La prima rivoluzione industriale e gli aspetti...

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storia & ambiente

La Prima

Rivoluzione Industriale

(1700)

Aspetti ambientali correlati allo sviluppo industriale

Brevi notizie a cura di Lanfranco Corradini

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Autore: Lanfranco Corradini

Ricerca impaginazione e grafica: Lanfranco Corradini

©2014 LC12 Edizioni

Tutti i diritti riservati

Riproduzione autorizzata per scopi senza fini di lucro citando la fonte (Se possibile inviare breve comunicazione a [email protected])

Prima edizione: aprile 2014

Disponibile online all’indirizzo: www.lanfrasblog.altervista.org

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Indice

La prima Rivoluzione Industriale ............................................. 7

Le Cause ......................................................................... 8

Nascita dell’Agricoltura Intensiva ........................................... 9

Le Macchine a Vapore ......................................................... 10

L’impiego del Carbone ........................................................ 11

Problematiche del Carbone ............................................. 12

Effetti sulla Popolazione ................................................ 13

Effetti sugli ecosistemi .................................................. 14

Analisi della concentrazione di Anidride Carbonica ....................... 18

Bibliografia e referenze iconografiche ...................................... 19

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La prima Rivoluzione Industriale

La prima Rivoluzione industriale si sviluppo ufficialmente in Inghilterra

nella seconda metà del ‘700 e si diffuse successivamente nei paesi

Europei e negli Stati Uniti d’America.

Rappresentò la fase iniziale dello sviluppo industriale basata

sull’impiego di macchinari che effettuavano un lavoro senza l’impiego

di energia muscolare.

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Le Cause

Diverse sono le cause che portarono a questo fenomeno, tra le più

interessanti vi sono quelle che interessarono l’agricoltura.

Anche a seguito dell’aumento demografico si rese necessario un

aumento della produzione agricola con una conseguente estensione

delle superfici coltivate come la chiusura dei «campi aperti» e riduzione

della copertura forestale.

Fattoria modello inglese del '700 con sviluppo

di sistema irriguo.

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Nascita dell’Agricoltura Intensiva

Sempre nell’ottica dell’aumento delle produzioni agricole si misero a

punto migliori rotazioni colturali con l’impiego di leguminose che

miglioravano la disponibilità di azoto nel suolo e una razionalizzazione

dei terreni e delle attività di allevamento.

Si svilupparono, inoltre, nuovi attrezzi agricoli come aratri, seminatrici,

strumenti di raccolta, che permisero l’effettuazione di lavorazioni più

efficienti.

Vennero coltivate le nuove specie vegetali provenienti prevalentemente

dalle colonie che comportarono varietà nei prodotti alimentari.

Si può quindi affermare che nasceva la prima forma di agricoltura

intensiva alla base ancora dell’agricoltura moderna

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Le Macchine a Vapore

Le richieste della “nuova” agricoltura e di un artigianato sempre più

specializzato portò la ricerca e l’innovazione tecnologia a sviluppare

macchine che potessero venire in ausilio in certe operazioni.

Dopo diverse sperimentazioni nel 1765 James Watt mise a punto e

brevettò una macchina a vapore che in breve tempo si diffuse.

Convenzionalmente si fa iniziare da questo punto la Prima Rivoluzione

Industriale.

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L’impiego del Carbone

Dopo un primo momento in cui come combustibile veniva usata la legna proveniente dalle foreste, ben presto si passo all’uso del carbone fossile estratto dalle miniere per far funzionare le macchine a vapore ormai diffuse nelle nascenti industrie.

Il Regno Unito, infatti, era il

principale produttore di carbone

dell’epoca grazie alle ampie

riserve che disponeva.

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Problematiche del Carbone

La combustione del carbone minerale comporta il rilascio di elevate

quantità di particolato più o meno fine che si disperde in atmosfera

attraverso i fumi.

Bruciando carbone, inoltre, si liberano sostanze chimiche presenti nel

minerale che combinate con l’ossigeno creano inquinanti dagli effetti

visibili sia sulla popolazione che sull’ambiente. In particolare vengono

rilasciati anidride solforosa (SO2) e ossidi di azoto (NOx)

Queste molecole, disciolte nelle acque meteoriche, provocano i

fenomeni di acidificazione delle piogge.

SO2

NO

NO2

N2O N2O3

N2O5

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Effetti sulla Popolazione

Nelle città, ormai densamente abitate, si iniziarono ad osservare un

aumento della frequenza delle patologie respiratorie che non si

verificava negli abitanti delle campagne.

Questi sintomi non vennero, però, correlati all’aumento di

concentrazione dei fumi prodotti dall’attività industriale ma a problemi

di igiene pubblica.

Va ricordato che a quell’epoca la medicina era ancora poco sviluppata e

non poteva avvalersi di tecniche diagnostiche accurate.

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Effetti sugli Ecosistemi

L’elevata componente di

particolato scuro che

rimaneva sospeso in

atmosfera ha avuto effetti

anche sulle biocenosi.

Famoso, e molto indicativo, è

il caso della Biston betularia

una farfalla che è solita

mimetizzarsi sul tronco chiaro

delle betulle.

Della Biston betularia esistono diverse forme naturalmente presenti

dovute probabilmente a mutamenti nei processi evolutivi.

In particolare è presente la forma

chiara definita “normale” e la

forma scura detta “melanica”.

In condizioni normali prevale la

forma chiara a causa del

vantaggio evolutivo costituito dal

mimetismo sulle superfici chiare.

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A causa delle deposizioni scure sui tronchi degli alberi quello che era un

vantaggio diventa una condizione sfavorevole, viceversa va a favore

della forma melanica che, infatti,

aumenterà la sua presenza

nella popolazione

generale di Biston

betularia.

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Ancora oggi l’analisi dei rapporti delle due forme di Biston betularia

viene utilizzato come bioindicatore della qualità dell’aria per quanto

riguarda l’aspetto della deposizioni di particolato atmosferico.

In seguito alla riduzione dell’impiego del carbone per la produzione di

energia e grazie ad aumento della sensibilità ambientale negli ultimi

decenni si ha avuto un aumento della componente “normale” della

farfalla sintomo, quindi, di una riduzione del particolato presente in

atmosfera.

Si riporta un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera il 5 settembre

1999 che si occupa delle recenti analisi effettuate sull’aria in base ad un

preventivo monitoraggio delle popolazioni di Biston betularia.

CORRIERE SCIENZA. LO RIVELA UNO STUDIO SULLA "BISTON BETULARIA" RIDIVENTATA BIANCA

L' aria e' tornata ad essere piu' pulita e la farfalla ha cambiato il colore Lo rivela uno studio sulla "Biston betularia" ridiventata bianca L' aria e' tornata ad essere

piu' pulita e la farfalla ha cambiato il colore La qualita' dell' aria che respiriamo sarebbe, nel

corso di questo secolo, progressivamente migliorata. Sembra questa la logica conclusione

dello studio condotto da L.M. Cook, R.L.H. Dennis e G.S. Mani, dell' universita' di

Manchester, in Inghilterra, sulle popolazioni locali di una farfalla della specie Biston

betularia. La varieta' piu' chiara di questo lepidottero, utilizzato in molti testi scientifici per

illustrare l' azione della selezione naturale nell' adattamento degli organismi all' ambiente,

sta infatti ripopolando ampie zone dell' Inghilterra dopo essersi quasi estinta a seguito dei

processi di urbanizzazione e industrializzazione del secolo scorso. Nel 1848, anno a cui si

riferiscono i primi censimenti, le popolazioni di questo insetto notturno erano composte

perlopiu' da individui con le ali bianche chiazzate di nero, disegno che conferisce all'

animale la massima capacita' mimetica quando, durante il giorno, esso riposa sui tronchi

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degli alberi. Accanto al tipo dominante vi erano due varianti, una un po' piu' scura chiamata

"insularia", e una decisamente scura e percio' detta "carbonaria". Quest' ultima era, almeno

all' epoca, svantaggiata dal proprio colore che la rendeva facile bersaglio dei predatori,

soprattutto uccelli, e faceva si' che la sua frequenza non raggiungesse neppure il 10 per

cento. Ma, sul finire del secolo scorso, la rivoluzione industriale aveva ormai mutato

drasticamente l' habitat atmosferico della betularia. I fumi industriali e le polveri di carbone

avevano steso una cupa coltre di fuliggine su ampie aree del Regno Unito, in particolare a

Nord - ovest dell' Inghilterra e nel Galles, dove una piu' intensa attivita' di estrazione del

carbone, il principale combustibile, aveva prodotto un rapido processo di urbanizzazione.

Diventato ormai difficile distinguere tra un albero e un muro, entrambi sinistramente scuri,

la betularia si esponeva all' attacco dei predatori in modo anomalo e, come e' ovvio, in quel

cupo mondo la carbonaria aveva le maggiori potenzialita' mimetiche. Agli inizi del

ventesimo secolo il tipo scuro, piu' resistente anche agli effetti del biossido di zolfo che

rendeva acida la pioggia, superava il 90 per cento di frequenza, mentre la percentuale delle

altre due varianti restava immutata solo nelle aree rurali del Paese. Il fenomeno, noto come

melanismo industriale, sembra ora in fase di reversione. Ce lo conferma questo studio che

unisce ai dati raccolti di recente nell' area attorno a Manchester, una delle piu' interessate

alle conseguenze dell' inquinamento industriale, l' analisi di oltre trent' anni di rilevamenti

compiuti in tutta l' Inghilterra. Il risultato e' indicativo dei mutamenti che, a partire dalla

meta' di questo secolo, sono avvenuti in tutti i Paesi industrializzati. La sostituzione radicale

del carbone con il petrolio e i suoi derivati, e l' introduzione di nuove tecnologie industriali

hanno sicuramente prodotto molti cambiamenti nella qualita' dell' aria che respiriamo. In

quale direzione non e' pero' detto. La betularia, infatti, sui moderni inquinanti non sa dirci

nulla.

Della Volpe Anna

Pagina 27 (5 settembre 1999) - Corriere della Sera

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Analisi della concentrazione di Anidride Carbonica

Oltre agli effetti diretti sulla popolazione e sugli ecosistemi è

interessante analizzare l’effetto che, dalla rivoluzione industriale in poi,

si è avuto sulla variazione di concentrazione dell’anidride carbonica

nell’atmosfera.

Tale studio si è avvalso di misurazioni indirette grazie all’analisi

dell’aria intrappolata tra i cristalli di ghiaccio artico estratto attraverso

apposite campagne di carotatura.

Il risultato è ben visibile dal precedente grafico in cui è possibile

osservare come da poco prima del 1800 la concentrazione di CO2 inizi ad

aumentare in modo significativo da 280 ppm fino a raggiungere i 370

ppm dei giorni attuali.

È quindi accertato che lo sviluppo industriale abbia contribuito a

modificare la composizione della nostra atmosfera e possa, quindi, aver

dato un forte contributo ai fenomeni di riscaldamento globale che già

oggi possiamo osservare.

1760

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Bibliografia e referenze fotografiche

• Vittoria Calvani, 2000. Quadri di civiltà. Arnoldo Mondadori Scuola

• Wikipedia (consultazione febbraio 2014) [online] http://it.wikipedia.org/wiki/Biston_betularia

• Corriere della Sera, 1999, [online] http://archiviostorico.corriere.it/1999/settembre/05/aria_tornata_essere_piu_pulita_co_0_9909056306.shtml

• Curtis Barnes Schnek Flores Valitutti Tifi Gentile Invito alla biologia blu. Zanichelli ed. [online] http://ebook.scuola.zanichelli.it/curtisinvitoblu/dagli-organismi-alle-cellule/origine-della-vita-e-teorie-evolutive/esistono-diverse-prove-a-favore-dell-ipotesi-evolutiva/l-inquinamento-industriale-ha-selezionato-il-colore-della-falena-em-biston-betularia-em#492

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