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Direttore: Franca Dente In redazione: Franca Dente, Gloria Pieroni, Maria Cristina Odiard, Silvana Mordeglia, Isabella Mastropasqua, Gennaro Izzo Comitato scientifico: Franca Dente, Gloria Pieroni, Maria Cristina Odiard, Silvana Mordeglia, Silvana Agosta, Maria Vittoria Casu, Simonetta Cavalli, Isabella Mastropasqua, Gennaro Izzo, Angela Romano, Luisa Spisni, Silvana Tonon, Mirella Zambello. Sede: Via del Viminale, 43 - 00184 ROMA (RM) Tel. 06.5803425 - 06.5803465 Fax 06.96708586 Sito internet: http://www.cnoas.it E-mail: [email protected] Composizione: Gaetano Di Filippo - E-mail: [email protected] Grafica e stampa: Grafiche San Benedetto srl - tel. 0776.374 Fotografia in copertina di: Gaetano Di Filippo ©2006 Assistente Sociale La professione in Italia

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Direttore:Franca DenteIn redazione:Franca Dente, Gloria Pieroni,Maria Cristina Odiard, Silvana Mordeglia,Isabella Mastropasqua, Gennaro IzzoComitato scientifico:Franca Dente, Gloria Pieroni,Maria Cristina Odiard, Silvana Mordeglia,Silvana Agosta, Maria Vittoria Casu,Simonetta Cavalli, Isabella Mastropasqua,Gennaro Izzo, Angela Romano, Luisa Spisni,Silvana Tonon, Mirella Zambello.

Sede:Via del Viminale, 43 - 00184 ROMA (RM)Tel. 06.5803425 - 06.5803465Fax 06.96708586Sito internet:http://www.cnoas.itE-mail: [email protected]:Gaetano Di Filippo - E-mail: [email protected] e stampa:Grafiche San Benedetto srl - tel. 0776.374Fotografia in copertina di:Gaetano Di Filippo ©2006

Assistente SocialeLa professione in Italia

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S O M M A R I O

Elezioni 2009: riflessioni sul votoFranca Dente, Presidente del Consiglio Nazionale

Rinnovo degli organi collegialiO meglio: perché siamo stati così pochi ad andare a votare? Dati, commenti, riflessioni ed interrogativi.Maria Cristina Odiard, Segretario del Consiglio Nazionale

La valutazione di Servizio SocialeI processi valutativi nella complessità dell’esercizio professionaleSilvana Mordeglia, Tesoriere del Consiglio Nazionale

Continuando su deontologia e dintorni Luisa Spisni, Presidente Commissione Etica e Deontologia

Procedimenti disciplinari... “in archivio” !?Angela Romano, Consigliere nazionale

Le rappresentazioni dell’attesa nell’adozione internazionaleGennaro Izzo, Consigliere nazionale

Inserto speciale Politiche Sociali1. Introduzione2. Osservazioni al Libro Bianco sul futuro del modello sociale;3. Livelli Essenziali Processuali dei Servizi Sociali dell’Ente locale;4. Report dal Tavolo Tecnico per i Minori;5. Breve aggiornamento della Legge sul Garante dell’Infanzia;6. Linee di indirizzo per un modello organizzativo del Servizio Sociale in Sanità;7. Pacchetto Sicurezza: le azioni del Consiglio Nazionale;

- Documento ANM-CNOAS sul Pacchetto sicurezza;- Comunicato a seguito dell’approvazione del Pacchetto sicurezza;- L’Etica professionale e il Pacchetto sicurezza;- Pacchetto sicurezza e obbligo di denuncia: quesito ai Ministeri dell’Interno e della Giustizia.

Guinea. Esiti della terza missione e conclusione del progettoSilvana Tonon Giraldo, Presidente della Commissione Politiche della formazione,responsabile del progetto Guinea per il Consiglio Nazionale

La formazione continua degli Assistenti socialie degli Assistenti sociali specialistiRegolamento approvato dal Consiglio Nazionalenella seduta consiliare del 24 ottobre 2009

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Cari colleghi,

nel periodo appena trascorso gli Ordiniregionali sono stati impegnati nel rinno-vo dei loro Consigli; le elezioni indettenel mese di agosto si sono tenute tra set-tembre e ottobre.

Ai nuovi consiglieri e Presidenti va il piùcaloroso benvenuto e un augurio dibuon lavoro; ai Presidenti e ai consiglie-ri uscenti un sentito ringraziamento peril lavoro svolto e la collaborazione resanelle sinergie costruite di giorno in giorno.

A tutti loro raccomando di curare il pas-saggio delle consegne in modo dagarantire l’insediamento dei neo eletti,che non vi sia soluzione di continuitànella gestione, evitando in tal modo didisperdere quanto costruito nel qua-driennio precedente.

In quest’ottica, anche l’apporto dei sin-goli iscritti è e sarà sempre importante:essi devono sentirsi risorse e utilizzareda un lato gli Ordini regionali e dall’altrocollaborare con loro.

L’esercizio di cariche elettive, in un con-testo come quello di un Ordine profes-sionale, che nasce sulla base di un man-dato fiduciario, richiede un forte sensodi responsabilità e appartenenza, che

dà luogo alla motivazione necessaria aportare avanti il mandato con compe-tenza e consapevolezza del proprioruolo e delle proprie funzioni.

A tutto ciò va aggiunta una forte dedi-zione, affidabilità e competenza nelsostenere l’azione di chi è chiamato agestire tutto questo, mantenendo unavicinanza agli iscritti e sostenendolinelle loro difficoltà, senza perdere mai divista i beneficiari dei nostri interventi.

Colgo l’occasione per richiamare sintetica-mente le funzioni principali dell’Ordine,tra le quali la corretta tenuta dell’Albocostantemente aggiornato, la funzionedi controllo del corretto esercizio profes-sionale degli iscritti rispetto alle normedeontologiche e la conseguente azionedisciplinare, la valutazione delle abilitàe competenze professionali raggiuntenella formazione di base attraverso gliesami di stato, la promozione e la curadella formazione continua.

L’attenzione alla formazione continuaspecifica nasce da un obbligo deontolo-gico, ma deve essere vissuto come unbisogno indispensabile per garantireagli utenti/clienti interventi professio-nali di qualità. Il Regolamento sulla for-mazione continua alla cui elaborazionehanno contribuito in larga misura gli

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Elezioni 2009: riflessioni sul votoFranca Dente, Presidente del Consiglio Nazionale

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Ordini regionaliuscenti, entrerà invigore il prossimoanno solare e gra-dualmente verrà

resa obbligatorio pertutti gli iscritti.

Ed è proprio il regolamento sulla forma-zione continua che mi dà l’opportunitàdi mettere l’accento sulla necessità dimettere a fuoco immediatamente l’a-genda dei lavori per l’anno che siapprossima e nella quale debbono esse-re necessariamente inseriti i progettirimasti sospesi, tra i quali:

- l’individuazione del fabbisogno formati-vo e la predisposizione dei piani di forma-zione continua locali; - l’attivazione, a partire dal 2010, dell’ac-creditamento delle agenzie di formazionee di formatori; - la collaborazione alla realizzazione delleprime iniziative del Consiglio Nazionale;- la costituzione del database nazionalesulla professione;- il rafforzamento del rapporto con i sinda-

cati, confederali e non, per migliorare lacondizione operativa degli iscritti.

Rivolgo quindi a tutti i colleghi un invitosentito a collaborare con l’Ordine defi-nendo e costruendo in tal modo un pro-filo più attivo nell’ambito del rapportocon l’Ordine, che ha una forte rilevanzaanche sotto il profilo deontologico. Inumeri della partecipazione al voto nel-l’ultima tornata elettorale, infatti, fannopiuttosto riflettere sul fatto che appareinstaurarsi un percorso vizioso che vanella direzione opposta.

Partendo dal dato fondamentale chenell’intero territorio nazionale ha votatoil 18% degli iscritti (dato medio rilevatosu 19 regioni), non posso non rilevarecon allarme che sembra venire meno ilsenso di appartenenza alla comunitàprofessionale.E’ importante invece sentirsi parte diquesta famiglia e aiutare in questomodo a far crescere l’identità professio-nale, riconoscersi e farsi riconoscereparte di un gruppo, ciò aiuta a sentirsimeno soli.

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Con la fine di ottobre si sono conclusetutte le procedure per il rinnovo deiConsigli regionali e relativi collegi deirevisori dei conti. Che dire? I dati meri-tano una riflessione comune.

Le motivazioni che hanno fatto abbas-sare ad un modesto 18,8% la medianazionale di partecipazione al voto(includendo la Val d’Aosta con i suoi69 iscritti di cui 39 votanti, si arriva al20%) saranno sicuramente molte,diverse, contingenti, motivate o no…di certo non trascurabili. “Non mi sonoricordato, non ho avuto tempo, ho sba-gliato data, è stato un atto di ribellione,avrei voluto votare per posta ma..., tantonon serve nulla, tanto l’Ordine che fa?”

Vediamo a grandi linee lo svolgimen-to delle elezioni.Convocazione: tutti gli iscritti sonostati informati circa le modalità e ledate, in base alla normativa vigente,e in tutti i siti dei Consigli regionali(solo la Val d’Aosta ne è priva) è statapubblicata la lettera di convocazioneo, in alternativa, un appello per infor-mare e ricordare l’appuntamentoelettorale. Soltanto in due casi(Molise e Veneto) si è scelto di privi-legiare (graficamente) la terza con-vocazione, in cui la mancanza di quo-rum garantisce l’efficacia della vota-

zione qualunque risulti l’affluenzadei votanti. Significa però mirare alminimo.

Nella maggioranza dei casi la lettera diconvocazione riportava le tre datepreviste per legge senza privilegiarne,in senso grafico, alcuna. La Campania, se qualche informazio-ne non ci è sfuggita, dovrebbe esserel’unica regione ad aver utilizzato lapubblicazione di un annuncio su unquotidiano in alternativa alla letterainviata ad ogni iscritto (modalità pre-vista dalla normativa e molto usataper esempio dall’Ordine degli avvoca-ti e dei giornalisti).La Sicilia, oltre ad inviare la lettera diconvocazione, ha pubblicato la notiziasia su Televideo, sia su un quotidianolocale.

Ci risulta, inoltre, che nonostante siaprevisto dalla normativa, soltanto treregioni su venti abbiano convocatol’assemblea degli iscritti prima delleelezioni: Il Friuli e la Lombardia, chehanno unificato l’assemblea degliiscritti ad un convegno e la Val d’Aostache, con i suoi 69 iscritti, si è nuova-mente interrogata se unirsi alPiemonte in un Consiglio interregio-nale, preferendo però rimarcare lapropria scelta di autonomia.

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Rinnovo degli organi collegialiO meglio: perché siamo stati così pochi ad andare a votare? Dati, commenti, riflessioni ed interrogativi.Maria Cristina Odiard, Segretario del Consiglio Nazionale

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Seggi decentrati:soltanto quattroConsigli (Sicilia,

Toscana, Puglia,Lazio) hanno organiz-

zato seggi decentrati per agevolare gliiscritti.

I risultati, come si possono rilevarenella tabella allegata, sono stati:- la Sicilia con i suoi 5182 iscritti ed unterritorio così vasto ha effettuato unapianificazione complessa che l’ha ripa-gata in pieno: 9 sedi e sottolineaturadel dovere di prima convocazione ecosì è stato. Con il 34% è stata la regio-ne con la percentuale più alta divotanti;

- la Puglia al contrario, nonostanteuna lettera di convocazione moltoben circostanziata, la sottolineaturache lo sforzo della strutturazione (6seggi) sarebbe stato compiuto solo inprima convocazione, ha visto sfuma-re la soddisfazione di concludere conla prima convocazione (per pochivoti) ed ha potuto concludere soltan-to in terza;- il Lazio con 2 sedi e con più di 2.800iscritti è riuscito a terminare in secon-da convocazione;- la Toscana con i suoi 3 seggi (previ-sti solo in prima convocazione, manon era specificato sulla lettera diconvocazione) ha realizzato un nulladi fatto in prima tornata e al terzotentativo ottiene la percentuale piùbassa d’Italia: 8%!

Il Consiglio attuale è legittimato dalla

scelta di 8 assistenti sociali su 100. Come si sentono gli altri 92? Ce lo chiediamo e vorremmo tanto selo domandassero anche loro.

Va ricordato che uno dei compitidell’Ordine, anche se può piaceremeno, è quello sanzionatorio.Aumenta, però, costantemente ilnumero delle denunce nei confrontidegli assistenti sociali da parte degliutenti e dei loro rappresentanti legali. La commissione deontologica deiConsigli Regionali è costituita da queiConsiglieri che abbiamo votato e, per-tanto, autorizzato anche a valutare,giudicare, sanzionare, radiare.

Candidature: in tutti i siti dei Consigliregionali, come previsto, sono statipubblicati gli elenchi dei candidati.Alcuni Consigli hanno riportato unbreve curriculum e/o programma, altrihanno specificato l’ambito di lavoro ela città di residenza e di lavoro, altrihanno optato per un elenco ridotto alminimo - nome, cognome, data dinascita - rendendo il voto per postadecisamente azzardato (scelgo solo chiconosco: e se non conosco nessuno?Voto solo gli stagionati o i pivelli? Ilsegno zodiacale?...) e rimandando aduna probabile frettolosa presa visionedel curriculum/programma davantialla cabina elettorale.

Nell’ultima seduta del ConsiglioNazionale, proprio a questo propositoed avendo constatato l’eterogeneitàdel servizio offerto agli iscritti, si è pro-

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posto di prevedere nelle linee guidaper le prossime elezioni la pubblica-zione obbligatoria di un breve curricu-lum ed un altrettanto breve, ma chia-ro, programma (mi candido perché…)di ogni candidato, sia per le elezionidei Consigli Regionali che delConsiglio Nazionale.

Chi si è candidato? O meglio: quanticolleghi si sono proposti? La medianazionale è l’1,9% in rapporto fraiscritti e candidati. Anche questo è undato decisamente importante. Chi havoglia di dedicare il proprio tempo, lapropria attenzione all’organizzazione-Consiglio? Chi ha voglia di mettersi in gioco? Lapercentuale più bassa nell’operosaLombardia con lo 0,67 % (ma vedremocon quale partecipazione maschile).Chi l’avrebbe detto?Mentre in Sardegna si alza al 3,77%per arrivare al 15,9% della Val d’Aosta -dove su 69 iscritti ben 7 devono obbli-gatoriamente essere Consiglieri - erispondono in 11 all’appello.In Basilicata ed in Molise si sono pro-posti 5 professionisti per 5 posti (sez.A), in Umbria 3 candidati per 5 posti(sez. B), nonostante sia rimarcata ladiseguaglianza fra iscritti alla sezioneA (in netta minoranza) e la B.

A pochi giorni dai risultati sonogiunte già due dimissioni, dueConsiglieri hanno immediatamenterinunciato all’incarico, il Molise nonha così più eletti della sezione A.La probabilità di essere eletto: percen-

tuali diversissime, si vadalla Sicilia per i can-didati della sezione A(24%) e in Campaniaper i candidati dellasezione B (22%),all’Emilia sezione a (73%) per arrivarealla Val d’Aosta (200%).

Una nota singolare: a fronte di unalaconica percentuale di 10% di maschiassistenti sociali in Italia, la presenzafra i candidati merita attenzione. Sirilevano situazioni come la Lombardia(37%), Campania (33%), Basilicata(30%), Sicilia (28%) dove i nostri colle-ghi maschi brillano per disponibilità.Sarà per caso che nelle posizioni rite-nute “di potere”... ? L’Umbria, però, coni suoi 539 iscritti è il regno delledonne: nessun candidato maschio!

Altra nota degna di interesse: tutti ipresidenti uscenti che si sono ricandi-dati, sono stati riconfermati (Abruzzo,Calabria, Lombardia, Piemonte, PugliaSicilia, Val d’Aosta, Veneto).

Il voto per posta si è fermato ad unapercentuale irrisoria (circa 3%): troppocomplicato, troppo breve il tempodalla pubblicazione delle candidaturealla data di spedizione, sicuramentepoca motivazione e difficoltà di sceltaper quanto prima elencato.

Cosa dice chi è chiamato a votare?Nei giorni che hanno preceduto le ele-zioni sono comparsi sulla mailing list“asit” e sul suo forum (www.servizioso-

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ciale.com) e sulforum di assistentis o c i a l i . o r g(www.assistentiso-

ciali.org) molti mes-saggi inerenti le elezio-

ni, ne riportiamo alcuni come spunto diriflessione ed invito ad un dibattito.

Vedere un’affluenza bassissima significauna sola cosa: agli assistenti sociali delloro Ordine non interessa nulla. Anzi! C’èchi lo vive esclusivamente come undebito, una retta, una tassa, un balzello.E quando ci si riduce a pensare un“Ordine” come a un ente inutile, vuoldire tornare a fare il gioco dell’immagi-ne collettiva che ha di questa professio-ne, ovvero inutile e nel caso della tuteladei minori dannosa perché “ruba i bam-bini”!Siamo proprio convinti che l’Ordine peruna professione cosi calpestata come loè in Italia sia da consegnare a chi vuolela sua estinzione? Eppure siamo noistessi che lo stiamo facendo con questoassurdo e minuscolo numero di votanti.

... riflessione non sul senso di avere unOrdine, secondo me, ma di come con-cretamente l’Ordine esiste per i suoiappartenenti. Io credo, e con me concordano moltecolleghe che conosco, che non vi siainteresse alle votazioni perché l’Ordinenon si vede, non si sente, non è presente(neanche quando lo si interpella), è lon-tano dalla base e non ci rappresenta.

La disaffezione per le elezioni e per i

“momenti sociali” sono un fenomenotipico dei nostri tempi. La gente parteci-pa poco in tutto, pure all’ordine. Bastavedere i partiti, i sindacati, le stesse ele-zioni politiche. C’è pure un problema di“cambio generazionale”. I giovani colle-ghi partecipano assai meno alla vitaprofessionale. Spesso non si sentono“parte di un gruppo” e considerano l’or-dine solo l’obolo da pagare come unbalzello. Noi dell’altra generazioneabbiamo un modo diverso di “sentircigruppo” e partecipiamo tendenzial-mente di più. Ma questo è un problemadi tutti gli ordini. Lo scoraggiamento deicolleghi deriva pure da come i singoliordini regionali si sono mossi in questianni. C’è chi ha fatto e chi non ha fatto(oppure semplicemente non ha comuni-cato cosa ha fatto). Io credo doverosoper un Consiglio dare una restituzionedopo quattro anni delle cose fatte. Gliordini comunicano poco, secondo me:basta vedere i siti internet ed i pochinotiziari. Molti colleghi mi segnalanosempre che l’ordine non risponde…mache ci vuole a rispondere alla mail??Vorrei ricordare che l’ordine per legge èl’insieme degli iscritti e non gli eletti.Come in politica, le cose non si risolvonodelegando l’eletto, ma partecipando. Epure l’eletto deve essere aperto al“popolo che lo ha eletto” e non sentirsil’”unto dal signore” che comanda.

Nell’arco di 19 anni di carriera lavorati-va per la prima volta sento attorno a medel fermento nella comunità di assisten-ti sociali per le votazioni dei candidatidell’Ordine. Bello!!! Incredibile!!!

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Io voterò per la prima volta. ho saltatol’opportunità di inviare il voto per lettera(sono in ritardo ormai ma comunquenon avrei saputo bene come fare). in ogni caso rispetto ai nomi dei mieicandidati so molto poco, tranne alcuniche ho incontrato nella mia carriera uni-versitaria o nel mio (iniziato da poco)percorso lavorativo. orientarsi non èfacile insomma.Rispetto a chi può presentare la candi-datura mi sembra alquanto particolareche (non so se sia una cosa solo del mioordine) basta comunicare “il proprionome”...voglio dire, io auspicherei unapubblicizzazione migliore dei percorsiprofessionali! altrimenti non siamotanto lontani dalle candidature per lepolitiche o amministrative...vale a dire:chi li conosce questi? e che hanno fattofinora?

Premetto che sono andata a votare per-ché credo molto nel rispetto delle regolee se un ordine c’è è giusto esprimere ilproprio parere altrimenti non ci si puòpermettere di criticare, un po’ comeavviene per le elezioni politiche o ammi-nistrative. La riflessione che ho fattoperò in merito alla disaffezione e alladifficoltà di giungere ad un’elezione inprima tornata è legata secondo me alladistanza che si percepisce tra la vitalavorativa e l’ordine professionale che ioritengo essere un’istituzione molto lon-tana dalla realtà del lavoro, obsoleta(non per l’età dei Consiglieri eh) e fran-camente non mi dà nessuna differenzache ci sia o non ci sia, a parte l’esborsoannuale. Non comprendo oggi cosa fa

per noi l’ordine profes-sionale, a parte qual-che convegno, e noncredo che l’interventoa difesa della nostra pro-fessione fatto sulle pagine deigiornali per distinguere un educatore daun assistente sociale sia poi così fonda-mentale perché non ritengo che sia poiquesto il problema della nostra profes-sione. Io non ho sentore che l’ordineregionale venga chiamato ad esprimer-si su proposte di legge in materia, chesia preso a consulente tecnico da questoo quel politico, che possa incidere inqualche modo DAVVERO nella vita pro-fessionale. Non mi riferisco a quello chefanno concretamente i singoliConsiglieri, non penso ad una pocavoglia da parte loro e non critico loro o ipresidenti o le persone in sè, non voglioessere fraintesa, mi riferisco all’Ordineprofessionale in quanto istituzione, valeanche per altre professioni.

beh....diciamo che io ho colto quest’oc-casione e mi sono candidata! Il proble-ma è che nel momento in cui ho chie-sto sostegno alle mie giovani collegheho ricevuto pochissimi riscontri...e lacosa mi fa alquanto innervosire...nonperché non abbia avuto un appoggioconcreto, ma perché oltre al lamentar-si di questo e di quello (la nostra pro-fessione non è riconosciuta abbastan-za, siamo l’ultima ruota del carro, ecc.)non si riesce a fare altro (oltre anche allamentarsi che la votazione per postaè complicata...che ci vuole tantotempo....ecc.) !!!! e la cosa è alquanto

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avvilente, ancheperché se determi-nati passi non par-tono da noi giova-ni... da chi ce li

vogliamo aspettare?!e poi non lamentiamoci che ci sono legerarchie, ecc...!

Ne parliamo?

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Dal forum di assistentisociali.org

Cosa chiedono gli iscritti ai loro Ordini?

1) investire sulla libera-professione,2) accesso alla dirigenza (non a parole)nelle strutture socio-sanitarie,3) non permettere al terzo settore (cooperative etc....) di sfruttarci come

educatori,4) dare più strumenti agli assistenti sociali oltre quelli già esistenti,5) liberare gli assistenti sociali dall’influenza del “politico di turno”,6) premi vari basati sulla meritocrazia,7) consentire solo agli assistenti sociali l’accesso alla classe 57s,8) più master e corsi di alta formazione SOLO per assistenti sociali,9) che rispondano alle richieste dei colleghi (pure rispondere “non lo so”

basta);10) ospitare presso le loro sedi le associazioni di categoria; 11) ricordarsi che l’ordine sono i colleghi tutti e non gli eletti (lo dice la

Legge!),12) di non voler fare tante cose, e poi non fare nulla, ma fare un program-

ma con poche cose, ma fatte bene;13) abituarsi al confronto con i colleghi.

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Regionen. conv.

segg. dec.n. elettori

n. votanti%

votanti n. cons. A

n. cand. An. cons. B

n. cand. BIscritti/cand. %

Cand. maschi %

Abruzzo

IIIN

O1127

16314

69

514

2,049

BasilicataII

NO

37996

255

54

52,64

30

CalabriaIII

NO

1952367

198

137

211,74

15

Campania

IIIN

O3696

71019

819

732

1,3833

Emilia R.

IIIN

O1953

1909

811

714

1,28?

Friuli V.G.

IIN

O777

19725

68

59

2,196

LazioII

22832

57420

818

713

1,0927

LiguriaII

NO

933238

256

95

81,82

?

Lombardia

IIIN

O4462

51711

818

712

0,6737

Marche

IIIN

O1113

25823

612

518

2,707

Molise

IIIN

O399

5614

55

48

3,2615

Piemonte

IIIN

O2131

34616

818

79

1,2711

PugliaIII

62938

65022

827

716

1,4619

SardegnaIII

NO

954128

136

165

203,77

17

SiciliaI

95182

174433

834

726

1,1628

ToscanaIII

31698

1428

814

710

1,4112

Trentino A.A

.II

NO

656173

266

95

72,44

23

Um

briaIII

NO

53956

106

95

32,23

0

Valle d'Aosta

IN

O69

3956

42

311

15,940

VenetoIII

NO

2364491

218

197

201,65

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La valutazione di Servizio SocialeI processi valutativi nella complessitàdell’esercizio professionaleSilvana Mordeglia, Tesoriere del Consiglio Nazionale

L’approfondimento su un tema cogen-te per il servizio sociale quale la valu-tazione è particolarmente importante,in quanto è parte strutturale del per-corso metodologico applicato dallaprofessione, che dunque interessa inmodo significativo sia la formazionesia l’esercizio professionale.

L’aumento consistente degli iscrittiall’Ordine che si è verificato negli ulti-mi anni, induce a riflettere sulle pecu-liarità e sui nodi critici che la professio-ne deve affrontare e risolvere per per-mettere al servizio sociale di esprime-re al meglio le potenzialità intrinsechedella professione attraverso un impie-go consapevole di strategie. E’ quindifunzionale allo sviluppo del mio ragio-namento soffermarmi brevementesulla definizione dell’oggetto del ser-vizio sociale che precede – per cosìdire – la riflessione sulla valutazione. E’infatti nella definizione dell’oggettod’interesse che prende forma il ruolodella professione nella società, lo svi-luppo dell’esercizio professionale edella responsabilità che ne deriva.

La complessitàdell’intervento professionaleLa professione presenta una sensibi-litàspecifica ed un “mandato” teso afavorire i processi di inclusione per

l’implementazione della giustiziasociale, elemento essenziale per lo svi-luppo di una serena convivenza civile;inoltre la professione – attraverso l’a-zione professionale, lo studio, la rifles-sione e la riflessione sulla pratica – sioccupa della promozione dei dirittisociali in un’ottica di sviluppo appro-priato e sostenibile.

L’oggetto di lavoro dell’assistentesociale può essere sintetizzato nellarisposta che i professionisti danno abisogni, bisogni creati da processi. E ilservizio sociale, in quanto chiamatoad occuparsi del rapportoindividuo/società e dei processi di vul-nerabilità sociale, è produttore essostesso di processi sociali, è un attoresociale. La complessità dell’azione èdata dall’oggetto d’interesse e dallacollocazione nel contesto delle politi-che sociali.

Nell’attuale panorama, la disciplina,analogamente – e talora congiunta-mente – ad altre discipline sociali, sitrova nella necessità di trovare percor-si diversificati rispetto alla trasmissio-ne di regole e tradizioni, procedendoall’interno di un processo valutativoed operativo metodologicamente gui-dato. Mi preme sottolineare comel’elemento della dinamicità è fonda-

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mentale perché,non va dimentica-to, trattiamo di un“oggetto” in tra-

sformazione.

Verso quali fenomeni orientare l’eser-cizio professionale nel momentoattuale e con quali strumenti?Condivido il pensiero di LenaDominelli: il servizio sociale deve foca-lizzare l’attenzione sulla cittadinanza ei diritti umani, considerati nella lorodimensione globale e interconnessio-ne; a questo fine è necessario svilup-pare teorie e modelli originali per lapratica professionale, approcci pensa-ti in modo specifico per i contesti loca-li ma sensibili agli aspetti globali.Occorre essere in grado di operare“guardando attraverso i confini”,anche se ciò non significa che le per-sone o i diversi modelli formatividivengano riproducibili indipenden-temente dal contesto1.

Paradossalmente, in molte realtà, tracui quella italiana, nonostante la pro-mozione dei diritti umani sia garantitadal quadro istituzionale, anche acausa del fenomeno della globalizza-zione, si manifestano con più inciden-za problemi rilevanti collegati all’in-clusione sociale di parte della popola-zione; tra questi l’aumentata emargi-nazione dei cittadini che presentanocaratteristiche di fragilità (anziani,esclusi dal mondo del lavoro etc.) e dicoloro che, pur statutariamente esclu-

si dai diritti di cittadinanza, come adesempio gli immigrati clandestini,sono profondamente “presenti’” nelcontesto sociale a cui sono indispen-sabili (si pensi ad alcuni settori dellaproduzione) e dal quale sono conte-stualmente emarginati.

Il servizio sociale, proprio perché isti-tuzionalmente presente in quello chesi potrebbe definire un osservatorioprivilegiato rappresentato dall’orga-nizzazione pubblica dei servizi di wel-fare, può contribuire in modo più inci-sivo rispetto ad oggi a ricercare lemotivazioni e i conseguenti strumentidi contrasto alle criticità dotandosi distrumenti valutativi adeguati.

Il pensare e lavorare sulla professionenon è qualcosa che viene prima odopo la riflessione e l’azione sulle poli-tiche sociali o sulla formazione allaprofessione: si connette con lo svilup-po processuale in atto che proiettaverso una definizione della professio-ne nei settori formativo, ordinistico, dilegislazione sociale. Ciò che occorre èuna “operazione mentale”, una predi-sposizione del pensiero che riscontripoi un’azione congruente.

Purtroppo, la riflessione sulla materia,sui concetti e sulle tecniche che laconnotano, la traduzione empiricadella teoria, il modo di conoscere larealtà sociale e interpretarla dal puntodi vista del servizio sociale, ha rappre-sentato, sino ad oggi, un tallone

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1. Si veda, al proposito, L. DOMINELLI, Il servizio sociale – Una professione che cambia, Erickson, Trento, 2005.

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d’Achille della disciplina. D’altro canto,una figura professionale che opera nelcosì detto “sociale” connotato da unelevato grado di complessità, chiamaa sé la competenza ad attivare proces-si di cambiamento, suscitare proget-tualità, incidere sulle interazioni trasingoli, gruppi ed istituzioni attivandoforme di responsabilità solidale del-l’intera collettività2.

Ci troviamo quindi, come si vede, difronte a “nuovi” diritti del cittadino e“vecchie” categorizzazioni professio-nali consapevoli che “la valutazione,intesa come la necessità di dare signi-ficato a quanto accade nella relazioned’aiuto, implica l’esercizio di una pro-fessionalità che nasce dall’apparte-nenza e dalle occasioni di scambiocon ambiti più allargati, cioè da unadimensione sociale, rimandando adun’area di rapporti e ad un concetto direlazionalità ad essi conseguente”. Aquesto fine i docenti, i formatori,devono intervenire per primi attraver-so attività di ricerca e riflessione perpreparare gli studenti ad affrontare illavoro sociale di oggi caratterizzato,come abbiamo visto, da problemidivenuti ormai internazionali3.

Occorre implementare la riflessività,superare il rischio che ognuno di noiabbia una sua rappresentazione del-

l’oggetto di lavoro,creare un collega-mento stretto con laricerca anche per “sal-varsi” dalla logicaburocratica, causata dauna progressiva perdita d’identità nonistituzionale che possiamo anche, inparte, far risalire ad uno dei “problemi”del servizio sociale rappresentatodalla mancanza di transazioni socialiprofessionali4. L’oggi rappresenta unmomento cruciale per la professionein quanto ci troviamo in presenza diun effetto perverso: le persone nonrichiedono tanto servizi sociali quantopiuttosto denaro, sicurezza e strutture;la relazione è quasi vissuta come unaperdita di tempo. La fiducia, l’ascolto,il rispetto sembrano interessare dimeno rispetto al passato. Si possonoelencare, purtroppo, molti esempi diincapacità del servizio sociale dicogliere opportunità trasformandolein fattori di sviluppo, facc iamo inmodo che i l momento attualen o n r a p p r e s e n t i u n’ u l t e r i o r e“occas ione mancata”.

L’importanza dei processi valutativiIn questo quadro i processi valutativihanno, a mio parere, lo scopo di con-correre a sviluppare una naturale evo-luzione sia dell’operatività sia dellerappresentazioni sulla professione.

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2. Per quanto riguarda il concetto di inclusione sociale riferita al servizio sociale e i codici di significati ad esso collegati siveda: P. DONATI, Le sfide del servizio sociale nel quadro delle nuove politiche sociali, in E.I.S.S., Secondo rapporto sulla situa-zione del servizio sociale, Roma, 2003.3. LENA DOMINELLI, relazione presentata al convegno internazionale di Riva del Garda “La qualità del welfare – Buone pra-

tiche e innovazioni”, 9-10-11 novembre 2006, organizzato dalla rivista "Lavoro Sociale" e dal Centro Studi Erickson.4. Si veda, sull’argomento, C.DUBAR, La socializzazione. Come si costruisce l’identità sociale, Il Mulino, Bologna, 2004

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E’ necessario per-tanto perseguireun orientamentom e t o d o l o g i c o

caratterizzato daun ruolo educativo,

promozionale e di mediazione tra i cit-tadini portatori del bisogno e le istitu-zioni con l’obiettivo di coniugare lapromozione di capacità con l’intensifi-cazione dei legami di cittadinanza, inuna società dove il sapere espertodella persona e della comunità siavvale del “sapere competente”’5 diuna professione che può contribuire acambiare la società cambiando sestessa, consapevole della differenzatra valori e conoscenze: i valori sonoispiratori rispetto all’obiettivo ma nonpossono diventare metodo.

Senz’altro, la multifattorialità dellevariabili che contribuiscono a deter-minare i problemi, rende difficoltosoelaborare degli strumenti di valutazio-ne degli effetti che l’azione professio-nale produce. La valutazione comeassunzione di consapevolezza, siinterseca con tutto il processo meto-dologico di servizio sociale ed è unodegli strumenti per governare la com-plessità del contesto in cui il serviziosociale si colloca. Le connessioni traresponsabilità, formazione ed azioneprofessionale sono all’origine di nodi

problematici a vari livelli e la valuta-zione dell’intervento professionale –affiancata a quella della formazione,degli impianti organizzativi e dellepolitiche sociali – permette di interro-garci sul ruolo del servizio socialenella società attraverso il collegamen-to delle attività alla sfera concettualee, attraverso l’azione valutativa, ri-col-locare il proprium del servizio sociale.

La valutazione, “prende in esame l’effi-cacia degli interventi e ci aiuta amigliorarla; facilita la crescita dellanostra responsabilità” (Lishman, 1998,p.101)6. L’azione professionale è valu-tabile pur in presenza della comples-sità dell’azione stessa ed ha lo scoponon solo di aumentare le credenzialisociali della professione (De Sandre,1996, 49-53)7 ma anche di contribuireall’attribuzione di senso, evitando,attraverso la comprensione dei signifi-cati attribuiti, il rischio di delimitare ifenomeni in base alle proprie strutturedi conoscenza (Fargion, 2006)8. Diconseguenza, il servizio sociale nonpuò prescindere dalla necessità didotarsi di processi valutativi in gradodi studiare e monitorare le comunan-ze e le differenze che agiscono comebarriere o come opportunità per leinterazioni sociali, gli scambi e lecomunicazioni per insegnare a lavora-re con l’impatto del globale sul locale

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5. F. FOLGHERAITER, Teoria e metodologia del servizio sociale, FrancoAngeli, Milano , 1998, pg.375.6. J.LISHMAN, Introduzione alla valutazione, in H.SHAW E J.LISHMAN, La valutazione nel lavoro sociale, Erikson, Trento;1999.7. I. DE SANDRE in G.BERTIN (cur.), Valutazione e sapere sociologico. Metodi e tecniche di gestione dei processi decisionali,Franco Angeli, Milano, 1996. 8. S.N.FARGION, Valutare il servizio sociale con metodologie qualitative, in A.CAMPANINI (CUR.), La valutazione nel serviziosociale, Carocci, Roma, 2006, p. 93-114.

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e del locale sul globale. Occorre fardunque propri modelli di valutazionecui attenersi nella ricerca di condizioniche consentano anche di diminuirepregiudizi e luoghi comuni, che spes-so condizionano il raggiungimentodegli obiettivi posti, e contribuiscanoa fornire strumenti cognitivi, interpre-tativi e operativi alla cittadinanza (maanche agli operatori) per renderla ingrado di gestire la propria vita in unarealtà complessa, ormai componentestabile e non transitoria della nostrasocietà.

Nel nostro Paese nel quale il “mandatoistituzionale” ha una valenza tuttoraprevalente, si trova una funzione diregolazione sociale della pratica pro-fessionale che rende ancora più evi-dente la necessità di sviluppare unacultura valutativa rispetto a quelli chesono stati storicamente definiti il“mandato professionale” e il “mandatosociale”9. Ad esempio, indagare sul-l’attribuzione dei significati, sugli ste-reotipi, sui pregiudizi, contribuisce a“dar conto” di una professione “diffici-le”, che deve continuamente confron-tarsi oltre che con i bisogni complessidei cittadini in stato di necessità,anche (o soprattutto) con le rappre-sentazioni che della professione si

sono formate e si for-mano nella mentenon solo di coloroche a vario titolohanno rapporto con iprofessionisti e con l’im-magine che si diffonde nel contestosociale in genere, ma con i costruttidegli assistenti sociali stessi.

Desidero, in conclusione, evidenziarecome accrescere una logica della valu-tazione rappresenti un veicolo essen-ziale sia per intervenire in modo crea-tivo ed efficace nel settore dei servizialla persona sia per implementare laqualità dell’offerta professionale; permigliorare l’erogazione delle presta-zioni così come per rafforzare la pro-fessione nello sviluppo di una praticaprofessionale che riflette criticamentesu se stessa con strategie funzionalialla crescita qualitativa, attraverso ipercorsi formativi e la formazione per-manente nelle sue tre direttrici diautovalutazione, validazione delmetodo, valutazione degli interventi edei processi nei servizi alla persona.

Valutare rappresenta un atto conosci-tivo e il sapere, la conoscenza, nonsono mai neutrali: la valutazione nondeve rappresentare un mero adempi-

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9. L’intervento professionale, sulla base delle coordinate costituite dal sapere e saper fare disciplinare, vengono suddivisi inbase a tre tipi di mandato:1. mandato istituzionale: identifica il complesso delle funzioni che l’assistente sociale è tenuto a svolgere sulla base dellanormativa generale e specifica del settore d’intervento che informa l’organizzazione alla quale appartiene ed alla qualedeve rispondere del suo operato, ad es. i minori coinvolti nel circuito penale; indica le competenze, i contenuti, le modalitàattraverso i quali operare, è sostanzialmente interagente con il mandato professionale e con il mandato sociale;2.mandato professionale: identifica i contenuti della professione (principi e valori, metodologia e modelli di riferimento,livelli di competenza, deontologia) storicamente definiti;3. mandato sociale: rappresenta le indicazioni di ciò di cui la comunità necessita e ciò che richiede attraverso la domandaesplicita o implicita recepita dal sistema normativo ( Sintesi di definizioni tratte da più testi di servizio sociale).

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mento ma un’occa-sione di ripensa-mento per ricom-porre e superare la

separatezza trasapere e agire, cono-

scenza e azione, teoria e prassi, utiliz-zando una metodologia esigente.

Occorrono segnali forti e spero cheuno possa essere rappresentato daquello lanciato di recente dalConsiglio nazionale per un pianogenerale di attuazione della formazio-ne continua: i tempi sono maturi e laresponsabilità nei confronti della pro-fessione richiede attenzione ed azionirivolte allo sviluppo di sistemi diaccreditamento, qualità, certificazionedelle competenze e promozione dellaricerca di servizio sociale. Un segnale, a mio parere, significativodi una tensione della professioneverso l’innovazione (anche se siamoconsapevoli che non si tratta di unasfida “indolore”…). La sfida in senso evolutivo rispetto al

ruolo “tradizionale” della professionesi concretizza attraverso un serioimpegno in ambito formativo in sensolato (accademico e nei processi di lifelong learning per i professionisti) e una“ricollocazione” rispetto alle istituzionie ai cittadini, in un’ azione scevra daautoreferenzialità nella consapevolez-za della relatività dell’azione profes-sionale.

Dal momento che il professionista èoggettivamente responsabile per ciòche gli è stato affidato, l’esperienzaprofessionale, agita in uno spazioormai “globale”, richiede agli assistentisociali di assumere, ancora più che peril passato, un’analisi riflessiva in riferi-mento non solo a ciò che è stato com-piuto ma, soprattutto, alla determina-zione sul da farsi10. Si tratta di assume-re un impegno morale, professionaleed “affettivo” attraverso prese di posi-zione ed azioni che rimarchino innan-zitutto – e prendo in prestito una sug-gestione di Giacomo Marramao – pas-sione del presente11.

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10. H. JONAS, Il principio responsabilità, Einaudi, Torino, 1990, pgg.117-118.11. G. MARRAMAO, La passione del presente, in Micromega/Almanacco di filosofia,Roma 2001, pp. 130-140.

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L’etica della responsabilitàIl nuovo Codice deontologico dell’Assistente sociale

Il 27 novembre 2009 l’Ordine hapresentato alla Camera deiDeputati l’ultimo aggiornamentodel Codice deontologico, in vigo-re dal 1 settembre 2009.

Nel prossimo numero di“Assistente sociale - La professio-ne in Italia”, il resoconto completodella giornata.

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Continuando su deontologia e dintorni Luisa Spisni, Presidente Commissione Etica e Deontologia

ll Codice deontologico degli Assistentisociali può essere considerato la “cartad’identità” della professione. Esso infat-ti contiene i suoi dati distintivi, chesono soggetti ad un periodico con-fronto con l’evolversi dei processi che,nel tempo, la coinvolgono. E’ anche uncondensato dei “canoni” della profes-sione che ne fissano le caratteristicheidentitarie, le cui ragioni profondedevono esser riconoscibili pur all’in-terno delle trasformazioni, esterne einterne la professione stessa.

Questi due aspetti rappresentano ilfulcro del Codice deontologico, e nefanno al tempo stesso una guida per iprofessionisti e uno strumento norma-tivo di carattere disciplinare.Partendo da questa ottica, laCommissione Etica e Deontologia delConsiglio nazionale ha portato avantiin parallelo sia l’ attività di revisione delCodice che la raccolta e sistematizza-zione dei dati sui procedimenti disci-plinari che hanno coinvolto i Consigliregionali dell’Ordine, di seguito ripor-tati e commentati dalla collega AngelaRomano.E’ infatti importante esaminare questi

dati, leggerli e interpretarli, cercandodi approfondirne gli aspetti che stan-no alla base e legano le due funzionidel Codice, mantenendo l’attenzionesia sul versante dei professionisti coin-volti che su quello degli organi chegovernano questi procedimenti, perandare poi al cuore dei problemi dacui hanno origine.

In una fase di particolare complessitàanche nella decodifica dei fenomenisociali, la commissione intende conti-nuare il lavoro su questa strada intra-presa, proponendo all’attenzione dellacomunità professionale, e non solo,questa prima elaborazione dei dati, dacui emergono le problematiche connes-se e le modalità con le quali viene resaoperativa la funzione disciplinare delCodice e del regolamento applicativo.

La finalità è quella di aprire sempre piùl’attività degli Assistenti sociali a con-fronti sulle criticità che incontra, sianell’attività sul campo che nella fun-zione di governo della professione,attraverso riflessioni che sappianoconiugare il rigore della responsabilitàall’indispensabile spirito costruttivo.

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Procedimenti disciplinari… “in archivio” !?Angela Romano, Consigliere nazionale

A distanza di circa due anni dalla rilevazione dei dati sui procedimenti discipli-nari avviati dagli Ordini Regionali negli anni fino al 2004, intendiamo fornire unquadro sintetico dei procedimenti (esclusi quelli per morosità che, come si ricor-derà, coprivano il 96,8% del totale), riferiti al periodo 2004-2008. Alla nota di richiesta rilevazione dati, inviata agli Ordini Regionali e sollecitatanell’incontro dell’Osservatorio Deontologico Nazionale del 23 febbraio 2008, fuallegata la scheda già utilizzata da alcuni CROAS del Nord, modificata, in parte,dal CNOAS.

Il riscontro pervenuto dagli Ordini regionali riguarda il dato riferito all’ultimomandato consiliare, ma naturalmente non copre l’intero arco temporale inquanto la trasmissione è avvenuta nel corso del 2008. Si precisa, a tal proposito,che il CROAS Emilia Romagna, diversamente dagli altri Ordini regionali, ha tra-smesso i dati relativi a tre mandati consiliari e, infatti, i procedimenti segnalatisono quelli concernenti i periodi 1998-2001, 2001-2005 e 2005 fino alla data dirilevazione.

Solo per ragioni di priorità, quale può ragionevolmente ritenersi la revisione delCodice Deontologico, atto dovuto e conclusosi, come è noto, con l’approvazio-ne (17.07.09) e l’entrata in vigore (01.09.09) del nuovo testo, non si è provvedu-to, prima di oggi, a sistematizzare i dati di cui parliamo e che volentieri oggidiffondiamo, precisando che la lettura di tali dati costituisce solo uno spunto diriflessione per l’Ordine Nazionale, per i Regionali, per i colleghi tutti che inten-dano ripensare al proprio agire professionale nell’ottica dei principi fondanti edelle “regole da osservare e far osservare”.

L’esito di questa rilevazione, arricchito da altro copioso materiale pervenuto alCNOAS, pertinente l’etica e la deontologia professionale, insieme a tutti i docu-menti prodotti dai CROAS nell’ambito del lavoro svolto per la revisione del C.D.,costituirà una sorta di “patrimonio culturale”. Una “documentazione” cui attinge-re il “sapere” per saper essere “ al servizio delle persone, delle famiglie, dei grup-pi, delle comunità e delle diverse aggregazioni sociali” in maniera rinnovata,sempre in grado di “contribuire al loro sviluppo” e di sostenerli “nel processo dicambiamento”, a partire dal nostro “cambiamento”. Come non ravvisare, infatti,

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tale bisogno personale e professionale noi, esseri intelligenti ecreativi, professionisti “esperti di umanità” ed inseriti in un con-testo relazionale ricco e variegato, in una società in continuatrasformazione!? Tale materiale, potrà costituire, insomma,anche patrimonio per la formazione e per la formazione conti-nua dell’Assistente sociale.Se infatti “sbagliando s’impara” possiamo noi per primi imparare dagli errori,dalle sviste, perché no, anche dalle sanzioni, a non sbagliare più o, perlomeno,a ridurre le deficienze.

Alcune tabelle, qui riportate in misura parziale, costruite sui dati richiesti e per-venuti al CNOAS, permettono di rilevare il numero dei procedimenti avviati daiCROAS e le relative connessioni con gli indicatori di rilevazione. I procedimentidisciplinari rilevati sono stati divisi ed aggregati secondo gli indicatori indivi-duati nella scheda di rilevazione (schematizzati anche nella relativa tabella) chesono: l’anno e la provenienza della segnalazione; l’ambito operativo del segna-lato; la violazione contestata dalla segnalazione e l’articolo contestato delCodice deontologico. Rispetto all’iter del procedimento si chiedeva di rilevareanche se fossero state sentite o meno le parti e se con, o senza consulenza; infi-ne, si chiedeva la durata e l’esito del procedimento medesimo.

Si rileva che hanno risposto 14 CROAS su 20 e 3 di essi (Friuli Venezia Giulia,Molise e Sardegna) hanno comunicato di non aver avviato, nel periodo conside-rato, alcun procedimento diverso da quelli per morosità. Il Molise ha precisatoche l’unica segnalazione di presunta violazione del C.D. non è stata presa in con-siderazione in quanto pervenuta in forma anonima.Il Lazio ha comunicato di aver avviato 1 procedimento (ne segnalava altri che,però, riguardavano la morosità), come le Marche; l’Abruzzo e la Liguria nehanno avviati 2; il Piemonte, la Sicilia, e il Veneto hanno riferito di 3 procedi-menti come il Trentino Alto Adige che ha rilevato anche 13 procedimenti permorosità, naturalmente non conteggiati nei totali; la Campania 5; la Lombardia10, conclusisi tutti con l’archiviazione; l’Emilia Romagna ne ha rilevati 20 (riferiti

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all’arco temporale 1998-2008) di cui 13 relativi all’ultimoperiodo. In totale, quindi, i procedimenti avviati, come sievince dalla tabella 1, sono 53 di cui 7 relativi al periodo1998-2005.

tab. 1

tab. 2

La lettura dei dati, riassunti in tabelle che qui si riportano solo in misura parzia-le, si fa interessante e alcune situazioni andrebbero sicuramente studiate afondo ma, come si diceva sopra, questo vuol essere solo un input per l’avvio diuna approfondita riflessione sulle problematiche che emergono.Problematiche che interessano i principi fondanti della professione, il rapportocon gli utenti e con i colleghi, la responsabilità, la privacy e il segreto professio-nale. Problematiche che dimostrano ancora una volta come, in effetti, l’etica e ladeontologia, percorrendo trasversalmente tutti gli ambiti, costituiscano il pre-supposto culturale indispensabile per l’esercizio responsabile di una professio-ne che intende declinare la propria prassi operativa su binari tendenti al “benes-sere” delle persone e che comprende la necessità di confronto, dialogo, forma-zione continua ecc.

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N. procedimenti disciplinari divisi per CROAS

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N. procedimenti disciplinari CROAS EMILIA ROMAGNA (per periodo di riferimento)

Mandato consiliare1998-2001

Mandato consiliare2001-2005

Mandato consiliare2005-2009 Totale

4 3 13 20

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Il primo dato che si evi-denzia (cfr. tab. 3) è cheben 32 segnalazioni su 53,pari ad oltre il 60%, proven-gono da utenti (e sono questilo sappiamo i nostri primi interlocutori,tanto più privilegiati quanto più fragili e insituazione di disagio); 6 (11,3%) da colleghi;4 (7,5%) da mass-media (l’attacco mediaticoal nostro operato, a volte, diventa veramen-te feroce… ma siamo sempre in grado dioffrire un antidoto che neutralizzi i morsivelenosi della TV, della stampa?); 3 segnala-zioni (pari al 5,7%) sono arrivate da avvocatie il resto da enti diversi, fra i quali anche ilTribunale per i Minori.

Disaggregando il dato relativo all’ambito operativo dei colleghi sottoposti aprocedimenti disciplinari (31, pari al 59% circa, lavorano presso il Comune; 10,pari a circa il 20% presso l’ASL; 6 c/o Ente pubblico non meglio specificato; 3 pro-vengono da Aziende varie; 2 dall’UEPE; 1 dall’Università) si può chiaramentesottolineare che laddove specificato, esiste un’alta percentuale di provenienzalavorativa dal settorepubblico e, in partico-lare, dall’area “MINO-RI” (15 Comune, 6 ASLper un totale, in per-centuale, del 40%circa); i dati sono rile-vabili dalla seguentetabella 4.

L’Area Minori costitui-sce, notoriamente,uno dei nodi criticipiù delicati e più pro-blematici; ambitorispetto al quale,spesso, siamo chia-

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Procedimenti disciplinariper provenienza segnalazione N. (V.A.) %

Utente 32 60.3

D'Ufficio 3 5.7

Mass-media 4 7.5

Collega 6 11.3

CNOAS 1 1.9

Denuncia 1 1.9

Avvocati 3 5.7

Ente 1 1.9

"Richiesta interessata" 1 1.9

T.M. 1 1.9

TOTALE 53 100

Ente presso il quale prestaservizio il segnalato Ambito operativo del segnalato N. (V.A.) (%)

COMUNE ( 31)

Anziani 2 3.8

Minori 15 28.3

Adulti 1 1.9

SIMAP 1 1.9

Servizio di Basee senza precisazione area 12 22.6

ASL (10)Minori 6 11.3

Area non precisata 4 7.6

Aziende varie 3 5.6

Università 1 1.9

Ministero della Giustizia UEPE 2 3.8

Ente Pubblico 6 11.3

TOTALE 53  100

tab. 3

tab. 4

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mati in causa, a torto o a ragione, anche dai mass media edall’opinione pubblica oltre che dagli utenti interessati. Nona caso, come si leggerà anche nell’inserto di questo notiziario, èstato avviato un “Tavolo Tecnico Minori”.

Incrociando i dati rilevati ed andando avanti nella lettura degliindicatori, si evince che sicuramente non sono solo 21 i procedimenti riguar-danti colleghi operanti nell’area minori. Infatti, quando leggiamo il tipo di viola-zione contestata ed i relativi articoli del C.D. (cfr le tabelle 5 e 6), ci rendiamoconto che i 7 procedimenti attinenti la presunta “mancata presa in carico – omis-sione – mancata informazione”, i 24 che contestano: “parzialità, false dichiarazio-ni, falso ideologico” e i 3 che parlano di “avversione in danno utente”, riguarda-no, per la mag-gior parte, situa-zioni di minori atutela dei qualisono stati emes-si provvedimen-ti del Tribunaleper i Minori. Equesto significache oltre il 64%(n. 34) del tota-le, interessa taledelicata area diintervento pro-fessionale.

Ben 6 procedi-menti (oltrel’11% del totale), inoltre, riguardano la violazione del segreto professionale e 1del segreto d’ufficio; 4 denunciano il comportamento scorretto con i colleghi e3 l’esercizio abusivo della professione. Tali violazioni, evidentemente, si riferisco-no ad articoli del Codice deontologico come si può anche rilevare dalla seguen-te tabella 6.Sui 53 procedimenti, in 22 casi sono state sentite le parti; in 6 casi solo alcuniprotagonisti delle vicende segnalate; 2 segnalati sono stati ascoltati in manierainformale. Per 29 situazioni il CROAS interessato ha ritenuto di dover chiedereuna consulenza nell’espletamento dell’iter disciplinare.La durata del procedimento risulta abbastanza eterogenea: da 1 mese (2) a 11

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tab. 5

Violazione contestata dalla segnalazione N. (V.A.) %

Segreto professionale 6 11.2

Esercizio abusivo professione 3 5.6

Comportamento scorretto con colleghi 4 7.4

Mancata presa in carico, Omissione, Mancata informazione 7 13

Parzialità, False dichiarazioni, Falso ideologico, Violazione privacy,Mancata riservatezza 24 44.4

Rispetto autonomia professionale 1 1.8

Segreto d'ufficio 1 1.8

Peculato 1 1.8

Conflittualità con A.S., Mancanza fiducia 3 5.6

Avversione in danno utente 3 5.6

Giudizi sulle persone 1 1.8

TOTALE 54* 100

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mesi (5); 1 procedimento è durato 18 mesi, uno 21 mesi e 1 addi-rittura 3 anni; 5 si sono conclusi in 4 mesi, 7 in 6 mesi, altri 7 in

7 mesi e ½; 10 procedi-menti non risultavanoancora conclusi all’epo-ca della rilevazione.

Rispetto all’esito dei procedimentiavviati (tab. 7), altro dato su cui occorremolto riflettere, è l’altissimo numero diarchiviazioni (30) che sommate ai 2“Non Luogo a Procedere” e ai 2 conclusi-si con una dichiarazione di “addebitoinfondato”, danno il 64% del totale.A questo aggiungiamo che 13 procedi-menti erano ancora in corso all’epocadella rilevazione e che, quindi, alcuni si

saranno probabilmente conclusi con ilmedesimo esito.

Dei procedimenti definiti, solo 2 hannodato luogo ad una sanzione (censura).

Quest’ultimo dato, concernente l’esitodegli iter disciplinari, evidentemente, sipresta a diversi tipi di lettura e merita unapprofondimento “ad hoc” che affidiamoalla riflessione di ognuno, rimandando ilconfronto ad una successiva occasione,con l’intesa di non “archiviarne” l’esito!

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Articoli contestati del Codice N. ( V.A.) (%)

artt. 23 e 24 6 11.2

art. 60 3 5.6

artt. 41, 42 e 48 4 7.4

art. 32; art. 14; art. 12 7 13

artt. 11, 12, 13, 14, 15, 17, 20, 21, 27,46, 47 e 50 24 44.4

artt. 49, 56 1 1.8

artt. 28,30, 65 1 1.8

artt. 17 e 45 1 1.8

artt. 9, 10,11, 12,13, 20 3 5.6

artt. 10, 11 e 12 3 5.6

art. 9 1 1.8

TOTALE  54* 100

tab. 6Esito del procedimento N. ( V.A.) (%)

Archiviazione 30 56.6

Definiti 2 3.8

In sospeso 1 1.9

In corso 12 22.5

Censura 2 3.8

NLP 2 3.8

Addebito infondato 2 3.8

N.R. 1 1.9

“Certificato di comportamentoidoneo”

1 1.9

TOTALE  53 100

tab. 7

* Il totale delle tab. 5 e 6 è 54 (anziché 53) perché uno stesso procedimento attiene la violazione di due diverse norme deontologiche.

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1. Il “vuoto” dell’attesaL’attesa che separa gli aspiranti genito-ri dal giorno in cui hanno ottenuto ildecreto di idoneità a quello in cuiadottano un bambino è connotata dalcolore grigio, il “colore” di ciò che èindistinto, caratteristico delle “zoned’ombra”, atmosfera capace di deter-minare un cambiamento forte delleloro aspettative. Un cambiamento chesi svolge in una sorta di “buco” tempo-rale che oramai misura, in media, benquattro anni! Anche per questo oggidiventa oggetto di maggiore attenzio-ne e, forse, “tutela” rispetto a ieri.

Il rischio che un tempo d’attesa cosìsignificativo venga percepito come“vuoto” è senz’altro alto, anche perchési tratta di una nuova attesa che siaggiunge a quelle precedenti, attesedel dolore, dell’iter amministrativo,della valutazione, della decisione.Attendere ancora, quando ci si aspettadi raggiungere il risultato agognato,può facilmente determinare un calodell’investimento, oppure alimentarel’angoscia dell’incertezza, sia per lacoppia1, sia per lo stesso bambino che,in qualche luogo, pure attende.Restare in attesa di un bambino ipote-tico, che si distanzia dal bambino con-

creto quanto più il tempo trascorre,alimenta la frustrazione e le fantasienegative. In alcuni casi l’incertezzagenera una forma di ansia risolutiva:“ditemi che non è possibile avere unbambino, che mi metto l’anima inpace!”. Anche perché un tempo di atte-sa prolungato acuisce nella coppia lapercezione della propria diversitàrispetto alla famiglia idealizzata, allafamiglia “mulino bianco”.

Negli aspiranti genitori adottivi l’at-tesa che cresce a dismisura può evo-care l’altra “attesa”, quella che nel-l’immaginario collettivo è tipicadella gravidanza (… io e mia mogliesiamo in attesa di un bambino …),che rappresenta uno spazio nuovo“pieno”, già colmato dal bambinoche c’è ed è percepibile e cresce;nell’adozione, invece, siamo in pre-senza di uno spazio temporalenuovo ma “vuoto”: l’adozione, inquesta fase del suo percorso, favivere esperienze di abbandono, disospensione. Né pare che considera-re il tempo dell’attesa un contenito-re da riempire possa ridurre la con-fusione di coloro che hanno idealiz-zato, fissando il proprio pensiero,l’adozione internazionale.

Le rappresentazioni dell’attesanell’adozione internazionaleGennaro Izzo, Consigliere nazionale

1. Si veda sul punto anche M. Cavallo, “L’attesa che logora”, in Minorigiustizia, 2005, 2, 63-69.

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2. Il “pieno” dell’attesa

È piuttosto sul-l’ambivalenza tra

“carenza e abbon-danza” che l’attesa

può giocare ed essere giocata positi-vamente, può rappresentare la neces-saria opportunità di svuotare spaziinteriori, per liberarli e per poter acco-gliere il bambino parlando al cuore ealla pancia, per creare relazioni signifi-cative. L’attesa diventa abbondanza disenso se consente di verificare il cam-biamento della motivazione della cop-pia nel tempo, in uno “spazio” in cui lacoppia si confronta.

Basti pensare al fatto che il tempo del-l’attesa è un’opportunità per la coppiache non ha un’idoneità “forte”, che siasupportata da una positiva relazionedei servizi pubblici e una buona valu-tazione d’idoneità, di acquisirla pro-prio grazie agli effetti “maturativi” chel’attesa può produrre, definendo unasorta di valutazione integrativa e indi-retta; è la possibilità di qualificare l’a-spettativa, attraverso le azioni con-giunte di tutti gli attori dell’adozioneinternazionale.

In realtà gli esiti dell’attesa su una cop-pia sono assai diversificati, soggettiva-mente esistono tanti tipi di attesaquanti sono i tipi di motivazione, pre-parazione, rapporto con il territorio(dall’attesa di accogliere “il” bambino,“piccolo di età e in salute”, alla disponi-bilità ad accogliere “un” bambino, così

come sarà …). L’attesa come tempocreativo, capace di produrre contenutiche rispondano ad un forte bisogno disenso, è come l’onda del mare che per-vade tutto ciò che bagna … per poiritirarsi … e poi tornare … diversa.

Interpretare l’attesa in senso costrutti-vo, elaborandone emozioni e stimoli,diventa occasione per recuperare lalentezza della maturazione, come inun viaggio in treno che offre spazio etempo per leggere, pensare, organiz-zare. Se l’attesa è riferita ad un obietti-vo concreto, infatti, risulta menoansiogena, può favorire la speranza,ridurre il teorema della disperazioneche pare aleggiare in molte storie vis-sute. La dimensione temporale cui ciriferiamo, d’altronde, è solo una partedella più lunga attesa delle coppie,che parte da lontano, da quando ènato il desiderio di genitorialità, è “sol-tanto” il paragrafo di un libro intero ecomplesso.

Certamente l’attesa delle coppie adot-tive è sempre caricata di “un di più”,una “forbice” che resta aperta, che lerende diverse dalle coppie genitorialibiologiche, anche se queste ultimevivono sempre più spesso, nell’ineditatrasformazione delle famiglie moder-ne, attese analoghe a quelle adottive,riferite a necessità oggi prioritarie, inpassato subordinate alla costituzionedella famiglia con prole: la formazione,il lavoro, la casa, i viaggi, maggioriesperienze di conoscenza del partner.Ciò nonostante, per le coppie adottive

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l’attesa si innesta in un percorso che èsempre “specifico”. Attesa, quindi,come “voglia di risistemare”, oppurecome “voglia di rimettere tutto ingioco”: possibilità per la coppia di rive-dere il lutto della sterilità, il propriomodello di famiglia d’origine, la pro-pria esperienza di figli, il patto coniu-gale.

3. L’attesa dei serviziL’attesa degli aspiranti genitori entrain risonanza con quella degli operatoriche, anche loro, hanno l’aspettativa dicreare sinergie e accordi tra le rispetti-ve organizzazioni coinvolte, di cuipure si attende, solitamente, il miglio-ramento. È proprio la mancanza disinergie tra le istituzioni che creaincertezza negli operatori, sentimentoamplificato, in particolare, dalla man-canza di informazioni dei servizi terri-toriali su cosa avviene e si svolge, unascarsa consapevolezza che colludecon la sensazione di “sospensione” checirconda questo periodo del procedi-mento adottivo. Dare atto di questerisonanze significa dare diritto di citta-dinanza alla solitudine in cui operanomolte istituzioni, “isolamento” cheaspetta di incontrare “altre solitudini”,per fare rete, per sfuggire alla logicadella visuale parcellizzata con cuirischiano di operare i diversi attori del-l’adozione internazionale: tribunaleper i minorenni, servizi pubblici, entiautorizzati, autorità e servizi pubblicidel Paese straniero.La capacità degli operatori di lavorarein équipe rappresenta un elemento

qualitativo “strategico”nella gestione deltempo dell’attesa,determinando unacontinuità che non èdata dalla presa in caricodella coppia da parte di un solo opera-tore, bensì dalla condivisione di unamedesima metodologia da parte dipiù operatori, di più istituzioni, anchecome risorsa processuale che contrastile forti diversità territoriali presenti nelnostro paese, in termini di servizi, ope-ratori, risorse finanziarie. La presenzadi una pluralità “corale” di più attori,inoltre, consente di evitare la “stagna-zione” di alcune relazioni.

La qualità della relazione tra i diversiattori del percorso adottivo, in ognicaso, risulta fortemente determinatadalla fiducia che ciascun operatorecoinvolto ripone negli operatori chel’hanno preceduto e lo seguiranno. Lamancanza di fiducia, d’altro canto,determina una parcellizzazione dellaresponsabilità, che si “carica” tutta sullacoppia, costretta a fare la “spola trapezzi di istituzioni” che non comunica-no tra di loro, in tal senso la responsa-bilità degli attori deve essere suppor-tata da procedure attendibili e proto-collate.

Un ostacolo concreto alla creazione diuna rete per l’adozione internazionaleresta, comunque, la scarsità di risorseper il finanziamento delle attività deglioperatori in favore della coppia duran-te questo periodo delicato del percor-

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so adottivo. Lamancanza di livel-li minimi operati-vi, e delle relative

risorse, dedicati altempo dell’attesa

riduce, in alcuni casi, l’intervento deiservizi territoriali ad azioni “volontari-stiche” da strappare agli altri prioritaricompiti istituzionali. Proprio in talicontesti territoriali il tempo dell’attesadelle coppie, dei bambini, rischia didiventare il tempo dell’attesa dei servi-zi, che entrano in risonanza con le cop-pie, con gli stessi rischi di negazione,di onnipotenza, di frustrazione, allaricerca di modalità per “riempire” l’at-tesa di adozione.

4. Le buone prassi del periododell’attesa

Le esperienze positive, le buone prassidi gestione del tempo dell’attesa nel-l’adozione internazionale, fanno riferi-mento a processi condivisibili e repli-cabili nelle variegate realtà operativedel nostro Paese che, con la riformafederalista, manifesta sempre più forticontraddizioni territoriali, non solo tranord e sud, bensì tra territori (cfr. pianidi zona, distretti sociali oppure socio-sanitari, …) della stessa provincia. Ilfilo conduttore di ogni esperienzapositiva, oppure di ogni criticità, è rin-tracciabile nella comunicazione: farparlare i diversi attori coinvolti neltempo dell’attesa, creare delle azionidi coordinamento che consentano diconcordare le procedure, formalizzan-do i livelli minimi delle azioni che com-

piono gli operatori, costruendo proto-colli comuni, sulla base della prassi.

4.1. Il versante dei servizi pubblici.Nei territori in cui operano le “équipeadozioni”, esse nel corso della proce-dura valutativa o dopo il decreto diidoneità presentano alle coppie glienti autorizzati, i quali si qualificanoattraverso la propria carta dei servizi,costruita in maniera tale da consentireun reale raffronto tra loro, con partico-lare attenzione agli enti che sono “real-mente” presenti sul territorio.

La trasmissione del decreto di idoneitàè oggetto di forti discrepanze operati-ve. Infatti non sempre il tribunale per iminorenni o la sezione per i minorennidella corte di appello comunicano ildecreto, oltre che al pubblico ministe-ro e alla coppia, anche all’équipe ado-zioni. Nei territori in cui la comunica-zione interistituzionale è meno effi-ciente, l’ente autorizzato non avvisa iservizi territoriali neppure del succes-sivo conferimento dell’incarico ricevu-to da parte della coppia (come puredella rinuncia allo stesso), oppure ilcompito di questa importante comu-nicazione viene lasciato al solo buonsenso della coppia ovvero alla disponi-bilità soggettiva degli operatori del-l’ente autorizzato. Gli incontri di forma-zione e informazione, periodici, deldopo idoneità sono tenuti in manieracongiunta dall’équipe adozioni e daglienti autorizzati, con il coinvolgimentodelle coppie che hanno già adottato, esono incentrati sia sugli aspetti logisti-

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ci dell’adozione - Paese straniero, viag-gio, vestiario, soldi, ecc. -, sia sulla nar-razione delle esperienze e dei vissutidei partecipanti.

In talune esperienze, l’assistente socia-le del Comune propone ad alcunecoppie aspiranti all’adozione un’espe-rienza di affido etero familiare breve,anche se questa prassi contiene in sé ilrischio di configurare il bambino “affi-dato” come una sorta di “tappabuchi”.In altre realtà territoriali alle coppie èproposta la partecipazione a gruppiaperti, anche ai nonni e alla famigliaallargata, per il periodo dall’idoneitàfino alla fine dell’anno di post-adozio-ne; o si promuove la creazione di unarete tra le coppie. Nell’intero periododell’attesa i servizi comunicano leinformazioni di cui dispongono all’en-te autorizzato e viceversa. Esistonoanche tavoli tecnici, a livello provincia-le, tra servizi pubblici e enti autorizza-ti. E alcuni territori prevedono azionispecifiche in collaborazione con leorganizzazioni del privato sociale,diverse dagli enti autorizzati, per lagestione di gruppi di sostegno allecoppie.

4.2. Il versante degli enti autorizzati Sul fronte degli enti autorizzati, le cop-pie partecipano alle attività di soste-gno ai tempi d’attesa quanto più l’enteha costruito con loro una relazionenelle fasi precedenti. Le attività risulta-no più produttive se si organizzanoper gruppi di coppie omogenee perPaese straniero, dando la possibilità di

realizzare serate dicondivisione dellacultura di quello spe-cifico paese, aggior-nando le coppie sullasituazione di vita concre-ta, in cui coinvolgere la famiglia allar-gata, facendo riferimento alla lingua,alla situazione culturale e sanitaria.

Emerge la necessità di integrare le pro-spettive d’intervento e gli approcciprofessionali, psicologico, sociologico,giuridico e di servizio, per tenere assie-me i numerosi risvolti che coinvolgo-no gli aspiranti genitori adottivi e ibambini del paese straniero. Allo stes-so modo, l’esperienza degli enti sotto-linea l’importanza di utilizzare stru-menti che monitorino anche durante iltempo dell’attesa i bisogni, per poterconoscere se e come si trasformano leattese della coppia (anche attraversoquestionari specifici), informazionepreziosa per realizzare con efficacia leattività in favore dell’attesa.Alcuni enti, una volta realizzato l’abbi-namento, offrono servizi di counselingper le coppie che accoglieranno unbambino con handicap oppure constorie individuali particolarmentedolorose. Tale supporto sembra esseredeterminante per recepire la disponi-bilità a questo intervento così delicato.Altri enti concentrano i loro sforzi sullagenitorialità e sull’attesa delle famiglieallargate, degli amici, un lavoro ritenu-to molto proficuo proprio in un tempopoco pre-definibile qual è quello del-l’attesa. Taluni enti, invece, insistono

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sulla comunicazio-ne “efficace” del-l’ente ai servizipubblici e al tri-

bunale per i mino-renni, con particola-

re riferimento all’arrivo del bambino eagli elementi valutativi emersi duran-te lo svolgimento dell’incarico, comepure garantiscono l’invio delle relazio-ni d’aggiornamento e la segnalazionedell’abbinamento coppia/bambino alservizio sociale.In quasi tutti gli enti, le coppie pos-sono chiedere appuntamenti diapprofondimento; in tal senso laloro “attenzione” a mantenere con-tatti con l’ente autorizzato può esse-re un indicatore per misurare il livel-lo “attuale” della motivazione.

4.3. E i bambini?L’attesa del bambino pare essere la piùsilente, per questo la più preoccupan-te, non è un caso che da più parti sipropone di adottare a distanza i bam-bini che vengono a contatto con lacoppia e che poi si… perdono!

5. Le azioni possibiliLe buone prassi sollecitano l’indi-viduazione di aspetti, dimensionie aree operative dell’attesa che laqualificano e che sono da “presi-diare”, con l’obiettivo di costruiremappe orientative, individuare glielementi prioritari che caratteriz-zano il tempo dell’attesa e i modicon cui gestire al meglio questotempo.

5.1. I rapporti fra servizi e entiUna prima dimensione da presidiare èrappresentata dai rapporti tra i serviziterritoriali e gli enti autorizzati. Si trat-ta di soggetti che, non di rado, non siconoscono adeguatamente e per que-sto fanno fatica a collaborare, soprat-tutto in un tempo, quello dell’attesa,successivo al decreto d’idoneità, mache risente proprio della qualità dellacollaborazione tra servizi pubblici edenti autorizzati iniziata prima, nellafase di formazione e informazione.Emerge l’esigenza che la collaborazio-ne tra gli attori debba essere attivatadal servizio territoriale, cui resta laresponsabilità sulla “presa in carico”della coppia, legittimata peraltro dallefunzioni ad essi attribuite dalla legge;funzione che non può svolgere, dasolo, l’ente autorizzato, il cui rapportocon la coppia può, comunque, essereinterrotto.Una adeguata “visione comune” dellacoppia, da parte dei servizi e deglienti, è essenziale per affrontare l’even-tualità dell’estensione dell’idoneità(età e numero dei bambini, …): si trat-ta di verificare se si estende l’idoneitàper un mero opportunismo statistico,oppure se tale modifica può corri-spondere ad una nuova realtà, relazio-nale, della coppia. La collaborazionetra servizi ed enti è funzionale, inoltre,per ridurre la possibilità che la coppiaviva i servizi in qualità di utente, attri-buendo agli stessi un ruolo di potere,mentre percepisca gli enti autorizzaticome meri fornitori di cui essere clien-ti, da cui pretendere prestazioni.

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5.2. Le azioni delle istituzioniUna seconda dimensione da presidia-re è rappresentata dai contenuti delleazioni delle istituzioni durante l’attesa,un tempo che, in ogni caso, non deveessere “patologizzato”. Le azioni istitu-zionali devono evitare che i servizipubblici “perdano” la coppia nelmomento in cui si conclude l’istrutto-ria, per poi riprendere la presa in cari-co al momento dell’eventuale rientrocon il bambino. Con l’allungamentodei tempi dell’attesa, infatti, occorreche la collaborazione con gli enti auto-rizzati, ma anche con le associazionidel privato sociale che operano inquesto settore, sia quanto mai attiva,soprattutto per la formazione dellecoppie in vista dell’adozione di bambi-ni “speciali”, con situazioni sanitariedifficili, adozione di più fratelli, ecc. Lastessa collaborazione con le scuolepuò trarre giovamento dai tempi del-l’attesa, consentendo la realizzazionedi un lavoro di preparazione all’arrivodel bambino, che coinvolga il corpodocente e, se del caso, i futuri compa-gni di classe.

5.3. L’avvicinamento del bambino idealeal bambino possibileUna terza dimensione da presidiare èrappresentata dalla necessità di avvici-nare il bambino ideale al bambinopossibile. Si tratta di un aspetto rile-vante che però risulta molto soggetti-vo; in alcune realtà, infatti, si registraun’estremizzazione da parte dei serviziterritoriali nel relazionare positiva-mente circa l’idoneità della coppia ad

adottare bambini pic-coli, che si scontracon la realtà, di cuisono portatori gli entiautorizzati, delladisponibilità prevalentedi bambini di età superiore a quellarichiesta dalle coppie.

5.4. La tracciatura del percorso adottivoUna quarta dimensione da presidiareè quella della “tracciatura” del percorsoadottivo. Le esperienze sono moltovarie, spaziano da prassi analoghe aquelle utilizzate per gli interventi ditutela dei minori, in cui i servizi territo-riali si relazionano esclusivamenteall’autorità giudiziaria destinataria dellavoro d’indagine psico-sociale, adesperienze in cui la coppia rappresen-ta il centro di interesse che attiva leprocedure e ne condivide gli esiti.Proprio a causa dei rischi connessi alla“non comunicazione”, appaiono azioniimprescindibili, per una adeguatagestione dell’attesa, la trasmissionedel decreto di idoneità ai servizi terri-toriali e la comunicazione formale aiservizi territoriali del conferimentodell’incarico da parte della coppiaall’ente autorizzato.

6. In sintesiÈ evidente che ogni azione di informa-zione e formazione deve, tendenzial-mente, prevedere la compresenza deiservizi territoriali e degli enti autoriz-zati: non si può collaborare nell’attesase non si è collaborato dal primo gior-no. A livello locale (governance regio-

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nale, provinciale,di ambito territo-riale) ci si dovreb-be dotare di linee

guida e/o proto-colli operativi per la

definizione di “chi fa cosa e come”, par-tendo dalla necessità che laCommissione per le adozioni interna-zionali e le Regioni collaborino formal-mente, lavorando d’intesa sulla produ-zione normativa, regolamentare,informativa. È opportuno inoltre che sidefiniscano livelli di coordinamentoprovinciale, così da consentire ai servi-zi territoriali di inserire questi compitinei carichi di lavoro degli operatori,affinché siano riconosciuti, comeimportanza operativa, anche dal pro-prio ente. Il coordinamento sovra ter-ritoriale è il luogo in cui tutti i sogget-ti coinvolti nella fase dell’attesa posso-no programmare assieme i loro inter-venti, sulla base di una regia pubblicafinalizzata a garantire informazione,trasparenza, accessibilità, fruibilità(non necessariamente organizzazioneoppure gestione).

Coordinare adeguatamente le azionidi informazione e formazione, perun’attività come quella dell’adozione,in cui l’incontro con il bambino è pro-babile ma non sicuro, significa solleci-tare fortemente la rete dei servizi pub-blici a farsi carico della coppia che, pursenza il bambino, resta risorsa dellacomunità. Azioni di informazione eformazione ben coordinate possonoconsentire un lavoro mirato per le

adozioni di bambini “speciali” (situa-zioni sanitarie difficili, adozione di piùfratelli…), favorendo azioni ad hoc.

Riportare il percorso adottivo allacompetenza del territorio, anche inquesta delicata fase dell’attesa, e alcoordinamento sovra territoriale,significa favorire il coinvolgimentodelle associazioni di promozione del-l’adozione (anche diverse dagli entiautorizzati), attivando ogni azioneutile che il territorio è in grado diesprimere, come i “gruppi post”, in cuile coppie che vivono il “periodo del-l’attesa” possono avere dei contatticon le coppie adottive, sostenendolenei loro compiti di cura.

Sempre sotto l’egida dell’integrazioneistituzionale è possibile ascrivere l’uni-ficazione delle procedure sanitarierelative sia ai minori, sia alle coppieche devono recarsi presso il paesestraniero: un aspetto questo che, oltreagli oggettivi vantaggi in termini dicosti e tempi d’attesa per lo svolgi-mento di adempimenti dovuti, tra-smette alla coppia il senso della vici-nanza e della buona comunicazionedelle istituzioni.

Ragionare sull’attesa nell’adozione inter-nazionale, e sentirne le risonanze emoti-ve, riporta alle proprie esperienze di figlie di genitori; evidenzia che tutti i bambi-ni, in una qualche misura, devono essere“adottati”, attesi e accolti, seppure affron-tando le “crisi” che attesa e accoglienzasempre comportano.

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Il tempo dell’attesa, anche quello del-l’adozione internazionale, è un tempodi crisi, tempo ambivalente chepotremmo sintetizzare con JohnFitzgerald Kennedy, il quale in un suodiscorso ebbe a dire:“Scritta in cinese la parola “crisi” è com-posta di due caratteri. Uno rappresentail pericolo e l’altro rappresenta l’oppor-tunità”.

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I migliori auguri per un anno serenodalla presidente e da tutti i consiglieri

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Inserto speciale

Politiche Sociali

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1. Introduzione2. Osservazioni al Libro Bianco sul futuro del modello sociale;3. Livelli Essenziali Processuali dei Servizi Sociali dell’Ente locale;4. Report dal Tavolo Tecnico per i Minori;5. Breve aggiornamento della Legge sul Garante dell’Infanzia;6. Linee di indirizzo per un modello organizzativo del Servizio Socialein Sanità;

7. Pacchetto Sicurezza: le azioni del Consiglio Nazionale;- Documento ANM-CNOAS sul Pacchetto sicurezza;- L’Etica professionale e il Pacchetto sicurezza;- Comunicato a seguito dell’approvazione del Pacchetto sicurezza- Pacchetto sicurezza e obbligo di denuncia: quesito ai Ministeridell’Interno e della Giustizia.

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fotografia di Gaetano Di Filippo - © 2005

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La Commissione Politiche Sociali*durante questo periodo di mandatoha svolto un’attività di predisposizionedi documenti e relazioni per gli inter-locutori istituzionali, poste all’appro-vazione del Consiglio, allo scopo disottolineare nelle diverse occasionil’importanza del ruolo professionaledegli Assistenti sociali all’interno delsistema dei servizi sociali e socio sani-tari. L’area dell’integrazione tra il lavo-ro sociale con il sanitario rappresentauno degli aspetti particolarmenteseguiti.

La Commissione ha inoltre organizza-to la partecipazione a convegni eseminari dedicati al tema dell’integra-zione del sociale, particolarmentesignificativi per la formazione deglioperatori socio sanitari, quali: la CARD(associazione dei Coordinatori deiDistretti socio sanitari), l’ANCI(Associazioni Nazionale dei ComuniItaliani), la Società della Geriatria; laFondazione “E. Zancan”, i ConvegniErickson di Riva del Garda, la Fieradella Pubblica Amministrazione, edaltri appuntamenti con rilevanzanazionale ed internazionale.

Per questi eventi realizzati nelle diver-se regioni italiane vi è sempre stata

l’attenzione di coinvolgere come rela-tori gli Assistenti sociali che avevanorealizzato esperienze positive nei terri-tori e nei diversi settori, creando cosìopportunità per documentare le“buone prassi” attuate dai nostri colle-ghi, oltre che rinforzare la produzionedi considerazioni teoriche sul serviziosociale. La presentazione dei progettie delle esperienze lavorative in conve-gni in cui vi sono diverse professioni,rappresenta una importante modalitàper promuovere la professione e persostenere l’attenzione all’interprofes-sionalità, che deve coinvolgere parti-colarmente l’Assistente sociale, qualeprofessionista delle connessioni e del-l’approccio integrato. Il ruolo promo-zionale del Servizio Sociale ben si col-loca all’interno di politiche innovative,essendo orientato a promuovere ilbenessere materiale e relazionale e losviluppo delle comunità (empowerment).

Ricordiamo alcune azioni che hannocoinvolto questa Commissione, instretta collaborazione con altreCommissioni del CNOAS:1) la ricognizione delle normative inarea sociale nelle diverse Regioni,coinvolgendo i Consigli regionalidell’Ordine (CROAS);2) l’elaborazione della proposta

IntroduzioneMirella Zambello, Presidente Commissione Politiche Sociali

*Vittoria Casu, Angela Romano, Luisa Spisni, Gennaro Izzo (vice presidente) e Mirella Zambello (Presidente)

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dell’Organizzazionedel Servizio Sociale inSanità, condiviso conle Organizzazioni sin-

dacali;3) i pareri sui docu-

menti programmatici dei Governi sullePolitiche Sociali, prima sul Libro Verde,nel 2008, e le recenti Osservazioni alLibro Bianco;4) la partecipazione ai lavori dell’Osservatoriosui Minori, proposto dal Ministero compe-tente;5) il parere sulla legge sul Garante deiMinori;6) il parere sulle proposte di modificadella legge 180/78;7) la partecipazione al Tavolo tecnico suiMinori;8) la partecipazione al 2° TavoloTecnico per la definizione dei LivelliMinimi Processuali del ServizioSociale;9) le osservazioni sul Pacchetto Sicurezza.

A breve la Commissione PoliticheSociali del CNOAS, al fine di valutare lasituazione dei sistemi di welfare localie quindi le condizioni del serviziosociale nelle diverse Regioni, intende

proporre ai nuovi Consigli Regionalidegli Ordini degli Assistenti sociali unquestionario di rilevazione delle nor-mative approvate dalle loro Regioni.Sarà così possibile fare un lavoro dicomparazione con la rilevazione svol-ta due anni fa e valutare l’evoluzionedel Servizio Sociale, al fine da promuo-vere quelle azioni utili per migliorarnele prospettive.

Prima di presentare gli argomentiaffrontati in questo inserto, è opportu-no ricordare quanto propostodall’OMS (Organizzazione Mondialedella Salute) in tema di Promozionedella Salute, che può ancora rappre-sentare uno stimolo valido per valoriz-zare la funzione promozionale neicontesti comunitari della professionedell’Assistente sociale:“Senza pace e giustizia sociale, senzacibo sufficiente e acqua, senza un’edu-cazione e abitazione decente, senza cheognuno e tutti abbiano un ruolo da svol-gere nella società e senza un redditoadeguato non ci può essere salute nécrescita reale ne sviluppo sociale”.(OMS, Dichiarazione di Alma Ata, 1978).

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Dalla lettura del documento delMinistero il “Libro Bianco sul futuro delmodello sociale – La vita buona nellasocietà attiva”, si individuano in sintesialcuni punti da sottolineare:

a) Al centro di que-sto Libro Bianco viè “l’idea della per-sona che cercaprima di tutto dipotenziare le pro-prie risorse perrispondere al biso-gno, della personache vive in manieraresponsabile la pro-pria libertà e laricerca di rispostealle proprie insicu-rezze”, (pag. 31).

b) La centralitàdella persona e lapromozione delleresponsabilità edell’autodetermi-nazione, rappresentano i principi fon-danti del Servizio Sociale, come indi-cato anche dall’art. 5 del Codice deon-tologico: “La professione si fonda sul

valore sulla dignità e sulla unicità ditutte le persone, sul rispetto dei lorodiritti universalmente riconosciuti edelle loro qualità originarie, qualilibertà, uguaglianza, socialità, solida-rietà, partecipazione, nonché sulla

a f f e r m a z i o n edei principi digiustizia edequità sociali.” edal successivoart. 6 che recita:“La professioneè al serviziodelle persone,delle famiglie,dei gruppi, dellecomunità percontribuire alloro sviluppo;ne valorizzal’autonomia, lasoggettività, lacapacità diassunzione dir e s p o n s a b i -lità;…”

c) L’enfasi sulla libertà di scelta perso-nale e sulle responsabilità individuali,presenti nel documento, evidenziano

Osservazioni al Libro Biancosul futuro del modello socialeA cura della Commissione Politiche sociali del Consiglio Nazionale

Le Osservazioni al Libro Bianco qui pubblicate, sono state inviate al Ministero del lavoro della Salute edelle Politiche Sociali, alla Conferenza Stato-Regioni, all’UPI (Unione delle province italiane), all’ANCI(Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) e alla Lega delle Autonomie locali il 30 settembre 2009.

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una contraddizionecon le situazioni disvantaggio, chespesso sono carat-

terizzate da incapa-cità personali di valu-

tare, scegliere, usare la rete dei servizi.Manca la rilevazione della carenza diservizi di sostegno che possono ren-dere concreto l’esercizio della libertàdi scelta responsabile e della realizza-zione dei progetti di vita. Tali servizicoincidono con il Servizio Sociale pro-fessionale che, se definito quale livelloessenziale processuale, può rappre-sentare nei territori una presenzacapillare di sostegno alle persone ealle famiglie.d) Il titolo “La vita buona nella societàattiva”, introduce un’idea di società,che viene sviluppata nel documento,in cui il lavoro rappresenta “(…) la basedell’autonomia sociale delle persone edelle famiglie. Ed in cui la spesa socia-le dovrà confrontarsi con la ricchezzadisponibile e con la sostenibilità di unsistema di servizi. Su tale aspettovanno evidenziati gli ostacoli struttu-rali e di crisi economica generale, cheportano ad un livello di disoccupazio-ne preoccupante, che interessa diversisettori e coinvolge molte personeanche professionalizzate”.

e) Il contrasto alla Povertà pertanto vaconsiderato come una serie di azionida attuare in maniera preventiva e dif-fusa, essendo diffuso il basso livelloreddituale e la perdita della capacità direddito di molte categorie (ad es. pen-

sionati, lavoratori precari, nuclei fami-liari numerosi e quelli monogenitoria-li). La social card, come azione straor-dinaria e insufficiente di risorse, nonha rappresentato un intervento siste-matico ed incisivo di contrasto allapovertà.

f ) L’idea dell’intervento pubblico, quasicome invasivo, risulta eccessivamentenegativa, laddove non considera ilruolo di sostegno e di accompagna-mento che molti sevizi pubblici giàsvolgono. Al cap. 2 - I limiti e le poten-zialità del modello sociale italiano-(pag. 15), si afferma: “… la libertà di scelta e di iniziativadelle persone è spesso compressa dal-l’invadenza di un attore pubblico chenon sempre è in grado di garantireadeguati standard qualitativi dei servi-zi essenziali”. Inoltre l’immagine pre-sentata nel Libro Bianco, di una situa-zione di Welfare italiano assistenziali-stico, non corrisponde alla realtà, inquanto dove esiste il Servizio sociale,si opera con metodologie e propostedi percorsi che orientano verso l’auto-nomia, in molte altre realtà territorialial contrario manca il Servizio Sociale,oppure non offre adeguati servizi disupporto.

g) L’importanza del Terzo settore, sem-pre nel cap.2 (pag. 20) nella rete dei ser-vizi integrata pubblico e privato, nontiene conto dell’ utilità del pubblico conun ruolo di garante della qualità dei ser-vizi offerti dai territori, ad esempio attra-verso le procedure dell’Accreditamento.

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h) La visione: il nuovo modello delleopportunità e delle responsabilità, 4cap. (pag. 31).In questo capitolo viene rilevato “unprofondo divario” delle situazioni deiservizi tra Nord e Sud, che si ritienepossa essere superato non solo con il“federalismo fiscale”, bensì con normenazionali e regionali sui Livelli minimidei servizi che devono poter garantirel’effettiva opportunità di scelta per i cit-tadini di qualsiasi territorio nazionale.• L’evoluzione delle politiche socialiporta a nuove definizioni, come welfa-re “plurale” o “reticolare” e “delleresponsabilità”, di welfare “partecipa-to”, che fanno riferimento alla parteci-pazione dei cittadini, dei soggetti pri-vati, del terzo settore, delle parti socia-li. Altre terminologie usate in alcuniPiani regionali, quali welfare comuni-tario e promozionale, sottolineano l’a-spetto della promozione della solida-rietà sociale, e delle iniziative del “pri-vato sociale” collegate ed in sinergiaper l’attivazione di progetti o servizinel territorio e nelle comunità.• L’importanza della dimensione terri-toriale del welfare , evidenzia la neces-sità di sviluppare il Servizio Sociale neiterritori, quale possibilità di accoglierei bisogni, ed orientare le persone versoun migliore utilizzo delle risorse deiservizi presenti.• L’importanza dell’integrazione tra gliaspetti sanitari e quelli sociali (con rife-rimento alle definizioni OMS di benes-sere e di salute), rende significativa lacompetenza degli Assistenti sociali,nei percorsi di salute, di riabilitazione e

di inclusione sociale,oltre che a quelli diprevenzione dellediverse forme di fragi-lità.• La presa in carico dellapersona, assume un’ efficace azione secoinvolge il Servizio Sociale, nellediverse funzioni, potenziato con l’in-troduzione del “fascicolo elettronico”,e nella rete dei servizi territoriali: la“presa in carico integrata” …• La continuità assistenziale, inoltre,passa attraverso un’adeguata colloca-zione e valorizzazione del serviziosociale nei percorsi di sostegno e dipromozione della salute, finalizzati,per quanto possibile, ad un recuperodelle autonomie personali degli uten-ti, delle persone e delle famiglie.

i) I diritti sociali e la sostenibilità delWelfare.

Il dibattito sul welfare state spesso èstato occasione di lotta, circa i principiche devono orientare la redistribuzio-ne delle risorse sociali e quindi dei ser-vizi dello Stato. Nel documento nonrisulta emergere la valorizzazione diuna maggiore partecipazione dei cit-tadini, che può portare alla riduzionedel senso di estraneità e della passivitàdei cittadini, e può permettere di indi-viduare soluzioni condivise, di deter-minare una maggiore assunzione diresponsabilità.

In Italia, in cui esistono ancora tradi-zioni vitali di partecipazione e legami

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fra società locali ea m m i n i s t r a z i o n ipubbliche, l’aumen-to della partecipa-

zione può esserefavorito dal processo di

innovazione istituzionale, essendoorientato a facilitare lo scambio diinformazioni e quindi a favorire lacomunicazione tra le istituzioni ed icittadini. La riflessione sulle caratteristiche dellacittadinanza, essendo una realtà lasocietà multietnica e multiculturale,coinvolge valutazioni sulle condizionipersonali che permettono agli indivi-dui non soltanto di adeguarsi ad unmodello esistente di cittadinanza, masoprattutto di essere cittadini autono-mi in situazioni specifiche. Sono con-dizioni fondamentali per l’inclusionerealizzata come riconoscimento reci-proco. Anche nella nostra realtà italia-na non solo i soggetti più emarginati,ma anche i cosiddetti “normali”, posso-no essere caratterizzati da una “indiffe-renza passiva” o dall’incapacità di“avere voce” nei contesti pubblici.

La molteplicità dei gruppi informali ela loro funzione spesso di sostegnoreciproco tra le persone, non apparesufficiente per una possibile trasfor-mazione della società civile.

Il patto sociale deve riguardare sia legenerazioni sia le diverse culture pre-senti nelle nostre comunità, con inter-venti che prevengano forme di intolle-ranza, atteggiamenti razzisti e discri-minatori, per sviluppare tutte lepotenzialità del capitale umano, arric-chito dal valore delle diversità.Promuovere la civile convivenza, attra-verso forme concrete di sostegno e diservizi disponibili, rappresenta la con-tinuità della ricchezza dei valori dilibertà e di solidarietà che hanno rap-presentato la conquista dell’epocaattuale e che devono guidare lo svi-luppo futuro. L’interdipendenza dellerealtà locali e delle nazioni stannospingendo verso il consolidarsi delleculture di pace, fondamentali per losviluppo socio-culturale ed economico,nella dimensione sia locale che globale.

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La riforma dell’assistenza in Italia (L.328/00), la riforma delle competenzeistituzionali in materia di politichesociali (titolo V della Costituzione), laproliferazione di Leggi Regionali direcepimento e contestualizzazionedella normativa nazionale, hanno pro-dotto l’esigenza di individuare deiLivelli Essenziali Nazionali in materia diServizi Sociali, con particolare riferi-mento agli Enti Locali cui, in ossequioal principio di sussidiarietà, sono attri-buite le funzioni di erogazione deiServizi Sociali a livello territoriale.

In particolare, è necessario garantireche il cittadino acceda ai Servizi Socialidell’Ente Locale attraverso un procedi-mento amministrativo1 specializzato2

per i Servizi Sociali.L’intervento viene proposto soprattut-to in relazione al fatto che, se è chiaroil dettato della normativa (328/200)per quanto riguarda l’obbligo dellapresenza del servizio sociale professio-

nale, altrettanto non è chiara laresponsabilità del procedimentoamministrativo per i servizi sociali. Ilfine è quello di assicurare che, per cia-scuna esigenza sociale rappresentata,siano garantiti tutti i diritti e le oppor-tunità offerti dalla normativa, nonchédalle risorse professionali, strumentalie finanziarie disponibili in ciascun ter-ritorio.

L’individuazione di un ResponsabileUnico del ProcedimentoAmministrativo per i Servizi Socialidell’Ente Locale3 , con l’indicazione diquali profili professionali possonorivestire questo ruolo, delicato e speci-fico, può rappresentare il primo“Livello Essenziale” delle politichesociali nel nostro Paese, per definire ilquale occorre uno specifico TavoloTecnico interistituzionale.In seguito alla condivisione e all’indivi-duazione del percorso legislativo e

Livelli Essenziali Processualidei Servizi Sociali dell’Ente LocaleA cura della Commissione Politiche Sociali del Consiglio Nazionale

La proposta dei Livelli Essenziali Processuali dei Servizi Sociali dell’Ente Locale, condivisa con il Coordinamento Nazionaledelle Comunità di accoglienza (CNCA) è stata inviata al Ministero del lavoro, della Salute e Politiche Sociali, all’ANCI, allaConferenza Stato-Regioni, all’Associazione nazionale Educatori, all’Ordine nazionale degli Psicologi, al Forum del terzo set-tore, l’8 luglio 2009, con la proposta di avviare un Tavolo Tecnico specifico.

1. Cfr. L. 241/90.2. cfr. quanto già avviene, ad esempio, per gli Uffici Tecnici degli Enti Locali.3. Il c.d. RUPA, in analogia a quanto già previsto, con regolamentazione europea, per la gestione dei fondicomunitari.

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amministrativo per larealizzazione di que-sto primo “LivelloE s s e n z i a l e

Processuale deiServizi Sociali dell’Ente

Locale”, si ipotizza che il Tavolo Tecnicopossa avviare una riflessione ampiasull’intero sistema dei Servizi SocialiTerritoriali, da affrontare sempre inmaniera sistematica e graduale, indivi-duando progressivamente gli altri LivelliEssenziali Processuali necessari e, soprat-tutto, sostenibili.

In merito alla “sostenibilità” dei“Livelli Essenziali Processuali”,pare utile sottolineare che si trattadi “processi” e non di “prestazioni”;ciò consente di uscire dal teoremadell’insostenibilità in cui la scar-sità di risorse finanziarie ha rele-gato i “diritti sociali”.

E’, infatti, possibile individuare“Processi Essenziali” che siano atti-vati con gradualità, utilizzando lerisorse esistenti, vincolandole a pro-cedimenti amministrativi virtuosi.

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fotografia di Gaetano Di Filippo - © 2005

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In continuità con quanto presentato nello scorso numero della Rivista (a pagg.105-107) l’annunciato Tavolo Tecnico suiMinori che è stato avviato con i diversi rappresentanti istituzionali, e di concerto con l’Associazione Magistrati, il CSM, l’OrdineForense ed i delegati al Welfare dell’ANCI.

Report dal “Tavolo tecnico Minori”Angela Romano, Consigliere nazionale

Su iniziativa del CNOAS, nel mese dimaggio 2009 dopo gli adempimenti dirito, propedeutici alla realizzazionedelle attività programmate, si è datoavvio ad un importantissimo “tavolotecnico”. Estremamente rilevante perla cogente attualità delle tematiche eproblematiche da affrontare, discute-re, risolvere; di notevole valore perl’autorevolezza degli organismi invita-ti a farne parte, tutti attivamente coin-volti ed impegnati nel lavoro in favoredei minori.

Parliamo del “Tavolo Tecnico Minori”,appunto, legittimato dal Viceministro allaGiustizia Sen. Alberti Casellati e costi-tuito da rappresentanti del CNOAS(insieme alla Presidente Franca Dente,vi partecipano componenti delle com-missioni consiliari “Politiche Sociali” e“Ricerca”), dell’Associazione NazionaleMagistrati, dell’Associazione NazionaleGiudici per i Minori e la Famiglia, delCSM, dell’ ANCI, dell’ Ordine Forense.

L’istituzione di questo tavolo tecnico èdiretta a costruire sinergie tra figureprofessionali coinvolte nella tutela difamiglie e minori, alla revisione di pro-tocolli/procedure di esecuzione coat-

te, alla condivisione di prassi operativeefficaci dirette al miglioramento dellerelazioni tra famiglie, servizi sociali emagistratura. Non ultima la possibilitàdi reperimento di fondi economiciadeguati perequati per regioni, al finedi creare i presupposti di una reale,efficace, urgente cultura della vicinan-za a quella che è la base della nostrasocietà in decadimento, la famiglia.

Gli incontri del “Tavolo tecnicoMinori” espletati, presso la sede delCNOAS, fino alla data odierna, sonotre: 7 maggio 2009; 15 giugno 2009;15 ottobre 2009.

Leggiamo e riportiamo integralmentedal verbale della prima di dette riu-nioni, le motivazioni e le finalità dell’i-niziativa:“La Presidente del CNOAS, FrancaDente, (…) introduce i lavori sottoli-neando che l’ obiettivo prioritario ecomune alle Istituzioni presenti è latutela del minore insieme alla valoriz-zazione e al supporto delle famiglie (diorigine ed affidatarie), evitando ilpiù possibile che l’allontanamentocoatto, come sempre più spesso stasuccedendo, produca un effetto

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dirompente, conr i p e r c u s s i o n inegative sull’im-magine delle figu-

re professionali edei rispettivi organi-

smi di appartenenza deputati ademettere e/o ad eseguire i provvedi-menti di tutela minorile.“Occorre dimostrare, in maniera ine-quivocabile” afferma Dente, che lavo-riamo nell’interesse del minore e che avolte, l’interesse dell’adulto non coin-cide con quello del bambino”.Elenca, quindi, le motivazioni chehanno indotto il CNOAS a proporre l’istituzione del “tavolo tecnico”:• “Tragicità” del provvedimento diallontanamento del minore;• Necessità di prevedere forme diaccompagnamento delle famiglie indifficoltà;• Investimento sulla formazione e sul-l’incremento del personale in quantola precarietà dello stesso non semprepermette un lavoro puntuale, accuratoe rispettoso dei tempi, modalità, pro-cedure, richiesti dalla problematica inesame;• Pressione delle varie Associazioni(padri separati, ecc.);• “Confusioni” rispetto alle modalitàrelative agli “affidamenti dei minori aiServizi Sociali”;• Disparità nelle politiche sociali sulterritorio nazionale, in assenza di LEA;• Attacchi di malafede: illazioni su“connivenza” tra SS.SS. Tribunali eStrutture di accoglienza dei minori;• “Stanchezza” degli Assistenti sociali

per il fatto di essere continui bersaglidei mass-media nel caso di allontana-mento coatto di minori.

Pertanto, gli obiettivi del Tavolo posso-no così riassumersi secondo tre diver-se finalità:1. Relazionale: “conoscenza” e dialogotra soggetti istituzionali interessati alleproblematiche minori/famiglia;2. Operativa: condivisione degli inten-ti e costruzione di protocolli d’intesa;3. Strategica: costruzione di sinergie edi comuni percorsi da seguire.

In sintesi, secondo la presidenteCNOAS, si potrebbe:• ipotizzare delle “linee guida” che defi-niscano le procedure in caso di allon-tanamenti, separazioni, ecc.;• investire su una formazione continuaper un linguaggio comune e condiviso;• pensare ad una conferenza di servizicon il coinvolgimento del privatosociale e del terzo settore al fine diascoltarne le difficoltà in un contestodialogico e propositivo. (…).

Continuando a “sbirciare” tra le righedel verbale citato, si legge che i com-ponenti, sostanzialmente concordisulle motivazioni che li vedono intor-no allo stesso tavolo e, non solo ideal-mente o per una mera discussione sutemi di tale portata, realmente acco-munati da attività professionali quoti-diane attinenti problematiche minorili,dopo ampio confronto, convergono sualcune iniziative volte a “coordinare l’a-zione dei vari Enti coinvolti nel proble-

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ma affrontato”. Si parla di potenzia-mento del “ruolo ispettivo” di alcuni diessi sottolineando, fra l’altro“che (…), si rileva una mancata trasfor-mazione delle strutture di accoglienzaper minori. Si aprono spazi di riflessio-ne sugli “affidamenti sine-die” osser-vando che “da strumento temporaneoe alternativo al collocamento in comu-nità, sta diventando sempre più unostrumento successivo al collocamentocomunitario e quindi, permanente,piuttosto che transitorio” e forse “que-sto avviene perché non si lavora anco-ra abbastanza per il recupero dellafamiglia di origine”, ribadendo che “inun settore delicato come quello di cuisi sta trattando, occorre un enormeinvestimento di risorse (tempo, impe-gno, responsabilità, ecc.)”.

Il componente del Tavolo tecnico rap-presentante dell’Associazione NazionaleGiudici per i Minori e la Famiglia, dott.Micela, sostiene che occorrerebbepuntare alla “professionalizzazione”delle famiglie affidatarie.La dr.ssa Montaruli, rappresentantedell’Associazione Nazionale Magistrati,“paventa il rischio fondato che fami-glie desiderose di adottare un bambi-no si intrufolino tra quelle affidatarie esottolinea che un grosso limite per ladiffusione dell’affido, spesso, è il rifiutodella famiglia di origine. Si accennaall’esperienza, adottata dal Tribunaleper i Minorenni di Bari, della cosiddetta“adozione mite”. Viene evidenziata “lamancanza o carenza di dialogo traServizi Sociali e Giudici Minorili e con i

curatori specialilamentando unaricorrente posizionedi arroccamento nelleproprie posizioni daparte degli operatoriinteressati.” Si “ribadisce la necessità diconsentire, in un’ottica processuale,uno spazio di interlocuzione e di con-trollo tra le parti al fine di giungerealla condivisione degli obiettivi da rag-giungere in favore del minore secondoun percorso chiaro e verificabile. Sidiscute in maniera diffusa sul rapportotra Magistratura e Servizi Sociali par-lando di “affidamento al ServizioSociale” e della necessità di intendersisul significato di tali termini oltre chesulle specifiche attribuzioni derivantida tale mandato. (…)

Il dott. Albamonte, sintetizza il contri-buto che l’organismo da lui rappre-sentato, il CSM, può portare ai lavoridel tavolo:• Individuare le “buone prassi” sparsesul territorio nazionale;• Creare luoghi di formazione e dibatti-to rivolti non solo a Magistrati ma aplatee miste;• Proporre al Ministero della Giustizia,come da compito istituzionale delCSM, l’esito dei lavori del tavolo tecnico;• Creare dei format da disseminare sulterritorio.

Il citato primo incontro del tavolotecnico si chiude con le determinazio-ni che si riportano, di seguito, integral-mente, dal verbale:

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“I presenti condivi-dono ed apprez-zano il preziosocontributo del rap-

presentante delCSM e discutendo

sulle sue proposte, si giunge alla con-clusione di individuare nodi procedu-rali che consentano l’individuazione, lacostruzione e la diffusione di buoneprassi su uno o più argomenti, per es.: • Rapporto tra Servizi e curatori specia-li;• Modalità di procedure per l’istruttoria;• Ricognizione procedure di allon-tanamento;• Modalità di allontanamento coattodei minori: quali prassi e/o protocolli;• Come potenziare l’istituto dell’allon-tanamento del genitore, così comeprevisto dalla norma.

Si propone, quindi, l’aggiornamentodella seduta al 15 giugno 2009 e lapredisposizione, nel frattempo, di unquestionario che il CSM stesso potràinviare ai vari Tribunali per la raccoltadelle informazioni su cui costruire l’elen-co e la diffusione delle buone prassi.

Dal successivo incontro, tenutosi nelgiorno concordato, dopo ampio ericco confronto sulle problematiche indiscussione oltre che sulle modalità,destinatari, finalità ultime della raccol-ta dati che si intende realizzare, nascela necessità di proporre agli OrdiniRegionali, una rilevazione che, parten-do da alcuni punti di criticità segnalati,offra la possibilità di acquisire espe-

rienze significative, buone prassi, pro-cedure di qualità da rilanciare e ripro-porre nelle varie sedi. Tanto, nel giàdichiarato intento di stimolare unamaggiore attenzione alla qualità deiservizi e delle prestazioni in favore del-l'infanzia, dell'adolescenza e delle lorofamiglie, promuovere buone prassi erivedere alcune procedure.

Nella stessa seduta si concordano gliitem sui quali il CSM si rende da subi-to disponibile ad attivare una puntua-le rilevazione presso i TM e i TO. Suglistessi punti anche l'ANCI si impegnaad effettuare la rilevazione presso ipropri referenti regionali. In riferimen-to a tali decisioni, pertanto, la nostrapresidente, Franca Dente, con propriasuccessiva nota n. 1578/2009 del 1luglio 2009, pur considerando la pros-simità delle scadenze dei mandati deiCROAS, chiede loro di effettuare lamedesima ricerca presso le realtà loca-li dei servizi, per consentire una verifi-ca incrociata delle questioni poste eche si riportano di seguito:

Item tavolo tecnico scheda di rile-vazione buone prassiSi chiede se sono stati attivati/attivata:• protocolli operativi per l’allontana-mento dei minori dal nucleo familiare;• protocolli tra TM o TO e Enti Locali perazioni di sostegno affiancamento allefamiglie in difficoltà e di recuperodelle stesse;• presenza strutturata di un servizio dimediazione familiare;• presenza strutturata di un servizio di

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tutoraggio educativo;• incontri protetti genitori/figli;• procedure di ascolto dei minori inrelazione alle indagini socio-ambien-tali richieste dall’A.G.;• procedure di tutela della riservatezzanel trattamento dei dati relativi aiminori (es. garanzia che le comunica-zioni scritte tra A.G. e Servizi “partano”e “raggiungano” i soli titolari del tratta-mento dei dati);• azioni di monitoraggio, verifica e con-trollo dei progetti educativi individua-lizzati dei minori in affidamento fami-liare ed a comunità residenziali;• azioni di condivisione degli esitisociali delle segnalazioni di abuso emaltrattamento;• azioni di monitoraggio e verifica deiprocedimenti di adozione (nazionale einternazionale);• azioni di implementazione di attivitàambulatoriali, domiciliari e diurne infavore della famiglia e dell’infanzia (es.centri per la famiglia, attività consulto-riale, assistenza domiciliare, tutorag-gio, ludoteche, centri di aggregazionegiovanile, contrasto alla povertà).

Il 15 ottobre ’09, come previsto, si ètenuto il terzo incontro del TavoloTecnico durante il quale: il componen-te del CSM ha comunicato di aver rice-vuto (e continua a pervenire) dai T.M. edai T.O., una gran quantità di materialeche si sta classificando per renderlofruibile; il rappresentante dell’ANCI,dott. Baccini, ha informato di non averricevuto, dalle sedi regionali, alcun

materiale significativo;il CNOAS ha presen-tato la griglia (divisain enti, tipologia ser-vizio e settori di inter-vento) in cui è stato clas-sificato il materiale pervenuto dagliOrdini regionali. I componenti delTavolo, ritenendo estremamente inte-ressante tale materiale e, in particolarei protocolli sottoscritti, decidono diinserirli sul sito, con una nota di pre-messa. Dal verbale della seduta leggiamoquanto concordato in chiusura, ai finidella prosecuzione del lavoro avvia-to: 1. inviare verbale + scheda classifica-zione materiale CNOAS agli interlocu-tori del Tavolo;2. inserire sul sito, per diffusione, pro-tocolli d’intesa significativi con nota dipresentazione come lancio di buoneprassi;3. chiedere ai CROAS una riflessionesull’applicazione dei protocolli inviatimettendone in luce eventuali criticità.

Naturalmente, come si comprende daquanto fin qui riferito, il lavoro, è “in iti-nere” e richiede la collaborazione diquanti sono impegnati professional-mente, a vario titolo, in un settoretanto delicato quanto problematico edi estrema attualità, quale è appuntoquello dell’infanzia e della famiglia, avantaggio degli stessi e della profes-sione medesima.

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Breve aggiornamentosulla legge del Garante dell’infanziaLuisa Spisni, Presidente Commissione Etica e Deontologia

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Al fine di dare continuità ad un argo-mento che abbiamo messo all'atten-zione nella precedente pubblicazione,presentiamo un aggiornamento sullaLegge del Garante.

L'8 ottobre 2009 la Camera ha fermatola discussione sulla proposta di leggedi istituzione del Garante per l'Infanziae adolescenza, in seguito alla approva-zione di un emendamento presentatodalla opposizione, volto a chiedereuna sospensione dell'esame dellalegge sui temi dell'autonomia delGarante. Le questioni dell'indipenden-za del Garante, della sua autonomiaeconomica e gerarchica, sono aspettiinfatti particolarmente importanti, giàmolto dibattuti nelle sedi in cui la

proposta di legge è stata presenta-ta. Senza queste "garanzie", ilGarante può essere "autorità indi-pendente" ed esercitare le funzio-ni, senza interferenze, così come ègiusto che sia e come prevede laConvenzione ONU? O rischierebbeinvece di essere privato della possi-bilità reale di agire senza interferen-ze per la tutela dei diritti dei bambi-ni e degli adolescenti?

Affinché il Garante possa essereun efficace strumento di tutela deibambini, ora questi aspetti saran-no rivalutati dalla Commissionedella Camera, a cui la proposta èstata rinviata.

fotografia di Gaetano Di Filippo - © 2005

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Linee di indirizzo per un modelloorganizzativo del Servizio Sociale in sanitàA cura delle Commissioni Politiche Sociali e Politiche del Lavorodel Consiglio Nazionale

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Proposta di Organizzazione delServizio Sociale in sanità, condivisadalle Organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL e SUNAS.

Referenti: Conferenza Stato-Regioni;Sindacati; Ministero del lavoro, Salute ePolitiche Sociali; ARAN.

Il presente documento ha lo scopo dioffrire linee di indirizzo per attuare suiterritori regionali modelli organizzatividel Servizio Sociale in Sanità, chemeglio rispondano ai nuovi bisognisociosanitari. Essi, infatti, si manifesta-no con sempre maggiore complessitàed in rapida evoluzione, come puòessere rappresentato dall’invecchia-mento della popolazione, dall’esigen-za di progetti di inclusione sociale peri disabili fisici e mentali, dall’evoluzio-ne del disagio e dall’evoluzione delledipendenze, dalle crescenti difficoltàsociali e sanitarie delle famiglie con leconnesse maggiori esigenze di curasanitarie e socio-assistenziali. La legge 328/00 sul sistema integratodegli interventi e dei servizi sociali e laconseguente modalità di programma-zione concertata e integrata delle poli-tiche sociali e socio-sanitarie territoria-li per la definizione dei piani di zonaesige una accelerazione dell’ organiz-zazione di un'area sociale nella Sanità

che aiuti e garantisca l’auspicata inte-grazione.

INTRODUZIONELo Statuto dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità del 1948 defini-sce il concetto di salute ed afferma cheessa è “uno stato di completo benes-sere fisico, mentale, sociale e non sem-plicemente assenza di malattia”. Inambito europeo viene riconosciutagiuridicamente una ampia gamma didiritti sociali, viene sancita la strettaconnessione ed interdipendenza dellepolitiche sociali con quelle economi-che e sanitarie, quale presuppostoetico-valoriale per l’armonico sviluppodi un Paese. (Pianificazione sulla Salutedella Unione Europea 2009/2013:..)

Questo principio, già presente nellaLegge 833/78, è stato promosso anchedai successivi decreti di riordino delServizio Sanitario Nazionale (Dlgs 502/92e 517/93 e Dlgs 229/99) che, sebbeneabbiano modificato l’impianto originariodel Servizio Sanitario Nazionale, hannomantenuto il tentativo del legislatore diperseguire la tutela della salute in sensoolistico. Oggi questo concetto appare didifficile attuazione, sia in termini di soste-nibilità sotto il profilo economico, siasotto il profilo organizzativo. Il Servizio Sociale nelle Aziende

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Sanitarie ha il com-pito di mettere inrete tutte le risorsepresenti sul terri-

torio, al fine digarantire interventi

integrati e sinergici, svolgendo in talmodo un ruolo di regia dei processisociali in ambito sanitario, facendosipromotore di strategie di razionalizza-zione ed integrazione fra il sistemasanitario e sociale, in un’ ottica di rac-cordo, in forma stabile e continuativa,con le rappresentanze locali del terzosettore.

La consapevolezza del ruolo che laprofessione dell’Assistente Socialesvolge, per realizzare questo concetto,può contribuire in modo decisivo allaprogrammazione aziendale e, pertan-to, si ritiene sia strategica l’attivazio-ne dell’Area di Servizio SocialeProfessionale.

L’AREA di Servizio SocialeProfessionaleIl Servizio Sociale deve essere unastruttura organizzativa e funzionaledell’Azienda Sanitaria da prevederenel Piano strategico di riqualificazionedell’assistenza e di riequilibrio econo-mico-finanziario (P.R.R.) e nell’AttoAziendale; opera in sinergia con laDirezione Sanitaria ed Amministrativaper realizzare gli obiettivi del P.S.S.R. edella Pianificazione StrategicaAziendale.L’Area di Servizio Sociale Professionaledeve essere costituita in staff alla

Direzione d’Azienda;

Le A.S.L., A.S.O., A.O.U., nel formularel’Atto Aziendale, istituiscono l’Area diServizio Sociale Professionale in rap-porto alla tipologia aziendale ed ospe-daliera, attraverso la costituzione diunità operative di Servizio Sociale,qualificate come unità organizzative,complesse o semplici. Ad essa afferi-sce il personale appartenente al profi-lo della professione di AssistenteSociale in tre diversi profili: A.S.Dirigente, Collaboratore professionalea.s. esperto; a.s. Collaboratore .

L’area del S.S.P. nelle aziende Sanitariee Ospedaliere va intesa come strutturacomplessa in cui si prevedono artico-lazioni in ogni Distretto, Dipartimentodi salute mentale e Dipendenze pato-logiche e nelle strutture SovraDistrettuali della Riabilitazione, cioè intutte le strutture in cui sono previsteprestazioni ad alta integrazione socio-sanitaria.

La Struttura di Servizio SocialeProfessionale permette di realizzareun modello di intervento basato su unconcetto multidimensionale ed inte-grato di salute, grazie alla specificitàprofessionale insita nella formazionedell’Assistente sociale (Laurea trienna-le, Laurea Specialistica, Master specifi-ci) ed alla capacità propria della pro-fessione di mettere in connessionetutti i settori del Welfare, in conformitàagli obiettivi di integrazione Ospedale eTerritorio del recente Piano Socio-Sanitario.

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Punti qualificanti di un moderno siste-ma di servizi sanitari e socio-sanitaridivengono oggi:• l’unicità della persona che sottendeun lavoro di tipo multidisciplinare, e ladomiciliarità, che pone l’accento sulterritorio piuttosto che nell’ospedale(o strutture ospedaliere);• la continuità assistenziale, (organiz-zando un Servizio Sociale in rete chepossa implementare i processi di inte-grazione socio-sanitaria atti a garanti-re continuità assistenziale ai cittadini,offrendo risposte efficaci ed efficientialle loro problematiche sociali, cheemergono quotidianamente);• il lavoro integrato, che sposta il para-digma dal disagio all’agio, e che sup-porta anche un intervento di tipo pre-ventivo nella direzione del benessere,in un’ottica di sviluppo delle comunitàlocali, allo scopo di contribuire allapiena realizzazione quali-quantitativadei processi sanitari e sociali, assu-mendo il ruolo di case-management erappresentando il punto di riferimentoe coordinamento per l’integrazionesocio-sanitaria. • un’informazione efficace e un’acco-glienza personalizzata che possonocontribuire a migliorare il rapporto difiducia dei cittadini nei confronti dell’i-stituzione e dei professionisti.

Presupposti giuridici del S.S.P“Art.7 della legge 251/2000; art. 9Contratto collettivo Nazionale diLavoro del Personale della DirigenzaSanitaria, Professionale 2006/2009”

L’inserimento delServizio SocialeProfessionale, cosìcome indicato nel-l’art.7 della legge251/2000, tranne in alcu-ne regioni, non ha ancora trovatopiena attuazione; solo di recente all’in-terno del Contratto CollettivoNazionale di Lavoro del Personaledella Dirigenza Sanitaria,Professionale, Tecnico edAmministrativa del Servizio SanitarioNazionale (quadriennio normativo2006-2009 e Biennio Economico 2006-2007) per il profilo dell’Assistentesociale è stato previsto l’art. 9 che con-sente di utilizzare la disciplina provvi-soria di cui all’art.42 del CCNL integra-tivo 10 febbraio 2004 per gli incarichidi dirigenza (art. 7 l. 251/00 e successi-ve integrazioni).

La diffusa presenza della figuradell’Assistente sociale nella sanità(attualmente circa 9000 professioni-sti), in particolare nei servizi ad altaintegrazione socio-sanitaria, consentedi garantire interventi di tipo socialeche riguardano aspetti relazionali,affettivi, sociali, di recupero e di reinse-rimento, nonché di tipo preventivoche accompagnano ogni malato.Consente pertanto di proiettarsi inquel concetto di benessere più com-plessivo a cui rimanda il concetto disalute dell’OMS.

LA DIRIGENZA /A.S. Dirigente I requisiti di accesso ai posti di

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fotografia di Gaetano Di Filippo - © 2005

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Dirigente A.S. sono :- Laurea speciali-stica/magistraleclasse 57s o 87/M

(nuovo ordinamento);- Iscrizione alla

Sezione A dell’Albo Professionaledell’Ordine degli Assistenti Sociali,come previsto dalle norme vigenti;

- Esperienza professionale non inferio-re ad anni cinque di servizio effettivocorrispondente nella medesima pro-fessionalità prestato in Enti delServizio Sanitario Nazionale o in quali-fiche funzionali ex 8 e 9 livello, di altrePubbliche Amministrazioni;- Riconoscimento della funzione diCoordinatore di Servizio.

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Segnalazione importante:

REGIONE PIEMONTE - BOLLETTINO UFFICIALE N. 44 DEL 05/11/09Deliberazione della Giunta Regionale 2 novembre 2009, n. 50-12480Linee di indirizzo per lo svolgimento delle funzioni sociali e l'organizzazione del ServizioSociale Aziendale all'interno delle Aziende Sanitarie della Regione Piemonte.

(...) Pertanto è necessario che le Aziende Sanitarie Regionali predisponga-no un proprio modello organizzativo del Servizio Sociale Aziendale,dimensionato rispetto alle necessità, con la previsione di una dotazioneorganica adeguata sotto il profilo quantitativo e con la presenza di figuraprofessionale specifica.

Nell’identificare la soluzione organizzativa ritenuta più confacente allespecifiche esigenze aziendali deve comunque essere assicurata la creazio-ne di una struttura operativa dedicata, che preveda l’identificazione di unAssistente Sociale responsabile.Per consentire l'applicazione del modello organizzativo, le AziendeSanitarie Regionali dovranno comunque garantire al Servizio SocialeAziendale:- l’assistente sociale responsabile- le risorse professionali,- le risorse tecnico-strumentali e amministrative.

Si rimanda per la consultazione, al documento completo reperibile nei siti Internet della Regione Piemonte(http://www.regione.piemonte.it), del Consiglio Nazionale (http://www.cnoas.it) e dell’Ordine regionale(http://www.oaspiemonte.org).

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Pacchetto Sicurezza; L. 15 luglio 2009, n. 94Le azioni del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali

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30 Giugno 2009Documento congiunto ANM-CNOAS sul Pacchetto sicurezza.

5 Agosto 2009Commissione Etica esprime disapprovazione: estratto del verbale.

7 Agosto 2009Comunicato stampa a seguito dell’approvazione del “Pacchetto Sicurezza”,in cui si invita a non procedere con eventuali aperture di procedimentidisciplinari per i colleghi Assistenti sociali, che fossero perseguiti penal-mente per non aver assolto all’obbligo di denuncia del reato di clandesti-nità, in veste di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

15 settembre 2009Invio del quesito sull’Obbligo di denuncia ai Ministeri dell’Interno e dellaGiustizia.

Novembre 2009Raccolta di Firme, promossa dall’Ordine degli Assistenti sociali del Friuli V.G.con l’adesione degli altri Ordini regionali in occasioni delle elezioni deinuovi Consigli Regionali. Tale raccolta è ferma al Consiglio Nazionale inattesa di conoscere la decisione dei Ministeri competenti; tutte le firmesaranno pertanto inviate se le richieste non troveranno riscontro.

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Documento sul pacchetto sicurezza

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Il disegno di legge n. 733 del 3 giugno 2008 in materia di sicurezza pubblicacomprende, nel testo approvato alla Camera dei Deputati il 14 maggio 2009,alcuni emendamenti proposti dal Governo. Essi tuttavia lasciano inalterati i pro-fili di criticità rispetto all’interesse dei minori già evidenziati in numerosi docu-menti.

In particolare, il testo licenziato dalle Camere non è stato modificato nella partein cui non consente la registrazione dei figli dei clandestini nell’atto di nascita(modifica all’art. 6, comma 2., T.U. immigrazione, come modificato dall’art. 45lett. F, ora art. 20 lett. F ddl), nonostante il Parlamento fosse stato debitamenteinformato della palese incostituzionalità di tale norma (si richiama, in proposito,il documento dell’associazione dei Giudici Minorili e della Famiglia).

Detta previsione contrasta con il diritto del minore alla propria identità perso-nale (nel quale rientra lo status filiationis) e cittadinanza, che viene riconosciutodall’art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20novembre 1989 e ratificata dall’Italia, la cui limitazione comporterebbe l’esposi-zione dei minori al pericolo di falsi riconoscimenti di terzi e aggiramenti fraudo-lenti della legge sull’adozione. In ogni caso, l’abnorme ed iniqua conseguenzadi tale modifica normativa è che, non potendo il minore essere riconosciutoentro soli dieci giorni, si aprirà automaticamente la procedura di adottabilità.

Sarebbe opportuno prolungare il termine previsto per l’apertura di una proce-dura di adattabilità, al fine di non determinare una impossibilità in concreto diregistrazione dei figli di clandestini nei termini i legge, con il timore che talesituazione, nel tempo, possa indurre le clandestine a partorire senza assistenzaospedaliera con grave rischio per la salute delle donne e dei nascituri destinatia rimanere minori invisibili.Né pare che i lamentati profili di incostituzionalità siano esclusi dal fatto che lamadre e il coniuge possano chiedere un permesso per maternità, ai sensi del-l’art. 19 u.c. lett. D), come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n.376/2000. Invero, è facile prevedere le notevoli difficoltà di ordine burocraticoche i competenti uffici delle questure incontreranno nel valutare istanze corre-date da atti di nascita dai quali non potrà desumersi la paternità e maternità dei

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neonati. Il rapporto di filiazione dovrà essere provato in via indi-retta (per esempio attraverso il certificato di assistenza al parto,a mezzo testimoni etc.), con esiti incerti e la verosimile possibi-lità di un successivo contenzioso in via amministrativa.

La modifica più rilevante è costituita dall’introduzione del reato di“ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (art. 10 bis TU immigra-zione, introdotto dall’art. 1 coma 16 ddl), punito con la pena dell’ammenda, macorredato da sanzioni accessorie (espressa previsione dell’espulsione come san-zione sostitutiva, effetto estintivo del reato dell’avvenuto allontanamento dellostraniero e possibilità di procedere ad espulsione amministrativa anche inassenza di nulla osta dell’autorità giudiziaria procedente), che ne rendono evi-dente la finalità di allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato. LaCommissione rileva in proposito che non è espressamente prevista l’esclusionedei soggetti minorenni dall’ambito applicativo della nuova fattispecie, sebbene,dalle norme costituzionali e convenzionali, dall’arti. 37 bis l.n. 184 del 1983 edall’art. 19 cpv. lett. A) TU immigrazione, si desuma il principio per cui il minorestraniero che si trovi in Italia in condizioni di abbandono non può essere espul-so, ma deve anzi ricevere protezione sulla base della legislazione italiana inmateria di adozione, affidamento e interventi urgenti.

Una lacuna normativa si evidenzia nell’art. 10 bis comma 6, che prevede unacausa di sospensione del procedimento penale, nel caso di presentazione diuna domanda di protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19novembre 2007, n. 251. Tale previsione andrebbe ragionevolmente estesaanche ai permessi rilasciati dal Tribunale per i Minorenni ai sensi dell’art. 31 TUimmigrazione in presenza di situazioni di pregiudizio psico – fisico per i figliminori. Poiché tali domande vengono proposte da soggetti in stato di clande-stinità, si determinerebbe la paradossale conseguenza di imporre ai Tribunaliper i Minorenni di denunciare gli istanti per il reato di immigrazione clandestina.

In conclusione, la Commissione evidenzia che i menzionati emendamentigovernativi, nonostante le numerose sollecitazioni fatte, non hanno apportatoal testo del ‘pacchetto sicurezza’ alcuna modifica a tutela della delicata condizio-ne dei minori stranieri che si trovano nel territorio dello Stato.

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D.ssa Valeria Montaruli D.ssa Franca DenteCommissione Minori Presidente

Associazione NazionaleMagistrati

Consiglio NazionaleOrdine Assistenti Sociali

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L’etica professionalee il pacchetto sicurezzaLuisa Spisni, Presidente Commissione Etica e deontologia professionaleAngela Romano, Commissione Etica e deontologia professionale

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Si prende in esame, quindi, il punto n.4, relativo al “Pacchetto sicurezza”: simettono a fuoco gliaspetti più proble-matici, le iniziativegià prese e i risvolticomplessi che coin-volgono la profes-sione, affrontabili supiù piani ma nonsenza difficoltà.

Si evidenzia l’impor-tanza del documen-to congiunto conl ’ A s s o c i a z i o n eMagistrati e lanecessità di pubbli-cizzare al massimole posizioni e le ini-ziative che via via siprendono.Viene esaminato il materiale, sulla questio-ne in esame, pervenuto dal gruppo diAssistenti sociali della Toscana e da unAssistente sociale di Trento. Si decide di pre-parare subito una nota di risposta.

Continuando nella discussione di alcu-ni punti, si decide unanimemente di

preparare un comu-nicato (in allegato).Detto comunicato,previo invio per viatelematica ai consi-glieri dell’OrdineNazionale per laloro eventualea p p r o v a z i o n e ,sarà poi pubblica-to sul sito internete trasmesso aiCROAS.

Il comunicato con-terrà una nota diraccomandazione,indirizzata a questiultimi, affinché

non vengano avviati procedimentidisciplinari contro colleghi even-tualmente segnalati per reato diomessa segnalazione di presenza diimmigrati clandestini.

Stralcio del verbale della Commissione Etica e Deontologia professionale, Roma, 05 agosto 2009

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L’Ordine degli Assistenti Sociali continuala sua opposizione al pacchetto sicurezzaComunicato Stampa - Roma, 7 agosto 2009

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Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti socialicontinua la sua pressione istituzionale a diversi livelliper individuare forme di tutela contestuale dei profes-sionisti assistenti sociali e dei diritti degli utenti soggettialle misure previste dal provvedimento in materia diimmigrazione clandestina.

In attesa che tali iniziative portino alla definizione disoluzioni concrete nella direzione auspicata, si racco-manda ai Consigli regionali dell’Ordine di non avviareprocedimenti disciplinari nei confronti di assistentisociali iscritti all’Albo professionale che fossero perse-guiti penalmente per non aver assolto all’obbligo didenuncia del reato di clandestinità, nella loro veste dipubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.

La PresidenteFranca Dente

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Nel mese di agosto sono entrate invigore le disposizioni della Legge 15luglio 2009, n. 94, recante “Disposizioni inmateria di sicurezza pubblica”, e pub-blicata sulla Gazzetta Ufficiale, SerieGenerale, n. 170 del 24 luglio 2009,Supplemento ordinario n. 128.Si tratta di una normativa ampia edarticolata, e, in alcuni passaggi, di diffi-cile interpretazione, tanto che lo stes-so Dicastero dell’Interno ha ritenuto diadottare una circolare esplicativadiretta a tutti i Prefetti dellaRepubblica (circolare del Gabinettodel Ministro 5 agosto 2009, n.11001/118/5).

Particolare preoccupazione suscita laintroduzione del reato di immigrazio-ne clandestina e la possibilità di confi-gurare o meno la sussistenza di unobbligo di denunzia in capo all’assi-stente sociale - dipendente pubblico.Per un verso, infatti, si può osservareche un tale obbligo non è espressa-mente previsto dalla legge 94; peraltro verso lo stesso obbligo parepotersi desumere dalla mera introdu-zione del reato suddetto, a fronte dellenorme penali che incriminano la con-dotta del pubblico ufficiale o incarica-to di pubblico che omette o ritarda didenunciare all'autorità giudiziaria, oad un'altra autorità che a quella abbia

obbligo di riferirne, un reato di cui haavuto notizia nell'esercizio o a causadelle sue funzioni o del servizio (artt.361 e 362 cp).

Sarebbe pertanto assai opportuno cheil Ministero degli interni si esprimesseufficialmente sulla vigenza o menodell’obbligo di denunzia, alla luce dellalegislazione appena introdotta.Non mancano argomenti, peraltro, perritenere che un siffatto obbligo non siaconfigurabile. Tali argomenti riposanosulla necessità di interpretare le normevigenti in senso conforme allaCostituzione della Repubblica, perquanto possibile. Ed infatti assai con-creto si porrebbe il rischio di integrareuna violazione della legalità costitu-zionale ove dovesse invece ritenersi,da parte del Ministero, che l’obbligo didenunzia sussista.

L’art. 35 comma 5 del TU sull’immigra-zione, dispone che “l’accesso alle strut-ture sanitarie da parte dello stranieronon in regola con le norme sul sog-giorno non può comportare alcun tipodi segnalazione all’autorità, salvo i casiin cui sia obbligatorio il referto, aparità di condizioni con il cittadino ita-liano”. Tale disposizione è rimastainvariata anche con l’adozione dellalegge 94 del 2009.

Pacchetto sicurezza.Quesito ai Ministeri dell’Internoe della Giustizia

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In verità, nel corso dei lavori parla-mentari, era stato presentato unemendamento che disponeva l’abro-gazione di tale norma. Ne sarebberisultata, secondo alcuni, la piena sog-gezione del medico pubblico ufficialeall’obbligo di denunzia; secondo altri,la mera facoltà del medico di effettua-re la denunzia. La questione è oggi irri-levante, a causa della mancata abroga-zione del principio descritto, che devepertanto ritenersi pienamente vigen-te. Da tale principio dovrebbe derivarela non soggezione del medico all’ob-bligo di denunzia.

Quid iuris per l’Assistente sociale? Unaesegesi costituzionalmente conformedella disposizione in parola dovrebbeprobabilmente condurre ad una inter-pretazione della nozione di strutturasanitaria ampia, tale da ricomprendereanche le strutture che prestano servizidi assistenza sociale, oltre ovviamentealle strutture che prestano assistenzamedica.

In caso contrario, infatti, la legge94/2009 potrebbe essere considerataincostituzionale in quanto, pur intro-ducendo il nuovo reato di immigrazio-ne clandestina, non ha ritenuto diampliare la portata applicativa dell’art.35, comma 5, TU cit., ricomprendendo-vi anche strutture ed operatori chespesso vengono a contatto con immi-grati clandestini, nel quadro di una“professione di aiuto” direttamentechiamata ad offrire prestazioni di assi-stenza correlate al necessario rispetto

della dignità umana.

Ulteriore profilo dii n c o s t i t u z i o n a l i t àsarebbe integrato dal-l’evidente disparità ditrattamento operata dal legislatorecon riferimento alle categorie profes-sionali dei medici (sottratti all’obbligo)e degli Assistenti sociali (soggettiall’obbligo).

Merita inoltre attenzione l’art. 1,comma 22, lett. g) della legge n.94/2009, che all’atto di modificare il TUsull’immigrazione, introduce: "l'obbli-go di esibire il permesso di soggiornoagli uffici pubblici ai fini del rilascio dilicenze, autorizzazioni, iscrizioni edaltri provvedimenti di interesse dellostraniero comunque denominati, fattaeccezione per i provvedimenti ineren-ti all'accesso alle prestazioni sanitarie eper quelli attinenti alle prestazioni sco-lastiche obbligatorie, nonché alle atti-vità sportive e ricreative a caratteretemporaneo”. La disposizione mira evidentemente aprovocare la emersione della condizio-ne di clandestinità in occasione deicontatti dell’immigrato con strutturepubbliche; dalla mancata esibizionedel permesso di soggiorno il pubblicoufficiale o l’incaricato di pubblico ser-vizio dovrebbero desumere la sussi-stenza del reato di immigrazione clan-destina e provvedere alla denunzia aisensi dell’art. 361 o dell’art. 362 cp.

Sono espressamente esclusi i provve-

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dimenti inerentil’accesso alle pre-stazioni sanitarie:da ciò parrebbe

derivare che sussistainvece l’obbligo di esi-

bire il permesso di soggiorno per l’ac-cesso alle prestazioni di assistenzasociale. Il che appare invero sconcer-tante non solo e non tanto perché lalegge fa salvi espressamente i provve-dimenti inerenti all’accesso alle presta-zioni sanitarie e quelli relativi alle pre-stazioni scolastiche obbligatorie, maperché fa salvi pure i provvedimentiattinenti alle attività sportive e ricreati-ve a carattere temporaneo.

I profili di incostituzionalità per irra-gionevolezza della scelta normativapaiono essere almeno due:

a) per un verso la norma appare viola-re il principio di ragionevolezza perchémanca di estendere l’esenzione dal-l’obbligo di esibizione del permesso disoggiorno anche alle domande diaccesso ai servizi di assistenza sociale,pur prevedendo un regime di favoreper le prestazioni sanitarie e scolasti-che; in questo caso la irragionevolezzaconsiste nel non avere esteso anchealle prestazioni di assistenza sociale,previste al fine di sanare gravi condi-zioni di degrado e/o di disagio sociale,il regime di particolare favore accorda-to a favore dell’accesso a servizi di ana-loga rilevanza (il servizio sanitarionazionale e il servizio scolastico);b) per altro verso appare viziato da

illogicità il giudizio compiuto dal legi-slatore, che non chiede il permesso disoggiorno all’immigrato allorquandoquesti cerchi di accedere alle attivitàsportive e ricreative, mentre parrebbechiederlo per l’accesso alle prestazionidi assistenza sociale, le quali provve-dono a soddisfare bisogni ragionevol-mente più gravi ed urgenti del biso-gno di svolgere attività sportiva oricreativa; in questo caso il legislatorepare aver trattato in modo irragione-vole due fattispecie che meritavanoun ben diverso trattamento.

Anche dalla esegesi condotta sulladisposizione da ultimo descritta paio-no dunque rilevarsi elementi a soste-gno della tesi della insussistenza di unobbligo di denunzia in capo all’assi-stente sociale, a meno di non ritenerela legge 94/2009 affetta da molteplicivizi di illegittimità costituzionale. Inogni caso, dal quadro descritto nonpuò non emergere la complessità del-l’impianto normativo, e la necessità diun pronunciamento dell’Amministrazionedell’Interno, onde soddisfare la primariaesigenza di esatta conoscenza delquadro normativo vigente, al fine diassicurare agli operatori tutti, e perquanto qui di interesse, agli Assistentisociali, la piena consapevolezza delleeventuali responsabilità nelle qualipossono incorrere nello svolgimentodelle proprie mansioni.

Inutile soffermarsi, ovviamente, sul carat-tere di urgenza che tale richiesta di chiari-mento presenta: appare infatti quanto

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mai necessario fugare dubbi e fornireagli Assistenti sociali un quadro chiarodegli eventuali nuovi obblighi impostida una legge già in vigore.

Ci pare peraltro che tale esigenza nonpossa che essere condivisa dalMinistero dell’Interno, e cioèdall’Amministrazione competente adassicurare alla nuova legge una appli-cazione efficace ed omogenea in tuttoil territorio nazionale.

Alla luce delle considerazioni espresse,

si richiede pertanto ac o d e s t aAmministrazione divoler chiarire – trami-te circolare od altroatto ritenuto opportuno- se, alla luce delle disposizioni intro-dotte dalla legge n. 94/2009, sussistanell’ordinamento vigente un obbligodi denunzia in capo all’assistentesociale che, in ragione del suo ufficio odello svolgimento del proprio servizio,entri in contatto con un immigratoclandestino.

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fotografia di Gaetano D

i Filippo - © 2005

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Nel mese di giugno 2009, con la realiz-zazione della terza missione (20 mag-gio-3 giugno 2009) si è concluso il pro-getto di cooperazione internazionalein Guinea da parte dell’ATI (AssistenzaTecnica Internazionale, FiorellaCapasso della CLMC e Silvana Tonondel CNOAS in qualità di esperti), pro-getto teso a promuovere la formazio-ne di assistenti sociali in quella regio-ne nell’ambito deiprogrammi condot-ti dal FOGUIRED(Fondo Guineano eItaliano di Riduzionedel Debito).Nelle note già pub-blicate nel notizia-rio del ConsiglioN a z i o n a l ed e l l ’ O r d i n e(n.1/2007; n.2/2007; n.1/2008) sisono illustrate le finalità e le caratte-ristiche del progetto, le attività e iproblemi incontrati nelle prime duemissioni (agosto 2007; gennaio2008).Con queste brevi considerazioni,oltre che riferire della terza missio-ne, offriamo qualche spunto di valu-tazione e riflessione sull’esperienza,anche alla luce degli ultimi dramma-tici eventi che hanno interessato laGuinea.

La terza missione si sarebbe dovuta rea-lizzare nei mesi di giugno/luglio del2008, per permettere ai docenti selezio-nati di ricevere una prima formazione(cui sarebbe seguito un programma diformazione a distanza) così da iniziare leattività didattiche nel mese di ottobre. Nella primavera 2008 (poco dopo laconclusione della seconda missione)vi sono stati in Guinea, in particolare

nella capitaleConakry, una seriedi sommovimentipolitici che sconsi-gliavano la presen-za di cittadini stra-nieri, non potendogarantire la loroincolumità. A frontedi questa situazioneil CNOAS/CLMC, in

accordo con gli enti di riferimento gui-neani (in particolare il Foguired e ilCenafod), hanno programmato lavenuta in Italia di due docenti di servi-zio sociale, organizzando per loro uncorso di formazione su temi “fondanti”per il servizio sociale, con la disponibi-lità e l’apporto dei consiglieri naziona-li dell’Ordine, docenti presso le univer-sità italiane. Il programma prevedevainoltre, con la collaborazionedell’Ordine regionale del Lazio, la visi-ta ad alcuni servizi di Roma (un centro

Guinea. Esiti della terza missionee conclusione del progettoSilvana Tonon Giraldo, Presidente della Commissione Politiche dellaformazione, responsabile del progetto Guinea per il Consiglio Nazionale

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di salute mentale, ilservizio pressouna municipalità,altri da definire) e

incontri con assi-stenti sociali, al fine di

far conoscere ambiti e modalità diintervento del servizio sociale italiano.Il programma copriva la presenza inItalia dei due docenti per quindicigiorni, con spese a totale carico delFoguired.

La richiesta del visto per l’Italia, rivoltaall’ambasciata italiana di Dakar nelSenegal, (che funge da ambasciata perl’intera sub-regione), ha ricevuto, perben due volte, risposta negativa, dopocontrattazioni e ritardi inspiegabili epretestuosi. A fronte di queste diffi-coltà si è reso necessario rinunciare alprogramma e ripensare alla presenzadei due esperti ATI in Guinea per unaterza missione.Ma un nuovo, grave, evento è interve-nuto, rendendo difficile la missione:nel dicembre 2008, alla morte percause naturali del presidente dellaGuinea, generale Lansana Conté, ungruppo di 27 militari costituivano ilConseil national pour la démocratie etle développement (CNDD) e il loroportavoce, capitano Moussa DadisCamara, dopo qualche giorno, venivanominato dal CNDD Presidente e Capodello Stato. Il CNDD prometteva nuoveelezioni, Dadis annunciava che nonsarebbe stato candidato, avviava unalotta ai narcotrafficanti che usavano laGuinea come piattaforma per

l’Europa, vantava di poter risolvere igravi problemi economici del paese.A fronte del colpo di stato la CLMC ( eil CNOAS per il progetto PPF/06 di for-mazione al servizio sociale) hannobloccato qualsiasi attività di collabora-zione con la Guinea, non potendo sus-sistere programmi di sviluppo, coope-razione, promozione di diritti ove sononegati i fondamentali diritti di libertà.Cenafod e gli altri organismi reagironoal blocco quasi con irritazione, mini-mizzando il pericolo per la democraziarappresentato dal colpo di stato, spe-rando che i militari riportassero lalegalità costantemente violata daldefunto presidente; sollecitaronoCLMC/ CNOAS a realizzare la terza mis-sione. E’ solo dopo rassicurazioni,anche a livello internazionale, che alpiù presto sarebbero state organizzateelezioni libere, che si confermò la terzamissione dal 20 maggio al 3 giugno2009.

La terza missione.Un’ attenta analisi degli esiti delle mis-sioni precedenti, la persistente diffi-coltà, specie da parte degli organismistatali, di dare attuazione a quantoconcordato sin dalla prima missione(scelta definitiva della sede, riconosci-mento del titolo di assistente socialeda parte del ministero della Funzionepubblica, impegni finanziari per glistudenti, etc.) il contesto di grave tur-bolenza politica presente nel paese,consiglia di caratterizzare la missionesotto il profilo squisitamente tecnico. Nella proposta inviata dall’ATI nel feb-

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braio 2009 al Cenafod ( l’organizzazio-ne non governativa di riferimento perla parte organizzativa della missione),si indicano i seguenti obiettivi: 1) tra-smettere conoscenze approfondite epartecipate su alcuni punti significati-vi dei programmi di servizio socialediscussi e concordati nella secondamissione; 2) analizzare, con i responsa-bili degli stage, le esperienze di stagerealizzate,le modalità di accompagna-mento, al fine di evidenziare e rinfor-zare il collegamento con gli insegna-menti teorici, in particolare di serviziosociale; 3) definire un eventuale pro-gramma di formazione a distanza per idocenti di servizio sociale; 4) favorirelo sviluppo dell’Associazioni dei giova-ni assistenti sociali (NAJASOGUI), pro-muovendo rapporti con altri organi-smi professionali internazionali.Per la realizzazione di questi obiettivi,l’ATI chiedeva la partecipazione attivadei docenti nell’indicare caratteristi-che e problemi incontrati nella loroesperienza di docenza, nonché unapresenza continuativa alle iniziativeche si andavano programmando. Suquesti punti, il Cenafod diede il pro-prio assenso garantendo che la mis-sione si sarebbe realizzata con lemodalità auspicate.

In realtà ciò non è avvenuto per pro-blemi organizzativi, per la presenzasaltuaria di alcuni docenti, per il con-trasto persistente su chi fosse ”autoriz-zato” e non a seguire il corso, per i dif-ficili rapporti tra il Cenafod e gli orga-nismi statali, in particolare il Ministero

degli Affari Sociali, tesoa “inglobare” il pro-getto orientandolosecondo interessipropri. Mediazioni eprese di posizione sullanecessità di rispettare alcuni punti fermidel progetto, si sono alternate per tutta ladurata della missione, i cui esiti risultano,allo stato, difficili da valutare.

Nonostante le molte difficoltà checostringevano a “ripensare” quotidia-namente all’organizzazione delle gior-nate di formazione, ci sembra che l’a-vere insistito su alcuni aspetti fondan-ti della professione, possa aver contri-buito (per i docenti interessati a utiliz-zare al meglio la missione e il gruppodi studenti e responsabili degli stagecui abbiamo garantito la presenza) adelineare la figura professionale del-l’assistente sociale., da loro vista, per-lopiù, come “la persona”buona” che sifa carico di tutti i problemi delle perso-ne (materiali e non) senza alcun rap-porto con eventuali servizi, senzaalcun mandato istituzionale.

Nei lavori di gruppo e nelle simulazio-ni proposte, era costante l’ immaginedi una professione “onnipotente” e“solitaria”, senza alcun riferimento adun contesto politico-organizzativo,“ricca” di buoni sentimenti, ma non diconoscenze “forti”, e di un sistema divalori, principi, atteggiamenti capacidi orientare il proprio lavoro in unaprospettiva di promozione ed emanci-pazione sociale.

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E’ stato utile richia-mare “la dichiara-zione universale

dei diritti dell’uo-mo” cui si ispira la

“carta etica nel lavoro sociale” appro-vata dalle federazioni internazionalidegli assistenti sociali e delle scuole,cui si ispirano i codici etici nazionali, lediverse forme di risposta ai problemisociali, l’operare all’interno di politichesociali, sia pure di diversa connotazio-ne, rispetto alle quali ha senso il lavorosociale, oltre ad aspetti storici, meto-dologici, competenze e funzioni con-solidate del servizio sociale. Nei lavoridi gruppo sono risultati particolar-mente interessanti i collegamenti traquadri teorici generali e il contestopolitico, economico, sociale guineano,l’individuazione dei problemi preva-lenti, la constatazione della drammati-ca assenza di interventi, in termini diservizi e prestazioni, di tipo universali-stico, diffusi nel territorio.

Quali conclusioni e valutazioni trarrequindi, rispetto alla terza missione eall’insieme del progetto?

Se consideriamo singoli attori (uncerto numero di docenti, specie quellidella scuola di Kindia che continua afunzionare con personale docenteprecario, cui non è garantita alcunaprosecuzione nella futura scuola diConakry; un gruppo di studenti; alcuniresponsabili di stage) possiamo direche la missione ha contribuito a pro-

spettare loro nuovi orizzonti teorici eprofessionali, ha stimolato lo studio el’approfondimento, li ha confermatinelle scelte professionali. Alla finedella terza missione, al gruppo didocenti di Kindia abbiamo lasciato piùdi una ventina di testi (di serviziosociale, di psicologia, di ricerca) omag-gio dell’Asnass (in misura prevalente) edel Cnoas come stimolo a proseguirenella loro personale preparazione, nonessendo stato possibile, in terminiconcreti, prevedere un programma diformazione a distanza.Più complesso capire quale esito ha avutoil progetto PPF/06 rispetto agli obiettividati, stante i molti elementi strutturali chehanno inciso sull’andamento e sull’esitodel progetto medesimo.

Ne elenco alcuni:- la difficile collaborazione tra gli orga-nismi statali (in particolare il Ministerodegli Affari Sociali) e il Cenafod. Ciò hareso difficile il lavoro dell’ATI, ritardatoe ridotto nel tempo, il lavoro con idocenti e gli studenti, e, soprattutto,ha fatto sì che fosse realizzata in modoparziale quella collaborazione tra pub-blico e privato, che rappresentava peril Foguired, l’obiettivo qualificante delprogetto;- la volontà del Ministero degli AffariSociali, di creare una “propria” scuola,dando un ruolo egemone ai funzionaridel ministero e/o a persone vicine. Di quii tentativi di esclusione nel progetto for-mativo dei docenti di Kindia (per lo piùdipendenti del Ministero della Sanità),dei giovani studenti usciti dalla scuola di

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Kindia, dei responsabili degli stage;- la debolezza tecnica e politica delCenafod, la graduale uscita di scenadel Foguired, soprattutto sotto il profi-lo finanziario, per aver concluso il suomandato in Guinea. Di qui la ricerca dinuovi enti finanziatori (l’Unicef in pri-mis), indipendentemente da una valu-tazione degli esiti del progetto e dallanecessità di accompagnare, di soste-nere quanto formalmente concordato.

Ma sullo sfondo vi sono i problemigravissimi che, continuano a segnarequesto martoriato paese: i vari som-movimenti politici, il colpo di stato deldicembre 2008, evidentemente noncosì “neutro” come la volontà di cam-biamento della popolazione facevasperare.

Quanto è successo il 28 settembre nellostadio di Conakry, dove pacificamentedimostravano cittadini inermi contro la

decisione di DadisCamara di presentarsialle elezioni politiche,lascia annichiliti, scon-volge ogni nostra cer-tezza. I 157 morti, i moltis-simi feriti, le donne stuprate, le “scuse” diDadis Camara e nessun militare con-dannato, annullano ogni altro proble-ma, perché è il valore della vita, dei dirit-ti fondamentali dei cittadini che inGuinea sono costantemente violati.

Il dr. Sow, uno straordinario medico chedirige una ONG guineana che si occupadell’assistenza ai malati di mente, inrisposta alle tante mail che gli sono per-venute dall’Italia, nel “raccontare i fatti”,conclude la sua lettera così “Nous gar-dons le contact et espérons que la com-munauté internazionale (les grandespuissances) ne va pas nous abandonnerà cette période cruciale. Vous faites partiedes meilleurs messagers”.

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Fiorella Capasso e Silvana Tonon Giraldo con la responsabile locale del progetto (al centro), M.me ...

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La formazione continua degli Assistentisociali e degli Assistenti sociali specialisti

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Premessa

La formazione continua è un attodovuto, in ottemperanza a quantoprevisto dal Codice deontologico edalla normativa comunitaria. Ma, inuna logica di supporto della professio-ne è anche un’opportunità da cogliere.E’ uno strumento professionale ingrado di fornire risposte alle crescentidifficoltà degli assistenti socialiimmersi in una realtà sociale semprepiù complessa, con un'organizzazionedei servizi ormai sempre più esterna-lizzata e davanti a scelte politiche enormative che sempre più si distacca-no da obiettivi di inclusione e ugua-glianza sociale.

L' elaborazione del regolamento, che èstato approvato il 24.10.2009, è il frut-to di un confronto durato quasi dueanni fra il Consiglio Nazionale e quelliRegionali.

L'attivazione della Formazione conti-nua prevede un periodo sperimentaledi tre anni 2010-2012 allo scopo di

verificarne la sostenibilità, la tenuta,eventuali criticità e di apportare inecessari correttivi.

Per non pesare in modo eccessivo suiprofessionisti dal punto di vista econo-mico, si è previsto sia il dovere per gliOrdini Regionali di favorire la forma-zione gratuita, al fine di consentire aciascun iscritto l'adempimento del-l'obbligo formativo, sia il riconosci-mento delle iniziative formative orga-nizzate dall'ente di cui il professionistaè dipendente.

In quest'ottica si è previsto anche ilriconoscimento, in termini di creditiformativi, di attività quali la supervisio-ne didattica, la partecipazione allecommissioni per gli esami di Stato, agruppi di lavoro o commissioni orga-nizzati dall'Ordine o da altri organismirappresentativi della professione.

Sono infine in fase di elaborazione lelinee guida che renderanno operativoil regolamento.

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Regolamento per la formazione continua degli Assistenti socialie degli Assistenti sociali specialistiApprovato dal Consiglio Nazionalenella seduta del 24 ottobre 2009

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IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEGLI ASSISTENTI SOCIALI

considerato

- che all’Ordine degli Assistenti sociali è affidato il compito di tutelare il correttoesercizio della professione e di garantire la competenza e la professionalità deipropri iscritti nell’interesse della collettività;

- che, in particolare, al Consiglio nazionale dell’Ordine gli Assistenti sociali (diseguito denominato CNOAS) è attribuita dalla legge la determinazione dei prin-cipi e delle norme della deontologia professionale;

- che i mutamenti in atto nel sistema dei servizi alla persona - sotto il profilo nor-mativo, organizzativo e gestionale -, e la varietà e complessità dei problemi cuiil sistema è chiamato nel rispetto e tutela dei diritti delle persone pongono inparticolare rilievo la necessità di prefigurare azioni continuative tese ad alimen-tare conoscenze, competenze, abilità dei professionisti chiamati ad interveniresul disagio, che operano nel sistema stesso;

- che la formazione continua sostiene e migliora le competenze professionalianche promuovendo processi di riflessività critica e di innovazione;

- che agli artt. 18, 51, 54 del Codice deontologico della professione di assistentesociale si prescrive ai professionisti il dovere di competenza e l’obbligo di richie-dere attività di aggiornamento e formazione permanente;

- che la normativa comunitaria richiama la necessità di adeguate conoscenze edi competenze da aggiornare ed arricchire periodicamente;

- che l’intensità e la qualità specifica della formazione e dell’aggiornamento

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variano in rapporto al settore di esercizio dell’attività professio-nale, al livello di complessità degli interventi, ai due profili diassistente sociale e assistente sociale specialista;

ha approvato il seguente

REGOLAMENTOPER LA FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA

Articolo 1Obiettivi

Gli obiettivi formativi sono:

- rafforzare abilità tecnico professionali in ordine al lavoro con le persone, i grup-pi, la comunità; allo studio, alla lettura del disagio sociale e delle metodologie diintervento di servizio sociale;

- favorire l’acquisizione di abilità tecnico–professionali in ordine a ruoli di dire-zione, coordinamento, gestione e all’esercizio di compiti di programmazione,progettazione, valutazione;

- acquisire conoscenze aggiornate in ordine ai mutamenti in atto nel sistemadelle politiche sociali sotto il profilo culturale, giuridico, istituzionale, ammini-strativo;

- promuovere conoscenze multidisciplinari in ordine ai fenomeni sociali di mag-giore interesse per i servizi alla persona e alla loro incidenza sulle persone, lefamiglie, la collettività;

- favorire processi di integrazione tra istituzioni, servizi e professionisti e con altriattori sociali, individuandone le modalità e le tecniche più efficaci;

- rafforzare conoscenze e abilità nella valutazione della qualità degli interventi edei servizi e di promozione dell’eccellenza;

- favorire processi di studio e di ricerca su modelli innovativi di intervento.

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Articolo 2Formazione professionale continua

1.- Con l’espressione formazione professionale continua siintende ogni attività di accrescimento ed approfondimento

delle conoscenze e delle competenze professionali nonché illoro aggiornamento.

2.- L’assistente sociale e l’assistente sociale specialista (di seguito indicati assi-stenti sociali) iscritti all’Albo hanno l’obbligo di mantenere e aggiornare la pro-pria preparazione professionale.

3.- A tal fine, essi hanno il dovere di partecipare alle attività di formazione pro-fessionale continua disciplinate dal presente regolamento, secondo le modalitàindicate.

4.- L’adempimento di tale dovere è condizione per assolvere agli obblighi pro-fessionali e deontologici, con riferimento prevalente agli ambiti di esercizio del-l’attività professionale dell’iscritto all’Albo.

Articolo 3Modalità

1.- L’obbligo di formazione decorre dal 1 gennaio dell’anno solare successivo aquello di iscrizione all’Albo, con facoltà per l’interessato di chiedere ed ottenereil riconoscimento di crediti formativi maturati, su base non obbligatoria ma inconformità alle previsioni del presente regolamento, nel periodo intercorrentefra la data d’iscrizione all’Albo e l’inizio dell’obbligo formativo. L’anno formativo coincide con quello solare.

2.- Il periodo di valutazione della formazione continua ha durata triennale.L’unità di misura della formazione continua è il credito formativo.

4.- Ogni iscritto deve conseguire nel triennio almeno n. 60 crediti formativi, chesono attribuiti secondo i criteri indicati nei successivi articoli, nella misura di nonmeno di 15 crediti all’anno.

5.- Un credito corrisponde a 5 ore di attività formativa.

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5.- Gli eventi e le attività formative in relazione ai settori di atti-vità professionale esercitata sono scelti liberamene dagli iscrit-ti con il vincolo di almeno n. 5 crediti formativi nel triennio perattività ed eventi formativi concernenti l’ordinamento profes-sionale e la deontologia.

Art.4Abilitazione all’attività formativa continua

1.- Il CNOAS è preposto alla validazione delle agenzie e dei professionisti che sipropongono nel mercato come erogatori di azioni finalizzate alla formazionecontinua dei professionisti assistenti sociali operanti nelle diverse aree e orga-nizzazioni sia pubbliche che private.

2.- E’ istituito presso il CNOAS il registro delle agenzie e il registro dei professio-nisti abilitati allo svolgimento delle attività formative.

3.- Il riconoscimento dell’agenzia formativa/professionista avviene sulla base direquisiti individuati dal CNOAS prescindendo dai quali il riconoscimento nonviene accordato, nonché della garanzia nel tempo della qualità delle prestazio-ni, soggetta a verifica periodica degli accreditati, degli standard e della qualitàdelle prestazioni.

4.- Sono iscritti al registro delle agenzie di formazione continua enti pubblici oprivati, società scientifiche, fondazioni, istituti e associazioni private che preve-dano:

- nelle finalità costitutive e/o statutarie, anche una tra le funzioni di ricerca,formazione, approfondimento, progettualità o erogazione di prestazioni nel-l’area sociale campo socio-assistenziale; - dispongano o si avvalgono di strutture accreditate sotto il profilo strutturale;- siano in possesso dei seguenti requisiti di qualità:

Requisiti:

Strutturali e tecnologici: sede fisica idonea alla docenza (sale didattiche, salet-te per lavori di gruppo), strumenti e presidi per agevolare l’esposizione el’apprendimento (lavagne luminose, proiezioni, sito web, forum per quesiti eapprofondimenti), strumenti per la riproduzione di materiale (fotocopiatri-ce, PC e stampanti, masterizzatore), biblioteca.

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Organizzativi: organizzazione su base nazionale, servizi disegreteria e tutoraggio, organo di stampa, sistema di comu-nicazione telematico con personale addetto.

Scientifici: pregresse attività formative comprovanti competen-za nella metodologia didattica e nella progettazione formativa; docenti conspecifica preparazione ed esperienza di formazione nell’area sociale con cur-riculum documentato; docenti di discipline di servizio sociale, assistentisociali di comprovata esperienza professionale ed esperti in formazione spe-cifica con curriculum documentato; bibliografia di supporto, materialedidattico; staff di consulenza costituito da professionisti assistenti sociali enon, in possesso di comprovata esperienza in campi specifici.

Metodologici: analisi del bisogno formativo, lezioni teoriche, lavori di grup-po, sperimentazioni, applicazione specifica in situazione, supervisione resi-denziale o a distanza.

Valutativi: questionario sulle aspettative (inizio corso), questionario sul gra-dimento (fine corso) e sull’apprendimento, questionario sull’impatto (atempo), elaborazione periodica dei dati sui questionari.

5.- Sono iscritti al registro dei formatori di servizio sociale professionisti cherispondano ai seguenti requisiti:

- assistenti sociali iscritti all’Albo con comprovata e documentata esperienza- nel settore della formazione;- i docenti universitari iscritti all’Ordine degli Assistenti sociali;- formatori e docenti universitari nei settori delle politiche sociali, nell’orga-nizzazione dei servizi sociali e sociosanitari; - professionisti esterni alla professione, con comprovata e documentataesperienza di attività rivolte ad assistenti sociali.

6.- Il CNOAS è tenuto a:- effettuare il controllo dell’osservanza dei criteri stabiliti per l’accreditamen-to e il possesso dei requisiti ogni 2 anni;- aggiornare periodicamente (almeno ogni 3 anni) i criteri e i requisiti diaccreditamento per renderli rispondenti alle esigenze di miglioramento qua-litativo in materia di formazione professionale degli assistenti sociali;- mantenere un costante rapporto con la comunità professionale per recepi-re le esigenze formative e di aggiornamento e condividere principi e meto-

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dologie del servizio sociale nella sua continua evoluzione;- favorire l’apprendimento e l’adozione di linee guida opera-tive di cui sia stata sperimentata la validità di risultato;- monitorare il livello qualitativo della formazione erogata dalleagenzie;- favorire la circolazione delle informazioni sulle opportunità forma-tive e di aggiornamento qualitativamente riconosciuto attraverso un elenco delleagenzie accreditate.

7.- Accreditamento degli eventi e delle attività formative

7.a Appartiene alla competenza del Consiglio Nazionale l’accreditamento dieventi da svolgersi all’estero che siano organizzati da organismi stranieriovvero – a richiesta dei soggetti organizzatori - quelli che prevedono la ripe-tizione di identici programmi a livello nazionale o in più circondari; Appartiene alla competenza dei singoli Consigli dell’Ordine territoriali l’ac-creditamento di ogni altro evento in ragione del suo luogo di svolgimento.

7.b L’accreditamento viene concesso valutando la tipologia e la qualità del-l’evento formativo nonché gli argomenti trattati. A tal fine, i professionisti, glienti ed associazioni che intendono ottenere l’accreditamento preventivo dieventi formativi da loro organizzati devono presentare al Consigliodell’Ordine regionale, ovvero al Consiglio Nazionale, secondo la rispettivacompetenza, una relazione dettagliata con tutte le indicazioni necessarie aconsentire la piena valutazione dell’evento, anche in relazione alla suarispondenza alle finalità del presente regolamento.A tal fine il Consiglio dell’Ordine regionale o il Consiglio Nazionale richiedo-no, ove necessario, informazioni o documentazione integrativa e si pronun-ciano sulla domanda di accreditamento con decisione motivata entro 45giorni dalla data di deposito della domanda o delle informazioni e delladocumentazione integrative richieste. In caso di silenzio protratto oltre sessanta giorni dalla data della domandal’accreditamento si intende concesso. Il Consiglio dell’Ordine regionale competente o il Consiglio Nazionalepotranno accreditare anche eventi non programmati su richiesta dell’interes-sato e con decisione motivata da assumere entro il termine di trenta giornidalla richiesta; in caso di mancata pronuncia entro il termine indicato, l’accre-ditamento si intenderà concesso. Il Consiglio Nazionale può stipulare con professionisti e con Associazioni diassistenti sociali riconosciute maggiormente rappresentative sul piano

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nazionale, specifici protocolli, applicabili anche in sede loca-le, allo scopo di semplificare ed accelerare le procedure diaccreditamento degli eventi programmati.

7.c Ciascun Consiglio dell’Ordine regionale dà immediatanotizia al Consiglio Nazionale di tutti gli eventi formativi da

esso organizzati o altrimenti accreditati. Il Consiglio Nazionale ne cura lapubblicazione nel suo sito Internet per consentire la loro più vasta diffusionee conoscenza, anche al fine di permettere la partecipazione a detti eventi diiscritti in Albi e registri tenuti da altri Consigli.

Articolo 5Eventi e attività formative integrative

Eventi1.- Integra l’assolvimento degli obblighi di formazione professionale continua lapartecipazione effettiva e adeguatamente documentata agli eventi di seguitoindicati:

- corsi di aggiornamento e masters, seminari, convegni, giornate di studio etavole rotonde, anche se eseguiti con modalità telematiche, purché sia pos-sibile il controllo della partecipazione; - commissioni di studio, gruppi di lavoro o commissioni consiliari istituiti dalConsiglio Nazionale e dai Consigli regionali dell’Ordine o da organismi nazio-nali ed internazionali della categoria professionale; - altri eventi specificamente individuati dal Consiglio Nazionale e dai Consigliregionali dell’Ordine; - iniziative formative organizzate dall’ente di cui il professionista è dipenden-te.

2.- La partecipazione agli eventi formativi sopra indicati attribuisce n.1 creditoformativo per ogni 5 ore di partecipazione, con il limite massimo di n. 10 credi-ti per la partecipazione ad ogni singolo evento formativo come meglio specifi-cato nella tabella.

3.- La partecipazione agli eventi di cui alle lettere a) e b) rileva ai fini dell’adem-pimento del dovere di formazione continua a condizione che essi siano promos-si od organizzati dal Consiglio Nazionale o dai singoli Consigli regionalidell’Ordine o, se organizzati da associazioni, altri enti, istituzioni od organismipubblici o privati, a condizione che siano stati preventivamente accreditati,anche sulla base di programmi a durata semestrale o annuale, dal Consiglio

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Nazionale o dai singoli Consigli dell’ordine territoriali, a secondadella rispettiva competenza come indicata al punto 7.a del-l’art. 4.

Attività1.- Integra l’assolvimento degli obblighi di formazione professio-nale continua anche lo svolgimento delle attività di seguito indicate:

a.- relazioni o lezioni negli eventi formativi di cui alle lettere a) e b) dell’art. 5,Eventi, ovvero nei corsi di specializzazione;b.- pubblicazioni in materia tecnico-professionale su riviste specializzate adiffusione o di rilevanza nazionale, anche on line, ovvero pubblicazione dilibri, saggi, monografie o trattati, anche come opere collettanee, su argo-menti di servizio sociale; c.- contratti di insegnamento nelle discipline di servizio sociale con istitutiuniversitari ed enti equiparati; d.- partecipazione alle commissioni per gli esami di Stato di assistente socia-le e di assistente sociale specialista;e.- attività di studio ed aggiornamento svolte in autonomia nell’ambito dellapropria organizzazione professionale, autorizzate e riconosciute come talidal Consiglio Nazionale o dai Consigli regionali dell’Ordine competenti terri-torialmente;f.- svolgimento della supervisione professionale e di supervisione dei tirocini;g.- attività di consigliere regionale e nazionale dell’Ordine; h.- incarichi istituzionali ricoperti in qualità di consigliere su esplicito manda-to dell’Ordine e partecipazione ai gruppi di lavoro;i.- partecipazione ad attività di studio, ricerca, documentazione e coordina-mento svolta su specifico mandato per realizzare progetti innovativi in servi-zi e ambiti non rientranti nella normale attività professionale.

Sistema di attribuzione dei creditiIl Consiglio attribuisce i crediti formativi per le attività e gli eventi sopra elenca-ti nelle seguenti modalità:

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Attività di formazione continua Crediti attribuiti

- Partecipazione a corsi di formazionee/o aggiornamento attinenti al serviziosociale, alle scienze sociali e al lavorosociale.

- 1 credito per ogni 5 ore di formazio-ne fino ad un massimo di 10 crediti.

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- Partecipazione a corsi diperfezionamento a conte-nuto tecnico-scientifico,giuridico -amministrativo

e comunque pertinenti almiglioramento dell’azione

professionale, tenuti da organismi di ricerca,istruzione e formazione e corsi gestiti da entipubblici e/o privati. Partecipazione ai piani diformazione aziendale obbligatoria.

- Fino a 50 ore:5 crediti per ogni partecipa-zione con attestazione finale.

- Fino a 100 ore:10 crediti per ogni partecipa-zione con attestazione finale.

- Oltre 100 ore:15 crediti per ogni partecipa-zione con attestazione finale.

- Docenza a corsi di formazione. - 1 credito ogni due ore didocenza fino ad un massimo di20 crediti.

- Direzione/o coordinamento di corsi, semi-nari, direzione scientifica di convegni, eventi

- 5 crediti ad evento.

- Redazione e pubblicazione di libri e di arti-coli su riviste specializzate anche in via infor-matica e telematica.

- Fino a 5 crediti per pubblica-zione articoli.- Fino a 20 crediti per ciascunlibro.

- Corsi di specializzazione presso Universitàstatali o legalmente riconosciute.

- 10 crediti per anno di frequen-za.

- Master universitari di I o II livello. - 20 crediti per la frequenza ed ilconseguimento del titolo.

- Dottorati di ricerca in servizio sociale o del-l’area delle scienze sociali.

- 10 crediti per ogni anno di fre-quenza e 30 per il consegui-mento del titolo.

- Partecipazione a gruppi di lavoro e commis-sioni tecniche degli organismi di rappresen-tanza professionale. Incarichi istituzionali inrappresentanza dell’ordine professionale.

- 1 credito per ogni evento didurata non inferiore alle 5 ore.

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- Formazione svolta a favore di profes-sionisti in tirocinio di adattamento e /odi tirocinanti universitari nell’ambitodella propria attività professionale.

- 5 crediti per ogni pro-fessionista e/o tiroci-nante universitarioseguito nel servizio onello studio del profes-sionista per un periodonon inferiore a 3 mesi.

- Partecipazione, in qualità di commis-sario, agli esami di abilitazione per l’e-sercizio della professione di assistentesociale per tutta la durata dell’esame.

- 5 crediti.

- Corsi e-learning. Per corso e-learningsi intende l’erogazione di contenutiformativi attraverso l’utilizzo delle tec-nologie informatiche, quali multime-dialità, interattività e ipertestualità alfine di ottimizzare i processi di trasmis-sione della conoscenza e la crescita dellivello di approfondimento.

- Fino a 10 crediti in considerazionedella struttura modulare della durataminima di almeno 5 giorni. E’, altresì,richiesto che sia previsto un sistema divalutazione basato su test a rispostamultipla o aperta, al cui superamentoè subordinata l’acquisizione dei crediti.

-  a) seminari, b) convegni, c) conferen-ze, d) workshop anche in connessioneaudio/video a distanza, organizzati siain Italia sia all’estero. Tali sono gliincontri di studio articolati in una o piùrelazioni strutturate nei contenuti, inbase al tema trattato.

- 1 credito per ogni 5 ore, con un limitedi 5 crediti complessivi.

- Relazioni a corsi, seminari, convegni,conferenze, workshop, di cui alle pre-cedenti lettere a), b) c) e d), (anche serivolti ad assistenti sociali tirocinanti),riconosciute e/o accreditate dalConsiglio Nazionale dell’Ordine.

- 3 crediti per ciascuna relazione conun limite massimo annuale di 30 credi-ti.

- Partecipazione ai Congressi nazionalied internazionali sul servizio sociale etematiche professionali.

- 2 crediti sino ad un massimo di 10crediti.

- Attività di consigliere nazionale eregionale dell’Ordine degli Assistentisociali.

- 10 crediti per anno.

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Articolo 6Esoneri

1.- Sono esonerati dagli obblighi formativi, relativamentealle materie di insegnamento, ma fermo l’obbligo di aggior-

namento in materia deontologica e di ordinamento professio-nale, i docenti universitari di prima e seconda fascia, i ricercatori e i docenti acontratto.

2.- Il Consiglio dell’Ordine competente, su domanda dell’interessato, può eso-nerare, anche parzialmente, determinandone contenuto e modalità, l’iscrittodallo svolgimento dell’attività formativa, nei casi di: a.- gravidanza, parto, adempimento da parte dell’uomo o della donna di dove-ri collegati alla paternità o alla maternità in presenza di figli minori;b.- grave malattia o infortunio o documentate problematiche personali; c.- interruzione per un periodo non inferiore a sei mesi dell’attività professio-nale o trasferimento di questa all’estero.

3.- L’esonero dovuto ad impedimento può essere accordato limitatamente alperiodo di durata dell’impedimento.

4.- All’esonero consegue la riduzione dei crediti formativi da acquisire nel corsodel triennio proporzionalmente alla durata dell’esonero, al suo contenuto edalle sue modalità, se parziale.

5.- Il Consiglio dell’Ordine competente può altresì, con decisione motivata,dispensare dall’obbligo formativo in tutto o in parte, l’iscritto che ne facciadomanda e che abbia 35 anni di attività professionale, tenendo conto, condecisione motivata, del settore di attività, della quantità e qualità della sua atti-vità professionale e di ogni altro elemento utile alla valutazione della doman-da.

Articolo 7Adempimenti degli iscritti e inosservanza dell’obbligo formativo

1.- Ciascun iscritto deve depositare al Consiglio dell’Ordine regionale di appar-tenenza entro il mese di gennaio di ogni anno una sintetica relazione che cer-tifichi il percorso formativo seguito nell’anno precedente, indicando gli eventiformativi seguiti, anche mediante autocertificazione.

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2.- Costituiscono illecito disciplinare il mancato adempimentodell’obbligo formativo e la mancata o infedele certificazionedel percorso formativo seguito.

3.- La mancata partecipazione alle iniziative formative annualipromosse dall’Ordine regionale o dal Consiglio Nazionale com-porta la penalizzazione fino a 5 crediti computabili nell’arco di un triennio.

4.- La sanzione è commisurata alla gravità della violazione.

Articolo 8Attività del Consiglio regionale dell’Ordine

1.- Ciascun Consiglio regionale dell’Ordine dà attuazione alle attività di forma-zione professionale e vigila sull’effettivo adempimento dell’obbligo formativoda parte degli iscritti, nei modi e con i mezzi ritenuti più opportuni, regolandole modalità del rilascio degli attestati di partecipazione agli eventi formativiorganizzati dallo stesso Consiglio.

2.- In particolare, i Consigli regionali dell’Ordine, entro il 31 ottobre di ognianno, predispongono, anche di concerto tra loro, un piano dell’offerta formati-va che intendono proporre nel corso dell’anno successivo indicando i creditiformativi attribuiti per la partecipazione a ciascun evento. Nel programmaannuale devono essere previsti eventi formativi aventi ad oggetto la materiadeontologica e l’ordinamento professionale.

3.- I Consigli regionali dell’Ordine realizzano il programma, anche di concertotra loro o con ordini/associazioni di altre professioni. Possono avvalersi dellacollaborazione di associazioni professionali, o di altri enti abilitati. Essi favori-scono la formazione gratuita in modo da consentire a ciascun iscritto l’adem-pimento dell’obbligo formativo, con eventuale recupero delle spese sostenu-te. A tal fine utilizzeranno risorse proprie o quelle ottenibili da sovvenzioni ocontribuzioni erogate da enti finanziatori pubblici o privati.

4.- Entro il 31 ottobre di ogni anno, i Consigli regionali dell’Ordine sono tenuti adinviare al Consiglio Nazionale una relazione che illustri il piano dell’offerta formativadell’anno solare successivo, ne evidenzi i costi per i partecipanti, segnali i soggettiattuatori e indichi i criteri e le finalità cui il Consiglio si è attenuto nella predisposizio-ne del programma stesso. Se la programmazione è avvenuta di concerto tra più

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Consigli regionali, essi potranno inviare un’unica relazione.

5.- I Consigli regionali dell’Ordine, anche in collabora-zione con altri Ordini, con associazioni, enti od istituzio-

ni ed altri soggetti, potranno organizzare nel corso del-l’anno eventi formativi ulteriori, rispetto a quelli già pro-

grammati, attribuendo i crediti secondo i criteri di cui al precedenteart. 5 e dandone comunicazione al Consiglio Nazionale.

Articolo 9Controlli del Consiglio regionale dell’Ordine

1.- Il Consiglio regionale dell’Ordine verifica l’effettivo adempimento dell’obbli-go formativo da parte degli iscritti, attribuendo agli eventi e alle attività forma-tive documentate i crediti formativi secondo i criteri indicati all’art. 5.

2.- Ai fini della verifica, il Consiglio regionale dell’Ordine deve svolgere attivitàdi controllo, anche a campione, e allo scopo può chiedere all’iscritto ed ai sog-getti che hanno organizzato gli eventi formativi chiarimenti e documentazio-ne integrativa.

3.- Ove i chiarimenti non siano forniti e la documentazione integrativa richie-sta non sia depositata entro il termine di giorni 30 dalla richiesta, il Consiglionon attribuisce crediti formativi per gli eventi e le attività che non risultino ade-guatamente documentate.

4.- Per lo svolgimento di tali attività il Consiglio regionale dell’Ordine si avvaledi apposita Commissione di valutazione. Il parere espresso dalla Commissioneè obbligatorio, ma può essere disatteso dal Consiglio con deliberazione moti-vata.

Articolo 10Attribuzioni del Consiglio Nazionale

1.- Il Consiglio Nazionale:a.- promuove ed indirizza lo svolgimento della formazione professio-nale continua, individuandone il fabbisogno formativo in collabora-zione con i Consigli regionali dell’Ordine;

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b.- garantisce l’uniformità dell’offerta formativa e l’esi-gibilità del diritto-dovere alla formazione continua;c.- elabora il Piano Formativo Nazionale Annuale sullabase delle relazioni trasmesse dai Consigli regionalidell’Ordine a norma del precedente art. 8, anche costi-tuendo apposita Commissione aperta alla partecipazio-ne di soggetti esperti esterni;d.- verifica l’offerta formativa proposta dagli enti abilitati a livellonazionale;e.- esprime parere sull’adeguatezza dei piani dell’offerta formativaorganizzati dai Consigli regionali dell’Ordine, eventualmente indi-candone le modifiche, con l’obiettivo di assicurare l’effettività e l’u-niformità della formazione continua. In mancanza di espressione delparere entro il termine di trenta giorni dalla presentazione delle rela-zioni, il programma formativo si intende approvato. In caso di parerenegativo, il Consiglio regionale dell’Ordine è tenuto, nei trenta gior-ni successivi al ricevimento del parere negativo, a trasmettere unnuovo programma formativo, che tenga conto delle indicazioni e deirilievi formulati dal Consiglio Nazionale.

2.- Il Consiglio Nazionale, inoltre: a.- favorisce l’ampliamento dell’offerta formativa, anche organizzan-do direttamente eventi formativi, se del caso in collaborazioneanche con altri soggetti istituzionali; b.- assiste i Consigli regionali dell’Ordine nella predisposizione e nel-l’attuazione dei programmi formativi e vigila sull’adempimento daparte dei Consigli delle incombenze ad essi affidate.

3.- In sede di prima attuazione il Consiglio Nazionale, di concerto con iConsigli regionali, provvede ad informare gli iscritti dell’entrata in vigoredel presente regolamento.

Articolo 11Norme di attuazione

1.- Il Consiglio Nazionale si riserva di emanare le norme di attuazione e coordi-namento che si rendessero necessarie in sede di applicazione del presenteregolamento.

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Articolo 12Entrata in vigore e disciplina transitoria

1.- Il presente regolamento entra in vigore dal 1 gennaio2010.

2.- Nel primo triennio di valutazione, a partire dall’entrata in vigore del presen-te regolamento, i crediti formativi da conseguire sono ridotti a 20 per chi abbia,entro il 1 gennaio 2009 o abbia a compiere entro il 1 gennaio 2010, i 35 anni diattività professionale e a 50 per ogni altro iscritto, col minimo di 9 crediti per ilprimo anno formativo, di 12 per il secondo e di 18 per il terzo, dei quali alme-no 6 crediti nel triennio formativo in materia di ordinamento professionale edeontologia.

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Bilancio di previsione del Consiglio NazionaleEsercizio finanziario 2010

Sulla base di quanto deliberato nella seduta di Consiglio del 20 novembre2009, il bilancio annuale di previsione che, in conformità a quanto previstodal Regolamento di amministrazione e contabilità, si compone del preven-tivo finanziario gestionale, del quadro generale riassuntivo della gestionefinanziaria, del preventivo economico, nonché della relazione programma-tica del Presidente e della nota integrativa del Tesoriere che esplica anchela funzione della relazione sulla gestione e il parere del Collegio dei Revisoridei Conti, verranno resi pubblici attraverso il sito Internet del ConsiglioNazionale http://www.cnoas.it.

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