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La Prima guerra La Prima guerra mondiale mondiale

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«[…] l’Occidente, nel 1914, se si trovava sull’orlo della guerra, si trovava anche sull’orlo del socialismo. Questo era sul punto di prendere il potere, di edificare un’Europa altrettanto forte e forse più moderna di quella attuale. In pochi giorni, in poche ore, la guerra fece crollare ogni speranza.»[Fernand Braudel, Il mondo attuale (1963), Einaudi, Torino, 1966, vol. II, p. 453.]

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1. Il SISTEMA DELLE ALLEANZE

1882. Germania, Austria-Ungheria e Italia sottoscrivono la Triplice Alleanza

1907. Inghilterra, Francia e Russia costituiscono la Triplice Intesa

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2. LE CAUSE DEL CONFLITTO

CAUSA “OCCASIONALE” 28 giugno 1914. A Sarajevo, in un attentato terroristico, l’erede al

trono d’Austria, l’arciduca Francesco Ferdinando, e sua moglie vengono uccisi.

23 luglio. L’Austria invia un durissimo ultimatum alla Serbia. La Russia assicura il suo sostegno alla Serbia. 28 luglio. L’Austria, ritenendo insufficiente la risposta serba, dichiara

guerra allo stato balcanico. 29 luglio. Il governo russo reagisce ordinando la mobilitazione

generale delle forze armate. 31 luglio. La Germania, sentendosi minacciata dalla mobilitazione

russa, invia un ultimatum alla Russia. Non avendo ricevuto risposta, dichiara la guerra.

1 agosto. La Francia, alleata della Russia, mobilità le proprie forze armate.

3 agosto. Dopo un ulteriore ultimatum, La Germania dichiara guerra alla Francia.

5 agosto. In seguito all’invasione tedesca del neutrale Belgio, L’Inghilterra dichiara guerra alla Germania.

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CAUSE ECONOMICHE

Conquista di nuovi mercati

Necessità di fonti energetiche e di materie prime

Difesa della propria posizione economica, in un mercato sempre più concorrenziale

Nell’interpretazione marxista, la guerra rappresenta per la classi sociali dominanti la soluzione alle crisi da sovrapproduzione

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CAUSE POLITICHE

Contrasti tra Germania e Francia per l’Alsazia e la Lorena

Tensione tra Austria e Russia per l’egemonia sui Balcani

Esistenza di conflitti etnici e di rivendicazioni nazionali all’interno di alcune nazioni europee, in particolare nell’Impero austro-ungarico

Nazionalismo accentuato (Il futurista italiano Filippo Tommaso Marinetti nel “glorificare la guerra […] , il militarismo, il patriottismo” affermerà che essa è la “sola igiene del mondo”)

Corsa agli armamenti, intrapresa dalle principali potenze continentali

La Grande guerra inizia come una classica guerra interstatuale per l’egemonia continentale. (Si concluderà, però, in un contesto di guerra civile.)

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3. L’INIZIO DELLA «GUERRA CIVILE EUROPEA»? UN’INTERPRETAZIONE DELLA PRIMA METÀ DEL SECOLO

Ernst Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo. La Guerra civile europea, 1917-1945 (1987).

Luciano Canfora, La democrazia. Storia di un’ideologia, Laterza, Roma-Bari, 2004.

Luciano Canfora, 1914, Sellerio, Palermo, 2006.

Enzo Traverso, A ferro e fuoco. La guerra civile europea 1914-1945, Il Mulino, Bologna, 2007.

Nella storia europea analogie con:

la guerra dei Trent’anni (1618 – 1648)

la Rivoluzione francese e l’Impero napoleonico (1789 – 1815)

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4. LA STRATEGIA MILITARE TEDESCA E LE PRIME FASI DEL CONFLITTO

Nell’estate del 1914 la situazione precipita in un conflitto su scala continentale per iniziativa della Germania.

Il piano militare elaborato, ai primi del Novecento, dal capo di stato maggiore Alfred von Schlieffen prevedeva:

In un primo tempo, un massiccio intervento, sul fronte occidentale contro la Francia, che doveva occupata e sconfitta in pochi mesi o in poche settimane. Per ottenere questo risultato, era necessario occupare militarmente il neutrale Belgio.

In un secondo tempo, il grosso dell’esercito si sarebbe concentrato sul fronte orientale, contro la potente macchina militare russa.

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IL FRONTE OCCIDENTALE Il 4 agosto i primi contingenti militari tedeschi invadono il Belgio per

attaccare la Francia da Nord-est e raggiungere rapidamente Parigi. Il 5 agosto la Gran Bretagna, tradizionalmente restia ad intervenire

militarmente nel continente europeo, dichiara guerra alla Germania.

Nelle prime fasi del conflitto i tedeschi ottengono una serie di clamorosi successi militari. Nelle ultime due settimane di agosto le truppe tedesche costringono

l’esercito francese ad una precipitosa ritirata. Ai primi di settembre si attestano lungo la Marna, a poche decine di

chilometri da Parigi.

L’esercito francese, comandato dal generale Joffe, si riorganizza al di là della Marna. Il 6 settembre i francesi sferrano un improvviso attacco che coglie di

sorpresa i tedeschi, costretti a ripiegare in corrispondenza dei fiumi Aisne e Somme.

Il piano tedesco può considerarsi fallito. Alla fine di novembre, i due eserciti si contrappongono lungo un

fronte di 750 km. che si estende dal mare del Nord alla Svizzera.

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IL FRONTE ORIENTALE

Fra agosto e settembre, le truppe tedesche comandate dal generale Hindenburg sconfiggono i russi nelle grandi battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri, impedendo all’esercito russo di penetrare in Prussia orientale.

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5. L’ALLARGAMENTO DEL CONFLITTO

Il conflitto, inizialmente europeo, si allarga fino a raggiungere dimensioni mondiali.

A fianco del blocco dell’Intesa, si schierano:

Giappone (agosto 1914)

Italia (maggio 1915)

Portogallo (marzo 1916)

Romania (agosto 1916)

Stati Uniti (aprile 1917), seguiti da Cina, Brasile e altri paesi latino-americani

Grecia (giugno 1917)

A fianco degli Imperi Centrali, si schierano:

Turchia (novembre 1914)

Bulgaria (settembre 1915)

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6. L’INTERVENTO DELL’ITALIA: “NEUTRALISTI” E “INTERVENTISTI”

L’Italia entra in guerra nel maggio del 1915, dieci mesi dopo l’inizio del conflitto. Sono mesi caratterizzati dalla divisione in blocchi contrapposti della classe politica e dell’opinione pubblica.

Il 2 agosto 1914, il governo presieduto da Antonio Salandra aveva dichiarato la neutralità dell’Italia.

Nei mesi successivi, tuttavia si apre un intenso dibattito politico sull’opportunità di un intervento a fianco dell’Intesa. Ciò avrebbe permesso:

di portare a termine il progetto risorgimentale, riunendo alla patria le “terre irredente” di Trento e Trieste;

di aiutare le nazionalità oppresse e la causa della democrazia, minacciate da un’eventuale vittoria dei due imperi autoritari dell’Europa centrale.

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GLI INTERVENTISTI

a. L’interventismo di sinistra

Gruppi e partiti della sinistra democratica: i repubblicani, custodi della tradizione garibaldina; i radicali e i social-riformisti di Bissolati, fortemente legati alla Francia; le associazioni irredentistiche (tra cui Cesare Battisti e altri fuoriusciti dall’Impero austro-ungarico).

Alcuni esponenti delle frange più estreme del movimento operaio, fra cui i leader del sindacalismo rivoluzionario Alceste de Ambris e Filippo Corridoni, secondo i quali la guerra tra gli stati si sarebbe rapidamente trasformata in una “guerra rivoluzionaria”.

b. I nazionalisti

A destra della schieramento politico, attivi fautori della guerra sono i nazionalisti. Inizialmente favorevoli agli Imperi Centrali, passano poi rapidamente al fronte antiaustriaco.

Secondo i nazionalisti, con la guerra, l’Italia avrebbe potuto affermare la propria vocazione di grande potenza imperialista.

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c. I conservatori Anche se con toni meno accesi, anche i gruppi liberal-conservatori

sono favorevoli alla guerra. Tra essi troviamo: il direttore del “Corriere della Sera”, Luigi Albertini il presidente del Consiglio, Antonio Salandra il ministro degli Esteri, Sidney Sonnino

Secondo questi influenti esponenti del blocco conservatore, il mancato intervento avrebbe compromesso la posizione internazionale dell’Italia e il prestigio stesso della monarchia; al contrario, una guerra vittoriosa avrebbe rafforzato le istituzioni e dato maggiore solidità al governo.

d. L’interventismo giovanile ed intellettuale In maggioranza interventisti sono anche gli studenti, gli insegnanti, i

professionisti, cioè la piccola e media borghesia sensibile ai valori e alla propaganda patriottica.

Se si escludono alcune eccezioni, tra cui quella del filosofo Benedetto Croce, interventisti sono anche gli intellettuali di maggior prestigio: Giovanni Gentile, Giuseppe Prezzolini, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini, Gabriele D’Annunzio.

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I NEUTRALISTI

a. Il neutralismo giolittiano

La componente più consistente dello schieramento liberale, guidata da Giovanni Giolitti, era contraria all’intervento militare

Giolitti aveva infatti intuito che la guerra sarebbe stata lunga e logorante ed era inoltre persuaso che il Paese non fosse pronto ad affrontarla.

Inoltre, era convinto che l’Italia avrebbe potuto ottenere dagli Imperi Centrali, in cambio della neutralità, la gran parte delle “terre irredente” rivendicate dall’Italia.

b. Il pacifismo cattolico

Contrari alla guerra sono anche i cattolici e lo stesso pontefice, Benedetto XV, che in seguito, nel 1917, definirà il conflitto in atto “l’inutile strage”. Il pacifismo del papa da un lato interpretava sentimenti di opposizione al conflitto largamente diffusi tra le masse cattoliche; dall’altro rispecchiava la preoccupazione per una guerra che l’Italia avrebbe dovuto combattere a fianco della Francia repubblicana e anticlericale contro la cattolica Austria-Ungheria.

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c. Il neutralismo socialista

Decisamente avversa alla guerra fu la posizione assunta dal Partito socialista italiano e dalla Confederazione generale del lavoro, rimasti fedeli alla tradizione pacifista e internazionalista del movimento operaio e socialista, proprio quando altri importanti partiti socialisti d’Europa si schieravano “patriotticamente” con i rispettivi governi. Anche in questo caso, la classe dirigente del partito socialista interpreta l’istintivo pacifismo delle masse operaie e contadine italiane.

Inizialmente favorevole alla “neutralità assoluta”, il direttore de “L’Avanti”, Benito Mussolini, si schiera improvvisamente a favore dell’intervento, convinto che la guerra tra gli stati avrebbe generato la rivoluzione socialista. Destituito dall’incarico ed espulso dal partito, Mussolini fonda, nel novembre del 1914, “Il Popolo d’Italia”, quotidiano che diventa la principale tribuna dell’interventismo di sinistra.

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7. I RAPPORTI DI FORZA E IL PATTO DI LONDRA

I neutralisti hanno la maggioranza sia in Parlamento che nella società. Sono però un fronte composito, incapace di trasformarsi in un’alleanza politica.

Unito dall’obiettivo della guerra contro l’Austria e dall’avversione alla “dittatura” giolittiana, il fronte interventista manifesta un’inaspettata capacità di mobilitazione. Grazie anche al ruolo giocato da molti intellettuali, si rivela capace di orientare le masse a favore del conflitto.

Favorevoli alla guerra sono inoltre il re, Vittorio Emanuele III, il capo del Governo, Antonio Salandra, e il ministro degli Esteri, Sidney Sonnino.

Senza aver informato il Parlamento, il 26 aprile 1915 Salandra e Sonnino, con l’avallo del sovrano, sottoscrivono segretamente il Patto di Londra, con Francia, Inghilterra e Russia.

Le clausole del patto prevedono, in caso di vittoria dell’Intesa, che l’Italia ottenga il Trentino, il Sud Tirolo fino al Brennero, la Venezia Giulia, l’Istria (ad eccezione della città di Fiume), una parte della Dalmazia con numerose isole adriatiche.

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In seguito alle manifestazioni di piazza favorevoli al conflitto (le “radiose giornate” secondo la retorica interventista) e nonostante una iniziale resistenza del Parlamento, la Camera, il 20 maggio 1915, approva la concessione dei pieni poteri al governo. Contrari sono solo i socialisti, che da quel momento si tengono fedeli al motto “né aderire né sabotare”.

La sera del 23 maggio viene consegnata la dichiarazione di guerra all’Austria; il 24 maggio iniziano le operazioni belliche.

Con l’inizio del conflitto, la crisi del giolittismo e dello stato liberale è definitiva e irreversibile. La nuova società di massa, orientata da valori estranei alla tradizione liberale, anche del dopoguerra, si orienterà verso nuovi metodi di lotta politica, violenti e autoritari.

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8. LA GUERRA DI TRINCEA

Le condizioni di vita nelle trincee sono durissime: condizioni igieniche deplorevoli, stress psicologico (“fobia di trincea”, nelle parole di E. M. Remarque), attese snervanti, senso di totale precarietà, costante paura della morte, esposizione costante al fuoco dell’artiglieria, assalti alle linee nemiche, ferrea disciplina militare, decimazioni ordinate dagli alti comandi.

Renitenza alla leva, diserzione, autolesionismo, ribellione collettiva

Alcune testimonianze letterarie:

Giuseppe Ungaretti, Il porto sepolto (1916); Allegria di naufragi (1919)

Emilio Lussu, Un anno sull’Altipiano (1938)

Erich Maria Remarque, Niente di nuovo di fronte occidentale (1929)

Ernst Jünger, Tempeste d’acciaio (1920)

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9. LA NUOVA TECNOLOGIA MILITARE

Impiego di armi chimiche letali, i gas asfissianti

Le comunicazioni tra le retrovie e la linea del fronte, tra i diversi reparti presenti in trincea e la stessa catena degli ordini dagli ufficiali superiori agli ufficiali inferiori erano garantiti dai nuovi mezzi di telecomunicazione: radio e telefono

Impiego di mezzi motorizzati che trasportavano soldati, armi, vettovagliamento falle retrovie al fronte.

Aereo impiegato per la ricognizione e per la “caccia”

Autoblindo e carro armato

Sottomarino. Importante fu la guerra sottomarina indiscriminata condotta dalle marina militare tedesca contro navi da guerra e quelle mercantili anche di paesi neutrali. Nel maggio del 1915 un sottomarino tedesco affondò il transatlantico inglese Lusitania (con 140 cittadini americani a bordo.

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10. LA MOBILITAZIONE TOTALE

Il coinvolgimento dei civili

I civili come vittime, in particolare le popolazioni che vivevano in prossimità del fronte erano drammaticamente coinvolte nel conflitto.

Deportazione e stermino degli Armeni operata dai Turchi nella primavera-estate del 1915, con oltre un milione di morti.

La mobilitazione industriale

Sviluppo senza precedenti dell’apparato industriale (siderurgia, meccanica, chimica).

Lo Stato diventa il cliente principale delle industrie, stravolgendo così le leggi del mercato.

Dilatazione dell’intervento statale in economia (incompatibile con il modello liberale ottocentesco)

Interi settori industriali considerati strategici vengono posti sotto il diretto controllo dei settori pubblici

La manodopera è sottoposta ad una rigida disciplina militare o semimilitare.

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I beni di consumo di prima necessità sono razionati

Nel caso della Germania, l’intervento della Stato nella gestione dell’economia è così massiccio che si parla di “socialismo di guerra”. In realtà, il sistema produttivo è gestito da organismi paritetici, di militari e industriali, che traggono dalla guerra innumerevoli vantaggi (potere e profitti).

Il rafforzamento degli apparati statali e la “militarizzazione” della società

Rafforzamento del potere esecutivo ai danni degli organi rappresentativi.

Ruolo crescente degli stati maggiori nella determinazione delle scelte politiche

Germania. Dittatura militare di Hindemburg e Ludendorff

Francia. Governo di “unione nazionale” presieduto da Georges Clemenceau

Inghilterra. “Gabinetto di guerra” presieduto da DavidLloyd George

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Tutte le nazioni coinvolte nel conflitto praticano la censura, sorvegliano i cittadini sospettati di “disfattismo” e combattono i “nemici interni”: l’obiettivo è quello di mobilitare la popolazione al fine di conseguire la vittoria finale.

La propaganda

rivolta alle truppe: in Italia, dall’inizio del 1918, diffusione dei giornali di trincea e creazione del Servizio P

Rivolta alla popolazione civile per orientare l’opinione pubblica e creare consenso alla guerra (manifesti murali, manifestazioni di solidarietà ai combattenti, formazione di comitati e associazione per la “resistenza interna”)

L’attività si propaganda si intensifica quanto più forti si fanno i segni di stanchezza tra i combattenti e i civili e quando aumentano, all’interno di ciascun paese, le correnti di opposizione alla guerra.

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11. IL “FRONTE INTERNO”

Le conferenze internazionali di Zimmerwald (settembre 1915) e di Kienthal (aprile 1916), in Svizzera

Partecipano alle conferenze i delegati

dei partiti socialisti appartenenti ai paesi neutrali

dei partiti socialisti che avevano sin dall’inizio del conflitto rifiutato la guerra

delle minoranze pacifiste formatesi in seno ai partiti socialisti maggiori.

Vengono approvati dei documenti nei quali si condanna la guerra e si chiede una pace “senza annessioni e senza indennità”.

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Col protrarsi della guerra, si rafforza l’opposizione socialista. Si creano due schieramenti:

le sinistre riformiste, che chiedevano la pace e il ritorno alla vita democratica

I’ala rivoluzionaria, che vedeva nella guerra un’occasione per affrettare il crollo dei regimi capitalistici. Fra questi spiccavano

La Lega di Spartaco, fondata in Germania nel 1916, da Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg

I bolscevichi russi, capeggiati da Lenin e autore del saggio L’imperialismo fase suprema del capitalismo (1917)

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12. LA SVOLTA DEL 1917

La Rivoluzione di febbraio e la caduta dello zar

Sciopero generale degli operai di Pietrogrado

Manifestazioni politiche contro il regime zarista

I soldati solidarizzano con i manifestanti

Lo zar abdica e viene arrestato con l’intera famiglia reale

L’esercito si disgrega, fallisce l’offensiva russa in Galizia, i tedeschi penetrano in profondità nel territorio ex-zarista, occupano posizioni strategiche e trasferiscono forti contingenti di truppe sul fronte occidentale.

Sull’esempio degli eventi russi, sia nei paesi dell’Intesa che negli Imperi centrali si moltiplicano le manifestazioni di insofferenza popolare contro la guerra, gli scioperi operai, gli ammutinamenti delle truppe combattenti (reparti francesi di fanteria si rifiutano di combattere; i marinai della flotta tedesca sul Baltico si ammutinano).

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La Rivoluzione d’ottobre

Nell’ottobre del 1917, un’insurrezione guidata dai bolscevichi rovescia il governo provvisorio.

Il potere viene assunto da un governo rivoluzionario presieduto da Lenin.

Il 3 marzo 1918, viene firmata la pace di Brest-Litovsk. La Russia bolscevica accetta, pur di salvare il nascente Stato socialista, le durissime condizioni imposte dai tedeschi.

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L’intervento degli Stati Uniti

Il 6 aprile gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania, che aveva ripreso la guerra sottomarina indiscriminata.

L’intervento statunitense si rivela determinante sia sul piano militare che su quello economico e compensa l’uscita di scena dal conflitto della Russia.

Il presidente degli Usa Woodrow Wilson precisa le linee ispiratrici della sua politica in un programma di pace in quattordici punti che prevede tra l’altro:

Il riconoscimento dei fondamentali principi democratici

il diritto dei popoli all’autodeterminazione

l’istituzione di un organismo sovranazionale: la Società delle nazioni

RIVOLUZIONE O GUERRA DEMOCRATICA? LENIN O WILSON?

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L’Italia e la “rotta” di Caporetto

Anche in Italia si diffondono allarmanti segni di stanchezza e di insofferenza tra i soldati e la popolazione civile (moti di Torino dell’agosto 1917).

Il 24 ottobre 1917, gli austro-tedeschi attaccano le linee italiane e sfondano nei pressi di Caporetto.

L’esercito italiano riesce a fermare gli austro-tedeschi, che sono nel frattempo dilagati in Friuli e nel Veneto orientale, sulla linea difensiva del Piave.

Luigi Cadorna viene rimosso dal comando supremo e sostituito da Armando Diaz.

Si forma un nuovo governo di coalizione nazionale presieduto dal giurista siciliano Vittorio Emanuele Orlando, più volte ministro nei governo di Giolitti. Anche i leader dell’ala riformista del Psi, con Turati in testa, assicurano la loro solidarietà allo sforzo di resistenza.

Migliorano le condizioni materiali e morali dei soldati

La propaganda: terra ai contadini; guerra democratica

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13. 1918: L’ULTIMO ANNO DI GUERRA

L’offensiva degli Imperi centrali

Sul fronte occidentale, nel marzo del 1918, i tedeschi tentano un’ultima offensiva. A giugno sono di nuovo sulla Marna e minacciano Parigi con l’artiglieria.

Sempre in giugno, gli austriaci sferrano un attacco sul Piave, ma dopo una settimana di combattimenti vengono respinti.

La controffensiva dell’Intesa

A fine luglio, giovandosi del massiccio apporto in uomini e mezzi degli Stati Uniti, le forze dell’Intesa passano al contrattacco.

Fra l’ 8 e l’11 agosto, nella battaglia di Amiens, i tedeschi subiscono una grave sconfitta e arretrano.

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14. SCONFITTE MILITARI E CRISI POLITICHE; L’IMPLOSIONE DEGLI IMPERI CENTRALI

I generali tedeschi, in seguito alle sconfitte militari, comprendono di aver perso la guerra; a quel punto, delegano ai politici la responsabilità di trattare con l’Intesa un armistizio.

Ai primi di ottobre, si forma un governo di coalizione democratica con la partecipazione dei cattolici del Centro e dei social-democratici.

Ai primi di novembre, i marinai di Kiel si ammutinano e assieme agli operai danno vita a consigli rivoluzionari, ispirati al modello russo. Il moto si propaga a Berlino e in Baviera.

Il 9 novembre, il socialdemocratico Friedrich Ebert viene proclamato capo del governo. Il Kaiser Guglielmo II fugge in Olanda, subito imitato dall’imperatore d’Austria Carlo I.

L’11 novembre i delegati del governo provvisorio firmano a Rethondes l’armistizio, accettando le durissime condizioni imposte dai vincitori.

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Anche gli alleati della Germania entrano in una crisi militare e politica, irreversibile.

A fine settembre, cede la Bulgaria, seguita a fine ottobre dall’impero turco.

L’Austria-Ungheria si disgrega al suo interno e viene sconfitta militarmente:

Cecoslovacchi e Slavi del sud danno vita a stati indipendenti

Le truppe di nazionalità non tedesca abbandonano il fronte

Il 24 ottobre gli italiani sferrano un’offensiva decisiva sul fronte del Piave.

Sconfitti a Vittorio Veneto, gli austriaci, il 3 novembre, firmano a Villa Giusti, nei pressi di Padova, l’armistizio, che entra in vigore il giorno successivo.

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15. LA CONFERENZA DI PACE DI VERSAILLES

Nella Conferenza di pace di Versailles, i cui lavori si aprirono il 18 gennaio 1919, i capi di governo delle principali potenze vincitrici devono

Ridisegnare la carta geo-politica d’Europa, cercando di ricostruire un nuovo e difficile equilibrio europeo.

Per ottenere tale obiettivo si rende necessario:

Ridimensionare territorialmente, militarmente, politicamente ed economicamente la Germania, i cui disegni di egemonia continentale avevano scatenato il conflitto.

Arginare e isolare, attraverso l’istituzione di stati-cuscinetto (Finlandia, Repubbliche baltiche, Polonia e Romania), la repubblica sovietica per impedire che la rivoluzione si diffonda in Europa,

Gestire la dissoluzione dell’Impero asburgico (e di quello turco), nel rispetto del principio di nazionalità.

Page 34: La Prima guerra mondiale (1914 - 1918) «[…] l’Occidente, nel 1914, se si trovava sull’orlo della guerra, si trovava anche sull’orlo del socialismo. Questo.

APPUNTI

- Immagini a commento di Braudel: Il Quarto stato (Pelizza da Volpedo) e immagini “crude” della guerra

-Il saggio La mobilitazione totale di E. Jünger è del 1931.

- Recuperare su internet manifesto inglese di propaganda pubblicato da Traverso in A ferro e fuoco