La responsabilità di dire no · 2018-03-09 · (Charles Bukowski, 16 agosto 1920 – 9 marzo 1994)...

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WWW.DEMOCRATICA.COM V ari commentatori in questi giorni hanno richiamato il noto passaggio di Aldo Moro nel suo ultimo discorso ai gruppi parlamentari del 28 febbraio 1978: “Siamo in due vincitori, e due vincitori in una sola battaglia creano certamente dei problemi.” Quel passaggio non sembra affatto utilizzabile nel nostro contesto. Moro non faceva affatto della sociologia elettorale. Su quel piano, in effetti, anche oggi siamo in presenza di due vincitori, nel nostro caso il centrodestra a trazione leghista e i Cinque Stelle. Il punto era la reciproca volontà dei due vincitori nel cercare un modus vivendi per il Governo, per “promuovere una iniziativa coraggiosa... nelle condizioni nuove nelle quali noi ci troviamo”, come proponeva Moro. Era l’affermazione di un indirizzo da perseguire, con i vincoli che ancora derivavano dalla divisione in blocchi: “Sappiamo che c’è in gioco un delicatissimo tema di politica estera, che sfioro appena, nel senso che vi sono posizioni che non sono solo nostre ma che tengono conto del giudizio di altri Paesi.. Sappiamo che vi è diffidenza in Europa in attesa di un chiarimento ulteriore sullo sviluppo delle cose”. Nel nostro caso, invece, non ci sono affatto vincitori, ossia delle forze uscite rafforzate dal voto in grado di trovare un modus vivendi. Almeno al momento, nonostante alcune convergenze su temi rilevanti, le distanze tra tali forze appaiono loro insuperabili, ma è dubbio che possano essere rimosse perché entrambe ambiscono a un’egemonia indiscussa nel loro campo e in alternativa tra loro. PAGINA 3 La responsabilità di dire no Dopo il voto Si rafforza nel Pd la strada per un’opposizione seria e coerente Lunedì la Direzione per ripartire I due non vincitori L’EDITORIALE Stefano Ceccanti n. 143 venerdì 9 marzo 2018 “Genio è l’uomo capace di dire cose profonde in modo semplice” (Charles Bukowski, 16 agosto 1920 – 9 marzo 1994) PAGINA 4 Nel centrodestra in cerca di transfughi la guerra non è finita LEGA E FORZA ITALIA SEGUE A PAGINA 3 Berlusconi ha già iniziato a lavorare per liberarsi di Salvini. Intanto nel Sud molti cittadini richiedono il Reddito di cittadinanza promesso dal Movimento Cinque Stelle PAGINA 2 Zingaretti: “Alle primarie ci sarò” PARTITO DEMOCRATICO

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Vari commentatori in questi giorni hanno richiamato il noto passaggio di Aldo Moro nel suo ultimo discorso ai gruppi

parlamentari del 28 febbraio 1978: “Siamo in due vincitori, e due vincitori in una sola battaglia creano certamente dei problemi.”Quel passaggio non sembra affatto utilizzabile nel nostro contesto. Moro non faceva affatto della sociologia elettorale. Su quel piano, in effetti, anche oggi siamo in presenza di due vincitori, nel nostro caso il centrodestra a trazione leghista e i Cinque Stelle. Il punto era la reciproca volontà dei due vincitori nel cercare un modus vivendi per il Governo, per “promuovere una iniziativa coraggiosa... nelle condizioni nuove nelle quali noi ci troviamo”, come proponeva Moro.Era l’affermazione di un indirizzo da perseguire, con i vincoli che ancora derivavano dalla divisione in blocchi: “Sappiamo che c’è in gioco un delicatissimo tema di politica estera, che sfioro appena, nel senso che vi sono posizioni che non sono solo nostre ma che tengono conto del giudizio di altri Paesi.. Sappiamo che vi è diffidenza in Europa in attesa di un chiarimento ulteriore sullo sviluppo delle cose”. Nel nostro caso, invece, non ci sono affatto vincitori, ossia delle forze uscite rafforzate dal voto in grado di trovare un modus vivendi. Almeno al momento, nonostante alcune convergenze su temi rilevanti, le distanze tra tali forze appaiono loro insuperabili, ma è dubbio che possano essere rimosse perché entrambe ambiscono a un’egemonia indiscussa nel loro campo e in alternativa tra loro.

PAGINA 3

La responsabilità

di dire no

Dopo il voto Si rafforza nel Pd la stradaper un’opposizione seria e coerente

Lunedì la Direzione per ripartire

“I due non vincitori

L’EDITORIALE

Stefano Ceccanti

n. 143venerdì9 marzo

2018

“Genio è l’uomo capace di dire cose profonde in modo semplice” (Charles Bukowski, 16 agosto 1920 – 9 marzo 1994)

PAGINA 4

Nel centrodestra in cerca di transfughila guerra non è finita

LEGA E FORZA ITALIA

SEGUE A PAGINA 3

Berlusconi ha già iniziato a lavorare per liberarsi di Salvini. Intanto nel Sud molti cittadini richiedono il Reddito di cittadinanza promesso dal Movimento Cinque Stelle

PAGINA 2

Zingaretti: “Alle primarie ci sarò”

PARTITO DEMOCRATICO

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2 venerdì 9 marzo 2018

Nicola Zingaretti scende in campo:“Pronto a correre alle primarie”

Lui alle regionali ha preso 341mila voti in più di quelli pre-si dal Pd alle elezioni nazionali. La stessa cosa capitò alle prece-denti regionali e quando corse per le provinciali. E ora Nicola

Zingaretti, classe 1965, appena riconferma-to governatore del Lazio, è pronto a correre alle primarie del partito. “Io ci sarò”, ha an-nunciato in un’intervista a Repubblica Zin-garetti che per l’Italia guarda al modello del-la sua regione, quello che “rilancia lo spirito dell’Ulivo”, “la sua ambizione, lo spirito in-novativo, la voglia di stare insieme e di vin-cere insieme”. Perché se in questi anni ha portato a casa certi risultati è anche grazie a “un progetto politico che nel Lazio ha unito tutta la sinistra”. Unione, ma anche confron-to e partecipazione. E poi l’importanza della memoria; la sua bisnonna venne deportata ad Auschwitz e sua madre si salvò per puro caso. Per questo, i suoi punti fermi sono questi fin da quando ha iniziato a muovere

i suoi passi prima nell’associazionismo e poi nella politica, con il Pci. Negli anni Novanta viene eletto segretario nazionale della Sini-stra giovanile e l’anno successivo consiglie-re comunale a Roma. Nel 2000 è eletto se-gretario dei Ds di Roma, quattro anni dopo europarlamentare nella lista dell’Ulivo, in seguito diventa segretario del Pd nel Lazio e poi presidente della provincia di Roma con il 51% di consensi. E infine la Regione. E in tutti questi anni non ha mai smesso di dialo-gare con tutte le realtà della sinistra. È que-sta, secondo lui, la forza che può portare il

Pd e tutta la sinistra alla “rigenerazione” - la parola rifondazione è un altro déjà vu, dice a Repubblica - e “senza accordi calati dall’al-to, ma aprendo un grande confronto, vero e forte”. Affinché il Pd torni ad essere “un’a-gorà”. Zingaretti aspira a un “congresso del-le idee e non un referendum tra persone”, un congresso che sia “aperto e unitario”: “La prima cosa di cui abbiamo bisogno come co-munità dem – ha detto a Radio Radio - è dar-ci delle regole che riaccendano il confronto e la rigenerazione”. Solo con l’apertura e il confronto, insiste Zingaretti, è possibile ri-conquistare quegli elettori che “non sono perduti per il Pd”, ma “sono emigrati verso i cinquestelle, verso la destra e verso l’asten-sione”. Per quanto riguarda il post elezioni, per il governatore del Lazio il Pd deve re-stare all’opposizione: “Non siamo stati noi a deciderlo, ma gli elettori. Chi ha vinto provi a governare”. E in Regione, dove manca la maggioranza, “fisserò quattro punti: rifiuti, sanità, fiscalità e sviluppo economico. Se ci stanno, bene”, spiega il governatore. Altri-menti “non sono attaccato alla poltrona. Ar-riverei più libero al congresso del Pd”.

Partito Democratico

Silvia Gernini

Congresso Pd: per la segreteria anche l’ipotesi Delrio

I suoi studi, in Italia e all’estero, lo han-no portato a diventare medico endocri-nologo. Ma la sua più grande passione è sempre stata la politica. E dopo aver

portato a casa con orgoglio ottimi risultati come ministro dei Trasporti e delle infra-strutture, ora Graziano Delrio potrebbe en-trare anche nella rosa dei nomi dei prossi-mi candidati alle primarie per la guida del Partito democratico. Cresciuto con gli inse-gnamenti di don Giuseppe Dossetti, Delrio

ha poi fondato e pre-sieduto l’Associazio-ne Giorgio La Pira attraverso la quale è riuscito a promuove-re diverse iniziative e progetti culturali, allacciando inoltre rapporti con il Me-dioriente. Sempre in prima fila per i temi

sociali, alla fine degli anni Novanta inizia la sua attività politica. Dopo essere stato elet-to consigliere regionale in Emilia Romagna nel 2000, a capo della commissione Sanità e

politiche sociali, l’anno successivo diventa presidente dell’Anci per acclamazione, suc-cedendo così all’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Quattro anni dopo, invece, viene eletto sindaco di Reggio Emilia, la sua città, al primo turno con il 63,2% dei voti e riconfermato nel 2009. Dal 2013 entra a far parte dell’esecutivo prima come ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Nel 2014 diventa sottosegretario alla Presiden-za del Consiglio con il governo Renzi e suc-cessivamente passa alla guida del dicastero dei Trasporti, riconfermato anche con Paolo Gentiloni premier.

Democratica

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Il governatore del Lazio auspica la rigenerazione del Pd rilanciando lo spirito dell’Ulivo

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3 venerdì 9 marzo 2018Partito Democratico

Nessuno ha vinto,altro che anni ’70

Curiosamente, quindi, i due sedi-centi vincitori, anche con una copertura in alcuni media e gruppi di pressione, si rivolgo-no al centrosinistra con cui le distanze di en-

trambi sono ancora maggiori che non tra di loro (specie sulla politica europea e internazionale) e preten-dono che esso si arrenda unilateralmente sen-za condizioni. Un noto commentatore, andan-do al di là di ogni logica, ha sostenuto che siccome di una coalizione c’è biso-gno e che solo il centrosi-nistra la potrebbe garantire, tirarsene fuori sarebbe addirit-tura una forma di eversione.

Come ricordava Dietrich Bonhoeffer se si è convinti che un autista pazzo, impugnato il volante, possa fare danni irreversibili, il nostro obiettivo deve essere quello di impe-

dirgli di guidare perché una qualsiasi for-ma di collaborazione non potrebbe essere in alcun modo configurabile come un male minore. Flat tax, redditi di cittadinanza, smantellamenti della riforma pensionistica, contrarietà alla cooperazione europea raf-forzata in materia di difesa sono tanti modi di guidare in modo folle un Paese e sono

parole pronunciate solennemente davanti agli elettori. Altro che “il

delicatissimo problema di po-litica estera” tra partiti che

allora stavano condivi-dendo appieno proprio le scelte di politica europea ed atlantica.

Per questo il primo esercizio rigoroso della responsabilità, principio

che sta a cuore a tutti i Democratici, dagli eletto-

ri fino ai dirigenti, non può che cominciare dal dichiara-

re senza ambiguità che non c’è nessun vincitore intorno al quale si

sia obbligati a costituire un Governo se gli indirizzi perseguiti sono non già diversi, ma obiettivamente inconciliabili.

Stefano CeccantiSegue dalla prima

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Il primo esercizio

rigoroso della responsabilità

è riconoscere che non c’è alcun

vincitore

La narrazione che vorrebbe un’alleanza di governo tra il Movimento 5 stelle e il Pd come inevitabile ha trovato nel Fatto Quotidiano il suo cantore più convinto. E così, pur continuando sotto traccia la crociata contro i democratici brutti, sporchi e cattivi, nelle stesse pagine (dove, per dire, oggi Travaglio consiglia ai Cinquestelle di mettere al primo punto di un eventuale accordo col Pd l’abolizione degli 80 euro, voluti dal Pd), in quelle stesse pagine dicevamo si moltiplicano interviste e commenti che spingono in quella direzione.L’ultima trovata, oggi, è un sondaggio dell’istituto Noto che sconfesserebbe quanto emerso con l’hashtag diventato virale #senzadime, che ha dato voce sui social ai contrari all’accordo. Un hashtag, tra l’altro, nato spontaneamente in Rete e non pilotato, come pure oggi Il Fatto insinua, dal Nazareno.Ci sarebbe da discutere su quanto i sondaggi possano rispecchiare la realtà più e meglio degli “umori” del Web, fatto sta che già in mattinata è diventato trending topic un altro hashtag, #isondaggidelfatto, che questa volta ha preso di mira proprio il giornale diretto da Marco Travaglio. E così ecco fioccare le prese in giro più improbabili, da “il 59% degli italiani crede che Peter Gomez sia un calciatore del Paraguay” a “al 59% degli italiani piace l’ananas sulla pizza”. Insomma chi di sonfaggio ferisce, di hashtag perisce.

Il solito Fatto Quotidiano che tifa contro il Pd“Il Partito democratico sarà retto dal

vicesegretario Maurizio Martina. Lunedì la direzione prenderà atto delle dimissioni del segretario e sarà convocata l’assemblea. L’assemblea elegge un nuovo segretario o decide di indire un congresso con delle primarie ”

MATTEO RICHETTI

“Siamo pronti come sempre ad ascoltare le parole del Presidente Mattarella e il suo appello alla responsabilità. E forse anziché parlare del Pd - che ha perso e starà all’opposizione - è arrivato il momento di vedere cosa vogliono fare i vincitori Salvini e Di Maio”

LUCA LOTTI

“Sono d’accordo con Prodi, il Pd non è finito. Ma bisogna capire da dove si riparte. Non c’è soltanto da fare una frettolosa corsa per scegliere la leadership: bisogna aprire una fase costituente. Non si risolve la questione cambiando segretario. Forse c’è bisogno anche di regole nuove. Prima di tutto discuterei di questo”

ANDREA ORLANDO

“Per la prima volta c’è una drammatica fibrillazione del cuore pulsante della sinistra riformista: Emilia Romagna, Umbria, Marche, in parte in Toscana. Chi era contrario a Salvini ha votato Di Maio e chi era contrario a Di Maio, ha votato Salvini. Dobbiamo evitare che questa alternativa diventi stabile in Italia. Il nostro compito è discutere delle ragioni di questa sconfitta”

MARCO MINNITI

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4 venerdì 9 marzo 2018

Reddito di cittadinanza,partono le prime richieste

“Raffica di richieste”, “code”, “assedio”. Sono solo alcuni dei termini che ieri sono stati utilizzati per de-scrivere il curioso epi-

sodio di Giovinazzo, dove alcuni cittadini si sono recati per fare richiesta del Reddito di cittadinanza promessa dal Movimento 5 stel-le. Anche su Democratica ne abbiamo parla-to, sottolineando un altro aspetto rilevante della vicenda. Ovvero il boom di ricerche su Google proprio in coincidenza dell’inizio dello spoglio del 4 marzo. Nel grafico fornito

dal Google Trends, lo strumento che fornisce informazioni di massima sulle ricerche fatte dagli utenti italiani e internazionali, si vede chiaramente che l’argomento ha destato par-ticolare interesse dei naviganti del nostro Pa-ese.

È probabile che i tanti cittadini che han-no provato a trovare risposte sul web siano rimasti però delusi. Perché mentre è stato chiaro a tutti che le file ai Caf erano solo di poche persone e limitate a pochi uffici, è sta-to anche altrettanto chiaro che chi sperava di accedere ad un reddito universale elargito a tutti indiscriminatamente è rimasto a mani vuote.

Ma il punto vero è che molto probabil-mente la promessa elettorale dei Cinque-stelle non può essere mantenuta, almeno in ottica di breve e medio termine. Il ministro dell’Economia designato da Di Maio, Andrea Roventini, parla infatti di rispetto dei conti pubblici, di equilibrio. Che tradotto significa niente reddito di cittadinanza. Anche perché assieme al deficit nei prossimi anni dovrà scendere anche il debito pubblico, come ha sottolineato due giorni fa la Commissione europea nel suo rapporto-paese relativo all’I-talia. E come ha ricordato ieri Mario Draghi nella conferenza mensile della Bce.

E allora chi lo spiegherà ai tanti elettori grillini che quella misura di assistenzialismo,

tanto ambita, non è più nelle possibilità del Movimento? Bisognerà farlo capire soprat-tutto a tutti coloro che già la mattina del 5 mar-zo si sono presentati nel proprio Caf di com-petenza territoriale per richiedere i moduli e ricevere già da oggi quei denari promessi. La differenza con il reddito di inclusioneMa quello del reddito di cittadinanza non è tanto un problema di finanza pubblica e di coperture. Il problema è la distruzio-ne dell’economia e delle sue basi materiali e anche dei suoi valori etici, dal momento che il reddito verrebbe svincolato dallo sfor-zo individuale. Oltre ad aumentare il cari-co per chi paga le tasse, poi, diminuirebbe anche la competitività e incentiverebbe il sommerso: una persona i cui guadagni sono in nero avrebbe un reddito effettivo molto maggiore di chi lavora regolarmente.

L’idea del Partito democratico invece è dif-ferente: aiutare i più deboli, certo, ma par-tendo dal presupposto che il lavoro è anche dignità e non assistenzialismo. D’altra parte è proprio con questo spirito che il governo a guida Pd ha introdotto lo strumento del Reddito di inclusione, un sussidio universa-le destinato a tutti coloro che si trovano in situazione di povertà. Un’idea di buon senso e realizzabile, anzi, realizzata.

M5S e Centrodestra

Stefano Minnucci

Nel centrodestra in cerca di voti la guerra non è finita

C’è una calma apparente nel cen-trodestra. In superficie sembra quasi che le divergenze emerse in campagna elettorale tra Salvi-

ni e Berlusconi siano scomparse, ma a ben vedere, in profondità, le cose non sembrano essere troppo cambiate.

Per ora è tutto un gioco di tattica: parole non dette, strategie appena accennate, di-chiarazioni edulcorate. Ma è chiaro come i due leader siano in agitazione per cercare di trovare i voti necessari per governare e per liberarsi l’uno dell’altro. Oggi Brunetta, sul Corriere della Sera, ha ribadito il patto secondo il quale la figura di candidato pre-mier sarebbe stata ricoperta dal leader del primo partito della coalizione. Dunque «il candidato è Matteo Salvini - ha confermato

l’ex ministro berlusconiano - ma potrebbe anche essere qualcuno che lui indicherà, sempre dentro un metodo di consenso». Una frase breve che però lascia intravedere chiaramente i piani del leader forzista.

Da ieri è chiaro infatti che Silvio Berlusco-ni sta sbracciando. Il ruolo della «risorsa» - come lo ha apostrofato Salvini - gli va stret-to. Ha perso la leadership e questo lo ha reso più debole, ma non meno intraprendente.

Si è attivato per provare a sorpassare l’alle-ato nella tessitura delle future eventuali al-leanze. Il piano dell’ex Cavaliere vorrebbe scongiurare un ritorno alle urne attraverso l’intesa con il Pd su di un nome diverso da quello del leader leghista.

Il ragionamento di Berlusconi fa acqua da tutte le parti. Il Pd non è per nulla interessa-to ad un governo di centrodestra, nemmeno se fosse guidato da un moderato come Taja-ni. Dall’altro lato nemmeno Salvini sarebbe disposto a fare un passo di lato, proprio ora che ha disarcionato l’ex leader del centrode-stra e ha la possibilità di dare le carte. Il pro-blema è che gli assi nelle maniche di Salvini languono. A meno di un patto Lega-Cinque-stelle, i numeri non ci sono. Il Pd ha già detto che non correrà in soccorso di un governo di estremisti e lunedì, in direzione, si espri-merà in maniera definitiva anche su questo punto.

Giacomo Rossi

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5 venerdì 9 marzo 2018

Le voci della baseDi la tua, racconta al giornale del Pd

le tue osservazioni scrivi a [email protected]

Mi hanno chiamato ladro,mafioso, massone. Mi vergognerei di ritrovarmi alleato con questi signori

Il PD non si svenda per un governo con chiunque. Io dico che i risultati ottenuti dai nostri governi da 5 anni a questa parte saranno riconosciuti dai cittadini e appena calerà la nebbia populista tutto sarà più chiaro.Io sono convinto che il popolo in democrazia è l’unico che può decidere le sorti di una parte politica, ed in questo momento storico esso ha deciso che il PD dovrà stare all’opposizione perché è lì che stanno le forze politiche che perdono le elezioni. A chi vince l’onere di dare un governo all’Italia e mettere in pratica le promesse con cui hanno vinto. Se questo non sarà, io come molti altri compagni, potremo dire che il nostro impegno politico non avrà più senso.Non mi sono mai vergognato al Seggio di portare sulla parte sinistra del mio petto lo stemma del PD, anche se me ne hanno detto di tutti i colori: mi hanno chiamato ladro, mafioso, massone, petroliere, amico di Marchionne e con le mani sporche di sangue. Capite benissimo che mi vergognerei invece di ritrovarmi alleato di governo di questi signori che oggi si dichiarano vincitori e precursori della “Terza Repubblica”.C’è una sola strada, un congresso vero, l’elezione di un segretario a cui dare un mandato chiaro e lasciarlo lavorare per il tempo previsto dallo statuto senza terremotarlo ogni giorno.

Antonio Stratoti

L’unica strada è l’opposizione

Per me ci vuole solo opposizione dura.Non esiste dare appoggio a partiti o movimenti che hanno fatto del villipendio, dell’offesa personale, dell’ingiuria, della delegittimazione e della calunnia, le armi

per fare campagna elettorale contro il PD.Se il PD era inaffidabile prima lo è anche ora quindi vadano a trovarsi i voti da qualche altra parte..Il PD ha perso le elezioni e spetta a chi ha vinto, governare. Questa è la democrazia.Se non hanno i numeri, il presidente della Repubblica ha il dovere costituzionale di indire nuove elezioni.Se il PD arriverà ad inciuci “strani” o “al caminetto” con il M5s o con la destra o con chicchessia, sono pronto a lasciare il Partito Democratico. Lo sapete anche voi che ci sono altre forze che “bussano” alla porta del elettori Europeisti come me.Ma ho piena fiducia in Matteo Renzi e nella sua capacità di condurre il PD sulla strada giusta.

Gianluca Visca

Il M5s governi, ma non con noi

Un’alleanza M5S – Pd sarebbe la fine del Partito Democratico, perché poi i mancati risultati di un eventuale governo 5S - Partito Democratico loro li attribuirebbero al PD, dicendo che l’attuazione del loro programma non è stato possibile proprio a causa della presenza nel governo del PD. Cari italiani noi abbiamo già dato. E il Pd ha pagato un prezzo altissimo nonostante abbia ottenuto dei discreti risultati per il paese. Io come elettore del PD sono assolutamente contrario a sostenere un governo dei 5 S in qualsiasi modo. Io li voglio vedere governare, non con noi.

Sergio Pagani

Non dobbiamo fare la stampella a nessuno

Sono un elettore del PD (senza tessera) Dopo anni di fango riversato sul Pd e su Renzi da parte di Salvini e Di Maiooggi ci invitano alla “Responsabilita”...ma quale responsabilità.Se facciamo questo passo cosa diranno gli

elettori...che vogliamo la poltrona! E allora sprofonderemo ancora di più!Non dobbiamo fare la stampella a nessuno, hanno vinto ebbene governino!Nei prossimi giorni prenderò la tessera del Pd.

Roberto Culicchi

Le promesse del M5s sono solo illusioni

Spero tanto che i nostri avversari ammini-strino lo Stato perché sarà l’unica maniera per dimostrare che le loro promesse erano formulate con lo scopo di creare illusioni e gratuite aspettative, a qualunque costo, che, purtroppo, hanno fatto presa anche nel nostro elettorato, debitamente tesserato. Nel mio microcosmo elettorale ne ho avuto alcune conferme frutto di confessioni rice-vute forse per un distorto riguardo alla mia veneranda età?Ora l’imperativo è non farsi prendere dal-lo scoramento. Non procedere con colpi bassi, ma analizzare concordi le azioni da intraprendere. Il Partito solidale, faccia una rigorosa politica di opposizione, promuova tra gli iscritti il contributo di idee che può e deve venire anche dalla base del Partito, dal Segretario e dalla sua Direzione.

Domenico Napolitano

Il M5s rimarrà un gigantescoinganno

Dispiace per tutti coloro che hanno votato il M5s, ma a meno che il movimento non prenda una posizione netta sugli argomenti della vita sociale e politica, e anche che non diventi un reale movimento o associazione democratica e non un’azienda privata sotto il controllo giuridico ed economico di una sola persona, rimarrà solo un gigantesco inganno. Aggiungo anche con molte possi-bilità di sfociare in qualcosa di estremamen-te pericoloso per la società democratica del nostro paese.

Giacomo Bertini

Le voci della baseDì la tua, racconta al giornale del Pd

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Partito Democratico

L’orgoglio dei vinti

Leggo le interviste, ascolto le opinioni, spulcio tra le bacheche social di chi ha vinto le elezioni politiche del 4 marzo e mi aspetto giubilo, felicità, salti di gioia. E invece no. Vedo soprattutto timore, ansia, agitazione, nonché i soliti slogan intrisi di pressapochismo come fossimo in piena campagna elettorale. C’è la consapevolezza di essere davanti a un momento storico ma anche la sensazione del cacciatore che, a un passo dalla preda, rimane senza colpi da sparare. Allo stesso tempo osservo le reazioni dei vinti, ascolto le opinioni di elettori, militanti e dirigenti del Partito Democratico e non posso fare a meno di notare il contrasto, il paradosso, con i sentimenti che albergano tra i vincitori.Scopro così che non sono il solo a provare senso di appartenenza e orgoglio inaspettati! Sensazioni crescenti fin dalla notte tra il 4 e 5 marzo, proprio mentre i risultati elettorali già non lasciavano più spazio alle speranze. Passano le ore, diventano giorni e più questi aumentano più la reazione si fa voglia di risollevarsi, di ricostruire la casa comune del centrosinistra. Una voglia che mi sembra sempre più concreta tra elettori e militanti PD. Insomma, di là c’è il cacciatore senza colpi da sparare, di qua c’è una famiglia che si stringe per affrontare unita le avversità del momento. Una comunità che accetta la sconfitta ma non si sente vinta!E così sono bastati due giorni dalle elezioni per registrare la volontà di adesione al PD dell’attuale Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e ne è bastato soltanto uno in più per vederlo con la tessera in mano. Penso sia un caso più unico che raro anche l’avvio spontaneo di campagne sui social, avviate NON per chiedere al proprio partito di governare MA di stare all’opposizione! Mai come questa volta – se si esclude il 2007, l’anno di nascita del PD – c’è una comunità pronta a prendersi le proprie responsabilità, a darsi da fare mettendosi a disposizione del partito, proponendo idee, tornando a impegnarsi direttamente. Perché accada

tutto ciò proprio dopo una sonora batosta elettorale è difficile da spiegare. Oppure facilissimo. Del resto, non è forse parte della natura umana trovare la forza per reagire e risollevarsi nell’esatto momento in cui tocca il fondo?

Domenico A. Di Renzo PD San Clemente (RN)

Niente giochini, facciamo opposizione!

I 5stelle ci hanno insultato per tutta la campagna elettorale e oggi, che si apprestano alla guida del Paese, trovano un’Italia più in ordine. A noi tocca rimboccarci le maniche e far vedere quello che vogliamo, le nostre idee, i nostri progetti, i nostri valori. Non chiudiamoci in discorsi fumosi e solo per gli addetti ai lavori, ma apriamoci alla società civile. Se vorranno un confronto saremo sempre aperti, ma con le nostre idee. Saremo in grado di risorgere solo se faremo una politica chiara e trasparente senza se… e senza ma… . Non tradiamo il mandato dei nostri elettori: niente giochini, inciuci o marchingegni della politica facciamo una grande opposizione!

Stefano Taverni

Anni di insulti non si scordano

Noi, che abbiamo votato PD,vogliamo il bene dell’Italia. E pensiamo che il bene dell’Italia sia che la parabola dei 5 stelle si esaurisca al più presto, prima che riescano a schiantare il Paese. Per questo il Pd non deve fare da stampella a un governo 5 stelle: fare i donatori di sangue, fornire loro il colpevole dei sicuri insuccessi del governo. Tornare quindi alle urne, essere ridotti al lumicino, vedere il trionfo dei 5 stelle, che potranno, allora si, formare il loro governo autosufficiente. E avere il tempo di schiantare l’Italia. Dite loro questo - e forse non ci sarà bisogno di ricordare, ad Emiliano e gli altri - mesi e anni di insulti sanguinosi

al partito, ai suoi uomini e donne, ai suoi elettori, che non li scordano...

Fabrizio Sartore

Riaffermiamo le differenze

Come elettrice e iscritta del PD ritengo che la responsabilità di dare un governo a questo paese spetti a coloro che hanno vinto le elezioni. Il PD ha già dato prove di responsabilità, portando il paese fuori da una crisi, presto dimenticata, come ad esempio da molti giornalisti affetti da disonestà intellettuale. Inoltre, il PD dovrebbe sostenere un governo con i cosiddetti vincitori, per fare cosa, rispetto al Jobs Act, alla scuola, ai migranti, ecc., per poi essere di nuovo il capro espiatorio. Qui si tratta di riaffermare una differenza sostanziale, di una visione culturale rispetto al mondo, si tratta di ripristinare un livello di civiltà, di rispetto dell’altro, che non può basarsi sulla cultura del nemico e dell’odio. Ci vuole intelligenza e saggezza e la squadra del PD può farcela!

Eliana Bruna Rosa

L’importanza di essere base

Non è vergognoso essere all’opposizione anzi, secondo me, è un luogo privilegiato dal quale far conoscere ciò che di positivo e negativo viene elaborato da chi governa, de-nunciare eventuali manchevolezze, proporre leggi che possono servire alla comunità etc. Non è quello che hanno fatto quelli che erano all’opposizione e oggi hanno vinto? È un cammino lungo è difficile da fare ed è un cammino che deve iniziare dall’ascolto della base. Gli iscritti sono il patrimonio impre-scindibile di un partito quindi non possono e non debbono essere ignorati. Noi siamo il popolo delle primarie e vogliamo continua-re a contare così come abbiamo fatto fino adesso.

M. Rosaria Negrin

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6 venerdì 9 marzo 2018

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In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta, Beatrice Rutiloni

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