La Restaurazione e i primi moti del XIX secolo · In Francia le rivolte scoppiarono dopo le...

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La Restaurazione e i primi moti del XIX secolo Dopo la sconfitta definitiva di Napoleone nel 1815 si riunirono a Vienna sovrani e ministri degli stati avversari. Il Congresso di Vienna si tenne dall’ottobre 1814 al giugno 1815.

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La Restaurazione e i primi moti del XIX secolo

Dopo la sconfitta definitiva di Napoleone nel 1815 si riunirono a Vienna sovrani e ministri degli stati avversari. Il Congresso di Vienna si tenne dall’ottobre 1814 al giugno 1815.

Gli obiettivi del Congresso di Vienna erano due:

- decidere quali sovrani spodestati da Napoleone dovessero tornare sui troni;

- ridefinire i confini degli stati europei;

Le decisioni furono prese in particolare da Gran Bretagna, Russia, Prussia e Austria, in particolare il ministro degli esteri austriaco Klemens von Metternich. Partecipò ai lavori anche Charles de Tayllerand, ministro degli esteri francese.

Fu utilizzato il principio di legittimità per la questione dei troni: tutti i re europei sarebbero dovuti tornare a regnare sui troni da loro occupati prima del 1789. Molto più difficile era stabilire i nuovi confini degli stati europei: l’obiettivo era quello di evitare che si formasse uno stato più forte e potete rispetto agli altri. Le aspirazioni nazionali di unificazione per italiani, tedeschi e polacchi non furono ascoltate.

Gli stati europei si ridussero di numero e i cambiamenti più rilevanti si verificarono nell’Europa centro-settentrionale. L’Austria ottenne la Dalmazia nei Balcani e la Lombardia e Veneto in Italia. Nacque la Confederazione Germanica formata da 39 stati presieduti dall’imperatore austriaco. Nacque il regno dei Paesi Bassi, stato cuscinetto vicino alla Francia.

L’Italia fu riportata alla situazione precedente all’età napoleonica e l’egemonia fu affidata all’Austria. Il Lombardo Veneto passò sotto il controllo dell’Austria, che controllava anche altri stati grazie a legami dinastici (Toscana, Parma, Modena) e alle alleanze (Regno delle Due Sicilie e Stato della Chiesa). Unico stato autonomo era il Regno di Sardegna.

Per consolidare le decisioni del Congresso di Vienna, Russia, Prussia e Austria stabilirono un’intesa voluta dallo zar Alessandro I: la Santa Alleanza. I tre stati si impegnavano a mantenere l’ordine in Europa, soprattutto nel caso fossero scoppiate delle rivolte. L’aristocrazia ritornò ad avere ruoli chiave nei governi mentre la borghesia conobbe un arresto nella sua scalata sociale; le idee di libertà e uguaglianza però non vennero cancellate.

Per opporsi alla Santa Alleanza e sfuggire alla persecuzioni, gli intellettuali liberali si riunirono in società segrete, come la Carboneria diffusa in Italia. Essa prendeva nome e simboli dal mestiere di commercianti di carbone e vi era ammessi attraverso un giuramento e una prova di coraggio. L’obiettivo delle società segrete era ottenere delle costituzioni.

I primi moti rivoluzionari scoppiarono nel biennio 1820-1821. Il primo moto scoppiò in Spagna nel 1820: i soldati nel porto di Cadice chiedevano al re Ferdinando VII una costituzione e l’istituzione di un parlamento. Anche in Portogallo i soldati si rivoltarono per avere la costituzione da re Giovanni VI, rifugiatosi in Brasile dal 1807.

Le notizie giunsero alla rivolta i carbonari nel Regno delle Due Sicilie; anche in questo caso furono i soldati a chiedere una costituzione simile a quella spagnola. Il generale Guglielmo Pepe passò dalla parte dei ribelli e il re Ferdinando I fu costretto ad esaudire le richieste. Le rivolte scoppiarono anche in Piemonte, nelle caserme ad Alessandria , con i carbonari comandati dal conte Santorre di Santarosa.

Il principe Carlo Alberto di Savoia, vicino alle posizioni dei liberali, concesse nel marzo 1821 la costituzione mentre il sovrano, lo zio Carlo Felice, era momentaneamente assente. Nei mesi successivi tutte le rivolte furono soffocate e le costituzioni revocate, grazie all’intervento degli eserciti della Santa Alleanza. Nel 1822 la repressione fu completata.

Il fallimento dei moti rivoluzionari del 1820-1821 nasceva dal fatto che il popolo non conosceva questi gruppi segreti, le loro idee e i loro programmi. I rivoluzionari erano gruppi ristretti di borghesi e avevano posizioni interne anche molto differenti tra di loro:

- i liberali sostenevano la monarchia costituzionale, le libertà personali, il liberalismo economico e il suffragio censitario;

- i democratici sostenevano la repubblica, il suffragio universale, l’istruzione gratuita e l’aiuto ai più deboli;

Questi due gruppi si opponevano ai nobili e al clero, i reazionari, sostenitori della monarchia assoluta.

L’unico moto rivoluzionario del 1821 che ebbe esito positivo fu quella organizzata in Grecia per ottenere l’indipendenza dall’Impero Ottomano, persa nel XV secolo. Molti intellettuali liberali europei appoggiarono la causa, come il poeta inglese George Byron. Gran Bretagna, Francia e Russia sostennero la causa greca per motivi di influenza nel mar Mediterraneo. L’indipendenza fu raggiunta nel 1829 e la Grecia divenne un regno con Ottone I.

Negli stessi anni le rivoluzioni coinvolsero anche l’America Latina; già alla fine del XVIII secolo la regione era diventata particolarmente ricca per l’economia vista la produzione di metalli preziosi e di alimenti. La società era divisa in tre classi: creoli, bianchi discendenti dai coloni europei a capo della classe dirigente; meticci, figli di coppie miste dediti all’artigianato e al commercio; indios e neri, contadini o schiavi.

L’indipendenza si compì perché i creoli volevano liberarsi dal controllo della Spagna e del Portogallo e avere la libertà di commercio con Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Ottennero l’indipendenza Messico, Brasile, Perù, Argentina, Cile, Bolivia e Colombia; l’indipendenza garantì l’abolizione della schiavitù ma la popolazione povera non conobbe miglioramenti.

In Francia le rivolte scoppiarono dopo le elezioni del 1830: i liberali vinsero le elezioni ma re Carlo X, reazionario, compì un colpo di stato: fu abolita la libertà di stampa e fu sciolto il parlamento. La borghesia organizzò la rivolta insieme al popolo di Parigi il 27 luglio 1830: dopo tre giorni di lotta Carlo X si dimise e divenne nuovo re il cugino Luigi Filippo d’Orleans, vicino alle idee liberali. Fu la Rivoluzione di Luglio.

Il nuovo sovrano, appoggiato dalla borghesia, promulgò una nuova costituzione, aumentava il potere del parlamento e garantiva la libertà di stampa. La rivoluzione di Parigi favorì altre rivolte in Europa: nell’agosto 1830 il Belgio reclamò l’indipendenza dai Paesi Bassi. In alcuni regni tedeschi della Confederazione furono concesse delle carte costituzionali mentre nel 1831 in Polonia scoppiò una rivolta contro la Russia per l’indipendenza, poi soffocata con la forza.

In Italia nel 1831 i liberali insorsero a Modena, a Parma e nello Stato della Chiesa; a guidare il moto fu l’imprenditore modenese Ciro Menotti. Le rivolte furono soffocate dall’intervento dell’Austria.

In Europa Gran Bretagna e Francia sostenevano i liberali, accogliendo gli esuli politici; diversamente Austria e Russia difendevano le monarchie assolute e i reazionari.

Il fallimento dei moti del 1820-21 e del 1830-31 scosse profondamente Giuseppe Mazzini, un patriota italiano a capo dello schieramento democratico e repubblicano. Egli sosteneva l’indipendenza dell’Italia e Roma capitale, la proclamazione della repubblica, l’autonomia della lotta popolare. Nel 1831 fondò la società Giovine Italia a cui si unirono tanti patrioti, come il capitano di marina Giuseppe Garibaldi.

Nel 1834 Mazzini fondò la società Giovine Europa con l’obiettivo di promuovere la nascita di una confederazione europea di stati indipendenti. I tentativi insurrezionali fallirono e Mazzini dovette andare in esilio prima in Svizzera e poi a Londra. Nel 1844 i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, vicini a Mazzini, sbarcarono in Calabria per un’insurrezione nel Regno delle Due Sicilie. L’impresa fu fallimentare.