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LA PREVIDENZA IN EUROPA Una discussione sul Libro Verde della Commissione UE Domenico PROIETTI Antonio MASTRAPASQUA Mauro MARÈ Edoardo GAMBACCIANI Alberto BRAMBILLA Giuliano CAZZOLA Maurizio PETRICCIOLI Marianna MADIA Romano BELLISSIMA Vera LAMONICA Antonio FINOCCHIARO Edizioni LAVORO ITALIANO LA PREVIDENZA IN EUROPA Una discussione sul Libro Verde della Commissione UE I sistemi previdenziali europei devono essere ridefiniti, anche a seguito della grave crisi economica degli ultimi anni, sia sul versante della soste- nibilità economica che dell’adeguatezza dei trattamenti. Questo è l’obiettivo strategico lanciato dal Green Paper, il Libro Verde della Commissione dell’Unione Europea. Il volume analizza - raccogliendo il contributo dei più importanti studiosi del settore, insieme a quelli dei rappresentanti delle istituzioni, del Parlamento e delle parti sociali - le diverse problematiche che riguardano i sistemi previdenziali. Un’analisi dalla quale emerge chiaramente come il sistema italiano, grazie alle riforme degli ultimi anni, è coerente con le indicazioni dell’UE e, per la previdenza complementare, è preso a riferi- mento da altri paesi europei. I temi più rilevanti affrontati vanno dalla necessità di affinare le tecniche di classificazione comune della spesa pensionistica, all’esigenza di garantire a pieno la portabilità dei diritti previdenziali; dalla previdenza comple- mentare, con la ricerca di soluzioni che tutelino meglio i lavoratori iscritti ai Fondi Pensione dalle crisi finanziarie, alla definizione di uno scenario comune delle pensioni in Europa. Al riguardo la UIL propone un sempre maggiore coordinamento dell’UE in materia, fino ad arrivare ad una vera e propria direttiva comunitaria che regolamenti e tuteli i diritti previdenziali dei cittadini d’Europa. 12,00 Edizioni LAVORO ITALIANO Edizioni LAVORO ITALIANO

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LA PREVIDENZA IN EUROPAUna discussione sul Libro Verdedella Commissione UE

Domenico PROIETTIAntonio MASTRAPASQUA Mauro MARÈ Edoardo GAMBACCIANIAlberto BRAMBILLA Giuliano CAZZOLA Maurizio PETRICCIOLIMarianna MADIA Romano BELLISSIMA Vera LAMONICA

Antonio FINOCCHIARO

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I sistemi previdenziali europei devono essere ridefiniti, anche a seguitodella grave crisi economica degli ultimi anni, sia sul versante della soste-nibilità economica che dell’adeguatezza dei trattamenti.

Questo è l’obiettivo strategico lanciato dal Green Paper, il Libro Verdedella Commissione dell’Unione Europea.

Il volume analizza - raccogliendo il contributo dei più importanti studiosidel settore, insieme a quelli dei rappresentanti delle istituzioni, delParlamento e delle parti sociali - le diverse problematiche che riguardanoi sistemi previdenziali. Un’analisi dalla quale emerge chiaramente come ilsistema italiano, grazie alle riforme degli ultimi anni, è coerente con leindicazioni dell’UE e, per la previdenza complementare, è preso a riferi-mento da altri paesi europei.

I temi più rilevanti affrontati vanno dalla necessità di affinare le tecniche diclassificazione comune della spesa pensionistica, all’esigenza di garantirea pieno la portabilità dei diritti previdenziali; dalla previdenza comple-mentare, con la ricerca di soluzioni che tutelino meglio i lavoratori iscrittiai Fondi Pensione dalle crisi finanziarie, alla definizione di uno scenariocomune delle pensioni in Europa.

Al riguardo la UIL propone un sempre maggiore coordinamento dell’UE inmateria, fino ad arrivare ad una vera e propria direttiva comunitaria cheregolamenti e tuteli i diritti previdenziali dei cittadini d’Europa.

€ 12,00 Edizioni LAVORO ITALIANOEdizioni LAVORO ITALIANO

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ATTI DEL CONVEGNO

IL LIBRO VERDE DELLA COMMISSIONE

UE SULLA PREVIDENZA

- LE PROPOSTE DELLA UIL -

Il Convegno è stato presieduto da Luigi Scardaone, Segretario della UIL di Roma e del Lazio

ROMA, 22 OTTOBRE 2010

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2011dalla Tipolitografia CSR - Via di Pietralata, 157 - 00158 RomaTel. 064182113 (r.a.) - Fax 064506671

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INDICE

RelazioneDomenico Proietti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5

InterventiAntonio Mastrapasqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 37 Mauro Marè. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 43Edoardo Gambacciani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 49Alberto Brambilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 55Giuliano Cazzola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 61Maurizio Petriccioli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 67Marianna Madia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 73Romano Bellissima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 79Vera Lamonica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 89Antonio Finocchiaro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 97

AppendiceLibro Verde della Commissione UE. . . . . . . . . . . . . . p. 113Le risposte della UIL. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 173Documento finale dell’XI Commissione Lavorodella Camera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 193

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Domenico PROIETTI(Segretario confederale UIL)

Se vuoi costruire una barca,non radunare uomini per tagliare legna,

dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia

per il mare vasto e infinito.

Antoine De Saint-Exupéry

L a UIL giudica molto positivamente l’iniziativa della Commissionedell’Unione Europea di dare vita ad una vasta consultazione,

tra gli Stati membri e le Parti sociali, sui temi della previdenza. Lanovità fondamentale di questa iniziativa è che, per la prima volta,mette da parte approcci ragionieristici, che avevano caratterizzatospesso le iniziative precedenti, e pone l’attenzione sia sulla soste-nibilità economica che su quella sociale dei sistemi previdenziali.Noi oggi vogliamo affrontare le tematiche contenute nel Libro Verdesoprattutto relative a sei questioni principali per ognuna delle qualiavanziamo alcune proposte.

Un tema preliminare: criteri di classificazione comuni

Preliminarmente occorre affrontare un problema che riguardatutti i paesi UE e, in modo particolare, l’Italia circa il sistemadi classificazione della spesa pensionistica. Un passo essenzialeper poter analizzare, anche a livello comunitario, le dinami-che previdenziali di paesi ancora assai diversi tra loro.

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Se infatti il metodo di coordinamento aperto (MAC) richiamatodal Libro Verde può utilmente assistere e guidare i paesi membrinell’elaborazione delle loro politiche di welfare, va consideratoche uno dei pilastri di tale meccanismo è quello rappresentato dal-l’identificazione di indicatori statistici comuni, che rendano com-parabili le caratteristiche e le performance dei diversi sistemi nazio-nali. Un passo, questo, propedeutico al successivo peer reviewper l’individuazione di best practice comuni in materia ma chetrova tutt’oggi numerosi ostacoli.Qualche tentativo in questa direzione è stato comunque fattonegli ultimi anni. Già nel 2005 si era abbozzata un’analisi alivello europeo dei tassi di sostituzione (RR) incentrando il lavorosull’individuazione di “figure tipo” e provando a comprenderesia la componente previdenziale pubblica che quella privataal lordo e al netto dell’imposizione fiscale. Tutti i risultati hannoportato a sovrastimare oggettivamente il tasso di sostituzionedell’idealtipo analizzato che, lungi dall’essere una realtàcomune, sembra piuttosto rappresentare un obiettivo da rag-giungere quanto a inquadramento, continuità di carriera, retri-buzione ecc. Permangono quindi numerosi ostacoli e difficoltàche portano ad avere una fotografia spesso fuorviante dellasituazione di partenza soprattutto nella valutazione dell’impattoche le politiche pensionistiche possono avere sul PIL e, in gene-rale, sulla spesa dei singoli Stati.

Le proposte della UILNel classificare la spesa pensionistica italiana, ad esempio, nonsi prende mai in considerazione una spesa puramente previ-denziale, come nella maggior parte dei paesi, ma si includonoinvece voci ad essa estranee. Voci di spesa assistenziale che

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vanno finanziate dallo Stato attraverso la fiscalità generale enon con i contributi previdenziali dei lavoratori. Nella defini-zione statistica rientrano non solo le pensioni di vecchiaia maanche quelle di invalidità, le rendite per infortuni sul lavoro, lepensioni di guerra, gli assegni sociali e le indennità di accom-pagnamento.Anche le indennità liquidate al lavoratore all’interruzione delrapporto di lavoro quali il Trattamento di fine rapporto (Tfr) nelsettore privato e i Trattamenti di fine servizio (Tfs) nel pubblicoimpiego e che incidono per circa l’1,4% del PIL, sono spessoincluse – nello specifico nelle funzioni old age (anzianità) e sur-vivors (reversibilità) - indebitamente nella spesa per pensioni.Somme che, invece, ai sensi dell’art. 2120 del Codice Civilecostituiscono salario differito a momenti successivi, determinatio dalla richiesta dei lavoratori per sostenere spese eccezionali(sanitarie, acquisto casa, ecc.) o dalla cessazione del rapportodi lavoro che non necessariamente coincide però con il pen-sionamento.L’altro indicatore Eurostat, Pension expenditure, non considerail Tfr, ma comprende, oltre alle prestazioni IVS (invalidità, vec-chiaia, superstiti), le pensioni assistenziali (sociali, di guerra,invalidi civili), le pensioni indennitarie e le pensioni di bene-merenza. L’indicatore dell’Istat alle voci riportate in Pensionexpenditure aggiunge anche le indennità di accompagnamento.Nella voce pensioni e rendite della Relazione Generale sullaSituazione Economica del Paese sono comprese le pensioni IVSe le rendite infortunistiche (INAIL e IPSEMA, l’istituto previden-ziale dei marittimi soppresso con l’ultima finanziaria).Considerando la spesa al netto delle entrate fiscali da essa pro-dotte il risultato sarebbe ancora più chiaro e limpido. D’altra

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parte quando la Ragioneria Generale dello Stato calcola lamaggiore spesa o il risparmio prodotto da una nuova normain materia sociale lo fa sempre in termini netti. Stesso discorsoandrebbe fatto in termini di spesa pensionistica. Gli enti pre-videnziali erogano prestazioni per circa 200 miliardi di euro,ma lo Stato ne incassa oltre trenta in termini di imposte sui red-diti. Ed è la differenza tra i due valori che conta effettivamenteai fini del Bilancio pubblico.Alla luce di queste peculiarità del nostro sistema, la compara-zione della spesa previdenziale risulterebbe maggiormenterispondente alla realtà dei fatti se si pervenisse ad un comunee più fedele sistema europeo di classificazione, operazione indi-spensabile ad una politica europea in materia.Questa iniziativa, portata avanti dalla UIL, seppur a fatica hafatto breccia nel dibattito su questa materia. È emblematico uneditoriale di qualche mese fa di Massimo Mucchetti apparsosul Corriere della Sera che ribadiva come “La spesa pensioni-stica è sotto controllo. E può essere sostenuta dai conti pub-blici. La sua incidenza sul prodotto interno lordo è di non pocoinferiore a quel che si dice, ove la si compari correttamente aglialtri Paesi, e cioè togliendo il Tfr, che è salario differito e nonpensione, e considerando gli effetti fiscali che appesantisconoil conto italiano. Del resto, la spesa sociale italiana, di cui lepensioni sono parte, risulta di poco inferiore alla media euro-pea e di molto a quella tedesca e francese. Nel 2008, il saldotra i contributi versati e le pensioni erogate, al netto delle pre-stazioni assistenziali coperte dalla fiscalità generale, era posi-tivo per lo 0,9% del Pil e concorreva a finanziare la pubblicaamministrazione”. A testimonianza di come i conti previden-ziali veri in Italia sono in equilibrio. La UIL continuerà in que-

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sta battaglia per dividere formalmente e contabilmente la spesaprevidenziale pura da quella assistenziale in tutte le sedi acominciare dai CIV degli enti Previdenziali dove anche recen-temente, per questo motivo, i nostri rappresentanti hanno votatocontro l’assestamento di Bilancio 2010 dell’INPS.

1) La sostenibilità economica dei sistemi e l’età pensionabile

Meccanismi di classificazione più efficienti sarebbero invece ingrado di fare luce sull’aspetto della sostenibilità economica efinanziaria dei sistemi europei. Negli ultimi anni l’incidenza dellaspesa previdenziale sul PIL è andata progressivamente attenuan-dosi in tutta Europa. In Italia si è mantenuta pressochè stabileattestandosi intorno al 13,5% del PIL. Un dato che, comeabbiamo dimostrato, depurato nel quadro di una classificazionepuramente previdenziale porterebbe la spesa pensionistica delnostro paese al di sotto della media europea. D’altra parte leriforme che negli ultimi anni si sono susseguite in Italia hannodisegnato un sistema pienamente sostenibile, come ormai rico-nosciuto da tutti. Dal solo slittamento delle finestre inserito nel-l’ultima finanziaria si attendono a regime considerevoli risparmi.A fronte dei quali chiediamo che vengano ora corrette alcunedistorsioni. Ci riferiamo in modo particolare allo slittamento di12 mesi della finestra di pensionamento per chi maturi 40 annidi contributi. Per questi lavoratori deve essere pienamente garan-tita la rilevanza ai fini contributivi e previdenziali dell’anno inpiù lavorato oltre il 40esimo.I risparmi nel complesso ottenuti dagli ultimi provvedimenti adot-tati per stabilizzare il sistema sono inoltre rafforzati dall’intro-

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duzione del meccanismo che lega il momento del pensiona-mento effettivo all’andamento medio dell’aspettativa di vita. Unprovvedimento che il Libro Verde richiama e che in Italia è giàlegge a seguito della conversione del DL 78/2010, e a testi-monianza di come il nostro paese sia ormai all’avanguardiatra i sistemi previdenziali europei.In un quadro europeo l’UE potrebbe semmai aiutare i paesi adun monitoraggio migliore delle modifiche legate all’aspettativadi vita, monitorando tutte le diverse variabili – anche demo-grafiche - che incidono profondamente sul fenomeno. L’UEpotrebbe essere il luogo dove mettere in comune storie ed espe-rienza per arrivare utilmente ad un sistema che tenga si contodelle variabili attuariali ma che, al tempo stesso, non sia pena-lizzante per particolari categorie dei lavoratori come donne elavori usuranti. Le donne perché potrebbero essere penalizzateda un legame automatico e distinto per genere all’aspettativadi vita, avendo un’aspettativa di vita mediamente più lunga, ei lavoratori che svolgono mansioni particolarmente usuranti per-ché potrebbero essere oggettivamente impossibilitati a restarea lavoro oltre una certa età anagrafica. Su quest’ultimo tema,quello del lavoro usurante, la UIL chiede con forza che vengadata attuazione al diritto già contenuto nella Legge n. 247/07sull’anticipo del pensionamento per i lavoratori che svolgonotali mansioni.In un quadro ormai così delineato, comunque, l’invito che ricorread un’ulteriore intervento sull’età pensionabile non ha più senso.Da una parte perché pressoché tutti i paesi sono già interve-nuti in questa direzione – in Italia da ultimo con la conversionein legge del DL 78/2010 – e dall’altra perché in sistemi con-tributivi che si avvicinano molto al concetto di capitalizzazione,

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l’individuazione della data di pensionamento dovrebbe con-servare una flessibilità di fondo, permettendo ad un lavoratoredi scegliere sapendo che dalla sua scelta dipenderà anche l’im-porto del suo trattamento previdenziale.

Le proposte della UILIn un sistema contributivo, dove la prestazione previdenzialefutura è strettamente legata, anche dal punto di vista attuariale,ai contributi versati, elevare in modo obbligatorio l’età di pen-sionamento non ha alcun senso. Bisognerebbe invece lavoraresulla libertà di scelta del lavoratore. Per questo crediamo che potrebbe essere fissata una fascia dietà anagrafica entro la quale il lavoratore sia messo nelle con-dizioni di scegliere liberamente il momento del pensionamento,in base all’individuazione del quale, il trattamento sarà più omeno premiante, scontando gli effetti sia della maggiore ominore contribuzione che sia del calcolo attuariale.Il ripristino di una forma di volontarietà va contestualmenteaffiancato da un sistema di incentivi destinati prevalentementead aumentare la prestazione previdenziale per ogni anno inpiù che si decide di lavorare oltre l’età di riferimento. Accanto a ciò, e almeno per quanto riguarda l’Italia, vannoperò eliminate le distorsioni che l’attuale sistema di individua-zione dei coefficienti di trasformazione produce.Il sistema attuale presenta infatti evidenti difetti e, paradossal-mente, disincentiva implicitamente la permanenza al lavoro neiperiodi prossimi alla revisione. Lavoratori della stessa età anagrafica possono infatti trovarsi apercepire trattamenti pensionistici sensibilmente differenti aseconda del pensionamento prima o dopo l’entrata in vigore dei

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nuovi coefficienti. Producendo in tal modo l’assurdo risultato disvantaggiare e penalizzare chi ha compiuto la scelta di rimanereal lavoro rimandando il pensionamento oltre l’età legale.Proprio per ovviare a questa situazione, che rischia di produrreeffetti opposti a quelli che si intende perseguire, la UIL ritienepiù utile ragionare su coefficienti di trasformazione basati suclassi d’età e sulla speranza di vita che a quella determinataclasse è stata statisticamente assegnata. In tal modo il lavora-tore sarebbe libero di decidere, senza condizionamenti, la per-manenza al lavoro oltre l’età legale fissata, a vantaggio suo edel sistema previdenziale in generale. Su questo punto è oppor-tuna una iniziativa del Governo.

2) L’adeguatezza dei trattamenti

L’impostazione data al Libro Verde costituisce per l’UE quasi unritorno alle origini. Un ritorno a quel documento della Commis-sione Europea, datato 1997 ed intitolato “modernizzare e miglio-rare la protezione sociale nell’Unione Europea”, nel quale si chia-riva come i programmi di protezione sociale più che un peso allacapacità competitiva dell’Europa dovessero essere interpretati comeun fattore produttivo di sviluppo e di stabilità politica e sociale.Lo stesso Consiglio dell’Unione Europea già nel marzo del 2003aveva d’altra parte chiarito che i principi fondamentali su cuicostruire il sistema pensionistico dovessero essere la sostenibi-lità finanziaria, la modernizzazione e l’adeguatezza delle pre-stazioni. Sull’altare della sostenibilità finanziaria l’Europa hanel tempo e fino ad oggi sacrificato gli altri due pilastri costi-tutivi dei sistemi.

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Il concetto di adeguatezza viene ora invece chiaramente richia-mato nel Libro Verde e costituisce un tentativo di porre a livellocomunitario il problema di trattamenti pensionistici che sem-pre meno riescono a far fronte alle esigenze e alle necessitàdei pensionati europei. Secondo i recenti dati di Istat e Inps in Italia un pensionato sudue è sotto i 1.000 euro e circa il 20% del totale risulta sottoi 500 euro. Con tali numeri i pensionati italiani sono fra i più poveri d’Eu-ropa anche a causa della pesante pressione fiscale che è piùelevata rispetto a quella di altri paesi europei. Comparando,a parità di imponibile, l’importo medio di una pensione euro-pea al netto delle tasse, quella italiana è inferiore del 15%rispetto a Francia, Spagna e Germania. L’Italia è infatti il paeseeuropeo in cui i trattamenti previdenziali sono assoggettati almaggiore prelievo fiscale. Il che non sorprende se si tiene contoche nel nostro Paese circa un terzo dell’IRPEF grava sulle spalledei pensionati. A sostegno di ciò, basti considerare gli ultimidati elaborati dall’Agenzia dell’Entrate, dalla lettura dei qualisi evince che i 16,8 milioni di pensionati contribuiscono per oltreil 30 per cento al gettito dell’imposta personale sul reddito. Ciòsignifica che su 145,9 miliardi di gettito, addirittura 44,4 pro-vengono dalle tasche dei pensionati. Si tratta di uno squilibrioche non trova riscontro negli altri paesi della UE.

Le proposte della UILL’epocale crisi economica dell’ultimo triennio ha cambiato l’a-genda delle priorità, sia del sindacato che delle forze politichee del Governo. La priorità è stata quella di contenere l’impattodella crisi soprattutto sui livelli occupazionali e abbiamo impe-

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gnato il Governo a destinare molte risorse agli ammortizza-tori sociali. Oggi possiamo riprendere un confronto anche sultema dell’adeguatezza delle pensioni.Il problema dell’adeguatezza dei trattamenti pensionistici sirisolve intervenendo da una parte su una migliore indicizza-zione e rivalutazione delle pensioni e dall’altra attraverso unariduzione delle tasse sui redditi pensionistici.In Italia, per quel che riguarda il primo punto, la leggen.127/07 ha affermato un principio importante per il qualela UIL si è battuta con forza: quello di una rivalutazione legataagli anni di contribuzione effettivamente versati distinguen-dosi quindi dalle logiche assistenziali che vanno affrontatein una sede diversa da quella puramente previdenziale. Lastessa Legge n. 127 del 2007 ha affermato anche un prin-cipio fondamentale legato all’indicizzazione delle pensioni,ampliando il numero delle pensioni rivalutate integralmenterispetto all’inflazione ed introducendo la perequazione auto-matica al 100% sulle quote di pensione fino a 5 volte il trat-tamento minimo. Occorre continuare su questa strada, in Ita-lia e in Europa, per evitare che le pensioni continuino a per-dere valore nel tempo e lavorando ad un loro progressivoadeguamento. Al tempo stesso il Governo, nell’ottica della generale riformadel sistema fiscale, ha il dovere di intervenire per allegge-rire una pressione fiscale sulle pensioni che è la più alta inEuropa. Per la UIL occorre un primo intervento deciso adaumentare le detrazioni da pensione e ad equiparare la notax area dei pensionati a quella dei lavoratori dipendenti.Due interventi che andrebbero nella direzione di un fisco piùgiusto e più equo.

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3) Il futuro previdenziale dei giovani

Oltre alle pensioni in essere, però, quello che preoccupa è ancheil futuro previdenziale delle nuove generazioni. Mano a mano che il criterio di calcolo contributivo entrerà aregime, infatti, il tasso di sostituzione tra ultimo reddito da lavoroe pensione si ridurrà sensibilmente. La caduta sarà ovviamentepiù ampia per i lavoratori con carriere discontinue, con fasi dilavoro flessibile a contribuzione ridotta, con ingresso ritardatonel mondo del lavoro per lenta uscita dall’università o per squi-libri del mercato del lavoro.Per questi individui si porrà, e non solo in Italia, un problemadi povertà in quiescenza, cioè di adeguatezza della pensioneagli standard di vita minimi.

Le proposte della UILDobbiamo quindi affrontare un problema che ha caratterizzatoil mercato del lavoro dell’ultimo decennio. La flessibilità è unelemento utile ad un moderno mercato del lavoro ma, cometale, per non trasformarsi in precarietà come purtroppo è avve-nuto in questi anni, deve costare un po’ di più del lavoro atempo indeterminato. Su questo punto la politica ed anche ilsindacato hanno accumulato un ritardo che occorre rapida-mente colmare. Il tema deve essere affrontato senza ripristinarele rigidità del passato ma mettendo in condizione una gene-razione di giovani di guardare con fiducia al loro futuro.Bisogna continuare il lavoro iniziato con il Protocollo Prodi del2007, nel quale grazie all’azione fondamentale del sindacatofurono inseriti provvedimenti importanti a sostegno dei dirittiprevidenziali dei giovani. La rateizzazione decennale senza

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interessi per il pagamento del riscatto della laurea, la possibi-lità di detrazione di tale costo dal reddito del genitore in casodi riscatto precedente all’inizio dell’età lavorativa, le facilita-zioni alla totalizzazione dei periodi contributivi aperti in piùcasse (libera nel sistema contributivo e diminuzione da 6 a 3anni del requisito minimo per poter cumulare nel sistema retri-butivo e misto) e l’aumento delle aliquote contributive dei para-subordinati sono alcuni dei risultati importanti conseguiti allorae che vanno oggi incrementati e valorizzati.Una soluzione potrebbe in parte venire continuando sull’innal-zamento delle aliquote contributive sull’occupazione dipendenteflessibile (come anche per certi aspetti sul lavoro autonomo).Se non una equiparazione alle aliquote del lavoro dipendenteregolare, almeno un loro innalzamento che permetta di gene-rare pensioni di base adeguate, che escludano future pressionidi vario genere sulle finanze pubbliche nella forma di interventia sostegno di redditi che si riveleranno bassi o medio-bassi nonsolo per circostanze che abbiano impedito una sufficiente con-tribuzione al pilastro pubblico (come la disoccupazione, l’in-terruzione di carriera o la permanenza all’interno di contrattiflessibili), ma anche per una più bassa contribuzione ex-legeereditata dal passato.

4) La questione delle donne

Con il varo della recente manovra è stato notevolmente acce-lerato, su richiesta della Commissione Europea, l’innalzamentodell’età pensionabile di vecchiaia delle donne del settore pub-blico a 65 anni dal 1° gennaio 2012. Per la UIL sarebbe stato

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senza dubbio più equo il meccanismo adottato precedentementedal Parlamento che avrebbe permesso di raggiungere il mede-simo obiettivo con maggiore gradualità e flessibilità.Tale innalzamento nasce da un difetto di difesa del Governo Ita-liano in sede di dibattimento presso la Corte di Giustizia Europeain quanto non vi era in atto alcuna discriminazione tanto che lalegge permetteva alle donne di rimanere comunque al lavoro, perscelta propria, fino ai 65 anni, tanto è vero che nel 2009 l’età mediadi pensionamento INPDAP è risultata per le donne di 63,4 anni. È importante comunque che sia stata mantenuta la destinazionevincolata dei risparmi al fine di finanziare interventi dedicatialle politiche sociali e di sostegno familiare con particolare atten-zione alla non autosufficienza e alla conciliazione dei tempidi vita e di lavoro. Un accoglimento delle richieste più volteavanzate come UIL, volto ad evitare che si potesse far sempli-cemente cassa con questa misura senza intervenire per miglio-rare il lavoro femminile nel nostro paese.Le criticità che possiamo rilevare non sono tanto legate all’etàin sé quanto alle differenze di genere che ancora permangononel mercato del lavoro italiano e che si riflettono nella sfera pre-videnziale delle donne. Quanto al tasso di occupazione femminile, recenti dati OCSEdimostrano che nel nostro Paese lavora meno di una donna sudue (46,4% nel 2009 mentre nel 2008 era il 47,2%). Il tassorisultava infatti appena al 30,8% nel meridione, al 55,6% nelNord-Ovest, al 56,9% nel Nord-Est. Permane ancora nel nostro paese la tradizionale divisione deiruoli di genere che vede l’uomo responsabile del sostentamentoeconomico della famiglia, mentre la donna è dedita principal-mente alle attività domestiche e di cura.

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L’analisi della situazione attuale fotografa come il lavoro e lamaternità in Italia siano più inconciliabili che in qualsiasi altroPaese europeo. In Italia oltre un quarto delle donne occupateabbandona il lavoro dopo la maternità. Ma mentre in tutti iPaesi europei l’occupazione delle neomamme mostra un per-corso a “U”, con una forte discesa nei primi tre anni di vita delbambino e un graduale ritorno al lavoro in seguito, solo in Ita-lia il tasso d’occupazione delle donne continua a calare al cre-scere dell’età dei figli. Un segnale importante viene proprio inquesti giorni dal Parlamento Europeo che nel testo sul congedodi maternità ha proposto l’introduzione del congedo di pater-nità pienamente retribuito fino a 14 giorni. Un’innovazione chese raccolta dagli Stati potrà dare un contributo, seppur ancoraminimo, ad una migliore conciliazione lavoro/maternità per ledonne. Ricordiamo infatti che in Italia il congedo parentale pergli uomini copre oggi solo il 30% dello stipendio e per questoè scarsamente utilizzato “costringendo” di fatto la donna adassumere per intero, o quasi, l’impegno della cura del figlionei primi mesi con evidenti ripercussioni sull’aspetto professio-nale e lavorativo.Queste caratteristiche del mercato del lavoro riguardo alledonne si ripercuotono sul loro futuro previdenziale.L’ultimo rapporto INPS evidenzia come gli assegni spettanti alledonne siano stati del 35,2% inferiori rispetto ai maschi. Ciò afronte di una spesa per il Welfare che in Italia non è sicura-mente adeguata.La stessa “Relazione Generale sulla situazione economica delPaese 2009” dimostra come nella Ue a 15 l’Italia risulta, insiemecon la Spagna e il Portogallo, fanalino di coda per la spesasociale in rapporto al prodotto interno lordo. Per la famiglia e

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la maternità l’Italia spende infatti solo l’1,2% del Pil, quandoin Europa si spende decisamente di più (2,1% nella Ue a 15 e2,0% nella Ue a 27).La penalizzazione previdenziale delle donne è una risultanzadiretta di percorsi lavorativi che vedono le donne pagare, oltreche proprio la difficoltà di conciliazione del posto di lavoro conla maternità, anche il maggior lavoro nero cui sono esposte e– una volta entrate nel mercato del lavoro legale – carriere piùlente condizionate inevitabilmente dalla minore disponibilità ditempo da dedicare al lavoro. Inoltre il ricorso massiccio a con-tratti di lavoro atipici incide pesantemente non solo sulla pro-pensione alla maternità (e la nostra attuale dinamica demogra-fica ne è la prova) ma anche sulla continuità occupazionaledelle lavoratrici tant’è vero che le posizioni silenti presso gli Isti-tuti Previdenziali sono in maggioranza proprio “femminili”. Tutte situazioni che pesano sulla prestazione previdenziale finalee che sempre più peseranno quanto più ci avvicineremo a pen-sioni contributive piene. Nelle quali quindi l’importo è direttaconseguenza della contribuzione versata negli anni di lavoro.Già le riforme degli anni ’90 hanno infatti disegnato un sistemaprevidenziale che – pur mantenendo il principio della riparti-zione - si avvicina molto ai sistemi a capitalizzazione indivi-duale nei quali l’individuo accantona risparmio (contributi) rice-vendo alla fine del percorso lavorativo una prestazione figliadi quello “zainetto previdenziale” costruito durante la vita lavo-rativa e rivalutato secondo quanto previsto dalla legge. Unsistema dove ogni singolo anno, ogni singolo contributo ver-sato, incide sulla prestazione finale. È quindi chiaro che, per come è strutturato oggi il nostro mer-cato del lavoro, le donne sono maggiormente penalizzate dal

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punto di vista previdenziale e le barriere opposte dalle varieriforme al cumulo tra redditi e pensioni ai superstiti non ha certoaiutato mentre l’estensione del riconoscimento della contribu-zione di maternità anche per donne inoccupate, pur importante,non basta a colmare il divario. Tanto che le donne tutt’oggi sicollocano spesso al di sotto dei 25 anni di contributi versati ead essere maggiormente presenti nelle prestazioni di tipo assi-stenziale. Occorre inoltre considerare come le donne vivanostatisticamente più a lungo degli uomini e, pur non essendovidifferenze di genere nei coefficienti di trasformazione, questacondizione le porta ad una maggiore esposizione al rischio diprogressiva perdita del potere d’acquisto dei trattamenti.

Le proposte della UILPer la UIL il riconoscimento dei crediti figurativi per la mater-nità deve essere esteso anche al lavoro di cura comprendendo,ad esempio, quello rivolto ad anziani e malati per la cura deiquali i ruoli di genere sono ad oggi orientati a riconoscervi prio-ritariamente le donne.D’altra parte va anche detto che il sistema contributivo può,rispetto al retributivo, limare alcune sperequazioni. Le donne,come detto, presentano infatti una dinamica retributiva moltopiù lenta e il differenziale con le retribuzioni degli uomini cre-sce esponenzialmente nel tempo. Un sistema di calcolo cheprende in considerazione solo gli ultimi anni di carriera – comeappunto il retributivo – è evidente che, mediamente, possa favo-rire l’allargamento della forbice tra generi che può esserealmeno in parte attenuata dal funzionamento della capitaliz-zazione composta dei contributi tipico del sistema contributivo.Resta comunque imprescindibile il potenziamento di una rete

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di welfare familiare che consenta di proseguire il lavoro senzarinunciarvi per la necessità di svolgere altri compiti, peraltronon retribuiti. Nel sistema previdenziale attuale non possiamopoi – per una valutazione complessiva – non tener conto degliaspetti legati alla previdenza complementare.Da questo punto di vista i dati per le donne sono chiari: sonoiscritte appena il 33,9% del totale degli aderenti ancora menoal Sud e nelle Isole (12,5%). Bisogna quindi ancora diffonderela previdenza complementare al fine di rafforzare i trattamentipensionistici futuri.A questa criticità vanno inoltre aggiunte le difficoltà di ordineattuariale che le donne incontrano al momento della conver-sione in rendita del montante dove scontano spesso un’aspet-tativa di vita più lunga rispetto agli uomini e, quindi, una ren-dita periodica più bassa.La Direttiva 2004/113/CE prevedeva infatti che gli Stati mem-bri provvedessero affinché il fatto di tenere conto del sesso qualefattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativie di altri servizi finanziari non determinasse differenze nei premie nelle prestazioni ma stabiliva anche, al comma 2 dell’articolo5, che gli Stati membri potessero comunque decidere di consen-tire differenze proporzionate nei premi e nelle prestazioni indivi-duali ove il fattore sesso sia determinante nella valutazione deirischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici.Da un altro punto di vista è opportuno poi richiamare il fattoche la rendita di previdenza complementare – a differenza diquella pubblica – non è automaticamente reversibile. La sceltaeventuale di una rendita reversibile ad un superstite è infattiopzionale e sconta un costo sulla determinazione della presta-zione al momento della conversione in rendita. Un costo che

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spesso può scoraggiare il pensionando facendolo optare peruna tipologia di rendita che non prevede reversibilità a sca-pito in modo particolare delle donne.

5) La portabilità dei diritti previdenziali pubblici e privati

Strettamente connesso all’adeguatezza dei trattamenti è il temadella portabilità dei diritti previdenziali. Sia acquisiti (portabi-lità delle prestazioni sancita dalla Sentenza della Corte di Giu-stizia n. 139/1982) che in fase di accumulo contributivo. Por-tabilità da quest’ultimo punto di vista sia transfrontaliera che“inter-casse” all’interno dei singoli Stati nazionali. Già il Trattato di Amsterdam del 1997 all’articolo 42 prevedevaun coordinamento dei regimi previdenziali nazionali con l’obiet-tivo di garantire la libertà di circolazione dei lavoratori migranti.Strumentale alla realizzazione di questo disegno è il principiodi cooperazione amministrativa imposto, dall’articolo 40 del Trat-tato, agli Enti Previdenziali dei singoli paesi membri.Di grande rilievo in quest’ottica è in particolar modo il princi-pio di totalizzazione, previsto dal Trattato stesso e dai Rego-lamenti n. 1408/1971 e 574/1972, che implica il cumulo ditutti i periodi assicurativi presi in considerazione dalle varie legi-slazioni nazionali (comprese eventuali contribuzioni figurative),sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioniche per il calcolo stesso di quest’ultime. È infatti evidente che il meccanismo delle totalizzazioni dei ver-samenti contributivi accantonati in diversi enti previdenziali èindispensabile in un mercato del lavoro sempre più disconti-nuo e frammentato.

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Le proposte della UILSul versante dei singoli paesi vanno quindi eliminati gli osta-coli che ancora si frappongono ad una completa ricostruzionedei periodi assicurativi, ivi compreso il periodo minimo di con-tribuzione in ciascuna cassa. D’altra parte, sul versante comu-nitario, occorre che gli enti Previdenziali europei arrivino aduna vera condivisione delle rispettive banche dati (come già inparte accade tra Italia e Germania dove l’INPS e la DRV hannodato luogo ad un sistema di scambio telematico di pratiche edazioni che non ha pari a livello europeo, che porta notevolimiglioramenti in termini di efficienza, di rapidità dei tempi, diassenza di errori. Tra le varie iniziative, anche il vicendevoleaccesso telematico agli archivi, in modo da poter ricostruire l’in-tero excursus lavorativo dei nostri utenti e garantire loro la pen-sione), facilitando al meglio le totalizzazioni transnazionali. Nonbasta il pur positivo Coordinamento dei regimi di sicurezzasociale della direzione generale Occupazione, affari sociali epari opportunità della Commissione europea. In un’epoca doveormai le informazioni sono tutte in formato elettronico questanon è più un’utopia ma una necessità alla quale rispondere ade-guandosi ad un mondo del lavoro profondamente cambiato edestremamente liquido. Sia all’interno degli stati che, ormai,anche a livello europeo e sovranazionale. Per quanto attiene la governance degli Enti Previdenziali, que-sta va orientata verso un sistema duale efficiente che valorizziil ruolo e il compito delle parti sociali. Per l’Italia bisogna com-pletare il riordino degli Enti avviato con l’ultima manovra finan-ziaria e completare la riforma della governance assegnandoai CIV compiti più precisi di indirizzo, verifica degli obiettivi evigilanza.

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La portabilità riguarda anche i diritti in maturazione di previ-denza integrativa e complementare. Su questo aspetto speci-fico permangono ancora grosse difficoltà. Nel 2008 da un’in-dagine del CEIOPS risultavano appena 70 casi di attività tran-sfrontaliera con soltanto 21 stati ospitanti. Il problema è soprattutto sul versante fiscale e quindi sia sulladeducibilità della contribuzione che sulla tassazione delle pre-stazioni. Meccanismi di tassazione fra i paesi diversi tra lorosono un ostacolo alla libera circolazione delle pensioni com-plementari. Un problema non di poco conto visto che la poli-tica fiscale è riservata dai Trattati europei alla competenza deisingoli Stati e non può quindi efficacemente essere affrontatada una direttiva comunitaria.È evidente che un sistema che si basa sull’esenzione in ingressoin caso di trasferimenti di residenza va talvolta in conflitto conil fatto che il paese che ha concesso l’esenzione si riservacomunque di applicare la tassazione sulla prestazione finale.L’omogeneità del trattamento fiscale è quindi condizione indi-spensabile per una portabilità libera da condizionamenti.Anche per questo motivo riteniamo che anche l’Italia debbastrutturare un sistema basato sulla sola tassazione della pre-stazione, eliminando l’imposta che oggi grava sui rendimentiannuali penalizzando i nostri Fondi pensione.Anche le convenzioni bilaterali contro la doppia imposizioneandrebbero riviste, sul modello di quella recentemente siglatatra Italia e USA (per effetto di tale disposizione viene ricono-sciuta da parte di un residente di uno Stato contraente chepresta un’attività lavorativa nell’altro Stato contraente la dedu-cibilità dei contributi versati dal lavoratore a fondi pensioneesistenti nello Stato contraente di origine del lavoratore. I con-

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tributi versati dal datore di lavoro sono deducibili dal redditoimponibile dello Stato di residenza. La convenzione precisache la quota di contributi deducibili è stabilità in misura nondiscriminatoria sicché il soggetto non residente potrà dedurrei contributi nella stessa misura secondo cui sono deducibili perun residente. È inoltre previsto che la quota a carico del datoredi lavoro sia deducibile dal reddito del datore di lavoro nelloStato in cui esercita l’attività il lavoratore), prevedendo normespecifiche sulla previdenza complementare. Così da eliminareinterpretazioni penalizzanti - da ultima quella fornita dall’a-genzia delle entrate ad un cittadino residente in Germania maiscritto ad un FP italiano. La risoluzione dell’Agenzia delleEntrate n. 40/E del 17 febbraio 2009 sulla tassazione delleprestazioni di previdenza complementare in forma di capi-tale. Qui l’Agenzia segna una differenza importante tra pre-stazione in rendita e prestazione in capitale. Secondo l’Agen-zia delle Entrate, infatti, le prestazioni di previdenza integra-tiva corrisposte in un’unica soluzione – forma capitale - rica-dono nell’ambito di applicazione dell’art. 15 del Trattato esarebbero pertanto assimilabili ai redditi di lavoro dipendenteper i quali è prevista una tassazione concorrente (ossia primanel Paese in cui è stata effettuata la prestazione e, successi-vamente, nel paese di residenza del prestatore che, al fine dieliminare la doppia imposizione, riconoscerà un credito d’im-posta per le imposte pagate nel primo Stato). Non quindi nel-l’articolo 18 dello stesso che equipara le prestazioni di pre-videnza complementare in forma di rendita a dei veri e pro-pri trattamenti pensionistici e, pertanto, tassati solo nel paesedi residenza del percettore. È evidente la penalizzazione dalpunto di vista fiscale per chi accede alla prestazione in forma

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capitale magari non per scelta ma perché non ha raggiuntoi requisiti previsti dal d.lgs 252/05 per l’accesso alla rendita.Entrambe le prestazioni, sia capitale che rendita, sono riferi-bili a nostro avviso alla stessa natura contributiva e previden-ziale e, pertanto, meritevoli di essere trattati a livello fiscalecome i trattamenti pensionistici, al riparo da qualsiasi dop-pia imposizione. Tra l’altro pur se la risoluzione dell’Agenziaè riferita ad un soggetto residente in Germania e, quindi, almodello di convenzione in vigore tra Italia e Germania in osse-quio al modello di convenzione OCSE, si deduce che le indi-cazioni interpretative fornite sono analogicamente estensibilia tutti quegli stati che abbiano stipulato con l’Italia una con-venzione contro le doppie imposizioni che si ispira allo schemain questione. L’Agenzia delle Entrate, infatti, prendendo spuntoda una fattispecie precisa, fornisce istruzioni e principi che ,verosimilmente, andranno estesi anche ad altre convenzionipurché riferibili al modello analizzato. Un’interpretazione cherischia di alterare gli equilibri e che fa sorgere l’esigenza diuna regolamentazione fiscale internazionale più omogeneae lineare di tutti i trattamenti di previdenza complementare.Anche attraverso un processo di convenzionamento ad hocda individuare con tutti i paesi dove significativa è la presenzadi casi simili e, comunque, di sistemi di previdenza integra-tivi di quella pubblica.

6) La previdenza complementare

Sempre in relazione ai regimi privati i fondi pensione copronocirca il 25 % della popolazione attiva dell’UE e gestiscono atti-vità il cui valore raggiunge i 2.500 miliardi di euro, ovvero circa

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il 29 % del PIL dell’Unione. Tali enti svolgono, unitamente aglialtri enti finanziari, ormai un ruolo fondamentale nell’econo-mia europea.In seguito alla fase acuta della crisi, il recupero dei mercatifinanziari ha portato a rendimenti più elevati e a ratio patri-moniali in crescita, in particolare dopo il terzo trimestre 2009.La crisi, tuttavia, ha colpito il ruolo dei fondi pensione in quantoinvestitori istituzionali e ha parzialmente incrinato la fiduciadegli aderenti nei loro confronti determinando un calo gene-ralizzato delle adesioni.Il passaggio ora in atto in tutta Europa, ed in Italia in stato moltoavanzato, dai sistemi a prestazione definita a quelli a contri-buzione definita, ha messo al riparo i lavoratori da rischi con-creti di insolvenza e di default dei sistemi previdenziali azien-dali. D’altra parte, come è ovvio, ha trasferito interamente sullavoratore sia il rischio di insolvenza da parte del datore dilavoro (omissioni contributive) sia quello legato ad un penaliz-zante andamento degli investimenti.Per quanto riguarda il primo aspetto in Italia è stata importantel’avvio, in attuazione della direttiva 80/987/CEE, del Fondodi Garanzia INPS per la previdenza complementare finanziatocon una quota del contributo di solidarietà pagato dai datoridi lavoro sulle somme versate alla previdenza complementare.Si tratta di uno strumento fondamentale a garanzia dei lavo-ratori iscritti ai Fondi contro il rischio derivante da omesso oinsufficiente versamento, da parte del datore di lavoro insol-vente, dei contributi alle forme di previdenza complementare. Per rispondere al rischio-investimento, invece, crediamo che ilsistema italiano possa essere utilmente preso ad esempio inEuropa.

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La direttiva 2003/41/CE ha il pregio di indicare un percorso.L’introduzione del criterio di investimento secondo il principiodella persona prudente (art. 18 par. 1) costituisce un passoavanti importante ed è servito per spostare l’attenzione di moltiattori previdenziale sull’aspetto qualitativo dell’investimento.Rimangono però numerose lacune che limitano l’efficacia delladirettiva nella regolamentazione degli investimenti. Pensiamoin particolar modo alla mancata definizione del termine “mer-cati del capitale di rischio”. Lo stesso CEIOPS ha dovuto rinun-ciare ad un orientamento specifico, stante la diversità e l’estremavariabilità di interpretazioni presenti.Da questo punto di vista va detto che in Italia la legislazioneche mira a tutelare l’investimento previdenziale è stata parti-colarmente efficace. Il sistema dei Fondi Pensione italiani hainfatti retto anche a fronte di una crisi di proporzioni straordi-narie come quella attuale. L’attività della governance dei Fondi,la diversificazione degli investimenti e i limiti determinati daldecreto n. 703 del 1996 hanno messo al riparo l’investimentodei Fondi Negoziali dalle tempeste finanziarie. Questo a dimo-strazione di come sia efficace il controllo della gestione ope-rato dagli organi di governance dei Fondi Pensione negozialie di come il DM n. 703/96, nonostante necessiti di alcuni aggiu-stamenti, abbia risposto bene alle necessità di un investimentoprevidenziale e non finanziario. Perché però un sistema di tutelefunzioni è necessario che la vigilanza sia forte. In Italia la pre-senza di un’autorità unica, specifica ed indipendente sul set-tore ha garantito gli iscritti. Ecco perché riteniamo che il lavoroche in Europa può svolgere il CEIOPS – e più in particolarel’OPC, Occupational Pensions Committee, costituito al suointerno - deve sempre più rappresentare un valido contributo

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per la creazione di un solido quadro normativo finalizzato all’a-dozione di efficaci pratiche di vigilanza, offrendo una cono-scenza chiara e completa della situazione del mercato e dellesue esigenze. Tra l’altro l’articolo 21, paragrafi da 1 a 3 delladirettiva 2003/41/CE, già prescrive l’esigenza di una coope-razione più intensa tra la Commissione Europea e le autoritànazionali di vigilanza. Previsione che ha dato impulso al Pro-tocollo di Budapest del febbraio 2006 recante impegni di col-laborazione tra le autorità nazionali competenti degli Stati mem-bri dell’UE in modo particolare per le attività e la supervisionedegli enti pensionistici aziendali o professionali che operanoappunto in ambito transfrontaliero. Questo protocollo lungi dal-l’essere la soluzione a tutti i problemi costituisce però una buonabase di partenza sulla quale incardinare ulteriori rapporti e svi-luppi di politica di vigilanza comune. D’altra parte il processoverso la definizione di autorità europee per la vigilanza finan-ziaria previsto dal Trattato di Lisbona, prevede già l’avvio apiena attività dell’EIOPA European Insurance and Occupatio-nal Pensions Authority con finalità di vigilanza comune sullaprevidenza complementare europea e di luogo di interazionee confronto tra le singole autorità nazionali. Nel mese di set-tembre il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo aquesto progetto che nel 2011 dovrebbe entrare definitivamentein vigore fornendo alle nuove ESA - European SupervisoryAuthority - tra le quali anche l’EIOPA, poteri anche di vigilanzadiretta e di intervento fattivo e concreto sui fondi e sui mercati.La via europea sembra quindi essere quella di una vigilanzaunica sul settore come in Italia già accaduto con l’accentramentoin capo alla COVIP della vigilanza di tutte le forme pensioni-stiche complementari.

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Le proposte della UILIn materia di previdenza integrativa riteniamo che l’esperienzae l’assetto italiano possano rappresentare un modello da esten-dere efficacemente a livello europeo ben al di là della diret-tiva 2003/41/CE e sempre tenendo presente una distinzionefondamentale: quella tra investimento finanziario e risparmiodi natura previdenziale che, rispondendo ad un bisogno socialeprima ancora che economico, non può essere trattato alla stre-gua di una speculazione ma necessita di garanzie e tutelediverse che sappiano coniugare le aspettative di crescita e diredditività ad un contenimento dei rischi efficace e costante. Potrebbe essere avviato un confronto comune sugli investimentiimmobiliari che – rivedendo in parte alcune limitazioni di leggeoggi presenti in alcuni paesi membri - potrebbero costituire peril futuro uno scenario maggiormente percorribile dai Fondianche per mettersi al riparo dalle eccessive oscillazioni dei mer-cati finanziari. Stesso discorso per quanto riguarda gli investi-menti cosiddetti istituzionali, orientati verso il tessutoterritoriale/imprenditoriale o verso opere infrastrutturali e chepossono fare dei fondi negoziali un veicolo di sviluppo e diammodernamento, non solo del sistema economico e produt-tivo dei singoli Stati ma anche delle infrastrutture comunitarie.Da valutare, sempre al fine di contenere al massimo i rischi, anchemeccanismi automatici o semi automatici di tipo life cycle nei qualila rischiosità del comparto di investimento viene dosata in relazioneall’età anagrafica e alla vicinanza del momento del pensionamentoriducendo il rischio quanto più l’età pensionabile si avvicina. Per costruire un sistema veramente sicuro si può poi utilmentelavorare ad una rete che tuteli dai rischi principali di insolvenzae default dei Fondi pensione.

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Un recente studio della Banca d’Italia di Giuseppe Grande edIgnazio Visco del giugno 2010 si è concentrato su una possi-bile risposta pubblica ai rischi sopra descritti valutando la pos-sibilità che lo Stato possa offrire una garanzia di rendimento,pagata dagli aderenti tramite premi.Per la UIL - evitando il coinvolgimento pubblico in un sistema pre-videnziale integrativo che è complementare a quello pubblico enon sovrapponibile ad esso – sarebbe più opportuno lavorare aduna sorta di Fondo di Garanzia, anche a livello europeo, che conil finanziamento di poste di bilancio degli stessi Fondi Pensione,e non della fiscalità pubblica, possa garantire i lavoratori iscrittidai rischi di insolvenza o dai fallimenti dei Fondi stessi. Il tuttoponendo in essere presìdi adeguati volti all’esclusione di compor-tamenti opportunistici ed eccessi di rischio dovuti all’esistenza diuna qualche forma di garanzia, anche rafforzando la vigilanzadella COVIP sugli investimenti. Proposte che possono a nostro parere aprire una discussione inte-ressante e che comunque dimostrano come il dibattito per miglio-rare gli strumenti di investimento legati alla previdenza comple-mentare stia trovando, sia a livello nazionale che comunitario,dopo la crisi un nuovo slancio teso ad evitare che le fluttuazionidei mercati espongano eccessivamente al rischio i livelli delle pre-stazioni previdenziali cui hanno diritto gli aderenti.Per quanto riguarda più nello specifico il dibattito in corso sullanormativa di solvibilità va detto che i criteri in questo caso non pos-sono essere variabile indipendente dell’orizzonte temporale spe-cifico dei fondi pensione. Una garanzia di solvibilità di breveperiodo (Solvency II dal 2012) non è idonea ad un investimentodi tipo previdenziale che necessita di un ragionamento specifico,in futuro anche nell’ambito di un miglioramento della direttiva IORP.

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Prioritario per un vero sistema europeo della previdenza com-plementare e della sua tutela è però arrivare ad un criterio omo-geneo circa le regole di informazione e di trasparenza. Attual-mente i criteri di informazione e trasparenza nei confronti degliiscritti – ma anche nei confronti delle rispettive autorità – risul-tano essere in Europa profondamente diversi. La stessa diret-tiva IORP prevede solo standard minimi di informazionerestando su questo punto assai debole. Chiediamo quindi allaCommissione Europea che nell’ambito della revisione della diret-tiva 2003/41/CE, si adoperi per garantire ai lavoratori dipen-denti di essere informati direttamente sulla tipologia e i rischidi investimento dei loro fondi pensione. Bisognerebbe lavorarein questa direzione, perseguendo un maggior coordinamentoeuropeo sulle informazioni (compresa una rappresentazionechiara dei costi) e la documentazione da fornire ai potenzialiiscritti anche in attività transfrontaliera. Sempre tenendo pre-sente le necessità di chiarezza delle comunicazioni.La COVIP in Italia riconosce già nelle direttive generali le esi-genze di semplicità dell’informazione imposte dalle caratteri-stiche peculiari, per ampiezza e composizione, della platea disoggetti cui le forme pensionistiche complementari si rivolgonoe, soprattutto, dalla natura e dalla finalità particolarmente pro-tetta di tali investimenti. I princìpi che vengono privilegiati dalledirettive sono così quelli di accessibilità, sinteticità e immedia-tezza delle informazioni fornite anche attraverso l’uso di un lin-guaggio più semplice e diretto - dunque puntando anche sullacomunicazione via web - rispetto a quello impiegato nei docu-menti informativi tradizionali. I servizi che i Fondi italiani hannomesso in campo via web, come anche il prospetto esemplifi-cativo personalizzato che permette – per ogni tipologia di inve-

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stimento – di avere un’idea di quale potrà essere la prestazionefinale attesa, risultano proprio volti ad informare prontamentein modo chiaro e facilmente interpretabile, oltreché consulta-bile, il singolo aderente ma anche l’azienda. Trasparenza, chia-rezza e dialogo continuo. Lo stesso indicatore sintetico dei costi,previsto nel nostro paese dalla COVIP permette di superarequelle zone d’ombra che caratterizzavano l’indicazione dei costidelle forme pensionistiche di tipo assicurativo. La trasparenzadei costi che ne deriva e sulla quale occorre quindi lavorareanche a livello comunitario è determinante al fine di permet-tere una scelta consapevole al lavoratore ed è, inoltre, un puntoa favore del mondo dei negoziali che hanno sicuramente costiminori rispetto alle altre forme.Adeguate informazioni sui Fondi pensione Negoziali, senzacreare un servizio di consulenza ad hoc, sanno in Italia pron-tamente fornirle sia i patronati che le fonti istitutive le qualialmeno nel nostro sistema effettuano già a monte una valuta-zione di adeguatezza e rispondenza del tipo di investimentoper le categorie dei lavoratori cui si riferiscono rendendo super-fluo ed inutile per queste forme qualsiasi discorso legato all’e-stensione degli obblighi MIFID.

Il futuro previdenziale europeo

Per la UIL l’obiettivo è quello di una progressiva denazionaliz-zazione del rapporto previdenziale. Le tensioni - finanziarie,demografiche, occupazionali, economiche ecc. – sono sempremeno questioni nazionali ed interessano in maniera comune tuttii cittadini dell’Unione. Dal 1999, anno dell’adozione da parte

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della Commissione della comunicazione “una strategia concer-tata per modernizzare la protezione sociale” nella quale si fis-savano i cardini dell’azione di coordinamento, molta strada èstata fatta e i sistemi previdenziali europei sono stati sollecitati,anche grazie all’azione comunitaria, ad un progressivo miglio-ramento. La politica di coordinamento in materia previdenzialeoggi non basta più, soprattutto se paragonata a quella sull’oc-cupazione, anche perché in questi anni ha sempre trovato legit-timazione, diciamo implicita, nelle singole decisioni prese e nonsi è mai potuta basare davvero su un sistema di raccolta ed ana-lisi dati efficiente. Una carenza che ha sempre reso difficile l’a-dozione di raccomandazioni mancando una base tecnica in basealla quale misurare il conformarsi o meno degli stati alle richie-ste e agli obiettivi individuati. Il carattere di soft governance delmetodo di coordinamento aperto previdenziale se ha certamenteavuto i suoi meriti necessita di un salto di qualità importante chelo avvicini al funzionamento del più strutturato processo di Stra-tegia Europea per l’Occupazione (SEO).Un passo verso una politica previdenziale europea che può edeve essere una legittima aspirazione futura dell’UE, in gradodi rafforzarne il ruolo ed il peso politico ed economico. È que-sto uno dei compiti di quel Governo Europeo che la UIL chiede,e che meglio di chiunque altro potrebbe rispondere alle crisieconomiche e a shock sociali ormai rigorosamente sovranazio-nali. Una politica economica e sociale comune di cui la previ-denza, e più in generale i sistemi di welfare, sono un fattorecaratterizzante e determinante.La strada da perseguire per il futuro è quindi quella di un coor-dinamento più efficace e di consultazioni partecipate che pos-sano dar vita non a semplici pareri e raccomandazioni ma ad

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una vera e propria Direttiva Europea che sia in grado, in modoorganico, di vincolare gli Stati al raggiungimento di obiettiviprevidenziali comuni. Obiettivi che, insieme alla sostenibilitàfinanziaria, puntino a pensioni giuste ed adeguate in grado digarantire i bisogni di milioni di pensionati europei che – dopouna vita di lavoro in cui hanno dato un contributo determinantealla crescita economica e sociale dell’Europa – non possonoessere lasciati esposti al rischio di povertà. Già con la Conven-zione Europea approvata dopo il Consiglio Europeo di Laecken,si afferma la sicurezza sociale come diritto del cittadino euro-peo. Il collante dell’Unione Europea, infatti, deve essere l’in-sieme di valori, economici, sociali e civili. L’UE dovrà altresì trovare la sua piena realizzazione in istitu-zioni europee che siano veramente sentite dai cittadini comeinterlocutrici delle loro istanze. Istituzioni che siano quindi capacidi dare risposte concrete e lungimiranti per far fronte ai pro-blemi di un’Unione più grande e quindi maggiormente etero-genea al suo interno. E qui c’è la necessità di costruire un veroe proprio sindacato confederale europeo che sappia interlo-quire con le istituzioni comunitarie. Credo che CGIL, CISL e UILdebbano farsi promotrici già in occasione del prossimo Con-gresso della CES di un’iniziativa che affermi questa idea e que-sto ruolo del sindacato europeo.Solo vincendo questa sfida potremo sognare un’Europa comu-nità che con la sua forza di coesione potrà essere capace dipromuovere una sincera condivisione dei valori democratici.Affermando un modello che sconfigga neonazionalismi e par-ticolarismi quasi sempre figli del disagio e dell’esclusione e cometali destinati ad aumentare se non sapremo lavorare per l’at-tenuazione delle sperequazioni economiche tra Paesi e per la

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riduzione delle aree di disagio, garantendo a tutti pari possi-bilità di sviluppo e di benessere.La costruzione di un collante comune necessita del passaggiodall’Europa dei Trattati all’Europa dei cittadini. Ad un’Unioneche con il rafforzamento delle sue istituzioni, della sua politicae della sua capacità di decidere e di orientare gli Stati, con-tribuisca a diffondere quel sentire comune, quella condivisionedi valori che è fondamentale per il suo avvenire.Per costruire l’Europa politica come la UIL la immagina da tantianni c’è bisogno di parlare di economia, di società, di cittadi-nanza ma dobbiamo essere consapevoli che tutto questo ènecessario ma non sufficiente. C’è un’immagine evocata daAntoine de Saint-Exupéry che ci aiuta a comprendere quelloche dobbiamo fare: “Se vuoi costruire una barca, non radu-nare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartireordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infi-nito”.Per costruire l’Europa dobbiamo evocarla e farla vivere tra icittadini come nuova Patria comune.

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Antonio MASTRAPASQUA(Presidente INPS)

R ingrazio prima di tutto Domenico Proietti perché raramenteci sono momenti nei quali si possa discutere di previdenza

in modo sereno, senza preconcetti o secondi fini.La materia della previdenza è delicatissima, forse per troppianni è stata strattonata, violentata, spesso chi parla dimenticache ogni parola che si spende sulla previdenza ha un impattosu milioni di persone. Da quando ho assunto il ruolo di Presi-dente dell’Inps ho cercato di tenere sempre presente questo ele-mento passando anche spesso, quantomeno per alcuni, cometroppo accorto e moderato.Ma quando si parla di previdenza credo che l’approccio debbaessere cauto e non credo si debba pensare al risalto che leparole dette possano avere o meno sui giornali, ma a quelloche invece si produce effettivamente nel momento in cui si fannodelle scelte importanti per milioni di persone. Il cantiere previdenziale è rimasto aperto per tantissimi anni.Partito con Amato e Dini penso che oggi possa ritenersi vero-similmente e sostanzialmente terminato anche se il dibattito èsempre in corso e guarda costantemente ad aggiustamenti chepossono ancora essere apportati per migliorarne il complesso.Domenico Proietti nella sua relazione ha sollevato il problemadi una più efficace distinzione tra spesa previdenziale e spesaassistenziale. Noi assistiamo ad un dibattito che tende ancoraa mostrare che le spese previdenziali pesano tra il 14 e il 15%del PIL, mentre è certificato, anche se non sempre detto, che la

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nostra spesa previdenziale reale si attesta intorno all’11% delPIL. Siamo quindi perfettamente nella media europea e nondirlo con chiarezza significa viziare in origine il dibattito inmateria partendo da un assunto non vero.La stessa cosa vale nel momento in cui si parla della media dellepensioni italiane. Nella media sono contemplate le pensionisociali e quelle di invalidità. Quindi quando si parla di tratta-menti previdenziali mediamente molto bassi bisognerebbedepurare la media di tutte le voci assistenziali che inficiano lapercentuale facendola scendere più del reale. Oggi, come ricordava anche Proietti nella sua relazione ini-ziale, l’economia non parla più per il singolo stato, ma si parlanell’ottica di finanziarie europee e di scelte che non possonoche esaminarsi in un ambito comunitario. Forse la previdenzaè una delle ultime questioni che vengono ancora per lo piùdibattute totalmente all’interno dei singoli Stati membri. Bisogna invece sollecitare l’Europa ad una direttiva in mate-ria. Se infatti in Francia, proprio in queste ore, si protesta perportare l’età pensionabile da sessanta a sessantadue anni men-tre l’Italia l’ha già di fatto portata a sessantasei, c’è qualchemeccanismo che non funziona al meglio nell’Unione Europea.Soprattutto se ragioniamo nell’ottica di favorire la mobilità deilavoratori all’interno dell’UE, non possiamo continuare ad averedifferenze così profonde tra le varie legislazioni nazionali chevanno invece progressivamente armonizzate.Anche per quel che concerne sia la sostenibilità e l’adegua-tezza, ritengo che ci sia bisogno di promuovere un momentodi informazione chiara su tutto il funzionamento del sistema.Io stesso ho difficoltà a comprenderne l’intero funzionamento.Non oso immaginare quanto possa esserne difficile la compren-

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sione per un ragazzo che inizia a lavorare e deve sapere ache gestione è iscritto, che regime previdenziale gli viene appli-cato, che succede se riscatta e mille altri aspetti.Bisogna informare le persone ma soprattutto i giovani se si vuolefar decollare la previdenza complementare. Se si vuole spie-gare che cosa è il riscatto della laurea e cosa comportano diecianni senza interessi per il relativo pagamento. Sul riscatto dellalaurea, ad esempio, siamo fermi ancora a dodicimila domandel’anno, ed è una percentuale bassissima rispetto alla conve-nienza che ne deriva. Io spesso invito i nonni o i genitori a rega-lare il riscatto della laurea ai propri nipoti o figli. Il messaggiostenta però a passare e a diffondersi e temo che si vada versouna disaffezione nei confronti della previdenza obbligatoria.L’Inps sta agendo prudentemente, nonostante qualcuno vorrebbeun Istituto più coraggioso. Stiamo inviando i Pin per accederealla propria posizione previdenziale, stiamo cercando di met-tere tutti in grado di leggere il proprio estratto conto previden-ziale. A breve saremo anche in grado di varare il Casellarionel quale si avrà una visione completa della posizione, com-prese le posizioni accantonate in più gestioni. Tutto questo perònon è ancora sufficiente. Tutte le organizzazioni e gli operatori istituzionali e di settoresono chiamati ad immaginare qualcosa di diverso, perché nonsi può lasciare agli attori privati questo compito.Noi abbiamo il dovere di cercare di dare un segnale alle gio-vani generazioni. Quelle interessate dal sistema contributivo eche hanno maggior bisogno di educazione previdenziale. Dalsistema contributivo non si torna più indietro e quindi va spie-gato e fatto conoscere per coglierne le opportunità. Non vor-rei che si iniziasse invece un dibattito sulla bontà o meno del

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sistema contributivo con il risultato che, nel frattempo, mentrei medici dibattono su quale bisturi usare il malato muoia.È vero poi che c’è un problema legato alla gestione separata manon mi piace questo dibattito che focalizza l’attenzione sul fattoche questa gestione finanzi anche altre gestioni Inps. Non è unascelta che ho fatto io ma è stata fatta cento anni fa e credo cheallora ci fosse indubbiamente maggiore serenità nelle decisioni. Se noi oggi ragionassimo sulla gestione separata come voglionoalcuni, infatti, io non dovrei più pagare la pensione ad un agri-coltore perché da lui incasso un miliardo l’anno e ne spendo tre-dici. Nessuno ne parla. Se il mondo del lavoro sta evolvendo credoche chi ha immaginato un Inps con più di trenta gestioni - total-mente solidali tra di loro a seconda dell’esigenza del momento,del paese e della sua storia - abbia fatto una scelta lungimirante.Se oggi, forse, la gestione separata sta sovvenzionando altregestioni è perché questa scelta di solidarietà ha garantito sino adoggi il sistema dai vari cambiamenti del mercato del lavoro. Sul sito dell’Inps ci sono tutte le gestioni, quelle in attivo e quellein passivo ed è giusto che sia così, sapendo che ci sono personeche in momenti storici diversi stanno sostenendo altre persone. Poi nel contributivo ognuno sarà protagonista della propria vitaprevidenziale e lavorativa. Ma criticare la tenuta sociale e previ-denziale del nostro paese partendo dalla gestione separata è un’o-perazione delicata. perché se apriamo in questo modo questodibattito ne andrebbe aperto uno simile sull’Inpdap, sui telefonici,sull’agricoltura e su tantissimi altri fondi attualmente in passivo. Ultimo tema, le donne. Sul pubblico c’è stata un’iniziativa del-l’Unione Europea che ritengo sia stata fatta con la massima pon-derazione, sul privato la cosa è però molto diversa. Oggi laforbice tra l’età media di pensionamento, di anzianità e vec-

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chiaia, dell’uomo e delle donne è di circa un anno. Per que-sto nel momento in cui si parla di innalzamento dell’età pen-sionabile delle donne nel privato, significa di fatto volerle farandare in pensione dopo gli uomini. Non tutti sanno che l’80%degli uomini oggi vanno in pensione di anzianità e il 20% divecchiaia, ma è esattamente il contrario per le donne che peril 20% vanno per anzianità e l’80% di vecchiaia e questo per-ché le donne hanno in media lavori discontinui e non hannoquindi i requisiti per andare in pensione di anzianità.Anche sulle donne uscirei dal luogo comune di dire qual è l’etàmedia di pensionamento. Vanno invece semmai valutati e valo-rizzati i montanti di contribuzione figurativa, non basta alzarel’asticella dell’età se non si mette in piedi un meccanismo chericrei equilibrio tra uomini e donne nelle dinamiche di carrierae, quindi, contributive. Il dibattito non può fermarsi al dito mabisogna guardare quello che c’è oltre. Bisogna far crescere lacultura previdenziale nel paese perché chi lavora in questo set-tore sa che andando in giro la gente chiede: ma l’Inps li ha isoldi per pagare le pensioni o può fallire? È utile o meno ver-sare i contributi? Se le persone, i giovani soprattutto, ti fannoqueste domande non credo sia importante dibattere di cosemolto sofisticate che magari non vedranno mai la luce, ma biso-gna capire in che modo e attraverso quali strumenti la poli-tica, le forze sociali, gli enti e le istituzioni preposte devono for-nire risposte chiare per far comprendere veramente il sistemaprevidenziale italiano che, con gli ultimi interventi, è ormai unodei più sicuri a livello europeo.Possiamo essere orgogliosi di questo e possiamo e dobbiamoinformare tutti della validità di un sistema cresciuto e miglio-rato negli anni fino ad essere riferimento in Europa.

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Invece, spesso, diamo delle informazioni talmente discontinuee complicate che portano a diffidare della previdenza. Una dif-fidenza e disaffezione che si traduce in lavoro nero. Noi cistiamo concentrando sulla gestione separata quando in Italiaci sono tre milioni di lavoratori in nero e non vedo nessuno occu-parsi di come riportare davvero alla legalità questo pezzo dipaese che rischia di essere condannato anche ad un futuro pre-videnziale incerto o inesistente. Quello è il vero precario, il verosfruttamento che produce anche un danno per le casse dell’Inpse dello Stato.

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Mauro MARÈ(Presidente MEFOP)

P ermettetemi prima di tutto di partire da una breve osser-vazione su quanto sta accadendo in Francia, non solo per-

ché ho una simpatia familiare per quel paese, ma anche per-ché è indicativo di uno stato confusionale che c’è sui reali temidel sistema pensionistico. Mi spiego. È evidente che ormai in materia pensionistica vi sia un conflittopalese tra le generazioni che fa fatica ad emergere, ma scop-pierà in modo devastante. Vedere dei ragazzi che esprimonogiustamente le loro opinioni contro il governo di turno ma pro-testano per l’innalzamento dell’età pensionabile, cioè contro unacosa che in realtà li avvantaggia, è quantomeno sorprendente.Non hanno capito o non gli è stato forse spiegato bene il signi-ficato e l’impatto di tale provvedimento. C’è indubbiamente unproblema di informazione. Nel corso della transizione da unsistema a ripartizione puro ad un sistema contributivo basatosu due pilastri esiste sempre il problema di chi paga realmenteil passaggio: o lo pagano i lavoratori o, altrimenti, lo può anchepagare il bilancio pubblico attraverso la fiscalità generale e,quindi, indirettamente sempre attraverso i soldi dei lavoratori.D’altra parte il conflitto generazionale che emergerà sarà dram-matico con una società che invecchia, come lo stesso GreenPaper ci mostra e con un aumento della speranza di vita cheha un trend in costante crescita. Il significato di ciò è che il peso elettorale, politico degli anzianisarà sempre maggiore. Quindi è necessario chiedersi quale

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sarà lo spazio reale per riforme pensionistiche che cercherannofra 15/20 anni di distribuire il carico sulle diverse coorti.Le riforme vanno quindi fatte il prima possibile - se c’è la forza,la sostenibilità e le condizioni politiche - perché altrimenti nonpossiamo poi condannare nessun politico se fa scelte che cer-cano innanzitutto di non andare contro il suo stesso elettorato.Quando l’elettore mediano, quello che decide, avrà non 45 annima 55 o 60 anni è evidente che peserà in misura sempre mag-giore sulle scelte che la politica è chiamata a compiere in meritoal sistema previdenziale. Il Libro Verde è molto interessante, anche se solleva alcuni temiai quali volutamente non dà specifiche risposte mantenendo piùche altro il carattere di consultazione. Ma ancora più interessantedel Libro Verde è il documento che ne accompagna il lancio enel quale ci si pone una serie di domande molto interessanti.Il primo punto da cui bisogna a mio avviso partire è: qual è ilruolo della Commissione Europea in materia pensionistica? All’i-nizio del Green Paper la Commissione afferma in modo moltochiaro che non vuole assolutamente alterare il principio di sus-sidiarietà e che, quindi, le pensioni sono e restano preroga-tiva degli Stati. Perfetto, allora se è così, mi chiedo quale siail senso di questo Green Paper. Quali poteri ha realmente laCommissione in materia di pensioni? La Commissione elaborain realtà il Green Paper restando fedele al metodo di coordi-namento aperto, ma sostanzialmente non ha poteri.I sistemi pensionistici se non sono sostenibili ed adeguati ten-dono a creare degli effetti negativi sulle finanze pubbliche. Ledifficoltà delle finanze pubbliche hanno però effetti sulle condi-zioni economiche e non solo economiche anche degli altri paesi.La Commissione sta cercando proprio per questo di sollecitare

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i paesi, attraverso un’opera di moral suation, a controllare lastabilità di finanza pubblica anche attraverso forme di gover-nance dell’economia europea. Non sto parlando necessaria-mente di un ministro del tesoro europeo, anche se qualcuno lopropose già anni fa ma una riflessione va comunque avviata.Se la Commissione in futuro non avrà poteri maggiori di rego-lamentazione, di coordinamento e forse anche diretti, diventadifficile immaginare quale potrà essere la sua azione di frontea paesi che non solo alterano i dati di bilancio ma soprattuttohanno sistemi pensionistici instabili e non sostenibili nel tempo. Occorre quindi domandarsi cosa pensino i Ventisette Paesi del-l’Unione Europea in merito ai poteri della Commissione Euro-pea in materia. Nel breve termine è impensabile qualsiasi tra-sferimento di potere al livello superiore ma è possibile almenoindividuare delle forme di governance europea più cogenti.Il secondo punto cruciale del Libro Verde è quello legato al nessofra adeguatezza e sostenibilità. Secondo la Commissione Euro-pea due facce della stessa medaglia in quanto un sistema soste-nibile dovrebbe essere anche adeguato. Devo dire che su que-sto qualche dubbio mi rimane.Prendiamo il caso Italia. Le riforme pensionistiche sono statefatte per aumentare la sostenibilità riducendo indubbiamenteil grado di adeguatezza. Il sistema contributivo offre tassi disostituzione sicuramente minori. C’è quindi sicuramente ungrado di complementarietà ma, purtroppo, c’è anche un fortetrade-off, un forte rapporto di sostituibilità fra adeguatezza esostenibilità. La sostenibilità di fatto è stata perseguita e rag-giunta riducendo il grado di adeguatezza. Allora il problemavero è come rendere un sistema pensionistico sostenibile senzaridurre l’adeguatezza.

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Nel Green Paper mi sembra che vi siano indicate sostanzial-mente due strade, una è l’aumento dell’età pensionabile. Quando l’innalzamento della speranza di vita raggiunge gli88-89 anni l’aumento dell’età pensionabile è una necessità,questione aritmetica, né di destra né di sinistra. Se uno va inpensione a sessant’anni e vive vino a novantacinque, o lavoradi più oppure deve essere disposto ad abbassare notevolmenteil tenore di vita quando va in pensione. Quindi è indubbio cheil primo punto vero sia quello dell’innalzamento dell’età pen-sionabile.Sono poi d’accordo con Domenico Proietti quando dice che inun sistema contributivo ha poco senso fissare rigidamente l’etàdi pensionamento. Con la riforma che abbiamo fatto in estate- nella relazione della UIL è detto in modo molto chiaro -abbiamo d’altra parte già legato in modo automatico l’innal-zamento dell’età pensionabile alla speranza di vita. È un elemento molto importante perché sottrae dalla discussionepolitica tutto quest’aspetto. I meccanismi automatici sono gliunici che in materia previdenziale danno una certa garanziadi applicazione e soprattutto evitano che ogni due mesi si ria-pra il cantiere infinito di discussione sull’innalzamento dell’etàpensionabile.È logico che quando la speranza di vita aumenta di 4 anni, que-sto si riflette sull’età di pensionamento. Poi si può discutere in qualemisura e se tale correlazione debba essere verificata ogni 5 o10 anni ma sicuramente trovo che sia una misura giusta.Seconda strada per aumentare l’adeguatezza è quella dellaprevidenza complementare. Nel Libro Verde se ne parla alungo, così come nella relazione di Domenico Proietti. Direi chequesta è la strada maestra pur sapendo bene la differenza fra

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primo e secondo pilastro, fra la previdenza pubblica e la pre-videnza complementare.Nel Libro Verde la seconda parte è interamente dedicata allaprevidenza complementare con l’analisi di una serie di temimolto interessanti. Ne tocco solo qualcuno molto rapidamente,in particolare quello fondamentale della portabilità transfron-taliera dei diritti previdenziali. C’è un gruppo di paesi che nonama questo argomento perché ha sistemi a prestazione defi-nita e ha fatto quindi di tutto per far saltare la direttiva sullaportabilità che va invece rilanciata perché in un mercato unicoeuropeo vero un lavoratore deve potersi muovere e portare consé i propri diritti. Altra necessità sollevata dal Libro Verde è quella di rafforzarela comunicazione via web tra paesi. La Commissione auspicache tutte le legislazioni nazionali possano essere inserite sul sitoin modo che gli operatori - cioè qualsiasi tipo di fondo pen-sione o di operatore previdenziale - possa operare anche neglialtri paesi conoscendo rapidamente la normativa in materia.E questo aspetto è sottolineato efficacemente anche nella rela-zione della UIL.Nel Libro Verde si auspica poi la creazione di un sistema euro-peo efficace di garanzia. Io sono favorevole ma deve esseremolto chiaro chi lo finanzia perché se lo fa il settore pubblicoè inutile che facciamo un sistema di previdenza privata. Si potrebbero semmai trovare forme di aiuto da parte del set-tore pubblico ma devono essere paritetiche e volontarie. I sistemidi fondi pensione, le associazioni, i gruppi e tutti gli operatoriprevidenziali devono invece pensare loro a finanziare questosistema. Non mancano i problemi (moral hazard) però sicu-ramente una rete di garanzie va pensata per evitare che, per

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effetto di una crisi finanziaria, un lavoratore si possa trovaread andare in pensione con una decurtazione del 20-30% delsuo montante.Infine, c’è l’aspetto dei silenti, della collocazione di default edell’informazione previdenziale. So che è difficile per il Mini-stero dell’Economia, del Lavoro, per l’INPS, per la COVIP o perqualsiasi soggetto, compreso naturalmente MEFOP, dire sem-pre tutta la verità sul sistema pensionistico anche quando que-sta può non essere piacevole.Però prima o poi bisogna raggiungere un livello adeguato diinformazione ed educazione previdenziale perché se noi noninformiamo adeguatamente i giovani in futuro ci riterrannoresponsabili di scelte non fatte da parte loro quando avrebberodovuto, o fatte in modo sbagliato. Quando si indigneranno per-ché non gli avremo saputo far conoscere realmente il sistemapensionistico non so davvero cosa potrà accadere da qui a ses-sant’anni. Ora manifestano contro l’innalzamento dell’età pen-sionabile ma è ovvio che poi, quando guarderanno al loro tassodi sostituzione, diranno: io non lo sapevo, non sono stato infor-mato, non ho accumulato in un sistema di previdenza comple-mentare perché non sapevo della necessità di completare ilprimo pilastro attraverso un secondo a capitalizzazione.

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Edoardo GAMBACCIANI(Direttore Generale politiche previdenziali del Lavoro)

D esidero innanzitutto ringraziare gli organizzatori del Con-vegno e la UIL per l’occasione di approfondimento e di

confronto che lo stesso offre su temi di assoluto rilievo ed attua-lità, quali sono quelli sollecitati dalla riflessione aperta con lapubblicazione del Libro Verde sulle pensioni. Il delicato argomento delle pensioni, attraverso la consultazionepubblica avviata con il Libro Verde, è stato ampiamente dibat-tuto, dalla Commissione europea, con l’intenzione di rilanciareuna strategia per la sostenibilità e per l’adeguatezza dei sistemipensionistici soprattutto alla luce della recente crisi finanziariaed economica e del crescente invecchiamento della popola-zione.In proposito mi vorrei ricollegare alle parole del presidente del-l’INPS Mastrapasqua, riguardo all’esigenza emersa nel corsodel dibattito odierno ed ampiamente condivisa dall’amministra-zione che rappresento, su quali siano le modalità operative edi tempi per portare avanti un discorso di strategia comune, alivello europeo, al fine di influire a livello comunitario anchesulle politiche previdenziali, andando oltre il cosiddettoMetodo di coordinamento aperto, basato sostanzialmente supratiche di “moral suasion”, e considerato il vincolo rappre-sentato dalla circostanza che la materia della previdenza è riser-vata alle politiche dei singoli Paesi, ossia è rimessa alla respon-sabilità di ciascun singolo Paese.Com’è noto il Metodo di Coordinamento aperto fornisce un

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nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri per far con-vergere le politiche nazionali al fine di realizzare certi obiet-tivi comuni. Ciò che emerge in maniera prioritaria dall’analisi svolta dallaCommissione Europea con il Libro Verde riguarda innanzituttoil problema della sostenibilità finanziaria dei sistemi, ossia lacapacità di un Paese di sostenere, nel medio e lungo periodola spesa delle pensioni compatibilmente con i vincoli di bilan-cio. Su questo versante il mondo della previdenza è stato chia-mato a rispondere a numerose sfide, prima fra tutte quella dellacrescita demografica, da cui la necessità di riformare i sistemipensionistici proprio al fine di assicurane la loro sostenibilità.Al riguardo, l’Italia, insieme ad altri Paesi europei, è interve-nuta con consistenti riforme.Altro obiettivo individuato a livello europeo riguarda l’adegua-tezza delle prestazioni ossia di un reddito da pensione in gradodi assicurare una vita dignitosa.Infatti, garantire l’adeguatezza sociale oggi si delinea comepunto qualificante di ogni intervento che deve essere posto inessere per andare al di là della mera sostenibilità economico-finanziaria dei sistemi.Fino ad oggi gli interventi di “aggiustamento” relativi ai sin-goli sistemi pensionistici sono intervenuti sulla base di scelteautonome dei singoli stati senza quella necessaria attività dicoordinamento e di indirizzo che invece si vuole recuperare pro-prio con questa importante iniziativa di consultazione intrapresaa livello europeo.Al riguardo, la definizione di un sistema di indicatori, condi-visi in ambito europeo, per la valutazione della sostenibilitàfinanziaria e dell’adeguatezza delle prestazioni, costituisce un

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importante ed efficace supporto alle politiche riformatrici deglistati membri cui compete, in modo esclusivo, l’adozione degliinterventi di policy in materia di prestazioni sociali. In taleambito di particolare rilevanza è stato il lavoro svolto in sedeeuropea dai Comitati di protezione sociale e politica econo-mica che ha prodotto risultati concreti ed incisivi sul versantedella sostenibilità finanziaria, soprattutto per quanto riguardail processo di invecchiamento della popolazione. Per quantoriguarda invece l’adeguatezza delle prestazioni emerge pres-sante la necessità di definire in modo condiviso puntuali indi-catori di riferimento, che vadano oltre il mero calcolo del tassosostituzione, ossia della variazione del reddito nel passaggiodalla fase attiva a quella di pensionamento. Altri fattori chedovrebbero al riguardo essere presi in considerazione sonoquelli che, in maniera diretta o indiretta, concorrono alla defi-nizione del reddito effettivamente disponibile, quali ad esem-pio, le misure di sostegno del reddito degli anziani, l’assistenzasanitaria, gli interventi assistenziali in servizi, la casa di pro-prietà, tanto per citarne solo qualcuno.La riflessione in ordine ai due obiettivi fondamentali, di soste-nibilità e adeguatezza richiamati più volte, la cui sintesi è nelpiù ampio concetto di sostenibilità sociale, si sposta poi sull’a-nalisi degli strumenti operativi. Al riguardo, un’attenta valuta-zione potrebbe riguardare l’ampliamento operativo dell’istitutodella totalizzazione, di ispirazione comunitaria, proprio per nonvanificare e neutralizzare i periodi contributivi frammentati, ver-sati nel corso della vita professionale. Altra considerazioneriguarda la previdenza complementare e l’importanza della suadiffusione, quale secondo pilastro, accanto a quello pubblicoobbligatorio, soprattutto fra le nuove generazioni, interagendo

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anche con la COVIP, per sviluppare attività propulsive e darela massima efficacia ai fondi pensionistici integrativi. Il Governo ha seguito e tuttora segue con assoluto e costanteinteresse la consultazione sul Libro Verde che si sta svolgendoanche presso il Parlamento, dove si sono susseguite diverseaudizioni, che si chiuderanno con quella del Ministro del Lavoroin programma la prossima settimana. Nel corso di tali audizioni si sono avvicendati tutti gli attori isti-tuzionali coinvolti sulle singole tematiche della consultazione.Al riguardo, sono già emerse prime indicazioni, in particolareper quanto riguarda la seconda parte delle domande poste dalLibro Verde, che riguardano aspetti più tecnici. Il ragionamento è più aperto ed articolato per quanto riguardale prime quattro domande, cioè quelle più strettamente di policy,perché emerge, come già chiarito, l’esigenza di andare in qual-che modo a riempire i due concetti fondamentali, da una partela sostenibilità economico-finanziaria, dall’altra l’adeguatezzasociale delle prestazioni.Il presidente dell’INPS ha già accennato a tutti gli interventi cor-rettivi e ai meccanismi adottati per innalzare l’età del pensio-namento che sono stati fatti a partire dalla riforma Amato del1992 fino ad oggi, e da ultimo alle novità introdotte dalla legge122/2010. Senza dubbio l’Italia, rispetto al panorama euro-peo, sotto questo profilo è assolutamente all’avanguardia per-ché ha inserito dei meccanismi che insieme ed automaticamenteagganciano l’entità economica della prestazione ed i requisitiminimi di età per l’accesso al pensionamento alla dinamicademografica. Ciò nella considerazione che l’innalzamento dell’età effettivadi pensionamento costituisce certamente una condizione

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essenziale per garantire un sistema pensionistico sostenibile. Le novità introdotte da ultimo con la legge 122 appartengonoal novero di quelle di assoluto rilievo nel panorama europeo,di cui sarebbe auspicabile l’esportazione ad altre realtà, pro-prio per garantire la sostenibilità a livello europeo dei sistemidei Singoli stati membri.Il profilo sul quale, viceversa, si è tutti d’accordo che ancoranecessita di interventi in maniera più incisiva, rispetto al pas-sato, riguarda l’adeguatezza sociale delle prestazioni. Su que-sto dobbiamo concentrarci, ascoltare le proposte che verrannoanche dagli attori istituzionali e dalle parti sociali per valutarela percorribilità delle singole soluzioni proposte.Alcune iniziative sono già state avanzate ma la questione restaancora aperta. Tuttavia per garantire, in termini di sostenibilità e di adegua-tezza l’evoluzione dei sistemi pensionistici si profila fondamen-tale il conseguimento di una congrua crescita economica, ingrado di consentire l’incremento dell’occupazione, in partico-lare per quanto riguarda i giovani. E’ proprio a tale riguardoche mi ricollego ad un importantissimo aspetto già evidenziatonel corso del dibattito e che rientra sicuramente tra gli obiet-tivi strategici dell’azione di governo. Mi riferisco in particolareall’esigenza fortemente sentita dal Governo di diffondere il piùpossibile la cultura previdenziale tra le nuove generazioni. Intal senso la proposta di avviare un’azione incisiva di sensibi-lizzazione, informazione e formazione è stata concretizzata conl’insediamento ai primi di ottobre del Comitato “Un giorno peril futuro”, istituito con decreto del Ministro Sacconi e dallo stessopresieduto, cui partecipano oltre ai rappresentanti del Ministero,tutti i principali attori del settore previdenziale italiano, i Pre-

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sidenti degli enti, la COVIP e l’ADEPP. L’iniziativa, peraltromanifestamente apprezzata, mira a garantire un coordinamentoa livello nazionale al fine di indirizzare le azioni da porre inessere per diffondere la conoscenza e richiamare l’attenzionesull’importanza di una pensione integrativa a quella di base. Il ruolo chiave della previdenza complementare è stato riba-dito proprio dal Ministro Sacconi, in relazione della relazioneCOVIP, affermandone il carattere strategico, anche in relazionea quel principio istituzionale di sussidiarietà che il Governo hain più occasioni dichiarato di voler promuovere. Proprio perquesto è prevista l’apertura di due tavoli ad hoc nell’ambitodel citato Comitato, uno riferito al mondo della scuola, dei gio-vani non occupati , prima dell’ ingresso nel mondo del lavoro,dove sarà importante anche il sostegno del Ministero dell’Istru-zione che partecipa appositamente a questa iniziativa; e l’al-tro tavolo che riguarda i lavoratori nell’ambito del qualesaranno inviate a partecipare le parti sociali e che saprannoarricchire la proposta di iniziative volte alla realizzazione diquesto obiettivo assolutamente strategico, tenendo naturalmentepresente che il tema della cultura previdenziale non può pre-scindere da un’attenta conoscenza e dallo sviluppo del mer-cato del lavoro.

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Alberto BRAMBILLA(Presidente Nucleo di Valutazione Spesa Previdenziale)

A nzitutto complimenti per la tempestività e per l’ottimolavoro che ha fatto la Uil e il suo responsabile Dome-

nico Proietti. Nel Libro Verde sono individuati tutti i problemidella previdenza, sia pubblica che complementare, e per ana-lizzarli dovremmo avere dei tempi di dibattito assai lunghi. Nonlo possiamo fare e, quindi, io mi occuperò soltanto di alcuneosservazioni per quanto riguarda il sistema obbligatorio, poiaccennerò all’informativa, agli utenti mediante casellario degliattivi o anagrafe generale dei lavoratori attivi che stiamo coor-dinando come nucleo di valutazione.La prima osservazione da fare, è che siamo in presenza diquella che, nel 1984, Jacques Delors definì, nella sua primarelazione sull’ Unione Europea, “il grosso rischio che la Comu-nità Europea, soccomba sotto il peso del proprio welfare”. Inuna stagione di grande competitività globale è evidentemente,che un welfare molto diffuso rappresenta un grande costo, chesi riflette sul costo del lavoro, sulla competitività e sulla occu-pazione quindi innesca un circolo non virtuoso. I sistemi anda-vano dunque riformati.La seconda considerazione è che siamo in presenza della piùgrande trasformazione demografica di tutti i tempi (se esclu-diamo grandi eventi storici come la pestilenza, del 1300 cheridusse la popolazione europea di circa il 50%). Infatti nel 2045-2050, nonostante un flusso netto di immigrazione di oltre150.000 ingressi netti annui ci ritroveremo con una popola-

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zione piuttosto anziana, con il tasso di invecchiamento dellapopolazione m(rapporto tra la popolazione di età fino ai dician-nove anni e quelli che hanno sessantacinque anni e più), assaielevato (ogni 95 abitanti sotto i vent’anni, ce ne sono duecen-todieci che stanno sopra i sessantacinque). Da qui tutte le con-siderazioni su previdenza, assistenza ai non autosufficienti,quindi long terme care, e sanità.Il terzo punto che va evidenziato, alla luce di quanto finoradetto, è che le riforme fatte in questi 15 anni hanno stabiliz-zato il nostro sistema previdenziale tanto che, secondo l’ultimarelazione europea nel periodo 2008-2060 saremo tra i paesiche avranno un incremento del rapporto spesa pensionistica,prodotto interno lordo, modesto e si situeranno nella fascia deipaesi più virtuosi. E questo è fondamentale per un paese comeil nostro caratterizzato da un veloce invecchiamento della popo-lazione, una scarsa produttività e un basso sviluppo. Senzariforme, a partire dalla Amato del 1992, saremmo oltre la Gre-cia e l’Argentina.Qui si innesca il problema di chi ritiene che l’introduzione delmetodo del calcolo contributivo renda pensioni troppo basserispetto al retributivo. Non voglio tornare alla storia classicadei gemelli, del sistema retributivo per cui uno poteva versareper trent’anni un euro, per cinque anni mille euro, andava inpensione con il 70% di mille euro; capite bene che la cosa nonstava in piedi.Nella prima Commissione Castellino del ’94, quandoabbiamo parlato di sistema contributivo avevamo ben pre-sente tutte queste distorsioni, che riguardano l’Italia dalprofondo Nord al profondo Sud, senza alcuna differenza,soprattutto, riguardano e hanno riguardato coloro che que-

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sti redditi potevano manipolare e, soprattutto, il settore dellavoro autonomo.Infatti la Commissione del 2001, sulla verifica dei risparmi rea-lizzati dalla riforma Amato e dalla Dini, è emerso che un arti-giano che avesse cominciato a lavorare nel 1965, che andavain pensione nel 2000 e che aveva versato i propri contributi(sommati, calcolati e rivalutati ai tassi dei titoli di Stato, Ren-distat), con tutto quello che aveva messo da parte si pagavatre anni e un mese; se invece aveva cominciato a lavorarenel ’70, con il montante accumulato si sarebbe pagato cinqueanni, di pensione a fronte di circa ventisei anni di fruizionedelle prestazioni tra dirette e indirette. Sul lavoro dipendente andava un pochino meglio perché glianni di pensione coperti da contributi erano sedici. Penso chenon possiamo più ritornare alle distorsioni del metodo retribu-tivo reddituale come era prima. Quindi, il metodo contributivo,soprattutto, con l’ultima riforma che prevede la revisione trien-nale dei coefficienti di trasformazione, (l’abbiamo proposta nel2006 come nucleo di valutazione della spesa previdenziale, abreve sottoporremo la biennalità), mi pare che ci siano menodistorsioni, ma soprattutto, c’è meno iniquità intragenerazio-nale e intergenerazionale. Infatti i tassi interni di rendimentoin talune gestioni, quali quella degli agricoli erano pari a oltretredici punti sopra l’inflazione, una cosa che ovviamente ha datoi gravi problemi che sappiamo.Il quarto elemento riguarda le preoccupazioni sul metodo con-tributivo. L’ultima relazione della Ragioneria Generale delloStato dà delle tabelle che sono fatte molto bene, sia sui tassidi sostituzione lordi che sui tassi di sostituzione netti. Siccomeil mio obiettivo di papà è quello di incentivare mio figlio per-

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ché paghi i contributi e che non si faccia abbagliare dai lavoriin nero dove magari prende un po’ di soldini in più, ma saràun lavoro di serie B e un pensionato povero in futuro, se glidevo dire questa cosa non gli posso dire che avrà il 30% ditasso di sostituzione, perché se no sarebbe da pazzi versare il33% di contributi per una vita. Dobbiamo dirgli la verità.Se utilizziamo lo strumento che oggi grazie anche all’Italia vieneutilizzato a livello europeo dei tassi di sostituzione netti, vediamoche ancora nel 2050, dice la Ragioneria Generale, il tasso disostituzione di un lavoratore che andrà in pensione a sessan-tacinque anni, con trentacinque anni di contribuzione saràintorno al 64%. Oltretutto nel 2050, se la speranza di vita continuerà ad aumen-tare, l’età di pensionamento sarà oltre i 65 anni e, di conse-guenza saranno maggiori anche i contributi versati, anche dipiù di quanto accadeva nel sistema retributivo dove, spesso,per fare 35 anni di contributi servivano oltre 40 anni di vitaattiva a causa di vuoti contributivi o altro. Quindi un tasso di sostituzione di questo tipo è apprezzabile. D’altra parte il fenomeno del lavoro cosiddetto precario non èuna “novità” dei nostri tempi; anche in passato si iniziava alavorare per i primi anni, quasi sempre in nero e non tutelati.Che dire poi degli oltre 7,5 milioni di lavoratori individuali chese non lavorano non hanno redditi.Visti questi tassi e calcolati con la metodica attuale, nel 2001ho previsto per legge il cosiddetto casellario dei lavoratori attivi,a cui stiamo lavorando alacremente dal 2001 e ad oggi, final-mente, siamo arrivati ad avere tutte le venti casse professionaliprivatizzate, l’Enpals, l’Inps, l’npdap che sono abbastanza alli-neate. Quando siamo partiti su 2.3 milioni di lavoratori ne man-

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cavano quattro milioni che non risultano censiti nei database,degli enti per cui era impossibile la realizzazione dell’estrattoconto, che è la base di ogni rapporto tra enti ed iscritti.Oggi abbiamo censito il 90% dei lavoratori, e potremo met-tere in rete gli estratti conto individuali; disponiamo da oggidei flussi di contribuzione, del numero degli attivi, del numerodei pensionati e quanto viene pagato, per le pensioni. L’estrattoconto unificato è già stato approvato con il voto favorevole ditutti i consigli di amministrazione dei venticinque enti previden-ziali. Quindi noi avremo la posizione previdenziale di ogni sin-golo lavoratore il quale potrà calcolarsi il tasso di sostituzionenetto. Penso che, a fronte di queste iniziative e di tutta la for-mazione che noi andremo a fare, troveremo il sistema per incen-tivare i giovani verso il mondo della previdenza. Se così sarà, qualsiasi idea di lotta intergenerazionale, di scon-tro giovani-vecchi, non potrà trovare alcun consenso anche per-ché il sistema attuale italiano sia di previdenza pubblica siacomplementare è buono. Quando ho finito di scrivere la legge252, la Commissione Europea ha valutato la nostra normativatra le migliori legislazioni in materia di previdenza complemen-tare. Se ci vogliamo bene dobbiamo: a) informare i giovani;b) fornire i dati e spero che con il casellario generale dei lavo-ratori attivi l’anno venturo ciò sia possibile; c) incentivare i gio-vani a pagare i contributi dicendo loro che non avranno unapensione pari al solo 30%, come certa stampa privata dice, maavranno dei tassi di sostituzione adeguati anche se per fare tren-tacinque anni di contribuzione ce ne vorranno quaranta; maquanti della vecchia generazione per fare trentacinque anni dicontributi veri hanno lavorato magari quaranta anni e più per-ché alcuni periodi sono risultati scoperti?

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L’anno venturo organizzeremo la prima giornata nazionaledella previdenza con tutti gli enti previdenziali proprio per for-nire questi dati e questa positività, soprattutto ai giovani e acoloro che entreranno a breve o si sono da poco inseriti nelmondo del lavoro.

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Giuliano CAZZOLA(Parlamentare PDL)

R ingrazio la UIL per l’invito e mi complimento per la qua-lità delle tematiche affrontate in questo dibattito da voi

organizzato.Ringrazio anche il Dott. Gambacciani per aver agevolato il miointervento, ribadendo argomenti che ho affrontato come rela-tore della risoluzione sul Libro Verde che sarà votata alla Com-missione Lavoro della Camera. Ringrazio infine anche l’amico Mauro Marè che si è speso moltosu questo punto. Per quanto mi riguarda farò un discorso isti-tuzionale, cercando quindi di anticipare i contenuti del parereche verrà presentato in Commissione. Condivido intanto la tesida voi illustrata per un ruolo più marcato dell’Unione Europeain materia previdenziale. Apprezzo infatti molto il ruolo del-l’UE e confido in un allargamento delle sue prerogative ed inun rafforzamento della sua concreta possibilità di interventosulle tematiche legate alle politiche previdenziali dei paesi mem-bri. Già oggi però non è vero che l’Unione Europea non hapoteri in materia di pensioni. Controllando infatti i saldi difinanza pubblica, finisce necessariamente per pronunciarsianche sugli addendi e sulle voci che compongono quei saldi.Insomma, ogni qual volta un paese interviene producendo effettisulla spesa pensionistica, l’Unione Europea indirettamenteesprime il suo parere.Sul piano istituzionale la previdenza e le politiche sociali sonocomunque affidate al metodo di coordinamento aperto che è

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più che altro una ritualità. Si dovrebbe invece andare oltre lamoral suasion e applicare alle riforme pensionistiche le stesseregole che, per esempio, applicano già l’ECOFIN e gli orga-nismi di governo politico dell’UE. Credo in sostanza che si debba applicare alle riforme pensio-nistiche il medesimo criterio che già si applica per le manovrefinanziarie. D’altro canto abbiamo visto che anche le regoleferree - come i vincoli di bilancio e i parametri di Maastricht -hanno sempre quel grado di flessibilità che li adattano allediverse situazioni e alle contingenze.È proprio perché sono consapevole di questa esigenza che allaCommissione Lavoro della Camera cercheremo di fare in modoche il parere espresso sul Libro verde guardi il più possibile a quelloche deve fare l’Unione Europea, senza soffermarci troppo su pro-blematiche nazionali ma cercando di fare in modo di individuarele indicazioni che l’Europa deve essere in grado di impartire aipaesi membri sulla previdenza.Cercherò anche di mantenere quel criterio di flessibilità che Proiettiha richiamato nella sua relazione. Il che non significa non farsicarico dell’esigenza di innalzamento dell’età effettiva di pensio-namento che per me è la madre di tutte le questioni. Credo siacomunque giusto recuperare un criterio di flessibilità, ovviamenteaccompagnato da un sistema di incentivi e disincentivi che da noiè in parte già garantito sia dai coefficienti di trasformazione chedall’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’evoluzionedelle attese di vita. Sul versante della sostenibilità credo vada invece ripristinato il rap-porto fra l’importo delle pensioni e la produttività di un paese. Tuttii paesi si sono liberati dell’aggancio del sistema di rivalutazionedegli assegni con l’evoluzione delle retribuzioni degli attivi, com-

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preso il nostro nel 1992. Questa d’altra parte è la misura che faràrisparmiare maggiormente nel futuro la spesa pensionistica. Susette punti di PIL che saranno risparmiati, cinque sono dovuti pro-prio a questa misura. Un dato che dimostra quanto difficile possaessere la scelta di tornare indietro. Ma dobbiamo essere in gradodi dire che anche le pensioni devono avvalersi dell’incremento diproduttività di un paese, altrimenti i meccanismi di recupero del-l’inflazione rappresenterebbero da soli solo una minima parte dellerisposte che vanno al problema della sostenibilità dei trattamenti.Tra l’altro l’INPS fece anni fa un bellissimo studio, assolutamentemeritevole, che dimostrava come una pensione liquidata que-st’anno con un certo tasso di sostituzione rispetto alla retribuzionedi riferimento, nel giro di un certo numero di anni avrebbe persocirca il 20% del suo valore. Ciò proprio perché le retribuzioni diriferimento evolvono più velocemente rispetto alla dinamica del-l’inflazione e, quindi, del suo recupero.Noi abbiamo un sistema previdenziale che senza dubbio ha tantimeriti ma che ha però perduto l’aspetto della solidarietà infrage-nerazionale. Occorre invece lavorare per un rafforzamento dellasolidarietà, anche attraverso l’intervento dello Stato, per esempiocon il meccanismo dell’integrazione al minimo o, come nel dise-gno di legge Cazzola-Treu, con una pensione di base finanziatadal fisco. Questa è una risposta che noi possiamo concretamentedare in un contesto come quello attuale in cui i giovani hanno rap-porti di lavoro precari e non sono quindi i sistemi a determinaredi per sé delle pensioni basse e dei tassi di sostituzione inadeguati.Giustamente il Dott. Brambilla ha ricordato che anche con il sistemacontributivo una carriera continuativa è in condizione di produrreun tasso di sostituzione discreto dopo un certo numero di anni. Ilproblema sono quindi principalmente le cattive carriere, le scarse

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dinamiche retributive e la cattiva occupazione che determinerànecessariamente dei pensionati poveri.Su questo terreno si può indubbiamente intervenire con gli ammor-tizzatori sociali, tuttavia credo che il problema sussisterà anche infuturo. Noi lo risolvemmo con l’integrazione al minimo perché seun bracciante meridionale portava a casa una pensione inade-guata, anche con il metodo retributivo, per un lavoratore stagio-nale a Rimini era lo stesso, perché aveva un lavoro corredato dallastagionalità e dalla precarietà che, soprattutto in certi settori, c’èsempre stata. Il problema è che il sistema retributivo garantiva appunto l’inte-grazione al minimo e questo aspetto è oggi sparito e credo inveceche vada ripristinato.Sulla questione della gestione separata e di questa felicità di cuidovrebbero gloriarsi i co.co.co nell’assicurare la pensione ai col-tivatori diretti, ci sia stata quantomeno qualche forzatura. È veroinfatti che chi è andato in pensione con il sistema retributivo dalavoratore dipendente ha avuto un regalo di 9/10 anni, ma seandiamo a vedere i lavoratori autonomi hanno avuto un regalodi venti anni coperti con una contribuzione media versata solo per5,5 anni.Basta prendere il bilancio dell’INPS per vedere la storia dell’ini-quità di questo sistema pensionistico, di queste solidarietà forzoseche sono state imposte. Oggi noi abbiamo il bracciante meridio-nale che fa solidarietà non solo con l’elettricista ma persino con idirigenti d’azienda. Senza che nessuno gli abbia chiesto alcunaopinione in merito. Poi ognuno è figlio della sua storia: non è cer-tamente colpa del dirigente d’azienda né dell’elettricista perchéle regole erano quelle e non le avevano certo scritte loro. Le Fer-rovie dello Stato avevano 240 mila dipendenti trent’anni fa. Adesso

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ne hanno 90 mila e 240 mila in pensione perché l’azienda si èridimensionata. Per cui oggi i lavoratori FS pagano un miliardodi contributi l’anno e l’INPS per i ferrovieri in quiescenza ne spende4,5. Ovviamente 3,5 miliardi li mette lo Stato. Sulla pensione diun ferroviere ci sono i due terzi che vengono dalle tasse pagatedagli italiani.Si tratta di distorsioni che abbiamo superato e il contributo deisindacati è stato importantissimo in questo campo. Ai giovani noidiciamo che pagheranno il 33% di contribuzione per garantirepensioni che, bene che vada, garantiranno il 50-60% di tasso disostituzione. Introdurre nel sistema un elemento solidaristico comeuna pensione di base finanziata dal Fisco o un ripristino dell’in-tegrazione al minimo, credo faccia parte delle risposte adeguateda dare al problema. Se poi qualcuno ce la farà con le sue solerisorse bene, se qualcuno invece avrà bisogno di un sostegnoritengo sia giusto darglielo. D’altra parte lo Stato oggi dà all’INPS 37 miliardi di euro per finan-ziare gli oneri di spesa pensionistica assistenziale. Mi domandodove finiranno questi soldi quando non ci sarà più assistenza? Sespendiamo 37 miliardi per pagare l’integrazione al minimo, lepensioni sociali, i profughi della Libia, i prepensionamenti, ecc,mi domando se non si potranno trovare le risorse per avere domanianche nel sistema contributivo delle forme di carattere solidaristico.Quando poi si parla di pensioni basse bisogna pensare anche aisalari. Una pensione di mille euro si spiega con salari di 1.200euro. Perché non è che improvvisamente nel momento in cui si vain pensione si comincia una vita nuova. E il meccanismo del costodel lavoro – e quindi dei salari - è fortemente condizionato anchedall’aliquota pensionistica che è tra le più alte del mondo.Per concludere voglio ricordare che ho un vecchio contrasto con

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gli amici della UIL per quanto riguarda la separazione tra spesaprevidenziale e assistenziale. Io sostengo che la spesa pensioni-stica sia una, a prescindere da come la si finanzi. Sia che la finan-zino i contributi dei lavoratori sia che la finanzi lo Stato. Ho giàdetto che ci sono 37 miliardi di trasferimenti dello Stato definiticome oneri pensionistici. Non è che questi possono evaporare onon essere compresi nella contabilità generale. Se così fosse, i paesicome quelli nordici, virtuosi, che hanno trattamenti pensionisticifinanziati dallo Stato, potrebbero sostenere che di pensione nonspendono nulla. Aggiungo infine una considerazione sull’età pensionabile delledonne. Se noi alziamo l’età pensionabile delle donne le mandiamoin pensione più tardi degli uomini. Prima della riforma Maroni-Damiano, infatti, l’uomo era in condizione di andare in pensionedi anzianità - anche a cinquantasette anni - mentre la donna, chenon aveva la storia contributiva necessaria per andare in pensionedi anzianità, andava in pensione di vecchiaia. Ma quando dal2013 tutti quelli che vanno in pensione di anzianità dovranno avereun’età minima di sessantuno anni se sono dipendenti e di sessan-tadue se sono autonomi, mi domando se a questo punto non siadi fatto superato questa disparità e se, come è stato fatto, se siportasse l’età pensionabile delle donne a sessantun anni e magarinel giro di qualche anno a sessantadue anche nel mondo del lavoroprivato, non si faccia un’operazione che ha un suo equilibrio.Sarebbe stato iniquo aumentare l’età pensionabile di vecchiaiadelle donne quando gli uomini avevano un requisito anagraficodi cinquantasette anni ma oggi non è più così. Credo che oggi lasituazione sia equilibrata e quella rappresentazione della realtàsia ormai superata.

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Maurizio PETRICCIOLI(Segretario Confederale CISL)

G razie a Domenico e alla UIL per averci dato questaimportante opportunità di ragionare insieme su di un

tema fondamentale per il futuro dei lavoratori e le lavoratricie sul quale auspichiamo di poter dare un parere condiviso checon le parti datoriali.Il dibatto sviluppatosi fino ad ora in questo seminario è statomolto stimolante. E’ interessante osservare come la dimensionedella politica europea ormai da qualche anno si sia apertaanche sui problemi sociali e del welfare. Non solo perché laspesa previdenziale ha finito per diventare il capitolo del bilan-cio degli Stati nazionali più utilizzato per restare all’interno deiparametri di Maastricht su deficit e debito pubblico, ma per-ché l’Europa è ormai sempre più decisiva nella costruzione dellepolitiche future in tutti i campi del mercato del lavoro, e del-l’economia e sottovalutare questo aspetto è un errore. Le esi-genze di un governo complessivo delle tutele sociali vanno oltregli obiettivi di sviluppo e risanamento che spesso costringonoi vari Stati ad intervenire sul capitolo previdenza. Per questo l’iniziativa promossa dalla Commissione Europeacon l’elaborazione del Libro Verde sui regimi pensionistici e lapromozione di una consultazione pubblica sui suoi contenutiè sicuramente importante, perché pone domande cruciali peril futuro dei sistemi previdenziali e di conseguenza per il futurodi milioni di lavoratori e lavoratrici in tutta Europa. Se è impen-sabile immaginare, almeno in tempi brevi, uno Stato sociale

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unico europeo, è altrettanto sciocco consegnare le politiche diintegrazione, armonizzazione ed integrazione in materia pen-sionistica ad una visione solo quantitativa, finalizzata ad unaquadratura, seppure necessaria, del cerchio dei conti pubblici,al di fuori di un quadro di riforme del welfare attento alle nuoveemergenze sociali. D’altronde, la competizione sul costo dellavoro si sta spostando sempre più velocemente sulle condizionidi lavoro e sulle protezioni sociali, e la crescente concorrenzafiscale a livello europeo ed internazionale determina una cla-morosa spinta al ribasso sul versante della spesa sociale.Se un limite generale si può eccepire al documento, esso con-siste proprio nel fatto che le domande e le considerazioni sonoben più numerose delle ipotesi di soluzione ma pensiamo chequesto sia spesso il limite di iniziative che hanno come obiet-tivo la raccolta di osservazioni da vari attori, istituzionali e non. Nell’articolare il mio ragionamento sui contenuti del Libro Verde,mi concentrerò in particolare sull’adeguatezza delle prestazionipensionistiche, sull’educazione previdenziale e sulla mobilitàdelle pensioni.Per quanto riguarda l’adeguatezza, come CISL riteniamo impor-tate che si sia finalmente puntata l’attenzione sull’equilibrio trasostenibilità e adeguatezza. Se è vero, infatti, che il documentonon manca di sottolineare l’importanza della sostenibilità deisistemi previdenziali e delle finanze pubbliche segnalando sce-nari futuri più cupi del previsto; esso valorizza, anche, a nostroavviso in modo incisivo, l’esigenza, imprescindibile e urgente,di affrontare il tema della adeguatezza delle prestazioni col-locandolo all’interno della modernizzazione dei sistemi pen-sionistici. Per noi questo è un aspetto estremamente importanteda riportare all’attenzione del dibattito politico europeo e nazio-

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nale. Il concetto di adeguatezza delle prestazioni per la CISLdeve declinarsi sia sul versante della previdenza pubblica, siasul versante della previdenza complementare.Il tema dell’adeguatezza si ricollega anche a quello di unanecessaria valorizzazione dei tempi inoccupazione destinati allavoro di cura familiare e alla maternità, così come al neces-sario sostegno al reddito per coloro che a seguito di una vitalavorativa caratterizzata bassi redditi e da un elevato livello didiscontinuità non possono raggiungere una copertura pensio-nistica sufficiente. Si può agire in vari modi e a nostro avvisosi può partire anche dalle recenti proposte di legge dell’Ono-revole Cazzola e del Senatore Treu ripensando complessiva-mente il sistema previdenziale ipotizzando, ad esempio, unacopertura previdenziale di base obbligatoria per tutti (che valo-rizzi adeguatamente l’anzianità lavorativa) e fiscalizzata, allaquale aggiungere le due gambe contributive (contribuzione pub-blica e complementare). La CISL ha sostenuto con forza l’introduzione del metodo di cal-colo contributivo nell’ormai lontano 1995, non solo per ragionidi equilibrio di bilancio ma soprattutto come strumento di equitàprevidenziale tra contributo versato e rendita, pensiamo, però,che l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro e dei sistemiproduttivi e la maggiore flessibilità dei rapporti lavorativi obbli-ghi a ripensare l’efficacia degli attuali strumenti nel garantireun livello universale soddisfacente di copertura sociale. Si puòagire nel modo sopra ricordato, oppure attraverso la contri-buzione figurativa o modulando diversamente i criteri e lemodalità di revisione dei coefficienti di trasformazione al finedi evitare l’aggravarsi del solco previdenziale tra generazioni.Riteniamo, in ogni caso, che sia necessario recuperare un

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aspetto qualificante del sistema contributivo come i meccani-smi di flessibilità nell’accesso al pensionamento che con la legge243/2004 sono stati di fatto superati. Inoltre, pensiamo sia importante che interventi in tema di allun-gamento dell’età pensionabile anche in connessione alla spe-ranza di vita siano oggetto di concertazione con le parti socialisoprattutto in momenti di crisi economica come l’attuale, nelquale migliaia di lavoratori e lavoratrici perdono il lavoro inmodo del tutto involontario. In questo contesto si inserisce la previdenza complementarecome strumento integrativo dei regimi obbligatori che riman-gono fondamentali conquiste sociali dei sistemi di welfare euro-pei. Anche la previdenza complementare a capitalizzazione anostro avviso deve essere “adeguata” nel senso che deve essereaccessibile a tutti, anche attraverso nuove modalità di sostegnocontrattuale, tramite la mutualizzazione degli oneri o l’adesionegeneralizzata per via contrattuale. Da sempre pensiamo, infatti,che i fondi pensione possano rappresentare un’opportunità ulte-riore per lo sviluppo della democrazia economica, attraversoricadute positive in termini di capitalizzazione delle imprese edi sviluppo locale. Infine, un’attenzione particolare deve essereposta sulla copertura previdenziale dei lavoratori e delle lavo-ratrici precarie e flessibili.Poiché la vita previdenziale è uno specchio della vita lavora-tiva, la politica previdenziale europea e nazionale deve sfor-zarsi di trovare soluzioni adatte a questa tipologia di lavora-tori. In merito a ciò il Libro Verde della Commissione europeamostra delle carenze. Per quanto riguarda l’educazione previdenziale, riteniamo essasia uno strumento fondamentale per gestire il rischio finanzia-

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rio. L’informazione e l’educazione del lavoratore deve diven-tare una delle priorità delle politiche europee in tema di pre-videnza. La Commissione nel Libro Verde richiama questoaspetto ma limita l’analisi all’educazione finanziaria. La CISLritiene, invece, che l’attenzione debba essere puntata sull’edu-cazione previdenziale la quale non può essere considerata unamera appendice di quella finanziaria ma, anzi, rappresentauno strumento più ampio per la conoscenza e l’esercizio deidiritti dei lavoratori e delle lavoratrici europee perché nonprende in considerazione solo la previdenza privata a capita-lizzazione ma anche le caratteristiche dei regimi pubblici aripartizione. Bisogna spiegare bene ai lavoratori che cosa suc-cede se non versano i contributi o se non se ne versano abba-stanza. Dopo le dichiarazioni del Presidente dell’Inps sull’estrattocontributivo dei parasubordinati e la mia replica sull’esigenzadi contenere la forbice contributiva tra lavoro dipendente e auto-nomo, abbiamo ricevuto decine di e-mail da lavoratori auto-nomi e da collaboratori che sostanzialmente dicevano una cosasola: i contributi che paghiamo sono troppo cari, vogliamopagare di meno. Queste contestazioni mi hanno molto colpito,esprimono una realtà e soprattutto una percezione della realtàche non può essere sottovalutata e che mi preoccupa molto,evidentemente non si è capito come funziona il sistema previ-denziale e che solo a fronte di un maggiore versamento con-tributivo si può sperare di ottenere una pensione adeguata. Latendenza a rinchiudersi in una reazione di tipo individuale edegoistico secondo la quale “i soldi che guadagno rimangonotutti a me e io mi costruisco il mio futuro” è molto forte nellasocietà contemporanea ma noi sappiamo che non è la rispo-sta corretta ed adeguata ad affrontare in modo efficace il futuro.

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E’ questo che dobbiamo far capire con l’educazione previden-ziale. Infine, la mobilità delle pensioni. Pensiamo sia importante ren-dere effettiva la mobilità dei lavoratori europei anche tramiteil miglioramento dei meccanismi di trasferibilità dei diritti pen-sionistici complementari. Come è noto i regolamenti comuni-tari di sicurezza sociale non sono applicabili ai regimi a capi-talizzazione di previdenza complementare e integrativa e nume-rosi sono gli ostacoli, a partire dalle diverse discipline fiscalinazionali applicabili, alla conservazione dei diritti inerenti laprevidenza complementare. Pensiamo, quindi, che sia assolu-tamente necessario arrivare ad un superamento dei limiti attual-mente esistenti.In ultimo vorrei riprende il passaggio, sollecitato da alcuni inter-venti, rispetto alla esigenza di armonizzazione dei sistemi diprevidenza. L’armonizzazione può essere una prospettiva inte-ressante ma credo sia necessario capire in quale direzionepotrebbe indirizzarsi e condividere una strategia perché armo-nizzare non significa necessariamente introdurre adeguamentiin positivo e il nostro sistema, per le note esigenze di sosteni-bilità, ha già dovuto pagare un prezzo estremamente pesante,tutto caricato sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici.

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Marianna MADIA(Parlamentare PD)

E con grande piacere che noto la presenza, in questo con-vegno, di rappresentanti di tutti i sindacati confederali; un

fatto ormai purtroppo non più scontato, e molto positivo, cheva rimarcato. Con altrettanto piacere devo riconoscere che sonod’accordo con gran parte dell’intervento tenuto da GiulianoCazzola.L’utilità di questo Libro Verde sta anzitutto nella forma parteci-pativa e consultiva che ci ha consentito, dopo quasi tre annidi legislatura, di dibattere finalmente in Parlamento del futurodelle pensioni. Abbiamo iniziato un ciclo di audizioni in Commissione Lavoroascoltando le parti sociali e gli esperti. E si stanno tenendoappuntamenti importanti come quello di oggi. L’Unione Euro-pea, cosa non da poco, ci fa riflettere e ci invita a discutere econfrontarci. E’ una discussione che davvero riguarda tutti, attra-verso le generazioni e le condizioni lavorative. Nella mia atti-vità di parlamentare mi sono occupata soprattutto di lavoro ati-pico. Un lavoro debole da tanti punti di vista: la formazione,la retribuzione, i diritti. La debolezza diventa ancora più accen-tuata in materia previdenziale. Da questo punto di vista credoche non basti più affermare che esista un trade-off tra soste-nibilità e adeguatezza. Mi sembra più appropriato parlare deicosti che, con questo sistema pensionistico, affrontiamo in ter-mini di sostenibilità sociale. Lo conferma la vicenda della frase(poi smentita) del presidente Mastrapasqua sulle pensioni degli

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atipici. Mastrapasqua ha detto che la conoscenza delle veraentità delle pensioni dei precari porterebbe alla rivolta sociale,alla rivoluzione. Solo una battuta, ma che descrive un climache nel Paese si sta facendo sempre più evidente. QuandoMastrapasqua è venuto in Parlamento a presentare il rapportoINPS 2009 ci ha detto chiaramente che le prime pensioni ero-gate dalla gestione separata equivalgono all’incirca a 100 eurolordi. Quante saranno in futuro le persone che avranno pen-sioni erogate solamente con una contribuzione che passa dallagestione separata? Quanti sono quei lavoratori che oggi hannocarriere discontinue, con bassi livelli retributivi e con una con-tribuzione ridotta? Oggi assistiamo a una dinamica del lavoro devastante: 8 lavo-ratori su 10 entrano nel mercato con contratti temporanei, espesso rimangono a lavorare in permanenza con queste moda-lità. Un dato del genere rende evidente che esiste un nesso trasostenibilità finanziaria e sostenibilità sociale.Stiamo preparando un mondo dove la mia generazione – chioggi ha 30 anni – vivrà, a legislazione vigente, quando andràin pensione, sotto i livelli di sussistenza. La generazione suc-cessiva, quella dei miei figli o di chi oggi va a scuola, staràforse ancora peggio. Perché avrà in carico una generazionedi anziani senza mezzi per vivere. Rispetto a tutto questo noidobbiamo dare risposte che trasformino l’attuale mercato dellavoro. Non è semplice, anche per un’arretratezza culturale. Un pregiudizio molto diffuso nelle questioni di lavoro è che ilprecariato sia un fenomeno marginale e che gli atipici in fondosiano pochi, solo il 15% dei lavoratori. Oppure che il preca-riato sia una fase di passaggio, un fenomeno transitorio. L’at-tuale Ministro del Lavoro Sacconi parla del precariato come di

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un problema di “giovani che fanno i lavoretti”; anzi il preca-riato è stato persino una risposta positiva alla crisi, perché i gio-vani hanno potuto fare i lavoretti a termine e integrare il red-dito familiare. Il precariato è invece tutt’altro che un “rito di pas-saggio” verso una condizione lavorativa stabile. E’ una condi-zione sempre più diffusa e permanente che accompagnerà ilprecario durante e dopo la vita lavorativa. Durante la crisi eco-nomica che stiamo vivendo, il tipo di contratto aumentato di piùnel suo utilizzo è stato lo stage. Un contratto senza retribuzione,praticamente a costo zero. Si incontrano sempre di più personedi età adulta, anche quarantacinquenni, che pur di mantenereun piede nel mercato del lavoro, continuano a lavorare con con-tratti di stage che non sono retribuiti, quindi nulla aggiungerannoal calcolo contributivo per una futura pensione.In questo contesto, nel Libro Verde, si afferma che per raffor-zare la coesione sociale è indispensabile dare soluzioni a que-stioni come la pensione minima, la copertura dei lavoratori ati-pici, l’accredito contributivo per le interruzioni volontarie del-l’attività professionale. Nella relazione che Giuliano Cazzolaha presentato aprendo la discussione sul Libro Verde è ritor-nato su questo punto: vanno previste forme di solidarietà acarico della fiscalità generale, soprattutto per rapporti di lavorodiscontinui e precari. C’è una debolezza della politica. Siamoin un momento nel quale maggioranza e opposizione, rispettoa un tema come questo, trovano molte convergenze: eppure,non riescono a calendarizzare, discutere e approvare una leggesul tema delle pensioni e dei futuri senza pensione. Il Presidente del Consiglio, il 29 settembre 2010 – quando èvenuto a presentare i cinque punti di rilancio dell’azione digoverno ottenendo la fiducia – ha detto testualmente: “il

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Governo opera per la piena totalizzazione dei periodi contri-butivi, per garantire ai giovani di oggi una pensione più giu-sta domani”. Sono per ora solo parole. L’unica azione concretavista in questi tre anni è stata, al contrario, quella di rendereonerosi i trasferimenti dei contributi previdenziali da una cassaall’altra. I soli provvedimenti realmente realizzati rispetto aquanto detto da Berlusconi sulla totalizzazione li ha compiutiil governo Prodi. Forse timidamente, forse troppo poco, maalmeno l’orientamento era quello giusto. Penso alle misure chefacilitano il riscatto della laurea. Mi auguro che si possa ripar-tire non dagli annunci ma, anche con l’aiuto dei colleghi di mag-gioranza, da politiche concrete. Non ho timori nel riconoscereche le parole di Berlusconi sulle totalizzazioni sono altamentecondivisibili, purché si traducano in risposte legislative concrete.Vorrei aggiungere qualche considerazione sulle altre due parolechiave che ci suggerisce l’Unione Europea: sostenibilità e sicu-rezza. I temi aperti sulla sostenibilità sono essenzialmente tre: il primo,come sostiene il professor Marè, è quello dell’invecchiamentodella popolazione. Una prima risposta era stata data con i coef-ficienti di trasformazione previsti nella riforma Dini. Non èquindi un problema nuovo, non è una novità che scopriamoadesso. Però è un problema aperto. Un secondo tema è quellodell’andamento del PIL. Forse con questa crisi qualche novitàc’è, perché nel 1995 – quando è stata approvata la riformaDini – non ci si aspettava dei periodi di decrescita o, comun-que, di crescita zero. Su questo punto abbiamo il dovere diaprire una discussione, capire come il sistema pensionisticopossa rispondere a un’economia che è cambiata nelle sue dina-miche di crescita. Il terzo tema è quello della previdenza com-

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plementare. Continuo a pensare che il vero problema – per cuila previdenza complementare non decolla – sia il basso livellodelle retribuzioni. Anche qui politiche come quelle del salariominimo, nei casi in cui il salario non passa per la contratta-zione, aiuterebbero a far decollare la previdenza complemen-tare. Non c’è dubbio che un “polmone” importante sia quellodel TFR, che comunque i precari non possiedono. In ogni casovanno pensati degli incentivi fiscali per far funzionare al megliol’impiego del TFR nella previdenza complementare. La sicurezza, infine. Il Libro Verde ci parla anche di questo. Macosa ha fatto il nostro Governo rispetto a questo tema? Vorreianzitutto far notare che l’intervento di Cazzola è in controten-denza alle politiche del governo. Sicurezza significa anche (esoprattutto) certezza delle regole. Con questo Governo sonostate approvate norme che vanno in senso opposto. Penso all’o-nerosità dei trasferimenti da una cassa previdenziale all’altra,ma anche al fatto che, da un giorno all’altro, lavoratori cheavevano maturato i contributi per andare in pensione si sonovisti negare il diritto alla pensione, anche in presenza di 40anni di contributi. Con buona pace del principio cardine delsistema contributivo: l’equivalenza tra contributi versati e il dirittoalla pensione, secondo regole e criteri certi e trasparenti. Questioni complesse e delicate come queste, che toccano daun giorno all’altro la vita e le aspettative delle persone, meri-terebbero una maggiore condivisione: come è stato nei per-corsi di concertazione della riforma Dini e del Protocollo Wel-fare del 2007.Tutto questo è venuto a cadere con degli automatismi imposti daemendamenti del Governo, senza alcuna concertazione; non solosenza l’accordo delle parti sociali, non solo senza l’accordo dei

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parlamentari di opposizione, ma senza neanche l’approvazionedei parlamentari della stessa maggioranza che sostiene ilGoverno. Non è stata una scelta lungimirante e ha avuto deglieffetti devastanti. Proprio nel Libro Verde si sostiene chiaramenteche i pensionati sono i primi, in un sistema macroeconomico, asostenere i consumi. Hanno bisogno di certezza, sicurezza, tra-sparenza delle regole, per sapere a cosa vanno incontro.Abbiamo visto in ogni settore – pubblico e privato – lavoratoriche sono fuggiti dal mercato del lavoro, affrettandosi ad andarein pensione perché non sapevano cosa li aspettava.Due considerazioni finali: l’aumento automatico dell’età pen-sionabile delle donne è stato anch’esso realizzato come un auto-matismo. Mi auguro, ma temo che non sarà così, che almenoquei soldi vengano ridati alle donne. Sappiamo bene che quellerisorse sono andate a rimpinguare un generico fondo per l’e-conomia reale. Infine, certamente, c’è l’Europa. E’ strano chenel nostro Paese si invochi l’Europa e l’europeizzazione soloper alcune scelte di politica economica, non per altre. Nonbasta dire “ce lo chiede l’Europa”. Dobbiamo anche chiedercicome rendere più europee le nostre istituzioni e il nostro Statosociale. Penso a politiche come forme universali di redditominimo. Siamo l’unico paese UE, con la Grecia, a non posse-dere uno strumento come questo. Se vogliamo delle pensionieuropee, nelle regole e nell’efficacia, dobbiamo modernizzareil nostro Stato sociale secondo degli standard europei.

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Romano BELLISSIMA(Segretario Generale Uil Pensionati)

I l Libro Verde contiene molte considerazioni interessanti e con-divisibili, a partire dall’assunto iniziale. Il documento si apre

infatti con l’affermazione che uno degli obiettivi prioritari del-l’Unione Europea è “garantire a tutti i cittadini, oggi e in futuro,un reddito di pensione adeguato e sostenibile”. Trovo molto importante che oggi la Commissione Europea con-sideri l’adeguatezza delle pensioni, presenti e future, obiettivougualmente importante della loro sostenibilità. Finora, infatti,l’Europa si era preoccupata soprattutto di chiedere ai Paesimembri di realizzare riforme che garantissero la sostenibilitàdei sistemi pensionistici. E, in effetti, la gran parte degli Statidell’Unione si è dotata, o si sta dotando, di sistemi pensioni-stici sostenibili. E quello italiano è sicuramente uno dei più soste-nibili. L’Europa, però, si era preoccupata meno degli effetti che que-ste riforme avrebbero avuto sugli importi delle pensioni. NelLibro Verde si riconosce invece che c’è anche un problema diadeguatezza delle pensioni e che bisogna quindi mettere in attostrategie mirate per risolverlo.Garantire a tutti i cittadini europei pensioni adeguate è un obiet-tivo complesso. Ma è un obiettivo ineludibile, se si vuole pro-muovere quella coesione sociale e territoriale, quella crescitasostenibile e inclusiva che sono anche al centro della strategia“Europa 2020”. Su come raggiungere questo obiettivo, moltecose sono state già dette e molte sono anche richiamate nello

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stesso Libro Verde. Voglio solo sottolineare la necessità di unapproccio globale e di politiche complesse, che puntino allacrescita dello sviluppo e della ricchezza dei Paesi, alla crescitadell’occupazione, alla creazione di nuovi posti di lavoro conadeguate retribuzioni e contribuzioni previdenziali, promuo-vendo con politiche mirate, anche fiscali e sociali, l’occupazionedei giovani, delle donne, dei lavoratori in età matura. Se l’o-biettivo è assicurare pensioni adeguate, allora forse, con rife-rimento alla prima domanda posta dal Libro Verde, si potrebbeanche valutare l’opportunità di definire a priori una soglia direddito pensionistico adeguato e su questo costruire delle poli-tiche ad ampio raggio per ottenerlo e conservarlo nel tempo.Su questo aspetto trovo interessante il ragionamento di GiulianoCazzola (e la sua proposta di legge) per introdurre una pen-sione base pagata dalla fiscalità generale come intervento perrafforzare la solidarietà intergenerazionale e garantire ai gio-vani pensioni più adeguate. D’altra parte, si tratta di un ragio-namento che avevamo già iniziato con il precedente GovernoProdi, quando avevamo indicato come obiettivo il raggiungi-mento di un tasso di sostituzione non inferiore al 60%. Ora sitratterebbe di riprendere ragionamenti di questo genere.Sarebbe inoltre auspicabile che l’Europa assumesse un ruolodi coordinamento più efficace rispetto alle esperienze finoramesse in atto attraverso il metodo del coordinamento aperto,previsto dal Trattato di Lisbona. Concordo a questo propositosu quanto detto precedentemente che si tratta di un metodosostanzialmente ‘rituale’. Si dovrebbe invece creare una mag-giore coordinazione di interventi a livello europeo, al fine didare maggiore omogeneità alle politiche previdenziali, fiscali,economiche e di welfare. Sicuramente, vanno anche rese più

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precise le statistiche europee, separando la spesa previdenzialeda quella assistenziale, per rendere meglio comparabili le spesepensionistiche dei vari Paesi. La libera circolazione delle persone e dei lavoratori non puònon accompagnarsi a una libera circolazione delle pensioni.Per applicare pienamente il diritto europeo della sicurezzasociale, si rende dunque necessario un più efficace sistema diricostruzione dei diritti pensionistici a livello dell’Unione Euro-pea, una maggiore armonizzazione delle prestazioni pensio-nistiche in tutti gli Stati dell’Unione, con particolare attenzionealla totalizzazione dei periodi contributivi, alle pensioni com-plementari, ai fondi pensioni, alle modalità di tassazione delleprestazioni, ai trattamenti di reversibilità, nonché ai sistemi ditutela della maternità, della disoccupazione, dell’invalidità. Tuttitemi che sono stati precedentemente affrontati in questo dibat-tito.Un aspetto particolare che necessita senz’altro di norme comunieuropee, è quello del lavoro transfrontaliero, oggi regolamen-tato mediante convenzioni bilaterali tra gli Stati, che produconoin molti casi disparità di trattamento tra i cittadini dell’Unione. Vorrei ora soffermarmi su un aspetto a mio avviso non suffi-cientemente sottolineato nel Libro Verde e nelle domande cheesso pone. Se è vero, infatti, che tra gli obiettivi della Commis-sione c’è anche quello di garantire ai pensionati in essere unreddito adeguato, il tema non è poi sufficientemente esplicitato.Esiste, invece, già oggi un serio problema di inadeguatezzadegli importi pensionistici per milioni di pensionati europei. Èun dato emerso con drammaticità anche dagli interventi del-l’ultima Assemblea generale della Ferpa e dagli studi realiz-zati dalla stessa Federazione europea dei pensionati.

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In Italia, negli ultimi anni, le pensioni hanno perso potere d’ac-quisto in misura significativa e ancora oggi (sebbene alcuniinterventi degli ultimi Governi abbiano innalzato le pensioni piùbasse) quasi la metà dei pensionati, in maggioranza donne,riceve pensioni di importo complessivo inferiore ai mille euro.I meccanismi di indicizzazione delle pensioni all’aumento delcosto della vita sono fondamentali per la tenuta del potere d’ac-quisto dei pensionati, in Italia e in Europa.Nel nostro Paese, ancora oggi non tutte le pensioni sono ade-guate al 100% dell’inflazione, nonostante la legge 127 del2007, fortemente voluta dal sindacato confederale e dal sin-dacato dei pensionati, abbia ampliato il numero delle pensionirivalutate integralmente. In Europa, i meccanismi di indicizza-zione sono diversi da Paese a Paese, ma in molti Stati la riva-lutazione non è integrale. I panieri di riferimento, inoltre, nonsempre rispondono pienamente ai consumi specifici dei pen-sionati e degli anziani. Noi pensiamo, dunque, che questo temadebba essere messo all’ordine del giorno della CommissioneEuropea e che tutti gli Stati membri dovrebbero puntare a intro-durre una indicizzazione al 100% dell’inflazione per tutte lepensioni e a rivedere la costituzione dei panieri di riferimento.Andrebbero, inoltre, studiati meccanismi di miglior agganciodelle pensioni alla crescita della ricchezza e all’andamento del-l’economia. Sempre a proposito di adeguatezza delle pensioni in essere,nel Libro Verde c’è una affermazione sulla quale non posso con-cordare. Vi si sostiene, infatti, che i pensionati attuali sono statifinora i cittadini europei meno toccati dalla crisi. Sicuramente,la crisi ha colpito in primo luogo i lavoratori dipendenti, ma cisono Stati in cui le pensioni pubbliche sono state ridotte o bloc-

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cate e, più in generale, milioni di pensionati, che avevano giàpensioni insufficienti, hanno comunque subito ovunque gli effettiindiretti della crisi.La crescita della povertà tra le persone anziane europee, soprat-tutto tra le donne di età più avanzata, è un dato preoccupante.In Europa, oggi è a rischio povertà il 16% degli uomini anzianie il 22% delle donne anziane. Ridurre la povertà è uno degliobiettivi della Strategia “Europa 2020”. Nel Libro Verde si diceche si può raggiungere anche aumentando le pensioni oggiinsufficienti. Una affermazione che considero molto positiva-mente e che credo dovrebbe avere un seguito concreto.Le politiche fiscali potrebbero svolgere un ruolo importante peraumentare gli importi delle pensioni, prevedendo sgravi ad hoc,fasce di esenzione e altre agevolazioni, sia per quanto riguardala fiscalità nazionale, sia per quanto riguarda la fiscalità locale.Una profonda riforma fiscale che alleggerisca il carico sui lavo-ratori dipendenti e i pensionati, oggi insostenibile nel nostroPaese anche a causa dell’elevatissima evasione fiscale, è peral-tro al centro delle richieste della Uil al Governo italiano.Va anche ricordato che attualmente nei diversi Stati dell’Unionenon esiste un regime di tassazione uniforme per i pensionati.Questo provoca non solo disparità tra cittadini europei, ma falsaanche il calcolo della spesa pensionistica, come ha già eviden-ziato Proietti a proposito dell’Italia, Paese in cui il prelievo fiscalesui trattamenti previdenziali è il più elevato d’Europa. Credo si debba inoltre sottolineare il ruolo di stabilizzatoresociale che i redditi da pensione hanno svolto e stanno svol-gendo in Europa, soprattutto in questo periodo di crisi. In Ita-lia, oggi, milioni di pensionati sostengono le famiglie dei figlie dei nipoti. Avere pensioni adeguate può anche contribuire

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ad uscire dalla crisi, rilanciando la ripresa, i consumi, lo svi-luppo. In Europa essi rappresentano ormai in misura crescenteuna fonte di consumi stabili e regolari e una categoria di con-sumatori sempre più numerosa. Impoverirli è un danno per leeconomie stesse dei Paesi. Per ridurre la spesa e il debito non si dovrebbe agire su unariduzione del welfare (pensioni, ma anche sanità e assistenza).Non solo per ragioni ‘etiche’ ma, appunto, per ragioni econo-miche.Le migliori politiche sanitarie in Europa hanno permesso nonsolo alle persone di vivere più a lungo, ma anche di lavorarepiù a lungo. Se dovessimo tagliare i sistemi sanitari pubblici,ci sarebbero quindi anche ripercussioni sull’occupazione, otte-nendo un risultato contrario a quello voluto. Uno degli elementicentrali per la sostenibilità dei sistemi pensionistici è, infatti, lapromozione di una economia con un alto tasso di occupazioneche favorisca la coesione sociale e territoriale. Sanità e assi-stenza, inoltre, come ben sappiamo, sono loro stessi fonte dioccupazione e di produzione di ricchezza.Sono dunque convinto che l’Europa dovrebbe assumere comepunto di forza i propri sistemi di welfare, che l’hanno caratte-rizzata anche da un punto di vista ideale, nella creazione dimodelli sociali che hanno puntato al maggior benessere pos-sibile per il maggior numero possibile di cittadini.Vorrei, infine, fare una osservazione più critica sul Libro Verde.Mi sembra infatti insufficiente la lettura di genere dei fenomeni,soprattutto dell’invecchiamento e della condizione dei pensio-nati. Non si dà risalto al fatto che le persone anziane sono inmaggioranza donne, soprattutto nelle età più avanzate, e nonsi riflette su cosa questo dato comporti. Si accenna soltanto al

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fatto che le donne hanno pensioni più basse e ai motivi cheportano a questo differenziale, senza fare un ragionamento det-tagliato. Si riconosce che le donne anziane sono a maggiorrischio di povertà, ma non si approfondisce l’argomento.Trascurare la specificità al femminile dell’invecchiamento è unatteggiamento molto diffuso, ma a mio avviso molto negativo,perché ostacola l’elaborazione di politiche mirate e davvero effi-caci, sia per garantire pensioni adeguate, sia per contrastarel’esclusione sociale e la povertà tra le persone anziane.Per concludere, vorrei evidenziare che l’aumento della duratamedia di vita è uno dei fenomeni demografici più importantidegli ultimi secoli, di cui a mio avviso non si è ancora com-presa appieno la portata. Per quanto riguarda in particolarela popolazione europea e italiana, il collegamento con unageneralizzata diminuzione delle nascite, sia pure con misuredifferenti tra i vari Paesi europei, sta producendo cambiamentiinediti nella struttura della popolazione. I dati sono noti e sonoin parte anche riportati nel Libro Verde, per cui non li ripeterò.Voglio però ribadire che quando un Paese come l’Italia ha unapercentuale di popolazione ultra65enne pari al 20%, questofenomeno non può essere affrontato solo con l’allarmismo perla tenuta dei sistemi pensionistici e di welfare. Oggi, a mioavviso, le persone anziane sono ancora vittime di stereotipi etroppo spesso raffigurate o come ‘privilegiati’ o come ‘dere-litti’ bisognosi di assistenza. In entrambi i casi, un peso per l’e-conomia e per gli Stati. Gli anziani sono invece una granderisorsa, come la Uilp sostiene da tempo. Valorizzare questoruolo, può produrre grandi benefici per gli anziani stessi e perl’intera società. Impoverirli ed escluderli, avrebbe invece con-seguenze negative per tutti.

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Gli anziani contribuiscono in misura determinante alla tenutadel tessuto sociale, sono impegnati nel volontariato, produ-cono ricchezza nel mondo del lavoro formale e soprattuttoinformale, con un ruolo fondamentale di aiuto alle famiglie,di cura dei nipoti e anche di assistenza alle persone non auto-sufficienti. Sono ormai numerosi i figli, e soprattutto le figlie,in età avanzata che accudiscono i genitori anzianissimi,ultra80enni o ultra90enni. Molti sessantenni e settantenni, inol-tre, continuano a svolgere occupazioni retribuite o vorrebberocontinuare a farlo se ne avessero la possibilità. Su questofronte, credo, si potrebbe fare molto, per incentivare coloroche vogliono proseguire in modo facoltativo l’attività lavora-tiva, con effetti benefici sia sulla sostenibilità sia sull’adegua-tezza dei sistemi pensionistici. Servono, anche in questo caso,politiche complesse, fiscali, previdenziali, sociali, di organiz-zazione del lavoro, di formazione e di educazione per tuttol’arco della vita.Nel Libro Verde al riguardo si accenna alla necessità di unaformazione continua, all’utilizzo delle nuove tecnologie, di nuoviservizi e di nuove formule, ad esempio il telelavoro, per incen-tivare l’occupazione degli anziani. Si parla anche di incentivi,sociali, fiscali e finanziari, al lavoro in età anziana; così comesi parla della necessità di adeguare le forme di lavoro all’etàe di rivedere gli atteggiamenti del mercato del lavoro e sui luo-ghi di lavoro nei confronti dei lavoratori anziani. I lavoratorianziani, infatti, oggi sono sicuramente discriminati nel mondodel lavoro, così come sono discriminati i lavoratori maturi,troppo spesso espulsi anzitempo, e contro la loro volontà, dalmondo produttivo. E questo, proprio mentre si sostiene la neces-sità di elevare l’età effettiva di pensionamento.

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Sono spunti che riprendono alcune proposte che come Uilp fac-ciamo da tempo e che dunque non posso che considerare favo-revolmente. Il 2012 Anno europeo dell’invecchiamento attivo potrebbeessere, per l’Europa e per gli Stati membri, un’occasione impor-tante per riflettere seriamente su questi temi e mettere in attopolitiche concrete. Sono convinto che serva davvero un cam-biamento globale di ottica. L’allungamento della vita mediapone alle nostre società nuove sfide, che potremo vincere solose introdurremo cambiamenti profondi, per consentire ai milionidi anziani e di pensionati europei di essere cittadini a tutti glieffetti, con pieni diritti e pieni doveri.Per far questo, servono nuova fiducia, nuove idee, nuovo corag-gio. L’Europa vive momenti difficili ed appare sempre più vec-chia e stanca, ma non è detto che la responsabilità sia deglianziani, che sono pronti a rimboccarsi ancora una volta lemaniche.

ROMANO BELLISSIMA

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Vera LAMONICA(Segretario Confederale CGIL)

S pero che intanto il Libro Verde sia un’occasione per ria-prire la discussione sulla previdenza in Italia, che è stata

molto sotto traccia, nonostante gli interventi pesanti effettuatidi recente. Nella discussione di oggi sono state dette cose inte-ressanti, ho apprezzato molto su questo il tentativo di GiulianoCazzola che prova a rimettere insieme una riflessione e noi suquesto lo sosterremo se vorrà. Poi sono confortata dal fattoche questa mattina la relazione di Proietti e poi anche l’inter-vento di Petriccioli, hanno dimostrato che, nonostante il climadi divisione tra di noi, le cose che ci uniscono sono ancora moltedi più di quelle che ci dividono. Spero quindi che su questo tema, il sistema previdenziale in Ita-lia e la sua sostenibilità, non solo nella discussione in Europa,ma nella concreta e difficilissima situazione sociale che abbiamoin questo momento, possano essere proprio CGIL-CISL-UIL,insieme sui punti su cui siamo d’accordo, che provano a riaprirequesto discorso e farne materia di proposta ed azione unitaria.Intanto su un primo problema relativo al fatto che la materiavada riconsegnata anche alla discussione tra le parti sociali,oltre che alla politica,contrariamente a quanto purtroppo avve-nuto che, al contrario, ha visto l’assoluta indisponibilità delgoverno ad affrontare i problemi in un corretto e trasparenteconfronto. E’ stato affermato essere l’Italia all’avanguardia inEuropa per le riforme effettuate ed il conseguente, certo, equi-librio finanziario realizzato. Vorrei osservare che, nonostante

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i punti interrogativi che rimangono sul concetto stesso di avan-guardia, se abbiamo realizzato l’impianto di riforme struttu-rali degli anni ’90, che purtroppo rimane incompiuto per alcuniaspetti fondamentali relativi alla tutela di quelli che domanisaranno i più deboli, o alla diversa natura dei lavori, pensoagli usuranti, e nonostante i vari interventi realizzati nel corsodagli anni dai vari governi, non sempre coerenti con l’impiantogenerale e le sue premesse, ciò fu possibile proprio grazie alclima di concertazione e partecipazione delle OO.SS., alloragiustamente considerato valore aggiunto del processo demo-cratico di decisione pubblica. Rimane a nostro parere il valore positivo di quell’impianto diriforma, tuttavia, come oggi è ben venuto in evidenza, alloraalcuni problemi non erano ancora ben visibili. Fu calcolato giu-stamente il progressivo invecchiamento della popolazione, manon si ipotizzava certo un mercato del lavoro come l’attuale,ed inoltre dietro quell’impostazione stava ad esempio un’ideadi Paese che avrebbe continuato a crescere ad un tasso del 2-3% l’anno, cosa che oramai la realtà della crisi e della reces-sione ha smentito, provocando effetti pesanti sulle pensioni delpresente ed anche del futuro. L’effetto combinato di un PIL incalo e di un’estensione della precarietà superiore a tutte le pre-visioni, nonché dei permanenti livelli di sottooccupazione delledonne, insieme alla mancata attuazione di quanto previsto dalprotocollo sul welfare del 2007, ci consegna quindi una situa-zione abbastanza diversa, in cui il tema non è più quello direndere la previdenza pubblica sostenibile anche nel lungoperiodo dal punto di vista finanziario, bensì quello altrettantoforte di attrezzare un sistema in grado di far fronte alla com-plessità della situazione sociale che si è determinata.

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Si impone io credo uno scatto, serve capacità strategica evisione del futuro, e questo temo che non si realizzerà mai senon si ritrova cultura negoziale sui grandi temi del welfare, sele istituzioni, i governi, la politica, le forze sociali, non ritro-vano coesione e senso del bene comune, in un’idea di conso-lidamento e di allargamento dei diritti, di inclusione di tutticoloro che dall’impianto attuale sono esclusi o marginalizzati.Purtroppo la manovra di Luglio è stata esattamente l’opposto:non si è avuto neanche il coraggio di presentarla nella suavalenza reale alle forze sociali, si è agito per la cassa, si sonosottratte risorse al sistema, senza alcuna considerazione sul-l’impatto sociale, presente e futuro. Quando si fa una riforma che deve avere un respiro di 20-30-50 anni, perché questo è quando parliamo di sistemi previden-ziali, c’è un punto che viene prima di ogni altro, ed è l’affida-mento reciproco tra le parti e tra le istituzioni. Mi viene da pen-sare, ad esempio, che adesso noi parliamo come se fosse un’a-raba fenice del fatto che pure c’era un’intesa in questo paeseche doveva garantire il 60% di tasso di sostituzione alle futurepensioni di quelli che ora sono i giovani. Non si è tenuto fede neanche all’impegno, che pure era di solometodo, e si era realizzato, tutti insieme, con il protocollo sulwelfare, peraltro sottoposto al voto di 5 milioni di lavoratori elavoratrici, che, per esempio, la stessa applicazione dei coef-ficienti fosse costruita, corretta, pensata dentro una commis-sione; non perché c’è qualcuno che ama le commissioni e ibizantinismi, i tavoli che non finiscono mai, come si dice adessocon un discorso cultural politico di qualità infima, ma per unmotivo semplice: perché era consapevolezza di tutti già nel2007, che per arrivare ad alcuni obiettivi di lungimiranza ed

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equità, alcuni elementi di correzione alla determinazione edapplicazione dei coefficienti di trasformazione si sarebberodovuti apportare. Adesso giustamente, quando con una parola di verità, seppurdetta male, il presidente dell’Inps Mastrapasqua afferma chese i nostri ragazzi sapessero che potrebbero andare in pen-sione con il 27-30% di tasso di sostituzione farebbero una rivoltasociale, accade che su facebook si riversano i commenti dimigliaia di persone sconvolte e sbalordite. Nessuno vuole farescandalismo sul tema, però vorrei ricordare che se si fosse man-tenuto anche il criterio minimo di non procedere in manierasecca, ragionieristica, nel modo in cui si è proceduto, nell’ap-plicazione dei coefficienti già prima della manovra, parlo delgennaio 2010, forse qualche elemento di discussione sarebbeservito quantomeno a determinare un maggior grado di con-sapevolezza di tutti. Non nascondo che per la CGIL questorimane il tema centrale. A questo punto noi abbiamo l’obbligo di riaprire il cantiere,ma nel contempo di dire con forza che è ora di dire basta agliinterventi per fare cassa, e di dire anche in Europa che la discus-sione sull’intervento finanziario per ridurre l’incidenza dellaspesa previdenziale sul complesso della spesa pubblica perquanto riguarda l’Italia è già concluso, e che invece abbiamoun allarme sociale che non si può far finta di non vedere.Se dunque la vera questione è la sostenibilità sociale ciò signi-fica innanzitutto che le risorse liberate dalle manovre sulle etàvanno mantenute dentro al sistema con l’obbiettivo di ricostruiresolidarietà intergenerazionale ed infragenerazionale. Ci sonovarie ipotesi, ma ad esempio l’estensione della copertura figu-rativa alle carriere discontinue o a chi svolge lavori di cura è

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tema che può essere affrontato senza manomettere i capisaldidel sistema, anche se naturalmente da solo non è sufficiente.Ogni prestazione previdenziale è frutto di quel che ognuno havissuto nel mercato del lavoro e io non ho dubbi che il primoproblema del Paese sia quello di un cambio di rotta e di pro-spettiva delle politiche economiche, dal momento che siamo inuna situazione resa molto difficile dalla crisi e che quanto messoin campo dal governo non produce crescita e occupazione.Ovviamente se non si riprende a crescere non si crea occupa-zione. Purtroppo i pochi segnali che ci sono di imprese che assu-mono ci dicono, dati alla mano, che la precarietà, i lavoridiscontinui, il lavoro povero o nero, continueranno a produrrecarriere frammentate e , nel futuro, pensionati poveri. Se i gio-vani entrano nel mondo del lavoro a 35-40 anni, voglio capirequal è la discussione anche sull’età. Ce ne vorranno 70 di annied anche più per accedere alla prestazione.E’ chiaro a tutti che se il problema non fosse stato solo ed esclu-sivamente quello di far cassa nell’immediato non si sarebbe toc-cato il principio basilare su cui si fonda ogni sistema previden-ziale di tipo contributivo e che è la flessibilità in uscita, oppor-tunamente accompagnata da forme di incentivo-disincentivo cheil buon senso prima che la politica avrebbe potuto costruire.Ora se sulla sostenibilità sociale bisogna fare qualcosa ladomanda è: qual è la via, quali sono le proposte, qual è il ruoloche anche le stesse forze sociali devono avere. Esistono pro-poste di legge, alcune bipartisan, discutibili o meno, esistonoopinioni tecnicamente e anche politicamente molto rilevanti chesi possono assumere. Bisogna aprire la discussione.Non commento quanto è accaduto sulle donne, peraltro c’è unagrande ipocrisia e una grande menzogna. Le donne del pub-

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blico impiego andranno in pensione a sessantasei anni di botto,attraverso l’uso strumentale di un pronunciamento europeo eperaltro non vorremmo si trattasse di un’anticipazione su quantomagari qualcuno pensa di poter fare su tutte le donne, anchedel privato, magari dietro la nobile motivazione di una novelladiscriminazione. E’ davvero strano quanto nel nostro Paeseanche le parole stiano cambiando significato per cui si affron-tano le discriminazioni portando le persone indietro nella lorocondizione e non avanti come la secolare lotta contro le discri-minazioni stesse ci ha insegnato! La menzogna consiste poi neldire che le risorse ricavate andranno in servizi di conciliazionenel mentre è evidente a tutti l’operazione che viene fatta sulwelfare, sul lavoro di cura, sui servizi che è quella di tagliareanche da questo versante il welfare e la spesa sociale. Nel men-tre già oggi le donne costituiscono la stragrande maggioranzadei pensionati poveri ed ancor più lo saranno in futuro. E perquesto insisto su quanto già ho detto prima: ricostruire oggi ele-menti di solidarietà interna al sistema significa anche dare unarisposta avanzata ad uno dei temi centrali dello sviluppo cheè quello del lavoro delle donne e della sua valorizzazione,quindi le coperture figurative.Naturalmente non arriveremo a garantire la sostenibilità socialedel sistema solo con questo.Allora qui viene il tema che pone Cazzola, sul quale dobbiamoriflettere nelle forme, nei modi, che saranno necessari, e cioèche probabilmente per avere un sistema che garantisca quantomeno quel 60% che tutti riteniamo soglia minima di sopravvi-venza futura del sistema, forse ci vuole un pezzo di interventosulla fiscalità generale. Io non vedo scandalo in questa affer-mazione, anzi credo che alla fine sarà necessario aprire a que-

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sta possibilità. Il che non significa, e questa è semmai l’osser-vazione che mi sento di fare alla sua proposta, che dobbiamoimmaginare un futuro in cui la soglia di pensione garantita dalpubblico sia sostanzialmente equivalente alla soglia di povertà.Ma è una discussione che vogliamo fare. Noi siamo tra coloro che non sono disponibili a considerareil sistema pubblico ormai come residuale ed in via di lento ridi-mensionamento e il secondo pilastro come centro che bisognafar crescere. Siamo per mantenere lo spirito della riforma,quello che abbiamo avuto in questi anni. La previdenza complementare con l’esperienza peculiare e posi-tiva dei Fondi Negoziali certamente deve ulteriormente cresceree consolidarsi, bisogna continuare a garantirla dalle deviazionidei mercati e mantenerla diversa dall’esperienza anglosassonenon confondendola con i prodotti assicurativi, ma deve conti-nuare ad essere quello che è, appunto complementare, nonsostitutiva, di un sistema pubblico che invece deve mantenerealto il livello di copertura e di garanzia. La sostanziale trasfor-mazione del modello sociale europeo, oggi perseguita da piùparti, passerebbe anche attraverso una trasformazione deisistemi previdenziali che scaricherebbero sul singolo lavoratoretutti rischi, da quello del mercato del lavoro, a quello dei mer-cati finanziari. E del resto proprio la crisi ha dimostrato chesistemi siffatti sono i primi a crollare con conseguenze socialiche l’Europa che discute del Libro Verde non può ignorare. Quello che succede in Francia in questi giorni del resto ci rac-conta tanto delle tendenze in atto nelle parti trainanti dell’U-nione. Non voglio difendere i sindacati francesi, di cui qual-cuno qui ha detto così male, so che sono meno insediati di noi,coprono il 10% della rappresentanza, in Italia siamo tanti di

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più, però al di là del poco radicamento, sono uniti e soprat-tutto hanno un’opinione pubblica che al 69% dice di essered’accordo con la battaglia che stanno conducendo e sanno cheperderanno, Sarkozy su questo punto non torna indietro. Peròc’è un movimento di massa che qualcosa ci dice, e cioè che,appunto, questo è uno dei temi caldi delle dinamiche sociali eio penso che un sindacato come il nostro non possa permet-tersi ancora di vivere indifferenza, silenzi, divisioni, ma cheinvece deve fare uno sforzo per rappresentare al meglio ilmeglio della nostra storia, quello che abbiamo fatto insieme intanti decenni, insieme ad un’idea di futuro che non faccia arre-trare l’Italia e la condizione del lavoro.

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Antonio FINOCCHIARO(Presidente COVIP)

N on è facile parlare per ultimo; in particolare quando siè preceduti da personaggi ed esperti come quelli che

abbiamo ascoltato. Il rischio di ripetere concetti espressi o for-nire indicazioni più volte ripetute è concreto.Procederò per punti cercando anche di cogliere alcuni degliinterrogativi emersi. Dividerò il mio intervento in due parti: unasintesi del contenuto del Libro Verde della Commissione euro-pea e, in relazione al ruolo rivestito, alcuni aspetti della pre-videnza complementare nel nostro Paese. Chiedo scusa se latrattazione non risulterà molto organica.Desidero innanzitutto rilevare come il Libro Verde sulle pensionicostituisca una testimonianza dello spazio crescente che viene,e ancor più verrà, dedicato nel dibattito europeo alle politicheprevidenziali.In applicazione del principio di sussidiarietà, finora queste ultimesono rimaste prerogativa dei singoli Stati con limitati interventi dellaCommissione. Con il Libro Verde si comincia a cambiare.Vorrei anche osservare che il Libro nasce in coincidenza tem-porale con una articolata analisi effettuata da un grande gruppoassicurativo (AVIVA) sui sistemi pensionistici europei. Da essaemerge che in Europa per poter garantire, fino al 2050, unapensione pari al 70 per cento dell’ultimo salario - livello con-siderato ideale per vivere in modo simile a come si è vissutoprima del ritiro dal lavoro - mancano miliardi e miliardi di eurol’anno.

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L’esigenza di interventi integrativi e correttivi diventa impellente,come dimostra, appunto, il contenuto del Libro Verde. Nello studio dell’AVIVA si riconosce che l’Italia negli ultimi anniha fatto bene in materia pensionistica. La riforma previdenzialeavviata nel 1993 e conclusasi, per ora, nel 2005 può costi-tuire un modello per l’Europa.La Commissione europea nel dar conto delle ragioni che spin-gono per interventi di rilievo sui sistemi pensionistici – allun-gamento della vita media, accrescimento dei trattamenti ero-gati, rallentamento della crescita economica con conseguenteriduzione della massa contributiva, per citarne alcune – indi-vidua taluni aspetti generali che caratterizzano il tema dellaprevidenza:a) tutti i Paesi dell’OCSE, e non solo quelli, si dibattono nellestesse difficoltà; condizione, questa, aggravata dalla recentecrisi finanziaria che ha successivamente interessato l’economiareale; anche per quanto riguarda gli schemi pensionistici a capi-talizzazione – come quello italiano – la crisi ha messo in lucela difficoltà a realizzare, in ogni intervallo temporale, rendi-menti soddisfacenti;b) le difficoltà incontrate riguardano, anche se in misura diversa,tutte le forme pensionistiche esistenti: contributive, retributive, miste;c) esse hanno inciso sui bilanci pubblici – naturalmente in ter-mini diversi in relazione alla quota pensionistica facente capo,nei singoli Paesi, a tale bilancio – con i Governi impegnati aconseguire la sostenibilità della spesa per pensioni;d) in tutti i Paesi sono state adottate misure correttive che hannointeressato, sempre in misura differenziata, le condizioni ed itempi necessari al conseguimento della pensione e/o il quan-tum di quest’ultima.

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I fatti sinteticamente illustrati hanno indotto la Commissione adavviare, con il Libro Verde, un’indagine conoscitiva e una rac-colta di opinioni sul ruolo che le istituzioni europee potrebberosvolgere in materia pensionistica. E’ presumibile che si riavviiin molti Paesi un dibattito sul tema. Un dibattito che, anche acausa della crisi, in Italia è mancato per parecchio tempo.Alla base dell’impegno della Commissione – che col tempopotrà tradursi in iniziative regolamentari o normative – vi è laconvinzione che le soluzioni nazionali adottate e quelle da adot-tare non sono sufficienti. Esse vanno potenziate, coordinate earmonizzate in tutte le loro componenti (previdenza di base,fondi integrativi, piani individuali, ecc.) sulla base di principie interventi a carattere più generale; anche per agevolare, inun mondo che va sempre più integrandosi, la mobilità dei lavo-ratori fra Paesi e la portabilità contributiva. Una mobilità e unaportabilità che possono essere pesantemente condizionate danorme ed istituti pensionistici fortemente differenti da Paese aPaese.Una convinzione di più lungo periodo che caratterizza il LibroVerde è che sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuripossono rafforzare i grandi obiettivi sociali ed economici del-l’Europa. Qualcuno ha prospettato l’opportunità di varare alpiù presto una Maastricht previdenziale!E’ anche presumibile che nel dibattito in corso per la ridefinizionedel “Patto di stabilità e crescita” nei Paesi dell’euro si dia mag-giore spazio – finalizzato alla sostenibilità dei sistemi previden-ziali nazionali – alla previdenza complementare e ai regimi basatisulla capitalizzazione e l’investimento dei contributi.Per chiudere su questa prima parte ricordo che gli aspetti suiquali la Commissione si sofferma sono molteplici anche se per

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essi – come esplicitato più volte – non vengono indicate lesoluzioni. Queste certamente verranno dopo le consultazioni in corso. E’ipotizzabile che esse daranno un contenuto concreto ai tre con-cetti che dovrebbero caratterizzare un sistema pensionistico:• l’adeguatezza, intesa come possibilità, al termine dell’impe-

gno lavorativo, di mantenere uno standard di vita simile aquello goduto prima della pensione;

• la sostenibilità, intesa come possibilità di garantire pensioniadeguate senza compromettere il bilancio, in genere pub-blico, sul quale pesa l’onere del sistema pensionistico obbli-gatorio. E’ alla sostenibilità, come ho già detto, che miranogli interventi dei governi, incluso il nostro, in materia pen-sionistica;

• la sicurezza, concetto difficile da definire con precisione, mache, in prima approssimazione, può far riferimento al man-tenimento nel tempo del valore reale della pensione.

In sede di consultazioni, la prima riposta da fornire riguardail seguente quesito: “è opportuno e/o necessario che le istitu-zioni europee svolgano un ruolo maggiore in materia pensio-nistica, per aiutare gli stati membri a garantire pensioni ade-guate, sostenibili e sicure”?È, questa, una domanda di grande rilevanza politica. Una solu-zione positiva al problema sottostante può aprire ulteriori spazial processo di integrazione europea che, periodicamente, subi-sce rallentamenti se non battute di arresto. La COVIP ha avutola possibilità di esprimere, in un’audizione parlamentare infor-male, il proprio parere in merito.Vorrei ora ritornare alle “cose di casa nostra” cominciando daalcuni dati relativi alla previdenza complementare; a fine set-

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tembre scorso, essa registrava l’adesione di 5,2 milioni di per-sone su una platea teorica di 22-23 milioni di lavoratori, dipen-denti ed autonomi.Nei primi 9 mesi di quest’anno gli aderenti sono aumentati del3,4 per cento. Ma l’incremento complessivo nasconde una realtàarticolata. I fondi pensione negoziali hanno perso 1,2 punti,quelli aperti sono aumentati di 1,6 punti, i PIP “nuovi” sono cre-sciuti del 20,2. Sottopongo alla vostra riflessione questi dati,in particolare quelli relativi ai PIP nuovi, che, pur non godendodel contributo datoriale, vedono una presenza di lavoratoridipendenti pari al 50per cento delle adesioni.Viene da chiedersi se questo è il risultato cui si è mirato conla riforma del 2005. L’aumento di alcune migliaia di adesioniai PIP nuovi, che pure costituisce un fatto positivo, è la miglioresoluzione per i lavoratori? Se sì, perché? Il dibattito è aperto.La crisi ha poi comportato che nel 2009 oltre 600.000 lavo-ratori non hanno versato alcun contributo (o ne hanno versatouno minimo) alla previdenza di 2° pilastro. Un grande fondoafferma di avere crediti, per contributi non versati a nome dilavoratori a tempo indeterminato, pari a oltre 20 milioni di euro.L’ammontare di risorse gestite dai fondi assommava, semprea fine settembre scorso, a 77,6 miliardi di euro; in larga parteinvestiti all’estero o in titoli obbligazionari e di Stato, con ren-dimenti limitati e pari – per i fondi negoziali – a 2,6 punti per-centuali; un rendimento peraltro superiore al tasso di rivaluta-zione del TFR alla stessa data (+1,8). Gli andamenti negativiregistrati nel 2008 dai fondi negoziali sono stati tutti recupe-rati; anche le altre forme pensionistiche si avviano al recupero.E’, questa, la conferma della sostanziale validità della riformapensionistica del nostro Paese, basata sul confronto fra Governo

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e parti sociali. Un piccolo merito ce l’ha anche la COVIP cheha regolamentato il sistema in modo severo.Ciò non significa che la riforma, strutturalmente valida, nonrichieda una attività di fine-tuning, anche a legislazione vigente,dopo cinque anni di operatività. Un’esigenza scontata ove sipensi che essa, al pari di altri grandi riforme, è frutto di com-promessi, transazioni, mediazioni fra attori sovente portatoridi esigenze specifiche di questo o quel gruppo sociale. A talecircostanza si aggiungono condizionamenti (ad esempio l’an-damento della finanza pubblica) in tutto o in parte esogenirispetto alle volontà delle parti.La COVIP ha indicato più volte – da ultimo nel giugno scorso– alcuni interventi che, a suo parere, potrebbero rilanciare leadesioni, consentendo nel contempo di realizzare un sistemapiù semplice, trasparente, efficiente; un sistema in grado digarantire, in futuro, rendite adeguate alle esigenze degli ade-renti; un sistema capace di accrescere la fiducia dei lavoratorinella previdenza complementare.Si tratta, peraltro, di interventi che, in larga parte, rientranonella disponibilità delle parti sociali e delle istituzioni; per taluniaspetti appartengono alle decisioni dei fondi stessi. La COVIP,se richiesta, può fornire un supporto tecnico.L’on. Madia ha parlato di esigenza di “sicurezza delle regole”:sono d’accordo con lei; ma se le regole non sono “sicure”, direicerte, fin dall’inizio c’è poi l’esigenza di correttivi successivi.A rendere più urgente lo sviluppo della previdenza complemen-tare nel nostro Paese vi è la perdita, negli ultimi due anni, di6,4 punti percentuali di PIL. Tale condizione si ripercuoterà –salvo eccezionali recuperi dell’indicatore – per cinque anni sulcalcolo dell’ammontare delle pensioni obbligatorie. La prossima

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Relazione della Ragioneria generale dello Stato dovrebbe quan-tificare l’ammontare di tale perdita che potrebbe non esserecompensata dai risultati dei più recenti provvedimenti gover-nativi relativi alle condizioni e ai tempi di accesso nonché alquantum delle future pensioni.Ma prima di mettere mano al fine-tuning bisogna soddisfarele pre-condizioni per questa azione. Esse sono sostanzialmentetre: crescita economica, mercato del lavoro, cultura previden-ziale. Su di esse mi sono soffermato a lungo in un recente con-vegno svoltosi a Trento.In sintesi:a) una crescita sostenuta e sostenibile sotto il profilo sociale, ècondizione indispensabile per l’aumento dell’occupazione, perla salvaguardia del sistema pensionistico pubblico e per lo svi-luppo di quello complementare.Ciò che serve è noto da tempo: nelle sedi appropriate è neces-sario soltanto interrogarsi sulla reale capacità di sviluppo dellanostra economia, sulle condizioni per conseguirlo e sui tempidi attuazione. Andrebbero approvati provvedimenti, strutturalie di lungo periodo, volti ad innalzare il potenziale dell’econo-mia, a correggere i problemi di fondo che da anni rendonopiù difficoltosa e lenta, rispetto ad altri paesi, l’uscita dalle situa-zioni di crisi e una forte crescita. Non si può pensare di incre-mentare la distribuzione della torta se questa non cresce divolume! E la torta non cresce se non si recuperano innanzituttoproduttività e competività internazionale. Anche i fondi pen-sione potrebbero dare un contributo alla crescita operando davolano per la stessa; maggiori saranno le risorse a loro dispo-sizione tanto più importante potrà essere tale contributo; in par-ticolare se venissero investite in reti di trasporto, energie alter-

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native, edilizia sociale.b) la condizione del mercato del lavoro costituisce un fattoreimportante per lo sviluppo della previdenza complementare. Sutale mercato si è registrato, a fine agosto scorso, un tasso didisoccupazione pari all’8,2 per cento della forza lavoro. LaBanca d’Italia ritiene che questo dato sia inferiore – sotto il pro-filo dell’impiego dei lavoratori – di tre punti percentuali rispettoalla situazione reale che include, ad esempio, i lavoratori incassa integrazione o che rinunciano a cercare lavoro.Il dato più preoccupante riguarda i giovani fra i 19 e i 25 anni:in questa fascia d’età la disoccupazione raggiunge oltre il 26percento, con forti differenze fra regione e regione.L’incognita per il futuro spinge parte dei giovani a permanereo a ritornare nella famiglia di origine ricercando in questa ilproprio sostegno; un sostegno per il quale non sempre esistonoi margini economici. Una volta erano i giovani a manteneregli anziani; oggi si sta verificando il contrario!E d’altra parte è difficile parlare di previdenza complementarea persone che hanno un lavoro saltuario e una retribuzionemensile di 700-800 euro. Essi sono a forte rischio di scoper-ture previdenziali.Ci sono alcune Regioni (Alto Adige, Veneto) che, a determi-nate condizioni, versano, a favore dei giovani temporanea-mente disoccupati, i contributi alle forme di previdenza com-plementare. Un esempio da approfondire e adottare nell’am-bito del previsto federalismo fiscale?Una cosa è certa. Per molti dei giovani già al lavoro, o che adesso si affacceranno nei prossimi anni, 40 anni di contributieffettivi a uno o ad entrambi i pilastri pensionistici, costituirannoun traguardo difficilmente raggiungibile. Ha quindi ragione il

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prof. Marè quando dice che bisogna intervenire da subito sulsistema pensionistico se si vuole evitare una forte contrappo-sizione generazionale.Ma il mercato del lavoro non si caratterizza soltanto per gliaspetti quantitativi; vi si registra anche una certa asimmetriafra i profili professionali richiesti e quelli offerti. Vi è scarsità di infermieri, falegnami, pavimentatori, idraulici,carpentieri edili, meccanici, artigiani, progettisti di mezzi elet-tronici e del software. Per queste figure la difficoltà di reperi-mento da parte delle imprese varia, secondo una recente inda-gine, dal 100 al 40 per cento a seconda delle specializzazioni.Poiché il mercato non si corregge da solo vi è necessità di uncambiamento culturale che rivaluti le diverse forme di cono-scenza tecnica; con specifica attenzione all’istruzione profes-sionale, all’addestramento artigianale, alla riscoperta del lavoromanuale, al fine di eliminare l’asimmetria fra i percorsi forma-tivi dei giovani e le occasioni fornite dal mondo del lavoro;c) alla cultura previdenziale, che è parte della cultura finan-ziaria, hanno fatto cenno molti dei relatori che mi hanno pre-ceduto. Ricordo che, in base ad un’indagine de Il Sole 24 ore,la previdenza complementare e l’Autorità che se ne occupa sonoconosciute soltanto dal 5 per cento della popolazione italiana.La percentuale più bassa fra tutte le Autorità. Eppure, come hogià detto, ci sono almeno 22-23 milioni di lavoratori interes-sati al problema. Il generale livello di consapevolezza circa l’ef-fettivo tasso di sostituzione che verrà assicurato dal sistema pen-sionistico obbligatorio non è ancora adeguato alla situazioneche si viene configurando.Più volte negli ultimi anni la COVIP – ma anche altri organi-smi tra cui OCSE, CNEL, MEFOP, Associazioni di categoria –

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è ritornata su questo aspetto, da sempre molto fragile, sottoli-neando l’importanza di un adeguato livello di informazione esollecitando tutti gli interessati ad operare in questa direzione.Anche per contrastare taluni pregiudizi sull’adesione ai fondipensione. Tali appelli sono rimasti un buona parte inascoltati.Sarei curioso di conoscere quanta gente legge le Relazioni ei documenti della COVIP nei quali il problema viene sistema-ticamente trattato!Una nota di ottimismo scaturisce, peraltro, da un documentopresentato il 21 settembre u.s. in seno alla 10a Commissionepermanente del Senato della Repubblica: un apposito Comi-tato ristretto ha unificato in un unico testo cinque disegni di leggein tema di educazione finanziaria, assicurativa e previdenzialedepositati da più parti politiche.Nel testo si riconosce l’importanza dell’educazione finanziaria,assicurativa e previdenziale come strumento per la tutela del con-sumatore che miri ad ampliare le conoscenze dei cittadini al finedi utilizzare in maniera più consapevole gli strumenti e i servizifinanziari offerti dal mercato; il documento si pone altresì l’obiet-tivo di promuovere e realizzare progetti su tale materia.A tal fine è prevista l’istituzione di un opposto Comitato perdare un seguito concreto e operativo all’obiettivo appena indi-cato. Per ora in questo Comitato non è prevista la presenza dirappresentanti del Ministero del lavoro e della COVIP. Vi sono ancora alcuni aspetti sui quali, anche se in manieradisorganica, desidero attirare la Vostra attenzione:a) il sistema della previdenza complementare gode di un trat-tamento fiscale di favore sia per la tassazione del rendimentodei montanti via via accumulati sia per le rendite erogate agliaderenti.

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Ciò comporta, peraltro, che i montanti accumulati – sui qualisi calcola la rendita al momento del pensionamento – vengonoannualmente ridotti, nel caso di rendimenti positivi, dell’importodella tassazione.Sarebbe interessante capire se – al di là del vantaggio certodell’omogeneizzazione dei trattamenti – per il lavoratore siapiù favorevole il trattamento fiscale italiano ovvero quello “euro-peo”.Quest’ultimo non prevede la tassazione dei rendimenti deimontanti e applica aliquote fiscali non agevolate alle rendite.Un calcolo grezzo effettuato lo scarso anno dalla COVIP sti-mava in 200 milioni di euro, per il 2009, il minor incasso delfisco in caso di abolizione del trattamento fiscale del rendimentodei montanti accumulati. Una cifra non piccola ma neppureeccezionale che meriterebbe un controllo in sede ministeriale.b) Cosa sta facendo la COVIP che, ricordo, è l’Autorità di rego-lamentazione di Vigilanza sui Fondi Pensione?Nel più recente periodo essa ha operato per migliorare lagestione del 2° pilastro previdenziale attraverso lo snellimentoe la semplificazione dell’attività regolatoria; il miglioramentodell’informazione e della comunicazione tra fondi e aderenti;l’integrazione dei controlli finalizzati alla riduzione dei rischiderivanti da inadeguata gestione.In questi giorni stiamo lavorando ad una bozza di riforma deldecreto 703/1996, da fornire al Ministero dell’Economia perl’avvio delle attività di competenza di quest’ultimo.Al fine di ampliare l’ambito di investimento dei fondi pensionesarà necessario che questi migliorino i livelli di governancefacendo anche ricorso a professionalità capaci di comprenderee operare con competenza, serietà e trasparenza sui mercati.Può la COVIP fare di più? Ho qualche dubbio in proposito.

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Ricordo infatti che la Commissione conta su un organico di circa70 persone per controllare (oltre che regolamentare) oltre 500fondi pensione, 300 dei quali preesistenti. Per questi ultimi nontutta la regolamentazione in materia di contabilità, bilanci attua-riali, rapporti con le aziende “sponsor”, ecc è uniforme.Una condizione che preoccupa molto la Commissione; certescelte, in particolare di tipo attuariale (ad esempio nel calcolodel rendimento futuro degli immobili) possono provocare, neltempo, pesanti condizioni di insufficienza nei patrimoni fina-lizzati al pagamento delle pensioni. Un’azione articolata per la concentrazione di questi fondi – peresempio attraverso incentivi o disincentivi fiscali – comporte-rebbe notevoli vantaggi per gli aderenti e, per la COVIP, la pos-sibilità di controlli più frequenti ed incisivi perché relativi adun minor numero di soggetti. Purtroppo quella della COVIP è, sovente, una vox clamans indeserto!Al di là della Relazione Annuale (largamente ignorata daimedia) e di alcuni interventi dei Commissari in particolari occa-sioni, la COVIP non dispone di risorse per impostare un’arti-colata azione divulgativa in tema di pensione complementare.Per migliorare l’informativa in materia di pensioni di 2° pila-stro raggiungendo nel contempo una vasta platea di possibiliaderenti – e l’utenza televisiva certamente comprende quest’ul-tima – avevo chiesto alla Presidenza del Consiglio, che puòdisporre di spazi credo gratuiti nelle reti televisive, di utilizzarequesti spazi. Sono ancora in attesa di una risposta concreta.E chiudo lasciandovi due temi su cui riflettere senza per que-sto voler provocare il Presidente dell’INPS o il Ministro delLavoro.

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a) Sul salario di ogni lavoratore vengono effettuate, a variotitolo, trattenute per 42 – 43 punti percentuali; di questi circa33, se non sbaglio, sono destinati alla previdenza obbligato-ria. Mi chiedo: visto che il Governo sta mettendo in sicurezzail sistema pensionistico di 1° pilastro è errato ipotizzare che,al termine di questa azione meritoria, due o tre punti venganodestinati al 2° pilastro previdenziale?b) Previdenza complementare e sanità hanno parecchi puntiin comune. E’ ipotizzabile un controllo unico sulle stesse sì daridurre gli oneri migliorando le prestazioni di entrambe?Grazie per la pazienza che avete avuto.

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APPENDICE

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Verso sistemi pensionistici adeguati,sostenibili e sicuri in Europa

1. INTRODUZIONE

Garantire a tutti i cittadini, oggi e in futuro, un reddito di pensioneadeguato e sostenibile è uno degli obiettivi prioritari dell’Unione euro-pea. L’invecchiamento della popolazione ha fatto di questo obiet-tivo una grande sfida, che la maggior parte degli Stati membri hacercato di affrontare riformando i propri sistemi pensionistici. La recente crisi finanziaria ed economica ha aggravato e ampli-ficato gli effetti della marcata tendenza all’invecchiamento dellapopolazione. Le sue ripercussioni negative sulla crescita econo-mica, sui bilanci pubblici, sulla stabilità finanziaria e sull’occupa-zione hanno acuito l’urgenza di una riforma delle pensioni e inparticolare di una modifica delle condizioni di acquisizione deidiritti pensionistici. La crisi ha messo in luce la necessità di faredi più per migliorare l’efficienza e la sicurezza dei regimi pen-sionistici1, che non costituiscono soltanto uno strumento che assi-cura condizioni di esistenza dignitose alle persone anziane, maanche la giusta ricompensa di una vita di lavoro. Nei suoi orientamenti politici per la nuova Commissione, il presi-dente José Manuel Barroso ha sottolineato l’importanza di garan-tire pensioni adeguate e sostenibili per rafforzare la coesione sociale:

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1 Anche il Parlamento europeo, sotto gli auspici della commissione speciale sullacrisi finanziaria, economica e sociale, partecipa al dibattito sugli insegnamenti datrarre dalla crisi.

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“Milioni di europei non hanno altro reddito che la loro pen-sione. La crisi ha dimostrato l’importanza dell’approccio euro-peo ai sistemi pensionistici. Ha dimostrato l’interdipendenza deivari pilastri dei sistemi pensionistici in ogni Stato membro e l’im-portanza di indirizzi comuni europei per quanto riguarda lasolvibilità e l’adeguatezza sociale. Ha anche messo in evidenzache i fondi pensione sono un elemento importante del sistemafinanziario. Dobbiamo fare in modo che le pensioni garanti-scano il massimo sostegno ai pensionati attuali e futuri, com-prese le categorie vulnerabili.” È compito degli Stati membri erogare le prestazioni previden-ziali: questo Libro Verde non mette in discussione le preroga-tive degli Stati né il ruolo delle parti sociali e non suggerisceche esista un modello “ideale” di sistema pensionistico, adattoad ogni situazione. I principi della solidarietà tra generazionie della solidarietà nazionale sono fondamentali. I sistemi pen-sionistici nazionali sono affiancati a livello dell’UE da un qua-dro di attività che vanno del coordinamento delle politiche allaregolamentazione. Alcuni temi comuni richiedono un coordi-namento degli interventi: è il caso del funzionamento del mer-cato interno, degli obblighi imposti dal patto di stabilità e dicrescita, o della coerenza delle riforme delle pensioni con lastrategia “Europa 2020”. Per i cittadini e per la coesione socialesono essenziali sistemi pensionistici solidi e adeguati, che per-mettano alle persone di mantenere in misura ragionevole, unavolta cessata l’attività lavorativa, il loro tenore di vita. Gli effettidella spesa previdenziale sulle finanze pubbliche di uno Statomembro possono avere serie ripercussioni in altri. Il coordina-mento a livello dell’UE in materia di pensioni si è dimostratoutile e necessario per realizzare progressi negli Stati membri.

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I fondi pensione fanno parte integrante dei mercati finanziarie possono, secondo le loro caratteristiche, favorire od ostaco-lare la libera circolazione della manodopera o del capitale. Dopo un decennio di riforme che hanno modificato i sistemipensionistici nella maggior parte degli Stati membri, è oranecessario un riesame approfondito del quadro europeo. L’in-vecchiamento della popolazione è stato più rapido del previ-sto e la recente crisi economica e finanziaria ha avuto conse-guenze pesanti per i bilanci, i mercati finanziari e le imprese.Ci sono stati anche profondi mutamenti strutturali: nuovi equi-libri intergenerazionali, il passaggio dai sistemi pensionistici aripartizione a quelli a capitalizzazione e maggiori rischi perle persone. Il presente Libro Verde intende aprire in Europa undibattito per mezzo di un’ampia consultazione sulle grandi sfideche i sistemi pensionistici devono affrontare e sull’azione chel’UE può svolgere a sostegno degli sforzi intrapresi dagli Statimembri per garantire pensioni adeguate e sostenibili. Il Libro Verde adotta un approccio integrato che considera gliaspetti economici, sociali e finanziari e riconosce i legami e lesinergie tra la questione delle pensioni e la strategia “Europa2020” per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Tieneanche conto dei lavori svolti sulle pensioni dal Comitato di poli-tica economica e dal Comitato per la protezione sociale. Il Con-siglio (Economia e finanza e Occupazione, politica sociale,salute e consumatori) del 7 e 8 giugno 2010 ha preso atto dellaloro relazione intermedia congiunta2. L’obiettivo di generareredditi di pensione adeguati e sostenibili per mezzo di riforme

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2 Relazione disponibile su: http://europa.eu/epc/publications/index_it.htm; conclusioni del Consiglio: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pres-sdata/it/ecofin/114988.pdf.

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dei sistemi pensionistici e gli obiettivi perseguiti dalla strategia“Europa 2020” si rafforzano reciprocamente. La strategia“Europa 2020” pone in primo piano l’incremento e il miglio-ramento della qualità dell’occupazione e le transizioni positive,fattori entrambi decisivi perché i lavoratori e le lavoratrici pos-sano maturare i diritti a pensione. L’obiettivo del 75% di occu-pati implica tassi d’occupazione nettamente più elevati di quelliattuali nella fascia d’età 55-65 anni. Aumentare le pensioniinsufficienti, che possono essere una delle principali cause dipovertà tra le persone anziane, può anche contribuire a ridurrela povertà, uno degli obiettivi della strategia “Europa 2020”.Le politiche adottate in molti settori possono contribuire a ridurrela povertà tra le persone anziane, e questo permetterà di ren-dere più adeguate le pensioni, rafforzando gli effetti delleriforme. La strategia ha tra i suoi obiettivi quello di eliminaregli ostacoli al completamento del mercato unico, ad esempiorendendo il mercato interno dei prodotti finanziari più sicuroe meglio integrato e facilitando la mobilità dei lavoratori3 e deicittadini nell’Unione europea4. Le riforme delle pensioni con-tribuiranno a loro volta al raggiungimento degli obiettivi fis-sati dalla strategia “Europa 2020” per l’occupazione e la soste-

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3 Compresi i lavoratori con elevata mobilità, come i ricercatori; si vedano le con-clusioni del Consiglio del 2 marzo 2010: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_Data/docs/pressdata/en/intm/113121.pdf.4 La Commissione pubblicherà nel 2010 una relazione sulla cittadinanza, riguar-dante l’intero ciclo di vita dei cittadini europei, che esaminerà i) gli ostacoli all’e-sercizio effettivo dei loro diritti di cittadini, tra cui il diritto di libera circolazione, ii)le soluzioni da adottare per eliminare tali ostacoli e la via da percorrere per giun-gere alla loro adozione.

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nibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Inoltre, il com-pletamento del mercato interno dei prodotti pensionistici ha uneffetto diretto sul potenziale di crescita dell’UE e contribuiscequindi direttamente alla realizzazione degli obiettivi della stra-tegia “Europa 2020”.

2. LE GRANDI SFIDE

2.1. L’invecchiamento demografico L’Europa, come è noto, è confrontata a una situazione demo-grafica difficile5, che entra in una fase critica con l’avvicinarsiall’età della pensione delle generazioni del “baby-boom” e laprevista diminuzione, a partire dal 2012, della popolazionein età lavorativa. L’allungamento della durata di vita costituisce naturalmenteun’immensa conquista: negli ultimi cinquanta anni, nell’Unioneeuropea la speranza di vita è cresciuta di circa cinque anni.Le ultime proiezioni demografiche6 indicano per il 2060 un ulte-riore aumento di circa sette anni. Combinata a bassi tassi difertilità, questa tendenza si tradurrà in uno sconvolgimento dellacomposizione per età della popolazione (v. figura 1). Di con-

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5 Comunicazione della Commissione del 29 aprile 2009 “Gestire l’impatto dell’in-vecchiamento della popolazione nell’Unione europea (relazione 2009 sull’invecchia-mento demografico)” e documento di lavoro dei servizi della Commissione “Demo-graphy Report 2008 – Meeting social needs in an ageing society” (SEC (2008)2911). 6 Commissione europea e comitato di politica economica, 2009 Ageing Report: Eco-nomic and budgetary projections for the EU-27 Member States (2008-2060), in Euro-pean Economy, n. 2, 2009.

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seguenza, l’indice di dipendenza degli anziani raddoppierà:per ogni persona di oltre 65 anni ci sono oggi quattro personein età attiva, ma saranno soltanto due nel 2060 (v. figura 2). Altre tendenze che da tempo caratterizzano i mercati del lavorosono l’ingresso nella vita attiva a tempo pieno in età più avan-zata, dovuto alla necessità di prolungare la formazione, e l’ab-bassamento dell’età di pensionamento determinato dalla gestionedell’età e dalle politiche prevalenti nel mercato del lavoro. Se sicomincia a osservare un’inversione della tendenza ad anticipareil pensionamento, la maggioranza delle persone, in particolarele donne, escono ancora dal mercato del lavoro assai prima diaver raggiunto i 65 anni (v. figure 6 e 7), il che dimostra un per-sistente divario di condizione tra uomini e donne. Le tendenze in atto creano una situazione insostenibile. A menoche, poiché si vive più a lungo, non si consenta anche a lavo-rare più a lungo, è probabile che si vada verso un deteriora-mento delle prestazioni previdenziali o un aumento insosteni-bile della spesa. Le conseguenze dell’evoluzione demografica,aggravate dalla crisi, tenderanno a deprimere la crescita eco-nomica e ad aumentare la pressione sulle finanze pubbliche.Il rapporto 2009 sull’invecchiamento7 indica che, in conse-guenza della contrazione della forza lavoro, la sola fonte dicrescita fino al 2020 sarà la produttività del lavoro. Anche sele riforme hanno già sensibilmente ridotto l’incidenza dell’in-vecchiamento sul futuro costo delle pensioni, si prevede che laspesa pubblica legata all’invecchiamento aumenterà ancoracomplessivamente di quasi cinque punti di percentuale del PILentro il 2060, aumento ascrivibile per metà alla spesa pensio-

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7 Ibid.

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nistica (v. alla figura 3 le proiezioni della spesa pubblica perle pensioni negli Stati membri). Un’altra tendenza che si è andata delineando è quella che simanifesta in cambiamenti dell’organizzazione sociale e fami-liare (i “single”, le coppie senza figli, le diverse generazioni diuna stessa famiglia che vivono separatamente) e nel conse-guente maggior ricorso a strumenti previdenziali per ottenereprestazioni assistenziali che in altre circostanze sarebbero stateassicurate dalla famiglia. Questa evoluzione rende problema-tico il finanziamento dei costi dell’assistenza sanitaria e dellecure di lunga durata. Anche le pensioni a capitalizzazione potrebbero subire le con-seguenze dell’invecchiamento della popolazione; le società“anziane” vedrebbero diminuire il tasso di crescita potenzialedell’economia e quindi si avrebbero tassi reali di remunerazioneinferiori, con possibili effetti negativi anche sui prezzi degli attivifinanziari. Rendimenti potenzialmente meno elevati degli inve-stimenti dei fondi pensione potrebbero avere come conseguenzeun aumento delle contribuzioni, una riduzione delle prestazionipensionistiche, un intensificarsi della fuga di capitali verso mer-cati emergenti o una più grande assunzione di rischio. Nel 2001 il Consiglio europeo di Stoccolma ha definito, perfar fronte agli effetti dell’invecchiamento demografico sui bilancipubblici, una strategia che si articola in tre linee d’azione: – ridurre rapidamente il debito; – accrescere i tassi d’occupazione e la produttività; – riformare i sistemi pensionistici, sanitari e di assistenza di

lunga durata. Sempre nel 2001, il Consiglio europeo di Laeken ha fissato unaserie di obiettivi comuni per le pensioni, sottolineando la neces-

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sità di renderle adeguate, sostenibili e adattabili8.

2.2. L’evoluzione dei sistemi pensionistici Se i sistemi esistenti nei vari Stati membri differiscono notevolmente,in maggioranza sono stati adattati negli ultimi decenni per ren-derli più sostenibili. Gli Stati membri hanno al tempo stesso cer-cato di garantire l’adeguatezza delle pensioni e di risponderemeglio all’evoluzione dei mercati del lavoro e del ruolo degliuomini e delle donne. Le principali tendenze sono state le seguenti9: (1) l’incentivazione dell’allungamento della durata della vita

attiva perché i lavoratori possano mantenere gli stessi dirittipensionistici: aumentando l’età pensionabile; premiando epenalizzando chi posticipa o anticipa il pensionamento (v.figura 8); rapportando le pensioni alla media delle retribu-zioni percepite durante l’intera vita lavorativa anziché alleretribuzioni degli anni migliori; eliminando o limitando lepossibilità di pensionamento precoce; attuando politichemiranti a indurre i lavoratori anziani a continuare a lavo-rare e a favorire la parità uomo-donna sul mercato dellavoro;

(2) il passaggio da sistemi basati essenzialmente su un unicomeccanismo di finanziamento a sistemi più articolati: in moltiStati membri (non in tutti) si osserva una diminuzione dellaquota delle pensioni pubbliche a ripartizione e un ruolo cre-

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8Quality and viability of pensions – Joint report on objectives and working methodsin the area of pensions [10672/01 ECOFIN 198 SOC 272]. 9 La relazione congiunta intermedia del comitato di politica economica e del comi-tato per la protezione sociale contiene una valutazione più dettagliata (v. nota 2).

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scente assunto dai regimi complementari privati prefinan-ziati, spesso del tipo a contribuzione definita (v. figura 10);

(3) l’adozione di interventi diretti a rendere le prestazioni piùadeguate, ad esempio estendendo la copertura, sostenendola maturazione dei diritti, agevolando l’accesso alle pen-sioni per le categorie vulnerabili e aumentando l’aiuto finan-ziario ai pensionati più poveri;

(4) per quanto riguarda le disparità tra uomini e donne, si puòconstatare che i contratti atipici riguardano prevalentementele donne, che guadagnano meno degli uomini e interrom-pono la carriera più spesso degli uomini per assumereresponsabilità familiari. Di conseguenza, le loro pensionisono tendenzialmente più basse e il rischio di povertà piùelevato tra le donne anziane, anche perché vivono più alungo. Alcuni sistemi a ripartizione prevedono la coperturadei periodi dedicati all’assistenza a familiari, mentre neiregimi a capitalizzazione questo avviene più di rado e sipone il problema di come finanziare questa forma di soli-darietà.

Le riforme hanno già permesso di aumentare in alcuni casi l’etàeffettiva di pensionamento e aperto nuove possibilità di garan-tire prestazioni adeguate in condizioni sostenibili. Allo stessotempo, le riforme hanno dato e continueranno a dare alle per-sone maggiori responsabilità: i cittadini hanno ora più scelta,ma sono anche esposti a più rischi. Perché le riforme abbianosuccesso, tutti i sistemi pensionistici devono fare la loro partee bisogna capire e gestire bene i rischi. L’adeguatezza dellefuture pensioni dipenderà sia dai rendimenti sui mercati finan-ziari, sia dalla possibilità offerta dai mercati del lavoro di car-riere contributive più lunghe e con minori interruzioni. Per raffor-

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zare la coesione sociale, è probabile che alcuni Stati membricerchino di dare una soluzione a questioni come la pensioneminima, la copertura dei lavoratori atipici e l’accredito contri-butivo per le interruzioni involontarie dell’attività professionale,ad esempio per prestare assistenza a persone dipendenti. Per un numero notevole di lavoratori i sistemi pensionistici rifor-mati aumentano il rischio di inadeguatezza delle pensioni. I tassinetti di sostituzione diminuiranno in molti Stati membri, anchese il livello di partenza e il grado di riduzione variano sensi-bilmente e in alcuni paesi, in particolare quelli in cui il livelloiniziale era molto basso, sono aumentati (v. figura 5). Postici-pare l’uscita dal mercato del lavoro può ridurre questo calo. In molti Stati membri potranno essere necessarie ulteriori riformedata l’ampiezza dei mutamenti demografici e per mantenere i risul-tati ottenuti grazie alle riforme già attuate. Negli Stati membri incui il processo di riforma non è sufficientemente avanzato, èurgente rivedere la promessa di pensione tenendo conto delle pro-spettive offerte dal resto dell’economia e dai bilanci pubblici.

2.3. Gli effetti della crisi finanziaria ed economica La crisi finanziaria ed economica ha notevolmente aggravatoi problemi posti dall’invecchiamento della popolazione. Met-tendo in luce l’interdipendenza dei diversi regimi e le debo-lezze strutturali di alcuni di essi, è stata avvertita come unsegnale d’allarme per tutti i sistemi pensionistici, a ripartizioneo a capitalizzazione: l’aumento della disoccupazione, il rallen-tamento della crescita, l’espansione del debito pubblico e lavolatilità dei mercati finanziari hanno reso più difficile per tuttii sistemi far fronte alle promesse pensionistiche. I regimi pri-vati possono attenuare in qualche misura la pressione sui sistemi

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pensionistici pubblici. Accrescere il ruolo dei regimi privati haperò un costo fiscale, dato che è largamente diffusa la praticadegli incentivi fiscali durante la fase di accumulazione. Le age-volazioni fiscali possono avere un costo considerevole e la loroefficacia redistributiva è dubbia10. Con bilanci pubblici sottoforte pressione, alcuni Stati membri stanno ora riconsiderandol’efficienza di questo tipo di intervento. Una migliore condivi-sione delle informazioni sui suoi costi e sulla sua efficacia potràessere utile a orientare le scelte che in tutta l’Unione europeai responsabili politici saranno chiamati a compiere11. Inoltre,se i regimi privati non saranno in grado di mantenere le loropromesse, saranno inevitabilmente le finanze pubbliche adoversi parzialmente accollare l’onere del debito pensionistico. Grazie al reddito assicurato dalle pensione pubbliche, che hannogeneralmente potuto svolgere il loro ruolo di stabilizzatori auto-matici, gli attuali pensionati sono stati finora fra i cittadini menotoccati dalla crisi. Salvo eccezioni, le prestazioni dei sistemi acapitalizzazione hanno ancora un ruolo marginale e solo alcuniStati membri con gravi problemi di bilancio pubblico o in cuiesistono meccanismi di adeguamento automatico ben consoli-

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10 Sezione 4.2, pag. 26, della relazione del comitato per la protezione sociale Pri-vately managed funded pension provision and their contribution to adequate andsustainable pensions” (2008).http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=752&langId=en.11 Questo potrà avvenire per mezzo di uno scambio di esperienze su approcci comequello dei “vasi comunicanti”, secondo il quale l’ammontare degli sgravi fiscali con-cessi per un risparmio individuale volontario è inversamente proporzionale all’am-montare delle pensioni legale e professionale di cui la persona fruisce. V. G.J.B. Diet-vorst, Proposal for a pension model with a compensating layer, in EC Tax Review 2007,n. 3, pagg. 142-145

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dati sono stati costretti a ridurre le pensioni pubbliche. Tuttavia,la crisi e le prospettive di rallentamento della crescita avrannoripercussioni su tutti i tipi di sistemi pensionistici. Il deterioramento delle finanze pubbliche conseguente alla crisiequivale, per la sua ampiezza, all’annullamento di venti annidi consolidamento finanziario, il che comporterà vincoli di bilan-cio molto pesanti nel prossimo decennio. Si stima che la crisiavrà ulteriori ripercussioni sulla spesa previdenziale nel lungoperiodo, perché si prevede un forte rallentamento della crescitaeconomica e vi è molta incertezza su quando ci sarà una pienaripresa12. In alcuni Stati membri una parte dei contributi pre-videnziali è stata utilizzata per finanziare nuove pensioni a capi-talizzazione obbligatorie. La crisi ha sottolineato questo pro-blema di doppio pagamento e ha spinto alcuni governi a ces-sare o a ridurre i contributi alle pensioni private per miglio-rare le finanze delle pensioni pubbliche. Nel breve periodo, i tassi di rendimento e la solvibilità dei sistemia capitalizzazione sono stati intaccati dalla caduta dei tassi d’in-teresse e del valore degli attivi: nel 2008 i fondi pensione pri-vati hanno perso più del 20% del loro valore13. Inoltre, diversipromotori di fondi pensione professionali hanno incontrato dif-ficoltà a far fronte ai loro obblighi. Tuttavia, poiché pochi regimisono stati costretti a vendere i loro attivi in perdita per mante-nere gli impegni correnti, le autorità di vigilanza hanno potutofacilitare i regolamenti di valutazione e solvibilità per dare ai mer-cati il tempo di riprendersi. I fondi pensione hanno potuto recu-

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12 V. nota 6. 13 OECD, Pensions and the crisis – How should retirement income systems respondto financial and economic pressures, 2009.

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perare una parte delle loro perdite del 200914 ma molti restanoancora molto al di sotto dei livelli di solvibilità necessari. Le variazioni nella capacità dei regimi a capitalizzazione disuperare la crisi hanno dimostrato che le differenze di conce-zione, regolazione e strategia d’investimento hanno una nettaincidenza. Le perdite variano secondo le pratiche d’investimentoe la capacità di assorbire i colpi dipende anche dalla riparti-zione dell’onere tra enti pensionistici, contributori e beneficiari.Purtroppo, i sistemi dei paesi in cui i requisiti di solvibilità eranomeno rigidi e le perdite di valore degli attivi sono state parti-colarmente forti sono generalmente quelli che garantiscono unaminore protezione dei diritti maturati e dispongono dei mec-canismi meno flessibili di ripartizione dell’onere. Di conse-guenza, i diritti possono andare perduti e gli enti pensionisticiessere tentati di porre fine ai regimi perché non sono più ingrado di renderli solvibili. La crisi avrà anche ripercussioni notevoli sulle future pensioni,dato che numerosi lavoratori avranno perso l’impiego e sarannorimasti disoccupati per un certo tempo e altri saranno stati forsecostretti ad accettare salari più bassi o un orario di lavororidotto15. Uno dei problemi da risolvere sarà quello di mante-nere pensioni adeguate anche in queste situazioni (v. figura 9). La crisi ha quindi avuto le seguenti conseguenze: – ha reso più urgente la necessità di garantire pensioni adeguate; – ha reso più urgente la necessità di adottare riforme che miglio-

rino la sostenibilità delle finanze pubbliche;

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14 OECD, Pension Markets in Focus, ottobre 2009, n. 6. 15 Capitoli 3.3 – 3.5 della relazione congiunta intermedia sulle pensioni, v. nota 2.

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– ha messo in evidenza la necessità di aumentare l’età effet-tiva di pensionamento;

– ha reso necessaria una revisione della regolamentazione deisistemi pensionistici a capitalizzazione che ne assicuri l’effi-cienza e la sicurezza anche in caso di grosse crisi finanzia-rie, pur mantenendo proporzionata tale regolamentazione,e non spinga i datori di lavoro all’insolvenza o ad abban-donare questi sistemi;

– ha reso necessaria una regolamentazione dei mercati finan-ziari efficace ed intelligente, data l’importanza che vannoassumendo i fondi pensione. I vertici del G20 di Pittsburghe di Toronto hanno sottolineato la necessità di regolamentaretutti gli organismi finanziari e di stabilire norme comuni.

3. PRIORITÀ PER LA MODERNIZZAZIONE DELLA POLITICADELLE PENSIONI NELL’UE

Le riforme hanno fondamentalmente l’obiettivo di rendere isistemi pensionistici adeguati e sostenibili. Si è osservata la ten-denza a considerare la strategia a tre livelli di Stoccolma comeun elenco dal quale ciascuno può scegliere quel che ritiene piùopportuno. Perché i sistemi pensionistici possano funzionare ela strategia “Europa 2020” avere successo, occorre ora affron-tare in modo coordinato questi tre aspetti.

3.1. Obiettivi primari: adeguatezza e sostenibilità Adeguatezza e sostenibilità sono le due facce di una stessamedaglia: se le pensioni rischiano di essere inadeguate, puòesserci una pressione perché le pensioni siano aumentate o un

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aumento della domanda di altre prestazioni, e la sostenibilitàpuò risultarne compromessa. Se un sistema pensionistico nonè sostenibile, a lungo termine si rivelerà inadeguato quando sirenderanno necessarie correzioni improvvise. L’adeguatezza ela sostenibilità sono quindi aspetti che devono essere esami-nati congiuntamente.

L’adeguatezza delle pensioni I sistemi pensionistici devono assicurare un reddito di pensioneadeguato e presuppongono una solidarietà tra le generazioni eall’interno di una stessa generazione. Finora, le riforme dei sistemipensionistici hanno puntato prevalentemente a migliorare la soste-nibilità. Per rispondere al problema dell’adeguatezza, sono neces-sari ulteriori passi avanti nella modernizzazione dei sistemi pen-sionistici. Poiché i tassi di sostituzione delle pensioni pubblichenella maggior parte dei casi diminuiranno (v. figura 4), è impor-tante dare sufficiente spazio ai diritti complementari, ad esem-pio dando la possibilità ai cittadini di lavorare più a lungo e favo-rendo l’accesso a regimi di pensione complementare. L’inade-guatezza può risultare anche dalla mancanza di un accreditocompensativo per i periodi di disoccupazione, di malattia e peri periodi dedicati alle cure familiari nonché dall’assenza di coper-tura di categorie vulnerabili come i lavoratori con contratti di brevedurata e i lavoratori atipici, o dall’insufficienza della pensioneminima o del reddito degli anziani, ma in questi casi si pone ilproblema del finanziamento. Nei sistemi a capitalizzazione lariduzione del rischio dell’investimento, in particolare nella fasedi liquidazione e al suo avvicinarsi, e una migliore distribuzionedel rischio tra i sottoscrittori e gli enti erogatori, sfruttando i van-taggi offerti dall’assicurazione collettiva, possono accrescere l’a-

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deguatezza del reddito di pensione. Può anche essere necessa-rio considerare l’eventualità di ricorrere, oltre alle pensioni, adaltre fonti di reddito.

Garantire la sostenibilità Molte riforme delle pensioni hanno contribuito a limitare la cre-scita della futura spesa pubblica per le pensioni, ma occorre adot-tare con urgenza ulteriori misure per rendere più sostenibili i sistemie in tal modo contribuire alla sostenibilità a lungo termine dellefinanze pubbliche, specie nei paesi in cui, secondo le proiezioni,la spesa pubblica per le pensioni sarà elevata. Se non sarannoprese misure incisive per accrescere la sostenibilità, l’onere del-l’adeguamento ricadrà sui futuri lavoratori o sui futuri pensionati,che potrebbero non essere disposti ad accettare pensioni più bassedi quelle previste, come è stato rilevato dal Consiglio europeo16.Date le condizioni difficili in cui versano le finanze pubbliche edato che, senza un mutamento di rotta, si andrà incontro a unaumento insostenibile dei livelli del debito pubblico, la necessitàdi risanare le finanze pubbliche sarà un vincolo che graverà sututte le politiche, anche su quella delle pensioni. Il patto di stabi-lità e crescita costituisce il quadro per il monitoraggio delle finanzepubbliche, sistemi pensionistici compresi17. Inoltre, la pressione

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16 Le conclusioni della presidenza del Consiglio del 23 marzo 2005 (7619/1/05Rev 1) hanno sottolineato la necessità “di salvaguardare la sostenibilità delle finanzepubbliche a lungo termine, promuovere la crescita ed evitare oneri eccessivi per legenerazioni future”. 17 In relazione al patto di stabilità e crescita, la Commissione ha proposto di tenereconto, tra altri fattori, anche delle passività implicite, in particolare di quelle con-nesse all’invecchiamento demografico, per riflettere i rischi futuri (COM (2010)367/2).

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sulla spesa per l’assistenza alle persone anziane potrebbe cre-scere, se dovesse accentuarsi la tendenza a sostituire le cure infor-mali con cure formali. Sono quindi particolarmente importanti leriforme che rafforzano il potenziale di crescita economica dell’UE,ad esempio stimolando l’offerta di lavoro. Una crescita più fortedella produttività del lavoro va a vantaggio di tutti i cittadini per-ché permette un innalzamento del tenore di vita. Per quantoriguarda la sostenibilità finanziaria, è ancora più importante accre-scere i tassi d’occupazione, in particolare dei lavoratori anziani.

3.2. Raggiungere un equilibrio sostenibile tra durata della vitaprofessionale e durata della pensione La durata della pensione è notevolmente aumentata nell’ultimosecolo e tra gli Stati membri vi sono grandi differenze. Attual-mente, la pensione rappresenta in generale un terzo della vitaadulta, ma questa proporzione è destinata a crescere signifi-cativamente con l’aumentare della speranza di vita18 se nonaumenterà anche la durata della vita attiva e l’età del pensio-

(1) Come può l’Unione europea appoggiare gli sforzi intrapresi dagliStati membri per accrescere l’adeguatezza dei sistemi pensionistici?L’Unione europea dovrebbe definire meglio cosa comporta un red-dito di pensione adeguato?

(2) Il quadro per le pensioni esistente attualmente a livello europeo èsufficiente a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche?

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18 Capitolo 3.2.1 della relazione intermedia congiunta sulle pensioni (v. nota 2).

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namento non sarà posticipata. Le persone che lavorano ancoraall’età di 60 anni sono meno del 50%, mentre gli Stati mem-bri avevano preso al Consiglio europeo di Barcellona19 l’im-pegno di alzare di cinque anni l’età del pensionamento. Que-sta situazione è anche in contraddizione con l’obiettivo di untasso d’occupazione del 75% fissato dalla strategia “Europa2020” e ha un effetto negativo sul potenziale di crescita. Ilrapido aumento del tasso di dipendenza delle personeanziane potrebbe essere in larga misura evitato dall’allunga-mento della durata della vita attiva (v. figura 2). In caso con-trario, sarà inevitabile ridurre le prestazioni e aumentare le con-tribuzioni. Evitare che la durata della pensione continui ad aumentarerispetto alla durata della vita attiva sarebbe un modo per con-tribuire all’adeguatezza e alla sostenibilità. Questo significaalzare l’età alla quale si smette di lavorare e si percepisce unapensione. Molti Stati membri hanno già deciso di innalzare l’etàpensionabile nei sistemi pensionistici pubblici (v. figura 6). Èsempre più evidente che questo costituisce per i lavoratori e idatori di lavoro un segnale importante, che li spinge a cercaredi innalzare l’età effettiva di pensionamento. Vari Stati mem-bri hanno dimostrato che una soluzione promettente che per-mette di rafforzare la sostenibilità dei sistemi pensionistici èquella che consiste nell’adeguare automaticamente l’età pen-sionabile all’aumento della speranza di vita. Se il metodo del-l’adeguamento può anche essere prospettato in relazione adaltri rischi, l’impegno a rivedere periodicamente l’adeguatezza

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19 Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo del 15 e 16 marzo 2002(SN 100/1/02 REV 1).

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e la sostenibilità dei sistemi pensionistici potrebbe costituire unmodo alternativo o complementare di dare una risposta prontaed efficace all’evoluzione delle condizioni, in molti casi diffi-cilmente prevedibile. La possibilità di fissare età pensionabili di applicazione gene-rale è stata sempre discussa a causa delle differenze che esi-stono tra le professioni per quanto riguarda l’età d’entrata nelmercato del lavoro e gli effetti sulla salute dei lavoratori. Nellamaggior parte dei casi gli Stati membri cercano di risolvere que-sto problema agendo in modo risoluto per migliorare la salutee la sicurezza sul luogo di lavoro e proponendo nel contemposoluzioni specifiche per le persone confrontate a reali problemiprima dell’età pensionabile. Agli sforzi compiuti dagli Statimembri si affianca la strategia europea in materia di salute edi sicurezza. Alcuni Stati membri tengono conto delle differenzenell’età di ingresso nel mercato del lavoro combinando misureper alzare l’età pensionabile e misure destinate ad aumentareil numero degli anni di contribuzione necessari per potere fruiredella pensione completa. Parallelamente alle misure destinatea prolungare la vita attiva, occorrerà anche affrontare questionicome il divario tra uomini e donne nelle retribuzioni e nell’ac-cesso al mercato del lavoro. Poiché l’età d’uscita dal mercato del lavoro è ancora bassa, laquestione che si pone è se siano utili principi e “percorsi” euro-pei comuni per giungere a pensioni adeguate e sostenibili,applicati in modo differenziato per tener conto delle differenzetra i vari sistemi pensionistici. Questi “percorsi” avrebbero loscopo di permettere l’acquisizione di diritti adeguati e al tempostesso di rendere più sostenibili le economie europee. Le riformedei sistemi pensionistici devono essere integrate da misure

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sostanziali che consentano ai lavoratori di mantenere la loro“occupabilità” durante tutta la vita attiva offrendo loro possi-bilità adeguate di riqualificazione. Le nuove tecnologie e i nuoviservizi che permettono forme flessibili di lavoro grazie al tele-lavoro e al perfezionamento delle competenze possono contri-buire a mantenere più a lungo in attività i lavoratori anziani. Per dar modo ai lavoratori anziani - uomini e donne - di restarepiù a lungo sul mercato del lavoro, occorre garantire a tutti,indipendentemente dall’età, dal sesso e dall’origine etnica, l’ac-cesso ai mercati del lavoro, alla formazione e alle misure afavore delle persone disabili20. Il Fondo sociale europeo finan-zia interventi destinati a migliorare l’occupabilità e il tasso d’oc-cupazione delle donne e degli uomini di tutte le età. La Com-missione prepara attualmente l’Anno europeo dell’invecchia-mento attivo (2012), che avrà l’obiettivo di incitare gli Statimembri, le parti sociali e gli altri attori a creare migliori occa-sioni e condizioni di partecipazione dei lavoratori anziani almercato del lavoro. Per questo potrà essere necessario che gli Stati membri adat-tino i loro incentivi sociali e finanziari al lavoro e rivedano ilruolo della normativa fiscale. Altre misure potrebbero consisterenell’adattare la gestione delle età, le forme di lavoro e gli atteg-giamenti sui mercati del lavoro e nei luoghi di lavoro e nell’e-saminare le condizioni dei lavoratori autonomi anziani. Pro-

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20 È necessario migliorare la trasposizione e l’applicazione della direttiva sull’u-guaglianza nell’occupazione (2000/78/CE) e la presa di coscienza del valoreaggiunto rappresentato dai lavoratori anziani. L’età Ë il fattore più spesso avvertitocome uno svantaggio nella ricerca di un impiego (v.http://ec.europa.eu/pubbli_opinion/archives/ebs/ebs_317_en.pdf).

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lungare la vita attiva in modo da riflettere l’aumento continuodella speranza di vita avrebbe un doppio vantaggio: garanti-rebbe un tenore di vita più elevato e pensioni più sostenibili.Per migliorare la sostenibilità e l’adeguatezza delle pensioni,è importante che i lavoratori, specie quelle più giovani, occu-pino più a lungo impieghi con una retribuzione e un orario dilavoro che permettano loro di acquisire diritti pensionistici. Gli Stati membri hanno già adottato provvedimenti destinati aprolungare la vita attiva21. Le politiche sanitarie che mirano apermettere ai cittadini di invecchiare in migliori condizioni disalute possono contribuire a prolungare la vita attiva, a ridurrela pressione sui sistemi pensionistici e a migliorare la loro soste-nibilità22. I problemi di salute sono uno dei principali motivi dipensionamento precoce.

(3) In che modo si può riuscire ad innalzare l’età effettiva del pensiona-mento e quale contributo potrebbe dare al raggiungimento di questoobiettivo l’aumento dell’età pensionabile? Occorre introdurre nei sistemipensionistici meccanismi di adeguamento automatico all’evoluzionedemografica per equilibrare la durata della vita attiva e quella dellapensione? Quale ruolo potrebbe svolgere l’Unione europea a questoriguardo?

(4) Come può essere utilizzata la strategia “Europa 2020” per promuo-vere l’allungamento della vita attiva e i suoi vantaggi per le imprese elottare contro la discriminazione in base all’età sul mercato del lavoro?

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21 Capitolo 2.1 della relazione intermedia congiunta sulle pensioni (v. nota 2). 22 V. il documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC (2010) 830.

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3.3. Eliminare gli ostacoli alla mobilità nell’Unione europea Le politiche e le regolamentazioni devono facilitare la liberacircolazione dei fattori di produzione, in particolare della mano-dopera e del capitale, in modo da utilizzare efficacemente lerisorse e creare condizioni favorevoli alla massimizzazione deiredditi. Una maggiore flessibilità nella mobilità del lavoro favo-risce la capacità di adattamento dell’economia e rafforza ilmodello sociale europeo. Le possibilità offerte dal mercatounico, se opportunamente sfruttate, possono arrecare beneficisignificativi a tutti i cittadini23.

3.3.1. Rafforzare il mercato interno delle pensioni L’adozione nel 2003 della direttiva sugli enti pensionistici azien-dali o professionali ha segnato un importante passo avanti. Taledirettiva riguarda però le sole pensioni a capitalizzazione dinatura professionale e non tutti i regimi professionali rientranonel suo campo di applicazione (sono esclusi, ad esempio, i regimibasati su riserve contabili). Non si tratta di una direttiva quadro,e questo rende difficile adattare la regolamentazione all’evolu-zione del mercato. Le prime esperienze hanno dimostrato chesussistono notevoli ostacoli all’attività transfrontaliera, che impe-discono di realizzare pienamente gli incrementi di efficienza deri-vanti dalle economie di scala e dalla concorrenza e quindi fannosalire il costo delle pensioni e limitano la scelta del consumatore.Questi ostacoli sono in molti casi dovuti a differenze di regola-mentazione e a incertezze giuridiche, come la definizione impre-cisa dell’attività transfrontaliera, la mancanza di armonizzazione

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23 V. la nota 22 per ulteriori informazioni sul quadro europeo attuale in materia dipensioni.

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della regolamentazione prudenziale e la complessa interazionetra normativa europea e diritto nazionale. Per eliminare questiostacoli, potrebbe essere necessario rivedere la direttiva sugli entipensionistici aziendali o professionali, accrescere la convergenzain materia di vigilanza e rendere più trasparenti le differenzenazionali. Inoltre devono essere affrontati aspetti riguardanti idepositari24 e la gestione dei fondi pensione, quali un’adeguatacomprensione e supervisione delle decisioni di investimento, laretribuzione, gli incentivi per i fornitori di servizi e gli investimentisocialmente responsabili. Norme contabili appropriate e com-parabili sono essenziali per migliorare la trasparenza degliimpegni in materia di pensioni. L’International Accounting Stan-dards Board (IASB) ha in corso la realizzazione di un progettodi revisione della propria norma contabile IAS 19 relativa allepensioni25. Con la consulenza del gruppo consultivo per l’infor-mazione finanziaria in Europa (EFRAG), la Commissione euro-pea segue da vicino il progetto dell’IASB diretto a migliorarela contabilità delle pensioni, eventualmente anche per i fondipensione stessi, conformemente al processo di approvazioneistituito dal regolamento sulle principi contabili internazionali26. La libera circolazione dei capitali è facilitata dagli Stati membriche applicano lo stesso trattamento fiscale ai dividendi e agli inte-

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24 V. la relazione della Commissione su taluni aspetti fondamentali della direttiva2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici azien-dali o professionali, COM(2009) 203 del 30.4.2009:http://ec.europa.eu/internal_market/pensions/docs/legislation/iorp_report_it.pdf25 La norma IAS 19 (“prestazioni per i dipendenti”) si applica alle imprese promo-trici. 26 Regolamento (CE) n. 1606/2002 relativo all’applicazione di principi contabiliinternazionali.

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ressi percepiti dagli enti pensionistici aziendali o professionali cheinvestono sul loro territorio, ma sono stabiliti in altri paesi delloSpazio economico europeo (SEE). A seguito della decisione dellaCommissione di aprire un procedimento per infrazione nei con-fronti di vari Stati membri a causa del carattere discriminatoriodelle loro disposizioni fiscali al riguardo, alcuni Stati membri hannoallineato la loro legislazione fiscale in materia di pensioni alle pre-scrizioni della legislazione europea. Anche se il mercato interno dei prodotti assicurativi è da tempoin funzione, l’attività transfrontaliera relativa ai prodotti di assi-curazione sulla vita è rimasta limitata e ha rappresentato nellamaggior parte degli Stati membri assai meno del 10% del totaledei premi delle assicurazioni sulla vita. Il mercato può anchecontribuire ad estendere l’accesso a fonti di reddito pensioni-stico diverse dalle pensioni, ad esempio i prestiti vitalizi ipote-cari. Ci sono anche stati appelli a creare un quadro norma-tivo per un regime pensionistico privato su scala europea, cheaffiancherebbe i regimi pensionistici esistenti in Europa27.

3.3.2. La mobilità delle pensioni Da una cinquantina di anni, la regolamentazione europea sul coor-dinamento dei sistemi previdenziali tutela i diritti pensionistici dei

(5) Come andrebbe modificata la direttiva sugli enti pensionistici aziendalio professionali per migliorare le condizioni dell’attività transfrontaliera?

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27 Il rapporto Monti suggerisce anche l’eventualità di un 28° regime per i diritti pen-sionistici complementari (v. la relazione di Mario Monti al presidente della Com-missione europea José Manuel Barroso, “Una nuova strategia per il mercato unicoal servizio dell’economia e della società europee”, 9 maggio 2010, pag. 58).

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cittadini europei che si trasferiscono da un paese all’altro nell’U-nione europea e dei loro familiari. I regolamenti (CE) n. 883/2004e (CE) n. 987/2009 estendono questa protezione e dispongonoche sia tenuto conto, ai fini della la maturazione dei diritti, deiperiodi assicurativi acquisiti in altri Stati membri. Questi regola-menti riguardano però soltanto i regimi di pensione legali e pro-fessionali, nei quali i diritti sono regolamentati dalla legge. Le recentiriforme nazionali di cui si è detto potrebbero quindi richiedere un’e-stensione dei regolamenti di coordinamento e norme minime permigliorare l’accesso dei lavoratori mobili ai diritti pensionistici com-plementari negli Stati membri e tra gli Stati membri. La Commissione ha proposto nel 2005 una direttiva intesa adefinire norme minime per l’acquisizione, il mantenimento e latrasferibilità dei diritti pensionistici complementari. La mobilitàinterna è stata inclusa nel suo campo d’applicazione data ladifficoltà di distinguere tra mobilità interna e mobilità esterna. La Commissione ha riveduto la sua proposta nel 2007 per eli-minare l’elemento della trasferibilità, da alcuni criticato per lasua difficoltà tecnica e perché possibile fonte di complicazionie di abusi. Il nuovo testo pone in primo piano la sollecita acqui-sizione dei diritti e il loro successivo mantenimento. Non è peròancora stato possibile raggiungere in Consiglio l’unanimità,necessaria per adottare la direttiva.È necessario ridare slancio alla ricerca di una soluzione appli-cabile a tutti i lavoratori mobili28. Nel mercato del lavoro di

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28 Ad esempio, potrebbe essere considerata la creazione di un fondo pensione euro-peo transfrontaliero per i lavoratori a elevata mobilità (come i ricercatori). V. Fea-sibility Study of a Pan-European pension fund for EU researchers, Hewitt Associa-tes per conto della Commissione europea (DG RTD), maggio 2010.

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oggi, che deve affrontare le difficoltà supplementari causatedalla crisi finanziaria ed economica, i cittadini devono potercambiare impiego facilmente nel corso di tutta la loro vita attivae i datori di lavoro devono poter assumere le persone adattecon le competenze adatte. La crescente importanza assuntadalle varie forme di pensione a capitalizzazione esigeanch’essa un intervento. Si pone quindi la questione del campod’applicazione della disciplina europea: devono esservi com-presi anche i sistemi a capitalizzazione legali e obbligatori? In alcuni Stati membri esistono servizi di ricostruzione delle pen-sioni, che aiutano i cittadini a rintracciare i diritti pensionisticiderivanti da diverse fonti all’interno di uno stesso Stato mem-bro. Data la crescente mobilità professionale e dato il ricorsoa una gamma più estesa di fonti pubbliche e private di redditidi pensione, un sistema di ricostruzione dei diritti pensionisticia livello dell’Unione europea potrebbe risultare utile. Le regolamentazioni fiscali discriminatorie possono costituire unostacolo alla mobilità delle pensioni. La Corte di giustizia haritenuto che sia contrario al diritto dell’Unione europea assog-gettare a imposta i trasferimenti di capitale pensione da unfondo pensione nazionale a un fondo di un altro paese delloSpazio economico europeo se i trasferimenti di capitale pen-sione tra fondi pensione nazionali non sono imponibili29. LaCommissione esaminerà se esistono norme simili in altri Statimembri.

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29 Causa C-522/04, Commissione/Belgio.

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3.4. Pensioni più sicure e più trasparenti, con una maggioresensibilizzazione e una migliore informazione La sicurezza delle pensioni è importante ai fini della loro ade-guatezza. Inoltre, può avere rapidamente benefici sul pianomacroeconomico, perché i pensionati rappresentano in misuracrescente una fonte di consumi stabili e regolari. La diversitàdegli sviluppi nei sistemi pensionistici degli Stati membri e latendenza verso sistemi a contribuzione definita sollevano perònuove questioni.

3.4.1. Colmare le lacune della regolamentazione europea Dato che i sistemi pensionistici a più pilastri vanno sostituen-dosi a quelli a un solo pilastro e i “pacchetti” pensione com-plessi a quelli semplici, il quadro europeo attuale, frammen-tato e incompleto, potrebbe dimostrarsi insufficiente.(1) Con le riforme adottate in alcuni Stati membri, ma non in

altri, certi sistemi pensionistici a capitalizzazione, pubblicie privati, sono disciplinati dalla normativa europea. Que-sta situazione non è in coerenza con la dichiarazione delG20 di Pittsburgh (“13 […] Tutte le imprese il cui fallimentopuò rappresentare un rischio per la stabilità finanziariadevono essere sottoposte a un controllo e a una regolamen-

(6) A quali regimi dovrebbero applicarsi le misure adottate dall’Unioneeuropea per eliminare gli ostacoli alla mobilità?

(7) L’Unione europea dovrebbe esaminare nuovamente la questione deitrasferimenti o norme minime in materia di acquisizione e di man-tenimento e un servizio di ricostruzione per tutti i tipi di diritti pen-sionistici sarebbero una migliore soluzione?

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tazione coerenti e consolidati con norme rigorose […]”),riconfermata dal vertice del G20 di Toronto, e non rifletteil fatto che i fondi pensione sono diventati attori chiave deimercati finanziari.

(2) Sistemi pensionistici simili sono oggetto di normative euro-pee diverse, il che pone problemi di coerenza.

(3) I confini tra regimi previdenziali e regimi privati, tra regimiprofessionali e regimi individuali e tra regimi facoltativi eregimi obbligatori non sono netti.

(4) Non è sempre chiaro ciò che differenzia il risparmio in gene-rale dalle pensioni. Ci si può quindi chiedere se il termine“pensione” non debba essere riservato a un prodotto chepresenta determinate caratteristiche, fra cui la sicurezza,regole che limitano l’accesso e modalità di liquidazione cheprevedono un flusso regolare di pagamenti.

Inoltre, continua la tendenza al passaggio dai regimi a pre-stazioni definite a quelli a contribuzione definita. L’obiettivo checonsiste nel legare i lavoratori all’impresa promettendo loro unapensione professionale va perdendo terreno: i datori di lavorofanno meno affidamento sulle competenze specifiche dell’im-presa a causa dei progressi tecnologici e i lavoratori preferi-scono sempre più la flessibilità e la mobilità. Inoltre, se i regimiprofessionali a prestazioni definite offrono maggiori certezzequanto ai redditi di pensione futuri e permettono di ridurre icosti per la loro dimensione e la condivisione dei rischi, pos-sono costituire un onere insostenibile per i datori di lavoro. Attualmente, quasi 60 milioni di europei sono affiliati a regimi acontribuzione definita30, regimi che sono molto più diffusi oggi

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30 Indagine EFRP sui sistemi pensionistici a contribuzione definita, 2010.

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che dieci anni fa e la cui importanza continuerà a crescere. Ildatore di lavoro non sopporta il rischio finanziario e i regimi acontribuzione definita tendono a favorire l’allungamento della vitaattiva. I rischi di investimento, inflazione e longevità sono a caricodegli affiliati, che hanno minore capacità di farvi fronte indivi-dualmente. Ci sono però modi per ridurre questi rischi. I sistemia rendimento minimo garantito e la modifica della composizionedel portafoglio all’avvicinarsi della pensione hanno un costo, male esperienze fatte in vari Stati membri hanno dimostrato che pos-sono ridurre la volatilità a breve termine. Il rendimento dei mer-cati può essere migliorato da buone politiche economiche e finan-ziarie e da una migliore regolamentazione. Il miglioramento dellepratiche d’investimento e della concezione dei regimi può atte-nuare notevolmente i rischi e aumentare la capacità di assorbi-mento degli urti e permettere così di raggiungere un migliore equi-librio tra rischi, sicurezza e accessibilità finanziaria per i rispar-miatori come per le istituzioni. La condivisione collettiva dei rischi mediante regimi ibridi, comeun regime a contribuzione definita con rendimento minimo garan-tito o un regime in parte a prestazioni definite e in parte a con-tribuzione definita, potrebbe modificare la tendenza attuale versoi regimi individuali a contribuzione definita. Inoltre, il settore haadottato iniziative a favore di regimi di alta qualità. Alcuni regimiprofessionali a prestazioni definite si sono anche adattati all’evo-luzione demografica e strutturale mediante una maggiore condi-visione dei rischi tra datori di lavoro, lavoratori e pensionati. Lestrutture di gestione collettiva esistenti nei regimi a prestazioni defi-nite facilitano questo processo. È possibile, ad esempio, passareda regimi basati sull’ultima retribuzione a regimi basati sulla retri-buzione media della carriera, istituire regimi basati sul saldo di

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cassa, permettere adeguamenti in funzione della longevità, modi-ficare i tassi di accumulazione, adattare l’età normale di pensio-namento e applicare l’indicizzazione condizionale. Nelle sediinternazionali si discute se la regolamentazione europea attualesia adatta a rispondere all’evoluzione verso i regimi a contribu-zione definita31. Potrebbe essere necessario un riesame della diret-tiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali su punti comela governance, la gestione dei rischi, la salvaguardia degli attivi,le regole di investimento e la comunicazione delle informazioni.Inoltre, il quadro europeo attuale non contiene disposizioni riguar-danti la fase di accumulazione, che comprende i) la concezionedei piani in modo da attenuare la volatilità a breve termine deirendimenti e ii) la scelta di investimento e le opzioni di investi-mento per difetto. Dato che l’importo delle prestazioni, nei regimia contribuzione definita, può dipendere dall’anno di pensiona-mento, la regolamentazione dei mercati deve includere la fase diliquidazione, ad esempio con norme sull’acquisto di una rendita(obbligatoria o facoltativa, tempi ecc.).

(9) Come potrebbero la regolamentazione europea o un codice di buonapratica aiutare gli Stati membri a raggiungere un migliore equilibrio trarischi, sicurezza e accessibilità finanziaria per i sottoscrittori di risparmipensione e gli enti pensionistici?

(8) È necessaria una revisione dell’attuale legislazione europea chegarantisca una regolamentazione e un controllo coerenti dei regimipensionistici a capitalizzazione (cioè finanziati da un fondo di attivi)e dei loro prodotti? Se sì, quali sono gli elementi da rivedere?

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31 Pension Market in Focus , OECD, ottobre 2009.

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3.4.2. Migliorare il regime di solvibilità dei fondi pensione I requisiti prudenziali minimi fissati nella direttiva sugli enti pen-sionistici aziendali o professionali includono norme di solvibilitàper i regimi a prestazioni definite. Tali norme sono attualmente iden-tiche a quelle che si applicano alle imprese di assicurazione sullavita. Con l’entrata in vigore nel 2012 della direttiva solvibilità II,le imprese di assicurazione potranno fruire di un regime di solvi-bilità a tre pilastri basato sul rischio e si tratta di stabilire se il nuovoregime dovrà applicarsi anche agli enti pensionistici aziendali oprofessionali. Le posizioni delle pari interessate sono divergenti eriflettono in parte le differenze che esistono nelle modalità di ero-gazione delle pensioni professionali: accantonamenti medianteriserve di bilancio, fondo pensione o contratto di assicurazione. Per quanto riguarda i fondi pensione, gli Stati membri hannoanche adottato approcci diversi per quanto riguarda la tuteladei diritti pensionistici acquisiti32. La Commissione ha svolto nel2008 una consultazione su questo tema e ha organizzatoun’audizione pubblica nel maggio 2009. Nel corso di questoprocesso, le parti interessate hanno segnalato la necessità diun regime di solvibilità “sui generis” per i fondi pensione e l’im-portanza di evitare norme di solvibilità procicliche. L’approc-cio della direttiva solvibilità II potrebbe costituire un buon puntodi partenza, con gli adattamenti eventualmente necessari pertener conto della natura e della durata delle prestazioni pro-messe. L’adattabilità della direttiva solvibilità II ai fondi pensione

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32 I meccanismi di sicurezza utilizzati oggi si basano su una valutazione realistica delleriserve tecniche, dei fondi propri, degli impegni assunti dai promotori, dei fondi di pro-tezione delle pensioni o di una combinazione di questi elementi (relazione del sottoco-mitato “solvibilità” del comitato delle autorità europee di vigilanza delle assicurazioni edelle pensioni aziendali o professionali, CEIOPS).

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dovrà essere valutata con un’analisi d’impatto approfondita cheesamini in particolare gli effetti sui prezzi e sulla disponibilitàdei prodotti pensionistici. Una questione collegata è se sia neces-sario, rispecchiando l’evoluzione dei settori delle banche, delle assi-curazioni e degli investimenti, promuovere sistemi di garanzia delleprestazioni pensionistiche negli Stati membri, eventualmente coor-dinati o facilitati al livello dell’Unione europea. Tali sistemi potreb-bero non soltanto rimediare alle carenze dei regimi a prestazionidefinite finanziati da imprese promotrici o regimi basati su riservedi bilancio, ma anche compensare le perdite eccessive nei regimia contribuzione definita. Ci sono però alcuni aspetti importantida esaminare, come il rischio morale e la possibilità di un soste-gno pubblico implicito in periodi molto turbolenti.

3.4.3. Il rischio di insolvenza del datore di lavoro Dato il ruolo importante delle imprese promotrici nell’eroga-zione delle prestazioni e nel finanziamento degli enti pensio-nistici aziendali o professionali, la loro insolvenza costituisceun rischio particolare. La direttiva sull’insolvenza33 prevede latutela dei diritti pensionistici dei lavoratori subordinati matu-rati nel quadro di un regime complementare di previdenza pro-fessionale in caso di insolvenza del datore di lavoro. Lo Statomembro non ha però l’obbligo di finanziare i diritti né devonoessere fornite garanzie integrali, il che lascia un notevole mar-gine di discrezionalità quanto al livello e alle modalità della

(10) Quali dovrebbero essere le caratteristiche di un regime di solvibi-lità equivalente per i fondi pensione?

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33 2008/94/CE.

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protezione. Inoltre, la direttiva sugli enti pensionistici aziendalio professionali non si applica alle imprese che costituisconoriserve di bilancio destinate al pagamento di pensioni ai lorodipendenti. La necessità di garantire in questi casi la tutela dellepensioni professionali complementari Ë ancora maggiore nellasituazione attuale, dato che la crisi economica e finanziaria faràcrescere il numero delle società insolventi. La Commissione ha presentato un documento di lavoro dei suoiservizi34 sull’attuazione della disposizione relativa alle pensioniprofessionali complementari contenuta nella direttiva sull’insol-venza. Sulla base di questo documento, la Commissione ha lan-ciato nel 2009 uno studio sui regimi a prestazioni definite esui regimi fondati su riserve di bilancio35, e sta attualmente rac-cogliendo informazioni sulla protezione dei contributi non ver-sati ai regimi a contribuzione definita in caso di insolvenza deldatore di lavoro.

(11) È necessario rafforzare la tutela prevista dalla legislazione euro-pea in caso di insolvenza dei datori di lavoro promotori di regimipensionistici? Se sì, in che modo?

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34 SEC(2008) 475 dell’11.4.2008. 35 GU 2009/S 230-329482.

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3.4.4. Facilitare le decisioni prese con cognizione di causa La tendenza al ricorso crescente a regimi a contribuzione defi-nita accentua la necessità di una comunicazione chiara e tra-sparente. Le direttive relative agli enti pensionistici aziendalio professionali e all’assicurazione sulla vita contengono pre-scrizioni sulla comunicazione delle informazioni. Queste dispo-sizioni si basano però su un’armonizzazione minima e gliapprocci nazionali differiscono notevolmente. Inoltre, sonostate concepite per i regimi a prestazioni definite e possonoquindi richiedere un adattamento. Per andare avanti, sembra importante riesaminare le informa-zioni chiave da fornire in modo specifico sui regimi e i pro-dotti pensionistici (rischio, natura delle prestazioni promesse,costi/spese, metodo di liquidazione, ecc.), tenendo conto di ciòche si fa per altri prodotti finanziari per ottenere informazionianaloghe. Test sui consumatori associati a lavori di ricerca ineconomia potrebbero essere utilizzati per migliorare la qua-lità delle informazioni in fatto di chiarezza e comparabilità. Se le scelte e le responsabilità spettano alle singole persone,è necessario che queste siano in grado di comprendere leinformazioni in modo da potere fare scelte con cognizione dicausa, specie tenendo conto della complessità crescente dellepensioni. L’educazione finanziaria può essere utile alriguardo, come hanno dimostrato i lavori dell’OCSE, e l’U-nione europea collabora già con gli Stati membri sulla que-stione. L’educazione finanziaria completa la regolamentazionedel settore, per quanto riguarda sia le norme prudenziali (adesempio con la direttiva relativa agli enti pensionistici azien-dali o professionali) e le regole di condotta sul mercato, siale regole concernenti le informazioni da fornire sui prodotti.

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È importante che i cittadini posseggano sufficienti competenzein materia di economia e di pianificazione per valutare ade-guatamente le loro necessità di protezione finanziaria e socialeed evitare errori di comportamento. Ad esempio, data l’importanza crescente dei regimi a contri-buzione definita, è necessario che le persone possano pren-dere decisioni con cognizione di causa in materia di investi-menti. È anche importante potersi rivolgere a un organismocompetente che sappia rispondere alle domande riguardantile pensioni, in particolare in un contesto di mobilità transfron-taliera. Al tempo stesso, le esperienze nazionali lasciano supporre cheil tasso d’impegno che può essere ottenuto grazie alla comu-nicazione di informazioni e all’educazione finanziaria non èillimitato. Occorre quindi procedere a un esame approfonditodei vantaggi di un’iscrizione automatica con clausola di dis-sociazione. Pensioni adeguate presuppongono decisioni basate su un’a-deguata informazione. Quando si prendono decisioni in fattodi risparmio, è importante poter disporre di una buona pos-sibilità di scelta. Potrebbe perciò essere opportuno definireesattamente quali caratteristiche devono avere le pensioni.Infatti, l’assenza di certe caratteristiche essenziali potrebbe nonsoltanto creare confusione, ma dar luogo a prestazioni insuf-ficienti, ad esempio se un ritiro anticipato determina una ridu-zione del risparmio o se gli attivi accumulati non generanoun reddito stabile. Gli Stati membri potrebbero esaminare la possibilità di creareun servizio affidabile di consulenza sulle pensioni per aiutarei consumatori nelle loro scelte.

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4. MIGLIORARE LE STATISTICHE EUROPEE SULLE PENSIONI

I dati relativi ai sistemi pensionistici provenienti dalle diversefonti nazionali ed europee potrebbero essere razionalizzati inmodo da accrescerne la comparabilità e permettere riduzionisostanziali dei costi. Sulla base dei lavori realizzati a livellointernazionale (ad esempio dall’OCSE) e di diverse iniziativedell’Unione europea, l’elaborazione di una metodologia euro-pea per le statistiche delle pensioni potrebbe facilitare la valu-tazione delle comuni problematiche di azione e regolamenta-zione. I fondi pensione sono investitori istituzionali importantie il loro comportamento in fatto di investimenti può incidere sullastabilità finanziaria. L’elaborazione a partire da varie fonti distatistiche precise sui redditi di pensione andrebbe a beneficiodei cittadini. I pensionati sono destinati a diventare una cate-goria di consumatori sempre più numerosa e alle impresesarebbe utile disporre di informazioni affidabili e aggiornatesul reddito disponibile totale. Inoltre, il monitoraggio delle passività implicite potrebbe essererafforzato in modo da permettere una migliore valutazione del-

(12) È opportuno modernizzare le attuali prescrizioni minime relativealle informazioni da fornire sui prodotti pensionistici (per es. in ter-mini di comparabilità, standardizzazione, chiarezza)?

(13) necessario che l’Unione europea definisca un orientamentocomune per quanto riguarda le opzioni per difetto circa la parte-cipazione e la scelta di investimento?

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l’effetto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche dei regimi pen-sionistici gestiti da entità pubbliche e private.

5. MIGLIORARE LA GESTIONE DELLA POLITICA DELLE PEN-SIONI AL LIVELLO DELL’UNIONE EUROPEA

L’Europa deve contribuire a dare una risposta alle preoccupa-zioni dei cittadini per le future pensioni e a definire una strate-gia che garantisca pensioni adeguate, sostenibili e sicure, ancheutilizzando meglio gli strumenti offerti dall’Unione europea. Se gli Stati membri sono in linea generale responsabili dellaconcezione e dell’organizzazione dei loro sistemi pensioni-stici, alcuni settori specifici connessi rientrano tra le compe-tenze dell’Unione europea. Gli Stati membri hanno anche rico-nosciuto che un’azione comune può essere più efficace e cheun intervento di livello europeo può presentare un valoreaggiunto, in particolare perché le sfide sono simili in tutta l’U-nione e le politiche di riforma devono essere coerenti con leiniziative già adottate, come il patto di stabilità e di crescitae la strategia “Europa 2020”. Nell’ambito di questa strategia, il contributo dell’UE consiste inmisure di sorveglianza, di coordinamento e di apprendimento reci-proco; ad esempio, scambi di buone pratiche, revisioni paritarie,definizione di obiettivi e di indicatori, raccolta di statistiche com-parabili. La regolamentazione europea disciplina il coordinamentodelle pensioni pubbliche nel quadro dei regimi di previdenzasociale, i fondi pensione professionali, la mobilità e la tutela deidiritti pensionistici complementari in caso di insolvenza del datoredi lavoro e le società di assicurazione operanti nel ramo vita.

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Affinché l’Unione europea possa sostenere adeguatamente glisforzi di riforma nazionali, il quadro di coordinamento devebasarsi su un approccio integrato che rifletta la complessità cre-scente dei sistemi pensionistici. Inoltre, data la sempre maggioreintegrazione economica e finanziaria, il quadro normativo euro-peo e il coordinamento delle politiche europee e nazionali assu-mono un’importanza crescente. La politica delle pensioni è una preoccupazione comune delle auto-rità pubbliche, delle parti sociali, del’industria e della società civileai livelli nazionale ed europeo. Una piattaforma comune che con-senta di monitorare tutti gli aspetti della politica e della regola-mentazione delle pensioni in modo integrato e di riunire tutti leparti interessate potrebbe contribuire al raggiungimento e al man-tenimento di pensioni adeguate, sostenibili e sicure. La Commis-sione è perciò intenzionata a esplorare quali siano i modi miglioriper giungere a questo risultato, a sostegno degli obiettivi econo-mici e sociali generali dell’Unione europea.

6. COME PARTECIPARE ALLA CONSULTAZIONE

La Commissione invita tutti gli interessati a rispondere alledomande poste in questo Libro verde e a inviare ogni altro com-

(14) È necessario rafforzare il quadro di coordinamento a livello del-l’Unione europea? Se sì, quali elementi devono essere rafforzatiper migliorare la concezione e la realizzazione della politica dellepensioni mediante un approccio integrato? La creazione di una piat-taforma per un monitoraggio integrato di tutti gli aspetti della poli-tica delle pensioni sarebbe un utile passo avanti?

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mento entro il 15 novembre 2010, utilizzando il questionarioonline disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?form=pensions. Le persone che non hanno accesso a Internet possono inviarele loro risposte a mezzo posta al seguente indirizzo: Commissione europeaDirezione generale Occupazione, affari sociali e pari oppor-tunitàConsultazione - Libro Verde sulle pensioniUnità E4 Rue Joseph II Ufficio J-27 1/216 B - 1040 Bruxelles I contributi ricevuti saranno pubblicati su Internet con l’indica-zione dell’autore, tranne nel caso in cui questi si opponga allapubblicazione dei dati di carattere personale perché suscetti-bile di arrecare pregiudizio ai suoi interessi legittimi. In que-sto caso il contributo potrà essere pubblicato in forma anonima.Se il contributo non sarà pubblicato, il suo contenuto non sarà,di norma, preso in considerazione.

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Glossario e allegato statistico

1. GLOSSARIO

Aliquota di rendimento – Percentuale della retribuzione pen-sionabile che nei sistemi a prestazioni definite determina,secondo la formula propria di ciascun sistema, l’importo dellapensione. L’aliquota di rendimento può ad esempio essere pariall’1,5% dell’ultima retribuzione pensionabile per ogni anno dicontribuzione. (V. anche: Regimi a prestazioni definite.) Età di uscita dal mercato del lavoro - Età alla quale una per-sona lascia realmente il mercato del lavoro. Per ragioni di dispo-nibilità dei dati, l’età di uscita dal mercato del lavoro è spessoutilizzata come indicatore dell’età effettiva di pensionamento.Possono esservi differenze tra queste due età, perché certe per-sone lasciano il mercato del lavoro prima di andare effettiva-mente in pensione, mentre altre continuano a lavorare dopo ilpensionamento. (V. anche: Età effettiva di pensionamento.) Età effettiva di pensionamento - Età alla quale una personava effettivamente in pensione. Questa età non corrispondenecessariamente all’età di uscita dal mercato del lavoro o all’etànormale di pensionamento. (V. anche: Età di uscita dal mer-cato del lavoro; Età normale di pensionamento.) Età normale di pensionamento - Età alla quale una personaiscritta a un regime di pensione ha il diritto di fruire delle pre-stazioni pensionistiche complete. Fase di accumulazione - Periodo durante il quale i contributisono versati e investiti in un regime a contribuzione definita.(V. anche: Regime a contribuzione definita.)

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Fase di liquidazione (o fase di decumulazione) - Periododurante il quale gli attivi costituiti durante la fase di accumu-lazione sono versati all’aderente al regime pensionistico, in unregime a capitalizzazione. La fase di liquidazione può ad esem-pio corrispondere al periodo durante il quale è percepito unreddito di pensione regolare a seguito dell’acquisto di una ren-dita. (V. anche: Rendita.) Fondi propri (obbligatori) - Attivi supplementari di un fondo pen-sione, oltre alle sue riserve tecniche, con funzione di “cuscinettodi sicurezza”. La regolamentazione prescrive generalmente chetali attivi supplementari siano esenti da tutte le passività prevedi-bili e costituiscano un capitale di sicurezza destinato a compen-sare i divari tra le spese e gli utili previsti e reali. Sono detti anche“capitale obbligatorio”. (V. anche: Riserve tecniche.) Gestione (di un fondo pensione) - Gestione e sorveglianza delfondo pensione. L’organo direttivo è responsabile dell’ammi-nistrazione del fondo, ma può fare ricorso a specialisti comeattuari, depositari, consulenti, gestori di patrimoni e altri espertiper l’espletamento di compiti operativi specifici o consigliarel’amministrazione del regime o l’organo direttivo. Impegno del promotore – Si riferisce alla capacità dell’impresapromotrice di compensare la volatilità del fondo pensione, senecessario per mezzo di un finanziamento complementare. Inquesto contesto, l’”impegno” è un concetto analogo a quellodi “capacità di credito” per i mutuatari. Semplificando, se unfondo pensione presenta un deficit è sotto molti aspetti similea un portatore di obbligazioni dal punto di vista dei mercatifinanziari. Dipende dalla capacità dell’impresa di versare con-tributi supplementari in futuro se il rendimento dell’investimentonon è sufficiente a compensare la perdita.

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Indicizzazione condizionale - In un regime a prestazioni defi-nite, sistema in base al quale l’erogazione di prestazioni indi-cizzate (generalmente rivalorizzate in funzione dell’inflazioneo dell’andamento delle retribuzioni) dipende dal rendimentofinanziario degli investimenti del regime. (V. anche: Regime aprestazioni definite.) Investitore istituzionale – Con questo termine sono designatigeneralmente investitori come i fondi pensione, le società d’as-sicurazione, i fondi di investimento e, in alcuni casi, le banche. Iscrizione automatica – Si riferisce generalmente a un sistemache prevede l’adesione “per difetto” dei lavoratori al regimedi pensione del loro datore di lavoro, ma con la possibilità dichiedere di esserne escluso. Meccanismi di adeguamento automatico - Generalmente,mezzi per adeguare le prestazioni, i diritti e/o i contributi all’e-voluzione delle circostanze, ad esempio del contesto economico,dei rendimenti dei mercati finanziari o delle prospettive di lon-gevità. Pilastri - I vari tipi di sistemi pensionistici sono abitualmente clas-sificati in sistemi a due, tre, quattro o più pilastri. Non esistetuttavia una classificazione universalmente riconosciuta. In moltisistemi pensionistici si distingue tra regimi legali, professionalie individuali, o tra regimi obbligatori e facoltativi. La parteci-pazione a regimi di pensione professionali e individuali, gene-ralmente privati, può essere obbligatoria o facoltativa. Prestito vitalizio ipotecario – Forma di finanziamento che per-mette alle persone proprietarie di un immobile residenziale didisporre di somme di denaro cospicue o di un reddito rego-lare realizzando parte del valore dell’immobile pur continuandoad abitarvi.

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Regime a capitalizzazione - Regime pensionistico nel quale leprestazioni promesse sono finanziate con un fondo di attiviaccantonati e investiti per far fronte agli impegni di erogazionedelle prestazioni. I regimi a capitalizzazione possono esserecollettivi o individuali. (V anche: Regime a ripartizione.) Regime a contribuzione definita - Regime pensionistico nelquale Ë predefinito il livello dei contributi, non quello delle pre-stazioni finali: nessuna promessa è fatta per quanto riguardala pensione che sarà versata. I regimi a contribuzione definitapossono essere pubblici, professionali o individuali: i contributipossono essere versati dal privato, dal datore di lavoro e/odallo Stato, secondo le regole del regime. Il livello della pen-sione dipenderà dai risultati ottenuti dalla strategia di investi-mento prescelta e dal livello dei contributi. Ogni aderente sop-porta quindi il rischio dell’investimento e spesso prende dispo-sizioni per ridurre tale rischio. (V. anche: Regime a prestazionidefinite.) Regime a prestazioni definite - Regime pensionistico nel qualei diritti costituiti sono collegati ai redditi e alla carriera profes-sionale (le prestazioni pensionistiche future sono predefinite epromesse all’aderente). Di norma è l’impresa promotrice chesopporta il rischio dell’investimento e spesso anche il rischiolegato alla longevità: se le ipotesi relative ai rendimenti o allasperanza di vita non si realizzano, l’impresa promotrice deveaumentare i contributi per versare la pensione promessa. Iregimi a prestazioni definite sono spesso regimi professionali.(V. anche: Regime a contribuzione definita.) Regime a ripartizione - Regime pensionistico nel quale le con-tribuzioni correnti finanziano le spese pensionistiche correnti.(V. anche: Regime a capitalizzazione.)

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Regime a saldo di cassa - Regime nel quale il datore di lavorogarantisce agli aderenti una indennità di buonuscita che pos-sono riscuotere all’età normale di pensionamento e con la qualepossono acquistare una rendita. (V. anche: Età normale di pen-sionamento; Rendita.) Regime basato sulla retribuzione media della carriera - Regimea prestazioni definite nel quale i diritti pensionistici acquisiti perun determinato anno dipendono dall’ammontare delle retribu-zioni percepite dall’aderente al regime nel corso di quell’anno.(V. anche: Regime a prestazioni definite.) Regime basato sull’ultima retribuzione - Regime a prestazionidefinite nel quale l’importo delle prestazioni pensionistiche Ëdi norma determinato in funzione della retribuzione percepitanell’ultimo anno o negli ultimi anni prima del pensionamento.(V. anche: Regime a prestazioni definite.) Regime pensionistico basato su riserve di bilancio - Metodocontabile utilizzato da alcune imprese promotrici per finanziarele prestazioni promesse. Nel bilancio dell’impresa promotricesono iscritte somme come riserve o provvigioni per finanziarele prestazioni del regime. Alcuni attivi possono essere iscritti inconti separati per finanziare le prestazioni, ma non sono nélegalmente né contrattualmente attivi del piano pensionistico.(V. anche: Regime a prestazioni definite.) Regime pensionistico complementare - Regime pensionisticoobbligatorio o facoltativo che garantisce generalmente un red-dito di pensione che integra quello del regime pensionisticolegale. Regime pensionistico ibrido - Regime nel quale sono presentielementi propri dei regimi a contribuzione definita ed elementipropri dei regimi a prestazioni definite o, più in generale, nel

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quale il rischio è condiviso dall’amministratore del regime e daibeneficiari. Regime pensionistico individuale - L’accesso a questo tipo diregime non è legato all’esistenza di un rapporto di lavoro. Iregimi individuali sono istituiti e amministrati direttamente daun fondo pensione o da un’istituzione finanziaria che agiscein qualità di ente pensionistico, senza alcun intervento del datoredi lavoro. Ogni persona effettua, in piena indipendenza, i suoiacquisti e le sue scelte per aspetti importanti dell’accordo. Ildatore di lavoro ha tuttavia la possibilità di contribuire ai regimiindividuali. Alcuni regimi individuali possono essere riservatia determinate categorie di aderenti. Regime pensionistico legale – Sistemi previdenziali e similigestiti dalle amministrazioni pubbliche (amministrazioni cen-trali, regionali e locali, compresi gli organismi settoriali pub-blici come gli enti di previdenza sociale). Tradizionalmente, ipiani pensionistici pubblici sono del tipo a ripartizione. Regime professionale - Piano pensionistico l’accesso al qualeè subordinato all’esistenza di un rapporto occupazionale o pro-fessionale tra l’aderente al piano e l’entità che istituisce il piano(il promotore del piano). I regimi pensionistici professionali pos-sono essere istituiti da datori di lavoro o da gruppi di datoridi lavoro (ad esempio associazioni di categoria), da organiz-zazioni sindacali o professionali, congiuntamente o separata-mente, o da lavoratori autonomi. Il regime può essere ammi-nistrato direttamente dal promotore o da un organismo indi-pendente (un fondo pensione o un’istituzione finanziaria cheagisce in qualità di ente pensionistico). Nel secondo caso, ilpromotore può mantenere la responsabilità della supervisionedel funzionamento del regime.

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Regolamentazione relativa alle informazioni da fornire -Norme che definiscono periodicità, procedura, tipo e contenutodelle informazioni da comunicare agli aderenti a piani pen-sionistici e/o all’autorità di vigilanza. Rendimento minimo garantito - Importo minimo delle presta-zioni pensionistiche versate, indipendentemente dal rendimentodegli investimenti, in un regime a contribuzione definita. Rendita - Contratto finanziario, ad esempio venduto da unasocietà di assicurazione sulla vita, che garantisce il pagamento(mensile, trimestrale, semestrale o annuale) di un reddito fissoo variabile durante la vita di una persona (il titolare della ren-dita) o per un periodo determinato. Questo contratto differisceda un contratto di assicurazione sulla vita, che fornisce un red-dito al beneficiario dopo il decesso dell’assicurato. Una ren-dita può essere acquistata a rate o con pagamento unico. Leprestazioni possono essere erogate immediatamente, a partireda un momento predeterminato o da una data età. Per le per-sone che hanno risparmiato nel quadro di un regime a contri-buzione definita, una rendita è un modo per garantirsi un red-dito di pensione regolare. (V. anche: Regime a contribuzionedefinita.) Rischio operativo - Rischio di perdite conseguenti a inadeguatiprocessi interni, errori umani, carenze dei sistemi o a eventiesterni. Riserve tecniche – L’importo delle passività corrispondenti agliimpegni finanziari di un fondo pensione derivanti dal portafo-glio di contratti pensionistici esistenti. V. anche l’articolo 15 delladirettiva 2003/41/CE. Sistema di garanzia delle prestazioni pensionistiche - Sistemache prevede il versamento di una compensazione agli aderenti

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o ai beneficiari di un regime pensionistico in caso di insolvenzadel fondo pensione e/o dell’impresa promotrice. Sistemi di que-sto tipo sono il Pensions-Sicherungs-Verein Versicherungsvereinauf Gegenseitigkeit (PSVaG) in Germania e il Pension Protec-tion Fund nel Regno Unito. Solvibilità - Capacità degli attivi di un regime pensionistico difar fronte agli impegni di questo regime. Gli impegni del regimecomprendono tutti i pagamenti futuri di pensioni e devonoquindi essere determinati con largo anticipo, sulla base di ipo-tesi riguardo alla longevità. Il valore degli attivi di un regimedipende dal tipo di norma contabile utilizzata. Un regime lacui solvibilità è ritenuta insufficiente deve valutare se aumen-tare il livello dei contributi o ridurre i diritti, se le sue regole lopermettono. Strategie del ciclo di vita - Strategie di investimento utilizzatenei regimi pensionistici a contribuzione definita per ridurre ilrischio dell’investimento e la volatilità diminuendo progressiva-mente e automaticamente il rischio dell’investimento sopportatodall’aderente man mano che si avvicina alla pensione. (V.anche: Regime a contribuzione definita.) Tasso di dipendenza delle persone anziane – Rapporto per-centuale tra il numero di persone di età superiore a 65 anni ela popolazione in età attiva (di norma, le persone anziane dietà compresa tra 15 e 64 anni). Tasso di sostituzione - Indicatore del livello della pensione,espresso in percentuale del reddito percepito al momento delpensionamento o del reddito medio. Il tasso di sostituzioneindica in quale misura i sistemi pensionistici permettono ai lavo-ratori di mantenere il loro tenore di vita precedente quandovanno in pensione.

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Trasferibilità – La possibilità di trasferire i diritti acquisiti o ilcapitale accumulato da un regime pensionistico a un altro, adesempio al regime pensionistico del nuovo datore di lavoro.

2. STATISTICAL ANNEX

Figure 1: Demographic structure of the population in 2008 and2060 Figure 2: Old-age dependency ratios under different averageexit age scenarios Figure 3: Change in public pension expen-diture as a share of GDP over 2007-60 (in percentage points) Figure 4: Benefit ratios in EU Member States in 2007 and 2060 Figure 5: Change in theoretical replacement rates for an ave-rage wage earner retiring at 65 after 40 years career between2006 and 2046 in percentage points Figure 6: Standard pension eligibility age and average labourmarket exit age in EU-27 Figure 7: Overall, female and older workers employment ratesin EU-27, 2000-2008, in percent Figure 8: Pension benefit impact of shorter and longer workinglives Figure 9: Pension benefit impact of career breaks due tounemployment Figure 10: Increasing significance of funded pen-sions

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Figure 1: Demographic structure of the population in 2008and 2060

Source: Commission services, graph published in the 2010 Interim JointReport on pensions of the Economic Policy Committee and Social Protec-tion Committee, noted by the 7-8 June 2010 EPSCO and ECOFIN Coun-cils, p.9, available at: http://europa.eu/epc/publications/index_en.htm.

Note: the red (dark) bar indicates the most numerous cohort.

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Figure 2: Old-age dependency ratios under different averageexit age scenarios In 2010, when it is assumed that people leave the labour marketon average at age 60, the dependency ratio, i.e. the numberof people of working age relative to the number of people aboveage 60, amounts to 5 to 2. If by 2040 people were to remainuntil 67 the corresponding ratio would stay constant and theincrease by 2060 would far less dramatic than at lower exitages. There would be no increase if the exit age would increaseanother 3 years between 2040 and 2060.

Source: Eurostat, Population Projections, 2008 data.

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Figure 3: Change in public pension expenditure as a shareof GDP over 2007-60 (in percentage points)

Note: Hungary reformed its pension system in 2009. Following the reform,its impact was assessed through a peer review by the AWG, and endorsedby the EPC at their 22 February 2010 meeting. According to the revisedpension projections, public pension expenditure is projected to decrease from10.9% of GDP in 2007 to 10.5% of GDP in 2060, i.e. by 0.4 p.p. of GDP,compared with the projection in the 2009 Ageing Report, where an increaseof 3 p.p. of GDP between 2007 and 2060 was projected.

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Figure 4: Benefit ratios in EU Member States in 2007 and 2060

Source: Ageing report 2009, available at: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication13782_en.pdfdata as update at the Ageing Working Group in 2010.

Note: The ‘Benefit ratio’ is the average benefit of public pension and publicand private pensions, respectively, as a share of the economy-wide ave-rage wage (gross wages and salaries in relation to employees), as calcu-lated by the Commission. Public pensions used to calculate the Benefit Ratioincludes old-age and early pensions and other pensions. Private pensions

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are not included for all Member States. Hence, the comparability of the figu-res is limited. The value of indicators might change as some Member Sta-tes consider reforms of their pension systems (e.g. Ireland).

Figure 5: Change in theoretical replacement rates for an ave-rage wage earner retiring at 65 after 40 years career between2006 and 2046 in percentage points

Source: INDICATORS’ SUBGROUP OF THE SOCIAL PROTECTION COM-MITTEE (ISG) 2009 report on Theoretical Replacement Rates, “UPDATES OFCURRENT AND PROSPECTIVE THEORETICAL PENSION REPLACEMENTRATES 2006-2046”, p.17, available at: . http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=752&langID=en&moreDocu-ments=yes.Note: Replacement rates are defined as the level of pension income duringthe first year of retirement as a percentage of individual earnings imme-diately before retirement. For countries with a projected drop in replace-ment rates it should be noted that the decrease can usually be counterba-lanced by working longer. It should be noted that EE, like other countrieswith a more positive evolutions in replacement rates (RO, BG and CY), startoff from rather low initial levels of the rates.

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Figure 6: Standard pension eligibility age and average labourmarket exit age in EU-27

Source: Eurostat, MISSOC, Ageing Report, 2010 Interim Joint Report onpensions of the Economic Policy Committee and Social Protection Commit-tee, noted by the 7-8 June 2010 EPSCO and ECOFIN Councils, availableat: http://europa.eu/epc/publications/index_en.htm.Note: ° - 2002, * - 2007, ** - 2006, in brackets – proposed, not yet legi-slated, *** retirement age evolves in line with life expectancy gains over time,introducing flexibility in the retirement provision. **** For Italy 65/65 forcivil servants, starting from 2018. Sweden: guarantee pension is available from the age of 65. Romania: the National House of Pensions and other Social Insurance Rights.

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There has been a more or less pronounced increase in the ave-rage exit age from the labour force of nearly all Member Statesbetween 2001 and 2008, with an EU27 average exit age of 61.4years in 2008. For those countries with increasing pensionable agesuntil 2020 and beyond, the average exit age is expected to con-tinue to increase. It appears that most countries are graduallymoving to a universal pensionable age of at least 65, but coun-tries such as DK, DE and UK have already legislated further increa-ses in order to respond to continued advances in longevity.

Figure 7: Overall, female and older workers employment ratesin EU-27, 2000-2008, in percent

Source: Eurostat, LFS annual data, graph published in the 2010 Interim JointReport on pensions of the Economic Policy Committee and Social Protec-tion Committee, noted by the 7-8 June 2010 EPSCO and ECOFIN Coun-cils, p.10, available at: http://europa.eu/epc/publications/index_en.htm.

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Figure 8: Pension benefit impact of shorter and longer working lives

Source: INDICATORS’ SUBGROUP OF THE SOCIAL PROTECTION COM-MITTEE (ISG) 2009 report on Theoretical Replacement Rates (TRR), “UPDA-TES OF CURRENT AND PROSPECTIVE THEORETICAL PENSION REPLACE-MENT RATES 2006-2046”, p.22, available at:http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=752&langId=en&moreDocu-ments=yes.

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Figure 9: Pension benefit impact of career breaks due to unem-ployment

Accumulated difference in net theoretical replacement ratesfor an average earner entering the labour market at 25 andretiring at the statutory retirement age with a 1, 2 or 3 yearcareer break due to unemployment compared with no break*

Source: SOCIAL PROTECTION COMMITTEE/INDICATORS’ SUBGROUP OF THESOCIAL PROTECTION COMMITTEE (ISG). Graph published in the 2010 Inte-rim Joint Report on pensions of the Economic Policy Committee and Social Pro-tection Committee, noted by the 7-8 June 2010 EPSCO and ECOFIN Councils,p.50, available at: http://europa.eu/epc/publications/index_en.htm*The unemployment break is assumed to take place in the years just priorto old age retirement which is assumed here to be the statutory retirementage for men Note: the values for MT and PT are equal to 0 and should not be interpre-ted as missing. The values are validated by Member States. Conditions ofcrediting unemployment breaks might have a positive impact on the repla-cement rate of a hypothetical worker in the base-case scenario, for whomvalues in the Figure are provided.

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Figure 10: Increasing significance of funded pensions This figure shows that for most of those countries represented,funded pensions will provide for a larger share of retirementincome in 2046 than in 2006 as a result of pension reforms(measured by gross theoretical replacement rates).

Share of occupational and statutory funded pensions in totalgross theoretical replacement rates in 2006 and 2046 in selec-ted Member States

Source: INDICATORS’ SUBGROUP OF THE SOCIAL PROTECTION COM-MITTEE (ISG) 2009 report on Theoretical Replacement Rates, “UPDATES OFCURRENT AND PROSPECTIVE THEORETICAL PENSION REPLACEMENTRATES 2006-2046”, Annex – country fiches, available at:http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=752&langId=en&moreDocu-ments=yes.Note: Data available only for a number of Member States

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Domanda 1Come può l’Unione europea appoggiare gli sforzi intrapresidagli Stati membri per accrescere l’adeguatezza dei sistemi pen-sionistici? L’Unione europea dovrebbe definire meglio cosa com-porta un reddito di pensione adeguato?

Un dato che accomuna tutti i paesi UE è quello che vede negliultimi anni i trattamenti pensionistici perdere costantemente potered’acquisto, in particolare a causa dell’aumento dei prezzi al con-sumo, delle materie prime, delle tariffe e di molti servizi essen-ziali oltre che ad alcune caratteristiche del meccanismo di pere-quazione che ne limitano l’efficacia di fronte all’andamento delcosto della vita. Proprio per ovviare a questa situazione, in Italia, la legge n. 127del 2007 affermò un principio fondamentale legato all’indiciz-zazione delle pensioni, ampliando il numero delle pensioni riva-lutate integralmente rispetto all’inflazione ed introducendo la pere-quazione automatica al 100% sulle quote di pensione fino a 5volte il trattamento minimo. Occorre continuare su questa strada,in Italia e in Europa, per evitare che le pensioni continuino a per-dere valore nel tempo e lavorando ad un loro progressivo ade-guamento. Adeguamento da realizzarsi – confermando quanto già iniziatonel 2007 - innanzitutto attraverso la valorizzazione della contri-buzione distinguendosi quindi dalle logiche assistenziali che vannoaffrontate in una sede diversa da quella puramente previdenziale.Andrebbero inoltre adeguatamente analizzati meccanismi dimiglior aggancio dei trattamenti previdenziali all’andamento del-l’economia, dei salari e della produzione dei paesi. Al tempostesso i Governi dovrebbero mettere in campo interventi in grado

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di attenuare la pressione fiscale sui trattamenti pensionistici.Oltre alle pensioni in essere, però, quello che preoccupa è ancheil futuro previdenziale delle nuove generazioni. Mano a mano che il criterio di calcolo contributivo entrerà aregime, infatti, il tasso di sostituzione tra ultimo reddito da lavoroe pensione scenderà sensibilmente. La caduta sarà più ampia peri lavoratori con carriere discontinue, con fasi di lavoro flessibilea contribuzione ridotta, con ingresso ritardato nel mondo dellavoro per lenta uscita dall’università o per squilibri del mercatodel lavoro.Per questi individui rischia di porsi, e non solo in Italia, un pro-blema di povertà in quiescenza, cioè di adeguatezza della pen-sione agli standard di vita minimi.In tutta Europa occorre dunque lavorare per colmare i gap e lecarenze contributive delle nuove generazioni. Il modello può util-mente essere quello del lavoro iniziato con il Protocollo Prodi del2007, nel quale grazie all’azione fondamentale del sindacato furonoinseriti provvedimenti importanti a sostegno dei diritti previdenzialidei giovani. La rateizzazione decennale senza interessi per il paga-mento del riscatto della laurea, la possibilità di detrazione di talecosto dal reddito del genitore in caso di riscatto precedente all’ini-zio dell’età lavorativa, le facilitazioni alla totalizzazione dei periodicontributivi aperti in più casse e l’aumento delle aliquote contribu-tive dei parasubordinati sono alcuni dei risultati importanti conse-guito allora e che vanno oggi incrementati e valorizzati.Parallelamente si dovrebbe continuare sul percorso di un progres-sivo innalzamento delle aliquote contributive sull’occupazionedipendente flessibile (come anche per certi aspetti sul lavoro auto-nomo) che in quanto tale deve costare più del lavoro a tempoindeterminato.

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Se non una equiparazione alle aliquote del lavoro dipendenteregolare, almeno un loro innalzamento che permetta di generarepensioni di base adeguate, che escludano future pressioni di variogenere sulle finanze pubbliche sotto forma di interventi a soste-gno di redditi che rischiano di essere bassi non solo per circo-stanze che abbiano impedito una sufficiente contribuzione al pila-stro pubblico (come la disoccupazione, l’interruzione di carrierao la permanenza all’interno di contratti flessibili), ma anche peruna più bassa contribuzione ereditata dal passato per legge.D’altra parte bisognerebbe contestualmente impedire che lapiù alta contribuzione del datore di lavoro non si scarichi inminori retribuzioni dirette, con ciò non solo annullando l’ef-fetto della maggiore accumulazione di benefici pensionistici,ma anche creando più stringenti vincoli di liquidità nell’im-mediato.

Domanda 2Il quadro per le pensioni esistente attualmente a livello europeo èsufficiente a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche?

Ormai pressochè tutti i paesi europei si sono dotati – o si stannodotando – di sistemi previdenziali idonei a garantirne la soste-nibilità finanziaria. Su questo la stessa UE ha invitato più voltei diversi Stati membri ad intraprendere una strada virtuosa dirisanamento della spesa pensionistica. Il sistema previdenzialeitaliano - dopo le riforme degli anni novanta e, da ultima, laconversione in legge del D.L 78/2010 – è un sistema ormaipienamente sostenibile sul piano economico come hanno piùvolte riconosciuto le stesse istituzioni comunitarie e recentementeanche il Vice Segretario Generale dell’OCSE.

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Domanda 3In che modo si può riuscire ad innalzare l’età effettiva del pen-sionamento e quale contributo potrebbe dare al raggiungimentodi questo obiettivo l’aumento dell’età pensionabile? Occorreintrodurre nei sistemi pensionistici meccanismi di adeguamentoautomatico all’evoluzione demografica per equilibrare la duratadella vita attiva e quella della pensione? Quale ruolo potrebbesvolgere l’Unione europea a questo riguardo?

Per parlare di aumento dell’età pensionabile bisogna aver pre-sente il tipo di sistema previdenziale che si ha di fronte. In unsistema contributivo, dove la prestazione previdenziale futuraè strettamente ed anche dal punto di vista attuariale legata aicontributi versati, elevare in modo obbligatorio l’età di pensio-namento non ha alcun senso. Bisognerebbe invece lavorare sullalibertà di scelta del lavoratore. Per questo crediamo che potrebbe essere fissata una fascia dietà anagrafica entro la quale il lavoratore sia messo davveronelle condizioni di scegliere liberamente il momento del pen-sionamento, in base all’individuazione del quale il trattamentosarà più o meno premiante, scontando gli effetti sia della mag-giore o minore contribuzione che del calcolo attuariale.Accanto a ciò, e almeno per quanto riguarda l’Italia, vannoeliminate le distorsioni che l’attuale sistema di individuazionedei coefficienti di trasformazione produce.Il sistema attuale presenta infatti evidenti difetti e, paradossal-mente, disincentiva implicitamente la permanenza al lavoro neiperiodi prossimi alla revisione. Lavoratori della stessa età anagrafica possono infatti trovarsi apercepire trattamenti pensionistici sensibilmente differenti a

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seconda del pensionamento prima o dopo l’entrata in vigore deinuovi coefficienti. Producendo in tal modo l’assurdo risultato disvantaggiare e penalizzare chi ha compiuto la scelta di rima-nere al lavoro rimandando il pensionamento oltre l’età legale.Proprio per ovviare a questa situazione, che rischia di produrreeffetti opposti a quelli che si intende perseguire, la UIL ritienepiù utile ragionare su coefficienti di trasformazione basati suclassi d’età e sulla speranza di vita che a quella determinataclasse è stata statisticamente assegnata. In tal modo il lavora-tore sarebbe libero di decidere, senza condizionamenti, la per-manenza al lavoro oltre l’età legale fissata, a vantaggio suo edel sistema previdenziale in generale.Il ripristino di una qualche forma di volontarietà va però neces-sariamente affiancato da un sistema di incentivi destinati pre-valentemente ad aumentare la prestazione previdenziale perogni anno in più che si decide di lavorare oltre l’età di riferi-mento. Siamo invece nettamente contrari ad ogni ipotesi didisincentivi, un meccanismo che non ha alcun senso, visto chegià l’assenza di incentivi rappresenta di per sé un disincentivo,e che rischia di penalizzare lavoratori per i quali è oggettiva-mente impossibile la permanenza al lavoro.Quanto invece all’introduzione di meccanismi automatici cheleghino l’aspettativa di vita con il momento del pensionamento,va detto che in Italia tale provvedimento è stato già adottato nelDL 78/2010, a testimoniare di come il nostro paese sia ormaiall’avanguardia tra i sistemi previdenziali europei e non solo.In un quadro europeo l’UE potrebbe semmai aiutare i paesi adun monitoraggio migliore delle modifiche legate all’aspettativadi vita, monitorando tutte le diverse variabili – anche demo-grafiche – che incidono profondamente sul fenomeno. L’UE

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potrebbe essere il luogo dove mettere in comune storie ed espe-rienza per arrivare utilmente ad un sistema che tenga si contodelle variabili attuariali ma che, al tempo stesso, non sia pena-lizzante per particolari categorie dei lavoratori come donne elavori usuranti. Le donne perché potrebbero essere penalizzateda un legame automatico e distinto per genere all’aspettativadi vita, avendo un’aspettativa di vita mediamente più lunga, ei lavoratori che svolgono mansioni particolarmente usuranti per-ché potrebbero essere oggettivamente impossibilitati a restarea lavoro oltre una certa età anagrafica.

Domande 5 e 6Come andrebbe modificata la direttiva sugli enti pensionisticiaziendali o professionali per migliorare le condizioni dell’atti-vità transfrontaliera?A quali regimi dovrebbero applicarsi le misure adottate dal-l’Unione europea per eliminare gli ostacoli alla mobilità?

Occorre ancora verificare il reale impatto che l’adozione delladirettiva 2003/41/CE potrà avere anche per eliminare glienormi ostacoli che ancora sussistono, in materia previden-ziale, nell’attività transfrontaliera. La libera circolazione deilavoratori non può infatti non accompagnarsi ad una liberacircolazione delle pensioni. Pensiamo soprattutto alla previ-denza complementare dove pure passi in avanti enormi sonostati fatti nella portabilità della posizione previdenziale mapermangono ancora grosse difficoltà. Basti pensare che dauna recente indagine del CEIOPS risultavano appena 70 casidi attività transfrontaliera nello Spazio economico Europeo,con solo 21 Stati che agivano come ospitanti.

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Il problema è, ovviamente, soprattutto fiscale e quindi sia sulladeducibilità della contribuzione che sulla tassazione delle pre-stazioni. Meccanismi di tassazione diversi tra loro sono unindubbio ostacolo alla libera circolazione delle pensioni com-plementari. Per questo motivo riteniamo che anche l’Italiadebba strutturare un sistema di tassazione basato sulla solatassazione della prestazione, eliminando l’attuale imposta suirendimenti.Anche le convenzioni bilaterali contro la doppia imposizioneandrebbero riviste – sul modello di quella recentemente siglatatra Italia e USA – prevedendo norme specifiche sulla previdenzacomplementare. Così da eliminare interpretazioni penalizzantied arrivando ad una regolamentazione fiscale internazionalepiù omogenea e lineare di tutti i trattamenti di previdenza com-plementare. Attraverso un processo di convenzionamento ad hoc da indi-viduare con tutti i paesi dove significativa è la presenza di casisimili e, comunque, di sistemi di previdenza integrativi di quellapubblica.

Domanda 7L’Unione europea dovrebbe esaminare nuovamente la questionedei trasferimenti o norme minime in materia di acquisizione edi mantenimento e un servizio di ricostruzione per tutti i tipi didiritti pensionistici sarebbero una migliore soluzione?

Già il Trattato di Amsterdam del 1997 all’articolo 42 prevedevaun coordinamento dei regimi previdenziali nazionali con l’obiet-tivo di garantire la libertà di circolazione dei lavoratori migranti.Strumentale alla realizzazione di questo disegno è il principio

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di cooperazione amministrativa imposto, dall’articolo 40 del Trat-tato, agli Enti Previdenziali dei singoli paesi membri.Di grande rilievo in quest’ottica è in particolar modo il princi-pio di totalizzazione, previsto dal Trattato stesso e dai Rego-lamenti n. 1408/1971 e 574/1972, che implica il cumulo ditutti i periodi assicurativi presi in considerazione dalle varie legi-slazioni nazionali (comprese eventuali contribuzioni figurative),sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioniche per il calcolo stesso di quest’ultime. È infatti evidente che il meccanismo delle totalizzazioni deiversamenti contributivi accantonati in diversi enti previden-ziali è indispensabile in un mercato del lavoro sempre piùdiscontinuo e frammentato. Sul versante dei singoli paesi vanno quindi eliminati gli osta-coli che ancora si frappongono ad una completa ricostruzionedei periodi assicurativi, ivi compreso il periodo minimo di con-tribuzione in ciascuna cassa. D’altra parte, sul versante comu-nitario, occorre che gli enti Previdenziali europei arrivino aduna vera condivisione delle rispettive banche dati (come giàin parte accade tra Italia e Germania), facilitando al megliole totalizzazioni transnazionali. In un’epoca dove ormai leinformazioni sono tutte in formato elettronico questa non èpiù un’utopia ma una necessità alla quale rispondere ade-guandosi ad un mondo del lavoro profondamente cambiatoed estremamente liquido. Sia all’interno degli stati che, ormai, anche a livello europeoe sovranazionale.Per quanto attiene la governance degli Enti Previdenziali, que-sta va orientata in Italia ed in Europa verso un sistema dualeefficiente che valorizzi il ruolo e il compito delle parti sociali.

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Domanda 8, 9 e 10È necessaria una revisione dell’attuale legislazione europea chegarantisca una regolamentazione e un controllo coerenti deiregimi pensionistici a capitalizzazione (cioè finanziati da unfondo di attivi) e dei loro prodotti? Se sì, quali sono gli elementida rivedere?Come potrebbero la regolamentazione europea o un codice dibuona pratica aiutare gli Stati membri a raggiungere un miglioreequilibrio tra rischi, sicurezza e accessibilità finanziaria per i sot-toscrittori di risparmi pensione e gli enti pensionistici?Quali dovrebbero essere le caratteristiche di un regime di sol-vibilità equivalente per i fondi pensione?

Il passaggio dai sistemi a prestazione definita a quelli a con-tribuzione definita, in Italia in stato molto avanzato, ha messoal riparo i lavoratori da rischi concreti di insolvenza e didefault dei sistemi previdenziali aziendali. D’altra parte, comeè ovvio, ha trasferito il rischio interamente sul lavoratore,esponendolo all’andamento degli investimenti del Fondosenza particolari protezioni. Per rispondere a ciò crediamoche il sistema italiano possa essere utilmente preso ad esem-pio in Europa. In Italia, infatti, la legislazione che mira a tute-lare l’investimento previdenziale è stata particolarmente effi-cace. Il sistema dei Fondi Pensione italiani ha infatti rettoanche a fronte di una crisi di proporzioni straordinarie comequella attuale. Questo a dimostrazione di come sia efficaceil controllo della gestione operato dagli organi di governancedelle Forme Pensionistiche e di come il DM n. 703/96, nono-stante necessiti di alcuni aggiustamenti, abbia risposto benealle necessità di un investimento previdenziale e non finan-

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ziario. Perché però un sistema di tutele funzioni è necessa-rio che la vigilanza sia forte ed è qui che occorre indirizzarecon forza il processo di revisione della vigilanza europea,dotando l’EIOPA di poteri effettivi e concreti che non si limi-tino al solo coordinamento. In Italia la presenza di un’auto-rità unica, specifica ed indipendente sul settore ha garantitosia gli iscritti che i lavoratori del settore. Crediamo che que-sto assetto possa rappresentare un modello da estendere effi-cacemente a livello europeo, sempre tenendo presente unadistinzione per noi fondamentale: quella tra investimentofinanziario e risparmio di natura previdenziale che, rispon-dendo ad un bisogno sociale prima ancora che economico,non può essere trattato alla stregua di una speculazione manecessita di garanzie e tutele diverse che sappiano coniugarele aspettative di crescita e di redditività ad un contenimentodei rischi efficace e costante. In quest’ottica può essere utileragionare anche a livello comunitario di tipologie di investi-mento adatte a ridurre i rischi. Un ragionamento potrebbe per esempio essere fatto sugli inve-stimenti immobiliari che – rivedendo in parte alcune limitazionidi legge oggi presenti in alcuni paesi membri - potrebbero costi-tuire per il futuro uno scenario maggiormente percorribile daiFondi anche per mettersi al riparo dalle eccessive oscillazionidei mercati finanziari. Stesso discorso per quanto riguarda gliinvestimenti cosiddetti istituzionali, orientati verso opere infra-strutturali che possono fare dei fondi negoziali un veicolo disviluppo e di ammodernamento, non solo dei singoli Stati maanche delle infrastrutture comunitarie.Da valutare, sempre al fine di contenere al massimo i rischi, anchemeccanismi automatici o semi automatici di tipo life cycle nei quali

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la rischiosità del comparto di investimento viene dosata in relazioneall’età anagrafica e alla vicinanza del momento del pensionamentoriducendo il rischio quanto più l’età pensionabile si avvicina. Accanto a questa riallineamento delle politiche di investimentoverso un più efficace contenimento dei rischi si potrebbe lavo-rare ad un Fondo di Garanzia, anche a livello comunitario, checon il finanziamento degli stessi Fondi Pensione e non dellafiscalità pubblica possa garantire i lavoratori iscritti dai rischidi insolvenza o dai fallimenti dei Fondi stessi. Un sistema di que-sto tipo contribuirebbe a migliorare la fiducia verso le formepensionistiche complementari con un benefico impatto sui livellidi adesione e quindi sulle stesse masse gestite.Per quanto riguarda più nello specifico il dibattito in corso sullanormativa di solvibilità va detto che i criteri in questo caso nonpossono essere variabile indipendente dell’orizzonte temporalespecifico dei fondi pensione. Una garanzia di solvibilità di breveperiodo (Solvency II dal 2012) non è idonea ad un investimentodi tipo previdenziale che necessita di un ragionamento specifico,in futuro anche nell’ambito di un miglioramento della direttiva IORP.

Domanda 11È necessario rafforzare la tutela prevista dalla legislazione euro-pea in caso di insolvenza dei datori di lavoro promotori diregimi pensionistici? Se sì, in che modo?

In Italia da questo punto di vista è stata importante la partenza,in attuazione della DIRETTIVA 80/987/CEE, del Fondo di Garan-zia INPS per la previdenza complementare finanziato con unaquota del contributo di solidarietà pagato dai datori di lavorosulle somme versate alla previdenza complementare. Si tratta

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di uno strumento fondamentale a garanzia dei lavoratori iscrittiai Fondi contro il rischio derivante da omesso o insufficienteversamento, da parte del datore di lavoro insolvente, dei con-tributi alle forme di previdenza complementare. Uno strumentodeterminante - soprattutto in periodi di crisi che si riversano suilivelli occupazionali - e dunque da estendere e rafforzare.

Domanda 12 e 13È opportuno modernizzare le attuali prescrizioni minime rela-tive alle informazioni da fornire sui prodotti pensionistici (peres. in termini di comparabilità, standardizzazione, chiarezza)?

È necessario che l’Unione europea definisca un orientamentocomune per quanto riguarda le opzioni per difetto circa la par-tecipazione e la scelta di investimento?

Vanno forniti sostanzialmente tutti gli strumenti che ancoramancano ai fondi per cominciare ad operare a regime e nellachiarezza e nella trasparenza più assoluta. In Europa da que-sto punto di vista le lacune da colmare sono ancora molte Lastessa direttiva IORP prevede solo standard minimi di infor-mazione restando su questo punto assai debole. Chiediamoquindi alla Commissione Europea che nell’ambito della revi-sione della direttiva 2003/41/CE, si adoperi per garantireai lavoratori dipendenti di essere informati direttamente sullatipologia e i rischi di investimento dei loro fondi pensione.Bisognerebbe lavorare in questa direzione, perseguendo unmaggior coordinamento europeo sulle informazioni (com-presa una rappresentazione chiara dei costi) e la documen-tazione da fornire ai potenziali iscritti anche in attività tran-

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sfrontaliera. Sempre tenendo presente le necessità di chia-rezza delle comunicazioni.In Italia la COVIP riconosce già nelle direttive generali le esi-genze di semplicità dell’informazione imposte dalle caratte-ristiche peculiari, per ampiezza e composizione, della pla-tea di soggetti cui le forme pensionistiche complementari sirivolgono e, soprattutto, dalla natura e dalla finalità parti-colarmente protetta di tali investimenti. I princìpi che vengonoprivilegiati dalle direttive sono così quelli di accessibilità, sin-teticità e immediatezza delle informazioni fornite anche attra-verso l’uso di un linguaggio più semplice e diretto rispetto aquello impiegato nei documenti informativi tradizionali. Lostesso indicatore sintetico dei costi, previsto nel nostro paese,permette di superare quelle zone d’ombra che caratterizza-vano l’indicazione dei costi delle forme pensionistiche di tipoassicurativo. La trasparenza dei costi che ne deriva e sullaquale occorre quindi lavorare anche a livello comunitario èdeterminante al fine di permettere una scelta consapevole allavoratore ed è, inoltre, un punto a favore del mondo deinegoziali che hanno sicuramente costi minori rispetto alle altreforme.Adeguate informazioni nello specifico sui Fondi PensioneNegoziali, senza creare un servizio di consulenza ad hoc,sanno prontamente fornirle sia i patronati che le fonti istitu-tive le quali in Italia effettuano già a monte una valutazionedi adeguatezza e rispondenza del tipo di investimento perle categorie dei lavoratori cui si riferiscono. In Italia, per quel che riguarda nello specifico le opzioni perdifetto, la legislazione prevede già la destinazione nel com-parto garantito per chi non esprime una scelta. Un mecca-

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nismo che serve a tutelare e garantire al meglio l’investimentodi lavoratori che si presumono meno informati o comunquenon in grado di effettuare una scelta consapevole circa la poli-tica di investimento del loro risparmio previdenziale.Sistemi di life cycle automatici, come quelli sopra descritti,possono inoltre contribuire a migliorare gli standard attualidi rispondenza dell’investimento alle reali necessità del lavo-ratore iscritto.

Domanda 14È necessario rafforzare il quadro di coordinamento a livellodell’Unione europea? Se sì, quali elementi devono essererafforzati per migliorare la concezione e la realizzazionedella politica delle pensioni mediante un approccio integrato?La creazione di una piattaforma per un monitoraggio inte-grato di tutti gli aspetti della politica delle pensioni sarebbeun utile passo avanti?

Se il metodo di coordinamento aperto (MAC) può utilmenteassistere e guidare i paesi membri nell’elaborazione delle loropolitiche di welfare, va considerato che uno dei pilastri di talemeccanismo è quello rappresentato dall’identificazione diindicatori statistici comuni, che rendano comparabili le carat-teristiche e le performance dei diversi sistemi nazionali. Unpasso, questo, propedeutico al successivo peer review per l’in-dividuazione di best practice comuni in materia ma che trovatutt’oggi numerosi ostacoli.Non può però raggiungersi un monitoraggio europeo dellepensioni senza prima affinare la metodologia di classifica-zione comune della spesa previdenziale, che è un passo fon-

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damentale per lo studio dei conti e dell’impatto che le poli-tiche pensionistiche possono avere sul PIL e, in generale, sullaspesa dei singoli Stati.Nel classificare la spesa pensionistica italiana, ad esempio,non si prende mai in considerazione una spesa puramenteprevidenziale, come nella maggior parte dei paesi, ma siincludono invece voci ad essa estranee. Voci di spesa assi-stenziale che vanno finanziate dallo Stato attraverso la fisca-lità, in quanto rispondenti a necessità di solidarietà generale,e non con i contributi previdenziali dei lavoratori. A ciò va poi aggiunto che il nostro paese presenta un regimedi tassazione sui redditi da pensione differente da quello dialtri paesi europei, dal quale deriva un’oggettiva difficoltàdi comparazione. E’ infatti ovvio che nel valutare la spesa previdenzialeandrebbe tenuto conto delle quote che lo Stato recupera dal-l’imposizione fiscale sui redditi da pensione che eroga.L’Italia è infatti il paese europeo in cui i trattamenti previden-ziali sono assoggettati al maggiore prelievo fiscale. Il che nonsorprende se si tiene conto che nel nostro Paese circa un terzodell’IRPEF grava sulle spalle dei pensionati. Si tratta di unosquilibrio che non trova riscontro negli altri paesi della UE.È evidente che differenze di questo tipo pesano sensibilmente.In sostanza – quindi - l’eterogeneità e la disomogeneità conla quale in sede europea vengono confrontati i dati macroe-conomici dei diversi paesi, porta a sovrastimare la spesa pre-videnziale italiana che da noi sconta peculiarità impropria-mente inserite nella valutazione complessiva. Alla luce di queste peculiarità del nostro sistema, la compa-razione della spesa previdenziale risulterebbe maggiormente

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rispondente alla realtà dei fatti se si pervenisse ad un comunee più fedele sistema europeo di classificazione, operazioneindispensabile ad una politica europea in materia.In generale per la UIL l’obiettivo di medio termine è quellodi una progressiva denazionalizzazione del rapporto previ-denziale. Le tensioni - finanziarie, demografiche, occupazio-nali, economiche ecc. – sono sempre meno questioni nazio-nali ed interessano in maniera comune tutti gli Stati membri.Dal 1999, anno dell’adozione da parte della Commissionedella comunicazione “una strategia concertata per moder-nizzare la protezione sociale” nella quale si fissavano i car-dini dell’azione di coordinamento, molta strada è stata fattae i sistemi previdenziali europei sono stati sollecitati, anchegrazie all’azione comunitaria, ad un progressivo migliora-mento. La politica di coordinamento in materia previdenzialeresta però alquanto debole – soprattutto se paragonata aquella sull’occupazione – anche perché in questi anni ha sem-pre trovato legittimazione, diciamo implicita, nelle singoledecisioni prese e non si è mai potuta basare davvero su unsistema di raccolta ed analisi dati efficiente. Una carenza cheha sempre reso difficile l’adozione di raccomandazioni man-cando una base tecnica in base alla quale misurare il confor-marsi o meno degli stati alle richieste e agli obiettivi indivi-duati. Il carattere di soft governance del metodo di coordi-namento aperto previdenziale se ha certamente avuto i suoimeriti necessita di un salto di qualità importante che lo avvi-cini al funzionamento del più strutturato processo di Strate-gia Europea per l’Occupazione (SEO).Un passo verso una politica previdenziale europea che puòe deve essere una legittima aspirazione futura dell’UE, in

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grado di rafforzarne il ruolo ed il peso politico ed economico.Quel Governo Europeo che la UIL chiede, e che meglio dichiunque altro potrebbe rispondere alle crisi economiche ea shock sociali ormai rigorosamente sovranazionali, non puòfare a meno di una politica economica e sociale comune dicui la previdenza, e più in generale i sistemi di welfare, sonoun fattore caratterizzante e determinante.

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DOCUMENTO FINALE DELL’XI COMMISSIONE LAVORO DELLA CAMERA

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Mozione approvata dalla Commissione Lavoro della Cameraall’unanimità, con la sola astensione dell’Italia dei Valori, il 10novembre 2010, sul Libro verde: Verso sistemi pensionisticiadeguati, sostenibili e sicuri in Europa

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XI Commissione,esaminato, ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento, il Libroverde: “Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuriin Europa” (COM(2010)365def.), del 7 luglio 2010;

tenuto conto, in particolare:delle conclusioni del Consiglio occupazione e affari sociali del7 giugno 2010 sull’invecchiamento attivo;della “Strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occu-pazione (Europa 2020)”, adottata dal Consiglio europeo del17 giugno 2010 e delle Linee guida per le politiche dell’occu-pazione degli Stati membri approvate in tale ambito dal Con-siglio del 21 ottobre 2010;della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Con-siglio sull’Anno europeo dell’invecchiamento attivo 2012(COM(2010)462 def.), del 6 settembre 2010;della Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015(COM (2010) 491) e della risoluzione del Parlamento euro-peo del 19 ottobre 2010 sulle lavoratrici precarie;della risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010“Il ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e nellapromozione di una società inclusiva in Europa”, nella quale,tra l’altro, si afferma che le pensioni di vecchiaia devono per-

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mettere ai pensionati che hanno lavorato tutta la vita di per-cepire un importo dignitoso;della raccomandazione 92/441/CEE, la quale riconosce “ildiritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni suf-ficienti per vivere conformemente alla dignità umana”, insi-stendo affinché l’obiettivo centrale dei regimi di sostegno delreddito debba essere quello di far uscire le persone dallapovertà, consentendo loro di vivere dignitosamente, compresele pensioni di invalidità e di anzianità dignitose;delle due iniziative complementari della Commissione euro-pea: “Rapporto 2010 sulla cittadinanza” (COM(2010) 603fin.), del 27 ottobre 2010, e Comunicazione “Verso un attoper il mercato unico” (COM(2010)608 fin.), del 27 ottobre2010, che mirano a superare la frammentazione esistente del-l’Unione europea in ambiti che riguardano strettamente i cit-tadini e segnatamente l’economia sociale, laddove, in par-ticolare, tra le 50 azioni proposte nella medesima comuni-cazione vi sono la revisione della direttiva in materia di atti-vità e sorveglianza dei fondi pensione (proposta n. 31), non-ché la previsione di eventuali altre proposte che potrannoemergere dal dibattito sul documento in esame, quali quellefinalizzate alla rimozione degli ostacoli alla mobilità, anchedi natura fiscale (proposta n. 42);delle conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 ottobre 2010che, nell’approvare la relazione della task force sulla gover-nance economica, invita il Consiglio dell’UE ad accelerare ilavori su come tener conto dell’impatto della riforma dei regimipensionistici nell’attuazione del patto di stabilità e crescita e ariferirne al Consiglio europeo di dicembre, riconoscendo l’im-portanza delle riforme pensionistiche sistemiche e segnalando

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che occorre assicurare condizioni di parità all’interno del pattodi stabilità e crescita;delle considerazioni svolte nella relazione “Ageing Report 2009(Economic and budgetary projections for the EU-27 MemberStates - 2008-2060)”;

tenuto altresì conto:degli importanti elementi di valutazione e di conoscenza acqui-siti dalla XI Commissione nel corso delle audizioni svolte conrappresentanti delle istituzioni competenti e delle forze socialiinteressate, che, oltre ad essere un utile strumento di conoscenzae di raccolta di dati relativi alle realtà nazionali all’esito dellaconsultazione, hanno rappresentato un’occasione per rifletteree approfondire gli aspetti evidenziati a livello nazionale;dell’esigenza che il presente documento finale sia trasmesso alParlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europeanell’ambito del dialogo politico, unitamente al parere appro-vato dalla XIV Commissione, onde fornire una risposta ai que-siti proposti per la consultazione pubblica, che si chiuderà ilprossimo 15 novembre;

esprime le seguenti valutazioni:Sul piano generale (quesiti da 1 a 4 e 14):a. è sicuramente auspicabile ed importante che l’Unione euro-

pea assuma un ruolo di indirizzo più efficace ed operativorispetto alle esperienze pur significative fino ad ora seguiteattraverso il Metodo del coordinamento aperto, basatosostanzialmente su pratiche di “moral suasion”, dalmomento che la materia della previdenza è riservata allepolitiche dei singoli Stati. Le indicazioni della UE agli Statimembri dovranno riguardare sia l’adeguatezza dei tratta-menti (derivante dal concorso della previdenza obbligato-

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ria a ripartizione e di quella privata a capitalizzazione), siala sostenibilità dei sistemi, essendo questa la condizionenecessaria (anche se non sufficiente) per affrontare le sfidedelle trasformazioni demografiche ed occupazionali chetanto preoccupano – soprattutto alla luce della crisi econo-mica e finanziaria – l’Unione, come risulta non solo dal Rap-porto sull’invecchiamento del 2009 e nello stesso Libro verde;

b. ferme restando le prerogative e la competenza dei singoliStati nell’adottare le misure di riordino e modernizzazionedei sistemi pensionistici in base alle diverse situazioni esi-stenti, la costituzione, a livello dell’Unione, di una che pro-muova i medesimi obiettivi strategici, tramite la piena valo-rizzazione del metodo della concertazione sociale, e per-segua un’effettiva solidarietà intergenerazionale, rappresen-terebbe un utile momento di trasparenza e consentirebbe,attraverso il contemporaneo coinvolgimento dei principaliattori interessati alla definizione delle politiche previdenziali(governi, parti sociali, gestori dei fondi pensioni, stakehol-ders), di meglio coordinare le riflessioni e gli scambi di infor-mazioni sulla materia, evitando la duplicazione di strutturee la dispersione di energie, ma razionalizzando e sfruttandole potenziali sinergie tra quelle già esistenti e sollecitandonedi nuove;

c. per quanto concerne l’adeguatezza dei trattamenti, occorretenere presenti – oltre a misure di carattere fiscale – l’op-portunità e l’utilità di forme di solidarietà di contenuto assi-stenziale (pensione di base, integrazione al minimo o red-dito minimo) - nei casi in cui il montante contributivo non assi-curi un trattamento pensionistico “dignitoso” e un tasso disostituzione “adeguato” alle peculiarità dei singoli Stati mem-

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bri - a favore, soprattutto, di coloro che hanno avuto unavita lavorativa caratterizzata da rapporti di lavoro discon-tinui, stagionali e precari. Appare comunque utile la defini-zione a livello europeo, condivisa con gli Stati membri, dicriteri omogenei per la definizione (nazionale) di livelli minimidi adeguatezza; a questo proposito, nel corso della consul-tazione effettuata dalla XI Commissione è stato fatto osser-vare che nell’ambito del cosiddetto “Protocollo del welfare”del 2007 era stata indicata l’ipotesi di un tasso di sostitu-zione pari almeno al 60%;

d. allo stesso modo, deve essere affrontata la questione dellasalvaguardia, nel tempo, del valore della pensione (rispettoal tasso iniziale di sostituzione), che non può essere affidatasoltanto alla difesa del potere d’acquisto, ma deve in qual-che modo partecipare agli incrementi della produttività com-plessiva del Paese, mediante un collegamento operativo alladinamica delle retribuzioni dei lavoratori attivi;

e. il ruolo che il Libro verde affida ai temi della previdenza pri-vata e ai fondi professionali rappresenta un riconoscimentodel carattere strategico che il secondo pilastro può e devesvolgere in una prospettiva di riforma del settore e di rico-noscimento di una fiscalità agevolata. Un sistema a due pila-stri, con un adeguato coinvolgimento delle parti sociali nellasua definizione e nella sua gestione – proprio perché sia sullafinanza pubblica sia sui mercati finanziari – è certamenteuna delle risposte di contenuto strategico agli obiettivi disostenibilità e di adeguatezza dei sistemi pensionistici;

f. l’innalzamento dell’età effettiva di pensionamento era unaindicazione programmatica già coerente con la Strategia diLisbona, la quale aveva assunto, ai fini degli obiettivi occu-

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pazionali previsti nel 2010, il conseguimento di un tasso diimpiego pari al 50% per le persone in età compresa tra 55e 64 anni. Le indicazioni del Consiglio di Barcellona, nel2002, avevano reso coerenti gli aspetti attinenti al mercatodel lavoro con quelli riguardanti i sistemi pensionistici (e illoro equilibrio a fronte della impennata costante e progres-siva dell’attesa di vita), preconizzando interventi che allun-gassero di 5 anni, entro il 2010, l’età media effettiva di pen-sionamento. Le riforme hanno sicuramente ritardato l’uscitadal mercato del lavoro, sia delle lavoratrici che dei lavora-tori, ma si rimane lontani dall’obiettivo indicato, il cui rag-giungimento è stato riformulato nell’ambito della strategia«Europa 2020». Si ritiene utile prevedere, come indicazionedella UE, meccanismi di adeguamento automatico dell’etàpensionabile all’evoluzione demografica. Per garantire in ter-mini di sostenibilità e di adeguatezza l’evoluzione dei sistemipensionistici rimane fondamentale, tuttavia, il conseguimentodi una congrua crescita economica, in grado di consentirel’incremento della occupazione e, in particolare, di quella deigiovani;

g. per quanto riguarda l’ipotesi, avanzata dalla Commissioneeuropea, di prevedere meccanismi di adeguamento automa-tico dell’età pensionabile all’attesa di vita, si fa notare cheil Parlamento italiano ha votato – a maggioranza – unanorma analoga, che entrerà in vigore a partire dal 2015;

h. si considera, altresì, necessario indicare – a partire da unasoglia minima adeguata rispetto agli andamenti demogra-fici – l’opportunità di meccanismi di pensionamento flessibile,in grado di rispondere anche a differenti propensioni dellepersone, ovviamente in un contesto in cui vi sia un’effettiva

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corrispondenza tra l’importo della pensione e l’ammontaredei contributi versati durante l’intera vita lavorativa. Il buonesito dell’obiettivo del prolungamento della vita attiva dei lavo-ratori anziani non può dipendere solamente da nuove e piùrigorose regole in materia pensionistica, ma deve trovareun’adeguata risposta in misure contrattuali riguardanti l’o-rario, le politiche formative e di organizzazione del lavoro,allo scopo di consentire l’impiego effettivo e proficuo deglianziani, rimuovendo o attenuando, innanzi tutto, gli effettidi eventuali normative discriminatorie (mediante misure dipensionamento parziale e graduale in corrispondenza conl’impiego dei giovani), in base all’età sul mercato del lavoro,solitamente definite attraverso l’attenuazione o addirittura l’e-sclusione di ogni forma di tutela giuridica nel caso di licen-ziamento di lavoratori che abbiano già maturato il diritto apensione. Vanno previste misure di anticipo del pensiona-mento per i lavoratori addetti a mansioni usuranti e formeparticolari di tutela per i casi di inabilità e invalidità;

i. al contempo, è senza dubbio condivisibile l’individuazionedi agevolazioni a favore delle imprese per diffondere formedi lavoro che facilitino il passaggio graduale dalla fase attivaa quella di quiescenza;

j. si ritiene altresì necessario che le misure di innalzamento del-l’età di pensionamento debbano trovare compensazione nelladefinizione di politiche di tutela della specificità del lavorofemminile, riconoscendo alle lavoratrici periodi di contribu-zione figurativa legati alla maternità e al lavoro di cura, purnel quadro di un riequilibrio dei ruoli all’interno della cop-pia, anche attraverso l’istituzione di permessi obbligatori perla paternità, secondo le recenti direttive dell’Unione europea;

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k. inoltre, al fine di consentire il raggiungimento dell’obiettivodi portare il tasso di occupazione al 75 per cento (come sta-bilito dalla strategia «Europa 2020»), appare sempre piùnecessario attuare una politica economica diretta a raffor-zare le prospettive di crescita. Al fine di assicurare la mag-giore organicità e coerenza degli strumenti esistenti, sarànecessario seguire un approccio integrato nel quadro euro-peo delle politiche per l’occupazione, atteso che la stabilitàprevidenziale è un indicatore della sostenibilità degli equi-libri macroeconomici;

l. nel quadro europeo l’UE potrebbe aiutare gli Stati membrinel monitoraggio delle modifiche legate all’aspettativa di vita,considerando tutte le variabili – non solo demografiche – cheincidono sul fenomeno. L’Ue potrebbe essere il luogo dovemettere in comune storie ed esperienza per addivenire util-mente ad un sistema che tenga conto sia delle variabili attua-riali sia delle esigenze di solidarietà e di protezione sociale,soprattutto a favore dei soggetti più deboli del mercato dellavoro. Un aspetto sul quale sarebbe opportuno riflettere èla necessità di indicazioni operative da parte dell’UE agli Statimembri, dopo avere acquisito dati utili e comparabili, peraddivenire ad una quantificazione dei concetti di sostenibi-lità e adeguatezza, atteso che per ciascun sistema pensioni-stico ci possono essere differenze significative.

In relazione a quesiti più specifici concernenti, in particolare,le questioni riferite alla previdenza complementare:• Attività transfrontaliera dei fondi pensione (quesito n. 5). E’

sicuramente necessario favorire la mobilità dei lavoratoriall’interno dell’Unione; anche l’attività transfrontaliera dei

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fondi pensione può contribuire a tal fine, sempre ponendoparticolare attenzione all’esigenza di evitare comportamentiopportunistici. Questo è proprio uno degli scopi della vigenteDirettiva europea in materia di fondi pensione occupazionali,ma essa è in vigore ancora da poco per poterne giudicareappieno l’adeguatezza a questo riguardo. Si ritiene, pertanto,che sia opportuno dare ulteriore corso alla sperimentazionedella direttiva, prima di prevederne modifiche, anche al finedi meglio valutare gli interventi da apportare.

• Mobilità delle pensioni (quesiti n. 6 e n. 7). Il problema dellamobilità transfrontaliera delle pensioni (ossia la portabilitàdel montante in caso di mobilità del lavoratore al di fuori deiconfini del Paese di appartenenza) si pone soprattutto per leforme a beneficio definito, che in Italia sono poche, confi-nate ai casi preesistenti alle riforme, dal momento che si ècompiuta, per le forme di nuova istituzione, la scelta dellacontribuzione definita. Peraltro, è senz’altro utile garantireai lavoratori che intendano muoversi all’interno dell’Unioneche non vengano intaccati i propri diritti anche per quantoriguarda le pensioni complementari (la cosa è già sostanzial-mente risolta per le pensioni di base).Sarebbe quindi opportuno che siano superati i limiti che tut-tora impediscono a chi cambia lavoro di portare con séquanto accantonato in un eventuale fondo professionale. InItalia ciò è in larga misura già stato realizzato. Riguardoall’Europa, ove non fosse possibile garantire un’adeguataportabilità del montante versato si potrebbe almeno pensaread una forma di totalizzazione, evitando che alcuni periodidi iscrizione e di versamento possano andare perduti, comeoggi può ancora avvenire in alcuni paesi. E’ senza dubbio

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condivisibile l’idea della creazione di uno spazio unico e vir-tuale sul web, in cui siano disponibili, per gli istitutori di fondiche intendono svolgere attività transfrontaliera informazioniattendibili circa le legislazioni nazionali materia di diritto dellavoro e della sicurezza sociale.

• Ampliamento degli spazi d’intervento della direttiva (quesiton. 8). L’attuale Direttiva IORP regola soltanto i fondi occupa-zionali autonomi, e non quelli interni, tra cui i cosiddetti “patri-moni separati di destinazione”, né i piani meramente indi-viduali. E’ forte l’interesse dell’Italia, allo scopo di una miglioretutela dei lavoratori interessati, che l’ambito della Direttivasia esteso, in particolare a tipologie come i Piani individualipensionistici (Pip), i Fondi aperti ad adesione individuale ele forme pensionistiche a rendimento garantito, anche tenendoin considerazione il modello italiano, che vede una disciplinail più possibile uniforme rispetto alle diverse tipologie di pianipensioni in essere, al fine di favorirne la comparabilità e con-sentire lo sviluppo di un mercato più ampio e competitivo deiservizi previdenziali.

• Fondi a contribuzione definita (quesito n. 9). Per questi fondi,i più importanti nella realtà italiana, la vigente direttiva nondetta regole specifiche. Peraltro, potrebbe risultare utile fis-sare a livello europeo la predisposizione di codici di buonepratiche in materie quali la gestione e il controllo dei rischidi investimento. Al riguardo, al fine di elevare al probabi-lità di conseguire rendimenti adeguati ma al contempo limi-tare il rischio di investimento (che nei fondi a contribuzionedefinita grava sugli iscritti), andrebbe favorita l’adozione daparte dei fondi di schemi di tipo life-cycle, che consentanoagli iscritti di usufruire di una riallocazione automatica della

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loro posizione previdenziale da investimenti azionari a impie-ghi più prudenziali. Tali schemi dovrebbero essere adottaticome soluzione di default, in modo tale da fungere da puntodi riferimento per gli iscritti, ferma peraltro restando la pos-sibilità per gli stessi di compiere liberamente scelte diverse.Inoltre, un sistema di tutele efficace non può prescindere dauna vigilanza forte e dall’individuazione di strumenti che sap-piano coniugare le aspettative di crescita e di redditività adun contenimento dei rischi efficace, tenendo presente quindila distinzione tra investimenti finanziari e risparmio di naturaprevidenziale, che risponde ad un bisogno sociale, primaancora che economico. A livello di Unione europea potrebbeessere utile ragionare sulle tipologie di intervento idonee aridurre rischi, nonché sugli investimenti cosiddetti istituzionali,orientati verso opere infrastrutturali che possono fare dei fondinegoziali un veicolo di sviluppo e di ammodernamento, nonsolo dei singoli Stati ma anche delle infrastrutture dell’UE.

• Regime di solvibilità dei fondi a beneficio definito (quesiti n.10 e n. 11). Si ritiene che per i fondi pensione sia più utileed opportuno un modello specifico, diverso e più semplifi-cato di quello previsto per le assicurazioni e per gli istituti dicredito. In tal senso si ritiene positiva anche la definizione diun sistema di fondi di garanzia su indicazione europea.Sarebbe altresì auspicabile un intervento chiarificatore alivello europeo, della portata dell’articolo 8 della direttiva80/987 in materia d’insolvenza dei datori di lavoro alla lucedegli orientamenti della Corte di giustizia, nonché un moni-toraggio da parte della Commissione delle misure adottatedagli Stati membri al fine di garantire l’effettiva e correttaapplicazione della direttiva.

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• Informazione sui prodotti pensionistici (quesito n. 12). Ognirafforzamento delle prescrizioni minime di informazione èsenz’altro auspicabile. È opportuno salvaguardare la diffe-renziazione tra investimento previdenziale e finanziario. IlLibro verde fa riferimento all’educazione finanziaria, masarebbe opportuno porre al centro dell’attenzione l’educa-zione previdenziale, attesa l’esigenza manifestata da lavo-ratrici e lavoratori di conoscere, oltre che il funzionamentodi quello obbligatorio, il sistema di previdenza complemen-tare, di riuscire a gestire la propria posizione previdenziale.La necessità di un adeguato modello di trasparenza rappre-senta uno degli elementi fondamentali di un efficace sistemadi tutela degli iscritti ad un regime pensionistico, sia esso dibase o complementare, tuttavia occorre evitare l’eccessivaproduzione documentale, che appesantirebbe l’operatività deifondi pensione, senza peraltro migliorare la conoscenza degliiscritti; in tale contesto iniziative a livello europeo volte all’in-dividuazione e alla promozione di best practices possono rap-presentare uno strumento prezioso.

• Opzioni di “default”(quesito n. 13). Come già osservato aln. 9, si ritiene opportuno che vi siano degli orientamenticomuni rivolti ad applicare ai lavoratori iscritti le soluzioniin linea di principio per loro più convenienti – in ragione dellespecifiche condizioni di età e di reddito di ciascuno - rispettoall’iscrizione ai fondi, alla contribuzione, e alla tipologia degliinvestimenti. Ciò senza peraltro negare loro la possibilità didecidere diversamente qualora essi ritengano che la soluzionefissata come “default” (in difetto di una loro scelta) sia daloro considerata inadeguata.Un obiettivo che l’UE dovrebbe perseguire di concerto con i

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Governi nazionali dovrebbe essere sensibilizzare gli aderentialle questioni dell’invecchiamento della popolazione e le sueconseguenze sui sistemi pensionistici, al fine di stimolare com-portamenti virtuosi dei lavoratori, specie delle giovani gene-razioni.

Sul piano nazionale:si sottolinea la necessità di proseguire la riflessione sugli aspettipeculiari concernenti il sistema previdenziale italiano, che –anche alla luce della complessa attività conoscitiva svolta dallaXI Commissione – appaiono più delicati, anche al fine di defi-nire la posizione dell’Italia nella fase ascendente rispetto alleiniziative preannunziate, sulla materia, dalla Commissione euro-pea nel programma legislativo e di lavoro per il 2010(COM(2010)135), con particolare riferimento alla presenta-zione del Libro bianco, che recherà soluzioni strutturali e for-mulerà raccomandazioni sui sistemi pensionistici, nonché nellagià richiamata Comunicazione “Verso un atto per il mercatounico”. A tal fine, appare importante che il Governo italianoaccolga l’invito rivolto agli Stati membri a fornire i propri con-tributi nell’ambito delle predette proposte, tenendo conto anchedi quanto emerso nell’esame del presente documento, e che essomantenga costantemente informato il Parlamento sull’anda-mento dei negoziati a livello europeo per la definizione delleiniziative conseguenti ai richiamati documenti comunitari.

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GLI AUTORI

Domenico PROIETTI(Segretario confederale UIL)

Antonio MASTRAPASQUA(Presidente INPS)

Mauro MARÈ(Presidente MEFOP)

Edoardo GAMBACCIANI(Direttore Generale politiche previdenziali Ministero del Lavoro)

Alberto BRAMBILLA(Presidente Nucleo di Valutazione Spesa Previdenziale)

Giuliano CAZZOLA(Parlamentare PDL)

Maurizio PETRICCIOLI(Segretario Confederale CISL)

Marianna MADIA(Parlamentare PD)

Romano BELLISSIMA(Segretario Generale Uil Pensionati)

Vera LAMONICA(Segretario Confederale CGIL)

Antonio FINOCCHIARO(Presidente COVIP)

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