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La produzione del carbone di legna sull’Appennino pistoiese Costruzione di una carbonaia ----------------------------------------- Samuele Straulino, Agosto 2002 La produzione del carbone è un’attività che ha impiegato generazioni di boscaioli sulle nostre montagne fino alla metà del secolo appena concluso. Si tratta di una procedura decisamente complessa che l’uomo tecnologico del duemila non riesce a immaginare, in cui l’abilità manuale gioca un ruolo essenziale. Solo poche persone sono ancora oggi in grado di fare il carbone avendolo imparato da giovani quando ancora il carbone era richiesto per cucinare, prima dell’arrivo del gas in tutte le case. Una di queste persone è mio zio, Ruggero Andreotti da Prataccio (Pistoia), che ha cercato di insegnarmi il metodo (ma una carbonaia non è sufficiente per imparare!). Ruggero ha imparato da ragazzo in Maremma, dove aiutava il padre Giovanni, abilissimo carbonaio; negli ultimi anni, dopo una vita trascorsa nei boschi come tagliatore, ha ripreso a cuocere il carbone. Quest’anno ha fatto due carbonaie e io l’ho aiutato per la seconda, a cui hanno collaborato anche i suoi due fratelli Florindo e Renzo. Qui riporto la descrizione illustrata di tutte le fasi del nostro lavoro, dal trasporto della legna all’estrazione del carbone. La piazza Mercoledì 7 Agosto abbiamo scelto nella faggeta di alto fusto di Prataccio una piazza carbonaia già esistente, una delle tante che testimoniano la notevole produzione del passato. L’abbiamo spianata (perché dev’essere perfettamente orizzontale) e con una pertica abbiamo disegnato il profilo circolare a partire da un picchetto centrale; il diametro della piazza misura circa cinque metri. Bisogna anche ripulire, se necessario, da eventuali frasche circostanti che possono essere pericolose quando il fuoco sarà acceso . Quindi abbiamo trasportato la legna necessaria sul posto: si tratta in totale di circa 60 quintali di legna di faggio e castagno di varia grossezza. La rocchina Si piantano per iniziare tre paletti aguzzi, lunghi un po’ più di un metro, attorno al centro della piazza, disposti idealmente su una circonferenza di diametro circa 30 cm. Si uniscono in alto con un cerchio fatto di una frasca di legno verde per delimitare la buca della carbonaia, dove sarà acceso il fuoco. Questa struttura è detta rocchina e costituisce il cuore della costruzione. L’involgitura Si comincia a disporre la legna in verticale appoggiandola alla rocchina, crescendo verso l’esterno (si dice: involgere la carbonaia). Nella parte più interna abbiamo usato la legna più fina. La lunghezza ideale dei pezzi sarebbe di circa un metro, ma i nostri sono un po’ più lunghi. I pezzi devono essere disposti sempre verticalmente e alla tonda e per ottenere lo scopo la parte più grossa del legno si mette verso l’alto. Si cerca di ridurre al minimo lo spazio vuoto fra pezzo e pezzo, infatti la carbonaia dev’essere bella strinta. Dopo la legna fina dell’interno, abbiamo messo legna più

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La produzione del carbone di legna sull’Appennino pistoiese Costruzione di una carbonaia

----------------------------------------- Samuele Straulino, Agosto 2002

La produzione del carbone è un’attività che ha impiegato generazioni di boscaioli sulle nostre montagne fino alla metà del secolo appena concluso. Si tratta di una procedura decisamente complessa che l’uomo tecnologico del duemila non riesce a immaginare, in cui l’abilità manuale gioca un ruolo essenziale. Solo poche persone sono ancora oggi in grado di fare il carbone avendolo imparato da giovani quando ancora il carbone era richiesto per cucinare, prima dell’arrivo del gas in tutte le case. Una di queste persone è mio zio, Ruggero Andreotti da Prataccio (Pistoia), che ha cercato di insegnarmi il metodo (ma una carbonaia non è sufficiente per imparare!). Ruggero ha imparato da ragazzo in Maremma, dove aiutava il padre Giovanni, abilissimo carbonaio; negli ultimi anni, dopo una vita trascorsa nei boschi come tagliatore, ha ripreso a cuocere il carbone. Quest’anno ha fatto due carbonaie e io l’ho aiutato per la seconda, a cui hanno collaborato anche i suoi due fratelli Florindo e Renzo. Qui riporto la descrizione illustrata di tutte le fasi del nostro lavoro, dal trasporto della legna all’estrazione del carbone.

La piazza Mercoledì 7 Agosto abbiamo scelto nella faggeta di alto fusto di Prataccio una piazza carbonaia già esistente, una delle tante che testimoniano la notevole produzione del passato. L’abbiamo spianata (perché dev’essere perfettamente orizzontale) e con una pertica abbiamo disegnato il profilo circolare a partire da un picchetto centrale; il diametro della piazza misura circa cinque metri. Bisogna anche ripulire, se necessario, da eventuali frasche circostanti che possono essere pericolose quando il fuoco sarà acceso . Quindi abbiamo trasportato la legna necessaria sul posto: si tratta in totale di circa 60 quintali di legna di faggio e castagno di varia grossezza. La rocchina Si piantano per iniziare tre paletti aguzzi, lunghi un po’ più di un metro, attorno al centro della piazza, disposti idealmente su una circonferenza di diametro circa 30 cm. Si uniscono in alto con un cerchio fatto di una frasca di legno verde per delimitare la buca della carbonaia, dove sarà acceso il fuoco. Questa struttura è detta rocchina e costituisce il cuore della costruzione.

L’involgitura Si comincia a disporre la legna in verticale appoggiandola alla rocchina, crescendo verso l’esterno (si dice: involgere la carbonaia). Nella parte più interna abbiamo usato la legna più fina. La lunghezza ideale dei pezzi sarebbe di circa un metro, ma i nostri sono un po’ più lunghi. I pezzi devono essere disposti sempre verticalmente e alla tonda e per ottenere lo scopo la parte più grossa del legno si mette verso l’alto. Si cerca di ridurre al minimo lo spazio vuoto fra pezzo e pezzo, infatti la carbonaia dev’essere bella strinta. Dopo la legna fina dell’interno, abbiamo messo legna più

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La costruzione della rocchina e la posa dei primi pezzi

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Varie fasi dell’involgitura nella faggeta di Prataccio

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La camicia di legna fina per rendere la superficie più regolare possibile e favorire la copertura

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grossa di castagno. Mentre il diametro cresce, si comincia a disporre dei pezzi più corti sopra a quelli appoggiati in terra, in modo da dare alla carbonaia una forma a cupola, sempre lasciando aperta la buca al centro, fino a raggiungere un’altezza corrispondente a due pezzi uno sopra l’altro. All’esterno si fa la camicia alla carbonaia con legna più fina, cominciando a inclinare i pezzi e ad appoggiarli dalla parte più grossa per raccordare la pendenza con i pezzi della parte superiore. La copertura A questa punto si deve coprire la legna con terra. Nella parte più bassa si fa il calzòlo, cioè un rivestimento di pellicce disposte a mosaico direttamente sopra la legna (le pellicce sono grosse zolle compatte di terra con erba, tenute insieme dalle radici dell’erba stessa). Nella parte più alta la carbonaia viene ricoperta di terra sciolta ma, per evitare che questa cada all’interno passando per i pertugi fra pezzo e pezzo, si mette sulla legna uno strato abbastanza spesso di paltriccia, cioè di foglie secche. Anche la parte in alto vicina alla buca viene coperta con pellicce, una delle quali serve da coperchio. L’accensione e la rimboccatura Abbiamo acceso la carbonaia martedì 13 Agosto alle sette del mattino: è bene farlo la mattina presto perché si ha poi tutto il giorno a disposizione per controllare e alimentare il fuoco. Sulla cima della carbonaia si toglie la pelliccia che copre la buca e si dispongono dei legnetti a traverso al foro, sopra i quali si accende il fuoco. Quando il fuoco consumerà i pezzi da cui è sostenuto, cadrà sul fondo della carbonaia e andrà alimentato con i mozzi, altri pezzetti di legno tagliati molto corti per evitare che si incastrino nella buca. Intanto con l’apposito fumaiolo si fora la base della carbonaia a intervalli regolari di circa mezzo metro. Quindi si richiude la buca con la sua pelliccia e con terra. L’alimentazione (rimboccatura) va ripetuta a intervalli regolari, montando sopra la carbonaia, circa ogni tre ore: la buca infatti deve rimanere sempre piena fino all’orlo per evitare che il fuoco prenda troppo vigore e la carbonaia sbocchi. Prima di riempire la buca di legna si assesta per bene il carbone già formato, sfruconando con una pertica detta infochìno, lavorando peraltro con il fumo in faccia. Quando il carbone arriva sulla bocca della buca si dice che la carbonaia ha appreso e, da quel momento in poi, inizia la combustione lenta che produce il carbone, partendo dall’alto verso la base della carbonaia. A quel punto si fanno altri fori subito sopra il calzolo, che sono detti banchine. In totale sono stati necessari per le rimboccature circa altri tre quintali di legna. Si deve controllare che la cottura sia il più possibile uniforme a una data altezza da terra; dove la cottura è più avanzata si fanno meno fori. Si distingue chiaramente il fumo celeste che esce dai fori dove il carbone è cotto dal fumo biancastro o grigio prodotto dalla legna. La nostra carbonaia si è un po’ avvantaggiata verso sud, mostrando un appiattimento della superficie e una diminuzione di volume più precoce in quella direzione. Questa fase è probabilmente la più complessa nella gestione della carbonaia, molta esperienza è necessaria per tener conto delle numerose variabili che determinano il buon andamento del processo. Due volte soltanto la carbonaia ha fiammato, cioè qualche fessura apertasi sulla superficie

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Il calzòlo fatto con pellicce (in alto) e la copertura con paltricciae con terra (in basso)

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La carbonaiacompletamentecoperta di terrae poi accesa

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ha permesso la generazione di qualche fiammella, ma siamo intervenuti subito a chiuderla con terra. Venerdì 16 Agosto nel primo pomeriggio la carbonaia, ormai profondamente trasformata nell’aspetto, ha concluso il suo ciclo di cottura del carbone. La sommondatura Nella giornata di venerdì le sezioni già cotte della carbonaia sono state via via rilevate, si sono tolte cioè le pellicce che formano il calzolo e si è rispianata la terra sopra la legna per arrestare il processo di combustione. Quando tutta la carbonaia ha smesso di fumare, vuol dire che il carbone è fatto e si può iniziare a sommondare. Si tratta di scoprire tutto il carbone dalla terra, togliere eventuali tizzi ancora accesi e restituire alla carbonaia una forma simmetrica a cono: infine si butta nuova terra pulita sopra il mucchio rimasto per soffocare il fuoco residuo e raffreddare il carbone all’interno. Quest’operazione è probabilmente la più fastidiosa di tutta la fase di produzione, per il calore a cui il carbonaio è sottoposto e per la polvere che si smuove: una densa nuvola nera si alza sopra la carbonaia e ricade su tutto ciò che trova intorno. La levata del carbone La carbonaia va lasciata raffreddare diverse ore prima di poter levare il carbone. Avendola sommondata nel tardo pomeriggio di venerdì, aspettiamo domenica mattina per levare il carbone. E’ un’operazione da farsi al buio, la mattina prestissimo, per individuare faville residue fra il carbone e spegnerle subito con acqua. Il rastello da carbonaio consente di separare facilmente il carbone dalla terra: è provvisto di denti lunghi e robusti ed è molto inclinato rispetto al manico. Il carbone pulito viene tirato ai margini della piazza per essere poi imballato. Troviamo tutto sommato pochi tizzi, cioè pezzetti di legno cotti soltanto in parte, e un po’ di cenere al centro, in corrispondenza della rocchina: si può dire che la carbonaia ha lavorato bene. Dopo averlo imballato, possiamo misurare la quantità ottenuta: quarantacinque balle da venticinque chilogrammi l’una, corrispondenti a più di undici quintali di carbone. Il rendimento, espresso come rapporto fra la quantità di carbone ottenuto e la legna impiegata, è stato di oltre 1/6, ma non è un dato assoluto, perché in generale dipende dal tipo di legno, dalla sua dimensione, dalla stagionatura e dall’esposizione del bosco rispetto al sole. Carbonai: Ruggero, Florindo e Renzo Andreotti Aiuto-carbonaio: Samuele Straulino

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La carbonaia, quasi al termine del processo di cottura, si è “ristretta”rispetto all’inizio. In basso, la sommondatura.

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La levata del carbone, al buio, e l’imballaggio