La Religiosità Del Giovane

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Libro di mons. Toth Tihamer

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Toth Tihamer 

 La Religiosità

 del

GIOVANE

ISTITUTO DEL VERBO INCARNATO

PROVINCIA MADONNA DI LORETO

 

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“La Religione è così sublime che,

chi non comprende la necessitàdi approfondirla, merita di perderla”  (PASCAL )

 Edizione Gratuita

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 Presentazione dell’editore 

Caro giovane, consapevoli che oggi, più che mai,i libri cattolici sono tanto più necessari quanto più l’empie-tà e l’immoralità usano i mass media e la stessa stampa perfare strage nell’ovile di Cristo, per condurre e trascinarealla rovina gli spensierati e gli ignari, ti proponiamo arden-temente di leggere questo prezioso gioiello.

  Riscattato dalle ceneri del passato1 e rinnovato nelle

sue espressioni, nella lettura delle sue pagine troverai attua-lissimi e pregiati spunti di riflessioni, profondi e sopranna-turali, che ti aiuteranno nella crescita della tua religiosità.

  Noi siamo certi che la Religiosità del Giovane fa parteancora di quei buoni libri dai quali, avrebbe detto Don Bo-sco, tante anime sarebbero state salvate, preservate dall’er-

rore e incoraggiate nel bene.  Diceva con molta ragione mons. Ugo Camozzo, primotraduttore della versione italiana: “ La Religiosità del Giovane èdestinata a fare un gran bene all'animo dei giovani spe-cialmente nell’età in cui la fede dell’infanzia e dell'adole-scenza attraversa la prova del fuoco per  gli innumerevoliattacchi dei quali si è fatto cenno nelle scuole e nella società

scettica e superficiale in cui viviamo”.

1 Nella preparazione di questo volume si ha lavorato su tre versioni: El Joven Creyente, (Madrid, 1943),  La Religiosità del Giovane, Consigli ai miei Allievi , Vol IV (Venezia 1937) e  La Religiosità del Giovane  ,VII edizioneitaliana, (Venezia, 1953). Sono state modificate quelle espressionigrammaticali considerate arcaiche ed aggiornati esempi non più attuali.Nella rielaborazione dei testi si ha avuto la massima accuratezza di

rispettare il contenuto del messaggio che l’Autore ha voluto trasmettere,pur conferendo alla lettura la pacatezza ed attualità che merita. [Notadell’editore]

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Le leggano quindi, i nostri giovani, per trovare unantidoto contro la miscredenza dilagante dei nostri giornied un prezioso aiuto per poter confutare tante obiezioni ederrori. Gli animatori delle nostre parrocchie ed oratori po-

tranno usarlo come facile ed efficace testo d’apologeticanella loro preparazione all'apostolato e, i nostri catechisti,come miniera dalla quale attingere le loro istruzioni.

  Un ringraziamento all’equipe di volontari dell’Ora-torio di Segni “Beato Pier Giorgio Frassati” , giacché con il loroentusiasmo e la loro generosità hanno reso possibile la revi-sione e la pubblicazione di questo volume.

  P. Ernesto Caparròs V. E.

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Cenni Biografici  

T ihamer Toth nasce a Szolnok, nella pianuraungherese, il 14 gennaio 1889 dalla famiglia Toth diFehérgyarmat.

  A sette anni perde il padre, uomo intelligente edattivo. Il piccolo Tihamer cerca allora di confortare lamamma che ha il compito di educare i quattro figlioli ri-masti. Ai giochi rumorosi preferisce il raccoglimento nella

Chiesa dei Francescani. Ama recarsi con i piccoli amicinell'aperta campagna, attraverso le praterie ammantate difiori e sulle sponde affascinanti del Tisza. Dalla naturaimpara ad ammirare la divina Sapienza e Bontà. Ne parlafin d'allora con entusiasmo e la sua parola avvince quantil'ascoltano.

 

Talvolta un gruppo di amici lo circonda per laSanta Messa che egli legge dinanzi ad un altarino im-provvisato nella sua casa. Sono i primi germi di vocazioneche si manifestano.

 

Dopo sei anni di studio al liceo di Szolnok, l'Arcive-scovo di Eger lo accoglie nel 1906 tra i suoi seminaristi.

 

Superato brillantemente l'esame di baccalaureatoviene mandato al Seminario Maggiore di Budapest. Là sidistinse per la pietà, la modestia, l'abilità e il profitto neglistudi, tanto che i Superiori di lui scrivono al Vescovo: “...esempio di ottimo ecclesiastico... fa sperare di riuscire assaiutile alla Chiesa”.

 

Nei suoi frequenti viaggi all'estero, egli percorrequasi tutta l'Europa osservando e studiando i bisogni della

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Chiesa e i problemi assillanti del XX secolo. Egli constataallora che le anime hanno sete delle verità evangeliche.

 

Durante la grande guerra è cappellano militare;

poi è nominato professore alla scuola teologica di Eger. Làegli elabora il piano concepito già nelle trincee, dove videtante miserie morali, di educare cristianamente una gio-ventù pura, energica e religiosa, per donare alla societàdei veri seguaci di Cristo.

  Comincia il suo apostolato con i libri: Consigli aimiei allievi.

  Chi può misurare il bene che essi hanno prodottonell'animo giovanile? Ben presto il Toth è diventato l'amico,il consigliere, l'educatore ideale della gioventù che gli atte-sta con numerose lettere la sua riconoscenza.

 

Nell'autunno del 1918 inizia i suoi discorsi nella

chiesa dell'Università. L'efficacia di tali prediche è straordi-naria. Dal 31 gennaio 1920 esse vengono trasmesse per ra-dio ed ascoltate con grande interesse dovunque. Ottenneconversioni che hanno del prodigioso.

 

Molti miscredenti ritrovano la fede perduta, in tanticuori freddi o scoraggiati si riaccende la fiamma d’amore edi fiducia in Dio.

  Nell'ottobre del 1931 fu chiamato ad assumere l’in-carico di Rettore del Seminario Maggiore di Budapest.

  Con la sua vita di preghiera e di lavoro egli dimo-stra come si può conciliare la vita apostolica con la vitainteriore.

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Durante il Congresso Eucaristico Internazionalericeve dal Card. Legato Eugenio Pacelli, futuro ponteficePio XII, la bolla di nomina a Vescovo e nel febbraio del1939 è preposto all'importante diocesi di Veszprém.

 

Trascorsi pochi mesi di attività pastorale, il Signore,lo chiama a Sé dopo acute sofferenze sopportate con eroicapazienza. È il 5 maggio, primo venerdì del mese.

 

Il suo ricordo continua a vivere e il seme della divi-na parola da lui largamente gettato, continua a fruttificare,per mezzo delle sue opere tradotte in una ventina di lingue

e diffuse in tutto il mondo.

  Esse irradiano una forza irresistibile che trascina leanime a Dio salvandole dal materialismo oggi invadente.

  La fama della sua santità di vita ha indotto l'Autori-tà Ecclesiastica ad introdurre la causa di Beatificazione.

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 Prefazione dell’autore:

 Il filo dall’alto  E ra una mattina di settembre, tutti i prati brilla-vano di rugiada, ed i  fili della vergine, lucidi come fossero diseta, ondulavano nell'aria. Venivano da lontano e andavanolontano.

 

Uno di quei fili approdò in cima ad un albero, e l'ae-ronauta, un piccolo ragno nero e giallo, lasciò la sua leggeranavicella e si posò sul più resistente suolo del fogliame.

  Ma quel luogo non gli andava a genio; e presaun’improvvisa risoluzione, venne direttamente a posarsisopra una grande siepe spinosa. Qui c’erano rami e ger-mogli in abbondanza per tesservi una tela. E il ragno si mi-se subito al lavoro, lasciando che il filo, lungo il quale eradisceso, reggesse la punta superiore della tela.

  Era una tela bella e grande. Aveva un che di parti-colare quella tela; si sarebbe detto si stendesse nel vuotosenza che fosse possibile vedere ciò che sosteneva il suo orlosuperiore. Perché ci vogliono degli occhi buoni per scorgere

un filo di ragno.

  Passarono i giorni. Le mosche cominciavano ascarseggiare, ed il ragno si vide costretto ad allargare lasua tela per poterne acchiappare di più. In grazia di quelfilo dall'alto poté allargare i suoi agguati oltre ogni aspet-tativa. Ingrandì la sua tela in altezza e larghezza, e la sot-tile rete si stese ben presto su tutta la siepe. Quando nellemattinate umide d’ottobre pendeva, coperta di gocciolinescintillanti, pareva un tulle ricamato di perle. Non era più

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quel poveretto ragno che si dondolava per aria attaccatoad un filo, senza un soldo in tasca, per così dire, e nient'al-tro bene al mondo che le proprie ghiandole filamentose.Adesso era un ragno grande e grosso, ben fornito, e pos-

sedeva la tela più grande di tutta quella siepe. 

Una mattina si svegliò di cattivo umore. Durante lanotte la temperatura era scesa sotto zero e non c'era nem-meno il più piccolo raggio di sole per rallegrare la terra;nemmeno una minuscola mosca a ronzare nell'aria. Il ra-gno restò affamato e disoccupato tutto quel santo lungogiorno d'autunno.

  Per ammazzare il tempo, fece un giro sulla sua telaper vedere se per caso ci fosse bisogno di rassettarla. Tiròogni filo, badando se fossero tutti ben fermi. Ma, nono-stante avesse trovato tutto in regola, seguitò ad essere dipessimo umore.

 

Girando e rigirando, finì col notare, al lembo ester-no della sua rete, un filo che gli parve del tutto nuovo. Tuttigli altri fili si dirigevano qua e là, ed il ragno conoscevaogni ramoscello a cui erano attaccati; ma quel filo inspie-gabilmente non andava su diritto nell'aria.

  Il ragno si rizzò sulle zampe e si mise a guardare insu con i suoi occhi attenti, ma non gli riuscì di capire dove

andasse a finire quel filo. Pareva se ne andasse nelle nuvole.

  Quanto più guardava fisso, senza poter scorgerenulla, tanto più il ragno si arrabbiava. Aveva dimenticatoche in un sereno giorno di settembre, lui stesso era sceso giùgiù per quel filo. E neppure si ricordò quanto utile gli fossestato proprio quel filo, per tessere e poi allargare la sua tela.

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Il ragno si era dimenticato di tutto ciò e si limitò apensare che c'era lì un filo inservibile che non si attaccavaragionevolmente a nessuna parte, ma che soltanto andavasu nel vuoto.

 

“Abbasso questo filo!” disse il ragno. E con un solocolpo di dente lo troncò nel mezzo.

  Nello stesso momento la tela cedette: tutta quellarete, così artisticamente fabbricata, si affondò; e, quandol'insetto tornò in sé, si trovò a giacere sulle foglie della siepespinosa colla testa ravvolta nella sua tela diventata un pic-

colo umido cencio. Era bastato un solo istante per distrug-gere tutta la magnificenza della casa, soltanto perché nonaveva capito l’utilità di quel filo dall'alto2.

***

 

Giovane caro, anche l’anima pura è unita a Dio con

un filo che viene dall'alto: la Religione. Infelice colui cherecide questo filo. Egli diviene un povero errante senza me-ta e senza Patria. Egli va, viene, si affanna e non sa dovecorre. Nella sua vita egli ha perduto di vista quello che è loscopo supremo di essa.

  Chi invece a questo filo s’affida, trova in esso il so-stegno della sua esistenza che può svolgersi, come in armo-

nico disegno, feconda di bene e degna dell'eterna felicità.

  Fa, oh Signore, che nessuno dei miei giovani lettoriabbia la sventura di spezzare questo filo che a Te unisce laloro anima.

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2Cf. G.  JOERGENSEN, Parabole (Roma, 1953) 34-39.

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Capitolo I 

A MA la tua FEDE

Il battesimo di Cristo (Francesco Albani)

Chi crederà e sarà battezzato sarà

 salvo, ma chi non crederà sarà condannato(Mc 16, 16)

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 Ama la tua Fede 

B ambino tu fosti portato al tempio per ricevere ilSanto Battesimo.

  Ti accolse il sacerdote alla porta della Chiesa e tidomandò: “Quid petis ab Ecclesia Dei?” . Che cosa domandialla Chiesa di Dio?: “Fidem” . La fede, fu la risposta che, perte, diede il padrino.

 

Quando l'acqua rigeneratrice del Battesimo scesesul tuo capo, inondando nel contempo la tua anima deglisplendori della grazia santificante, il sacerdote ti consegnòuna candela accesa, simbolo del dono soprannaturale dellafede, che, come seme destinato più tardi a germogliare e asvilupparsi, veniva allora deposto nel tuo cuore.

 

Figliolo caro, io spero che sia ancora accesa in tequella fiaccola, spero che quel seme sia ancora vivo e fe-condo. Ma io vedo attorno a te innumerevoli pericoli e ne-mici, che insidiano la tua fede. Perché tu l’abbia a conser-vare come il più prezioso dono difendendola da ogni assaltoe perché tu sappia vivere secondo essa, io t’invito a medita-re su queste pagine.

***

   Ama la tua Fede: Solo la fede dà alla nostravita uno scopo veramente degno ed un serio contenuto. Es-sa c’illumina sulla nostra origine e sul fine per cui siamostati creati. Solo la fede ci fa perseguire l'ideale di vincerecombattendo e soffrendo. Così le nostre opere, il nostrosentimento del dovere, la nostra onestà e fermezza di

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carattere vengono dalla religione trasformati ed acqui-stano valore soprannaturale.

 

Per la fede la nostra vita, per quanto semplice e

modesta, diviene l'adempimento della volontà di Dio, unapreghiera ininterrotta, un omaggio all'Altissimo nostroSignore.

 

 Ama la tua Fede, perché da essa trarrai forzaincrollabile nei difficili momenti della vita.

  Napoleone si ritirava da Mosca in fiamme e unafuriosa tormenta di neve sferzava i suoi soldati che, sfiniti amorte, non potevano più trascinarsi. A migliaia essi mori-vano assiderati in mezzo alla strada.

  Finalmente Napoleone concesse un breve riposo.

  La notte stendeva una nebbia umida e densa sui

pochi superstiti, affranti dalla fatica e l'imperatore cam-minava pensoso sui campi di neve, drappo mortuario atanti eroi. Quand'ecco osservò una luce che brillava nel-l'oscurità. Per comando dell'imperatore, l'aiutante si dires-se verso quella luce, per vedere cosa fosse. Dopo pochiistanti egli tornò:

  “Sire, il colonnello Drouet veglia nella sua tenda eprega”.

  Non passò molto che l'imperatore lo nominò gene-rale per la forza d'animo eroica che egli aveva dimostrato inquella triste notte.

  “Sire, disse il neo generale, io non temevo né la

morte, né la fame, temevo solo Iddio, in cui si fonda tutta lamia forza”.

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   Ama la tua Fede, che ti donerà la vera pace ela gioia dell’anima.

  Non credere che i tuoi compagni, maliziosi e spen-

sierati, siano veramente felici; non dire: “Perché io devoimpormi tanti sacrifici e rinunce per conservarmi puro,mentre tanti giovani attorno a me si abbandonano al piace-re?” L’ebbrezza alla quale essi sono in preda non è la verafelicità, ma è soltanto una fugace illusione destinata a la-sciare tracce di sconforto e d’amarezza.

  Ricorda la confessione del grande compositoreChopin, che aveva perduto la fede frequentando la frivolasocietà francese. Ammalatosi gravemente, ricevette la visitadi un suo amico d'infanzia, diventato sacerdote. La suaden-te parola del vecchio compagno lo ricondusse alla fede; eglirecitò, con le lacrime agli occhi il suo “credo”, e, baciandoil Crocifisso esclamò: “Ora sono ritornato alla sorgente del-la vera felicità”.

   Ama la tua Fede, perché in essa troverai confor-to nelle ore tristi della vita.

  Esser uomini vuol dire soffrire e a te pure non saràrisparmiato il dolore: malattie, disillusioni, perdita di per-sone care... quante di queste ore tristi deve passare ogni

uomo!

  “Divertiti!”, è il consigli che ti dà qualche gaudente,le distrazioni non tolgono la causa del dolore, ma lascianoancor più amarezza nel cuore.

  Può consolare solo Colui che ha permesso questeamare prove e le può trasformare in mezzo di santificazio-ne, Colui che in questa via dolorosa ci ha preceduti fino alla

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completa immolazione di se stesso. Niente consola di piùnelle ore del dolore che la vista del Crocifisso.

 

Goethe paragona la religione ad un capitale accu-

mulato, i cui frutti noi godiamo nel tempo delle avversità,perché solo la religione c’insegna che il dolore, da noi sop-portato in unione alla volontà di Dio, può diventare unavera benedizione.

   Ama la tua Fede e da essa attingi confidenza ecoraggio nelle lotte.

 

Fortunato colui che sa di non essere solo nelle provedella vita.

  I cavalieri del medio evo, prima di scendere in cam-po, arrotavano la spada su una colonna del tempio, quasiper dire: “Io mi affido al mio braccio, ma innanzi tutto ioconfido in Dio”.

  Noi abbiamo visto un grande numero di eroi checombatterono da prodi e morirono eroicamente, dopo averattinto dalla fede e dalla preghiera una forza sovrumanaper il sacrificio che li attendeva.

  Chi ha la fede ha guadagnato il più potente alleato:non combatte più solo, perché Dio è con lui.

  Una volta, una tremenda tempesta sballottava, co-me un guscio di noce, una superba nave. A bordo, fra i pas-seggeri, regnava la massima trepidazione; solo un bambinogiocava tranquillamente, in mezzo all’angoscia generale.“Non hai paura, bimbo?” gli si chiese.

 

“Che cosa dovrei temere? Mio padre è al timone!”.

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Tu pure, oh giovane, se sarai animato dal vero spiri-to di fede, nelle burrasche della vita, quando forse attorno ate gli altri perderanno la calma, sentirai una segreta sicu-rezza, sapendo che tuo Padre Celeste tiene il timone e go-

verna la navicella della tua esistenza.

   Ama infine la tua Fede, perché essa ti preparaad una buona morte.

  Intorno a noi è un flusso e riflusso di vita e di morte.Tu tremi a questa terribile verità e provi un brivido al pen-siero di questa marcia paurosa verso la fine dell'esistenza.L’unica speranza, il solo raggio di luce che illumina le tene-bre della morte, viene proprio dalla fede in Dio, nel qualeeternamente vivremo.

  Haydn, il celebre musicista, prima di morire, riepi-logò così il corso della sua vita: “Io ho considerato la vitacome una composizione musicale. Ho cominciato con Dio.

Il pensiero di Dio è stato come un filo che ha legato tutta lamia esistenza, ed ora la voglio chiudere con un Laus Deo! ”.

  Fiori meravigliosi, stelle lucenti, occhi trasparentidi bimbi, bellezze tutte del creato, alla luce della fede nonsiete altro per me che un’ombra, un riflesso dell’eternabellezza.

 

E voi oh prove, oh rovesci di fortuna, oh sventureche forse affliggete la mia povera vita, non vi maledico no,perché la fede mi dice che ogni lacrima versata, ogni doloresofferto con cristiana rassegnazione, saranno splendentidiamanti dell'eterna corona che un giorno mi aspetta.

  E quando le forze mi verranno meno, quando la

vita starà per sfuggire dal mio corpo affranto, mi sorreg-gerà la fede e potrò esclamare: “Questo corpo non era

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che il velo, la crisalide destinata a perire, ora io salgo allavita vera, a formare l'angelica farfalla”.

 

Oh fede del battesimo, oh fede che ho succhiato

col latte materno, sii benedetta, io voglio esser sempre a tefedele!

 Fede e Morale  I l celebre astronomo tedesco J. Kepler disse unavolta: “Se una stella deviasse dalla sua orbita, tutto l’uni-verso andrebbe in rovina”. Così è l’anima che si allontanadalla fede.

  Iddio che ha voluto nell’universo queste meravi-gliose armonie, ha pure destinato, alla creatura più nobile

uscita dalle sue mani, una legge superiore e santa: la leggemorale.

  Perduta la fede in Dio è dunque compromessa an-che la vita morale.

  Non dire, oh giovane: “Beato colui che a Dio noncrede, perché è libero e padrone di sé”.

  No, l’aver ricevuta da Dio una legge morale da se-guire non costituisce un tormento, né deve farti perdere lagioia di vivere. Dio ti ha dato la sua legge per aiutarti a vi-vere bene; non è a Lui che tornano di vantaggio i coman-damenti, ma a te, che, osservandoli, potrai raggiungere latua eterna felicità.

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I Dieci Comandamenti di Dio sono le basi essenzialidella vita sociale.

 

Tu devi pregare solo il vero Dio, ordina il primo

comandamento. 

Sono vive nella nostra memoria le scene dell’idola-tria ed i quadri raccapriccianti dei sacrifici umani.

 

Serse fece sotterrare vivi nove fanciulli e novefanciulle, prima della spedizione contro la Grecia, perpropiziarsi gli dei.

In quali tenebre spirituali ci troveremmo senza ilprimo comandamento!

  Il secondo comandamento rinforza la fede umana,l’amore della verità e consacra la santità del giuramento. Ilterzo assicura al corpo il periodico riposo di cui ha bisogno

ogni organismo. Il quarto protegge l’autorità della famigliae dello Stato, e getta le basi di ogni società... Il quinto pro-tegge la vita dell’uomo.

  E pensare che, ancor oggi, ci sono madri che giun-gono ad abbandonare o addirittura a far morire i proprifigli!

 

Chi protegge gli individui e le generazioni dal mor-so avvelenato del piacere sensuale? Il sesto e nono coman-damento. Chi custodisce il tuo legittimo possesso? Il settimoe il decimo. Chi protegge te e la società umana dalla men-zogna? L’ottavo.

 

Come vedi, i dieci comandamenti sono un bene

prezioso, un vantaggio ed una benedizione per l’umanità.

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Come sarebbe trasformata ed elevata questa poveravita umana, se gli uomini seguissero seriamente i DieciComandamenti! Prigioni e polizia sarebbero inutili, non cisarebbero tanti infermi negli ospedali, né tante famiglie

scompigliate. Non più diffidenza e sospetti. Nessuna felicitàsarebbe perseguita a scapito dell’onestà, non più gioventùmal guidata; non genitori infedeli...

  Oh Dio, come sarebbe diverso il mondo se gli uo-mini veramente servissero Te, che sei il loro Signore.

  Ma non divaghiamo: tu, oh mio buon amico, non

potrai certamente cambiare il mondo, ma potrai dal cantotuo rispettare fedelmente la legge di Dio, assicurandoti cosìl’eterna felicità.

  E che avverrà a quelli che negano Dio e si sottrag-gono alla sua legge? Che ne sarà di essi?

 

Ascoltami!

Gli alberi ribelli  

Un giorno il mondo vegetale fu chiamato a deli-

berare su una questione così strana, che dalla creazione inpoi, mai nessuno ne aveva avuto un’idea.

 

Un gran pioppo, superbo e rigido, fu l'istigatore diquesto nuovo pensiero... Se ne stava in mezzo ad un grancampo di grano e tutto ciò che lui diceva veniva immedia-tamente riferito in ogni direzione dalle migliaia di lingue

delle spighe.

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Il pioppo diceva: “Sorelle e fratelli! Dai tempi piùremoti, l'onorato popolo delle piante ha abitato la terra.Questa ci appartiene e noi ce la siamo assoggettata. Glianimali, gli uomini, tutti gli altri esseri dipendono da noi.

Senza di noi non possono vivere. Siamo noi che nutriamola mucca, la quale fornisce all’uomo il latte e la carne; sia-mo noi che nutriamo la pecora, che dà la veste all'uomo, ilcavallo che lo porta e traina la sua vettura. Gli uccelli vivo-no dei nostri semi, gli insetti del polline nei nostri fiori e delnostro miele; le chiocciole, le lumache e quanto striscia perterra, si saziano di ciò che cade dalla nostra mensa. La no-stra importanza è capitale. Possiamo dire che noi regniamo

sull’universo e che tutte le cose dipendono da noi. La terrastessa che ci sostiene è formata dalle nostre foglie, dallefronde e dai nostri rami ridotti in polvere. Da noi stessic'ingrassiamo e anche la vita la riceviamo da noi stessi.

  Non c'è, nel mondo, che una sola potenza dallaquale noi dipendiamo e che in nessun modo dipende da

noi! Ragionando bene, si capirà che non posso alludere al-l’aria, alla cui composizione noi contribuiamo, in modotanto essenziale, con l'evaporazione dell’acqua e l’esalazio-ne dell’ossigeno e del carbonio che abbiamo in noi. Voglioalludere, oh sorelle e fratelli, a quel globo celeste che, du-rante il giorno, ci manda la sua luce: sì, al Sole, dal quale sidice dipendere la nostra esistenza e il nostro crescere. Sorel-le e fratelli, non è senza ragione che mi servo di questa

espressione: si dice che dipendiamo da lui, giacché per con-to mio, non ritengo tale dipendenza molto chiara... In real-tà, la luce del sole ci fa bene o ci è dannosa? Io non mi pro-nuncio in modo assoluto. Sono convinto però, che questamassima: ‘La luce del sole è una necessità e una benedizione per lavita delle piante’ , non sia altro che un mito vecchio e stupido,una superstizione assolutamente indegna di una pianta

moderna e cosciente”.

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A questo punto il pioppo tacque un momento. Levecchie querce e gli olmi di un giardino confinante fecerosentire un mormorio di disapprovazione, ma il campo digrano all’unanimità sussurrò un applauso.

 

Il pioppo, alzando la voce, riprese: “So benissimoche nel mondo delle piante c'è un partito retrogrado, ilquale non vuol distaccarsi da un tal punto di vista ormaifuor di moda; io confido però in quel sentimento d’indi-pendenza che anima le più giovani generazioni delle piantee spero che, al pari di me, esse riconosceranno quanto siaindegno l’accettare più oltre una così pazza superstizione.

No, oh piante, noi dobbiamo bastare a noi stesse. Non vo-gliamo più curvare le nostre libere teste sotto alcun giogo emeno che mai sotto quello del Sole. Perciò, sorelle e fratelli,abbasso questa indegna schiavitù! Una generazione nuovae più bella di piante sta per spuntare e il mondo resteràstupefatto. È passato il tuo tempo, il tuo regno è finito, ohvecchio astro della luce, che splendi nel cielo”.

 

Il pioppo tacque di nuovo, gli applausi scoppiaronofortissimi e durarono a lungo. Da ogni campo si levò un’en-tusiasta approvazione all'oratore: tutte le siepi fremettero inun mormorio prolungato e, a mala pena, si sentì la disap-provazione di pochi vecchi alberi. Il pioppo terminò così ilsuo discorso:

 

“Dal lato pratico, l'attuazione delle nostre rivendi-cazioni è facilissima. Cominceremo a fare ciò che gli uomi-ni chiamano sciopero. Durante il giorno ricuseremo ognigenere di lavoro, limitandoci allo stretto necessario per lanostra esistenza. In cambio, svolgeremo tutta la nostra vitanella notte, la notte buia, misteriosa, dalla quale ogni cosa èuscita e nella quale tutto deve ripiombare. Noi cresceremo

di notte, fioriremo di notte, esaleremo di notte i nostri pro-fumi, produrremo di notte i nostri frutti, i nostri semi per

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servire di base alle nuove specie notturne. In questo modovivremo completamente la nostra vita per noi! Arriveremoin questo modo ad un’esistenza veramente degna di unapianta!”.

 

Così il pioppo terminò il suo discorso e di nuovoscoppiarono gli applausi, benché un po’ men nutriti di pri-ma. Ma da quel momento gli uomini ebbero davanti agliocchi uno strano spettacolo. Nei bei giorni pieni di sole,quasi tutti i fiori avevano le corolle chiuse, come se dormis-sero, e ogni giardino, ogni foresta perdette l’ornamento deisuoi colori. I giardinieri non ne capivano nulla; i botanici

meno che mai, perché nessuno di essi usciva la notte e per-ciò non potevano vedere che i calici coloriti dei fiori sischiudevano alla debole luce delle stelle, sotto il pallidochiarore della luna, nell’oscurità della notte.

  Ahimè! Quei poveri ribelli si ridussero ben presto incondizioni pietose.

 

Il grano, i cui lunghi steli non potevano più tendereverso il Sole, cominciò a torcersi, a piegarsi da ogni parteper finire con lo sdraiarsi a terra. Gli insetti non venneropiù a visitare i fiori e portare la polvere fecondatrice dal-l’uno all’altro... E tutte le foglie verdi ingiallirono e avvizzi-rono come nell’autunno e flosce si curvarono sul terreno.

 

Cominciarono allora le piante a borbottare controil pioppo. Egli pure aveva il suo fogliame di un giallo ca-narino e brillava come uno zerbinotto. “Quanto sietesciocchi, sorelle e fratelli!” disse. “Non vedete che sietemolto più belli, più distinti, avete un’impronta tutta parti-colare, ora siete molto più voi stessi di quel che lo fostequando eravate sotto il dominio del sole e tutto era uni-

forme, regolare, borghesemente bene ordinato? Siete statiliberati da quella stucchevole sovrabbondanza di salute!

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Ora siete dei raffinati aristocratici per i quali l'esser malatiè tesoro ed esempio di nobiltà”.

 

Moltissime di quelle piante disgraziate continuaro-

no a credere al pioppo e, finché non si distaccava da esse illoro ultimo filamento, ripetevano: “Siamo raffinate, siamoaristocratiche, siamo libere!”.

Gli uomini parlarono nei loro giornali della messescarsa, del raccolto andato male, si consolarono sperandoin giorni migliori e la speranza non li deluse. Quando laprimavera tornò, il pioppo dalle idee nuove era morto e

con i suoi rami secchi e nudi sembrava uno spauracchiomesso lì in mezzo al grano verde e nessuno si ricordava piùdelle sue prediche. Ma il profumo  di tutti i fiori si alzavacome riconoscente incenso verso il vecchio Sole sempregiovane, sorgente inesauribile di luce e di vita e i fusti diogni pianta sembravano braccia tese nell’adorazione.

*** 

Ti è facile, oh giovane, comprendere il significato diquesta bella parabola di Joergensen3. È la storia dolorosa ditanti giovani troppo orgogliosi che, alle prime conquiste delloro intelletto, credono di poter vivere lontani da Dio, il So-le vivificante della loro esistenza.

 

Preoccupati soltanto di soddisfare ogni loro capric-cio, si possono paragonare al misero rettile che va in cercadi vermi e di pochi semi, con i quali ingrassa e diviene inso-lente, mentre non s'accorge degli spazi infiniti che stannosul suo capo dove la nobile aquila libera il suo volo ardito.

 

Nonostante il loro apparente progresso e forse le loro

ricchezze, questi giovani hanno un'anima vuota, infruttuosa;

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3Cf. G.  JOERGENSEN,  Parabole (Roma, 1953) 40-51.

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non conoscono il valore dello spirito e mentre si saziano dimondani piaceri, languiscono spiritualmente per fame e persete.

 

Essi si sono allontanati dal sole.

Che me ne importa?  

Non sono molte le persone intelligenti del tutto

irreligiose e negatrici di Dio. La rozza incredulità “non va”,non sta bene “nella buona società”.

 

Moltissimi sono invece gli indifferenti, che in camporeligioso, di nulla s’interessano.

 

Dante nel terzo canto dell'Inferno fa un’impressio-

nante descrizione della punizione inflitta a questi infelici.Queste anime sono dannate all'inquietudine implacabile ecircolano incessantemente, fra lamenti strazianti; esse chein vita non furono né buone, né cattive.

***

  Uno sguardo a molti giovani “indifferenti”. Di tuttos’interessano, leggono molto, sono abili sportivi, bravi balle-rini, amabili nella loro compagnia, vivaci nella conversa-zione, di tutto sanno qualche cosa, ma dei problemi religio-si non si danno il minimo pensiero.

  Chi di loro riflette mai sullo scopo della propria esi-stenza? Chi cerca di risolvere i gravi problemi che s’affac-

ciano allo spirito umano? Hanno sfogliato forse qualchelibro di filosofia e di scienze e hanno preso per oro zecchino

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le avventate opinioni di filosofi irrequieti, o le incontrollateconclusioni di qualche scienziato.

 

Altri si sono impressionati vedendo qualche compa-

gno francamente religioso venir deriso e, temendo un similetrattamento, hanno nascosta la loro fede. Molti però nonpossono portare altra ragione se non quella, purtroppo as-sai triste, che essi hanno appreso questa indifferenza per lecose della religione in famiglia e soprattutto frequentandola società.

  È triste che un uomo intelligente, che di tutto s’inte-

ressa, che cerca di scoprire i meravigliosi segreti della natu-ra rimanga del tutto indifferente di fronte ai gravi problemidell'esistenza. Sembra che egli voglia dire alzando le spalle:“Che me ne importa? Ho ben altro da fare”.

  Hai ben altro da fare? Ma che cosa ha più im-portanza, che il dare a quei problemi una giusta risolu-

zione? Non dipende forse da essi tutto l’orientamentodella tua vita sulla terra, lo scopo delle tue azioni, i tuoieterni destini?

  Radicalmente diversa è la vita di chi non vede, oltrei limiti terreni, altra continuazione, che quella di colui che,oltre la tomba, attende la vita, la vera vita eterna.

 

Per la formazione del giovane io stimo cosa dellamassima importanza il meditare presto e bene questi graviproblemi.

  Poveri figlioli, nei cui cuori si è spenta la fede, voipotete studiare con la più grande diligenza, potete arricchi-re la vostra intelligenza di una vasta cultura, ma se non ave-

te Dio, le vostre spirituali conquiste, la vostra vita stessa,valgono ben poco!

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Potete vantarvi del vostro sapere, ma senza Dio, sie-te come lampada a cui manca la corrente. Potete vantarvidelle vostre doti naturali, ma, senza Dio, siete come unacornice senza quadro.

 

A che vale la più brillante vita se non si ricollega alpunto centrale distributore della vita? Il mondo senza so-le, la notte senza stelle, un uomo senza patria, un bambi-no senza genitore, un cuore senza felicità… Ecco l'animasenza Dio!

 Incredulo 

Come è triste la condizione dell'incredulo! Eglivede il mondo intorno a sé ed in esso un ordine meraviglio-so, una bellezza inimitabile, un'armonia perfetta, e non sa

ricercarne la causa prima e la mente ordinatrice.

 

Quante nobili azioni, quanta carità, quanta eroicabontà attorno a lui, ma non sa credere in Colui che ricom-pensa anche la più piccola opera buona, compiuta peramor Suo. Sì, l'incredulo dovrà dire che il ladro, che ha sa-puto sfuggire alla giustizia umana e che ha goduto indistur-bato il frutto del suo delitto, è un astuto fortunato, mentre ilgiusto, l’onesto che, per non tradire la sua coscienza, tuttoha sacrificato, è un disgraziato o uno sciocco che ha soffertosenza scopo, senza speranza che gli sia fatta giustizia.

  Ma, anche per l'incredulo giungono delle ore in cuiogni piacere viene a nausea, tutto il mondo è per lui dolore,la vita un peso e una desolazione indicibile.

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Quando ogni illusione sarà dunque scomparsa euna grande amarezza gli riempirà l’anima, allora a nessunoegli potrà rivolgersi per avere un efficace conforto.

Gli amici stessi gli verranno a noia ed avranno paro-le vuote per lui. A Dio egli non crede. “Perché sono dunquea questo mondo?” egli si domanda. “Chi mi ha tratto dalnulla? Che sarebbe se io ponessi fine a questa infelice esi-stenza?” La cronaca dolorosa di tanti suicidi è il triste epi-logo di una vita senza Dio.

  Bismarck scriveva: “Io non capisco come un uomo

che ragiona e che non vuol saperne di Dio possa sopportarela vita” 4.

 

Povero cieco, che vai barcollando nel buio, tu seiprivo del più alto ideale della tua esistenza, tu non hai lagioia nel cuore, non la speranza, non la forza nel dolore;non ti restano che i piaceri sensibili che sempre più ti

avviliscono...

 È  felice l’incredulo?  

No, lontano da Dio non vi è vera felicità.

Credi, oh giovane, a chi ti parla per il tuo bene, eguardati dal farne... personalmente l'esperienza.

Senza fede, senza speranza, senza amore, l'uomonon può essere felice, poiché l'anima è creata per Dio:

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4 BISMARCK, Lettere di Bismarck a sua moglie (1851).

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“il nostro cuore è inquieto, finché non trova in Lui la pace”,diceva Sant’Agostino.

Ogni creatura obbedisce ad una legge, alla sua leg-

ge. Le stelle seguono il loro corso; il fumo tende all'alto,mentre la pietra precipita; ogni elemento si comporta se-condo la propria natura e ognuno si agita cercando il suo“posto” e non ha quiete finché non ha trovato l'equilibrio.

 

Tenta di scindere l'anima da Dio ed essa divieneirrequieta, s'agita e si lamenta e cerca, finché non ha ritro-vato il suo Creatore.

  Quando Lenau aveva perduto la fede, non trovavaparole per esprimere le angosce della sua anima. Il mondoera per lui come una città morta, dalle lunghe e cupe stra-de, nelle quali egli mestamente si aggirava. Ad ogni finestragli sembrava di vedere sogghignare la morte e dietro ad es-sa la perdizione...

 

“Io ho perduto ogni allegria e gioia del cuore”, egliscrive, “da quando ho lasciato l’orma fedele della fede”. Ealtrove: “Oh felice colui che, all'accostarsi della malvagiaora che vuole rubargli la fede, scende prima nella tomba”.

  Ma che dire di quei grandi ingegni che furono senzafede?

  Non è possibile a noi analizzare se la mancanza inessi di fede è dovuta alle circostanze, all'ignoranza religiosa,ad una deviazione intellettuale, oppure alla loro condottamorale. Sono questi i segreti della coscienza umana; certa-mente però la loro incredulità non fu conseguenza del forteingegno, perché ciò si sarebbe verificato anche in altri in-

numerevoli grandi che chinarono invece la fronte umilmen-te alle verità della fede.

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Ci è lecito però fare la constatazione che moltospesso la vita di certi increduli ha lasciato molto a desidera-re in fatto di condotta morale. E come dunque non sospet-tare che la vera causa della loro incredulità non stia appun-

to nel guasto del cuore? 

La viva fiamma della fede non può ardere se non inun'anima pura.

 Fatti eloquenti  

S i potrebbe scrivere un libro molto interessantecon la storia degli ultimi momenti di tanti increduli. Esso cimostrerebbe come molti che rifiutavano la religione muta-rono di parere, nell'ora fatale in cui non è molto facile ne-gare Dio, cioè nell'ora della morte.

  Arturo Schopenauer (1788-1860) fu per tutta la vitanemico dichiarato del Cristianesimo.

  Durante la dolorosa malattia egli gridava spesso:

  “Dio mio, mio Dio”. Il medico curante gli domandòstupito: “C'è un Dio anche per i filosofi come lei?” Il mala-to rispose: “La filosofia senza Dio non serve nel dolore; seguarisco voglio essere del tutto diverso”.

 

Schopenauer guarì, ma dimenticò il suo proposito.Quando si ammalò di nuovo e si sentì ricordare dal medicola sua vecchia promessa, rispose rabbiosamente:

 

“Lasci questo argomento terribile...”. La sera dellostesso giorno l'infelice moriva.

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Il miscredente Heine scrisse alcuni anni prima dellasua morte, la seguente lettera a suo fratello: “... Io innalza-vo audacemente la fronte contro il cielo e perciò ora sonoprostrato al suolo, come un miserabile verme. Sia lode ed

onore a Dio”. Tuo povero fratello Enrico

  Lo stesso Heine, che nelle sue canzoni aveva canta-to: “i corpi che soli fanno beati”, scrive nel suo testamento:“Da quattro anni io ho dimenticato le aberrazioni filosofi-che e sono tornato alle idee religiose, all'unico Dio. Muoionella fede in un Creatore del mondo la cui grazia imploro

umilmente”.

  Con pungente ironia, lo scrittore ungherese Gar-donni racconta; “Sei dotti, un giorno, si sedettero in unabarchetta sgangherata e cadente di un barcaiolo e, mentrequesta si allontanava dalla sponda, cominciarono a parlaredella sciocchezza del popolo che crede in Dio. Ad un certo

punto, la barca, forse per il troppo peso, cominciò a far ac-qua, minacciando di sommergersi. “Si salvi chi può!” gridòil barcaiolo, dopo aver invano lottato contro la corrente:“Bisogna gettarsi a nuoto”.

 

“Oh Dio!” esclamarono atterriti tutti e sei...

  Anche Nietsche, il dispregiatore di Dio, che morì

pazzo, fu preso da terribile malinconia per la sua squallidavita. “Ah, dove vado ancora con i miei desideri? In ognimonte io cerco una casa paterna, ma non trovo mai unapatria. Dov’è la mia casa? Domando, cerco, indago... manon trovo mai una patria. Dov’è la mia casa? Domando,cerco, indago...ma non trovo nulla. Oh eterno dappertutto;oh eterno in nessun luogo, eterno invano!”.

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Tempo fa, morì in Francia il più frivolo, forse, deglispregiatori della religione di tutti i tempi: lo scrittore Anato-le France. Egli non scrisse altro, per così dire, che cose sen-za religione. Ai suoi libri dovette enormi ricchezze. Aveva

tutto quello che desiderava. Tuttavia questo profeta dellaricerca sfrenata del piacere, come osservano i suoi biografi,era scontento.

  Il segretario Bruison, racconta che egli aveva detto,in confidenza, ad un amico: “Se tu potessi dare un'occhiataal mio cuore, ti spaventeresti. Io non credo che ci sia almondo uomo più infelice di me”.

  “Molti mi invidiano per la mia felicità, ed io non homai saputo che cosa sia la felicità, mai, neanche un giorno,neanche un sol minuto”.

  Ecco il grido dell’anima che ha perduto Dio e conDio la felicità presente e futura.

 

Prima della guerra, viveva uno scrittore francesemiscredente, Enrico Lavedan.

  Quando nel 1914 scoppiò la guerra, anch'egli fuchiamato alle armi. Prima di partire per il fronte, doveavrebbe potuto incontrare la morte, egli ritrattò i suoi errorie deplorò i suoi scritti con una esplicativa e commovente

confessione al popolo francese: “Io ho schernito la religio-ne”, egli scrive, “e mi ritennero saggio.

 

Io mi sono ingannato e ho ingannato voi pure cheavete letto i miei libri e cantate le mie canzoni. Ho sbaglia-to. Abbandonare Dio vuol dire andare in rovina.

 

Io non so se domani sarò ancora vivo, ma sento ildovere di dire ai miei amici: Lavedan non osa morire lontano

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da Dio. Rallegrati, anima mia, perché io ho potuto viverel’ora fortunata in cui ho piegato il ginocchio dinanzi a Dio:Io credo in Dio, io credo”.

 

Spaventosa è la fine di Voltaire. Egli aveva volto learmi della sua forte intelligenza per combattere la fede ela morale cristiana. Il suo motto era: “Ecraser l’infame”  edintendeva la Chiesa Cattolica. Innumerevoli sono quelliche, leggendo i suoi libri, hanno perduto la fede e corrottoi costumi. A ragione viene chiamato: il capostipite degliincreduli.

 

Allorché egli s’ammalò gravemente, fece venire unsacerdote e si volle confessare. Prima della assoluzione, egliripeté per iscritto, alla presenza di due testimoni, il suo attodi sottomissione alla Chiesa ed espresse la speranza di averottenuto il perdono da Dio.

 

Guarito della sua malattia, andò una sera a teatro,

dove appunto si rappresentava un suo lavoro. Gli era statapreparata una grande accoglienza.

  Il suo busto fu posto sulla scena, ornato di fiori ecorone e, alla fine, a lui stesso fu cinta la fronte con unacorona d’alloro.

  La sua ambizione ne fu talmente sollecitata, che egli

abbandonò nuovamente la via del bene e ritornò quello cheera prima della sua malattia.

 

Più tardi, si ammalò nuovamente e chiese ancoradi un prete, ma i suoi amici atei, che stavano attorno alsuo letto, non lo vollero accontentare. Voltaire si racco-mandò che avessero pietà di lui. Invano... Allora egli co-

minciò a smaniare e a gridare: “Non vedete che una ma-no mi afferra e mi trascina al tribunale di Dio? Il maligno

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è qui e vuole impadronirsi di me... vedo l'inferno, ah! na-scondetemi!...”.

 

Uno dei presenti cercò di calmarlo. “No, disse, ciò

non può essere”. 

Agli ultimi momenti, gli amici finalmente lasciaronovenire un prete. Era troppo tardi. Il malato aveva già per-duto conoscenza e non riprese più i sensi. Ecco, purtroppo,la fine del... “capostipite dell’ateismo”.

  L'infermiera che aveva assistito Voltaire, da allora

in poi, se era chiamata presso un ammalato, prima vole-va sapere se l'infermo era religioso. Essa diceva: “Sonostata presso Voltaire morente e non voglio più vederemorire un ateo”.

Senza Dio!  

Che resta nel mondo, se togliamo Dio? Una mi-sera esistenza, che si ripete, sempre uguale, pervasa dal do-lore e dalle sofferenze e alla cui fine ci attende la morte. Èvero il detto di Schiller: “Tutto vacilla, quando manca lafede” e quello di Plutarco: “È più facile costruire un paesesulla sabbia o nell’aria, che non formare una comunità sen-za fede e senza divinità”.

 

Tu conosci il Faust di Goethe. È la rappresentazionedell'eterna lotta nell'uomo tra il male ed il bene. L’eroe pro-va tutto e non è soddisfatto ed il poeta non crede che aduna risoluzione che porti la pace: la fede in Dio, eterno

giudice e rimuneratore. Sì, l'anima umana è fatta per Dioed è infelice se è lontana da Lui.

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La  Divina Commedia  di Dante, la  Missa solemnis  diBeethoven, il  Requiem  di Mozart, la Creazione  di Haydn, il Parsifal  di Wagner, le opere di Bach, Lizst, ecc., lasciano tra-sparire l'aspirazione dell’anima verso l’infinito e conferma-

no il detto di Tertulliano: “L'anima umana è naturalmentecristiana”.

  “Ogni uomo ha fame di Dio”, ha detto Omero nel-l’Odissea, e questa fame, questa sete di felicità non sarà ap-pagata né dal progresso in tutti i campi dell'industria, nédai più raffinati piaceri. L’anima è fatta per qualche cosa dipiù grande, essa è destinata alle altezze infinite e quanto più

noi cerchiamo di far tacere questo desiderio con le milledissipazioni della vita moderna, tanto più, nelle ore del si-lenzio, essa si rivolge a Dio ed alla sua Patria.

  È strano che molti degli scrittori atei parlino piùspesso di Dio, quanto più vogliono passare per atei.

 

È la vendetta della loro anima, che non può fare ameno di rivolgersi a Dio, anche quando essi vogliono ne-garlo. Scrive Geremia Gotthelf (1798-1854): “Non si puòcreder quale sorte toccherebbe all'anima, se più non ci sor-ridesse alcun raggio di luce, se il pane celeste non ci nutrissee le spine e la zizzania della vita minacciassero di soffocareil nostro spirito”.

 

Immagina una gola selvaggia in cui non brilla mai ilsole e pensa all'orribile vita che tu dovresti condurre inquella oscurità, in quell'eterna nebbia, tra piante velenose evermi schifosi, senza poter mai uscir per respirare l’aria li-bera e pura. Così sarebbe la vita dell’anima se dall’alto nonscendesse vivificatore il raggio dell’eterno Sole a dissipare lenebbie che ci avvolgono nella vita terrena.

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Si levino pure gli uomini nella stolta loro audaciacontro il Creatore, dimentichino che tutto quello che hannoe vedono di splendore, di bellezza, di fortuna, di bene,l'hanno ricevuto da Dio; ogni cuore umano reclamerà la

necessità di un mondo ideale superiore, di un'eterna luce,di Dio.

  Saranno queste aspirazioni senza alcun senso, vaneillusioni?

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Capitolo II DIFENDI la tua FEDE 

Pilato si lava le mani (Jan Lievens)

Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini,

 anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che

 è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli

uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre

 mio che è nei cieli (Mt 10, 32)

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 Da fanciullo a giovane 

F orse questo libro andrà in mano a qualche gio-vane la cui fede disgraziatamente ha fatto naufragio.

  A questo giovane sfortunato io vorrei dire con cuo-re paterno: “Dimmi con sincerità: Che cosa hai guada-gnato rinunciando alla tua fede? Forse la tanto desideratafelicità? No!

 

Anzi. Ricordi il tempo in cui, piccolo fanciullo, tueri credente? Confronta l'età di allora con quella di adesso.

  Quale triste differenza! Com’eri contento allora!

  Ricordi? Alla mattina, appena svegliato, in ginoc-chio sul tuo candido letto, con le mani giunte, la tua anima

innocente innalzava a Dio la sua fervida preghiera. Lagiornata trascorreva in continua letizia e quando, alla sera,tu andavi a riposare, dopo aver baciato i tuoi genitori, tiaddormentavi col sorriso sulle labbra... Oh! allora sì, erifelice!

  Poi che avvenne? Un giorno, un brutto giorno, tivenne tra le mani un libro non buono; ti si avvicinò un cat-

tivo compagno e scese un'ombra sulla tua anima, e, nellatua mente, che sempre più si apriva a nuove cognizioni,s’insinuò subdola la domanda: “Ma che sia proprio verotutto quello che io credo?”.

  Era il dubbio che si affacciava alla tua mente contimidezza e tu, spaventato, cercavi di allontanarlo. Inutil-

mente! Esso ritornava sempre più insistente e tu sentivi ilbisogno di luce...

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Quale sarebbe stato il tuo dovere a questi primi as-salti? Questo: istruirti nelle verità della fede, intensificare lapreghiera e accostarti frequentemente ai Sacramenti, puri-ficare la tua anima, chiedere consiglio e spiegazione a chi

era più di te approfondito in materia religiosa... Invece: ri-cordi? Alla trascuratezza dei doveri religiosi hai aggiuntoun'apatia pericolosissima: al disordine, che cominciava averificarsi nella tua coscienza inquieta, hai aggiunto un mu-tismo dannoso ed una sintomatica diserzione dai Sacra-menti. Quale meraviglia se le tenebre siano venute adden-sandosi in te? Hai perduto la semplicità ed umiltà dei tuoigiovani anni, hai preteso anche per le verità religiose quella

dimostrazione che tu hai diritto di chiedere solo per unproblema di matematica e di fisica... e non hai compresoche ai confini del campo a cui giunge l’umana intelligenza,conviene piegare il ginocchio, con umile ossequio del nostrointelletto, alla Divina Rivelazione e che le pretese contrad-dizioni tra scienza e fede esistono solo nella mente di coloroche conoscono poco la scienza e sono molto ignoranti nella

fede. 

Oh, se tu avessi cercato con cuore umile e puro diformarti ad una pietà illuminata ed intelligente! Iddio, chesi rivela ai semplici, avrebbe conservato in te il dono pre-zioso della fede e se tu avessi già avuto la disgrazia di nau-fragare, ti avrebbe salvato dalle onde tempestose del maredella vita.

 Da giovane a uomo 

Se tu serbi ancora intatto il prezioso tesoro della

fede, ringrazia Iddio, ma non ritenerti del tutto sicuro Satana

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è in agguato. Nel passare dall'adolescenza e dalla giovinezzaall'età virile, la tua fede corre un nuovo pericolo.

 

Quanti giovani, che hanno saputo uscire vittoriosi

dalle lotte dei loro primi anni, non seppero resistere ai nuo-vi assalti incontrati nell'Università!

  Al tuo primo contatto col mondo universitario faraidi certo una dolorosa constatazione: la religione da molti èlasciata all'ultimo posto, quando non è ignorata del tutto.Ma, se esaminerai con diligente attenzione il fenomeno, lotroverai dovuto quasi sempre a questa duplice causa: igno-

ranza e corruzione. Inoltre, non senza stupore, vedrai lapotenza del dolore quale richiamo della grazia. Uominiindifferenti ed increduli, se sono colpiti da prove o disin-ganni, spesso sentono il bisogno di ritornare alle pure sor-genti dell’antica fede, la sola capace di donar loro confortoed aiuto.

 

Leggi l'aureo libretto di Silvio Pellico “Le mie pri-gioni” ed avrai sottocchio un esempio chiarissimo di quantoaffermo.

  Purtroppo non di rado il contagio del piacere sfre-nato prende anche il giovane cristiano e le frasi epicureedegli stolti antichi: “Mangiamo e beviamo, che del domaninon vi è certezza! Via le paure della religione; la natura ha i

suoi diritti; soddisfiamo alle sue brame...” Queste frasi, di-co, alle volte gli fanno impressione.

 

Buon amico, la voce del mondo e quella della pas-sione, congiunte a tuo danno, non ti spaventino. Opponiloro la voce della tua fede che è la forza della tua scienza.Sì, della tua scienza, che quanto più sarai intellettualmente

agguerrito nello studio della tua religione, tanto più sarai,forte nella lotta.

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L’Università ti apre dinanzi nuovi orizzonti, nuovicampi di studio nelle lettere e nelle scienze; ebbene, le tuecognizioni religiose devono assolutamente progredire e svi-lupparsi, anche se per esse non trovi una cattedra negli stu-

di superiori. Ricorda le severe parole di Pascal: “La religio-ne è cosa così sublime che, chi non comprende la necessitàdi approfondirla, merita di perderla”.

  Senza lo studio, la confusione penetra facilmentenella tua anima, specialmente quando sottili inganni vi s'in-sinuano in nome della scienza. Le tue stesse materie di stu-dio, apparentemente innocue, insinuano sovente obiezioni

che un impreparato non può a prima vista rilevare né con-trobattere. Cerca dunque di fornirti di un solido corredoreligioso adatto alla tua età.

 Il dubbio  A mico, che hai? Ti vedo turbato; il dubbio èdunque penetrato nella cittadella del tuo cuore?

 

Ti voglio aiutare a smascherarlo, a respingerlo, avincerlo. Considera innanzi tutto che molte volte quello chei giovani chiamano dubbio, spesso non è altro che tentazio-ne. Ci sono lotte da sostenere, lotte dalle quali neppure isanti andarono esenti.

 

Credo che oggi non ci sia giovane studente, che, al-meno qualche volta, non abbia avuto qualche dubbio sullasua fede. Le occasioni sono innumerevoli: una notizia digiornale, un articolo, una conferenza, una conversazione,

possono ferire l'animo del giovane credente e gettarlo neldubbio.

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Da che cosa proviene il dubbio? Generalmente dal-l’umana ignoranza e dall'orgoglio.

 

“In Dio ci sono tre persone, ma una sola è la natura

divina. Come può essere ciò? Io non capisco e perciò noncredo”.

  “Il Sacerdote nella S. Messa pronuncia sul panequeste parole: Questo è il mio corpo, e in quell’istante la so-stanza del pane si è cambiata nella sostanza del corpo diCristo. Io non comprendo tutto ciò e perciò non credo; cosìpure io non posso credere a nessun mistero che la mia ra-

gione non può spiegarmi”. Così parla l'orgoglio.

  Risposta telegrafica: Quanti misteri nella natura!Chi vorrà negare l’energia elettrica perché ce ne sfugge l’in-tima natura?

Fidiamoci dunque, mio caro, del Divino Maestro,

dinanzi al quale non è da meravigliarsi se noi ci troviamocome i piccoli scolari, che devono talvolta accettare l'inse-gnamento anche là dove non giunge la loro limitata intelli-genza. Se poi i dubbi cadono in qualche punto che può es-sere facilmente chiarito con un po’ di studio, tu puoi vederein essi un invito a prestare maggior interesse alla tua reli-gione. Basterà che tu prenda qualche buon libro dove taliargomenti sono seriamente trattati e il dubbio sparirà.

  La religione non propone alcun mistero da credereche sia contrario alla ragione, però ne ha alcuni, che oltre-passano i limiti dell'umana intelligenza. Per questo l'adesio-ne deriva da un atto della volontà, più che dall'intelligenza:ed è in ciò che sta il merito della virtù della fede.

 

“Credete, credete!” Ecco il precetto del DivinoMaestro. Egli lo ripete sovente: “Credete in me” Chi crederà e

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sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato (Mc16, 16).

 

La stessa cosa il Signore ripete a te, oh giovane caro,

anche oggi nel secolo del progresso e alla luce della scienza. 

Ma perché il Signore ha posto a base della religionela fede e non la scienza? Perché ha detto: Sarà salvo coluiche crede e non colui che sa, che comprende e approfondi-sce le sue idee?... Perché? Il Salvatore è venuto sulla terraper salvare tutti gli uomini e vuole che la sua religione siaalla portata di tutti. Forse che tutti possono diventare sa-

pienti ed essere capaci d’approfondire i problemi religiosi?No, certamente. Tutti invece possono credere: il fanciullocome il vecchio, il povero come il ricco, il piccolo scolarocome il dotto professore; tutti possono, con la stessa umiltà,credere alla parola del Maestro, anche se la penetrano piùo meno profondamente. Ecco perché il fondamento dellavita religiosa è appunto la fede.

 

Inoltre la scienza per sua natura annulla il merito.Quale merito posso io avere, se credo alla soluzione di unproblema di matematica, di cui ho dato la dimostrazione?Esso è evidente verità e bisognerebbe che avessi perduto ilben dell’intelletto, se lo volessi negare. Ma riguardo allafede le prove, pur convincenti, non vincolano la mia ra-gione e la mia libera volontà, guidata ed indirizzata dalla

ragione. Ho quindi merito e ricompensa maggiore quantopiù difficile è l’atto di fede. Lo affermava Gesù benedettoquando, richiamato il discepolo incredulo a toccar conmano la realtà della resurrezione, diceva:  Perché mi hai ve-duto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!  (Gv 20, 29).

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 Nuove armi  

Vuoi conoscere un altro mezzo per combattere idubbi? Assali il nemico sul suo stesso terreno.

  “Chissà, forse Dio non esiste... Forse non c’è altravita al di là” Ti viene questo dubbio? Ebbene, rispondi reci-tando devotamente il Credo.

  “Nel Santissimo Sacramento chissà se veramente si

nasconde il Figlio di Dio?”. E tu, contro tale dubbio, oppo-ni un atto di adorazione dinanzi al Santo Tabernacolo,trattenendoti in una breve visita.

  Tu mi obietti: “Io vorrei credere, ma non posso”.

  Coraggio, mio caro, sforza la tua volontà. La fede è

una grazia di Dio, alla quale però deve corrispondere il no-stro buon volere. Anche a te Iddio ha dato questa grazia edalla tua buona volontà dipende il renderla efficace. Tu dicidi non poter credere. Sia pure, chiedi egualmente coll'Apo-stolo:  Aumenta la nostra fede (Lc. 17, 5). Ed esclama col padredi quel giovane ammalato: Credo, aiutami nella mia incredulità (Mc 9, 24).

 

Ti lamenti perché la preghiera ti riesce penosa, per-ché vai alla Messa mal volentieri, perché la tua vita religio-sa è tiepida. Ebbene, nonostante tutto questo, prega, rima-nendo fedele alle tue consuete pratiche di pietà, sforzati dirimanere attento alla Messa anche a costo di sacrificio.

  “Ma allora questa è una semplice esteriorità”, dirai.

Tu sbagli. Il Signore non guarda al risultato, ma alla buona

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volontà e questa Egli premia, specialmente quando develottare contro la pigrizia e le tentazioni.

 

Un giovane che prega, che si confessa e si accosta al

Divino Banchetto, per quanto sia tentato, non diventeràmai miscredente.

  Sia dunque sulle tue labbra la preghiera degli Apo-stoli sulle onde agitate del lago: “Domine salva nos, perimus…” 

  Egli, Gesù, che sembra dormire a poppa della bar-chetta della nostra anima, si sveglierà, comanderà ai venti,

alla tempesta e... tornerà la pace nel cuore.

 I mendicanti di San Martino 

“Nonostante la fede doni all'anima tanta felici-tà”, dirai, “molti uomini sono diventati miscredenti; comesi spiega ciò?”.

  La causa più frequente della perdita della fede nonsta nell’intelletto, ma nel cuore: non è questione di com-prendere o meno una verità, ma di aver l’anima dispostaalla fede. Le difficoltà, più che d’ordine scientifico e filosofi-

co, sono generalmente di ordine morale.

  Se bastasse soltanto credere, tu vedresti che benpochi sarebbero i miscredenti. Dai principi della fedederivano leggi morali che devono regolare la nostra vita;ne viene il dovere di evitare la colpa, di frenare le cattiveinclinazioni, la nostra ira, il nostro egoismo, il nostro or-

goglio ecc. e, se abbiamo la disgrazia di cadere, abbiamoil dovere di riparare con un'umile confessione il nostro

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sbaglio. In sostanza il cristiano deve continuamente lot-tare per mantenersi fedele al programma di vita che gli èstato tracciato dalla sua fede.

 

Ecco, dunque, perché molti non vogliono credere.Non vogliono credere, perché altrimenti dovrebbero cam-biare tenore di vita, rompere le abitudini peccaminose chehanno contratto e così preferiscono negare il principio reli-gioso, per non doverne accettare le conseguenze.

  Hai mai intesa la leggenda dei due mendicanti diSan Martino?

  Quando le Reliquie del Santo vennero solennemen-te portate in processione, in non so quale circostanza, moltiammalati, che si trovavano lungo il percorso, furono guari-ti. Intesero la cosa due poveri mendicanti zoppi, e, sentendoavvicinarsi la folla, dissero:

 

“Andiamocene subito di qua: cosa sarebbe di noi seil Santo ci guarisse? Di che cosa potremmo campare?”

Proprio così fanno molti miscredenti; come potreb-bero conciliare la fede col desiderio di scapricciarsi?

  Lo struzzo, quando è inseguito, nasconde il caponella sabbia, pensando di sottrarsi così al pericolo, perché

non vede il suo inseguitore. Così fa il peccatore.

  Egli potrebbe sottrarsi agli amari rimorsi della suacoscienza con il pentimento sincero delle sue colpe; invecepreferisce chiudere gli occhi alla luce, negare Dio e credeche il pericolo della dannazione sia per lui scomparso, soloperché non lo vuole vedere.

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Gian Giacomo Rousseau, che non era troppo tene-ro per la religione, scrisse: “Tieni la tua anima in condizio-ne tale che, se Dio esistesse, tu non debba temerlo e vedraiche mai cesserai di credere in Lui”.

 Morale senza Dio 

L a morale è il tesoro più prezioso per l’umanità,tesoro che tutti devono custodire con ogni cura.

  Si può essere veramente onesti senza la fede?

 

Nella nave, la bussola viene accuratamente isolatada ogni corpo che possa esercitare su di essa qualche in-fluenza, provocando la deviazione dell’ago. Parimenti nellavita umana, la ragione che ne è, per così dire, la bussola,

deve essere informata a principi fermi e sicuri, che impedi-scano che essa faccia deviare l’uomo dal retto cammino, edev’essere tenuta lontana da quelle correnti cattive, le qualipotrebbero offuscarla e allontanarla dal bene. La legge mo-rale assicura l’anima da ogni deviazione. Ma se tale leggemorale non avesse Dio per unico autore e custode della suaosservanza, ed invece ogni uomo fosse legislatore e giudicedella propria condotta, non avremmo mai un sicuro criterioper definire la moralità delle azioni, perché quello che aduno può sembrare peccato, ad un altro può apparire comecosa lecita.

  Non può parlare di una vera legge morale chi noncrede nel supremo Legislatore e nella sanzione che even-tualmente ci attenderà dopo la vita terrena. Bisogna perciò

che l’uomo conosca innanzi tutto quello che è il suo fine edopo potrà comprendere quello che deve fare quaggiù.

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La vita morale costa lotta e sacrifici. È difficile esse-re buoni, mentre è facile diventare cattivi! Una tragica lottasi combatte nell'interno del nostro cuore, la ragione vede ilbene e lo desidera, ma la natura guasta, che è in noi, ci tra-

scina al male. Chi ci darà la forza di sopportare le necessa-rie rinunce, le costose vittorie su noi stessi, se in noi mancauna più alta aspirazione e tutto è lasciato all'arbitrio dellanostra volontà? No, no, senza una fede in Dio riesce bendifficile il vivere moralmente bene.

  Un filosofo greco diceva che l'anima umana discen-de da un mondo perfetto, per cui quando noi facciamo il

male, infiggiamo nel nostro cuore una spina che ci rendeinfelici, anche se nessuno è stato testimone del nostro pec-cato, mentre l’anima è contenta quando compie quel beneche le fa ricordare la patria superiore dalla quale è venuta.

  Voltaire5, l'infelice negatore di Dio, invitò un giornoa pranzo i suoi amici, parimenti miscredenti, D'Alembert e

Diderot. 

I discorsi che vennero fuori non erano certo edifi-canti. Voltaire allora disse loro a bassa voce: “Vi prego, nonparlate così dinanzi ai miei servi, aspettate che siano usciti;se sentono queste idee e vogliono conformarsi ad esse, co-me potrei io fidarmi di loro?”

 

Voltaire era dunque convinto che, abbattuti i prin-cipi religiosi, anche la morale sarebbe stata in pericolo.

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5   VOLTAIRE, elegante poeta e prosatore francese. Nato a Parigi nel1694, morì nel 1778. Ebbe un'influenza deleteria per la sua filosofiacondannata dalla Chiesa.

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Napoleone I proibì la lettura dei libri contro la fedecon questa motivazione: “Io non mi sento abbastanza forteper reggere un popolo che ha letto Voltaire e Rousseau”6.

 

Heine

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, dinanzi al meraviglioso duomo gotico diAnversa, esclamò pieno di ammirazione: “In quel tempo gliuomini avevano veramente dei principi e una fede; oggi,noi non abbiamo che delle opinioni e, con le nostre opinio-ni, non saremmo mai capaci di costruire un duomo simile”.Heine aveva ragione. Lo stesso noi possiamo ripetere delmeraviglioso edificio della nostra vita morale. Il carattere sipuò paragonare ad un duomo gotico che si erge verso il

cielo, lasciando le sue cuspidi al disopra delle umane pas-sioni e dei bassi istinti: la costruzione però di questo duomorichiede lungo lavoro e saldi fondamenti in una fede incrol-labile.

  È vero che si possono proporre dei sistemi etici chenon si basano sulla religione: ma quale ne è l’autorità? Do-

ve trarranno gli uomini la forza per vivere secondo essi? Èfacile proporsi un sistema morale, ma è assai difficile con-servarlo, senza un motivo superiore che lo imponga.

Prima del Cristianesimo sono pur esistiti uominisaggi e virtuosi, ma quali più, quali meno, avevano difetti ecolpe e la vera santità non esisteva. Dopo che il Salvatore sipresentò modello di una vita perfetta, si può dire che la

santità è accessibile a tutti gli uomini. Il cristiano perfetto ènecessariamente santo!

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6 ROUSSEAU, 1712-1778. Di Ginevra: celebre filosofo le cui principaliopere sono condannate.

7 HEINE, scrittore tedesco, nato a Düsseldorf nel 1779, morto a Pariginel 1856.

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Per questo Racine8 scriveva giustamente a suo figlio:“Io voglio credere che tu, mentre ti sforzi di diventare ungentiluomo, non dimenticherai che uno non potrà mai es-sere vero gentiluomo, se non adempie il suo dovere verso

Dio”. 

Si può dunque essere morali, non credendo in Dio enella vita futura? Ascolta il seguente dialogo. Sono due stel-le che parlano:

  “Guarda, sorella, giù sulla terra: cosa vedi?”.

 

“Una fitta nebbia e uccelli che volano su di essa”.

  Passarono migliaia di anni. La prima stella chiese dinuovo: “Guarda ancora, sorella, sulla terra: che cosa ci vediadesso?”

 

“Vedo brulicare un gran numero di piccole formi-

che, sono gli uomini”. 

Passarono ancora migliaia di anni e: “Adesso, guar-da ancora sulla terra: che cosa ci vedi?”.

 

“Niente si muove. Tutto è ricoperto da ghiacci e daneve”. Ecco il dialogo delle stelle.

 

Ma non senti tu, oh giovane, quanto è terribile que-sto pensiero della transitorietà delle cose terrene? Se la vitaumana finisse quaggiù, se non vi fosse una vita futura, chidarebbe la forza di sacrificarci per l’onore, per il bene e perla virtù? A che ci gioverebbero i riconoscimenti e la stimadegli uomini? Sì, noi dobbiamo essere pronti a sacrificarci,ma non per un bene passeggero e terreno, ma per dar glo-

ria a Dio e salvare la nostra anima.

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8 RACINE, celebre poeta tragico francese (1639-1699).

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Ciò che più vale 

Che importa avere una fede o l’altra, o nonaverne affatto? Basta esser uomini d’onore.

  Sai che cosa rispose a tale affermazione uno scritto-re francese? “Naturalmente ciò è sufficiente per non salireal patibolo, ma non basta per giungere al Regno dei Cieli”.

  Non voglio però limitarmi a questa risposta.

 

Che cosa intendi per religione? Tu rispondi: “Il vin-colo morale che lega l’uomo con Dio”.

  Ottimamente. Ora rifletti: è possibile che possanoesistere religioni diverse che insegnano dottrine opposte epromulgano leggi morali in molte cose contrastanti? Se una

è la vera, le altre necessariamente sono false9

. E il mio do-vere è non solo di esser religioso (ciò è insito nella natura diuomo) ma di ricercare la vera religione, che, trovata quella,

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9 La Chiesa riconosce nelle altre religione la ricerca, ancora “nelle om-bre e nelle immagini”, di un Dio ignoto ma vicino, poiché è lui che da atutti vita, respiro e ogni cosa, e vuole che tutti gli uomini siano salvi.

Pertanto la Chiesa considera tutto ciò che di buono e di vero si trovanelle religioni come una preparazione al Vangelo. (Cf. CATECHISMODELLA CHIESA CATTOLICA , 843) [nota dell’editore]

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tutte le altre, essendo discordanti alla vera, sono di necessitàfalse, e quindi da abbandonarsi. 10

 

Tu continui: “Ma può darsi che non fossero false!”.

 

Rispondo: No; lo vieta la Giustizia, la Sapienza, laBontà divina. Lo nega la storia dell'umanità; in particolarela storia della Rivelazione.

 

Dio ha parlato, mio caro, e il popolo ebreo testimo-ne che non può sparire, conserva i libri che contengonoquesta parola divina.11

  Nella pienezza dei tempi è venuto il Salvatore — loattesta la storia e l’esistenza del mondo, che da Lui si chia-ma cristiano, ed è venuto per insegnare agli uomini la viadella salute. Come il Padre — Egli ha detto ai suoi Apostoli —  ha mandato me, anch’io mando voi   (Gv 20, 21); chi ascolta voiascolta me (Lc 10, 16)... e ho altre pecore che non sono di quest’ovile;

anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno

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10 Ciò non implica che le singole anime che professano in buona fede,cioè senza loro colpa, una religione errata non possano salvarsi. Se fan-no quanto è in loro per cercare la verità e obbediscono alla voce dellacoscienza, appartengono all’anima della Chiesa e non vanno perdute. IlConcilio Vaticano II, inf atti, insegna che: “quelli che senza colpa igno-rano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sincera-

mente Dio, e sotto l’influsso della grazia si sforzano di compiere con leopere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscien-za, possono conseguire la salvezza eterna” (CONCILIO VATICANO II,

 Lumen Gentium 16) [Nota dell’editore]

11   La Chiesa, popolo di Dio nella Nuova Alleanza, scrutando il suoproprio mistero, scopre il proprio legame con il popolo ebraico, cheDio scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola. A diffe-renza delle altre religioni non cristiane, la fede ebraica è già rispostaalla rivelazione di Dio nell’Antica Alleanza. È al popolo ebraico che

appartengono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, ilculto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne.(Cf. CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA , 839) [Nota dell’editore]

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un solo gregge e un solo pastore (Gv 10, 16). A quale scopo egliha fondato la Chiesa? Per raccogliere i figli dispersi, perguidare le pecore senza pastore ai pascoli eterni.

 

Egli è Via, Verità, Vita. 

Tu insisti: Non basta esser uomini d’onore? Io tidomando: Si può veramente, senza alcuna religione, essereuomo d'onore?

  Concedo che tra le persone che non praticano lareligione ve ne siano di “rispettabili”, nessuno lo può nega-

re, ma, se tu rifletti al senso in cui esse prendono la parola“onore” certamente rimani penosamente impressionato.Tutta la concezione morale che regola le loro azioni è fruttoo della benefica influenza dell’ambiente in cui sono vissute,o dello studio di non urtare le leggi e le convenienze socialie di riuscire piacevoli e cortesi con tutti. Ma Iddio, però,che scruta fino nelle più intime fibre il cuore degli uomini,

trova talvolta, sotto le più lusinghiere apparenze, intenzionitroppo umane e talvolta cattive.  Fode parietem: giù le appa-renze. Quante amare constatazioni! Accanto a poche, trop-po poche, onorevolissime eccezioni — testimonianze dianime che Tertulliano chiamerebbe naturaliter christianae —quale cumulo di rovine, quanti sepolcri imbiancati, quantevite vane, inutili, perdute!

 Dalla Fede alla superstizione

 

Q uando l'anima s'allontana dalla religione, di-

viene triste, irrequieta, e non trova pace, anche se in appa-

renza dimostra il contrario. Basta vedere quanti, sottrattisiallo splendore della verità, per un orgoglio inconsulto, vanno

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perdendosi dietro a pratiche superstiziose12, o a nebulose teo-rie teosofiche e spiritualistiche, alla “chiromanzia” e ai “fe-nomeni occulti”13.

 

Terribile castigo! 

Chi ha rinunciato a dissetare l’anima alle pure sor-genti del vero e del bene ed ha abbandonato la via maestrasegnata dalla Chiesa, è costretto a barcollare nel buio per-dendosi in un labirinto di grottesche teorie. Chi si vanta diessere miscredente, si riduce, poi, a dare il suo assenso allepiù ridicole credenze; chi ha rifiutato il credo dei suoi pa-

dri, di fatto, crede a cose prive di fondamento e inverosimilio a qualsiasi esotica importazione. Di lui si avvera quelloche racconta uno scienziato danese, Orstebt: “Io ho cono-sciuto un uomo, il quale faceva ostentazione della sua mi-scredenza e si diceva spregiudicato, ma che poi non si fida-va di passare di notte dinanzi ad un cimitero”.

 

Una delle cause principali della superstizione,presso il popolo, è l'ignoranza; tuttavia non è raro che ciòsi verifichi anche presso la gente colta. Celebri negatori di

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12 La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pra-tiche che esso impone; rappresenta, in qualche modo, un eccesso per-verso della religione. (Cf. CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA ,2110 - 2111) [Nota dell’editore]

13  L'idolatria rimane una costante tentazione della fede, consiste neldivinizzare ciò che non è Dio. C’è idolatria quando l’uomo onora eriverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dei o dei demoni(per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degliantenati, dello Stato, del denaro, ecc.Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o aidemoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene chesvelino l’avvenire. La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chi-

romanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti sono in contraddi-zione con con l’onore e il rispetto che dobbiamo a Dio solo. (Cf. CATE-

CHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA , 2112 - 2117) [Nota dell'editore]

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Dio, come Diderot, D'Alembert, erano superstiziosi finoal ridicolo. Federico II, re di Prussia, vedeva un segno disfortuna quando un coltello e un cucchiaio venivano so-vrapposti in forma di croce e s’informava ansiosamente

presso gli astrologi per sapere il momento più opportunoin cui compiere più felicemente il fidanzamento di suafiglia con il re d’Inghilterra.

  Guardiamo da vicino questo fenomeno. Ad unagente delle ferrovie chiedo: “Prego, può dirmi dov’è loscompartimento numero diciassette?” Oppure al camerieredell'albergo: “Dov'è la stanza diciassette?” Mi sento rispon-

dere: “Scusi, signore, ma questo numero non esiste”.

  “E perché?”

  “E chi ci andrebbe dentro?”

 

Povero diciassette! Sei condannato ad essere un se-

gno di sfortuna quasi che tu fossi di natura differente dalsedici o dal diciotto.

Una situazione di simile avviene per il venerdì.Chi comincerebbe qualche cosa in tal giorno? Chi ose-rebbe mettersi in viaggio? E così per il sale versato sullatovaglia, per l’olio, per il ronzio nell'orecchio, per la ci-vetta sui tetti ecc.

  Aggiungi l’importanza che viene data alle svariateoperazioni degli indovini, allo studio delle stelle, alle carte,a scrutare le linee della mano, ritrarre oroscopi secondo lacostellazione sotto la quale uno nasce, per non parlare dellesedute spiritiche e medianiche che tanti ammalati di nervihanno dato alla nostra moderna società.

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Oh, povero uomo “moderno” che non vuoi credere,non t'accorgi che, rinnegando la fede, sei passato a crederele cose più sciocche? A te potrebbe applicarsi il detto di Ci-cerone: “Nessuno teme più la morte e gli dei, di chi denigra

la religione”. 

Si deride la povera gente di campagna, che prestafede ai semplici rimedi offerti da qualche furba fattucchie-ra. Ed è giusto. Ma quanto più a ragione possiamo deri-dere tanti colti signori e dame del gran mondo, che fannoanticamera negli studi delle indovine o chiromanti perscrutare il futuro! E quelle buone signore che disdegnano

di andare a confessarsi, non credono di perder tempo inquelle lunghe attese. E quei signori che non vogliono pre-gare, perché ormai non è più di moda, stanno ansiosi adaspettare il responso del futuro da una persona di dubbio-sa onestà intellettuale e morale...

 

Un bel Crocifisso appeso alla parete è stato sempre

il più bell’ornamento di una casa cristiana, ma nella casa“moderna” ci sta meglio un piccolo Buddha o un amuletoorientale, o uno stupido portafortuna. Il portare al collouna piccola medaglia della Madonna è tradizione che lenostre mamme ci hanno fedelmente tramandato, come pic-colo omaggio a Maria, per assicurarne il patrocinio nellevarie vicende della vita; ora dai moderni è stimata robad’altri tempi, si preferisce invece portare qualche cornetto,

o altri gingilli all’occhiello e al cinturino dell’orologio.

  Anche i pagani disprezzavano i superstiziosi. Al ro-mano Catone domandò una volta un soldato tremante: “Lanotte scorsa i topi hanno rosicchiato i miei stivali, cosa vuolsignificare?”.

 

“Non significa niente, rispose Catone; sarebbe daimpressionarsi se i tuoi stivali avessero rosicchiato i topi”.

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La fede vera è, per l’umanità, come una magnificacorrente di limpida acqua fecondatrice, mentre l’incredulitàinaridisce sotto il suo fango i più fertili terreni.

 

Veglia, mio caro, sulla tua fede: custodiscila e difen-dila da tutte le infiltrazioni della moderna miscredenza edella superstizione, che vorrebbe guastarne la purezza.Sappi compatire la cecità di tanti infelici che si perdononelle oscure regioni della superstizione e dell'errore e, fidu-cioso, fissa il tuo sguardo negli splendori della verità: ai ne-gatori di Dio, agl'indovini ed ai chiromanti, contrapponi latua ferma fede in Dio onnipotente Creatore del cielo e della

terra e nel Suo Divino Figlio Gesù Cristo...

Spirito d’indipendenza

  Chesterton descrive l’anima che non volendoseguire la vecchia via, va in cerca della verità per contoproprio.

  Immagina un viaggio per mare alla scoperta dinuovi lidi, alla terra della verità, conquistata da sé e nuova,tutta nuova.

 

Dopo una lunga navigazione più o meno incertaecco finalmente si delinea all'orizzonte la terra ferma. Ilnavigante si avvicina con emozione al nuovo regno checrede di aver scoperto, ma grande è la sua sorpresa, quan-do si accorge che egli è ritornato al lido dal quale è partito,alla terra dei suoi padri, alle verità che essi gli avevano in-segnato ed egli aveva disprezzato.

Ciò accade a molte anime.

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I giovani vogliono essere indipendenti, e nel campointellettuale preferiscono ciò che è frutto del loro personalepensiero. Nel campo religioso, essi sono presi dalla smaniadi non seguire la via per la quale altri sono passati, fosse

pure la via tracciata dal Salvatore. 

Essi pensano di poter trovare qualche cosa di nuovo,cui nessuno abbia pensato. Dopo qualche anno, però,quando comincia la riflessione e l'esperienza, devono con-statare che la via indicata da Gesù Cristo e per la quale mi-lioni di anime sono passate, attraverso i secoli, è l’animabuona, sempre nuova e feconda di bene.

  Iddio non parla a questo o a quell'uomo in partico-lare, e non manifesta il Suo volere e le Sue leggi privata-mente a ciascuno.

  Egli, con lo scopo d’istruire e guidare gli uomini, hafondato una meravigliosa istituzione: la Chiesa Cattolica.

Gesù ha detto ai suoi discepoli:  Andate dunque e ammaestratetutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e delloSpirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho coman-dato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt28,19-20). Con queste parole, Egli ha dato alla Chiesa lamissione di diffondere la verità in tutto il mondo.

  Da questo magnifico edificio, che è la Chiesa Catto-

lica, non si può togliere nessuna pietra, perché altrimentitutto cadrebbe. Se io non comprendo questo o quel puntodei suoi insegnamenti, se quella legge non mi piace, nonposso dire che quei principi non sono veri, o che la Religio-ne Cattolica ha fatto il suo tempo, oppure che un giovanemoderno oggi non può essere buon cattolico. Forse la causadei miei dubbi è un insufficiente studio ed una superficiale

conoscenza della vita. I grandi geni del Cristianesimo nonsi fecero una Religione personale, ma furono figli devoti

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della Chiesa. Non sarà, dunque, umiliazione per un giova-ne, seguire il loro esempio.

 

Non sopravvalutare le imperfezioni che riscontri in

quanto vi è di umano in questa mirabile istituzione. 

Che meraviglia se nella storia millenaria della Chie-sa tu possa scoprire qualche debolezza? Essa è fondata daCristo ed è composta di uomini, soggetti come tali, essi pu-re, alle umane debolezze. Ma che cosa sono queste ombrein confronto agli splendori che irradiano da tutta la storiagloriosa della Chiesa?

  Un giorno un calzolaio si fermò a contemplare ilritratto del doge Grimani eseguito dal celebre pittore Ti-ziano14. Egli osservò l'opera meravigliosa del grande mae-stro. L’analizzò in ogni sua parte ed infine concluse: “Non èfatta bene. La cucitura delle scarpe, è sbagliata”.

 

Sta attento di non fermarti come il calzolaio diVenezia ai minimi particolari che non tolgono il valoredell’opera.

 Rispetto umano  “I o sono religioso, dice taluno, sinceramentereligioso, ma questa è una questione intima che passa uni-camente tra Dio e l'anima mia. Non voglio manifestarequesti sentimenti a nessuno. La vita religiosa è un'espres-sione spontanea dell'anima umana, che non bisogna

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14 TIZIANO (1476-1576) nato a Pieve di Cadore. Uno dei più grandipittori della Scuola Veneziana.

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esporre al pubblico: ciascuno la conserva in silenzio, nelsegreto del suo cuore; la cosa più importante è di esserereligiosi intimamente, tutto il resto: esteriorità, forme, ce-rimonie ecc. sono formalità inutili”.

 

A chi dice così, rispondo che io pure non so trovareparole sufficienti per condannare quelli che, esteriormente,praticano atti di grande pietà, mentre il loro interno è vuo-to, o peggio. La vera religiosità non sta nelle apparenze.Non è religioso quello che loda Dio solo con le labbra,mentre il suo cuore è lungi da Lui. Non è religioso colui chebiascica molte preghiere, va in chiesa e partecipa a proces-

sioni, ma vive nel peccato ed ha il cuore duro verso il suoprossimo.

 

Tale esterna religiosità non è altro che la caricatura,lo scherno della vera idea religiosa; una falsa concezionedel dovere dell'uomo in questa materia.

 

Messo in chiaro questo, è necessario aggiungere su-bito che commette atto di viltà colui che tenta di nasconde-re agli altri quei sentimenti che pur si riconoscono nobili enecessari all'anima. Non basta dire: “Dio sa quel che iopenso; Egli, che scruta nei cuori, vede il sentimento del-l’anima mia”. Bisogna manifestare la propria fede con co-raggio, dinanzi a tutti.

 

Quindi se tu ti trovi in compagnia di qualcuno, perregola generale, non fare discussioni in materia religiosa. Seperò tu, passando dinanzi ad una chiesa, od incontrandoun sacerdote che conosci, non fai come il solito il tuo segnodi saluto e di rispetto, dicendo tra te: “Già basta un senti-mento del mio cuore”, tu sei un vile: nascondi la tua fede!

 

A casa, nel tuo studio, fuori della vista di tutti, tupreghi con fervore, e fai bene; ma perché allora dovresti

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vergognarti di piegare il ginocchio dinanzi al SantissimoSacramento dell’Eucaristia, alla presenza di molta gente,scusandoti col dire: “I segni esterni a nulla valgono”? Soche tu hai un'anima pura e non cominceresti mai un di-

scorso cattivo, ma perché dovresti tu dare l’esempio dimancanza di coraggio ridendo alle indecenti allusioni deituoi compagni, delle quali dovresti arrossire? Concludendo:il sentimento interno innanzi tutto, ma non deve mancarel'esterna manifestazione dei sentimenti del cuore.

  Ricordo, come fosse ora, l'impressione che ho pro-vato, quando, da bambino, sentivo raccontare la descrizio-

ne della Passione del Signore ed il senso di sdegno che miveniva per la viltà dimostrata da Pilato nel processo a Gesù.“Io non trovo colpa alcuna in questo uomo”, aveva detto ilgiudice romano. E allora perché non gli fai giustizia e nonlo metti in libertà? Perché non lo difendi contro la pleba-glia?… ma, ecco, si eleva il grido che lo fa tremare: “Se tulo liberi, sei nemico di Cesare”. Essere accusati presso Ce-

sare, compromettere la carriera!... è meglio che Gesù siasacrificato!...

  Quanti giovani ripetono oggi la viltà di Pilato! Essiamano la loro religione, la conservano anche nel cuore fin-ché non sono contraddetti. Perché se qualcuno comincia aderidere le cose sacre e a schernire chi professa francamen-te la sua fede, essi cominciano a tremare, non hanno più

coraggio di parlare e sono spaventati dal pensiero di esserechiamati bigotti. Dapprima essi si preoccupano soltanto dinon urtare chi la pensa diversamente, poi cominciano an-ch'essi a parlare più liberamente delle cose sacre e da ulti-mo si associano vilmente a chi schernisce la loro fede.

 

Oh, se riflettessero per amore di chi essi hanno

tradito la verità! Pilato lo fece per timore della plebe edessi per quattro volgari negatori di Dio, per lo scherno o il

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sorriso di un compagno, forse per meno ancora. È tristeed umiliante...

Usque ad sanguinis effusionem 

T utte le grandi idee hanno avuto i loro martiri.È facile il parlare di filosofia, sdraiati sopra una comodapoltrona, presso la stufa, ma la forza delle proprie convin-zioni si dimostra in maniera ben più efficace quando si èdisposti per essa a sacrificare i propri beni, la posizione, lafamiglia e la vita stessa.

  Giovane caro, sii orgoglioso di sapere che, per la tuafede cattolica, milioni di martiri hanno dato la vita. Dellastoria dei martiri dei primi tre secoli della Chiesa si possonoriempire interi volumi. A quel racconto la nostra fede si

rinforza, specialmente quando incontriamo, non solo uo-mini vigorosi, ma anche deboli donne, vecchi, fanciulle efanciulli che guardavano in faccia i tormenti con eroico co-raggio, in presenza di una folla assetata di sangue, rappre-sentante di quel morente paganesimo sul quale avrebbetrionfato la Croce di Cristo.

  Essi avrebbero potuto evitare tante sofferenze solosacrificando pochi grani d’incenso agli idoli, una sola paro-la avrebbe potuto salvarli dalla morte. E invece, che feceroquegli eroi?

  Il padre del fanciullo Origene era stato arrestato.Origene15 scrive una lettera, nella quale egli prega il padre

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15 ORÌGENE - Esegeta e teologo, nato ad Alessandria (185-254).

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Leonida di non venir meno alla sua fede per amore dellafamiglia.

 

Un ragazzo di dodici anni, Cirillo, è cacciato da ca-

sa dal padre per la sua fede cristiana. Il giudice pagano loprende e, per intimorirlo, lo minaccia dicendo che avrà ipiù terribili tormenti , invece Cirillo esclama: “Presto, pre-sto, donami il cielo”.

 

Potrei continuare a lungo con esempi commoventidell’eroico coraggio di quei primi cristiani.

 

E non soltanto nei primi secoli della Chiesa fu ver-sato il sangue per la fede, ma si può dire che gli eroi delCristianesimo non mancarono mai. Leggendo la storia tupuoi trovare mille esempi di uomini di carattere che profes-sarono la loro fede a costo di ogni sacrificio. Anche negliultimi tempi, là dove si è rinnovata la persecuzione allaChiesa di Cristo numerosi giovani della tua età hanno dato

coraggiosamente la vita per Cristo Re. 

Come dovrebbe arrossire, dinanzi a tali esempi, chiper timore di qualche sciocco schernitore tradisce la suafede!

  Sì, sii fiero della tua religione. Pensa alla meraviglio-sa trasformazione che il Cristianesimo ha compiuto nel

mondo pagano e a quella nuova corrente di vita e di civiltàche esso ha portato in mezzo agli uomini. Immaginati, perun istante, i nostri paesi senza il Cristianesimo; togli dallenostre città i capolavori dell'arte che da esso sono stati ispi-rati; le cattedrali, le opere di assistenza e di carità e quantosotto l’ispirazione cristiana si è compiuto in ogni camposociale; e allora tu comprenderai quale vuoto si formerebbe

togliendo dal mondo la Croce di Cristo.

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Giovane caro, fa una solenne promessa: Non vogliomai tradire la mia fede!

 

Non voglio cedere vilmente dinanzi a chi la disprez-

za!Professerò la verità a qualunque costo, ricordando

sempre le parole del Salvatore: Chi dunque mi riconoscerà da-vanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è neicieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinneghe-rò davanti al Padre mio che è nei Cieli  (Mt 10, 32-33).

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Capitolo III 

VIVI la tua FEDE

La visitazione (Domenico Ghirlandaio)

 Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste

(Mt 5, 48)

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 La vera religiosità 

S pero, oh giovane caro, che leggendo questepagine, sia sgorgata dal tuo cuore la preghiera: “Credo, ohSignore, accresci in me la fede. Voglio difendere, ad ognicosto, questo prezioso tesoro contro ogni insidia o nemicoche volessero rapirmelo. Voglio diventare un perfetto cri-stiano, degno del carattere glorioso che Cristo ha impressonell'anima mia”.

 

È giusto, dunque, che ora io precisi sempre più ilconcetto della vera religiosità e ti dica come tu debba viverela tua fede.

  La vera religiosità consiste essenzialmente in un in-timo omaggio dell'intelletto, del cuore, della volontà, ditutto il nostro essere a Dio. Non va confusa, dunque, con lo

sterile sentimentalismo che s'accontenta di qualche superfi-ciale impressione, di qualche lagrimuccia, che ama le pieemozioni provocate dalle suggestive armonie dell'organo inuna chiesa gotica, dalle vetrate colorate e dalle lunghe co-lonne che si perdono nelle volte semi-oscure, sentimentali-smo che non rivela un'interiorità religiosa e soprattutto neignora le pratiche esigenze.

 

No, la religione è qualche cosa di più profondo, dipiù serio, di più efficace.

  La religione è quanto di più nobile ed utile possiedel’umanità.

  Si è cercato di sostituirla con alcune speculazioni

filosofiche o sistemi etico-sociali; invano, perché soppressa

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la religione, perdono il loro vero significato le parole: virtù,onestà, dovere, coscienza.

 

Guarda alla vita dei più celebri eroi della Grecia

pagana: essa è intessuta di atti di grande coraggio e civichevirtù, ma insieme di debolezze, superstizioni e talvolta diabominevoli vizi. Si sente che in quelle vite, per quanto ce-lebri, manca qualche cosa: la luce della fede.

 

La vera religiosità avvicina l’anima a Dio, lacreatura al suo Creatore. Questo slancio dello spirito versoDio eleva l'uomo sopra le cose terrene e gli fa sentire meno

l'impeto delle passioni e le dolorose conseguenze della natu-ra umana decaduta.

 

Lo stesso Kant confessa che la religione è una medi-cina universale, indispensabile nelle dolorose vicende dellavita.

 

Intendi così la tua religiosità? Soprattutto sei con-vinto che essa non è un semplice ornamento di cui si puòfare a meno, ma qualche cosa di essenziale, di doveroso, dinecessario perché la vita abbia un valore?

Vita e Fede 

Non accontentarti di aver il nome cristiano, masappi vivere la tua fede.

  “Essere soldati”, diceva un grande generale, “signi-fica: ritardare di prendere il cibo anche se si ha fame; non

bere quando si ha sete; aiutare i camerati feriti anche se si èmolto deboli...”.

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Essere soldati di Cristo, significa non cadere nelpeccato quando si è assaliti dalla tentazione; fare il propriodovere anche se questo non sarà riconosciuto; servire Diocon l’adempimento fedele della Sua volontà, costi quel che

costi, sia nelle cose grandi come nelle piccole. 

È un eroismo il salvare qualcuno da una casa infiamme, o da un impetuoso torrente, ma di rado capitanotali occasioni, perciò è parimenti da lodarsi colui che,giorno per giorno, si assoggetta a piccole rinunce e sacri-fici per il bene del prossimo e per compiere fedelmente ilsuo dovere.

Che diresti di chi passasse le sue giornate sullasponda del fiume, in attesa che qualcuno vi cadesse dentroper poterlo salvare? Meglio sarebbe che egli non trascuras-se gli innumerevoli doveri che reclamano il suo tempo.

 

Il valore di un’opera buona non dipende unicamen-

te dalla sua grandiosità o difficoltà, ma dal sacrificio, dalladiligenza e dalla generosità con la quale si compie.

***

 

Certi giovani, che si dicono credenti, si ritraggonospaventati dai loro compagni più vivaci, vedendo nell'alle-gria, forse un po' eccessiva e clamorosa che dimostrano,

qualche cosa di colpevole.

  Essi non hanno il vero concetto della bontà. Gesù cidà l'esempio di un'amabilità che avvince tutti. I santi furonoi modelli più perfetti della vera letizia.

 

Essere credente, infatti, non vuol dire essere stra-

no. Il giovane veramente credente non parla molto dellasua religione, ma vive secondo essa. Non se ne vanta, ma

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neppure se ne vergogna. Tra i suoi compagni praticantiegli non vuole fare lo zelante, ma, nelle compagnie legge-re, egli non nasconde affatto le sue convinzioni.

 

Per molti giovani il sentimento religioso si riduce aqualche cosa di indeterminato. Credono sì che esista lonta-no lontano, sopra le nubi, un Dio che bisogna, di quando inquando, pregare perché se ne ha bisogno, ma non ne sen-tono il benefico influsso in tutta la vita.

  Il giovane che ha una fede viva non s’immagina Dioal disopra delle nuvole, ma lo sente dovunque presente, sen-

te che “in Lui viviamo, ci muoviamo e siamo”, e, neanchese lo volessimo, potremmo da Lui sottrarci. Vede in Luil’Amore infinito che ci avvince, la Bontà per essenza che asé attrae e lega con magnetica forza il cuore umano.

  Il giovane che vive la sua fede, non ha del Salvatoreun’idea fredda, accontentandosi di sapere dove Egli sia na-

to, come sia vissuto e morto; ma, per lui, Gesù è una RealtàVivente, il cui divino aspetto è impresso nella sua anima,che ne rimane infiammata. Senza di lui la vita gli sembraimpossibile, perché egli sa che Gesù è la Via, la Verità e laVita.

Ecco, caro figliolo, che vuol dire vivere la propriafede! L’hai tu sempre considerata così? Non restringerne il

valore e la portata, non sviarne il significato, ma informa latua vita ad una pietà intelligente, seria ed efficace.

***

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 Fede vissuta 

Una schiera di collegiali si avvia festosa per unalieta passeggiata nel bosco. È un magnifico mattino dimaggio che infonde nei cuori di quei giovani un senso digioia, che si manifesta nelle allegre risate, nello scambiovivace di frizzi, negli scherzi innocenti e nei lieti canti che sidiffondono nell’aria.

  La schiera si è già dispersa nel bosco a piccoli grup-

pi, quando quella serena letizia è turbata da un incidentespiacevole. Tra due alunni è sorta una lite; non mancaqualche offesa. I giovani si accendono sempre più ed infinevengono alle mani. Succede una scena disgustosa. Inter-vengono i compagni, ma oramai l’allegria di quella gita èguastata.

 

A mezzogiorno, tutti si raccolgono per la colazioneal sacco; tutti, fuorché uno e appunto uno dei due litiganti.

  In preda all'ira egli si è appartato dalla comitiva.

  Alla sera, quando i compagni sono raccolti in cap-pella per le orazioni, egli è ancora agitato dal rancore con-tro chi lo ha offeso.

  Si inizia la preghiera e un coro di voci giovanili faseguito alle parole del sacerdote: “Padre nostro, che sei neicieli...”. Ma quando quel giovane giunge alle parole: “ri-metti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostridebitori”, non è più capace di proseguire. Con il volto tra lemani, nel segreto tumulto del suo cuore ferito egli riflette al

dovere del cristiano perdono che quelle parole gli impon-gono e, dopo pochi minuti d'interna lotta, egli prosegue la

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sua preghiera: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li ri-mettiamo...”. Egli ha vinto.

***

 

Un altro ritratto.

  Dinanzi all’altare, nella cappella silenziosa, sta ingi-nocchiato un giovane. Una terribile burrasca si agita nelsuo cuore. Egli si è rifugiato ai piedi del Santo Tabernacoloper attingere da Gesù Eucaristia forza contro le sue penosetentazioni:

  “Oh Signore, Tu sei puro. Tu sei la purezza per es-senza... Tu sai che io non voglio essere cattivo, che non vo-glio macchiare l’anima mia. Il fuoco delle mie passioni av-vampa dentro di me, non mi da pace, né giorno, né notte;ma io, oh Signore, non voglio cedere...

 

Sembra che nelle mie vene il sangue scorra comelava infuocata e dinanzi alla mia fantasia il nemico dellamia anima presenta le più seducenti immagini che m'invi-tano alla resa; ma io, oh Signore, non voglio, non vogliocedere, no, no...”.

  Alla luce incerta della lampada, il Crocifisso sembraposare amoroso lo sguardo su quel figliolo fedele e dal San-

to Tabernacolo un torrente di luce inonda quell'animo gio-vanile che di là riparte con il cuore pieno di confidenza ecoraggio.

  Ecco, mio caro, cosa vuol dire vivere la propria fede.

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 Fede e progresso 

Una seria pietà non si oppone ad una vita bellaed operosa, e per conservare la grazia di Dio, condizioneessenziale per vivere bene, non devi rimanere indietro aglialtri.

  Questo libro non vuole certo intralciarti le più ardi-te e nobili conquiste della vita. No, mio caro, per quellareligione che io vorrei sempre viva e fervida nel tuo cuore,

io ti dico: se il Signore ti ha dato talenti per lo studio, ab-braccialo con entusiasmo per poter un giorno distinguertiin modo da trascinare col tuo esempio di scienziato o lette-rato credente anche altri ad amare e rispettare la religione.

  Se il Signore ti ha dato inclinazione e genio per learti, coltivale con amore, e possano le tue opere formare

l'orgoglio di quella religione che le ha ispirate; in una paro-la sia che tu diventi ingegnere, avvocato, artista o letterato,aspira sempre alla perfezione, per poter meglio diffondere ilbene che tu stesso hai ricevuto dalla religione.

  Opponi allo spirito del mondo, con virile coraggio,l’esempio di una vita perfettamente morale. Guardati dal-le mezze misure. Fedele al tuo dovere, fino al sacrificio,

non venir mai meno al primo dovere, quello cioè di buoncristiano, resistendo così contro l'influenza dannosa delmondo paganeggiante.

  In una delle campagne napoleoniche, dopo unabattaglia, il generale, mentre attraversava il campo rico-perto di caduti, scorse in mezzo ai cadaveri un giovane

ferito che pregava. Il generale s'arrestò meravigliato. “Chehai, camerata?”, gli chiese. “Ieri, rispose il giovane, ho

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combattuto, perché sono soldato; ora prego, perché sonocristiano”.

 

Il generale gli tese la mano: “Ecco il vero soldato!”.

 

Sì, adempiere il proprio dovere verso Dio e coscien-ziosamente fare tutto quello che la nostra condizione e vo-cazione ci richiedono nella vita: ecco il vero cristiano!

 Religione e carattere 

I l più bel gioiello che si possa ammirare sulla terraè l'uomo che ha un alto ideale da raggiungere e non si al-lontana dalla sua via; onesto e puro, gentile con tutti, mairremovibile nei suoi principi, in una parola: l’uomo di ca-rattere.

  Non aspiri tu, oh giovane, a diventare tale? Ebbene,la tua religiosità seria e profonda, formerà in te il vero ca-rattere.

 

Il giovane religioso ha coscienza della sua dignità,perché sa di essere figlio di Dio destinato ad un altissimofine.

  Io ho un'anima, egli pensa, che è ben più preziosadei beni terreni e che perciò devo preservare da ogni pecca-to ed elevare con nobili azioni. Io ho pure un corpo delquale devo aver cura e che non vorrò mai rendere schiavodi abitudini peccaminose, perché esso è il tempio dello Spi-rito Santo che, per la grazia, abita in me.

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Solo il giovane religioso può avere tale senso di di-gnità personale. Egli può camminare a testa alta, sulla ter-ra, perché sa chinarsi dinanzi a Dio. La religiosità e la buo-na coscienza non lo fanno, no, orgoglioso, ma lo rendono

coraggioso e fermo in mezzo alla fluttuante e debole mora-lità dell'ambiente in cui vive.

  Il giovane religioso non è opportunista. Non negafacilmente i suoi principi anche se è circondato da personeche dissentono da lui, non è superficiale con i superficiali,non dubita con i miscredenti, non deride con gli irrisoridella fede. Neppure si rende schiavo di mutevoli umori, ne

cambia da un momento all’altro di parere, ma conservasempre la sua linea di condotta. Sa obbedire piuttosto aDio che agli uomini.

  Il giovane religioso non è interessato. Egli non va incerca con ansia degli interessi materiali. Al disopra di essiconosce e apprezza i valori spirituali e soprannaturali. In-

vece che arricchirsi con mezzi illeciti, preferisce rimanerpovero; tutto sacrifica piuttosto che l’onore.

  Egli ogni giorno opera il benessere della sua vitaterrena, ma il suo cuore, che è creato per Iddio, non si at-tacca ai beni di questa terra.

  Il giovane religioso non è egoista. Egli veglia sui suoi

istinti e desideri e li sa dominare. Sa che ci son altri uominisulla terra e che non deve pensare soltanto a se stesso, e,quando le circostanze lo permettono, non manca di aiutareil suo prossimo. Il suo più grande piacere è di far lieti glialtri e nelle relazioni sociali è cortese e premuroso. Lavora,studia, cerca di progredire, ma sempre con mezzi leciti emai vuole raggiungere il suo scopo facendosi sgabello delle

spalle altrui.

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Il giovane religioso non è burbero né scortese. Lasua anima è in ordine davanti a Dio e perciò meglio di ognialtro, ha diritto di essere felice. Se qualche volta ha motivodi rimproverare i suoi amici, lo fa amorevolmente e, con

ciò, tutto finisce senza serbare rancore nel cuore. Egli èsempre gentile e premuroso.

  Il giovane religioso non è pessimista. Molte volte glianimi giovanili sono soggetti allo scoraggiamento di frontealle prime dolorose disillusioni e alla vista dei dolori umani.La vera religiosità preserva da tale pericoloso scoraggia-mento perché, in mezzo al grande male che dilaga nel

mondo, ci fa vedere anche il bene e le anime nobili e gran-di.

 

“L'uomo religioso, dice uno scrittore, è come l’uc-cello che canta anche se sotto di esso si rompe il ramo, poi-ché sa di avere le ali”.

 

La religione è come l’ala che ci solleva sopra le no-stre miserie ed i mali terreni.

  Il giovane religioso non ha vane illusioni. Egli ha deinobili ideali, ma non si sgomenta se vede che qualche voltanella vita, non potendo aver meglio, bisogna accontentarsidel bene possibile.

 

Il non poter subito ottenere il successo desideratonon lo scoraggia e non gli toglie la pace e la serenità.

 

In una parola il giovane religioso è veramente l’uo-mo di carattere di cui il mondo oggi ha tanto bisogno.

 

Così il Santo Padre Pio XI definisce il giovane

ideale: “Quando si parla di gioventù, si pensa sempre adun essere bello, lieto, sano, forte, nella gioia della vita. Ma

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il giovane cattolico esprime qualche cosa di più e di me-glio; egli vuole essere un giovane che, oltretutto e soprat-tutto è puro, onesto, devoto, laborioso e conscio del dove-re, fedele, fermamente fedele a tutti i doveri verso Dio e

verso gli uomini; fedele e fermo come una roccia. E finchéun tal giovane è così, è pur così la più bella e la più sicurasperanza d’avvenire per la Patria e per la Chiesa, per laReligione e per la Società”.

Scegli  

S e a molti uomini d'oggi si domandasse: “Dim-mi, amico, perché tu sei cattolico?” si riceverebbe questarisposta: “Perché lo erano i miei genitori”.

 

Una tale risposta non deve mai uscire dal tuo lab-

bro. Quando tu sarai adulto, devi poter dire francamente:“Sono cattolico, perché io voglio esserlo; perché è mia inti-ma e viva convinzione che la fede cattolica contiene unadottrina infallibile, divina; perché ho constatato che da essami viene forza alla volontà e pace all’anima.

  Sono fiero di possedere questo prezioso tesoro econvinto che nessun'altra religione risponde più efficace-mente alle aspirazioni dell'animo umano.

  Credo nella sua divina origine e ne vedo una con-ferma nel fatto che essa ha saputo formare i migliori, i piùdegni e i più nobili uomini.

 

Stimo la mia fede perché non soltanto essa regola le

azioni esterne, ma controlla pure i segreti pensieri e aiuta avincere le sregolate passioni.

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Non può essere umana invenzione una religioneche, nonostante la sua austera morale, ha saputo avvinceretanti milioni di uomini”.

*** 

Sì, oh giovane, io spero che un giorno tu potraiparlare così.

 

Al tempo dei primi cristiani, viveva un soldato ro-mano di nome Mario, il quale, per il suo valore, era chia-mato: vitis militaris. Conseguì presto il diritto ad un posto di

comando, ma, al momento di esserne investito, venne fuoriun soldato suo competitore, che lo accusò di essere cristia-no. Fu posto a Mario il quesito ed egli, senza negare, chiesetre ore di tempo per riflettere.

  Si recò subito dal vescovo per chiedere consiglio. Ilvescovo accompagnò il bravo soldato in chiesa e, presa la

spada, che egli aveva al fianco, con una mano e tenendonell'altra il Vangelo, gli disse: “Scegli: la fortuna terrena o ilVangelo, la vita o la morte”.

  Il soldato stese la sua mano al Vangelo. Non aspettòche trascorressero le ore richieste e si recò subito dal tribu-no. Egli fu giustiziato.

 

“Scegli”, ti dirà ogni giorno la vita con le sue innu-merevoli lusinghe deridendo forse le rinunce a cui ti sotto-poni per conservarti buono.

  Scegli tra il mondo con le sue seduzioni e la vita au-stera del dovere e della virtù che Cristo ti ha tracciato.

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Scegli, oh giovane, tra le comode teorie filosofichedi spiriti indocili e la dottrina di Cristo che la Chiesa ti hatramandato.

 

Scegli tra i film volgari o immorali, gli spettacoli, iballi licenziosi, le libere amicizie ecc. e la mortificazioneche una vita pura richiede.

  In una parola vuoi tu, oh mio giovane amico, esseredel numero dei più, che si uniscono a servizio delle passionie del mondo, o vuoi, a fronte alta e serena, con il cuore pu-ro e l’occhio fisso ad un sublime ideale di carità e fede, per-

correre il cammino che la Provvidenza ti ha tracciato per lasalvezza dell’anima tua, per la gloria di Dio, per il bene delprossimo e per la vera grandezza della tua Patria?

 Alla vetta  Una parola, prima di chiudere questo capitolo,su quelli che ben possono dirsi gli esempi più fulgidi di fedevissuta: i Santi.

  Quando un giovane sente parlare di santità e di san-ti, prova un senso di sbigottimento e pensa agli eroi cristianicome ad esseri di natura diversa dalla sua, degni di ammi-razione, non già di imitazione.

 

Ma che vuol dire santità e che significa divenir san-ti? La santità non sta nell'appartarsi dal mondo, ma nel sa-perlo dominare; santità è l'immensa forza spirituale del-l'anima che vince la materia; santità è la giusta compren-

sione del valore della vita. I Santi sono eroi, eroi della vera

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libertà dello spirito, che giungono a Dio dopo aver trionfatosulle umane passioni.

 

Non ha, dunque, niente a che fare con la santità,

l'andare con il collo torto, con l’aria triste, il fuggire da ma-linconici misantropi il consorzio umano. No, no. Il Santo èqualche cosa di meglio, egli è un eroe che ottiene le più no-bili vittorie su se stesso ed insegna a qual punto di perfezio-ne possa giungere l’uomo, corrispondendo con generosavolontà alla grazia di Dio.

  Ti piacerebbe, oh giovane, diventare un simile eroe?

Ti sembra troppo alta l'aspirazione? Dici che mai tu potre-sti raggiungere codesta meta? Non devi dimenticare chel'essersi sforzato per raggiungere l’ideale è già una magnifi-ca vittoria. Quanto più alta è la meta a cui si tende, tantopiù noi saliamo.

 

L’imitazione dei Santi ci fa progredire nella via della

perfezione. I Santi adattano, per così dire, gl'insegnamentidel divino Maestro alle circostanze della vita quotidiana, nediventano esempi viventi e c’insegnano la maniera di ren-dere meritoria la nostra vita. Da tali esempi ne viene unaforza potente alla nostra debolezza, incoraggiamento allanostra volontà e la convinzione che, non solo possiamoammirare Gesù Cristo, ma che possiamo imitarlo efficace-mente in qualsiasi condizione di vita. San Luigi, San Stani-

slao, San Giovanni Berkmans, si santificarono come studen-ti; Santo Stefano d'Ungheria si fece santo su un trono rega-le; San Emmerico, tra gli splendori della corte principesca;San Martino, nelle vicende della guerra.

  Nella vita dei santi incontriamo talvolta certe azionieccezionali che destano la nostra ammirazione, ma che non

ci sentiamo di imitare, come per esempio le penitenzestraordinarie di alcuni di loro. In tal caso noi dobbiamo

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distinguere tra il fatto eccezionale, che certo non può essereda tutti imitato, e lo spirito che lo ha suggerito. Nessuno,per esempio, si sentirebbe d’imitare gli stiliti che rimaneva-no per anni su una colonna, ma potrai bene imitare la loro

meravigliosa forza di volontà, l’eroismo e la mortificazionedi se stessi.

Onora i santi!

 

Di quando in quando noi leggiamo che, in questa oin quella città, si è innalzato un monumento a qualche arti-sta o scienziato e, se l’uomo ha raggiunto una fama ecce-

zionale, si raccolgono le sue reliquie e gli oggetti che gli so-no appartenuti e vengono messi in un museo.

 

Va bene rendere onore ai grandi, ma quanto piùnon dovrebbero essere onorati gli eroi della virtù, che cifanno intravedere l'eterna bellezza, e nei quali, come in unospecchio, possiamo ammirare l’immagine di Dio!

 

Coraggio, giovane amico, non temere di aspiraretroppo alto. È proprio dei giovani il concepire piani arditi, èdei giovani la generosa dedizione che non bada ai sacrifici.Oh! se tra i miei lettori qualcuno almeno sentisse questanobile aspirazione: voglio farmi santo; si rivolga fiduciosoall'Autore della Grazia che sorreggerà la sua debolezza.

 

Sant’Agostino16, il grande pensatore cristiano, chenella sua giovinezza s'era dato ad una vita scorretta, va-gheggiò questo ideale di perfezione e di santità e, senza sco-raggiarsi per il suo passato, guardando alle radiose figuredei santi che illustrano la Chiesa, esclamò: “Si isti et istae, curnon ego?” ; e divenne il più dotto dei santi ed il più santo dei

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16 SANT'A GOSTINO (353-430), Padre della Chiesa, filosofo e teologosommo, nato a Tagaste in Numidia, Vescovo di Ippona.

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dotti. Ripeti, oh giovane: “Se questi e queste divenneroSanti, perché non posso divenirlo anch'io?”

 

La vita della santità è aperta a tutti e ad essa ci invi-

ta il Divino Maestro: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5, 48).

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Capitolo IV  La VITA  dell’A NIMA 

La predicazione di Giovanni il Battista (Giovanni Tiepolo)

Vegliate dunque,

 perché non sapete in quale giorno

il Signore vostro verrà (Mt 24, 42)

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Tre domande 

Una carovana europea vagava sperduta attraver-so le aride sabbie del deserto, avendo smarrita la via. Spos-sata dalla fatica, quella povera gente a mala pena potevatrascinarsi. Quand'ecco, da un piccolo rialzo di sabbia,sbucò fuori una compagnia di beduini, che s’avvicinò subi-to agli insoliti viaggiatori, l’incontro fu emozionante. Il ca-po dei beduini comprese la tragica condizione in cui quegliinfelici si trovavano: “Chi siete?”, chiese, “da dove venite?

Dove volete andare? ...”

  Tu pure, oh giovane, nel deserto della vita sarestiuno sperduto, se non riflettessi alla via che devi seguire.

  Chi sei tu? Da dove vieni? Dove andrai a finire?Gravi quesiti sui quali tu devi seriamente meditare, perché

dalla risposta che tu ad essi darai, dipende la tua eternafelicità.

  Innanzi tutto: chi sei tu?

  Poco interessa il tuo nome e la tua condizione; chisei tu, oh tenero virgulto dell'albero secolare dell’umanità?Tu sei un giovane, al quale si apre dinanzi la vita e che ha

un compito da svolgere su questa terra.

  Da dove vieni?

  Prima che questa casa, questa stanza dove stai leg-gendo questo libro esistessero, dov’eri tu? ...

 

Dove vai?

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Dove sarai fra cento anni? Quando tu sarai scom-parso, ancora esisterà questa stanza, dove forse un altroleggerà, ma quello non sarai certamente tu. Dove dunquesarai?

 

Vedi, mio caro, come sono serie queste domande.Ricorda che l’umanità invano si è affaticata a cercare altrarisposta che tranquillizzasse il suo spirito, all'infuori di quel-la che viene dalla Religione. Dov'eri cento anni fa? Nelpensiero di Dio. Dove sarai fra cento anni? Oh, che tu pos-sa esser degno di trovarti al Suo cospetto!

 Da Dio a Dio 

I o vengo da Dio e a Dio devo ritornare.

Vivo per servire Dio e muoio per andare da Lui.

 

Oh, se si pensasse più spesso a queste sublimi verità!

Tu dirai che sono malinconie, che si deve godere lavita senza tante preoccupazioni.

  E chi ti dice che riflettere su questi problemi ama-reggi la vita? Essi anzi le danno un'intonazione più seria edun valore. Sii dunque sorridente e lieto, ma non leggero edincosciente, perché la vita non è un sogno, bensì una seriarealtà piena di conseguenze e di gravi responsabilità.

***

 

Io sono venuto a questo mondo. Vivrò quaranta,cinquanta, sessanta anni... poi dovrò lasciare questa terra.

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La scienza insegna che una volta la terra eraun’immensa massa infuocata. Nessun essere vivente potevaallora esistere su di essa. Come poté comparire dunque ilprimo essere vivente sulla terra, appena che la sua crosta si

fu raffreddata? Può la materia inanimata produrre alcun-ché di animato? La scienza e la filosofia insegnano che ciò èimpossibile. Forse che la vita venne a noi da qualche stella?Ciò non farebbe che spostare la questione; come infatti essagiunse a quell’altro astro? “Oh uomo, da dove vieni?” tiripete la grave domanda.

  Mi rivolgo al filosofo, ed egli, risalendo da effetto a

causa, mi conduce necessariamente ad una Causa Prima,ad una Mente ordinatrice da cui tutto ha avuto origine.

 

E qual è questa Causa Prima, questa Mente ordina-trice? Al mio spirito assetato di verità risponde la religioneadditandomi il Padre Celeste, infinitamente buono, a cuitutto dobbiamo.

 

Tu vieni da Dio. Egli tutto ha creato e tutto regge egoverna.

  E allora, se Egli mi ha creato, se da Lui io sono ve-nuto, a Lui devo ritornare. La mia anima mi fa intimamen-te sentire che questo, e non altro, deve essere il mio fine. Lamia aspirazione al bene, al vero, al bello non trova un og-

getto che la possa pienamente appagare all' infuori di Dio.“Per Te ci hai creato”, esclama Sant’Agostino, “ed è inquie-to il nostro cuore, finché in Te non riposa”.

  In me non è tutto materia, compio, infatti, certeoperazioni che richiedono un principio spirituale.

 

Io ho un’anima e questa anima è immortale.

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Io la porto in un vaso assai fragile, lungo una viapiena di pericoli e di insidie, in mezzo a nemici che cercanodi rapirmi il mio tesoro.

 

Deh! Che io possa salvarla ad ogni costo per la vitaeterna alla quale è destinata.

  Che importerà che tu, su questa terra, abbia avuto ilcapo circondato da una corona regale, o che tu sia stato unsemplice operaio? Una sola cosa avrà valore: la maniera,cioè, in cui tu avrai compiuto quella missione che il PadreCeleste ti ha affidato donandoti la vita.

  Nell'armata di Dio ci sono svariati compiti, la Suavigna è grande e molti, in essa, sono gli uffici. È indegnodel premio solo colui che non vuol fare il suo dovere, picco-lo o grande che sia; colui che sciupa i doni di Dio e fa dellavita un tempo di piacere.

 Perché io vivo?  Guarda attorno a te. Gli uomini s’affannano

ogni giorno per procurarsi il pane, per rendere meno peno-sa la loro esistenza e così vanno innanzi per trenta, quaran-ta, cinquanta anni in una corsa vertiginosa, verso che cosa?Verso la morte. E giunti alla fine, potranno dire di aver avu-to uno scopo nella vita e di averlo raggiunto? Domandapiena di mistero e piena di conseguenze. Un uomo che du-rante la sua vita non aveva fatto altro che andare in cercadel piacere, esclamò sul suo letto di morte: “Sulla mia tom-ba mettete questa scritta: Qui giace uno, che ha lasciato il

mondo, senza sapere perché egli era su questa terra”.

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Oh stolto! Perché brilla il sole? Per riscaldare, perilluminare. Perché cade la pioggia? Per fecondare i campi.Tutto, tutto sulla terra ha uno scopo.

 

E perché vive l'uomo? Solo questo essere non avràalcuno scopo? È possibile che la Divina Sapienza, che tuttoha creato con ordine e misura, abbia lasciato proprio l'uo-mo, la creatura più nobile uscita dalle Sue mani, in balìa dise stesso e senza un fine?

  Schopenauer, il filosofo dell'idealismo romantico edel pessimismo, nega che tale fine si possa conoscere: “Vi-

vere, egli dice, porta con sé la parola nebbia; né la filosofia,né le scienze mi possono dire perché vivo”.

 

E chi dunque me lo potrà dire?

  Oh, prendi in mano un semplice Catechismo e legginelle prime righe la soluzione al grave quesito:

 

“Noi siamo stati creati per conoscere Iddio, peramarlo, per servirlo quaggiù e poi andarlo a godere inCielo”.

 

Quanta sapienza in queste poche parole! Un nuovoorizzonte si apre dinanzi a te, perché tu veda un fine vera-mente degno orientato a vivere e a lottare quaggiù.

  L'ansia di accumular denaro, la sete del piacere di-sordinato non sono lo scopo dell'esistenza, ma la dolorosacondizione dell’umanità decaduta. Dobbiamo tendere piùsu, dobbiamo lottare contro queste tendenze a costo di qua-lunque sacrificio, perché solo così potremo giungere al veroBene che formerà un giorno la nostra eterna felicità.

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Carlo il saggio, re di Francia, pose un giorno su diun tavolo la corona e una spada e fece chiamare suo figlio.

 

“Scegli” egli disse.

 

Il principe, senza esitazione, afferrò la spada edesclamò: “Con questa io voglio acquistarmi la corona”.

  Anche tu esclama con coraggio nella lotta e nel sa-crificio: “Con la mia vita fedele a Dio io voglio guadagnareuna corona immortale”.

***

  L’uomo tende istintivamente alla felicità. Il fanciullocerca la gioia nel gioco, il giovane nel divertimento, l’adultonel denaro, ma nessuno può dire di essere veramente felice.No, non è felice chi ha accumulato molte ricchezze, perchévive in continua trepidazione di poterle perdere.

 

Non è felice chi è immerso fino agli occhi nel fangodel vizio, perché, trascorsi quei brevi istanti di ebbrezza, lasua anima resta amareggiata e avvilita. Chi è dunque ve-ramente felice? Sarà l’uomo destinato a rimanere semprecon la sua sete insoddisfatta?

  Un giorno, Carlo IX, re di Francia, chiese a Tor-

quato Tasso: “Chi pensi che sia l'essere più felice?”

  “Dio”, rispose il poeta.

  “Va bene, e tra gli uomini?”.

 

“Colui che è più simile a Dio”.

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“Bene, e come potremo noi rassomigliare a Dio?Forse con la potenza, con la grandezza?” domandò il re.“No, rispose il Tasso, con l’esercizio delle virtù”.

 Allerta!  

L’ unico ostacolo che tu incontrerai nella via cheti deve condurre a Dio, l’unico nemico, contro il quale tudevi combattere, è il peccato.

  Il peccato, il peccato! Ecco il grande nemico. Nonperdere alcuna occasione per fare il bene, ma nello stessotempo, sii vigilante contro le tentazioni che potrebberotrarre la tua anima al peccato. Deh! Che la tua pace inte-riore non sia mai turbata dall'offesa a Dio.

 

Figliolo, che l’anima tua non cerchi mai la pace inquei bassi piaceri che ti procura la colpa. La dolcezza che tialletta è all'orlo del vaso, mentre nel fondo ti attende l’ama-rezza del rimorso e del disinganno. Se verrà la tentazione (echi ne è esente?), se il peccato cercherà di sedurti, pensa alprezioso tesoro che possiedi nella tua anima: alla grazia, edì a te stesso:

 

“Non farlo, non farlo, sarebbe una vergogna. Il pec-cato con mano rapace, mi porterebbe via la pace, mettendoa repentaglio la mia eterna salvezza”.

  Nell'isola di Giava c'è un insetto che secerne un li-quido dolce con il quale alletta le formiche. Appena questel’hanno assaggiato, diventano preda del loro nemico.

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Lo stesso fa il peccato. Esso offre, innanzitutto, algiovane la gioia ed il piacere e così lo stordisce e quandoegli è diventato suo schiavo, gli ruba l’intera pace e lo lasciain preda al rimorso della coscienza.

 

La nostra lotta non deve arrestarsi neppure dinanziai peccati leggeri, né alle piccole omissioni, che forse, in unprimo momento, sembra non debbano influire sull’anima.

 

Un piccolo raffreddore è cosa da poco, ma se lo tra-scuri, può degenerare anche in una polmonite. Una favillaè niente, ma, se non la spegni, può provocare un grande

incendio. Un pugno di neve è ben poca cosa, ma, quandocomincia a rotolare per il pendio, diviene valanga devasta-trice. E vorrai tu dire che è cosa da poco il peccato veniale?

  Un imperatore romano aveva un grazioso cervo.Perché nessuno gli facesse del male, gli appese al collo unacatenella d’oro con un cartellino su cui stava scritto: non mi

toccare, appartengo all'imperatore. 

Giovane caro, quando viene la tentazione respingilacon queste parole: non mi toccare appartengo al Salvatore.

 Peccato o tentazione?  

T i ho messo in guardia contro il peccato, che èl’unico vero male che può colpire la tua anima, ma vogliod'altra parte tranquillizzarti nei riguardi di ciò che, nono-stante le apparenze, non costituisce colpa alcuna: cioè latentazione.

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Hai tu la natura che ribolle per un temperamentotroppo sensibile? Non ti spaventare: ciò non costituisce al-cun peccato. Numerose tentazioni ti affliggono? Non per-dere per questo la tua pace: neppure qui sta il peccato.

 

Se tu lotti contro i tuoi cattivi istinti, uscirai dallalotta rinvigorito e ricoperto di merito.

  “Ma se io sono così tormentato dalle mie passioni?”.

  Non importa; l’indole soggetta agli attacchi dellepassioni costituisce un pericolo qualora tu ti abbandoni a te

stesso, ma diventa motivo di merito se tu sai mortificarti.

  Tutti i grandi uomini hanno avuto violente passioni;anche i Santi le avevano, ma hanno saputo dominarle conl’energica volontà, usandole a servizio del loro ideale. Leggiquello che scrive S. Paolo nella sua lettera ai Romani quan-do si lamenta della lotta violenta che egli deve sostenere

contro il suo nemico interiore: Io non riesco a capire neppure ciòche faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto.Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona;quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io soinfatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me ildesiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non com- pio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quelloche non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.

 Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il maleè accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, manelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge dellamia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle miemembra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votatoalla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostroSignore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne

invece la legge del peccato. (Rm 7, 15 - 25).

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Ecco come S. Paolo descrive, in termini toccanti, leproprie ansie interne. Tu vedi perciò che non è peccato latentazione, ma la dedizione della volontà. Il combattereinvece contro i cattivi istinti costituisce per noi uno dei più

grandi meriti.

 Dio vede tutto 

Ricordo che visitando un collegio, vidi appesi

alla parete vari cartelli con questa scritta: Dio mi vede.

  Serio monito per i giovani abitanti di quell'istituto, aricordare in ogni istante, anche quando potevano ritenersifuori della sorveglianza dei superiori, che l’occhio di Dio liseguiva dovunque.

Non vi è pensiero che meglio di questo giovi nelmomento della tentazione. Bisogna perciò penetrarne ilnostro spirito, ravvivando in noi questo sentimento di fedenella presenza di Dio.

 

Quanto è bello, nei momenti di difficoltà o di tri-stezza, quando l'anima è scoraggiata, o si trova in pericolo,pensare: Oh Signore, Tu sei a me vicino, non è vero che Tunon mi abbandonerai? Come il soldato combatte più valo-rosamente sotto lo sguardo del comandante ed il fanciullostudia con più buona volontà accanto al padre, così io lotte-rò con più coraggio, se so che non sono abbandonato a mestesso, ma che Dio è con me.

 

Santa Teresa, quand'era afflitta dalle avversità sole-

va esclamare: Egli sa tutto, può tutto, e mi ama. Se la ten-tazione cerca di sedurti, o, violenta, vuole sopraffarti, ripeti

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con Giuseppe d'Egitto: Come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?  (Gn 39, 9).

 

Sì, giovane caro, quando stai per fare qualche cosa,

dovresti dire: “Signore, questa azione è di tuo gradimento?Dammi la tua benedizione”. Che se la coscienza ti dicesseche invano tu invochi la divina benedizione, perché quel-l'azione non è secondo il Divino volere, per quanto a tepiaccia, astieniti dal farla.

  In un mio viaggio, seguii l'itinerario New York –New Haven. La Direzione delle Ferrovie locali si preoccu-

pava che i suoi dipendenti fossero veritieri quanto più erapossibile. A tale scopo, li faceva sorvegliare da speciali poli-ziotti segreti. Un ferroviere chiese, una volta, il permesso dirimanere a casa per un lutto di famiglia. Quando egli, ilgiorno seguente, ritornò in servizio, il suo superiore gli mo-strò un'istantanea che riproduceva lo stesso ferroviere, nonal seguito d'un funerale, bensì in allegra compagnia.

Immagina come rimase quel povero uomo.

  L’occhio di Dio vede ben più addentro della mac-china fotografica: riflettici, oh giovane.

  Virgilio dice a Dante nel Purgatorio: Anche se tuavessi cento maschere, i tuoi pensieri non mi resterebbero

nascosti. Così Dio può ripetere a noi: Ogni azione, ogniparola, ogni segreto desiderio mi sono noti e un giorno sa-ranno resi manifesti.

  Dio mi vede. È un pensiero salutare che deve tener-ci lontani dal peccato ed allo stesso tempo incoraggiarci acamminare nel sentiero della virtù.

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Noi ci muoviamo sotto lo sguardo di Dio, come inmezzo all'aria che ci circonda o alla luce che ci investe.

Chi può l’onniveggente

 L’onnipresente tua virtù fuggire? Tu solo sei.(Savonarola, La vita)

  L’umile contadino che è penetrato da questo senti-mento di fede, di quando in quando solleva dal suo campogli occhi in alto, con lo sguardo riconoscente, come in unasilenziosa preghiera al Creatore. Implora il Suo nome il

morente, lo lodano i giusti e lo temono i peccatori; il com-battente piega dinanzi a Lui il ginocchio prima della batta-glia; i re depongono le loro corone ai suoi piedi, né vi èluogo o tempo, o circostanza in cui l’anima umana possasottrarsi al suo Dio.

***

 

Seneca racconta che una volta, dinanzi alla tendadel re Antigono, due soldati parlavano tra loro mormoran-do e giungendo a schernire perfino il re. Improvvisamenteegli uscì fuori e disse ai soldati sgomenti: “Andate almenoun po' più lontano, perché io non senta quello che dite”.

  Tra me e Dio, il mondo fa come da velo. Io non ve-

do con i miei occhi il Signore, ma Egli mi vede e mi ode.

  Io non posso però “andare un po' più lontano”. Do-ve, infatti, io potrei nascondermi per essere libero di com-mettere la colpa?

 

Federico il grande visitava un giorno la scuola di un

paese del Brandeburgo. Era l’ora della geografia.

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Il re domandò ad un ragazzo dove fosse il suo paese.

  “In Prussia”, rispose il fanciullo.

 

“E dov'è la Prussia?” chiese nuovamente il re. 

“In Germania”.

  “E la Germania?”.

  “In Europa”.

 

“E l’Europa?”.

  “Nel mondo”.

  “E dov’è il mondo?” fu l'ultima domanda. Il ragaz-zo rifletté un istante, poi diede questa risposta: “Il mondo ènelle mani di Dio”.

 

Quel fanciullo aveva risposto esattamente. Vera-mente in Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (At 17, 28).

  Se tu in tutto vedessi e sentissi la potenza e l’amoredel tuo Dio, quanto più facile e bella sarebbe la tua vita!

  Quando la tempesta scuote gli alberi fin dalle radici

e tutto intorno lampeggia, mentre lontano brontola il tuo-no, impara ad esclamare: “Signore, Tu sei qui: quanto seigrande! Io t’invoco”.

  E quando tu senti il Suo Nome santo vilipeso, sappiesclamare: “Signore, Tu che tutto senti, sii benedetto”.

 

E se, nel segreto della tua stanza, gli ardenti istintie le passioni ribelli allo spirito ti muovono guerra, sappi

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pregare: “Signore, Tu sei qui, Tu vedi la terribile lotta cheio devo sostenere, aiutami affinché io non cada”.

 

Quando il tentatore a te s’avvicina e ti dice: “Chi ti

vede? Qui tutt'intorno è oscurità e nessuno è presente, chedevi temere?” rispondi con le parole della Scrittura: “Gliocchi del Signore sono miriadi di volte più luminosi del sole; essi vedo-no tutte le azioni degli uomini e penetrano fin nei luoghi più segreti”  (Sir 23, 19).

Confidenza in Dio 

L a leggenda greca riferisce del nocchiere Ulisse,che non aveva paura di nessuno all’infuori delle sirene.Erano queste, secondo la leggenda, degli esseri misteriosiche con i loro canti attiravano i naviganti presso un'isoletta,

tutta scogli, ove tutti sprofondavano nei gorghi, ed eranocosì sacrificati.

  Ulisse, quando dovette avvicinarsi all’isola insidiosa,chiuse con la cera le orecchie dei suoi marinai, mentre eglistesso si fece legare all'albero della nave. Così poté passaroltre quella posizione dove già centinaia di uomini avevanoperduto libertà, felicità e vita.

  Sono per te, oh giovane, pericolose sirene gli istinticattivi della tua umana natura e gli innumerevoli pericolidai quali sei circondato. Nella vita tu sarai vittorioso se noncederai alle seduzioni del male e ti terrai ben stretto al le-gno santo della Croce.

 

“Tutto con Dio e niente senza di Lui”. Fa che que-sto pensiero metta profonde radici nella tua mente, perché

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l’ingresso nel mondo dei nostri progenitori:  Dio creò l'uomoa sua immagine; a immagine di Dio lo creò (Gn. 1,27).

 

Nella natura noi troviamo soltanto le tracce di Dio,

l’uomo invece ne è veramente il ritratto. Ritratto per lasua anima spirituale ed immortale, per il suo intelletto,per la sua libera volontà e soprattutto per la grazia divinache è in lui.

 

Come il piccolo ruscello, che zampilla dalla roccia,si apre la via tra i sassi e non s’arresta finché non giunge agettarsi nell’immenso mare, così la mia anima, che viene da

Dio, non s’acquieta finché, al di là di queste vicende terre-ne, oltre le prove e le tentazioni, finalmente potrà riposarenell’eterna pace.

  Un principe chiese a Benedetto XI una cosa che ilPapa non poteva concedere: “Se io avessi due anime, potreipermettervi quanto mi chiedete; poiché ne ho una sola, ciò

non mi è possibile”. 

Se io avessi due anime, potrei anche andare incon-tro al pericolo dell’eterna dannazione, ma io non possiedoche un’anima sola.

  Un’anima sola, ma quale prezioso tesoro! Quandomi guardo in giro e ammiro gli splendori del creato, le crea-

ture sembrano tutte parlarmi della magnificenza di Dio,della Sua potenza, della Sua sapienza e del Suo amore: mase io ammiro l'uomo, devo confessare che in lui il Signoreha versato i Suoi tesori con maggior larghezza che nellosplendore delle innumerevoli stelle del cielo, o nelle bellezzedella terra.

 

La psicologia che investiga l'immenso campo dell’at-tività dell'anima, desta sempre la nostra ammirazione verso

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il Creatore a cui tutto dobbiamo, ma ancor più nobile ciappare l’anima umana, quando noi pensiamo che in essaabita Dio stesso con la sua grazia e che è, si può dire, iltempio dello Spirito Santo.

 

Hai mai riflettuto all'immenso valore di queste paro-le? Essere tempio dello Spirito Santo! Esse significano: rice-verne i doni preziosi; la prudenza per conservarci nella fe-de, la fortezza per adempiere il nostro dovere, la sapienzaper conoscere quel che Dio vuole da noi, la giustizia perregolarci nelle nostre relazioni con il prossimo, ed infine iltimore per essere a Dio fedeli. È così che l'immagine di Dio

sempre più s’imprime nella nostra anima e siamo fatti parteci- pi della natura divina (2 Pt 1,4).

 

Ti sembra che tutto questo sia un’esagerazione? No,mio caro, rifletti. Ci fu un tempo in cui nessun uccello vola-va nell'aria, nessun pesce nuotava nell’acqua, e Dio esiste-va. Vi fu un tempo in cui nessun ruscello mormorava, nes-

sun prato si stendeva come verde tappeto ai raggi del sole,né brillavano ancora le stelle, né mari, né terre esistevano, eIddio era. Migliaia di anni per Lui sono come un solgiorno; né in Lui vi è ombra di mutamento. Egli è l’Eterno.

 

Ebbene, la tua anima, in una certa maniera, rasso-miglia a questo Dio sublime. È vero che l’anima umana haavuto principio, ma essa non avrà mai fine. Tutto muore,

tutto passa. L’anima no; centinaia e migliaia di anni passe-ranno e l’anima tua vivrà. Gli uomini moriranno e l’animatua vivrà...

  E come vivrà essa? Nell’eterna felicità vicino a Dioo nell’eterna pena lontana da Lui.

 

Coraggio, dunque, giovane caro, sappi sacrificarequalunque cosa per la salvezza della tua anima, non

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ascoltare la voce menzognera del mondo, non badare allesue lusinghe, ma fidati del Signore che per salvarti è mor-to sulla Croce.

 

Nel tesoro del re dei Persiani c’era un diamante dieccezionale valore. Nessuno poteva valutarne il prezzo: ilsuo valore era inestimabile.

  Quando, durante la guerra, i Russi si avvicinaronoai Persiani, questi si affrettarono a mettere al sicuro il loroprezioso tesoro.

 

Giovane caro, hai eguale cura per la tua anima chevale più di tutti i tesori del mondo?

 

Demostene, portato in ostaggio da Atene a Filippo,re dei Macedoni, lodava una volta con parole entusiaste labellezza della sua Atene, descrivendola come la più bellacittà del mondo.

 

Filippo pregò il prigioniero che disegnasse unoschizzo della città. Quando il re lo vide, esclamò con en-tusiasmo: “Questa città deve diventare mia a qualunquecosto”.

  Tu devi conquistare una città molto più bella: ilregno dei cieli, che sarà la tua patria per tutta l'eternità.

Ripeti anche tu: “Il Paradiso deve essere mio a qualunquecosto”.

***

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 Per sempre!  

Gli uomini vogliono tutto assicurare: la loro casacontro l'incendio, la loro salute contro gli infortuni, le mercidelle navi contro i naufragi, le campagne contro la grandi-ne e così via. E l'anima? Hai tu assicurato la tua anima con-tro l’eterna dannazione?

  Figli amorosi e fedeli di Dio, dobbiamo amare contutto il cuore il nostro Padre Celeste. Questo solo motivo

dovrebbe bastare a conservarci buoni, ma è tanto debole lanostra natura che difficilmente potremmo trionfare sulleterribili tentazioni da cui siamo assaliti, se a questo princi-pale e nobile motivo non fosse congiunto anche il pensierodel rendiconto che dobbiamo alla Divina Giustizia.

  Essere condannati al fuoco eterno. Quale terribile

sorte! Oh, no, io sento di essere creato per un’eterna vitafelice e voglio raggiungere questa eternità beata. Quanto dibello ho ammirato su questa terra, le meraviglie della natu-ra, gli splendori dell'arte, non bastano a soddisfarmi. Lamia anima ha sete di qualche cosa di più alto ancora, essanon si potrà dissetare che all’unica eterna sorgente del belloe del vero.

 

Dice S. Paolo: “Ora vediamo come in uno specchio, in ma-niera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco inmodo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sonoconosciuto”  (1 Cor 13, 12).

  Se mi sembra difficile l’osservare qualcuno dei co-mandamenti di Dio, penserò che vale la pena di sacrificare

qualche cosa in questa vita per guadagnare quell’eternacorona.

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Sulla tomba di un giovane morto nel fiore degli an-ni, furono scolpite delle spighe e sotto soltanto queste dueprofonde parole Quia plena  (perché erano piene). Anche tu,giovane caro, ripeti ogni giorno questa breve preghiera:

“Oh Signore, nel giorno della raccolta fa che la mia animasia ricca di opere buone e mature per il Cielo”.

  E quando verrà il giorno della raccolta? Io non loso. Forse nei miei sedici anni? A diciotto? Chi lo può dire?Una sola cosa io so di certo: che un giorno io dovrò morire;quando ciò sarà, mi è del tutto nascosto.

 

Su una torre di Lipsia c’è questa scritta:  Mors certa,hora incerta. La morte è certa, l’ora è incerta.

 

Nella vita, noi siamo come i soldati che hanno rice-vuto un congedo; ad ogni istante noi possiamo essere ri-chiamati e non possiamo rispondere: “Signore, non siamoancora pronti”.

 

Iddio può, ad ogni istante, chiamarmi al rendicontoe guai a me se non sono pronto. Nella scuola, quando unragazzo non riesce in un saggio, ha sempre la speranza dipoter riparare: così nella vita, ad ogni insuccesso può segui-re una felice ripresa; ma quell’estremo giudizio è senza ap-pello e, una volta pronunciato, rimane definitivo.

 

“Tu non sai dove la morte ti aspetta, ma devi aspet-tarla dovunque”.  Incertum est quo te loco mors expectet itaque tuillam omni loco expecta, dice Seneca.

  Come sarai trovato nel giorno della tua morte, cosìrimarrai per tutta l’eternità. L’albero giace là dove cade. Echi può dire da qual parte cadrà la pianta? Certamente essa

s'inclinerà dove più pesanti sono i suoi rami.

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Epaminonda fu una volta interrogato: “Chi tu credipiù grande: Cabria, Ificrate o te stesso?”. Epaminonda ri-spose saggiamente: “Aspettate prima la nostra morte, poipotrete giudicare”.

 

Su un'antica tomba cristiana si leggevano questeparole: Decessit in albis. Egli è morto in candida veste, cioè ilgiorno dopo il suo battesimo, perché secondo l'antica usan-za cristiana, ancora portava l’abito indossato nel giorno incui l'anima sua era stata purificata dall’acqua battesimale.

  Oh Signore, donami la grazia che anche la mia

anima possa essere rivestita della bianca veste della grazia,nel giorno in cui io morrò.

 Ho ancora tempo  Un giovane che sprecava inutilmente il suo tem-po dietro a mille sciocchezze, alle così dette esigenze sociali,a chi lo esortava ad aspirare a più nobili ideali e ad occu-parsi di qualche cosa più seria, rispondeva: “C'è tempo.Non si può diventare vecchi a vent’anni; se non mi divertoadesso, quando potrò farlo? Lasciate alla giovinezza di fareil suo tempo...”.

  Hai ancora tempo... ne sei sicuro? Ti ha forse il Si-gnore assicurato che tu hai ancora davanti venti, quaranta,cinquanta anni? Non ti ha invece egli detto più volte: anchevoi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate (Lc 12, 40)?

 

Chi fa sempre conto sul tempo che deve venire,s'accorgerà troppo tardi della rapidità con cui vola la vita e

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si troverà a mani vuote al momento di dover compariredinanzi all'Eterno Giudice.

 

Ricordi l’antica favola dell’uomo, delle uova e della

gallina? Il poveretto faceva già conto di vendere a buonprezzo le sue uova per poter acquistare con il ricavato unagallina. Questa, diceva, mi farà altre uova, e così con l’an-dar del tempo, potrò giungere a comprare un capretto.Dopo averlo allevato, lo rivenderò e guadagnerò tanto daacquistare un vitellino e, quando sarà grande, potrò al mer-cato guadagnarvi un bel gruzzolo di denaro sufficiente perl'acquisto di una casetta. Allora potrò sposare una ricca si-

gnora che abbia un buon podere in dote e così vivremo fe-lici. In quel momento non s’accorse di una pietra che stavain mezzo alla strada; inciampò, cadde e ruppe le uova; cosìil suo sogno se ne andò in fumo.

  Semplice ed ingenua questa favola, ma quanto èprofondo il significato!

 

Quante volte tutti i nostri progetti per l’avvenire so-no distrutti da una realtà semplicissima: non abbiamo più iltempo per attuarli! Bene diceva il Petrarca:

 Il tempo fugge e non s'arresta un’ora E la morte vien dietro a gran giornate.

 

Pensiamoci!

 I tre gendarmi 

  Viveva in Francia un ricco nobiluomo, deputatoe prefetto di una provincia, stimato da tutti: ricchi e poveri.

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Un giorno si sparse la notizia che quel signore, rinunciandoagli onori del mondo, si era ritirato ad Iguebelle, pressoMarsiglia, in un ordine monastico dei più rigorosi, nel con-vento cioè dei Trappisti. Grande stupore in tutti. I suoi pa-

renti fecero ogni sforzo per richiamarlo; gli amici tentaronoogni mezzo per ricondurlo nel mondo e andarono a trovar-lo perfino nel chiostro.

  “Io non posso ritornare indietro”, fu la risposta.“Non avete visto alla porta tre gendarmi che non mi la-sciano più uscire?”.

 

“Come, tre gendarmi? Ma noi non abbiamo vistonessuno”, risposero questi sorpresi.

 

“Osservate cosa sta scritto sulla porta: morte, giu-dizio, eternità. Ecco i tre gendarmi che non mi lascianouscire. Io rimango”.

 

In verità, non vi è sorgente di forza che possa darepiù efficace aiuto, nelle lotte della vita, di quella che vienedall'ultimo articolo del Credo: “Io credo nella vita eterna”.

  Un'antica iscrizione sepolcrale cristiana dice deimorti: “Essi non sono morti, adesso hanno cominciato avivere”.

 

Anche se tutta la mia esistenza non fosse che untormento, se io fossi colpito dalle più gravi malattie ed in-fortuni; misconosciute le mie buone intenzioni, se io fossicontrariato e forse calunniato, io potrei guardare viril-mente in faccia alle avversità, confortato dalla mia fedenell'eterna vita.

 

Quanto possono durare queste prove? Pochi anni? Eche cosa è questo a confronto dell'eternità?

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Se un padre dicesse a suo figlio: “Figliolo caro, siibuono soltanto per cinque minuti, non far niente di male epoi sarai felice per sessant’anni e avrai tutto quello che de-sideri”, non sarebbe il giovane uno stolto se non stesse buo-

no per quei cinque minuti? Ebbene, tutte le lotte della vitaterrena non sono, in paragone dell'eternità, neppure comequei cinque minuti di fronte ai sessant’anni.

  Ferdinando III, santo Re di Castiglia, all’inizio delXIII secolo, fece scrivere sulla parete della sua stanza:“Ferdinando pensa all'eternità”. Difatti, qualunque cosaegli facesse, dovunque egli andasse, aveva sempre il pensie-

ro dell’eternità nella mente. Se tutto in noi passa, ricchezza,bellezza, gioventù, forza, ingegno... noi dobbiamo provve-dere per l’unica cosa che non finisce: la nostra anima.

  Una sera un pellegrino andò a bussare alla porta diun chiostro in Toscana.

 

“Chi sei e che cosa cerchi?” chiese il portinaio. 

“Io sono Dante Alighieri e cerco la pace”, fu la ri-sposta del poeta errante. La sua anima ardeva di una seteinestinguibile di riposo e di pace, dopo aver sperimentatoquanto fosse terribile l'abisso dal quale l’aveva liberato lagrazia di Dio e che gli aveva fatto esclamare:

 E quanto a dir qual era è cosa durasta selva selvaggia e aspra e forteche nel pensiero rinnova la paura.

Tanto è amara che poco è più morte.(Dante, Inferno, c. I, 4-7)

 

Felice chi al termine della sua vita può dire: Oh

Signore, io ho combattuto per Te, io sono vissuto non

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perdendo mai di vista lo scopo per cui Tu mi hai creato.Alla tua misericordiosa bontà affido l’anima mia.

Tandem Felix 

Q uando tu sei venuto al mondo piangevi, men-

tre, attorno a te, tutti esultavano. Vivi in maniera che,quando tu lascerai questa vita, tu possa rallegrarti, anche se

attorno a te tutti piangeranno per il dolore di perdere unapersona cara e che si è fatta amare. Seneca diceva: “Ilgiorno che tu tanto temi e che tu chiami l’ultimo, segna in-vece per te il natale dell’eterna vita”.

  Tandem felix, (finalmente felice). Il celebre fisico Am-pere, così profondamente religioso, scelse queste due parolecome motto per la sua tomba.

  Strimberg (1912), famoso uomo politico, volle, nelmomento della sua morte, la Sacra Scrittura e le sue ultimeparole furono: “Questa è l’unica verità”. Nel Pantheon diParigi mi trattenni dinanzi alla tomba del sarcastico nega-tore di Dio, Voltaire. Il più grande onore per un francese èdi esser ivi sepolto, ma io in quel momento ricordai soltanto

quello che Rouchon, medico ed amico di Voltaire, che ave-va assistito alla sua morte, disse: “Se un diavolo dovessemorire, morirebbe come Voltaire”.

  Forse, qualche volta, ti potrà sembrare che la vitacristiana sia troppo austera, ma convinciti che in essa è faci-le il morire, mentre, per chi ha trascorso una vita frivola epeccaminosa, riesce ben grave quell’ultimo istante.

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Il disegnatore inglese Aubrei Beardslei, che avevadipinto opere immorali, morì a ventotto anni per tuberco-losi. In quel momento, alla soglia dell’eternità, egli sentìtutto il rimorso per le opere compiute e così scrisse al suo

editore Smithers: 

“Gesù è il nostro Signore e giudice.

  Caro amico, ti prego caldamente di distruggere tuttigli esemplari che esistono e tutti gli altri disegni immorali.Mostra questa lettera anche a Polit e fagli giurare che an-ch'egli brucerà tutto. Per quello che più ti è caro, io ti scon-

giuro non rimanga neppure un disegno immorale.

 Dal mio letto di morte. Aubrei Beardslei”.

 

Ammira la morte serena del cristiano credente; leg-

gi, per esempio, le ultime disposizioni del grande scrittoreLuigi Veuillot:

“Dopo le ultime preghiere, mettete una piccola cro-ce sulla mia bara e per ricordo scrivetevi sopra: Io confidoin Gesù. Sulla terra non mi sono mai vergognato della miafede e spero che il Padre celeste non si vergognerà del suofiglio fedele”.

Potessimo pure noi ripetere le stesse parole al mo-mento di lasciare questa terra!

  Alessandro il Grande vide un giorno Diogene chestava frugando in un mucchio di crani.

 

“Che cerchi?” chiese al filosofo.

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“Il cranio di tuo padre, il re Filippo: sarei contentodi ritrovarlo, ma non riesco a riconoscerlo”. Questa fu larisposta.

 

Dopo la morte non si può riconoscere neppure ilcranio dei re. Vale la pena di esser così orgogliosi delle no-stre doti e di affannarci tanto per questa breve vita terrena?

  In una scuola militare di Parigi, un sacerdote tenneuna conferenza sull’eterna dannazione. Quando terminò,un capitano, miscredente, gli domandò sorridendo:

 

“Reverendo, lei si è dimenticato di dirci se nell’in-ferno noi saremo arrostiti o bolliti”.

 

Il sacerdote guardò quel bello spirito e tranquilla-mente rispose:

 

“Signor capitano, non è necessario che glielo dica:

lei personalmente potrà accertarsene”. L’inattesa rispostafece impressione a quel brav'uomo, fino allora miscredente,e non gli diede più pace finché non cambiò vita.

  Non si può pensare all’eterna dannazione senzasentirsi salutarmente scossi.

  Essere perduto per sempre! Eternamente!

Immagina un numero immenso di secoli come lestelle del cielo e la sabbia del mare e tu non ti sarai mini-mamente avvicinato alla realtà.

  L’eternità non si può misurare in nessuna maniera.

 

Essere tormentati senza mai sperare un termine.Che terribile sarà! Ci pensiamo abbastanza?

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 Ad maiorem Dei gloriam 

Nella mia fanciullezza mi è stata narrata la leg-genda di uno che aveva un bastone incantato con il qualecambiava in oro ogni cosa che toccava.

  Quando ci veniva raccontata, noi spalancavamotanto d'occhi, ma poi comprendevamo che quella bacchettamagica non era mai esistita.

 

La favola può servire ad una profonda applicazionemorale. Ciascuno può avere a sua disposizione una bac-chetta magica ancor più preziosa, con la quale può tra-sformare i suoi doveri quotidiani, le sue parole, i suoi pen-sieri in un tesoro che vale più dell'oro: in opere e in altreparole meritorie davanti a Dio.

 

Come questo? Facendo tutto per Dio e in onore diLui. Il Salvatore disse che si deve pregare sempre, senza stancarsi  (Lc 18, 1).

  È naturale che Gesù non intendeva che noi tutto ilgiorno facessimo delle preghiere vocali: Egli voleva inse-gnarci che noi possiamo pregare, non solo con le parole,ma anche con le azioni e con la nostra stessa vita.

  Come può la vita diventare preghiera? lo dice S.Paolo, quando scrive ai Cristiani: Sia dunque che mangiate siache beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloriadi Dio (1 Cor 10, 31).

 

“Tutto per la maggior gloria di Dio! (Omnia ad maio-

rem Dei gloriam)”. È questo il motto di Sant’Ignazio e taledovrebbe essere il tuo all’inizio di ogni giornata. Quando tu

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hai finito le preghiere del mattino, dà, con la tua mente,uno sguardo generale ai doveri che ti attendono durante ilgiorno. Allora ti verranno innanzi le varie azioni che devicompiere, le persone, le circostanze, i pericoli ecc. Di tutto

puoi fare un'offerta al Padre Celeste, con queste parole:“Oh Divino Salvatore, qualunque cosa io oggi debba fare:ogni mio pensiero ed ogni atto della mia volontà, sia in Tuoonore, benedicimi, te ne prego”.

 

Durante il giorno rientra qualche istante in te stes-so e domandati: “L'azione che sto per compiere, è vera-mente ad onore di Dio?” E se ti accorgi che essa tende-

rebbe ad allontanarti da Lui, abbi la forza di astenerti dalcompierla. Ecco il segreto per progredire nella tua vitaspirituale.

  In un catechismo illustrato era raffigurata questascena: Un fanciullo dinanzi ad una tavola nera scriveva unalunga fila di cifre così: 00000... Un angelo stava dietro di lui

e a sinistra di quelle cifre scriveva un uno. Il disegno eraintitolato: “La retta intenzione”.

  Le nostre azioni sono zeri, senza valore, se le fac-ciamo per motivi d’interesse, d'ambizione, di piacere; seinvece sono compiute secondo il volere di Dio e per cercarela Sua gloria, diventano opere meritorie.

 

Un'antica leggenda racconta che il piccolo Gesùgiocava, qualche volta, con gli altri fanciulli di Nazaret, coni quali si divertiva a fare dei piccoli uccellini di creta. Natu-ralmente gli uccellini degli altri fanciulli restavano inanima-ti, mentre il piccolo Gesù, battendo le mani, infondeva lavita ai suoi, che tosto spiccavano il volo, garruli e felici, ver-so l’immensità dei cieli.

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Questa è una semplice leggenda, ma è verità che siripete ogni giorno, il fatto di giovani in apparenza ricchidelle stesse doti che operano allo stesso modo, mentre agliocchi di Dio le loro azioni hanno immensa diversità di va-

lore. Nelle anime degli uni, si nasconde la colpa e le loroopere sono opere morte; l’anima degli altri invece possiedela grazia divina e perciò ogni loro azione, che a Dio è ordi-nata, è piena di merito.

 Il chicco di grano 

Q uando per l'oscurità non riusciamo a vedere

bene qualche cosa, ci avviciniamo alla luce per poterlaosservare.

  Quando nella tua vita, oh giovane, tu sarai incertosul da farsi, specialmente di fronte a qualche gravoso dove-re, considera la cosa alla luce dell'eternità: Quid hoc ad aeter-nitatem?  E sta certo, che le decisioni che tu allora prenderai,non ti inganneranno.

  Così facevano i Santi che consideravano la vita ter-rena sub specie aeternitatis, cioè dal punto di vista dell’eternità.

  Come è consolante questo pensiero, specialmentequando il dovere impone nascosti e silenziosi sacrifici dacompiere!

  Le nostre opere, parole e pensieri hanno conse-guenze che si ripercuotono oltre la vita terrena. Lo scrittoreinglese Carlyle scrive: “Niente è transitorio e scompare”.Nessuna parola si disperde per sempre nello spazio, nessun

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palpito del cuore, nessun sacrificio della volontà resta senzatraccia, ma tutto vale per l’eternità.

 

Neppure le più piccole azioni sconosciute sono del

tutto perdute, e, come la piccola sorgente che, aprendosisottoterra un varco tra le rocce, erompe poi in un largogetto d'acqua fecondatrice e benefica, così tanti pensierisegreti, aspirazioni e sacrifici, sconosciuti agli occhi degliuomini, un giorno verranno alla luce in tutta la loro bel-lezza e valore.

  Giovane caro, non so quale sia la tua vocazione, e

quel che domani ti riservi la Provvidenza. Sii generoso, nonti arrestare dinanzi al sacrificio, non ti scoraggiare nelleprove e nel dolore. Ricorda che la nobiltà e la qualità dellatua vita non sarà in proporzione ai tuoi trionfi, ma ai tuoisacrifici.

 

Ricorda che costruisci non per la vita terrena, ma

per l'eternità e confida, perciò, sempre in Dio, nelle cuimani è il tuo avvenire.

  Concludo questo capitolo ricco di seri e santi pen-sieri, con la bella parabola di Giovanni Joergensen, che svi-luppa la divina parabola del Salvatore e che ci esorta adamare il sacrificio fecondo di bene:

 

Era una giornata malinconica e fredda… e un uo-mo era uscito per seminare... Ad ogni passo che facevaspargeva del grano — era proprio grano bello, buono etondo — i chicchi cadevano giù, rotolavano e si appiattiva-no nella terra nera e leggera.

 

Continuò a seminare per tutto il giorno e alla sera,

con il suo sacco vuoto, se n’andò a casa a riposare.

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Un chicco di grano si trovò solo fra due zolle diterra nera e umida. Quel chicco divenne spaventosamentetriste. Era buio, era umido e l'oscurità e l'umidità aumen-tarono sempre più, perché la nebbia del giorno, sul venir

della notte, s'era sciolta in una pioggia fitta. C'era da darsialla disperazione. E il chicco di grano fece proprio così.Anche a rischio di accrescere il suo malessere, prese a fru-gare nella sua memoria e a farne uscire ogni ricordo ditempi migliori.

Ripensò al tempo in cui si ergeva in una spiga dora-ta, baciata dal sole, cullata dal vento, quando si sentiva bea-

to come un bimbo in braccio alla mamma.

  Tutto il grande campo di grano dorato era pieno dispighe diritte e, lassù nel cielo azzurro, splendeva il soleraggiante e tutte le allodole cantavano dallo spuntare del-l’alba fino a sera. Quando il sole tramontava non facevafreddo, non era umido come allora; ma la rugiada cadeva

dolce come un'onda rinfrescante sul grano infiammato dalsole e la grande luna d'oro splendeva dolcemente sui campiche maturavano. Che bei tempi erano quelli, ma passatiormai per sempre!

 

Era venuto, ahimè! il terribile giorno in cui la falcesibilava nei campi e con il suo suono stridulo si era apertauna via attraverso le spighe. Poi erano venuti i mietitori con

i loro rastrelli e le spighe erano state legate in covoni e cari-cate sui carri. Tutto il campo somigliava a un campo di bat-taglia, dal quale i morti e i feriti venivano di continuo por-tati via sui carriaggi.

  Poi venne un giorno anche più terribile, quandonell’aria gli strumenti per la battitura ballavano sul grano

dorato e lo colpivano senza pietà, col furore di un soldatoche si batte alla cieca. Le spighe si dispersero e i chicchi,

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che erano stati sempre riuniti fin dalla loro verde giovinez-za, balzarono via isolati, ciascuno dalla sua parte e non sividero mai più. Ma nel sacco del grano almeno ci si trovavaancora insieme. Si stava un po' pigiati è vero, e ogni tanto si

respirava a fatica ma almeno si poteva chiacchierare un po’insieme... Adesso, era l’abbandono assoluto, la triste solitu-dine, la distruzione certa!... Il chicco di grano sapeva chenon poteva reggere all'umidità: in quegli ultimi tempi eradiventato sensibile! Sentiva gonfiarsi tutto e la sua pelle glisi screpolava.

  Sentiva che l'umidità gli s’infiltrava sempre più...

Non poteva tardar molto a essere inzuppato tutto quanto.Che cosa sarebbe mai accaduto allora di lui?

 

L’indomani l’erpice passò sul campo e il chicco digrano si trovò nelle tenebre più dense con la terra sopra,sotto e da ogni lato. L’umidità continuò e il chicco di granosi sentì molto male Capiva che qualche cosa si spezzava e

fermentava dentro di lui; l’acqua lo penetrava tutto, nonc'era più il minimo cantuccio asciutto dentro di lui. Gli pa-reva che fosse la fine.

  Rivolse allora un ultimo pensiero, un ultimo malin-conico rimpianto ai giorni pieni di sole della sua vita e pre-se a lamentarsi così:

 

“Ma, perché fui creato, se poi dovevo finire inmodo tanto spaventoso? Sarebbe stato meglio per me nonaver mai conosciuto la luce del sole ed essere preservato datanta angoscia”.

  Allora una voce si fece sentire a quel povero essereabbandonato e parve che venisse dalla terra:

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“Non temere, diceva, non devi perire. Abbandonatifiduciosamente e volentieri ed io ti prometto una vita mi-gliore. Muori, perché voglio così e vivrai”.

 

“Chi siete voi, che mi parlate?” domandò il chiccodi grano mentre un senso di rispetto lo invadeva tutto, per-ché sembrava che la voce parlasse a tutta la terra, anzi al-l'universo intero.

 

“Io sono Colui che ti creò e che adesso ti vuolecreare di nuovo”.

 

Allora il povero chicco di grano che stava morendo,si abbandonò alla volontà del Creatore e non seppe piùnulla di nulla. Un mattino di primavera, dell’anno nuovo,un germoglio verde spuntò con la testina fuori dalla terraumida. Il sole splendeva così caldo che la terra fumava e su,in alto, nell’azzurro cielo, un immenso stuolo d’allodolecantava.

 

Il chicco di grano, poiché il verde germoglio nonera altro che lui, si guardò attorno inebriato. Era propriotornato in vita, rivedeva il sole e sentiva cantare le allodo-lette. Ricominciava a vivere.

  E non era solo, perché intorno a lui, nel campo, ve-deva altri verdi germogli, un esercito intero e in essi rico-

nobbe i suoi fratelli e le sue sorelle.

  Allora la giovane pianticella si sentì invasa dallagioia di esistere e le parve, in atto di pura riconoscenza, dialzarsi fino al cielo e carezzarlo con le sue foglie.

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E sembrò che la stessa riconoscente allegria avessedato le ali alle allodolette, che sbalzavano nell'aria il piùalto possibile e, via via che sbalzavano, il loro canto diven-tava più limpido e più puro.

 

E una voce, che questa volta non veniva dal basso,ma scendeva dall'alto, disse: In verità, in verità vi dico: se ilchicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muo-re, produce molto frutto (Gv 12, 24).17

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17 Cf. G.  JOERGENSEN, Parabole (Roma, 1953) 52-62.

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Capitolo V  Il  CIBO dell’A NIMA 

Cristo nel deserto (Kramskoy Nikolaevich)

Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma

la carne è debole (Mt 26, 41)

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 La preghiera 

Un valoroso generale, nella prima guerra mon-diale, prima di scendere in campo, scrisse alla sua vecchiamadre novantenne:

  “Per quarantaquattro anni tu mi hai assistito e sor-retto con le tue preghiere, quasi come con una corazzainvincibile, per conservarmi onesto e retto; possano ora letue orazioni donarmi la forza di compiere fedelmente il

mio dovere, nelle nuove lotte che mi attendono. Io confidoin te”.

  Commovente pensiero! Un forte e valoroso gene-rale che s'affida alle preghiere di una povera vecchia dinovant’anni!

 

Nell'andare incontro alle inevitabili prove che ti ri-serva la vita, ricorda, oh giovane, che solo con la preghiera,con questa invincibile arma, riuscirai vincitore.

  “Nelle mie scoperte scientifiche, scrive Galileo Gali-lei nell'opera Nunzio Sidereo, ho appreso più con il soccor-so della divina grazia che con i telescopi”.

 

Prega, oh giovane, perché la grazia sorregga la tuadebolezza, ma prega innanzi tutto perché questo è un do-vere di riconoscenza verso Dio per tutti i doni che ti haelargito; “Egli ha perciò ogni diritto su tutto il tuo essere”,dice Sant’Agostino. Perciò tu devi innalzare a Lui la vocedella tua riconoscenza e dell’amore.

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Oh! preghiera, tu sei un bagno di luce per l’anima,sei come il raggio vivificatore del sole per i fiori; sei comel'ossigeno che dilata i polmoni.

 

Tu sei riposo all'anima, che si ristora in te come ilcorpo stanco nella quiete di un tramonto sereno. Tu seipoesia di cielo.

  Tu sei privilegio riservato solo agli uomini, poiché,nell’immensità del creato, una sola creatura prega: l’uomo.L’individuo che non prega, non è degno di questo nome,egli vegeta.

  Così il Beato Contardo Ferrini esalta la sublimitàdella preghiera:

  “Io non saprei concepire una vita senza preghiera:uno svegliarsi al mattino senza incontrare il sorriso di Dio,un reclinare alla sera il capo, ma non sul petto di Cristo.

Una tal vita dovrebbe somigliare a notte tenebrosa, pienadi avvilimento e di sconforto, arida per un tremendo ana-tema di Dio, incapace a resistere alle prove, abbandonata alreprobo senso; ignara delle gioie sante dello spirito.

 

Oh! povera vita, come può durare in tale stato è perme un mistero; ma è già mistero tutto il cuore umano.

 

Oh! io supplico il Signore che la preghiera non ab-bia a morire mai sulle mie labbra, che prima abbia a uscireil mio spirito che ammutolirsi così miseramente. Sì, perché(oh, Dio non lo permetta!) se tacesse la preghiera sulle mielabbra, sarebbe finita in me ogni vita morale, sarebbe finital'aspirazione al bene, sarebbero finiti i conforti migliori del-l'anima mia! Se tacesse la mia preghiera, vorrebbe dire che

Dio m'ha abbandonato...

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Se cessassero i riti santi, se non si vedesse più innal-zarsi sui pinnacoli del tempio la Croce, io esulerei da questodeserto morale, maledetto da Dio e peregrinerei fin dovetrovassi un altare di Dio, del Dio che rallegra la mia gioven-

tù. E a chi mi rimproverasse di spirito timido e pusillanime,io direi che solo nella preghiera attingo forza e dignità, che,se ho un inizio di carattere, lo devo alle benedizioni dellapreghiera. Risponderei che non mi pare una vigliacca figu-ra quella di Socrate che per la Patria combatte a Cheroneae che sotto l'elmo pensa le grandi verità e prima del com-battimento s'inginocchia e prega: quella di Stefano, di Ales-sandro Manzoni che iniziava la giornata con l’assistenza ai

riti augusti della sua fede. E chi mi rimproverasse di perditadi tempo, io direi che per l'efficacia consolatrice della pre-ghiera, io non ne perdo nei teatri, nei caffè, nelle mille inu-tilità di una vita dissipata; perché la preghiera mi fa amareil raccoglimento, la solitudine e il lavoro; risponderei inoltreche, se tutti pregassero a modo, non solo le condizioni mo-rali, ma anche le materiali, si avvantaggerebbero di molto”.

 Preghi?  

A l ritorno della primavera la natura si risvegliain un rinnovarsi di colori, di profumi e di canti, che pas-sano come un fremito di vita attraverso i campi ed i pratifioriti. Così avviene nell'anima umana che si dà alla pre-ghiera: essa diviene più bella, più forte, più feconda…“Nulla vi è di veramente bello, diceva Francesco Coppée,se non l’ora in cui l'uomo si mette alla presenza di Dio eprega”.

 

Preghi, oh giovane, fedelmente, puntualmenteogni giorno? Non mi meraviglio certo se ti vengono delle

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involontarie distrazioni nella tua preghiera. Nessuno,purtroppo, ne è esente, ma ti chiedo, se di quando inquando sai raccoglierti e riflettere sull’immensa miseri-cordia di Dio che si trattiene con te, umile creatura. Bi-

sogna saper ascoltare e parlare con la semplicità di unbambino a Colui, che vuole essere chiamato da noi coldolce nome di Padre, nonostante l’infinita distanza checi separa dalla Sua Maestà.

 

Oh, se tu avessi veramente compreso quale sublimeprivilegio sia poter parlare con Dio, poter aprire con confi-denza a Lui il nostro cuore, manifestargli le nostre ansie e i

nostri dolori!

  Chi conosce il valore della nostra preghiera e il do-vere che abbiamo di compierla, prega volentieri e non solocon le labbra, ma anche col cuore. La porta aperta di unachiesa lo invita ad entrare per una breve visita; la bellezzadel bosco e della campagna sollevano il suo animo a Dio.

Egli prega quando è contento, come quando è assalito dalletentazioni o afflitto da gravi dispiaceri. E questa abitualedisposizione di sollevare l'animo a Dio, ha una meravigliosaefficacia sulla sua vita morale.

 

“Datemi un uomo”, dice il Beato Ferrini, “che pro-ferisca di cuore quelle divine parole: Sia santificato il no-me Tuo, venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà, dacci

oggi il nostro pane quotidiano, perdonaci come perdo-niamo, non c’indurre in tentazione, liberaci dal male; da-temi un tal uomo e non sarà possibile ch'egli non sia unbuono e verace ideale cittadino, utile e di decoro alla fa-miglia e alla società”.

 

Non si prega così se non si è buoni, o se non si ha il

vivissimo desiderio di diventarlo.

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Non giustificare mai la tua pigrizia nell’adempi-mento di questo dovere col pretesto che non hai tempo.Proprio quando si tratta di parlare con Dio il tempo timanca?... E perché ne sciupi tanto in occupazioni senza

alcun valore?... Ricorda che anche durante il giorno tupuoi innalzare la mente ed il cuore a Dio in mezzo ai tuoidoveri, al divertimento e alle più comuni occupazioni, evedrai che la tua trascuratezza riguardo alla preghiera èdel tutto ingiustificata.

Solo per cinque minuti  

C’è stato chi ha calcolato come l’uomo di set-tant’anni ha consumato la sua vita. Il tempo in cui egli halavorato si può ridurre a venticinque anni, venti anni per ilsonno, due per mangiare, un anno per vestirsi, ecc. La stati-

stica non dice niente di qualche cosa più importante di cuiinvece l'uomo deve rendere stretto conto a Dio. Quantobene ha fatto? Quanto ha peccato? Come ha adempiuto ilsuo dovere? Che cosa ha tralasciato? Quanto tempo deisuoi settant’anni ha dedicato alla preghiera?

  Il valore della preghiera non si calcola né con il me-tro né con le ore, ma secondo sia fatta con il cuore e colfervore della volontà. Una preghiera fervorosa, anche se èbreve, vale più delle lunghe orazioni dette distrattamente.Prega, dunque, pure brevemente, ma con attenzione; bre-vemente, ma con fervore; brevemente, ma spesso; sia puresollevando per qualche istante il pensiero a Dio.

 

Non lasciar mai la tua preghiera almeno in due

punti fissi della giornata: alla mattina e alla sera. Il tuoprimo pensiero sia per il Signore: la sua benedizione ti

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accompagnerà al lavoro. Il tuo ultimo pensiero sia un rin-graziamento a Dio: il tuo riposo sarà più tranquillo.

 

Per pregare non aspettare di arrivare al letto: non

sarebbe certo segno di grande rispetto verso Dio una pre-ghiera fatta così, facilmente potresti addormentarti. Al mat-tino, non rimandare la tua preghiera. Preghiera rimandatapreghiera lasciata.

 

Come puoi attenderti la benedizione di Dio, se aLui non ricorri? Guardati attorno e vedrai che tutto sembrapregare. I fiorellini aprono le loro corolle ai primi raggi del

sole e fanno salire il loro profumo al trono del Creatore. Lostuolo garrulo degli uccelli, in una mattina di maggio, nonè forse come una preghiera al Padre Celeste? Non salutaforse il Signore, con i suoi primi raggi infuocati, il sole chesorge? Oh sì, tutta la natura sembra invitata alla preghiera.

 

Rileggi qualche strofa del magnifico canto che il

Milton mette in bocca ai nostri progenitori.Unitevi del cielo e della terra

Voi creature tutte, a Lui cantate D'ogni cosa principio e centro e fine.

 E tu dell’altre più lucente e vagaStella che chiudi l'aereo stuol di tante

 Notturne faci, e alla ridente aurora Di luminoso cerchio il crin coroni, Esaltato in tua sfera or che rinasce

Questo lieto del dì tenero albore.

O Sol che l’alma insieme e l’occhio sei  Di questo vasto mondo, umile adora

 Lui che i raggi ti diede e Lui confessaTuo fattor, tuo Signor per ogni lito.

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Quella ch'Ei ti assegnò carriera eterna Ne risuoni le glorie e quando spunti 

 E quando in mezzo all’ocean t’ascondi  E quando in mezzo al ciel t'ergi sublime.

 Luna, che incontro al sol nascente or vai  Ed or ten scosti colle fisse stelle, Fisse nel lor veloce orbe rotante;

 E voi cinque altri erranti astri sereni,Che non senz'armonia movete intorno

 Mistica danza, risuonar le lodi  Fate di Lui, che l’aurea luce fuori 

Chiamò dal sen della profonda notte.

Voi, venti, a cui dell’aere il vasto impero Egli divise, or ne' soavi fiati,

Or ne' gagliardi, il santo nome sempre Risuonate di Lui, d'ossequio in segno.

 Piegate le ondeggianti altere cime,

O cedri, o pini e voi, fontane, e voi  Limpidi mormorevoli ruscelli, Nel vostro dolce gorgogliar perenne,

 Ripetete sue glorie. O tutte voi  Alme viventi, a celebrarlo unite

 Le vostre voci, e voi, canori, augelli,Che il vol stendete alle celesti porte,Sulle vostre ali e ne' concerti vostri 

 Per ogni spiaggia ite a portare il nome.

  Orbene, in mezzo a questo meraviglioso coro di lo-di, dovrà solo l'essere privilegiato, l’essere dotato di liberavolontà, a costituire la nota stonata in tanta armonia, con ilnegare al Suo Creatore il doveroso omaggio?

 

Ho parlato della natura che prega. Intendi bene:solo l’uomo può pregare, solo egli può sollevare la mente a

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Dio e parlare con Lui: questo privilegio solo all’uomo ven-ne riservato.

 

“Non vi sono che i Cristiani”, dice il Malebranche,

“cui sia permesso di aprire la bocca e di lodare divinamen-te il Signore. Non vi sono che essi i quali abbiano accessopresso la Sua suprema Maestà”.

  Sii degno, oh giovane, di questo sublime privilegio, ese verrà anche per te l’ora del dolore, ricorda che solo aipiedi del Crocifisso, in un amplesso di confidenza e di amo-re con Chi, per nostro amore, si è fatto appendere alla Cro-

ce, tu potrai ritrovare il conforto e la pace.

Come preghi? 

  Vano è il pregar con le labbra quando il cuore èlontano. Quando ti metti a pregare, non devi immaginaredi rivolgerti ad un potente signore che tiene il suo trononelle altezze inaccessibili, ma al tuo Dio che è a te presentecome un padre ed amico buono. A Lui; dunque, devi aprirecon semplicità e confidenza il tuo cuore, manifestandogli letue lotte, i tuoi dolori, le tue gioie.

 

Molti ragazzi, giunti ad una certa età, lasciano lapreghiera che da piccini facevano tanto volentieri. Perchéavviene questo? Perché non hanno compreso il progressoche anche il loro modo di pregare avrebbe avuto con ilcrescere dell’età. Sono cresciuti fisicamente, il loro intel-letto si è sviluppato ed ha allargato le sue cognizioni; solola vita spirituale è rimasta nello stato ancora fanciullesco e

primitivo...

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In che consistevano una volta le loro preghiere delmattino e della sera?: consistevano nel recitare il Pater Noster ,e qualche Ave Maria, ed era buono che fosse così!; ma, ades-so, come pregano?: della stessa maniera! Naturalmente essa

non è più adatta alla loro nuova mentalità. Ciò che era suf-ficiente per un fanciullo, non basta più ai bisogni spiritualidi un giovane; così la preghiera comincia a diventare unpeso, si va avanti ancora per un po’ di tempo per forza diabitudine, poi viene la noia, finché si tralascia del tutto,stimando inutile il ripetere macchinalmente alcune formulecol cuore lontano.

 

Quale soddisfazione e conforto può trarre l’animodel giovane da una simile preghiera, che per lui è diventatacome una gabbia che ne inceppa le indomite aspirazioni?

  Ecco come tu dovresti pregare, alla mattina e allasera: Giunto il momento di alzarti fa il segno della croce ebalza giù senza indugio dal letto. Fatti alcuni minuti di

esercizi fisici per ridestare le membra intorpidite, lavati evestiti con sollecitudine e buon gusto, poi inginocchiati di-nanzi al tuo letto, o se ciò non è possibile, siediti al tuo tavo-lo da studio, posa il capo tra le mani e mettiti alla presenzadi Dio. Non importa che tu pronunci delle parole, basta chetu faccia vibrare le corde della tua anima: “Signore, io Tiringrazio per il riposo che mi hai concesso in questa notte.Ti prego, oh Signore, aiutami affinché oggi possa rendermi

sempre più degno del Tuo amore...

  Ecco un altro giorno dinanzi a me: i miei doveri, imiei pensieri, le mie azioni... tutto io voglio che sia secondoil Tuo volere. Dammi, mio Dio, la grazia che io questa seranon sia solo divenuto più vecchio di un giorno, ma sia purepiù buono di questa mattina.

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E il mio difetto principale? Tu sai, oh Signore, qualè... Se io giungessi a liberarmi! Tutto il resto mi riuscirebbefacile. Quale occasione avrò oggi di ricadere in esso? Ascuola... a casa... nella via... Aiutami, oh Signore.

 

Qualunque cosa io faccia o debba soffrire voglioche sia per Te e in Tuo onore; benedici, oh Signore, i mieigenitori e benedici pure me, che voglio essere tuo figliofedele ed amoroso, quantunque tanto debole e pieno didifetti”.

  Poi, puoi aggiungere il Pater noster , l’ Ave Maria, e così

la tua preghiera del mattino, meritoria e viva, è finita.Avanti, dunque, con coraggio al lavoro. Se Dio è per noi, chisarà contro di noi?  (Rom 8, 31).

  Quanta differenza passa tra questa preghiera viva,personale, fresca e il mormorare inconscio di alcune for-mule da fanciullo! Eppure non è stata più lunga. Bastano

alcuni minuti. 

Una buona preghiera del mattino santifica tutta lagiornata. Dimmi come hai pregato al mattino ed io ti diròquanto valore avrà la tua giornata. Se il Signore non costruiscela casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce lacittà, invano veglia il custode (Sal 127, 1).

 

Leggi la magnifica preghiera del conte Stefano Sze-chenyi: “Oh Dio onnipotente, ascolta in ogni istante la pre-ghiera del mio cuore. Riempi la mia anima di sentimentipuri e caritatevoli verso la mia patria e i miei concittadini.Illumina la mia mente e dà forza alla mia volontà; fa che iocerchi sempre il bene e mi tenga lontano dal male.

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Illumina la mia via, affinché io sappia qual è il miodovere e come intraprenderlo e perseveri in esso. Io vogliopensare, lavorare, vivere per Te, oh Signore.

Feconda i miei sforzi quando tendono al bene, ren-dili vani se dovessero rivolgersi al male. Concedimi il Tuoaiuto, affinché io possa combattere e vincere le mie passio-ni; fa che io sia animato da spirito di fede e di sacrificio erenda così utile la mia vita.

  Che questa preghiera non si fermi solo alle mie pa-role, ma sia tradotta anche in opere degne del Cielo...”. Tu

comprendi così il segreto dell'enorme attività di questogrande ungherese.

***

  Nella tua preghiera della sera la tua prima parolasia ancora il ringraziamento.

 

“Signore, questo giorno sta per finire: prima ch'iovada a riposare, voglio sollevare la mia anima a Te. Hocominciato questo giorno nel Tuo santo nome e nel Tuonome lo voglio finire.

Grazie di tutti i benefici che mi hai elargito: mate-riali, spirituali e morali. (Se hai avuto qualche dispiacere

od umiliazione, ringrazia ugualmente il Signore e pregaloche ti faccia vedere quale bene tu possa trarre anche daquella prova).

  Sono stato a Te riconoscente? Ho fatto oggi buonuso dei Tuoi doni, o piuttosto devo pentirmi di essere ri-caduto nei miei difetti? (A questo punto fa un rapido esa-

me di coscienza sui tuoi pensieri, sulle tue azioni, sui tuoidoveri, ecc.).

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Purtroppo, oh Signore, io sono stato ancora il figliodebole. La mia ingratitudine mi reca profondo dispiacere.Perdonami. Domani voglio essere migliore.

 

Io Ti prego, oh Padre Celeste, non negarmi il Tuoaiuto e la Tua benedizione anche questa notte. Donamitranquillo riposo, affinché io possa attingere da esso nuoveenergie per compiere fedelmente il Tuo volere”.

 

Aggiungi qualche preghiera vocale e così avrai finitole tue orazioni della sera.

 

Nell’addormentarti, ti sarà utile l’aver nella menteancora qualche buon pensiero. L’animo non dorme ed haun segreto misterioso lavorio; fa che i tuoi ultimi pensierisiano degni di un giovane cristiano.

 Dove l’anima s’arricchisce 

S e qualcuno dei miei giovani lettori aspira aduna vita religiosa più intensa e vuole salire nella via dellaperfezione, aggiunga alla sua preghiera vocale, ogni giorno,una breve meditazione. In quei pochi minuti di silenziol'anima progredisce, si purifica, s’illumina. Non puoi im-

maginare quanto giovi quel quarto d'ora di raccoglimento,di intimo colloquio tra l’anima e il suo Dio.

  Così lo descrive il Beato Ferrini: “La lingua tace, lamente si eleva tutta in Dio e medita le sublimi verità diLui. Oh mirabile incontro dell'uomo con Dio! Oh dolciamplessi del Creatore colla creatura! Oh elevazioni inef-

fabili dello spirito umano! Che cosa ha il mondo che si

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possa paragonare a queste gioie purissime del Cielo, aquesti saggi della gloria ventura?”.

 

Non dire di non aver tempo; credo che, con un po’

di buona volontà, tutti potrebbero mettere nel programmadella loro giornata questo quarto d'ora di meditazione.

  Dici forse di non sapere come essa si debba fare?

 

Non è affatto difficile. Proponiti un fatto, una verità,un buon pensiero e cerca di approfondirlo con tutte le tuefacoltà; con l'intelligenza, la fantasia, il cuore, di modo che

quel pensiero possa penetrare profondamente nella tuaanima. Prima però di cominciare la tua meditazione, devimetterti alla presenza di Dio. Si tratta di ascoltare la Suavoce, alla quale l’anima deve tendere attento l'orecchio. Sitratta di parlare a Lui con semplicità, con la confidenza diun figlio che ha tante cose da chiedere a suo padre. Impe-gna tutte le tue facoltà, in maniera che la tua meditazione

non sia un semplice studio speculativo dell’intelletto, maqualche cosa di vivo, di pratico, che penetra in tutto il tuoessere. I propositi verranno spontanei dal confronto che tuavrai fatto tra quelle verità morali e la tua vita.

 

Termina la tua meditazione con una breve fervoro-sa preghiera al Signore: “Grazie, mio Dio, per l'aiuto chemi avete dato, illuminando la mia mente in questa medita-

zione. Sorreggete la mia debole volontà, affinché io possaattuare quanto mi sono proposto”.

 

Scopo della meditazione è di mettere l’anima sottoil benefico influsso dei raggi vivificatori delle verità religiosee morali. Il frutto perciò che essa produce è così preziosoche vale la pena di accettare anche quella piccola fatica. È

un peso la meditazione? Anche le ali sono un peso per l'uc-cello, eppure senza questo peso, non potrebbe volare.

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Dopo soli pochi mesi che tu mediti regolarmenteogni giorno, la tua anima si sentirà più vicina a Dio, la tuavolontà diverrà più forte, i tuoi sentimenti saranno piùnobili: in altre parole tu avrai fatto un buon passo nel

cammino della perfezione

Suonano le campane  domenica e gioioso si diffonde nell’aria il

suono delle campane, che si perde lontano nei campi e neiboschi.

 

Per tutta una settimana le mille preoccupazioni del-la vita hanno gravato sul popolo, ma oggi è domenica e lecampane sembrano cantare: “Oh uomo, ascolta, vieni inChiesa a pregare il tuo Dio e Signore. Questa terra non è latua vera abitazione, tu sei in essa un semplice pellegrino.

 

Non sei, oh uomo, soltanto polvere, tu sei un figliodi Dio. Il tuo lavoro non è solo per sostenere la tua vita ter-rena, ma per renderti degno di quella celeste...”.

  Molti, purtroppo, non ascoltano la voce delle cam-pane e, se la odono, non la sanno comprendere.

  Sono troppo ingolfati nelle loro terrene preoccupa-zioni per pensare a Dio e all'anima. Servi della materia,vivono della materia e non sanno comprendere il valoredella vita spirituale. Altri sono già usciti per una gita e nonhanno tempo di andare a Messa. Altri ancora hanno ve-gliato fino a tarda ora e passano la mattinata del giorno delSignore intorpiditi nel letto: dormono...

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Triste constatazione! Quanto è grande, specialmen-te nelle città il numero dei cristiani che trovano troppo faciliscuse per non adempiere questo sacro dovere, perché nonne comprendono la necessità ed il valore.

 

Oh se avessero seriamente riflettuto su ciò che si-gnifica il santo Sacrificio della Messa, al bene che producenelle anime! Sarebbero non solo impegnati a non ometterlaquando è prescritta, ma vorrebbero assistervi ogni volta chefosse possibile.

  “Chi di noi non è afflitto”, dice il Beato Ferrini, “il

giorno che non può partecipare al Sacrificio ineffabile? LaChiesa l'ha adornato con la sua sapienza, l'ha ordinato colsuo profondo sentimento di Dio e ne ha fatto come undramma di fede, di speranza e di amore”.

  È ben giusto che alla partecipazione viva ed intelli-gente del Sacro Rito, che ci ricorda la passione e la morte

di Gesù, noi dedichiamo una breve mezz’ora delle innume-revoli ore che in tutta la settimana abbiamo a nostra dispo-sizione. È un sacro dovere.

  La Messa, non è soltanto un ricordo del sacrificio diGesù, ma ne è la mistica rinnovazione e, quindi, una riccasorgente di grazie per l'anima che vi assiste.

 

Se ho ascoltato con vera pietà la mia santa Messadomenicale, esco di Chiesa con l’animo inondato di gioia,con la volontà ripiena di novello fervore per riprendere ilmio cammino, nell'adempimento del mio dovere; sento, inuna parola, che una nuova forza sorregge la mia anima nel-le sue lotte.

 

Si racconta di un celebre medico di nome Baroniche diceva: “Ho girato tutta l’Europa, ho visitato l’Africa,

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ma non so ricordare alcuna domenica in cui io abbia trala-sciato, per mia colpa, la Messa”.

 

Belle parole, degne di un uomo veramente cattolico.

 

Anche tu, giovane caro, tieni come principio sacro:vacanze o meno, tempo bello o brutto, stanco o riposato,per quanti inviti io abbia per intervenire a gite o ad altridivertimenti, la Messa di festa va innanzi a tutto. Iddio miaspetta e non posso dedicarmi ad altro, prima di avereadempiuto questo dovere verso di Lui.

 

Non accontentarti di “udire la Messa”, ma unisciticon l'animo al sacerdote, che in quel momento rappresentaanche l'assemblea e in nome di essa prega ed offre l’Augu-sta vittima; così quella mezz’ora non sarà per te tempo dinoia, perché comprenderai il significato del rito che si svol-ge sotto i tuoi occhi.

 

Leggi qualche libro adatto, compilato secondo lospirito della liturgia, per approfondire il mistero della Mes-sa. Nella liturgia della Chiesa, troverai sublimi bellezze,purtroppo nascoste ai più e la tua pietà diverrà intelligentee seria, sorgente di una vita veramente cristiana.

 Riordinamento generale 

Un altro prezioso mezzo per progredire nellapropria formazione religiosa e morale sono gli esercizispirituali.

 

Qualcuno pensa che gli esercizi consistano nel-l’ascoltare tre o quattro istruzioni, per tre giorni, meditando

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nei tempi liberi su quanto si è ascoltato; nel prendere qual-che nota, nel fare infine una buona confessione.

 

No, gli esercizi fatti a dovere significano qualche

cosa di più. Il lavoro che in essi si fa, può paragonarsi aquello dell’aratro che penetra profondamente nelle zolle delterreno per estirparvi le più profonde radici: ogni peccato,ogni cattiva tendenza, devono venire alla luce per dar luogoa un nuovo orientamento di vita.

  Gli esercizi sono un riordinamento generale, unrinnovamento dell'animo, un nuovo orientamento.

  Un riordinamento, poiché veniamo a conoscere ledeficienze del passato e possiamo così ritrarci dalla via delpeccato.

  Un rinnovamento, perché, purificata l’anima, pos-siamo, con nuove forze e coraggio, riprendere il cammino

della vita. 

Un nuovo orientamento, perché conosciuti i sentierierrati, ci stabiliamo un nuovo piano per l’avvenire. Questoo quel peccato, costi quel che costi, devono essere evitati.Dobbiamo acquisire quella o quell’altra virtù, anche aprezzo di sacrificio e di generosa mortificazione.

 

“Facendo gli esercizi io non mi sono accorto di po-terne trarre tutti questi vantaggi”, dirà qualcuno.

 

La colpa, aggiungo io, è certamente tua, perché nonhai corrisposto alla grazia di Dio. Questa scende copiosa,durante gli esercizi, nelle anime ben disposte.

 

Tre giorni di ritiro; non poter parlare, trattenersisempre su pensieri seri, sembrano cose impossibili per un

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giovane. Ti rispondo con una sola parola: prova e vedrai. Iosono sicuro che tu, nel silenzio di quei giorni, acquisteraitanta forza per la tua anima, tanta gioia interiore e tantaenergia per riprendere con più diligenza il tuo dovere, che

benedirai la decisione presa. 

La prima volta che uno fa gli esercizi, ci va con dif-fidenza, spinto quasi per forza; la seconda volta è egli stessoche li desidera e con gioia.

  Si racconta che, mentre O’Connel, il grande riven-dicatore della libertà dell’Irlanda, stava facendo gli esercizi,

chiese di parlargli un parlamentare del suo partito: “Se tuora manchi in parlamento, noi perdiamo il frutto di ven-t'anni di lotta”, così disse il collega, “poiché i nostri avversa-ri ci sopraffarebbero nelle votazioni”.

“State tranquilli”, rispose il grande uomo di Stato,“se io prego e purifico la mia anima, tratto anche qui la no-

stra causa davanti a Dio e la liberazione dell’Irlanda nonperderà nulla. Il parlamento può minacciare, ma quando iom’inginocchio per pregare, sono più forte di quando alzo ilbraccio per la lotta”.

 

Bellissimo pensiero degno di ogni giovane cristiano.

 La guida dell’anima  ai mai fatto qualche ascensione in alta mon-tagna? Ricordi i febbrili preparativi? Scarpe chiodate, ba-stone, piccozza, borraccia, sacco; ma soprattutto ti sei as-

sicurato che non ti mancasse la guida. La gran parte delle

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disgrazie in montagna è dovuta alla mancanza diun'esperta guida.

 

Lo stesso dobbiamo fare per salire le vette del nostro

spirituale perfezionamento. 

Per quanto zelo tu abbia per la tua formazione, la-sciato a te stesso, potresti facilmente sbagliare. Scegliti dun-que una buona guida, che conosca le mete elevate della vitaspirituale e sappia penetrare negli intimi recessi del tuocuore e chiedile di seguirti durante la tua educazione.

 

Le prime guide dovrebbero essere per te i tuoi geni-tori. Nessuno meglio di essi ti conosce, nessuno può giovartidi più nell’avviamento alla vita. Ma, giunto ad una certaetà, il giovane incontra problemi così delicati ed intimi chedifficilmente ha la forza di confidarsi con i genitori. Allora,sentendo la propria inesperienza ed isolamento, nella soli-tudine del suo cuore, il giovane sospira di trovare un'altra

guida che lo comprenda e, purtroppo, questo stato d'animolo porta spesso ad aprirsi con qualche compagno, inespertocome lui, che, forse, invece di giovargli gli è di maggiordanno.

 

Il problema non può essere risolto che da un buondirettore spirituale, un sacerdote. Felice quel giovane che,nel sacerdote, trova un esperto amico al quale egli può

aprire con confidenza il suo cuore, rivelandogli ogni suosegreto pensiero. Se un giovane ha trovato una tale guida,io non ho più timore per lui. Egli dovrà ancora combattere,forse, qualche volta, soccomberà, ma la mano sicura dellaguida lo rialzerà incoraggiandolo a proseguire la via.

 

Quando, nell'età dello sviluppo, mille dubbi s'affac-

ciano alla tua anima inquieta, quando lo scoraggiamentocerca di stendere il suo nero velo su quanto ti circonda,

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quando tu pensi di non essere compreso dai tuoi e sei tristee scoraggiato, quando stai per soccombere nella lotta con-tro le tue passioni, divenute insolenti, a chi potresti aprire iltuo cuore con più confidenza, se non ad un buon padre

spirituale? 

Chi, meglio di questi, potrebbe prender parte alletue gioie o ai tuoi dolori? Nessuno può leggere nell’animatua, meglio di chi ha imparato da anni a trattare con centi-naia di giovani e a condurli per i sentieri della verità e dellavirtù.

 

“Chi non ha provato”, dice il Beato Ferrini, “qualevantaggio deriva dal contatto della nostra infermità con unsanto del Signore, di noi che siamo nella dissipazione delmondo dal ministro di Dio, che vive tra il vestibolo e l'alta-re? Non è solo la consolante esperienza del perdono ottenu-to che ci conserva lo spirito rinnovato, ma è pur la soaverugiada di celesti consigli ripetutici da colui, che, per scien-

za e pratica, conosce le vie del Signore e che per primo limette in opera, vero capitano della milizia morale”.

  Vorrei che nel tuo animo, oh giovane, ci fossero perlui i sentimenti di venerazione e di affetto che nutrivano imembri di un'associazione cattolica in terra di missione,detta delle “vecchie volpi”, verso il loro sacerdote: “Nel ter-ritorio dei Cheienni”, scrive uno dei suoi capi, “c'è un alto

monte. Ogni indigeno lo conosce. Quando eravamo fan-ciulli, giocavamo attorno ad esso; finché potevamo vederlo,non avevamo alcun timore di smarrire la via. Divenuti piùgrandi andavamo a caccia, e, in qualunque direzione fossefuggita la preda, poco importava, purché non avessimoperduto di vista quel monte. Adulti, dovemmo combattere,inseguendo il nemico per valli e monti e mai dubitammo

della vittoria, tanta era la forza che la vista del monte, sullecui falde erano le nostre case, infondeva al nostro braccio.

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Questa montagna è il nostro sacerdote. Il suo cuore, comela rupe, non vacilla. Egli sempre ci guida nella via del bene,noi siamo sicuri quando andiamo dietro a lui. Egli è il mon-te che ci orienta verso Dio...”.

 Pagine di diario 

Dal diario di un giovane tolgo queste paginedalle quali tu vedrai quanto bene può fare un vero padrespirituale.

  “Martedì…

  ...A scuola c'è una novità: è venuto un nuovo inse-gnante di religione. Quello di prima era già vecchio e hadovuto abbandonare l'insegnamento. Egli era molto buono,

ma non potevamo incontrarci con lui mai, all'infuori delleore di lezione, quindi poco lo potevamo conoscere.

  Sono curioso di sapere come sarà questo nuovo.Egli è molto giovane, avrà una trentina d'anni. Oggi hatenuto la prima lezione e mi è sembrato molto severo.Con lui non si scherza. Nell’intervallo egli ha inteso che iodicevo ad un compagno: ‘Non è vero’. ‘Vedi’, mi disse,‘non è bene dir così. Sarebbe meglio che tu avessi detto:tu forse ti sbagli, così imparereste ad essere più gentili travoi’.

  Sono rimasto sbalordito, questa è una finezza, hopensato; che direbbe se ci sentisse, durante una partita dicalcio, scambiarci l’un l'altro gli epiteti più violenti, quan-

d'anche non ci vedesse venire alle mani...?

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Ciò però mi fa pensare che egli è un acuto osserva-tore dei giovani e che li vuole educare a nobili ed elevatisentimenti.

 

Giovedì.... 

Oggi sono stato per la prima volta dal mio inse-gnante di religione. È stato un incontro fortunato.

 

Ero sotto l'impressione di una scena spiacevole av-venuta in famiglia.

 

Stavo in salotto, il babbo non era ancora ritornato,Paolo e Giulietta giocavano tra loro e, naturalmente, litiga-vano. Quando ne fui stanco ho intimato loro di finirla.

  ‘Già’ , disse la mamma, ‘tu non puoi sopportare maii tuoi fratellini. Per te non dovrebbero esistere, non pensialtro che ai tuoi libri e alle tue partite’.

 

‘Ma, mamma, a me toccano sempre i rimproveriquando i piccoli sono cattivi?’

  ‘Non voglio, ma, sta zitto, non devi rispondere’ e midiede un forte ceffone. Sicuro mi è toccato uno schiaffo.Non so quello che io abbia detto in quel momento, certoche non ne potevo più e sono uscito di casa.

Mentre camminavo concitato, mille tumultuosi pen-sieri si agitavano nella mia mente.

A casa nessuno mi comprende. Mio padre non hatempo, mia madre mi tratta come un bambino e non s'ac-corge che sono cresciuto.

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Una profonda amarezza s'impadroniva di me. Men-tre andavo qua e là, mi ricordai delle parole del nostro nuo-vo insegnante di religione: “Se siete turbati, non abbiatetimore di venire da me”. In realtà era il caso mio e mi deci-

si di provare.Lo trovai in mezzo ad una grande quantità di libri,

dopo che egli rispose con un gentile ‘avanti’ ai leggeri colpiche ripetutamente io avevo dato alla sua porta. M’invitò asedere presso il suo tavolo.

  Da principio non osavo alzare gli occhi dal pavi-

mento. Egli mi fece coraggio e allora gli manifestai tutto ciòche angustiava il mio cuore.

 

‘Forse, caro figliolo, tu credi di essere l’unico che sitrova in queste circostanze e ti sgomenti. Molti giovani silamentano, come te, di non essere compresi da nessuno acasa e si sentono estranei nella loro stessa famiglia’.

Queste parole cominciarono a infondermi un po' dicoraggio.

  ‘I tuoi genitori fanno un po’ come tutti gli adulti,che dimenticano quel che provavano quand'erano giovani enon sanno rendersi conto delle interne lotte e delle aspira-zioni che può avere un giovane dai quattordici anni in su.

Tu, per esempio, hai ideali che li lasciano del tutto indiffe-renti, perché sono assorbiti dalle cure quotidiane. Credi,non è cattiva volontà, ma semplicemente incomprensione.

  E perché tu non cerchi di invitarli a giocare con tecome facevi una volta? Non ti meravigliare di questo sugge-rimento, cerca di dimostrarti ancora piccolo, dando ad essi

l’illusione di rivivere gli anni della tua infanzia, non ne per-derai affatto in dignità e li solleverai un po’ dalle loro

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preoccupazioni; ciò che ti sembra in essi freddezza è sol-tanto la serietà e la preoccupazione della vita’.

 

Mentre io ascoltavo le sue parole, il mio malumore

andava man mano dissipandosi e nel mio cuore tornava lapace. In verità io non ho mai pensato di considerare i mieigenitori sotto questo aspetto. Solo una cosa ancora non erocapace di dimenticare. Non avevo quasi coraggio di dirlo,ma egli mi lesse negli occhi, e: ‘Tu ripensi ancora’, mi disse,‘allo schiaffo che hai ricevuto, non è vero? Per un giovinettodella tua età, ricever uno schiaffo, certo non è cosa piacevo-le. Ti serva almeno ad imparare a conservarti più calmo e a

non dare ad essi nessun motivo perché ciò si ripeta. Anchenel caso che tu dovessi lamentare una vera ingiustizia, con-servati tranquillo e padrone di te; più facilmente allora ituoi genitori capiranno di aver sbagliato’.

  Non ricordo che cosa ancora egli mi disse, solo sen-tivo in me un nuovo senso di pace e un desiderio vivo di

diventare migliore. 

Mi alzai. Avrei voluto baciare con riconoscenza lasua mano, Egli invece strinse la mia.

 

Quando giunsi a casa abbracciai mia madre.

  Oh, se mia madre avesse saputo quale cambiamen-

to era avvenuto in me in poche ore, per merito della paroladel mio buon padre spirituale!”.

 

Lunedì…

  Oggi sono ritornato dal mio professore di religione,ormai egli m'ispira tanta confidenza...

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Avevo il cuore angustiato per quanto mi era capita-to stamattina.

 

‘Padre’, dissi, ‘avrei oggi una cosa da dirle abba-

stanza grave. Posso parlare?’ 

‘Dimmi, caro, parla con tutta libertà’, rispose lui.

  Allora io: ‘questa mattina, durante la lezione, unmio compagno guardava di nascosto sotto il banco un vol-gare giornale. Sorridendo, a un certo momento, egli me looffrì. Il titolo e la copertina facevano facilmente capire

quanto doveva essere cattivo il contenuto. Io rifiutai e, uscitidalla scuola, manifestai francamente la mia disapprovazio-ne, specialmente perché ciò era accaduto durante la lezionedi religione’.

  ‘La lezione di religione!’ egli disse ridendo, ‘ma èappunto per questo che io leggevo in quel tempo, perché

della religione non so che farmene. Del resto sono, in que-sto, d'accordo con mio padre. Egli stesso mi disse che è ro-ba da bambini, come i racconti delle fate, per farli starbuoni. Ad una certa età è una stupidaggine il credere anco-ra a simili favole…’

  M'interruppi esitante: ‘Ma, Padre’, soggiunsi ‘forseio faccio male a dir così’.

  ‘No, caro, dì pure’.

 

‘Mio padre’, continuò il mio compagno, ‘mi dicespesso che al giorno d'oggi non abbiamo bisogno di chiese,ma di fabbriche e di scuole; Dio, Gesù Cristo, la Chiesa, laReligione... sono tutte invenzioni!

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Nel mondo tutto è materia, lo spirito non esiste af-fatto... bisogna dunque cercare di vivere felici in questa vitae non sognare una vita futura...’ e continuò di questo passo.‘Non le nascondo, Padre, che provai un senso di pena e in-

sieme di sdegno. Qualche cosa dovevo pur rispondere;quelle parole: Dio, Gesù, la vita eterna, invenzioni, mi ri-suonavano come un insulto alla mia fede’.

  Ancora dissi al mio compagno: ‘Ma come si fa adistruggere tutto, con la semplice affermazione che tutto èinvenzione quello che abbiamo appreso da bambini? Forseche il nostro professore di religione mente quando fa la sua

lezione?’

  ‘No, egli ci tratta ancora da bambini’, rispose il miocompagno.

  Io replicai: ‘Ma egli vive in conformità alla sua fede,quello che insegna lo crede e pratica egli stesso quello che

richiede da noi’. 

‘Continuammo ancora un po’ la discussione. Nonso se dissi abbastanza per difendere i miei principi; poi cilasciammo.

  Ritornato a casa, le parole del compagno mi torna-vano alla mente e quantunque egli nulla avesse trovato per

persuadermi, tuttavia sentivo il mio animo turbato, per laprima volta, nella mia fede.

 

Sarà tutto falso quello che molti dicono contro lareligione? E tutti quelli che vivono senza curarsi di Dio edell'anima? Anche mio zio ingegnere, non l'ho mai visto inchiesa. Mio padre lavora tutto il giorno, ma quando va a

confessarsi io non lo so; e così tanti altri, che vivono comese la religione non esistesse.

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Padre, ho fatto male a dirle tutto? Se sapesse quantomi ha fatto soffrire questa prima lotta che io ho dovuto so-stenere nel mio animo che era sempre vissuto felice con lafede appresa da bambino! Come una nuvola oscura si af-

facciava alla mia mente e per quanto io protestassi: no, nonpuò essere vero, il dubbio ritornava da capo insistente. Hopeccato, padre?’

  ‘No, mio caro’, egli ha risposto, ‘non mi sorprendo-no queste tue lotte. La fede del fanciullo ora sta per diven-tare quella più profonda, più intelligente del giovane. Èquesta una trasformazione che non avviene senza qualche

burrasca. Ciò non ti deve turbare.

Ascoltami! Quando il tuo compagno affermavaquelle falsità, subiva l’influenza di letture, discorsi ed esem-pi che gli avevano avvelenato la mente e tu invece ti fidi dichi non può né sbagliare, né ingannare, perché tu credi allaparola del Figlio di Dio. L'insegnamento che ti viene im-

partito in nome della Chiesa non è altro che quanto Dio harivelato.

  Tutto dunque si riduce qui: chi è Gesù? È un gran-de uomo, un profeta, un filosofo, un semplice benefattoredell’umanità? No, ciò è troppo poco. Esamina le sue opere,la sua vita e la sua dottrina e tu stesso ti persuaderai cheEgli non è soltanto uomo, ma il Figlio stesso di Dio, che ha

preso umana carne per salvarci.

  Se tu hai questa fede, tutto riesce facile. Se tu nonpermetti che sorgano in te dubbi sulla Sua natura divina,non troverai più alcuna difficoltà in tutte le altre que-stioni: la Chiesa, la confessione, la vita futura, il paradi-so, l'inferno, ecc.’

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‘Sì’, interruppi, ‘io credo tutto questo, ma che devopensare della Chiesa a proposito di quanto diceva il miocompagno, che cioè, ai nostri giorni, più che di chiese, ab-biamo bisogno di fabbriche e di scuole?’.

 

‘Sicuro’, rispose il sacerdote, ‘le fabbriche e le scuolesono necessarie, ma a che vale il progresso materiale, senzala vita spirituale? I più grandi malfattori si reclutano nellefile degli studiosi miscredenti.

  Se non avessimo altre prove della Divina istituzionedella Chiesa, basterebbe il fatto della sua prodigiosa diffu-

sione e conservazione, malgrado gli innumerevoli attacchidi ogni genere che lungo i secoli ha dovuto sostenere.

 

Basterebbe riflettere all'immenso bene che essa haportato all’umanità in questi duemila anni e alle innumere-voli anime che si sentono a lei legate.

 

Dà un'occhiata alla storia del mondo. Quante vitto-rie la Chiesa cattolica ha procurato all’umanità! Chi ha fat-to tanto, come la Chiesa, per diffondere una civiltà nuovache trasformasse i costumi e nobilitasse le anime fino acondurle al dominio sulla materia?

  Guardati attorno e vedrai dovunque la caccia al-l'oro, in mezzo all'infuriare delle sfrenate passioni.

  Chi ti ricorda in questa società così materialistica,che tu hai un'anima e che essa è ben più preziosa dell’oro edel piacere? La tua religione, la tua fede, la Chiesa.

  Oh! se per un momento si chiudessero le porte del-le chiese, se tacessero gli organi e le campane, se più non

si amministrassero i Santi Sacramenti, se non vi fosse più

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alcun prete che evangelizzasse, allora si vedrebbe che in-sostituibile era, per l’umanità, l’azione della Chiesa.

 

Il tuo amico, forse, ti avrà parlato, con evidente

soddisfazione, del caso doloroso di qualche sacerdote chenon è all’altezza del suo ministero.

  Purtroppo nella millenaria storia del Cristianesimosi è ripetuta qualche volta la dolorosa scena della passionedi Gesù e, novelli Giuda, anime cioè infedeli e ingrate aduna sublime predilezione del Divino Maestro, lo hannonuovamente tradito.

  Ciò è doloroso, ma è vero ed i nemici della religioneparlano di questo volentieri, cadendo spesso, non sempre inbuona fede, in esagerazioni ed incertezze.

  Quante volte, in molti dei così detti scandali, non c'èniente o ben poco di vero! Tanta gente, per disgrazia, fa-

cilmente critica i servi di Dio e, mentre è tanto indulgenteverso gli altri, è severissima ed esigente con i sacerdoti.

  Se nella vita ti imbatterai in qualche caso penoso,ricorda:

  Primo: se si fa tanto chiasso intorno a qualcuno diquesti casi, vuol dire che esso ha destato sorpresa e, quindi,

non è tanto frequente.

  Secondo: prima di questi malevoli, che farisaica-mente si mostrano scandalizzati per il prete che vien menoal suo dovere, ne soffrono Cristo e la Chiesa e meglio si fa-rebbe a cercare di riparare al male.

 

Ed infine: non bisogna dimenticare che là dove c'èla natura ci sono pure le manchevolezze della natura stessa.

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 È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengo-no (Lc 17, 1), disse il Divino Maestro.

 

Nell’immenso numero di preti attualmente viventi,

non desta meraviglia che possa essercene qualcuno infelice,quando pensiamo che nel Collegio Apostolico ci fu un apo-stolo traditore. Però, invece che associarti al clamore di pro-teste dei nemici della religione, con dannose mormorazioni,cerca di riparare al dolore che ne viene al Divino Maestro esolleva sempre più alto il tuo concetto del sacerdozio cri-stiano, che va oltre i difetti delle persone.

Ancora avrei da dirti molte cose su questo argomen-to, soggiunse il padre, ma forse a casa già ti attendono. Neparleremo un'altra volta. Intanto leggi questo libro e, quan-do ne senti il bisogno, vieni pure con tutta confidenza’.

  Non avrei voluto più uscire da quella stanza, dovetanta luce veniva alla mia anima. Ora sono felice, perché in

ogni incertezza e turbamento so a chi rivolgermi per avereconsiglio ed aiuto.”

 Per Mariam ad Jesum  A d Altotting, in Baviera, celebre meta di devotidi Maria, sono stati sepolti due storici personaggi: il grandemaresciallo Tilly e il duca Massimiliano I. Entrambi onora-rono Maria con filiale devozione.

  L'iscrizione sulla tomba di Massimiliano dice:

 

“Qui riposa il cuore di Massimiliano I. In vitaegli si struggeva per il desiderio di nobili imprese e per

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l’amore alla Vergine Maria. Sappi, oh pellegrino, cheMassimiliano, anche dopo la morte, ama Maria contutto il suo cuore”.

 

In verità esser cattolici e non onorare Maria è stri-dente contraddizione. La devozione, la confidenza e l’amo-re filiale per la Madre di Dio, sono i più bei tratti della verapietà e il distintivo di ogni giovane veramente credente.

 

Che cos’è per noi la Madonna? È la creatura piùeccelsa uscita dalle mani di Dio. Dante la chiama:

Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,Umile ed alta più che creaturaTermine fisso d’eterno consiglio.

(Dante, Paradiso, c. XXXIII, 1-3).

  Noi non le attribuiamo certo il culto dovuto a Dio,ma la venerazione come Madre del Figlio di Dio e perciò

preghiamo la Vergine di voler intercedere per noi presso ilSuo Divino Figlio, sicuri che la Sua intercessione è onnipo-tente presso di Lui.

  La donna, presso i pagani, non era tenuta in consi-derazione; anzi la sua condizione era assai triste. Il Cristia-nesimo, presentandoci la sublime figura della Madre diDio, ha sollevato il concetto della donna e, con la civiltà

cristiana, l'uomo ha visto nella donna una creatura che hadiritti analoghi ai suoi e che è degna di tutto il suo rispetto:Maria, questa Donna sublime e divina, con le sue sopran-naturali bellezze, ha ispirato in tutti i secoli il genio poeticoe l’arte.

 

L’anima umana aspira al bello, al vero e al bene.

In Maria si raccoglie quanto può appagare queste aspi-razioni del cuore umano. Quando ci fermiamo dinanzi

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all’immagine dell’Immacolata Madre di Dio e fissiamo ilnostro sguardo sui materni occhi di Lei, sentiamo vibra-re la nostra anima di tenerezza e di amore filiale.

 

Sotto lo sguardo della Vergine coronata di stelle,proviamo un indefinibile desiderio di cielo e sentiamo il bi-sogno di essere anche noi immacolati e puri.

  Niente più ci avvicina a Dio, che la devozione aMaria. L’amore a Maria è strettamente congiunto conquello del suo Divino Figlio, tanto che ben si è detto: per Mariam ad Jesum. Ascoltiamo, oh giovani, l’invito che il

grande Alessandro Manzoni ci fa, nel suo inno, ad amareed onorare Maria:

 Deh! a Lei volgete finalmente i preghi,Ch'Ella vi salvia Ella che salva i suoi;

 E non sia gente né tribù che neghi  Lieta cantar con noi:

Salve, o Degnata del secondo nome,O Rosa, o Stella ai periglianti scampo, Inclita come il Sol, terribil come

Oste schierata in campo.

Tua Madre 

Durante la conquista delle Filippine da partedegli Americani, accadde sull'ammiraglia della flotta deiconquistatori un episodio commovente.

 

La squadra era pronta per la lotta a Manila. Si do-

veva salpare, quando, all'ultimo momento, un marinaio la-sciò cadere, dalla nave ammiraglia dov'era imbarcato, la

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sua giacca nell'acqua. Egli chiese subito il permesso di ricu-perarla, ma essendogli ciò stato negato, senza esitazione, sigettò in mare. Tutti pensavano che egli fosse un vile diserto-re, ma, poco dopo, riapparve nuovamente a bordo con la

sua giacca. Ciò però non giovò perché fu arrestato e con-dannato secondo la legge marziale.

  Il generale Dewei, che aveva pronunciato la senten-za, al termine, chiese all’infelice marinaio come mai, peruna semplice giacca egli avesse commesso tale sciocchezza.Il buon uomo allora estrasse di tasca una vecchia fotografiae mostrandola disse semplicemente:

  “Mia Madre...”.

 

Dewei, commosso, tese la mano al marinaio e,stringendogliela, gli condonò la pena con queste parole:“Un marinaio, che per il ritratto della madre espone la vita,è certamente pronto a darla anche per la sua grande Ma-

dre: la Patria”. 

Figliolo caro, anche nella tua anima irradiata dallosplendore della grazia c'è il soave ritratto della tua CelesteMadre: la Vergine Maria. Sei tu pronto a sacrificarti perLei?  Oh! dillo; ripeti spesso: la Vergine Maria è mia Ma-dre, io devo amarla e riporre in Lei una fiducia illimitata.

Se ella è Madre mia, posso affidarle fiducioso la mia anima.

 

Se Maria è mia Madre, posso chiederle aiuto quan-do la mia anima, sotto la pressione delle tentazioni, sta percedere.

 

Se rimango ferito, Maria verserà un balsamo risto-ratore sulle piaghe che mi affliggono.

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Se Maria è mia Madre, mi guarderà con occhio dipietà, anche se io fossi ricoperto da mille peccati, e mai miabbandonerà.

 

Quali consolanti pensieri! Quanta forza viene allanostra anima da queste semplici parole: la Vergine Maria èla nostra Madre Celeste!

  Ti sei mai trovato, nel crepuscolo di maggio, su unpoggio solitario, lungi dal rumore della città, nel momentoin cui dalla valle giunge l’eco del suono delle campane cheinvitano a pregare l’ Ave Maria? Nel tuo cuore si è allora cer-

tamente risvegliato un dolce senso di pietà e di devozioneverso la Madre Celeste.

 

Il Carducci stesso, il poeta miscredente, che non vo-lendo adorare il nostro Dio, in un delirio meno che umano,inventò il dio ribellione, il beffardo Satana, cui innalzò in-censi e voti, non poté sottrarsi al dolce fascino di quei mo-

menti, e, alludendo soavemente al principio del CapitoloVIII del Purgatorio di Dante, così canta:

 Ave Maria! Quando sull'aure correl’umil saluto, i piccoli mortali 

scoprono il capo, curvano la fronte Dante ed Araldo.

Una di flauti lenta melodia possa invisibil fra la terra e il ciclo:

spiriti forse che furon, che sonoe che saranno? 

Un oblio lene de la faticosavita, un pensoso sospirar quiete,

una soave volontà di piantol’anime invade.

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Taccion le fiere e gli uomini e le cose,roseo 'l tramonto ne l’azzurro sfuma,mormoran gli alti vertici ondeggianti 

 Ave Maria. 

Sì, il pensiero di Maria intenerisce l’anima e la fapiù buona.

 

Se nella tua anima è penetrato il peccato, la Verginene rimane addolorata. Puoi tu sopportare questo pensiero,senza provarne pena e rimorso? Hai mai visto piangere tua

madre?

  Forse tu sei ritornato a casa, spensierato, in unmomento in cui non eri atteso. Appena entrato nella stan-za, una scena, che non t’aspettavi, ti si presenta. Tua ma-dre, assisa presso la finestra, piange... Appena ella ti vede,cerca di nascondere le sue lacrime. Ma è troppo tardi, tu

hai visto tutto: tua madre piange. E tu sai che ella piangeper causa tua.

  Una volta, tu eri pieno di confidenza con lei, orainvece tu le nascondi qualche cosa. Non sei tu forse ancorasuo figlio? Vi è forse in te qualche cosa che ella non devesapere? Oh, l’occhio della mamma non si può ingannare.Tua madre piange per te.

  E potresti tu sopportare che la tua Madre Celestepiangesse per te?

  Nel 1268 si fece a Todi una grande festa in onoredel senatore Jacopone, un celebre figlio di quella città. Ilfesteggiato condusse con sé anche la moglie, che fu in quel-

la circostanza la regina della festa. Ad un certo momento latribuna crollò, travolgendo i presenti.

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Tutti accorrevano per prestare soccorsi.

   Jacopone estrasse dalle macerie la sua sposa moren-te. Egli voleva scioglierle la cintura, ma ella glielo impedì

con tutte le forze che aveva. Suo marito la trasportò in unastanza e soltanto allora poté scioglierle le vesti. Sotto il ma-gnifico abito da festa, la nobildonna aveva un rigido cilicio.Morendo, ella sussurrò al suo sposo: “Lo portavo per te”.

 

Quale delicato sentimento in lei, che, con religiosopensiero, si sottoponeva a quella mortificazione, perché ilsuccesso terreno non dovesse nuocere all’animo dello sposo!

  “È per te” dice ogni lacrima della Madre di Dio. “Èper te” dice il suo volto addolorato e smorto sotto la Croce.

  E tu, figliolo, vorrai addolorare ancora la tua MadreCeleste?

 La devozione a Maria 

Da un capo all’altro della terra, tanti fiori ven-gono deposti ai piedi della Vergine; ma i più belli, i più carial Suo cuore materno sono quelli che provengono dai cuoriinnocenti e puri della giovinezza cristiana.

  La devozione a Maria sarà la tua salvezza nelle lottedella vita.

  Impara fin da giovane, a confidare nella potenteintercessione di Maria.

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Senti come l’animo del Poeta vibra di confidenza edamore nella Madre Celeste:

 Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

Che qual vuol grazia, e a Te non ricorre,Sua disianza vuol volar senz’ali.

 La tua benignità non pur soccorre A chi domanda, ma molte fiate

 Liberamente al dimandar precorre.

(Dante, Paradiso, c. XXXIII 13-18)

  “Vergine Santa, aiutami!” grida anche tu, quandosei provato dalla tentazione e vedrai come la Vergine, chenon ha conosciuto il peccato, ti renderà forte nella lotta.

  “Aiutami, oh Vergine!” prega nelle avversità, neidolori, nelle pene segrete e la Madre di Dio ti aiuterà.

 

Termino questo argomento, che ben potrei dire ine-sauribile, col bellissimo sonetto che il Filicaia compose inonore di Maria per implorarne l’aiuto e trovare confortonegli occhi Suoi:

Vergine, Tu ben vedi a me davante

 In atto di ferir col braccio alzatoStarsi la morte, e vedi il tempo alato, Doppiar le penne alle veloci piante;

 E vedi quante in vari modi, e quante Piovon tempeste a me dal ciel irato,Ch’or di rigore, or di pietade armato,

 Finge cuor di nemico, e l’ha d'amante.

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Tu al gran bisogno accorri, e Tu la fida Destra mi porgi, e dei Tu farlo, e 'l puoi: A te drizzo i miei passi, e Tu li guida.

 Ma i dolci accenti de’ begli occhi tuoi Odo, e dicemi un guardo: Ama e confida!  Il Ciel t'aspetta, e tuo sarà, se 'l vuoi.

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Capitolo VI  Alle SORGENTI

L’ultima cena (Jacopo Bassano)

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò

(Mt 11, 28)

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 La vera libertà 

I l forestiero che il primo di agosto si trova in Sviz-zera è fortemente commosso da una tradizionale manife-stazione dell’amore che quel popolo conserva come sacrafiamma per la propria secolare indipendenza.

  Sull’ora vespertina da ogni campanile, da ogni torredelle città come dei piccoli villaggi disseminati per i monti,si diffonde un suono festoso di campane, che si propaga e

s’incalza in un’onda maestosa per ogni valle e su ogni lago,mentre su tutte le vette si accendono dei fuochi che dannoal paesaggio un aspetto fantastico. L’anima di quel popolosembra allora vibrare all’unisono, per un unico sentimentoche erompe dal labbro in un canto che si fonde col suonodelle campane: è l’inno della libertà, indomita aspirazionedi un popolo che non volle subire l’umiliazione della dolo-

rosa schiavitù.  È indubbiamente bello, nobile, generoso!...

  Giovane caro, tu ami la libertà, lo vedo dai tuoi oc-chi fieri e sdegnosi di ogni ignobile viltà. Questa tua aspira-zione è nobile e santa, però, ricorda, innanzi tutto e soprat-tutto, che tu devi amare e difendere la libertà del tuo spiri-

to, la purezza della tua anima contro chi vorrebbe renderlaschiava.

  E se per disgrazia ormai tu fossi schiavo del peccatoo di qualche cattiva abitudine, sappi, oh giovane, essere li-bero figlio di Dio. E come?

 

A Pietro ed ai Suoi Apostoli il Salvatore ha dato ildivino potere di sciogliere le catene che ci tengono avvinti:

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 A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete,resteranno non rimessi (Gv 20, 23).

 

Al Sacerdote, che continua questa sublime missione,

tu dunque devi ricorrere per riacquistare la tua libertà. 

Non ti ripeterò ora quello che tu hai imparato nelcatechismo intorno al Sacramento della Confessione, masolo richiamerò la tua attenzione su ciò che, di solito, i gio-vani praticamente trascurano.

  Prima di presentarti al confessore tu devi esaminare

la tua coscienza; devi penetrare nell’interno della tua animaper scoprirvi anche i più segreti difetti e mancanze.

 

Le preoccupazioni quotidiane cominciano prestoanche per i giovani. La vita febbrile, l’esaltazione della ma-teria con il pretesto di aspirazione al progresso e la ricercadi ogni comodità della vita fanno sì che molte anime giova-

nili perdano di vista il nostro ultimo fine ed il valore dellavita spirituale. Di quanta utilità sarà per la tua formazioneil dovere, di quando in quando, per prepararti alla confes-sione, rientra in te stesso per esaminare e controllare le tueazioni! Io non conosco, per te, istante più fecondo di quelloche tu passi nel silenzio religioso di una chiesa mentre di-nanzi al Crocifisso esamini la tua coscienza.

 

Rispondi sinceramente a quei quesiti. Via ogni scu-sa dell’amor proprio, ogni vana attenuante. Nella confes-sione noi dobbiamo essere inesorabilmente sinceri verso noistessi anche se il mondo cerca d’ingannarci con le sue adu-lazioni. Dobbiamo, in una parola, ritrovare noi stessi, que-sto è il primo passo che facciamo per migliorare.

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Ogni colpa esige una riparazione. La natura umananon ha pace finché l’ordine turbato non sia tornato al suoequilibrio.

 

Anche presso i pagani vediamo l’eroe che ripara lasua colpa. Il sentimento di tale dovere proviene, come logi-ca conseguenza, dalla conoscenza della colpa commessa edal dolore che l’animo prova; è allora che si sente il bisognodi riparare. Tal è dunque il compito dell’esame di coscien-za; mettere a nudo le nostre miserie per farci provare di-spiacere d’aver offeso Dio e sentire il desiderio di ripararle.È così che il figliol prodigo, in quella lontana regione dove

aveva dissipato ogni suo avere, meditando sulle colpe, neprovò tale vergogna e dolore che esclamò: non posso più viverea lungo così, mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho pec-cato contro il Cielo e contro di te (Lc 15, 18).

  Un tale dolore non turba, ma consola. Mentre umi-lia, esso nobilita l’animo. Distrugge, ma insieme fa risorgere

a nuova vita. Vorrei non aver commesso quelle colpe, dice ilpeccatore, non posso distruggerle che pentendomene eproponendo di non più peccare. Ho agito male: è giustoche io renda a Dio la dovuta soddisfazione.

 

Alcuni giovani provano per la confessione un sensodi timore che li allontana. Ma perché tremare dinanzi aquella mano che vi vuole benedire? Fuggireste dinanzi al

padre che vi vuole partecipi dei suoi doni? Temereste ilmedico che vuol guarire le vostre ferite?

 

L’uomo ha un intimo bisogno di confidarsi special-mente nell’ora del dolore. La colpa ed il rimorso incombo-no sull’anima come uno spettro. Felice l’uomo che sa ricor-rere all’unico ed efficace sollievo della confessione; gli sem-

brerà di sentirsi togliere dal cuore come un grosso peso e dipoter respirare più liberamente in una nuova atmosfera.

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I più celebri psicologi, anche di altra fede, che con-siderano l’influenza della confessione soltanto sotto unaspetto naturale, ne riconoscono ed esaltano l’immensovalore.

 

“Umiliati da uno sbaglio”, dice il Beato Ferrini,“acquistiamo quella pace intima che è tanto necessaria albene; turbati da un dubbio, lo deponiamo in seno all’uomodi Dio e torniamo con sicurezza all’adempimento dei nostridoveri; spaventati da ardue prove, attingiamo da quella pa-rola aiuto e conforto; oppressi dal dolore, troviamo chi neterge le lacrime e ci circonda con sovrumano conforto nel

pianto...

  Quando in terra straniera mi inginocchiai la primavolta davanti al Sacerdote e gli rivolsi la prima parola, ven-ni accolto come un vecchio compagno, come ospite diletto,come fratello. E lo stesso ministro non poté trattenersi dal-l’esclamare: ‘Divina potenza della Religione!’...”.

 La statua di Memnone 

Nella pianura di Medinet, dove sorgeva l’anticaTebe, esistono due grandi statue, alte circa venti metri, diuna pietra grigia. Le fece costruire, nella metà del secondomillennio avanti Cristo, il faraone Amenotep III. Quellache è in onore di Memnone, secondo una antica tradizione,aveva una curiosa qualità.

  Appena i primi raggi del sole illuminavano la statua,essa faceva sentire dei suoni armoniosi, che sembravano un

saluto al sole nascente.

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Quando, oh giovane, tu hai fatto una buona confes-sione, sembra che in te si verifichi un simile fenomeno. Tuti senti inondato da una pace indescrivibile e l’esultanza cheè nel tuo cuore vorrebbe erompere in un cantico di lode al

Signore. Sono i raggi della divina grazia che, nel momentodella assoluzione, riscaldando la tua anima del divino amo-re la fanno splendere di una luce bella che traspare anchedal tuo occhio raggiante di gioia.

 

Nessuno sa quali meraviglie avvengono nel silenziodi un confessionale, nessuno, all’infuori di chi ha speri-mentato quanta forza viene all’anima e quanto conforto

alle sue pene.

  La creazione del mondo non è stata così meraviglio-sa, come la resurrezione alla grazia di un’anima in peccatomortale.

 

Nessuno mai saprà quello che tu sussurri nel segreto

del confessionale all’infuori di Dio e del Suo rappresentan-te, il sacerdote. Nessuno vede il rossore delle tue guance,nessuno ascolta i palpiti del tuo cuore pentito, come purenessuno osserva il torrente di grazia che scende nella tuaanima come su una steppa arida e deserta e in un istante tifa nuovamente amico di Dio.

  Il romanziere ungherese Mauro Jokai che, come

calvinista, tratta con poco rispetto, nei suoi romanzi, laChiesa Cattolica, in un punto tuttavia parla così della con-fessione: “La Chiesa Cattolica ha a disposizione un mezzocosì sublime, così pieno di efficacia per sollevare gli uomini,che basterebbe da solo a farne desiderare la diffusione sututta la terra, dovunque sono anime in pena; voglio dire laconfessione.

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Giovanni Calvino ha commesso un grave errorequando l’ha abolita. Egli ha dimostrato di non conoscere ilcuore umano”.

 

Quanti non cattolici sospirano, in fondo all’animo,di poter conoscere la pace della assoluzione sacramentale!

  Madama di Staél sospirava:

 

“Che cosa non darei per potermi inginocchiare inun confessionale cattolico!”

 

E il protestante Naville diceva davanti all’Accade-mia di Ginevra, nel 1839:

 

“Chi di noi non ha rivolto uno sguardo d'invidiaverso il tribunale della penitenza? Chi, nell’amarezza delrimorso, nell’incertezza del perdono divino, non ha sospira-to di udire una bocca che potesse dirgli, con la potenza del

Cristo: Va in pace: i tuoi peccati ti sono rimessi?” 

Il poeta Briseux, vedendo un contadino che vagliavail frumento, esclamò:

 

“Oh se io potessi vagliare così l’anima mia!”

  E un altro, il poeta Sullj Prudhomme, così fa parlare

un povero delinquente che invano cercava il perdono, fuoridella confessione:

 

“Il mio grande peccato mi seguiva passo a passo e silamentava d'invecchiare in un vile mistero. Sotto il dentedel rimorso, non poteva tacere e parlava alto, da solo,quando io non vi pensavo. Volendo io alleggerirmi di quel

pesante segreto che mi schiacciava e volendo deporlo nelseno di un buon depositario, per trovare la pace, di notte

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feci una fossa nella terra e là, a voce bassissima, confessai ilmio peccato a Dio. Ma ohimè, come invidiavo il fortunatoassassino che riceveva l’assoluzione dalla mano del sacerdo-te! Egli non vedrà più il sangue ricomparire nell’ora tene-

brosa in cui fu vibrato il colpo. Io invece manifestai il miodelitto all’orecchio divino, ma dove lo pronunciai la terrafece nascere una spina, e non seppi mai se fui perdonato”.

  E dire che tanti giovani che hanno a portata di ma-no questo prezioso aiuto, ne fanno tanto poco conto... Abi-tuati fin da piccoli a veder, entrando in chiesa, dei confes-sionali, non fanno più caso a questo dono di Dio.

  Come quei ragazzi che, cresciuti nell’abbondanza,non ne apprezzano più il valore.

  Giovane caro, sii grato al Signore di possedere taletesoro. Ricorri ad esso sempre con fiducia, e se un giornol’anima tua dovesse, purtroppo, macchiarsi di qualche gra-

ve colpa, non disperare del perdono divino, ma, seriamentepentito, gettati ai piedi del Ministro di Dio per riavere lapace.

  Tu sai quanto grave è stata la caduta di Pietro; ep-pure Gesù, dopo avergli perdonato il suo peccato, lo elessea capo della Chiesa.

Tu sai quale peccatrice fosse Maria Maddalena, ma,dopo che essa lavò con le lacrime le sue colpe, meritò il sin-golare privilegio di essere ai piedi della Croce assieme allaMadre di Dio. Tu sai che Sant’Agostino aveva trascorso glianni della sua giovinezza nell’errore e nel vizio, ma, dopoche egli trovò in Cristo la verità e pianse i suoi peccati, di-venne uno dei più grandi santi e dottori della Chiesa.

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Non dubitare mai, oh giovane, della Divina Mise-ricordia, ma, nella contrizione del cuore, ricorda la para-bola del figlio prodigo e le parole incoraggianti di Gesù:Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò 

(Mt 11, 28).

Confessate bene 

Che cosa è necessario per una buona confessio-

ne? Dolore sincero, fermo proposito di voler migliorare edun’umile accusa delle proprie colpe.

  Chi vuole avere un buon raccolto nel suo campodeve preparare il terreno rimuovendo le pietre ed estirpan-do le cattive radici prima di seminare il buon grano. È que-sto quel che fa la confessione nell’animo pentito.

  “Ma io ho promesso altre volte di migliorare e anulla ho approdato”.

  E che importa? Non devi perdere la speranza.Quanto più tu sei schiavo di qualche cattiva abitudine etanto più spesso tu dovresti ricorrere alla confessione.L’unico mezzo per liberarti da quella penosa catena, staappunto nel detestare ripetutamente i tuoi sbagli. Tu dici dinon aver progredito, nonostante la frequente confessione?E che sarebbe se tu non ti fossi confessato di frequente?Forse tanto più gravi sarebbero state le tue colpe e, senzaquesto divino aiuto, forse tu saresti diventato schiavo dellapassione.

Rifletti piuttosto se, quando t’accosti alla confessio-ne, lo fai con la dovuta serietà. Quanti giovani si preparano

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troppo superficialmente a questo atto così importante; cer-cano un confessore qualunque che faccia presto e alla buo-na e se ne scappano via appena ricevuta l’assoluzione. Chemeraviglia se in tal caso l’efficacia del Sacramento resta al-

quanto diminuita? Oh se riflettessero ai buoni consigli rice-vuti da un vero padre spirituale, se li conservassero gelosa-mente nel cuore, cercando di metterli in pratica, certamen-te non si lamenterebbero di non fare alcun progresso!

 

Prova e vedrai.

  Fa pena il sentir dire: “Quand’ero giovane, sono

stato lasciato a me stesso; ero tanto inesperto e mi sentivocosì solo!...”.

Oh! no; io posso dire: “Io ero giovane ed ebbi le debolezzedei giovani ma la mano del Signore mi ha sorretto e mi haguidato”. Vorrei che ognuno di voi potesse un giorno ripe-tere queste parole.

 

A volte il giovane è turbato da questa considerazio-ne: “Il padre mi conosce: che dirà di me, quando scopriràle ferite della mia anima? Egli è il mio parroco e mi stimacome persona per bene...”.

  Certamente pensieri di tal genere possono renderela confessione più penosa. Spontanea si presenterebbe la

soluzione di cercare un altro confessore; ma, in tal modo, ilgiovane forse si priva di consigli preziosi che gli possonovenire appunto da chi lo conosce, da chi è informato sullesue abitudini e sulle circostanze della sua vita.

  Non temere se il confessore ti conosce; appuntoperché ti conosce, potrà meglio guidarti e la sua stima, an-

ziché diminuire, si accrescerà per te, vedendo tutti gli sforziche fai per migliorarti.

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Che diresti di un ammalato che spesso cambiamedico e medicina? Potrà un giovane migliorare la suacondotta, se ricorre sempre a nuovi confessori? Immaginaquale confusione nella tua mente verrebbe, se, ad ogni ora

di lezione della stessa materia, tu dovessi cambiare profes-sori e metodo. Così avviene a chi cambia sovente il pro-prio confessore.

  Va dunque dal tuo confessore e padre spirituale conancor più confidenza che dai tuoi genitori ed amici.

Egli sa bene che non vi è lotta senza ferite. Se sei

umiliato per la colpa, egli ti porgerà la mano per rialzarti.Fossi tu pure immerso, fino al capo, nel fango, non diffidaremai della sua paterna bontà. Egli curerà con intelligenza edamorevole comprensione la tua anima ammalata, poichéegli è Gesù stesso che, nella Sua infinita misericordia, alzasul tuo capo chino in sincero sentimento di dolore, la manobenedicente che perdona, e, come nelle composizioni dei

grandi artisti, più bella, dopo una dissonanza, appare l’ar-monia che ne segue, così nella tua vita spirituale, dopo laprova, più bello apparirà lo sforzo per risalire, più gloriosala vittoria.

 Pagine di diario 

A ncora qualche pagina di diario di un giovaneche tanto bene rispecchia gli interni sentimenti provati do-po una buona confessione.

 

“Finalmente, ho avuto il coraggio di fare, una since-

ra confessione generale.

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Sono le dieci di sera; tutto tace attorno a me, solo ioin casa, non posso dormire. L’avvenimento di oggi ancorami commuove.

 

È impossibile descrivere lo stato d’animo in cui mitrovo. C'è qualche cosa in me che mi fa esultare: sono pienodi gioia, mai mi son sentito così felice.

Mi sono trattenuto per una mezz’ora con il mio pa-dre spirituale; dopo aver visto, attraverso l’esame di co-scienza, tutte le miserie, i peccati, le omissioni da me com-messe nella mia vita passata, ho aperto la mia anima con

tanta sincerità e confidenza, come non avrei fatto con nes-sun'altra persona.

 

Eravamo noi due soli: Egli, il rappresentante di Cri-sto, ed io inginocchiato ai suoi piedi.

 

Parlai con semplicità, raccontando tutto ciò che ri-

cordavo della mia vita passata, perché volevo che neppureuna piega della mia anima rimanesse nascosta.

  In qualche punto ho dovuto far appello a tutto ilmio coraggio e le parole mi uscivano dal labbro tremante,ma infine io ho respirato profondamente, come se mi fossestato tolto un grosso peso dal petto. Appena io chiesi il di-vino perdono, il padre cominciò a rivolgermi parole così

dolci e caritatevoli, che scendevano nella mia anima comeuna musica celeste.

 

‘Quanti anni hai, mio giovane?

  Sopra di te, vedi, pende un Crocifisso, alza il tuosguardo; tu hai messo qui dinanzi a Gesù gli anni della tua

vita. Tu hai detto tutto ciò che passava nella tua coscienza;digli ora: Signore, sei tu contento di me? Oh, vedo nel Tuo

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sguardo un tacito rimprovero! Sì, oh Signore, anch’io nonsono contento di me stesso, della mia vita passata. Appuntoper questo sono qui venuto a prostrarmi dinanzi a Te mise-ricordioso. Voglio, Signore, diventare un altro. Perdona i

miei peccati e, per l’avvenire, fa che ogni mia parola edogni mia azione sia conforme al Tuo Divino volere…

  Non è vero, figliolo, che tu prometti così?’.

 

Il padre continuò a parlarmi in questo modo per unbel po’. Io tenevo gli occhi verso il Crocifisso... mi sembravache una mano soave accarezzasse la mia fronte, una mano

pietosa, la mano del mio Salvatore.

  Mi sembrava che Gesù mi accogliesse tra le suebraccia e mi stringesse al Suo Cuore.

  Quando uscii, mi pareva che tutto fosse cambiatoattorno a me. Il sole più splendente, gli uccelli più garruli, i

fiori più vivaci, la vita mi sorrideva d'intorno. Mi pareva diessermi risvegliato da un lungo penoso sogno.

  Io sono stato purificato, Signore, io sono nuovamen-te Tuo. Mi sembra impossibile di poter ancora allontanar-mi da Te. La mia anima, in cui risuonano celesti armonie, èirradiata dai raggi del sole Divino. Oh, come mi sembranovane le seduzioni del mondo, come il peccato mi sembra

brutto di fronte alla gioia di poter guardare con confidenzaserena il mio Salvatore!

 

Lungo la strada la gente s'affrettava da ogni parte. Iquotidiani affanni della vita premevano i loro cuori ed ioero come fuori di me. Immerso in questi pensieri, ritornai acasa. Il Signore, dicevo, lo porto con me e questa convin-

zione mi riempiva di gioia e di felicità.

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Rientrai in casa. Non c'era nessuno, uscii nel giar-dino e mi sedetti sotto il vecchio albero, presso il piccololago. Tra i cespugli cinguettavano gli uccelli, svolazzandosulla superficie dell’acqua. Da lontano i monti sembrava

volessero salutarmi, mentre appena m’accorgevo del rumo-re che giungeva al mio orecchio dalla città. Il mio occhiovagava qua e là. I miei compagni erano i fiori che abbelli-vano la vicina aiuola, i piccoli passeri, i raggi del sole chescherzavano sull’acqua e tutto mi sembrava che dicesse:Ecco come sei felice!

  Mi ricordai quel che avvenne all’esploratore polare

Nansen. In una delle sue spedizioni, tanto era il suo appeti-to con quel terribile freddo, che inghiottì i resti ributtantidel grasso di foca con cui alimentava la lampada e, ritorna-to al suo paese, alla vita normale, non sapeva persuadersi diaver potuto mangiare una cosa così ripugnante.

 

A me pure, ora che sono ritornato sui miei passi,

sembra di essere passato da morte a vita e, ripensando aquello che ho fatto: Oh Signore, esclamo, come ho potutoessere così cieco da gustare il cibo avvelenato della colpa?Come percepisco ora che infinitamente più bello è l’esserepuri!”

 Il Corpo di Cristo 

Una nave era stata colta dalla bufera in mezzoagli insidiosi fiordi della lontana Norvegia. Essa lottò alungo contro il terribile uragano, finché, trasportata dalleonde, andò ad urtare violentemente contro uno scoglio

nascosto.

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Gli abitanti della costa videro da lontano quellaterribile lotta e la sciagura, ma nessuno poté, per ben ottogiorni, cimentarsi a portare aiuto ai naufraghi. Finalmen-te, all’ottavo giorno, la tempesta si calmò e subito le bar-

che di salvataggio si staccarono dalla riva per avvicinarsialla carcassa della nave.

  Niente c’era più da salvare, ma ecco, su di uno sco-glio che spuntava dalle acque, videro giacere una madrecon il suo figliolo. La povera donna era già morta, ma ilbambino ancora viveva, stretto dalle braccia materne.

 

Al momento del naufragio, un’ondata li aveva lan-ciati sopra quella roccia. Quantunque fossero salvi dal peri-colo delle onde del mare, si presentò orribile a loro, lo spet-tro della fame. Quando la povera donna vide avvicinarsi lamorte e sentì venir meno le sue forze; essa non pensò che alsuo bambino.

 

Con una pietra appuntita si ferì e fece succhiare ilsuo sangue al suo figliolo, affinché egli potesse così prolun-gare un po’ la vita, nella speranza di un prossimo aiuto.

  Che cosa può suggerire l’amore di una madre! Lavita può spesso paragonarsi ad un mare agitato, dove noicorriamo il pericolo di morire spiritualmente d’inedia. Ge-sù, come quella eroica madre, ci dona un nutrimento am-

mirabile, dandoci in cibo le Sue Carni ed il Suo Sangue erendendoci, così, forti nella lotta.

L’Eucaristia: ecco il prodigio dell’amore divino!

  Vita hominis militia est.  Su questa terra, noi dob-biamo lottare come soldati. Una segreta lotta si agita

dentro di noi. Chi non ha inteso con S. Paolo questa leg-ge del peccato che si ribella ai dettami dello Spirito? Noi

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vediamo il bene, lo desideriamo anche, ma la nostranatura decaduta ci trascina continuamente al male!

 

La grande preoccupazione del generale sta nel

provvedere i rifornimenti per la sua armata. Con soldatisfiniti ed affamati non si può combattere. Ebbene, oh miogiovane, la forza per vivere onestamente e la fonte di ognivittoria sono nascoste nel Santissimo Sacramento dell’Alta-re. L'Eucaristia è il Sacramento della vittoria.

  Hai letto come i Russi, nella prima guerra mondia-le, hanno fatto capitolare la poderosa fortezza di Przemjsl?

Essi l’hanno presa con la fame. Per quanto fosse difesa daipiù valorosi soldati e dotata di enormi cannoni e ricca dimunizioni e corazze, a nulla tutto questo è giovato.

  Le vettovaglie presto finirono e quei valorosi, affa-mati, dovettero arrendersi.

 

Quante capitolazioni spirituali hanno la loro veracausa nella mancanza di nutrimento!

  Quale meraviglia, se l’anima, alla quale manca ilcibo spirituale, s’indebolisce e non è più capace di resistereall’assalto delle tentazioni?

   Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di que-

sto pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vitadel mondo (Gv 6, 51).

 

Giovane caro, se vuoi riuscire vittorioso, non dimen-ticare queste sublimi parole del Salvatore che promette lavittoria a chi si ciba delle Sue carni immacolate.

 

Mentre i saraceni stavano per impadronirsi di Assi-si, Santa Chiara prese devotamente l’ostensorio e andò

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incontro ad essi. Dal Santissimo Sacramento partironoallora raggi di tale splendore che i saraceni, meravigliati esgomentati, desistettero dall’assalto.

 

Ogni anima pura si può paragonare ad un castellodove abita Dio con la Sua grazia. Quando gli assalti dellepassioni l’assediano, essa non può trovare aiuto più preziosodell'Eucaristia che è la sorgente stessa della grazia e dellaforza.

 Il pane dei forti  

Seguimi con il pensiero nell'anfiteatro romano,nel momento in cui, dinanzi all’imperatore Nerone e aduna folla immensa di pagani assetati di sangue, i Cristianivengono dati in preda alle fiere.

  Una piccola schiera condotta nel mezzo dell’arena.Sono madri con i loro piccoli in braccio, vecchi, fanciulle egiovanetti…

 

Si alzano le saracinesche e, dagli oscuri sotterranei,balzano fuori affamate le belve.

Un istante di silenzio in tutto il circo.

I cristiani nel mezzo dell’arena, calmi, guardano lefiere che s'avanzano. Essi non tremano, non implorano gra-zia, ma pregano ed elevano un cantico di gioia dal cuoreche vede già aprirsi il cielo per accoglierli.

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Già le belve digrignano i denti fiutando la preda, equei forti, con lo sguardo rivolto al cielo, continuano impa-vidi il loro canto...

 

Da dove hanno essi attinta tale incredibile forza? Erano assidui… nella frazione del pane  (la Comunione) e nelle preghiere (At 2, 42) dice di loro la Sacra Scrittura. Ecco il se-greto del loro coraggio.

 

La Comunione è anche oggi per te pegno di vitto-ria. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò(Mt 11, 28).

  Anche nel cuore del giovane si nascondono talvoltasegrete pene, anch’egli è spesso rattristato od oppresso dallaprova. Se quest’ora giungesse anche per te, oh amico caro,ricorda la promessa di Gesù e va a ricevere la Comunione.Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

 

È forse la tua anima ammalata e vuoi tu guarire leferite ad essa inflitte dal peccato? Ricorri alla Comunione.

  Ritorna alla tua mente il pericoloso ricordo dellecolpe passate e temi tu di ritornare schiavo? Ricevi laComunione.

  Se il veleno dell’orgoglio ti gonfia, scrive San Cirillo

di Gerusalemme, ricorri a questo Sacramento, e il Pane,sotto le cui apparenze si è umiliato il tuo Dio, t’insegneràl’umiltà.

  Se arde in te la febbre dell’avarizia, cibati di questoPane celeste e imparerai la generosità.

 

Se ti rattrista il vento dell’invidia, ricorri al Pane de-gli Angeli e verrà nel tuo cuore la vera carità.

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Se sei spinto all’intemperanza, cibati della Carne edel Sangue di Cristo, che, nella sua vita terrena, tanto hapraticato la mortificazione, e diverrai temperante.

 

Se sei pigro e non trovi piacere né a pregare né inaltre opere buone, rinforzati con questo cibo celeste.

  Se, in fine, il più terribile male t’affligge, voglio direla febbre dell’impurità, accostati al banchetto degli Angeli,e la Carne immacolata di Cristo ti farà puro e casto.

  Uno scrittore francese, il Néoguvel, così esalta la

Santa Comunione: “A chi disprezza la Comunione, io vor-rei dire: Ho visto, nella chiesa, giovani che ritornavano dal-la Sacra Mensa e una indescrivibile grazia traspariva dalloro aspetto. Ho visto madri addolorate asciugare le lorolacrime dopo la S. Comunione. Ho visto il volto del mori-bondo rischiararsi per un raggio di speranza, quando l’Eu-caristia è giunta al suo letto. Ciò che rischiara così la vita

umana non può non essere santo”. 

Un giovane di quindici anni aveva un forte doloread una gamba, il medico lo visitò accuratamente e, con ter-ribile angoscia dei genitori, dovette concludere che si trat-tava di una gravissima malattia dell’osso. “Purtroppo, egliconcluse, la medicina non ha alcun rimedio e si rende ne-cessaria l’amputazione della gamba”.

  “No, no”, gridò l’ammalato, “piuttosto morire!”

 

Per più settimane si cercò di persuaderlo; la sua ri-sposta era sempre la stessa: “No, no, piuttosto morire”.

 

Finalmente il padre, inginocchiatosi davanti al let-

to disse: “Figliolo, se non vuoi farlo per amor tuo, falloalmeno per me”.

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Il giovane, sorpreso, guardò per qualche istante ilpadre, poi afferrandogli strettamente la mano, con vocecommossa esclamò: “Sì, babbo, sia per amor tuo”. E rivol-tosi al dottore: “Fate tutto quello che volete”.

 

Figliolo caro, quando la tua anima è ammalata,pensa al tuo Padre Celeste, al tuo Salvatore che non è ingi-nocchiato presso al tuo letto, ma che per te pende dallaCroce sul Golgota e ti dice: “Figliolo, lasciati guarire, senon per te, almeno per amor mio”. Guarda allora al Croci-fisso ed esclama: Sì, oh Signore, sia per tuo amore, fa di metutto ciò che Tu vuoi.

  Sai che farà di te il Signore? Nella confessione egliamputerà i tuoi peccati; ma non temere, ciò avverrà senzafarti soffrire. Egli poi ti offrirà una medicina preziosa: laSua Carne e il Suo Sangue che non ti amareggerà, ma cheti ridonerà la salute e la gioia di poterti ancora chiamare ilSuo figliolo puro e fedele.

 Il Signore è con me 

Dopo la Comunione io non sento più niente, ionon vedo niente. Chiuso il mio libro di preghiere, nascondola faccia tra le mani e chiudo gli occhi. Il mondo è scom-parso, non penso ad altro che a Cristo e alla mia anima,alla mia povera fragile anima.

   Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20).“Io sono capace di ogni cosa in Colui che è la mia forza, inCristo nostro Signore. Sì, oh Gesù, Tu sei qui nel mio cuore

ed io son tutto tuo. Ma, ahimè! Quanto diversa è questamia povera anima da quello che dovrebbe essere! Quanto

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ancora debbo lavorare per perfezionarla! Fino ad ora pocoho fatto, ma adesso che il Tuo cuore palpita pieno di amorevicino al mio, Gesù, oso sperare che Tu ti degni di rendereil mio cuore, così difettoso, simile al Tuo”.

 

Le fiamme della Tua carità avvampino nella miaanima; oh carità di Cristo, distruggi in me ogni traccia dipeccato...”.

 

Con questi pensieri apri la tua anima a Gesù che neha preso possesso.

 

Nulla può sostituire il bene immenso che è la SantaComunione. Il mondo con le sue ricchezze e con i suoionori, la scienza, la letteratura, l’arte ecc. non bastano adappagare questo nostro cuore che aspira all'infinito.

  Gesù disse: Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo enon bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita… Chi mangia que-

sto pane vivrà in eterno (Gv 6, 53. 58). 

Ma non può forse uno vivere onestamente anchesenza la Comunione?

 

Certamente. Uno può osservare i suoi quotidianidoveri e vivere bene della vita comune, non però della vitasoprannaturale che ci deve condurre all’eternità.

  Esiste una pianta, la primula cinese, che, a venti gradidi calore, dà dei fiori rossi, ma ad in una temperatura piùalta i suoi fiori diventano bianchi. Così il fuoco sacro dellaSanta Comunione trasforma i fiori rossi dei nostri umani eterreni desideri, pensieri e azioni, nei bianchi gigli della vitasoprannaturale.

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Amico caro, va volentieri e ben disposto alla SacraMensa, specialmente se hai cattive abitudini da vincere.

 

Quanto più ardue sono le lotte della tua anima, e

violente le burrasche nella tua giovane vita, tanto più tu haibisogno di una mano amica che ti sorregga.

  San Carlo Borromeo dovette trascorrere gli annidella sua vita di studente tra giovani tutt'altro che religiosi ecasti; eppure egli seppe conservarsi puro. A chi gli chiedevadove egli avesse attinto la forza, rispondeva: “Dalla Comu-nione che io ricevo ogni domenica e venerdì”.

  “Ogni domenica!”, tu esclami; “ma io non sono de-gno di comunicarmi così spesso”. Naturalmente né tu, nénessun altro uomo sarebbe degno di ricevere il Signore. Sela Comunione fosse un premio, chi oserebbe riceverla? Essaè innanzitutto il Pane di vita, la sorgente della grazia, allaquale tutti possono attingere, purché abbiano l’anima libera

dal peccato grave. 

Se la tua fantasia si turba nell’incertezza di non averabbastanza energicamente combattuto contro la tentazio-ne, non privarti della Comunione che è per te sorgente diforza, ma, premesso un atto di dolore, accostati alla SacraMensa. Tu ci vai non perché tutto è in perfetto ordine nellatua anima, ma appunto per riordinarla.

  “Mi sono comunicato tante volte e ancora ricadonelle mie colpe”, tu forse aggiungi.

  Ciò non è certo per colpa del Sacramento. Esso tidà la grazia in proporzione delle tue disposizioni, la Suaefficacia dipende in gran parte dal modo con cui tu ricevi il

Signore e a Lui parli. Quanto più profondo e libero è il re-cipiente, tanto più esso può contenere.

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  Sei ricaduto spesso nel peccato? Ma che cosa ti sa-rebbe successo se tu non ti fossi comunicato? Dicono chenon ci fosse uomo più eccitabile del comandante Marceau:

per un nonnulla egli si adirava ed a mala pena poteva do-minarsi. Decise di comunicarsi ogni giorno, ma ciò nono-stante era ancora preso spesso dall’ira.

  Un giorno intese alcuni marinai che si meraviglia-vano come mai uno che si comunicava ogni giorno potesseadirarsi così. Il capitano esclamò: “Se io non mi comuni-cassi così spesso vi avrei, già da un pezzo, gettati in mare”.

  E se proprio non ti riesce possibile di comunicarti,fa almeno la comunione spirituale e, quando nell’andare ascuola passi dinanzi alla chiesa, non dimenticare una brevevisita a Gesù Sacramentato.

 

“Mio Dio e Signore, io mi prostro ai Tuoi piedi, io

non sono niente, sono un povero figliolo in mezzo a lotte epericoli, ma so che sono tuo. Donami la grazia che la miaanima, di giorno in giorno, divenga, più pura, la miavolontà più forte, il mio carattere più nobile; oh Signore,fa che io sia buono e puro”.

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 Non belle parole,

ma buona vita 

A lessandro il Grande disse una volta ad un sol-dato vile, che per caso aveva il suo nome: “Amico, o cambiail nome, o agisci diversamente”.

 

Lo stesso si potrebbe ripetere a molti giovani che

portano il nome di cristiani, ma la cui vita fa tutt'altro cheonore a questo santo carattere.

  A che giova avere il nome di cristiani se poi, con ifatti, si smentisce di esserlo? Gandhi rispose a chi gli chiesela sua opinione sul cristianesimo: “Il cristianesimo è moltovalido, i cristiani però in gran parte sono molto cattivi”.

 

Purtroppo l’odierna società deve, in questo, dichia-rarsi colpevole. Rabingranach Tagore, il celebre scrittoreindiano, in occasione del suo viaggio in Europa, rimasesorpreso della immoralità dei costumi delle nazioni cosid-dette “civili”.

 

Sono lezioni assai umilianti per noi.

  Di chi la colpa? Forse del cristianesimo? No certo,ma di questa colpevole contraddizione tra la fede e la vitapratica, cioè quella vita mondana che appunto a Gandhi eda Tagore più ha fatto impressione. Quante deboli volontà,quanto rispetto umano, quanti compromessi con la propriacoscienza! Possiamo dire: quante viltà ci sono! Quanti po-chi possono dire di vivere la loro fede!

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Il nome di cristiano, ricordalo, oh giovane, è legatoa gravi doveri, esso non solo vuole in noi una vita sopran-naturale, ma c’invita ad aspirare alla più alta perfezione. Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo (Lev 20, 26).

 

Ci dice il Signore: Siate voi dunque perfetti come è perfettoil Padre vostro celeste (Mt 5,48). Non compromettere mai il tuocarattere di cristiano; abbi a cuore l’onore della tua anima,non gettare mai il disonore sul nome di Cristo.

  Si dice oggi che c'è tanto da fare: mille preoccupa-zioni per la vita quotidiana non lasciano tempo di pensare

ad altro. Quelli che dicono così non hanno dunque tempoper pensare alla loro anima e la loro anima, come la mosca,s’attacca agli interessi terreni, al denaro, agli affari, mentreIddio l’aveva destinata a sollevarsi come aquila in volo ver-so il Cielo.

Che cosa vuoi scegliere?  

A   servizio di chi vuoi tu, mio caro, dedicare letue giovani energie?

  Non vedi dinanzi a te sempre più chiaramente deli-nearsi la gigantesca lotta tra lo spirito e la materia? Da unaparte gli uomini senza Dio, gli adoratori del vitello d’oro,gli schiavi delle più basse passioni che cercano di scristia-nizzare tutto, promettendo alla gente una felicità utopisticae scalzando con demagogiche orazioni la base dell’ordinesociale. Dall’altra i veri cristiani, che hanno conservato lafede e vogliono, al di sopra di ogni cultura e progresso, il

simbolo della vera civiltà: la Croce di Cristo.

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O con i primi senza Dio o con questi ultimi conDio. Da quale parte ti schiererai, oh giovane caro? Oggi,purtroppo, vi sono molti “battezzati”, ma pochi “cristiani”,pochi cioè che vivono la loro fede.

 

Occorrono posizioni nette: o con Dio o controDio. Abbiamo bisogno di giovani coraggiosi, consci dellasublime dignità della loro fede, che non contraddiconocon la pratica della vita ai principi che professano. Possosperare che tu, oh giovane, vorrai essere, un giorno, uncattolico veramente degno di questo nome? Che tu saraisempre fedele alla tua fede, anche se ti troverai isolato o

disprezzato da chi non ha la fortuna di possederla, o nonsa apprezzarla?

 

Io lo spero. Iddio allora sarà con te.

  Ripeti dunque, oh giovane:

 

Signore, io voglio essere un’arpa dalla quale Tutrarrai divine armonie.

  Signore, io voglio ardere come il fuoco alimentatodal Tuo amore.

  Signore, io voglio essere come un vaso di cristallo,perché Tu lo ricolmi con la Tua grazia.

  Signore, io voglio essere come lo specchio terso,perché Tu rifletta in esso la Tua bellezza.

  Signore, io voglio essere come la quercia che resistealle bufere.

 

Se la gioia ricolmerà il mio cuore, esca dalle mielabbra a Te la lode.

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Se il dolore strapperà lacrime ai miei occhi, leasciughi la Tua mano consolatrice.

 

Ma fa, oh Signore, che io sia sempre e in tutto Tuo

fedele e santo figliolo! 

Accresci in me, oh Signore, la fede!

 A.M.D.G.

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 IndicePresentazione dell’editore....................................................7

Cenni Biografici...................................................................9Prefazione dell’autore: Il filo dall’alto................................13

CAPITOLO I: Ama la tua Fede........................17

Ama la tua fede..................................................................19

Fede e morale.....................................................................24Gli alberi ribelli..................................................................26Che me ne importa?..........................................................31L’incredulo.........................................................................33È felice l’incredulo?............................................................34Fatti eloquenti....................................................................36Senza Dio!.........................................................................40

CAPITOLO II: Difendi la tua Fede................43

Da fanciullo a giovane.......................................................45Da giovane a uomo............................................................46Il dubbio............................................................................48

Nuove armi........................................................................51I mendicanti di San Martino.............................................52Morale senza Dio...............................................................54Ciò che più vale.................................................................58Dalla fede alla superstizione..............................................60Spirito d'indipendenza.......................................................64Rispetto umano.................................................................66Usque ad sanguinis effusionem...................................................69

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CAPITOLO III: Vivi la tua Fede.....................73

La vera religiosità...............................................................75Vita di fede.........................................................................76

Fede vissuta........................................................................79Fede e progresso.................................................................81Religione e carattere..........................................................82Scegli..................................................................................85Alla vetta............................................................................87

CAPITOLO IV: La Vita dell’Anima...............91

Tre domande.....................................................................93Da Dio a Dio.....................................................................94Perché io vivo?...................................................................96Allerta................................................................................99Peccato o tentazione?.......................................................100Dio vede tutto..................................................................102Confidenza in Dio...........................................................106Quanto vale l’anima........................................................107Per sempre!......................................................................111Ho ancora tempo.............................................................113I tre gendarmi..................................................................114Tandem felix...........................................................................117  Ad maiorem Dei gloriam........................................................120

Il chicco di grano.............................................................122

CAPITOLO V: Il Cibo dell’Anima................129

La preghiera....................................................................131Preghi?.............................................................................133

Solo per cinque minuti....................................................135Come preghi?..................................................................138

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Dove l’anima s’arricchisce...............................................142Suonano le campane.......................................................144Riordinamento generale..................................................146La guida dell’anima.........................................................148

Pagine di diario................................................................151 Per Mariam ad Jesum.............................................................160Tua madre.......................................................................162La devozione a Maria......................................................166

CAPITOLO VI: Alle Sorgenti ..........................169

La vera libertà..................................................................171La statua di Memnone.....................................................174Confessati bene................................................................178Pagine di diario................................................................180Il corpo di Cristo..............................................................183Il pane dei forti................................................................186Il Signore è con me..........................................................189

Non belle parole, ma buona vita.....................................193Che cosa vuoi scegliere?..................................................194

 INDICE ......................................................................197

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