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LA PROCEDURA “OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE” NELLA DISCIPLINA DELLE SOCIETA’ “APERTE”

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LA PROCEDURA “OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE”

NELLA DISCIPLINA DELLE SOCIETA’ “APERTE”

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PREMESSA

La ricerca si propone di approfondire le operazioni con parti correlate negli

aspetti meno nitidi e meno studiati, soprattutto dal punto di vista applicativo.

L’obiettivo è quello di capire se l’attuale disciplina opc appresti una tutela

sufficiente, oltre che adeguata (anche dal punto di vista sanzionatorio), alle

operazioni straordinarie che, per la tipologia di interessi che coinvolgono e per la

loro “rilevanza” espongono non solo le minoranze, ma anche il mercato a rischi

notevoli.

Per questo si è effettuata una comparazione tra la disciplina delle parti

correlate, quella del Codice Civile e quella bancaria nei vari ambiti di ricerca.

Ad una ricostruzione della nascita delle parti correlate, nonché della procedura

richiesta per tale tipo di operazioni dal Regolamento Consob “opc”, ha fatto

seguito un’analisi di alcune operazioni straordinarie tra quelle più frequenti nella

realtà societaria ed anche bancaria (fusioni, scissioni ed aumenti di capitale con

esclusione del diritto di opzione, anche infragruppo).

Questo approccio applicativo è risultato necessario al fine di focalizzare quelli

che sono gli aspetti più critici delle operazioni con parti correlate, ossia da un

lato i conflitti di interesse, il ruolo degli amministratori indipendenti e – di

riflesso – la tutela delle minoranze a fronte dell’abuso del potere della

maggioranza; dall’altro alcuni aspetti che aggravano la procedura “ordinaria”

delle operazioni straordinarie.

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INDICE – SOMMARIO

CAPITOLO PRIMO

ORIGINI DELLA DISCIPLINA “OPC”.

1. La nascita delle parti correlate in ambito societario europeo alla luce

dei principi di trasparenza e correttezza.

2. (Segue): L’opportunità di una disciplina italiana ad hoc sulla scia

europea: l’insufficienza dei “rimedi” del Codice Civile.

3. All’alba di una disciplina italiana adeguatrice delle istanze europee: il

Codice di Autodisciplina ed il Regolamento emittenti.

4. Il Regolamento Consob e l’art. 2391-bis c.c.: eterointegrazione

necessitata dal rispetto di principi sovranazionali e unitari. Linee

generali della disciplina: profili problematici e sistematici.

5. La nozione di “parte correlata”: il rinvio al Regolamento. Un rinvio

reciproco?

6. (Segue): Le definizioni di “operazioni straordinarie”: in particolare le

operazioni rilevanti e non rilevanti.

7. L’ambito di applicazione del Regolamento Consob 2010: società

quotate, neo quotate, piccole quotate e società con azioni diffuse.

8. Il Codice di Autodisciplina delle società quotate.

9. Il Testo Unico bancario. La disciplina bancaria nelle opc: aspetti

generali.

10. Profili soggettivi e definitori nelle banche. Le parti correlate ed i

soggetti collegati.

11. Le “operazioni” nelle banche. I casi di esclusione della disciplina: in

particolare le operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a

quelle di mercato o standard e le operazioni urgenti.

12. Le operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo (bancario e

non): l’attività di direzione e coordinamento.

pag.4

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CAPITOLO SECONDO

PROFILI PROCEDURALI.

1. Le regole procedurali di trasparenza interna ed esterna, l’informazione

al mercato e la funzione del documento informativo.

2. (Segue): il Regolamento interno sulle le Operazioni con Parti

Correlate: profili pratici.

3. Natura giuridica e funzione del parere. Il suo contenuto in relazione

alle opc di maggiore e minore rilevanza.

4. L’indipendenza come requisito necessario dei componenti il “comitato

parti correlate” e l’eventuale nomina di un esperto terzo. Questioni di

responsabilità.

5. (Segue): E l’eventuale nomina di un advisor nominato dall’organo

gestorio.

6. Aspetti generali della violazione delle procedure. L’assenza di

indipendenza ex ante ed ex post: quali i rimedi? La giurisprudenza più

recente: il concetto di “gravi irregolarità” ed i rimedi previsti dal

Codice Civile.

7. (Segue): L’opportunità della previsione di una sanzione ad hoc

nell’ambito del potere sanzionatorio della Consob.

8. L’approvazione dell’operazione: la competenza del consiglio di

amministrazione nelle società con sistema tradizionale o monistico (e

quella “residuale” dell’assemblea) e la competenza del consiglio di

gestione nelle società a sistema dualistico (e quella “residuale”

dell’assemblea).

9. I conflitti d’interesse ed il sistema del c.d. whitewash: linee generali.

L’approvazione delle operazioni con parti correlate da parte degli

azionisti “disinteressati”.

10. La natura delle procedure: deliberazioni di rango sovraordinato?

11. Previsioni statutarie sulle operazioni con parti correlate.

12. Profili comparatistici. Le parti correlate in Gran Bretagna e negli USA.

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CAPITOLO TERZO

OPERAZIONI STRAORDINARIE “RILEVANTI” E PARTI CORRELATE:

PROFILI APPLICATIVI.

1. Le operazioni con parti correlate infragruppo: le esenzioni.

2. (Segue): I gruppi: la disciplina codicistica e quella regolamentare.

3. (Segue): La procedura delle opc tra società dello stesso “gruppo”:

aspetti critici.

4. L’applicazione della procedura parti correlate alla fusione: aggravi

procedurali e rischi sostanziali.

5. (Segue): e la scissione non proporzionale: la tutela delle

minoranze nel Codice Civile e nel Regolamento opc.

6. (Segue): Lo scorporo: profili di applicazione della disciplina opc.

7. Il conflitto di interesse e l’abuso del voto: cenni.

8. (Segue): L’aumento del capitale con esclusione del diritto

d’opzione: tra interesse sociale e abuso della maggioranza.

9. Le opc tra banche: la convivenza tra la disciplina bancaria ed il

regolamento opc. I gruppi bancari.

10. (Segue): I conflitti di interesse, le procedure e la loro (rischiosa?)

“disapplicazione”. Aggravi procedurali: opportunità di

semplificazione?

CONCLUSIONI pag.146

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CAPITOLO PRIMO

ORIGINI DELLA DISCIPLINA “OPC”.

1. SOMMARIO: 1. La nascita delle parti correlate in ambito societario europeo

alla luce dei principi di trasparenza e correttezza. (Segue): 2. L’opportunità di una

disciplina italiana ad hoc sulla scia europea: l’insufficienza dei “rimedi” del

Codice Civile. 3. All’alba di una disciplina italiana adeguatrice delle istanze

europee: il Codice di Autodisciplina ed il Regolamento Emittenti. 4. Il

Regolamento Consob e l’art. 2391-bis c.c.: eterointegrazione necessitata dal

rispetto di principi sovranazionali e unitari. Linee generali della disciplina: profili

problematici e sistematici. 5. La nozione di “parte correlata”: il rinvio al

Regolamento. Un rinvio reciproco? 6. (Segue): Le definizioni di “operazioni

straordinarie”: in particolare le operazioni rilevanti e non rilevanti. 7. L’ambito di

applicazione del Regolamento Consob 2010: società quotate, neo quotate, piccole

quotate e società con azioni diffuse. 8. Il Codice di Autodisciplina delle società

quotate. 9. Il testo Unico bancario. La disciplina bancaria nelle opc: aspetti

generali. 10. Profili soggettivi e definitori. Le parti correlate ed i soggetti

collegati. 11. Le “operazioni” nelle banche. I casi di esclusione della disciplina

bancaria: in particolare le operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a

quelle di mercato o standard e le operazioni urgenti. 12. Le operazioni tra società

appartenenti allo stesso gruppo (bancario e non): l’attività di direzione e

coordinamento.

1. La nascita delle parti correlate in ambito societario europeo alla luce dei

principi di trasparenza e correttezza.

“Parte correlata”, rappresenta una nozione prettamente di diritto societario, ma

anche – come si vedrà - di matrice contabile, le cui origini risalgono al diritto

europeo.

Il concetto de quo è presente nel nostro ordinamento in una sola norma: l’art.

2391-bis c.c., norma questa che si coordina con poche altre norme o istituti del

Titolo V del nostro Codice Civile. Tale difficoltà di coordinamento, a dire il vero,

non è infrequente quando il diritto interno deve adeguarsi al sovraordinato diritto

comunitario.

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Difatti, proprio la Comunità Europea, nido dei principi di trasparenza,

informazione e correttezza, ha contributo all’introduzione nel nostro ordinamento

di norme attuatrici proprio di questi principi di talché la legislazione speciale ad

oggi vigente risulta preordinata e conformata a principi generali riferibili ad un

contesto transazionale1.

Questo trend, in ambito societario, ha trovato la sua origine nel c.d. Action Plan

(la cui adozione è avvenuta il 21 maggio 2003), che si è prefisso di rafforzare sia i

diritti dei soci e degli altri stakeholders che la trasparenza delle operazioni con

parti correlate nonché di promuovere l’efficienza e la competitività delle imprese.

L’influenza di questo processo ha comportato delle ripercussioni sui metodi di

governo societario e di rivisitazione e ripensamento delle regole di best practice2.

È proprio dalle esigenze di trasparenza e di correttezza che nasce, a livello

europeo prima, e, come vedremo anche al livello interno dopo, il fenomeno di

“’parte correlata”.

Nell’ambito del progetto della Comunità europea di creazione di un mercato

finanziario integrato, si inserisce un’ampia normativa. A titolo esemplificativo, il

regolamento comunitario sull’applicazione dei principi contabili internazionali,

che impone alle società quotate degli Stati membri di conformare i propri bilanci

consolidati ai principi IAS nonché la direttiva 2006/46/CE, con specifico

riferimento alle operazioni con parti correlate e fuori bilancio e alla responsabilità

collettiva degli amministratori, sono volti a migliorare la qualità

dell’informazione sulle pratiche di governo societario ed armonizzarla all’interno

del mercato europeo3.

La visione fisiologica della possibile compresenza di più interessi nella dinamica

della gestione mostra un approccio realistico rispetto ai fenomeni economici e alle

1 P. MASI, Riforma del diritto societario e società speciali, in Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, Milano, 2005, Vol. III, p. 2957.2 S. ESPOSITO, Le operazioni con parti correlate: regole sulla trasparenza e sul governo societario, in Riv.dir.Comm., 2010, fasc. 3, p. 852, in cui si precisa che l’attenzione dei regolatori nazionali è rivolta non solo agli investitori attuali ma anche a quelli potenziali. L’ordinamento, attraverso la tutela del risparmio e mediante l’opera di armonizzazione ha, dunque, anche la funzione di implementare il c.d. marketing territoriale a livello nazionale ed europeo (creazione di condizioni che attraggono gli investitori).3S. ESPOSITO, op. cit., p. 854.

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dinamiche delle imprese, caratterizzate sempre più dalla divergenza tra proprietà e

controllo e dal potenziale pericolo di “capitalismo della correlazione”4.

Proprio avendo presente il rischio di “capitalismo di correlazione” bisogna

guardare alle esigenze di trasparenza, correttezza, informazione che, a livello

europeo e, sulla spinta di questo, a livello interno, giocano un ruolo chiave nella

lotta, o meglio, nella prevenzione di conflitti che potrebbero scaturire da interessi

economici, di potere e non solo.

Sul punto, è stato detto5 che dato l’elevato valore potenziale delle operazioni con

parti correlate, nessun ordinamento pone un divieto a tali operazioni. Difatti, gli

ordinamenti preferiscono controllare le operazioni in questione mediante il ricorso

ad obblighi informativi. In altre parole, le parti correlate possono porre in essere

determinate operazioni ma a determinate condizioni che assicurino un controllo

circa la loro correttezza.

Ma cosa si intende per trasparenze e come essa può essere garantita?

La risposta a questa domanda richiede un approccio di tipo pratico che, a sua

volta, non può che basarsi su esperienze concrete.

Già a partire dal 1993 la materia è stata affrontata dalla Consob attraverso varie

comunicazioni, tutte incentrate sulla garanzia di trasparenza delle operazioni con

parti correlate.

Come si evince da una prima comunicazione6, il mancato rispetto da parte delle

società di revisione ai “canoni nella regolarità degli atti sociali” avrebbero potuto

configurare fatti censurabili7. E’ evidente che la genericità dell’espressione non ha

contribuito al perseguimento degli ambìti traguardi di appare trasparenza.

Un passo avanti viene fatto con successivi interventi che hanno interessato il

profilo dei controlli interni, ma soprattutto il profilo dell’informativa relativi ad

operazioni di tale natura.

Già da questi brevi riferimenti si evince come la trasparenza e l’informazione,

intersecandosi, si rivelano quali strumenti preposti al contenimento degli effetti

4S. ESPOSITO, op. cit., p. 855, la quale, inoltre, rileva che “Non a caso, negli Stati membri dell’Unione europea le strategie volte a contrastare gli atteggiamenti opportunistici da parte dei managers e dei soci di controllo presentano delle similarities.”5S. ESPOSITO, op. cit., p. 855.6Il riferimento è alla Comunicazione Consob n. 930022422/1993.7 F. CHIAPPETTA, Le operazioni con parti correlate: profili sistematici e problematici, in dircomm.it, 2008, VII.3.

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distorsivi derivanti dal più volte citato “capitalismo della correlazione” che,

spesso, si ripercuotono a scapito dei risparmiatori stante la divergenza tra

proprietà ed azionariato.

Fino a sfociare in normative più dettagliate e, quindi sempre più garantiste,

originate dal confronto tra principi europei ed esigenze interne, il cui dialogo ha

comportato la nascita di un’articolata disciplina.

2. (Segue): L’opportunità di una disciplina italiana ad hoc sulla scia europea:

l’insufficienza dei “rimedi” del Codice Civile.

Alla luce di quanto detto, il tempo e l’esperienza hanno contribuito a perfezionare

quei concetti di trasparenza e correttezza che sembravano vaghi e privi di un

pratico appiglio, almeno nell’ordinamento interno, che era, pertanto, chiamato dal

legislatore comunitario a “attuare” nel diritto societario italiano quelle che erano

le istanze europee in modo da creare un coordinamento adeguato alle dette

esigenze. A causa dell’eterogenesi di forme cui danno luogo nella realtà

applicativa e della tecnica normativa “multilivello” (comprendendo fonti

normative primarie, secondarie e codici di comportamento) la problematica non

era semplice.

Alle istanze europee si affiancava l’esigenza, ancora più urgente, di introdurre una

disciplina ad hoc di diritto societario che fosse in grado di riempire il vuoto

normativo in questa materia, stante l’inidoneità dei rimedi “ordinari” previsti dal

Codice Civile per fenomeni affini ma non assimilabili alle operazioni con parti

correlate. Infatti l’art. 2391 c.c. si limita a prevedere la preventiva comunicazione

al Consiglio o all’organo di controllo di ogni interesse proprio o di terzi, anche

compatibile con quello sociale, di cui l’amministratore sia portatore rispetto ad

una determinata operazione.

A tal riguardo, il novellato art. 2391 c.c. ha introdotto una profonda modifica alla

disciplina del conflitto di interessi in cui versi un amministratore. Una prima

novità la si desume già dal titolo dell’articolo, ove è scomparso il termine

“conflitto”. L’oggetto della informativa, infatti, non è più l’esistenza di un

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conflitto di interessi8, bensì l’esistenza di qualsiasi interesse che l’amministratore

abbia per conto proprio o di terzi, nell’operazione.

L’obbligo informativo si è dunque esteso ai casi in cui l’interesse

dell’amministratore, in una determinata operazione, coincida o sia convergente

con l’interesse sociale. Gli amministratori sono quindi obbligati a dichiarare ogni

interesse, anche indiretto, che possono avere in una determinata operazione, a

prescindere da eventuali vantaggi o svantaggi per la società.

Un’ulteriore novità introdotta dalla riforma del 2003 consiste nella eliminazione

dell’obbligo di astensione dal voto imposto all’amministratore interessato. A

seguito della modificazione della norma, una volta adempiuto all’obbligo

informativo, l’amministratore si troverà nella stessa posizione degli altri

consiglieri e, all’atto della votazione, dovrà necessariamente tenere in

considerazione l’interesse della società.

Quindi, l’art. 2391 c.c. non inibisce la partecipazione dell’amministratore

interessato al processo decisionale in marito all’operazione, e dunque

l’espressione del voto in conflitto9.

Per quanto il compito di giudicare la rispondenza o meno dell’operazione

all’interesse sociale e dare un’adeguata motivazione sia in capo agli

amministratori come plenum10, l’amministratore in conflitto potrà contribuire a

formarne la volontà.

In realtà, anche nel tempo precedente la riforma si riteneva che non esistesse un

generale obbligo di astensione dell’amministratore in conflitto, ma solo il divieto,

per quest’ultimo così come per qualunque altro amministratore, di votare a favore

di un’operazione che potenzialmente potesse recare danno alla società11. Tale

8Sotto la previdente disciplina, sono state considerate operazioni effettuate in conflitto di interessi dall’amministratore, a titolo esemplificativo: 1) indibiti prelevamenti o arbitrari pagamenti a sé stesso o a terze persone, di somme non dovute; 2) operazioni concluse senza adeguato corrispettivo nelle quali l’amministratore era direttamente interessato.9Non sussiste alcun obbligo di astensione dal voto, così M. COSSU, Società aperte e interesse sociale, Torino, 2006, p. 235; contra P.G. MARCHETTI, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni: i modelli di definizione di un problema in un’analisi economica comparata, in Giur. Comm., 2004, I, p. 1252; F. BONELLI, Gli amministratori di s.p.a., Milano, 2004, p. 148, ove si precisa come fosse presente già prima della riforma e permanga anche dopo di essa il divieto di votare <<a favore di un’operazione che potenzialmente danneggi la società e favorisca l’interesse di uno o più amministratori>>.10 G. GUIZZI, Sub Art. 2391, in Comm. Niccolini – Stagno D’Alcontres, I, Napoli 2004, p. 659.11L. SOLIMENA, Il conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni nelle operazioni con la società amministrata, Milano, 1999, p. 175.

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assunto è stato peraltro confermato dal legislatore del 2003 che, al terzo e quarto

comma dell’articolo 2391 c.c., ha previsto espressamente la responsabilità per

danni dell’amministratore che non abbia adempiuto all’obbligo di informativa ad

esso imposto, contribuendo ad approvare una deliberazione dannosa per la società.

Quindi, la previsione di specifici obblighi di astensione dalla deliberazione a

carico degli amministratori si giustificava per la necessità di fornire una disciplina

degli interessi degli amministratori più rigorosa di quella allora prevista dal codice

civile12.

L’amministratore è solitamente legato all’emittente da un rapporto di

correlazione, con la conseguenza che alle operazioni tra amministratori ed

emittenti si potrebbero applicare, almeno in linea di principio, sia l’art. 2391 c.c.

sia l’art. 2391-bis c.c.

Gli adempimenti richiesti da tali disposizioni sono parzialmente coincidenti. A

titolo esemplificativo, le informazioni fornite dall’amministratore interessato

potrebbero rappresentare anche una condizione per la correttezza procedurale

della delibera con la quale si approva il compimento di un’operazione con parte

correlata. Peraltro, l’applicazione di una disposizione non preclude l’altra13.

In particolare, mentre l’articolo 2391 c.c. ha la funzione di assicurare la

correttezza del procedimento decisionale interno al consiglio di amministrazione

in presenza di un componente portatore di ogni interesse non necessariamente

confliggente, ma anche convergente con quello della società, la disciplina delle

operazioni con parti correlate, invece, pone l’accento sulle modalità di

realizzazione dell’operazione medesima, indipendentemente dal soggetto al quale

è attribuita la competenza a deciderne l’esecuzione14. Da questa differenza emerge

che, a fronte di una operazione con parte correlata, stante la particolarità del

fenomeno in virtù della conflittualità degli interessi in gioco, sia stata più

opportuna una disciplina ad hoc per l’inadeguatezza della norma citata.

12 L. BOLZANINI - A. MARTELLONI, Le operazioni con <<parti correlate>> di società <<aperte>>, in Società, 2005, n.8, p. 958.13 G. LIACE, Commento all’articolo 2391-bis, in Codice commentato delle S.p.A. in G. FAUCEGLIA – G. S. DI PEPE (a cura di), Padova 2007, p. 750.14M. VENTORUZZO, Amministratori, operazioni con parti correlate, in F. GHEZZI (a cura di), in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Ghezzi, M Notari, Milano, 2005, p. 521.

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Non è dunque un caso se, prima del legislatore nazionale, tale tema sia stato

affrontato in occasione della redazione dei principi contabili internazionali, di cui

si è accennato, dal Codice di Autodisciplina delle società quotate e, soltanto dopo,

dalla Consob, con l’articolo 71-bis del Regolamento Emittenti.

3. All’alba di una disciplina italiana adeguatrice delle istanze europee: il

Codice di Autodisciplina ed il Regolamento Emittenti.

Sempre sulla scorta di quella scia europea di cui si è detto, in aderenza all’ormai

sempre più inevitabile trend delle imprese di operare secondo principi uniformi

anche nell’ottica della continua integrazione del mercato di capitali europeo, di

promuovere l’efficienza e la competitività delle imprese e di rafforzare la

trasparenza delle operazioni con parti correlate, la materia de qua ha trovato

antecedenti regolamentari sia nel Codice di Autodisciplina sia nel Regolamento

Emittenti: essi, in particolare, rappresentano un primo passo verso il

coordinamento con le richieste europee.

Il Codice di Autodisciplina ha in parte anticipato la disposizione di legge che infra

sarà meglio esaminata prevedendo che il consiglio di amministrazione adotti

<<misure colte ad assicurare che le operazioni nelle quali l’amministratore sia

portatore di un interesse, per conto proprio o di terzi, e quelle poste in essere con

parti correlate vengano compiute in modo trasparente e rispettando criteri di

correttezza sostanziale e procedurale>> (Borsa Italiana, Codice di Autodisciplina,

art. 9)15.

Nei criteri applicativi si specifica che il consiglio di amministrazione deve

stabilire le <<modalità delle operazioni poste in essere dall’emittente, o dalle sue

controllate, con parti correlate>>, sentito il comitato per il controllo interno>>.

Si precisa inoltre che il consiglio di amministrazione <<definisce, in particolare,

le specifiche operazioni (ovvero determina i criteri per individuare le operazioni)

che debbono essere approvate previo parere dello stesso comitato per il controllo

interno e/o con l’assistenza di esperti indipendenti>>.

15P. MONTALENTI, Le operazioni con parti correlate, in Giurisprudenza commerciale, 3/2011, 319/I.

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Queste disposizioni rappresentano la conferma di una volontà di dare vita ad una

disciplina interna che possa, da sola, colmare un vuoto normativo ormai non più

tollerabile. Ma ancora non si sono del tutto coperti quei rischi che derivano o che

potrebbero derivare dal fenomeno che abbiamo definito “capitalismo della

correlazione”.

Principalmente per queste ragioni un ulteriore e più ampio passo è stato fatto dalla

disciplina regolamentare emanata dalla Consob – introdotta per la prima volta nel

2002 e modificata nel 2005 e nel 200916.

La disciplina, in particolare, completa le regole di autodisciplina sia sotto il

profilo di una più precisa individuazione dei criteri per stabilire la “rilevanza”

delle operazioni con parti correlate sia sotto il profilo dell’imposizione

dell’obbligo di pubblicare uno specifico documento informativo17.

4. Il Regolamento Consob e l’art. 2391-bis c.c.: eterointegrazione necessitata dal

rispetto di principi sovranazionali e unitari. Linee generali della disciplina:

profili problematici e sistematici.

La breve ricostruzione fin qui effettuata è utile per comprendere come,

finalmente, dopo un lungo travaglio, si sia giunti ad una disciplina che mira a far

fronte ai rischi connessi alle operazioni con parti correlate.

Questo è stato possibile anche e soprattutto a seguito di una comparazione delle

poche regole del passato con la realtà pratica.

Infatti, la proposta di regolamentazione in attuazione dell’art. 2391-bis c.c.

elaborata dalla Consob (quale Indipendent Autority) è stata oggetto di ampi

16Con le delibere n. 14990 del 14 maggio 2005 e n. 16850 del 4 aprile 2009.17P. MONTALENTI, op. cit., 320/I. Il Regolamento emittenti all’art. 71-bis (operazioni con parti correlate) prevede che: “1. In occasione di operazioni con parti correlate, concluse anche per il tramite di società controllate, che per oggetto, corrispettivo, modalità o tempi di realizzazione possono avere effetti sulla salvaguardia del patrimo io aziendale o sulla completezza e correttezza delle informazioni, anche contabili, relative all’emittente, gli emittenti azioni mettono a disposizione del pubblico un documento informativo redatto in conformità all’allegato 3B. Tale obbligo non sussiste se le informazioni sono inserite nel comunicato eventualmente diffuso secondo le modalità indicate nel Capo I o nel documento informativo previsto dagli articoli 70 e 71. – 2. Il documento informativo è depositato presso la sede sociale e la società di gestione del mercato entro quindici giorni dalla conclusione delle operazioni. Del deposito è data notizia mediante avviso pubblicato su almeno un quotidiano a diffusione nazionale.

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commenti di associazioni, enti, professionisti e studiosi 18 che, mediante

un’operazione di raffronto con le regole e i casi pratici o anche teorici loro

sottoposti sulla base di quelle che erano le esigenze delle società19, hanno espresso

le loro valutazioni critiche e non.

Valutazioni che, sono state accolte dalla Consob. Tant’è che, essa, anche alla

stregua di quanto emerso, ha sottoposto alla pubblica consultazione un nuovo

documento (nell’anno 2009)20.

Alla proposta del 2009, a seguito di ulteriori consultazioni e ad un affinamento

delle regole, si è giunti, il 12 marzo 2010 all’emanazione del Regolamento

Consob.

La nuova normativa entra nel merito di una delle questioni più delicate della

governance delle società italiane e rappresenta un tassello importante della

regolamentazione per un corretto funzionamento del mercato finanziario.

Le norme presentano molti elementi positivi nei contenuti, ma anche nel metodo

adottato dalla Consob per l’elaborazione e la presentazione delle norme agli

operatori ad al mercato.

In primo luogo, si affronta in maniera approfondita una materia “sensibile”, anche

nell’opinioni pubblica, a seguito degli scandali finanziari che hanno riguardato

alcuni grandi gruppi societari italiani. Questi ultimi hanno minato la fiducia dei

piccoli risparmiatori italiani nella correttezza dei meccanismi di funzionamento

del mercato finanziario21.

18P. MONTALENTI, op. cit. p. 320/I.19Hanno inviato commenti, tra gli altri, Borsa Italiana Spa, Confindustria, Telecom Italia Spa,Unicredit Spa, studio legale Allen & Overy, studio legale Clifford Chance, etc. 20La Consob ha chiarito che “gli obiettivi che si è inteso perseguire con le modifiche apportate alla prima proposta di regolamento sono i seguenti: 1) incentrare il regolamento sulla definizione di una procedura generale per le operazioni con parti correlate limitare l’applicazione della procedura speciale e della disciplina della trasparenza mediante un documento informativo alle sole operazioni “rilevanti”, individuate secondo criteri quantitativi più selettivi; 2) chiarire e delimitare il ruolo degli amministratori indipendenti nella disciplina speciale, coordinando tale ruolo con le competenze deliberative dell’intero consiglio e con le funzioni esecutive degli amministratori con deleghe; 3) aumentare la flessibilità della disciplina per gli emittenti ampliando le opzioni procedurali e le facoltà di esenzione, da realizzarsi nei casi più rilevanti attraverso l’adozione di apposite previsioni statutarie, e valorizzando al contempo il giudizio del mercato sulle scelte e sull’operato delle società; 4)valorizzare il ruolo dell’assemblea come opzione alternativa o integrativa della disciplina speciale”.21 C. BRESCIA MORRA, Le regole della Consob sulle operazioni delle società con “parti correlate”: molte novità positive, in nelmerito.com, 2010.

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Inoltre, sempre dal punto di vista generale, attenzione merita la linea di politica

legislativa. Queste disposizioni non si limitano alla prescrizione di regole di

trasparenza, ma affermano l’importanza dell’adozione da parte delle società di

procedure per l’assunzione delle delibere che possano implicare situazioni di

conflitti di interesse che consentano un vaglio approfondito della decisione con il

coinvolgimento dei rappresentanti dei diversi interessi presenti nella gestione

delle società quotate.

In passato, le disposizioni dell’ordinamento che si occupavano del conflitto di

interessi prevedevano adempimenti procedurali che si traducevano spesso in una

serie di oneri burocratico-formali che appesantivano l’operatività delle società

senza sostanziali vantaggi. Le disposizioni dettate dalla Consob, attribuiscono un

ruolo centrale agli amministratori indipendenti, privi di interessi nell’operazione,

non solo nella fase di approvazione dell’operazione, ma anche in quella delle

trattative22

A questo punto, occorre comprendere come il Regolamento vada a coordinarsi

con la normativa primaria di cui all’art. 2391-bis c.c. Al riguardo si constata che il

riferimento alla “eterointegrazione” non sia inadeguato. Anzi: dalla struttura

dell’art. 2391-bis c.c. si evince proprio l’intenzione del legislatore ordinario di

rinviare “ai principi generali indicati dalla Consob”.

Tuttavia il richiamo a criteri indicati dalla Consob ha suscitato in qualche autore

delle perplessità sulla buona riuscita di questo metodo di eterointegrazione.

I dubbi nascono sia dalla natura del Regolamento e dal suo posizionamento nella

gerarchia delle fonti sia dalla struttura di esso.

Soprattutto l’elencazione da parte della Consob di indici rigidi e, spesso anche

solo quantitativi, come si vedrà meglio infra, ha fatto emergere delle perplessità:

l’utilizzo in via esclusiva di criteri di natura quantitativa non è di per sé idoneo –

per la sua rigidità – a regolamentare in materia ottimale la materia23.

22C. BRESCIA MORRA, op. cit.23F. CHIAPPETTA, op. cit. secondo il quale “il rischio sarebbe quello di non ricomprendere, nell’ambito delle operazioni rilevanti, con la conseguente applicazione della specifica disciplina regolamentare, operazioni che, pur sotto soglia, presentano profili di significatività (talvolta anche superiori a quelli di operazioni che vi ricadono solo in ragione dell’elevato controvalore)23. Né, si aggiunge, appare dirimente la previsione di chiusura che demanda alle singole società l’individuazione aggiuntiva di criteri di tipo qualitativo; tale previsione non appare di per sé idonea a stimolare l’adozione in via di autodisciplina di regolamentazioni efficaci”.

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A quanto riferito – tuttavia – si potrebbe opinare che i criteri poco elastici o di tipo

quantitativo riportati dalla Consob per disciplinare la materia delle operazioni con

parti correlate (come, ad esempio avviene per individuare le operazioni rilevanti)

ai fini della rigorosa disciplina in esame sono dettati dall’Autorità Amministrativa

Indipendente al fine di evitare che l’interpretazione delle norme dettate in tale

ambito possa creare problemi applicativi, in modo da conferire maggiore certezza

alla materia.

Altro profilo problematico che è emerso dalla nuova regolamentazione è quello

relativo alla assenza, di un potere sanzionatorio della Consob per il caso di

violazione delle procedure da essa previste limitando al dovere dei sindaci di

vigilare sulla loro corretta applicazione quale forma di tutela.

Questo problema, invece, non si pone, come si vedrà meglio più avanti, in ambito

bancario, in cui esistono valide misure volte sia a prevenire che a reprimere

attività non corrette.

Lasciando ai paragrafi che seguono l’analisi della disciplina bancaria, in ambito

Consob, al momento, si può solo accennare che, in assenza di specifiche

previsioni (che potrebbero rendere più effettivo il rispetto dei principi di cui si sta

trattando), troveranno applicazione le disposizioni generali stabilite

dall’ordinamento: gli artt. 193 t.u.f. s.s. e l’art. 2391 c.c.

Le prime norme citate, in particolare, prevedono l’applicazione di sanzioni

amministrative in capo agli amministratori, mentre l’art. 2391 c.c. consente di

invalidare la delibera di assunzione di un’operazione24.

5. La nozione di “parte correlata”: il rinvio al Regolamento. Un rinvio

reciproco?

Svolte le necessarie considerazioni preliminari sull’origine della nozione di parte

correlata (essa deriva dall’International Accounting Standard 24), in questa sede

occorre soffermarsi non sul concetto astratto, bensì su un inquadramento della

parte correlata sotto il profilo dinamico, operativo.24N. MICHIELI, Denuncia di gravi irregolarità di gestione e operazioni con parti correlate, in Giurisprudenza commerciale, 2015, fasc. 5, p. 1027.

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A questo si aggiunga che l’analisi del fenomeno nel senso che si è detto appare

poco agevole alla luce del rinvio che il codice civile, all’art. 2391-bis, fa al

Regolamento Consob: la scelta del legislatore nazionale, infatti, è stata quella di

rinviare ai “principi generali indicati dalla Consob”. Sul punto si precisa che è

stato condiviso in dottrina l’obiettivo di non introdurre un riferimento automatico

ai principi IAS, per non soggiacere a modificazioni nel Regolamento da “fonte

esterna”: il regolatore ha inserito definizioni autonome di parte correlata e, come

vedremo più avanti, di operazione con parti correlate; nel contenuto esse

ricalcano, tuttavia i principi contabili25.

Da una lettura della definizione contenuta nell’Allegato al Regolamento opc si

evince che la nozione di cui si discute abbraccia le componenti del gruppo italiane

o estere, del quale la società faccia eventualmente parte, tutti i dirigenti con

responsabilità strategiche e i loro più stretti familiari nonché le entità italiane o

estere, nelle quali questi detengano quote rilevanti dei diritti di voto, sino a

comprendere i fondi pensionistici costituiti a favore dei dipendenti della società26.

Alcuni autori, volendo fornire una definizione generica di “parti correlate”

sostengono che esse costituiscano quell’insieme di persone fisiche o giuridiche

che, in sostanza, intrattengono un rapporto di tipo “privilegiato” con una società

emittente azioni quotate27.

Altri ancora definiscono correlato un soggetto se, direttamente o indirettamente,

anche attraverso società controllate, fiduciari o interposte persone, è controllato o

ha la capacità di controllare un altro soggetto, nonché se è in grado di esercitare

un’influenza notevole sull’assunzione di decisioni operative e finanziarie28.

Tuttavia queste nozioni onnicomprensive meritano un approfondimento.

25P. MONTALENTI, op. cit., p. 328/I; A. POMELLI, op. cit., p. 1350, secondo la nozione di parte correlata riproduce sostanzialmente quanto stabilito nel principio contabile internazionale, al quale tuttavia si è deciso di non fare mero rinvio per evitare che future modifiche allo IAS 24 per motivazioni di natura meramente contabile andassero ad alterare automaticamente anche l’ambito di applicazione della disciplina de quo.26A. POMELLI, La disciplina delle operazioni con parti correlate, in Nuove leggi civili commentate, 2010, p. 1349.27L. BONZANINI - A. MARTELLONI, op. cit., p. 951. Si precisa che il lavoro degli autori è precedente al Regolamento Consob.28 G. LIACE, op., cit., p. 761.

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L’allegato 1 al Regolamento 29 , come accennato, fornisce una definizione

completa, ma alquanto ampia che, pertanto, merita un’analisi.

Il “controllo” di cui alla lettera a) - estraneo al concetto di “controllo” ex art. 2359

c.c. - consiste nel potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di

un’entità al fine di ottenere benefici dalle sue attività.

Il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di una società è

incentrato sull’idea di ingerenza nella gestione, prescindendo dalle modalità con

le quali tale potere si manifesta, e quindi, dall’esercizio del voto nell’assemblea

ordinaria; peraltro, il controllo rilevante agli effetti della disciplina in discorso

include l’elemento soggettivo come fine specifico e qualificante del potere

esercitato (“al fine di ottenere benefici dalla sua attività”)30.

Si presume che il controllo sussista allorché un soggetto sia in possesso,

direttamente ovvero indirettamente a mezzo delle proprie controllate, di più della

metà dei diritti di voto di un’altra società.

Esempio di quest’ultima ipotesi potrebbe essere la società che detiene “almeno il

novanta per cento delle azioni di un’altra società” di cui all’art. 2502-bis c.c. in

tema di fusione c.d. semplificata che prevede delle <<agevolazioni e

semplificazioni>> 31 nel procedimento di fusione che trovano una ragione nel

limitato peso che i soci di minoranza hanno nel capitale della società destinata alla

incorporazione.

29 Esso stabilisce che: “un soggetto è parte correlata a una società se: a) direttamente o indirettamente, anche attraverso società controllate, fiduciari o interposte persone: i) controlla la società, ne è controllato, o è sottoposto a comune controllo; ii) detiene una partecipazione nella società tale da poter esercitare un’influenza notevole su quest’ultima; iii) esercita il controllo sulla società congiuntamente con altri soggetti; b) è una società collegata della società; c) è una joint venture in cui la società è una partecipante; d) è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche della società o della sua controllante; e) è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui alle lettere a) o d); f) è un’entità nella quale uno dei soggetti di cui alle lettere d) o e) esercita il controllo, il controllo congiunto o l’influenza notevole o detiene, direttamente o indirettamente, una quota significativa, comunque non inferiore al 20%, dei diritti di voto; g) è un fondo pensionistico complementare, collettivo od individuale, italiano od estero, costituito a favore dei dipendenti della società, o di qualsiasi altra entità ad essa correlata.

30G. MOLLO – D. MONTESANTO, Il controllo societario nel Testo Unico della Finanza, Problemi e prospettive di riforma, in Quaderni giuridici, Consob, 8 giugno, 2015.31L. GENGHINI – P. SIMONETTI, Le società di capitali e le cooperative, Manuali Notarili a cura di Lodovico Genghini, Cedam, 2012, p. 1211.

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Tuttavia, è anche possibile che vi sia controllo quando una società possieda la

metà ovvero una quota minore dei diritti di voto esercitabili in assemblea se

questa ha:

- il controllo di più della metà dei diritti di voto in virtù di un accordo con

altri investitori;

- il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali della società in

forza di Statuto o di un accordo;

- il potere di nominare o rimuovere la maggioranza dei membri del consiglio

di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, ed il controllo

della società è detenuto da quel consiglio od organo;

- il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute del

consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, ed il

controllo è detenuto da quel consiglio od organo.

Vi è anche da dire che in presenza di questi fattori appena indicati, il controllo è

presunto: si tratta, tuttavia, di una presunzione relativa32 che è superabile dalla

prova contraria nel caso, in cui, ad esempio, il diritto di voto sia sterilizzato a

causa della violazione delle norme sulle partecipazioni qualificate o da

disposizioni antitrust33.

Il “controllo congiunto”, invece, è la condivisione, stabilita contrattualmente, del

controllo su un’attività economica34 . Anche questo è un concetto estraneo al

codice civile, almeno per quanto concerne l’art. 2359 c.c.35

L’orientamento della Consob di dettare definizioni autonome anche delle nozioni

di controllo o collegamento, diverse da quelle civilistiche – mutuandole dalle

regole contabili - ha suscitato delicati interrogativi. Non è chiaro, in particolare, se

la mera partecipazione ad un patto di sindacato sia sufficiente a concretare

un’ipotesi di controllo congiunto o, soprattutto, una posizione di influenza

notevole, che si configura in ragione della mera partecipazione alla

determinazione delle politiche finanziarie e gestionali (ad esempio mediante la

32A differenza della presunzione assoluta dettata dall’art. 2359 c.c.33A. POMELLI, op. cit, p. 1351.34A. POMELLI, op. cit., p. 1351. Si ha, ad esempio, controllo congiunto quando due soci che dispongano ciascuno del 50% dei diritti di voto della società partecipata e stipulino un patto parasociale per disciplinare la governance della loro controllata comune.35M. LAMANDINI, Appunti in tema di controllo congiunto, in Giur. Comm., 1993, pp. 231 s.s.

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rappresentanza nel consiglio di amministrazione)36 . Nemmeno le Linee Guida

della Consob forniscono una risposta: esse, infatti, si limitano a precisare che la

mera partecipazione ad un patto parasociale non determina, “per ciò solo”, la

qualità di parte correlata anche se dal patto deriva in capo ad uno o più soggetti il

potere di esercitare il controllo o un’influenza notevole: come precisa la Consob,

infatti, bisogna tenere conto delle caratteristiche del patto, delle clausole che

regolano i rapporti dei soci, etc. Quindi, va valutato il caso specifico, al di là del

nomen iuris attribuito al patto ed al singolo soggetto: solo una lettura della

fattispecie concreta, dunque, può consentire di stabilire se chi aderisce al patto ha

il potere di esercitare il controllo (anche congiuntamente ad altri pattisti).

Il Regolamento introduce, dunque, un principio guida nella valutazione di

ciascuna relazione con parti correlate, in base al quale l’attenzione deve essere

chiaramente (e prevalentemente) rivolta alla sostanza del rapporto e non solo alla

veste giuridica assunta dallo stesso37.

Ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, inoltre, merita attenzione la

nozione di “influenza notevole”: una società che detiene una partecipazione in

un’altra, in tal caso, ha il potere di partecipare alla decisione delle politiche

finanziarie e gestionali della stessa, ancorché non ne abbia il controllo: ciò, in

particolare, può verificarsi in caso di operazioni rilevanti tra le stesse società

ovvero in caso di partecipazione nel processo decisionale, inclusa quella alle

decisioni in merito ai dividendi o ad altro tipo di distribuzione degli utili.

L’influenza notevole si presume esistente se un soggetto possiede direttamente o

indirettamente, il 20% o una quota maggiore di diritti di voto, a meno che non

possa essere chiaramente dimostrato il contrario. Di contro, se il soggetto possiede

una quota minore dei diritti di voto, si presume che il soggetto non abbia una

influenza notevole, a meno che tale influenza non possa essere dimostrata38.

36P. MONTALENTI, op. cit., p. 328/I.37 L. PROVARONI, Profili caratteristici delle operazioni con parti correlate, in Corriere Tributario, n. 25/2011, p. 2064.38Tra gli indizi rilevanti per l’accertamento di un’influenza notevole possono essere considerati, individualmente o congiuntamente, a mero scopo esemplificativo: (a) la rappresentanza nel consiglio di amministrazione, o nell’organo equivalente, della partecipata; (b) la partecipazione al processo decisionale, inclusa la partecipazione ai dividendi o ad altro tipi di distribuzione degli utili; (c) la presenza di operazioni rilevanti tra il soggetto o la società partecipante e la società partecipata; (d) l’interscambio di personale dirigente; (e) la messa a disposizione di informazioni tecniche essenziali. Così A. POMELLI, op. cit., p. 1352.

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Tuttavia, la percentuale del 20% prevista dalla Consob, è più elevata rispetto a

quella prevista sia dal Codice Civile 39 sia dalle disposizioni di vigilanza

prudenziale per le banche40.

Allora per evitare un eccessivo divario tra il concetto di influenza notevole

rilevante a fini civilistici e quello derivante per il Regolamento opc, alcune società

hanno accolto la previsione civilistica41. Ma in realtà, sebbene ciò comporti da un

lato una maggiore armonia tra Codice Civile e Regolamento opc, è anche vero che

da altro punto di vista crea una disomogeneità tra le categorie adottate dalle varie

società.

Allora dei criteri omogeni e meno rigidi potrebbero superare il problema.

Al riguardo è vero che la Consob ha previsto alcune situazioni normalmente

riconducibili all’esercizio di influenza notevole, ma è anche vero che si tratta di

elencazioni meramente esemplificative 42 , che non assurgono al rango di

presunzione, nemmeno relativa43.

Autorevole dottrina sul punto ha sostenuto che l’influenza notevole debba riferirsi

alle deliberazioni in consiglio di amministrazione, non già in assemblea:

diversamente si perverrebbe all’assurdo di ritenere ogni socio dotato di influenza

notevole44.

39L’art. 2359 c.c. richiede una percentuale del 10%.40Il riferimento è alle Disposizioni di Vigilanza Prudenziale per le banche approvate nel dicembre 2011, disponibili sul sito www.bancaditalia.it., ove si legge che “l’influenza notevole si presume in caso di possesso di una partecipazione, diretta o indiretta, pari o superiore al 20 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria o in altro organo equivalente della società partecipata, ovvero al 10 per cento nel caso di società con azioni quotate in mercati regolamentati.”41Il Regolamento opc della Banca Popolare di Sondrio, ad esempio, al riguardo recita: “Per parte correlata si intende il soggetto che in considerazione della posizione aziendale potrebbe esercitare sugli organi deliberanti della banca un’influenza tale da condizionarne l’operatività, al fine di favorire, direttamente o indirettamente, propri interessi personali. Relativamente al perimetro di applicazione della specifica normativa la Banca: - rileva le parti correlate direttamente individuabili (amministratori, sindaci, direzione generale); - trasmette annualmente alle stesse il modulo “scheda censimento” affinché, oltre ad attestare la propria posizione, specifichino i familiari fino al secondo grado compreso e le entità nelle quali gli stessi soggetti esercitino il controllo, il controllo congiunto o l’influenza notevole, o detengano, direttamente o indirettamente, una quota significativa, comunque non inferiore al 20% dei diritti di voto, ovvero al 10% in caso di società quotata. (…Omissis).”42Ad esempio: la presenza di operazioni rilevanti tra la partecipante e la partecipata; l’interscambio di personale dirigente; la messa a disposizione di informazioni tecniche essenziali, etc.43V. SALAFIA, Le operazioni con parti correlate, in Società, 2010, p. 737.44P. MONTALENTI, op. cit. p. 328/I.

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Inoltre questa species di “parte correlata” può nascere dalla previsione di una

clausola statutaria45 ad hoc ovvero con il possesso di azioni.

Altra categoria di parti correlate è la “dirigenza con responsabilità strategiche” di

cui alla lettera d) dell’allegato al Regolamento. Essa richiama il concetto di potere

e responsabilità di quei soggetti che, in modo diretto ovvero indiretto, provvedano

alla pianificazione, direzione e controllo delle attività della società, compresi gli

amministratori della società stessa.

E’nell’interesse della società e della salvaguardia della legittimità delle sue

operazioni stilare ex ante un elenco delle posizioni apicali che ricadono in questa

concetto, tenendo peraltro in considerazione che ex post sarà la sostanza dei poteri

e responsabilità loro affidati e non la posizione formalmente assunta a determinare

chi sia da qualificarsi come “dirigente con responsabilità strategiche”46.

Ma come si riconoscono i dirigenti con responsabilità strategiche?

Questa è una figura sconosciuta al Codice Civile, ma non al Testo Unico della

Finanza che, all’art. 123-ter, 3 comma, lett. a), parla di “tutti quei soggetti che

hanno il potere e la responsabilità della pianificazione”. Pertanto questi soggetti

sono coloro che hanno il potere di pianificare operazioni non trascurabili

nell’economia complessiva dell’azione sociale. La Consob47 ha chiarito che sono

da qualificarsi tali non solo i membri dell’organo di gestione, ma anche quelli

dell’organo di controllo.

Le ultime categorie di “parti correlate” elencate dal regolamento opc sono gli

“stretti familiari”, la “società controllata”, la “società collegata” e le “joint

venture”.

Si considerano stretti familiari48 di un soggetto quegli appartenenti della famiglia

che si pensa possano influenzare il soggetto interessato oppure essere influenzati

da esso nei loro rapporti con la società: tra i familiari, a tali fini, possono

includersi il coniuge non legalmente separato e il convivente, i figli e le persone a

carico del soggetto, del coniuge non legalmente separato o del convivente.

45Si pensi, ad esempio, ad una clausola statutaria che conferisca al soggetto il potere di eleggere un rappresentante nel CDA.46A. POMELLI, op. cit., p. 1352.47 CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, disponibile sul sito www.consob.it.48Il Regolamento li riconduce a quei familiari che ci si attende possano influenzare (il) o essere influenzati (dal) soggetto interessato (precedenti lett. a – d) nel loro rapporti con la società.

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In questo caso occorre valutare, per stabilire se trattasi di parte correlata, non solo

lo status di familiare del soggetto in questione, ma anche l’attitudine dello stesso

ad influenzare o ad essere influenzato; ciò evidentemente permea di soggettività e

discrezionalità le conclusioni alle quali la società può pervenire49.

La società controllata – che nel nostro Codice è disciplinata dagli artt. 2359 ss. - è

una società le qui azioni o quote sono possedute da un’altra società, in quantità

sufficiente per esercitare un’influenza dominante sull’amministrazione.

Tale è la società, che possiede azioni o quote della controllata, è detta “società

madre”.

Sono controllate le società nelle quali:

- si dispone della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria;

- non si dispone della maggioranza, ma si ha comunque un’influenza

dominante in assemblea;

- si ha un’influenza dominante, in virtù di particolari vincoli contrattuali.

La società collegata – che, anch’essa, è disciplinata dal nostro Codice agli artt.

2359 ss. – è una società in cui un socio eserciti un’influenza notevole ma non il

controllo o il controllo congiunto.

Infine, la joint venture è un accordo contrattuale con il quale due o più parti

intraprendono un’attività economica sottoposta a controllo congiunto: essa, in

particolare, costituisce una particolare forma di controllo congiunto.

A tal riguardo si precisa che, secondo un orientamento50 , costituiscono parti

correlate le joint venture che partecipano le controllate dall’emittente

Queste, le principali ipotesi di parti correlate. Ma come questi soggetti, inquadrati

a livello forse un po’ astratto, trovano un inquadramento a livello di diritto

societario?

Si è azzardato a parlare di “rinvio reciproco” proprio perché il codice civile rinvia

al Regolamento Consob per i principi generali, e quindi anche per la definizione

di parte correlata, ma il Regolamento rinvia mediatamente al codice civile per la

concretizzazione di quei concetti.

49L. PROVARONI, op. cit., p. 2062.50ASSONIME, Circolare n. 38 del 6 dicembre 2010, La disciplina della Consob in materia di operazioni con parti correlate, p. 20, disponibile sul sito www.assonime.it.

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A titolo esemplificativo, quando il Regolamento fa riferimento alla società

controllata, rinvia mediatamente all’art. 2359 c.c. per circoscrivere l’ambito di

applicazione della fattispecie: l’interprete, pertanto, per qualificare una società

come parte correlata “ai sensi del regolamento”, dovrà individuare la norma di

diritto societario relativa al caso concreto. Anche in questo senso il fenomeno di

“eterointegrazione”, stavolta forse in senso lato, torna ad operare.

Sicuramente, anche adottando il criterio del rinvio, non si risolvono tutti i dubbi di

inquadramento perché vengono enunciati concetti, come visto, dei quali occorre

individuare in concreto le fattispecie di riferimento51.

La cosa certa è che il lungo e meticoloso elenco delle ipotesi di correlazione

dimostra quanta fatica dovranno fare gli amministratori delle società per stabilire

preventivamente quali saranno le possibili occasioni di operazioni con parti

correlate, tenendo conto soprattutto che si tratta di società quotate con azioni

diffuse e, quindi, con una numerosa e variegata compagine sociale52.

6. (Segue): Le definizioni di “operazioni straordinarie”: in particolare le

operazioni rilevanti e non rilevanti.

Anche per le operazioni straordinarie con parti correlate vale lo stesso

ragionamento che ruota attorno al metodo del rinvio.

Come si evince dalla lettura del Regolamento53, la Consob non stila un elenco

tassativo, bensì “aperto”, suscettibile di essere completato dall’operatore

giuridico; è, però, prevista una “presunzione” rispetto a quelle che rientrano

sicuramente nell’alveo di dette operazioni.

51V. SALAFIA, op. cit., p. 736, in cui si precisa che “Il regolamento lodevolmente fornisce un valido aiuto illustrando per ciascun concetto la concreta fattispecie di riferimento.”52V. SALAFIA, op. cit., p. 736.53 L’allegato 1 al Regolamento stabilisce che “Per operazione con una parte correlata si intende qualunque trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo. Si considerano comunque incluse:- le operazioni di fusione, scissione per incorporazione o di scissione in senso stretto non

proporzionale, ove realizzate con parti correlate;- ogni decisione relativa all’assegnazione di remunerazioni e benefici economici, sotto qualsiasi

forma, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti con responsabilità strategiche”.

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23

In base al Regolamento per operazione con parte correlate si intende “qualunque

trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra parti correlate,

indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo”.

Questa definizione sconta inevitabilmente la sua matrice <<contabile>> in quanto

sembra fare precipuo riferimento ad operazioni di natura industriale, commerciale

o finanziaria con parti correlate. Al riguardo, però, è stato detto che anche

transazioni societarie di cui non si dà rappresentazione contabile ai sensi dello

IAS 24, comportano analoghi, se non maggiori, rischi di espropriazione nei

confronti degli investitori, se non altro perché si tratta spesso di operazioni

irreversibili, come nel caso delle fusioni e delle scissioni54.

Ecco perché non viene fatto, anche in questo caso, un mero rinvio allo IAS 24.

Infatti, il punto di riferimento, è l’incidenza delle operazioni sul patrimonio

sociale, astrattamente interessato anche da atti unilaterali e a titolo gratuito55.

Verranno analizzate le principali, anche al fine di comprendere quali altre vi si

possano assimilare.

Le operazioni prese in considerazione, ai fini che qui interessano, sono tutti i tipi

di fusione (in senso stretto o propria e per incorporazione o impropria), ma non

anche tutte le tipologie di scissione: il riferimento, infatti, è solo alla scissione per

incorporazione con una parte correlata ed alla scissione in senso stretto non

proporzionale56 , non anche le scissioni in senso stretto di tipo proporzionale,

poiché in tali ultimi casi non si ravvisano pericoli di espropriazioni, trattandosi,

come si dirà meglio infra, di operazioni rivolte a parità di condizioni a tutti i soci e

senza coinvolgimento di ulteriori soggetti.

54A. POMELLI, op. cit., p. 1353.55M. MIOLA, Le operazioni con parti correlate, in ABBADESSA (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: liber amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, p. 648.56 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p.3, disponibile sul sito www.consob.it. Nel senso che, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle OPC <<occorre sempre una transazione che veda la società come ente giuridico nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti della stessa>>, e che debba pertanto trattarsi di un’operazione compiuta o deliberata dagli organi della società e destinata ad incidere direttamente sul patrimonio della stessa, A. POMELLI, La disciplina delle operazioni con parti correlate, in Nuove leggi civ. comm., 2010, pp. 1353 ss., ove ulteriori riflessioni sul tema, L’A. conclude altresì, alla luce dei criteri utilizzati non sarà una OPC l’OPA proposta dall’azionista di controllo o da altra parte correlata.

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Riguardo alla fusione, cioè l’unione di due o più società in una sola, sia dei

rispettivi patrimoni, sia delle compagini sociali – mediante l’assegnazione delle

azioni della società risultante/incorporante ai soci delle società fuse/incorporate -

il riferimento (con un mediato rinvio agli artt. 2501 s.s. c.c.) a tutti i tipi di fusione

implica che per “operazione” si debba intendere sia quella che si esegue mediante

la costituzione di una nuova società – c.d. propria - (con la conseguenza che tutte

le società preesistenti si “estinguono”57), sia la fusione per incorporazione – c.d.

impropria – che si esegue mediante l’incorporazione in una società di una o più

altre (con la conseguenza che, in tal caso, le preesistenti si “estinguono”, salvo

che una resti in vita58).

La limitazione alle sole citate operazioni di scissione, invece, è fondata se si pensa

alla natura ed alla ratio delle stesse.

In primo luogo, la scissione per incorporazione in senso stretto, comporta

un’assegnazione del patrimonio della scissa a società beneficiarie preesistenti e le

relative azioni ai suoi soci.

Mentre la scissione in senso stretto non proporzionale comporta la creazione di

una nuova società (considerata la natura dell’operazione non si sarebbe di fronte a

un fenomeno di costituzione in senso proprio in quanto, in virtù del principio di

continuità di cui all’art. 2498 c.c., la società è la stessa con una nuova veste

giuridica).

La “non proporzionalità” (art. 2506-bis, 4 comma c.c.) si verifica allorquando le

azioni o quote delle beneficiarie sono assegnate ai soci della scissa, senza

rispecchiare le originarie percentuali di partecipazione al capitale sociale della

società che si scinde: all'esito dell'operazione, quindi, i soci della scissa saranno

anche soci (scissione parziale) o soltanto soci (scissione totale) di una o più delle

società beneficiarie in ogni caso con percentuali di partecipazione diverse da

quella originaria con la conseguenza che la minore partecipazione proporzionale

ad una società deve essere compensata da una maggiore partecipazione ad un’altra

società.

In considerazione di quanto detto nel novero delle operazioni con parti correlate

non vi rientra la scissione in senso stretto proporzionale proprio perché, come 57G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2009, p. 640.58G. F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 640.

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detto, è un’operazione rivolta indifferentemente a tutti i soci a parità di

condizioni59.

Altra operazione con parte correlata, sebbene non espressamente menzionata

dall’Allegato al Regolamento è l’aumento di capitale con esclusione del diritto di

opzione a favore di una parte correlata, mentre sono esclusi gli aumenti con

offerta del diritto potestativo di opzione in quanto rivolti, a parità di condizioni,

sia alle eventuali parti correlate titolari di strumenti finanziari sia a tutti gli altri

titolari di tali strumenti.

Anche su questo aspetto è intervenuta la Comunicazione interpretativa del

settembre 2010 nella quale si è affermato che criteri analoghi a quelli esposti

devono ritenersi validi ai fini dell’esclusione o meno di un’operazione di aumento

di capitale nel novero delle OPC.

A tal stregua, gli aumenti di capitale con esclusione del diritto di opzione a favore

di una parte correlate sono inclusi, in quanto strumenti idonei alla estrazione di

benefici privati di controllo a detrimento delle minoranze, mentre restano fuori

dall’applicazione del Regolamento quelli offerti in opzione a parità di condizioni

a tutti i soci.

Non rientra nemmeno tra le OPC l’offerta pubblica di acquisto promossa

dall’azionista di controllo o da altra parte correlata per l’acquisto direttamente

dagli azionisti di tutte o parte delle azioni che l’offerente non possieda, salvo che

si tratti di offerta che rientri in un accordo di fusione o funzionale ad

un’operazione di scissione in senso stretto non proporzionale60.

Dato atto dei concetti basilari, è opportuno distinguere le operazioni rilevanti e

quelle “non rilevanti” ovvero “ordinarie”.

Le operazioni di maggiore rilevanza sono individuate dall’art. 3. Lettera b) del

Regolamento Consob e dall’Allegato numero 3, par. 1.3 cui si rinvia: tra esse, a

titolo esemplificativo, si annoverano “quelle per le quali almeno uno degli indici

di rilevanza individuati nello stesso Allegato n. 3 (controvalore dell’operazione in

rapporto al patrimonio netto, ovvero, se maggiore, alla capitalizzazione; totale

59 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 4.60A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve al diritto delle società, Padova, 2011, p. 639.

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attivo dell’entità oggetto dell’operazione su totale dell’attivo della società; totale

passività dell’entità acquisita su totale attivo della società) superi il 5%”.

Dalla definizione, alquanto tecnica, si comprende la ragione per la quale era stato

detto che operazione con parte correlata è concetto anche contabile.

Come emerge chiaramente dalla previsione citata la Consob attribuisce grande

risalto alla scelta di individuare parametri di tipo quantitativo per qualificare

rilevanti alcune operazioni con parti correlate.

Questa scelta trae origine dall’assunto che il criterio di natura “qualitativa” dettato

al riguardo dall’art. 71-bis del Regolamento Emittenti avrebbe condotto, secondo

l’Autorità, alla individuazione di un numero troppo limitato di operazioni

cosiddette “rilevanti”61. Si è detto che l’utilizzo in via esclusiva di criteri di natura

quantitativa non è di per sé idoneo – per la sua rigidità – a regolamentare in

materia ottimale la materia. Il rischio sarebbe quello di non ricomprendere,

nell’ambito delle operazioni rilevanti, con la conseguente applicazione della

specifica disciplina regolamentare, operazioni che, pur sotto soglia, presentano

profili di significatività (talvolta anche superiori a quelli di operazioni che vi

ricadono solo in ragione dell’elevato controvalore)62. Né, si aggiunge, appare

dirimente la previsione di chiusura che demanda alle singole società

l’individuazione aggiuntiva di criteri di tipo qualitativo; tale previsione non

appare di per sé idonea a stimolare l’adozione in via di autodisciplina di

regolamentazioni efficaci63.

Abbastanza chiara è anche la definizione di “operazioni ordinarie” di cui all’art. 3,

lettera d), del Regolamento.

Le “operazioni ordinarie”, alle quali si applica un regime di esenzioni informative

e procedurali, sono quelle che rientrano nello “ordinario esercizio dell’attività

operativa” ovvero della “attività finanziaria”, ad essa connessa64.

61F. CHIAPPETTA, op. cit., p. 14.62F. CHIAPPETTA, op.cit., p. 14, il quale precisa, altresì, che il riferimento è, ad esempio, ad operazioni di tipo strategico ed accordi di collaborazione o contratti quadro, per i quali è difficile individuare un valore ovvero alle operazioni tra loro collegate nell’ambito di un medesimo disegno strategico o programma esecutivo.63F. CHIAPPETTA, op. cit., p. 15.64 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 8.

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L’attività “operativa” è l’insieme: i) delle principali attività generatrici di ricavi

della società e ii) di tutte le attività di gestione che non siano classificabili come

“di investimento” o “finanziarie”: sono attività di investimento, ad esempio, gli

investimenti finanziari che non rientrano nelle cosiddette “disponibilità liquide

equivalenti”65.

Nell’attività finanziaria ricadono, invece, quelle attività che determinano

modifiche, ad esempio, della dimensione e della composizione del capitale

proprio versato.

Altro elemento della definizione di “operazione ordinaria” è rappresentato

dall’attività finanziaria: questo elemento, in particolare, consente di estendere il

beneficio dell’esenzione di cui si è accennato anche ad operazioni in astratto

qualificabili come finanziarie, nella misura in cui queste siano accessorie allo

svolgimento dell’attività operativa66.

Da ultimo, merita attenzione la definizione di operazioni ordinarie.

Al fine di valutare se un’operazione rientri nell’ordinario esercizio dell’attività,

bisogna fare riferimento a vari elementi, tra i quali, a titolo esemplificativo, si

richiamano l’oggetto dell’operazione (l’estraneità dell’oggetto dell’operazione

all’attività tipicamente svolta dalla società costituisce un indice di anomalia che

può indicarne la non ordinarietà), la dimensione della stessa ovvero la natura della

controparte67.

65 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 9, in cu si precisa che si considerano disponibilità liquide equivalenti, oltre alla cassa ed ai depositi a vista, gli investimenti finanziari a breve termine e ad alta liquidità che sono prontamente convertibili in valori di cassa noti e che sono soggetti ad un irrilevante rischio di variazione del loro valore.66 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 10. Quanto agli aumenti di capitale con esclusione del diritto di opzione – gli unici a rilevare poiché gli aumenti in opzione non si considerano operazioni con parti correlate si ritiene che gli stessi non rientrino in via generale nell’ordinario esercizio dell’attività finanziaria connessa all’attività operativa.67 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 11 ss. nell’ambito delle operazioni soggettivamente qualificate in quanto effettuate con parti correlate è possibile individuare un sottoinsieme di operazioni che non rientrano nell’esercizio ordinario dell’attività operativa in quanto effettuate da una controparte che presenta caratteristiche anomale rispetto al tipo di operazione compiuta: si pensi, a titolo di esempio, al caso di una società che ceda un bene strumentale, classificato come attività non corrente posseduta per la vendita, ad una società

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7. L’ambito di applicazione del Regolamento Consob 2010: società quotate, neo

quotate, piccole quotate e società con azioni diffuse.

Alla luce della ricostruzione delle origini della disciplina, delle definizioni delle

operazioni con parti correlate e delle sue problematiche principali risulta ora

opportuno individuare l’ambito di applicazione delle regole sulla procedura in

esame.

L’individuazione non può che prendere le mosse dall’art. 2391-bis c.c. nella parte

in cui fa riferimento alle società azionarie che fanno ricorso al mercato del

capitale di rischio.

La disciplina dettata dalla Consob, precedentemente all’introduzione nel Codice

Civile dell’art. 2391-bis, si riferiva unicamente alle operazioni tra determinati

soggetti (parti correlate) e le società quotate. Oggi, invece, le regole dettate dalla

Consob dovranno applicarsi anche alle parti correlate delle altre società, diverse

dalle quotate, che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (c.d. società

aperte), vale a dire, in buona sostanza, alle società emittenti azioni diffuse tra il

pubblico in misura rilevante68.

Tuttavia le regole rigidamente predeterminate di cui si è detto creano costi fissi a

carico di tutti gli emittenti, costi che taluni possono avere più difficoltà ad

assorbire69.

Per questa ragione il Regolamento tenta anche di differenziare le società, creando

regole speciali per quelle di recente quotazione 70 , per le società di minori

dimensioni71 e per le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante

(cfr. art. 10 regolamento che peraltro esclude dal beneficio le società controllate,

controllata da un amministratore che non svolga attività nel settore in cui tale bene è utilizzato o che sia palesemente priva di un’organizzazione idonea ad impiegare il bene.68L. BONZANI- A. MARTELLONI, op. cit., p. 950. 69P. GIUDICI, Neo quotate, piccole quotate e società con azioni diffuse: lo speciale regime per le operazioni con parti correlate, in Le Società, 2010, fasc. 7, p. 871.70 L’art. 3, lett. g) del regolamento le definisce come segue: “le società con azioni quotate nel periodo compreso tra la data di inizio delle negoziazioni e la data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello di quotazione” e “non possono definirsi società di recente quotazione le società risultanti dalla fusione o dalla scissione di una o più società con azioni quotate che non siano a loro volta di recente quotazione”.71L’art. 3, lett. f) del regolamento le definisce come segue: “le società per le quali né l’attivo dello stato patrimoniale né i ricavi, come risultanti dall’ultimo bilancio approvato, superino i 500 milioni di euro” e “le società di minori dimensioni non possono più qualificarsi tali nel caso in cui per due esercizi consecutivi non soddisfino congiuntamente i predetti requisiti”.

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anche indirettamente, da una società italiana o estera con azioni quotate in mercati

regolamentati).

Questo regime di favore che caratterizza le citate società si giustifica alla luce del

fatto che le società ancora di dimensioni minori o comunque non strutturate in

maniera adeguata si inquadra nel più ampio obiettivo che cerca di tenere in

considerazione la ritrosia delle piccole-medie imprese europee a rivolgersi al

mercato del capitale di rischio.

Queste brevi premesse sull’ambito di applicazione, permetteranno di affrontare

l’analisi delle procedure relative alle operazioni con parti correlate e le discrasie

conseguenti alla società quotate strictu sensu ed a quelle neo-quotate, piccole

quotate e società con azioni diffuse.

8. Il Codice di Autodisciplina delle società quotate.

Nell’ottica di un sistema “multilivello”, si ritiene di dover accennare – anche per

una maggior completezza – a quanto prevede il Codice di Autodisciplina, sopra

richiamato cui le società hanno facoltà di attingere per perseguire una gestione

efficiente, corretta e trasparente.

Già nella prima versione del documento 72 si raccomandava di riservare agli

amministratori un ruolo nelle operazioni aventi un significativo rilievo

economico, patrimoniale e finanziario, tra le quali rientravano senz’altro le OPC.

Nella versione successiva73 nonché nella versione del 200674 si proponeva la

richiesta di un esame preventivo e l’approvazione dal parte del CDA delle opc e

l’adozione di criteri generali per l’individuazione delle operazioni di rilievo

significativo75.

72Codice di Autodisciplina Borsa Italiana,1999.73Codice di Autodisciplina Borsa Italiana, 2002.74Codice di Autodisciplina Borsa Italiana, 2006.75L. BONZANINI – M. MARTELLONI, op. cit., p. 955.

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Quindi, le transazioni con soggetti collegati erano accostate, in termini di

rischiosità per le società, a quelle realizzate da un amministratore in conflitto di

interesse.

Il Codice di Autodisciplina, tuttavia, presentava la natura di norma facoltativa76.

Alla facoltatività dell’adesione al Codice si contrappone l’obbligatorietà

dell’informazione sull’adesione. Le istruzioni al Regolamento dei Mercati

richiedono alle società emittenti azioni quotate di comunicare alle società di

gestione del mercato, con cadenza annuale, se e in quale misura si sono

uniformate alle indicazioni del codice. Un eventuale discostamento dal Codice di

autodisciplina comporta l’obbligo di fornire un’adeguata motivazione alla società

di gestione dei mercati regolamentati77.

Allo stesso modo l’art. 123-bis TUF, prevede che le società emittenti valori

mobiliari ammessi alle negoziazioni in mercati regolamentati sono tenute ad

inserire nella relazione sulla gestione una specifica sezione contenente

informazioni circa l’adesione ad un codice di comportamento promosso da società

di gestione dei mercati regolamentati oppure da associazioni di categoria in

materia di governo societario, motivando le ragioni dell’eventuale mancata

adesione ad una o più disposizioni.

Il legislatore nazionale, nella redazione dell’art. 2391-bis c.c., ha recepito la

disposizione del Codice di autodisciplina dedicata alle operazioni con parti

correlate. A tal proposito, è il caso di rilevare che la forza intrinseca di una fonte

di soft law, nella sua timidezza, può contenere, tanto da preludere alla

consacrazione legislativa78.

L’articolo 9 del vigente Codice di Autodisciplina raccomanda che il consiglio di

amministrazione adotti misure idonee affinché le operazioni con parti correlate

vengano compiute con modalità che rispettino i tre criteri della trasparenza,

correttezza sostanziale e procedurale. Il Codice di autodisciplina raccomanda di

adottare misure che prevedano che le operazioni (anche solo quelle ritenute più

76Codice di Autodisciplina Borsa Italiana 2006: “L’adesione al codice è volontaria” e le società sono tenute in base al principio comply or explain ad indicare nella relazione sul governo societario quali raccomandazioni hanno applicato, la misura dell’adesione e le ragioni della mancata adozione delle altre.77S. ESPOSITO, op. cit., p. 872.78P. MONTALENTI, Corporate governance, consiglio di amministrazione, sistemi di controllo interno: spunti per una riflessione, in Rivista delle società, 2002, p. 803.

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significative) siano approvate con il supporto del comitato per il controllo interno

e/o che le trattative siano affidate a uno o più amministratori indipendenti e/o che

si ricorra a esperti indipendenti. Inoltre l’esame e l’approvazione vanno effettuate

preventivamente.

Da quanto detto si evince che il Codice di autodisciplina, per ragioni concernenti

la propria natura e la propria funzione, si limita a prevedere principi di ordine

generale senza precisare analiticamente regole, la cui efficacia vincolante sarebbe

rimessa alla volontà degli emittenti79.

La maggior parte delle società quotate ha approvato un “documento quadro” (le

c.d. “linee guida”) nel quale, di regola, vengono forniti ex ante i criteri per

l’identificazione delle operazioni particolarmente significative e con parti

correlate, di competenza del consiglio di amministrazione quale organo collegiale.

9. Il Testo Unico bancario. La disciplina bancaria nelle opc: aspetti generali.

Definiti i confini delle operazioni con parti correlate con riferimento alla

disciplina “ordinaria”, è apparso interessante volgere uno sguardo al profilo delle

opc nelle Banche: in particolare sono state analizzate le previsioni del testo unico

Bancario (D.lgs. n. 385/1993) anche al fine di coordinarle con la disciplina delle

parti correlate dettate dalla Consob.

Le prospettive di crescita dimensionale e strutturale degli intermediari finanziari si

riflettono nella configurazione di architetture di gruppo, fondate su rapporti

partecipativi tra diverse entità giuridiche nazionali ed internazionali. Peraltro,

sempre più spesso, le interrelazioni che derivano dai suddetti assetti si rivelano

potenzialmente lesive della libera concorrenza di mercato.

Questa è la principale ragione per la quale, in materia bancaria, le Autorità di

settore sono intervenute al fine di identificare i rischi, nonché quelli derivanti

dalle transazioni che gli enti bancari eseguono con soggetti che fanno riferimento

ai relativi centri decisionali: è evidente come, per tale via, sono state perseguite

finalità di correttezza e trasparenza valide per l’intero sistema economico-

finanziario.

79M. VENTORUZZO, op. cit., p. 517.

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Per questi motivi è stata predisposta una disciplina ad hoc volta a tutelare coloro

che danno corso ad “operazioni con parti correlate”.

La regolamentazione stabilita mira a preservare l’oggettività e l’imparzialità delle

decisioni sulle concessioni di finanziamento e altre transazioni a ad evitare

possibili distorsioni nel processo di allocazione delle risorse e l’esposizione delle

banche ai rischi non adeguatamente presidiati80

Il Testo Unico Bancario detta i criteri ordinatori della materia all’art. 53 il quale,

nel perseguire le finalità di tutela dei <<meccanismi concorrenziali>> di mercato,

realizza un sistema di vigilanza regolamentare ispirato ai principi di

<<despecializzazione istituzionale, operativa e temporale>>81.

In particolare, il 4 comma82 della norma citata demanda alla Banca d’Italia, in

conformità delle direttive emanate dal CICR, il potere di imporre “condizioni”

all’intermediario in sede di pianificazione e realizzazione di negoziazioni “nei

confronti di soggetti che possono esercitare un’influenza sulla gestione della

banca o del gruppo bancario, nonché dei soggetti ad essa collegati”.

Queste fattispecie vengono classificate dal legislatore come “attività rischiose”:

esse, infatti, potrebbero creare delle distorsioni sia al processo decisionale dei

componenti la corporate governance bancaria, sia al regime di tutela dei

depositanti e degli azionisti (specie quelli di minoranza)83.

Dalla norma si evince una specificità impositiva con riguardo alle operazioni con

parti correlate: si fa riferimento, infatti, a presidi fondati su regole operative e

comportamentali che l’intermediario è tenuto a rispettare nell’assunzione delle

attività di rischio.

80 C. GARGANO, Le nuove procedure bancarie ai sensi della disciplina sui conflitti di interesse nei confronti dei soggetti collegati e dell’art. 136 TUB, in Rivista di diritto bancario, gennaio 2013, disponibile sul sito www.dirittobancario.it.81A. TROISI, Le operazioni con parti correlate in ambito bancario e finanziario, in Banca, borsa, titoli di credito, 2011, fasc. 5, p. 650.82L’art. 53 del Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993), comma 4, recita che: “La Banca d’Italia disciplina condizioni e limiti per l’assunzione, da parte delle banche o dei gruppi bancari, di attività di rischio nei confronti di coloro che possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza sulla gestione della banca o del gruppo bancario nonché dei soggetti a essi collegati. In ogni caso i soci e gli amministratori, fermi restando gli obblighi previsti dall’art. 2391, primo comma, codice civile, si astengono dalle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto, per conto proprio op di terzi. Ove verifichi in concreto l’esistenza di situazioni in conflitto di interessi, la banca d’Italia può stabilire condizioni e limiti specifici per l’assunzione delle attività di rischio.”83A. TROISI, op. cit., p. 650.

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In tal senso sembra anche orientato il ruolo deferito alla Banca d’Italia: essa, in

particolare, disciplina i conflitti d’interesse che potrebbero nascere tra gli enti

creditizi ed i soggetti correlati ed ha la facoltà di esprimersi sull’eventuale

sospensione dei diritti amministrativi nei casi di mancato rispetto dei limiti e delle

condizioni introdotte dalla norma citata.

Dalla norma citata si ricava anche il particolare ruolo della Banca d’Italia nelle

ipotesi in cui una Banca si trovi ad intraprendere un’operazione qualificata come

“attività rischiosa”, in ragione delle distorsioni che esse possono arrecare vuoi al

processo decisionale degli esponenti della corporate governance bancaria, vuoi al

regime di tutela dei depositanti e degli azionisti (specie quelli di minoranza)84.

La tematica che si sta analizzando, pertanto, attiene all’ampia questione della

responsabilità sociale dell’intermediario; ed invero, la dinamica di alcune

operazioni tra soggetti correlati può pregiudicare anche i rapporti tra i diversi

portatori di capitale all’interno della società.

Come giustamente rilevato, viene anche in rilievo, la credibilità di cui le

istituzioni finanziarie godono sul mercato, nella misura in cui lo scambio di

risorse con l’esterno viene influenzato negativamente dalle condizioni strutturali

atipiche che caratterizzano tali operazioni; da qui i presumibili riflessi negativi

sulla stabilità del mercato, nonché sulla concorrenza con gli altri intermediari,

variabili queste che finiscono con l’essere falsate (o quantomeno distorte) dalle

relazioni economiche intercorrenti tra parti correlate85.

Ma ancora più rilievo alle operazioni “rischiose” è stato fornito dalle modifiche

apportate dalla legge sul risparmio (L. 262/2005) che ha ampliato il raggio di

azione del regime disciplinare descritto nell’ottica di una maggiore apertura alle

esigenze di trasparenza informativa e dell’analisi del processo decisionale sotteso

alla realizzazione delle strategie operative.

La legge sul risparmio ha, nello specifico, inciso sulle operazioni con parti

correlate come si evince dal passaggio da un criterio meramente quantitativo

relativo al “patrimonio della banca e alla partecipazione in essa detenuta dal

soggetto richiedente il credito” ad un criterio ti tipo qualitativo relativo a “presidi

84A. TROISI, op. cit., p. 650.85A. TROISI, op. cit., p. 651.

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fondati su regole operative e comportamentali che l’intermediario è tenuto a

rispettare nell’assunzione delle attività di rischio”86.

In questo quadro si inserisce anche il “forte” potere della Banca d’Italia di

disciplinare i conflitti di interesse che possono nascere tra gli enti creditizi ed i

soggetti correlati.

La disciplina delle opc nelle Banche si caratterizza, inoltre, per la esigenza di

tutelare non solo gli investitori attuali, ma anche quelli futuri, nella misura in cui,

in attuazione degli artt. 114 e 154-ter t.u.f., gli emittenti quotati (e i soggetti che li

controllano) adempiono all’obbligo di <<informazione continua>> verso il

pubblico investitore, comunicando l’esistenza di variabili strategiche ed operative

che tendono ad influenzare le informazioni dei prezzi degli strumenti finanziari

diffusi sul mercato87.

E’ anche vero che tali “notizie” rientrano nell’ambito di quelle informazioni price

sensitive: la natura di queste notizie, pertanto, impone al legislatore di raggiungere

un equilibrio tra trasparenza e segretezza societaria.

Peculiare, in ambito bancario, è anche l’operare della integrazione tra

Regolamento Consob sulle opc e la normativa della Banca d’Italia: entrambe le

discipline sono orientate a conferire sistematicità a banche quotate e sono, altresì,

preordinate al perseguimento degli obiettivi di stabilità degli intermediari

finanziari e di trasparenza dei mercati88.

In generale si può affermare che, nell’ambito della disciplina bancaria, un ruolo

centrale in particolare nella gestione dell’organizzazione bancaria è attribuito alla

86Cfr. V. Troiano, La nuova disciplina dei conflitti di interesse. Assunzione di attività di rischio nei confronti di soggetti collegati e di obbligazioni nei confronti degli esponenti aziendali, in A.a.V.v., La nuova legge sul risparmio. Profili societari, assetti istituzionali e tutela degli investitori, a cura di Capriglione, Padova, 2006, p. 108 s.s., ove l’A. mette in luce la rilevanza delle modifiche disciplinari che il legislatore introduce, mediante le disposizioni della legge sul risparmio, nell’ambito della materia relativa alle operazioni tra l’istituto creditizio e i <<soggetti qualificati da specifiche relazioni>> con lo stesso.87S. ESPOSITO, op. cit., pp. 863 s.s., in cui l’A. sottolinea la necessità di una disclosure adeguata al mercato inerente alle operazioni con parti correlate, nella misura in cui esse possono influenzare il normale andamento delle attività di investimento del pubblico risparmio nonché la situazione patrimoniale ed economica degli intermediari coinvolti.88A. TROISI, op. cit., p. 653, in cui si precisa che ciò avviene nel rispetto della autonomia imprenditoriale dei soggetti sottoposti a controllo pubblico, fermo l’intento del regolatore di assicurare la tutela dei risparmiatori e la fiducia di questi ultimi nell’integrità del sistema economico e finanziario.

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funzione degli amministratori indipendenti89 e, più in generale, alla valorizzazione

dell’organo collegiale.

In tale contesto, la riferibilità a regole di correttezza sostanziale e procedurale

assurge ad elemento catalizzatore della normativa della Consob, nella misura in

cui l’approvazione di operazioni realizzate nei confronti delle parti correlate è

sottoposta a valutazioni molteplici (eseguite vuoi dagli organi sociali, in fase di

istruttoria e di delibera, vuoi dal mercato, in sede di informazione contabile)90.

Lo stesso si può dire per il principio91 in virtù del quale si attribuisce ad ogni

società la facoltà di applicare la normativa in esame alle operazioni poste in essere

con soggetti altri, che possono esser considerati come pari correlate alla luce

degli specifici assetti proprietari, statuari o contrattuali.

Sempre in linea generale, da questo punto di vista, con particolare riferimento

all’intervento dell’Autorità di settore, occorre rilevare che le finalità di

trasparenza e correttezza di cui più volte, anche nel corso del presente lavoro, si è

accennato, si riflettono sul piano organizzativo nelle distinzione tra operazioni di

maggiore o di minore rilevanza: le prime, in particolare, sono destinatarie di una

disciplina che si caratterizza in chiave vincolativa (in virtù della maggiore

incidenza che esse comportano sull’assetto patrimoniale della società), le seconde,

invece, si qualificano in ragione della loro riferibilità a preventive indagini

valutative che sottopongono a verifica a convenienza economica e le motivazioni

di ordine patrimoniale della loro implementazione.

La distinzione tra le suddette operazioni, si riflette anche sulla procedura che, a

seconda del tipo di operazione, muta.

Peculiare al riguardo è la volontà della Consob di esentare alcune tipologie di

attività dall’attuazione di tale disciplina, vuoi perché ritenute estranee alle

modalità tipiche delle <<operazioni con parti correlate>>, vuoi perché (in virtù

89In tema di banche per rintracciare la definizione di indipendenza si fa riferimento a norme di rango secondario quali il Regolamento Consob opc, il quale rinvia all’art. 148 tuf, 3 comma, Così L. MULA, I conflitti di interesse nei servizi ed attività di investimento e nella gestione collettiva del risparmio. Quale ruolo per i consiglieri indipendenti?, in Rivista di diritto bancario, dicembre 2016, disponibile sul sito www.dirittobancario.it.90A. TROISI, Op.cit. p, 653, in cui si precisa che trovano così spiegazione talune disposizioni contenute nel Regolamento Consob: ci si riferisce alla procedure applicabili alle operazioni di trasferimento di obbligazioni, beni e servizi, svolte nei confronti delle <<parti correlate>>, cui, per l’appunto, si ha riguardo in maniera analitica alla normativa in parola.91Il riferimento è al principio denominato “substance over the form”.

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del loro carattere di urgenza ovvero del loro valore) appaiono non assoggettabili

alle ordinarie procedure che in subiecta materia sono state predisposte92.

10. Profili soggettivi e definitori nelle banche. Le parti correlate ed i soggetti

collegati.

Dall’esame delle discipline della Consob e della Banca d’Italia emerge che i

soggetti cui applicare la relativa disciplina delle “parti correlate” sono qualificati

dalla prima come “parti correlate” e dalla seconda come “soggetti collegati”.

Matrice comune alle due discipline, sebbene con intensità diversa, è costituita di

principi contabili internazionali e, più precisamente, dallo IAS 24 che, per la

Consob, come si è detto, ha rappresentato norma paradigma, quasi integralmente

trasposta nell’Allegato 1 al Regolamento opc, non solo per la definizione di parte

correlata, ma altresì per l’individuazione di tutte le sub-categorie rilevanti ai fini

dell’applicazione del Regolamento ( il controllo, il controllo congiunto,

l’influenza notevole)93.

In parte differente è stata la scelta della Banca d’Italia la quale ha dovuto recepire

le definizioni di soggetti collegati coniato dal Comitato interministeriale per il

credito e il risparmio (CICR), potendo solo ampliarle “tenendo conto del principio

contabile internazionale n. 24 come riportato dal Regolamento (CE) 2238/2004”.

Il nomen dei destinatari della disciplina della Banca d’Italia può dare adito ad

equivoci: il titolo V, Capitolo V della circolare 263 del 27 dicembre 2007 è difatti

92A. TROISI, op. cit., p. 653, ci si riferisce, in particolare, alle operazioni <<concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard>>, id est gli scambi di beni e servizi eseguiti a fronte di un controvalore monetario corrispondente a quello desumibile dal mercato per operazioni della stessa tipologia, ma intercorrenti tra controparti indipendenti. In tale evenienza, il <<rischio di estrazione di benefici privati>> in conflitto con gli interessi delle minoranze societarie (nonché dell’intera compagine di stakeholders) è minimizzato (e in talune ipotesi annullato) dal corrispettivo pagato; quest’ultimo, per vero, rispecchiando il valore attribuito ad uno stesso bene nelle negoziazioni di mercato, assicura l’ottimale allocazione delle risorse monetarie tra le parti e, in generale, il conseguimento dell’equilibrio fra gli obiettivi in campo.93La “dipendenza genetica” delle parti correlate Consob rispetto allo IAS 24 è ulteriormente suffragata dall’inciso della Comunicazione Consob, secondo il quale le definizioni contenute nell’Allegato al Regolamento Consob opc “saranno considerate, nell’esercizio dell’attività di vigilanza, avendo riguardo – oltre che all’intero corpo dei principi contabili internazionali come indicato nel regolamento – anche alle interpretazioni dettate dagli organismi competenti purchéapplicabili allo IAS 24 adottato secondo la procedura di cui all’articolo 6 del Regolamento (CE) n. 160/2002 e vigente alla data di entrata in vigore del Regolamento.

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dedicato alla attività di rischio e ai conflitti di interesse nei confronti di soggetti

collegati.

Tuttavia, come è stato detto 94 , si tratta di un semplice disallineamento

terminologico tra le definizioni adottate dalle due Autorities: mentre Consob ha

qualificato come “parti correlate” a un’emittente tutti i soggetti potenzialmente

pericolosi, Banca d’Italia, in accoglimento di quanto stabilito dal CICR, li ha

definiti “soggetti collegati”, ed ha identificato al loro interno due sottocategorie,

quella delle parti correlate e quella dei soggetti ad esse connessi.

Occorre, inoltre, tenere presente che le due normative (Regolamento Consob da

un lato e t.u.b. dall’altro) sono indirizzate ad una platea differente, ma

parzialmente sovrapposta, rivolgendosi l’art. 2391-bis c.c. ai soli emittenti con

azioni quotate o diffuse tra il pubblico in misura rilevante, e le disposizioni di

Banca d’Italia alle banche, a prescindere dal carattere quotato e diffuso delle loro

azioni, e che dunque entrambe conservano spazi di applicazione esclusiva95.

Le banche e le società quotate sono, in verità, soggette anche a un’ulteriore

regolazione dei rapporti con le proprie parti correlate ai fini contabili: da questo

ultimo punto di vista il riferimento è l’art. 2427, comma 1, n. 22-bis, ai fini del

bilancio consolidato ex art. 38, lett. o-quinquies, D.lgs. 127/1991, ai fini dei conti

annuali e consolidati delle banche e deli altri istituti di credito ex art. 23, comma

1, lett. g-quater, D.lgs. 87/199296.

Si è detto97 che sebbene taluni soggetti – si pensi ai soci di “controllo”, agli

amministratori ed ai sindaci – siano parti correlate ai fini di tutte e tre le nozioni di

cui si è detto, altri sono presi in considerazione solo in una o in due di esse,

costringendo le società a doppie o triple mappature, parzialmente sovrapposte.

In particolare la differenza tra i soggetti – rectius “parti correlate” – di cui alla

normativa Consob ed i soggetti collegati di cui alla Banca d’Italia si ripercuote

94M. HOUBEN, Operazioni con parti correlate e operazioni con soggetti collegati: confini e sovrapposizioni. Le interferenze soggettive e oggettive nelle banche quotate, in Banca, Borsa e Titoli di Credito, 2014, fasc. 4, pp. 447 s.s.95M. HOUBEN, op. cit., p. 452.96Pertanto, sono contemporaneamente esistenti tre nozioni di correlazione (rectius due nozioni di correlazione e una di collegamento, accostabile alla correlazione): quella di cui all’art. 2391-bis c.c. (delineata dalla Consob nel Regolamento del 2010), la correlazione ai fini del bilancio di cui si è detto sopra e la correlazione quale sottocategoria di collegamento rilevante ai fini t.u.b. (delineata dalla Banca d’Italia)97M. HOUBEN, op. cit., p. 452.

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non solo a livello definitorio, ma anche – e soprattutto – sulle scelte normative

utilizzate.

Guardando al profilo soggettivo, occorre verificare le divergenze tra soggetti

dell’una e dell’altra normativa.

“Soggetti correlati” sia ai fini Consob che ai fini Banca d’Italia sono coloro che

esercitano (direttamente o indirettamente) il controllo o l’influenza notevole sulla

società o sulla banca.

Tuttavia, il controllo secondo la disciplina Consob è presunto in capo al soggetto

che possieda più della metà dei diritti di voto98.

Diversamente, è controllante ai sensi della disciplina della Banca d’Italia chi

dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria ai sensi

dell’art. 2359, 1 comma, c.c. (c.d. controllo interno di diritto)99: in tal senso di

precisa che la disposizione può scaturire anche da accordi con altri soggetti, pur in

assenza del possesso delle azioni corrispondenti, e altresì in assenza di un

effettivo esercizio dell’influenza dominante.

Essa, inoltre, secondo parte della dottrina non ammette prova contraria100.

Aspetto simile alla disciplina della Consob appare quello degli accordi101.

Anche la Banca d’Italia fa riferimento ad un controllo esercitato in virtù di un

contratto con la banca o di una clausola dello statuto e quello che si manifesta

mediante l’esercizio di un’influenza dominante sulla banca (in virtù del richiamo

operato dall’art. 23 t.u.b. all’art. 2359 c.c.) o grazie a contratti o clausole dello

98La scelta di attribuire natura solo relativa alla presunzione di esercizio del controllo, in capo a chi possiede la maggioranza assoluta dei diritti di voto, appare particolarmente opportuna considerato quanto stabilito dall’art. 2497-septies c.c.: è cioè, ben possibile e legislativamente consentito che la società partecipata sia stabilmente eterodiretta da altri soci o terzi in virtù di contratti di dominio “debole”, che attribuiscano il potere di direzione e coordinamento a soggetti diversi dal titolare della partecipazione di maggioranza. Ad analogo risultato potrebbe inoltre pervenirsi qualora il socio che detenga la maggioranza assoluta del capitale ceda, per mezzo di accordi parasociali, il suo potere di determinare la politica sociale o a favore di un altro socio o di un terzo non socio, o partecipi a una coalizione di maggioranza all’interno della quale tuttavia egli non eserciti il voto determinante proprio in virtù degli accordi intercorsi con gli altri paciscenti. In tal senso, con riferimento all’art. 2359 c.c., M. Lamandini, “Controllo” di società, in Abriani (a cura di), Diritto Commerciale, in Dizionari del diritto privato, promossi da Irti, Milano, 2011, pp. 316 s.s.99M. HOUBEN, op. cit., p. 452.100M. LAMANDINI, op., cit. p. 318.101In riferimento alla disciplina Consob, si è già detto al capitolo I del presente lavoro.

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statuto che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l’attività di

direzione e coordinamento102.

Banca d’Italia, infine, qualifica quali parti correlate. seppur in virtù del richiamo

operato all’art. 19 t.u.b. – i soggetti, diversi dai titolari delle partecipazioni, cui

spettino o siano attribuiti i diritti derivanti dal controllo (e l’influenza notevole)103.

E’ bene precisare che l’analisi dei soggetti di cui sopra non finisce con

l’individuazione di coloro che, da soli, esercitano (o possono esercitare) il

controllo su di essa, ma si estende anche al “controllo congiunto” ossia la

“condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo su un’attività

economica”104. Per quel che qui interessa maggiormente, e - pertanto- dal punto di

vista bancario e fermo restando quanto già detto al riguardo in riferimento al

Regolamento Consob, occorre precisare cosa s’intenda per “controllo congiunto”

secondo la Banca d’Italia.

L’Autorità da ultimo citata ha sostenuto che si considerano co-controllanti coloro

che hanno la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle decisioni

finanziarie e operative di natura strategica dell’impresa e gli altri soggetti in grado

di condizionare la gestione dell’impresa in base a partecipazioni detenute, ai patti

in qualsiasi forma stipulati, a clausole statutarie, aventi per oggetto o per effetto la

possibilità di esercitare il controllo105.

102Al riguardo l’art. 23 t.u.b. stabilisce che “Ai fini del presente capo il controllo sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile e in presenza di contratti o di clausole statutarie che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l’attività di direzione e coordinamento. 2. Il controllo si considera esistente nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra una delle seguenti situazioni: (i) esistenza di un soggetto che, sulla base di un accordo, ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori o del consiglio di sorveglianza ovvero dispone da solo della maggioranza dei voti ai fini delle deliberazioni relative alle materie di cui agli articoli 2364 e 2364-bis c.c.; (ii) possesso di partecipazioni idonee a consentire la nomina o la revoca della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza; (iii) sussistenza di rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario ed organizzativo idonei a conseguire uno dei seguenti effetti: a) la trasmissione degli utili e delle perdite; b) il coordinamento della gestione dell’impresa con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune; c) l’attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute; d) l’attribuzione, a soggetti diversi da quelli legittimati in base alla titolarità delle partecipazioni, di poteri nella scelta degli amministratori o dei componenti del consiglio di sorveglianza o dei dirigenti delle imprese; 4) assoggettamento a direzione comune, in base alla composizione degli organi amministrative o per altri concordanti elementi.”103M. HOUBEN, op. cit., p. 454.104La definizione è quella adottata dalla Consob conformemente a quella dettata dagli IAS 24.105Titolo V, Cap. 5, 3 definizioni – controllo Disposizioni di vigilanza prudenziale Banca d’Italia.

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A questo riguardo sono rilevanti, per un esercizio di controllo di tale genere, le

partecipazioni detenute, le clausole statutarie ed i patti in qualsiasi forma stipulati.

La Banca d’Italia qualifica controllanti congiunti i soggetti che hanno la

possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle decisioni finanziarie e

operative di natura strategica dell’impresa controllata, e considera tali due o più

soggetti aventi ciascuno la possibilità di impedire l’adozione di simili decisioni

attraverso l’esercizio di un diritto di veto o per effetto dei quorum per le decisioni

degli organi sociali106.

Quanto alla definizione di influenza notevole nulla cambia tra le discipline: sia la

Consob che la Banca d’Italia forniscono la medesima definizione di cui si è già

detto.

In parte diverse, invece, sono le disposizioni dettate dalle Autorità per far

insorgere una presunzione di esercizio delle detta influenza: la Banca d’Italia, in

particolare, presume l’esercizio di influenza notevole in caso di possesso di una

partecipazione (diretta o indiretta) pari o superiore al 20% del capitale sociale o

dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria o di un altro organo equivalente della

partecipata ovvero del 10% nel caso di società con azioni quotate in mercati

regolamentati107.

Parallelamente potranno definirsi parti correlate ai fini bancari tutti coloro che (se

diversi dai titolari delle rispettive partecipazioni) cui spettano o sono attribuiti i

diritti derivanti da partecipazioni che comportino il controllo, l’influenza

notevole, o che attribuiscano una quota dei diritti di voto o del capitale almeno

pari al 10% (art. 19, comma 4, t.u.b.)108.

Ragioni di opportunità comportano che la singola banca, nel caso concreto,

richieda approfondimenti specifici per accertare la sussistenza di un’influenza

notevole – anche in presenza di possesso azionario inferiore alle soglie indicate –

106 Così M. HOUBEN che richiama il Titolo V, Cap. 5, 3, definizioni. Controllo. Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale.107 Mentre la Consob presume l’esercizio di influenza notevole in capo a chi possieda (direttamente o indirettamente) il 20% o una quota maggiore dei diritti di voto esercitabili nella assemblea (ordinaria).108M. HOUBEN, op. cit., p. 454.

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“almeno ogniqualvolta” ricorrano alcune situazioni sostanzialmente analoghe a

quelle descritte dalla Consob109.

Sempre con riferimento alle parti correlate in ambito bancario, merita un cenno –

appunto perché profilo peculiare della disciplina bancaria – il concetto di

“esponenti aziendali”.

Il concetto in esame attiene esclusivamente alla materia bancaria 110 : sono

“esponenti aziendali”, in particolare, i soggetti che svolgono funzione di

amministrazione, direzione e controllo presso una banca, una società finanziaria

capogruppo o un intermediario vigilato, e dunque gli amministratori, i sindaci, i

componenti del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione nel caso in

cui si tratti di società amministrata con il sistema dualistico. Sono altresì

ricondotti nella categoria il direttore generale e chi svolge cariche comportanti

l’esercizio di funzioni equivalenti a quella di direttore generale111.

Da ultimo, sempre sotto il profilo soggettivo, meritano un cenno le definizioni di

“stretti familiari e società questi controllate” ed i soggetti che hanno un legame di

“secondo grado”.

Quanto alla prima nozione (che per quanto concerne la Consob è stata esaminata

nell’apposita sede), la differenza tra le qualificazioni che vengono fornite dalla

Consob e dalla Banca d’Italia è palese: la Banca d’Italia, infatti, ha preferito una

rule qualificando quali stretti familiari di una parte correlata, i parenti fino al

109 M. HOUBEN, op. cit. p. 454, ove si precisa che appare sintomatico dell’esercizio di un’influenza notevole l’essere rappresentanti nell’organo con funzione di gestione o nell’organo con funzione di supervisione strategica dell’impresa partecipata (mentre non costituisce di per sé indice di influenza notevole il solo fatto di esprimere il componente di minoranza secondo quanto previsto dalla disciplina degli emittenti azioni quotate in mercati regolamentati); la partecipazione alle decisioni di natura strategica di un’impresa (in particolare in quanto si disponga di diritti di voto determinanti nelle decisioni dell’assemblea in materia di bilancio, destinazione degli utili, distribuzione di riserve, e non sussista un controllo congiunto); l’esistenza di transazioni rilevanti; lo scambio di personale manageriale e la fornitura di informazioni tecniche essenziali) (Titolo V, Cap. 5, 3, Definizioni. Influenza notevole. Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale Banca d’Italia).110 Esso, infatti, non coincide con la nozione di “dirigenti con responsabilità strategiche” di cui si è detto a proposito della disciplina Consob.111M. HOUBEN, op. cit., p. 456. Al contrario di quanto emerso dall’esame delle parti correlate controllanti e controllate, si evidenzia per la categoria di soggetti “dirigenti” una maggiore estensione del perimetro Consob che abbraccia anche funzionari che si collocano al di sotto del direttore generale.

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secondo grado ed il coniuge o il convivente more uxorio, nonché i figli di

quest’ultimo112.

Con riferimento, infine, ai soggetti o le imprese che hanno un legame di “secondo

grado” con la Banca, tanto a valle (società e imprese controllate da un parte

correlata alla banca) quanto a monte (soggetti che controllano alcune parti

correlate e segnatamente un partecipante ex art. 18 t.u.b. o chi è in grado di

nominare, da solo, uno o più componenti dell’organo con funzione di gestione o

l’organo con funzione di supervisione strategica, anche sulla base di patti o

clausole statutarie) o a latere (soggetti sottoposti, direttamente o indirettamente a

comune controllo con una delle parti correlate appena indicate)113.

11. Le “operazioni” nelle banche. I casi di esclusione della disciplina: in

particolare le operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a quelle di

mercato o standard e le operazioni urgenti.

Per quanto concerne la tipologia di operazioni che rientrano nell’ambito

applicativo delle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia, anche questa Autorità,

così come la Consob, come si è detto, ha accolto una definizione

onnicomprensiva.

Pertanto, è operazione con parte correlata quella realizzata con una parte correlata

o con un soggetto collegato che comporti assunzione di attività di rischio (come la

prestazione di una garanzia in favore di un soggetto collegato), trasferimento di

risorse, servizi ed obbligazioni, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito

un corrispettivo.

112La Consob, invece, ha identificato la categoria con uno standard (sono stretti familiari quelliche ci si attende possono influenzare il – o essere influenzati dal – soggetto interessato nei rapporti con la società) seguita da alcuni esempi (il coniuge non legalmente separato, il convivente, i figli e le persone a carico del soggetto, del coniuge non legalmente separato o del convivente).113M. HOUBEN, op. cit., p. 459. Si tratta dei soggetti sottoposti, direttamente o indirettamente, a comune controllo con un partecipante o con colui che è in grado di nominare, da solo, uno o più componenti dell’organo con funzione di gestione o dell’organo con funzione di supervisione strategica. Il comune controllo è fattispecie diversa da, e non va confusa con, quella del controllo congiunto. Per comune controllo si intendono infatti le ipotesi in cui duo o più società sorelle siano entrambe sottoposte al controllo (solitario) di un’altra società ovvero, secondo quanto autorevolmente sostenuto, al controllo congiunto di altre. In tal senso V. Cariello, Dal controllo congiunto all’attività congiunta di direzione e coordinamento di società, in Rivista delle Società, 2007, pp. 1 s.s.

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Appartengono al genus, per espressa disposizione delle due Autorità (Consob e

Banca d’Italia), le operazioni straordinarie quali fusioni, scissioni, aumenti di

capitale con esclusione con diritto di opzione a favore di una parte correlata e le

decisioni relative all’assegnazione di remunerazioni e benefici economici, sotto

qualsiasi forma, a esponenti aziendali e dirigenti con responsabilità strategiche,

salve le esenzioni previste.

Alcune Banche, tuttavia, hanno specificato altre tipologie di transazioni incluse

nella categoria: Mediobanca, ad esempio, ha qualificato come “operazione” tanto

ai sensi della normativa Consob quanto ai sensi delle disposizioni di Banca

d’Italia gli accordi transattivi giudiziali o extragiudiziali114.

Le procedure hanno disciplinato al loro interno anche le problematiche relative ad

eventuali obbligazioni assunte dagli esponenti della banca.

I soggetti interessati che possono essere coinvolti in fattispecie del genere sono,

ad esempio, gli esponenti aziendali115: la specifica procedura, in particolare, si

applica agli atti di compravendita e alle obbligazioni di qualunque natura,

finanziaria e non, assunte dagli esponenti aziendali in cui sussista, anche solo in

astratto, la possibilità di un conflitto di interessi con la banca116.

Al di fuori della disciplina si collocano, invece, le offerte pubbliche di acquisto

promosse dall’azionista di controllo o da altra parte correlata, salvo si tratti di

offerta che rientri in un accordo di fusione o che sia funzionale a una scissione in

senso stretto non proporzionale, e le operazioni da realizzare sulla base di

istruzioni con finalità di stabilità impartite da Autorità di vigilanza, ovvero sulla

114 Sono, altresì, incluse tra le operazioni con soggetti collegati, ad esempio: - le operazioni bancarie sia di raccolta, che di impiego; - la prestazione di servizi di investimento (sia principali, che accessori); - la distribuzione di prodotti finanziari e assicurativi; - la stipula di accordi contrattuali di qualsiasi natura; Così C. GARGANO, Le nuove procedure bancarie ai sensi della disciplina sui conflitti di interesse nei confronti dei soggetti collegati e dell’art. 136 TUB, in Rivista di diritto bancario, Gennaio 2013, disponibile sul sito www.dirittobancario.it.115Essi sono coloro che all’interno della Banca d’Italia svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, ivi compresi i commissari straordinari, i commissari liquidatori, i direttori generali e colo che esercitano, anche solo in via temporanea, funzioni equivalenti.116C. GARGANO, op. cit. A titolo meramente semplificativo le procedure descrivono alcuni casi che si intendono ricompresi nell’ambito dell’art. 136 TUB: casi in cui obbligato o contraente si direttamente l’esponente aziendale, anche in operazioni di carattere non finanziario; casi in cui obbligato o contraente sia una società semplice, in nome collettivo o in accomandita per azioni, di cui l’esponente risulti essere socio o socio accomandatario.

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base di disposizioni emanate dalla capogruppo per l’esecuzione di istruzioni

impartite da Autorità di vigilanza nell’interesse della stabilità del gruppo117.

Il quadro sin qui delineato, volto all’identificazione dell’area applicativa della

disciplina in materia di operazioni con parti correlate nelle Banche, necessita, per

essere completo, di una delimitazione “in negativo”.

Alcune operazioni, difatti, pur astrattamente sussumibili nelle categorie indicate,

sono, per specifica scelta della Banca d’Italia, o possono essere, in virtù della

discrezionalità lasciata in materia alle Banche, esentate, in parte o in tutto, dalla

disciplina regolamentare.

Con riferimento alle esenzioni “automatiche”, quelle, cioè, che trovano

applicazione a prescindere da un’espressa scelta in tal senso delle Banche è

opportuno segnalare la disposizione della Banca d’Italia che definisce i soggetti

collegati118.

Esenti dalla disposizioni suddette, in quanto non considerate operazioni con

soggetti collegati sono, a titolo esemplificativo, quelle operazioni effettuate tra

componenti di un gruppo bancario quando tra esse intercorre un rapporto di

controllo totalitario, anche congiunto, le operazioni di trasferimento infragruppo

di fondi poste in essere nell’ambito del sistema di gestione del rischio di liquidità

a livello consolidato, le operazioni da realizzare sulla base di istruzioni con

finalità di stabilità impartite da Banca d’Italia, ovvero sulla base di disposizioni

emanate dalla capogruppo per l’esecuzione di istruzioni impartite dalla Banca

d’Italia nell’interesse della stabilità del gruppo119.

La ragione dell’esenzione va rinvenuta nella circostanza che la tutela offerta ai

soci ed ai creditori dalle specifiche disposizioni che sovraintendono al

compimento delle operazioni appena elencate è stata considerata sufficiente; si è

preferito pertanto non gravare di ulteriori adempimenti le Banche120.

Guardando, invece, alle esenzioni “facoltative” si rileva che la Banca d’Italia ha

concesso alle Banche di scegliere l’applicazione di un regime meno severo per

117 Art. 13, comma 4, Regolamento operazioni parti correlate e 3 Disposizioni di vigilanza prudenziale Banca d’Italia.118Titolo V, Cap. 5, 3, definizioni – operazioni con soggetti collegati, Disposizioni di vigilanza prudenziale Banca d’Italia.119Titolo V, Capitolo 5, sez. 1, 3, Definizioni – operazioni con soggetti collegati, Disposizioni di vigilanza prudenziale Banca d’Italia.120M. HOUBEN, op. cit., p. 461.

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alcune operazioni con soggetti collegati concluse a particolari condizioni, in

determinati periodi e con specifici soggetti collegati.

Senza dilungarsi troppo sul punto, si analizzeranno alcune ipotesi, che siano

idonee a far comprendere le ragioni delle scelte di esenzione da parte delle

Banche.

Queste ultime possono esentare dall’applicazione delle procedure deliberative

prescritte dalle disposizioni sulle operazioni con soggetti collegati quattro

categorie di operazioni: quelle di importo esiguo, quelle ordinarie, quelle con o tra

controllate e con società sottoposte a influenza notevole e quelle urgenti.

A titolo esemplificativo, per la prima ipotesi di esenzione (le operazioni di

importo esiguo) la Banca d’Italia specifica per rientrare nell’esenzione il

controvalore di ciascuna operazione non deve in ogni caso eccedere i 250.000

Euro per le Banche il cui patrimonio di vigilanza sia inferiore a 500 milioni di

Euro e il minore tra 1.000.000 di Euro e lo 0, 05% del patrimonio di vigilanza per

le Banche il cui patrimonio di vigilanza sia superiore a 500 milioni di Euro121.

Al riguardo si precisa che alcune banche hanno differenziato le soglie di esiguità

non in ragione della normativa di riferimento, ma in virtù della natura di persona

fisica o giuridica della controparte con cui esse si relazionano (ad es. Mediobanca

ha definito di importo esiguo le operazioni con parti correlate il cui controvalore

sia pari o inferiore a Euro 1.000.000 qualora la controparte sia una persona fisica),

altra, invece hanno stabilito una soglia di esiguità più bassa per le operazioni

realizzate con alcuni soggetti che rientrino altresì nella categoria delle parti

correlate Consob (ad esempio, Ubi Banca ha dapprima qualificato come di

importo esiguo a entrambi i fini le operazioni con soggetti collegati o con parti

correlate il cui controvalore sia inferiore a Euro 250.000, ed in seguito ha

specificato che per le operazioni concluse con particolari soggetti, ad es. con un

esponente aziendale, l’operazione sarà di importo esiguo qualora il controvalore

non sia superiore a Euro 100.000).

Un’esigenza “deflattiva” analoga a quella delle operazioni di importo esiguo è

sottesa ad un’altra categoria di esenzione: le operazioni ordinarie.

121Titolo V, Cap. 5, 3.7.1, Nuove disposizioni di vigilanza Banca d’Italia.

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Secondo la disciplina della Banca d’Italia si qualificano ordinarie quella

operazioni che, allo stesso tempo, siano di minore rilevanza, rientrino

nell’ordinaria attività della Banca e siano concluse a condizioni equivalenti a

quelle di mercato o standard.

Mentre gli ultimi due requisiti, come si è visto, caratterizzano anche le operazioni

ordinarie ai sensi della Consob (art. 3, comma 1, lett. d) Reg. opc) e sono quelle

operazioni che interessano l’attività operativa o finanziaria alla prima connessa e

siano concluse a condizioni standard o di mercato, l’ultimo requisito (ossia la

minor rilevanza), non assume in tale sede alcun rilievo.

In realtà il carattere “ordinario” dell’operazione rappresenta uno degli elementi di

maggior criticità: si tratta, infatti, di elemento vago e dai contorni indefiniti, che

va verificato di volta in volta in relazione all’attività sociale normalmente svolta,

alla ricorrenza della tipologia di operazioni intrapresa, alle sue dimensioni, ai

termini e alle condizioni del corrispettivo e alla natura della controparte122.

Ad esempio, sono state qualificate come “ordinarie”, ed esentate dalle procedure

Consob, se di minore rilevanza, dal Banco Popolare le operazioni che “rientrano

nell’ordinario esercizio dell’attività operativa del banco, comprese quelle

accessorie allo svolgimento della predetta, ovvero nell’attività finanziaria

connessa a tale attività e che, comunque, siano: a)concluse a condizioni analoghe

a quelle usualmente praticate nei confronti di parti non correlate per le operazioni

di corrispondente natura, entità e rischio, ovvero b) basate su tariffe regolamentate

o su prezzi imposti, ovvero c) praticate da soggetti con cui il banco sia obbligato

per legge e contrarre ad un determinato corrispettivo.

Le banche con azioni quotate possono, dunque, esentare ai fini Consob tutte le

operazioni ordinarie e ai fini Banca d’Italia solo quelle che siano altresì di minore

rilevanza123 o adottare a entrambi i fini la categoria più restrittiva delineata da

Banca d’Italia.

Sul punto si precisa che i regolamenti elaborati dagli istituti di credito sono assai

variegati: Intesa San Paolo, ad esempio, ha esentato dalle procedure deliberative

122M. HOUBEN, op. cit., p. 462.123Critico nei confronti di tale previsione è S. SCOTTI CAMUZZI, Attività di rischio delle banche nelle relazioni con soggetti correlati e disciplina del conflitto di interessi, in Contr. Impr., 2011, p. 750, in cui si afferma che la previsione “apre la via a facili elusioni”.

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prescritte a entrambi i fini le sole operazioni ordinarie e a condizioni di mercato o

standard di minore rilevanza.

Con riguardo alle operazioni ordinarie e a condizioni di mercato o standard di

maggiore rilevanza, l’istituto di credito ha, invece, stabilito la semplice esenzione

dagli obblighi di informativa al pubblico normalmente prescritti, lasciando

impregiudicata l’applicazione di tutte le altre cautele, comprese quelle istruttorie.

Banca Carige e Banca Monte dei Paschi di Siena, invece, adottato due differenti

nozioni di operazioni ordinarie: una valida per le disposizioni Banca d’Italia e che

comprende le sole operazioni di minore rilevanza e l’altra che prescinde da tale

limite.

Banco Popolare di Milano non solo ha adottato due diverse soglie per individuare

l’ordinarietà di un’operazione, ma ha altresì stabilito un limite di valore per poter

usufruire dell’esenzione in argomento ai fini Consob124.

Inoltre, le Banche e le società possono prevedere che le cautele istruttorie e

deliberative (salvi gli obblighi informativi stabiliti dall’art. 8 Reg.opc) in materia

di operazioni con parti correlate e soggetti collegati non trovino applicazione in

caso di “operazioni urgenti”: si è detto che si tratta dell’esenzione più pericolosa

tra quelle previste dall’autorità di vigilanza, poiché potenziale strumento di

fuoriuscita di operazioni anche di notevole importanza.

124M. HOUBEN, op cit., p. 463, in cui si precisa che il “Regolamento parti correlate e soggetti connessi” qualifica ordinarie le operazioni con soggetti collegati di minore rilevanza e, comunque, di valore non superiore a 200 milioni di euro, la nota 22 dello stesso documento specifica che “con riferimento alle operazioni effettuate da Società quotate de Gruppo, diverse dalla Capogruppo, con soggetti rientranti nella definizione di parti correlate secondo la normativa Consob in argomento, il valore non deve essere superiore a 1 milione di euro. Tuttavia, con riferimento alle operazioni effettuate da Società quotate del Gruppo, diverse dalla Capogruppo, con soggetti rientranti nella definizione di parti correlate secondo il regolamento Consob afferente le “operazioni con parti correlate” sono da considerare ordinarie, ai fini del rispetto delle disposizioni dettate da tale regolamento, le operazioni effettuate dalle predette società di importo non superiore a 10 milioni di euro e purché siano comunque soddisfatte le condizioni di “ordinarietà” previste dal regolamento parti correlate e soggetti connessi della Banca Popolare di Milano.

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12. Le operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo (bancario e non):

l’attività di direzione e coordinamento.

Ulteriore ed assai rilevante categoria di operazioni che le banche possono esentare

dalla disciplina in commento è quella afferente uno degli ambiti più delicati e

discussi, anche allo stato attuale, del diritto societario e bancario, ovvero le

operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo: queste operazioni, in

particolare, costituiscono una modalità operativa particolarmente efficiente dal

punto di vista imprenditoriale che non pare opportuno costringere sempre e

comunque nei vincoli e oneri procedurali dettati da disposizioni in materia di

rapporti soggetti collegati125.

Anche in questo caso, a titolo esemplificativo, la Banca d’Italia126 consente di

disapplicare, in tutto o in parte, nelle operazioni “con o tra società controllate e

per quelle sottoposte a influenza notevole le regole concernenti la fase pre-

deliberativa – anche in caso si tratti di operazioni di competenza assembleare –

richiedendo solo che vi siano flussi informativi almeno di tipo aggregato, idonei a

consentire con frequenza almeno annuale, un adeguato monitoraggio su queste

operazioni, anche da parte degli amministratori indipendenti, ai fini di eventuali

interventi correttivi.

La facoltà di non applicare le procedure è, dunque, attribuita solo in alcune

operazioni infragruppo, e più precisamente in quelle realizzate con società

controllate e con società sottoposte a influenza notevole.

Il soggetto legittimato a non applicare le procedure è, pertanto, la banca

controllante o esercente influenza notevole, e la deroga ad essa concessa è limitata

alle operazioni concluse con le società controllate o sottoposte a influenza

notevole127.

Esclusivamente il soggetto in posizione apicale può, cioè, giovarsi del regime di

favore; le società controllate o sottoposte a influenza notevole al contrario, se

125 M. HOUBEN, op. cit. p. 463, in cui si precisa che l’organizzazione di gruppo trova giustificazione a livello imprenditoriale proprio nello scopo di realizzare economie di scala e di conferire speditezza e flessibilità ai negozi che vengono in essere tra le varie entità, e finirebbe soffocata dai rallentamenti e dai costi generati dall’applicazione delle regole sulle opc.126 Titolo V, 3.7.3, Capitolo 5, Nuove Disposizioni di vigilanza prudenziale per le Banche.127M. HOUBEN, op. cit., p. 463.

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esercenti attività bancaria o creditizia, sono chiamate ad applicare integralmente la

disciplina in argomento anche (a maggior ragione) in occasione della

realizzazione di un’operazione con la banca che eserciti si di esse il controllo o

l’influenza notevole.

Delineati gli aspetti generali delle operazioni infra gruppo che sono escluse dalla

disciplina appare necessario, a questo punto, attenzionare l’attività di direzione e

coordinamento tra Banche: essa, in particolare, si ricava dal concorso delle

disposizioni della Banca d’Italia e quelle in materia di direzione e coordinamento:

questa combinazione, in particolare, offre una tutela completa agli azionisti senza

sovrapposizioni inutili.

In primo luogo si può affermare che la disciplina della Banca d’Italia si pone in

una prospettiva preventiva, prescrivendo cautele volte ad impedire il compimento

di un’operazione dannosa, mentre l’art. 2497 c.c. fornisce una tutela ex post (cui

si affiancano gli obblighi di informazione continua ex art. 2497-bis c.c.).

L’art. 2497-ter c.c. prescrive, in capo alle società sottoposte a direzione e

coordinamento, l’obbligo di motivare analiticamente le decisioni assunte in virtù

dell’influenza della società dirigente, e di indicare puntualmente le ragioni e gli

interessi la cui valutazione ha inciso sulle scelte compiute.

Nel caso in cui siffatte decisioni configurino un’operazione con soggetti collegati

queste motivazioni potranno trarre, in parte o in tutto, dal parere redatto dal

comitato di amministratori indipendenti, preziosi elementi128.

Di conseguenza, la banca non sarà sottoposta a maggiori oneri vedendo solo

anticipato il momento di emersione delle ragioni sottostanti le decisioni.

Il concorso tra le due discipline non costituirà affatto un incremento ingiustificato

di costi per la società, la cui attività sarà soggetta a oneri di trasparenza e

motivazione senza soluzione di continuità tra il momento della discussione che

precede l’assunzione della decisione, la redazione dei pareri degli indipendenti e

la motivazione ex post.

In caso di operazione soggetta al contempo alla disciplina in materia di direzione

e coordinamento e a quella stabilita da Banca d’Italia le garanzie predisposte in

128M. HOUBEN, op. cit., p. 463.

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ossequio a quanto previsto dalla Autorità saranno funzionali al corretto

adempimento degli obblighi motivazionali prescritti dall’art. 2497 ss. c.c.

Più precisamente qualora la banca eterodiretta realizzi un’operazione con soggetti

collegati sulla quale il comitato di indipendenti si sia espresso positivamente, la

delibera di approvazione dovrà fornire adeguata motivazione in merito

all’opportunità e alla convenienza economica dell’operazione e l’organo

deliberante dovrà fornire agli organi con funzione di supervisione strategica,

gestione e controllo, una periodica informativa, almeno trimestrale sulle

operazioni concluse e sulle loro principali caratteristiche.

Al contempo, ai sensi dell’art. 2497-ter c.c. sussisterà un obbligo di motivazione e

di indicazione degli interessi che hanno inciso sull’assunzione della decisione.

Gli adempimenti in discorso non saranno solo contestuali ma sovente si

risolveranno l’uno nell’altro, in quanto la medesima motivazione sarà in grado di

soddisfare quanto richiesto dalle normative indicate.

Discorso analogo può essere fatto in presenza di parere negativo del comitato di

indipendenti: in tali casi, infatti, agli obblighi motivazionali suddetti si aggiungerà

il dovere di comunicare la singola operazione agli organi con funzioni di

supervisione strategica, gestione e controllo129.

In nessun caso, dunque, si configura un conflitto tra le disposizioni civilistiche e

quelle normative di settore, conducendo piuttosto il concorso normativo ad un

maggiore trasparenza sulle operazioni che una società eterodiretta, con azioni

diffuse tra il pubblico e/o esercente attività creditizia e bancaria, realizza.

Per gli emittenti azioni diffuse o quotate, quanto riportato nelle motivazioni della

decisione ex art. 2497-ter c.c., potrà poi, essere trasposto nel documento da

pubblicare ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera g; per quelli che, invece, esercitino

attività bancaria la medesima motivazione potrà essere oggetto della

comunicazione agli organi con funzioni di supervisione strategica, gestione e

controllo.

129Ai sensi del 3.2, lett. c, Disposizioni di vigilanza Banca d’Italia (qualora si tratti di banca con azioni quotate e diffuse sorgerà altresì l’obbligo di pubblicazione trimestrale di un documento informativo contente la descrizione delle operazioni adottate nonostante il giudizio negativo del comitato e le ragioni per le quali si è ritenuto di non condividere questo avviso).

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Nel primo caso potrebbe ravvisarsi una sorta di duplicazione di tutela che,

tuttavia, da un lato non appare così onerosa per gli emittenti, e dall’altro può

essere evitata mediante un richiamo, nel documento trimestrale, quanto già

esposto nella motivazione emanata subito dopo l’assunzione della decisione, ossia

grazie a una motivazione per relationem.

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CAPITOLO SECONDO

PROFILI PROCEDURALI.

2. SOMMARIO: 1. Le regole procedurali di trasparenza interna ed esterna,l’informazione al mercato e la funzione del documento informativo. 2. (Segue): Il Regolamento interno sulle le Operazioni con Parti Correlate: profili pratici. 3.Natura giuridica e funzione del parere. Il suo contenuto in relazione alle opc di maggiore e minore rilevanza. 4. L’indipendenza come requisito necessario dei componenti il “comitato parti correlate” e l’eventuale nomina di un esperto terzo. Questioni di responsabilità. 5. (Segue): E l’eventuale nomina di un advisor da parte dell’organo di gestione. 6. Aspetti generali della violazione delle procedure: assenza di indipendenza ex ante ed ex post: quali i rimedi? La giurisprudenza più recente: il concetto di “gravi irregolarità” ed i rimedi previsti dal Codice Civile. 7. (Segue): L’opportunità della previsione di una sanzione ad hoc nell’ambito del potere sanzionatorio della Consob. 8. L’approvazione dell’operazione: la competenza del consiglio di amministrazione nelle società con sistema tradizionale o monistico (e quella “residuale” dell’assemblea) e la competenza del consiglio di gestione nelle società a sistema dualistico (e quella “residuale” dell’assemblea). 9. I conflitti d’interesse ed il sistema del c.d. whitewash: linee generali. L’approvazione delle operazioni con parti correlate da parte degli azionisti “disinteressati”. 10. La natura delle procedure: deliberazioni di rango sovraordinato? 11. Previsioni statutarie sulle operazioni con parti correlate. 12. Profili comparatistici. Le parti correlate in Gran Bretagna e negli USA.

1. Le regole procedurali di trasparenza interna ed esterna, l’informazione al mercato e la funzione del documento informativo.

Completato il quadro relativo alle fonti, alle definizioni ed all’ambito di

applicazione delle operazioni con parti correlate, si vuole, nel proseguio del

presente capitolo, esaminare la procedura che conduce all’approvazione delle

dette operazioni.

Prima di esaminare il cuore della procedura, però, è opportuno passare in rassegna

quelli che sono i principi che devono accompagnare l’intero iter relativo alle opc e

la cui osservanza viene garantita da regole ben definite.

Assumono un ruolo cardine, in primo luogo, le regole sulla trasparenza: dall’art.

2381, comma 6, c.c. si evince, infatti, che l’informazione investe l’intera attività

di gestione dell’impresa in forma azionaria130.

130S. ESPOSITO, op. cit., p. 860.

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Le classi di destinatari delle informazioni, in particolare, possono classificarsi, a

fini descrittivi, interne (azionisti di controllo e i piccoli azionisti) ed esterne alla

società (il pubblico, gli investitori, i creditori o i pubblici poteri).

La trasparenza interna delle opc viene assicurata dall’art. 2391-bis c.c., al fine di

garantire la corretta circolazione delle informazioni tra coloro che sono chiamati a

decidere ed a verificare l’informazione131: la norma, in particolare, prevede che

l’organo amministrativo debba adottare le regole che assicurino la trasparenza

delle opc e la correttezza procedurale e sostanziale secondo i principi generali

indicati dalla Consob.

Da quanto detto, quindi, sembra che la trasparenza interna sia connessa alla

correttezza procedurale e sostanziale.

Soffermandosi ancora sulla norma citata, il comitato di controllo, ovvero il

collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza, vigila sull’osservanza delle

suddette regole e ne riferisce all’assemblea nell’apposita relazione annuale sui

risultati dell’attività di controllo132.

Da quanto detto, si può evincere il più volte citato (nel corso del presente lavoro)

principio di eterointegrazione, poiché anche in termini di governo societario e

trasparenza, l’art. 2391-bis c.c. va letto in combinato con il Regolamento Consob.

Infatti, il Regolamento Consob, come si vedrà meglio anche di seguito, specifica

le modalità di adozione delle procedure, prevedendo, tra l’altro, che le delibere

sulle procedure e sulle relative modifiche siano approvate previo parere di un

comitato (composto da amministratori indipendenti): a seguito di ciò, pertanto,

potrebbero ridursi le asimmetrie informative all’interno delle società.

Il Regolamento opc sembra così prediligere la trasparenza-equilibrio (forma di

tutela che mira al merito dell’operazione e il cui rispetto da parte del soggetto

obbligato spesso non potrà che formare oggetto di una valutazione ex post), alla

trasparenza-informazione (tutela meramente formale che non implica un esame

responsabile del merito dell’operazione)133.

Difatti, il regime di trasparenza viene implementato su più fronti: per quanto

concerne le operazioni con parti correlate soggette alla procedura generale, è

131M. VENTORUZZO, op. cit., p. 529.132S. ESPOSITO, op., cit., p. 860.133L. BONZANINI – A. MARTELLONI, op. cit., p. 954.

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prevista un’adeguata e completa informativa ex ante, fornita tempestivamente

all’organo deliberante e agli amministratori indipendenti che devono esprimere un

parere nonché una completa informativa almeno trimestrale agli organi di

amministrazione e controllo sull’esecuzione delle operazioni.

Diversa, invece, appunto perché le classi di destinatari sono diverse, è la

trasparenza esterna alla società.

Il conflitto tra gli interessi degli investitori ad una informazione completa e

l’interesse alla segretezza della società, affinché possa raggiungere gli obiettivi

prefissati senza che la “divulgazione” delle informazioni ostacoli la realizzazione

degli stessi, appare fisiologico. Con riferimento agli interessi della collettività,

degli investitori ed anche degli imprenditori, tale conflitto impone il riguardo alle

situazioni di mercato, ovvero ai giochi dei pesi e dei contrappesi della libertà di

iniziativa economica134.

La valutazione rimessa all’emittente circa la diffusione di una determinata

informazione costituisce un giudizio prognostico, reso ex ante, avente un

parametro indeterminato e deve essere rapportata all’impatto scaturente dalle

notizie stesse, di talché a seguito della diffusione, potrebbe anche non verificarsi

la variazione dei prezzi prevista.

Peraltro, per valutare i riflessi di una notizia sul mercato è opportuno considerare

la capacità dell’investitore medio: in mancanza di parametri oggettivi i divergenti

interessi potrebbero essere contemperati confrontando il “peso” del rischio

derivante dalla divulgazione attraverso una valutazione caso per caso.

L’informazione esterna e immediata 135 è garantita dall’applicazione delle

disposizioni dell’articolo 114 TUF e, fino al primo dicembre 2010, secondo

quanto previsto dalla delibera Consob 17221, dall’art. 71-bis del Regolamento

Emittenti.

Per le opc di maggiore rilevanza la società emittente è tenuta a rendere

periodicamente note al pubblico tali operazioni, affinché i terzi possano assumere

134S. ESPOSITO, op. cit., p. 861.135Così L. PROVARONI, op., cit., p. 2064.

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utili informazioni anche per determinare i propri comportamenti ed emergano, se

del caso, possibili abusi in tema di insider trading136.

Inoltre, con riferimento all’informativa periodica, in attuazione dell’art. 154-ter

TUF, secondo quanto previsto dall’art. 5 del Regolamento Consob, le società

emittenti azioni quotate aventi l’Italia come Stato membro d’origine sono tenute a

fornire specifiche informazioni nella relazione intermedia sulla gestione e nella

relazione sulla gestione annuale. In particolare, le società sono tenute a riportare

nella relazione sulla gestione (intermedia o annuale) quanto segue:

-relazione annuale:

i) la descrizione delle politiche/strategie nell’ambito delle quali si colloca

l’operazione con parti correlate;

ii) l’indicazione, per ciascuna operazione: a) del nominativo della controparte; b)

della natura della relazione con la correlata; c) dell’oggetto dell’operazione; d) del

corrispettivo dell’operazione; e) di ogni altra informazione necessaria per

comprendere gli effetti dell’operazione sul bilancio dell’impresa.

-Relazione intermedia:

iii) qualsiasi modifica o sviluppo delle operazioni con parti correlate descritte

nell’ultima relazione annuale che abbiano avuto un effetto rilevante sulla

situazione patrimoniale o sui risultati della società nel periodo di riferimento:

iv) l’indicazione, per ciascuna operazione, degli elementi di cui al precedente

punto ii).

Altra regola che, in uno con la trasparenza, mira a tutelare i protagonisti delle

operazioni con parti correlate è quello dell’informazione: l’art. 114 TUF impone

agli emittenti quotati ed ai soggetti che li controllano di informare il pubblico sui

fatti idonei ad influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari.

La citata norma, come già accennato, contempla un dovere di informazione di

carattere continuativo (informazione continua): essa, in particolare, si propone di

136R. RORDORF, Importanza e limiti dell’informazione nei mercati finanziari, in Giur.comm., 2002, I, p. 780 s.s.: “non è sufficiente che le notizie relative ad un determinato strumento finanziario siano diffuse dalla società emittente tempestivamente ed in modo formalmente corretto, occorre anche che coloro i quali si interpongano tra l’emittente ed il destinatario della notizia non la deformino o, comunque, non ne influenzino gli effetti in modo improprio. Non è solo questione di rifuggire dall’informazione mendace, che esponga fatti contrari al vero, ma anche di evitare quelle forme di indicazione capziosa e fuorviante in cui non tanto si tratta di esporre fatti quanto di formulare, sulla base di una riconosciuta o vantata competenza professionale, giudizi e previsioni idonei ad influenzare a proprio vantaggio le scelte altrui.”

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raggiungere un punto di equilibrio tra parità di accesso e segretezza, cercando di

attuare nel singolo caso concreto la trasparenza, senza danneggiare,

completamente, il momento speculativo.

L’obbligo di informazione sussiste anche qualora le notizie riguardino terzi in

rapporto con l’emittente o con gli altri soggetti di cui all’art. 114, 1 comma, TUF.

Inoltre, i fatti relativi personale degli amministratori o dell’azionista di controllo

devono essere resi pubblici qualora siano idonei a determinare una sensibile

oscillazione delle quotazioni.

Le informazioni fornite devono, quindi, essere orientate al presente e al tangibile e

devono fornire una visione realistica.

Fermi i requisiti relativi all’informazione in discorso, la comunicazione al

pubblico potrebbe essere anticipata ad un momento anteriore al compimento

dell’operazione (ad esempio, in caso di trattative per una fusione, una scissione o

per l’acquisto di una partecipazione rilevante) qualora la relativa informazione

risulti idonea ad influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari137.

Inoltre, secondo quanto previsto dall’art. 7 del Regolamento Consob, per le

operazioni di minore rilevanza, le procedure devono prevedere un’informativa al

pubblico delle informazioni almeno trimestrale sulle operazioni approvate

nonostante il parere contrario degli amministratori indipendenti, con contestuale

pubblicazione dei pareri negativi138.

A proposito delle regole previste dal Regolamento Consob, l’Autorità, nel 2010,

come accennato, ha previsto l’abrogazione dell’art. 71-bis Regolamento Emittenti,

ritenendo di maggiore rilevanza le operazioni che superano i criteri quantitativi

stabiliti nell’Allegato 3 del Regolamento opc nonché le operazioni identificate

come tali dall’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento

medesimo.

Con riferimento alle operazioni rilevanti (già individuate al primo capitolo del

presente lavoro), il Regolamento opc prevede che la comunicazione al mercato

debba essere effettuata mediante la pubblicazione di un documento informativo

redatto in conformità all’Allegato 4 al Regolamento stesso, che contenga tra

l’altro, la descrizione delle caratteristiche dell’operazione, le motivazioni 137M. VENTORUZZO, op. cit., p. 512.138S. ESPOSITO, op. cit., p. 865.

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sull’interesse della società al compimento dell’operazione nonché le modalità di

determinazione del corrispettivo dell’operazione e che riporti in allegato gli

eventuali pareri degli amministratori indipendenti e degli esperti indipendenti.

Inoltre, l’onere motivazionale risulta accresciuto qualora l’operazione sia stata

approvata “in presenza di un avviso contrario degli amministratori

indipendenti139”, dovendosi dare una “adeguata motivazione delle ragioni per le

quali si ritiene di non condividere tale avviso”140.

Di primaria importanza è l’indicazione dei <<rischi connessi ai potenziali conflitti

di interesse derivanti dall’operazione>> intrapresa, sì da consentirne una più

precisa individuazione e valutazione. E ciò in parallelo alle <<avvertenze>> che,

in ossequio all’Allegato 3B del Regolamento, sono da riportare nel documento

informativo141.

La diffusione del documento informativo deve avvenire entro sette giorni

dall’approvazione dell’operazione da parte dell’organo competente o dalla stipula

del contratto, ovvero entro quindici giorni in caso di cumulo di più operazioni con

una stessa parte correlata142. Qualora, invece, le operazioni che determinano il

superamento della soglia di rilevanza siano compiute da società controllate, il

documento informativo è messo a disposizione del pubblico entro quindici giorni

dal momento in cui la società tenuta alla predisposizione del medesimo

documento ha avuto notizia dell’approvazione dell’operazione che determina la

rilevanza143.

Il documento, quindi, intende porre in luce la ratio dell’operazione ed i connessi

aspetti quantitativi, onde permettere al lettore di apprezzare l’impatto della stessa

sulle dinamiche economico-finanziarie e patrimoniali dell’azienda144.

139Tale avviso contrario può essere superato solo a seguito di approvazione assembleare (assunto con voto favorevole della maggioranza dei soci non correlati), quando l’operazione rientri nella competenza dell’assemblea ovvero qualora tale passaggio assembleare sia appositamente previsto dalle stesse procedure a norma dell’art. 8, 2 comma, Regolamento opc.140 L. SEMINARA, L’informazione c.d. “esterna” sulle operazioni con parti correlate infragruppo, in Analisi giuridica dell’economia, fasc. I, 2013, p. 312.141L. SEMINARA, op. cit., p. 312.142Le operazioni omogenee o realizzate con la medesima parte correlata o con una parte correlata sia a quest’ultima che alla società medesima devono essere cumulate per verificare il superamento delle soglie di rilevanza (art. 5, comma 2, Allegato).143A. POMELLI, op. cit., p. 1357.144L. PROVARONI, op. cit., p. 2064, ove si specifica che il documento deve: “i) descrivere le caratteristiche dell’operazione; ii) indicare le motivazioni economiche dell’operazione; iii) descrivere gli effetti economico-patrimoniali e finanziari dell’operazione; iv) descrivere le

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Tuttavia, al fine di contemperare l’esigenza di riservatezza delle società e quelle

di trasparenza del mercato, il Regolamento prevede che l’informativa al pubblico

debba indicare gli elementi essenziali dei pareri suddetti senza, tuttavia, far venir

meno il requisito di completezza della stessa.

Insieme con il documento informativo, contribuiscono a garantire la trasparenza

delle opc gli obblighi informativi nel bilancio d’esercizio, richiesti dall’art. 2427

c.c., al punto 22-bis145, solo per le operazioni “rilevanti”.

In tale senso la rilevanza dell’operazione rileva sia in termini qualitativi che

quantitativi. Nel primo caso, l’informazione è significativa 146 quando, anche

senza incidere sui valori patrimoniali ed economici, permette al lettore del

bilancio di prevedere le possibili future performance dell’impresa. Nel secondo

caso, invece, il discrimine tra le operazioni in merito alle quali dare o non dare

informazioni dipende dall’importanza numerica che la stessa ha sul bilancio147.

Le regole fin qui esaminate (di trasparenza ed informazione) concorrono,

combinate con altre regole che ci si accinge ad esaminare, a garantire la

correttezza delle procedure in esame.

Le regole di correttezza possono essere definite come l’insieme delle norme che

consentono, almeno potenzialmente, che le operazioni con parti correlate non

modalità di determinazione del corrispettivo dell’operazione, nonché le valutazioni sulla congruità dello stesso rispetto ai valori di mercato di operazioni simili; v) segnalare l’eventuale utilizzo di esperti per la valutazione dell’operazione e indicare i metodi adottati per giudicare la congruità del corrispettivo, nonché descrivere eventuali criticità segnalate dagli esperti in relazione alla specifica operazione.”145La norma, in particolare, dispone che: <<La nota integrativa deve indicare oltre a quanto stabilito da altre operazioni (…omissis) le operazioni realizzate con parti correlate, precisando l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni, qualora le stesse siano rilevanti e non siano state concluse a normali condizioni di mercato. Le informazioni relative alle singole operazioni possono essere aggregate secondo la loro natura, salvo quando la loro separata evidenziazione sia necessaria per comprendere gli effetti delle operazioni medesime sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico della società>>.146L’espressione è un sinonimo del termine “rilevanza”: il legislatore, in varie occasioni, richiede che alcune informazioni siano presentate nella nota integrativa solo se rilevanti o significative. Ciò vuol dire che le informazioni devono essere date nel momento in cui sono utili per valutare l’impresa. Così si esprime il framework dello ias: “La finalità del bilancio è di fornire informazioni in merito alla situazione patrimoniale e finanziaria, all’andamento economico e ai cambiamenti della situazione patrimoniale finanziaria di un’entità, utili a un’ampia serie di utilizzatori nel processo di decisione economica”.147S. GUIDANTONI, Operazioni con parti correlate nel bilancio d’esercizio, in Diritto e Pratica delle Società, 2, 2011, p. 33.

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determinino un ingiustificato pregiudizio alle ragioni dell’emittente e dei suoi

investitori.

Da questo punto di vista, assume un ruolo fondamentale l’art. 2391-bis c.c. che,

come si vedrà, definisce la competenza decisionale delle operazioni con parti

correlate.

In particolare, i soggetti chiamati a decidere del compimento dell’operazione

devono avere puntuale contezza dell’esistenza di un rapporto di correlazione.

La varietà delle operazioni che possono concludersi tra parti correlate, comporta

la difficoltà di indicare le regole volte ad assicurare la “correttezza sostanziale”.

E tanto basta a rafforzare il metodo del case-by-case approach, ossia una

valutazione caso per caso del tipo di operazione e della sua “fairness”148

L’art. 2391-bis c.c. non prevede alcun riferimento al rispetto della fairness

sostanziale.

Secondo alcuni sarebbe stato opportuno, in sede redazionale, il richiamo alla

congruità del prezzo e alle altre condizioni economiche149. Peraltro, un’operazione

con parti correlate potrebbe ritenersi corretta qualora non sia stata influenzata

dalla sussistenza del rapporto di correlazione ovvero qualora tale rapporto non

abbia determinato l’accettazione di condizioni ingiustificatamente penalizzanti per

l’emittente.

Il Regolamento opc prevede che l’informativa al pubblico debba contenere, tra

l’altro, l’indicazione delle motivazioni economiche e della convenienza

dell’operazione. Inoltre, come si vedrà meglio nel proseguio del presente capitolo,

il Regolamento ha inteso garantire la correttezza procedurale con l’attribuzione di

un ruolo centrale agli amministratori indipendenti nell’emanazione del parere e

della possibilità degli stessi di avvalersi della consulenza di esperti indipendenti

per il rilascio di fairness opinions e di legal opinions.

148S. ESPOSITO, op. cit., p. 869, in cui si precisa che “Difatti, nel caso in cui un’operazione o più operazioni siano tra loro cumulate ai sensi dell’art. 5 del Regolamento stesso, il Regolamento in materia di operazioni con parti correlate prevede che le società interessate possano richiedere l’indicazione dei metodi alternativi da seguire nel calcolo degli indici quantitativi di rilevanza qualora il risultato risulti manifestamente ingiustificato in considerazione di specifiche circostanze.149L. BONZANINI – A. MARTELLONI, op. cit., p. 950.

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2. (Segue): Il Regolamento interno sulle Operazioni con Parti Correlate: profili

pratici.

Sempre in un’ottica di trasparenza e di corretta informazione la disciplina sulle

opc (art. 4 del Regolamento) richiede ai consigli di amministrazione o di gestione

delle società l’adozione di procedure contenti regole che presidino questi aspetti.

La medesima norma prevede alcuni presidi di correttezza e, in particolare,

l’espressione di un parere favorevole da parte di un comitato composto di soli

consiglieri indipendenti, applicabili con riferimento sia all’adozione delle

procedure sia alle loro eventuali modifiche.

In proposito, si ritiene che le società possano individuare liberamente tale

comitato tra quelli già esistenti che rispettino il requisito di composizione o di

costruirne appositamente uno nuovo.

Si raccomanda alle società di valutare con una cadenza almeno triennale se

procedere ad una revisione delle procedure, tenendo conto, tra l’altro, delle

modifiche eventualmente intervenute negli assetti proprietari nonché dell’efficacia

dimostrata dalle procedure nella prassi applicativa.

Inoltre, il Regolamento prevede che, qualora non siano in carica almeno tre

amministratori indipendenti, le società debbano ricorrere, in sede di deliberazione

delle procedure, a presidi alternativi al comitato di amministratori indipendenti150.

In particolare, in tal caso, è previsto che le delibere siano approvate “previo

parere favorevole degli amministratori indipendenti eventualmente presenti o, in

loro assenza, previo parere non vincolante di un esperto indipendente”.

Pertanto, qualora nelle società tenute all’adozione delle procedure siano in carica

uno solo o due soli consiglieri indipendenti è possibile ricorrere al parere

favorevole di questi ultimi, senza che vi sia la necessità di modificare la

composizione del consiglio di amministrazione, di gestione o di sorveglianza.

Tra le possibili misure non configura, invece, l’espressione di un parere da parte

del collegio sindacale: a quest’organo, infatti, è già assegnato non solo il compito

di controllare l’osservanza delle procedure adottate, ma anche quello di verificare

la conformità delle procedure stesse ai principi indicati nel Regolamento.

150Comunicazione Consob n. DEM/10078683 del 24-09-2010.

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In proposito si ritiene che la valutazione del collegio sindacale riguardi sia la

conformità alle procedure adottate del Regolamento sia il rispetto delle procedure

medesime in occasione dell’approvazione delle singole operazioni: nel primo caso

– così come, ovviamente, nel secondo – si tratta di valutazioni condotte ex post,

ma si ritiene che nulla impedisca l’acquisizione di un parere del collegio sindacale

sulla legittimità delle procedure prima che queste siano approvate151. In tal caso, il

parere si affiancherebbe, senza sostituirlo, a quello espresso, in sede di adozione

delle procedure, dai consiglieri indipendenti o dagli esperti indipendenti.

Queste appena delineate (che saranno approfondite infra) rappresentano il cuore

del contenuto del regolamento interno che ogni società deve redigere. Ma

guardando ad un profilo prettamente pratico si vuole, in questa sede, analizzare la

struttura del regolamento.

Si premette che la forma del regolamento è, in linea di massima, identica per tutte

le società che siano tenute ad adottarlo e che, in fin dei conti, l’ordine odoperato

dalle società riprende quello seguito dal Regolamento Consob.

Si è presa in esame, come “Regolamento modello”, la “Procedura sulle operazioni

con parti correlate della Tod’s S.p.A.” (approvata dal consiglio di

amministrazione della società nella riunione dell’11 novembre 2010).

La procedura di Tod’s S.p.A., si compone di un indice, che spesso, per altre

società, è preceduto da una premessa che indica la funzione del regolamento

interno, nonché l’iter di approvazione dello stesso.152

In particolare l’indice della procedura in esame è articolato come segue:

- Oggetto e Definizioni;

151Comunicazione Consob n. DEM/10078683 del 24-09-2010.152A titolo esemplificativo, si riporta la premessa al regolamento interno di Salini Impregilo S.p.A.: “La presente procedura è stata approvata, ai sensi dell’art. 2391-bis c.c. e dell’art. 4,commi 1 e 3, del “Regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate” adottato con delibera Consob n. 17221 del 12 marzo 2010, come modificato con successiva delibera n. 17389 del 23 giugno 2010, dal Consiglio di Amministrazione di Impregilo S.p.A. in data 30 novembre 2010, previo parere favorevole del Comitato per le operazioni con parti correlate.Successivamente il Consiglio di Amministrazione, nelle riunioni del 20 aprile, del 9 luglio 2012, del 13 maggio 2013, del 17 dicembre 2014 e dell’11 novembre 2015, ha modificato la procedura previo parere favorevole del Comitato per le operazioni con parti correlate, ai sensi dell’art. 2391-bis c.c. e dell’art. 4, commi 1 e 3, del regolamento Consob opc. (…omissis). La procedura definisce le regole e i principi ai quali Salini Impregilo si attiene nel compimento di operazioni con parti correlate, realizzate direttamente o per il tramite di società controllate, a tutela della trasparenza e correttezza sostanziale e procedurale di tali operazioni”.

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- Identificazione e acquisizione delle Informazioni dalle Parti Correlate;

- Approvazione, efficacia e pubblicità della presente Procedura;

- Procedura Generale di istruzione e approvazione delle Operazioni di minore

rilevanza con Parti Correlate;

- Procedura Speciale di istruzione e approvazione delle Operazioni di maggiore

rilevanza con Parti Correlate;

- Comitato per il Controllo Interno e la Corporate Governance. Comitato

Amministratori Indipendenti;

- Trasparenza Informativa per le Operazioni di maggiore rilevanza;

- Delibere Quadro;

- Esclusioni e Deroghe;

- Operazioni da concludere in caso di urgenza;

- Operazioni di Competenza dell’Assemblea;

- Operazioni compiute dalle società controllate.

A titolo esemplificativo e, soprattutto al fine di comprendere come l’intera

Procedura ricalchi lo schema del Regolamento Consob, si riportano, di seguito,

alcune definizioni relative alla “Identificazione e acquisizione delle informazioni

dalle parti correlate”:

<<Ai fini dell’applicazione della presente Procedura, l’identificazione delle Parti

Correlate è operata dalla Società alla stregua dei criteri di cui all’Allegato 1 al

Regolamento; sono quindi Parti Correlate:

a) tutti i membri del Consiglio di Amministrazione – esecutivi e non esecutivi –

dell’Emittente Tod’s S.p.A.; i membri effettivi del Collegio Sindacale; i “dirigenti

con responsabilità strategiche” e cioè: Direttori Generali ed il Dirigente Preposto

alla redazione dei documenti contabili societari del Gruppo Tod’s S.p.A.;

- (nel seguito pure – e anche congiuntamente con altri soggetti – “Parti Correlate

Dirette”); i loro “stretti familiari”, tali essendo il coniuge non legalmente separato

e il convivente; i figli e le persone a carico del soggetto, del coniuge non

legalmente separato o del convivente; le “entità” nelle quali i precedenti soggetti

esercitino il controllo solitario, il controllo congiunto o l’influenza notevole o

detengano, direttamente o indirettamente, una quota significativa, comunque non

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inferiore al 20% dei diritti di voto; (nel seguito pure – e anche congiuntamente

con altri soggetti – “Parti Correlate Indirette”)

(b) gli azionisti di controllo, solitario o congiunto, o che comunque detengono una

partecipazione tale da poter esercitare una influenza notevole sull’Emittente (nel

seguito pure – e anche congiuntamente con altri soggetti – “Parti Correlate

Dirette”); - tutti i membri del Consiglio di Amministrazione – esecutivi e non

esecutivi -, i membri effettivi del Collegio Sindacale, nonché i dirigenti con

responsabilità strategiche delle società controllanti; i loro “stretti familiari”, tali

essendo il coniuge non legalmente separato e il convivente; i figli e le persone a

carico del soggetto, del coniuge non legalmente separato o del convivente; le

“entità” nelle quali tali precedenti soggetti esercitino il controllo solitario o

congiunto, o l’influenza notevole o comunque detengano, direttamente o

indirettamente, una quota significativa, comunque non inferiore al 20% dei diritti

di voto;

- gli “stretti familiari” del soggetto controllante – in quanto persona fisica – tali

essendo il coniuge non legalmente separato e il convivente; i figli e le persone a

carico del soggetto, del coniuge non legalmente separato o del convivente; le

“entità” nelle quali tali stretti familiari esercitino il controllo solitario o congiunto,

o l’influenza notevole o comunque detengano, direttamente o indirettamente, una

quota significativa, comunque non inferiore al 20% dei diritti di voto;

- le società soggette a comune controllo con l’Emittente; (nel seguito anche – e

congiuntamente con altri soggetti – “Parti Correlate Indirette”) (c) le Società

Controllate; (d) le Società Collegate; (e) le Joint venture.

2.2 Ciascuna Parte Correlata Diretta di cui all’art. 2.1 lettere (a) e (b) ha l’obbligo

e si impegna anche in relazione alle Parti Correlate Indirette a sé riferibili –

mediante la sottoscrizione della presente Procedura – ad informare

tempestivamente l’Emittente di ogni avvio di trattative con l’Emittente o con le

sue società controllate, per la conclusione di un’operazione, sia con la stessa Parte

Correlata Diretta, sia con una delle Parti Correlate Indirette alla medesima

riferibili, così come – in ogni caso – di qualunque atto o fatto che possa

comportare l’applicazione della disciplina di volta in volta vigente in materia di

Parti Correlate.

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2.3 Ciascuna delle Parti Correlate Dirette, è tenuta a fornire alla Società i dati e le

informazioni idonee a consentire la tempestiva identificazione di tutte le Parti

Correlate – Dirette e Indirette – esistenti, aggiornando di volta in volta e in un

congruo termine le informazioni precedentemente rese.

2.4 L’informativa è fornita in sede di prima attuazione della presente

regolamentazione e, successivamente, allorquando vi siano modifiche rilevanti

nelle informazioni precedentemente rese nonché, in ogni caso, ogni qualvolta lo

richieda l’Emittente.

2.5 Qualora la Società non abbia conoscenza della qualifica di Parte Correlata di

una controparte e siano stati omessi gli obblighi di informazione, la controparte

dell’Emittente che abbia omesso tale informativa – così come la Parte Correlata

Diretta cui la controparte sia

riferibile, e che abbia omesso l’informativa rilevante – sarà ritenuta responsabile

di qualsiasi danno – patrimoniale e non patrimoniale, anche conseguente a

provvedimenti dell’Autorità competente – derivante all’Emittente dal compimento

dell’operazione in violazione delle prescritte procedure>>.

3. Natura giuridica e funzione del parere. Il suo contenuto in relazione alle opc di

maggiore e minore rilevanza.

Quanto finora detto, a proposito delle regole richieste dalla Consob – come si è

visto – vale per gli adempimenti preliminari all’inizio dell’iter che poi conduce

all’approvazione dell’operazione.

Ma la tutela che viene garantita dalle regole di trasparenza e correttezza emerge,

ancor di più, dalle previsioni del Regolamento che devono essere applicate quanto

sorge l’esigenza – ovvero solo l’opportunità - di porre in essere un’opc.

Il più rilevante step, da questo punto di vista, è rappresentato dall’adozione del

parere preventivo del Comitato Parti Correlate sull’operazione

La funzione del parere si collega, in un certo senso, al documento informativo

che funge, da veicolo di informazione e, quindi, di correttezza non solo di quanto

detto in precedenza, ma anche dei vari suoi allegati che risultano fondamentali ai

fini di una informazione completa.

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Il parere del “Comitato Parti Correlate” ha un’importanza fondamentale: in

particolare, la disciplina dettata dal combinato del Regolamento Consob e l’art.

2391-bis c.c. presuppone l’adozione, da parte dell’organo gestorio dell’emittente,

di una procedura che – oltre a identificare i soggetti e le operazioni con parti

correlate di cui si è detto - illustri le regole adottate, alla luce dello schema trattato

dalla Consob per garantire la correttezza sostanziale e procedurale delle opc.

L’approvazione della procedura richiede un preventivo ed obbligatorio parere153

rilasciato da un comitato composto esclusivamente da amministratori

indipendenti, chiamato ad esprimersi sulla idoneità della stessa ad assicurare il

rispetto di quei principi richiesti dalla Consob, stante il rischio delle operazioni di

cui si tratta (il che presuppone che ci sia una bozza di procedura che potrà essere

liberamente approntata o all’interno o all’esterno dell’organizzazione e della

burocrazia societaria154).

La funzione del parere varia a seconda dell’organo chiamato a renderlo: la

competenza dei soggetti chiamati a emettere il parere, infatti, muta a seconda che

si tratti di operazioni rilevanti o meno.

In linea generale può affermarsi che il parere ha natura di atto non negoziale con

funzione di garanzia e consultiva a prescindere dalla rilevanza dell’operazione:

preliminare a tutte le opc, infatti, è un parere sull’interesse della società al

compimento dell’operazione, nonché sulla convenienza e sulla correttezza delle

relative condizioni emesso da un comitato endoconsiliare (anche appositamente

costituito) 155 che prende il nome di “Comitato per le operazioni con parti

correlate”.

Questo Comitato ha dei poteri circoscritti: il giudizio, infatti, stando alla lettera

della norma è perimetrato all’<<interesse della società al compimento

dell’operazione nonché sulla convenienza o sulla correttezza sostanziale delle

relative condizioni>>.

153Esso è previsto dall’art. 4, comma 3, del Regolamento Consob.154 STELLA RICHTER Jr, Regole delle procedure per le operazioni con parti correlate e modificazioni statutarie conseguenti, in Atti del Convegno Università cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 19 novembre 2010, a cura di Vincenzo Cariello, Milano, 2011, p. 45.155 E. PUCCI, Il parere degli amministratori indipendenti nelle operazioni con parti correlate: profili funzionali, in Rivista delle società, 2014, fasc. 02-03, p. 338.

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66

In realtà qualcuno156 sostiene che nulla impedisce loro – in quanto amministratori

- di esprimere comunque la propria opinione (ed eventualmente contrarietà) sul

“merito” (e quindi sulla opportunità o convenienza) della scelta operata dagli

esecutivi157.

Tuttavia, stante la delicatezza della questione, probabilmente gli indipendenti

dovrebbero attenersi ad un giudizio non di merito, onde evitare di sovrastare

l’operato degli esecutivi, anche per il fatto che già il Regolamento provvede a

graduare l’importanza del loro parere.

Infatti, sono previste delle differenze procedurali che caratterizzano, invece, le

operazioni di maggiore rilevanza per la loro inevitabile maggiore rischiosità.

Nelle operazioni che rientrano in questa categoria, il comitato deve essere

composto, esclusivamente, da amministratori non esecutivi e indipendenti non

correlati; mentre per le operazioni di minore rilevanza è sufficiente la presenza di

amministratori non esecutivi e non correlati, in maggioranza indipendenti.

E’ anche differente la portata del parere: esso è non vincolante qualora sia reso da

un esperto indipendente estraneo agli organi sociali. In tutti gli altri casi – e cioè

quando è reso da comitato di amministratori di consiglieri indipendenti ovvero

dall’unico o dagli unici due consiglieri indipendenti – il riferimento al previo

parere favorevole158 induce a considerare tale parere vincolante.

Quanto al contenuto del parere esso può essere positivo o negativo, ma anche

condizionato: sotto quest’ultimo aspetto, infatti, potrebbero rientrare quei casi in

cui, ad esempio, il parere positivo sia condizionato all’adozione di specifiche

modificazioni alla bozza delle procedure 159 . A sua volta, il parere negativo

dovrebbe contenere una motivazione circa le ragioni per le quali si ritiene di non

condividere la soluzione proposta.

156 M. BAGLIONI – G. GRASSO, Parti correlate: l’attività di predisposizione delle nuove procedure interne, in Società, 2010, p. 733.157M. BAGLIONI – G. GRASSO, op. cit., in cui si precisa che potrebbe semmai prospettarsi l’eventualità che il parere degli indipendenti sulla correttezza dell’operazione risulti positivo, ma gli indipendenti (senza perciò entrare in contraddizione con quanto espresso nel parere), nell’ambito della riunione del consiglio di amministrazione, manifestino la propria perplessità (od eventuale voto contrario) sulla scelta operata dall’amministratore delegato (“l’operazione è corretta e a condizioni di mercato, ma non la condividiamo”).158Così l’art. 4, comma 3, del Regolamento Consob.159M. STELLA RICHTER JR, op. cit., p. 65.

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Inoltre, stante la collegialità del comitato chiamato ad esprimersi sulle operazioni,

ci si chiede cosa accada in caso di voto contrario ovvero astensione di uno o più

dei componenti il comitato. In questi casi la Consob 160 prevede una

comunicazione al pubblico con la quale si renda noto il voto dissenziente, la

persona o le persone che lo hanno espresso e le relative motivazioni161.

Non sempre però il comitato emette il parere senza previamente aver richiesto

l’opinione di un esperto esterno sulla conformità della bozza di procedura alla

disciplina legale e regolamentare sulle operazioni: si tratta del c.d. advisor.

Inoltre, a sostegno della “non esclusività” del parere, sempre nell’ottica di una

funzione di garanzia, si ricorda che le operazioni di maggiore rilevanza sono

assoggettate ad un regime di trasparenza da attuare attraverso la predisposizione e

la diffusione di un “documento informativo” contenente una dettagliata

descrizione dei principali aspetti dell’operazione162. Il documento in questione

può essere accompagnato dal parere degli advisor.

Per completezza, anche al fine di meglio comprendere la struttura e l’effettiva

utilità degli strumenti finora si è detto, si riportano alcuni risultati emersi dalla

lettura di documenti informativi e pareri, stilati in occasione di alcune operazioni

con parti correlate.

Dai documenti informativi si è potuto constatare una generale esaustività delle

informazioni riportate: ricorre sempre una descrizione delle caratteristiche e delle

160Il riferimento è all’art. 114, comma 5, T.U.F.161 Cfr. Comunicazione Consob n. 10094530 del 15 novembre 2010, disponibile sul sito www.consob.it.: “qualora la procedura sia stata approvata in presenza del voto contrario o dell’astensione di uno o più consiglieri (anche non indipendenti) ovvero di un parere contrario non vincolante dell’esperto indipendente, si richiede alle società, ai sensi dell’art. 114, 5 comma, del T.u.f., di pubblicare entro il 3 dicembre 2010, con le modalità indicate nella Parte III, Titolo II, Capo I, del regolamento Consob adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999, come successivamente modificato, un comunicato concernente le seguenti informazioni: - indicazione della circostanza che la procedura è stata approvata dall’organo di amministrazione in presenza del voto contrario o dell’astensione di uno o più consiglieri ovvero di un parere contrario dell’esperto indipendente; - indicazione del nominativo del consigliere o dei consiglieri che hanno espresso voto contrario o si sono astenuti, chiarendo se si tratta di componente esecutivo, non esecutivo, indipendente o tratto da una lista di minoranza ovvero indicazione del nominativo o della denominazione dell’esperto indipendente; - indicazione se l’espressione del voto contrario o l’astensione sia avvenuta in sede di adozione del parere previsto dal citato art. 4, comma 3, del Regolamento o in sede di approvazione della procedura da parte dell’organo di amministrazione; -indicazione delle motivazioni del voto contrario o dell’astensione ovvero del parere contrario dell’eserto indipendente. Resta ferma la facoltà, per le società, di pubblicare il parere previsto dall’articolo 4, comma 3, del regolamento o, qualora tale parere non sia reso in forma scritta, di rendere note nel predetto comunicato le motivazioni a supporto di tale parere.”162Allegato 4 al Regolamento Consob.

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modalità dell’operazione, l’indicazione delle parti correlate e della natura del

rapporto di correlazione, così come sono illustrate le motivazioni economiche e la

convenienza dell’operazione. E’, invece, ancora carente, salvo che nell’ipotesi di

fattispecie particolarmente complesse, la rappresentazione del livello di

coinvolgimento degli amministratori e, in generale, del comitato degli

indipendenti163.

Informazioni integrative sul punto non sono rinvenibili neppure nei pareri resi dal

comitato degli indipendenti, laddove si riscontra una descrizione, allineata al

dettato del regolamento, che si limita a dichiarare che vi è stato il coinvolgimento

del comitato nelle varie fasi delle trattative. Relativamente a tale profilo, ci si

attenderebbe un maggiore sforzo descrittivo, da un lato maggiormente rispondente

al dettato del regolamento, dall’altro idoneo a tracciare il reale livello di

coinvolgimento del comitato, anche ai fini di una diversa distribuzione di carichi

di responsabilità in caso di future azioni164.

Ulteriori spunti di riflessione emergono dalla lettura dei pareri. Il parere dovrebbe

esprimere la sintesi del giudizio che il comitato degli esperti indipendenti ha

realizzato sulla base delle informazioni assunte nella fase dell’istruttoria e delle

trattative condotte in vista dell’approvazione dell’operazione165.

A ciò si aggiunga che, fatta eccezione di alcuni casi, che possono essere

identificati come modelli di benchmark, spesso i pareri resi dal comitato si

presentano sintetici e scarsamente rappresentativi dei profili di criticità

dell’operazione.

Sovente il comitato dichiara la correttezza e la convenienza delle condizioni e si

limita ad affermare di aver valutato la sussistenza dell’interesse della società al

compimento dell’operazione, senza offrire alcuna argomentazione a sostegno.

Da quanto detto emerge che probabilmente ancora manca una piena

consapevolezza del significato e dei contenuti del parere che il comitato degli

indipendenti è chiamato a formulare e, di conseguenza, del ruolo loro affidato.

163E. PUCCI, op. cit., p. 341.164E. PUCCI, op. cit., p. 341.165 E. PUCCI, op. cit., la quale aggiunge che “Tale apporto critico dovrebbe emergere nella rappresentazione dei tre elementi che, alla luce del dettato regolamentare, riempiono idi contenuto il parere: i) interesse della società al compimento dell’operazione; ii) convenienza delle condizioni; iii) correttezza sostanziale delle condizioni.

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4. L’indipendenza come requisito necessario dei componenti il “comitato parti

correlate” e l’eventuale nomina di un terzo. Questioni di responsabilità.

Come si è visto, la funzione di fulcro dell’intera disciplina delle operazioni con

parti correlate che caratterizza il parere è basata essenzialmente sull’indipendenza

dell’organo che è chiamato ed emanarlo.

Appare opportuno, quindi, verificare quali siano i requisiti che devono possedere

gli amministratori per far parte del Comitato Parti Correlate.

Nel Regolamento Consob166 è previsto che il Comitato Parti Correlate debba

essere composto da amministratori indipendenti, in primo luogo non esecutivi e

non correlati; all’art. 3, comma 1, lett. i) si precisa che per “amministratore non

correlato” debba intendersi quel soggetto diverso dalla controparte di una

determinata operazione e dalle sue parti correlate167.

Stante l’impossibilità di individuare ex ante soggetti non correlati rispetto ad

eventuali future operazioni, appare opportuno che le società individuino anche le

procedure che potrebbero essere applicate nel caso in cui un amministratore

considerato fino ad un certo momento idoneo a partecipare al comitato si scopra

successivamente correlato rispetto ad una determinata operazione168. Non a caso

molte società hanno previsto nelle procedure dei meccanismi di sostituzione

analoghi a quelli stabiliti dall’art. 2401 c.c. per i sindaci.

Soffermandoci sul requisito della “indipendenza” è evidente che la Consob non

abbia offerto una propria definizione, ma piuttosto ha fatto proprie le definizioni

di indipendenza già presenti nel nostro ordinamento: quella contenuta nell’art.

148, 3 comma, T.U.F. e quella di cui al punto 3 del Codice di Autodisciplina169.

166Agli artt. 7 ed 8.167 Il requisito di amministratore non correlato si pone come aggiuntivo rispetto a quello di indipendente e, per certi versi, anche più stringente. L’espresso richiamo, invece, a non ricoprire incarichi esecutivi, ex art. 7 Reg., ha risolto l’annoso confronto emerso nel corso delle prime consultazioni sull’opportunità o meno che un amministratore indipendente potesse svolgere funzioni proprie di un esecutivo: possibilità che sembrerebbe esclusa dal contestuale richiamo ad entrambe le circostanze per la legittimazione a partecipare al comitato di cui all’art. 7.168N. MICHIELI, op. cit., p. 1031.169Con la Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010 la Consob ha affermato l’equivalenza dei requisiti di indipendenza attualmente previsti dal Codice di Autodisciplina adottato dal Comitato per la Corporate governance del 2006 a quelli di cui all’art. 148 t.u.f.. In particolare, quest’ultima norma stabilisce che “Non possono essere eletti sindaci e, se eletti,

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Tuttavia il differente rigore tra i requisiti di indipendenza ha spinto la Consob a

precisare che i parametri di cui all’art. 148 t.u.f. vanno “compensati” dalla più

ampia possibilità riconosciuta attraverso il Codice di Autodisciplina di indicare

ipotesi significative di assenza di indipendenza.

Si è detto che questa impostazione implica una forte responsabilizzazione del

consiglio di amministrazione chiamato a valutare l’effettiva indipendenza dei

componenti secondo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma ed -

eventualmente – a dichiararne la sussistenza anche in presenza di situazioni

critiche, astrattamente idonee a compromettere la ricorrenza di detta

condizione170.

In entrambe le discipline l’indipendenza dell’amministratore è legata all’assenza

di rapporti di natura professionale che il t.u.f. individua nell’essere “legato alla

società od alle società da questa controllate od alle società che la controllano od a

quelle che sono sottoposte a comune controllo ovvero agli amministratori della

società ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne

compromettano l’indipendenza”. Il Codice di Autodisciplina, invece, offre un

elenco molto più articolato171.

A ciò si aggiunge il requisito della insussistenza di rapporti patrimoniali tra la

società di appartenenza ed i consiglieri indipendenti, richiamato dall’art. 148, 3

comma, lett. c) del Tuf.

Questo requisito, ha creato maggiori problemi in dottrina.

decadono dall’ufficio: a) color che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 2382 c.c.; b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge ed i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo; c) coloro che sono legati alla società o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b) da rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne compromettano l’indipendenza.” Invece, il Codice di Autodisciplina, al punto 3, prevede che: “Un numero adeguato di amministratori non esecutivi sono indipendenti, nel senso che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente, relazioni tali da condizionarne attualmente l’autonomia di giudizio (…)”.170E. PUCCI, op. cit., p. 343. 171A titolo esemplificativo: l’amministratore, per essere considerato indipendente, non deve essere o non deve essere stato “esponente di rilievo” di una società controllata avente rilevanza strategica o di una società sottoposta a comune controllo con l’emittente.

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Al riguardo dalle normative di riferimento 172 si possono trarre due rilevanti

conclusioni: a) da una parte, il compenso dell’amministratore indipendente deve

essere adeguato all’incarico ricoperto; b) dall’altra parte, atteso che

l’indipendenza dell’amministratore non è di per sé pregiudicata dalla circostanza

di ricoprire incarichi aggiuntivi in società controllate o controllanti, neppure detta

indipendenza è compromessa per effetto del riconoscimento di una remunerazione

aggiuntiva riconosciuta per altre attività173. Questo assunto è conferma del fatto

che nulla osti al riconoscimento di una remunerazione aggiuntiva all’indipendente

che abbia esercitato deleghe nell’ambito del Comitato parti correlate174.

A questi rapporti di tipo professionale o patrimoniale se ne aggiungono altri di

natura “personale”: il Codice di Autodisciplina fa un generico riferimento

all’essere “stretto familiare di una persona che si trovi in una delle situazioni di

cui ai precedenti commi”; il T.U.F. offre un’elencazione più precisa175.

Tuttavia, come affermano alcuni176, nonostante entrambe le definizioni di cui si è

appena detto regolino rapporti che possono condizionare in vario modo

l’autonomia di giudizio di un amministratore, le indicazioni contenute nel Codice

di Autodisciplina, per quanto “non tassative”, appaiono più approfondite ed

analitiche.

172Si pensi, ad esempio, ai Principi 6.P.1 e 6.P.2 del Codice di Autodisciplina ai sensi dei quali, rispettivamente: “La remunerazione degli amministratori (…) è stabilita in misura sufficiente ad attrarre, trattenere e motivare persone dotate delle qualità professionali richieste per gestire con successo l’emittente” e “La remunerazione degli amministratori non esecutivi è commisurata all’impegno richiesto a ciascuno di essi, tenuto anche conto dell’eventuale partecipazione ad uno o più comitati (…); oppure alla Comunicazione Consob n. DEM/10046789 del 20 maggio 2010 nella parte in cui stabilisce che “qualora l’amministratore indipendente della quotata venisse nominato in più società controllate della quotata si dovrà prestare attenzione al fatto che da tale pluralità di incarichi non derivi una remunerazione complessiva tale da compromettere l’indipendenza dell’amministratore”.173A. ZOPPINI – G. DIELE, Sulla remunerazione spettante agli amministratori indipendenti incaricati di prendere parte alle trattative ai sensi della disciplina delle operazioni con parti correlate (parere pro veritate), in Rivista del Notariato, fasc. 5, 2015, p. 933 ss.174E’ necessario, tuttavia, che tale riconoscimento avvenga secondo adeguati presidi procedurali e sia comunque contenuto entro limiti ragionevoli: ad esempio, è opportuno che alle adunanze del Comitato per la remunerazione e del Consiglio di Amministrazione chiamate ad approvare tale remunerazione aggiuntiva degli indipendenti interessati non partecipino o, comunque, vi partecipino tenuto conto dei doveri su di essi incombenti ai sensi dell’art. 2391 c.c., Così A. ZOPPINI – D. DIELE, op. cit., p. 937.175V. art. 148, comma 3, lett. b) t.u.f.176Tra gli altri anche E. PUCCI e N.MICHIELI.

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Questo giustifica anche la preferenza della Consob di aderire al Codice di

Autodisciplina che, in tal modo, ha voluto anche valorizzare il ruolo degli

amministratori indipendenti.

Il rilievo che si dà a questa figura, tuttavia, non è condiviso da tutti.

Infatti, alcuni hanno sostenuto che quella dell’amministratore indipendente è una

qualifica che taluni componenti del consiglio di amministrazione devono

possedere per legge e non una funzione che valga a giustificare per loro un ruolo

diverso o ulteriore rispetto a quello ricoperto dagli altri componenti non esecutivi

del CDA177.

Ma le osservazioni critiche non sono finite qui.

Anche la giurisprudenza178 ha sostenuto che <<non è l’indipendenza che fonda un

distinto status dell’amministratore>>.

A queste critiche, però, rispondono le stesse esigenze del mercato che non può

non contare su un esercizio particolarmente vigoroso e puntuale da parte loro dei

doveri di controllo nei confronti dell’operato degli amministratori esecutivi, e

giustifica che gli amministratori in possesso di determinati requisiti di

indipendenza l’ordinamento decida di affidare compiti ulteriori rispetto a quelli

esercitati dagli altri amministratori sotto il profilo dei doveri e dei poteri179.

Un’altra soluzione alle problematiche mosse dagli orientamenti citati potrebbe

essere quella di affidare dei ruoli ai c.d. amministratori di minoranza 180 che

qualcuno181 considera essere dotati di una maggiore indipendenza.

Infatti, l’amministratore di minoranza si presenta come presidio dei soli soci di

minoranza182 e potrebbe, pertanto, assumere il ruolo di effettivo guardiano degli

177L. POMELLI, op. cit., p. 1342, in ci si precisa che il timore è quello che un coinvolgimento degli amministratori indipendenti nel compimento delle operazioni con parti correlate, e quindi in aspetti che concernono la gestione anche corrente della società, possa avere quale effetto quello di una surrettizia trasformazione degli indipendenti, e quindi non esecutivi, in amministratori esecutivi.178 Tribunale di Milano, 18 dicembre 2008 (sul c.d. Caso Parmalat) disponibile su www.penalecontemporaneo.it.179A. POMELLI, op. cit., p. 1343.180La figura è <<espressione della lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegato in alcun modo, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti” (art. 147-ter, comma 3, Tuf).181 STELLA RICHTER Jr, Brevi osservazioni sulla proposta di disciplina regolamentare in materia di operazioni con parti correlate, in Rivista di diritto societario, II, 2008, p. 846. Si considera più effettiva la nomina di tale figura poiché <<sottrae la nomina del controllore a chi sarà poi soggetto al di lui controllo>>, disponibile sul sito www.consob.it; F. DENOZZA, L’amministratore di minoranza e i suoi critici, in Giurisprudenza Commerciale, I, 2005, p. 773.

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interessi sociali nei confronti del gruppo di controllo: per questo motivo questa

figura, anche se rappresentante di quella parte dell’azionariato che ha investito

meno, non è necessariamente portatore di interessi opposti rispetto a quelli della

maggioranza; anzi, la sua posizione ben potrebbe contribuire ad una dialettica

costruttiva che non si cristallizzi sulle posizioni della maggioranza e che, quindi,

aumenti la trasparenza interna, nel senso di far emergere le istanze sostenute da

minoranze <<forti>>183.

Tuttavia anche questa strada non sembra percorribile.

Infatti, anche l’amministratore di minoranza non è a priori estraneo ai conflitti di

interesse, ben potendo, come tutti gli amministratori incorrere in comportamenti

scorretti.

Questo assunto è confermato anche dal fatto che nel Regolamento opc non sia

traccia di una tale figura184.

Si potrebbe anche pensare ad una collaborazione tra amministratori indipendenti e

di minoranza, ma il timore è sempre lo stesso: la mancanza di fiducia in una

simile collaborazione.

Per tali ragioni la soluzione che si preferisce è la presenza dei soli amministratori

indipendenti a presidio degli interessi di tutti gli azionisti (di maggioranza e di

minoranza).

Ma ciò non toglie che gli amministratori indipendenti possano collaborare con

alcuni esperti, dotati di indipendenza e competenza.

Al riguardo il Regolamento all’art. 7, comma 1, lett. b), a cui fa espresso rinvio

anche l’art. 8, comma 1, per le operazioni di maggiore rilevanza, stabilisce che il

Comitato Parti Correlate possa farsi assistere da alcuni esperti nella valutazione

della convenienza e correttezza delle operazioni: essi possono essere esperti di

fiducia, esperti aziendali di propria scelta ovvero già nominati dalla società.

182A. LENER, Gli amministratori indipendenti, in Profili e problemi dell’amministrazione nella riforma delle società, a cura di Scognamiglio, Milano, 2003, pp. 117 ss.183F. DENOZZA, L’amministratore di minoranza e i suoi critici, in Giurisprudenza Commerciale, I, 2005, p. 773.184A. POMELLI, op. cit., p. 167, sostiene che la presenza in consiglio di tale figura non si spiega, se là dove sarebbe maggiormente importante il suo coinvolgimento per tutelare le minoranze prevale il timore che questi possa abusare della propria posizione, compromettendo operazioni che rispondono all’interesse della società.

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Si tratta di un incarico meramente consultivo e non sostitutivo di quello richiesto

al Comitato, basato su valutazioni tecniche che vada ad integrare le specifiche

competenze degli amministratori, ove queste non siano adeguate a garantire un

diligente adempimento dei propri doveri185.

Per caso in cui i componenti il comitato decidano di affidare questo incarico a

degli esperti, ci si chiede come essi possano individuare i soggetti più idonei,

anche perché il requisito dell’indipendenza richiesto dalla Consob 186 , appare

alquanto generico.

In dottrina si ritiene che l’indipendenza vada riferita sia al soggetto per conto del

quale l’esperto assume l’incarico di consulenza, sia alla controparte correlata

all’operazione: il convincimento è che la scelta debba ricadere su soggetti

completamente privi di alcun interesse al compimento o meno di una certa

operazione. Questo in considerazione della capacità che le risultanze tecniche

potrebbero avere nel condizionare le valutazioni del comitato e, di conseguenza,

gli esiti del processo deliberativo187.

La scelta del Comitato Parti Correlate di avvalersi o meno dell’esperto

indipendente comporta una valutazione ex ante che comporta una ricaduta anche

in termini di responsabilità: a titolo esemplificativo, si pensi all’ipotesi in cui il

Comitato non intenda usufruire di alcun ausilio esterno in presenza di operazioni

che impongano delle conoscenze tecniche particolarmente approfondite che il

Comitato non possiede.

In tali casi i danni eventualmente legati ad una scelta errata dovuta all’omissione

del Comitato non potranno che comportare delle ricadute in termini di

responsabilità dei componenti il Comitato: per queste ragioni, principalmente, il

Comitato, nella realtà pratica tende a chiedere sempre l’ausilio dell’esperto.

Ma anche nel caso in cui individuato l’esperto e chiesto l’ausilio sulla base del

quale poi hanno emanato il parere, essi potrebbero essere chiamati a rispondere

per incompetenza dell’esperto: non si tratta, come potrebbe sembrare prima facie,

di una responsabilità oggettiva, bensì si una responsabilità derivante dalla scelta

185E. PUCCI, op. cit., p. 1036.186Di cui all’Allegato 4, punto 2.4.187E. PUCCI, op. cit. p. 1036, la quale aggiunge che “Questioni di coerenza normativa, impongono che gli esperti siano non solo soggetti indipendenti, ma anche non correlati, alle parti coinvolte nell’operazione.

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dell’esperto che gli amministratori assumono nel momento in cui li scelgono:

graverà, pertanto, in capo ad essi l’onere di dimostrare di aver diligentemente

selezionato esperti concretamente indipendenti e non correlati sulla base dei loro

curricula, della loro reputazione nel mercato o delle pregresse conoscenze, dirette

o indirette, circa le loro competenze.

Da quanto detto appare evidente che la violazione dei doveri imposti dal

Regolamento è fonte di una specifica responsabilità degli amministratori che

compongono il Comitato Parti Correlate, alla quale essi non possono sottrarsi, a

meno che non provino di aver agito con diligenza.

5. (Segue): E l’eventuale nomina di un advisor da parte dell’organo gestorio.

Un terzo estraneo alla società può anche essere nominato dal Consiglio di

amministrazione o, comunque, nelle società aventi un sistema dualistico, dal

consiglio di gestione. Si tratta del c.d. advisor.

E’ frequente che, nell’esercizio dell’attività gestoria gli amministratori si

avvalgano di esperti esterni alla società dotati di particolari competenze tecniche:

questi, in particolare, possono essere persone fisiche o persone giuridiche.

Nei confronti della società l’organo di amministrazione è responsabile anche della

nomina dell’advisor, sia quando fondi una propria decisione sul “parere”

dell’advisor, sia qualora emerga che i consulenti nominati siano portatori di un

interesse particolare nell’operazione, o addirittura, in conflitto con l’interesse

della società o, ancor peggio, qualora, sulla base di quel parere sia stata assunta

una decisione dannosa per la società188.

La nomina dell’advisor rappresenta, a tutti gli effetti, un atto gestorio: tale

circostanza, pertanto, comporta la piena responsabilità dell’organo di

amministrazione, analogamente a quanto accade per ogni atto di gestione.

La disciplina della nomina ed i profili di responsabilità in tale ipotesi rispecchiano

quelle “ordinarie”, previste dal Codice Civile.

In particolare, l’individuazione del terzo dovrà avvenire secondo quanto disposto

dall’art. 2392 c.c., al fine di selezionare un soggetto dotato di particolare diligenza

188N. MICHIELI, op. cit., p. 1037.

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professionale e, in coerenza con la disciplina delle parti correlate, “non

interessato”, ossia “indipendente” e “non correlato”. Ferma restando anche in

questo caso, la più volte citata disciplina dell’art. 2391 c.c.

Inoltre, ci si è chiesto al riguardo quali problemi possano sorgere per il caso in cui

il consiglio di amministrazione ed il Comitato Parti Correlate scelgano lo stesso

advisor.

Sembrerebbe che la scelta dell’advisor di nomina dell’organo amministrativo,

ritenuto idoneo anche dal Comitato non comporti particolari problematiche.

E’ chiaro, tuttavia, che il presupposto affinché il Comitato Parti Correlate possa a

sua volta avvalersi della professionalità dello stesso esperto terzo nominato dalla

società è che sussistano, in capo a quest’ultimo, le condizioni soggettive di

indipendenza e non correlazione189.

6. Aspetti generali della violazione delle procedure: assenza di indipendenza ex

ante ed ex post: quali i rimedi? La giurisprudenza più recente: il concetto di

“gravi irregolarità” ed i rimedi previsti dal Codice Civile.

Le discipline segnalate (t.u.f. e Codice di Autodisciplina) riguardano sia le

vicende che inficiano ex ante la nomina dell’amministratore indipendente sia

quelle che si verificano in un momento successivo all’assunzione della carica.

Qualora l’amministratore non sia dotato dei requisiti di indipendenza ex ante nulla

quaestio: egli, infatti, non potrà essere nominato quale componente del Comitato

Parti Correlate. Più che altro in tali ipotesi si pone il problema di una valutazione

certa dell’indipendenza che, spesso, nella pratica appare alquanto ardua.

Più ostico, invece, è il problema relativo alla perdita dell’indipendenza in corso

d’opera. Questa circostanza, così come anche il sopraggiunto rapporto di

correlazione di un amministratore, rendono irregolare la composizione del

Comitato.

Onde evitare di inficiare anche il processo deliberativo, la società, in tali casi,

dovrà attivarsi per sostituire i membri “non indipendenti”.

189N. MICHIELI, op. cit., p. 1038, la quale aggiunge che: “(posto che laddove, l’advisor non si rilevasse soggetto indipendente e non correlato assumerebbe egli stesso in primis responsabilitàprofessionale anche con riguardo alle norme deontologiche).

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E’ senza dubbio, in primo luogo, dovere di ciascun amministratore rendere note le

circostanze che possano inficiare la sua permanenza all’interno del Comitato Parti

Correlate190. Tale “dovere” è simile a quello che l’art. 2391 c.c. prescrive in

relazione agli “interessi degli amministratori”, anche se muta l’ambito di

operatività.

E’ anche vero che il Codice di Autodisciplina, al punto 3 P.2, stabilisce che

“L’indipendenza degli amministratori è valutata dal consiglio di amministrazione

dopo la nomina e, successivamente, con cadenza annuale. Dopo la nomina di un

amministratore che si qualifica indipendente e, successivamente al ricorrere di

circostanze rilevanti ai fini dell’indipendenza e comunque almeno una volta

all’anno, il consiglio di amministrazione valuta, sulla base delle informazioni

fornite dall’interessato o a disposizione dell’emittente, le relazioni che potrebbero

essere o apparire tali da compromettere l’autonomia di giudizio di tale

amministratore”. Da questa previsione si evince anche un dovere del consiglio di

“monitorare” la regolare composizione del Comitato.

A questo tipo di controllo si affianca anche quello dell’organo di controllo che è

tenuto a vigilare sulla conformità delle procedure indicate dalla società ai

principi regolamentari, nonché sulla loro concreta e corretta attuazione191.

Ci si chiede quali possano essere i rimedi per il caso in cui, a seguito dei controlli

“multilivello” di cui si è detto, un amministratore risulti, ad esempio, “non

indipendente” ovvero “correlato”.

Le tecniche potrebbero essere duplici: la sostituzione e l’astensione.

In relazione alla prima soluzione si potrebbe prospettare una sostituzione

automatica del componente “non indipendente”: egli, verrebbe così sostituito da

un altro soggetti avente i requisiti richiesti al fine di garantire una composizione

regolare del Comitato.

L’altra tecnica, forse un po’ meno valida, farebbe funzionare il Comitato con

l’astensione del consigliere correlato alla singola operazione: il rimedio rispecchia

un po’ quello che era previsto ante riforma del diritto societario in materia di

“conflitto d’interesse” degli amministratori dall’art. 2391 c.c., nella parte in cui, al

primo comma, stabiliva che “L’amministratore, che in una determinata 190N. MICHIELI, op. cit., p. 1033.191Art. 4, comma 6, Regolamento Consob.

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operazione ha, per conto proprio o di terzi, interesse in conflitto con quello della

società, deve darne notizia agli amministratori e al collegio sindacale, e deve

astenersi dal partecipare alle deliberazioni riguardanti l’operazione”.

Una soluzione alternativa potrebbe essere quella di nominare “a monte” dei

supplenti che subentrino in caso di impedimento dei componenti effettivi, sempre

previa verifica, in capo ai sostituti, dei requisiti di indipendenza.

Sulla violazione delle procedure si è espressa di recente anche la

giurisprudenza192.

In un caso, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma, su

segnalazione dei soci di minoranza della società Parmalat S.p.A, proponeva

ricorso ex art. 2409 c.c. per gravi irregolarità di gestione nell’ambito delle

trattative concernenti l’acquisizione della società L.A.G. Lactalis Brasile e

Lactalis Messico, chiedendo, altresì la revoca di un consigliere di amministrazione

operativo, del Presidente del Comitato Parti Correlate e del collegio sindacale193.

Veniva, in particolare, denunciata la violazione della disciplina in materia di

interessi degli amministratori ex art. 2391 c.c. e di operazioni con parti correlate

ex art. 2391-bis c.c. e contestato ad un amministratore di aver illecitamente

influito nella scelta di un advisor non indipendente piegato alla strategia di

acquisizione di una società del Gruppo (e, nel far questo, di aver coinvolto anche

il Presidente del Comitato Parti Correlate).

La rilevazione di contatti anche epistolari, precedenti all’iter di autorizzazione al

compimento dell’operazione, intercorsi tra alti vertici della società advisor ed un

Consigliere di Parmalat (che aveva assunto un ruolo di rappresentanza anche per

la controparte contrattuale Lactalis) evidenziava una insanabile posizione di

conflitto d’interessi, apparentemente non ostacolata dal Presidente del Comitato

interno Parti Correlate194. Questo, in breve, il caso.

Quello che a noi, in questa sede, più interessa è l’aspetto relativo al rimedio che,

in particolare, in Tribunale di Parma ha ritenuto essere il più idoneo per sopperire

alla “non indipendenza” del componente il Comitato.

192Tribunale di Parma, 28 marzo 2013, Tribunale di Parma 11 novembre 2011, Corte d’Appello di Bologna, 9 maggio 2014.193N. MICHIELI, op. cit., p. 1027.194N. MICHIELI, op. cit., p. 1027.

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Il Tribunale, nel caso di specie, aveva evidenziato alcune irregolarità che si

sostanziavano nella violazione di disposizioni di legge e di norme contenute nel

Regolamento Consob, più precisamente: nella irregolare composizione del

Comitato Parti Correlate secondo le prescrizioni del Regolamento.

La poca “trasparenza” della composizione del Comitato risultava da evidenti

“gravi irregolarità”.

Nonostante la richiesta di ricorrere ex art. 2409 c.c. il Tribunale di merito ha

ritenuto di ordinare la sostituzione del componente il Comitato “non

indipendente”, piuttosto che la sua revoca ex art. 2409 c.c.

Alla base di questa scelta vi è, principalmente, una ragione giuridica che

caratterizza il fondamento dell’art. 2409 c.c.

La norma da ultimo citata è finalizzata a garantire il ripristino della correttezza e

legalità dell’attività gestoria attraverso l’interruzione di comportamenti contrari ai

doveri imposti dalla legge e dannosi per la società o per le sue controllate. Nei

casi più gravi questo è possibile grazie alla revoca degli amministratori195.

Il controllo giudiziario è subordinato alla sussistenza di un danno attuale al

patrimonio sociale che gli interventi del Tribunale sono diretti ad eliminare.

Tuttavia, nel caso di specie, sebbene vi fossero delle violazioni normative

configuranti gli estremi delle “gravi irregolarità”, non si riscontrava alcun danno

per la società. Anzi il Tribunale letteralmente ha affermato che “Tuttavia, va

osservato che l’acquisizione di L.A.G., Lactalis Brasile e Lactalis Messico ha

comportato innegabili ricadute positive per Parmalat S.p.A., anche sotto il profili

patrimoniale, in particolare quanto all’apporto di reddito che dette società hanno

fornito, realizzando un E.B.I.T.D.A. effettivo per l’anno 2012 pari a 95,1 milioni

idi dollari statunitensi”.

Da quanto sostenuto dal Tribunale si evince, quindi, l’impossibilità di applicare il

rimedio previsto dall’art. 2409 c.c. in punto di revoca degli amministratori, per la

mancanza di un danno alla società.

In luogo di questo, decisamente più drastico rimedio, il Tribunale ha optato per la

sostituzione dell’amministratore non indipendente ai sensi dell’art. 2386 c.c. in

195N. MICHIELI, op. cit. p. 1030.

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combinato disposto con l’art. 11 dello Statuto sociale, e la sua condanna alle spese

di lite.

Di diverso avviso è stata la Corte d’Appello di Bologna che, nel caso sottoposto al

suo esame (sempre relativo alla mancanza del requisito di “indipedenza” in capo

ad un componente del Comitato Parti Correlate), aveva prospettato la possibilità

di azionare il rimedio sanzionatorio di cui agli artt. 2392 e 2497 c.c. nel caso in

cui la società dovesse subire, nel futuro, dei pregiudizi196.

A ciò si aggiunga che, ove siano gli amministratori a violare disposizioni del

Regolamento, troveranno applicazione le norme generali previste

dall’ordinamento: l’art. 193 t.u.f. e l’art. 2391 c.c.

7. (Segue): L’opportunità della previsione di una sanzione ad hoc nell’ambito del

potere sanzionatorio della Consob.

Alla luce di quanto detto ci si chiede se i rimedi della sostituzione ex art. 2386 c.c.

e quelli tipo sanzionatorio di cui agli artt. 2392 e 2497 c.c. per i componenti del

Comitato e quelli di cui all’art. 193 t.u.f. e 2391 c.c. per gli amministratori, siano

delle adeguate risposte ad esigenze di tutela in caso di violazioni del Regolamento

Consob in materia di procedure con parti correlate.

Si ritiene che, probabilmente in materia di parti correlate, stante la tecnicità e

complessità delle operazioni, sia piuttosto la Consob a dover prevedere delle

sanzioni ad hoc per il caso di violazioni delle sua prescrizioni in materia: questo è

possibile ed auspicabile in virtù, non solo del potere sanzionatorio che essa

detiene, ma ancor più per la maggior idoneità della stessa a prevedere delle

sanzioni in una materia che essa stessa ha regolamentato.

Sul punto si precisa che è attualmente al vaglio del Parlamento un disegno di

legge di iniziativa governativa che, ex art. 34, propone di attribuire alla Consob il

potere di comminare sanzioni amministrative pecuniarie di importo compreso tra i

venticinquemila ed i duecentomilionicinquecentomila euro, nei confronti degli

196N. MICHIELI, op. cit., p. 1031.

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amministratori, indipendenti e non, di società quotate che abbiano violato

specificatamente la normativa in tema di operazioni con parti correlate197.

La suesposta esigenza di una previsione che attivi in capo alla Consob un potere

sanzionatorio ah hoc in materia, eliminerebbe anche quello che è il più grande

ostacolo all’applicazione dei rimedi previsti dal Codice Civile o dal T.U.F.: tutte

le disposizioni esaminate, infatti, richiedono un danno attuale alla società,

presupposto – questo – che, nel senso richiesto dalle norme citate, mal si concilia

con la materia delle parti correlate.

Infatti, un danno alla società può essere attuale anche nel caso in cui, ad esempio,

un componete il comitato, violando le norme del Regolamento, ponga in essere

delle “gravi irregolarità” in quanto viene meno quella garanzia di trasparenza e

correttezza che permea l’intera disciplina delle operazioni con parti correlate che è

volta a tutelare degli azionisti e, di riflesso, anche la società.

8. L’approvazione dell’operazione: la competenza del consiglio di

amministrazione nelle società con sistema tradizionale o monistico (e quella

“residuale” dell’assemblea) e la competenza del consiglio di gestione nelle

società a sistema dualistico (e quella “residuale” dell’assemblea).

Alla fase della procedura preassembleare, fin qui esaminata, segue quella relativa

all’approvazione dell’operazione.

La competenza relativa alle deliberazioni sulle operazioni con parti correlate si

inserisce nell’ambito di quella fase delle dette operazioni che viene definita

“dinamica”.

Infatti, a tal proposito autorevole dottrina198ha ritenuto più appropriato distinguere

due profili: quello “statico” e quello “dinamico”. La statica attiene al possibile

197N. MICHIELI, op. cit., p. 1032, la quale specifica che la disposizione di specie imporrebbe delle modifiche al Testo Unico della Finanza attraverso l’inserimento dell’art. 4-quater, con cui verrebbero estesi in capo alla Consob i più pregnanti poteri di cui all’art. 187-octies t.u.f. in materia di abuso del mercato; nonché dell’art. 192-quater, più specifico in tema di operazioni con parti correlate, finalizzato a sanzionare direttamente gli amministratori di società quotate che, nell’adempimento dei doveri di cui all’art. 2391-bis c.c., abbiano compiuto “gravi irregolarità che possono arrecare danno alla società, ai soci o al mercato”.

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contenuto delle regole e alla natura delle “procedure” previste dalla disciplina

delle operazioni con parti correlate; la dinamica ai processi attraverso i quali è

previsto che tali “procedure” siano adottate, modificate, inducano o possano

indurre, a loro volta, modificazioni statutarie.

Nelle società che adottano il sistema tradizionale o monistico la competenza ad

approvare le procedure relative alle operazioni con parti correlate spetta al

consiglio di amministrazione: l’istruzione, la valutazione e la deliberazione delle

operazioni con parti correlate devono compiersi in osservanza di specifiche

procedure decise dall’organo di amministrazione.

L’art. 8 del Regolamento opc imponendo che il regolamento interno preveda (per

le operazioni di maggiore rilevanza) una <<riserva di competenza a deliberare>>

in capo al CDA, implicitamente vieta che queste decisioni vengano assunte a

livello di organi delegati oppure di esponenti aziendali sottoordinati rispetto al

board199.

La norma Consob indica dunque il regolamento interno come idonea sedes

materiae per contenere tale previsione di riserva di competenza collegiale.

Non pare tuttavia implausibile sostenere che questa disciplina di riserva della

collegialità, incidendo su materia normata dall’art. 2381 c.c., sia tematica propria

del rango gerarchico della legislazione primaria; e che quindi non si appalesa di

certo infondata l’opinione che affermi l’opportunità di inserire nella clausola in

cui lo statuto societario si occupa della delega dei poteri dell’organo

amministrativo, una precisazione per effetto della quale non possa appunto essere

oggetto di delega la decisione dell’organo amministrativo di effettuare operazioni

di maggiore rilevanza con parte correlata.

Il Regolamento, inoltre, all’art. 11, fa riferimento ad operazioni attribuite alla

competenza dell’assemblea o per la decisione o anche solo per la loro

autorizzazione, in evidente difformità da quanto dispone l’art. 2364 c.c., secondo

il quale lo statuto può riservare alla competenza dell’assemblea solo un potere

autorizzatorio e non deliberativo relativamente alle operazioni gestionali.

198M. STELLA RICHTER JR, Le procedure per le operazioni con parti correlate, in Riv.soc., 2011, fasc.1, p. 64.199A. BUSANI, Assemblee 2011: passivity rule, parti correlate e Dshr, in Le Società, 1/2011, p. 71.

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In considerazione della subordinazione della fonte regolamentare a quella

legislativa, l’art. 11 citato dovrà essere applicato solo per quanto riguarda il

riferimento ad atti di autorizzazione delle assemblee, dato che in concreto non può

ammettersi una valida deliberazione assembleare di esame e di approvazione di

un’operazione con parti correlate200 .

Allo stesso modo impropria, secondo alcuni autori201, è la regola di cui all’art. 11,

2 comma, la quale prevede che le procedure relative alle operazioni con parti

correlate possono stabilire che determinate operazioni, sulle quali gli

amministratori abbiano espresso avviso contrario al parere espresso dal comitato

“indipendente”, siano sottoposte alla deliberazione assembleare: secondo i citati

autori, infatti, questa previsione sarebbe in aperto contrasto con l’art. 2380-bis

c.c., che riserva all’esclusiva competenza degli amministratori ogni operazione

attinente alla gestione dell’impresa. E nemmeno potrebbe considerarsi idonea a

correggere l’irregolarità rilevata la regola dettata dall’art. 8, secondo la quale le

procedure di attuazione delle operazioni in questione devono contenere una

riserva di competenza a deliberare in capo al CDA; si tratta solo di una

prescrizione diretta non a riservare al consiglio la competenza, già prevista dal

c.c., ma di riservargli una parte della stessa competenza.

Gli autori, inoltre, aggiungono che se si volesse interpretare la norma nel senso

della riserva della competenza a deliberare esclusivamente al consiglio, come

sarebbe stato corretto ma superfluo, il risultato si porrebbe in contrasto con la

regola contenuta nel sopra citato art. 11.

Le questioni finora esaminate sono in parte diverse per le società per azioni che

abbiano scelto, per la propria organizzazione il modello dualistico: la competenza

a decidere le operazioni di minore rilevanza rientra nell’ordinaria competenza del

consiglio di gestione, secondo quanto dispone l’art. 2409-novies c.c.

Anche la decisione di quelle di maggiore rilevanza e quella su operazioni

strategiche spetta al consiglio di gestione, ma se la sua approvazione contrasti con

200M. BAGLIONI - G. GRASSO, op. cit., p. 738.201M. BAGLIONI - G. GRASSO, op. cit., p. 738.

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il parere degli esperti (di cui si è detto sopra), dovrà essere convocata l’assemblea

dei soci, la cui deliberazione, tuttavia, non sarà vincolante202.

In questa fattispecie il Regolamento sembra porsi in contrasto con le norme del

codice civile, le quali in tema di gestione dell’impresa societaria, riconoscono

all’assemblea soltanto la competenza sul bilancio di esercizio, peraltro

subordinatamente alla condizione che gliela attribuisca lo statuto limitatamente

alle ipotesi in cui il bilancio non sia stato approvato dal consiglio di sorveglianza

ovvero vi sia la richiesta di un terzo dei componenti del consiglio di gestione o del

consiglio di sorveglianza.

Nella fattispecie in esame, però, si deve sottolineare che l’allegato non conferisce

all’assemblea la competenza a decidere sull’operazione ma, con linguaggio

inconsueto, solo il compito di deliberare203.

Si ritiene che, in mancanza del potere decisionale, la deliberazione dell’assemblea

potrà solo esprimere un apprezzamento negativo o positivo 204 , del quale il

consiglio di gestione potrà non tenere alcun conto, assumendone piena

responsabilità.

In altri termini, questa speciale competenza assembleare potrebbe farsi rientrare

nell’ambito di quella autorizzatoria che l’art. 2364, comma 1, n.5) riconosce,

peraltro, condizionandola ad una espressa previsione statutaria.

Come è stato detto205 non si può non esprimere perplessità su queste singolari

deroghe a norme del codice civile, le quali sono state anche giustificate

dall’intento di contrastare l’abuso che, talora, nel vigore del vecchio ordinamento

si era fatto del coinvolgimento dell’assemblea in affari gestionali.

Dai profili della disciplina appena descritta emerge senza dubbio un

rimodellamento dell’assetto di competenze del consiglio di gestione.

202Anche per le operazioni strategiche di cui all’art. 2409-terdecies, 1 comma c.c., lett. f-bis, la soluzione al parere negativo del comitato dei consiglieri di sorveglianza è, quindi, cercata fuori dallo stesso consiglio di sorveglianza (in assemblea), non prospettandosi l’alternativa di una maggioranza rafforzata – qualificata per la deliberazione del consiglio di sorveglianza di approvazione/autorizzazione dell’operazione, così V. CARIELLO, op. cit., p. 75.203M. BAGLIONI - G. GRASSO, op. cit., p. 739; V. CARIELLO, op. cit., al riguardo parla di <<effetto meramente reputazionale>>.204V. CARIELLO, Operazioni con parti correlate e sistema dualistico, Le operazioni con parti correlate, Atti del Convegno, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 19 novembre 2010, a cura di V. Cariello, p. 114, il quale parla di “ruolo debole” dell’assemblea.205M. BAGLIONI - G. GRASSO, op. cit., p. 739.

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A parte la competenza ad adottare206 le procedure, il consiglio di gestione acquista

la competenza a modificarle ed a valutarne l’efficacia207 e, come detto, quella

(esclusiva ed indelegabile) a deliberare le operazioni di maggiore rilevanza208.

Certamente esclusiva ed indelegabile è la competenza del consiglio di gestione a

costituire i comitati ove le procedure lo prevedano e qualora sia ammesso ai sensi

del Regolamento Consob e dell’Allegato 2, l’istituzione dell’organo

amministrativo209

Una procedura di approvazione simile a quella prescritta per le operazioni di

maggiore rilevanza è prevista dall’allegato al Regolamento per le operazioni

strategiche210 di cui all’art. 2409-terdecies, comma 1, f.)-bis c.c.

In particolare, la procedura indica il consiglio di sorveglianza come organo della

decisione, ma ancora una volta la competenza di questo organo viene affermata

senza tener conto del fatto che l’art. 2409-terdecies c.c., la prevede a condizione

che lo statuto l’attribuisca 211 ; in mancanza di una previsione statutaria, la

competenza decisionale risiede esclusivamente nel consiglio di gestione212.

206Ai sensi del Regolamento opc, l’adozione delle procedure non deve essere intesa come riferita alla loro elaborazione o predisposizione, bensì alla vera e propria delibera di approvazione: e, pertanto, identificando l’organo che adotta le procedure, il Regolamento ha stabilito la competenza organica alla delibera delle procedure. Né un argomento a favore della possibile riduzione della competenza dell’organo amministrativo alla mera predisposizione delle regole della procedura, da deliberarsi poi da parte del consiglio di sorveglianza, possa evincersi dall’art. 4, comma, 5 del Regolamento, là dove la disposizione si riferisce alla definizione delle procedure da parte del consiglio di gestione: qui si allude, appunto, alla fase di predisposizione delle regole imputate comunque al consiglio di gestione, essendo l’adozione, sempre di spettanza del consiglio di gestione, la fase di approvazione delle procedure medesime. Pertanto, non suonerebbe regola della procedura conforme a quanto prescritto dal Regolamento quella che attribuisse al consiglio di sorveglianza la competenza a deliberare la procedura esautorando del tutto il consiglio di gestione da tale competenza; come quella che stabilisse la destinazione al consiglio di sorveglianza del parere obbligatorio preventivo vincolante sulla procedura, Così V. CARIELLO, op. cit., p. 118.207CONSOB, Comunicazione n .DEM/10078683, disponibile sul sito www.consob.it.208Pare poi ammissibile che la procedura preveda, per le operazioni di minore rilevanza non rimesse alla competenza del consiglio di gestione, che quest’ultimo esprima pareri non vincolanti, ovvero vincolanti.209M. STELLA RICHTER Jr, op. cit., p. 65.210Che sono quelle che servono a costruire il contesto nel cui ambito si muoverà la gestione dell’impresa, come quelle di licenze su brevetti di marchi o di invenzione industriale, a prescindere dal loro valore economico.211Il c.d. potere di veto di tale organo è contemplabile solo nel caso di previsione statutaria ai sensi e agli effetti dell’art. 2409-terdecies, comma1, lett. f-bis c.c., V. CARIELLO, Operazioni con parti correlate e sistema dualistico, in Le operazioni con parti correlate, Atti del Convegno, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 19 novembre 2010, a cura di Vincenzo Cariello, p. 76.212M. BAGLIONI - G. GRASSO, op. cit., p. 739; V. CARIELLO, op. cit., in cui si ribadisce che il consiglio di gestione mantiene la competenza inderogabile in tema di predisposizione della proposta relativa ad operazioni strategiche con parti correlate da sottoporre al consiglio di

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Da quanto detto scaturisce una perplessità: almeno a prima vista, l’assenza di un

obbligatorio parere vincolante anche nell’ipotesi in cui la società scelga che a

rilasciare il parere sia uno o più consiglieri di gestione o un comitato di consiglieri

di gestione indipendenti non correlati.

A tal proposito pare che la Consob abbia operato una scelta tra due possibili

principali alternative adottabili: non introdurre distinzioni nell’ambito dello stesso

sistema dualistico 213 oppure attenuare le differenze tra sistema tradizionale e

dualistico214.

La disciplina Consob appare prediligere un’uniformità regolamentare del sistema

dualistico e così optare per la prima alternativa, forse anche avendo in mente che

la qualificazione come vincolante del parere del comitato del consiglio di gestione

ovvero dai consiglieri di gestione indipendenti non correlati avrebbe rischiato di

rivelarsi insuperabile, non potendosi fare ricorso a un’autorizzazione assembleare

ai sensi dell’art. 2364, 1 comma, n. 5 c.c.; e, pertanto, risultando la scelta di

prevedere il parer del comitato del consiglio di gestione ovvero dei consiglieri di

gestione indipendenti immotivatamente arbitrata in peius sia rispetto ad altre

soluzioni adottabili nello stesso dualistico, sia con riguardo a quelle praticabili nel

tradizionale215.

9. I conflitti d’interesse ed il sistema del c.d. whitewash: linee generali.

L’approvazione delle operazioni con parti correlate da parte degli azionisti

“disinteressati”.

Uno dei più controversi punti della fase “deliberativa” delle opc consiste nella

previsione del c.d. sistema di whitewash.

sorveglianza competente a deliberare sulle stesse ai sensi dell’art. 2409-terdecies, comma 1, lett f-bis, c.c. ed a questo riguardo ritiene configurabile, a prescindere dalla sua esplicazione in statuto, un potere d’impulso, non però sfociante in un potere di istruzione vincolante, del consiglio di sorveglianza per l’elaborazione di queste proposte.213Sicché, indipendentemente dal fatto che il parere sia rilasciato da un comitato costituito in seno al consiglio di gestione ovvero nell’ambito del consiglio di sorveglianza, resta ferma la sua natura non vincolante.214Ammettendo che almeno nel caso di parere di un comitato del consiglio di gestione ovvero di consiglieri di gestione indipendenti non correlati, questo sia vincolante.215V. CARIELLO, op. cit., p. 77.

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Questo strumento – tipico dei sistemi anglosassoni – permette l’approvazione

della delibera da parte di una maggioranza di soci disinteressati nell’operazione:

poiché determinate operazioni potrebbero pregiudicare gli interessi dei soci, si

chiede direttamente ad essi – o alla parte disinteressata di essi – di esprimersi

sull’opportunità di darvi corso216.

Con il termine whitewash si usa indicare, in diritto societario, una particolare

procedura cui si può ricorrere in ambito assembleare qualora il parere degli

amministratori sia negativo.

In caso di avviso contrario degli amministratori indipendenti l’approvazione

dell’operazione può essere effetuata dall’assemblea: si tratta, in particolare, di un

rimedio facoltativo previsto dall’art. 8 del Regolamento Consob217.

In altri termini, se il parere degli amministratori indipendenti è negativo, il

consiglio ha due alternative.

O non dare corso all’operazione, eventualmente modificandone i profili ritenuti

critici, dal momento che il parere, essendo motivato, come detto, fornisce

indicazioni sugli elementi ritenuti negativi e sottoponendolo nuovamente agli

amministratori indipendenti.

Oppure tentare la strada assembleare, con il rischio di vedere nuovamente

bocciata l’operazione da parte dei soci non correlati e, quindi, dagli investitori

istituzionali: in altre parole, del mercato. Non è chi non veda quanto questo

percorso sia irto di ostacoli, di incognite e di potenziali rischi. E’ facile prevedere

che il ricorso all’istituto sarà scarso se non nullo218.

Ad esempio, il sistema del whitewash, nell’ambito delle operazioni con parti

correlate, deve essere previsto solo per l’ipotesi in cui la proposta deliberazione di

un’operazione di maggiore rilevanza di competenza assembleare, da sottoporre

quindi all’assemblea, sia approvata dal consiglio di amministrazione in presenza 216 M. CAMPOBASSO, La tutela delle minoranze nelle società quotate: dall’eterotutela alla società per azioni “orizzontale”, in Revista electronica de direito, Fevereiro, 1, 2015, p. 20.217 L’art. 8, secondo comma, del Regolamento Consob stabilisce che “Le procedure possono prevedere , ferme le previsioni statutarie richieste dalla legge, che il consiglio di amministrazione possa approvare le operazioni di maggiore rilevanza nonostante l’avviso contrario degli amministratori indipendenti, purché il compimento di tali operazioni sia autorizzato, ai sensi dell’art. 2364, comma 1, numero 5) c.c., dall’assemblea, che delibera conformemente a quanto previsto dall’articolo 11, comma 3.” Quest’ultima norma stabilisce che “le procedure contengono regole volte ad impedire il compimento dell’operazione qualora la maggioranza dei soci non correlati votanti esprima voto contrario all’operazione”.218P. MONTALENTI, op. cit., p. 332/I.

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di un avviso contrario degli amministratori o consiglieri indipendenti. Ma, a ben

vedere, si tratta pur sempre di un’opzione facoltativa: in presenza del parere

favorevole gli amministratori ben possono decidere di non approvare l’operazione

e di non essere costretti a sottoporla all’assemblea.

Anche in questo caso appare difficile immaginare che il consiglio sottoponga

all’assemblea un’operazione che ha ottenuto parere contrario degli amministratori

indipendenti, correndo il forte rischio di incorrere nel veto dei minoritari219.

Infatti, la funzione del whitewash è proprio quella di sterilizzare il diritto di voto

inerente alle azioni dei soci di maggioranza o interessati con relativo ri-

bilanciamento del potere decisionale a favore delle minoranze220.

Il fenomeno che si sta descrivendo è considerato da parte autorevole della dottrina

come una rivalutazione delle competenze assembleari sulla gestione non solo in

via interpretativa ma sulla base di espresse previsioni normative221.

Il nuovo ruolo dell’assemblea può essere visto come il segno di un’evoluzione

della struttura organizzativa della società in senso sempre più orizzontale: vale a

dire che i titolari di interessi sostanziali coinvolti nella società potrebbero essere

sempre più spesso chiamati ad esprimere direttamente e senza intermediazione

attraverso quali iniziative e con quali indirizzi realizzarli.

Se così fosse, è possibile che in futuro gli amministratori troveranno vita sempre

più dura nel proporsi come arbitri assoluti della scelta dell’interesse sociale e delle

modalità di perseguirlo222.

219P. MONTALENTI, op., cit., p. 333/I.220 F. GUERRERA, “Interessi” degli azionisti e partecipazione “differenziata” ai processi decisionali (considerazioni sul c.d. whitewash nelle società aperte), in Rivista di Diritto Societario, Giappichelli, Torino, 1/2015, p. 94.221M. CAMPOBASSO, op. cit., p.19, ove si legge “si pensi al voto che l’assemblea può essere chiamata a formulare sulle operazioni con parti correlate, quando il comitato degli amministratori indipendenti ha espresso parere sfavorevole; oppure ad alcune ipotesi di esenzione dall’obbligo di opa disciplinate dai regolamenti Consob, fra i cui requisiti figura l’approvazione dell’operazione da parte dell’assemblea delle società bersaglio.”222Per la tesi che riconosce agli amministratori il compito di selezionare e graduare gli interessi rilevanti da perseguire nella gestione dell’impresa, con scelta sostanzialmente insindacabile perché coperta dalla business judgment rule, C. ANGELICI, Le società per azioni, I., Principi e problemi, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Mengoni e continuato da Schlesinger, Milano, Giuffrè, 2012, p. 409, il quale afferma che: “Mi rendo conto che una simile evoluzione, anche solo a prospettarla, rinfocolerebbe il dibattito sul ruolo dell’assemblea, sulla presunta incompetenza e irresponsabilità del socio che vi partecipa, sull’esigenza di garantire l’efficienza delle gestione imprenditoriale.” A proposito della trasformazione in senso orizzontale dell’organizzazione societaria, l. A. afferma che “Se tutto questo si dovesse materializzare, allora potremmo avere una sorpresa. Scoprire, cioè, nelle società quotate un nuovo attivismo non solo dei

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Questo meccanismo opera nell’ambito di decisioni che si configurano come

“pericolose” per una parte dei soci, in quanto suscettibili di essere adottate dalla

maggioranza – sia essa stabile o occasionale – sostanzialmente “a discapito” degli

altri azionisti: in tal modo si attribuisce alle minoranze attive e partecipi alle

vicende societarie una possibilità d’influenza e di “interazione”, che fa da

contraltare alla “neutralizzazione” (totale o parziale) delle azioni detenute dai soci

di controllo223.

Se da un lato le regole comportano una restrizione del principio di maggioranza,

dall’altro hanno il pregio di prevenire delle paralisi del processo decisionale

societario (per es., causate dall’astensione del socio in conflitto d’interessi) e di

attenuare il rischio di dissidi interni alla società.

E’ proprio sull’aspetto della prevenzione delle paralisi del processo decisionale e

– di riflesso – della funzione del whitewash che alcuni autori hanno espresso un

parere negativo.

Infatti, qualcuno224 ha sostenuto che la regola del whitewash sarebbe contraria alla

disciplina ordinaria del conflitto di interessi del socio, la quale non vieta ai soci

che versano nel detto conflitto di esprimere il proprio voto in assemblea ed,

eventualmente, di fare approvare una determinata operazione, salvo poi a

consentire ai soci dissenzienti o assenti di impugnare la deliberazione assembleare

dimostrandone la dannosità (art. 2373 c.c.).

A questa critica autorevole dottrina risponde che il whitewash non preclude al

socio correlato, nell’ipotesi in cui lo stesso possa essere considerato portatore di

interessi in conflitto, di votare, ma si limita ad aggiungere agli ordinari quorum

occorrenti per l’adozione della delibera, un ulteriore quorum a carattere

impeditivo225.

soci investitori istituzionali, ma anche degli azionisti minimi e dispersi. D’altra parte, abbiamo visto che tramite internet e social networks ormai si possono organizzare dal basso e con pochissimi mezzi le rivoluzioni. Siamo sicuri che un giorno non sarà possibile organizzare nello stesso modo un fronte di opinione per la partecipazione all’assemblea di una società?”223F. GUERRERA, op., cit., p. 96.224M. BAGLIONI – G. GRASSO, op. cit., p. 733.225Così P. ABBADESSA, Assemblea ed operazioni con parti correlate (prime riflessioni), in Le operazioni con parti correlate, Atti del Convegno, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 19 novembre 2010, a cura di Vincenzo Cariello, p. 29, in cui l’Autore precisa che “Poiché la regola del whitewash incide sul procedimento assembleare, è evidente che la sua ricezione passa necessariamente attraverso un adattamento dello statuto. Non così quanto alle modifiche del voto, che può, in astratto, seguire due percorsi: quello della doppia votazione, la prima aperta a tutti i

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Anche secondo altra autorevole dottrina226, sembra che la radice (e il cuore) del

problema che le nuove regole mirano a risolvere, allorché spostano a favore dei

c.d. indipendent shareholders l’asse del potere decisionale nelle situazioni in cui

si profila un rischio immanente o comunque molto elevato di “collisione” degli

interessi dei soci e di “inquinamento” del processo formativo della decisione

collettiva, stia soprattutto nella constatazione dell’insufficienza – o meglio,

dell’insufficiente effettività – nel nostro sistema, della disciplina del conflitto

d’interessi, specialmente per quanto concerne le “società aperte”.

L’adozione della c.d. majority-of-the-minority solution in una serie di ipotesi

“sintomatiche” prestabilite, comportando altrettante deroghe al principio di

maggioranza, con l’obiettivo di riequilibrare i poteri e di riorganizzare il processo

decisionale, rappresenta un aspetto essenziale di quella disciplina.

Ciò appare evidente per le deliberazioni assembleari concernenti le “operazioni

con parti correlate”, per le quali esigere ai fini della validità o efficacia (o

eseguibilità) della decisione l’approvazione o – più spesso – la non opposizione

della maggior parte degli azionisti che potrebbero esserne pregiudicati, equivale a

condizionare “a monte” la rilevanza pratica (se non giuridica) delle situazioni di

conflitto d’interessi, cioè disinnescarle preventivamente, almeno in parte. Questa è

una soluzione preventiva rispetto ai rimedi invalidativi, risarcitori o sostitutivi,

operanti con l’intervento giudiziario, secondo gli artt. 2373, 2377, 2391, 2392 s.s.

e 2409 c.c., sicchè ogni tentativo di ricostruzione non potrebbe che prendere le

mosse dalla disciplina del conflitto d’interessi227.

Al riguardo si potrebbe, pertanto, affermare che la c.d. majority-of-the-minority

solution sarebbe deputata a supplire all’insufficienza o ineffettività delle regole

sul conflitto d’interessi: conviene, allora, che l’indagine muova dall’analisi dei

meccanismi di “sterilizzazione” o “depotenziamento” del voto dei soggetti in

conflitto d’interessi previsti dal diritto comune nelle s.p.a.228.

soci e la seconda destinata ai soli soci non correlati ove gli stessi superino il tetto minimo fissato dallo statuto; ovvero quello della votazione unica, seguito da un doppio conteggio di voti, il primo finalizzato ad accertare il conseguimento dei quorum ordinari, ed il secondo a verificare se i soci non correlati presenti in assemblea raggiungano la soglia eventualmente fissata dallo statuto ed, in caso affermativo, se la maggioranza abbia espresso voto contrario all’operazione.”226F. GUERRERA, op., cit., p. 96.227F. GUERRERA, op. cit., p. 97.228F. GUERRERA, op. cit., p. 100.

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Stante il regime di conflitto d’interessi societario229, la partecipazione del socio al

processo decisionale “in conflitto” con la società e con danno dell’ente collettivo

(e, di riflesso, degli “altri” soci) è, in altri termini, ammessa ma disincentivata, e

comunque soggettivamente considerata e normata: la tecnica di prevenzione e

repressione dell’esercizio illegittimo del voto, consiste, appunto, nella

neutralizzazione delle relative azioni, operante tramite la limitazione originaria del

diritto di voto o la volontaria rinunzia al suo esercizio o la successiva

invalidazione della delibera che ne risulta230.

Tuttavia il problema sta nell’individuazione dell’interesse in conflitto, stante la

genericità della disciplina sul conflitto d’interesse231.

Ciò a differenza del whitewash che opera in situazioni sufficientemente

determinate232, che consentono di meglio “amministrare il processo decisionale

mediante l’attribuzione di prerogative o poteri più o meno ampi al “sotto-gruppo”

degli indipendent shareholders.

Questo sistema evita di dover rimettere la soluzione del problema all’iniziativa del

singolo azionista (il quale decida di astenersi esternando l’interesse

“incompatibile”) ovvero all’ampliamento statutario a tutti i casi di astensione

“volontaria” della regola prevista dall’art. 2368, 3 comma, c.c.

Inoltre, gli interpreti hanno sempre paventato che l’assunzione di decisioni di

grande importanza per la società potesse venire rimessa a una “maggioranza” solo

apparente di azionisti, corrispondente in realtà a un’aliquota minoritaria di

capitale: esito, questo, a sua volta, contrario alla certezza e alla stabilità delle

deliberazioni.

Pertanto, come afferma autorevole dottrina 233 , è comprensibile che gli stessi

problemi di equilibrio interno e di governance della società possano prospettarsi

dinanzi al c.d. whitewash, quando esso comporti la traslazione di una minoranza

229 Che si traduce, essenzialmente nei seguenti precetti: (i) possibilità del socio in conflitto (eccettuati i casi di divieto legale) di esercitare il diritto di voto, ma sempre nel rispettodell’interesse sociale; (ii) annullabilità della decisione presa col voto determinante del socio in conflitto, nel caso di dannosità potenziale per la società; (iii) scomputo delle azioni del socio in conflitto dal quorum deliberativo, nel caso di astensione specificamente motivata. 230F. GUERRERA, op. cit., p. 101.231Infatti, al di là di alcune ipotesi tipizzate, l’individuazione della situazione di conflitto è sempre incerta.232 Si pensi alle “operazioni con parti correlate di maggiore rilevanza”.233F. GUERRERA, op. cit., p. 105.

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azionaria, più o meno ampia rappresentativa del potere di decidere sulla sorte di

una data operazione. Si tratterebbe, qui, però, quando non ci si limita ad un

“potere di veto”, di un “passaggio di mano” prestabilito, e in certa misura,

imposto dalla legge e dai regolamenti, anziché rimesso alla libera scelta

dell’azionista interessato o all’intervento del giudice dell’impugnazione.

Analizzato in linee generali il sistema del c.d. whitewash è opportuno ora

soffermarsi sul suo concreto operare nell’ambito delle operazioni con parti

correlate.

La scelta di adoperare questo meccanismo nelle opc deriva dall’esempio dato da

altri ordinamenti234, come, ad esempio, quello inglese235 .

Per procedere ad un’analisi delle tecniche di traslazione del potere decisionale a

favore degli azionisti “indipendenti” nelle ipotesi di opc nel nostro ordinamento

risulta opportuna una classificazione delle decisioni.

La prima è quella tra le ipotesi in cui si richiede l’assenza del voto contrario e la

seconda è l’ipotesi in cui si richiede, invece, la maggioranza dei voti favorevoli

degli azionisti “indipendenti”. E’ evidente che le due ipotesi sono del tutto

differenti: in un caso si attribuisce agli indipendent shareholders il potere di

paralizzare, esprimendo un certo numero di voti contrari, la decisione

potenzialmente pregiudizievole dei loro interessi; nell’altro caso si attribuisce loro

“in positivo” un ruolo e un peso determinante, richiedendo l’approvazione con il

voto favorevole della maggioranza degli stessi236.

Nel caso della “non opposizione” degli azionisti indipendenti, si hanno effetti

simili a quelli prodotti dalla previsione legale (art. 2393, 6 comma, c.c.) o

statutaria: la partecipazione degli azionisti indipendenti ha, in queste ipotesi, un

234P. ABBADESSA, Assemblea ed operazioni con parti correlate(prime riflessioni), Le operazioni con parti correlate, Atti del Convegno, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, 19 novembre 2010, a cura di V. Cariello, 2011, p. 28, il quale precisa che la regola del whitewash è tipica dei sistemi anglosassoni, ed è ispirato alla sterilizzazione del diritto di voto dei soci correlati (ma Assonime segnala che il TUF, all’art. 107, 1 comma, lett. f) include già una fattispecie deliberativa analoga al meccanismo in discorso).235La Listing Rule n. 11, richiede per le OPC poste in essere da un emittente quotato che superino uno dei percentage ratios, l’approvazione preventiva degli azionisti ottenuta tuttavia senza il voto della parte correlata (qualora essa sia titolare del diritto di voto).236F. GUERRERA, op., cit., p. 109, il quale precisa che questa distinzione corrisponde solo tendenzialmente a quella tra deliberazioni assembleari e decisioni extra-assembleari (o “referendarie”), approvate in mancanza di alcuna “adunanza”, mediante l’espressione del voto su una apposita “scheda” trasmessa alla società.

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rilievo essenzialmente negativo ed eventuale, incidendo cioè limitatamente

sull’atto collegiale dal punto di vista strutturale e formativo237.

Nel caso della “maggioranza dei voti degli azionisti indipendenti”, invece, si

attribuisce agli azionisti “indipendenti” il potere di decidere su quella materia.

Nella disciplina delle operazioni con parti correlate sembra che si voglia evitare

uno stravolgimento dei rapporti di forza interni alla società. Sembra, cioè che si

sia voluto seguire una strada alternativa rispetto alla pura e semplice sottrazione

delle azioni dei soci “interessati” dal quorum deliberativo e, con essa, alla loro

completa “sterilizzazione”, che avrebbe implicato appunto l’affidamento di tutto il

potere decisionale alle minoranze azionarie.

Ciò si spiega facilmente per le operazioni di “maggiore rilevanza” che

comportano una modifica statutaria238 e investono la competenza dell’assemblea

straordinaria (per es., di fusione, di scissione parziale o non proporzionale) o che

sono comunque attribuite per legge all’assemblea ordinaria.

Per queste transazioni il Regolamento Consob239 prescrive alle società di dotarsi

di procedure che, per l’ipotesi in cui si registri un avviso contrario degli

amministratori indipendenti in merito alla proposta di deliberazione di maggiore

rilevanza da sottoporre all’assemblea, contengano “regole volte ad impedire il

compimento dell’operazione qualora la maggioranza dei soci non correlati votanti

esprima voto contrario all’operazione, configurando cioè il whitewash come

obbligatorio240.

In tal modo ai soggetti estranei al controllo sociale, qualora il parere degli

indipendenti sia negativo, è conferito il potere di creare una “minoranza di

blocco”.

Si è detto che questa influenza sul procedimento assembleare, come detto, passa

necessariamente attraverso un adattamento dello statuto. Ma così, invece, non è

per le modalità di voto che, in astratto, può seguire due percorsi: quello della

doppia votazione, la prima aperta a tutti i soci e la seconda solo a quelli non

correlati ove gli stessi superino il tetto minimo fissato dallo statuto; ovvero quello

237F. GUERRERA, op. cit., p. 109.238L’art. 8, 2 comma. Regolamento opc, fa salve le previsioni statutarie richieste dalla legge.239Art. 8, Regolamento opc.240 M. NOTARI, La “sterilizzazione” del voto nelle società per azioni: appunti in tema di “whitewash” e dintorni, in Studi in memoria di Pier Giusto Jeager, Milano, 2011.

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della votazione unica, seguito da un doppio conteggio dei voti, uno che accerti il

conseguimento dei quorum ordinari e l’altro che accerti se i soci non correlati

raggiungano la soglia eventualmente fissata dallo statuto ed, in caso affermativo,

se la maggioranza abbia espresso voto contrario all’operazione241.

Un’altra strada, tuttavia, potrebbe profilarsi.

In alternativa alla modifica statutaria, la Comunicazione Consob del 24 settembre

2010 ha suggerito di inserire nella proposta di deliberazione assembleare una

previsione che ne condizioni l’efficacia alla speciale maggioranza indicata

dall’art. 11, 3 comma, del Regolamento opc242.

Tuttavia, questa soluzione non persuade, stante il carattere elusivo della norma

che assegna all’assemblea ordinaria le decisioni sulla conformazione, nei limiti di

legge, del procedimento deliberativo assembleare243.

In dottrina al riguardo ci si è posto un altro quesito: quid nell’ipotesi in cui il

presidente dell’assemblea dichiari approvata la delibera in caso di esito negativo

del whitewash?

Anche se qualcuno ha parlato di inefficacia244, la soluzione che sembra preferibile

è quella della annullabilità245 in quanto il diritto azionario riformato non assegna

alle varie fasi del procedimento deliberativo assembleare il rango di elemento

costitutivo delle delibera246

241 ASSONIME, Circolare n. 38 del 6 dicembre 2010, La disciplina della Consob in materia di operazioni con parti correlate, disponibile sul sito www.assonime.it.242L’articolo citato prevede che “Qualora, in relazione ad un’operazione di maggiore rilevanza, la proposta di deliberazione da sottoporre all’assemblea sia approvata in presenza di un avviso contrario degli amministratori o dei consiglieri indipendenti, le procedure, fermo quanto previsto dagli articoli 2368, 2369 e 2373 c.c. e salve le previsioni statutarie eventualmente richieste dalla legge, contengono regole volte ad impedire il compimento dell’operazione qualora la maggioranza dei soci non correlati esprima voto contrario all’operazione. Le procedure possono prevedere che il compimento dell’operazione sia impedito solo qualora i soci non correlati presenti in assemblea rappresentino almeno una determinata quota di capitale con diritto di voto, comunque non superiore al dieci per cento.”243 P. ABBADESSA, op. cit., p. 29.244 F. CHIAPPETTA, Diritto del governo societario, 2, Padova, 2010.245 P. ABBADESSA, op. cit., p. 30.246M. CENTONZE, L’”inesistenza” delle delibere assembleari di s.p.a, Torino, 2008.

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10. La natura delle procedure: deliberazioni di rango sovraordinato?

Conclusa anche la trattazione delle decisioni riguardanti le operazioni con parti

correlate, occorre interrogarsi sulla natura delle procedure fin qui descritte. Sul

punto di è espressa parte della dottrina.

Secondo un autorevole orientamento247 si tratterebbe di deliberazioni consiliari di

rango sovraordinato rispetto alle altre, nel senso che con la loro approvazione il

consiglio di amministrazione (o di gestione) limita la sua discrezionalità con

riguardo al procedimento da seguire nel deliberare certi atti gestori (le operazioni

con parti correlate, appunto) e si vincola, appunto, al rispetto delle procedure.

In secondo luogo, sempre secondo l’opinione dell’autorevole autore, deve

rilevarsi che le procedure costituiscano l’unico regolamento necessario che

primana dall’organo amministrativo di una società e, insieme allo statuto, l’unico

atto normativo necessario tout court.

Tutti gli altri atti normativi, espressione dell’autonomia della società e noti alla

prassi societaria sono solamente raccomandati dalle buone pratiche di governo

societario o da ragioni di opportunità, ma non sono mai imposti da norme

imperative. Si pensi, ad esempio, ai regolamenti assembleari.

11. Le previsioni statutarie sulle operazioni con parti correlate e la loro modifica.

Dopo l’adozione delle procedure può seguire un’ulteriore fase248: quella della

predisposizione da parte dell’organo amministrativo e dell’approvazione da parte

dell’assemblea delle modifiche statutarie indotte dalle previsioni delle

procedure249.

Da quanto prescrive il Regolamento Consob – e ricollegandoci a quanto detto a

proposito del whitewash – modificazioni dello statuto possono aversi, ad esempio,

se si decide di avvalersi dell’opzione di cui all’art. 8, comma 5, Regolamento, si

247STELLA RICHTER Jr, op, cit., p. 126.248ASSONIME, Circolare n. 38 del 6 dicembre 2010, p. 50, ove si legge che si tratta di una fase eventuale, nel senso che le procedure possono essere scritte in modo tale da non richiedere alcuna modificazione, disponibile sul sito www.assonime.it.249L’art. 4, comma 5 del Regolamento Consob prevede che: “nel definire le procedure i consigli di amministrazione o di gestione identificano quali regole richiedano modifiche allo statuto”.

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dovrà prevedere statutariamente la competenza assembleare ad autorizzare gli

amministratori a compiere le operazioni con parti correlate; ovvero se si decide di

consentire che le operazioni, urgenti o collegate a situazioni di cresi aziendale, di

competenza assembleare o che debbano essere da questa autorizzate, siano

realizzate anche in deroga a quanto previsto dai primi tre commi dell’art. 11 del

Regolamento Consob, ciò deve essere espressamente previsto dallo statuto250.

Come affermato dalla dottrina 251 si tratta di modificazioni statutarie non

obbligatorie che divengono necessarie solo se si decide di avvalersi di una

opzione252.

Quanto detto vale anche per il procedimento di modificazione delle procedure.

Tuttavia, come si evince anche dalla lettura della Comunicazione Consob253, le

modifcazioni sono in un certo senso obbligatorie nella parte in cui si richiede alle

società di valutare con una cadenza almeno triennale se procedere ad una

revisione delle procedure”.

Quanto detto comporta una necessaria riflessione su quale sia il rapporto che

intercorre tra le previsioni delle procedure e le previsioni dello statuto.

In particolare, si tratta di precisare se vi sia uno spazio per quella che potrebbe

definirsi come la “statuarizzazione” delle regole relative alle operazioni con parti

correlate. Infatti, come si è detto, le procedure sono atti del consiglio (di

amministrazione o di gestione).

Tuttavia, non per questo si può escludere che lo statuto detti regole

“sovraordinate” atte a vincolare l’organo amministrativo nella predisposizione

delle procedure e nella loro successiva modificazione254.

Infatti, lo statuto potrebbe porre dettare delle regole organizzative relative al

contenuto delle procedure: regole alle quali l’organo amministrativo rimarrebbe

vincolato: a titolo esemplificativo, potrebbe prevedersi che le competenze di cui

250In tal senso l’art. 11, 5 comma del Regolamento opc.251 STELLA RICHTER Jr, op. cit., p. 54.252E, comunque, in tutti i casi nei quali si decida di procedere alla modificazione dello statuto, è ancora una volta necessario, per approvare in consiglio la proposta di modificazione statutaria da sottoporre all’assemblea dei soci, il parere favorevole del comitato di amministratori indipendenti.253 CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, disponibile sul sito www.consob.it.254STELLA RICHTER Jr, op., cit., p. 127.

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agli art. 7 e 8 del Regolamento Consob siano affidate al comitato per il controllo

interno.

Insomma, tutte le volte che si tratti di regole che riguardano la composizione

ovvero il funzionamento di organi sociali (e non invadano la competenza gestoria

esclusivamente riservata alla legge) è difficile dubitare che esse non possano

essere poste al più alto livello dello statuto e quindi divenire norme di rango più

elevato rispetto a quello delle procedure255.

12. Profili comparatistici. Le parti correlate in Gran Bretagna e negli USA.

Alla luce della ricostruzione della procedura opc è interessante volgere uno

sguardo alla disciplina degli altri ordinamenti, in cui il primo – e più importante -

elemento che si riscontra è la scelta di attribuire un diritto di voice agli azionisti

ed, in particolare, a quelli tra loro che non sono correlati.

Anche alla luce della Disciplina regolamentare di attuazione dell’art. 2391-bis

c.c. 256 appare interessante analizzare, in modo sintetico, in che modo

l’ordinamento britannico regoli le parti correlate, soprattutto alla luce della Listing

Rule n. 11, Related party transactions, adottata dalla Financial Services Agency,

che si applica alla società con strumenti finanziari quotati in uno dei mercati della

London Stock Exchange: la disciplina, in particolare, circoscrive l’area delle

operazioni sottoposte alla disciplina più rigorosa e ne esclude dall’ambito di

applicazione le small transactions, e le operazioni che non presentano inusual

features; sono sottoposte a meri obblighi informativi le smaller related party

transactions, cioè le operazioni in cui ciascuno dei percentage ratios è inferiore al

5% ma uno o più supera lo 0.25%257.

255STELLA RICHTER Jr, op., cit., p. 127, il quale precisa che l’innalzamento a norme dello statuto dei principi della disciplina delle operazioni con parti correlate non possa che essere visto con favore nella prospettiva delle scelte di buon governo societario; e del resto la Banca d’Italia prevede, nel documento di consultazione sulle “attività di rischio e conflitti di interesse delle banche e dei gruppi bancari nei confronti dei soggetti collegati, come primo principio dell’”iter di definizione delle procedure” che “gli elementi essenziali delle procedure devono risultare dallo statuto”.256CONSOB, Documento di consultazione del 9 aprile 2008, disponibile sul sito www.consob.it.257P. MONTALENTI, op.cit., p. 323/I.

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Per le operazioni “rilevanti” è richiesto, oltre al documento informativo (circular),

l’approvazione degli azionisti all’operazioni od alla sua esenzione con esclusione

del voto della parte correlata258.

La materia delle opc non è contenuta solo nelle Listing Rules, essendoci, altresì,

riferimento nel Companies Act 2006.

Infatti, in conflitti di interesse e le operazioni con parti correlate sono disciplinati

dal Companies Act 2006: si prevede, in particolare, che l’interesse

dell’amministratore debba essere dichiarato solo se può ragionevolmente essere

ritenuto in conflitto con quello della società259.

Infine, si prevede che l’approvazione dei soci esclude la responsabilità degli

amministratori per violazione dei propri doveri.

Non meno interessante è lo studio delle operazioni con parti correlate

nell’ordinamento statunitense che, come è noto, è articolato in norme federali in

materia di securities ed in norme statuali di diritto societario.

Le Regulations della SEC260 prevedono obblighi di trasparenza nelle relazioni

finanziarie e in documenti destinati al pubblico di varia natura.

In particolare, la parte della Regulation SK intitolata “Managment and certain

Security Holders” prevede che nei documenti da pubblicare debbano essere

inserite le informazioni sulla natura, le parti, l’ammontare e le condizioni

dell’interesse in conflitto, per le operazioni con parti correlate di un determinato

ammontare261

Quanto al diritto societario il punto di riferimento è il Model Business

Corporation Act (MBCA), adottato in molti Stati: in particolare, si crea un safe

harbour per le operazioni in conflitto di interessi262 che siano approvate dalla

258E’ il c.d. withewash. In particolare si richiede di apprestare tutti i mezzi possibili affinché i related party associates non votino.259P. MONTALENTI, op. cit., p. 324/I, il riferimento è alla CA 2006 Part 10, Chap. 2, sec. 177 (6) (a).260La SEC ha suddiviso le regole di disclosure in tre categorie: Regulation S.K., Regulation S.B. e Regulation S.X.: le prime due riguardano l’oggetto della disclosure e le sue modalità, l’ultima si occupa delle accounting rules e dei requisiti di forma e sostanza dei financial statementes.261 GORDON – HENRY – PALIA, Related Party Transaction: Association with Corporate Governance and Firm Value, Agosto 2004, disponibile sul sito www.ssrn.com.262 Ai sensi dell Chapter 8 del MBCA, un director’s conflicting interest transaction è a transaction effected op proposed to be effected by the corporation:- to which, at the rilevant time, the director is a party; or

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maggioranza di “disinterested directors” o di un apposito comitato formato

esclusivamente da amministratori indipendenti oppure approvate dalla

maggioranza dei soci “disinteressati”. Ma anche in mancanza di adozione della

procedura sociale gli amministratori potranno sempre provare la fairness 263

dell’operazione264.

- respecting which, at the rilevant time, the director had knowledge and a financial interest

known to the director; or- respecting which, at the rilevant time, the director knew that a related person was party or had

a material financial interest”.263Un’operazione è considerata fair dal punto di vista sostanziale qualora <<la controprestazione ricevuta dalla società e, in generale, le condizioni dell’operazione sarebbero state accettate anche da parte di un ipotetico contraente indipendente, così ENRIQUES, Il conflitto d’interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 62.264P. MONTALENTI, op. cit., p. 325/I, il quale, altresì, precisa che la qualificazione tipologica degli indipendent directors nelle public companies statunitensi è diversa dalla “natura” degli amministratori indipendenti nelle società quotate italiane. Là il conflitto potenziale si pone nei confronti del managment; qui del socio di controllo; là gli amministratori indipendenti costituiscono la maggioranza o la totalità del Board; qui un nucleo di “garanti” della correttezza amministrativa nell’interesse di tutti i soci.

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CAPITOLO TERZO

OPERAZIONI STRAORDINARIE “RILEVANTI” E PARTI CORRELATE:

PROFILI APPLICATIVI.

3. SOMMARIO: 1. Le operazioni con parti correlate infragruppo: le esenzioni. 2.

(Segue): I gruppi: la disciplina codicistica e quella regolamentare. 3. (Segue): La

procedura delle opc tra società dello stesso “gruppo”: aspetti critici. 4.

L’applicazione della procedura parti correlate alla fusione: aggravi procedurali e

rischi sostanziali. 5. (Segue): e la scissione non proporzionale: la tutela delle

minoranze nel Codice Civile e nel Regolamento opc. 6. (Segue): Lo scorporo:

profili di applicazione della disciplina opc. 7. Il conflitto di interesse e l’abuso del

voto: cenni. 8. (Segue): L’aumento del capitale con esclusione del diritto

d’opzione: tra interesse sociale e abuso della maggioranza. 9. Le opc tra banche:

la convivenza tra la disciplina bancaria ed regolamento opc. I gruppi bancari. 10.

(Segue): I conflitti di interesse, le procedure e la loro (rischiosa?)

“disapplicazione”. L’aggravio delle procedure: opportunità di semplificazione?

1. Le operazioni con parti correlate infragruppo: le esenzioni.

La disciplina finora esaminata, come anticipato, non si applica a tutte le ipotesi di

correlazione.

Sono tanti, come si è visto, i casi di esenzione della disciplina, ma, si è scelto di

approfondire quello che crea più problemi dal punto di vista applicativo.

Uno dei casi di esenzione più importanti e discussi, appunto, riguarda le

operazioni tra società appartenenti ad un gruppo.

Ebbene, a questi fini, il concetto di “gruppo” merita un approfondimento al fine di

meglio comprendere il fenomeno per poi coniugarne la disciplina con quella delle

opc.

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L’espressione “gruppo di società” viene utilizzata per indicare il fenomeno per cui

più imprese societarie, formalmente e giuridicamente autonome le une rispetto

alle altre, risultano soggetto ad una direzione sostanzialmente unitaria265.

Il fenomeno dei gruppi societari – che nasce per esigenze di carattere sia

giuridico-economico che organizzativo 266 - può realizzarsi secondo modalità

diverse: si distingue, infatti, tra “gruppo orizzontale” e “gruppo verticale”.

La prima tipologia indica il caso in cui la direzione concertata ed unitaria delle

imprese societarie viene realizzata sulla base di un accordo di natura contrattuale

attraverso il quale si vuole realizzare una strategia imprenditoriale comune ed

unitaria267.

Il gruppo verticale, invece, consiste in un’aggregazione di società tutte poste sotto

l’influenza dominante di un’unica società (c.d. società capogruppo), detta anche

società holding, che ha il loro controllo giuridico diretto o indiretto e,

sostanzialmente, dirige la loro attività, avendo di mira un unico scopo economico

comune all’intera struttura societaria (c.d. interesse di gruppo)268.

La società controllante, proprio al fine di conseguire l’interesse del gruppo, può

indurre le società controllate al compimento di atti vantaggiosi per il gruppo

265Tradizionalmente si afferma che <<nei gruppi ad un’unica impresa sotto il profilo economico sostanziale corrispondono più imprese sotto il profilo giuridico-formale: tante quante sono le società facenti parte del gruppo>>; infatti, il gruppo non è una entità giuridica distinta dalle imprese che lo compongono, non ha personalità giuridica, né è centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici. Così G.F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 271.266Dal punto di vista giuridico-economico, infatti, permette di ripartire il rischio dell’attività di impresa tra le varie società, che conservano formalmente la loro autonomia giuridica; in altri termini, si finisce per rendere indipendenti i rischi di un settore dai rischi di un altro settore. Dal punto di vista strettamente organizzativo, il fenomeno del gruppo consente di dare vita a strutture flessibili, rispetto a quella di un’unica grande impresa, con maggiore possibilità di adattarsi alle esigenze di settori specifici; in tale modo, ad esempio, l’impresa che operi in diversi ambiti commerciali o produttivi può creare tante distinte strutture societarie, per quante sono le aree di attività che, nel complesso, le interessano. Si consente, in altri termini, che una grande impresa venga gestita con la stessa snellezza, con la stessa efficienza operativa e gestionale che è tipica di una piccola impresa. Cosi FERRUCCI A. – FERRENTINO C., Le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Tomo II, Giuffrè, 2005, p. 1931.267F. GALGANO, I gruppi di società, Torino, 2001, p. 11.268Nell’ambito del gruppo verticale, poi, si distinguono, a seconda del modo in cui si struttura il rapporto, i gruppi a catena, in cui si dà vita ad una catena di controllo societario che mette a capo alla società capogruppo (ad esempio: la società Alfa controlla la società Beta che controlla la società Gamma e così via); dai gruppi c.d. a raggiera, nei quali la società capogruppo è posta al centro di un sistema di controllo di tipo diretto su altre società (ad esempio: la società Alfa capogruppo, controlla direttamente la società Beta, Gamma, Delta, etc.). Naturalmente entrambi i sistemi possono variamente combinarsi, dando vita a strutture di controllo quanto mai complesse. Così A. FERRUCCI – C. FERRENTINO, op. cit., p. 1930.

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unitariamente considerato, ma pregiudizievoli per il patrimonio della singola

società269.

La società capogruppo è tenuta ad indennizzare direttamente azionisti e creditori

delle società controllate per i danni dagli stessi subiti per il fatto che la propria

società (controllata) si sia supinamente attenuta alle direttive di gruppo lesive del

proprio patrimonio270 (art. 2497, 1 comma, c.c.).

Rispondono, inoltre, in solido con la capogruppo, sia coloro che abbiano preso

parte al fatto lesivo (ad esempio gli amministratori), sia coloro che abbiano

consapevolmente tratto beneficio nei limiti del vantaggio conseguito (art. 2497, 2

comma, c.c.).

In tali casi il danno va valutato non già con riferimento alla singola operazione,

bensì considerando il risultato complessivo dell’attività di direzione e

coordinamento e, quindi, i vantaggi compensativi 271 che possono derivare

dall’appartenenza ad un gruppo e il fatto che il danno può essere stato

integralmente eliminato anche a seguito di specifiche operazioni a tale fine dirette.

Altro aspetto rilevante della disciplina dei gruppi è la possibilità del socio e del

creditore di agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e

coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta all’attività

di direzione e coordinamento.

In sostanza, da quanto detto, emerge il concetto secondo cui l’organizzazione del

gruppo è pensata per velocizzare e semplificare le operazioni che vengono

concluse tre le varie società: è proprio per questo motivo che la Consob – al fine

di evitare una paralisi o – comunque – dei rallentamenti all’interno dei gruppi, ha

lasciato agli emittenti la facoltà di esentare, in tutto o in parte, le operazioni con

parti correlate dal rigoroso regime Consob, fatta salva l’applicazione delle

previsioni in materia di informazione contabile periodica ai sensi dell’art. 5,

comma 8.

269 Si pensi, ad esempio, all’acquisto a prezzi vistosamente superiori a quelli di mercato di prodotti della società capogruppo, ovvero ai finanziamenti o alla concessione di garanzie a favore di altre società del gruppo senza alcun vantaggio economico.270A. FERRUCCI – C. FERRENTINO, op. cit., p. 1937.271 P. MONTALENTI, Operazioni infragruppo e vantaggi compensativi: l’evoluzione giurisprudenziale, in Giur.comm., 1999, I, p. 3095.

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Ma a questa disciplina di favore non si può sempre optare. Infatti, le operazioni

concluse in presenza di “interessi significativi”272 di altre parti correlate della

società nelle entità controllate o collegate controparti dell’operazione, sono

soggette alla disciplina Consob.

Il concetto di “interesse significativo” è abbastanza vago.

Sul punto è intervenuta una comunicazione interpretativa della Consob273 che ha

chiarito che qualora la controllata o collegata dell’emittente sia partecipata (anche

indirettamente) dal soggetto che controlla o esercita l’influenza notevole

sull’emittente stesso, sarà configurabile un interesse significativo solo a

condizione che il peso effettivo di tale partecipazione superi quello della

partecipazione detenuta dal medesimo soggetto nell’emittente.

A tali fini, le partecipazioni dirette saranno considerate per la totalità, mentre

quelle indirette saranno ponderate secondo la percentuale di capitale sociale

detenuta nell’emittente attraverso cui è posseduta la partecipazione nella

controllata o collegata con l’emittente stesso274.

Mentre non è di per sé rilevante la semplice detenzione di una partecipazione

nella controllata o collegata da parte di altre società controllate dall’emittente o ad

esso collegate275.

A parte queste indicazioni della Consob, vi è anche da dire che in vari casi si è

anche lasciato al consiglio di amministrazione ovvero al comitato opc la

valutazione circa la significatività degli interessi276.

272L’art. 14, 2 comma, Regolamento opc, esclude dall’ambito della significatività gli interessi derivanti dalla mera condivisione di uno o più amministratori o di altri dirigenti con responsabilità strategiche tra le società e le società controllate o collegate.273 CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, disponibile sul sito www.consob.it.274 CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, disponibile sul sito www.consob.it.275 CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, disponibile sul sito www.consob.it.276Come, ad esempio, ha fatto il Gruppo Piaggio, nel cui Regolamento opc, all’art. 5.6 si legge che: “La significatività degli interessi in capo ad altre parti correlate nella società controllata o collegata è rimessa alla valutazione congiunta e tempestiva della Direzione Amministrazione e gestione crediti e della Direzione Legale e Societario secondo i principi generali indicati nella Comunicazione Applicativa. In tale contesto, la direzione Amministrazione e Gestione crediti e la Direzione Legale Societario, terranno, tra l’latro, conto della sussistenza di eventuali rapporti partecipativi tra le società controllate o collegate di Piaggio e altre parti correlate a Piaggio medesima, ovvero di eventuali rapporti di natura patrimoniale tra le società controllate o collegate, da un a parte, e altre parti correlate di Piaggio, dall’altra. (…omissis).

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2. (Segue): I gruppi: la disciplina codicistica e quella regolamentare.

Le premesse sui gruppi di cui al paragrafo precedente sono anche utili per

comprendere le problematiche relative alle operazioni straordinarie che vengono

concluse tra società facenti parte del medesimo gruppo.

E’ interessante capire come il controllo tradizionale venga ad intersecarsi con il

controllo così come definito dal Regolamento Consob di cui si è detto nella parte

dedicata alla definizione di “parte correlate”277.

Come è stato detto a suo tempo, la definizione di controllo ai sensi della disciplina

opc ha sollevato numerosi dubbi non solo teorici, bensì anche – e soprattutto –

applicativi.

Sul punto, autorevole Autore 278 ha sostenuto che dalla formulazione della

disposizione del regolamento dedicata al controllo, emerga che per accertare

l’esistenza di un controllo rilevante agli effetti della disciplina opc sia necessario

anche accertare e dimostrare l’esistenza di un fine specifico. L’Autore, in

particolare, precisa che “la formulazione tradisce un risalente, consolidato ma in

sé altamente criticabile, preconcetto avverso il controllo, concepito diffusamente

ed acriticamente come “reato di pericolo” per l’autonomia della persona giuridica

e, naturalmente, per gli interessi della minoranza.

A parte questa nota critica, senza dubbio il concetto di gruppo civilistico e quello

parti correlate si intersecano necessariamente, anche per il fatto che moltissime

operazioni tra parti correlate avvengono, appunto, infragruppo279.

277Si ricorda che l’Allegato 1 al Regolamento Consob, all’art. 2, recita che “Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di una entità al fine di ottenere benefici dalle sue attività”.278P. FERRO LUZZI, Le operazioni con parti correlate infragruppo, in Studi in ricordo di Pier Giusto Jeager, Milano, 2011, p. 9.279 Un esempio recente di operazione tra parte correlata infragruppo è la fusione di “Credito Bergamasco Società per azioni” in “Banco Popolare – Società Cooperativa”: in tal caso, in particolare, il Credito Bergamasco apparteneva, ante fusione, al “Gruppo Bancario Banco Popolare”, società che era soggetta a direzione e coordinamento del “Banco Popolare – Società Cooperativa”, in forza della partecipazione di quest’ultima al capitale sociale di Credito Bergamasco pari al 77,819% (la percentuale di partecipazione era quella della data di pubblicazione del documento informativo).

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Ma ciò non toglie che le due discipline siano differenti tra loro, non solo nel

contenuto, ma anche nel perimetro d’applicazione, se non altro perché la

disciplina delle parti correlate riguarda solo, come è normale, le società quotate ed

operazioni nelle quali tali società siano almeno una delle parti280.

L’intersecarsi delle due discipline in esame emerge anche dall’art. 14 281 del

Regolamento opc che si riferisce alla società che sia soggetta a direzione e

coordinamento e disciplina le operazioni con parti correlate influenzate da tale

attività, richiamando la disciplina civilistica (artt. 2497-2497-septies c.c.).

Anche in questo caso, però, il richiamo del Regolamento alla disciplina del codice

civile da adito ad alcune perplessità in quanto, diversamente dalla disciplina

civilistica che si è analizzata, fornisce una definizione “negativa” del controllo e

muove dal postulato che sia in qualche modo strutturale alle società quotate un

conflitto fra maggioranza e minoranza e la tendenza della maggioranza a trarre dei

benefici privati dalla società282.

Un difetto di coordinamento tra le due discipline si può ben cogliere da una loro

analisi anche solo letterale. L’art. 8 del Regolamento Consob, nella parte in cui

richiede che l’opc sia approvata dal CDA previo parere favorevole del Comitato

parti correlate (di cui si è detto nel capitolo precedente), fa riferimento

all’interesse della società all’operazione. L’art. 14 del Regolamento Consob,

invece, come visto, richiede che il parere sia dato valutando l’interesse del gruppo

all’atto.

Sempre a proposito di coordinamento tra i “due gruppi” merita un cenno la

motivazione delle operazioni infragruppo e quella delle operazioni infragruppo tra

parti correlate.

Come è noto, le decisioni283 delle società soggette a direzione e coordinamento

(anche non tra parti correlate), quando da questa influenzate, devono essere

280P. FERRO LUZZI, op. cit., 10.281Si ricorda che al primo comma esso recita: “ Qualora la società sia soggetta a direzione e coordinamento, nelle operazioni con parti correlate influenzate da tale attività i pareri previsti negli articoli 7 e 8 nonché nell’Allegato 2 recano puntuale indicazione delle ragioni e della convenienza dell’operazione, se del caso anche alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero di operazioni dirette a eliminare integralmente il danno derivante dalla singola operazione con part correlata”.282P. FERRO LUZZI, op. cit., p. 11.283 Il riferimento è sia alle deliberazioni assembleari che alle deliberazioni dell’organo amministrativo.

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analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli

interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione. Di esse viene dato adeguato

conto nella relazione di cui all’art. 2428 c.c. (art. 2497-ter c.c.).

Ciò vuol dire che le deliberazioni delle società controllate, attuative delle direttive

della holding, non possono arrecare ad essa pregiudizio. Ed è per tale ragione che

il legislatore ha previsto l’analitica esposizione 284 delle motivazioni che

conducono all’adozione di una decisione piuttosto che di un’altra285.

Con tale norma si permette la trasposizione all’interno dell’assemblea o

dell’organo amministrativo della società controllante, per realizzare interessi

esterni alla società controllata e corrispondenti al più generale interesse del

gruppo che la controllante dirige e coordina.

La funzione della motivazione delle decisioni di cui all’art. 2497-ter c.c. è quella

di garantire la trasparenza nello svolgimento dell’attività di società soggette a

direzione e coordinamento. La realizzazione della trasparenza, in questo contesto,

risulta fine di notevole importanza per la tutela degli interessi di tutti i soggetti

che potrebbero essere danneggiati dall’appartenenza della società ad un

“gruppo”286.

Sotto l’aspetto informativo, sulla scia del generale disposto dell’art. 2497-bis c.c.,

anche i creditori sociali potranno beneficiare degli effetti prodotti dall’obbligo di

motivazione. Il sistema pubblicitario delle decisioni e delle conseguenti

motivazioni, influenzate dall’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento,

contribuisce a rendere edotto il ceto creditorio delle operazioni infragruppo

suscettibili di incidere sul patrimonio della società debitrice.

Da ciò emerge un elemento sicuro comune alla motivazione delle decisioni con

parti correlate. Ebbene, l’art. 2391-bis c.c. e l’art. 2497-ter c.c. è rappresentato

dalla presenza di un attuale o potenziale conflitto (in senso lato) tra l’interesse

284La ricorrenza di un interesse di gruppo dovrà essere con idonea motivazione provata dalla singola società.285A. FERRUCCI – C. FERRENTINO, op. cit., p. 1940.286P. MONTALENTI, Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, Padova, 1999, p. 108.

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proprio delle società amministrata e quello particolare di cui l’amministratore sia

portatore per conto proprio oppure di terzi287.

Si può affermare che la ratio delle due norme di cui si sta discutendo sia proprio

quella di controllare la condotta degli amministratori: di fronte allo spettro del

conflitto di interessi il nostro legislatore ricorre alla motivazione delle decisioni.

A questo punto occorre precisare quindi che l’art. 14, comma, 1 del Regolamento

Consob (che, come detto, adotta le prospettive dell’art. 2497-ter c.c.), da un lato si

applica a tutte le operazioni con parti correlate che società intraprendono e non

solo, dunque, alle operazioni concluse con società del gruppo. Mentre, dall’altro,

esclude dal proprio ambito di operatività le società con azioni diffuse tra il

pubblico che eserciti attività di direzione e coordinamento: le cui operazioni con

le controllate sono pure, tuttavia, assoggettate alla disciplina Consob.

Al riguardo si è detto che tale asimmetria sembra imporre un’interpretazione

estensiva dell’onere motivazionale a tutte le operazioni con parti correlate che

traggano dall’attività di gruppo la propria giustificazione288. Ciò rileva non solo

nell’interesse della minoranza, bensì anche nell’interesse, più generale, del

mercato ad ottenere informazioni sull’attività infragruppo.

A proposito di informazione inerente l’attività infragruppo, altro profilo

applicativo che risulta interessante affrontare è quello della informazione c.d.

“esterna” nelle operazioni con parti correlate infragruppo.

Al riguardo si riportano le parole di illustre dottrina289 che a proposito di gruppi di

società sostiene che la predisposizione di un “adeguato sistema informativo dei

soci e del pubblico in genere (…omissis) rappresenti lo strumento più efficace per

prevenire abusi e distorsioni.

287A. D. SCANO, Premesse a uno studio sulla motivazione delle decisioni societarie: spunti dal diritto europeo, in Orizzonti di diritto commerciale, 3, 2016, p. 14, il quale precisa che “ a miglior chiarimento di tale concetto valga in proposito rilevare che <<la Commissione ha additato come esempio da seguire il codice di governo societario svedese che richiede alle società: di indicare in modo chiaro nella dichiarazione sul governo societario le regole del codice disattese, di spiegare le ragioni di ogni singola inosservanza e di descrivere la soluzione alternativa adottata>>.288L. SEMINARA, op. cit., p. 321.289A. PAVONE LA ROSA, <<Gruppi di imprese>> e informazione societaria, in L’informazione societaria, Atti del Convegno internazionale di studi, Venezia, 5-6-7 novembre 1981, a cura di P. Alvisi, P. Balzarini, G. Carcano, 1982, p. 1115 ss.

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Anche per l’analisi di questo aspetto è opportuno procedere paragonando le norme

civilistiche dei gruppi e quelle regolamentari relative alle parti correlate nonché a

monte di quest’ultima l’art. 2391-bis c.c.

Da un lato le norme regolamentari della Consob e l’art. 2391-bis c.c., come detto,

è volta ad assicurare, in una logica preventiva e, poi, di accertamento e

individuazione delle responsabilità gestionali, la correttezza sostanziale delle

transazioni e, con essa, il perseguimento del solo interesse dei soci, quando vi

siano interessi altri suscettibili di condizionare il procedimento decisionale290.

Da altro lato, la disciplina degli art. 2497 ss., consente il perseguimento

dell’interesse di gruppo.

Anche in questo caso, ci si ricollega alla motivazione delle ragioni e degli

interessi che abbiano determinato la decisione: nel prescrivere l’analitica

motivazione delle regioni e degli interessi che abbiano determinato le decisioni –

oltre ad implicarsi un contemperamento, laddove possibile degli interessi rilevanti

– si traccia un collegamento con la considerazione dei costi e dei benefici

derivanti dall’appartenenza al gruppo.

La trasparenza sull’effettivo operare dell’attività di direzione e coordinamento

diviene elemento essenziale alla limitazione della discrezionalità degli

amministratori. Da ciò emerge soprattutto quel dialogo tra informazione e

trasparenza di cui si è detto amplius nei capitoli precedenti.

Inoltre la (ri) conciliazione tra interesse di gruppo e interesse sociale nella

dimensione dei <<vantaggi compensativi>> consente, d’altro canto, di individuare

un punto di contatto tra fisiologia del gruppo e disciplina in materia di operazioni

con parti correlate. Dovendosi, in questo quadro, leggere la disciplina delle parti

correlate infragruppo posta dall’art. 14 del regolamento Consob291.

290L. SEMINARA, op. cit., p. 320.291M. MAUGERI, Le operazioni con parti correlate nei gruppi societari, in Riv.dir.comm., 2010, I, pp. 889 s.s.

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3. (Segue): La procedura delle opc tra società dello stesso “gruppo”: aspetti

critici.

Il Regolamento Consob prevede che la procedura generale adottata dalla società,

descritta nel capitolo precedente del presente lavoro, individui regole con riguardo

alle ipotesi in cui la società esamini o approvi operazioni di società controllate,

italiane o estere292.

La norma da ultimo citata non impone alla controllante l’obbligo di approvare le

operazioni poste in essere dalla sua controllata che sia parte correlata, ma si limita

a richiedere che nella procedura siano dettate regole per l’ipotesi in cui ciò

avvenga293.

Ma questo, tuttavia, non toglie che la scelta della controllata di compiere

l’operazione con la parte correlata all’emittente costituisca il più delle volte l’esito

di una precisa direttiva impartita da quest’ultima o, comunque, si inserisca nel

contesto di una gestione globale e coordinata delle diverse controllate, fondando il

potere-dovere dell’emittente capogruppo di procedere alla preventiva

approvazione delle dette operazioni.

Nella disciplina opc infragruppo si riscontra anche un’ampia autonomia al vertice

del gruppo sia nella definizione delle modalità di “recepimento” delle regole da

parte delle controllate sia nella definizione del loro contenuto.

Per capire quali siano le modalità di recepimento delle regole, sono stati analizzati

alcuni casi pratici.

Da questa analisi è emersa una duplice possibilità:

o l’organo amministrativo dell’emittente si limita a comunicare alla controllata la

propria procedura per una conseguente “presa d’atto”294 e confidando sul potere

dei suoi amministratori di orientare in concreto la condotta degli amministratori

della società partecipata;

ovvero viene stipulato un atto negoziale fondativo della stessa funzione direttiva

delle diverse fasi dell’impresa di gruppo, ossia un apposito regolamento o

contratto di collegamento gerarchico stipulato dall’emittente con le proprie

292Il riferimento è all’art. 4, comma 1, lett. d.293M. MAUGERI, op. cit., p. 898.294M. MAUGERI, op. cit., p. 899.

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controllate o, comunque, una procedura per le operazioni con parti correlate di

gruppo che veda l’adesione di tutte le società incluse nel perimetro di

consolidamento.

Al riguardo, per maggiore completezza, si è preso in analisi il Regolamento Parti

Correlate di Autogrill S.p.A. che, nella parte intitolata “Operazioni con Parti

correlate realizzate da società controllate”, stabilisce, al punto 3.3.3, che

“L’approvazione o l’esame preventivo non debbono necessariamente avvenire con

deliberazione espressa, ma è sufficiente che un Dirigente con Responsabilità

Strategiche della società esamini o approvi le operazioni delle controllate in forza

delle deleghe conferitegli e delle policy aziendali vigenti all’interno del

gruppo295”.

Con riguardo, invece, alle regole di approvazione delle opc delle controllate, non

vi è alcun obbligo che le stesse riproducano le disposizioni previste per il caso in

cui l’operazione venga compiuta dall’emittente: questo è anche il portato della

autonomia delle singole società appartenenti al gruppo.

L’assunto trova conferma, in particolare, nell’art. 4, comma 1, lett. d) del

Regolamento che non fa alcun rimando alle regole adottate dalla controllante.

Proprio la lettera della norma che fa riferimento “all’esame o all’approvazione”

conferma che possa anche mancare un potere della controllante conformativo

dell’azione della controllata e quindi anche il carattere vincolante del parere degli

amministratori.

Quanto detto, tuttavia, - anche se potrebbe comportare uno snellimento della

procedura - non toglie che possano essere inserite nel Regolamento parti correlate

di una società soggetta a direzione e coordinamento delle regole diverse.

Ci si chiede, in particolare, se nella procedura si possa inserire una disposizione

che preveda l’obbligo degli amministratori della capogruppo di sottoporre a

preventivo esame assembleare, anche in mancanza di un’apposita clausola ex art.

295Il Regolamento precisa che per “esame” si intende non già la mera ricezione di informazioni sull’operazione compiuta dalla controllata (ad esempio con finalità di controllo o allo scopo di relazione dei documenti contabili societari) bensì una valutazione dell’operazione che possa condurre a un intervento (ad esempio, sotto forma di parere, anche non vincolante) in grado di incidere sul processo di approvazione dell’operazione da parte della società controllata).

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2364, comma1, n. 5, c.c., un’operazione della controllata particolarmente rilevante

per la struttura del gruppo296.

Si potrebbe dire che una clausola di tal genere possa risultare lesiva di quella

autonomia di cui gode la controllante nelle sue scelte operative, ma in realtà

risulta lecita, anche in virtù dell’autonomia privata, in quanto protettiva di

quell’interesse di gruppo di cui si è parlato297.

Senza dubbio, però, deve ritenersi tuttora esistente un dovere degli amministratori

di fornire all’assemblea adeguata informazione preventiva e di acquisirne

eventuali indirizzi e raccomandazioni.

Anche per l’ipotesi in cui il Comitato OPC esprima un parere preventivo contrario

al compimento dell’operazione di maggiore rilevanza le soluzioni possono essere

diverse. Ad esempio nel Regolamento Parti Correlate della “Impregilo S.p.A. si

stabilisce che, in tal caso, il CDA della società potrà: “(1) approvare l’operazione

di maggiore rilevanza previo integrale recepimento dei rilievi formulati dal

Comitato OPC, o, in alternativa, (ii) approvare l’operazione malgrado l’avviso

contrario o comunque senza tener conto dei rilievi del Comitato a condizione che

il compimento dell’operazione sia autorizzato dall’assemblea; o, infine, (iii) non

approvare l’operazione di maggiore rilevanza e quindi non dare esecuzione alla

stessa.

L’esame di questi aspetti che si riflettono sul modus operandi delle società

nell’ambito dello opc infragruppo, fa nascere un problema di non poco conto:

cosa succede se le regole procedurali non sono rispettate dalla capogruppo ovvero

dalla controllata?

Si è distinto tra l’inosservanza delle procedure da parte della capogruppo e quella

della controllata perché diversi sono anche i riflessi pratici che ne conseguono.

Nel primo caso 298 sono prospettabili tre rimedi cumulativi: l’azione di

responsabilità ai sensi degli artt. 2392 e 2497, comma 3, c.c. nei confronti degli

amministratori non indipendenti e l’esperibilità nei loro riguardi della denunzia ex

296M. MAUGERI, op. cit., p. 903.297Rifacendosi alla clausola del Regolamento Parti Correlate di Autogrill riportata nel testo, la clausola in esame potrebbe formularsi in tal senso: “L’approvazione o l’esame preventivo devono avvenire necessariamente con deliberazione espressa dell’assemblea”.298 Se, ad esempio, il consiglio di amministrazione della capogruppo delibera di autorizzare un’operazione di maggiore rilevanza della controllata malgrado il parere negativo degli indipendenti e senza adire l’assemblea.

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art. 2409 c.c., nonché l’impugnabilità della delibera presa in violazione della

procedura299.

Nel secondo caso, invece, in cui le regole procedurali siano state violate dalla

controllata 300 , si dovrà distinguere in regione dell’esistenza o meno di un

regolamento endogruppo al quale la controllata abbia prestato adesione301.

Sicuramente la predisposizione di un regolamento in tal senso potrebbe essere la

soluzione migliore (almeno dal punto di vista della controllante) che in un certo

senso viene tutelata. O meglio, ad essere tutelato è proprio l’interesse del gruppo:

un regolamento, infatti, farebbe nascere una responsabilità contrattuale della

controllata nei confronti della controllante.

Tuttavia, la criticità di questa soluzione è evidente.

Dalla nascita di una responsabilità contrattuale della controllata scaturisce – di

riflesso – anche la vincolatività del parere degli indipendenti non solo al momento

valutativo dell’operazione, ma anche alla fase decisoria dell’operazione stessa.

Perciò, impostati in questi termini i rimedi alle conseguenze della violazione della

procedura, certamente, potrebbero rivelarsi essi stessi una violazione della

procedura parti correlate, comportando, tra l’altro, un aggravio notevole dell’iter

procedurale.

4. L’applicazione della procedura parti correlate alla fusione: aggravi

procedurali e rischi sostanziali.

Esaminati gli aspetti più problematici delle opc nei gruppi, si vuole adesso

procedere con lo studio delle singole opc che possono concludersi sia tra società

appartenenti allo stesso gruppo alle condizioni sopra dette sia tra società solo

correlate.

Si procederà all’analisi delle sole operazioni straordinarie rilevanti ai fini del

regolamento opc: la fusione, la scissione e lo scorporo.

299M. FOSCHINI, Le operazioni con parti correlate e l’attuazione dei principi di cui all’art. 2391-bis del codice civile, in Studi per Franco Di Sabato, Napoli, 2009.300 Ad esempio, nel caso in cui gli amministratori non abbiano sottoposto l’operazione al preventivo esame della capogruppo.301M. MAUGERI, op. cit., p. 905.

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La fusione è un’operazione straordinaria che può essere conclusa tra parti

correlate, come già anticipato nel capito I del presente lavoro.

Tralasciando la trattazione dell’operazione straordinaria di fusione che, in questa,

sede sarebbe ultronea, si vuole accennare alla sua natura giuridica anche al fine di

comprendere come la stessa, disciplinata da norme civilistiche, si coordini con

l’istituto delle parti correlate 302 disciplinate dal Regolamento Consob ed, a monte,

dall’art. 2391-bis c.c. Ci si limiterà ad analizzare alcuni aspetti più problematici.

Sebbene in passato fosse discussa la natura della fusione303, oggi è orientamento

prevalente, sia in giurisprudenza304 che in dottrina305, che essa sia un’operazione

di natura organizzativa e non traslativa. Anche qualora sia conclusa tra parti

correlate essa non perde la sua natura, in quanto la sua ratio e la sua funzione

restano le stesse, sebbene conclusa intercorra tra società tra le quali intercorre un

rapporto di correlazione.

Tutti i tipi di fusione sono suscettibili di essere stipulate tra parti correlate, come

detto amplius nel primo capitolo dedicato alla definizione di “operazione con

parte correlata” a cui si rimanda.

Trattandosi, il più delle volte di operazioni di maggiore rilevanza, si adotta la

procedura più articolata di cui si è parlato. Tuttavia, la procedura opc presenta

delle particolarità, che, in alcuni suoi aspetti, mal si attaglia alla disciplina

civilistica della fusione.

La procedura della fusione nell’ipotesi ordinaria, si articola in tre fasi il progetto,

la decisione e l’atto. Ma queste fasi che, rappresentano nell’insieme un

procedimento a formazione progressiva, come si coordinano con la procedura

opc?

302Si precisa che tutti i tipi di fusione sono suscettibili di essere concluse tra parti correlate, come detto amplius nel primo capitolo dedicato alla definizione di “operazione con parte correlata” a cui si rimanda.303 Secondo la Cassazione ante riforma del diritto societario (Cass. 22 marzo 2010, n. 6845, in Red. Giust. Civ. Mass., 3, 2010, la fusione era considerata un’operazione che dava luogo ad una successione universale inter vivos, assimilabile alla successione mortis causa. Invece, secondo parte della dottrina, la fusione era una modifica dell’atto costitutivo sui generis, in quanto comportava l’estinzione delle società partecipanti/incorporate.304Cass. S.U. ordinanza 8 febbraio 2006, n. 2637, in Rivista del Notariato, 2006, p. 1136.305 F. GUERRERA, Trasformazione, fusione e scissione di società, in Diritto delle società, Manuale breve, Milano 2004, pp. 407 s.s.; F. MAGLIULO, La fusione delle società, Milano, 2005, pp. 1 s.s.

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Sono stati presi in esame alcuni casi pratici306.

Da questi ultimi emerge non solo un aggravio del procedimento di fusione che

richiede documenti ulteriori per le opc rispetto alla fusione ordinaria (nella

fusione tra parti correlate sono necessarie la predisposizione del documento

informativo e quella del parere degli indipendenti e - se si tratta di Banche - anche

dell’autorizzazione della Banca d’Italia, come detto amplius in precedenza); ma

anche un aggravio di rischi di non poco conto che si potrebbero ripercuotere sul

buon esito dell’operazione.

Un primo rischio deriva dalla necessaria nomina dei consiglieri indipendenti,

chiamati a scrutinare l’operazione straordinaria anche per evitare che i diritti degli

azionisti di minoranza vengano pregiudicati. Qui c’è una prima complessità

perché tra tante parti correlate coinvolte nella fusione (come è avvenuto nel caso,

richiamato in nota, di UBI Banca S.p.A.), si corre il rischio che quale

indipendente rimanga impigliato nelle maglie dei requisiti richiesti dalla

Consob307.

E’ vero che la scelta di valorizzare gli amministratori indipendenti si giustifica

anche per una ragione di opportunità regolamentare, in quanto è la soluzione che

sembra destinata a generare i maggiori benefici al netto dei relativi rischi e

costi308, ma è anche vero che il rischio che gli amministratori indipendenti siano

tali solo nella forma e non nella sostanza è grande.

Gli amministratori possono ricevere più agevolmente e tempestivamente i flussi

informativi, formulare osservazioni e pareri in via preventiva e valutare il merito

dell’attività degli amministratori esecutivi. Ricoprono, quindi, una posizione

privilegiata da un lato, per lo svolgimento delle funzioni di monitoraggio ed

eventualmente orientamento ex ante del comportamento degli amministratori

esecutivi e dei manager e dall’altro per lo svolgimento della funzione di supporto

al consiglio di amministrazione affinché questo deliberi in modo consapevole e

306Interessante al riguardo è stata l’analisi della fusione per incorporazione di Ergycapital S.p.A. in Intek Group S.p.A. ovvero quella di Banca Regionale Europea S.p.A., Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A., Banca Carime S.p.A., Banca Popolare di Ancona S.p.A., Banca Popolare di Bergamo S.p.A., Banco di Brescia S.p.A., Banca di Valle Camonica S.p.A. in UBI Banca S.p.A., nonché la fusione transfrontaliera per incorporazione di Monte Paschi Ireland Limited in Banca Monte Paschi di Siena S.p.A.307Come, ad esempio, è avvenuto nella vicenda Edison – Edipower.308A. POMELLI, op. cit., p. 1345.

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avvertito309. Tuttavia, questi, sono dei rischi che caratterizzano non solo la fusione

ma tutte le opc.

Ciò che in questa sede preme sottolineare, in realtà, è l’aggravio della procedura

che sembra potersi suddividere in due sottoprocedure: una interna e l’altra

esterna.

La procedura interna, di cui si faranno solo brevi cenni, ha inizio con il progetto

di fusione la cui redazione è richiesta dall’art. 2501-ter c.c., redatto

esclusivamente dagli amministratori, la cui funzione, è prettamente, ma non

esclusivamente, informativa 310 : quest’ultima, in particolare, consiste nel far

conoscere sia ai soci che ai creditori quali siano le basi della decisione che sarà

adottata dall’assemblea e quale la struttura societaria che risulterà dalla fusione311.

Questa sottoprocedura vede, inoltre, altri documenti quali la situazione

patrimoniale (art. 2501-quater c.c.), la relazione dell’organo amministrativo (art.

2501-quinquies c.c.) e la relazione degli esperti (art. 2501-sexies c.c.).

La seconda sottoprocedura della fusione come opc si innesta con la redazione del

documento informativo nonché del parere degli indipendenti, dei quali si è detto

nel capitolo precedente.

A ciò seguiranno (qualora sia approvato il progetto, sia dato il parere favorevole

degli indipendenti), la delibera e l’atto di fusione.

Il dialogo tra le descritte sottoprocedure, e, di riflesso, il dialogo tra i fautori delle

stesse (gli amministratori non indipendenti per il primo caso e gli amministratori

indipendenti per il secondo caso), comporta, spesso, degli inconvenienti.

La scelta della Consob è stata quella di conferire specifiche facoltà312 (consistenti,

a dire il vero, in veri e propri doveri) ai componenti del comitato dei consiglieri

non esecutivi e non correlati, tutti indipendenti – che dovranno essere coinvolti

309A. POMELLI, op. cit., p. 1345.310Oltre alla funzione informativa il progetto di fusione riveste un ruolo fondamentale ai fini della determinazione rapporto di cambio: la società, infatti, è responsabile sia contrattualmente sia contrattualmente, in caso di approvazione ed esecuzione di un progetto di fusione basato su un’incongrua determinazione del rapporto di cambio, così G. BONILINI – M. CONFORTINI, Art. 2501-ter c.c., op. cit., p. 6360.311A. FERRUCCI, C. FERRENTINO, op. cit., p. 1826.312 Oltre alla scelta di incidere sulla competenza delle OPC inserendole tra quelle riservate inderogabilmente al CDA in composizione collegiale.

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tutti (tutti o uno o più di essi a discrezione della società) nella fase delle trattative

e nella fase dell’istruttoria313 e redigere un parere in merito all’operazione.

Il coinvolgimento degli indipendenti nelle trattative o nell’istruttoria (come, ad

esempio, può avvenire nel procedimento interno della fusione, di cui si è detto),

deriva dal potere di richiedere informazioni e di formulare osservazioni agli

organi delegati ed ai soggetti incaricati della conduzione delle trattative o

dell’istruttoria.

Questa scelta della Consob, introdotta in materia di OPC, per evitare i rischi

connessi a tali operazioni, probabilmente è essa stessa nido di problemi314.

Gli indipendenti, potranno essere coinvolti, quindi, nella fase istruttoria della

fusione di cui si è detto, ingerendosi (con determinati limiti?) nelle scelte oltre che

giuridiche, anche e – soprattutto - economiche della società315.

Ma fino a che punto gli amministratori indipendenti possono incidere o

influenzare le scelte della società?

Un autore316 è contrario alla ingerenza degli amministratori non correlati nel senso

di effettuare proposte alternative o correttive: si sostiene, in particolare, che in tal

modo la partecipazione degli indipendenti “pare collocarsi in un ibrido limbo tra

l’informazione e la codecisione”.

Tuttavia, si ritiene che sicuramente essi possano chiedere delucidazioni in ordine

ad un’operazione, formulare domande, etc.

Più controversa è, invece, la facoltà di esprimere suggerimenti, modifiche o

variazioni all’operazione.

Al ruolo decisorio e di partecipazione diretta alle trattative, previsto in passato317,

è stato sostituito un coinvolgimento solo informativo che consente di svolgere una

314 P. MONTALENTI, Le operazioni con parti correlate tra efficienza gestionale nei gruppi e rischi di conflitti di interessi: quale disciplina?, in La crisi finanziaria: banche, regolatori, sanzioni. Atti del Convegno di studio svoltosi a Courmayeur, 25-26 settembre 2009, Milano, 2010, p. 158.315 Si pensi, ad esempio, alla possibile influenza degli amministratori indipendenti nelle scelte relative alla redazione della relazione dell’organo amministrativo che ha il compito essenziale di tutelare l’interesse dei soci di conoscere e valutare il rapporto di cambio ed i criteri seguiti per fissarlo, ovvero alla redazione del progetto di fusione.316P. MONTALENTI, Le operazioni con parti correlate tra efficienza gestionale nei gruppi e rischi di conflitti di interessi: quale disciplina?, op. cit., p. 158.317 Tale ruolo nel documento di consultazione Consob del 9 aprile 2008 disponibile sul sito www.consob.it, si spingeva sino alla “deliberazione delle operazioni”.

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funzione di apporto critico alla discussione, senza intingere al merito delle scelte

dei delegati.

In realtà, coloro318 che ritengono che non ci siano ostacoli alla previsione di un

ruolo attivo degli indipendenti alle trattative, nei termini di cui si è accennato, non

tengono in debito conto i rischi che la cogestione degli indipendenti potrebbe

comportare.

E l’esempio più calzante pare proprio quello della fusione, caratterizzata, come

visto, da una delicata sottoprocedura, piuttosto articolata e suscettibile di

ingerenze pericolose.

Altro esempio può essere quello della fusione che comporta l’aumento del

capitale319 della incorporante: in tal caso l’operazione di aumento è deliberata dai

“vecchi” amministratori, indipendenti o non. Anche in tal caso, se si aderisce

all’orientamento permissivo, gli indipendenti OPC potranno ingerirsi nelle

decisioni inerenti le modalità dell’operazione del capitale, creando, così, i disagi

di cui si è detto.

Quanto finora affermato si ripercuote anche sul un altro aspetto.

Come si è detto a suo tempo, quando si è parlato del parere degli indipendenti, è

stato detto che esso esprime l’interesse della società al compimento

dell’operazione e la convenienza e correttezza sostanziale e procedurale delle

condizioni.

La correttezza sostanziale è riferita all’aspetto economico dell’operazione320. Il

problema concerne i limiti di tale valutazione: per garantire la correttezza

sostanziale dell’operazione è necessario che gli indipendenti esprimano un

giudizio che non interferisca con il merito delle scelte di gestione spettante ai

managers321.

318Tra cui A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve al diritto delle società, op. cit., Padova, 2011.319Come è avvenuto nella fusione del Credito Bergamasco S.p.A. in Banco Popolare – Società Cooperativa, nel cui verbale si legge che: “A seguito del perfezionamento della fusione, tutte le azioni ordinarie del Credito Bergamasco S.p.A. verranno annullate; quelle non possedute dalla società incorporante saranno, in base al rapporto di cambio (…omissis) concambiate con azioni ordinarie della società incorporante di nuova emissione. A servizio del concambio la Società incorporante aumenterà il proprio capitale sociale (…omissis).320Il riferimento è, ad esempio, al fatto che l’operazione non sia stata influenzata dal rapporto di correlazione, così A. MAFFEI ALBERTI, op.cit., p. 642.321Si esprime a favore della insindacabilità del merito della gestione, affidato al consiglio di amministrazione e agli amministratori non esecutivi, A. POMELLI, op., cit., p. 1361.

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Ma, in realtà, l’ingerenza dei soggetti indipendenti nelle fasi istruttorie delle

operazioni ben potrebbe avere riflessi, se si vuole, indiretti, anche sotto questo

aspetto. Basti pensare alla relazione che l’organo amministrativo è tenuto a

redigere ai sensi dell’art. 2501-quinquies c.c. che, dal punto di vista interno alla

società ha la funzione di far assumere ai soci con cognizione di causa le decisioni

in ordine alla convenienza delle operazioni di fusione ed alla congruità del

rapporto di cambio322.

Anche in virtù del contenuto simile del parere e della relazione, ed in virtù delle

facoltà conferitegli nella fase delle trattative, gli amministratori indipendenti ben

potrebbero ingerirsi in scelte sostanziali (anche indirettamente), interferendo di

fatto nella gestione della società.

Il giudizio relativo all’interesse e alla convenienza della società al compimento

dell’operazione attiene al merito dell’operazione sistematicamente da ascriversi

alla competenza del consiglio di amministrazione in ogni caso assistita dalla

business judgement rule, cioè dal principio di insindacabilità323.

E’anche vero che l’intromissione degli indipendenti nell’attività gestoria di

esclusiva competenza degli amministratori della società (sebbene limitata),

potrebbe di fatto superare i confini di chiedere delucidazioni e formulare

domande.

Ma vi è di più.

Calando la questione nell’ambito della fusione, alla partecipazione (nei termini

sopra detti) dell’indipendente nel subprocedimento della fusione “civilistica”

potrebbe conseguire una perdita dell’indipendenza del soggetto, con il

conseguente venir meno della funzione del parere richiesto dalla disciplina opc.

Per queste ragioni la soluzione più conveniente da un punto di vista sistematico

potrebbe essere quella più restrittiva, tenuto conto, in particolare, del ruolo e della

<<natura>> degli amministratori indipendenti (che sono e restano

<<indipendenti>>) in quanto estranei all’attività di gestione324.

322A. FERRUCCI, C. FERRENTINO, op. cit. p. 1833.323P. MONTALENTI, Le operazioni con parti correlate, in Giur. Comm., 2001, op. cit., p. 331.324 M. BAGLIONI – G. GRASSO, op. cit., p. 732, i quali precisano che: “evitando un coinvolgimento eccessivo del comitato nella fase istruttoria/delle trattative, lo stesso comitato potrà rilasciare il proprio parere (necessariamente richiesto) con la dovuta serenità di giudizio.

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5. (Segue): e la scissione non proporzionale: la tutela delle minoranze nel Codice

Civile e nel Regolamento opc.

Le medesime considerazioni sinora svolte a proposito della fusione possono ben

attagliarsi anche alla scissione, in quando operazioni simili325 anche dal punto di

vista procedimentale anche se, la scissione produce un effetto inverso 326 alla

fusione.

Tuttavia, una tale simmetria tra le due non si riscontra sotto il profilo dell’ambito

di applicazione della disciplina opc.

Infatti, la disciplina opc, come già anticipato, si applica alla scissione per

incorporazione, che comporta una divisione del patrimonio dell’emittente in

favore di una o più società beneficiarie preesistenti che siano parti correlate o la

divisione del patrimonio di una parte correlata in favore dell’emittente, o ancora

alla scissione in senso stretto non proporzionale, che comporta la divisione del

patrimonio dell’emittente in favore di una o più società beneficiarie di nuova

costituzione con assegnazione ai soci della società scissa di quote o azioni delle

società beneficiarie in misura non proporzionale alla loro partecipazione nella

scissa e che vedano tra i soci della scissa soggetti che siano parti correlate della

medesima327.

Tralasciando, anche in questo caso, le disciplina della scissione civilistica nei suoi

aspetti generali, si vuole, in questa sede, analizzare alcuni aspetti problematici

dovuti al coordinamento tra la scissione e la procedura opc.

Ci si soffermerà, in particolare, sull’operazione più frequente nella pratica

societaria: la scissione non proporzionale tra parti correlate328.

325 Anche la scissione ha natura giuridica di mera modifica dell’atto costitutivo, così F. MAGLIULO, La scissione di società, Notariato e nuovo diritto societario, in Collana diretta da Giancarlo Laurini, Ipsoa, 2012.326 Infatti, la scissione, è la suddivisione di un’unica società in due o più società, così L. GENGHINI – P. SIMONETTI, op. cit., p. 1224.327Ed, in particolare, i soci che siano in grado di esercitare il controllo o un’influenza notevole, così A. POMELLI, op. cit., p. 1353.328Una delle più recenti operazioni di tale tipo è la scissione parziale non proporzionale di Enel Green Power S.p.A. in favore di Enel S.p.A. avvenuta nell’anno 2016 e che si è attuata mediante assegnazione alla medesima di parte del patrimonio di Enel Green Power . Nel caso di specie, per quanto riguarda Enel, l’operazione di scissione, pur essendo effettuata con una parte correlata, è stata esente dall’applicazione dell’apposita procedura per la disciplina opc, in quanto si trattava di un’operazione realizzata con una controllata in cui non sussistevano interessi significativi di altre parti correlate (ai sensi dell’art. 14, 2 comma, Regolamento opc): in considerazione di ciò, per

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La scissione non proporzionale rappresenta un’eccezione alla regola della

proporzionalità secondo la quale i soci della scissa hanno diritto di avere azioni o

quote di tutte le beneficiarie, e di ciascuna beneficiaria in misura proporzionale

alla loro partecipazione nella scissa 329 . La non proporzionalità concerne

esclusivamente la partecipazione alle singole beneficiarie e, in particolare, la

minore partecipazione proporzionale ad una società deve essere compensata da

una maggiore partecipazione proporzionale ad un’altra società330.

La disciplina dell’art. 2506-bis c.c., 4 comma, prevede poche regole, ma tutte

volte alla tutela della minoranza. Per la delibera di scissione non proporzionale

non si richiede l’unanimità a differenza di quanto richiesto, invece, per la

scissione asimmetrica331.

Infatti, la scissione non proporzionale può comunque essere deliberata a

maggioranza, purché sia previsto il correttivo del diritto di exit in capo al socio di

minoranza332.

La disposizione stabilisce che il progetto deve prevedere il diritto di exit, ma in

realtà la norma è derogabile con il consenso di tutti i soci333.

L’<<obbligo di acquisto>> di cui parla la norma non è un diritto recesso334, bensì

un obbligo di concludere una compravendita delle azioni335.

l’approvazione del progetto di scissione non è stato richiesto l’intervento del Comitato Parti Correlate di Enel.Per quanto riguarda Enel Green Power, il Comitato Parti Correlate è stato coinvolto per le attività di sua competenza e per il rilascio del parere vincolante, in quanto per la società la scissione costituiva, ai sensi del Regolamento opc, un’operazione “di maggiore rilevanza” non esente, in quanto conclusa con il socio di controllo. Inoltre, per le attività di propria competenza, il Comitato Parti Correlate di Enel Green Power si è fatto assistere da advisor finanziari indipendenti, nominati dallo stesso comitato.329 G. ANDREANI, Trasformazioni, Fusioni e Scissioni, Disciplina civilistica, atti e suggerimenti professionali, 2005, p.302.330L. GENGHINI – P. SIMONETTI, op. cit., p. 1236, in cui si precisa che in altri termini con la scissione non proporzionale non si verifica alcun cambiamento della ricchezza complessiva di ciascun socio.331Che ricorre quando non tutti i soci partecipano alla scissione, cioè quando ad alcuni soci non è assegnata nessuna delle azioni/quote delle beneficiarie, così G. ANDREANI, op. cit., p. 430.332G. F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 668.333L. GENGHINI – P. SIMONETTI, op. cit., p. 1236.334S. SANTANGELO, La scissione nella riforma, in Consiglio Nazionale del Notariato. Studi e materiali. Anno III, Milano2004, p. 554 s.s.335S. SANTANGELO, op. cit., secondo cui coloro a carico dei quali è posto l’obbligo devono sottoscrivere il progetto di scissione. In tal senso anche G. ANDREANI, op. cit., secondo cui l’obbligo di acquisto dovrebbe essere adempiuto prima della riunione assembleare convocata per decidere in ordine alla scissione. Ove sia successivo, ma comunque antecedente all’atto di

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In passato336, tuttavia, il correttivo a tutela della minoranza era diverso e più

incisivo.

Infatti, mentre oggi il socio di minoranza è – in un certo senso – costretto a subire

la scissione non proporzionale, nella disciplina previgente ciascun socio poteva

impedire la scissione ed optare per l’assegnazione proporzionale337.

Per tal modo veniva sottratto alla maggioranza il potere di imporre alla minoranza

la partecipazione in questa o in quella società beneficiaria o, in caso di scissione

parziale la permanenza nella società scissa; ma era, invece, la minoranza a poter

impedire una ripartizione del patrimonio della società scissa che modificasse le

proporzioni e gli equilibri precedenti338.

Tuttavia, ancora oggi, sembra esistere questa regola al fine di garantire una tutela

maggiore all’azionista di minoranza. Infatti, secondo il Consiglio Notarile di

Milano 339 il previgente correttivo resta valido, per cui la scissione non

proporzionale è oggi possibile a maggioranza purché si preveda, o il diritto di exit

ovvero il diritto di optare per l’assegnazione proporzionale.

L’orientamento, certamente, mira a quella tutela forte che era prevista dal vecchio

art. 2504-octies c.c.

Infatti, oggi, lo strumento apprestato dall’art. 2506-bis, 4 comma, c.c., è

certamente meno forte del precedente: sia perché concesso ai soci dissenzienti; sia

perché non consente al socio di conservare la precedente partecipazione, ma gli

impone, come alternativa, l’accettazione della scissione non proporzionale, di

uscire dalla compagine sociale; sia, infine, perché può risultare penalizzante il

scissione, ed il designato all’acquisto non adempia e quindi il socio dissenziente non riesca a vendere, parte della dottrina ritiene che la scissione sia invalida.336 Il riferimento è alla Riforma del diritto societario: allora il vecchio art. 2504-octies c.c. prevedeva che “Il progetto di scissione deve prevedere che ciascun socio possa in ogni caso optare per la partecipazione a tutte le società interessate all’operazione in proporzione della sua quota di partecipazione originaria”.337S. SANTANGELO, op. cit., pp. 554 s.s.338F. FERRARA – F. CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 2011.339Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 30, Scissione non proporzionale con facoltà di scelta di assegnazione proporzionale: <<Nel caso di scissione non proporzionale il cui progetto preveda la facoltà di ciascun socio di optare per la partecipazione a tutte le società interessate all’operazione di scissione in proporzione alla suo quota di partecipazione originaria non appare necessario che il progetto stesso preveda il diritto per i soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, con indicazione di coloro a cui carico è posto l’obbligo di acquisto e neppure l’esistenza di un consenso unanime all’operazione”.

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criterio con il quale viene determinato il corrispettivo per la cessione della propria

partecipazione, quello cioè previsto dall’art. 2437-ter c.c.340

In particolare, è stato fatto notare che <<la tutela dei soci, sotto questo profili,

arretra da una posizione reale – il diritto di incidere sulla maggioranza,

modificandola a salvaguardia del diritto soggettivo all’attribuzione proporzionale

– a una forma obbligatoria – ossia della garanzia di un exit dalla società,

ottenendo il valore della partecipazione”; e che, tuttavia, “l’arretramento della

tutela risponde al bisogno di garantire il rispetto di ponderate scelte

imprenditoriali senza dover sottostare ad un potere di <<riscatto>> delle

minoranze341.

Ma la tutela delle minoranze, così come delineata dal codice civile, nelle società

quotate sembra essere rafforzata dalla disciplina della tutela della minoranza

dettata dal Regolamento opc per il caso in cui, appunto, la scissione sia conclusa

tra due o più parti correlate.

Come si è anticipato a suo tempo, le opc appaiono spesso come uno strumento

privilegiato per compiere condotte distrattive di ricchezza ai danni della società,

degli azionisti di minoranza e in ultima analisi del mercato342.

Da alcuni le opc sono definite come un fenomeno di opportunismo degli insider

con conseguente diminuzione di benessere degli azionisti e della performance

aziendale343. In tal senso le opc potrebbero comportare un comportamento abusivo

dei soci di maggioranza che hanno il potere di nomina degli organi amministrativi

ed altresì quello di assumere le decisioni di maggior importanza per la società.

Anche operazioni economicamente “neutre” per la società come, appunto, la

scissione che tuttavia comportino degli incrementi di valore per alcuni solo degli

azionisti (tipicamente i soci di controllo) – quale, ad esempio, la scissione non

340G. BONILINI – C. CONFORTINI, Art. 2506-bis, Codice civile Commentato, II, a cura di G. Bonilini – M. Confortini, C. Granelli, 2012, p. 6440.341E. CIVERRA, Le operazioni di fusione e scissione, Milano, 2003, p. 236.342Tra i tanti casi che potrebbero richiamarsi, emblematico è l’affair Ligresti-Sai: nella circostanza era emerso un giro di operazioni volto a trasferire risorse dalla società Fondiaria – Sai s.p.a. –impresa assicurativa leader in Italia nel ramo danni – a vantaggio di altre società facenti capo allo stesso gruppo di comando (la famiglia Ligresti, appunto) oppure direttamente ai componenti della famiglia.343GORDON – HENRY – PALIA, Related Party Transactions: Associations with Corporate Governance and Firm Value, op. cit., pp. 7 ss.; così anche STELLA RICHTER Jr, Brevi osservazioni sulla proposta di disciplina regolamentare in materia di operazioni con parti correlate, op. cit., p. 846.

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proporzionale - si risolvono in azioni distrattive verso la pletora degli azionisti

estranei al gruppo di riferimento.

Questo è conferma che la criticità delle opc deriva proprio dalla circostanza che

l’interesse della società alla creazione di valore per tutti gli azionisti e quello della

parte correlata alla massimizzazione del proprio utile personale possono trovarsi

in conflitto tra loro344.

Proprio su questi aspetti critici ci si vuole soffermare.

Nell’ambito di un’operazione di scissione non proporzionale tra parti correlate -

che viene deliberata a maggioranza - l’obiettivo della maggioranza potrebbe

essere proprio quello di cacciare i soci di minoranza ai quali non vengano

assegnate azioni proporzionali alla loro partecipazione originaria alla società.

Ecco che, allora, scatta l’esigenza di tutelare il più possibile la minoranza.

Guardando alle misure di tutela della minoranza delle società quotate – che qui a

noi interessano – si può affermare almeno in astratto che i soci di minoranza

godano strumenti di tutela comparabili con gli ordinamenti più avanzati. Lo si può

constatare dall’esame delle aree fondamentali in cui si articola la tutela delle

minoranze; l’informazione societaria, il potere di voice ed il diritto di exit.

Ma è anche vero che se si va a vedere l’effettivo impiego di questi strumenti, ci si

rende che alcuni sono poco utilizzati ed altri male utilizzati.

Esempio degli strumenti poco utilizzati è l’esercizio dell’azione sociale di

responsabilità da parte della minoranza che in Italia è un fenomeno raro,

soprattutto perché nel nostro paese non è consentito il c.d. patto di quota lite.

Ma forse l’efficacia deterrente di alcuni istituti non sta solo nel numero di volte in

cui sono utilizzati, bensì semplicemente nel fatto di esserci e di poter essere

teoricamente azionati345.

Tra gli strumenti male utilizzati, invece, rientra l’attribuzione alla minoranza del

diritto di nominare una parte delle cariche sociali non assolve alla sua funzione se

poi l’amministratore indipendente o di minoranza si lascia “catturare”.346

344G. MINERVINI, Gli amministratori di s.p.a., in ABBADESSA e PORTALE (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 2, Torino, 2006, p. 601.345Lo rilevava, all’indomani della riforma del 1998, G.F. CAMOPOBASSO, Art. 129. Azione sociale di responsabilità, in Testo Unico della Finanza, Commentario diretto da G.F. Campobasso, Vol II, Torino, 2002, p. 1067.346G.F. CAMPOBASSO, op. ult. Cit., p. 10.

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Ma parte gli inevitabili acciacchi dovuti all’applicazione pratica degli istituti

richiamati, senza dubbio il nostro ordinamento è dotato di strumenti di tutela

sufficienti e di un certo peso.

E probabilmente, nella materia che, in questa sede, più interessa, la tutela, sia per

esigenze di informazione e (quindi) di trasparenza sia – di riflesso – per esigenze

di tutela delle minoranze è rafforzata dalla disciplina Consob sulle operazioni con

parti correlate.

Alle esigenze suddette – oltre alle tutele apprestate dalla Consob, di cui più volte

si è detto (tra cui la motivazione delle decisioni, il parere degli indipendenti ed il

documento informativo rivolto principalmente al pubblico) assolvono anche il

progetto di scissione, le situazioni patrimoniali, la relazione dell’organo

amministrativo e la relazione degli esperti, di cui si è detto anche a proposito della

fusione.

Ed anche nell’ipotesi in cui, ai sensi, dell’art. 2506-ter, 4 comma c.c., l’organo

amministrativo sia esonerato dalla redazione dei documenti richiesti dai commi

precedenti della stessa norma, la tutela è comunque fatta salva dal consenso

unanime dei soci richiesto dalla norma347.

Secondo la dottrina 348 e gli orientamenti di alcuni ordini professionali 349 , la

disposizione richiamata da ultimo deve essere intesa nel senso che “l’organo

amministrativo può farsi esonerare, oltre che dall’obbligo di redigere la situazione

patrimoniale e la relazione degli amministratori anche da quello di far redigere la

relazione degli esperti”.

348S. SANTANGELO, op. cit. p. 544 ss.; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, op. cit., p. 668.349Consiglio Notarile di Milano, massima n. 25, “Esonero dall’obbligo di far redigere la relazione degli esperti nella scissione”: <<L’organo amministrativo può essere esonerato dall’obbligo di far redigere la relazione degli esperti di cui agli articoli 2501-sexies e 2506 ter c.c. con il consenso unanime dei soci e dei possessori di altri strumenti finanziari che danno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione.Il 4 comma dell’art. 2506- ter c.c. va inteso nel senso che consente all’organo amministrativo, con il consenso unanime dei soci e dei possessori di altri strumenti finanziari che danno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione, di farsi esonerare oltre che dall’obbligo di redigere la situazione patrimoniale di cui al 1 comma e la relazione di cui al 2 comma, anche da quello di far redigere la relazione degli esperti di cui al 3 comma.Tale possibilità si applica ad ogni tipo di scissione (totale o parziale) sia essa a favore di società di nuova costituzione o di società già esistente. (…)”. Così anche Comitato Triveneto dei Notai, massima L.A.6.

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La rinuncia della relazione degli esperti di per sé potrebbe rappresentare un

pericolo, in quanto il documento riporta la congruità de rapporto di cambio delle

azioni, pericolo che – tuttavia - è plasmato dall’unanimità dei consensi.

Da quanto detto, emerge senz’altro una adeguata tutela delle minoranze nelle

società quotate in generale e nell’operazione di scissione non proporzionale in

particolare in cui il diritto di exit350 del codice civile nonché le previsioni della

disciplina delle opc (tra tutte quelle del parere degli indipendenti nonché – per

l’informazione al pubblico – il documento informativo) sia adeguata ai rischi cui

sono esposte le minoranze dei soci.

Tuttavia, sarà sempre il caso concreto a dare una risposta certa, stante i variegati

rischi che possono incontrarsi e che sono legati inevitabilmente al comportamento

umano. Infatti, come affermato da autorevole autore “altro è la law in the books,

altro è la law in the action”351.

6. (Segue): Lo scorporo: profili di applicazione della disciplina opc.

A differenza delle operazioni straordinarie di cui si è parlato, il cosiddetto

scorporo non è indicato nel Regolamento Consob nella parte dedicata alla

definizione di “operazione straordinaria con parti correlate”.

Per queste ragioni ci si domanda se lo scorporo possa farsi rientrare tra le opc. La

risposta deve essere preceduta da una breve analisi del fenomeno di cui si discute,

anche perché poco studiato ed approfondito in dottrina.

Lo scorporo è un’operazione straordinaria di antica origine352 che trova la sua

fonte nella disciplina dei conferimenti di beni in natura (art. 2343 c.c.).

Lo scorporo ha per fine il trasferimento, in tutto o in parte, del complesso

aziendale della società conferente (scorporante) nella società conferitaria in

cambio dell’acquisizione da parte della prima di partecipazioni sociali della

350L’atto di scissione, richiamata supra prevede testualmente: “L’approvazione della scissione da parte delle assemblee di Enel Greed Power e di Enel ha fatto sorgere, in capo agli azionisti della medesima Enel Green Power il diritto di vendita delle azioni Enel Green Power da essi possedute”.351 G.F. CAMPOBASSO, La tutela delle minoranze nelle società quotate: dall’eterotutela alla società per azioni “orizzontale”, op. cit., p. 1.352G. RACUGNO, Lo “scorporo” d’azienda, Milano, 1995.

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seconda, di guisa che nel patrimonio della conferente vi saranno azioni e quote in

luogo dei beni scorporati, senza variazioni di valore353. Quindi l’operazione non

incide direttamente nei rapporti con i soci354.

Il problema dell’ammissibilità dello scorporo richiede due distinzioni.

Di certo è possibile lo scorporo c.d. “in senso ampio”, che si ha quando la società

beneficiaria è società preesistente 355 : dal punto di vista giuridico questa

operazione - non certamente qualificabile come scissione – può essere considerata

un mero conferimento.

La conseguenza di questo assunto, però, è che non potrà essere applicata la

disciplina della scissione, mancando, appunto, i requisiti essenziali di

quest’ultima, bensì si applicherà la disciplina dei conferimenti.

Diverso è, invece, lo scorporo c.d. “in senso stretto” che si ha quando vi è

un’attribuzione patrimoniale, da parte di una società già esistente a favore di una

società di nuova costituzione356.

Ante riforma del diritto societario per le società per azioni tale operazione era

sempre ed in ogni caso giuridicamente impossibile perché essa si poneva in

contrasto con un principio fondamentale in materia societaria: quello secondo il

quale per costituire una società occorrevano almeno due soci.

Con l’introduzione della società per azioni unipersonale (art. 2328 c.c., introdotto

dal D.lgs. n. 6/2003), il divieto è venuto meno ed, oggi, è possibile dare vita ad

una società con atto unilaterale e con unico socio357.

Allora lo scorporo è oggi possibile in alcuni casi: una società può effettuare uno

scorporo di parte del proprio patrimonio a favore di società di nuova costituzione

(o, anche di più società di nuova costituzione), purché tale società abbia la forma

di una società per azioni unilaterale358.

353A. FERRUCCI - C. FERRENTINO, op. cit., p. 1887.354A differenza di quanto avviene nella scissione.355 Si pensi, ad esempio, la società Alfa apporta alla società Beta parte del suo patrimonio, ricevendone in cambio azioni o quote.356A. FERRUCCI – C. FERRENTINO, op. cit., p. 1888, in cui si legge il seguente esempio: la società Alfa costituisce la società Beta, conservando nel suo patrimonio le azioni di Beta.357A. FERRUCCI – C. FERRENTINO, op. cit., p. 1888.358Ovvero di società a responsabilità limitata unipersonale.

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La conseguenza di quanto detto è chiara: allo scorporo si applicherà non la

disciplina della scissione (neppure per analogia), bensì la disciplina della

costituzione della società per azioni unilaterale.

L’operazione primaria nel procedimento di scorporo consiste nella individuazione

analitica dei beni che costituiscono l’azienda o il relativo ramo destinato ad essere

scorporati e passa necessariamente attraverso la redazione di una situazione

patrimoniale contabile di riferimento359. Così l’azienda o il ramo vengono ì, a loro

volta, individuati attraverso l’inventario fisico che consente all’imprenditore di

determinare con esattezza <<il complesso dei beni>> che dello scorporo

costituisce oggetto.

Come accennato, gli scorpori posti in essere da società di capitali sono

rigorosamente disciplinati dagli artt. 2343 s.s. c.c.. La funzione della stima

dell’esperto è quella di accertare i valori effettivi del complesso aziendale oggetto

di scorporo: la relativa stima dovrà, quindi, individuare il valore obiettivo del

complesso aziendale oggetto di scorporo 360 nonché contenere la descrizione

dettagliata, con indicazione del valore attribuito a ciascun cespite.

Premessi questi brevi cenni sulla definizione e dell’inquadramento giuridico dello

scorporo, preme chiedersi se ad esso possa applicarsi la disciplina regolamentare

opc.

La Consob361 nella parte dedicata alle definizioni ai fini dell’applicazione della

disciplina opc, chiarisce che: “Per operazione con una parte correlata si intende

qualunque trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni fra parti correlate,

indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo. Si considerano

comunque incluse:

- le operazioni di fusione, di scissione per incorporazione o di scissione in senso

stretto non proporzionale, ove realizzate con parti correlate. (…Omissis).”

Come è evidente lo scorporo non è espressamente richiamato dalla disposizione,

che fa riferimento solo alle operazioni straordinarie esaminate nei precedenti

paragrafi.

359G. RACUGNO, op. cit., Milano, 1995.360C. ANGELICI, La costituzione della società per azioni, in Trattato Rescigno, XVI, Torino, 1985, p. 246.361All’allegato 1, art. 1, del Regolamento opc

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Ma è anche vero che l’operazione di cui si sta discutendo ben potrebbe farsi

rientrare nell’ambito del “trasferimento di risorse, servizi, obbligazioni fra parti

correlate”.

Questa definizione sconta inevitabilmente la sua matrice <<contabile>> in quanto

sembra fare precipuo riferimento ad operazioni di natura industriale, commerciale

o finanziaria con parti correlate362.

Quindi, per aversi operazione con parte correlata, occorre pur sempre una

transazione che veda la società come ente giuridico nella cui sfera giuridica

ricadono gli effetti della stessa. Per questo dovrà trattarsi di un’operazione

compiuta o deliberata dagli organi della società e destinata ad incidere

direttamente sul suo patrimonio.

Ciò detto, sembra potersi affermare, che stante la natura dello scorporo nonché la

sua funzione, esso possa ben rientrare nel concetto di “operazione” come definita

dalla Consob.

E come in tutti i casi di tal genere, sarà il caso concreto a fornire indicazioni circa

la maggiore o minore rilevanza dell’operazione, utili ai fini dell’applicazione

della disciplina più o meno rigida del regolamento opc363.

7. Il conflitto di interessi e l’abuso del voto: cenni.

Un’altra problematica che ha necessariamente delle importanti ripercussioni

applicative concerne il conflitto di interesse nella società e – quindi – il

comportamento abusivo della maggioranza della compagine sociale.

A tal riguardo merita un cenno l’art. 2373 c.c..

362A. POMELLI, op. cit., p. 1353., il quale aggiunge che in realtà anche le transazioni societarie, di cui non si dà rappresentazione contabile ai sensi dello IAS 24, comportano analoghi, se non maggiori, rischi di espropriazione nei confronti degli investitori, se non altro perché si tratta spesso di operazioni irreversibili, come nel caso delle fusioni e delle scissioni. Ecco allora che all’allegato 1, superando i dubbi che avrebbero sollevato il mero rinvio alla definizione dello IAS 24 di cui al primo documento di consultazione, precisa che tra le transazioni societarie si considerano comunque incluse tutte le operazioni di fusione che coinvolgono la società e una parte correlata nonché le operazioni di scissione per incorporazione o di scissione in senso stretto non proporzionale, ove realizzate con parti correlate.363Il riferimento è all’Allegato 3 al Regolamento Consob, che detta una disciplina particolarmente rigorosa per le opc di maggiore rilevanza o meno rigorosa per quelle di minore rilevanza, di cui si è parlato al capitolo I del presente lavoro.

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Il conflitto di interessi tra socio e società si ha quando il socio si trova nella

condizione di essere portatore, di fronte ad una data deliberazione, di un duplice

interesse: del suo interesse di socio e di un interesse esterno alla società. E tale

duplicità di interesse è tale per cui egli non può realizzare l’uno se non

sacrificando l’altro364.

La norma richiamata, così come l’art. 1394 c.c., si ricollega al principio di buina

fede che limita il libero esercizio di un diritto.

Una parte della dottrina ricostruisce anche la fattispecie di conflitto di interessi

come abuso del diritto di voto365.

A tal riguardo autorevole autore 366 ha sostenuto che con l’introduzione della

disciplina del conflitto di interessi del socio nelle deliberazioni assembleari, se da

un punto di vista è servita per risolvere in senso positivo la questione della

configurabilità giuridica del vizio, da un'altra prospettiva ha fatto sorgere il

dubbio che le previsioni dell’art. 2373 c.c. non fossero idonee a ricomprendere

tutte le ipotesi di rilevanza del <<profilo funzionale>> del voto, rispetto alla

validità delle deliberazioni367.

Infatti, le previsioni dettate dall’art 2373 c.c. si inserivano in un contesto nel quale

l’esigenza di porre un freno all’utilizzo strumentale del voto, da parte dei soci di

comando, in danno della società e delle minoranze azionarie, era sfociata nella

teorizzazione dell’abuso del diritto e dell’eccesso di potere della maggioranza.

Ma nel contesto successivo la situazione è mutata.

La concentrazione nelle mani degli amministratori della direzione dell’impresa

sociale, ha notevolmente ridotto le competenze in tal senso dell’assemblea368. Ed,

altresì, è ridotta la possibilità di avvalersi del rimedio per proteggere le minoranze

dagli abusi posti in essere dalla maggioranza.

364F. GALGANO – L. GENGHINI, Il nuovo diritto societario, Le nuove società di capitali e cooperative, in Trattato Galgano, XXIX, 1, Padova, 2006, p. 400.365 F. GALGANO, Contratto e persona giuridica nelle società di capitali, in CeI, 1996, p. 1.366F. GUERRERA, Abuso del voto e controllo <<di correttezza>> sul procedimento deliberativo assembleare, in Rivista delle società, I, 2012, p. 187.367Si consideri che, nella dottrina anteriore al codice civile del 1942 imperava la tendenza ad assorbire l’ipotesi di conflitto di interessi in quella più generale dell’abuso del voto assembleare.368L’assemblea prende solo decisioni sul funzionamento della società e deve pronunciarsi su materie istituzionali (per es. nomina degli amministratori) ovvero organizzative (per es. modificazioni del capitale).

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A seguito di ciò si può dire che l’indagine sulla sindacabilità del voto dato dal

socio non può effettuarsi su un piano astratto, ma deve avere riguardo al caso

concreto, relativamente al contenuto dell’operazione.

Pertanto, il ruolo della maggioranza di stabilire l’interesse concreto della società e

di determinarne, le sorti, suscita problemi di volta in volta diversi: per questo

motivo è necessario verificare, di volta in volta, l’obiettivo specifico che la

decisione assembleare vuole perseguire nell’ambito del ciclo di attuazione del

contratto sociale.

8. (Segue): L’aumento di capitale con esclusione del diritto d’opzione: tra

interesse sociale ed abuso della maggioranza.

La deliberazione che si vuole analizzare per ricercare delle risposte alle

problematiche sollevate sui conflitti, è quella dell’aumento di capitale.

Sebbene l’aumento del capitale con esclusione del diritto di opzione non rientri

propriamente nella definizione di operazioni straordinarie ai sensi della disciplina

codicistica, si è scelto di inserirne la trattazione nell’ambito di questo capitolo in

quanto, anche sulla base di quanto affermato dalla Comunicazione Consob del

2010369, i criteri e le procedure che si sono analizzati devono ritenersi applicabili

anche agli aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione.

Tale operazione sul capitale – purché, ovviamente a favore di una parte correlata -

infatti, è inclusa tra le opc in quanto strumento idoneo alla distrazione di benefici

privati di controllo a detrimento delle minoranze, mentre, come anticipato nella

parte del lavoro dedicata alle definizioni di operazioni con parti correlate, restano

fuori dall’applicazione del Regolamento opc, gli aumenti di capitale offerti in

opzione a parità di condizioni a tutti i soci.

369CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, p. 3 ss. disponibile sul sito www.consob.it è nel senso che, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle OPC <<occorre sempre una transazione che veda la società come ente giuridico nella cui sfera giuridica ricadano gli effetti della stessa>> e che debba pertanto trattarsi di un’operazione compiuta o deliberata dagli organi della società destinata ad incidere direttamente sul patrimonio della stessa; A. POMELLI, op. cit., p. 1354.

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Moltissime, nella realtà pratica, sono le operazioni di aumento di capitale con

esclusione del diritto di opzione a favore di una parte correlata370.

Ma l’analisi degli aspetti problematici ed applicativi dell’operazione di cui si

discute, deve essere preceduta da una breve ricostruzione di questo tipo di

aumento - articolato già di per sé – del quale saranno a noi interessano

principalmente gli aspetti legati all’interesse sociale che, poi, come vedremo, si

ripercuotono anche sulle opc.

In generale il diritto di opzione (artt. 2441 ss, c.c.) assolve la funzione essenziale

di tutelare il diritto soggettivo di ogni consociato a che la percentuale di

partecipazione al capitale sociale non sia modificata a seguito della delibera di

aumento oneroso371.

Come si evince dalla disciplina, il legislatore consente la limitazione del diritto di

opzione laddove esista un (superiore) interesse sociale, fermo restando, tuttavia,

che l’operazione resta circondata da una serie di cautele di cui perno è il valore

patrimoniale della partecipazione.

In particolare, il legislatore, all’art. 2441 c.c., prevede per l’esclusione/limitazione

del diritto di opzione ipotesi generiche e specifiche. In ogni caso sembra

rinvenirsi, in esse, un denominatore comune consistente nell’esistenza di un

interesse sociale, idoneo a giustificare dal punto di vista causale l’esclusione o la

limitazione. E’ consentito che il diritto dei soci ad ottenere un’offerta

370Il caso studiato, in particolare, è stato l’aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione della società “METHORIOS CAPITAL S.P.A.”: l’operazione sul capitale era riservata in parte alla società “Lujan S.p.A.” ed in parte alla società “Immobiliare Madonna delle Neve S.p.A.” L’operazione interessa la disciplina delle parti correlate sotto un duplice profilo: da un lato per le partecipazioni che le società Lujan ed Immobiliare Madonna della Neve detenevano in Methorios e dall’altro per la “rilevanza” dell’operazione.In particolare, la società Lujan (ante operazione), deteneva una partecipazione diretta pari al 11,22% del capitale di Methorios e controllava, altresì, detenendone il 100% del capitale, Immobiliare Madonna della Neve, titolare di una partecipazione rappresentativa del 20,33% di Methorios: Lujan deteneva, quindi, direttamente e indirettamente, una partecipazione rappresentativa del 31.55% del capitale della Methorios ed ai sensi del Regolamento opc, Lujan deteneva, quindi, una partecipazione nella società tale da poter esercitare un’influenza notevole su quest’ultima.Queste erano, nella sostanza, le potenziali situazioni di conflitto di interesse, alla data di predisposizione del documento informativo.371G.A.M. TRIMARCHI, L’aumento del capitale sociale, in Notariato e nuovo diritto societario, Collana diretta da Giancarlo Laurini, 2007, p. 321.

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proporzionale alla propria partecipazione sia leso se, e solo se, esista un superiore

interesse sociale, idoneo a giustificare tale necessità372.

Tralasciando, in questa sede, lo studio di tutte le ipotesi di esclusione del diritto di

opzione, occorre soffermarsi sul concetto di interesse sociale.

All’art. 2441, 5 comma, c.c., il legislatore utilizza un’espressione generica, idonea

a ricomprendere tutte le ipotesi in cui, prescindendo da quelle ipotesi legali, si

presenta l’esigenza di “ledere” il diritto di opzione di tutti o solo taluni soci, al

fine di conseguire un superiore interesse sociale373.

Ma dubbi sorgono con riferimento all’espressione “esige” usata dal legislatore.

In passato374 è stato sostenuto che il diritto di opzione potesse essere escluso solo

nel caso in cui l’operazione fosse necessaria per la società, nel senso che sarebbe

stata lecita solo se fosse stata l’unico strumento per raggiungere lo scopo

prefissato.

Tuttavia, secondo l’orientamento 375 oggi prevalente, l’esclusione è legittima

qualora l’operazione sia anche solo “opportuna” per la società.

Questa scelta, tuttavia, non va interpretata nel senso che l’operazione possa essere

compiuta adducendo delle motivazioni generiche, neccessitando una adeguata

allegazione e dimostrazione dell’interesse sociale prevalente376.

Le esigenze suddette rilevano anche per un’adeguata informazione dei soci sulle

ragioni che rendono opportuna l’esclusione del diritto di opzione.

372Il legislatore prevede un’ipotesi generica di esclusione o limitazione dell’opzione nel caso in cui “l’interesse della società lo esige”; l’art. 2441, 4 comma, c.c., allude ad un’ipotesi tipizzata di esclusione automatica del diritto di opzione, che è il caso in cui l’aumento di capitale deve essere deliberato mediante “conferimenti in natura”; infine, l’ultimo comma dell’art. 2441 c.c., prevede forme facilitate di assunzione della delibera di esclusione del diritto di opzione quando le azioni di nuova emissione siano offerte, entro determinati limiti, in sottoscrizione “ai dipendenti della società”. Anche quest’ultima ipotesi risponde all’esigenza di realizzare un superiore interesse sociale consistente nel c.d. “azionariato dei dipendenti”, in tal senso G.F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 506.373 In tal caso il legislatore prevede che l’aumento sia deliberato con i quorum di prima convocazione, anche nelle assemblee di convocazione successiva: lo scopo della norma è quello di permettere l’assunzione di una decisione ponderata.374A. GRAZIANI, Esclusione del diritto di opzione ed interesse sociale, in Rassegna Economica, 1961, p. 77.375G.F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 507; Cass. 28 giugno 1980, n. 4089, in Banca, Borsa e Titoli di credito, 1982, II, p. 38 ss.376Tribunale di Milano, 7 febbraio 2006, n. 1372, in

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La disciplina codicistica, quindi, ribadisce, in tale contesto, i concetti di

motivazione ed informazione che, più volte, abbiamo incontrato nella disciplina

delle operazioni con parti correlate.

Ebbene, questi strumenti di tutela – di concerto altri documenti richiesti dall’art.

2441 c.c, di cui si dirà meglio infra - sono predisposti, sia nella disciplina opc che

nel Codice Civile, per contrastare eventuali abusi che la maggioranza possa porre

in essere.

In contesti di tal genere, in specie quando vengono coinvolti interessi di tipo

economico, come nel caso dell’aumento di capitale, il pericolo è che i gestori

ovvero i soci di maggioranza perseguano solo – o anche – il proprio tornaconto

personale, a discapito di quello strettamente sociale377.

Quindi in un’operazione di aumento di capitale con esclusione del diritto di

opzione, nell’interesse sociale potrebbe celarsi un interesse extrasociale.

Allora ecco che viene in gioco l’importante ruolo assolto dalla motivazione

dell’operazione (richiesta dall’art. 2441 c.c.), finalizzata proprio alla

dimostrazione dell’assenza di interessi extrasociali ispiratori della maggioranza

nell’esclusione del diritto di opzione378.

Tuttavia, la motivazione, non è l’unica salvezza della minoranza.

Si è detto che l’“interesse della società” di cui alla norma sull’esclusione del

diritto di opzione potrebbe celare un interesse contrario alla minoranza dei soci e -

quindi – essere (esclusivamente) un interesse della maggioranza: in tali casi il

pregiudizio degli interessi sociali delle minoranze <<passa>> attraverso il

sacrificio dell’interesse comune dei soci e, pertanto, presentano natura derivata379.

377P.G. JEAGER, L’interesse sociale, Milano, 1964, p. 213 s.s.; P.G. JEAGER, L’interesse sociale rivisitato (quarant’anni dopo), in Giur.comm., 2000, I, p. 795. La nozione, tuttavia, non è univocamente interpretata dalla dottrina: alla teoria istituzionalistica, che configura l’interesse della società come superiore e distinto da quello dei singoli soci si contrappone la c.d. teoria contrattualistica che lo intende come interesse comune ai soci.378A.D. SCANO, op. cit., p. 10, in cui si precisa che la funzione della motivazione sia proprio quella di “rafforzare gli strumenti di controllo e tutela degli azionisti di minoranza”.379 Così F. GUERRERA, Abuso del voto e controllo <<di correttezza>> sul procedimento deliberativo assembleare, in Rivista delle società, I, 2002, p. 265, in cui si precisa che il riferimento è a quelle fattispecie ascritte alla categoria delle deliberazioni annullabili per <<abuso di potere>> della maggioranza – come, per esempio, lo scioglimento anticipato preordinato all’estromissione di alcuni soci, l’aumento di capitale economicamente improduttivo – che, soprattutto in presenza di determinate circostanze, rivelano una specifica ragione di contrarietà all’interesse dedotto nel contratto di società inteso in senso <<relativistico>>, cioè non limitato al patrimonio della società-persona.

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Il principio maggioritario, in materia di modificazioni statutarie, “non incontra

nella posizione partecipativa dei soci dissenzienti, un limite oggettivo rigido e

nemmeno una situazione soggettiva indisponibile”380.

Per questo motivo si ritiene legittimo sacrificare gli interessi individuali delle

minoranze, anche al di fuori delle ipotesi in cui <<l’interesse della società lo

esige>>, così come recita l’art. 2441 c.c.381.

Come affermato da autorevole dottrina382, condizione di legittimità dei sacrifici

imposti in concreto agli azionisti <<esterni>> è, semmai, che il corrispondente

<<potere>> della maggioranza venga esercitato correttamente.

Tuttavia, può accadere che la maggioranza non tenga un comportamento corretto

né trasparente: questo, in particolare, accade quando la delibera venga presa al

solo scopo di contrastare o cacciare i soci di minoranza.

Il concetto di <<abuso della maggioranza>> ha assunto nel nostro ordinamento un

preciso significato: ormai da tempo in dottrina sia in giurisprudenza 383 si è

riconosciuta la rilevanza dei rapporti giuridici interni tra soci e – quindi –

l’esistenza del dovere di correttezza e buona fede anche all’interno delle

assemblee societarie (artt. 1175 e 1375 c.c.).

Certamente, allora, l’accertamento della deviazione della delibera verso finalità

estranee non solo allo scopo lucrativo comune, ma anche contrarie all’esigenza di

<<protezione>> delle minoranze, richiede una complessa analisi dell’assetto di

potere interno alle società e degli interessi sociali coinvolti384.

380F. GUERRERA, op. ult. Cit., p. 267.381Secondo P.G. JEAGER, L’interesse sociale, op. cit., p. 220 ss., la norma sull’esclusione del diritto di opzione, nel prevedere una rapporto di incompatibilità tra l’interesse (sociale) all’ampliamento della compagine sociale e l’interesse (altrettanto sociale) alla preferenza in sede di sottoscrizione delle nuove azioni, porrebbe un problema di controllo sulla <<giustificazione causale>> della decisione assembleare, investendo il giudice di un sindacato sulla finalità sociale ovvero extrasociale perseguita in concreto dalla maggioranza: il riferimento contenuto nell’art. 2441 c.c. all’interesse sociale gioverebbe cioè allo scopo di accertare abusi compiuti dalla maggioranza a danno della minoranza.382F. GUERRERA, op. ult. Cit., p. 268.383Cass 26 ottobre 1995, n. 111151.384F. GUERRERA, op. ult. Cit., p. 270.

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Per queste ragioni, il comportamento scorretto della maggioranza non va solo

valutato alla luce di motivazioni delle decisioni insufficienti ed ambigue385, ma

bisogna, piuttosto, guardare alla casistica.

Guardando alla casistica, allora, si nota come, spesso, non si riesca a dimostrare

l’abuso o il pregiudizio, ma si rileva positivamente un interesse sociale idoneo a

deliberare386.

Allora l’indagine va svolta alla luce dei richiamati principi di correttezza e buona

fede, preordinati, come detto, a delimitare i rischi derivanti dall’abuso della

maggioranza, ed a scoprire gli eventuali vantaggi particolari perseguiti dalla

stessa con pregiudizio della società e dei soci di minoranza.

Lo strumento di tutela del socio, da questo punto di vista, è senz’altro la

impugnazione della delibera; ma è anche vero che, ancora oggi si propone il

problema del rapporto tra invalidità ed eventuale responsabilità del votante per

l’esercizio abusivo del voto387.

E’ certamente vero che il rimedio dell’invalidità delle delibere assembleari ha dei

limiti connaturati alla natura delle stesse: le deliberazioni, infatti, inevitabilmente

incidono sul ciclo complessivo di produzione dell’attività sociale388.

Pertanto, si potrebbe prospettare, accanto al rimedio dell’impugnazione anche

quello risarcitorio.

Tuttavia, le inevitabili ripercussioni – soprattutto economiche – di un’operazioni

di aumento di capitale (come anche in altre operazioni societarie), ben potrebbero

lasciare un pregiudizio in capo il socio di minoranza, ancorché “tutelato” ex post.

Allora, una soluzione che potrebbe apprestare una più forte e preventiva tutela è

quella prevista dal Regolamento opc: il riferimento è al c.d. whitewash.

385Cass. 4 maggio 1994 n. 4323, disponibile sul sito www.foro.it., ad esempio, ha parificato l’abuso e/o eccesso di potere da parte dei soci di maggioranza con la loro intenzionale attività arbitraria e fraudolenta diretta a provocare il danno alle minoranze.386Ad esempio, Tribunale di Reggio Emilia, 27 aprile 1994, riguardante l’impugnazione di una delibera di aumento di capitale a pagamento, della quale si contestavano l’opportunità e le modalità.387 F. GUERRERA, op. ult. Cit., p. 282, il quale precisa che “Occorre mettere in luce le interferenze funzionali tra la disciplina della invalidità della delibera – soprattutto se dipendente da ragioni di ordine sostanziale – ed il regime di responsabilità del socio (o del legittimato al voto) e della società. Ancora più a monte, tuttavia, la prospettiva della responsabilità del socio per l’esercizio del diritto di voto è chiamata a confrontarsi con il dogma, tuttora radicato, della <<irrisarcibilità dei pregiudizi derivanti da atti corporativi>>.388G. MEO, Gli effetti dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, 1998, p. 134.

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Per il caso di operazioni di maggiore rilevanza (come sono la maggior parte degli

aumenti di capitale tra parti correlate), da deliberarsi dal consiglio di

amministrazione, si può confezionare 389 una clausola del regolamento interno

secondo cui viene reso non vincolante il parere sull’operazione che sia espresso,

in senso non favorevole, dal comitato, composto esclusivamente da

amministratori indipendenti non correlati, preposto alla valutazione delle

operazioni con parti correlata; in tal caso occorre che lo statuto preveda che il

compimento di tali operazioni sia autorizzato dall’assemblea (ai sensi dell’art.

2364, comma 1, n. 5 c.c.390), tenendo presente che detta deliberazione assembleare

deve essere approvata con il voto favorevole della maggioranza dei soci non

correlati391.

La soluzione più protettiva per le minoranze, allora, è data dalla combinazione

delle discipline (regolamentare e civilistica), l’una preventiva e l’altra successiva

che, intersecandosi mettono a riparo il socio di minoranza da comportamenti

scorretti, soprattutto a scapito di interessi economici importanti come quelli

scaturenti da un’operazione di aumento di capitale.

9. Le opc tra banche: la convivenza tra la disciplina bancaria ed il Regolamento

Consob. I gruppi bancari.

Le riflessioni fin qui effettuate possono ben attagliarsi anche alle operazioni tra

banche “correlate” o meglio collegate

Infatti, nella realtà bancaria, numerose sono le operazioni straordinarie che

vengono concluse tra soggetti che hanno dei rapporti di “collegamento”392.

389Regolamento opc, art. 8, comma 2.390 Secondo cui “l’assemblea ordinaria delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento degli atti degli amministratori”.391A. BUSANI, op. cit., p. 3, in cui si precisa che la deliberazione si considera non assunta qualora vi sia il voto contrario della maggioranza del soci non correlati (il Regolamento interno può inoltre stabilire che il whitewash sia escluso se in assemblea non sia presente una determinata quota di capitale sociale di titolarità dei soci non correlati, non superiore però al 10%).392 Si pensi alla recentissima fusione per incorporazione avvenuta tra varie banche (Banca Regionale Europea s.p.a, Banca Popolare Commercio e Industria s.p.a., Banca Carime s.p.a., Banca Popolare di Ancona s.p.a., Banca Popolare di Bergamo s.p.a., Banco di Brescia s.p.a., Banca di Valle Camonica s.p.a.) in UBI Banca s.p.a. Come si legge dal Documento informativo dell’operazione, gli obiettivi dell’operazione erano vari: - “semplificare i processi decisionali nell’ambito del Gruppo, cos’ da rendere più veloce ed efficiente l’esecuzione delle iniziative

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Tuttavia, anche il coordinamento della disciplina opc con quella bancaria crea non

pochi problemi, come anticipato nel capitolo I del presente lavoro.

In questa sede, si vuole vedere, più da vicino, come possano convivere le due

discipline nel momento della loro applicazione.

I profili più problematici si rilevano, senz’altro, nella disciplina dei gruppi

bancari, di cui si era accennato nel capitolo I.

Come visto, la Banca d’Italia con la normativa sui “soggetti collegati” non ha

voluto penalizzare gli operatori bancari imponendo loro ulteriori e pesanti regole

sulla loro operatività, ma ha voluto garantire loro una “sana e prudente gestione”.

La normativa delle operazioni con soggetti collegati si applica alle “banche

autorizzate in Italia” e su base consolidata ai gruppi bancari e alle imprese di

riferimento393 con riguardo anche alle società bancarie, finanziarie e strumentali

controllate dalla società di partecipazione finanziaria madre nell’UE394.

Nel primo documento di consultazione Banca d’Italia aveva previsto che le

disposizioni si applicassero anche alle componenti sub consolidanti del gruppo,

i.d. le banche italiane e le società finanziarie appartenenti a gruppi bancari,

diverse dalla capogruppo, che controllano società bancarie e finanziarie aventi

sede in uno Stato extracomunitario.

individuate; - accrescere il grado di omogeneità delle modalità di applicazione delle politiche commerciali, creditizie e di gestione delle risorse umane nell’ambito del Gruppo; - ridurre il numero e le duplicazioni di attività di natura gestionale, amministrativa e informatica; realizzare significativi risparmi di costi.” La fusione, inoltre, è stata autorizzata dalla Banca d’Italia con “provvedimento (…) ai sensi dell’art. 57 TUB”.Ovvero, ancora, alla fusione transfrontaliera per incorporazione di Monte Paschi Ireland Limited (di unico socio) in Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.: la società Monte Paschi Ireland era (ante fusione) una società per azioni costituita e disciplinata dalla legge irlandese con sede legale a Dublino, facente parte del Gruppo Bancario Monte dei Paschi di Siena e soggetta ad attività di direzione e coordinamento di BMPS, interamente posseduta da BPMS. 393Per “imprese di riferimento” si intendono <<la banca italiana o la capogruppo controllante direttamente da una società di partecipazione finanziaria madre nell’UE non sottoposta alla medesima vigilanza delle banche, quando questa società controlla anche una o più banche aventi sede in Stati comunitari diversi dal proprio e il totale del bilancio di ciascuna di queste banche è inferiore a quello della banca italiana o della capogruppo controllate>>.394BANCA D’ITALIA, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Titolo V, Cap. V, p. 7.

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Tuttavia, come sostenuto dall’ABI 395 , la detta previsione avrebbe generato

ulteriori oneri e limiti operativi soprattutto per le banche con maggiori

ramificazioni internazionali.

Allora, Banca d’Italia, ha emendato tale previsione nella versione definitiva della

disciplina.

Come visto, dubbi sono sorti circa l’applicabilità di tale disciplina ai gruppi: l’art.

67 tub, in materia di vigilanza regolamentare su base consolidata, non prevede che

banca d’Italia possa emanare nei confronti del gruppo bancario disposizioni in

materia di soggetti collegati, dal momento che nel testo della norma manca una

previsione analoga a quella dell’art. 53, 4 comma, tub, di cui si è parlato.

Queste perplessità, però, vanno superate se si considera che la disciplina dei

soggetti collegati può essere ricondotta nell’ambito di quella contenuta nell’art.

53, comma 1, lett. b) e d), la quale prevede il potere della Banca d’Italia, in

conformità delle deliberazioni Cicr, di emanare disposizioni di carattere generale

riguardanti il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni: il governo

societario, l’organizzazione amministrativa e contabile, nonché i controlli interni e

i sistemi di remunerazione e di incentivazione e, quindi, delle speculari previsioni

su base consolidata contenute nell’art. 67, comma1, lett. b) e d)396.

Già nel primo documento di consultazione, la Banca d’Italia ha previsto che per

l’applicazione a livello individuale, le singole banche appartenenti ad un gruppo

bancario facciano riferimento al medesimo perimetro di soggetti collegati

determinato dalla capogruppo per l’intero gruppo bancario.

Le critiche a questa disposizione si sono fatte subito sentire.

In particolare, l’ABI397 ha sostenuto che questa disposizione avrebbe aggravato la

disciplina, sia dal punto di vista dei limiti quantitativi, sia dal punto di vista delle

procedure deliberative, oltre a ripercuotersi sul patrimonio, senza che ciò fosse

compensato da particolari vantaggi. In più, si riteneva opportuno un migliore

395ABI, Position paper 2010, risposta al documento di consultazione della Banca d’Italia “Attività di rischio e conflitti di interesse delle banche e dei gruppi bancari nei confronti dei soggetti collegati”.396ALBAMONTE D. – BASSO R. – CAPONE D. – MARANGONI E., La vigilanza sulle banche, Parte quarta: i rapporti con le parti correlate, in Galanti E. (a cura di), Diritto delle banche e degli intermediari finanziari, Padova, 2008, p. 561.397ABI, Paper position 2010, op. cit., p. 7.

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allineamento alla normativa Consob opc, che si applica solo alle banche e non ai

gruppi398.

Infatti le banche quotate, facenti parte del gruppo, e soggette ad entrambe le

discipline avrebbero dovuto calcolare il perimetro di consolidamento in due

distinti modi, con un sicuro aggravio di costi e di tempo.

Inoltre, si riteneva che il rischio di eventuali triangolazioni399 fosse già risolto

dall’art. 136 tub che, è, altresì, corredato da una sanzione penale.

Banca d’Italia, però ha fatto presente che la scelta sia coerente con l’impostazione

prudenziale dell’intera disciplina e con la vigilanza sui gruppi400.

Inoltre, la Banca d’Italia ha ritenuto che l’art. 136 tub non fornisca una tutela

sufficiente contro i rischi di elusione, poiché si applica solo alle parti correlate che

siano esponenti aziendali e prevede solo condizioni procedurali e non limiti di

carattere quantitativo.

Per questi motivi l’Autorità bancaria ha stabilito che il perimetro dei soggetti

collegati vada calcolato, anche per la singola banca facente parte di un gruppo,

avendo riguardo all’intero gruppo bancario.

10. (Segue): I conflitti di interesse, le procedure e la loro (rischiosa?)

“disapplicazione”. Aggravi procedurali: opportunità di semplificazione?

Accanto a queste problematiche di tipo “quantitativo”, nelle banche, alcune

peculiarità – che si ripercuotono inevitabilmente su profili applicativi – si

riscontrano nella procedura.

Le procedure, di cui si è già accennato401, sono soggette, sin dal momento della

loro progettazione, ad un procedimento che garantisca la validità delle

deliberazioni assunte. In particolare, esse sono comunicate al pubblico “senza

indugio” mediante pubblicazione nel sito web della banca: pertanto, esse,

398 V. supra, Cap. I, par. 11.399 Questo si sarebbe verificato se, ad esempio, una banca del gruppo avesse finanziato una banca dello stesso gruppo.400Che si basa su un’aggregazione e gestione dei rischi a livello consolidato.401Capitolo I, par. 10.

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dovranno essere deliberate dall’organo con funzione di supervisione strategica402

e oggetto di un parere vincolante da parte degli amministratori indipendenti, o dei

consiglieri indipendenti presenti nel consiglio di sorveglianza nel modello

dualistico, e dell’organo di controllo.

Al fine di garantire l’oggettività e l’imparzialità delle decisioni con soggetti

collegati e la sana e prudente gestione bancaria, le procedure fanno sempre

riferimento, a differenza della Consob 403 , al ruolo degli amministratori

indipendenti404.

Particolare il ruolo degli amministratori indipendenti nelle operazioni di maggiore

rilevanza. Essi, a differenza, del ruolo degli amministratori indipendenti previsto

dalla Consob, vedono rafforzata la loro funzione.

In particolare, gli amministratori indipendenti nelle banche, dovranno essere

coinvolti non solo nella fase predeliberativa, ma anche in quella deliberativa e

istruttoria “almeno attraverso la ricezione di un flusso informativo e completo e

con la facoltà di richiedere informazioni e di formulare osservazioni agli organi

delegati ed ai soggetti incaricati della conduzione delle trattative e

dell’istruttoria”405.

Questa circostanza, in realtà, sebbene sia prevista per garantire una maggiore

trasparenza ed indipendenza dell’operazione, in realtà, rischia di comportare gli

stessi – se non maggiori406 - rischi di conflitto di interessi di cui si era detto a

proposito degli amministratori indipendenti di cui al regolamento Consob.

Sempre guardando ai profili della trasparenza e della informazione, nonostante la

procedura della Banca d’Italia si improntata su una continua comunicazione e

informazione agli organi aziendali, questa, tuttavia, è solo interna: infatti, a parte

402BANCA D’ITALIA, Comunicazione del 5 gennaio 2012, Applicazione delle disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche, in Bollettino di vigilanza, I, 2012.403Che prevede, in alternativa, la presenza di esperti indipendenti.404 La banca d’Italia rimarca come la nozione di “indipendenza” sia la stessa che le banche utilizzano ai fini delle disposizioni sulla governance.405In passato, la Banca d’Italia aveva previsto la partecipazione degli indipendenti nella fase deliberativa e istruttoria. Tuttavia, si è rilevato che questa disposizione avrebbe confuso il ruolo dell’amministratore indipendente con quello dell’amministratore esecutivo. Pertanto, al fine di allineare le disposizioni delle due discipline (Consob e Banca d’Italia), si è adottata la stessa formulazione prevista dalla Consob, anche se Banca d’Italia ha precisato che ciò non vieta agli amministratori indipendenti di assumere un ruolo più incisivo nella fase delle trattative.406 I “maggiori rischi” potrebbero derivare dalla partecipazione degli indipendenti alla fase deliberativa.

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la pubblicazione delle procedure nel sito internet della banca, non sono previste

appropriate misure di pubblicità per il pubblico, come la predisposizione di un

documento informativo nel caso di operazioni di maggiore rilevanza, anche se,

nella realtà pratica, molte Banche provvedono a pubblicarlo, per evidenti esigenze

di trasparenza407.

Questo si può spiegare alla luce delle diverse finalità delle due discipline di cui si

discute: quella della Banca è funzionale alla stabilità della Banca (alla sua “sana e

prudente gestione”), quella della Consob alla trasparenza ed alla adeguata

comunicazione al pubblico.

Tuttavia, ci si chiede, se l’attenuazione degli oneri procedurali, che si incontrano

anche in altri ambiti408, sia effettivamente una soluzione valida ovvero esponga

tali operazioni a dei rischi che proprio la disciplina bancaria, combinata con la

disciplina Consob, tendono ad evitare.

La soluzione, anche in questo caso, va valutata guardando al caso pratico, ma

senza dubbio maggiori cautele in operazioni di tal genere – anche se “di minore

rilevanza” – non guasterebbero.

Se per le operazioni di cui si è detto le procedure previste dalla Banca d’Italia

sono per così dire semplificate, per altre si arriva a prevedere una disciplina

rigorosa (forse eccessivamente), che – combinata con quella Consob – risulta

essere gravosa per le banche.

L’analisi della questione non può che prendere le mosse da un esempio di

operazione tra parti correlate: al riguardo, esemplificativo, è il caso della fusione

di Ubi banca più volte richiamato.

Tralasciando alcuni aspetti dell’operazione, si vogliono evidenziare alcuni

elementi che contribuiscono ad appesantire l’intera procedura, incidendo, anche,

sui costi.

407Come, ad esempio, ha fatto UBI Banca per la fusione per incorporazione di cui supra (nota 360).408Si pensi alle operazioni di minore rilevanza rientranti nell’ordinaria attività della banca ed effettuate a condizioni standard o di mercato: in tal caso le banche possono disapplicare le regole onerose stabilite dalle procedure deliberative purché tali operazioni siano adeguatamente monitorate ed il carattere ordinario sia adeguatamente comprovato dalla delibera, anche sulla base di criteri fissati dalla banca o dalla capogruppo.

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Questi profili si notano già dal documento informativo – che è quello che mette in

risalto i rischi dell’operazione e, di conseguenza, i “rimedi” per farvi fronte

ovvero per prevenirli.

In particolare, si è preso come esempio la fusione per incorporazione di Banca

Regionale Europea s.p.a., Banca Popolare Commercio e Industria s.p.a, Banca

Carime s.p.a., Banca Popolare di Ancona s.p.a, Banca Popolare di Bergamo s.p.a.,

Banco di Brescia s.p.a., Banca di Valle Camonica s.p.a. in UBI Banca s.p.a.

Con riferimento alla Banca Popolare di Ancona, Banco Popolare di Brescia,

Banca di Valle Camonica e Carime, l’operazione è stata esente dall’applicazione

del Regolamento Parti Correlate adottato da UBI Banca ai sensi del Regolamento

17221/2010, in quanto è stata realizzata tra UBI Banca e società da questa

controllate nelle quali non sussistevano interessi significativi di altre parti

correlate di UBI Banca409.

Riguardo, invece, a Banca Regionale Europea, e Banca Popolare Commercio ed

Industria, in considerazione dell’assetto azionario delle due banche, della natura

dei rapporti esistenti tra le Fondazioni e UBI Banca, la fusione, pur essendo

realizzata da UBI Banca con società controllate, non è stata considerata esente ai

sensi dell’art. 4, lettera g), del Regolamento Parti Correlate, in quanto, in una

prospettiva di rigorosa interpretazione, in termini sostanzialistici, della disciplina

in materia di operazioni con parti correlate, sono stati rinvenuti nell’operazione

interessi significativi di altri soggetti che – pur non essendo, sul piano formale,

parte correlate di UBI Banca – sono stati qualificati come tali e cioè le predette

Fondazioni.

Da questo assunto può desumersi la elasticità – se si vuole – della disciplina delle

opc nonché della garanzia che essa offre anche qualora le parti non siano

correlate, ma vi sia comunque un’esigenza di sicurezza dell’operazione.

Quanto alla natura, di maggiore o minore rilevanza, dell’operazione, in

considerazione del carattere strategico della Fusione e dell’operazione nel suo

complesso e della rilevanza della stessa, essa è stata unitariamente considerata dal

Consiglio di Gestione e dal Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca quale

“Operazione strategica di maggiore rilevanza di competenza assembleare”, con 409 Ai sensi dell’art. 4, lettera g) del Regolamento Parti Correlate e dell’art. 14, comma2, del Regolamento 17221/2010.

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143

conseguente applicazione della procedura descritta dagli artt. 14 e 16 del

Regolamento Parti Correlate e coinvolgimento del Comitato Parti Correlate di

UBI Banca.

Ai fini dell’analisi in oggetto altrettanto rilevanti sono i “presupposti per

l’applicazione della procedura prevista dal Regolamento Soggetti Collegati”. A tal

fine, si segnala che, ai sensi dell’art. 2.2 del Regolamento per la disciplina delle

operazioni con soggetti collegati del Gruppo UBI Banca adottato da UBI Banca

(“Regolamento Soggetti Collegati”), le società controllate da UBI Banca rientrano

tra i “soggetti collegati” a UBI Banca in quanto correlate a quest’ultima.

Ciò detto, il Regolamento Soggetti Collegati non trova tuttavia applicazione in

relazione all’incorporazione in UBI Banca di Carime, Banca Popolare di Ancona,

Banco Popolare di Brescia, e Banca di Valle Camonica, in quanto in nessuna di

tali Banche sussistono, ai sensi dell’art. 5.1, lettera c) del Regolamento Soggetti

Collegati, interessi significativi di altre parti correlate di UBI Banca.

Le fondazioni, invece, sono state ritenute soggetti collegati a UBI, in

considerazione delle partecipazioni detenute dalla Fondazione CRC e dalla

Fondazione Monte, rispettivamente, in Banca Regionale Europea e in Banca

Popolare Commercio ed industria nonché della capacità delle Fondazioni di

esercitare un’influenza notevole sulle stesse banche in virtù delle previsioni

contenute nei patti parasociali stipulati da ciascuna di esse con UBI Banca, ai

sensi delle quali le Fondazioni hanno il potere di nominare “uno o più componenti

dell’organo con funzione di supervisione strategica di UBI Banca o di altra

componente bancaria di un Intermediario Vigilato del Gruppo UBI”.

Detto ciò, continuando con l’analisi del documento informativo, e tralasciando, tra

le informazioni relative all’operazione (ad esempio, l’indicazione delle

motivazioni economiche e della convenienza dell’operazione, l’illustrazione degli

effetti economici, patrimoniali e finanziari dell’operazione), è risultata

interessante l’analisi dell’iter di approvazione della fusione.

Nella fase dell’istruttoria dell’operazione, il Consiglio di Gestione ha coinvolto il

Comitato Parti Correlate, attraverso un flusso informativo completo e tempestivo.

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144

Il Comitato Parti Correlate ha ritenuto di avvalersi del supporto di un advisor

finanziario indipendente, che è stato individuato dal Comitato Parti Correlate

nell’ambito di una short list approvata dal Comitato Parti Correlate.

A tal fine il Comitato Parti Correlate ha proceduto a: (i) intervistare i

rappresentanti delle società incluse nella short list; (ii) negoziare i contenuti

economici dell’incarico secondo i termini e condizioni in linea con la prassi di

mercato per operazioni analoghe; e (iii) verificare la sussistenza dei necessari

requisiti di indipendenza e non correlazione.

Ad esito di tali attività, il Comitato Parti Correlate ha selezionato quale advisor

Citigroup, la quale ha rilasciato una dichiarazione attestante la propria

indipendenza e l’assenza di conflitti di interesse con il gruppo UBI Banca.

Quanto all’attività svolta dal Comitato Parti Correlate, esaminati tutti i documenti

del caso, quest’ultimo ha espresso parere favorevole all’operazione.

Successivamente al parere favorevole del Comitato l’operazione è stata approvata

dal Consiglio di Amministrazione e del Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca:

a seguito di tale approvazione UBI Banca ha presentato a Banca d’Italia, ai sensi

degli artt. 56 e 57 del TUB, la apposita istanza di autorizzazione alla fusione e alle

modifiche statutarie previste dal progetto di fusione.

Inoltre, a valle del provvedimento autorizzativo di Banca d’Italia, i competenti

organi consiliari delle società partecipanti alla fusione hanno reso atto che il

progetto di fusione era stato approvato dall’Organo di Vigilanza, divenendo,

pertanto, iscrivibile presso i competenti registri delle imprese ai sensi del

combinato disposto dell’art. 2501-ter c.c. e dell’art. 57 del TUB.

Dai passaggi fondamentali dell’operazione, sfociata, poi, nell’atto di fusione, si

evince l’importanza del documento informativo (al quale sono anche allegati: il

parere del Comitato Parti Correlate, la Fairness opinion di Citigroup e la relazione

sulla congruità dei rapporti di cambio), che, congiuntamente al parere degli

Indipendenti, all’autorizzazione della Banca d’Italia, etc. rende il procedimento

preassembleare molto più complesso ed articolato rispetto ad un’operazione

straordinaria tra “parti non correlate”: ma ciò si giustifica, come detto, alla luce

della rischiosità dell’operazione ed alla delicatezza degli interessi in gioco.

La breve disamina che ha preceduto, fa riflettere, su alcuni aspetti.

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145

E’ vero che una procedura così complessa ed articolata, mette al riparo da conflitti

di interesse o rischi di cui si è detto, ma anche vero è che essa rischia di produrre

conseguenze negative: imporre un lavoro imponente agli uffici societari, significa

trasformare un iter formalistico in un processo deliberativo410, che, se fosse meno

articolato, realizzerebbe un sistema di meditata valutazione e di ponderata

decisione certamente utile per una buona corporate governance.

Così come anche l’eccesso di informazione produce disinformazione, così

l’eccessiva estensione dell’ambito di applicazione delle procedure per operazioni

critiche rischia di svilire un istituto che dovrebbe invece fungere da efficace

presidio nei confronti di un problema cruciale e immanente nella realtà societaria

e nei mercati finanziari e cioè il conflitto di interessi411 .

410P. MONTALENTI, Le operazioni con parti correlate tra efficienza gestionale nei gruppi e rischi di conflitti di interessi: quale disciplina?, La crisi finanziaria: banche, regolatori, sanzioni, Atti del Convegno di Courmayeur, 25-26 settembre, 2009, p. 29.411P. MONTALENTI, op. ult. Cit., p. 29, in cui, con riferimento alle opc delle società, precisa che “Pare potersi ribadire la proposta a suo tempo formulata, sintetizzabile nella previsione di un sistema fondato sul parere obbligatorio ma non vincolante degli amministratori indipendenti per le operazioni rilevanti con parti correlate con obbligo di analitica e puntuale motivazione della deliberazione in caso di parere negativo, nonché su appropriati obblighi di informazione, differenziati per le operazioni rilevanti e per le operazioni di rilievo minore. In conclusione: uno sforzo di semplificazione sarebbe assai opportuno.

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CONCLUSIONI

Dall’analisi della disciplina opc, sin dalle sue origini fino alla sua applicazione

possono certamente trarsi delle conclusioni.

Come visto, le problematiche relative alle operazioni con parti correlate che

abbracciano vari profili, nascono non solo dall’articolata disciplina dettata dal

Regolamento Consob (e, per le banche, anche dalla Banca d’Italia), ma anche dal

coordinamento di quest’ultima con la disciplina del Codice Civile.

Dopo la disamina e la comparazione delle discipline suddette si può affermare che

certamente la loro applicazione comporta degli aggravi 412 , soprattutto di tipo

procedimentale.

Ma è anche vero che essa è preposta a fornire un’adeguata e sufficiente tutela.

Infatti, gli aggravi sono preposti a garantire un maggior controllo ed una più

intensa ed adeguata informazione non solo all’interno della società ma anche

all’esterno.

Tuttavia, altre volte, la stessa disciplina risulta incompleta: questo è il caso del

sistema sanzionatorio relativo alla violazione delle procedure regolamentari sulle

opc.

Ma non è tutto.

In operazioni di tal genere – quali la fusione, la scissione ovvero l’aumento di

capitale con esclusione del diritto di opzione – in cui la posizione del socio di

minoranza è messa in pericolo dai comportamenti abusivi e non corretti della

maggioranza, gli strumenti di tutela preposti dalle discipline, coniugandosi, danno

vita ad una grande àncora di salvezza sia per i soci di minoranza, sia per l’intero

mercato.

412P. MONTALENTI, op. ult. cit., p. 29, in cui si propone una semplificazione delle procedure.

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INDICE DELLA GIURISPRUDENZA

Corte di Cassazione, 28 giungo 1980 n. 4089, in Banca borsa e titoli di credito, 1982, II.

Corte di Cassazione, 4 maggio 1994 n. 4323.

Corte di Cassazione, 26 ottobre 1995, n. 111151.

Corte di Cassazione S.U. ordinanza, 8 febbraio 2006, in Rivista del Notariato, 2006.

Corte di Cassazione, 22 marzo 2010 n. 6845, in Red. Giust. Civ. Mass, 3, 2010.

Corte d’Appello di Bologna, 9 maggio 2014.

Tribunale di Reggio Emilia, 27 aprile 1994.

Tribunale di Milano, 7 febbraio 2006.

Tribunale di Milano, 18 dicembre 2008, disponibile su www.penalecontemporaneo.it.

Tribunale di Padova, 14 aprile 2011.

Tribunale di Parma 11 novembre 2011.

Tribunale di Parma 28 marzo 2013.

INDICE DEI DOCUMENTI

ASSONIME, Circolare n. 38 del 6 dicembre 2010, La disciplina della Consob in materia di operazioni con parti correlate, disponibile sul sito www.assonime.it.

BANCA D’ITALIA, Documento di consultazione, Disciplina delle attività di rischio verso soggetti collegati ai sensi dell’art. 53, commi 4, 4 ter e 4 quater del testo unico bancario, agosto 2007, disponibile sul sito www.bancaditalia.it.

Page 160: LA PROCEDURA “OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE” NELLA … · 2018-01-24 · 7. Il conflitto di interesse e l’abuso del voto: cenni. 8. (Segue): L’aumento del capitale con esclusione

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BANCA D’ITALIA, Documento per la consultazione. Attività di rischio e conflitti di interesse delle banche e dei gruppi bancari nei confronti dei soggetti collegati, maggio 2010, ibidem.

BANCA D’ITALIA, Disciplina delle attività di rischio delle banche e dei gruppi bancari nei confronti dei soggetti collegati: relazione integrativa sull’analisi di impatto, Dicembre, 2011, ibidem.

BORSA ITALIANA, Codice di Autodisciplina 1999.

BORSA ITALIANA, Codice di Autodisciplina 2002.

BORSA ITALIANA, Codice di Autodisciplina 2006.

CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima n. 25, disponibile sul sito www.consiglionotarilemilano.it

CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima n. 30, disponibile sul sito www.consiglionotarilemilano.it.

CONSIGLIO TRIVENETO DEI NOTAI, Massima L.A.6, disponibile sul sito notaitriveneto.it

CONSOB, Comunicazione n. DAC/98015375 del 27 febbraio 1998, disponibile sul sito www.consob.it.

CONSOB, Comunicazione n. 98015554 del 2 marzo 1998, ibidem.

CONSOB, Comunicazione n. 1025564 del 6 aprile 2001, ibidem.

CONSOB, Comunicazione n. 60642293 del 28 luglio 2006, ibidem.

CONSOB, Documento di consultazione, Principi contabili internazionali: rendicontazioni periodiche, prospetti di sollecitazione/quotazione, definizione della nozione di parti correlate, 17 febbraio 2005, ibidem.

CONSOB, Disciplina regolamentare di attuazione dell’art. 2391-bis del codice civile in materia di operazioni con parti correlate, 9 aprile 2008, ibidem.

CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, ibidem.

CONSOB, Comunicazione n. DEM/10094530 del 15 novembre 2010, ibidem.

CONSOB, Regolamento n. 17221 del 12 marzo 2010 recante disposizioni in materia di parti correlate.

CONSOB, Comunicazione n. DEM/10046789 del 20 maggio 2010, ibidem.