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1914-18 LA “GRANDE GUERRA”

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prima guerra mondiale

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1914-18

LA “GRANDE GUERRA”

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno2

L’Europa nel 1914 risulta divisa in due schieramenti contrapposti, corrispondenti a due alleanze militari:

Triplice Intesa:Francia, Inghilterra e Russia

Triplice Alleanza:Germania, Austria e Italia

Aree di maggior tensione:

Alsazia-Lorena (tra Francia e Germania)

Trentino e Venezia-Giulia (tra Austria e Italia)

le regioni balcaniche (al centro delle mire espansionistiche di tutte le grandi nazioni, in primo luogo l’Impero Russo e l’Austria, ma anche la Germania)

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno3

28 giugno 1914: l’assassinio di Sarajevo

Premessa: nel 1908 l’Austria si era annessa la Bosnia-Erzegovina

(la regione in cui si trova Sarajevo), già suo protettorato dal 1879;

nel corso delle guerre balcaniche (1912-13), la Serbia, protetta e

sostenuta dalla Russia, era diventata la più fiera antagonista

dell’espansionismo austriaco nei Balcani e la culla dell’irredentismo

slavo (= la volontà di riappropriarsi di territori anticamente

appartenenti al “popolo slavo” e che per secoli erano stati sotto

dominio “straniero”, in primo luogo Ottomano).

Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo (erede

al trono d’Austria) e sua moglie Sofia, in visita a Sarajevo, mentre

sfilano in automobile fra la folla vengono raggiunti dai colpi di

pistola esplosi da uno studente nazionalista serbo.

Francesco Ferdinando (nipote dell’imperatore Francesco

Giuseppe) sosteneva la creazione di un “polo slavo” (analogo al

“polo ungherese”) all’interno dell’Impero austro-ungarico, proponendo così una politica che entrava

in contrasto con le ambizioni espansionistiche della Serbia e della Russia.

Questo episodio, in un contesto reso incandescente dalle aggressive politiche nazionalistiche e

imperialistiche delle potenze europee, è la miccia che innesca l’incendio della Prima guerra mondiale.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno4

1914: l’entrata in guerra… l’incendio divampa per tutta Europa

28 luglio 1914: avendo la Serbia (spalleggiata dalla Russia) rifiutato un ultimatum austriaco (che prevedeva pesanti indagini di polizia sul territorio serbo), l’Austria (spalleggiata

dalla Germania) le dichiara guerra

1 agosto 1914: la Germania (che da anni fomentava e sosteneva il nazionalismo turco, e ampliava i suoi investimenti e interessi commerciali nell’area ottomana in funzione anti-

russa) entra in guerra contro la Russia

3 agosto 1914: la Germania (che aveva chiesto alla Francia di rimanere neutrale nei confronti del conflitto con la Russia), di fronte alla reazione avversa francese (un raid aereo su Norimberga) entra in guerra contro la Francia

4 agosto 1914: l’Inghilterra (da tempo preoccupata dal potenziamento navale tedesco), di fronte al proposito dei generali tedeschi di attraversare il Belgio (neutrale) con le loro truppe, rompe il suo “splendido isolamento” nei confronti

del continente europeo ed entra in guerra contro la Germania

6 agosto 1914: l’Austria si decide ad aprire ufficialmente le ostilità contro la Russia

11 agosto 1914: la Francia entra in guerra contro l’Austria

12 agosto 1914: l’Inghilterra entra in guerra contro l’Austria

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno5

1914: una data “epocale”= che segna profondamente la storia del mondo, chiudendo

un’epoca ed aprendone un’altra

… perché:

• è l’inizio di una vera e propria “guerra civile” europea (si chiama così una guerra interna

ad un paese), destinata a durare per più di trenta anni (fino al 1945), quando dell’antica

grandezza delle potenze d’Europa non sarebbero rimaste che MACERIE

• è l’inizio di un processo destinato a cambiare il destino del MONDO (non a caso, viene

chiamata la Grande Guerra), cioè non solo quello delle popolazioni del vecchio

continente, ma anche quello delle nuove potenze extra-europee (Stati Uniti e Giappone) e

dei popoli colonizzati nel resto del pianeta

• rappresenta una svolta apparentemente PARADOSSALE della storia, per cui proprio nel

momento in cui le idee, le istituzioni e i modi di vivere dei cittadini dell’Europa avevano

raggiunto un altissimo grado di sviluppo e di diffusione, essi voltarono le spalle a un

patrimonio culturale accumulato nei secoli, iniziando a massacrarsi gli uni con gli altri

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno6

Ondata patriottica: si va in guerra come ad una festa

.. ma il PARADOSSO è solo APPARENTE, perché:

• lo slancio con cui la popolazione civile aderì alle dichiarazioni di guerra era il frutto della propaganda e delle comunicazioni di massa che, assieme alla scolarizzazione sempre più diffusa, aveva radicato già a partire dalla fine del XIX secolo il patriottismo e il nazionalismo nell’animo di milioni e milioni di europei di ogni classe sociale (dai borghesi agli operai)

• tutti nutrivano la convinzione che, grazie ai nuovi mezzi e alle nuove armi messe a disposizione dallo sviluppo tecnologico, la guerra sarebbe stata rapida (“guerra lampo”) e che si sarebbe conclusa con il trionfo

o fitta rete ferroviaria (rapido trasporto di truppe e forniture militari)

o aerei, dirigibili, carri armati, pistole, granate, fucili mitragliatori e mitragliatrici a lunghissima gittata, cannoni, bombe, bombe a mano)

o uso della radiofonia per le comunicazioni belliche

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno7

La posizione socialista

… nemmeno i socialisti (nell’insieme) sfuggono all’ondata patriottica; al momento dello scoppio della guerra:

- in Inghilterra, si dimette in segno di protesta un solo ministro del partito laburista

- in Germania, il partito socialdemocratico vota a favore delle misure necessarie alla guerra (i cosiddetti “crediti di guerra”)

- in Francia, l’assassinio del socialista Jean Jaurès (nemico irriducibile della guerra) da parte di un fanatico nazionalista non suscitò reazioni apprezzabili

In tutti i paesi coinvolti nel conflitto si realizzarono le cosiddette “Unioni sacre”, cioè dei governi di coalizione, favorevoli alla guerra, in cui erano presenti anche i socialisti.

In Germania, Guglielmo II poté dunque dichiarare: “Non ci sono più partiti, ci sono solo Tedeschi”.

Naturalmente vi furono, nelle file del socialismo europeo, delle voci dissonanti: esemplari, in questo senso, furono i Bolscevichi russi (corrente maggioritaria del partito socialdemocratico) ed i membri del partito socialista italiano. Tali voci, tuttavia, restarono minoritarie.

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Gli intellettuali e la guerraLa “febbre nazionalista” non contaminò solo l’animo popolare: aderirono con slancio all’ondata d’entusiasmo collettivo anche moltissimi intellettuali di tutta Europa, su opposti fronti.

Esempi:

- gli scrittori e i poeti – Gide, Proust, Anatole France (in Francia), Thomas Mann (in Germania), H.G. Wells (in Inghilterra), Majakovskij (in Russia);

- i sociologi, i filosofi, gli storici ed i critici letterari – Durkheim, Bergson, Henri Pirenne, Albert Mathiez;

- gli scienziati e gli psicologi – il fisico Max Planck, lo stesso Sigmund Freud (che si dichiarò fiero della partenza dei propri figli per il fronte).

Alcune (rare) esemplari voci di dissenso:

- il letterato francese Romain Rolland (autore, nel 1914, del pamphlet antipatriottico Al di sopra della mischia, in cui il conflitto che si è appena aperto viene definito come un massacro dal quale “l’Europa uscirà mutilata”);

- la rivoluzionaria ebrea polacca (trapiantata a Berlino) Rosa Luxemburg, che nell’atmosfera patriottica del 1914 scorse un’aria da “assassinio rituale” che le ricordava i pogrom della Russia zarista, ed ai cui occhi la guerra rivelava il vero volto della società borghese, “svergognata, disonorata, sudicia, sguazzante nella melma”, con i tratti di “una belva distruttrice”;

- lo scrittore praghese Franz Kafka, che in data 6 agosto 1914 annotò nel suo diario: “Corteo patriottico […] Questi cortei sono tra i più disgustosi fenomeni che accompagnano la guerra”.

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… e l’Italia?… che aveva rinnovato la propria adesione alla Triplice Alleanza nel 1912?

Il 2 agosto 1914 dichiarò la propria NEUTRALITÀ per essere stata tenuta all’oscuro delle

decisioni di guerra prese a Vienna e a Berlino. D’altra parte, il patto con l’Austria e la Germania

vincolava l’Italia all’intervento difensivo, non ad associarsi alle mosse offensive.

Ma la neutralità italiana non durò a lungo; il paese si divise ben presto fra:

interventisti neutralistiI nazionalisti (Estrema Destra)• “guerra redentrice imperiale”• necessità di intervenire a fianco della Triplice per strappare Nizza, la Corsica e la Tunisia alla Francia

presto si trasformano in Irredentisti• necessità di intervenire a fianco dell’ Intesa per strappare Trento, Trieste, l’Istria e la Dalmazia all’Austria e completare il risorgimento italiano

I liberali conservatori (Destra Conservatrice)• Salandra, Sonnino; il Corriere della Sera

Alcuni socialisti tra riformisti e rivoluzionari• guerra di “liberazione delle nazionalità oppresse”

La maggior parte degli italiani:

Le masse operaie e contadine • rappresentate dai socialisti e dai cattolici

Il partito socialista• fedele all’internazionalismo pacifista

I cattolici• schierati con Benedetto XV, che condannò la guerra

I liberali giolittiani (La Stampa di Torino)• preservare il paese e le istituzioni da gravi rischi• grossi guadagni realizzabili concedendo forniture a tutti i contendenti

La maggior parte degli intellettuali• esclusi quelli nazionalisti come D’Annunzio

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“L’irredentismo” di Marinetti

Pubblicata nel 1914 all’interno della

raccolta poetica Parole in libertà,

quest’opera di Marinetti rappresenta

quale fosse l’obiettivo della guerra

per gli interventisti (nelle cui file si

schierarono i futuristi):

• sviluppare l’eredità del risorgimento italiano …

• … liberando le città “irredente” (Trento, Trieste e Fiume) …

• … ed aprendo la politica estera italiana verso l’Europa centrale e l’Oriente

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IL VOLTAFACCIA DI MUSSOLINI

• fino al luglio del 1914, conduce sull’Avanti! (quotidiano del PSI, di cui era direttore), una violenta campagna contro “il nuovo macello di popolo”, coerentemente con la sua posizione e il suo passato di pacifista militante (nel 1911, avversario intransigente della guerra di Libia)

• nel novembre del 1914, passa alla direzione di un nuovo giornale, Il Popolo d’Italia, che si diceva fosse finanziato dall’ambasciata di Francia, facendosi sostenitore dell’intervento italiano a favore dell’Intesa contro l’oppressore austriaco

• l’11 maggio 1915 firma l’articolo “Abbasso il Parlamento”: “… io credo, con fede sempre più profonda, che il Parlamento in Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue della nazione. Occorre estirparlo”.

• espulso dal PSI, fonda immediatamente un “Fascio autonomo di azione rivoluzionaria”, chiamando ad aderirvi “tutti i socialisti veramente rivoluzionari”.

Un discorso a parte si deve fare per l’allora giornalista Benito Mussolini:

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Il governo Salandra e l’allineamento con l’Intesa

IL GOVERNO SALANDRA: il 10 marzo 1914 cade il governo

Giolitti, e il 21 marzo ha inizio il primo di due consecutivi

governi in cui è primo ministro Antonio Salandra, liberale della

Destra conservatrice orientato verso l’intervento a fianco

dell’Intesa

IL PROBLEMA DEI PAESI NEUTRALI: col protrarsi della guerra,

diviene di primaria importanza per gli Imperi centrali (Germania

e Austria) tirare i paesi neutrali dalla propria parte, o almeno

assicurarsi che fornissero a loro i rifornimenti (scorte

alimentari e materie prime)

LE TRATTATIVE SEGRETE: il governo Salandra (per opera del

ministro degli esteri Sidney Sonnino) entrò in trattative segrete

sia con l’Austria (cessione delle terre “irredente” in cambio

di appoggio: la linea suggerita anche da Giolitti), sia con i

paesi dell’Intesa; queste ultime ebbero esito positivo Antonio Salandra

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno13

L’Italia entra in guerra il 24 maggio 1915

IL PATTO DI LONDRA: il 26 aprile 1915 il governo italiano si impegna ad entrare in guerra, a fianco dell’Intesa e contro l’Austria e la Germania, entro un mese; il patto è molto vantaggioso, in quanto prevede che, a guerra finita, oltre al recupero delle terre “irredente”, all’Italia sarebbero stati concessi penetrazione politica ed economica nei Balcani, il mantenimento dei territori strappati nel 1912 alla Turchia e qualche ampliamento in Africa. L’Italia uscì formalmente dalla Triplice il 3 maggio 1915.

L’APPOGGIO DI VITTORIO EMANUELE III AGLI INTERVENTISTI: il Parlamento italiano era a grande maggioranza neutralista, ma Vittorio Emanuele III dichiarò di “doversi piegare” al fermento interventista dell’opinione pubblica (in realtà, una minoranza, per quanto rumorosa) e confermò Salandra al governo. I liberali giolittiani e i cattolici, anziché dar battaglia alla Camera, preferirono evitare uno scontro frontale con la Corona, votarono i pieni poteri al governo Salandra e lasciaronoisolati i socialisti nella loro opposizione alla guerra.

L’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 24 maggio 1915.D’Annunzio: “Questa guerra è la più feconda nutrice di bellezza e di virtù sulla Terra”. Vi moriranno seicentomila italiani.

Vittorio Emanuele III, Re d’Italia 1900-1946

Gabriele D’Annunzio

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno14

I fronti della guerra (1914-16)

FRONTE OCCIDENTALE:

I tedeschi mettono in atto il “piano Schlieffen” (messo a punto dal generale Schlieffen già nel 1905): l’esercito vienediviso in un’ “ala marciante” (che invade il Belgio, si dirige verso la Manica e cala da nord-ovest su Parigi) e un’ “ala fissa”, a guardia della frontiera tra Belgio e Svizzera, con il compito di contenere lacontroffensiva francese. Unavolta occupata Parigi, se i francesi non si fossero arresi,l’esercito tedesco avrebbeproseguito la sua calata versosud, intrappolando l’interoesercito francese in unaenorme sacca. Nel settembre del 1914, però, i francesi bloccano l’avanzata tedesca lungo il fiume Marna(battaglia della Marna), adappena 20 Km da Parigi.

FRONTE ORIENTALE: Gli “Imperi centrali” (Germania e Austria) combattono contro i Russi ed i Serbi, tenendosi sulla difensiva ma vincendo molte battaglie

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno15

Il fronte occidentale: una guerra di logoramento

L’arresto dell’avanzata tedesca a causa della strenua

resistenza offerta dai francesi lungo la Marna causò

un’importante svolta strategica nelle operazioni

militari: quella che avrebbe dovuto essere una

rapida “guerra di movimento” si trasformò in una

estenuante “guerra di posizione” (o “di usura”, o “di

trincea”, o “di logoramento”, come è stata variamente

definita), destinata a durare per quattro anni.

Dal novembre del 1915 al marzo del 1918 le linee di combattimento sul fronte franco-tedesco non si sposteranno di più di 15 km da una parte e dall’altra.

I soldati vivono nelle trincee, che da semplici buche diventano stanziamenti permanenti, umidi, freddi, privi d’igiene, in cui dilagano pulci e pidocchi. Qualunque sortita li esponeva al tiro dei cecchini di parte avversa, come anche (di notte) accendere un fuoco per scaldarsi o una sigaretta. Altissimo fu il prezzo di vite umane per tutti i contendenti: 400.000 morti e 1 milione di feriti, quasi la metà di tutti i soldati presenti nell’area.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno16

Le armi chimicheLa Grande Guerra fu anche la prima in cui furono

messe in campo armi chimiche: i tedeschi

utilizzarono gas asfissianti per la prima volta nella

battaglia di Ypres, in Belgio, nel 1915 (da cui il

nome di “iprite” per il composto chimico velenoso

utilizzato).

L’introduzione di quest’arma letale costrinse i

comandi militari a dotare gli eserciti di maschere

antigas, la cui tecnologia fu sviluppata proprio in

quegli anni.

Otto Dix (1891-1969, pittore “neorealista” tedesco), Storm-troopers During Gas Attack, 1923/24, dalla raccolta di disegni Der Krieg, 1924.

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Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale,1929

“A notte alta ci risvegliamo. La terra trema. Un fuoco intenso ci bersaglia: ci rimpiattiamo negli angoli... Il ricovero si scuote tutto, la notte è un solo ruggito, un solo lampo. Ci guardiamo l'un l'altro, nel baleno delle esplosioni, e con pallide facce e labbra serrate scuotiamo la testa. Sentiamo tutti come i colpi dei grossi calibri rovinano pezzo per pezzo l'armatura della trincea, ne buttano all'aria la scarpata, ne stracciano il rivestimento di cemento... Verso mattina, alcune reclute hanno già la faccia verde e vomitano... I cambi delle vedette escono dal ricovero, gli smontanti vi rientrano barcollando, sporchi di fango, tremanti... L'attacco non viene, ma le detonazioni continuano: a poco a poco diventiamo sordi. Quasi nessuno più parla, non ci si può quasi più intendere. Passano i giorni... gli attacchi si alternano coi contrattacchi e sul terreno devastato, fra le trincee, si ammucchiano i morti. Dei feriti, per lo più siamo in grado di raccogliere quelli che non sono caduti troppo lontano; ma gli altri giacciono abbandonati e li sentiamo morire.”

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Fine dell’”ubriacatura patriottica”

Siegfried Kracauer (1889-1966), scrittore, giornalista, sociologo, critico letterario e teorico del cinema tedesco; in quanto ebreo e marxista, emigrerà prima a Parigi e poi negli USA dopo l’avvento del nazismo in Germania (1933).

Esemplare del mutamento d’opinione circa la guerra man mano che essa procedeva è il percorso parabolico seguito da dall’intellettuale tedesco Siegfried Kracauer:

All’inizio della guerra: il giovane Kracauer si arruola volontario e nel 1915 pubblica un articolo intitolato “La guerra come esperienza vissuta”, in cui descrive il conflitto come la benvenuta conclusione della routine e della noia dell’epoca guglielmina, esalta il patriottismo in termini nietzschiani come “slancio vitale” che avrebbe permesso alla Germania di emanciparsi dai valori materialistici di un mondo senz’anima, senza dio e senza profeti, offrendo allo spirito la possibilità di consolidarsi attraverso la “gioia di combattere”. In altre parole, la guerra appare come un’esigenza esistenziale ed un’esperienza mistica, che non ha bisogno di giustificazioni sociali o politiche.

Nel 1917: in un articolo per Das Neue Deutschland, Kracauer ha già abbandonato la retorica patriottica ed esprime la propria delusione per una guerra che ha rivelato il suo vero volto, quello di uno spaventoso massacro che rispecchia “la decomposizione sempre più profonda dell’umanità europea”.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno19

Queste infernali condizioni di vita e il contatto quotidiano con la morte generarono nella maggioranza dei soldati una sommessa e tragica rassegnazione. Per un altro verso, il fatto di condividere gli stessi pericoli e le stesse sofferenze diede vita a solidarietà e cameratismo profondi tra i combattenti, creando forti legami tra i giovani ufficiali, figli della piccola borghesia cittadina, e i fanti-contadini semianalfabeti.

Vi fu chi non si rassegnò alla guerra: molti non capivano le ragioni che avevano scatenato il conflitto; molti erano pacifisti e rifiutavano di combattere; altri avevano paura, altri ancora non ritenevano che fosse loro dovere morire per la patria.

Questi sentimenti diedero origine a una crescente opposizione individuale che assunse forme diverse:

la diserzione, cioè l'abbandono del Fronte, delle armi e della divisa o con la fuga o non tornando dopo una licenza; la renitenza alla leva, cioè il non presentarsi ai distretti militari dopo aver ricevuto la “cartolina” che chiamava alle armi; l'autolesionismo, cioè il ferirsi gravemente o il mutilarsi per tornare a casa o per evitare di andare al Fronte. Tutte queste forme di rivolta individuale, così come le ribellioni collettive, furono punite duramente dai tribunali militari o con lunghi anni di carcere o con la pena di morte.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno20

Il fronte italiano (1915-17)Il 24 maggio 1915 l’esercito italiano iniziò le operazioni di guerra attraversando il fiume Piave. La grande maggioranza delle truppe italiane era costituita da contadini, arruolati in massa in fanteria, che partirono rassegnati e senza una scintilla d’entusiasmo.

Tra il 1915 e il 1917 vennero combattute 11 battaglielungo il fiume Isonzo e sulle alture del Carso, sotto la direzione del generale Cadorna, che ebbero l’effetto di strappare Gorizia all’Austria (dopo la 6a battaglia, nel 1916). Ma la logorante guerra di posizione ingaggiata dagli eserciti italiano e austriaco ebbe come principale conseguenza la morte di decine di migliaia di soldati.

Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca, appoggiata da reparti tedeschi, sfondò le linee di difesa italiane aCaporetto, dilagando nel Friuli e nel Veneto fino al Piave, dove si riuscì a fermarla. La ritirata delle truppe italiane, mal gestita dagli alti comandi, fu caotica e rovinosa: 400.000 soldati sbandati (fra dispersi e disertori) e 300.000 caduti prigionieri del nemico.

Cadorna (il primo responsabile di questa immane disfatta)fece ricadere sui fanti tutta la responsabilità, dichiarandoche, sobillati dalla propaganda “disfattista” dei socialisti, erano fuggiti vigliaccamente di fronte al nemico.

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MAPPA DELLA SCONFITTA DI CAPORETTO

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno22

Il malessere della popolazione civile: i moti di Torino

Nel frattempo, in Italia la popolazione civile viveva forti disagi per la carenza di rifornimenti.

Il mancato rifornimento della farina a Torino, nell’agosto del 1917, fu la miccia che fece scattare

l’espressione di un rancore nei confronti della guerra che si era andato accumulando negli

anni.

Torino (sede di industrie laniere, cotoniere, meccaniche – come la Fiat – e di fabbriche di

munizioni e di esplosivi) negli anni della guerra aveva ricevuto un forte impulso produttivo: era

prevalentemente una città operaia, in cui ai lavoratori era chiesto di lavorare a pieno ritmo.

Per circa una settimana, fu scossa da un sussulto rivoluzionario che non si allargò alle altre

zone del triangolo industriale solo perché i dirigenti del PSI, colti di sorpresa, non seppero e

non vollero sfruttare l’occasione.

Manifestazioni e tumulti davanti ai cancelli delle fabbriche e di fronte alla Camera del Lavoro,

saccheggi di panetterie, assalti alle caserme della guardia civica e scontri a fuoco con le forze

dell’ordine si susseguono mentre la folla canta un ritornello divenuto famoso: “Prendi il fucile

e gettalo per terra / vogliam la pace, vogliam la pace / vogliam la pace, mai vogliam la guerra!”

I dimostranti chiesero anche l’appoggio dei soldati chiamati a contenerli: ma l’appello cadde

nel vuoto. L’arresto di 24 dirigenti del PSI e di quasi un migliaio di operai e dimostranti

riporterà a forza l’ordine nella città.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno23

SI CORRE AI RIPARI:

La tragedia di Caporetto fece aprire gliocchi alla classe dirigente italiana e ai militari: la linea dura contro le masse (inpatria e al fronte) non pagava.

Cadorna fu rimosso e sostituito dal generale Armando Diaz, e si cercò di migliorare le condizioni di vita dei soldati (vitto più abbondante, licenze più frequenti, permanenza più breve in prima linea).

Soprattutto, fu avviata una massiccia campagna di propaganda per le truppe: spettacoli, conferenze, “giornali di trincea” che diffondevano messaggi rassicuranti e promesse di un futuro migliore, con tanto di distribuzione di terre ai contadini.

La propaganda, naturalmente, è rivolta anche ai civili: La Domenica del Corriere (supplemento del Corriere della Sera) del 4-11 novembre 1917 mostra come, dopo la disfatta di Caporetto, i morti siano soltanto austriaci e i bersaglieri siano al contrattacco.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno24

1914-17: l’allargamento del conflittoLa guerra, nel frattempo, si era allargata ed era divenuta MONDIALE:

23 agosto 1914: il Giappone, con l’intento di impadronirsi dei possedimenti tedeschi in Estremo Oriente, entra in guerra a fianco dell’Inghilterra contro la Germania

5 novembre 1914: l’Intesa si trova a dover fronteggiare anche la Turchia, scesa in campo in appoggio della Germania (Imperi centrali e Intesa si controbilanciano)

6 settembre 1915: anche la Bulgaria scende in campo a favore degli Imperi centrali, dichiarando guerra alla Francia

23 maggio 1915: come abbiamo visto, l’Italia si schiera con l’Intesa e dichiara guerra all’Austria

27 agosto 1916: l’Italia entra in guerra anche con la Germania, e la Germania con la Romania

1 settembre 1916: la Bulgaria dichiara guerra alla Romania

6 aprile 1917: gli Stati Uniti (che, fino a quel momento, si erano limitati a fornire ingenti finanziamenti all’Intesa) entrano nel conflitto contro la Germania, sia perché

i sottomarini tedeschi stavano affondando molte navi e mercantili americani,

sia per estendere la loro influenza economica e politica sul continente europeo

27 giugno 1917: la Grecia scende in campo contro gli Imperi centrali

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno25

L’entrata in guerra degli USAIl governo statunitense entrò in guerra per ragioni squisitamente

ECONOMICHE - in primo luogo, essere sicuro di rientrare delle ingenti somme prestate fino ad allora all’Inghilterra, per sostenerne lo sforzo bellico (circa 1.800 milioni di dollari)- in secondo luogo, porre fine alla guerra sottomarina dei tedeschi, che affondavano i carichi mercantili americani ed impedivano i normali traffici marittimi

L’opinione pubblica americana, tuttavia, era largamente neutralista e PACIFISTA- il presidente Woodrow WILSON, ri-eletto nel 1916, si era fatto paladino della pace e sostenitore di una politica di democrazia e neutralità (si era fatto eleggere come “l’uomo che ci tiene fuori dalla guerra”)- più di un terzo della popolazione del paese era costituita da emigrati o figli di emigrati dal vecchio continente, ed intratteneva ancora forti legami etnici con i (diversamente schierati) paesi di provenienza

Per indurre la popolazione a slanciarsi nella guerra, si ricorse massicciamente, e con successo, alla PROPAGANDA - già gli inglesi avevano inondato gli USA di dossier contro la Germania, in cui i tedeschi venivano dipinti come barbari che compivano azioni atroci (tanto che molti immigrati di origine tedesca preferirono farsi cambiare il cognome con uno di suono non germanico...)- lo stesso governo americano, guidato proprio da Wilson, si impegnò a suscitare sentimenti di coinvolgimento patriottico nei cittadini attraverso un’apposita campagna pubblicitaria, per organizzare la quale venne istituito un “Comitato per l’Informazione Pubblica” del quale fece parte attiva Edward Bernays

EdwardBernays

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno26

“I Did Not Raise My Boy To Be A Soldier” La canzone “Non ho cresciuto il mio ragazzo perché facesse il soldato”, cantata da Morton Harvey, esprimeva nel 1915 l’atteggiamento prevalente negli Stati Uniti nei confronti della guerra:

Dieci milioni di soldati alla guerra sono andati / Che potrebbero non fare mai ritorno / Dieci milioni di cuori di madri si devono spezzare / Per quelli morti invano

Che le nazioni risolvano pacificamente i loro problemi futuri / È tempo di deporre spade e fucili / Non ci sarebbe la guerra oggi / Se le madri tutte dicessero: "Non ho cresciuto il mio ragazzo per essere un soldato"

Nel 1917, quando gli USA entrarono nel conflitto, Harvey fu la prima vittima: indissolubilmente associato alla sua ‘hit’ di

due anni prima, ormai considerata antipatriottica, non riuscì più a incidere un disco.

L’autore del pezzo, invece, si adeguò al nuovo clima, e produsse una nuova ‘hit’ dal titolo “Send Me Away With A Smile” (“Fammi andare con un sorriso”).

Le sventure di Harvey sono un segno di quanto funzionò la propaganda

patriottica

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno27

La svolta del 1917

Il 1917 appare come un anno di svolta nel contesto del conflitto:

• l’entrata in guerra degli Stati Uniti sblocca la stasi del fronte occidentale e rimette “in movimento” la guerra: i tedeschi lanciano due grandi offensive nel tentativo di “sfondare” il fronte prima dello sbarco degli americani, ma i francesi resistono;

• papa Benedetto XV consegna una Nota ai capi di governo delle potenze in conflitto, con l’appello di fermare l’”inutile strage” (appello che fu respinto dagli alleati dell’Intesa, in quanto, nel concreto della proposta, tendeva a favorire gli Imperi centrali)

• ha luogo in Russia la grande rivoluzione che segna la fine del governo degli zar e l’inizio dell’esperienza sovietica (governo dei soviet, cioè “nuclei di autogoverno popolare”); nel marzo del 1918, il partito bolscevico, che ha preso il potere sotto la guida di Lenin, firmerà con la Germania la pace di Brest-Litovsk, con la quale la Russia esce dal conflitto perdendo Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Finlandia;

• l’Italia subisce la disfatta di Caporetto mentre, sul versante civile, si verificano i moti di Torino: l’esasperazione per la guerra è al culmine.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno28

Trasformazione ideologica della guerraL’uscita di scena della Russia a seguito della rivoluzione bolscevica e l’entrata in guerra degli

USA resero possibile concepire la guerra in corso come uno scontro fra due tipi di civiltà:

le liberal-democrazie (aperte al libero commercio e al riconoscimento della dignità dei popoli)

ad esempio gli USA, l’Inghilterra, la Francia

CONTRO

gli imperi conservatori e reazionari(protezionisti in economia, e razzisti sul piano nazionale e sociale)

Schierarsi sull’uno o sull’altro fronte poteva apparire quindi come una scelta di campo IDEALE.

In realtà, i veri obiettivi delle potenze coinvolte rimasero gli interessi economici e materiali, e

l’ideologia “buoni contro cattivi” non fu altro che una vernice stesa sopra di essi, per

mobilitare le società di massa.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno29

I “quattordici punti” di WilsonGià nel gennaio del 1918 Wilson aveva elaborato un piano in 14

punti per la “ricostruzione dell’ordine mondiale”, con il quale

gli USA si ergevano ad arbitri delle sorti del mondo:

1. abolizione della diplomazia segreta e controllo pubblico sugli accordi internazionali;

2. libertà dei mari;

3. soppressione delle barriere economiche e libertà commerciale generale;

4. riduzione degli armamenti nell’ambito di una pura politica difensiva;

5. composizione pacifica delle “rivendicazioni coloniali” (tenendo conto dei desideri delle “popolazioni interessate”);

6. rispetto delle decisioni politiche e nazionali della Russia;

7. assicurazione della sovranità del Belgio;

8. restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia;

9. rettifica delle frontiere italiane secondo il principio di nazionalità;

10. riconoscimento della piena autonomia ai popoli dell’Austria-Ungheria;

11. riconoscimento dei diritti della Romania, della Serbia e del Montenegro (con relative garanzie politiche, economiche e territoriali);

12. riconosciuta autonomia delle aree non turche dell’impero Ottomano (territori arabi, Armenia) e libero transito attraverso i Dardanelli;

13. creazione di una Polonia indipendente (ex stato vassallo dello zar);

14. costituzione di un organismo sopranazionale, la Società delle nazioni, volto a dirimere pacificamente le principali contese fra gli stati.

Il piano si basava sul principio di autodeterminazione dei popoli ed era volto a garantire le principali libertà economiche a livello internazionale.

Esso contava (erroneamente) di poter riorganizzare su base ETNICA gli equilibri del continente europeo.

Woodrow Wilson

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno30

1918: verso la fine del conflitto

Fronte orientale: con la pace di Brest-Litovsk, la Russia bolscevica esce dal conflitto

perdendo, a vantaggio della Germania, i suoi più importanti territori occidentali

(Estonia, Lettonia, Lituania); poco dopo, si arrende anche la Romania; le cose dunque

sembravano mettersi bene per i tedeschi (che si ritrovarono nuove terre da sfruttare per gli

approvvigionamenti e più truppe libere, da impiegare a ovest).

Fronte occidentale: è qui, però, che si gioca la vera partita; fra l’8 e l’11 agosto, ad

Amiens, si svolse una furiosa battaglia in cui - grazie alla presenza in massa di soldati

americani e all’impiego di centinaia di carri armati (sia britannici che francesi), in grado di

superare i reticolati e risparmiare ai soldati gli assalti delle baionette e il fuoco delle

mitragliatrici - le forze dell’Intesa infliggono ai tedeschi la prima pesante sconfitta.

La guerra riacquista il movimento perduto.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno31

I carri armatiFino dai primi mesi della prima guerra mondiale era stato evidente che il problema tattico da risolvere, una volta che era finita la guerra di movimento e gli eserciti si erano bloccati su un sistema di trincee lungo centinaia di chilometri, era quello di superare l'accoppiamento mitragliatrice - filo spinato. Sia l'Intesa, sia gli Imperi Centrali tentarono di dare una risposta a questo problema.I tedeschi svilupparono le mitragliatrici leggere, mentre l’Intesa sviluppò i carri armati.

Veicoli da combattimento caratterizzati da:

• trazione su cingoli (per muoversi bene anche sui tormentati terreni di battaglia)• corazzatura sufficiente per resistere al fuoco di armi pesanti• presenza di armamento offensivo (mitragliatrici e/o cannoni) per impegnare bersagli protetti

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno32

1918: la resa degli Imperi centraliBulgaria: firma la resa il 26

settembre.

Austria: fra ottobre e novembre,

l’imperatore (Carlo d’Asburgo) tenta

di trasformare la monarchia in una

federazione di stati, ma ovunque (in

Boemia, Ungheria, Croazia) i

nazionalisti proclamano

l’indipendenza delle rispettive

comunità; inoltre, l’esercito italiano

(sotto il comando del generale Diaz)

sconfigge quello austriaco sul Piave

(battaglia di Vittorio Veneto).

Il 4 novembre il comando austriaco

firmò l’armistizio, e l’11 l’imperatore

abdicò.

Impero Ottomano: capitola il 31 ottobre.

Germania: in seguito a sollevazioni della marina e di parte dell’esercito, il 9 novembre a Berlino viene proclamata la repubblica; Guglielmo II fugge in Olanda e i comandi germanici firmano l’armistizio (11 novembre).

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno33

Il bilancio delle vittime

italiani: 600.000

francesi: 1.400.000

tedeschi: 1.800.000

austro-ungarici: 1.300.000 russi: 1.600.000

A differenza di quanto avverrà nella seconda guerra mondiale, comunque, la maggior parte dei caduti sono tra i combattenti, e non tra i civili.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno34

La pace di Versailles (1919-20)I vincitori organizzarono una conferenza internazionale per negoziare i trattati di pace tra gli

Alleati e le “potenze centrali” da loro sconfitte: durò dal 18 gennaio 1919 al 21 gennaio 1920.

I "quattro grandi" protagonisti della conferenza di pace furono (da sinistra a destra):

Lloyd George (Primo Ministro inglese),

Vittorio Emanuele Orlando (Presidente del Consiglio dei Ministri),

Georges Clemenceau (Primo Ministro francese),

Woodrow Wilson (Presidente USA)

I vincitori perseguivano obiettivi diversi:

Francia: voleva una “pace punitiva” per la Germania, ovvero il suo annientamento politico ed economico (restituzione dell’Alsazia-Lorena,pagamento di enormi danni di guerra, occupazione e smilitarizzazione della zona renana).

Inghilterra: si accontentava della distruzione della flotta tedesca e del controllo sulle ex-colonie tedesche.

Italia: rivendicava il rispetto del patto di Londra, e dunque la cessione delle terre “irredente”, che però Wilson tendeva a non riconoscere laddove la popolazione era a prevalenza slava (es. Dalmazia).

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno35

Vince la linea dura di Clemenceau• La Conferenza di Parigi fu impietosa verso la GERMANIA, giudicata la principale, se non

unica, RESPONSABILE DEL CONFLITTO: essa non fu ammessa alle sedute della Conferenza stessa, e non poté quindi negoziare o discutere nulla di quanto i vincitori decisero di imporle.

• La Germania fu privata di tutti i suoi possedimenti coloniali.  In Europa, dovette invece cedere alla Francia l'Alsazia-Lorena, di cui si era impadronita nel 1871, mentre ad oriente un' ampia porzione di territorio prussiano passò al neonato stato polacco. La regione della Prussia Orientale fu separata dal resto del Reich mediante un corridoio, che permetteva alla Polonia di avere uno sbocco sul mare.

• Essa perse il 13 % del suo territorio e il 10 % della sua popolazione prebellici. La Renania - cioè la regione che si estende in direzione est-ovest, dal Reno fino ai confini con la Francia - avrebbe dovuto subire per quindici anni l'occupazione alleata e poi, in seguito, restare permanentemente smilitarizzata, cioè priva di basi e di attrezzature militari.

• Alla Germania fu vietato di possedere sottomarini, carri armati, aviazione da guerra e artiglieria pesante, mentre  la flotta fu drasticamente ridotta a poche decine di navi. All'esercito fu vietato di superare il numero dei 100 mila effettivi.

• L'articolo 231 del Trattato, letteralmente, recitava: “La Germania riconosce la responsabilità propria e dei suoi alleati per tutte le perdite e i danni subiti dai governi alleati e dai loro cittadini in conseguenza dell'aggressione della Germania e dei suoi alleati”.

• L'entità dei RISARCIMENTI da versare fu precisata infine, nel 1921, in 132 MILIARDI DI MARCHI oro; si trattava, per l'epoca, di una cifra astronomica, elevatissima: basti pensare che alla Germania furono addossate tutte le spese che i paesi vincitori avrebbero dovuto sostenere, in futuro, per pagare le pensioni di guerra agli orfani, alle vedove e ai mutilati.

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno36

I cinque trattati della conferenza di Parigi

• Il trattato di Versailles con la Germania (la pace punitiva di Clemenceau; l’Alsazia-Lorena torna alla Francia)

• Il trattato di Saint-Germain con l’Austria (ridotta ai confini attuali; nascono Cecoslovacchia, Polonia e Iugoslavia)

• Il trattato del Trianon con l’Ungheria (gran parte del suo territorio fu attribuito alla Cecoslovacchia, alla Iugoslavia e alla Romania)

• Il trattato di Neuilly con la Bulgaria (dovette cedere i territori acquisiti con le guerre balcaniche)

• Il trattato di Sèvres con la Turchia (ridotta entro i confini dell’Anatolia, diventerà repubblica nel 1923; Palestina, Transgiordania e Mesopotamia affidate in amministrazione fiduciaria [mandati] all’Inghilterra, che ebbe il controllo degli Stretti; alla Francia furono affidati Siria e Libano)

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno37

Con il trattato di Sèvres (1920) l’ex impero ottomano, ossia la nuova Turchia, risulta fortemente ridimensionato: perde tutti i suoi territori arabi e la sovranità sugli stretti del Bosforo e del Dardanelli

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno38

L’Europa alla fine della guerra (1919)

Dalla fine di tre imperi –

tedesco, austro-ungarico e

russo - è nata ad est una

nuova serie di stati:

Finlandia

Estonia

Lettonia

Lituania

Polonia

Cecoslovacchia

Ungheria

Iugoslavia (Regno dei Serbi, dei Croati e

degli Sloveni, diventerà

“Iugoslavia” nel 1929)

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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno39

La “vittoria mutilata” dell’ItaliaL’Italia “irredentista” uscì profondamente

scontenta dalla conferenza di Versailles:

in base alle osservazioni di Wilson, infatti, non

si vide riconosciuto, il diritto ad annettere al

suolo nazionale il porto di Fiume e la

Dalmazia.

Ciò scatenò una furibonda polemica (ed azione)

nazionalista sul tema della “vittoria mutilata”:

“Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio”

... scrive D’Annunzio a Mussolini l’11 settembre

1919, ed il giorno seguente parte armato di circa

mille uomini alla volta della città dalmata.