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ITALICUM settembreottobre 2014 Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM Anno XXIX Editoriali Luigi Tedeschi: Quanto durerà la "gabbia d'acciaio" europea? 2 Marco Della Luna: Dove portano queste riforme 5 Focus: La quarta guerra mondiale Costanzo Preve: La quarta guerra mondiale 9 Franco Cardini: Ancora sull'Isis: un tocco di esoterismo, una punta di simbolismo... 15 Agostino Fusar Poli: L'Italia a rimorchio di UE ed USA contro la Federazione russa 17 Claudia Regina Carchidi: L'Argentina marcia verso un altro incubo 19 Attualità Mario Porrini: La Farnesina senza guida dimentica i marò 20 Augusto Sinagra: Enrico Letta, Scozia indipendentista ed unione europea 21 Cultura Adriano Segatori: Relativismo buonista e perbenismo ipocrita 24 Eugenio Orso: Un'altra specie 25 Luca Lonello Rimbotti: Giovanni Gentile: dal marxismo all'umanesimo del lavoro 27 Carlo Bertani: Andarsene 30 F F o o c c u u s s La quarta guerra mondiale

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Settembre - Ottobre 201 4

Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM

Anno XXIX

EEddiittoorriiaalliiLLuuiiggii TTeeddeesscchhii:: Quanto durerà la"gabbia d'acciaio" europea? 2MMaarrccoo DDeellllaa LLuunnaa: Dove portanoqueste riforme 5

FFooccuuss:: LLaa qquuaarrttaa gguueerrrraa mmoonnddiiaalleeCCoossttaannzzoo PPrreevvee:: La quarta guerramondiale 9FFrraannccoo CCaarrddiinnii:: Ancora sull'Isis: untocco di esoterismo, una punta disimbolismo... 15AAggoossttiinnoo FFuussaarr PPoollii:: L'Italia arimorchio di UE ed USA contro laFederazione russa 17CCllaauuddiiaa RReeggiinnaa CCaarrcchhiiddii::L'Argentina marcia verso un altroincubo 19

AAttttuuaalliittààMMaarriioo PPoorrrriinnii:: La Farnesina senza guida dimentica imarò 20AAuugguussttoo SSiinnaaggrraa:: Enrico Letta, Scoziaindipendentista ed unione europea 21

CCuullttuurraa

AAddrriiaannoo SSeeggaattoorrii:: Relativismo buonista eperbenismo ipocrita 24EEuuggeenniioo OOrrssoo:: Un'altra specie 25LLuuccaa LLoonneelllloo RRiimmbboottttii:: Giovanni Gentile: dalmarxismo all'umanesimo del lavoro 27CCaarrlloo BBeerrttaannii:: Andarsene 30

FFooccuuss

La quarta guerra mondiale

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L'Europa è chiusa in una "gabbiad'acciaio". La politica di austerity

ha generato solo vittime immolatesugli altari dei parametri diMaastricht, del Fiscal Compact, delpareggio di bilancio, delle riformestrutturali del lavoro, dello statosociale, del debito pubblico. Lacausa prima della presente fase direcessione / deflazione sistemica èl'unificazione monetaria. Ladecadenza italiana si collocanell'ambito generale di unadecadenza europea, allo stato deifatti, irreversibile.Renzi, al di là delle declamazioniparolaie verso la CommissioneEuropea, si è rivelato un puntualeesecutore delle direttive europee intema di osservanza dei parametrieuropei di stabilità e riforme strutturalidel lavoro. Renzi infatti, ha ottenutouna minima soglia di flessibilità del

parametro deficit / Pil, ma qualora iparametri non dovessero essererispettati, la UE imporrà nuove ulteriorimanovre fiscali per l'Italia suicide, purdi drenare le risorse necessarie, qualil'aumento programmato dell'IVA, chenella fase di deflazione attuale avrebbeeffetti devastanti. La UE pretendeinflessibilmente il rispetto dei parametri,a prescindere dalle conseguenzedistruttive sulle economie degli statimembri.La legge di stabilità, contiene una seriedi provvedimenti di naturademagogica, quali il declamato taglio ditasse di 18 miliardi, basato suagevolazioni contributive per nuovepresunte assunzioni, difficilmentequantificabili nello stato di attualerecessione, su tagli alla finanza localeche si convertiranno presumibilmentein aumento della fiscalità locale. Ma lacarenza più rilevante nella attualelegge di stabilità è costituita dallascarsità di risorse destinate agliinvestimenti strutturali, i soliprovvedimenti che potrebbero favorirela crescita. La riforma del mercato dellavoro, il "Job Act", è comunque unariforma introdotta su mandato europeo,che avrà maggior rilievo strutturalenell'economia italiana. Essa sancisce lafine del posto fisso, e con esso, lagraduale scomparsa dello statuto dei

lavoratori e il contratto collettivo dilavoro. Si vuole gradualmenteomologare l'Italia al modelloanglosassone europeo. Con le "tutelecrescenti" si istituzionalizza, nei fatti,per lunghi periodi una precarietàgeneralizzata del lavoro, a "tuteledecrescenti" del salario e dei dirittisindacali. Si realizza quindi unmutamento istituzionale dellalegislazione del lavoro, che comporteràun reale deprezzamento dei salari, chepuò generare solo ulteriore recessionee impoverimento generalizzato dellapopolazione.I dati recenti sull'occupazione sonosignificativi del progressivo declinoitaliano. Alla crescita degli occupati di82.000 unità, fa riscontro un aumentodella disoccupazione del 12,6%. Talidati non sono contraddittori: glioccupati aumentano, a fronte di unmaggior numero di lavoratori in cerca di

occupazione. L'aumento di questi ultimirivela il progressivo esaurimento deipatrimoni familiari e degliammortizzatori sociali, che finorahanno sostenuto i disoccupati.Potrebbe trattarsi di una mareacrescente nei prossimi anni.

Immobilismo europeo e dominiotedescoDinanzi alla recessione l'Europa rimaneimmobile, a causa dell'insufficienteimpatto dei provvedimenti della BCE esoprattutto della rigidità della Germaniae dei suoi satelliti, circa la politica diausterità. La Germania vuolesalvaguardare la stabilità finanziaria, adiscapito della crescita. Eppure i rischidel debito sono infinitamente minori diquelli derivanti dal calo dell'inflazioneche rischia di trascinare l'Europa versouna depressione economicairreversibile. La Germania nel 2014 harallentato la propria crescita, mentremolti paesi europei sono in pienarecessione. L'immobilismo tedesco e lasua rigidità sulle politiche di austerity,non derivano da motivazionieconomiche, ma da una strategia didominio finanziario sull'Europa. Infatti,l'ulteriore decadimento europeo nonpuò che accrescere il primatofinanziario tedesco sull'Europa.I recenti risultati degli stress ­ test sui

bilanci delle banche europee, effettuatia seguito della unificazione europeadella vigilanza bancaria, ne sono lachiara dimostrazione. Gli stress ­ testconsistono nel vagliare l'adeguatezzadel capitale delle banche a far fronte adeventuali crisi finanziarie: gli organi divigilanza effettuano tali test simulandoplurimi scenari di crisi. Il sistemabancario italiano è risultato debole, puravendo superato tali stress ­ test (aeccezione di MPS e Carige). Lebanche italiane, non sono risultateesposte come quelle europee alla crisidei titoli subprime del 2008 e pertantonon sono state ricapitalizzate dallostato, come invece quelle inglesi,tedesche, spagnole. I parametri di talistress ­ test erano concentrati più sullasostenibilità degli impieghi relativi alcredito piuttosto che su quelli legati allaspeculazione finanziaria. Pertanto lebanche italiane sono risultate molto

meno solide rispetto a quelle tedesche(vedi Deutsche Bank), che pure sonomolto più esposte negli investimenti aelevato rischio finanziario. La Germaniaha inoltre preteso l'esclusione da talicontrolli delle loro banche regionali,notoriamente dedite a investimenti adalto rischio. Ne fanno fede gli scandaliscoppiati nel 2008. E' stato inoltreescluso dolosamente dalle simulazionicomprese negli stress ­ test lo scenariodella deflazione, assai probabile nelprossimo futuro. La debolezza delsistema bancario italiano richiederàulteriori ricapitalizzazioni, oltre acomportare nuove restrizioni nellaerogazione del credito, misure checontribuiscono all'aggravarsi dellarecessione. Le banche italianepotrebbero divenire pertanto facilepreda di acquisizioni straniere in unfuturo non lontano. Come non scorgerein tali manovre una strategia di dominiotedesco sull'Europa?

Le strategie impotenti della BCEA fronte della recessione / deflazione,la BCE ha effettuato ulteriori manovreper quanto concerne il ribasso dei tassidi interesse, ora vicini allo zero, hapromosso l'acquisto dei titoli bancaricartolarizzati, ha adottato misure perfornire liquidità alle banche perchéqueste ultime erogassero credito alle

LLuu iigg ii TTeeddeesscchh ii

Quanto durerà la "gabbiad'acciaio" europea?

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imprese. Ma ormai tutti i possibilistrumenti finanziari sono esauriti. Assaiscarsa è stata infatti la domanda diliquidità da parte delle banche (solo82,6 miliardi contro aspettative dialmeno 100), peraltro fornita a tassiquasi a zero dalla BCE. Lo scenariodeflattivo ha determinato la cadutadegli investimenti e quindi la domandadi credito delle imprese. Nell'Eurozonadomina l'incertezza e le prospettive dideflazione rendono i tassi non cosìfavorevoli come sembra.Sono rimaste del resto deluse leaspettative degli investitoricirca la possibilitàdell'acquisto diretto da partedella BCE del debito pubblicodegli stati. A parte il vetotedesco su tali manovre, c'èda rilevare in tale contestouna carenza strutturalecongenita alla stessacostruzione europea: avendoprivato gli stati membri dellasovranità economico ­finanziaria, la UE ha resoimpossibile alle banchecentrali nazionali il sostegnoal debito pubblico degli stati,dando luogo alle note crisi del debito,che altrimenti non si sarebberoverificate.

L'Europa dei rimedi impossibiliNell'ambito italiano sembranodefinitivamente tramontate le speranzedi successo delle strategie diispirazione europea per far fronte allariduzione del debito. Ne vogliamoelencare le più note.­ Privatizzazioni. Vi è da premettereche dopo le privatizzazioni degli anni'90, le partecipazioni statali sono statein massima parte dismesse. La quotaresidua delle partecipazioni pubblicheprivatizzabili è pari attualmente allo 0,7del Pil. In passato si sono rivelate diimpatto modesto ed hannoprofondamente inciso sull'efficienza edil costo dei servizi: il costo economico esociale delle privatizzazioni si èriversato unicamente sui cittadini.­ Alienazione del patrimonioimmobiliare pubblico. Oltre acomportare procedure burocraticheassai lente e difficili, in questa fasedeflattiva, dato il calo dei prezziregistratosi nel settore immobiliare, lacollocazione degli immobili pubblicisarebbe assai difficile e assai pocoredditizia per lo stato. Il patrimonioimmobiliare pubblico potrebbe essereconferito in una società apartecipazione pubblica costituita a talfine, che potrebbe emettere titoligarantiti dal patrimonio immobiliare. La

gestione del patrimonio presenterebbenotevoli difficoltà e tempi lunghi per leristrutturazioni necessarie. I titolidovrebbero offrire tassi più elevati esarebbero in tal modo concorrenziali aquelli del debito pubblico che potrebbeentrare in crisi.­ Riserve auree. Una società veicolo acapitale pubblico potrebbe acquistaregrandi quantità di titoli di stato a frontedelle garanzie offerte dalle riserveauree. L'Italia annovera riserve aureetra le più elevate d'Europa. Ma taliriserve sono indisponibili da parte dello

stato e non possono essere usate permisure di finanza pubblica, in quantoesse costituiscono una garanzia perl'Eurosistema e per la BCE.­ ESM. I fondi Esm sono posti agaranzia delle crisi del debito. Ma laconsistenza di tali fondi è oggi assaiesigua dopo la crisi greca, portoghese,irlandese, cipriota. Rimangono solo 450miliardi, cifra inadeguate per l'Italia.­ Eurobond. L'emissione di titoli europeiposti a garanzia del debito degli stati,oggi assai superiore nella maggioranzadei paesi dell'Eurozona al 60% del Pil.La ostilità tedesca verso gli eurobond ènota. Tale misura comporterebbe laristrutturazione dei debiti degli stati, conconseguenze imprevedibili sui mercatie i bilanci delle banche.­ Swap. Ossia la vendita dei vecchi titolicontro nuovi titoli a scadenza più lunga.I nuovi titoli perderebbero valore e larisposta dei mercati sarebbe negativaperché tale manovra potrebbe essereinterpretata come una misura disalvataggio in presenza di unimminente default. Inoltre le banche,hanno in portafoglio 400 miliardi di titolidi stato acquistati con prestiti dellaBCE, che andranno restituiti nel corsodel 2015: esse non possono acquistaretitoli a scadenza ultradecennale.

L'insostenibilità del debito pubblicoitalianoLa schiavitù del debito impostaall'Europa ha sortito i suoi effetti,

rendendo la situazione italianairreversibile. La crisi del debito appareoggi superata, con lo spread tornato ailivelli pre ­ crisi. Tuttavia, ci si chiede seun debito pubblico giunto al 132% delPil, tenuto conto del calo di quest'ultimodello 0,3% previsto per il 2014, siasostenibile. Occorre premettere chequando lo spread era giunto a 518punti, il tasso di interesse sui titoli distato decennali era del 6,50%. Tuttavia,poiché il tasso di inflazione era del3,1%, l'interesse reale era del 3,4%.Superata la crisi del debito,

attualmente il tasso di interessesui titoli decennali è del 2,70%,che, depurato dell'inflazione oggiallo 0,3%, è del 2,40%. Bisognaperò rilevare che nel 2011 altasso del 6,50%, corrispondevaun tasso medio del 4,1% equest'ultimo, depuratodell'inflazione del 3,1%,ammontava in termini reali all'1%.Oggi invece, al tasso suirendimenti decennali del 2,70%,corrisponde un tasso medio del3,9% che, depurato dell'inflazionedello 0,3%, ammonta in termini ditasso reale al 3,6%. Pertanto il

tasso medio attuale sul debito pubblicoè superiore a quello corrente ai tempidella crisi del debito (3,6%, contro 1%).In tempi di recessione e calo del Pil,per rendere sostenibile il debito italianodovrebbe realizzarsi una crescita delPil oggi impensabile, tale cioè dagenerare un avanzo primario del 4,5%,che attualmente è del 2,6%. Se ildebito è insostenibile, pretendere ilrispetto dei parametri europei e delfiscal compact è pura fantascienza. Lasostenibilità del debito sarebbepossibile solo mediante la ripresadell'inflazione oltre il 3­4%, oltre cioè ilprevisto 2%. Bisognerebbe quindicapovolgere la logica istitutiva dellaEurozona incentrato, su ispirazionetedesca, sulla politica del rigoredeflattivo. Occorre infine rilevare che lamassa dei risparmiatori tedesca èconcentrata sugli investimenti finanziarie pertanto, una ripresa dell'inflazionerappresenterebbe per loro unasvalutazione dei propri investimenti del3­4%. Da quanto precede, emergechiaramente come l'Europa non siauna comunità di stati, ma unaproiezione su scala continentale degliinteressi tedeschi. (Fonte dei dati: LuigiZingales, «Whatever it takes» due annidopo, il Sole 24Ore del 27/07/2014).

Il destino dell'Europa è irreversibile?La crisi dunque, vista nella prospettivadella "gabbia d'acciaio" europea èirreversibile. Il problema italiano allora,

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Non dobbiamo smettere di esplorare perchè alla fine delle nostre esplorazioniarriveremo laddove siamo partiti e vedremo il luogo in cui viviamo comese fosse la prima volta (T.S. Eliot)

Pubblichiamo dal 1998 studi e ricerche in forma saggistica, che propongono analisie indagini autorevoli, approfondite e documentate del mondo in cui viviamo, conparticolare attenzione al rapporto tra uomo e natura, affrontando temi e argomenticulturali, sociali, politici, economici e storici. Testimoni di una crisi planetaria cheavvilisce e impoverisce l'essere umano, i popoli e il Pianeta Terra, proponiamodifferenti stili di vita e cultura, ispirati alla sobrietà e al senso del limite, con unavocazione pluralista.Per questo ci identifichiamo con un modello comunitario che cerca di comprenderela complessità della condizione contemporanea, proponendo relazioni socialiantiutilitaristiche, basate sulla partecipazione e il dono, l'autosufficienza economicae finanziaria, la sostenibilità con energie rinnovabili e tecnologie appropriate. La nostra proposta editoriale si propone di offrire - in forma rigorosa, madivulgativa e possibilmente economica - gli strumenti per scoprire le cause chehanno prodotto l'attuale stile di vita dissipativo e consumista e,contemporaneamente, esplorare le possibili soluzioni ecologiche legate aun paradigma olistico.La proposta editoriale si snoda secondo tre differenti percorsi che danno vita alleseguenti collane:Consapevole: testi di informazione indipendente e denuncia dal tagliogiornalistico e divulgativo che suggeriscono maggiore consapevolezza sociale, stilidi vita coerenti e una nuova qualità dell'esistenza. Questa collana ha uno strettolegame con la rivista Consapevole.Un'altra storia: testi di attualità che pongono domande non scontate suargomenti di attualità di grande interesse pubblico. Con un denominatore comuneche li lega tutti: dare risposte non conformiste a questioni trascurate o affrontate inmodo superficiale e parziale dai mezzi di comunicazione dominanti.Autosufficienza e comunità: nuovi libri con contenuti pratici e operativi perpercorrere per la via dell’autosufficienza comunitaria e della sostenibilità ecologica.Perchè i consumi non migliorano la nostra qualità di vita, ed è arrivato il momentodi cambiare, di adottare uno stile di vita sobrio ed equilibrato.E book: una selezione dei nostri libri resi disponibili in formato digitale, per poterneusufruire in modo economico e diffuso, su ogni supporto informatico.

Arianna editrice dal 2005 fa parte del gruppo Macro che ci ha consentito diproseguire un percorso di indipendenza editoriale che ci caratterizzafondativamente.

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non è quello del dibattito ideologico traeuropeisti ed euroscettici, ma semmai,come poter restare in Europa. La crisiseguirà il suo corso e non potrà cheportare l'Europa ad un tragico bivio trala dominazione tedesca ol'autosmembramento, salva lapossibilità, oggi assai remota, di unasua rifondazione su basi politiche.Sorge infatti la domanda: l'euro puòessere salvato? Da chi? Ne vale lapena salvarlo? La attuale leadershiptedesca impone il dogma di unastabilità attuabile attraverso le politichedi austerity. Ma la stabilità si convertein immobilità dinanzi alla recessione /deflazione che sta distruggendo gli statimembri. Di stabile, immobile,irreversibile nella storia, così comenella vita, c'è solo il rigor mortis. Lestesse strategie anticrisi della BCE si

rivelano fallimentari perchésemplicemente l'economia così comela finanza non possono curare i maliche hanno generato, in assenza di unapolitica che governi l'economia.L'Europa è quindi senza futuro. Nonpuò avere alcuna prospettiva perl'avvenire perché ha reciso le proprieradici storiche e culturali identitarie,vive del solo presente americanizzato,necessario, immanente, intrascendibile.Occorrerebbero soluzioni politiche, manel contesto italiano, non si puòpretendere che una classe dirigentelegittimata dalla Germania e dalla BCEpossa rivendicare una sovranità cui harinunciato aderendo alla UE. In Europainvece l'avanzare della crisi non faràche far crescere i partiti euroscetticiche, in concomitanza con la prevedibilefuoriuscita della Gran Bretagna dalla

UE, una volta al governo potrannospezzare le sbarre della "gabbiad'acciaio" europea. Parafrasando Marx,si può affermare che conl'accelerazione della crisi, se gli uomininon sono stati in grado di trasformare lecircostanze, saranno le circostanze atrasformare gli uomini.E' stata l'Europa a creare un modelloliberale oggi esteso a livello globale,Ma l'Europa è anche il luogo di nascitadello stato sociale, così come delleideologie novecentesche tese alsuperamento del capitalismo. Spettadunque storicamente all'Europa ilcompito di affermare il primato delladecisione politica sull'economia e conessa, la creazione di un modellosociale e politico per il superamento delcapitalismo.Luigi Tedeschi

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Ci sono due linee di riforme“indispensabili per la crescita”.

Linee convergenti. Pericolosamente.La prima linea è istituzionale­strutturalee sta producendo:­svuotamento dei poteri edell'autonomia degli Stati nazionaliparlamentari­concentrazione dei poteri politici inorganismi sovrannazionali­isolamento tecnocratico degliorganismi decidenti­soprattutto, indipendenza e gestioneautoreferenziale delle banche centrali edella politica monetaria­riduzione della partecipazione edell'influenza democratiche sugliorganismi decidenti­riduzione della trasparenza, dellaresponsabilità, della controllabilità degliorganismi decidenti­riduzione della conoscibilità dei loroobiettivi di medio e lungo termine edegli effetti di medio e lungo terminedelle loro decisioni.

Queste caratteristiche (votate da quasitutto il parlamento, perché comportanola blindatura della partitocrazia controla società civile) sono marcatamenteproprie soprattutto dell'UE: quasi tutto ilpotere, e tutto il potere legislativo, sonoin mano ad organismi non elettivi, nonresponsabili, non trasparenti,burocratici, intergovernativi. L'unicoorgano elettivo, cioè il parlamento, hapoteri limitati, che preferisce nonesercitare (non ha mai costretto laCommissione a un rendiconto), e lasua natura di cagnolino da passeggio èstata evidenziata da come è stato fattovotare il nuovo presidente dell'UE: eraammesso un solo candidato – Juncker– e il voto era segreto. Per giunta,nessun elettore europeo, prima divotare, aveva saputo che sarebbe statoJuncker il candidato unico allapresidenza.Nessuna meraviglia se le medesimecaratteristiche le ritroviamo anche nellaurgente e irresistibile marcia delleriforme istituzionali di Renzi: questeriforme, appunto, diminuiscono lapartecipazione e l'influenza deglielettori, ostacolano i referendum,danno al premier i poteri sia politico­legislativi, che di controllo (su se

stesso) anche solo con un 22% deiconsensi. Nessuna meraviglia: è chiaroche l'Italia e la sua costituzione devonoessere riformate in questo senso perintegrarsi nella struttura autocraticadell'UE.La seconda linea di riforme, iniziata allafine degli anni '70, è quella economico­finanziaria, e punta essenzialmente adifendere e tutelare gli interessi deicreditori finanziari con sacrificio deglialtri interessi sociali: il modello disviluppo keynesiano, caratterizzatodallo Stato che corregge il mercato e fainvestimenti anticiclici per evitare larecessione e assicurare l'occupazione,al prezzo di una costante, fisiologicainflazione, viene sostituito con unmodello da alcuni ritenuto hayekiano,ma che tale non è perché F. Von Hayekvoleva non solo il libero mercato comeunico regolatore dell'economia, maanche uno Stato che tenga il mercatolibero dai monopoli e che si astengadall'assistenzialismo sociale e

imprenditoriale. Il modello economico­finanziario imposto all'UE fa per controtutto questo, anzi in esso i grandimonopoli bancario­finanziari dettano lapolitica degli Stati e dell'Unione.Il detto modello raggiunge lo scopodella tutela degli interessi dei creditori­finanziari mediante alcuni principalistrumenti: indipendenza­irresponsabilità delle banche centralidai parlamenti, vincoli di bilanciopubblico (proibizione della spesapubblica antirecessiva), strettamonetaria, compressione salariale (edella domanda interna) per assicurareun pareggio o un surplus della bilanciaestera, socializzazione delle perditedelle banche. Quando la politicaeconomica è affidata ai banchiericentrali, che, per statuto, deliberano eoperano non solo in autonomia manella segretezza e nellairresponsabilità, la democraziarappresentativa è finita, il consensopopolare è superato.Il risultato – prevedibile e inevitabileperché facente parte degli obiettivi ­ èla deflazione, la disoccupazione,l'avvitamento fiscale, la recessione ostagnazione – che ora si prospetta pureper la Germania.La Costituzione italiana del 1948 è, per

contro, esplicitamente keynesiana: l'art.1 fonda la Repubblica sul lavoro, nonsul capitale, e numerose altre normericonoscono al lavoro (all'occupazione,alla produzione, agli investimenti) ilprimato assoluto e la funzione diperequazione sostanziale tra i cittadini;quindi essa è in opposizione radicale einconciliabile col modello politico­economico costitutivo dell'UE e dellaBCE, che si basa sulla priorità allaprevenzione dell'inflazione (primariaminaccia per le rendite finanziarie), eper prevenirla impone l'austerità, cioèinnanzitutto l'astensione dagliinvestimenti pubblici anticiclici peruscire dalla recessione – sicché larecessione perdura, diviene strutturalee non accidentale.La storia della c.d. integrazioneeuropea è in realtà la storia dellasostituzione di un modello socio­economico­istituzionale con un modelloopposto, ossia dei valori sociali eproduttivi, fondanti per la democrazia

elettiva e la legittimità costituzionale,col loro contrario: parassistimofinanziario e autocrazia. E' la storia diun'inversione non dichiarata, che èavanzata di soppiatto, sotto ilcamuffamento di ideali sbandierati emai attuati di solidarietà integrazionedei popoli, identità comune, dipromesso sviluppo che non arriva mai.Un'inversione di cui oramai sentiamofortemente gli effetti pratici, anche semolti di noi non sanno da che cosaprovengano, e pensano che le causesiano la corruzione o l'evasione ol'articolo 18.In Italia, oltre a queste piaghe, le duelinee di riforme, di cui Napolitano,Monti, Letta e Renzi sono paladini eartefici – soprattutto Napolitano, che,per imporla e accelerarla, debordacontinuamente dalla sua funzione digarante e arbitro per intervenire nellapolitica dei partiti – sul pianoeconomico sta producendo un continuoe rapido aumento del debito pubblico –cioè l'opposto di ciò che promette – el'emigrazione di capitali, imprese ecervelli, con la deindustrializzazione delpaese e la moria delle sue aziende(dirò poi perché queste loro azioni nonvanno condannate, nemmenomoralmente).

Dove portano queste riforme

MMaarrccoo DDeell ll aa LLuunnaa

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Lafinanzasulweb rappresenta la versioneelettronica della rivista La Finanza, ed al tempostesso si differenzia dalla testata originaria sia percontenuti che per target, principalmente per lospazio dato alle notizie di stretta attualità, e lapresenza su Facebook, Twitter e Linkedin. in unottica di partecipazione ed interazione cherappresenta la filosofia stessa di questo sito.La Finanza,rivista di finanza economia egeopolitica fondato nel gennaio 2010 da GiorgioVitangeli che ne e’ anche il direttore,

rappresenta la continuazione ideale di “la FinanzaItaliana”, la rivista ugualmente da lui fondata ediretta ininterrottamente per 27 anni, che harappresentato una voce autorevole e “fuori dalcoro” nell’editoria economica e finanziaria.Tra i collaboratori fissi de “la Finanza” compaionodocenti universitari di materie economiche,autorevoli analisti finanziari indipendenti, notigiornalisti economici e personaggi illustri delmondo culturale.Distribuita in tutta Italia per abbonamento e comefree press agli esponenti piu’ rappresentativi delmondo economico e finanziario, oltre chestrumento di informazione aspira ad esseresoprattutto uno strumento di formazione diun’opinione pubblica qualificata.

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La direzione, la finalità autocratica,essenzialmente dittatoriale, a cui mirala prima linea di riforme, cioè quelleistituzionali, spiega chiaramente laragione per la quale, paradossalmente,ci si ostina a portare avanti la secondalinea di riforme, cioè quella economico­finanziaria, sebbene stia producendoeffetti rovinosi e contrari a quelli chedovrebbe produrre, tra la sofferenza dimilioni di persone: le due linee diriforme convergono in un'operazione diingegneria sociale, di costruzione diuna società radicalmente eapertamente oligarchica che comandiincontrastata le popolazioni fiaccate erassegnate da molti anni di frustrazionie insicurezze, e impoverite di redditi,risparmi, diritti civili, sociali, politici. Ilmodello economico in via diimposizione, con le sue riforme, nonimporta se produce recessione ostagnazione, il suo scopo reale e nondetto non è la crescita, ma una riformadell'ordinamento sociale e giuridico cheassicuri il dominio sulla popolazionegenerale, la possibilità di sfruttarlasenza limiti, l'estrazione da essa direndite certe per il capitale finanziarioanche in periodi di contrazione del pil, eil tutto in modo formalmente legittimo. Aquesto servono le riforme. E leprivatizzazioni, che ieri Padoan haripromesso, parlando in Cina, cheverranno eseguite.

Torniamo alle riforme strutturali:giustizia, amministrazione, lavoro,privatizzazioni . Il governo afferma cheservirebbero per rilanciare il Paeseeconomicamente, ma chiaramente cosìnon può essere.Le privatizzazioni sono state giàampiamente fatte, coi risultati che

sappiamo: regali agli amici del palazzo,peggioramento e rincaro dei servizi peri cittadini, immediato sperpero dei ricavisenza alcuna riduzione del debitopubblico né della spesa pubblica. Leriforme del lavoro ci sono state, ehanno già peggiorato la situazione. Lagiustizia è già stata riformata moltevolte, ed è sempre andatapeggiorando. Il processo civile è statoriformato ogni anno per circa 22 anni,ma la situazione non è affattomigliorata. Quello penale ha pure avutole sue riforme, ma il risultato ènegativo. Si può diminuire il numero deiprocessi aumentando le tasse su diessi, per scoraggiare la domanda digiustizia ­ e anche questo è stato fattomolte volte, l'ultima il mese scorso ­ edè una schifezza. Si può accelerare iprocessi diminuendo le garanzie e idiritti processuali, e così si peggiora laqualità delle sentenze, già molto bassa.La situazione della giustizia, o megliodella giurisdizione, deriva non tantodalle regole processuali, quantodall'incertezza e pletoricità,contraddittorietà e mutevolezza dellenorme, comprese le norme di riforma.Deriva dalla litigiosità della popolazionee dalle manie giudiziarie instillate daimass media. Deriva dalla mentalità edalle prassi dei magistrati. Tutte coseche non si correggono con le leggi esoprattutto che possono cambiare solocon le generazioni. Analogo discorsovale per la pubblica amministrazione,che è per giunta dominata da unamentalità­prassi tradizionalmente, nelsuo insieme, burocratica, corporativa,parassitaria, clientelare, indifferente airisultati pratici per la gente. E anchequesto non lo si cambia con una leggedi riforma.

Quindi è assurdo ciò che prometteRenzi, ossia che queste riformestrutturali rilancerebbero l'economia.Possono solo rilanciare l'affarismospartitorio e screditare ulteriormente ilsettore pubblico ­ e questo credo sia ilvero obiettivo.Ce le presentano come riformenecessarie e salvifiche, ma questesono riforme sbagliate e in mala fedesin dal loro concepimento. Nel 1999l’Ocse tracciava una sintesi delleriforme economiche attuate in numerosipaesi nel decennio che si stavachiudendo. In breve, le linee lungo lequali si era sviluppata l’azione dipolitica economica in quel decennio elungo le quali si sarebbe sviluppatanegli anni seguenti sono queste:i) Ampliamento degli strumentifinanziari e riduzione dellaregolamentazione dei sistemi finanziari;ii) Riduzione delle aliquote per i redditipiù alti;iii) Liberalizzazione dei movimenti deicapitali e ulteriore liberalizzazione delcommercio internazionale;iv) Deregolamentazione eprivatizzazione nei settori delle utilities;v) Restrizioni all’utilizzo delle politicheindustriali;vi) Flessibilizzazione dei mercati dellavoro e irrigidimento dei criteri difruizione del welfare state;vii) Riduzione dell’area dell’interventopubblico nell’economia;viii) Riduzione degli oneri, legali edeconomici, allo svolgimento dell’attivitàd’impresa.

Maurizio Zenezini, in Riformeeconomiche e crescita: unadiscussione critica, Quaderni deldipartimento di economia politica e

Editoriali

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statistica dell'Università di Siena, n.696­ Aprile 2014, studiando come, negliultimi vent’anni, i paesi europei hannointrodotto numerose riformeeconomiche orientate a rendere leistituzioni economiche più “favorevoli aimercati”, nella convinzione chel’ambiente regolativo costituisca unfondamentale fattore di crescitaeconomica. In base ai dati empirici,ossia sottoponendo queste riforme allaprova dei fatti, gli effetti sulla crescitae l’occupazione dei più recentiinterventi di riforma in Italia appaionovirtualmente nulli nel breve periodo emodesti, nel migliore dei casi, nellungo periodo. O meglio, risultanonettamente negativi: le riformeflessibilizzanti del mercato del lavorohanno peggiorato l'occupazione, leriforme bancarie hanno destabilizzatoil sistema bancario, etc.Di fronte agli insuccessi delle riformeche ha imposto, l'OCSE le difendecon gli argomenti più arbitrari,chiaramente in mala fede, come ildire che, se non le si fosse fatte, orale cose andrebbero molto peggio.Conclude Zenezini:“Se le riforme non mantengono leloro promesse, potremo dichiarareche l’efficacia di una riforma giàeffettuata dipende da qualche altrariforma ancora da effettuare che, asua volta, richiederà quasicertamente riforme in nuovedirezioni: le riforme del mercato dellavoro non funzionano se i mercatidei prodotti restano rigidi, le riformedelle utilities non funzionano se ilcommercio al dettaglio restaimpantanato nelle regolamentazionicomunali, se le lavanderie restanochiuse il sabato pomeriggio, se i giudicinon compilano il “calendario udienze”(Ocse, 2013a, p. 86).In alternativa, si potrà affermare che leriforme agiscono nei tempi lunghi,mentre gli effetti di breve termine sonodifficili da modellare, e potrebberoanche essere negativi: “le riforme […]dovrebbero aumentare il prodottopotenziale di lungo periodo, ma lagrandezza di questo effetto,specialmente nel breve periodo, èdifficile da stimare con qualsiasi gradodi precisione” (Ocse, 2013a, p. 84).Potremmo, infine, puntare il dito controgli indici “formali” dideregolamentazione.Gli organismi economici internazionalihanno misurato le numerose riformefatta in Italia, su questa base esperti eresponsabili della politica economicahanno regolarmente tracciato bilanci ditale attivismo riformatore, ma, dato che

il paese si è infilato in una traiettoria dideclino economico, “si può sospettareche i principi legali dellaregolamentazione delle attivitàeconomiche divergano dalla pratica, odalla loro percezione, in Italia più che inaltri paesi” (Ocse, 2013a, pp. 82 sgg.):se le riforme non funzionano, dovremorivedere gli indici delleregolamentazioni.Sarebbe impossibile fornire

un’immagine più sconcertante dellairresponsabilità che costituisce la cifralatente della politica economica degliultimi decenni. Nessun riesame delleriforme effettuate è permesso, èimpedita la discussione su politicheeconomiche alternative: se le riformenon funzionano, si può sempre dire chesenza di esse le cose sarebberoandate peggio, se gli indici dideregolamentazione non sono correlaticon la desiderata performance potremodenunciare l’insufficienza degli indici,se le riforme hanno effetti trascurabili,si chiederà comunque di rafforzarle e diaumentare la flessibilità, se una riformamirata ad un particolare obiettivo nonha successo, si modificherà l’obiettivo osi punterà in qualche altra direzione.E’ la stessa irresponsabilità cheKeynes denunciava nel 1925esaminando le conseguenze dellapolitica economica del governoChurchill (Keynes, 1925): Poiché ilpubblico afferra sempre meglio le

cause particolari che le cause generali,la depressione verrà attribuita alletensioni industriali chel’accompagneranno, al piano Dawes,alla Cina, alle inevitabili conseguenzedella grande guerra, ai dazi, alle tasse,a qualunque cosa al mondo fuorchéalla politica monetaria generale, che èstata il motore di tutto.”Da quanto detto prima appaiono alcuneevidenti realtà, confermate dai fatti:­in un sistema basato sulla moneta­debito, salvo ripudiare il debito ocondonarlo o eliminare i creditori, èmatematicamente impossibile azzerareo anche solo ridurre il debitocomplessivo;­quindi chi lo propone come principio divirtuosità o come obiettivo o è uncretino o è un mistificatore;­un singolo paese, se è competitivonelle esportazioni, può ridurre epersino azzerare il proprio debitoestero realizzando avanzi dellabilancia delle partite correnti, cioèprendendo denaro da altri paesi, maciò matematicamente aggrava in parimisura l'indebitamento estero di questialtri paesi; analogamente, unparticolare cittadino, un'impresa, unente pubblico può chiudere i propridebiti accumulando attivi negli scambicon gli altri soggetti economici, ma ciòsi traduce in un pari aumentodell'indebitamento di questi; tuttavia,siccome l'indebitamento complessivoinarrestabilmente cresce per effettodell'accumularsi degli interessi, tutti ipaesi, tutti gli altri soggetti incompetizione tra loro tendono adaffondare nell'indebitamento (inmetafora: su una barca che staaffondando io mi posso salvarearrampicandomi sulle tue spalle, masolo provvisoriamente);­ridurre il debito aggregato implicaridurre la liquidità nel sistema, perchétutta la liquidità è debito­credito;­quindi comporta un aumento delleinsolvenze e dei fallimenti;­causa inoltre calo della domandaaggregata, quindi calo degliinvestimenti produttivi, i quali vengonofatti in base alle aspettative diredditività al netto delle tasse; sicchése i potenziali investitori vedono che laprospettiva è di tagli alla spesapubblica, alta tassazione, riduzione deldebito­liquidità, allora prevederannoche la domanda sarà bassa, cioè chenon ci sarà domanda solvibile per i loroprodotti, perciò investiranno altrove.

Attualmente in Italia abbiamo unprogramma di tagli alla spesa pubblica,una pressione fiscale che non può

Marco Della LunaNeuroschiavi

Arianna Editrice, 2012pagg. 535 euro 19,50

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calare anche a causa dei 40 miliardiall'anno di riduzione del debito pubblicoche il governo dovrà fare in esecuzionedel Fiscal Compact, un reddito e unacapacità di spesa in picchiata anche acausa dell'alta disoccupazione emaloccupazione, soprattutto giovanili;inoltre le banche stanno riducendo ilcredito alle imprese e alle famiglie etengono altissimi i tassi: sanno che gliaspiranti mutuatari, data la mancanzadi continuità del loro reddito, nonavranno i mezzi per ripagare i prestiti,quindi logicamente non eroganoprestiti, se non raramente e con spreadaltissimi, al decuplo dell'Euribor, percompensare il rischio ­ dicono. Quindioggettivamente non ci sono lecondizioni per un'uscita dalladepressione economica. Anzi, è incorso un avvitamento recessivo, chedeterminerebbe rendimenti altissimi suldebito pubblico, senonché qualcuno ­laBCE e/o la Fed­, comprando sulmercato secondario, e distorcendo ilmercato, li tiene artificialmente bassi –come fa ancora più vistosamente conle nuove emissioni del debito pubblicogreco.D'altronde le banche italiane (ma nonsolo italiane) sono piene di sofferenzesommerse, ossia non dichiarate, emagari fanno aumenti di capitale dimiliardi, uno dopo l'altro, per unmultiplo della valorizzazione di borsa,ogni volta bruciando la liquiditàacquista, in base a bilanci falsi, chenascondono questa realtà. Se essaaffiorasse, avremmo il global meltdowndel sistema bancario. A quale clienteuna banca presterebbe il triplo di quelloche vale in borsa? Qui siamo davvero“au bord du gouffre”! Eppure il sistemaglobale non pare aver esaurito la suacapacità di rilanciare e differire. Inumeri sono infiniti, quindi, essendo lamoneta fatta di numeri, infinita è anchela possibilità di rinviare la soluzionedegli squilibri finanziari...Negli ultimi 20 anni o poco più un altrofattore è all'opera, a dannodell'economia reale e dell'occupazione:il settore speculativo, remunerando icapitali in esso investiti in tempi assaipiù brevi del settore produttivodell'economia (consideriamo cheun'operazione speculativa può duraremesi o giorni, mentre il ritorno negliinvestimenti industriali si può averesolo dopo anni), quindi dandorendimenti maggiori di quest'ultimo,sottrae al medesimo molti capitali,tendendo a lasciarlo a secco.Addirittura vediamo che molte banche,dopo aver ricevuto fondi pubblici o dellabanca centrale, non li prestano, ma li

usano in parte per comperare titolipubblici al fine di migliorare la lorocapitalizzazione e di lucrare le cedole,e in parte per speculare, fare trading, inproprio.Conseguenza di questa competizionesui rendimenti, è che il settoreproduttivo, per cercare di trattenere icapitali offrendo loro unaremunerazione competitiva col settorespeculativo, si forza di dare, anno peranno, i massimi utili­dividendi possibili,e a tal fine fa alcune cose aventi unimpatto negativo sull'occupazione, sullaproduzione e sulla competitività,soprattutto nel lungo periodo:a)riduce la produzione dal livello che dàil massimo ricavo totale al livello che dàil massimo ritorno sul capitale investito(quindi fa tagli agli impianti e allemaestranze);b)riduce quanto possibile le spesecorrenti (compresi salari emanutenzione) nonché per investimenti(compresa l'innovazione) necessari amantenere le posizioni sul mercato,cioè sacrifica gli obiettivi di medio elungo termine a quelli di budget – daqui il termine budgetismo, che indicaquesta distorsione della politicaaziendale.

L'ottimizzazione del bilancio è ancherichiesta dal bisogno di avere un buonrating dell'affidabilità bancaria, ondemantenere le linee di credito econtenere i tassi di interesse.Consideriamo anche che i managersdegli investitori istituzionali come i fondidi risparmio e quelli pensionistici sonopagati in ragione al volume degliinvestimenti che attirano, e che questodipende dai rendimenti cheraggiungono, e che questi rendimenti aloro volta dipendono dai rendimentidelle azioni, ad esempio, che hanno inportafoglio. I rendimenti delle azionidipendono ampiamente dai dividendiche si prevede che staccheranno,quindi di nuovo dalla prestazione annoper anno. Anno per anno, perché imanagers restano usualmente in caricapochi anni, sicché non si interessano acome andrà una determinatacorporation nel medio o lungo termine.La strategia delle impresedell'economia reale avrebbe bisogno dipianificazioni e respiro di molti anni,specialmente in campi ad altatecnologia; ma tutto cospira adistorcerla in funzione dei criteridell'economia improduttiva. “Tuttoquesto è il mercato, quindi va bene,interferire sarebbe sbagliato”obietteranno alcuni. In effetti, è ilmercato finanziario che interferisce con

quello produttivo, cioè con quelmercato che, secondo la teoria, selibero e trasparente, dovrebbe, in basealle leggi sue proprie, portare alla pienaoccupazione e alla stabilità. E leinterferenze del mercato finanziarionuocciono palesemente a quelloproduttivo. Molte società valide,quando si quotano in borsa,incominciano in effetti a subire questeinterferenze disturbanti, che le fannodegenerare gestionalmente. Ciòsuccede regolarmente con le bancheitaliane che vanno in borsa. L'idea chela borsa serva a finanziare e apremiare la buona gestione delleimprese è smentita e capovolta daifatti.Alla luce di quanto sopra detto,possiamo tranquillamente concludereche, quando un leader comunitario,soprattutto un leader italiano, promettecrescita o impegno per la crescita,promette la sospirata flessibilità,promette che l'UE porta allo sviluppo –quando promette queste cose, einsieme dice che “le regole europee”, “ilrisanamento”, “il rigore di bilancio”saranno rispettati, mente sapendo dimentire, mente per imbonire la gente: ilmodello che viene implementatoattraverso l'UE e l'Italia in particolarenon vuole crescita, lavoro, sicurezza,rilancio produttivo, ma stagnazione.Come non vuole partecipazionepopolare né diritti sociali. Al massimosono ammessi interventi di riduzionedel disagio sociale per prevenire cheevolva in sommossa, o sussidii acategorie sociali realizzati a spese dialtre categorie sociali (come gli 80 eurodi Renzi), in una logica di divide etimpera. Logica peraltro applicata anchetra gli Stati membri: consentire adalcuni (Germania e soci) un relativo (eprovvisorio) sviluppo a spese degli altri,onde avere il loro appoggio percompletare l'opera di inversionecostituzionale. Che si appalesa,oramai, come un'opera eversiva. Equando ci dicono "fare le riformeistituzionali è condizione per ottenereflessibilità di bilancio dall'Europa", ilsignificato è: "se non ci lasciateriformare la costituzione per realizzarel'autocrazia che vuole la grandefinanza, la grande finanza vi lasciasenza soldi".Diversamente da altri, io non biasimomoralmente i progettisti e gli autori diquanto sopra. Non dico che sonocriminali perché sacrificano il 99% dellapopolazione agli interessi dell' 1%.Infatti, il loro modello socioeconomicodeflativo­parassitario­autocratico è piùadeguato a ciò che i popoli sono, al

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loro effettivo livello mentale e diconsapevolezza, che non è moltodiverso da quello del bestiame, comedimostra la bovina docilità con cui silasciano "riformare". Il modellodemocratico, e anche il modello(post)keynesiano, presuppongono che

l'uomo mediano e il popolo sianoqualcosa che in realtà non sono affatto,quindi semplicemente non possonofunzionare. Il modello socioeconomicodeflativo ha, inoltre, il vantaggio diriuscire a imporre coercitivamente edall'alto, di fronte al raggiungimento dei

limiti fisici dello sviluppo e allanecessità di ripiegare, la necessariadecrescita ecologica dei consumi edella stessa popolazione, che in regimedi democrazie nazionali non sipotrebbe ottenere.Marco Della Luna

1. La quarta guerra mondialeattualmente in corso ha come oggetto ildominio geopolitico USA sul resto delmondo. Non si tratta ovviamente diassicurarsi un unico dominio dispoticostatale unificato sul mondo intero,obiettivo che non è allo stato attualenelle possibilità economiche e militariUSA e che non è neppure desiderato eperseguito, perché implicherebbe un

controllo capillare talmente esteso esoffocante da trasformare l'interopopolo americano in popolo guerriero,secondo il modello dell'imperogiapponese in Asia orientale fra il 1931ed il 1945. Gli americani voglionogodersi il loro altissimo livello diconsumi(si pensi alla cilindrata delle automobiliche circolano sulle loro autostrade) enon intendono certamente gridarecome i giapponesini che gridavano"Banzai!" inseguendo Cinesi, Coreani,Mongoli e Manciuriani. Per fare unparagone storico, il loro imperoassomiglierà piuttosto all' imperoromano del tempo di Augusto, che nonaveva ancora una burocrazia unificatacome poi arriverà al tempo diDiocleziano e di Costantino,comprendeva un insieme di territori condiversissimi statuti giuridici e legali,dagli Stati formalmente indipendentialle città alleate, dalle tribù con liberalicenza di assoggettamento schiavisticoai semistati a sovranità limitata conguarnigione militare romanapermanente.Non bisogna neppure pensare che laMissione Speciale conferita al popoloamericano dalla divinità onnipotenteprotestante­sionista di tipoveterotestamentario (con Gesùtestimonial da esibire in concerti rockcon annesse danze tribali della pioggiaper salvare il pianeta o per fingere di

spedire cibi avariati a negretti con il visoricoperto dalle mosche) sia qualcosa diteleologicamente predeterminato apartire dal 1776. Questa è proprio larappresentazione provvidenzialisticacon cui la classe dirigente USA pensase stessa, e cioè che Dio, nella suaprotestantica inesorabilità, aveva giàdeciso dai tempi di Tutankamen che ilbuon popolo anglofono avrebbe

dominato il mondo, accompagnato dalsuo esclusivo clero levitico­sionista edalla sua religione dell' inchiodamentoperpetuo della vecchia Europa al suosenso di colpa eterno. In realtà la storiaè anche (non solo) regno dellacontingenza, e ciò che è avvenutoavrebbe anche potuto non avvenire.Bisogna quindi liberarsi dai modi dipensare consolidati di tipo teleologico­narrativo, e farò qui solo due esempielementari.Prendiamo il modo in cui vienedisegnata divulgativamente la teoriadell'evoluzione, imprinting che dai testidella scuola elementare ciaccompagnerà poi per tutta la vita. Inprincipio ci sono solo piantine umidiccee schifose, amebe non altrimenti note,spugne ed altri conglomerati paludosi.Arrivano poi insetti, ragni, dinosauri,mammut, uomini scimmieschi con ilmuso proteso in avanti come i teppistidi periferia, ed infine emerge da questobrodo primordiale un uomo biondo ederetto che cammina guardando davantia sé, diretto probabilmente a PiazzaAffari, che sappiamo essere ilcoronamento destinale provvidenzialedella storia della specie umana. Ilpoliticamente corretto ci ha già aggiuntouna donna e fra poco avremosicuramente anche altri uomini e donne"diversamente colorati", tutti sorridenticome si conviene a "gente"postclassista, postborghese e

postproletaria.E prendiamo anche il modoprovvidenzialistico­lineare con cui imanuali di storia ci raccontano ilpassaggio di Roma da cittadina dibriganti sradicati provenienti dalleeccedenze demografiche delle vicinetribù (ver sacrum ecc.) ad un imperoche va dalla Scozia alla Mesopotamia edalla Dacia alla Mauritania. Al principio

per alcuni secoli si hanno soloestenuanti lotte campanilistiche con letribù delle vicine, province di Viterbo,Rieti e Frosinone, poi si passa a cosepiù serie, tipo Etruschi, Galli dellaPadania bossiana e Cartaginesi, edinfine ci si espande sempre di più, e sidiventa talmente forti da potereaddirittura permettersi delle sanguinoseguerre civili interne (Mario e Silla,Cesare e Pompeo, Ottaviano edAntonio ecc.). Non dico che non siaavvenuto tutto questo. Dico soltantoche questa immagine lineare diprogressione geografica a macchiad'olio può comportare ­ e quasi semprecomporta ­ una ricaduta psicologica ditipo inevitabilmente provvidenzialistico.E su questo immaginarioprovvidenzialistico ­ lineare giocanoappunto gli apologeti dell'imperoamericano.

2. L'espansione geopolitica delle TrediciColonie avviene secondo una logicageograficamente razionale. Si tratta diacquisire prima le terre oltre i MontiAlleghani, inizialmente riservate dallaCorona britannica alle tribù indiane, poidi acquistare da un distratto edinsopportabilmente egocentricoNapoleone la valle del Mississippi, poitentare di conquistare l'intero Canadanella guerra del 1812­1815 contro laGran Bretagna (guerra di cui si èsempre parlato poco perché per una

CCoossttaannzzoo PPrreevvee

La quarta guerra mondialeda "La quarta guerra mondiale" Edizioni All'Insegna

del Veltro, 2008

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1 0 ITALICUM settembre­ottobre 2014Focus: La quarta guerra mondiale

volta gli USA presero una beneficabatosta) ed infine di completare laconquista dello spazio continentaledall'Atlantico al Pacifico rubandoquesto stesso spazio al Messico. E unavolta diventata la grande nazione deiDue Oceani, si trattava di capire daquale oceano sarebbe iniziatal'espansione geopolitica imperiale.Non poteva trattarsi che del Pacifico,per il fatto che l'area atlantica eraancora dominata dalle grandi potenzeeuropee, che l'avrebbero persa soltantocon la seconda guerra mondiale. GliUSA mandarono una flotta percostringere il Giappone ad aprire i suoiporti, divorarono le isole Hawaii conl'aiuto di bande di missionari protestantie soprattutto si mangiarono le Filippinenel 1898. La conquista delle Filippine,che prima dello sbarco militare USAavevano già di fatto conquistato sulcampo l'indipendenza dalla Spagna(Aguinaldo era stato il Bolívardell'arcipelago), fu per gli USAl'equivalente di quanto erano stati HongKong per l'Inghilterra, l'Indocina per laFrancia e l'Indonesia per l'Olanda. Einfatti ­ come ho già rilevato nel terzocapitolo, ma repetita juvant ­ laseconda guerra mondiale per gli USAnon fu per nulla una guerra ideologica"antifascista", come raccontano lefavole per accademici politicamentecorretti, ma fu una guerra geopoliticaper la conquista permanentedell'Europa e del Giappone.Con il 1945 I'impero USA è giàstabilmente insediato in Europa e inGiappone e si e già dotato dei "residui"e delle "derivazioni" ideologicheantifasciste (uso qui la terminologia diVilfredo Pareto) con cui legittimare lapropria occupazione permanente. Iprocessi di Norimberga e di Tokyocontro i vinti sono infatti necessari perlegittimare simbolicamente lapermanenza della occupazione. Nellaterza guerra mondiale l'impero USA siimpadronisce militarmente del VicinoOriente dopo il 1956 e l'incautaoperazione veterocoloniale franco­inglese, e riesce anche ad impedirecon un massiccio intervento militareindiretto (ed in alcuni casi anchediretto, da Santo Domingo 1965 aPanama 1989) I'espansione delcomunismo in America Latina, per cuiCuba resta un'eccezione assediata.Resta ancora l'Africa, che fino alla finedella terza guerra mondiale è ancorariserva di caccia, per la Francia e perl'Inghilterra; e resta soprattutto il cuorecontinentale dell'Asia, o megliodell'Eurasia, la zona che la vecchiageopolitica aveva sempre

(correttamente) definita in termini diHeartland, il cuore del continenteeurasiatico. A tenere questo cuore eraancora l'URSS, che si era decisa ancheall'intervento in Afghanistan nel 1979per garantirsene il controllo, interventocriticato da tutto il concerto sfiatato dei"sinistri" del tempo (ma non certo da chiscrive, e non certo per adesioneideologica al baraccone brezneviano ­e per quello che vale ne ho ancora letestimonianze scritte e pubblicate).

Nel 2001 gli USA si impadronisconodell'Afghanistan e tentano anche diimpadronirsi dell'Uzbekistan e delKighisistan facendo leva sullecorrottissime oligarchie postcomunistee sulle caricature delle cosiddetterivolte "arancioni" sponsorizzate dallospeculatore Soros. Nello stesso tempo,approfittando del vuoto di potere inAfrica e del pretesto della guerra controil terrorismo islamico, mettono per laprima volta piede stabilmente in Africacon basi militari permanenti in Somaliaecc.). Anche in questo caso, si servonodi apparati governativi subalterni excomunisti (Etiopia ecc.). Per chiudere ilcerchio, utilizzano governi corrotti ecompletamente degenerati di paesi excomunisti (Polonia, Repubblica Cecaecc.) per installare nuove basi militaririvolte contro la Russia, indiscutibilecuore geografico dell'Eurasia, ed usanocome pretesto la difesa preventivadell'Europa contro gli "Stati canaglia"(rogue states) dell'Iran e della Corea

del Nord.Sarebbe necessario pubblicare ognianno un album di cartine del mondointero con tutte le basi militari e ledislocazioni delle flotte USA nel mondo,senza paura che la semplicepubblicazione di queste cartinegeografica venga accusata diantiamericanismo (e magari anche diantisemitismo). In ogni caso, il cerchiosi sta chiudendo ed è giunta l'ora dicominciare a decidere se intendiamoaccettare questo nuovo impero globaleUSA oppure se non intendiamoaccettarlo.

3. La strategia geopolitica globaledell'impero USA non si esauriscecertamente con l'euro­atlantismo.L'euro ­ atlantismo ne è soltanto unsettore particolare, sia pure importante,e la sua premessa ideologica consistenell' imporre all'Europa una concezioneunilaterale di Occidente inteso comeciviltà di cui I'impero americano stessonon solo è il garante militare in ultimaistanza (la sovranità nello statod'eccezione di cui parla Carl Schmitt),ma è anche l'unico soggetto abilitato adarne una definizione politico­militareoperativa. E tuttavia in quanto imperomondiale si servono di molti elementigeopolitici, e non solo ovviamentedell'euro­atlantismo. Utilizzano lasolidarietà linguistica anglosassone conl'Australia e la Nuova Zelanda.Rinfocolano l'ostilità ed il contenziososimbolico pregresso fra Cina eGiappone per assicurarsi l'alleanza conil Giappone. Utilizzano il contenziososimbolico pregresso fra indù emusulmani per impedire ogniriavvicinamento tra l'India e Pakistan. Inaltre parole, l'euro­atlantismo con cui gliUSA tengono legata a sé l'Europa èsolo un pezzo di una più vasta,complessa ed articolata strategiageopolitica globale.Per l'Europa, invece, l'eurasiatismoresta la sola possibilità strategica realeper garantirsi alleati che non intendanoanche dominarla ed occuparla con basinucleari. Un'Europa isolata edeurocentrica è certamente un datoeconomico e culturale credibile, ma idati economici e culturali sonoinsufficienti se ci si colloca all' interno diuno scenario geopolitico mondiale. Legrandi cattedrali romaniche e gotiche,la pittura rinascimentale ed i marmigreci e romani non sono fattorisufficienti per un confronto geopoliticoglobale. La stessa alleanza privilegiatafra l'Europa e il continente africano èormai un dato storico tramontato deitempi (da non rimpiangere) del

Costanzo PreveLa quarta guerra mondiale

Edizioni All'Insegna del Veltro,2008pp.198, euro 20,00

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colonialismo ottocentesco eprimonovecentesco. Non vi è dunquealternativa all'eurasiatismo. Solo ilpacifismo struzzesco, che mettesistematicamente il capo sotto lasabbia e ritiene che le sfilate belantiritualizzate siano già di per sé unfattore politico importante, e noncomprende che queste sfilate belantisono l'equivalente politico dei cantisciamanici degli stregoni davanti apatologie gravi che richiedonointerventi chirurgici, può censurarequesta inevitabile necessità. So beneche in questo preciso momento storico(Sarkozy in Francia, Merkel inGermania, irrilevanti pecoronifinidalemiani in Italia ecc.) questaprospettiva è soltanto teorica edastratta, perché gli apparatidiplomatico­militari europei asservitivanno nella direzione opposta: quelladella servitù volontaria euro­atlantica. Etuttavia tocca agli studiosi indipendentinon asserviti e non politicamentecorretti segnalare una possibilesoluzione alternativa, anche senessuno può sapere se e quandomuteranno le condizioni storichemateriali per una inversione ditendenza eurasiatica. In fondo i libri siscrivono anche e soprattutto perfavorire un mutamento di percezionedei fatti storico­sociali.

4. Ribadita l'ovvia evidenza per cuinella presente quarta guerra mondialein corso l'impero USA tende ad undominio geopolitico globale, sia purecon gradi di controllo differenziati(alcuni diretti, altri indiretti) e ribaditaanche la tesi, certamente meno ovviama non per questo menorazionalmente argomentabile, per cui lasoluzione eurasiatica è la più credibile,resta da esaminare il secondo aspettodi questo dominio, quello ideologico­culturale. E' bene allora ribadire qualisono i significati che do ai due termini"ideologico" e "culturale".Con il termine "ideologico", intendosostanzialmente il significato propostoda Karl Marx, e poi posteriormenteribadito modificato e concretizzato, percui l'ideologia sistematizza la realtà noncertamente "così com'è", ma comedeve diventare per giustificare elegittimare interessi economici e politicidi potere e di dominio. La dimensioneideologica è necessaria per lariproduzione delle società umane,indipendentemente dal giudizio divalore positivo e/o negativo che si dà diesse, ed è quindi sempreinevitabilmente presente, così come losono l'arte, la religione, la filosofia, la

scienza ecc. Sintomo infallibile dellapresenza dell'ideologia èI'affermazione, non si sa se più ingenuao più sciocca, per cui chi parla ritiene, adifferenza del resto del mondo, di "nonessere ideologico", ma soltantoreligioso, filosofico, scientifico ecc. Ingenerale l'ideologia è accompagnatadalla "falsa coscienza necessaria",relativamente facile da diagnosticare inse stessi. Ad esempio il marxismo, cheha sempre utilizzato a tonnellate inquantità industriali il concetto diideologia come falsa coscienzanecessaria, non è quasi mai riuscito adapplicarlo a se stesso ed alle suevicende. Causa non ultima, questa, delsuo tragicomico crollo a fineNovecento.Con il termine "culturale", da nonconfondere con "ideologico", in quantoassai più ampio, comprensivo edimportante intendo la riproduzionesimbolica integrale di una determinataforma di vita associata, e cioè(utilizzando il già segnalato linguaggiodi Habermas) l'imposizione di un'unicagrammatica standard delle forme divita, grammatica accompagnata da unaprogressiva colonizzazione capillaredella vita quotidiana. È allora evidenteche la dimensione culturale è piùimportante della dimensione ideologica,che resta del tutto subalterna. Ilcomunismo storico novecentesco, chepure ha praticato sotto Stalin e sotto ilprimo Mao Tse Tung la strategia dellacolonizzazione della vita quotidiana (ilcosiddetto "uomo nuovo"' Dio ce nescampi e liberi), ha sempre dovutosupplire alla sua pittoresca mancanzadi egemonia con l'imposizioneideologica, e questa è stata una delletante ragioni della sua catastroficasconfitta.

5. Dopo questa necessaria parentesiterminologico ­ concettuale, è beneperò dire subito che I'attuale imperoamericano non cerca neppure diessere veramente "credibile", edutilizza invece una sorta di(parzialmente inedita nella storia)Menzogna palese. Che cos'è lamenzogna palese? La menzognapalese è una menzogna che non cercaneppure di essere credibile, in quantosi pone fin dal principio comepalesemente falsa.La menzogna palese rappresenta amio avviso un grado superiore,darwinianamente parlando, dellaprecedente menzogna occulta. Lamenzogna occulta dava infatti luogo astrategie di smascheramento o di"demistificazione" (come si diceva negli

anni Sessanta) e queste strategienutrivano gruppi appositi di intellettuali,che si qualificavano comesmascheratori e demistificatori,secondo il modello di quelli che ilfilosofo francese Ricoeur avevachiamati "maestri del sospetto" (Marx,Nietzsche, Freud). La menzognapalese, lungi dall'essere "sciocca",riflette invece la dura realtà dei rapportidi forza, Il suo modello è la favolaantica del lupo e dell'agnello, in cui illupo, avendo comunque già deciso didivorare l'agnello, attua pro forma undialogo demenziale, accusandolo diintorbidare l'acqua che lui sta bevendo,laddove l'agnello stesso si trova a valledel lupo e non a monte.Nelle tre guerre mondiali precedentil'impero USA aveva dovuto usareapparati ideologici di vario tipo(antigermanesimo nella prima,antifascismo nella seconda,anticomunismo nella terza), mentre inquesta quarta si trova a dovergiustificare il suo progetto di capillaremilitarizzazione del pianeta con lateoria del terrorista islamico diffuso e/odegli "stati canaglia", indicati questiultimi dal sacerdozio levitico sionista,cui è delegata in ultima istanza lasovranità di definire il Male ed il Benenel mondo. La debolezza di questonemico, imparagonabile ai vecchiKaiser, Hitler, Stalin ecc., comportaanche la spartizione virtuale di ognitentativo di ricoprire con unagiustificazione credibile le propriescelte di aggressione unilaterale.Con I'aggressione geopolitica allaJugoslavia del 1999 (Camp Bondsteelecc., trasformazione del Kosovo inministato mafioso e criminale dotatoperò di basi militari permanenti NATO)si era resa ancora necessaria unagiustificazione ideologica, e cioèl'invenzione di un inesistente genocidiodegli Albanesi, genocidio non solopalesemente inesistente (si trattava diuna guerra civile etnica a bassissimaintensità fra lo Stato jugoslavo ed ungruppo separatista albanese), maanche smentito da osservatori in locodi organizzazioni europee (OCSEecc.).L'aggressione all'Afghanistan del 2001coinvolse la NATO in quella che erapalesemente una mossa dioccupazione strategica geopoliticadello Heartland eurasiatico. Se loscopo fosse stato quello ufficialmenteproclamato (la cacciata di Bin Laden,ritenuto responsabile dell'11 settembre2001), sarebbe stato perseguito moltomeglio trattando con il governotalebano afgano ed imponendogli la

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cacciata o la consegna di Bin Laden.Ma Bin Laden non era che un pretesto,e ciò risultò palese con i tentativi USA(sembra per il momento fortunatamentefalliti) di mettere le zampaccegeopolitico­militari con basi permanentiin Uzbekistan, Kirghizistan ecc.La criminale aggressione all'Iraq del2003 mostra chiaramente che non èpiù necessaria la credibilità pergiustificare I'aggressione. Tuttiricordano Colin Powell che agitava unaprovetta al consiglio di sicurezzadell'ONU, e la totale e paleseincredibilità delle accuse a SaddamHussein (partecipazione al complottodell'11 Settembre e detenzione dipericolose armi di distruzione di massa,che notoriamente nella zona possiedesoltanto Israele). Ed è interessante,anche se poco rilevato per lavigliaccheria del circo mediaticooccidentalistico­USA, che leargomentazioni per le nuove basimilitari USA in Polonia ed in Cechiasono state non solo incredibili, maaddirittura surreali (difendere la vecchiaEuropa dall'Iran e dalla Corea delNord).Ancora una volta, ripeto che questastrategia della Menzogna Palese edella Incredibilità Ostentata e Manifestanon deve essere giudicata con criteriesclusivamente moralistici e tantomeno semantici, ma deve essereintesa come un segnale bellico diretto.Questa brutalità toglie ovviamentespazio agli intellettuali­vaselina, chedistinguerò nei tre gruppi dei cappellanimilitari dell'impero, dei giullari di cortedell'aristocrazia imperiale ed infine (ilpiù importante di tutti) degli eunuchi delpalazzo. Esaminiamoli separatamente.Prima, però un chiarimento generale.

6. Sulla questione degli intellettuali èbene non lasciare spazio ad equivoci dialcun genere. Un uomo generoso edintelligente come Antonio Gramsci,infatti, si sbagliò di grosso a questoproposito. Un intellettuale, se èveramente tale, non può essere"organico" a nulla, se non alla propriacoscienza. Se poi quello che riesce a"produrre", o meglio la "ricaduta"espressiva del suo pensiero, puòservire a scopi di mobilitazione e diidentificazione politica, è tanto diguadagnato. L'ostrica produce la perlanon certo perché intende essere"organica" ai gioiellieri ed alle madamebenestanti, ma perché lo fa per il suogratuito piacere. Chi intende essere"organico" ad una classe sociale siillude. Chi intende essere "organico" adun partito o gruppo politico non fa altro

che fornire apparati ideologici ai suoidirigenti. Spinoza, Kant, Hegel o Marxnon sono certamente stati degli"intellettuali". Sono stati dei libericreatori critici, e se avessero dovutopensare "su commissione"' oppurearmonizzare quanto pensavanoliberamente con vincoli ideologico­politici esterni, non sarebbero riusciti aconcludere nulla di importante.Gli intellettuali sono un gruppo sociale,uno dei più miserabili e servili cheesistano all'interno della divisione dellavoro sociale. Essi non sono deicreatori, ma dei produttori di profiliideologici e dei consulenti subalterni di

ceti politici che si riservano sempre ladecisione sovrana in ultima istanza. Inquanto produttori di profili ideologici econsulenti subalterni di decisionitattiche, gl'intellettuali fanno parte di unvero e proprio clero, infinitamente piùmiserabile di quello medioevale, perchénon tramandano neppure più la culturaantica e non promuovono neppure lacostruzione di cattedrali romaniche ogotiche.Marx è stato un creatore, non certo unintellettuale. E questo vale per altrecentinaia di grandi creatori minori, tuttistimabili. Un creatore non fornisce sucommissione profili ideologici prét­a­porter. Le tre categorie di cui oraparlerò invece lo fanno.

7. I cappellani militari hanno comefunzione quella di galvanizzare letruppe dicendo loro che si apprestanoad uccidere per una causa giusta. Nelpassaggio alla cosiddetta "modernità",e cioè al contesto culturale e socialedel capitalismo borghese, i cappellanimilitari sono passati in massa dai Dirittidi Dio ai Diritti dell'Uomo. Chi pensache Schmitt sbagli quando afferma chele categorie politiche moderne sono ilfrutto di una preventivasecolarizzazione di precedenticategorie teologiche ha qui uninteressante campo di indagine e diriflessione.In una prima fase, che va dal tempodelle Crociate alla conquistacinquecentesca dell'America fino alleguerre religiose del Cinquecento e delSeicento in Europa, erano i Diritti di Dioche il ceto intellettuale agitava. Poi Diofu sostituito dalla Scienza e dalProgresso, i due idoli con cui ilcolonialismo giustificò la sua strategiadi occupazione del mondo intero. Poi cifurono le tre guerre mondiali, in cuigl'intellettuali suonarono il loro sfiatatopiffero: prima per il nazionalismo, poiper l'antifascismo ed infine perI'anticomunismo. Siamo però arrivatioggi ad una fase completamentenuova. In questa quarta guerramondiale si riciclano certamentevecchie risorse ideologiche non ancoracompletamente sfruttate, come lasuperiorità della civiltà occidentale sullealtre (ed in particolare sull'islamica) ecome la lotta contro il totalitarismo(totalitarismo = minimo comundenominatore diabolico di fascismo ecomunismo), ma si attua soprattuttouna secolarizzazione dei vecchi Dirittidi Dio nei nuovi Diritti dell'Uomo.Il discorso qui si farebbe lungo. Ma chinon ha ancora capito che l'agitare ilturibolo sciamanico dei Diritti dell'Uomoè soltanto una protesi ideologica perlegittimare un intervento imperialeunilaterale è veramente un casodisperato. Con chi confonde gli angelicon i diavoli non è possibileintraprendere nessun confrontoteologico.

8. I giullari di corte dell'aristocraziaimperiale hanno grande spazio in unasocietà neofeudalizzata come l'attuale.In una società democratica, sia pureschiavistica come I'antica Atene, losguardo comico che una società nonpuò fare a meno di rivolgere su sestessa prende I'aspetto del teatropolitico (Aristofane ecc.). In una societàfeudale, invece, le oligarchiearistocratiche non possono realmente

Diego FusaroIl futuro è nostro

Filosofia dell'azioneBompiani, 2014

pp. 615, euro 15,00

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permettersi la generalizzazione di unvero e proprio teatro politico, cheaffronti le ragioni strutturali di fondo deimali della società. Largo spazio vieneinvece dato ai buffoni, cui è permessoperfino di camminare sulle teste deglioligarchi che si scompisciano dallerisate. La critica sociale vienepersonalizzata, ed in questo modoprivata di ogni carattere realmentepolitico (il cinghialone Craxi, ilpaperone Berlusconi ecc.). Balzano inprimo piano cerimonie pubbliche dipagliacci che mostrano in questo modola loro inarrestabile pulsione verso laregressione bambinesca (i cosiddetti"girotondi" di Nanni Moretti, icona dellagenerazione più rincoglionita dell'interastoria universale). L'incredibilesuccesso del giullare dei neo­potentiRoberto Benigni, che fa "liberare"Auschwitz da un carro armatoamericano, perché oggi sarebbepoliticamente scorretto edimbarazzante farlo "liberare"dall'esercito di Stalin (come è avvenutoin realtà), è in proposito riccod'insegnamenti.Ma gl'insegnamenti, appunto,"insegnano", soltanto a chi ritiene diaver bisogno di problematizzare larealtà e di non "berla" così come essaci viene servita. Ma oggi i "beoni" nonsono soltanto quelli del sabato sera chesi riempiono di liquidi come maiali nellediscoteche e poi travolgono educcidono tranquilli automobilisti sobri epacifici passanti.

9. Gli eunuchi del palazzo, o se si vuolei neo­eunuchi del circo mediaticounificato, sono però in questacongiuntura storica i veri e propri"intellettuali organici" delle oligarchieeuropee che hanno sceltostrategicamente I'euroatlantismo e lasubordinazione servile all'imperoamericano in questa quarta guerramondiale in corso. Gli eunuchi ­ come ènoto ­ sono uomini come gli altri, anchese la loro voce è maggiormente infalsetto, e lo è perché gli hanno tagliatoil membro virile. Naturalmente, nonglielo hanno tagliato per caso e permero sadismo. Dovendo munirsi di unpersonale specializzato che possacircolare liberamente in tutto il palazzoimperiale, dentro il quale sono ancheospitati gli harem di mogli, concubine,vallette, veline, letterine ecc., ènecessario che le oligarchie taglino loroil membro virile e che per tutto il restoinvece si servano delle lorocompetenze. Dagli imperatori bizantinialla dinastia cinese dei Ming, I'utilizzodegli eunuchi di corte ha sempre

adempiuto a ruoli strutturali importanti.E così è ancora oggi.Ma chi sono oggi gli eunuchi di corte,che vengono utilizzati soltanto dopol'asportazione del loro membro virile?Si tratta degli intellettuali antiborghesi,prevalentemente sessantottini (il 1968resta I'anno migliore consigliato da tuttii sommeliers che si rispettino), cui èstato però asportato il membro viriledella precedente intenzioneanticapitalistica. Una critica futuristicaed avanguardistica ai costumi

paleoborghesi e tardosignorili che nonsia accompagnata all'uso del membrovirile anticapitalistico è infatti funzionaleall'edificazione integrale di uncapitalismo assoluto a base socialeplebea e a direzione sociale oligarchico­finanziaria.I moderni eunuchi sono appunto coloroche hanno mantenuto apparentementeintatto il loro corpo, ma sotto gli abitinon dispongono più del precedentemembro virile. In gioventù hannocriticato tutte le dimensioni etico­culturali della precedente società"borghese" dei padri, credendo anchein buona fede (la buona fede è infatti laprincipale virtù degli sciocchi) di aprirela strada al superamento dellosfruttamento capitalistico. Ma nel corsodel successivo processo di delusione edi disincanto (delusione e disincantoeretti a punto più elevato della

saggezza filosofica raggiungibile inquesta vita) hanno accettato di buongrado di farsi castrare, rinunciandoall'inutile aggeggio anticapitalistico.Cappellani militari, giullari di corte edeunuchi del palazzo costituiscono lastragrande maggioranza del cetointellettuale di questo difficile periodostorico. E tuttavia non è certo sucostoro che si fonda il potere diconvincimento e di egemonia culturaledell'impero americano in questa quartaguerra mondiale in corso.

10. Il progetto egemonico del nuovoimpero americano si fonda su di unaomogeneizzazione oligarchico ­plebeadell'intera umanità. Al posto della riccacompresenza di nazioni, popoli e classidel mondo, si avrebbe un'unicapiramide sociale omogeneizzatacomposta di individui preventivamentesradicati e poi risocializzati su basiconsumistiche (ovviamente, basiconsumistiche non egualizzate, ma adifferenziati gradi di potere d'acquisto).Questa piramide, o più esattamentequesto cilindro, o ancora piùprecisamente questo cono, dovrebbeavere al vertice un insieme di oligarchieculturalmente unificate (cultura politicaneoliberale, lingua inglese, letturamattutina dei giornali finanziari e dellequotazioni di borsa, cerimoniepseudonobiliari con puttane, giullari ecampioni sportivi provenienti dallaclasse plebea, se possibile"diversamente colorata"), in mezzo unnew global middle class anch'essaunificata per stili di consumo turistico,alimentare e musicale, ed in basso unavastissima plebe cui però ­ a differenzadi quanto avveniva nei sistemi feudaliprecedenti ­ vengono concessistrumenti di promozione socialerigidamente controllata. Questo quadropresuppone, tuttavia, I'abolizionegraduale della nazione, del popolo edella classe. La nazione è unacategoria storica, il popolo è unacategoria politica e la classe è unacategoria sociologico ­culturale(attenzione, non solo sociologica, maanche e soprattutto sociologico ­culturale).In quanto categoria storica, la nazioneresta inassimilabile al vero e proprioimpero americano, in particolare nellasua forma moderna di esistenza, e cioèlo Stato­nazione moderno. Dalmomento però che I'impero americanotrova la sua origine in un particolareStato­nazione, quello messianico ­espansionista statunitense, ladistruzione di tutte le altre nazioni delmondo (ad eccezione della nazione

Costanzo PreveUna nuova storia alternativa

della filosofiaEditrice Petite Plaisance, 2013

pp. 538, euro 30,00

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sacerdotale sionista eletta da Dio, dellanazione dei nonni inglesi e dei cuginiaustraliani e poco altro) deve avveniredistruggendo geopoliticamente la lorosovranità politica e mantenendo per ilmercato turistico alcune caratteristicheesotiche (il sesso in Francia, i fantasmiin Scozia, gli allegri ristoratori panciutiin Italia e Grecia, i pittoreschi venditoridi tappeti levantini, i lottatori di sumogiapponesi ecc.). Il processo saràterminato quando le nazioni resterannosemplici risorse turistiche di mercato, eallora potrà cominciare l'ultimo stadiodella loro esistenza, I'affiancamentodella lingua inglese obbligatoria afianco dei loro decrescenti dialettinazionali.In quanto categoria politica, il popolonon esiste più, e non può certamenteesistere, senza la sovranità su unterritorio. Le organizzazionieconomiche internazionali hannoappunto come compito la distruzioneprogressiva della sovranità monetaria egià oggi i vari signori Draghi, Almunia,Padoa Schioppa ecc., che nessuno haeletto e che non sono passatiattraverso un'elezione democratica,posseggono di fatto poteriincommensurabilmente superiori aquelli di qualsiasi parlamentonazionale. In queste condizioni,ovviamente, il "popolo" italiano nonesiste più. Esiste un insieme dioligarchie finanziarie italiane, esisteuna classe media globale italianaamericanizzata (life is now!) ed esisteuna gigantesca plebe postmoderna agradi differenziati di potere d'acquisto.La classe non è certamente soltantouna categoria sociologico ­ economica,come ha sostenuto per più di un secoloil mascherone sindacalistico che si èspacciato per "marxismo", ma è unacategoria sociologico ­culturale. Essa èstata progressivamente svuotata nelcorso del passaggio dal capitalismotardosignorile e protoborghese alcapitalismo dicotomicoborghese/proletario, fino all'attualeapprodo al capitalismo assolutopostborghese e postproletario, di cui gliUSA restano il modello insuperabile. Laclasse borghese è stata privata delfattore decisivo della coscienza infeliceper la mancata universalizzazionedell'emancipazione illuministica,coscienza infelice che aveva nutrito ilsuo periodo d'oro (Spinoza, Kant,Hegel e Marx). La classe proletaria,indebolita dal passaggio dalleeconomie secondarie industriali alleeconomie terziarie dei servizi, è stataprogressivamente integrata non certonella "borghesia" (le categorie di

proletarizzazione e di imborghesimentosono forse le più stupide della purstupidissima storia della sociologiacontemporanea), quanto nellariproduzione complessiva delcapitalismo assoluto.Se questo è lo scenario, allora chefare? Ma il chiedersi "che fare?"presuppone preliminarmente unadomanda ancora più importante edecisiva, e cioè che cosa non fareassolutamente.E la prima cosa da non fareassolutamente è continuare adintestardirsi a leggere la propriacollocazione politico ­ culturale nelmondo attraverso I'obsoleta dicotomiaDestra/Sinistra.

11. La produzione in generale deimezzi di sussistenza e di riproduzioneè una categoria naturale, ma il modo diproduzione è una categoria storica, nelsenso che non è mai esistito in eterno,si è originato in un certo punto deltempo e dello spazio, si è sviluppato, èfiorito, è tramontato e ad un certo puntoè finito. Nello stesso modo la dicotomiapolitica Destra/sinistra non è unfenomeno genetico ­ naturale come illinguaggio o la sessualità riproduttivaumana, ma è un fenomenointegralmente storico.Questa dicotomia ha accompagnatol'evoluzione storica (non certo però intutto il mondo) in tre fasi successive.Nella prima fase, la dicotomia haaccompagnato il passaggio dallasocietà tardosignorile a quella

protoborghese e protoproleraria (1790 ­1850 circa). Nella seconda fase haillustrato lo scontro diretto fraprotoborghesia e protoproletariato(1850 ­ 1910 circa). In una terza edultima fase, ha illustrato lo scontrodiretto tra tarda borghesia e tardoproletariato, o se si vuole fra borghesiamatura e proletariato maturo (1910 ­1980 circa). In questa attuale fasestorica, caratterizzata da un capitalismoassoluto postborghese e postproletario,questa dicotomia è diventata obsoleta,e viene continuamente reimposta daigestori del sistema simbolico (circomediatico, ceto politico professionale,clero accademico ecc.) come protesipolitologica di manipolazione. Il veroproblema, tuttavia, non sta certo negliirrilevanti pagliacci intellettuali dei talk­show televisivi, che inscenano recitepittoresche a base di scontri retorici framascheroni di destra e di sinistra, manel fatto che, purtroppo esciaguratamente, la grandemaggioranza delle classi popolaricontinua a rappresentarsi i conflittisociali attraverso lo schermo di questadicotomia, divenuta il succedaneo dellevecchie (e ben migliori) categorieteologico ­ religiose.La prima operazione simbolica diquesta quarta guerra mondiale incorso, almeno per quanto concernel'Europa, è mirare a sostituire lamanipolazione politologicaSinistra/Destra con la nuova esplicitaopposizione tra fautoridell'euroatlantismo e dell'imperoamericano da una parte e fautoridell'eurasiatismo e oppositoridell'impero americano dall'altra. Neiquasi vent'anni che sono intercorsi trala fine del comunismo storiconovecentesco e l'oggi (1989 ­ 2008) èstato fatto pochissimo in proposito, equesto non solo e non tanto perché iltriplice circo mediatico, politico eduniversitario ha remato ovviamentecontro, ma perché la dicotomia èrimasta inerzialmente presente anche esoprattutto fra la gente comune.Ed è questo il problema dell'oggi.Costanzo Preve

Costanzo PreveL'ideocrazia imperiale americana

Settimo Sigillo 2004pp. 109 euro 13,00

Focus: La quarta guerra mondiale

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Qualcuno mi rimprovera perché, aproposito del cosiddetto Islamic

State of Iraq and al-Sham (ISIS), hodato a suo dire l’ impressione di“sottovalutarlo” dal punto di vistapropriamente storico-religioso,considerandolo una specie di“modernismo islamico” ammalato diutopistica “nostalgia delle origini”musulmane e riduttivamentegiudicandolo un caso di“religionizzazione della politica”.Non sono io a pensarlo: a indurci aintenderlo in tal modo è la storia di tuttoquel che si è nel tempo denominato“fondamentalismo islamico”, quindi –secondo la proposta di Gilles Kepel,che in area francofona restairreprensibile ­, islamisme (il che da orain poi suggerisce anche a noi italiani di

definire “islamista” il musulmanoradicale e semmai “islamologo” lostudioso dell’Islam, che prima sidenominava secondo la precedenteaccezione) e ormai si preferiscedefinire “jihadismo” (secondo me con ilsolito permanente equivoco sul jihad,termine che NON è correttamentetraducibile come “guerra santa”).Diciamo pure che tutto ciò appartiene auna questione storico­semantica e che,sulla sostanza delle cose, bastaintendersi.Eppure – mi si obietta – nel riferimentoal “califfato” non c’è qualcosa di piùprofondo e di propriamentemillenaristico­messianico­escatologicoda considerare? Rispondo partendodalla segnalazione di un articolo editosul n. 34 di “Storia in rete”, Attenzione:l’ISIS viene da molto lontano…, doveun medico attento alle cose storichecome spesso i medici sono, esperto diquestioni musulmane edequilibratamente ma seriamente legatoalla tradizione guénoniana, il dottorMariano Bizzarri, sottolinea in terminiperaltro molto prudenti la possibilitàdell’esistenza – sia pure non segnatada un perfetto “continuismo”, anzi riccadi rotture e di aporie – di un rapportotra le posizioni (magari occulte)dell’ISIS e addirittura il movimento diMuhammad Ahmad (1844­1885), ilMahdi sudanese vincitore tra l’altro diGordon Pascià e conquistatore di

Khartum, l’eredità del quale è raccoltaoggi dal partito sudanese Umma (la“Matria”, termine con il quale si designal’Islam in quanto comunità universaledei credenti) guidata dall’ex ministrosudanese Sadiq al­Mahdi, diMuhammad Ahmad a quel che aprediscendente. Secondo Bizzarri – ecredo di poter confermare il suoassunto – uno dei tanti rivoli dellacosiddetta al­Qaeda sarebbe stata incontatto con i “mahdisti” sudanesi e lostesso Usama bin­Laden avrebbedimorato in Sudan tra 1992 e 1996.Servendosi in modo molto generosoma anche giudizioso del “paradigmaindiziario” di ginzburghiana memoria,Bizzarri fa notare come il sito dell’ISISsi denomini Daqib, con riferimento allaregione geografica tra Damasco e

Aleppo nella quale secondol’escatologia musulmana avverrebbe loscontro finale tra il vero Mahdi (il “BenGuidato”, figura escatologica moltosimile se non affine rispetto al Cristo“della Seconda venuta”, Colui cheguiderà i fedeli in virga ferrea, e ilDajjal, il “Mentitore”, anch’egli figuraescatologica fondamentale, in tuttoequivalente all’apocalittico Anticristo (sipensi alla tradizione inaugurata dal DeAntichristo di Adsone di Montier­en­Der, proseguita dal Ludus deAntichristo germanico del XII secolo emirabilmente culminata negli affreschiquattrocenteschi della cattedrale diOrvieto). L’attesa escatologica delfuturo Mahdi è diffusa in Sudan, nelsalafismo irakeno, nella penisolaarabica, nell’area africana tra Ciad,Mali e Nigeria. Bizzarri, che peraltromolto lealmente richiama – pur nonabbracciandone in forma esplicital’assunto – al libro di Jean MarcAllemand Les Sept Tours du Diable(Trédaniel 1990) nel quale sicommentano le posizioni del Guénon,ricorda peraltro che tra il main streamdi al­Qaeda, rappresentato da al­Zawahiri e vicina al fronte dei sunnitisiriani antiassadisti di al­Nusra, e ilmahdismo sudanese, si sia consumatanel 2013 una decisiva rottura.Ora, anche Muhammad Ahmad eratutt’altro che un “sunnita” ortodosso: delresto, nell’Islam, non esistendo

un’organizzazione propriamenteecclesiale non esiste nemmeno unadisciplina condivisa che possadistinguere tra “ortodossia” ed “eresia”.E’ noto, ma forse è bene richiamarlo,quanto complesso sia il panoramicateologico­confessionale musulmano:non solo “sunniti”, “sciiti” e “kharigiti”,ma anche una quantità di sètte e discuole. Al “millenarismo” mahdista puòessere collegato nella sua radice lostesso movimento wahabita nato nelquinto decennio del XVIII secolo inArabia, i cui leaders sono gli emirisauditi, oggi famiglia regnante delregno dell’Arabia da essi appuntodenominata “saudita” e che, purconsiderandosi rigorosamente sunnita,è alquanto lontano in realtà dallatradizione ordinariamente conosciuta

come Sunna. Legame tra mahdismo ewahabismo sarebbe la tariqa(“confraternita”) nota come samaniyya;ma esiste anche una parte degli sciitiirakeni, i seguaci della Jaysh al­Mahdi(“esercito del Mahdi”) organizzato nel2003 dall’antisaddamista Muktar al­Sadr per contrastare gli invasoriamericani, che si rifà al mahdismo.Al pari dei wahabiti, l’attuale movimentodel “califfo” al­Baghdadi sembrainsistere su una concezione dellaschari’a, la legge coranica, che sidiscosta molto dalla tradizione sunnitanon diciamo ortodossa in quanto taletermine non ha senso riferito all’islam,ma quanto meno maggioritaria. Lachiave di tutto – e Bizzarri lo sottolineacorrettamente, sia pure un po’ troppo“occidentalizzandone” i termini – stanella risorgenza del tema dell’ijtihal, unconcetto che ha accompagnato i primisecoli dell’Islam venendo poi messo dacanto e anzi proibito con laformalizzazione definitiva del testocoranico e della relativa sequenza delle“sure”. L’ijtihal, che concettualmente hasenza dubbio un rapporto disimilitudine con il principio luterano del“libero esame” della Scritture, èfondamentalmente l’esegesi: cioèquello che per altri versi mancherebbeper rendere più flessibilel’interpretazione coranica liberandoladall’ipoteca dell’adesione al sensoletterale del testo sacro.

Ancora sull'Isis:un tocco di esoterismo,

una punta di simbolismo...

FFrraannccoo CCaarrdd iinn ii

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1 6 ITALICUM settembre­ottobre 2014

GEOPOLITICA

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Direttore Tiberio Graziani

Rivista dell’Istituto di Alti Studi inGeopolitica e Scienze Ausiliarie èstata fondata nel dicembre 2011 alloscopo di diffondere lo studio dellageopolitica e stimolare in Italia unampio e de­ideologizzato dibattitosulla politica estera del nostro paese.Si tratta della prima ed al momentounica rivista italiana di geopolitica adapplicare la revisione paritaria(double­blinded peer review).È la rivista ufficiale dell’Istituto di AltiStudi in Geopolitica e ScienzeAusiliarie (IsAG) di Roma. Si tratta diun’associazione di promozionesociale, senza fine di lucro, nata nel2010. Essa promuove variepubblicazioni, organizza convegni eseminari ed offre esperienzeformative, il tutto nell’ottica dellarealizzazione dei suoi scopi statutari,che coincidono con quelli della rivistaGEOPOLITICA.La redazione di GEOPOLITICA ècomposta dai ricercatori associatiall’IsAG. Direttore è Tiberio Graziani,condirettore Daniele Scalea. Garantedella qualità della rivista è unComitato Scientifico di rilievointernazionale. La rivista è trimestrale.Il presente sito, oltre a fornire tutte leinformazioni necessarie suGEOPOLITICA, è anche un portaleinformativo a se stante. Non si trattadi una versione elettronica della rivistaed il materiale qui presente noncoincide con quello che si trova inessa. Ma vi si possono trovarenumerose analisi di politicainternazionale, tutte offerte dall’IsAGin maniera rigorosamente gratuita.

D’altronde, il ricorsoall’ijtihal può condurre ainterpretazioni coranicheanche più rigorose eristrette: come sembraavvenire appunto nelterritorio dell’ISIS, nelquale molto ci si discostadalla tradizione secondoal quale le comunità dettejimmi (cioè “soggette”,ma perciò stesso anche“protette”) in quanto ahlal­Kitab (“gente delLibro”, provvisto di unaRivelazione sancita dauna Scrittura: quindiebrei, cristiani, maanchezoroastriani e perfinobuddhisti), non essendokuffar, cioè pagani idolatri

e politeisti, hanno diritto amantenere il loro cultoancorché in unadimensione privata edebbono riconoscere lasuperiorità dell’islam eassoggettarsi a qualchelimitazione civile nonchépagare due tipi di tasse,la jizya e il kharaj, cheperò sono piuttostoragionevoli anche rispettoal zakat, l’”elemosinalegale” ch’è uno degliarkan al­Islam, i “cinquepilastri della fede” cuiciascun musulmano ètenuto a sottostare.Nell’ISIS la jizya èdivenuta un pesointollerabile, che rasentala totale espropriazionedei beni: in alternativa aciò – e a parte i casifrequenti, di altre forme dipersecuzione – ilcristiano non può cheemigrare (perdendocomunque i suoi beni).Quel che appare

confermato, nell’analisi diBizzarri – e chi segue iMinima Cardiniana sache già dalle scorsesettimane anch’io eropervenuto ad analogheconclusioni – è che asostenere il “califfato”dell’ISIS siafondamentalmente il“sunnismo atipico” deiwahabiti, dunque lamonarchia saudita che dauna parte persegue conforza la fitna (“guerracivile” all’internodell’islam) antisciita, dauna parte colpiscespregiudicamente anchealtri sunniti, come i curdi.Le vittime del “califfo” e

della sua “armata” nonsono quindi solo icristiani, gli sciiti, glialawiti, gli yezidi.E gli ebrei? E’ un fattoche, mentre Arabiasaudita e perfino Qatar(in lotta fra loro) finganodi partecipare allo sforzocomune di ostacolarel’ISIS, esso non dice unaparola contro Israele; egli israeliani dal cantoloro, senza dubbiopreferirebbero continuarad avere la Siria di Assadcome loro antagonista nelGolan purtroppo cheveder insediarsidefinitivamente inquell’area la gente del“califfo” che potrebbediventare una vicinamolto più pericolosa; mad’altra parte questaframmentazione delfronte arabo­musulmanonon può che esserle utile.E la Turchia di Erdoğan?Eccoci a un altro

paradosso non troppotale. Tra le fazioni chesostengono il leader turconon mancano i “jihadisti”più o meno moderati, chein fondo, lo ammettano ono, guardano all’ISIS conuna quale simpatìa.Inoltre, va detto chearabo­sauditi, turchi,dente dell’ISIS, israelianie (per quel po’ che è datocapire) “occidentali” ingenere, dannol’impressione di avere siapure per ragioni diversenemici comuni: i sirianifedeli ad Assad, i curdi,l’Iran. Ed è forte ilsospetto che sia propriol’Iran l’obiettivo ultimo

della drôle deguerre che a quelche pare la NATOsta sì e nonconducendo,formalmenteappoggiata daisauditi, control’ISIS. Una voltastabilite basi vicineal confine orientalecon l’Iran, quantosarà facile cheesse se nevadano? L’ISISappare

provvidenziale nonconsentire una generaleridefinizione tattico­strategica delle forze cheormai dal 2003 occupanol’Iraq e che lo hannodistrutto senza consentirenemmeno un sicurorilancio della suacompagine statuale. Ladestabilizzazionecontinua e cronicizzatadel Vicino Oriente apparelo scopo ultimo deigoverni occidentali, diquello turco, di quelloarabo­saudita e di quelloisraeliano in implicita,contraddittoria, brutalealleanza. I musulmanireagiranno ancora piùsconcertati e ancor piùcadranno vittime dellapropaganda radicale edell’utopìa terroristica: siponga attenzione allereazioni di Hezbollah e diHamas, a loro voltainterdette e confuse. Una

Focus: La quarta guerra mondiale

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forza già ideologicamente incline alradicalismo, se e quando cade nellaconfusione, viene sospinta di fattoverso soluzioni ispirate alla violenzaterroristica e al terrorismo. Da unquarto di secolo, vale a dire dalla prima“Guerra del Golfo”, sappiamo che datutto ciò non può nascere nulla dibuono.Consoliamoci allora con l’ironia dellastoria e magari della metastoria.Nell’area soggetta all’ISIS, le casecristiane vengono contrassegnate dalsimbolo della lettera araba nun, inizialedel termine nassarah, “nazareno”, cioè,nel linguaggio coranico, coloro che nelProfeta Issa ben Mariam, Gesù diNazareth (appunto: nassarah,“nazareno”) identificano Dio stesso: icristiani. La lettera nun ha però

nell’Islam un significato pregnante:costituita da un segno ricurvo dalleapici volte verso l’alto sormontato daun punto, rinvia nientemeno che alhilal, la falce di luna nascente il primoapparire della quale in cielo segnal’inzio del Ramadan. In altri termini la“mezzaluna”, considerata sia pur tramolti dubbi che riguardano al loroorigine il simbolo della fedemusulmana.D’altronde, essere muslim significasemplicemente, in arabo, appartenerealla fede nel vero Dio e conformarsi alSuo volere (tale il senso profondo deltermine Islam, che in arabo – linguacome l’ebraico consonantica – èanalogo al termine Salam, pace). Isedicenti autentici musulmani,segnando così le case dei cristiani,

ignorano di sancire in tal modo appuntoche i fedeli del Cristo sono essi stessidei veri fedeli, autenticamente soggettialla volontà di Dio (mu­slim, mu­Islam)secondo la Rivelazione che Egli ha loroconcesso. Quella lettera che essiappongono sui muri delle dimorecristiane in segno di vergogna acquistail valore obiettivo di un signumelectionis, esattamente come il segnotracciato con il sangue dell’agnellosulle case degli ebrei nella notte delpassaggio dell’angelo,immediatamente prima che essi siapprestassero a lasciare l’Egitto direttiverso la Terra Promessa.Franco Cardinida www.ariannnaeditrice

Focus: La quarta guerra mondiale

E’ veramente bastato pochissimotempo per quella non risibile

parte di occidentali propensi aicommenti più fuorvianti epressappochisti in fatto di politicaestera passare dall’esaltazionesfrenata alla triste analisi dellasituazione economica presente neiconti economici dei vari paesi diappartenenza che hanno nei fattidichiarato una guerra economicaallo Zar Putin.

Parlo ovviamente dei fatti successivi algolpe bianco scaturito a seguito deisanguinosi fatti verificatisi in Ucrainaall’inizio di questo 2014. A partire dallainusuale e poco democratica cacciatadell’allora legittimo presidente ucrainoYanukovich i rapporti tra la Russia el’asse Ue ­ Usa si sono infatti moltodeteriorati. Temendo, anchecomprensibilmente in verità, episodi diviolenza nei confronti della popolazionerussofona presente in quelle terre, loZar Putin ha innanzitutto dato l’ordinedi occupare la penisola di Crimea postain territorio ucraino, ma essendo sulMar Nero avente anche una rilevanteposizione strategica, esuccessivamente aiutato anchemilitarmente i ribelli filorussi contrariall’evoluzione del nuovo corso politiconell’Ucraina occidentalista odierna.Giusto per ricordarci di possedere unminimo di memoria ricordiamo che in

Crimea si è comunque svolto unreferendum consultivo in cui oltre il90% della popolazione ivi residente si ècomunque definita favorevoleall’assorbimento del territorio di Crimeanella Federazione di Russia e cheeffettivamente erano già iniziatesoprattutto nell’area orientaledell’Ucraina violenze e minacce neiconfronti di coloro ritengano sentirsirussi a tutti gli effetti. Il dato di fatto ècomunque che dopo l’insediamento in

Ucraina del presidente filooccidentalePoroshenko e successiva catena diintimidazioni nei confronti dellapopolazione che ancora si sente legataa Mosca con conseguente reazionerussa, si è innescato un clima di guerrafredda che si è espresso in termini diduri provvedimenti economici econseguenti contro sanzioni. Tuttoebbe inizio con le iniziative da parte Uee Usa che comportarono ilcongelamento dei conti correnti dialcuni funzionari del Cremlino ed azionisanzionatorie anche in importantisettori nevralgici dell’economia russacome quello del credito e dell’energia.Basti pensare che ad essere colpiti datali sanzioni sono state aziende privatee pubbliche di fondamentaleimportanza quale Gazprombank eRosneft (entrambe rilevanti per ilsettore energetico). A ciò è seguitaimmediatamente la replica russa con

analogo comportamento nei riguardi dialcuni consiglieri di Obama e del suocandidato rivale alla Presidenza, ilrepubblicano MacCain. E’ sufficientequi ricordare come le controsanzionirusse abbiano portato ad un bruscocalo delle esportazioni italiane nellaFederazione, soprattutto per quantoriguarda la meccanica strumentale,maanche pelli conciate di equini bovinisenza pellicce ed i settoriagroalimentare, moda ed arredamento.

In materia di importazioni per quantoriguarda l’alimentare.E’da aggiungersi inoltre che, qualora siriprenda la propria partnershipcommerciale con la Russia,come iprezzi in questi sette mesi abbianosubito un significativo inasprimentosoprattutto per quanto riguarda patate,carne, zucchero e latte e questo noninciderà certo positivamente nellabilancia commerciale italiana.Ovviamente però sono i fabbisognienergetici provenienti dalla Russia adessere maggiormente guardati conattenzione nell’ottica di una valutazioneprospettica. La Federazione russainfatti è in grado di fornire circa un terzodell’intero fabbisogno energetico aipaesi europei, mentre per quantoriguarda l’Italia si ricorda come il 40%del gas metano provengasostanzialmente da Mosca e tuttotransitante in gasdotti posti in territorio

L'Italia a rimorchio di UE ed USAcontro la Federazione russa

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ucraino, avendo la Russia al momento“chiuso il rubinetto” in fatto diapprovvigionamenti di gas neiconfronti dell’Ucraina (la cui fornituradipende integralmente proprio dallaRussia),si capisce facilmente comequesto fatto abbia degli immediateripercussioni sull’approvvigionamentonazionale proveniente dalla Russia.Per quanto riguarda specificatamentel’Italia in casa Eni in verità non si fannoallarmismi particolari in merito allapossibilità di rifornimento di gasnaturale per uso domestico. Siafferma con certa sicurezza che lescorte attuali sono sufficienti perarrivare almeno fino all’inizio dellaprimavera 2015. Dopo di che ilproblema si ripresenterà e purcalando mediatamente lanecessità di utilizzazione richiestain quel periodo è pur vero che se irapporti resteranno così tesi tali daimpedire qualsiasi nuovoapprovvigionamentoestremamente importante. La Russiaha infatti comunque già partnersostitutivi all’Europa cui rivolgersi edoltre la Cina, Turchia, Egitto, Cile,Argentina e persino Israele.rappresentano già paesi d’interscambiosu cui la Federazione intende contarePer le forniture energetiche di gasoccorrerà prendere in considerazionel’offerta di altri paesi: quella del NordEuropa (in particolare Norvegia e PaesiBassi) e quelli del bacino mediterraneo

relativa ai paesi del Nord Africa (Algeriae Libia in primis). In merito allasituazione dei rapporti commerciali conquesti ultimi in particolare le aspettativesono buone, ma certo le partnershipcommerciali e di altra natura con questipaesi sono di per sé fluttuanti. Benesarà dunque riflettere anche qui sullafortissima rilevanza strategica in otticageopolitica di tutta l’area delMediterraneo africano.Per quanto riguarda poi la possibilità di

fornitura riguardante altri beni, come adesempio nel caso della meccanicaindustriale, va poi riferito che esiste unsistema di “triangolazione” consistentenella vendita a paese amico dellaFederazione Russa che però abbiadeciso di non applicare particolariprovvedimenti restrittivi, chepermetterebbe di aggirare l’ostacolo.Quello su cui però occorrerà ragionareè l’ottica di medio­lungo periodo e cioèl’eventuale presenza di altri partner

commerciali che possano sostituire laRussia qualora la sanzionicontinuassero. E sotto questo punto divista la Russia ha certamente moltomeno problemi della Ue e inparticolare dell’Italia e per la quale laRussia resta partner commercialeirrinunciabile. Per quanto concernespecificatamente l'Italia vi è da dire cheall’adozioni di misure più generali sisono sommate (similmente a quantofatto a danno della Russia da parte

degli Stati Uniti D’America) misurerestrittive di carattere personale chehanno colpito anche amici personalidel personale russo. Ricordiamo adesempio la serie di provvedimentipresi nei confronti di ArkadjRomanovich Rotenberg che hannocausato il sigillo di ville, appartamentied altri beni immobili oltre ilcongelamento di conti correnti per untotale di oltre 190 milioni di euro. Lacosa più sorprendente è però quelladeterminata dal fatto che siffatti

provvedimenti sono rientrati nel noverodelle “misure per prevenire il terrorismoe l’attività contrarie alla pace e allasicurezza internazionale”. In sostanzauna dichiarazione bellicosa neiconfronti della Russia di cuifrancamente sarebbe stato megliofarne a meno.Agostino Fusar­Poli

Cesare FerriScatto d'orgoglio

Settimo Sigillo 2004pp. 192 euro 18,00

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Paolo Becchi ­ Alessandro BianchiE­ book

Apocalypse euroArianna Editrice 2014, euro 3,99

Su un totale di 1 6 milioni dipersone in età lavorativa sono

complessivamente 7 milioni diargentini disoccupati o sottoccupatio assistiti. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statisticaargentino i poveri sono 1 9 milioni il54% della popolazione.

In Argentina convivono due societàparallele: una con redditi simili a quellidel “primo” mondo e un'altra con redditicome quelli dell’Asia o dell’Africa.Negli anni novanta le cosiddettepolitiche di “riequilibriostrutturale”imposte dal Fondomonetario internazionale fatte propriedalla classe politica argentina sonoculminate nella“dolarizzazione”del peso e nellavendita a capitalistranieri di interisettori dell’impresapubblica,banche,comunicazioni,energia ecc.Politiche questeche hannodeterminato nelcorso di pochianni lascomparsa dellaclasse media, la diminuzione dellacompetitività dell’industria argentina,l’aumento della disoccupazione e dellasottoccupazione, riduzione della spesasociale, pensioni e sanità. Alla fine del2001 il fallimento delle politicheneoliberistiche portò alla svalutazionedel peso argentino di circa il 75%rispetto al dollaro; provocò la chiusuradi migliaia di imprese e la fuga dicapitali all’estero.I titoli pubblici argentini crollarono sulmercato internazionale, le banchecongelarono i depositi e i conti dirisparmio.

Quale futuro per gli argentini?Il futuro dell’Argentina è ora nelle manidi Daniel Pollacak, mediatorefinanziario rappresentante dei fondi diinvestimento privati che potrebberospingere il Paese Sud­americano versoil default.Daniel Pollacak, uomo gelido ha

incontrato i ministri dell’economia edelle finanze di Buenos Aires . UnaTrattativa in extremis che però sedovessimo dare retta ai segnali chearrivano dai mercati finanziari sembradestinata a fallire. L’Argentina, dunque,è ormai vicinissima al suo secondodefault in tredici anni. Era il 2001 e

anche allora il Paese sud­americanoera stato travolto da una crisieconomica e finanziaria. Erano giorni incui per le strade di Buenos aires sisusseguivano le manifestazioni a suonidi pentole e tegami.La popolazione argentina faceva la filadavanti alle banche per ritirare i propririsparmi mentre contemporaneamente

gran parte delle aziende pubbliche eprivate stavano fallendo.Il Paese sud americano dichiarò defaultdisse cioè che non era più in grado dipagare il suo debito che ammontava acento miliardi di dollari, per uscirne loStato argentino offri ai creditori nuovititoli di Stato con scadenze più lunghe eredimenti più bassi. Tra coloro cherifiutarono ci furono tre fondi diinvestimenti che nel 2012 ha vinto lacausa giudiziaria ottenendo da ungiudice di New York una sentenza cheobbligava lo Stato argentino a restituireil 100 per cento di quel debito paricirca a un miliardo e trecento milioni didollari.La sentenza del giudice americanostabilì che se lo Stato argentino nonpagava potevano essere bloccati lerate agli altri debitori. Ed è proprioquello che è successo recentemente.L'Argentina non ci sta e passa alcontrattacco dopo il mancato accordo

sul debito con gli hedge fund che hafatto scattare il default del Paesesudamericano.La Presidente Cristina Kirchner hapuntato il dito contro i "fondi avvoltoi" esi è mostrata agguerrita, con tanto diricorso a metafore belliche."Quando c'èuna guerra ­ ha detto il Capo di Stato ­ i

missili colpiscono anche i bambini e ledonne.Lo stesso fanno, come nel 2001, imissili finanziari, che si prendono le vitedegli argentini". "Rifiutare il dialogo ­ haaggiunto Kirchner ­ in qualunque casoè assurdo nel mondo di oggi, madobbiamo difendere gli interessi delnostro Paese, senza rinunciare alconfronto".Il ministro dell'Economia argentina AlexKicillof rifiuta categoricamente anche laparola "default". "Coloro che parlano didefault ­ ha spiegato ­ lo fanno senzaavere alcuna cognizione dei fatti.Questa situazione non ha un nome, machiaramente il suo nome non èdefault".Nonostante le prese diposizione forti del governo, però, per lestrade di Buenos Aires la gente hapaura.La crisi dei primi anni duemila halasciato il segno e in molti temono chequell'incubo possa ripetersi.Claudia Regina Carchdi

Focus: La quarta guerra mondiale

L'Argentina marcia verso un altro incubo

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