.

Valutazione critica sulla correttezza metodologica della ricerca

Pur non avendo la pretesa di aver svolto una sperimentazione scientificamente e metodologicamente inoppugnabile, è stata richiesta ed ottenuta la collaborazione dei ricercatori del laboratorio di Neuropsichiatria geriatrica dell'Istituto "Mario Negri", che hanno accettato di visionare il lavoro di ricerca-azione per quanto riguardava la metodologia utilizzata per la rilevazione dei dati.

Questa è stata sostanzialmente corretta, anche se non sono stati presi in considerazione alcuni parametri in parte legati a situazioni contingenti (come l'utilizzo per la ricerca di un reparto sottoposto ad un cambiamento strutturale architettonico), in parte legati alla difficoltà nel reperimento di alcuni fattori in grado di incidere nella ricerca, come la durata della malattia, il tipo di demenza e la presenza di patologie concomitanti. Peraltro, per la maggior parte degli ospiti non era possibile risalire alla durata della malattia, e non si è ritenuto, visto il numero elevato di ospiti coinvolti e le difficoltà operative, di eseguire accertamenti diagnostici strumentali più approfonditi.

L'utilizzo della scala ICS per la valutazione dei comportamenti, sia all'inizio che al termine dello studio sperimentale di ricerca, ha permesso di verificare, pur con qualche difficoltà iniziale nella modalità di somministrazione, l'ipotesi e la validità del lavoro di ricerca-azione.

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Conclusioni

Gli operatori/ricercatori del reparto con l'aiuto dei due ricercatori esterni hanno dimostrato che la ricerca-azione può produrre anche in un contesto di lavoro geriatrico due tipi di cambiamento:

- un cambiamento negli operatori che la applicano. Se è vero infatti che il percorso di messa in discussione del proprio operato da parte degli operatori/ricercatori avrebbe dovuto considerare maggiormente il versante dell'auto-osservazione nella relazione d'aiuto e del confronto sistematico, è altrettanto vero che questo gruppo di lavoro ha acquistato maggior forza e coesione, maggiore soddisfazione professionale, ed al termine del progetto è stato più capace di assumersi potere (inteso come responsabilità) anche nei termini di autodeterminazione: progetta, decide, attua, verifica, relaziona, sceglie i consulenti, si confronta ecc.

- un cambiamento nella qualità della vita degli ospiti: in queste persone gravemente malate si sono scoperte potenzialità prima non riconosciute; alla luce di questo, e quindi di una differente modalità di porsi degli operatori, queste persone hanno modificato in maniera positiva per loro stessi e per gli altri i propri comportamenti. Malgrado le loro condizioni psicofisiche fortemente compromesse, questi ricoverati sono stati a loro volta in grado di aumentare il proprio potere personale, inteso soprattutto come una maggiore e più funzionale capacità di interagire e comunicare con l'ambiente che li circonda, nonché una migliore autonomia nell'agire quotidiano. Questo fatto, riscontrato anche in persone dementi all'ultimo stadio, sembra un'ul-teriore dimostrazione che una tendenza alla vita ed allo sviluppo/espressione delle potenzialità residue sia insita anche nell'essere umano più malato, le cui funzioni intellettive sembrerebbero totalmente compromesse. E questo porta con sé il dovere per ogni operatore sociosanitario di rispondere alla richiesta di contatto di queste persone.

Questi mutamenti positivi hanno altresì determinato l'evidenza, ben fotografata dalla scala dello stress, che l'introduzione di questo nuovo metodo di lavoro, sicuramente dispendioso per l'operatore per la messa in discussione del proprio modo di concepire la realtà lavorativa e di agire in essa, lascia tuttavia inalterato il livello di stress di chi decide di seguirlo. Quindi un nuovo modo di agire professionale da, a parità di quantità di stress prodotta, una qualità del servizio migliore rispetto ad altri metodi di lavoro.

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